Alessandro Sibilia LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL PREFETTO IN ITALIA E IN ALCUNI PAESI EUROPEI. ANALOGIE E DIFFERENZE CON LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE 1. «Sommario»: Premessa – 1. Le funzioni di amministrazione generale del Prefetto 1. INTRODUZIONE 2. L’EVOLUZIONE DELLE FUNZIONI 3. LE FUNZIONI ODIERNE: 3.2 Coordinamento istituzionale 3.3 Sicurezza pubblica 3.4 Immigrazione 4. PROSPETTIVE DI RIFORMA 2. LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE 1 L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA 2 LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEI COMUNI 3. CENNI SULL’AMMINISTRAZIONE LOCALE IN EUROPA 1 INTRODUZIONE 2 MODELLI DI AMMINISTRAZIONE LOCALE 3 INGHILTERRA 4 FRANCIA: PREFETTO FRANCESE CONCLUSIONE INTRODUZIONE Nel sistema giuridico italiano sono due le amministrazioni che rientrano all’interno della categoria della c.d. “amministrazione generale”: il Prefetto a livello di amministrazione statale periferica ed il Comune a livello di amministrazione locale. Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito Provinciale, il Governo nella sua unità; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal decreto legislativo del 30 luglio 1999 numero 300 (Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e Attività Culturali1). Il Prefetto è investito di una molteplicità di competenze, che debbono essere inquadrate nella logica unificante della funzione di rappresentanza del governo nella Province e nel carattere generale del campo di attribuzione propria del Prefetto. Tale considerazione trova puntuale riscontro nel corpus normativo riguardante il Prefetto, caratterizzato da varie diposizioni sparse, spesso anche risalenti, rispetto alla norma fondamentale dell’articolo 19 del testo unico delle leggi comunali e provinciali (Regio Decreto 3 Marzo 1934 numero 383) il quale si apre con l’enunciazione della rappresentanza Prefettizia del potere esecutivo a livello periferico2. Sulla base di tale assunto, nella categoria dell’amministrazione generale possono inquadrarsi quelle competenze Prefettizie accomunate dalla logica unificante della funzione di rappresentanza del governo nella Province spettante al Prefetto. Un approccio siffatto trova riscontro nella nuova dimensione acquisita dalla prefettura come ufficio territoriale del governo, che induce a procedere all’illustrazione di dette attribuzioni riunendole appunto nella categoria onnicomprensiva dell’amministrazione generale3. Sull’altro versante, bisogna premettere che nella generalità degli ordinamenti statali è ricorrente la previsione del Comune come l’ambito della collettività territoriale di base in cui si riparte il territorio e la collettività nazionale e come l’organismo o l’ente preposto alla cura delle esigenze 1 Voce il Prefetto, sito ministero dell’interno 2 Meoli C., Voce Prefetto, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996 Utet Torino 3 Meoli C., Voce Prefetto e prefettura in “diritto on-line” Treccani, 2012 1 comuni alla collettività e al territorio medesimo4. La posizione di particolare pregio che, a seguito della riforma del Titolo V, caratterizza i Comuni nell’ordinamento repubblicano può essere colta agevolmente se si volge lo sguardo al tema delle funzioni amministrative. L’accoglimento dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nel nuovo testo dell’articolo 118 Cost comporta, infatti, che il sistema amministrativo italiano debba oggi essere ricostruito essenzialmente dal basso, con la conseguenza che l’attribuzione di competenze a livelli di governo diversi da quello comunale rappresenta opzione tendenzialmente residuale, praticabile esclusivamente sulla base di esigenze di esercizio unitario. Trattasi, peraltro, di un approccio non del tutto innovativo in quanto assunto dal legislatore statale, ancor prima della riforma del titolo V, sia in sede di disciplina dell’ordinamento delle autonomie locali ( a partire dalla legge 142/1990 fino al Dlgs 267/2000), sia in sede distribuzione delle funzioni amministrative (con specifico riferimento alla legge 15 marzo 1997 numero 59) 5. Che gli enti territoriali dovessero essere considerati come enti tendenzialmente a competenza generale, capaci di interpretare la pluralità delle istanze provenienti dai contesti sociali propri delle collettività residenti sul territorio, è un assunto largamente condiviso nel corso della storia dell’amministrazione locale dell’unità unitaria6. A livello di amministrazione comunale si è assistito, a partire dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana , ad una profonda trasformazione nel modo di intendere la “generalità” dell’amministrazione locale: la quale, originariamente percepita alla stregua dell’idoneità di quest’ultima a farsi carico di tutti compiti concernenti le collettività di riferimento, assumerebbe oggi un significato ben più ampio ricomprendendo altresì tutte le funzioni che, pur non attinenti ad interessi esclusivamente locali, si presterebbero tuttavia alla localizzazione in base ai principi (ormai costituzionalizzati) di sussidiarietà e adeguatezza. In altri termini la stella polare dei processi allocativi sarebbe rappresentata non più (o non solo) dal criterio soggettivo dell’interesse, bensì da quello oggettivo dell’adeguatezza, in modo tale che alla tendenziale capacità degli enti territoriali autonomi di occuparsi della pluralità indefinita dei fini riconducibili ai bisogni e alle esigenze delle comunità, fa seguito una più ampia caratterizzazione dei livelli locali dell’amministrazione chiamati ad assumere tutte le funzioni esercitabili 4 Pastori G., Voce Comune, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996, Utet, Torino 5 AAVV, Il governo locale nella transizione federale, Editrice Cel, 2009, Foggia, pag 91 6 Meloni G., L’amministrazione locale come amministrazione generale, Roma, Luiss University Press, 2005, pag 1 2 adeguatamente al corrispondente livello territoriale7. Ne discende, con tutta evidenza, l’avvento di un modello di amministrazione innovativo segnato dall’elemento della prossimità ai cittadini a prescindere dal livello dell’interesse, secondo una prospettiva che riunifica in una Comune struttura la tradizionale partizione della sussidiarietà in una dimensione verticale ed in una orizzontale. Il lavoro che si presenta, tenta di offrire gli elementi che sembrano più significativi per analizzare il sistema di riparto delle competenze amministrative generali del Comune e del Prefetto. CAPITOLO II LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL PREFETTO Sommario: 1.INTRODUZIONE-2.L’EVOLUZIONE DELLE FUNZIONI-3. LE FUNZIONI ODIERNE: 3.2 Coordinamento istituzionale; 3.3 Sicurezza pubblica; 3.4 Immigrazione-4. PROSPETTIVE DI RIFORMA 1. Il concetto di amministrazione generale evoca quello di Amministrazione civile, la più antica tra le amministrazioni del Dicastero dell’Interno, quella degli Affari civili 8. La missione dell’amministrazione generale, affidata al Corpo Prefettizio, consiste nell’attuare le politiche della sicurezza, della difesa e della protezione civile, della garanzia delle libertà civili, del sostegno e del supporto di ogni autonomia territoriale e funzionale, della tutela del funzionamento della democrazia nelle sue varie espressioni. Attuare le politiche significa svolgere specificamente un’attività di coordinamento e di raccordo, di indirizzo e di armonizzazione, di informazione e comunicazione, di semplificazione e di articolazione, il tutto per offrire coesione a ciò che è frammentato. L’intera amministrazione dell’interno e il sistema Prefettizio, in primis, sono chiamati a fare sintesi. I Prefetti devono avvertire il bisogno di fare rete con la loro presenza omogenea e multiscopo su tutto il territorio nazionale, sviluppando da una parte il principio di sussidiarietà orizzontale così vitale in una società poliarchica e plurale e dall’altra parte in maniera da rendere viva una strategia di indirizzo, di raccordo e di stimolo dei terminali di rete costituiti proprio dai Prefetti, inviati in sede dal Governo a svolgere la loro missione istituzionale. 7 Meloni G., L’amministrazione locale come amministrazione generale, Roma, Luiss University Press, 2005, pag 4 8 Mosca C., Prefazione a Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Raffaele Lauro e Vincenzo Madonna, Maggioli editore, Sant’Arcangelo di Romagna,2005, pag16 3 La vocazione generalista va allora esercitata sul territorio e al centro in modo da sviluppare, da una parte il principio di sussidiarietà orizzontale così vitale in una società complessa multi reticolare e dall’altra in maniera da rendere viva una strategia di indirizzo, di raccordo e di stimolo dei terminali di rete costituiti proprio dai Prefetti inviati in sede dal governo a svolgere la loro missione istituzionale9. Tra le funzioni ricomprese nell'area dell'amministrazione generale vi sono le attività relative alla mediazione nelle vertenze di lavoro ed alla garanzia dei servizi pubblici essenziali, al riconoscimento delle persone giuridiche, alla concessione dello status di cittadino italiano, all'irrogazioni di sanzioni amministrative per infrazioni depenalizzate ed in materia di circolazione stradale. Il Prefetto è un organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello Provinciale. Il Prefetto: rappresenta il governo a livello provinciale; esercita tutte le funzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri Uffici; sovrintende alle residue funzioni amministrative esercitate dallo Stato, coordinandole con quelle esercitate dagli Enti locali, direttamente o attraverso la presidenza della Conferenza permanente dei dirigenti degli Uffici statali; vigila sulle Autorità amministrative operanti nella Province e vi si sostituisce, in caso di urgente necessità, adottando le misure del caso (ordinanze di urgenza). Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito provinciale, il Governo nella sua unità; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal d.lgvo 300/99 (Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e Attività Culturali)10. Il ruolo di rappresentanza generale del Governo, riconosciuto al Prefetto, trova ulteriore conferma e supporto nell'istituzione della "Conferenza permanente" da lui presieduta e composta dai 9 Mosca C., idem, pag 18 10 Voce “Il Prefetto”, sito ministero del’interno 4 responsabili delle strutture periferiche dello Stato (art. 4 del DPR. 287 del 17 maggio 2001). Si tratta di un organismo che coadiuva il titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo, nel coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni statali sul territorio che sostituisce i Comitati provinciali e metropolitani della Pubblica Amministrazione. Quale autorità Provinciale di pubblica sicurezza, il Prefetto ha la responsabilità dell'ordine e della sicurezza pubblica e presiede il Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Nell'ambito della protezione civile, il Prefetto sovrintende al coordinamento degli interventi di immediato soccorso per fronteggiare le situazioni di emergenza. I temi trattati in questo capitolo saranno, quindi, il ruolo di coordinamento istituzionale svolto dal Prefetto attraverso le conferenze permanenti e nel settore della sicurezza pubblica e la potestà di ordinanza, tutti in qualche modo espressione di un compito di amministrazione generale. 