Storia E, Rivista della Sovrintendenza Scolastica di Bolzano
Anno 7 n.1,2,3 -2009
Horst Burger: quattro domande a mio padre
Perché eri nella
“Gioventù hitleriana”
a cura di Milena Cossetto e Pietro Fogale
«Come avete potuto “permettere” che accadesse tutto ciò agli ebrei? Perché siete entrati nella
Hitler-Jugend, nella “Gioventù Hitleriana”? E
perché siete partiti volontari per la guerra? Cosa
avete pensato dopo il 1945, quando la guerra era
ormai perduta?»
Walter Jendrich, che ha vissuto una parte del periodo nazista, si pone le domande di suo figlio.
Ma non ha risposte predefinite. Certamente il
Führer e il partito nazista non avrebbero potuto
governare senza il silenzio e la passività della
maggioranza dei cittadini, di fatto corresponsabili
dei crimini compiuti dalla Germania nazista.
Le quattro domande che il figlio pone al padre
sono forse la sintesi dei quesiti di fondo che la
generazione cresciuta dopo il 1945 ha posto alla
generazione precedente: l’adesione di massa al
nazismo, la Shoah, il silenzio-consenso della gente, l’entusiasmo per la guerra, la dittatura, la mitizzazione di Hitler, del Führer… come è potuto
accadere che sei milioni di ebrei fossero deportati
nei Lager, sterminati, senza che nessuno dicesse
qualcosa? Come avete potuto permetterlo? Davvero non sapevate nulla dei Lager e della Shoah?
E poi: come è stata manipolata la gioventù per
renderla così sottomessa al Führer e perché gli
adulti non se ne sono accorti, oppure erano consenzienti? E ancora: nonostante le conseguenze
della prima guerra mondiale, i morti, il dramma
economico e sociale provocato dalla sconfitta,
perché avete accettato di partire volontari per la
seconda guerra mondiale, obbedendo al richiamo
di Hitler? E infine: i tedeschi combatterono per
Hitler e il nazismo fino all’ultima ora, poi quando
Hitler si suicidò il 30 aprile 1945, il nazionalsocialismo scomparve e all’improvviso nessuno più
era nazista. Ma come è stato possibile?
Il libro di Horst Burger descrive questo dialogoincontro tra la generazione dei padri e quella dei
figli, permettendo ai padri (a distanza di più di 70
anni) di fare chiarezza su se stessi e sulla propria
storia di appartenenze e di mancate scelte. Ai figli
dà la possibilità di “leggere” nel percorso di “conquista delle coscienze” da parte del nazismo non
solo la storia del nazionalsocialismo e della sua
diffusione di massa, in particolare tra le nuove
generazioni, quanto la capacità che l’ideologia
ha avuto e ha anche oggi di manipolare informazioni, conoscenze, scienza e saperi, sensibilità,
coscienze, mentalità.
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Il libro di Horst Burger, Warum warst
du in der HitlerJugend?Vier Fragen an meinen Vater, Rowohlt Verlag,
Reinbek bei Hamburg, 1978, non è
ancora stato tradotto
e pubblicato in Italia. Ne proponiamo
alcuni brevi stralci, come stimolo e
suggerimento per
una lettura completa
anche in lingua originale.
La manipolazione delle coscienze
[…] «Anche se i giovani senza rendersene conto
venivano manipolati, gli adulti dovevano accorgersene. Questo domandai a mio padre.»
«Chiaro, rispose, gli adulti se ne erano accorti.
Ma lo trovarono perfettamente accettabile, perché
cantavano le stesse canzoni, e perché pensavano
che se i giovani marciavano e cantavano a squarcia gola, così almeno non si sarebbero “persi” in
pensieri stupidi.
Soprattutto questa era la grossa preoccupazione
dei nazisti, che nessuno potesse arrivare a pensieri
stupidi. Chi, nonostante tutto, pensava in maniera
diversa e lo esprimeva veniva arrestato. Si adottò
con le persone una linea dura: il Führerprinzip e
la comunità di popolo. Cominciò con la HitlerJugend.»
«Come funzionava?»
«Come un gregge. Il bullo guidava le masse.
Esattamente così era nella Hitler-Jugend. Ognuno
aveva il suo posto, le posizioni erano chiaramente
definite, dall’alto verso il basso, si obbediva verso
l’alto e si comandava verso il basso. Ognuno era
impegnato a ricevere una nuova decorazione da
attaccare alla manica della camicia o un nuovo
cordoncino da attaccare al petto per impressio48, 49. Manifesto del “Bund Deutscher Mädel” (Lega delle
ragazze tedesche)
50. Copertina del libro di Horst Burger, Perché eri nella HitlerJugend? Quattro domande a mio padre, 1978.
storiae
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nare le ragazze. A venire preferiti non erano
i più furbi o quelli che possedevano capacità
dialettiche, bensì gli spavaldi, quelli che gridavano più forte e che comandavano. Comando e
obbedienza, su questo si basava il sistema. Una
delle frasi chiave era: quando due uomini in divisa vanno per la strada, allora uno dei due è il
superiore. Così ognuno si sente parte di un catena.
