Trieste Cronaca I MERCOLEDÌ 8 DICEMBRE 2010 SOTTO LA GUIDA DI MATTEO VIEL PIANETA SCIENZE Sviluppo della pesca in Senegal, ci pensa l’Ogs Il progetto Coces è sostenuto dalla Marina americana con 300mila dollari di MATTEO UNTERWEGER Un aiuto concreto alla principale attività economica del paese, cioè la pesca, attraverso lo studio delle acque tropicali atlantiche. E un’importante occasione di approfondimento sulla circolazione oceanica. Sono questi gli obiettivi chiave della missione che l’Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, un’altra delle strutture scientifiche d’eccellenza attive nella provincia triestina, sta portando avanti in Senegal. Il progetto Coces (Coastal Ocean circulation experiment off Senegal) è finanziato dall’Ufficio della ricerca navale della Marina americana, e vede gli esperti dell’Ogs collaborare con i colleghi dell’Ird - Istituto francese di ricerca per lo sviluppo e con quelli dell’Università Cheikh Anta Diop di Dakar e del Centro ricerche oceanografiche di Dakar-Thiaroye. I fondi, in arrivo dagli Stati Uniti, ammontano a 300mila dollari per il periodo da luglio 2008 a giugno 2011. In Ente nazionale con sede a Sgonico L’Ogs - Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, fino al 1999 Osservatorio geofisico sperimentale, è un ente pubblico nazionale di ricerca che opera nel campo degli studi sulla conoscenza della terra. Nel dettaglio si occupa anche di geofisica, ambiente, risorse minerarie e fonti energetiche, scienze del mare, sismicità e possibilità di utilizzo delle risorse del territorio. L’Ogs ha sede nel comune di Sgonico. Pierre-Marie Poulain ballo in questo periodo c’è l’approvazione di Coces-II, progetto biennale con un budget da altri 300mila dollari che consentirebbe di dare continuità all’attività svolta fin qui. Responsabile del progetto Coces per l’Ogs è Poulain con alcuni collaboratori e il drifter Pierre-Marie Poulain, coordinatore del gruppo di ricerca Sire (Sistemi remoti) del dipartimento di Oceanografia dell’ente. Assieme a lui collaborano allo specifico programma anche Riccardo Gerin, ricercatore, e Milena Menna, assegnista di ricerca, entrambi operativi in seno all’Ogs. Per le analisi nelle acque dell’oceano Atlantico, per le misurazioni delle temperature e per le ricerche sull’ecosistema della zona, il gruppo di lavoro impegnato in Africa utilizza dei galleggianti di superficie, i drif- ter (ben 30 ne sono stati lanciati dalle coste del Senegal a partire dal maggio del 2009), dotati di sistema di telemetria satellitare Argos, della strumentazione gps che riferisce il posizionamento e di sensori di temperatura. Sono proprio i drifter a fornire ai terminali dei ricercatori le informazioni più importanti. «Questo progetto - spiega Pierre-Marie Poulain si articola nel campionamento scientifico dell’area nei pressi del Senegal nell’oceano Atlantico tropicale, la parte a Est, dove c’è un’acqua ricca e fredda in superficie, e quindi un ecosistema produttivo. La principale risorsa economica del paese è la pesca. In Senegal tentiamo di capire dove l’acqua è più fredda e dove più calda, per sapere quali zone risultino produttive». Non è tutto: «Questi sono paesi poveri. Pertanto facciamo anche attività di training e capacity building al personale locale. Hanno una nave da ricerca che però rimane spesso ferma in porto, perché non c’è benzina sufficiente per adoperarla - prosegue Poulain - ci sono pochi strumenti, non funzionanti o non affidabili. Abbiamo così pensato di iniziare a collaborare usando apparecchi semplici. Per il futuro la proposta è di continuare introducendone di più complessi». © RIPRODUZIONE RISERVATA SUPPORTATA DA UN DOPPIO FINANZIAMENTO: 420MILA E 270MILA DOLLARI Sinergia Icgeb-Wada contro il doping L’attività mira a smascherare gli atleti “geneticamente modificati” di FULVIO BELSASSO e PETER SCHULZE Vedremo i primi atleti geneticamente dopati alle Olimpiadi di