2. LE FUNZIONI ODIERNE 2.2 Coordinamento istituzionale Con la trasformazione della prefettura in ufficio territoriale del governo il legislatore ha inteso recuperare ad essa l’originaria vocazione di ufficio generalista a competenza diffusa ed orizzontale tra più amministrazioni, titolare di un ruolo di coordinamento istituzionale a livello periferico. Esso costituisce una formula organizzatoria adatta a gestire le relazioni interorganiche ed intersoggettive, senza intaccare l’autonomia più o meno ampia ad essi riconosciuta, perché prescinde dal tradizionale modello gerarchico. Inoltre, esso inerisce piuttosto a manifestazioni di attività amministrativa che devono essere armonizzate, che ad atti della Pubblica Amministrazione 11. Non è possibile addivenire alla formulazione di una nozione unica del coordinamento, in quanto essa può assumere diverse configurazioni e, pertanto, bisogna rifarsi alla norma che la prevede per stabilire i caratteri che essa in concreto presenta. La funzione di coordinamento può essere realizzata attraverso una struttura collegiale o anche con mezzi diversi, quali le intese, gli incontri, le consultazioni ecc. In tale ambito hanno trovato pertanto coerente collocazione le conferenze permanenti (provinciali e regionali), previste dal comma 2 dell’art. 11 d.lgs 300/1999 e compiutamente disciplinate dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 3.4.2006, n. 180. 11 Lauro-Madonna, Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Sant’Arcangelo di Romagna, 2005, pag274 5 Alla conferenza Provinciale partecipano i responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato operanti nella Province, il presidente della Province, il rappresentante della città metropolitana laddove costituita, il sindaco del Comune capoluogo e i sindaci dei comuni eventualmente interessati alle questioni trattate, o loro delegati, nonché tutti quei soggetti istituzionali di cui è ritenuta utile la partecipazione ai fini delle concrete determinazioni da assumere o che vi hanno comunque interesse. La conferenza regionale, presieduta dal Prefetto del capoluogo di regione, ha una composizione analoga, ma gli uffici e gli enti che vi partecipano sono quelli esistenti a livello regionale. Finalità precipua, oltre al raccordo dell’attività amministrativa delle strutture periferiche dello Stato, è quella di garantire l’attuazione del principio della leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie territoriali, introdotto con la riforma del titolo V della Costituzione, nell’ottica di garantire l’unitarietà della Repubblica. Sicché in quest’ambito il Prefetto è titolare di una funzione di amministrazione generale derivantegli dalla sua dipendenza funzionale dal governo unitariamente considerato e il suo coordinamento è interorganico rispetto alle strutture periferiche statali, intersoggettivo allorché faccia riferimento anche agli enti locali. In coerenza con quanto sinora riferito è la previsione dell’intervento sostitutivo del Prefetto, come disciplinato dall’art. 7 del citato d.P.R. n. 180/2006 12. Detta autorità, infatti, qualora venga a conoscenza di disfunzioni o anomalie nell’attività amministrativa di un ufficio periferico dello Stato, che possano arrecare pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla collettività, previa istruttoria, e dopo aver tentato una mediazione con gli uffici coinvolti, convoca la conferenza permanente per l’esame della situazione ed invita il responsabile dell’ufficio interessato ad adottare, entro un congruo termine, i provvedimenti necessari. In caso di inottemperanza, richiesto l’assenso del Ministro competente e dopo aver contestualmente informato il Presidente del consiglio dei ministri, il Prefetto stesso adotta gli atti necessari. In caso di mancato assenso del Ministro, la questione può essere deferita dal Presidente del consiglio dei ministri al governo stesso che, a sua volta, può autorizzare l’intervento sostitutivo del Prefetto. La conferenza permanente rappresenta lo strumento fondamentale per l'esercizio da parte del Prefetto della funzione di coordinamento delle attività degli uffici periferici dello Stato e di leale collaborazione con i rappresentanti delle autonomie locali. 12 Meoli C, Prefetto e Prefettura, Diritto on line 2012, sito Treccani enciclopedia italiana 6 La conferenza deve coadiuvare il Prefetto assicurando un esercizio coordinato, in relazione alle esigenze locali, dell’azione delle amministrazioni partecipanti con l’esercizio dei molteplici compiti rimessi all’UTG, anche in occasione dell’avvalimento di altre strutture statali 13. Parallelamente, alla conferenza permanente spetterà coadiuvare il titolare dell’UTG nell’espletamento delle funzioni di rappresentanza generale del governo. Ad essa, quale espressione riassuntiva dell’unitarietà dell’indirizzo amministrativo e della continuità dell’indirizzo politico, vanno ricondotte le linee di azione per la promozione e l’adozione di tutte le iniziative necessarie per garantire l’implementazione, e la conseguente verifica, delle leggi generali di riforma e della cospicua normazione di semplificazione e razionalizzazione, nonché di innovazione amministrativa. La conferenza permanente, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999, si articola in quattro sezioni: amministrazione d’ordine, sviluppo economico e attività produttive, territorio ambiente e infrastrutture, servizi alla persona e alla comunità14. La conferenza è convocata dal Prefetto in relazione all’esercizio dei compiti di coordinamento dell’attività amministrativa e su richiesta dei presidenti della regione, della Province, dei sindaci dei comuni interessati e anche su richiesta di un 1/3 dei componenti di diritto. La conferenza permanente è uno strumento di conoscenza della realtà territoriale che consente l’acquisizione di conoscenze ed informazioni utili a delineare una mappa sullo stato della pubblica amministrazione nella Province. 3.3 Sicurezza pubblica L’art. 13, l. 1.4.1981, n. 121 definisce il Prefetto autorità Provinciale di p.s., conferendogli la responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella Province, nonché la potestà di sovrintendere all’attuazione delle direttive emanate in materia; dalla stessa norma viene, inoltre, ribadito che il Prefetto dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione e ne coordina l’attività. In parallelo, l’art. 14 della stessa l. n. 121 attribuisce anche al questore la qualifica di autorità Provinciale di pubblica sicurezza ed individua le sue competenze fondamentali nella direzione, responsabilità e coordinamento, a livello tecnico-operativo, dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e dell’impiego a tal fine della forza pubblica e delle altre forze 13 Lega L., Prospettive di riordino dell’amministrazione periferica dello stato: il valore aggiunto dell’UTG, sito ministero dell’interno, p. 14 14 La conferenza permanente nelle prefetture-utg, sito ministero dell’interno 7 eventualmente poste a sua disposizione. Dal quadro normativo ora riferito emergono i termini del rapporto tra Prefetto e questore riguardo all’attività di polizia: al primo ne spetta la responsabilità politica, connessa alla scelta del provvedimento da adottare in relazione agli effetti che esso può avere nell’ambito locale e rispetto alle linee della politica governativa; al questore compete, invece, la responsabilità tecnico-operativa dell’attività medesima, dovendo egli provvedere all’attuazione del provvedimento prescelto. Un ruolo strategico nel coordinamento delle forze di polizia a livello territoriale è quello assegnato al Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica dall’art. 20, l. n. 121/1981, più volte modificato ed integrato. Oltre al Prefetto che lo presiede, esso è composto dal questore, dai comandanti Provinceli dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato; sono componenti effettivi del Comitato anche il sindaco del Comune capoluogo ed il presidente dell’amministrazione Provinciale, nonché i sindaci degli altri comuni interessati quando vengono trattate questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali. Inoltre, il Prefetto, sempre ai sensi del citato art. 20, può chiamare a partecipare alle sedute del Comitato le autorità locali di pubblica sicurezza e i responsabili delle amministrazioni dello Stato e di quelle locali interessate ai problemi da trattare e può invitare, d’intesa con il procuratore della Repubblica competente, componenti dell’ordine giudiziario. La partecipazione degli amministratori locali al Comitato come membri di diritto presenta una valenza molto significativa, in quanto è in coerenza con il ruolo assegnato dalla legislazione più recente, per ciò che concerne la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, agli enti locali, i quali sicuramente dispongono di una visione delle problematiche fortemente ancorata alle dinamiche del territorio. Infatti, le amministrazioni locali possono fornire agli organi istituzionalmente responsabili dell’ordine e della sicurezza pubblica il necessario contributo conoscitivo per individuare le emergenze e le priorità degli interventi e, quindi, favorire tutte le iniziative di prevenzione per ridurre le ragioni di disagio e favorire l’ordinata convivenza. Nell’ambito della materia in discorso vanno poi considerati i provvedimenti di polizia, che servono a porre in essere le misure limitative dell’attività privata previste dalla legge nell’interesse del mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. In proposito la casistica dei provvedimenti che il Prefetto può adottare è molto ampia e trovasi indicata prevalentemente nel t.u. delle leggi di pubblica sicurezza prima menzionato (R.d. n. 773/1931); a titolo esemplificativo, si citano il porto di pistola per difesa personale (art. 42), la licenza per la detenzione, vendita e trasporto di esplosivi 8 (art. 47), il decreto di riconoscimento di guardia particolare giurata (art. 133) e per l’esercizio di istituti di vigilanza e investigazione privata (art. 134). Quale organo ausiliario del Prefetto per l’esercizio delle sue attribuzioni di autorità Provinciale di pubblica sicurezza, la legge di riforma ha individuato un organo collegiale tale da trasporre in periferia lo stesso assetto creato a livello centrale. Così, come il ministro autorità nazionale si avvale di un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, così anche per il Prefetto-autorità Provinciale è stato previsto un organo di consulenza E’ collegiale:il evidente che la comitato Provinciale per l’ordine competenza di quest’organo è e la limitata sicurezza alle realtà pubblica. locali15. Anche detta figura soggettiva costituisce, per espressa definizione normativa, un ”organo ausiliario di consulenza”, oltre che di carattere collegiale, svolgendo la sua attività istituzionale nell’interesse del Prefetto territorialmente competente e limitatamente all’esercizio delle sue attribuzioni di “autorità Provinciale di pubblica sicurezza16”. 