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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO
E MONTI DELLA LAGA
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353/00
RELAZIONE
PERIODO 2008 - 2012
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
DEL PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA
“Legge Quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 21 novembre 2000”
Avv. Giandonato MORRA
Commissario Straordinario
Dott. Marcello MARANELLA
Coordinatore Tecnico Amministrativo
PROGETTAZIONE E REDAZIONE A CURA DI :
Giorgio DAVINI
Alfonso CALZOLAIO
Silvia DE PAULIS
Carlo CATONICA
Agronomo
Ingegnere
Agronomo
Biologo
(Servizio Agro Silvo Pastorale)
(Servizio Tecnico Urbanistico Territoriale)
(Servizio Agro Silvo Pastorale)
(Servizio Scientifico)
Con la collaborazione del:
Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato
(CTA/CFS) – Fonte Cerreto di Assergi(AQ)
Coordinatore Ing. Giorgio MORELLI
ELEMENTI DEL PIANO
Il presente Piano Antincendio Boschivo è costituito dai seguenti elaborati:
-
RELAZIONE
-
ELABORATI CARTOGRAFICI
- Carta del Valore Ambientale
- Carta delle tipologie vegetazionali
- Carta della zonazione degli interventi
- Carta delle Aree Percorse dal Fuoco (2001-2004)
- Carta delle Aree Percorse dal Fuoco (2005-2007)
- CARTA INTERFACCIA URBANO - FORESTA
- CARTA DELLE INFRASTRUTTURE E DEI PUNTI DI
APPROVIGIONAMENTO IDRICO
- CARTA DEL RISCHIO DI INCENDIO
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INDICE
INTRODUZIONE
1. PARTE GENERALE
1.1 Descrizione del territorio
1.1.1. Inquadramento geografico
1.1.2 Descrizione dell’ambiente fisico
1.1.3 Descrizione dell’ambiente biologico
1.1.4 Gli usi del suolo
1.1.5 Le attività agricole e zootecniche
1.1.6 Gli aspetti forestali
1.1.7 Le infrastrutture di mobilità
1.1.8 La sentieristica
1.1.9 La pianificazione paesistica
1.1.10 Elementi di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale
1.1.11 Piano del Parco
1.2 Banca dati ed analisi statistica
1.2.1 Il Sistema Informativo Territoriale
1.2.2 Raccolta dati
1.2.3 Struttura hardware e software del SIT
1.2.4 Cartografia di base
1.3 Obiettivi prioritari da difendere
1.4.1 Biotopi di interesse floristico vegetazionale
1.4.2 Considerazioni floristiche
1.4.3 I Siti di Interesse Comunitario
1.4 Modello organizzativo
1.4.1 Organizzazione AIB
1.4.2 Le stazioni antincendio
2. PREVISIONE
2.1 Le cause determinanti ed i fattori predisponenti
2.2 Le aree percorse dal fuoco
2.3 Le aree a rischio di incendio boschivo
2.4 I periodi a rischio di incendio boschivo
2.5 Gli indici di pericolosità
2.5.1 Metodologia
2.5.2 La Carta dell’infiammabilità dei boschi
2.5.3 La Carta della probabilità di incendio
2.5.4 La Carta del rischio da incendio
2.5.5 Elementi di criticità nell’interfaccia urbano-foresta
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2.6 Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi
2.6.1 Previsione
2.6.2 Prevenzione
3. PREVENZIONE
3.1 Misure contro i pericoli di innesco di incendio
3.2 La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso, dei tracciati
spartifuoco e di adeguate fonti di approvvigionamento idrico
3.2.1 Viabilità operativa
3.2.2 Tracciati spartifuoco
3.2.3 I punti di approvvigionamento idrico
3.3 Le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco
3.3.1 Interventi preventivi consigliati per tipologia di copertura vegetale e per
intervento selvicolturale
3.4 Formazione
4. LOTTA ATTIVA
4.1 Le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi
4.2 Il Sistema di Avvistamento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti
della Laga
4.3 Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento
4.3.1 Sale Operative Unificate Permanenti (SOUP)
4.3.2 I punti di avvistamento
5. PREVISIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
6. PARTE SPECIALE
6.1 La Carta della zonazione degli interventi
6.2 Catasto delle aree percorse dal fuoco
6.2.1 Dati statistici sugli incendi
6.3 Stima dei danni
7. LEGISLAZIONE
7.1 Legislazione Europea
7.2 Legislazione civile
7.3 Legislazione penale
7.4 Prontuario delle Sanzioni
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INTRODUZIONE
La Legge 21 novembre 2000, n. 353 "Legge quadro in materia di incendi
boschivi" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000 prevede
che le Regioni si adeguino entro un anno dall’entrata in vigore della legge stessa
approvando il Piano Regionale per la programmazione delle attività di
previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi in base alle linee guida
emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Piano individua:
•
le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio;
•
le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita
cartografia;
•
le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia
tematica aggiornata, con l’indicazione delle tipologie di vegetazione
prevalenti;
•
i periodi a rischio di incendio boschivo, con l’indicazione dei dati anemologici
e dell'esposizione ai venti;
•
gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica;
•
le azioni determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio nelle
aree e nei periodi a rischio;
•
gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi;
•
la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse
umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi;
•
la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati
spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico;
•
le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà
di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in
particolare nelle aree a più elevato rischio.