Londra del 2012? L’agenzia mondiale per l’anti-doping (Wada) è preoccupata e sta già correndo ai ripari. Il doping occupa spesso le prime pagine dei giornali, soprattutto dopo gli scandali che hanno costretto atleti di varie discipline sportive a riconsegnare medaglie ottenute con l’inganno. Dall’antica Grecia in poi questa piaga dello sport ha subito numerose metamorfosi. Ma all’orizzonte si profila un nuovo tipo di metodologia dopante, l’utilizzo di terapie geniche per trasformare gli atleti in “super-uomini”. La Wada, l’agenzia mondiale antidoping con sede a Montreal in Canada, si è rivolta a un centro di ricerca di eccellenza nel set- tore, il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia (Icgeb) di Trieste, per mettere a punto un metodo capace di smascherare gli atleti “geneticamente modificati”. L’attività dell’Icgeb abbraccia vari campi tra i quali la genetica molecolare, la virologia e la terapia genica, in particolare quella cardiovascolare per la rigenerazione cardiaca. Nel 2006, la Wada ha stanziato un finanziamento di 420mila dollari all’Icgeb per un progetto di ricerca finalizzato alla creazione di un metodo per riconoscere casi di doping genico. L’Icgeb è affiancato in questo progetto da altri tre laboratori italiani: il Dipartimento di scienze e tecnologie biomediche dell’Università di Milano, il Centro Interdipartimentale di spettrometria di massa dell’Università di Firenze e l’Istituto di biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Pisa. Di recente il finanziamento è stato rinnovato con altri 270mila dollari con la collaborazione dell’Università Gutenberg di Magonza. Spiega Serena Zacchigna, medico e ricercatrice dell’Icgeb: «Uno dei miei compiti è svuotare i virus del loro patrimonio genetico dannoso e inserirvi il gene terapeutico». È stata questa ricerca ad attirare l’attenzione della Wada in quanto, per esempio, uno dei geni che ha effetti benefici nel cuore potrebbe essere anche iniettato nei muscoli scheletrici ed essere quindi utilizzato in maniera impropria dagli atleti a scopo dopante. Come ci spiega Zacchigna «le tecniche utilizzate per il trasferimento di geni a scopo terapeutico nel cuore o nei 23 muscoli possono essere anche impiegate per trasferire geni capaci in qualche modo di migliorare la prestazione fisica di un atleta, come aumentare la resistenza nelle fibre muscolari». I ricercatori dell’Icgeb hanno sottoposto dei topolini da laboratorio a una terapia genica, con lo scopo di fargli esprimere la proteina Igf-1, il fattore di crescita insulino-simile-1, nei muscoli. Il risultato? Gli animali avevano sviluppato una maggiore resistenza agli sforzi, riuscendo per esempio a nuotare cinque volte di più rispetto agli animali “normali”. I ricercatori sono poi andati a cercare dei marker molecolari, delle specie di firme, costituite da differenze a livello della tonalità delle proteine a livello del muscolo, del sangue e delle urine, che potrebbero essere utili in fu- Provette utilizzate dalla Wada per i controlli anti-doping turo per smascherare un eventuale trattamento genetico in un atleta. Zacchigna è però prudente. «Rispetto ai modelli animali - ricorda - l’applicabilità di questa procedura nell’uomo non è così immediata. Per degli sforzi complessi come quelli richiesti a un atleta moderno ci deve essere un’azione equilibrata dei muscoli agonisti e antagonisti, che non è così facilmente ottenibile artificialmente attraverso la somministrazione di un fattore di crescita». L’identifi- cazione delle proteine dopanti non è facile. Da una parte perché le proteine geneticamente modificate sono molto simili a quelle prodotte dall’organismo e, quindi, difficilmente distinguibili. Dall’altra le proteine “aliene” vengono prodotte localmente dal muscolo in cui agiscono e l’unico metodo per evidenziarne la presenza è rappresentato da una biopsia del muscolo, che risulta invalidante per l’atleta e quindi da