3.4 L’IMMIGRAZIONE La tutela delle libertà civili costituisce uno dei più interessanti spazi di attività assegnati alla competenza del Ministero dell’interno dalla riforma ex d.P.R. n. 300/1999, quale dicastero di garanzia del libero svolgimento dei diritti fondamentali del cittadino costituzionalmente garantiti. Sulle tematiche dell’immigrazione, della cittadinanza, del diritto di asilo, dei rapporti con la religione cattolica e le altre confessioni religiose praticate sul territorio sono, infatti, attribuite alle prefetture, quali strutture periferiche di quel dicastero, rilevanti compiti finalizzati ad assicurare un’ampia tutela alla dignità e ai diritti dell’uomo. Tra tali compiti sarà illustrata sinteticamente in questa sede la gestione del fenomeno dell’immigrazione, a proposito del quale la prefettura - ufficio territoriale del governo risulta titolare di una serie di rilevanti competenze per regolare appunto il fenomeno immigratorio. La normativa dettata in materia di immigrazione in Italia (i cui passaggi fondamentali più recenti sono segnati dalla l. 6.3.1998, n. 40, dal d.lgs. 25.7.1998, n.286 e dalla l. 30.7.2002, n.189) persegue lo scopo di regolare i flussi migratori, controllare l’ingresso degli stranieri alle frontiere e 15 Mone L., l’amministrazione della pubblica sicurezza, Laurus Boffo, Roma ,2011, p. 102 16 Iannuzzi A, idem, p. 101 9 disciplinarne le condizioni di soggiorno nel nostro Paese. L’approccio è infatti duplice: da un lato vi è la necessità di condurre la lotta alla immigrazione clandestina, dall’altro il bisogno di approntare gli strumenti per l’integrazione della immigrazione regolare. Per l’assolvimento dei compiti in tema di immigrazione è attivo presso ogni prefettura lo sportello unico per l’immigrazione, cui è affidato il disbrigo delle pratiche relative alle procedure di assunzione di lavoratori non comunitari o apolidi, di ricongiungimento familiare per non comunitari o apolidi, di assunzione di lavoratori neocomunitari. Lo sportello viene costituito con decreto del Prefetto ed è composto da un rappresentante della prefettura, da un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato e da uno della direzione Provinciale del lavoro; la direzione dello stesso può spettare a un dirigente della carriera Prefettizia o a un dirigente della direzione Provinciale del lavoro17. Il necessario coinvolgimento di altre istituzioni a livello locale, sia statali che autonome, e di enti e organismi sindacali o operanti nel soccorso e nell’assistenza agli immigrati, anche con carattere di volontariato, per fronteggiare in modo organico ed esauriente il problema, la cui complessità è determinata a volte dalla presenza di una vasta popolazione di immigrati sul territorio, in forma stabile o itinerante, presuppongono l’esercizio di forme appropriate di coordinamento per l’uso combinato delle risorse, onde evitare sprechi ed inefficienze, che solo l’organo Prefettizio può offrire, grazie alla sua spiccata funzione generalista18. A tale scopo, la legge Turco-Napolitano 40/1998, articolo 3 comma 6 ( articolo 3 comma 6 del testo unico di cui al decreto legislativo 286 del 1998), affianca al Prefetto un apposito organismo collegiale, il Consiglio Territoriale per l’immigrazione, al quale sono attribuiti compiti di analisi del fenomeno in Province e di promozione degli interventi da attuare a livello locale per il governo della materia. L’organo collegiale è presieduto dal Prefetto e ne fanno parte, secondo quanto stabilito dall’articolo 57 del DPR 31 agosto 1999 numero 394 (Regolamento di attuazione del testo unico 286 del 1998), i rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, della Regione, degli enti locali, degli enti e delle associazioni attive in ciascuna Province in materia di soccorso e di assistenza agli immigrati, delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. 17 Meoli C., Prefetto e Prefettura, diritto on line 2012, sito Treccani enciclopedia italiana 18 Lauro-Madonna, Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Sant’Arcangelo di Romagna, 2005, pag 339 10 Il Consiglio Territoriale per l’immigrazione si deve, a sua volta, coordinare con le attribuzioni esercitate da altre strutture ed organismi operanti in sede locale e nazionale, per attuare una politica di immigrazione che costituisca il risultato di un disegno unitario, le cui linee guida siano elaborate con il concorso di più soggetti istituzionalmente operanti nella materia 19. A tale scopo, per espressa disposizione di legge, il Consiglio Territoriale deve agire in collegamento con le Consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie, previste dall’articolo 42, comma 6, del testo unico 286/1998, laddove siano istituite dalle Regioni con proprie leggi, mentre sarà cura del Prefetto assicurare il necessario raccordo dell’attività del Consiglio Territoriale per l’immigrazione con quella degli altri organi eventualmente costituiti dai Comuni con analoghe finalità e con la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 42, comma 4, del testo unico 286 del 1998. Il Consiglio territoriale per l’immigrazione si riunisce per decidere in seduta plenaria dei suoi componenti, ma , più frequentemente in sezioni, che per la loro ridotta composizione, limitata ai componenti più qualificati nell’argomento da esaminare, offrono garanzia di maggiore approfondimento di questioni particolari. Gli argomenti che in questi anni sono stati portati all’esame dell’organo collegiale predetto si possono riassumere come segue: semplificazione delle procedure per l’emersione del lavoro irregolare, funzionamento dello sportello polifunzionale per la regolarizzazione di tali posizioni lavorative e sanatoria degli immigrati senza permesso di soggiorno; inserimento socio-culturale dell’immigrato sul territorio; situazione alloggiativa inserimento scolastico dei minori e tutela dei minori non accompagnati 20. 4. PROSPETTIVE DI RIFORMA Negli ultimi anni il legislatore ha più volte invitato le amministrazioni ministeriali a prevedere una revisione e riduzione delle strutture periferiche indicando diversi percorsi. In alcuni casi, si è lasciata l'amministrazione libera di scegliere, alternativamente, o la rideterminazione della rete 19 Lauro-Madonna, idem, pag 340 20 Lauro-Madonna, idem, pag 342 11 periferica secondo un'articolazione (non inferiore a quella) regionale o interregionale, oppure il trasferimento delle funzioni svolte da tali uffici all'interno delle prefetture - uffici territoriali del Governo. Si vedano, al riguardo, sia l'art. 1, co. 404, lett. c), L. 296/2006, che l'art. 74, D.L. 112/2008. Successivamente, il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, prevedendo l'avvio di un programma di "spending review" mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, ha disposto che tra gli obiettivi primari del suddetto programma per la razionalizzazione della spesa pubblica vi fosse in particolare la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello Provinciale. Da ultimo, l'articolo 2, co. 10, lett. c), D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, richiede alle singole amministrazioni ministeriali, in sede di adozione dei nuovi regolamenti di organizzazione, di rideterminare la rete periferica su base regionale o interregionale. Contemporamente, l'articolo 10 del medesimo D.L. 95/2012 ha previsto norme particolari per la riorganizzazione delle Prefetture – Uffici territoriali del Governo, mediante: 1. un rafforzamento delle funzioni di rappresentanza unitaria dello Stato sul territorio, svolte dalle Prefetture - Uffici territoriali del Governo, da realizzare mediante la costituzione di un ufficio unico di garanzia dei rapporti tra i cittadini e lo Stato; 2. il conseguimento dei livelli ottimali di efficienza, da realizzare mediante l'accorpamento delle singole funzioni logistiche e strumentali di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni statali sotto la responsabilità diretta ed esclusiva di un unico ufficio, in modo da realizzare un risparmio di spesa pari al 20 per cento. Il Consiglio dei Ministri ha approvato in data 13 giugno 2014, su proposta del Presidente protempore, Matteo Renzi, un disegno di legge recante “delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, composto da 12 articoli, di cui 8 contenenti deleghe legislative da esercitare in gran parte nei dodici mesi successivi all'approvazione della legge. Si inizia dalla riorganizzazione delle amministrazioni dello Stato, riducendo gli uffici e il personale impiegato in attività strumentali per rafforzare le strutture che forniscono servizi diretti ai cittadini. Si riducono gli uffici di diretta collaborazione dei ministri; si razionalizza la rete organizzativa delle Prefetture-Uffici Territoriale del Governo, rivedendo le competenze e le funzioni attraverso la riduzione del numero, il rafforzamento dell’esercizio delle funzioni di coordinamento e il conferimento di ulteriori compiti e attribuzioni di collaborazione interistituzionale; si riarticolano 12 gli uffici a livello regionale e si prevede la gestione unitaria dei servizi strumentali delle pubbliche amministrazioni, mediante la costituzione di uffici comuni. Prevista la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie Provinceli e sedi regionali Istat) e la riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata)21. CAPITOLO III LE FUNZIONI DI AMMINISTRAZIONE GENERALE DEL COMUNE 1.LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEI COMUNI Il sistema delle funzioni amministrative del Comune ha subito una lunga evoluzione legislativa concisa con il processo di regionalizzazione che ha investito lo Stato italiano. E’ necessario dapprima analizzare il testo originario della Costituzione del 1948 che basandosi su un principio di parallelismo tra le funzioni legislative e le funzioni amministrative, dapprima individuava le materie in cui era riconosciuta competenza legislativa alle Regioni, e nei medesimi ambiti veniva riconosciuta una corrispondente competenza amministrativa regionale 22. In particolare, il principio del parallelismo riguardava soltanto le Regioni e implicava la corrispondenza tra potestà legislativa e potestà amministrativa, anche se è noto che esso è stato utilizzato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n.70/1981) non tanto per giudicare la legittimità e la adeguatezza dei trasferimenti di funzioni dallo Stato alle Regioni quanto, al contrario, per ridefinire l'estensione delle materie di competenza legislativa regionale sulla base delle funzioni amministrative conferite dallo Stato alle Regioni. Con riferimento agli enti locali, la norma costituzionale riconosceva allo Stato la possibilità di attribuire funzioni direttamente a quest'ultimi per le funzioni di interesse esclusivamente locale, e prevedeva altresì che le Regioni si avvalessero normalmente degli enti locali per l'esercizio delle proprie funzioni amministrative; ma si trattava in sostanza di disposizioni di carattere 21 22 Cottone N., Il piano Renzi per la riforma della PA, sito- Il Sole 24 Ore, 30 aprile 2014 Vandelli L, Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino , Bologna 2013, pag 177 13 programmatico, la cui efficacia era rimessa alla discrezionalità del legislatore statale e regionale 23. Tale disposizione veniva mitigata dal riconoscimento ex articolo 118 comma 3 della Costituzione di una delega di funzioni dalle Regioni alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali; veniva ammessa la facoltà per lo Stato, di individuare, all’interno delle materie regionali, delle funzioni di interesse esclusivamente locale, attribuendole direttamente agli stessi enti locali. L’articolo 128 Cost nella sua formulazione originaria demandava alle leggi generali della repubblica la determinazione delle funzioni di Province e Comuni. In base a questi criteri, le funzioni degli enti locali nella Costituzione del 1948 venivano distinte nel seguente modo24: a) Funzioni degli enti locali estranee alle competenze legislative e amministrative delle Regioni, ossia funzioni proprie del Comune e della Province, determinate da leggi generali della Repubblica ex articolo 128 Cost. b) Funzioni esercitate dagli enti locali in materie regionali, o in base a delega oppure in base ad una diretta attribuzione da parte del legislatore statale ex articolo 118 Cost 1° comma c) Compiti del Comune per servizi di competenza statale, svolti dal Comune in quanto organo decentrato dello Stato, e per interessi generali ch ad esso fanno capo ( funzioni in materia di stato civile, anagrafe, liste elettorali, leva militare, etc) Le funzioni amministrative delle Regioni e degli enti locali hanno subito una evoluzione legislativa che trova due fondamentali interventi legislativi, dapprima il Decreto del Presidente della Repubblica numero 616 del 1977 che demandava ai Comuni il complesso delle competenze amministrative relative, in particolare, ai servizi locali. In un secondo momento con la legge 59 del 1997 nel quadro di un progetto più ampio di federalismo amministrativo venivano conferite alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici. (articolo1 comma 2). 