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Le Regioni predispongono apposite planimetrie sulle aree a rischio mentre
Province, Comunità Montane e Comuni attuano le attività di previsione e
prevenzione.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio predispone un Piano per
le aree naturali protette nazionali, di intesa con le Regioni, su proposta degli enti
gestori, sentito il CFS. Tale Piano va a costituire un’apposita sezione del Piano
Regionale.
L’attività di previsione e prevenzione è attuata dall’Ente gestore dell’area
protetta.
Sulle aree percorse da incendio vigono i seguenti divieti:
•
divieto di diversa destinazione dell’area per 15 anni;
•
divieto di realizzazione di strutture ed infrastrutture civili e produttive per 10
anni;
•
divieto di rimboschimento e di ingegneria ambientale con risorse pubbliche
per 5 anni;
•
divieto di pascolo e di caccia per 10 anni.
I Comuni, entro 90 gg, predispongono un catasto delle aree percorse da
incendio negli ultimi 5 anni con relativa perimetrazione.
Di seguito si riporta uno schema della ripartizione delle competenze in materia
di incendi boschivi ai sensi della nuova legge quadro:
Competenze dello Stato
1. Deliberazione, sentita la Conferenza Unificata, delle linee guida e direttive per
l’approvazione del piano regionale per la programmazione delle attività di previsione,
prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi (art.3).
2. Predisposizione di un apposito piano per i parchi naturali e le riserve naturali dello
Stato da parte del Ministero Ambiente (art.8, comma 2).
3. Promozione, d’intesa con le Regioni, dell’integrazione dei programmi didattici delle
scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini della crescita e della promozione di
un’effettiva educazione ambientale (art.5).
4. Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).
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5. Le Regioni si avvalgono di risorse, mezzi e personale del Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale dello Stato in base agli accordi di programma
(art.7, comma 3, lettera a)).
6. Concorso allo spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato (art.7).
7. Monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla L. 353/2000 e relazione al
Parlamento sullo stato di attuazione (art.9).
Competenze delle Regioni
1. Predisposizione e approvazione del piano regionale di previsione, prevenzione e
lotta attiva contro gli incendi boschivi sulla base delle linee guida (art.3, comma 1).
2. Definizione di un’apposita sezione del piano regionale per le aree naturali protette
regionali (art.8, comma 1).
3. Riservare una sezione del piano regionale alle indicazioni contenute nel Piano
nazionale del Ministero dell’Ambiente per i parchi naturali e le riserve naturali dello
Stato (art.8, comma 2).
4. Programmazione delle attività di previsione e prevenzione (art.4).
5. Lotta attiva contro gli incendi boschivi (art.7).
6. Promozione, d’intesa con lo Stato, dell’integrazione dei programmi didattici delle
scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini della crescita e della promozione di
un’effettiva educazione ambientale (art 5).
7. Organizzazione, anche in forma associata tra più Regioni, di corsi tecnico-pratici
per la preparazione dei soggetti impegnati in attività di previsione, prevenzione e lotta
attiva (art, 5).
8. Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).
Competenze delle Province, Comunità Montane e Comuni
Attuazione delle attività di previsione e prevenzione, secondo le attribuzioni stabilite
dalle Regioni (art.4, comma 5). Promozione dell’informazione alla popolazione
(art.6), Censimento tramite apposito catasto dei sopralluoghi già percorsi dal fuoco
nell’ultimo quinquennio (competenza dei comuni - art. 10, comma 2). In assenza
degli enti gestori attuazione delle attività di previsione e prevenzione nelle aree
naturali protette (art.8, comma 3).
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Competenze degli Enti Gestori delle aree naturali protette
Proposizione e definizione della sezione del Piano regionale relativa alle aree
naturali protette regionali (art.8, commi 1 e 2). Attuazione delle attività di previsione e
prevenzione (art. 8, comma 3). Promozione dell’informazione alla popolazione (art.6).
Il Piano antincendio boschivo del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti
della Laga è stato redatto seguendo le LINEE GUIDA del Piano Regionale per la
programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro
gli incendi boschivi (art. 3 della Legge n. 353/2000) emanate con Decreto della
Presidenza del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla G.U. del 26 febbraio 2002
S.G. n. 48 e secondo lo SCHEMA DI PIANO (art. 8 comma 2 della Legge n.
353/2000) redatto dal Servizio Conservazione della Natura del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.
La pianificazione degli interventi contro il rischio di incendio boschivo
deve ritenersi sperimentale, non essendo disponibili studi specifici e risultati
riscontrabili nella gestione del territorio.