La comunità rendeva forti, doveva farlo perché,
come ci veniva insegnato, il mondo era pieno di
nemici. “Tu non sei niente, il tuo popolo è tutto”:
così suonava un’altra delle frasi chiave, non solo
nella Hitler-Jugend, ma anche a scuola.»
«Dalla mattina alla sera popolo e patria?»
«Si. Tutto quello che si faceva era in relazione
alla Germania, alla patria, ai suoi eroi, filosofi e
poeti»1
Volontari per Hitler
«Nella seconda guerra mondiale la Germania ha
perso circa 9 milioni e mezzo di persone. Quando
ne parlavo a mio padre, lui scuoteva la testa e mi
rispondeva:»
«Le cifre da sole non sono niente, anche se fossero stati meno sarebbero sempre troppi.»
«E nonostante tutto vi siete arruolati volontari,
senza avere altra prospettiva che raggiungere
l’età per poter combattere per Hitler?»
«Questo è esattamente il punto.»[...]
«Mio padre lo ammise onestamente»
«Io non riesco a spiegarmelo. Questa è
una parte del mio
passato che non riesco a superare. Questa è la mia colpa.
Perché non posso
giustificarmi con il
fatto che tutti ne facevano parte o che
non c’erano alternative».
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«C’era un’ alternativa?»
«Non c’erano solo i fratelli Scholl, che oggi vengono ricordati come resistenti attivi, c’erano un
gran numero di persone che si ribellavano. Disertarono il servizio nella Hitler-Jugend, evitarono
la strada che portava alle armi e alla guerra e non
sarebbe mai venuto loro in mente di arruolarsi
volontariamente. Questo allora era già molto, se
si pensa che non avevano nessun punto di riferimento, almeno vivente, nessuna idea verso cui
orientarsi.
Chi si opponeva a Hitler doveva contare solo su
se stesso, doveva trovare la sua strada. Ci voleva
coraggio per non ululare con i lupi »
«Ma tu hai ululato con loro?»
«Si, ci dicevano che in tempi di
crisi, il primo obbligo di ogni cittadino era di rischiare la vita per la
patria.»2
Note
1
Horst Burger, Warum warst du in der Hitler Jugend?.Vier Fragen an meinen Vater.
Hamburg 2005, pp. 50-52, traduzione Pietro
Fogale.
2
Horst Burger, Warum warst du in der Hitler Jugend?.Vier Fragen an meinen Vater.
Hamburg 2005, pp. 95-96, traduzione Pietro
Fogale
51
52 storiae
51. Manifestazione della Hitler-Jugend.
52. Manifesto della Hitler-Jugend.
Il ruolo che assumono nei regimi totalitari
le manifestazioni, le parate, le cerimonie, le sfilate, le marce
Lo storico tedesco contemporaneo G. L. Mosse così sintetizza la valenza simbolica delle grandi
adunate naziste:
«Alcuni elementi sempre eguali si ritrovano con grande frequenza nelle adunate naziste: un grande
spazio vuoto, che via via deve riempirsi di folla; una tribuna in posizione sopraelevata, ove deve
stare Hitler; una sorta di altare, sul quale sono posti simboli nazisti come armi, pugnali, reliquie
di uomini morti per la gloria della patria; fasci di luce che illuminano la scena; molti bracieri, ove
ardono grandi fuochi; bandiere, che si alzano e si inchinano ritmicamente in segno di giubilo o di
rispetto per il capo; una musica ossessiva, fatta di rulli di tamburi e di canti».
Così invece descrive il Congresso della gioventù nazista, tenuto a Norimberga nel 1938, un
giornale dell’epoca:
«Sabato mattina il Führer era con la sua gioventù. Di anno in anno il quadro di questa manifestazione della gioventù hitleriana nello stadio di Norimberga è diventato più bello, più disciplinato.