23 Gorlani M, Il nuovo criterio di allocazione delle funzioni amministrative nel Titolo V della Costituzione, sito quaderni costituzionali, 14 giugno 2002 24 Vandelli L., Idem, pag 178 14 Venivano poi elencate le materie che rimanevano escluse dall’applicazione dei commi precedenti come ad esempio affari esteri e commercio estero, difesa, forze armate, tutela dei beni culturali e del patrimonio storico-artistico,cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione. Venivano poi definiti i principi in materia di conferimenti, tra i quali spicca per importanza il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati; In questo processo di riforma federale si inserisce la riforma costituzionale attuata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,che ha apportato delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. Con l'introduzione del principio di sussidiarietà ad opera della Legge cost. n.3/2001, il criterio di attribuzione postula ora che la generalità delle funzioni amministrative spetti al Comune, salvo quelle che non possono essere "adeguatamente" esercitate, che dovranno pertanto essere riallocate, progressivamente ed eventualmente in modo differenziato, alle Province, alle Regioni e allo Stato, al fine di garantirne la "adeguatezza" nell'esercizio. L’articolo 118 Cost nella disposizione vigente prevede che “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. Dunque, la distribuzione delle funzioni amministrative fa capo in via prioritaria ai Comuni e in subordine agli altri soggetti secondo i principi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione. Dunque, il Comune è diventato col tempo amministrazione generale, non da subito. E’ stata una lunga evoluzione che partita dal concetto di conferimento presente nell’articolo 1-2 della legge Bassanini (L 59/1997) ha trovato il suo compimento nella riforma costituzionale (L cost 3/2001) e la modifica dell’articolo 118 Costituzione. Nella XVI legislatura è iniziato l'esame, alla Camera, poi proseguito al Senato, senza pervenire a conclusione, di un disegno di legge del Governo, in materia di funzioni degli enti locali. 15 Scopo del provvedimento era l'adeguamento di tale settore dell'ordinamento alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Il disegno di legge prevedeva una delega al Governo per l'adozione della «Carta delle autonomie locali», in cui riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali. Il provvedimento, collegato alla manovra di finanza pubblica, interviene sull’attuale assetto normativo delle autonomie locali, risalente sostanzialmente ai primi anni ’90 del secolo scorso. Con tale intervento si introducono disposizioni di adeguamento alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione approvata nel 2001, che ha attribuito nuove funzioni alle comunità locali, dotandole di autonomia finanziaria. In relazione a tale autonomia, inoltre, si pongono i presupposti per la concreta attuazione della legge sul federalismo fiscale (L. 42/2009), che ha previsto, tra l’altro, una ripartizione delle spese degli enti locali tra: spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale; spese relative alle altre funzioni; spese finanziate con contributi speciali. In questo quadro, il disegno di legge individua le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane e dà attuazione al principio di sussidiarietà, contenuto nell’articolo 118 della Costituzione, prevedendo l’individuazione e il trasferimento di funzioni amministrative a enti locali e Regioni. Il provvedimento reca, inoltre, una delega al Governo per l’adozione della «Carta delle autonomie locali» che raccolga e coordini tutte le norme sugli enti locali, destinata a sostituire il testo unico delle autonomie locali (TUEL) del 2000 (decreto legislativo 267/2000). Tra le altre disposizioni si segnalano: la soppressione o la razionalizzazione di enti e di organismi che operano in ambito statale, regionale e locale; la disciplina dei piccoli comuni; la modifica delle funzioni dei consigli comunali e provinciali; le modifiche concernenti i direttori generali degli enti locali; la modifica delle norme relative ai controlli negli enti locali 25. La carta delle autonomie non è stata approvata, mentre sulle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, il legislatore ritornava nella disciplina di emergenza sulla revisione della spesa ( spending review: decreto legge 6 luglio 2012 numero 95, convertito in legge 7 agosto 2012 numero 135). 25 Documenti, Temi dell’attività parlamentare, sito camera dei deputati 16 In questo decreto è prevista una nuova definizione delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province, cui si aggiungono le funzioni fondamentali delle città metropolitane, da istituire per legge il 1 gennaio 2014. Infine, in questa disamina dei molteplici interventi che si sono susseguiti in materia di enti locali bisogna analizzare la legge 7 aprile 2014, n. 56 rubricata “Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, entrata in vigore l’8 aprile del 2014. Il Parlamento ha dato il via libera dal 1° gennaio 2015 alla nascita delle Città metropolitane in Italia. Il governo del territorio, previsto dalla riforma, vede soltanto due livelli amministrativi a elezione diretta: Regioni e Comuni. Le funzioni di area vasta, cioè sovracomunali e di area vasta, vengono invece assegnate ai sindaci eletti nei Comuni, che se ne occupano a titolo gratuito e che si riuniscono in enti di secondo livello: sono prefigurate in questo modo quindi le Città metropolitane, gli enti di area vasta-Province fino all'entrata in vigore della riforma costituzionale, le Unioni dei Comuni26. In materia di funzioni amministrative dei Comuni bisogna partire dal dettato costituzionale in quanto gli articoli 117 e 118 della Costituzione sembrano indicare quattro possibili relazioni fra funzioni amministrative e soggetti titolari: funzioni attribuite, conferite, proprie e fondamentali27. Le funzioni fondamentali sono quelle previste dall’articolo 117 comma 2 lettera Cost che ne affida la determinazione alla legislazione esclusiva dello Stato. Tale categoria è stata per la prima volta impiegata in norme di diritto positivo concernenti gli enti locali a seguito della riforma del titolo V della Costituzione. La dottrina ha a lungo dibattuto su questa tema dividendosi tra una prima ricostruzione secondo la quale le funzioni fondamentali avendo carattere essenzialmente istituzionale demanderebbe allo Stato solo un compito di natura ordinamentale sia a completamento delle funzioni direttamente previste dalla Costituzione sia per quelle funzioni non menzionate 28. Una seconda linea interpretativa ravvisa nelle funzioni fondamentali una matrice eminentemente amministrativa. 27 D’Alessandro D., Il riparto costituzionale delle funzioni amministrative AAVV, diritto regionale e degli enti locali pag 144 28 ,Di Falco m, Il nuovo scenario delle autonomie locali, in AAVV il governo locale nella transizione federale, editrice CEL, Foggia 2009 pag 94 17 Vi è poi una posizione intermedia che attribuisce alle funzioni fondamentali sia un carattere amministrativo sia istituzionale. Le funzioni fondamentali di tipo istituzionale sarebbero finalizzate ad integrare, con norma di organizzazione, quelle di tipo amministrativo, contenendo in questo modo l’espansione del potere ordinamentale. Con riguardo alle funzioni fondamentali di tipo amministrativo, problemi sorgono per quanto riguarda l’elaborazione dell’elenco29. Vi è chi ritiene che compito dello Stato sia quello di delineare, sub specie di funzioni fondamentali, generici settori di attività degli enti locali costituzionalmente rilevanti e non puntuali compiti di amministrazione. Tale orientamento muove dalla convinzione che le funzioni fondamentali non rappresentano una autonoma categoria di funzioni amministrative, distinte da quelle previste nell’articolo 118 Cost, in tal modo non si potrebbe configurare una dicotomia tra funzioni fondamentali e non fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane, ma piuttosto una disciplina fondamentale delle funzioni, a carattere generale e non settoriale, e una disciplina allocativa delle stesse: la prima rimessa allo Stato, la seconda al soggetto (Stato o Regione) di volta in volta competente nella materia. Il modello per la definizione delle funzioni fondamentali viene individuato negli articoli 13 e 19 del testo unico degli enti locali attualmente vigente, che si limitano ad assegnare al Comune tutte le funzioni amministrative riguardanti la popolazione ed il territorio comunale con riferimento ai settori organici, ed alla Province le competenze di area vasta con riferimento ai macro settori specificamente elencati. Una diversa opinione fa leva sull’articolo 117 comma 2 lett p) Cost prevedendo che la stessa legge statale lungi dal limitarsi alla delineazione di generici settori di intervento, dovrebbe viceversa articolare puntualmente i compiti da riconoscere come fondamentali degli enti locali. Tale orientamento assegna alle funzioni fondamentali la natura di funzioni amministrative in senso stretto, comprensive di una parte delle funzioni proprie di cui all’articolo 118 Cost, con la conseguenza che la disciplina allocativa regionale potrebbe svilupparsi esclusivamente sul terreno delle funzioni proprie non incluse tra quelle fondamentali e delle funzioni conferite 30. 