Alessandro Sibilia
LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL PREFETTO IN ITALIA E IN
ALCUNI PAESI EUROPEI. ANALOGIE E DIFFERENZE CON LE FUNZIONI DI
AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE
1. «Sommario»: Premessa – 1. Le funzioni di amministrazione generale del Prefetto
1. INTRODUZIONE
2. L’EVOLUZIONE DELLE FUNZIONI
3. LE FUNZIONI ODIERNE:
3.2 Coordinamento istituzionale
3.3 Sicurezza pubblica
3.4 Immigrazione
4. PROSPETTIVE DI RIFORMA
2. LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE
1 L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA
2 LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEI COMUNI
3. CENNI SULL’AMMINISTRAZIONE LOCALE IN EUROPA
1 INTRODUZIONE
2 MODELLI DI AMMINISTRAZIONE LOCALE
3 INGHILTERRA
4 FRANCIA:
PREFETTO FRANCESE
CONCLUSIONE
INTRODUZIONE
Nel sistema giuridico italiano sono due le amministrazioni che rientrano all’interno della categoria
della c.d. “amministrazione generale”: il Prefetto a livello di amministrazione statale periferica ed il
Comune a livello di amministrazione locale.
Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito Provinciale, il Governo
nella sua unità; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui
sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per
quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal decreto legislativo del 30
luglio 1999 numero 300 (Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e
Attività Culturali1).
Il Prefetto è investito di una molteplicità di competenze, che debbono essere inquadrate nella logica
unificante della funzione di rappresentanza del governo nella Province e nel carattere generale del
campo di attribuzione propria del Prefetto.
Tale considerazione trova puntuale riscontro nel corpus normativo riguardante il Prefetto,
caratterizzato da varie diposizioni sparse, spesso anche risalenti, rispetto alla norma fondamentale
dell’articolo 19 del testo unico delle leggi comunali e provinciali (Regio Decreto 3 Marzo 1934
numero 383) il quale si apre con l’enunciazione della rappresentanza Prefettizia del potere esecutivo
a livello periferico2.
Sulla base di tale assunto, nella categoria dell’amministrazione generale possono inquadrarsi quelle
competenze Prefettizie accomunate dalla logica unificante della funzione di rappresentanza del
governo nella Province spettante al Prefetto.
Un approccio siffatto trova riscontro nella nuova dimensione acquisita dalla prefettura come ufficio
territoriale del governo, che induce a procedere all’illustrazione di dette attribuzioni riunendole
appunto nella categoria onnicomprensiva dell’amministrazione generale3.
Sull’altro versante, bisogna premettere che nella generalità degli ordinamenti statali è ricorrente la
previsione del Comune come l’ambito della collettività territoriale di base in cui si riparte il
territorio e la collettività nazionale e come l’organismo o l’ente preposto alla cura delle esigenze
1
Voce il Prefetto, sito ministero dell’interno
2
Meoli C., Voce Prefetto, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996 Utet Torino
3
Meoli C., Voce Prefetto e prefettura in “diritto on-line” Treccani, 2012
1
comuni alla collettività e al territorio medesimo4.
La posizione di particolare pregio che, a seguito della riforma del Titolo V, caratterizza i Comuni
nell’ordinamento repubblicano può essere colta agevolmente se si volge lo sguardo al tema delle
funzioni amministrative.
L’accoglimento dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nel nuovo testo
dell’articolo 118 Cost comporta, infatti, che il sistema amministrativo italiano debba oggi essere
ricostruito essenzialmente dal basso, con la conseguenza che l’attribuzione di competenze a livelli
di governo diversi da quello comunale rappresenta opzione tendenzialmente residuale, praticabile
esclusivamente
sulla
base
di
esigenze
di
esercizio
unitario.
Trattasi, peraltro, di un approccio non del tutto innovativo in quanto assunto dal legislatore statale,
ancor prima della riforma del titolo V, sia in sede di disciplina dell’ordinamento delle autonomie
locali ( a partire dalla legge 142/1990 fino al Dlgs 267/2000), sia in sede distribuzione delle
funzioni amministrative (con specifico riferimento alla legge 15 marzo 1997 numero 59) 5.
Che gli enti territoriali dovessero essere considerati come enti tendenzialmente a competenza
generale, capaci di interpretare la pluralità delle istanze provenienti dai contesti sociali propri delle
collettività residenti sul territorio, è un assunto largamente condiviso nel corso della storia
dell’amministrazione locale dell’unità unitaria6.
A livello di amministrazione comunale si è assistito, a partire dall’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana , ad una profonda trasformazione nel modo di intendere la “generalità”
dell’amministrazione locale: la quale, originariamente percepita alla stregua dell’idoneità di
quest’ultima a farsi carico di tutti compiti concernenti le collettività di riferimento, assumerebbe
oggi un significato ben più ampio ricomprendendo altresì tutte le funzioni che, pur non attinenti ad
interessi esclusivamente locali, si presterebbero tuttavia alla localizzazione in base ai principi
(ormai costituzionalizzati) di sussidiarietà e adeguatezza.
In altri termini la stella polare dei processi allocativi sarebbe rappresentata non più (o non solo) dal
criterio soggettivo dell’interesse, bensì da quello oggettivo dell’adeguatezza, in modo tale che alla
tendenziale capacità degli enti territoriali autonomi di occuparsi della pluralità indefinita dei fini
riconducibili ai bisogni e alle esigenze delle comunità, fa seguito una più ampia caratterizzazione
dei livelli locali dell’amministrazione chiamati ad assumere tutte le funzioni esercitabili
4
Pastori G., Voce Comune, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996, Utet, Torino
5
AAVV, Il governo locale nella transizione federale, Editrice Cel, 2009, Foggia, pag 91
6
Meloni G., L’amministrazione locale come amministrazione generale, Roma, Luiss University Press, 2005, pag 1
2
adeguatamente al corrispondente livello territoriale7.
Ne discende, con tutta evidenza, l’avvento di un modello di amministrazione innovativo segnato
dall’elemento della prossimità ai cittadini a prescindere dal livello dell’interesse, secondo una
prospettiva che riunifica in una Comune struttura la tradizionale partizione della sussidiarietà in una
dimensione verticale ed in una orizzontale.
Il lavoro che si presenta, tenta di offrire gli elementi che sembrano più significativi per analizzare il
sistema di riparto delle competenze amministrative generali del Comune e del Prefetto.
CAPITOLO II
LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL PREFETTO
Sommario:
1.INTRODUZIONE-2.L’EVOLUZIONE DELLE FUNZIONI-3. LE FUNZIONI ODIERNE: 3.2
Coordinamento istituzionale; 3.3 Sicurezza pubblica; 3.4 Immigrazione-4. PROSPETTIVE DI
RIFORMA
1. Il concetto di amministrazione generale evoca quello di Amministrazione civile, la più antica tra
le
amministrazioni
del
Dicastero
dell’Interno,
quella
degli
Affari
civili 8.
La missione dell’amministrazione generale, affidata al Corpo Prefettizio, consiste nell’attuare le
politiche della sicurezza, della difesa e della protezione civile, della garanzia delle libertà civili, del
sostegno e del supporto di ogni autonomia territoriale e funzionale, della tutela del funzionamento
della democrazia nelle sue varie espressioni.
Attuare le politiche significa svolgere specificamente un’attività di coordinamento e di raccordo, di
indirizzo e di armonizzazione, di informazione e comunicazione, di semplificazione e di
articolazione,
il
tutto
per
offrire
coesione
a
ciò
che
è
frammentato.
L’intera amministrazione dell’interno e il sistema Prefettizio, in primis, sono chiamati a fare sintesi.
I Prefetti devono avvertire il bisogno di fare rete con la loro presenza omogenea e multiscopo su
tutto il territorio nazionale, sviluppando da una parte il principio di sussidiarietà orizzontale così
vitale in una società poliarchica e plurale e dall’altra parte in maniera da rendere viva una strategia
di indirizzo, di raccordo e di stimolo dei terminali di rete costituiti proprio dai Prefetti, inviati in
sede dal Governo a svolgere la loro missione istituzionale.
7
Meloni G., L’amministrazione locale come amministrazione generale, Roma, Luiss University Press, 2005, pag 4
8
Mosca C., Prefazione a Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Raffaele Lauro e Vincenzo Madonna,
Maggioli editore, Sant’Arcangelo di Romagna,2005, pag16
3
La vocazione generalista va allora esercitata sul territorio e al centro in modo da sviluppare, da una
parte il principio di sussidiarietà orizzontale così vitale in una società complessa multi reticolare e
dall’altra in maniera da rendere viva una strategia di indirizzo, di raccordo e di stimolo dei terminali
di rete costituiti proprio dai Prefetti inviati in sede dal governo a svolgere la loro missione
istituzionale9.
Tra le funzioni ricomprese nell'area dell'amministrazione generale vi sono le attività relative alla
mediazione nelle vertenze di lavoro ed alla garanzia dei servizi pubblici essenziali, al
riconoscimento delle persone giuridiche, alla concessione dello status di cittadino italiano,
all'irrogazioni di sanzioni amministrative per infrazioni depenalizzate ed in materia di circolazione
stradale.
Il Prefetto è un organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni
di rappresentanza governativa a livello Provinciale. Il Prefetto:

rappresenta il governo a livello provinciale;

esercita tutte le funzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente
conferite ad altri Uffici;

sovrintende alle residue funzioni amministrative esercitate dallo Stato, coordinandole con
quelle esercitate dagli Enti locali, direttamente o attraverso la presidenza della Conferenza
permanente dei dirigenti degli Uffici statali;

vigila sulle Autorità amministrative operanti nella Province e vi si sostituisce, in caso di
urgente necessità, adottando le misure del caso (ordinanze di urgenza).
Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito provinciale, il Governo
nella sua unità; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui
sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per
quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal d.lgvo 300/99 (Affari
Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e Attività Culturali)10.
Il ruolo di rappresentanza generale del Governo, riconosciuto al Prefetto, trova ulteriore conferma e
supporto nell'istituzione della "Conferenza permanente" da lui presieduta e composta dai
9
Mosca C., idem, pag 18
10
Voce “Il Prefetto”, sito ministero del’interno
4
responsabili delle strutture periferiche dello Stato (art. 4 del DPR. 287 del 17 maggio 2001).
Si tratta di un organismo che coadiuva il titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo, nel
coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni statali sul territorio che sostituisce i Comitati
provinciali e metropolitani della Pubblica Amministrazione.
Quale autorità Provinciale di pubblica sicurezza, il Prefetto ha la responsabilità dell'ordine e della
sicurezza pubblica e presiede il Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Nell'ambito della protezione civile, il Prefetto sovrintende al coordinamento degli interventi di
immediato
soccorso
per
fronteggiare
le
situazioni
di
emergenza.