Ma l’entusiasmo, il giubilo sono sempre uguali. Con questo appello i centomila, in rappresentanza di milioni di loro camerati, dimostrano che la gioventù ha unito in sé l’entusiasmo titanico
e la disciplina più ferrea nel modo giovanile più bello e migliore! Sulla vecchia città vi è un fitto
manto di nuvole grigie. Allorché nell’accampamento di tende, svegliati dal suono di fanfare, i
ragazzi uscivano all’alba dalle loro tende, avranno guardato con preoccupazione il cielo. Cosa
farà il tempo? In marcia, dal Führer! Così si formarono nel campo i gruppi di marcia, che presero
a marciare verso lo stadio, felici di avere fra poche ore il Führer esclusivamente per loro. Presto
il grande cerchio dello stadio venne occupato. Con pochi comandi si completò lo schieramento.
Nel campo centrale i blocchi degli aspiranti al partito, che successivamente presteranno giuramento al Führer. A destra e a sinistra della tribuna, dalla quale parlerà il Führer, si sono schierati
9000 ragazzi e ragazze austriaci. Nelle gradinate di pietra della costruzione ovale, dirimpetto
alla tribuna del Führer, era stata costruita in pietra chiara una seconda grande tribuna. 450 giovanissimi nazisti stanno lì con le fanfare. Ai due lati della grande tribuna centrale, con le sue alte
torri laterali, stanno i due blocchi della lega delle ragazze tedesche in giacca bruna. In mezzo
al campo il grande corteo della musica con circa 400 ragazzi. Solo ai limiti estremi del campo
centrale si può ancora vedere il verde dell’erba. E un unico baluardo bruno. Poco dopo le 9 è già
riunito l’intero corpo dei dirigenti del partito. I più alti rappresentanti dell’esercito e dello Stato
hanno occupato la tribuna d’onore. Un comando. I cortei dei tamburini e la banda preparano gli
strumenti per suonare. Il capo della gioventù hitleriana entra e saluta: “Heil, camerati”, e mille
volte, ma in un solo colpo, si sente risuonare: “Heil, capo della gioventù del Reich!” Ancora pochi
secondi e arriva Adolf Hitler. Da fuori si sente il rombo delle grida, del giubilo. Diventa sempre
più imponente, si infrange sulle mura dello stadio. Risuona una marcia militare. Ora tutti sanno
che il Führer è qui. Su comando tutti si irrigidiscono sull’attenti. Il capo della gioventù hitleriana
annuncia a Adolf Hitler che la sua gioventù è schierata. Il Führer saluta: “Heil, mia gioventù”, e
gli fa eco un felice urlo: “Heil, mio Führer!” Lo stendardo del Führer viene issato. Non è ancora
pronunciato il comando “Muovetevi!” che si levano decine di migliaia di voci, come un uragano.
Tutti, ora, con il loro giubilo possono manifestare ciò che sentono. E come se l’aria tremasse. Il
viso del Führer è raggiante di felicità e di gioia. Così egli conosce la sua gioventù, così la ama.
Il giubilo non vuole finire. La festa ha inizio. Le fanfare suonano Svegliati, svegliati, nazione
tedesca. Ancora un comando. Ha inizio la sfilata delle bandiere. Dalle porte collocate ai lati della
costruzione ovale entrano i gruppi delle bandiere. Da sinistra entrano i lucenti vessilli bianco-rossi
della gioventù hitleriana, da destra le bandiere nere con l’aquila d’argento. Davanti a ogni blocco
i tamburi battono duri il ritmo. Ogni gruppo di bandiere marcia su sei file. Si sente solo il passo
di coloro che marciano e il colpo dei tamburini. Si muovono verso la tribuna del Führer. Qui si
incrociano i cortei provenienti dagli estremi opposti. Le bandiere rosso-bianche della gioventù
hitleriana si inseriscono nelle file delle bandiere nere. E un’immagine bella così emozionante,
trascinante che nessuna descrizione riesce a esprimere ciò che si vede. Queste bandiere sono i
segni di un legame di fede. Ora i giovani sfilano con le bandiere che sono la loro vita, davanti ad
Adolf Hitler. Il Führer saluta i loro distintivi. Sulle larghe scale di pietra si sposta ora la selva delle
bandiere. Con il suo ritmo solenne e pieno la musica sottolinea questa immagine unica, possente,
giovanile e là, di fronte alla tribuna del Führer, i due gruppi di bandiere si divaricano. Quando le
bandiere sono riposte si sentono le ultime parole della canzone: “Lunga era la notte e lunga era
la miseria”, con le frasi: “Tamburo, batti, suona giubilante, come già le bandiere, tamburo, Dio ci
vuole ammonire, popolo in piedi!” Di nuovo tutti sono in piedi. La sfilata delle bandiere è finita.
Rullo di tamburi, poi tre secchi colpi. Il richiamo delle fanfare squilla chiaro e festoso. Lo stadio
rimbomba del segnale di lotta della gioventù».
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