29 Di Falco M., Idem, pag 95 30 Di Falco M., idem, p 96 18 In questa prospettiva gli articoli 13 e 19 del DLGS 267/2000 rappresenterebbero soltanto una premessa nel quadro del processo di individuazione delle funzioni fondamentali; il quale, postulando una disciplina di maggior dettaglio, non potrebbe in ogni caso arrestarsi ad essi. A livello di legislazione ordinaria varie sono le norme previste dal testo unico degli enti locali (decreto legislativo 267/2000) che disciplinano la materia delle funzioni comunali. In primo luogo, l’articolo 3 comma 2 riconosce al Comune la qualifica di ente esponenziale della propria comunità, in ciò ricollegandosi direttamente all’imputazione dell’autonomia alla comunità (e non all’ente) locale31. Pochi sono i caratteri definitori del Comune specificati dalla norma ( la rappresentatività, la natura di ente esponenziale) traendone come conseguenza il carattere del Comune come ente ai fini generali per il quale non è individuabile un catalogo rigorosamente circoscritto delle funzioni, per cui la dottrina maggioritaria ritiene l’elenco dell’articolo 13 solo indicativo più che prescrittivo. L’articolo 3 comma 5 distingue le funzioni amministrative dei Comuni in proprie e conferite con legge dello Stato e delle Regioni. La dicotomia tra funzioni fondamentali-proprie e funzioni conferite (attribuite) agli enti locali consiste nella titolarità della competenza legislativa attraverso cui si riconoscono: le prime sono il prodotto di un intervento statale, sulla base di un apposito titolo di competenza esclusiva; le seconde sono il prodotto di interventi legislativi settoriali, spettanti allo Stato o alle Regioni in relazione all’ordinario riparto di competenze. Importante è anche l’articolo 13 del decreto legislativo 267/2000 rubricata funzioni del Comune, il cui testo riproduce ad eccezione di alcune variazioni la formula dell’articolo 9 della legge n. 142/1990, disposizione a propria volta attuativa dell’articolo 128 Cost nella disposizione previgente32. Il primo comma di tale articolo è una norma di principio che assegna al Comune i caratteri di principale ente esponenziale degli interessi della collettività locale, assegnando a tale ente il ruolo di fulcro dell’amministrazione locale. Si differenzia tale norma dal modello del nuovo articolo 118 Cost perché il Tuel affida ai Comuni le funzioni amministrative “che riguardano la popolazione e il territorio comunale”, mentre la riforma costituzionale del 2001 attribuisce a tale ente “tutte le funzioni amministrative” indipendentemente dalla loro riconducibilità all’area degli interessi comunali, salvo poi, tuttavia, attenuare l’assolutezza 31 32 Napoli C- Pignatelli N Codice degli enti locali, Nel diritto editore Roma 2013, p 24 Napoli C- Pignatelli N, Idem, p 150 19 del criterio generale con il riferimento esplicito ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Quella del Comune è una competenza generale e residuale, non si fa luogo alla fissazione di un elenco di specifiche attribuzioni comunali, riservando ad “altri soggetti”, in via di eccezione, soltanto le competenze espressamente attribuite loro con legge dello Stato o della Regione. La competenza del Comune riguarda precipuamente i settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto e utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico. Il riferimento a tali ambiti materiali, la cui competenza è specialmente demandata al Comune, non contraddice la prerogativa di tale ente come titolare del complesso delle funzioni che riguardano il territorio e la popolazione locale. Si tratta infatti di settori materiali che, oltre ad essere richiamati soltanto a titolo esemplificativo, come dimostra l’impiego dell’avverbio “precipuamente”, sono talmente estesi da ricomprendere la quasi totalità delle attività pubbliche di interesse della collettività locale. L’art.19 del DL 95/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 ha introdotto importanti novità sulle funzioni fondamentali, sulle modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali e sulle unioni dei Comuni. Il comma 1 lett. A) dell’art.19 fornisce un nuovo elenco di funzioni fondamentali dei comuni e sostituisce l’elenco provvisorio contenuto nella legge sul federalismo fiscale (Legge 42/2009). L’individuazione delle 10 funzioni fondamentali è compiuta attraverso una modifica dell’art. 14, comma 27, del D.L. 78/2010, che aveva definito le stesse funzioni ai fini dell’ esercizio in forma obbligatoriamente associata delle funzioni dei comuni mediante rinvio alla legge sul federalismo fiscale. E’ opportuno precisare che la legge 42/2009 ha identificato le funzioni fondamentali ai fini della determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali, mentre l’art.19 definisce le funzioni fondamentali in via non transitoria e senza finalità specifiche. Come osservato dal servizio studi della camera, l’art.19 non contiene disposizioni di coordinamento né con il Tuel, né con la legge 42/2009. Tuttavia, l’art. 3 del D.Lgs. 216/2010, nell’ambito della disciplina delegata in esso contenuta per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province, ha previsto che a quell’individuazione transitoria si dovesse far riferimento “fino alla data di entrata in vigore della legge statale di individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province”; pertanto, per la determinazione 20 dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni occorre far riferimento al nuovo elenco di funzioni contenuto nell’articolo in commento33. CAPITOLO IV CENNI SULL’AMMINISTRAZIONE LOCALE IN EUROPA Sommario: 1. INTRODUZIONE-2. MODELLI DI AMMINISRAZIONE LOCALE-3. INGHILTERRA4. FRANCIA:PREFETTO FRANCESE In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso è necessario analizzare altri modelli di amministrazione locale, statale e comunale, perché la comparazione è divenuta elemento imprescindibile per riprendere soluzioni affermatisi con successo altrove, sia per scartarne altre, tenendo conto anche dei risultati realizzati in altri contesti34. 1. MODELLI DI AMMINISTRAZIONE LOCALE Accorpando in gruppi i sistemi accomunati dai medesimi tratti caratterizzanti, è possibile classificare gli ordinamenti locali europei in alcuni “modelli”, in realtà largamente diffusi in vaste zone di altri continenti35. Questi modelli possono essere definiti: a) francese: affermatosi su un’ampia serie di principi, a partire da quello di uniformità, e strumenti, a partire da una stringente serie di controlli, questo modello ha oggi stemperato vari dei suoi elementi caratterizzanti. Permangono,tuttavia, alcuni tratti distintivi, quali la duplicazione delle autonomie e del relativo decentramento di funzioni con una parallela presenza di uffici periferici dello Stato (incentrati sulla figura del Prefetto) e la relativa deconcentrazione; b) anglossassone: traendo origine da una tradizione di rispetto per le libertà inviolabili e per gli antichi ordinamenti locali, il Local Selfgovernment britannico presenta una notevole flessibilità di 33 AAVV, Le funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali, sito lega delle autonomie, 2012 34 35 Vandelli L, Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino , Bologna 2013, pag 327 Vandelli L., Idem, pag 332 21 assetti delle diverse categorie di corpi locali, urbani e rurali, dotati di rilevante discrezionalità nel modulare autonomamente i sistemi di governo e di funzionamento delle amministrazioni, basate su una grande varietà di commissioni e sottocommissioni. In questo sistema, mancano apparati periferici statali, dato che, in periferia, l’esecuzione spetta, in via generale, al governo locale; c) germanico: modello contrassegnato da una intrinseca differenziazione dei governi locali, effetto della “immedesimazione” del governo locale nell’ordinamento di ogni Land;che dunque ne fissa la disciplina, pur nel quadro di un nucleo di principi costituzionali la cui violazione può essere sindacata dal Tribunale costituzionale. Anche in questo caso, manca una presenza di apparati periferici federali: qui sono i Lander a costituire il perno dell’amministrazione, gestendo direttamente le funzioni, o articolandone l’esercizio tra i livelli locali. I sistemi locali, inoltre si presentano generalmente differenziati tra aree rurali, ove esistono oltre ai Comuni, enti di area vasta (Circondari) e aree urbane, ove i grandi Comuni esercitano anche i poteri del livello superiore, come città libere dai Circondari. d) nordico: anche in Svezia, Norvegia e Danimarca, si ritrovano alcuni tratti tipici del sistema tradizionale francese, dalla uniformità alla deconcentrazione degli apparati statali in periferia, incentrata sulla figura del Prefetto. Eppure, non mancano differenzazioni sostanziali tutt’altro che secondarie, a partire dal fatto che- diversamente da quanto avviene in Francia o in Italia – sono precisamente le autonomie a gestire tradizionalmente la parte di gran lunga prevalente delle funzioni pubbliche36. 3. INGHILTERRA Rispetto al modello francese di Stato a diritto amministrativo e alle sue variazioni continentali, l’ordinamento inglese è a lungo raffigurato come un’eccezione37. L’idea di un’amministrazione senza diritto amministrativo, sebbene a lungo coltivata dalla scienza giuridica inglese, è tuttavia di fatto smentita dalla crescente acquisizione di compiti da parte dei pubblici poteri e del loro esercizio attraverso prerogative esorbitanti dal diritto Comune. Già nella prima metà dell’Ottocento, a seguito della prima estensione del suffragio disposta dal (Great) Reform Act del 1832 (poi integrato dal Second Reform Act del 1867 e dal Third Reform 36 37 Vandelli L, Idem, pag 333 Napolitano G, Diritto amministrativo comparato, Giuffré, Milano, 2007, p. 19 22 Act del 1884), cominciano ad apparire i primi corpi di ufficiali esecutivi preposti all’esecuzione e al controllo di talune leggi a carattere sociale, come gli ispettorati sulle fabbriche delle miniere. Manca, tuttavia, qualsiasi forma di coordinamento e di controllo gerarchico di questi corpi che rispondono così direttamente al parlamento senza la mediazione di un potere esecutivo. Soltanto alla fine dell’Ottocento l’organizzazione per board assume una connotazione più propriamente burocratica per essere quindi imputata a dicasteri politicamente responsabili di fronte al Parlamento. Inizialmente, tuttavia, i poteri esercitati sono di mero controllo e di segnalazione alle coorti delle eventuali violazioni di determinate normative. In seguito, però, il quadro delle eventuali violazioni delle prerogative istituzionali si accresce fino a comportare un progressivo accentrarsi di funzione regolatorie e aggiudicatorie in capo ai medesimi organi38. All’inizio del Novecento, e ancor più dopo la prima guerra mondiale, anche nel Regno Unito si registra un’ulteriore fase di espansione dell’intervento pubblico: dalle assicurazioni alla sanità, dai trasporti all’urbanistica. Esplode la produzione normativa dei dipartimenti centrali a scapito del parlamento e della centralità della sua potestà legislativa: l’esecutivo diventa così titolare sia di poteri di delagated legislation sia di poteri ministeriali. Nel secondo dopoguerra, i poteri eccezionali dell’amministrazione connessi all’intervento bellico sono prorogati ed estesi; si ampliano il controllo pubblico sull’agricoltura, il ruolo delle assicurazioni sociali e l’ambito della pianificazione urbana, le nazionalizzazioni portano a un ulteriore sviluppo delle pubblic enterprises; gli administrative tribunals si moltiplicano. Il definitivo riavvicinamento della vicenda inglese alle esperienze dell’Europa continentale, in un contesto generale segnato dall’adesione alla Comunità, sembra compiersi quando le riforme processuali del 1977 e del 1981 pongono le premesse per un’espansione del sindacato giurisdizionale dell’azione amministrativa. Contemporaneamente, però, nella lunga stagione del governo conservatore di Margareth Thatcher, l’amministrazione è sottoposta a un drastico processo di riforma, nel segno della privatizzazione e della managerializzazione, che rimette in questione la centralità del suo ruolo e la sua distinzione dalla società e dalle sue regole39. 