I temi trattati in questo capitolo saranno, quindi, il ruolo di coordinamento istituzionale svolto dal
Prefetto attraverso le conferenze permanenti e nel settore della sicurezza pubblica e la potestà di
ordinanza, tutti in qualche modo espressione di un compito di amministrazione generale.
2. LE FUNZIONI ODIERNE
2.2 Coordinamento istituzionale
Con la trasformazione della prefettura in ufficio territoriale del governo il legislatore ha inteso
recuperare ad essa l’originaria vocazione di ufficio generalista a competenza diffusa ed orizzontale
tra più amministrazioni, titolare di un ruolo di coordinamento istituzionale a livello periferico.
Esso costituisce una formula organizzatoria adatta a gestire le relazioni interorganiche ed
intersoggettive, senza intaccare l’autonomia più o meno ampia ad essi riconosciuta, perché
prescinde dal tradizionale modello gerarchico.
Inoltre, esso inerisce piuttosto a manifestazioni di attività amministrativa che devono essere
armonizzate,
che
ad
atti
della
Pubblica
Amministrazione 11.
Non è possibile addivenire alla formulazione di una nozione unica del coordinamento, in quanto
essa può assumere diverse configurazioni e, pertanto, bisogna rifarsi alla norma che la prevede per
stabilire i caratteri che essa in concreto presenta.
La funzione di coordinamento può essere realizzata attraverso una struttura collegiale o anche con
mezzi diversi, quali le intese, gli incontri, le consultazioni ecc.
In tale ambito hanno trovato pertanto coerente collocazione le conferenze permanenti (provinciali e
regionali), previste dal comma 2 dell’art. 11 d.lgs 300/1999 e compiutamente disciplinate dagli artt.
4 e 5 del d.P.R. 3.4.2006, n. 180.
11
Lauro-Madonna, Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Sant’Arcangelo di Romagna, 2005, pag274
5
Alla conferenza Provinciale partecipano i responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche
dello Stato operanti nella Province, il presidente della Province, il rappresentante della città
metropolitana laddove costituita, il sindaco del Comune capoluogo e i sindaci dei comuni
eventualmente interessati alle questioni trattate, o loro delegati, nonché tutti quei soggetti
istituzionali di cui è ritenuta utile la partecipazione ai fini delle concrete determinazioni da assumere
o che vi hanno comunque interesse.
La conferenza regionale, presieduta dal Prefetto del capoluogo di regione, ha una composizione
analoga, ma gli uffici e gli enti che vi partecipano sono quelli esistenti a livello regionale.
Finalità precipua, oltre al raccordo dell’attività amministrativa delle strutture periferiche dello Stato,
è quella di garantire l’attuazione del principio della leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie
territoriali, introdotto con la riforma del titolo V della Costituzione, nell’ottica di garantire
l’unitarietà della Repubblica.
Sicché in quest’ambito il Prefetto è titolare di una funzione di amministrazione generale
derivantegli dalla sua dipendenza funzionale dal governo unitariamente considerato e il suo
coordinamento è interorganico rispetto alle strutture periferiche statali, intersoggettivo allorché
faccia riferimento anche agli enti locali.
In coerenza con quanto sinora riferito è la previsione dell’intervento sostitutivo del Prefetto, come
disciplinato
dall’art.
7
del
citato
d.P.R.
n.
180/2006 12.
Detta autorità, infatti, qualora venga a conoscenza di disfunzioni o anomalie nell’attività
amministrativa di un ufficio periferico dello Stato, che possano arrecare pregiudizio alla qualità dei
servizi resi alla collettività, previa istruttoria, e dopo aver tentato una mediazione con gli uffici
coinvolti, convoca la conferenza permanente per l’esame della situazione ed invita il responsabile
dell’ufficio interessato ad adottare, entro un congruo termine, i provvedimenti necessari.
In caso di inottemperanza, richiesto l’assenso del Ministro competente e dopo aver contestualmente
informato il Presidente del consiglio dei ministri, il Prefetto stesso adotta gli atti necessari. In caso
di mancato assenso del Ministro, la questione può essere deferita dal Presidente del consiglio dei
ministri al governo stesso che, a sua volta, può autorizzare l’intervento sostitutivo del Prefetto.
La conferenza permanente rappresenta lo strumento fondamentale per l'esercizio da parte del
Prefetto della funzione di coordinamento delle attività degli uffici periferici dello Stato e di leale
collaborazione con i rappresentanti delle autonomie locali.
12
Meoli C, Prefetto e Prefettura, Diritto on line 2012, sito Treccani enciclopedia italiana
6
La conferenza deve coadiuvare il Prefetto assicurando un esercizio coordinato, in relazione alle
esigenze locali, dell’azione delle amministrazioni partecipanti con l’esercizio dei molteplici compiti
rimessi all’UTG, anche in occasione dell’avvalimento di altre strutture statali 13.
Parallelamente,
alla
conferenza
permanente
spetterà
coadiuvare
il
titolare
dell’UTG
nell’espletamento delle funzioni di rappresentanza generale del governo.
Ad essa, quale espressione riassuntiva dell’unitarietà dell’indirizzo amministrativo e della
continuità dell’indirizzo politico, vanno ricondotte le linee di azione per la promozione e l’adozione
di tutte le iniziative necessarie per garantire l’implementazione, e la conseguente verifica, delle
leggi generali di riforma e della cospicua normazione di semplificazione e razionalizzazione,
nonché di innovazione amministrativa.
La conferenza permanente, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999, si articola
in quattro sezioni: amministrazione d’ordine, sviluppo economico e attività produttive, territorio
ambiente e infrastrutture, servizi alla persona e alla comunità14.
La conferenza è convocata dal Prefetto in relazione all’esercizio dei compiti di coordinamento
dell’attività amministrativa e su richiesta dei presidenti della regione, della Province, dei sindaci
dei comuni interessati e anche su richiesta di un 1/3 dei componenti di diritto.
La conferenza permanente è uno strumento di conoscenza della realtà territoriale che consente
l’acquisizione di conoscenze ed informazioni utili a delineare una mappa sullo stato della pubblica
amministrazione nella Province.
3.3 Sicurezza pubblica
L’art. 13, l. 1.4.1981, n. 121 definisce il Prefetto autorità Provinciale di p.s., conferendogli la
responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella Province, nonché la potestà di
sovrintendere all’attuazione delle direttive emanate in materia; dalla stessa norma viene, inoltre,
ribadito che il Prefetto dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua
disposizione e ne coordina l’attività. In parallelo, l’art. 14 della stessa l. n. 121 attribuisce anche al
questore la qualifica di autorità Provinciale di pubblica sicurezza ed individua le sue competenze
fondamentali nella direzione, responsabilità e coordinamento, a livello tecnico-operativo, dei servizi
di ordine e sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze
13
Lega L., Prospettive di riordino dell’amministrazione periferica dello stato: il valore aggiunto dell’UTG, sito
ministero dell’interno, p. 14
14
La conferenza permanente nelle prefetture-utg, sito ministero dell’interno
7
eventualmente poste a sua disposizione.
Dal quadro normativo ora riferito emergono i termini del rapporto tra Prefetto e questore riguardo
all’attività di polizia: al primo ne spetta la responsabilità politica, connessa alla scelta del
provvedimento da adottare in relazione agli effetti che esso può avere nell’ambito locale e rispetto
alle linee della politica governativa; al questore compete, invece, la responsabilità tecnico-operativa
dell’attività medesima, dovendo egli provvedere all’attuazione del provvedimento prescelto.
Un ruolo strategico nel coordinamento delle forze di polizia a livello territoriale è quello assegnato
al Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica dall’art. 20, l. n. 121/1981, più volte
modificato ed integrato.
Oltre al Prefetto che lo presiede, esso è composto dal questore, dai comandanti Provinceli
dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato;
sono componenti effettivi del Comitato anche il sindaco del Comune capoluogo ed il presidente
dell’amministrazione Provinciale, nonché i sindaci degli altri comuni interessati quando vengono
trattate questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali. Inoltre, il Prefetto, sempre ai sensi del
citato art. 20, può chiamare a partecipare alle sedute del Comitato le autorità locali di pubblica
sicurezza e i responsabili delle amministrazioni dello Stato e di quelle locali interessate ai problemi
da trattare e può invitare, d’intesa con il procuratore della Repubblica competente, componenti
dell’ordine giudiziario.
La partecipazione degli amministratori locali al Comitato come membri di diritto presenta una
valenza molto significativa, in quanto è in coerenza con il ruolo assegnato dalla legislazione più
recente, per ciò che concerne la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, agli enti locali, i quali
sicuramente dispongono di una visione delle problematiche fortemente ancorata alle dinamiche del
territorio.
Infatti, le amministrazioni locali possono fornire agli organi istituzionalmente responsabili
dell’ordine e della sicurezza pubblica il necessario contributo conoscitivo per individuare le
emergenze e le priorità degli interventi e, quindi, favorire tutte le iniziative di prevenzione per
ridurre
le
ragioni
di
disagio
e
favorire
l’ordinata
convivenza.
Nell’ambito della materia in discorso vanno poi considerati i provvedimenti di polizia, che servono
a porre in essere le misure limitative dell’attività privata previste dalla legge nell’interesse del
mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. In proposito la casistica dei provvedimenti che
il Prefetto può adottare è molto ampia e trovasi indicata prevalentemente nel t.u. delle leggi di
pubblica sicurezza prima menzionato (R.d. n. 773/1931); a titolo esemplificativo, si citano il porto
di pistola per difesa personale (art. 42), la licenza per la detenzione, vendita e trasporto di esplosivi
8
(art. 47), il decreto di riconoscimento di guardia particolare giurata (art. 133) e per l’esercizio di
istituti di vigilanza e investigazione privata (art. 134).
Quale organo ausiliario del Prefetto per l’esercizio delle sue attribuzioni di autorità Provinciale di
pubblica sicurezza, la legge di riforma ha individuato un organo collegiale tale da trasporre in
periferia lo stesso assetto creato a livello centrale.
Così, come il ministro autorità nazionale si avvale di un comitato nazionale per l’ordine e la
sicurezza pubblica, così anche per il Prefetto-autorità Provinciale è stato previsto un organo di
consulenza
E’
collegiale:il
evidente
che
la
comitato
Provinciale per l’ordine
competenza
di
quest’organo
è
e la
limitata
sicurezza
alle
realtà
pubblica.
locali15.
Anche detta figura soggettiva costituisce, per espressa definizione normativa, un ”organo ausiliario
di consulenza”, oltre che di carattere collegiale, svolgendo la sua attività istituzionale nell’interesse
del Prefetto territorialmente competente e limitatamente all’esercizio delle sue attribuzioni di
“autorità Provinciale di pubblica sicurezza16”.
3.4 L’IMMIGRAZIONE
La tutela delle libertà civili costituisce uno dei più interessanti spazi di attività assegnati alla
competenza del Ministero dell’interno dalla riforma ex d.P.R. n. 300/1999, quale dicastero di
garanzia del libero svolgimento dei diritti fondamentali del cittadino costituzionalmente garantiti.