escludere in ambito sportivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Osservatorio astronomico alla scoperta dei segreti della “ragnatela cosmica” È partito una settimana fa, il 1˚ dicembre, il progetto di ricerca firmato dall’Osservatorio astronomico di Trieste (Inaf-Oats) nella persona di Matteo Viel, cosmologo con esperienza decennale formatosi all’estero e rientrato a Trieste da cinque anni. Obiettivo del progetto sarà studiare il “mezzo intergalattico”, o cosmic web, materia evanescente che riempie lo spazio tra galassie lontane, per carpire informazioni che ci riportano alla formazione dell’universo e alle sue dinamiche ancora tutte da scoprire. Il finanziamento che ha permesso di avviare lo studio proviene dall’European Research Council (Erc), organismo europeo che Matteo Viel finanzia ricerche innovative e originali e che eroga, tra l’altro, anche i cosiddetti “Starting grant”, per consentire a brillanti ricercatori di creare ex novo il proprio gruppo di ricerca. I 900mila euro che Matteo Viel si è aggiudicato serviranno, appunto, a reclutare cinque ricercatori europei e a garantirne il lavoro per cinque anni. Ma consentiranno, soprattutto, all’Inaf-Oats di entrare in un circuito virtuoso di collaborazione con gli Stati Uniti da cui potranno scaturire importanti sviluppi futuri. L’interesse per il mezzo intergalattico non è nuovo per Viel: Matteo se ne occupa da un decennio e ne parla con l’entusiasmo che scaturisce dalle grandi passioni. Se è vero che le stelle sono organizzate in galassie, e queste a loro volta formano cluster e supercluster (ammassi e superammassi) «il cosmic web – dice Viel – è la materia evanescente che occupa il vuoto tra le galassie e che ci appare sotto forma di filamenti. Studiando la loro composizione chimica pensiamo di arrivare a capire in che modo le galassie interagiscono fra loro e a inquadrare lo stato dinamico del nostro univer- so». Il mezzo intergalattico, infatti, è un serbatoio di materiale a cui le galassie attingono quando crescono, ma è anche il luogo in cui le galassie riversano parte del loro materiale grazie a venti galattici ricchi di sostanza stellare. Lo hanno chiamato “ragnatela cosmica” perché ricorda le tele dei ragni: dove i fili si intrecciano, lì ci sono le galassie. Il resto è vuoto, o meglio, è mezzo intergalattico. «Il cosmic web che noi studiamo ha un’età che copre circa l’80% della vita dell’universo - dice Viel - fino a 10 miliardi di anni fa. Il suo studio è legato ad altri argomenti caldi della cosmologia, per esempio alla ricerca del cosiddetto neutrino “sterile” che genera una ragnatela cosmica meno densa del normale. O alla materia oscura, che forma una specie di alone attorno alle galassie e confina al suo interno i filamenti stessi». Temi di base per i quali, potrebbe obiettare chi è mosso dall’esigenza di brevettare le sue scoperte, non vale la pena investire tanto denaro. «Nell’universo ogni elemento è legato agli altri», ricorda Viel, e dallo studio del passato remoto potranno venire informazioni in grado di cambiare la nostra visione del mondo. Vincere il bando dell’Erc non è stata una passeggiata. Come ricorda Viel, la competizione a livello europeo è stata “feroce” e la sua proposta lunga una quarantina di pagine - ha dovuto passare il vaglio di una prima commissione di 17 esperti europei, seguita dal giudizio di 8 revisori anonimi e da un’intervista a Bruxelles. «È la procedura da seguire per i finanziamenti», ricorda Viel, «ma è anche una garanzia di serietà per l’intero processo di selezione, e la riprova che il nostro progetto ha una dimensione veramente universale». Cristina Serra LA SOCIETÀ MONFALCONESE AL FIANCO ANCHE DI FINCANTIERI RINNOVO DEL CONSIGLIO UGIS Serigi, specialista in ingegneria di dettaglio Pagan eletto nel direttivo dei giornalisti scientifici Quando Fincantieri la varerà, probabilmente tra il 2012 e il 2013, quella che oggi va sotto