38 Napolitano G., idem, p. 21 39 Napolitano G, idem, p. 22 23 Da vent’anni a questa parte, il ruolo e l’azione dei pubblici poteri continuano ad essere oggetto di specifica disciplina, sul piano del diritto sostanziale e su quello del diritto processuale. Nel 1998, lo Human Rights Act contiene regole speciali dirette alle pubblic authorities. Quindi, si interviene sul fondamento processuale della specialità del diritto amministrativo inglese perché progressivamente criticato, per la sua rigidità e incertezza. Nel 2000, pertanto, la separazione delle procedure è parzialmente attenuata, ma in cambio vi è l’istituzione di una sezione specializzata del giudice Comune40. In Inghilterra è noto come la caratteristica del self-government sia stata costituita, attraverso l'evoluzione storica, dalla mancanza di quella distinzione, che è caratteristica invece del continente, fra amministrazione autarchica o locale, e amministrazione governativa, esercitata anche localmente da organi statuali incaricati di controllare e tutelare il funzionamento degli enti locali nelle diverse parti del territorio nazionale. Le circoscrizioni del regno inglese hanno perciò, fin dai primi tempi, il carattere di enti giuridici a sé, provinciali e comunali, sottoposti alla vigilanza dello Stato stesso (contee, centurie, borghi), i cui organi sono autorità locali, scelte in genere fra i proprietari locali, fra i gentlemen provinciali. La prima di queste autorità fu in origine lo sceriffo (custode della pace del re= keeper of the king's peace) , primo magistrato della contea, con numerose attribuzioni di polizia, il quale però, a poco a poco, cedette gran parte delle sue funzioni al Lord-luogotenente, primo fra i giudici di pace stessi, giudici e amministratori nel tempo stesso, nominati dal Re in numero non limitato per ogni contea, che assistiti da un impiegato stipendiato e permanente, il clerk of the peace, hanno formato per tanto tempo la principale base del governo locale inglese. Altri giudici di pace possono essere concessi ai borghi, ove uniscono le funzioni del loro potere governativo con funzione d'indole municipale. A questi ufficiali se ne aggiungevano poi altri, il coroner, il constable, (in genere, ufficiali esecutivi) e , specie negli ultimi tempi, vari ispettori ( dei poveri, delle strade, dell'estimo, etc) tutti questi funzionari sono nominati dal potere centrale, ma da esso rimangono indipendenti per ciò che concerne i loro provvedimenti e la loro determinazioni: e ciò è dovuto alla gratuità (per lo meno in tempi ormai lontani da noi) delle loro prestazioni, alla indipendenza della loro posizione sociale ed economica, alla educazione politica di così lunga data della nazione inglese, alle secolari tradizioni della gentry (la classe sociale dei gentlemen da cui vengono tolti) alla loro appartenenza ai luoghi 40 Napolitano G, idem, p. 24 24 ove esercitano le loro funzioni, ove hanno quindi i maggiori, se non tutti, i rapporti di famiglia e di interessi. Questi cittadini non hanno quindi intermediari fra sé e lo Stato come può essere la burocrazia continentale, ma, , si governano da sé come organi dello Stato stesso, mescolando spesso le funzioni giurisdizionali con quelle amministrative e le funzioni statuali generali (es: gli ordini di arresto e di scioglimento degli assembramenti). E l'adempimento di queste funzioni, l'esercizio di questi uffici è poi come una preparazione a quelli di componenti della Camera dei Comuni, che ne sono, per così dire la continuazione. Di conseguenza in Inghilterra l'ufficio legislativo, coronamento degli uffici locali ricoperti, continua in linea generale, naturalmente, come un risultato del self government, e quindi alieno dalla mentalità perturbatrice della amministrazione locale. Il potere governativo è concentrato in una forte e organizzata amministrazione centrale il local government board, che pur lasciando agli uffici locali molte ed importanti funzioni, vigila, e al caso agisce, a mezzo di un sistema di ispettori, stipendiati, muniti di larghi poteri, e sempre in giro attraverso i vari consigli ed uffici locali, in quali forniscono così all'autorità centrale tutte le informazioni e gli elementi necessari per le definitive determinazioni del governo centrale. Si verifica perciò anche in Inghilterra una sempre maggiore tendenza a lasciare le funzioni pubbliche di più alta responsabilità a persone che ne facciano una professione retribuita: con ciò viene sempre più avvicinandosi al modello francese41. 4. FRANCIA Secondo l’insegnamento tradizionale, il modello “puro” del diritto amministrativo è quello francese. Esso si caratterizza per la presenza di tre elementi fondamentali: il carattere unitario e organico della pubblica amministrazione; la sua soggezione ad una disciplina autonoma, “esorbitante“ e derogatoria rispetto al diritto Comune; la sottoposizione al controllo di un giudice speciale, diverso da quello ordinario42. Tale rappresentazione, naturalmente, è il frutto di una semplificazione concettuale di una realtà ben più complessa e articolata, formatasi gradualmente nel tempo ed oggetto di molteplici evoluzioni e trasformazioni. Soltanto con Napoleone, tuttavia, l’amministrazione si “statalizza”, perché i compiti in precedenza svolti da corpi elettivi sono trasferiti a funzionari monocratici nominati dall’esecutivo. 41 42 Malinverno R, voce Prefetto in Novissimo digesto italiano, 1966, UTET, Torino p. 592 Napolitano G., Idem, p.4 25 Gli interessi della società diventano così oggetto di una funzione amministrativa di esclusiva pertinenza statale. Soltanto alla fine del diciannovesimo secolo si avvia la costruzione di un diritto amministrativo inteso come disciplina autonoma ed equiordinata al diritto civile. Singole previsioni normative sono oggetto di un’operazione di “generalizzazione” compiuta dalla giurisprudenza e dalla scienza giuridica. Il processo è direttamente legato alla sottrazione di una serie di controversie alla giurisdizione ordinaria e alla progressiva affermazione del ruolo centrale del Conseil d’Etat quale giudice speciale “delegato” dell’amministrazione a seguito della riforma del 1872. Nel primo quarto di secolo del Novecento, il potere creativo del giudice amministrativo conosce, dunque, la sua “età dell’oro”43. Nel volgere di qualche lustro, diventa normale rappresentare il diritto amministrativo come disciplina profondamente diversa dal diritto privato: alla fase della “transfert pure et simple” di teorie e regole di quest’ultimo, infatti, si susseguono quelle della “rèaction” e della “transposition” alla luce delle “nècessites administratives”. L’amministrazione si configura così come puissance publique, e cioè come corpo dotato di poteri “esorbitanti” dal diritto Comune, al fine di assicurare la cura dell’interesse generale44. Ciò spiega perché storicamente il diritto amministrativo si costruisca e si rappresenti come diritto di prerogative e privilegi. Nel Novecento il ruolo assunto dallo Stato determina una vera e propria pubblicizzazione della società che ne impedisce una raffigurazione in termini antagonistici 45. Negli anni Quaranta, i termini del dibattito cominciano a mutare. L’imposizione di missioni di interesse generale in capo ai privati e la diffusione del potere pubblico determinano il passaggio du droit civil au droit publique, anche se il secondo si avvale delle forme e delle tecniche del primo, modificandole e adattandole alle sue esigenze. Matura così, per la prima volta in modo netto e consapevole, l’idea che l’allargamento della sfera pubblica non determina necessariamente l’ampliamento “territoriale” del regimo amministrativo. Nel secondo dopoguerra, il diritto amministrativo mantiene i suoi caratteri fondamentali. Le carte costituzionali del 1946 e del 1958, inizialmente, hanno un impatto limitato sull’amministrazione e sul modo di agire. 43 Napolitano G, Idem, p.5 44 Napolitano G, Idem, p.6 45 Napolitano G, Idem , p. 8 26 Anzi, il primato assegnato al potere esecutivo ne rafforza il dominio anche sull’amministrazione. Il giudice amministrativo continua a svolgere un ruolo dominante sulla formazione delle regole sostanziali dell’agire pubblico. Si cominciano però a riconoscere i diritti dei cittadini nei confronti delle amministrazioni, ma ancora in modo disorganico; soprattutto si rifiuta l’idea di una disciplina legislativa del procedimento. Da un lato, l’espansione dell’intervento pubblico, che continua negli anni Sessante e Settanta fino all’inizio degli anni Ottanta, avviene sempre più spesso in forme privatistiche.I servizi pubblici industriali e commerciali, in passato marginali rispetto a quelli a gestione amministrativa, acquistano un rilievo centrale46. Dall’altro, i processi di riforma economica e amministrativa, oltre a rafforzare i diritti dei cittadini, conducono ad una parziale riduzione della sfera pubblica e all’adozione delle prime misure di privatizzazione. Il passaggio verso lo Stato regolatore, tuttavia, è lento e graduale, in quanto la politica di privatizzazione a differenza di quanto accade in altri paesi, non è di largo respiro. Anche la creazione delle autorità indipendenti non è legata al processo di privatizzazione, ma piuttosto all’esigenza di garantire libertà pubbliche in aree “sensibili” dell’ordinamento. Ci troviamo dunque di fronte ad una déstructuration del diritto amministrativo che contribuisce alla “pénétration croissante des rapports juridiques administratifs par le droit privé”. Ciò non porta alla “fine del diritto amministrativo”, il quale, al contrario, continua a espandersi, ma a un suo rinnovamento: esso si inscrive in un sistema amministrativo più vasto, a cominciare da quello europeo, aperto agli apporti dell’analisi economica e imperniato sulla difesa de diritti fondamentali. Per quanto concerne il c.d. “local governement”, la Francia ha una lunga tradizione di Stato centralizzato, dove lo Stato è responsabile sia della maggior parte dei pubblici interesse sia della maggior parte delle decisioni pubbliche47. Tuttavia, questa caratteristica di centralizzazione è stata nel tempo ridotta, gli enti locali si sono progressivamente sviluppati e rinforzati con poteri e mezzi finanziari. Un importante passo in tale direzione è stato fatto negli anni 80, quando è stata adottata una vasta riforma della decentralizzazione. 