Sulle tematiche dell’immigrazione, della cittadinanza, del diritto di asilo, dei rapporti con la
religione cattolica e le altre confessioni religiose praticate sul territorio sono, infatti, attribuite alle
prefetture, quali strutture periferiche di quel dicastero, rilevanti compiti finalizzati ad assicurare
un’ampia tutela alla dignità e ai diritti dell’uomo.
Tra tali compiti sarà illustrata sinteticamente in questa sede la gestione del fenomeno
dell’immigrazione, a proposito del quale la prefettura - ufficio territoriale del governo risulta titolare
di una serie di rilevanti competenze per regolare appunto il fenomeno immigratorio.
La normativa dettata in materia di immigrazione in Italia (i cui passaggi fondamentali più recenti
sono segnati dalla l. 6.3.1998, n. 40, dal d.lgs. 25.7.1998, n.286 e dalla l. 30.7.2002, n.189) persegue
lo scopo di regolare i flussi migratori, controllare l’ingresso degli stranieri alle frontiere e
15
Mone L., l’amministrazione della pubblica sicurezza, Laurus Boffo, Roma ,2011, p. 102
16
Iannuzzi A, idem, p. 101
9
disciplinarne le condizioni di soggiorno nel nostro Paese.
L’approccio è infatti duplice: da un lato vi è la necessità di condurre la lotta alla immigrazione
clandestina, dall’altro il bisogno di approntare gli strumenti per l’integrazione della immigrazione
regolare.
Per l’assolvimento dei compiti in tema di immigrazione è attivo presso ogni prefettura lo sportello
unico per l’immigrazione, cui è affidato il disbrigo delle pratiche relative alle procedure di
assunzione di lavoratori non comunitari o apolidi, di ricongiungimento familiare per non comunitari
o apolidi, di assunzione di lavoratori neocomunitari.
Lo sportello viene costituito con decreto del Prefetto ed è composto da un rappresentante della
prefettura, da un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato e da uno della direzione Provinciale del
lavoro; la direzione dello stesso può spettare a un dirigente della carriera Prefettizia o a un dirigente
della direzione Provinciale del lavoro17.
Il necessario coinvolgimento di altre istituzioni a livello locale, sia statali che autonome, e di enti e
organismi sindacali o operanti nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati, anche con carattere di
volontariato, per fronteggiare in modo organico ed esauriente il problema, la cui complessità è
determinata a volte dalla presenza di una vasta popolazione di immigrati sul territorio, in forma
stabile o itinerante, presuppongono l’esercizio di forme appropriate di coordinamento per l’uso
combinato delle risorse, onde evitare sprechi ed inefficienze, che solo l’organo Prefettizio può
offrire, grazie alla sua spiccata funzione generalista18.
A tale scopo, la legge Turco-Napolitano 40/1998, articolo 3 comma 6 ( articolo 3 comma 6 del testo
unico di cui al decreto legislativo 286 del 1998), affianca al Prefetto un apposito organismo
collegiale, il Consiglio Territoriale per l’immigrazione, al quale sono attribuiti compiti di analisi del
fenomeno in Province e di promozione degli interventi da attuare a livello locale per il governo
della materia.
L’organo collegiale è presieduto dal Prefetto e ne fanno parte, secondo quanto stabilito dall’articolo
57 del DPR 31 agosto 1999 numero 394 (Regolamento di attuazione del testo unico 286 del 1998), i
rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, della Regione, degli enti locali, degli enti e delle
associazioni attive in ciascuna Province in materia di soccorso e di assistenza agli immigrati, delle
organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.
17
Meoli C., Prefetto e Prefettura, diritto on line 2012, sito Treccani enciclopedia italiana
18
Lauro-Madonna, Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Sant’Arcangelo di Romagna, 2005, pag 339
10
Il Consiglio Territoriale per l’immigrazione si deve, a sua volta, coordinare con le attribuzioni
esercitate da altre strutture ed organismi operanti in sede locale e nazionale, per attuare una politica
di immigrazione che costituisca il risultato di un disegno unitario, le cui linee guida siano elaborate
con il concorso di più soggetti istituzionalmente operanti nella materia 19.
A tale scopo, per espressa disposizione di legge, il Consiglio Territoriale deve agire in collegamento
con le Consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie, previste
dall’articolo 42, comma 6, del testo unico 286/1998, laddove siano istituite dalle Regioni con
proprie leggi, mentre sarà cura del Prefetto assicurare il necessario raccordo dell’attività del
Consiglio Territoriale per l’immigrazione con quella degli altri organi eventualmente costituiti dai
Comuni con analoghe finalità e con la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro
famiglie, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 42, comma 4,
del testo unico 286 del 1998.
Il Consiglio territoriale per l’immigrazione si riunisce per decidere in seduta plenaria dei suoi
componenti, ma , più frequentemente in sezioni, che per la loro ridotta composizione, limitata ai
componenti più qualificati nell’argomento da esaminare, offrono garanzia di maggiore
approfondimento di questioni particolari.
Gli argomenti che in questi anni sono stati portati all’esame dell’organo collegiale predetto si
possono riassumere come segue:
 semplificazione delle procedure per l’emersione del lavoro irregolare, funzionamento
dello sportello polifunzionale per la regolarizzazione di tali posizioni lavorative e
sanatoria degli immigrati senza permesso di soggiorno;
 inserimento socio-culturale dell’immigrato sul territorio;
 situazione alloggiativa
 inserimento scolastico dei minori e tutela dei minori non accompagnati 20.
4. PROSPETTIVE DI RIFORMA
Negli ultimi anni il legislatore ha più volte invitato le amministrazioni ministeriali a prevedere una
revisione e riduzione delle strutture periferiche indicando diversi percorsi. In alcuni casi, si è
lasciata l'amministrazione libera di scegliere, alternativamente, o la rideterminazione della rete
19
Lauro-Madonna, idem, pag 340
20
Lauro-Madonna, idem, pag 342
11
periferica secondo un'articolazione (non inferiore a quella) regionale o interregionale, oppure il
trasferimento delle funzioni svolte da tali uffici all'interno delle prefetture - uffici territoriali del
Governo. Si vedano, al riguardo, sia l'art. 1, co. 404, lett. c), L. 296/2006, che l'art. 74, D.L.
112/2008.
Successivamente, il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla L. 14 settembre 2011, n. 148,
prevedendo l'avvio di un programma di "spending review" mirata alla definizione dei costi standard
dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, ha disposto che tra gli obiettivi
primari del suddetto programma per la razionalizzazione della spesa pubblica vi fosse in particolare
la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro
tendenziale
concentrazione
in
un
ufficio
unitario
a
livello
Provinciale.
Da ultimo, l'articolo 2, co. 10, lett. c), D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135, richiede alle singole amministrazioni ministeriali, in sede di adozione
dei nuovi regolamenti di organizzazione, di rideterminare la rete periferica su base regionale o
interregionale. Contemporamente, l'articolo 10 del medesimo D.L. 95/2012 ha previsto norme
particolari per la riorganizzazione delle Prefetture – Uffici territoriali del Governo, mediante:
1. un rafforzamento delle funzioni di rappresentanza unitaria dello Stato sul territorio, svolte
dalle Prefetture - Uffici territoriali del Governo, da realizzare mediante la costituzione di un
ufficio unico di garanzia dei rapporti tra i cittadini e lo Stato;
2. il conseguimento dei livelli ottimali di efficienza, da realizzare mediante l'accorpamento
delle singole funzioni logistiche e strumentali di tutti gli uffici periferici delle
amministrazioni statali sotto la responsabilità diretta ed esclusiva di un unico ufficio, in
modo da realizzare un risparmio di spesa pari al 20 per cento.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in data 13 giugno 2014, su proposta del Presidente protempore, Matteo Renzi, un disegno di legge recante “delega al Governo per la riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche”, composto da 12 articoli, di cui 8 contenenti deleghe legislative da
esercitare
in
gran
parte
nei
dodici
mesi
successivi
all'approvazione
della
legge.
Si inizia dalla riorganizzazione delle amministrazioni dello Stato, riducendo gli uffici e il personale
impiegato in attività strumentali per rafforzare le strutture che forniscono servizi diretti ai cittadini.
Si riducono gli uffici di diretta collaborazione dei ministri; si razionalizza la rete organizzativa delle
Prefetture-Uffici Territoriale del Governo, rivedendo le competenze e le funzioni attraverso la
riduzione del numero, il rafforzamento dell’esercizio delle funzioni di coordinamento e il
conferimento di ulteriori compiti e attribuzioni di collaborazione interistituzionale; si riarticolano
12
gli uffici a livello regionale e si prevede la gestione unitaria dei servizi strumentali delle pubbliche
amministrazioni, mediante la costituzione di uffici comuni.
Prevista la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie Provinceli e sedi
regionali Istat) e la riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone
più strategiche per la criminalità organizzata)21.
CAPITOLO III
LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE
1.LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEI COMUNI
Il sistema delle funzioni amministrative del Comune ha subito una lunga evoluzione legislativa
concisa
con
il
processo
di
regionalizzazione
che
ha
investito
lo
Stato
italiano.
E’ necessario dapprima analizzare il testo originario della Costituzione del 1948 che basandosi su
un principio di parallelismo tra le funzioni legislative e le funzioni amministrative, dapprima
individuava le materie in cui era riconosciuta competenza legislativa alle Regioni, e nei medesimi
ambiti
veniva
riconosciuta
una
corrispondente
competenza
amministrativa
regionale 22.
In particolare, il principio del parallelismo riguardava soltanto le Regioni e implicava la
corrispondenza tra potestà legislativa e potestà amministrativa, anche se è noto che esso è stato
utilizzato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n.70/1981) non tanto per giudicare la
legittimità e la adeguatezza dei trasferimenti di funzioni dallo Stato alle Regioni quanto, al
contrario, per ridefinire l'estensione delle materie di competenza legislativa regionale sulla base
delle
funzioni
amministrative
conferite
dallo
Stato
alle
Regioni.
Con riferimento agli enti locali, la norma costituzionale riconosceva allo Stato la possibilità di
attribuire funzioni direttamente a quest'ultimi per le funzioni di interesse esclusivamente locale, e
prevedeva altresì che le Regioni si avvalessero normalmente degli enti locali per l'esercizio delle
proprie funzioni amministrative; ma si trattava in sostanza di disposizioni di carattere
21
22
Cottone N., Il piano Renzi per la riforma della PA, sito- Il Sole 24 Ore, 30 aprile 2014
Vandelli L, Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino , Bologna 2013, pag 177
13
programmatico, la cui efficacia era rimessa alla discrezionalità del legislatore statale e regionale 23.