il nome di progetto “6223”, rappresenterà lo stato dell’arte per quel che riguarda le navi da crociera. Dietro a questa sigla non c’è però solo un’unità da oltre 100mila tonnellate di dislocamento per circa 300 metri di lunghezza, con una serie di soluzioni tecnologiche destinate a diventare il riferimento per il mercato globale. C’è anche una piccola società di Monfalcone, la Serigi Engeneering, che è una delle realtà alle quali il gruppo cantieristico si affida per curare la complessa ingegnerizzazione del progetto. Un rapporto, quello che intercorre tra Serigi e Fincantieri, di lunga data, ormai. E, soprattutto, a tutto campo. «Compresa la divisione navi militari (le cui attività gravitano invece sull’impianto ligure di Riva Trigoso, ndr)», sottolinea Valentino Pagliaga, direttore tecnico dell’azienda isontina, ricordando anche l’altra grande “anima” di Fincantieri. Pensare a un rapporto di mera subfornitura di servizi d’ingegneria sarebbe però fuorviante. Perché, da diversi anni a questa parte, il colosso nazionale della cantieristica ha deciso di sviluppare al proprio interno l’attività di ingegnerizzazione di base e coordinamento tecnico, mentre per la fase legata all’ingegneria di dettaglio si è sviluppata la sinergia con società esterne, come per l’appunto Serigi, che è uno dei partner principali. Questo fa sì che il know how acquisito dalla piccola compagine monfalconese (una decina di dipendenti in tutto, più qualche collaboratore esterno) sia di effettiva centralità per una voce così importante dell’assetto industriale italiano. «Potremmo definire il rapporto che ci lega a Fincantieri come ombelicale», aggiunge Pagliaga. Ma questo non si traduce soltanto in onori. Ci sono anche degli oneri. Il fat- turato di Serigi, ad esempio, tra 2008 e 2009 è passato da più di 2 milioni a meno di 1 milione. Mentre, in questo 2010 dovrebbe stabilizzarsi poco sotto il milione, per superare poi nel 2011 questa cifra, recuperando un po’ di terreno. «I danni che ha provocato questa crisi sono stati notevoli e trasversali a tutto il comparto. E hanno colpito anche noi – dice il manager ed imprenditore, commentando i numeri registrati sui libri contabili -. Fortunatamente, per quanto ci riguarda, abbiamo una programmazione, in termini di commesse che, grazie proprio a quest’ultima costruzione acquisita da Fincantieri, va sino alla fine dell’anno prossimo. Si tratta di un orizzonte di ampio respiro che ci garantisce un minimo di tranquillità». Altre società di ingegneria come Serigi, ma meno strutturate, dopo il collasso degli ordini tra 2008 e 2009, hanno dovuto arrendersi. E sparire dalla scena. Una mano per l’azienda di Monfalco- Monfalcone, veduta del cantiere Fincantieri ne è arrivata però anche dalla diversificazione impostata negli anni precedenti, quando è stato deciso di dare vita ad un ufficio dedicato al settore ambientale, imperniato sullo sviluppo di progetti legati alla gestione e al trattamento dei rifiuti. Un pianeta, quest’ultimo, in decisa espansione e in grado di assicurare la possibilità di smarcarsi, almeno parzialmente, da nautica e cantieristica, che comunque restano d’importanza centrale. Nicola Comelli Il giornalista triestino Fabio Pagan è stato eletto nel nuovo consiglio direttivo dell ’ U g i s , l’Unione dei giornalisti scientifici italiani, nel Fabio Pagan corso dell’assemblea svoltasi a Milano nelle sale del Circolo della stampa. È uno dei rarissimi casi - nei 44 anni di vita dell’associazione - in cui entra nel direttivo dell’Ugis un giornalista che opera al di fuori dell’asse lombardo-romano, a riconoscimento dell’attenzione anche mediatica verso i centri di ricerca di Trieste. Nuovo presidente dell’Ugis è stato eletto Giovanni Caprara, redattore scientifico del Corriere della Sera. Laureato in biologia, 64 anni, Pagan è stato redattore del Piccolo per quasi 25 anni e scrive sul nostro giornale ininterrottamente dal 1968.