46 Napolitano G, idem, p. 9 47 Auby J B-Lucie Cluzel-Métayer, Administrative Law in France in Adminnistrative law of the European Union: its member states and the United States, Intesentia-Metro, Cambridge, 2012, pag 10 27 Il sistema amministrativo francese rimane uno dei meno decentralizzati d’Europa, ma si sta comunque cominciando a muovere verso ciò che negli atri Paesi europei si può chiamare governo locale e regionalizzazione. Nel 2003, una riforma costituzionale ha amplificato il livello di decentramento in Francia, introducendo uno speciale riferimento nel primo articolo della Costituzione, affermando la natura decentralizzata della Repubblica francese ( “La Francia è una Repubblica indivisibile … La sua organizzazione è decentralizzata”) Le principali basi legislative del decentramento derivano dai seguenti elementi: gli enti locali sono considerate persone giuridiche, che formano una delle tre categorie di persone giuridiche pubbliche: les collectivités locales; un certo livello di autonomia è assicurato alle collettività territoriali dalle regole costituzionali, come assicura il paragrafo 72 della Costituzione, che sancisce che gli enti locali sono amministrati liberamente da assemblee elette. Da questo paragrafo, la Corte costituzionale ha derivato alcune conseguenza in materia di protezione dell’autonomia territoriale, come ad esempio la protezione dell’ autosufficienza finanziaria. Gli enti territoriali sono così suddivisi: a) 22 Regioni (régions), governate da un consiglio regionale (conseil régional) , assemblea legislativa eletta direttamente dai cittadini, e dal presidente del consiglio regionale (président du conseil régional), eletto dal consiglio regionale; b) 96 dipartimenti (départements), governati da un consiglio generale (conseil général) , assemblea legislativa direttamente eletta dai cittadini, e dal presidente del consiglio generale (prèsident du conseil général) , eletto dal consiglio generale; c) 36700 municipalità (communes), governate da un consiglio municipale (conseil municipal), assemblea legislativa direttamente eletta dai cittadini e dal sindaco (maire), eletto dal consiglio municipale48 4.1 IL PREFETTO FRANCESE Per puntualizzare la figura del Prefetto in Francia occorre distinguere, preliminarmente, due nozioni tipiche del diritto amministrativo di quel Paese: la decentralizzazione e la deconcentrazione: la prima corrisponde all’attribuzione di una certa autonomia ad una collettività che si amministra 48 Auby J B-Lucie Cluzel-Métayer, idem, p. 11 28 liberamente attraverso consigli elettivi e sotto il controllo del governo; la seconda si caratterizza per l’intervento di una autorità statale non centrale49. Il Prefetto, in tale ordinamento, risulta quindi una tipica forma di deconcentrazione dello Stato: assume infatti il ruolo di rappresentante dello Stato nel territorio del Dipartimento, le cui procedure di nomina sono disciplinate dalla Costituzione. In base all’art. 72, ultimo comma, Cost. “Nelle collettività territoriali della Repubblica, il rappresentante dello Stato (è il) rappresentante di ciascun membro del governo, è responsabile in materia di interessi nazionali, controllo amministrativo e rispetto delle leggi”. Il corpo Prefettizio è poi disciplinato d’altra parte in uno statuto particolare fissato per decreto dal Consiglio di Stato e queste disposizioni possono derogare lo statuto generale della funzione pubblica (decreto del 29 luglio 1964). I Prefetti sono nominati da un decreto del Presidente della Repubblica nel consiglio dei ministri su proposta del primo ministro e del ministro dell’interno. Per quanto concerne la loro nomina, al principio tradizionale di scelta interamente discrezionale, riflessione della concezione politica dell’istituto Prefettizio, sono stati apportati dei temperamenti. Già gli statuti precedenti a quello attuale (1950 e 1959) avevano previsto che i tre quarti delle nomine dei Prefetti derivavano dai vicePrefetti o dagli amministratori civili fuoriclasse. Attualmente le nomine dei Prefetti che vengono dall’”esterno” non possono eccedere un quinto del totale50. Partendo da questi presupposti, bisogna affermare che la sede del Prefetto è lasciata dalla legge “ alla discrezione del governo” ( legge 11 gennaio 1984, art. 25). La nomina del Prefetto implica l’assegnazione di una sede territoriale, salva la possibilità, nel limite di cinque posti, di nominare dei Prefetti fuori ruolo per occupare dei posti superiori che comportano un particolare incarico per l’espletamento di servizio pubblico rilevante per le esigenza del governo In generale, l’intervento del Prefetto riguarda la sfera della politica e, soprattutto, quella dell’amministrazione51. 49 Mangiameli S, La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali: Italia, Francia e Spagna a confronto, Relazione presentata al Convegno su «Lo Stato in periferia e l’assetto del governo regionale e locale», organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA 50 Savignac J C, Les administrastions de la France, Misson, 1995, p. 107 51 Mangiameli S., La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali: Italia, Francia e Spagna a confronto, Relazione presentata al Convegno su «Lo Stato in periferia e l’assetto del governo regionale e locale», organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA 29 Politicamente il Prefetto ha il ruolo di mediare tra il potere centrale, gli amministrati e i loro eletti; trasmette le richieste ai ministri competenti, dopo averle istruite, analizzate e valutate con proprio parere e, soprattutto, assicura una costante informazione al Governo centrale su quanto accade nella circoscrizione affidatagli, anche con riferimento ai movimenti dell’opinione pubblica; in altre parole, è la principale fonte di informazione del governo centrale. Dal punto di vista amministrativo, il Prefetto svolge a livello territoriale una serie di funzioni proprie dello Stato. In primo luogo, è l’autorità di polizia amministrativa e, in tale qualità, adotta le misure necessarie al mantenimento dell’ordine pubblico. Le nozioni di polizia e di ordine pubblico vanno rapportate non solo alla tranquillità della vita sociale, ma soprattutto alle misure che riguardano le attività umane in relazione a determinati ambiti tra cui anche la tutela dell’ambiente. Rispetto agli individui può adottare prescrizioni e autorizzazioni; dispone altresì per l’ordine pubblico delle forze di polizia ed esegue le decisioni giudiziarie. In secondo luogo, il Prefetto partecipa al controllo dei comuni, dei dipartimenti, delle collettività infraregionali e delle persone giuridiche di diritto pubblico(établissements publics) di livello dipartimentale, anche con riguardo al controllo di bilancio. In terzo luogo, il Prefetto è il responsabile dell’amministrazione civile dello Stato nel dipartimento, eccetto alcuni casi, quali esattamente: la giustizia, l’educazione nazionale e l’Amministrazione fiscale. Per assolvere a questa funzione è dotato di specifici poteri: può ricevere deleghe dai ministri ed è titolare del potere ordinamentale sui servizi deconcentrati dello Stato; assegna – a chi designa come “capo progetto” – il compito di animare e coordinare l’azione di più servizi, allorquando si tratta di azioni concorrenti per la messa in opera di una medesima politica pubblica (in questa stessa ipotesi, può anche proporre al governo la fusione di più servizi); determina le disposizioni concernenti le procedure che devono essere seguite per i processi riorganizzativi dell’amministrazione statale o di organismi responsabili di un servizio pubblico. I provvedimenti individuali possono essere assunti solo dal Prefetto. In quarto luogo, egli è l’animatore dell’economia del suo dipartimento, sia per la possibilità di ripartizione dei fondi per investimenti, e sia per i suoi rapporti con le forze sociali, imprese, sindacati, ecc. Le disposizioni che disciplinano i poteri e le funzioni del Prefetto puntano al conseguimento di un doppio scopo: per un verso, si tende a realizzare la coerenza dell’azione dello Stato, evitando la 30 suddivisione e la dispersione tra le diverse divisioni generali. La circostanza che nel corso degli anni la Francia abbia realizzato un’accentuata decentralizzazione aumentando i poteri locali e realizzando la regione, ha reso ancora più necessaria la figura di un rappresentante dello Stato dotato di forti poteri52. Per altro verso, la deconcentrazione dei poteri presuppone effettivamente un centro di decisione realmente operativo. La scelta del Prefetto come punto di riferimento essenziale del trasferimento di competenza tende a contenere i rapporti diretti dei capi dei servizi con le amministrazioni centrali, in modo da evitare la risalita del potere di decisione, dal territorio al centro e l’appesantimento della gestione. La legislazione, nel perseguire gli obiettivi di un nuovo rafforzamento della deconcentrazione, ha consolidato il ruolo della circoscrizione dipartimentale, come centro territoriale per l’attuazione delle politiche nazionali ed europee; di qui la necessità del potenziamento dei poteri Prefettizi. L’ordinamento francese si è regionalizzato in un arco di tempo abbastanza lungo; sin da subito è stata istituita la figura del Prefetto della Regione, che ha poi subito una progressiva evoluzione fino al suo rafforzamento avvenuto nel 2010. Il Prefetto della Regione è il Prefetto del Comune capoluogo di Regione ed ha in via di principio gli stessi poteri di rappresentanza e le medesime funzioni del Prefetto dipartimentale, riferite all’intera regione e assume, perciò, anche la funzione di controllo amministrativo nei confronti della Regione, oltre che delle collettività decentralizzate del Dipartimento. Infine, occorre sottolineare che l’anno 2010 ha comportato due grandi riforme per l’amministrazione territoriale: la messa in opera in gennaio della REATE (Réforme de l’Administration Territoriale de l’Etat) e la promulgazione in dicembre della legge di riforma delle collettività locali, riforme che hanno modificato il paesaggio amministrativo francese 53. Comunque la Francia rimane coi suoi 36000 comuni, i suoi Prefetti e i suoi dipartimenti, ma tali riforme hanno costituito una novità nel panorama francese. La legge del 16 dicembre 2010 si inserisce nel quadro della revisione generale delle politiche pubbliche e dà corpo all’annunciata riforma delle collettività territoriali che ha portato ad una nuova organizzazione del territorio francese. 52 53 Mangiameli S, Idem, 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA Kada N, La Réforme de l’Etat territorial in Revue française d’administration publique n. 141 del 2012, ENA, Strasburgo, p. 109 31 La riforma, ispirata in parte dai lavori del Comité Balladur (il rapporto finale è stato presentato a marzo 2009), si basa su alcune priorità per ridurre, semplificare e razionalizzare la suddivisione amministrativa del territorio francese54. In particolare: la creazione di due “poli” amministrativi, regione e dipartimento da un lato, comuni e - strutture intercomunali dall’altro; l’elezione di una nuova categoria di eletti locali, i consiglieri territoriali, consiglieri comuni - alle due collettività che siederanno di volta in volta in Consiglio regionale o in Consiglio generale (artt. 1-7), favorendo in tal modo il ravvicinamento tra il Dipartimento e la Regione mentre il ravvicinamento tra Comuni e Intercomunalità sarà realizzato dall’elezione a suffragio universale dei consiglieri comunitari che siedono in seno ai consigli delle intercomunalità (art. 8-9); i consiglieri territoriali saranno eletti per la prima volta nel marzo 2014; il completamento e la semplificazione della Carta dell’Intercomunalità in Francia per - assicurare un’organizzazione intercomunale dell’intero territorio nazionale entro il 31 dicembre 2013 (artt. 30-72); - la creazione, attraverso un nuovo meccanismo che facilita la fusione di comuni e i raggruppamenti di dipartimenti e Regioni, di nuove strutture locali in sostituzione di collettività territoriali preesistenti: le metropoli (sono previste 11 metropoli per le zone urbane con più di 500.000 abitanti), i poli metropolitani, i nuovi comuni derivanti dalla fusione di comuni appartenenti ad uno stessa struttura intercomunale (artt. 12-25), il raggruppamento di Regioni (che dovrebbero passare da 22 a 15) o di dipartimenti su base volontaria (artt. 26-29). L’agglomerato urbano di Parigi e l’Île de France hanno invece dato luogo ad una nuova collettività territoriale, il “Grand Paris”, istituita con la Legge n. 2010-597 del 3 giugno 2010. 