Tale disposizione veniva mitigata dal riconoscimento ex articolo 118 comma 3 della Costituzione di
una delega di funzioni dalle Regioni alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali; veniva ammessa
la facoltà per lo Stato, di individuare, all’interno delle materie regionali, delle funzioni di interesse
esclusivamente
locale,
attribuendole
direttamente
agli
stessi
enti
locali.
L’articolo 128 Cost nella sua formulazione originaria demandava alle leggi generali della
repubblica
la
determinazione
delle
funzioni
di
Province
e
Comuni.
In base a questi criteri, le funzioni degli enti locali nella Costituzione del 1948 venivano distinte nel
seguente modo24:
a)
Funzioni degli enti locali estranee alle competenze legislative e amministrative delle Regioni, ossia
funzioni proprie del Comune e della Province, determinate da leggi generali della Repubblica ex
articolo 128 Cost.
b)
Funzioni esercitate dagli enti locali in materie regionali, o in base a delega oppure in base ad una
diretta attribuzione da parte del legislatore statale ex articolo 118 Cost 1° comma
c)
Compiti del Comune per servizi di competenza statale, svolti dal Comune in quanto organo
decentrato dello Stato, e per interessi generali ch ad esso fanno capo ( funzioni in materia di stato
civile, anagrafe, liste elettorali, leva militare, etc)
Le funzioni amministrative delle Regioni e degli enti locali hanno subito una evoluzione legislativa
che trova due fondamentali interventi legislativi, dapprima il Decreto del Presidente della
Repubblica numero 616 del 1977 che demandava ai Comuni il complesso delle competenze
amministrative
relative,
in
particolare,
ai
servizi
locali.
In un secondo momento con la legge 59 del 1997 nel quadro di un progetto più ampio di
federalismo amministrativo venivano conferite alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni e i
compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle
rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi
territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici,
ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici. (articolo1 comma 2).
23
Gorlani M, Il nuovo criterio di allocazione delle funzioni amministrative nel Titolo V della Costituzione,
sito quaderni costituzionali, 14 giugno 2002
24
Vandelli L., Idem, pag 178
14
Venivano poi elencate le materie che rimanevano escluse dall’applicazione dei commi precedenti
come ad esempio affari esteri e commercio estero, difesa, forze armate, tutela dei beni culturali e
del patrimonio storico-artistico,cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione.
Venivano poi definiti i principi in materia di conferimenti, tra i quali spicca per importanza il
principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni
amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni
territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le
dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire
l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e
comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;
In questo processo di riforma federale si inserisce la riforma costituzionale attuata dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,che ha apportato delle modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione.
Con l'introduzione del principio di sussidiarietà ad opera della Legge cost. n.3/2001, il criterio di
attribuzione postula ora che la generalità delle funzioni amministrative spetti al Comune, salvo
quelle che non possono essere "adeguatamente" esercitate, che dovranno pertanto essere riallocate,
progressivamente ed eventualmente in modo differenziato, alle Province, alle Regioni e allo Stato,
al fine di garantirne la "adeguatezza" nell'esercizio.
L’articolo 118 Cost nella disposizione vigente prevede che “Le funzioni amministrative sono
attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle
conferite
con
legge
statale
o
regionale,
secondo
le
rispettive
competenze”.
Dunque, la distribuzione delle funzioni amministrative fa capo in via prioritaria ai Comuni e in
subordine agli altri soggetti secondo i principi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione.
Dunque, il Comune è diventato col tempo amministrazione generale, non da subito. E’ stata una
lunga evoluzione che partita dal concetto di conferimento presente nell’articolo 1-2 della legge
Bassanini (L 59/1997) ha trovato il suo compimento nella riforma costituzionale (L cost 3/2001) e
la modifica dell’articolo 118 Costituzione.
Nella XVI legislatura è iniziato l'esame, alla Camera, poi proseguito al Senato, senza pervenire a
conclusione, di un disegno di legge del Governo, in materia di funzioni degli enti locali.
15
Scopo del provvedimento era l'adeguamento di tale settore dell'ordinamento alla riforma del Titolo
V della Parte seconda della Costituzione.
Il disegno di legge prevedeva una delega al Governo per l'adozione della «Carta delle autonomie
locali», in cui riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali che disciplinano gli enti
locali.
Il provvedimento, collegato alla manovra di finanza pubblica, interviene sull’attuale assetto
normativo delle autonomie locali, risalente sostanzialmente ai primi anni ’90 del secolo scorso.
Con tale intervento si introducono disposizioni di adeguamento alla riforma del Titolo V della
Parte seconda della Costituzione approvata nel 2001, che ha attribuito nuove funzioni alle comunità
locali, dotandole di autonomia finanziaria.
In relazione a tale autonomia, inoltre, si pongono i presupposti per la concreta attuazione della legge
sul federalismo fiscale (L. 42/2009), che ha previsto, tra l’altro, una ripartizione delle spese degli
enti locali tra: spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale;
spese
relative
alle
altre
funzioni;
spese
finanziate
con
contributi
speciali.
In questo quadro, il disegno di legge individua le funzioni fondamentali di comuni, province e città
metropolitane e dà attuazione al principio di sussidiarietà, contenuto nell’articolo 118 della
Costituzione, prevedendo l’individuazione e il trasferimento di funzioni amministrative a enti locali
e Regioni.
Il provvedimento reca, inoltre, una delega al Governo per l’adozione della «Carta delle autonomie
locali» che raccolga e coordini tutte le norme sugli enti locali, destinata a sostituire il testo unico
delle
autonomie
locali
(TUEL)
del
2000
(decreto
legislativo
267/2000).
Tra le altre disposizioni si segnalano: la soppressione o la razionalizzazione di enti e di organismi
che operano in ambito statale, regionale e locale; la disciplina dei piccoli comuni; la modifica delle
funzioni dei consigli comunali e provinciali; le modifiche concernenti i direttori generali degli enti
locali;
la
modifica
delle
norme
relative
ai
controlli
negli
enti
locali 25.
La carta delle autonomie non è stata approvata, mentre sulle funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane, il legislatore ritornava nella disciplina di emergenza sulla revisione
della spesa ( spending review: decreto legge 6 luglio 2012 numero 95, convertito in legge 7 agosto
2012 numero 135).
25
Documenti, Temi dell’attività parlamentare, sito camera dei deputati
16
In questo decreto è prevista una nuova definizione delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle
Province, cui si aggiungono le funzioni fondamentali delle città metropolitane, da istituire per legge
il 1 gennaio 2014.
Infine, in questa disamina dei molteplici interventi che si sono susseguiti in materia di enti locali
bisogna analizzare la legge 7 aprile 2014, n. 56 rubricata “Disposizioni sulle citta' metropolitane,
sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, entrata in vigore l’8 aprile del 2014.
Il Parlamento ha dato il via libera dal 1° gennaio 2015 alla nascita delle Città metropolitane in
Italia. Il governo del territorio, previsto dalla riforma, vede soltanto due livelli amministrativi a
elezione diretta: Regioni e Comuni. Le funzioni di area vasta, cioè sovracomunali e di area vasta,
vengono invece assegnate ai sindaci eletti nei Comuni, che se ne occupano a titolo gratuito e che si
riuniscono in enti di secondo livello: sono prefigurate in questo modo quindi le Città metropolitane,
gli enti di area vasta-Province fino all'entrata in vigore della riforma costituzionale, le Unioni dei
Comuni26.
In materia di funzioni amministrative dei Comuni bisogna partire dal dettato costituzionale in
quanto gli articoli 117 e 118 della Costituzione sembrano indicare quattro possibili relazioni fra
funzioni amministrative e soggetti titolari: funzioni attribuite, conferite, proprie e fondamentali27.
Le funzioni fondamentali sono quelle previste dall’articolo 117 comma 2 lettera Cost che ne affida
la
determinazione
alla
legislazione
esclusiva
dello
Stato.
Tale categoria è stata per la prima volta impiegata in norme di diritto positivo concernenti gli enti
locali
a
seguito
della
riforma
del
titolo
V
della
Costituzione.
La dottrina ha a lungo dibattuto su questa tema dividendosi tra una prima ricostruzione secondo la
quale le funzioni fondamentali avendo carattere essenzialmente istituzionale demanderebbe allo
Stato solo un compito di natura ordinamentale sia a completamento delle funzioni direttamente
previste
dalla
Costituzione
sia
per
quelle
funzioni
non
menzionate 28.
Una seconda linea interpretativa ravvisa nelle funzioni fondamentali una matrice eminentemente
amministrativa.
27
D’Alessandro D., Il riparto costituzionale delle funzioni amministrative AAVV, diritto regionale e degli enti locali pag
144
28
,Di Falco m, Il nuovo scenario delle autonomie locali, in AAVV il governo locale nella transizione federale, editrice
CEL, Foggia 2009 pag 94
17
Vi è poi una posizione intermedia che attribuisce alle funzioni fondamentali sia un carattere
amministrativo sia istituzionale.
Le funzioni fondamentali di tipo istituzionale sarebbero finalizzate ad integrare, con norma di
organizzazione, quelle di tipo amministrativo, contenendo in questo modo l’espansione del potere
ordinamentale.
Con riguardo alle funzioni fondamentali di tipo amministrativo, problemi sorgono per quanto
riguarda l’elaborazione dell’elenco29.
Vi è chi ritiene che compito dello Stato sia quello di delineare, sub specie di funzioni fondamentali,
generici settori di attività degli enti locali costituzionalmente rilevanti e non puntuali compiti di
amministrazione.
Tale orientamento muove dalla convinzione che le funzioni fondamentali non rappresentano una
autonoma categoria di funzioni amministrative, distinte da quelle previste nell’articolo 118 Cost, in
tal modo non si potrebbe configurare una dicotomia tra funzioni fondamentali e non fondamentali di
Comuni, Provincie e Città metropolitane, ma piuttosto una disciplina fondamentale delle funzioni, a
carattere generale e non settoriale, e una disciplina allocativa delle stesse: la prima rimessa allo
Stato, la seconda al soggetto (Stato o Regione) di volta in volta competente nella materia.
Il modello per la definizione delle funzioni fondamentali viene individuato negli articoli 13 e 19 del
testo unico degli enti locali attualmente vigente, che si limitano ad assegnare al Comune tutte le
funzioni amministrative riguardanti la popolazione ed il territorio comunale con riferimento ai
settori organici, ed alla Province le competenze di area vasta con riferimento ai macro settori
specificamente
elencati.
Una diversa opinione fa leva sull’articolo 117 comma 2 lett p) Cost prevedendo che la stessa legge
statale lungi dal limitarsi alla delineazione di generici settori di intervento, dovrebbe viceversa
articolare puntualmente i compiti da riconoscere come fondamentali degli enti locali.
Tale orientamento assegna alle funzioni fondamentali la natura di funzioni amministrative in senso
stretto, comprensive di una parte delle funzioni proprie di cui all’articolo 118 Cost, con la
conseguenza che la disciplina allocativa regionale potrebbe svilupparsi esclusivamente sul terreno
delle funzioni proprie non incluse tra quelle fondamentali e delle funzioni conferite 30.
29
Di Falco M., Idem, pag 95
30
Di Falco M., idem, p 96
18
In questa prospettiva gli articoli 13 e 19 del DLGS 267/2000 rappresenterebbero soltanto una
premessa nel quadro del processo di individuazione delle funzioni fondamentali; il quale,
postulando una disciplina di maggior dettaglio, non potrebbe in ogni caso arrestarsi ad essi.
A livello di legislazione ordinaria varie sono le norme previste dal testo unico degli enti locali
(decreto
legislativo
267/2000)
che
disciplinano
la
materia
delle
funzioni
comunali.
In primo luogo, l’articolo 3 comma 2 riconosce al Comune la qualifica di ente esponenziale della
propria comunità, in ciò ricollegandosi direttamente all’imputazione dell’autonomia alla comunità
(e non all’ente) locale31.
Pochi sono i caratteri definitori del Comune specificati dalla norma ( la rappresentatività, la natura
di ente esponenziale) traendone come conseguenza il carattere del Comune come ente ai fini
generali per il quale non è individuabile un catalogo rigorosamente circoscritto delle funzioni, per
cui la dottrina maggioritaria ritiene l’elenco dell’articolo 13 solo indicativo più che prescrittivo.
L’articolo 3 comma 5 distingue le funzioni amministrative dei Comuni in proprie e conferite con
legge dello Stato e delle Regioni.
La dicotomia tra funzioni fondamentali-proprie e funzioni conferite (attribuite) agli enti locali
consiste nella titolarità della competenza legislativa attraverso cui si riconoscono: le prime sono il
prodotto di un intervento statale, sulla base di un apposito titolo di competenza esclusiva; le seconde
sono il prodotto di interventi legislativi settoriali, spettanti allo Stato o alle Regioni in relazione
all’ordinario riparto di competenze.
Importante è anche l’articolo 13 del decreto legislativo 267/2000 rubricata funzioni del Comune, il
cui testo riproduce ad eccezione di alcune variazioni la formula dell’articolo 9 della legge n.
142/1990, disposizione a propria volta attuativa dell’articolo 128 Cost nella disposizione
previgente32.
Il primo comma di tale articolo è una norma di principio che assegna al Comune i caratteri di
principale ente esponenziale degli interessi della collettività locale, assegnando a tale ente il ruolo di
fulcro dell’amministrazione locale.
Si differenzia tale norma dal modello del nuovo articolo 118 Cost perché il Tuel affida ai Comuni le
funzioni amministrative “che riguardano la popolazione e il territorio comunale”, mentre la riforma
costituzionale del 2001 attribuisce a tale ente “tutte le funzioni amministrative” indipendentemente
dalla loro riconducibilità all’area degli interessi comunali, salvo poi, tuttavia, attenuare l’assolutezza
31
32
Napoli C- Pignatelli N Codice degli enti locali, Nel diritto editore Roma 2013, p 24
Napoli C- Pignatelli N, Idem, p 150
19
del criterio generale con il riferimento esplicito ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza.
Quella del Comune è una competenza generale e residuale, non si fa luogo alla fissazione di un
elenco di specifiche attribuzioni comunali, riservando ad “altri soggetti”, in via di eccezione,
soltanto le competenze espressamente attribuite loro con legge dello Stato o della Regione.
La competenza del Comune riguarda precipuamente i settori organici dei servizi alla persona e alla
comunità,
dell’assetto
e
utilizzazione
del
territorio
e
dello
sviluppo
economico.
Il riferimento a tali ambiti materiali, la cui competenza è specialmente demandata al Comune, non
contraddice la prerogativa di tale ente come titolare del complesso delle funzioni che riguardano il
territorio e la popolazione locale.
Si tratta infatti di settori materiali che, oltre ad essere richiamati soltanto a titolo esemplificativo,
come dimostra l’impiego dell’avverbio “precipuamente”, sono talmente estesi da ricomprendere la
quasi
totalità
delle
attività
pubbliche
di
interesse
della
collettività
locale.
L’art.19 del DL 95/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 ha
introdotto importanti novità sulle funzioni fondamentali, sulle modalità di esercizio associato di
funzioni
e
servizi
comunali
e
sulle
unioni
dei
Comuni.
Il comma 1 lett. A) dell’art.19 fornisce un nuovo elenco di funzioni fondamentali dei comuni e
sostituisce l’elenco provvisorio contenuto nella legge sul federalismo fiscale (Legge 42/2009).
L’individuazione delle 10 funzioni fondamentali è compiuta attraverso una modifica dell’art. 14,
comma 27, del D.L. 78/2010, che aveva definito le stesse funzioni ai fini dell’ esercizio in forma
obbligatoriamente associata delle funzioni dei comuni mediante rinvio alla legge sul federalismo
fiscale.
E’ opportuno precisare che la legge 42/2009 ha identificato le funzioni fondamentali ai fini della
determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali, mentre l’art.19 definisce le funzioni
fondamentali
in
via
non
transitoria
e
senza
finalità
specifiche.
Come osservato dal servizio studi della camera, l’art.19 non contiene disposizioni di coordinamento
né con il Tuel, né con la legge 42/2009. Tuttavia, l’art. 3 del D.Lgs. 216/2010, nell’ambito della
disciplina delegata in esso contenuta per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di
Comuni, Città metropolitane e Province, ha previsto che a quell’individuazione transitoria si
dovesse far riferimento “fino alla data di entrata in vigore della legge statale di individuazione delle
funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province”; pertanto, per la determinazione
20
dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni occorre far riferimento al nuovo elenco di funzioni
contenuto nell’articolo in commento33.
CAPITOLO IV
CENNI SULL’AMMINISTRAZIONE LOCALE IN EUROPA
Sommario:
1. INTRODUZIONE-2. MODELLI DI AMMINISRAZIONE LOCALE-3. INGHILTERRA4. FRANCIA:PREFETTO FRANCESE
In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso è necessario analizzare altri modelli di
amministrazione locale, statale e comunale, perché la comparazione è divenuta elemento
imprescindibile per riprendere soluzioni affermatisi con successo altrove, sia per scartarne altre,
tenendo conto anche dei risultati realizzati in altri contesti34.
1. MODELLI DI AMMINISTRAZIONE LOCALE
Accorpando in gruppi i sistemi accomunati dai medesimi tratti caratterizzanti, è possibile
classificare gli ordinamenti locali europei in alcuni “modelli”, in realtà largamente diffusi in vaste
zone di altri continenti35.
Questi modelli possono essere definiti:
a) francese: affermatosi su un’ampia serie di principi, a partire da quello di uniformità, e
strumenti, a partire da una stringente serie di controlli, questo modello ha oggi stemperato
vari dei suoi elementi caratterizzanti.
Permangono,tuttavia, alcuni tratti distintivi, quali la duplicazione delle autonomie e del
relativo decentramento di funzioni con una parallela presenza di uffici periferici dello Stato
(incentrati sulla figura del Prefetto) e la relativa deconcentrazione;
b) anglossassone: traendo origine da una tradizione di rispetto per le libertà inviolabili e per gli
antichi ordinamenti locali, il Local Selfgovernment britannico presenta una notevole flessibilità di
33
AAVV, Le funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi
comunali, sito lega delle autonomie, 2012
34
35
Vandelli L, Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino , Bologna 2013, pag 327
Vandelli L., Idem, pag 332
21
assetti delle diverse categorie di corpi locali, urbani e rurali, dotati di rilevante discrezionalità nel
modulare autonomamente i sistemi di governo e di funzionamento delle amministrazioni, basate su
una grande varietà di commissioni e sottocommissioni.
In questo sistema, mancano apparati periferici statali, dato che, in periferia, l’esecuzione spetta, in
via generale, al governo locale;
c) germanico: modello contrassegnato da una intrinseca differenziazione dei governi locali,
effetto della “immedesimazione” del governo locale nell’ordinamento di ogni Land;che
dunque ne fissa la disciplina, pur nel quadro di un nucleo di principi costituzionali la cui
violazione può essere sindacata dal Tribunale costituzionale. Anche in questo caso, manca
una presenza di apparati periferici federali: qui sono i Lander a costituire il perno
dell’amministrazione, gestendo direttamente le funzioni, o articolandone l’esercizio tra i
livelli locali. I sistemi locali, inoltre si presentano generalmente differenziati tra aree rurali,
ove esistono oltre ai Comuni, enti di area vasta (Circondari) e aree urbane, ove i grandi
Comuni esercitano anche i poteri del livello superiore, come città libere dai Circondari.
d) nordico: anche in Svezia, Norvegia e Danimarca, si ritrovano alcuni tratti tipici del sistema
tradizionale francese, dalla uniformità alla deconcentrazione degli apparati statali in
periferia, incentrata sulla figura del Prefetto. Eppure, non mancano differenzazioni
sostanziali tutt’altro che secondarie, a partire dal fatto che- diversamente da quanto avviene
in Francia o in Italia – sono precisamente le autonomie a gestire tradizionalmente la parte di
gran lunga prevalente delle funzioni pubbliche36.
3.
INGHILTERRA
Rispetto al modello francese di Stato a diritto amministrativo e alle sue variazioni continentali,
l’ordinamento inglese è a lungo raffigurato come un’eccezione37.
L’idea di un’amministrazione senza diritto amministrativo, sebbene a lungo coltivata dalla scienza
giuridica inglese, è tuttavia di fatto smentita dalla crescente acquisizione di compiti da parte dei
pubblici poteri e del loro esercizio attraverso prerogative esorbitanti dal diritto Comune.
Già nella prima metà dell’Ottocento, a seguito della prima estensione del suffragio disposta dal
(Great) Reform Act del 1832 (poi integrato dal Second Reform Act del 1867 e dal Third Reform
36
37
Vandelli L, Idem, pag 333
Napolitano G, Diritto amministrativo comparato, Giuffré, Milano, 2007, p. 19
22
Act del 1884), cominciano ad apparire i primi corpi di ufficiali esecutivi preposti all’esecuzione e
al controllo di talune leggi a carattere sociale, come gli ispettorati sulle fabbriche delle miniere.
Manca, tuttavia, qualsiasi forma di coordinamento e di controllo gerarchico di questi corpi che
rispondono così direttamente al parlamento senza la mediazione di un potere esecutivo.
Soltanto alla fine dell’Ottocento l’organizzazione per board assume una connotazione più
propriamente burocratica per essere quindi imputata a dicasteri politicamente responsabili di fronte
al Parlamento.
Inizialmente, tuttavia, i poteri esercitati sono di mero controllo e di segnalazione alle coorti delle
eventuali violazioni di determinate normative.