54 Rassegna dell’attività legislativa e istituzionale di Paesi stranieri, sito Camera dei Deputati n. 6, Novembre-dicembre 2010 32 CONCLUSIONE Il presente lavoro ha avuto ad oggetto l’analisi delle funzioni di amministrazione generale del Comune e del Prefetto, rispettivamente in ambito locale e in ambito statale periferico. In primo luogo, la preferenza per il Comune ed i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza vanno letti quali fattori costitutivi di un sistema che mira a valorizzare l’effettiva capacità dei diversi ambiti istituzionali di soddisfare le esigenze palesate nei rispettivi contesti sociali, tenuto conto dei tratti specifici mostrati da ogni realtà locale 55. Il processo di “trasformazione” del Comune è iniziato con l’articolo 1 comma 2 legge 59/1997, certamente forzando l’originario quadro costituzionale ha conferito alle Regioni e agli enti locali, nell’osservanza del principio di sussidiarietà, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici56. Di conseguenza, nel nuovo impianto costituzionale le funzioni amministrative fanno capo in via preferenziale al Comune, inteso quale “cellula primaria” dell’amministrazione pubblica, che assume una competenza amministrativa di carattere generale, dinanzi alla quale ogni diversa soluzione allocativa non può che essere considerata nei termini di una deroga 57. Poiché Il Comune riveste i caratteri di principale ente esponenziale della collettività locale. siamo di fronte ad una clausola generale di competenza generale , fondata sul presupposto che tale ente sia in grado di registrare il complesso dei bisogni e degli interessi della collettività locale e di soddisfarli in modo tendenzialmente esaustivo. Il Prefetto, invece, ha subito un’eclisse, prima con il decentramento amministrativo degli anni 60, poi, a partire dal 1982, con il regionalismo politico. Successivamente, a partire dagli anni 90 un processo di rafforzamento ha investito il Prefetto prima con l’assunzione di fatto di nuove funzioni, come ad esempio gli interventi del Prefetto di Roma in materia di traffico, gestione degli immobili degli istituti assicurativi e poi con nuovi incarichi 55 56 57 Commentario alla Costituzione a cura di Bifulco- Celotto-Olivetti, Utet giuridica, Torino, 2006, p 2236 Napoli C.-Pignatelli N, Codice degli enti locali, nel diritto editore, Roma, 2012, p 146 Napoli C-Pignatelli N, Idem, p 147 33 previsti dal legislatore in materia di protezione civile, immigrazione e con il progetto UTG. E’ importante registrare il mutamento qualitativo prodotto da queste disposizioni legislative. Si tratta di norme che, in primo luogo, sia pure in leggi diverse, ma contemporanee, riguardano i rapporti con i cittadini e la garanzia dell’attuazione dell’interesse pubblico, in funzione dei cittadini. In secondo luogo, si tratta di norme che riscoprono un ruolo spesso dimenticato del Prefetto, quello di autorità amministrativa generale. In questo senso ancor più che autorità sociale il Prefetto è amministrazione civile, nel senso originario della parola, conservato nel linguaggio inglese, quando si parla di civil service, come amministrazione generale, che include nel suo ambito tutti i compiti pubblici, tranne quelli militari58. In effetti, le riforme che hanno investito queste due figure istituzionali, quali il comune e il Prefetto, sono state approvate per ridisegnare una nuova statualità cioè un nuovo modo di essere e di rappresentare lo Stato, configurando uno Stato più leggero, più efficiente, più vicino alle esigenze dei cittadini, più autorevole e in grado di rispondere alle sfide della globalizzazione indipendentemente dalla considerazione se si siano raggiunti i risultati prefissi. A tal proposito appare opportuna una riflessione sul ruolo delle Regioni e della loro interazione con i prefetti. Nel corso del tempo le Regioni sono state sempre più libere di agire- non sempre nell’interesse esclusivo dei propri amministrati- e si è affievolito sempre più il controllo da parte dello Stato. E’ noto che questo istituto, nella sua duplice forma, preventiva e successiva, non ha altro scopo che quello di verificare che l’iniziativa dell’ente regionale sia conforme all’interesse generale. La sua attività, infatti, non può e non deve contrastare con l’ordinamento giuridico nazionale che è “l’armonia dei diritti e dei doveri sia dei cittadini singoli sia dei cittadini quale espressione di entità pubbliche o private”. Va da sé che la mancanza di controlli preventivi è possibile causa di errori e , spesso, anche di indebiti comportamenti. Si ritiene che ripristinare i controlli; in modo completo ed efficace, possa costituire un ostacolo alla corruzione che in quegli enti territoriali molto spesso si è verificata, specialmente in questi ultimi anni. Sembra, pertanto, che la soluzione a tale amara riflessione consista nell’affidamento al prefetto – unico Organo rappresentativo del Governo, sia a livello centrale che periferico, e profondo 58 Cassese S, Il Prefetto come autorità amministrativa generale, Le Regioni, 1992, Roma, p 331 34 conoscitore del territorio- del controllo preventivo e successivo degli atti degli enti locali e non certo ad Organi elettivi, potendo mancare tra controllori e controllati ( non di rado appartenenti allo stesso partito politico) quella serenità di giudizio, che può essere causa della corruzione. In tal modo si ritorna ad applicare il principio sancito dall’articolo 5 della Costituzione, che è bene ricordare: “ La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.” Dall’esame dei lavori preparatori della Carta Costituzionale appare chiaro che i padri costituenti “ vollero evitare – in odio al fascismo- il ripetersi di uno Stato accentratore di tutte le attività amministrative che dà la possibilità, anche ad un solo uomo, di decidere per tutti.” Introdussero perciò il più ampio decentramento amministrativo, per evitare, tra l’altro che “da Palermo o dalla Valle d’Aosta il cittadino dovesse continuare ad andare a Roma, presso ciascun ministero, talvolta per un semplice visto”. Ugualmente si è disposto, in quella sede, che lo Stato promuovesse le autonomie locali non certo perché sorgessero tanti piccoli “Stati autonomi”- in contrasto con “la Repubblica, una e indivisibile”- ma sul presupposto della maggiore e migliore conoscenza, da parte degli amministratori elettivi locali della realtà dei problemi regionali, per poterli risolvere meglio. Nei lavori preparatori della nostra Costituzione non si rinviene invece, il divieto al controllo statale che è un istituto giuridico di carattere generale perché interviene ogni qual volta vi sia una pluralità di enti ordinati su vari livelli non necessariamente in modo gerarchico. E’ fuor di dubbio che le esperienze non positive, quali quelle di lasciare le Regioni libere di legiferare in tutte le materie di propria competenza, compresa quella dell’autodeterminazione degli stipendi e di altri emolumenti da parte dei membri elettivi, senza un effettivo controllo statale, riflettono la necessità di individuazione dei difetti che una norma o un complesso di norme come la Costituzione, abbia potuto presentare nella sua pratica attuazione. Così come altrettanto importante è l’individuazione di un possibile rimedio che potrebbe consistere nell’emanazione di “leggi quadro” entro le quali gli enti locali possano legiferare affidando al Prefetto il controllo preventivo e successivo sull’osservanza di legge. Probabilmente i tempi non sono maturi per affrontare il problema della evidente “degenerazione” degli Organi regionali specialmente nella propria competenza legislativa. E’ certo, invece, che non è più possibile “continuare a ritenere che tutto proceda nel verso giusto”, conformemente al dettato dalla Costituzione “e non si faccia nulla per frenare la corruzione” costringendo i magistrati a un lavoro sempre più gravoso e i cittadini a perdere la fiducia nelle 35 istituzioni. Senza commettere l’errore di creare un organismo sovraordinato, il Prefetto nella sua qualità di garante delle istituzioni può svolgere un ruolo decisivo nel riequilibrare l’attuale situazione. BIBLIOGRAFIA 1. AAVV, Il governo locale nella transizione federale, Editrice Cel, 2009, Foggia 2. AAVV, Le funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali, sito lega delle autonomie, 2012 3. AAVV, Commentario alla Costituzione a cura di Bifulco- Celotto-Olivetti, Utet giuridica, Torino, 2006 4. Auby-Lucie J B. Cluzel-Métayer, Administrative Law in France in Adminnistrative law of the European Union: its member states and the United States, Intesentia-Metro, Cambridge, 2012 5. Cassese S., Il Prefetto come autorità amministrativa generale, Le Regioni, 1992, Roma, 6. Cottone N., Il piano Renzi per la riforma della PA, sito- Il Sole 24 Ore, 30 aprile 2014 7. D’Alessandro D., Il riparto costituzionale delle funzioni amministrative AAVV, diritto regionale e degli enti locali 8. Di Falco M., Il nuovo scenario delle autonomie locali, in AAVV il governo locale nella transizione federale, editrice CEL, Foggia 2009 9. Documenti, Temi dell’attività parlamentare, sito camera dei deputati 36 10. Gorlani M., Il nuovo criterio di allocazione delle funzioni amministrative nel Titolo V della Costituzione, sito quaderni costituzionali, 14 giugno 2002 11. Kada N., La Réforme de l’Etat territorial in Revue française d’administration publique n. 141 del 2012, ENA, Strasburgo 12. La conferenza permanente nelle prefetture-utg, sito ministero dell’interno 13. Lauro-Madonna, Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Sant’Arcangelo di Romagna, 2005 14. Lega L., Prospettive di riordino dell’amministrazione periferica dello stato: il valore aggiunto dell’UTG, sito ministero dell’interno 15. Mangiameli S., La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali: Italia, Francia e Spagna a confronto, Relazione presentata al Convegno su «Lo Stato in periferia e l’assetto del governo regionale e locale», organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012, sito ISSiRFA 16. Meloni G., L’amministrazione locale come amministrazione generale, Roma, Luiss University Press, 2005 17. Meoli C. Voce Prefetto, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996 Utet Torino 18. Meoli C. Voce Prefetto e prefettura in “diritto on-line” Treccani, 2012, 19. Mone L, l’amministrazione della pubblica sicurezza, Laurus Boffo, Roma ,2011 20. Mosca C., Prefazione a Il Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Raffaele Lauro e Vincenzo Madonna, Maggioli editore, Sant’Arcangelo di Romagna,2005 21. Napoli C- Nicola Pignatelli Codice degli enti locali, Nel diritto editore Roma 2013 22. Napolitano G., Diritto amministrativo comparato, Giuffré, Milano, 2007 23. Pastori G. Voce Comune, Digesto delle discipline pubblicistiche, 1996, Utet, Torino, 24. Rassegna dell’attività legislativa e istituzionale di Paesi stranieri, sito Camera dei Deputati n. 6, Novembre-dicembre 2010 37 25. Schroder M., Administrative Law in Germany, in Administrative of the European Union: its member states and the United States Di Renè J:G:H: Seerden (ed), Intersentia, Cambridge, 2012 26. Vandelli L., Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino , Bologna 2013 27. Voce il Prefetto, sito ministero dell’interno 28. Voce “Svezia”, sito www.aerte-asso.org 29. Voce “Norvegia”, sito www.aerte-asso.org 38