In seguito, però, il quadro delle eventuali violazioni delle prerogative istituzionali si accresce fino a
comportare un progressivo accentrarsi di funzione regolatorie e aggiudicatorie in capo ai medesimi
organi38.
All’inizio del Novecento, e ancor più dopo la prima guerra mondiale, anche nel Regno Unito si
registra un’ulteriore fase di espansione dell’intervento pubblico: dalle assicurazioni alla sanità, dai
trasporti all’urbanistica.
Esplode la produzione normativa dei dipartimenti centrali a scapito del parlamento e della centralità
della sua potestà legislativa: l’esecutivo diventa così titolare sia di poteri di delagated legislation sia
di poteri ministeriali.
Nel secondo dopoguerra, i poteri eccezionali dell’amministrazione connessi all’intervento bellico
sono prorogati ed estesi; si ampliano il controllo pubblico sull’agricoltura, il ruolo delle
assicurazioni sociali e l’ambito della pianificazione urbana, le nazionalizzazioni portano a un
ulteriore sviluppo delle pubblic enterprises; gli administrative tribunals si moltiplicano.
Il definitivo riavvicinamento della vicenda inglese alle esperienze dell’Europa continentale, in un
contesto generale segnato dall’adesione alla Comunità, sembra compiersi quando le riforme
processuali del 1977 e del 1981 pongono le premesse per un’espansione del sindacato
giurisdizionale dell’azione amministrativa.
Contemporaneamente, però, nella lunga stagione del governo conservatore di Margareth Thatcher,
l’amministrazione è sottoposta a un drastico processo di riforma, nel segno della privatizzazione e
della managerializzazione, che rimette in questione la centralità del suo ruolo e la sua distinzione
dalla società e dalle sue regole39.
38
Napolitano G., idem, p. 21
39
Napolitano G, idem, p. 22
23
Da vent’anni a questa parte, il ruolo e l’azione dei pubblici poteri continuano ad essere oggetto di
specifica disciplina, sul piano del diritto sostanziale e su quello del diritto processuale.
Nel 1998, lo Human Rights Act contiene regole speciali dirette alle pubblic authorities.
Quindi, si interviene sul fondamento processuale della specialità del diritto amministrativo inglese
perché progressivamente criticato, per la sua rigidità e incertezza.
Nel 2000, pertanto, la separazione delle procedure è parzialmente attenuata, ma in cambio vi è
l’istituzione di una sezione specializzata del giudice Comune40.
In Inghilterra è noto come la caratteristica del self-government sia stata costituita, attraverso
l'evoluzione storica, dalla mancanza di quella distinzione, che è caratteristica invece del continente,
fra amministrazione autarchica o locale, e amministrazione governativa, esercitata anche localmente
da organi statuali incaricati di controllare e tutelare il funzionamento degli enti locali nelle diverse
parti del territorio nazionale.
Le circoscrizioni del regno inglese hanno perciò, fin dai primi tempi, il carattere di enti giuridici a
sé, provinciali e comunali, sottoposti alla vigilanza dello Stato stesso (contee, centurie, borghi), i cui
organi sono autorità locali, scelte in genere fra i proprietari locali, fra i gentlemen provinciali.
La prima di queste autorità fu in origine lo sceriffo (custode della pace del re= keeper of the king's
peace) , primo magistrato della contea, con numerose attribuzioni di polizia, il quale però, a poco a
poco, cedette gran parte delle sue funzioni al Lord-luogotenente, primo fra i giudici di pace stessi,
giudici e amministratori nel tempo stesso, nominati dal Re in numero non limitato per ogni contea,
che assistiti da un impiegato stipendiato e permanente, il clerk of the peace, hanno formato per
tanto tempo la principale base del governo locale inglese.
Altri giudici di pace possono essere concessi ai borghi, ove uniscono le funzioni del loro potere
governativo con funzione d'indole municipale.
A questi ufficiali se ne aggiungevano poi altri, il coroner, il constable, (in genere, ufficiali esecutivi)
e , specie negli ultimi tempi, vari ispettori ( dei poveri, delle strade, dell'estimo, etc) tutti questi
funzionari sono nominati dal potere centrale, ma da esso rimangono indipendenti per ciò che
concerne i loro provvedimenti e la loro determinazioni: e ciò è dovuto alla gratuità (per lo meno in
tempi ormai lontani da noi) delle loro prestazioni, alla indipendenza della loro posizione sociale ed
economica, alla educazione politica di così lunga data della nazione inglese, alle secolari tradizioni
della gentry (la classe sociale dei gentlemen da cui vengono tolti) alla loro appartenenza ai luoghi
40
Napolitano G, idem, p. 24
24
ove esercitano le loro funzioni, ove hanno quindi i maggiori, se non tutti, i rapporti di famiglia e di
interessi.
Questi cittadini non hanno quindi intermediari fra sé e lo Stato come può essere la burocrazia
continentale, ma, , si governano da sé come organi dello Stato stesso, mescolando spesso le funzioni
giurisdizionali con quelle amministrative e le funzioni statuali generali (es: gli ordini di arresto e di
scioglimento degli assembramenti).
E l'adempimento di queste funzioni, l'esercizio di questi uffici è poi come una preparazione a quelli
di componenti della Camera dei Comuni, che ne sono, per così dire la continuazione.
Di conseguenza in Inghilterra l'ufficio legislativo, coronamento degli uffici locali ricoperti, continua
in linea generale, naturalmente, come un risultato del self government, e quindi alieno dalla
mentalità perturbatrice della amministrazione locale.
Il potere governativo è concentrato in una forte e organizzata amministrazione centrale il local
government board, che pur lasciando agli uffici locali molte ed importanti funzioni, vigila, e al caso
agisce, a mezzo di un sistema di ispettori, stipendiati, muniti di larghi poteri, e sempre in giro
attraverso i vari consigli ed uffici locali, in quali forniscono così all'autorità centrale tutte le
informazioni e gli elementi necessari per le definitive determinazioni del governo centrale.
Si verifica perciò anche in Inghilterra una sempre maggiore tendenza a lasciare le funzioni
pubbliche di più alta responsabilità a persone che ne facciano una professione retribuita: con ciò
viene sempre più avvicinandosi al modello francese41.
4.
FRANCIA
Secondo l’insegnamento tradizionale, il modello “puro” del diritto amministrativo è quello francese.
Esso si caratterizza per la presenza di tre elementi fondamentali: il carattere unitario e organico
della pubblica amministrazione; la sua soggezione ad una disciplina autonoma, “esorbitante“ e
derogatoria rispetto al diritto Comune; la sottoposizione al controllo di un giudice speciale, diverso
da quello ordinario42.
Tale rappresentazione, naturalmente, è il frutto di una semplificazione concettuale di una realtà ben
più complessa e articolata, formatasi gradualmente nel tempo ed oggetto di molteplici evoluzioni e
trasformazioni.
Soltanto con Napoleone, tuttavia, l’amministrazione si “statalizza”, perché i compiti in precedenza
svolti da corpi elettivi sono trasferiti a funzionari monocratici nominati dall’esecutivo.
41
42
Malinverno R, voce Prefetto in Novissimo digesto italiano, 1966, UTET, Torino p. 592
Napolitano G., Idem, p.4
25
Gli interessi della società diventano così oggetto di una funzione amministrativa di esclusiva
pertinenza statale.
Soltanto alla fine del diciannovesimo secolo si avvia la costruzione di un diritto amministrativo
inteso come disciplina autonoma ed equiordinata al diritto civile.
Singole previsioni normative sono oggetto di un’operazione di “generalizzazione” compiuta dalla
giurisprudenza e dalla scienza giuridica.
Il processo è direttamente legato alla sottrazione di una serie di controversie alla giurisdizione
ordinaria e alla progressiva affermazione del ruolo centrale del Conseil d’Etat quale giudice
speciale “delegato” dell’amministrazione a seguito della riforma del 1872.
Nel primo quarto di secolo del Novecento, il potere creativo del giudice amministrativo conosce,
dunque, la sua “età dell’oro”43.
Nel volgere di qualche lustro, diventa normale rappresentare il diritto amministrativo come
disciplina profondamente diversa dal diritto privato: alla fase della “transfert pure et simple” di
teorie e regole di quest’ultimo, infatti, si susseguono quelle della “rèaction” e della “transposition”
alla luce delle “nècessites administratives”.
L’amministrazione si configura così come puissance publique, e cioè come corpo dotato di poteri
“esorbitanti” dal diritto Comune, al fine di assicurare la cura dell’interesse generale44.
Ciò spiega perché storicamente il diritto amministrativo si costruisca e si rappresenti come diritto di
prerogative e privilegi.
Nel Novecento il ruolo assunto dallo Stato determina una vera e propria pubblicizzazione della
società che ne impedisce una raffigurazione in termini antagonistici 45.
Negli anni Quaranta, i termini del dibattito cominciano a mutare.
L’imposizione di missioni di interesse generale in capo ai privati e la diffusione del potere pubblico
determinano il passaggio du droit civil au droit publique, anche se il secondo si avvale delle forme e
delle tecniche del primo, modificandole e adattandole alle sue esigenze.
Matura così, per la prima volta in modo netto e consapevole, l’idea che l’allargamento della sfera
pubblica non determina necessariamente l’ampliamento “territoriale” del regimo amministrativo.
Nel secondo dopoguerra, il diritto amministrativo mantiene i suoi caratteri fondamentali.
Le carte costituzionali del 1946 e del 1958, inizialmente, hanno un impatto limitato
sull’amministrazione e sul modo di agire.
43
Napolitano G, Idem, p.5
44
Napolitano G, Idem, p.6
45
Napolitano G, Idem , p. 8
26
Anzi, il primato assegnato al potere esecutivo ne rafforza il dominio anche sull’amministrazione.
Il giudice amministrativo continua a svolgere un ruolo dominante sulla formazione delle regole
sostanziali dell’agire pubblico.
Si cominciano però a riconoscere i diritti dei cittadini nei confronti delle amministrazioni, ma
ancora in modo disorganico; soprattutto si rifiuta l’idea di una disciplina legislativa del
procedimento.
Da un lato, l’espansione dell’intervento pubblico, che continua negli anni Sessante e Settanta fino
all’inizio degli anni Ottanta, avviene sempre più spesso in forme privatistiche.I servizi pubblici
industriali e commerciali, in passato marginali rispetto a quelli a gestione amministrativa,
acquistano un rilievo centrale46.
Dall’altro, i processi di riforma economica e amministrativa, oltre a rafforzare i diritti dei cittadini,
conducono ad una parziale riduzione della sfera pubblica e all’adozione delle prime misure di
privatizzazione.
Il passaggio verso lo Stato regolatore, tuttavia, è lento e graduale, in quanto la politica di
privatizzazione a differenza di quanto accade in altri paesi, non è di largo respiro.
Anche la creazione delle autorità indipendenti non è legata al processo di privatizzazione, ma
piuttosto all’esigenza di garantire libertà pubbliche in aree “sensibili” dell’ordinamento.
Ci troviamo dunque di fronte ad una déstructuration del diritto amministrativo che contribuisce alla
“pénétration croissante des rapports juridiques administratifs par le droit privé”.
Ciò non porta alla “fine del diritto amministrativo”, il quale, al contrario, continua a espandersi, ma
a un suo rinnovamento: esso si inscrive in un sistema amministrativo più vasto, a cominciare da
quello europeo, aperto agli apporti dell’analisi economica e imperniato sulla difesa de diritti
fondamentali.
Per quanto concerne il c.d. “local governement”, la Francia ha una lunga tradizione di Stato
centralizzato, dove lo Stato è responsabile sia della maggior parte dei pubblici interesse sia della
maggior parte delle decisioni pubbliche47.
Tuttavia, questa caratteristica di centralizzazione è stata nel tempo ridotta, gli enti locali si sono
progressivamente sviluppati e rinforzati con poteri e mezzi finanziari.
Un importante passo in tale direzione è stato fatto negli anni 80, quando è stata adottata una vasta
riforma della decentralizzazione.
46
Napolitano G, idem, p. 9
47
Auby J B-Lucie Cluzel-Métayer, Administrative Law in France in Adminnistrative law of the European Union: its
member states and the United States, Intesentia-Metro, Cambridge, 2012, pag 10
27
Il sistema amministrativo francese rimane uno dei meno decentralizzati d’Europa, ma si sta
comunque cominciando a muovere verso ciò che negli atri Paesi europei si può chiamare governo
locale e regionalizzazione.
Nel 2003, una riforma costituzionale ha amplificato il livello di decentramento in Francia,
introducendo uno speciale riferimento nel primo articolo della Costituzione, affermando la natura
decentralizzata della Repubblica francese ( “La Francia è una Repubblica indivisibile … La sua
organizzazione è decentralizzata”)
Le principali basi legislative del decentramento derivano dai seguenti elementi:

gli enti locali sono considerate persone giuridiche, che formano una delle tre categorie di
persone giuridiche pubbliche: les collectivités locales;

un certo livello di autonomia è assicurato alle collettività territoriali dalle regole
costituzionali, come assicura il paragrafo 72 della Costituzione, che sancisce che gli enti
locali sono amministrati liberamente da assemblee elette.
Da questo paragrafo, la Corte costituzionale ha derivato alcune conseguenza in materia di
protezione dell’autonomia territoriale, come ad esempio la protezione dell’ autosufficienza
finanziaria.
Gli enti territoriali sono così suddivisi:
a)
22 Regioni (régions), governate da un consiglio regionale (conseil régional) , assemblea
legislativa eletta direttamente dai cittadini, e dal presidente del consiglio regionale (président
du conseil régional), eletto dal consiglio regionale;
b)
96 dipartimenti (départements), governati da un consiglio generale (conseil général) ,
assemblea legislativa direttamente eletta dai cittadini, e dal presidente del consiglio generale
(prèsident du conseil général) , eletto dal consiglio generale;
c)
36700 municipalità (communes), governate da un consiglio municipale (conseil municipal),
assemblea legislativa direttamente eletta dai cittadini e dal sindaco (maire), eletto dal
consiglio municipale48
4.1 IL PREFETTO FRANCESE
Per puntualizzare la figura del Prefetto in Francia occorre distinguere, preliminarmente, due nozioni
tipiche del diritto amministrativo di quel Paese: la decentralizzazione e la deconcentrazione: la
prima corrisponde all’attribuzione di una certa autonomia ad una collettività che si amministra
48
Auby J B-Lucie Cluzel-Métayer, idem, p. 11
28
liberamente attraverso consigli elettivi e sotto il controllo del governo; la seconda si caratterizza per
l’intervento di una autorità statale non centrale49.
Il Prefetto, in tale ordinamento, risulta quindi una tipica forma di deconcentrazione dello Stato:
assume infatti il ruolo di rappresentante dello Stato nel territorio del Dipartimento, le cui procedure
di nomina sono disciplinate dalla Costituzione.
In base all’art. 72, ultimo comma, Cost. “Nelle collettività territoriali della Repubblica, il
rappresentante dello Stato (è il) rappresentante di ciascun membro del governo, è responsabile in
materia di interessi nazionali, controllo amministrativo e rispetto delle leggi”.
Il corpo Prefettizio è poi disciplinato d’altra parte in uno statuto particolare fissato per decreto dal
Consiglio di Stato e queste disposizioni possono derogare lo statuto generale della funzione
pubblica (decreto del 29 luglio 1964).
I Prefetti sono nominati da un decreto del Presidente della Repubblica nel consiglio dei ministri su
proposta del primo ministro e del ministro dell’interno.
Per quanto concerne la loro nomina, al principio tradizionale di scelta interamente discrezionale,
riflessione della concezione politica dell’istituto Prefettizio, sono stati apportati dei temperamenti.
Già gli statuti precedenti a quello attuale (1950 e 1959) avevano previsto che i tre quarti delle
nomine dei Prefetti derivavano dai vicePrefetti o dagli amministratori civili fuoriclasse.
Attualmente le nomine dei Prefetti che vengono dall’”esterno” non possono eccedere un quinto del
totale50.
Partendo da questi presupposti, bisogna affermare che la sede del Prefetto è lasciata dalla legge “
alla discrezione del governo” ( legge 11 gennaio 1984, art. 25).
La nomina del Prefetto implica l’assegnazione di una sede territoriale, salva la possibilità, nel limite
di cinque posti, di nominare dei Prefetti fuori ruolo per occupare dei posti superiori che comportano
un particolare incarico per l’espletamento di servizio pubblico rilevante per le esigenza del governo
In generale, l’intervento del Prefetto riguarda la sfera della politica e, soprattutto, quella
dell’amministrazione51.
49
Mangiameli S, La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali: Italia, Francia e Spagna a
confronto, Relazione presentata al Convegno su «Lo Stato in periferia e l’assetto del governo regionale e locale»,
organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA
50
Savignac J C, Les administrastions de la France, Misson, 1995, p. 107
51
Mangiameli S., La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali: Italia, Francia e Spagna a
confronto, Relazione presentata al Convegno su «Lo Stato in periferia e l’assetto del governo regionale e locale»,
organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA
29
Politicamente il Prefetto ha il ruolo di mediare tra il potere centrale, gli amministrati e i loro eletti;
trasmette le richieste ai ministri competenti, dopo averle istruite, analizzate e valutate con proprio
parere e, soprattutto, assicura una costante informazione al Governo centrale su quanto accade nella
circoscrizione affidatagli, anche con riferimento ai movimenti dell’opinione pubblica; in altre
parole, è la principale fonte di informazione del governo centrale.
Dal punto di vista amministrativo, il Prefetto svolge a livello territoriale una serie di funzioni
proprie dello Stato.
In primo luogo, è l’autorità di polizia amministrativa e, in tale qualità, adotta le misure necessarie al
mantenimento dell’ordine pubblico.
Le nozioni di polizia e di ordine pubblico vanno rapportate non solo alla tranquillità della vita
sociale, ma soprattutto alle misure che riguardano le attività umane in relazione a determinati ambiti
tra cui anche la tutela dell’ambiente.
Rispetto agli individui può adottare prescrizioni e
autorizzazioni; dispone altresì per l’ordine pubblico delle forze di polizia ed esegue le decisioni
giudiziarie.
In secondo luogo, il Prefetto partecipa al controllo dei comuni, dei dipartimenti, delle collettività
infraregionali e delle persone giuridiche di diritto pubblico(établissements publics) di livello
dipartimentale, anche con riguardo al controllo di bilancio.
In terzo luogo, il Prefetto è il responsabile dell’amministrazione civile dello Stato nel dipartimento,
eccetto alcuni casi, quali esattamente: la giustizia, l’educazione nazionale e l’Amministrazione
fiscale.
Per assolvere a questa funzione è dotato di specifici poteri: può ricevere deleghe dai ministri ed è
titolare del potere ordinamentale sui servizi deconcentrati dello Stato; assegna – a chi designa come
“capo progetto” – il compito di animare e coordinare l’azione di più servizi, allorquando si tratta di
azioni concorrenti per la messa in opera di una medesima politica pubblica (in questa stessa ipotesi,
può anche proporre al governo la fusione di più servizi); determina le disposizioni concernenti le
procedure che devono essere seguite per i processi riorganizzativi dell’amministrazione statale o di
organismi responsabili di un servizio pubblico.
I provvedimenti individuali possono essere assunti solo dal Prefetto.
In quarto luogo, egli è l’animatore dell’economia del suo dipartimento, sia per la possibilità di
ripartizione dei fondi per investimenti, e sia per i suoi rapporti con le forze sociali, imprese,
sindacati, ecc.
Le disposizioni che disciplinano i poteri e le funzioni del Prefetto puntano al conseguimento di un
doppio scopo: per un verso, si tende a realizzare la coerenza dell’azione dello Stato, evitando la
30
suddivisione e la dispersione tra le diverse divisioni generali. La circostanza che nel corso degli
anni la Francia abbia realizzato un’accentuata decentralizzazione aumentando i poteri locali e
realizzando la regione, ha reso ancora più necessaria la figura di un rappresentante dello Stato
dotato di forti poteri52.
Per altro verso, la deconcentrazione dei poteri presuppone effettivamente un centro di decisione
realmente operativo.
La scelta del Prefetto come punto di riferimento essenziale del trasferimento di competenza tende a
contenere i rapporti diretti dei capi dei servizi con le amministrazioni centrali, in modo da evitare la
risalita del potere di decisione, dal territorio al centro e l’appesantimento della gestione.
La legislazione, nel perseguire gli obiettivi di un nuovo rafforzamento della deconcentrazione, ha
consolidato il ruolo della circoscrizione dipartimentale, come centro territoriale per l’attuazione
delle politiche nazionali ed europee; di qui la necessità del potenziamento dei poteri Prefettizi.
L’ordinamento francese si è regionalizzato in un arco di tempo abbastanza lungo; sin da subito è
stata istituita la figura del Prefetto della Regione, che ha poi subito una progressiva evoluzione fino
al suo rafforzamento avvenuto nel 2010.
Il Prefetto della Regione è il Prefetto del Comune capoluogo di Regione ed ha in via di principio gli
stessi poteri di rappresentanza e le medesime funzioni del Prefetto dipartimentale, riferite all’intera
regione e assume, perciò, anche la funzione di controllo amministrativo nei confronti della Regione,
oltre che delle collettività decentralizzate del Dipartimento.
Infine, occorre sottolineare che l’anno 2010 ha comportato due grandi riforme per
l’amministrazione territoriale: la messa in opera in gennaio della REATE (Réforme de
l’Administration Territoriale de l’Etat) e la promulgazione in dicembre della legge di riforma delle
collettività locali, riforme che hanno modificato il paesaggio amministrativo francese 53.
Comunque la Francia rimane coi suoi 36000 comuni, i suoi Prefetti e i suoi dipartimenti, ma tali
riforme hanno costituito una novità nel panorama francese.
La legge del 16 dicembre 2010 si inserisce nel quadro della revisione generale delle politiche
pubbliche e dà corpo all’annunciata riforma delle collettività territoriali che ha portato ad una
nuova organizzazione del territorio francese.
52
53
Mangiameli S, Idem, 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA
Kada N, La Réforme de l’Etat territorial in Revue française d’administration publique n. 141 del 2012, ENA,
Strasburgo, p. 109
31
La riforma, ispirata in parte dai lavori del Comité Balladur (il rapporto finale è stato presentato a
marzo 2009), si basa su alcune priorità per ridurre, semplificare e razionalizzare la suddivisione
amministrativa del territorio francese54.
In particolare:
la creazione di due “poli” amministrativi, regione e dipartimento da un lato, comuni e
-
strutture intercomunali dall’altro;
l’elezione di una nuova categoria di eletti locali, i consiglieri territoriali, consiglieri comuni
-
alle due collettività che siederanno di volta in volta in Consiglio regionale o in Consiglio
generale (artt. 1-7), favorendo in tal modo il ravvicinamento tra il Dipartimento e la Regione
mentre il ravvicinamento tra Comuni e Intercomunalità sarà realizzato dall’elezione a
suffragio universale dei consiglieri comunitari che siedono in seno ai
consigli delle
intercomunalità (art. 8-9); i consiglieri territoriali saranno eletti per la prima volta nel marzo
2014;
il completamento e la semplificazione della Carta dell’Intercomunalità in Francia per
-
assicurare un’organizzazione intercomunale dell’intero territorio nazionale entro il 31
dicembre 2013 (artt. 30-72);
-
la creazione, attraverso un nuovo meccanismo che facilita la fusione di comuni e i
raggruppamenti di dipartimenti e Regioni, di nuove strutture locali in sostituzione di
collettività territoriali preesistenti: le metropoli (sono previste 11 metropoli per le zone
urbane con più di 500.000 abitanti), i poli metropolitani, i nuovi comuni derivanti dalla
fusione di comuni appartenenti ad uno stessa struttura intercomunale (artt. 12-25), il
raggruppamento di Regioni (che dovrebbero passare da 22 a 15) o di dipartimenti su base
volontaria (artt. 26-29).
L’agglomerato urbano di Parigi e l’Île de France hanno invece dato luogo ad una nuova collettività
territoriale, il “Grand Paris”, istituita con la Legge n. 2010-597 del 3 giugno 2010.
54
Rassegna dell’attività legislativa e istituzionale di Paesi stranieri, sito Camera dei Deputati n. 6, Novembre-dicembre
2010
32
CONCLUSIONE
Il presente lavoro ha avuto ad oggetto l’analisi delle funzioni di amministrazione generale del
Comune e del Prefetto, rispettivamente in ambito locale e in ambito statale periferico.
In primo luogo, la preferenza per il Comune ed i principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza vanno letti quali fattori costitutivi di un sistema che mira a valorizzare l’effettiva
capacità dei diversi ambiti istituzionali di soddisfare le esigenze palesate nei rispettivi contesti
sociali,
tenuto
conto
dei
tratti
specifici
mostrati
da
ogni
realtà
locale 55.
Il processo di “trasformazione” del Comune è iniziato con l’articolo 1 comma 2 legge 59/1997,
certamente forzando l’originario quadro costituzionale ha conferito alle Regioni e agli enti locali,
nell’osservanza del principio di sussidiarietà, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla
cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le
funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque
organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti
pubblici56.
Di conseguenza, nel nuovo impianto costituzionale le funzioni amministrative fanno capo in via
preferenziale al Comune, inteso quale “cellula primaria” dell’amministrazione pubblica, che assume
una competenza amministrativa di carattere generale, dinanzi alla quale ogni diversa soluzione
allocativa
non
può
che
essere
considerata
nei
termini
di
una
deroga 57.
Poiché Il Comune riveste i caratteri di principale ente esponenziale della collettività locale. siamo di
fronte ad una clausola generale di competenza generale , fondata sul presupposto che tale ente sia in
grado di registrare il complesso dei bisogni e degli interessi della collettività locale e di soddisfarli
in modo tendenzialmente esaustivo.
Il Prefetto, invece, ha subito un’eclisse, prima con il decentramento amministrativo degli anni 60,
poi, a partire dal 1982, con il regionalismo politico.
Successivamente, a partire dagli anni 90 un processo di rafforzamento ha investito il Prefetto prima
con l’assunzione di fatto di nuove funzioni, come ad esempio gli interventi del Prefetto di Roma in
materia di traffico, gestione degli immobili degli istituti assicurativi e poi con nuovi incarichi
55
56
57
Commentario alla Costituzione a cura di Bifulco- Celotto-Olivetti, Utet giuridica, Torino, 2006, p 2236
Napoli C.-Pignatelli N, Codice degli enti locali, nel diritto editore, Roma, 2012, p 146
Napoli C-Pignatelli N, Idem, p 147
33
previsti dal legislatore in materia di protezione civile, immigrazione e con il progetto UTG.
E’ importante registrare il mutamento qualitativo prodotto da queste disposizioni legislative.
Si tratta di norme che, in primo luogo, sia pure in leggi diverse, ma contemporanee, riguardano i
rapporti con i cittadini e la garanzia dell’attuazione dell’interesse pubblico, in funzione dei cittadini.
In secondo luogo, si tratta di norme che riscoprono un ruolo spesso dimenticato del Prefetto, quello
di autorità amministrativa generale.
In questo senso ancor più che autorità sociale il Prefetto è amministrazione civile, nel senso
originario della parola, conservato nel linguaggio inglese, quando si parla di civil service, come
amministrazione generale, che include nel suo ambito tutti i compiti pubblici, tranne quelli
militari58.
In effetti, le riforme che hanno investito queste due figure istituzionali, quali il comune e il Prefetto,
sono state approvate per ridisegnare una nuova statualità cioè un nuovo modo di essere e di
rappresentare lo Stato, configurando uno Stato più leggero, più efficiente, più vicino alle esigenze
dei cittadini, più autorevole e in grado di rispondere alle sfide della globalizzazione
indipendentemente
dalla
considerazione
se
si
siano
raggiunti
i
risultati
prefissi.
A tal proposito appare opportuna una riflessione sul ruolo delle Regioni e della loro interazione con
i prefetti.
Nel corso del tempo le Regioni sono state sempre più libere di agire- non sempre nell’interesse
esclusivo dei propri amministrati- e si è affievolito sempre più il controllo da parte dello Stato.
E’ noto che questo istituto, nella sua duplice forma, preventiva e successiva, non ha altro scopo che
quello di verificare che l’iniziativa dell’ente regionale sia conforme all’interesse generale.
La sua attività, infatti, non può e non deve contrastare con l’ordinamento giuridico nazionale che è
“l’armonia dei diritti e dei doveri sia dei cittadini singoli sia dei cittadini quale espressione di entità
pubbliche o private”.
Va da sé che la mancanza di controlli preventivi è possibile causa di errori e , spesso, anche di
indebiti comportamenti.
Si ritiene che ripristinare i controlli; in modo completo ed efficace, possa costituire un ostacolo alla
corruzione che in quegli enti territoriali molto spesso si è verificata, specialmente in questi ultimi
anni.
Sembra, pertanto, che la soluzione a tale amara riflessione consista nell’affidamento al prefetto –
unico Organo rappresentativo del Governo, sia a livello centrale che periferico, e profondo
58
Cassese S, Il Prefetto come autorità amministrativa generale, Le Regioni, 1992, Roma, p 331
34
conoscitore del territorio- del controllo preventivo e successivo degli atti degli enti locali e non
certo ad Organi elettivi, potendo mancare tra controllori e controllati ( non di rado appartenenti allo
stesso partito politico) quella serenità di giudizio, che può essere causa della corruzione.
In tal modo si ritorna ad applicare il principio sancito dall’articolo 5 della Costituzione, che è bene
ricordare: “ La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i
metodi
della
sua
legislazione
alle
esigenze
dell’autonomia
e
del
decentramento.”
Dall’esame dei lavori preparatori della Carta Costituzionale appare chiaro che i padri costituenti “
vollero evitare – in odio al fascismo- il ripetersi di uno Stato accentratore di tutte le attività
amministrative che dà la possibilità, anche ad un solo uomo, di decidere per tutti.”
Introdussero perciò il più ampio decentramento amministrativo, per evitare, tra l’altro che “da
Palermo o dalla Valle d’Aosta il cittadino dovesse continuare ad andare a Roma, presso ciascun
ministero, talvolta per un semplice visto”.
Ugualmente si è disposto, in quella sede, che lo Stato promuovesse le autonomie locali non certo
perché sorgessero tanti piccoli “Stati autonomi”- in contrasto con “la Repubblica, una e
indivisibile”- ma sul presupposto della maggiore e migliore conoscenza, da parte degli
amministratori elettivi locali della realtà dei problemi regionali, per poterli risolvere meglio.
Nei lavori preparatori della nostra Costituzione non si rinviene invece, il divieto al controllo statale
che è un istituto giuridico di carattere generale perché interviene ogni qual volta vi sia una pluralità
di
enti
ordinati
su
vari
livelli
non
necessariamente
in
modo
gerarchico.
E’ fuor di dubbio che le esperienze non positive, quali quelle di lasciare le Regioni libere di
legiferare in tutte le materie di propria competenza, compresa quella dell’autodeterminazione degli
stipendi e di altri emolumenti da parte dei membri elettivi, senza un effettivo controllo statale,
riflettono la necessità di individuazione dei difetti che una norma o un complesso di norme come la
Costituzione,
abbia
potuto
presentare
nella
sua
pratica
attuazione.
Così come altrettanto importante è l’individuazione di un possibile rimedio che potrebbe consistere
nell’emanazione di “leggi quadro” entro le quali gli enti locali possano legiferare affidando al
Prefetto
il
controllo
preventivo
e
successivo
sull’osservanza
di
legge.
Probabilmente i tempi non sono maturi per affrontare il problema della evidente “degenerazione”
degli
Organi
regionali
specialmente
nella
propria
competenza
legislativa.
E’ certo, invece, che non è più possibile “continuare a ritenere che tutto proceda nel verso giusto”,
conformemente al dettato dalla Costituzione “e non si faccia nulla per frenare la corruzione”
costringendo i magistrati a un lavoro sempre più gravoso e i cittadini a perdere la fiducia nelle
35
istituzioni.
Senza commettere l’errore di creare un organismo sovraordinato, il Prefetto nella sua qualità di
garante delle istituzioni può svolgere un ruolo decisivo nel riequilibrare l’attuale situazione.
BIBLIOGRAFIA
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