La metodologia seguita nel presente lavoro rappresenta, comunque, il
primo “step” di organizzazione dei dati statistici elaborati con le caratteristiche
specifiche
del
territorio
in
esame
e
deve
essere
oggetto
di
futuri
approfondimenti ed aggiornamenti.
Le relative elaborazioni cartografiche risentono necessariamente di tale
carattere sperimentale.
Il presente Piano è stato elaborato nell’ottica dell’aggiornamento continuo
e dalla costante valutazione, revisione ed adeguamento delle misure messe in
atto annualmente circa la previsione e la prevenzione del rischio di incendio.
In particolare, gli elaborati grafici verranno aggiornati e rimodulati sulla
scorta dei dati ottenuti nell’ambito delle attività di ricerca scientifica promosse
dell’Ente, delle schede di rilevamento elaborate dal Corpo Forestale dello Stato
e dei risultati ottenuti con l’attuale pianificazione.
Alla stesura del Piano antincendio boschivo ha preso parte attiva il
Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato coordinato
dall’Ing. Giorgio MORELLI relativamente alle fasi di trasmissione dei dati riguardanti
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gli incendi boschivi registrati nel territorio del Parco, al supporto tecnico in fase di
elaborazione delle informazioni sul territorio e per le procedure di allertamento ed
intervento in caso di incendio.
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PARTE GENERALE
Descrizione del territorio
1.1.1. Inquadramento geografico
Il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è compreso in
tre Regioni: Abruzzo, Lazio e Marche, cinque province: Ascoli Piceno, L’Aquila,
Pescara, Rieti e Teramo e quarantaquattro comuni per una estensione complessiva
di 143.132 ha.
Complessivamente, la popolazione totale dei comuni del Parco è di 137.388
abitanti (dati Ministero dell’Ambiente).
Il territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è individuato
dalle seguenti coordinate geografiche: 40° e 40’ Nord; 13° e 80’ Est.
Esso è situato nell’Italia centrale ed è caratterizzato dalla presenza di tre catene
montuose: la dorsale dei “Monti Gemelli” (Montagna dei Fiori e Montagna di Campli)
situati nel settore nord orientale del Parco; i Monti della Laga ad andamento NordSud; la catena del Gran Sasso, che limita a sud le catene sopra descritte, ad
andamento est-ovest nel tratto centrale, piegando a meridione nel suo tratto
orientale. Gran parte del territorio ricade amministrativamente nella parte
settentrionale della Regione Abruzzo e solo in parte nell’estremità meridionale della
Regione Marche (parte nord dei Monti della Laga) e nell’estremità orientale della
Regione Lazio ( parte Nord – Ovest dei Monti della Laga).
I “Monti Gemelli” sono costituiti a Nord dalla Montagna dei Fiori, che culmina col
Monte Girella (1814 m s.l.m.) e a Sud dalla Montagna di Campli, che culmina con il
Monte Foltrone (1718 m s.l.m.): esse sono separate dal fiume Salinello che forma le
omonime gole.
I Monti della Laga ha le seguenti cime principali: Monte Comunitore (1695 m
s.l.m.), Macera della Morte (2073 m s.l.m.), Pizzo di Sevo (2419 m s.l.m.), Cima Lepri
(2445 m s.l.m.), Pizzo di Moscio (2200 m s.l.m.), Monte Gorzano (2458 m s.l.m. il più
elevato del massiccio), Cima della Laghetta (2369 m s.l.m.) e Monte di Mezzo (2130
m s.l.m.).
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Da questi gruppi montuosi defluiscono le acque nei bacini idrografici del Tronto,
del Salinello, del Tordino e del Vomano, tutti a loro volta tributari del mare Adriatico.
Per quanto concerne il Gran Sasso d’Italia, nel primo tratto da ovest ad est, si
rilevano due allineamenti paralleli: quella nord orientale è rappresentata dalle cime di
Monte Corvo (2623 m s.l.m.), Pizzo Intermesoli (2635 m s.l.m.), Corno Grande (2912
m s.l.m. il più elevato di tutto l’Appennino), Monte Brancastello (2385 m s.l.m.),
Monte Prena (2561 m s.l.m.), Monte Camicia (2564 m s.l.m.), Monte Tremoggia
(2331 m s.l.m.), Monte Siella (2000 m s.l.m.) e Monte San Vito (1892 m s.l.m.); quella
sud occidentale è costituita da Monte San Franco (2132 m s.l.m.), Monte Ienca (2208
m s.l.m.), Pizzo di Camarda (2332 m s.l.m.), Pizzo Cefalone (2534 m s.l.m.), Monte
Portella (2385 m s.l.m.), Monte della Scindarella (2233 m s.l.m.).
La parte meridionale del Parco è caratterizzata dalla dorsale che da Monte
Cappucciata (1801 m s.l.m.), attraverso Monte Scarafano (1432 m s.l.m.), Monte
Picca (1405 m s.l.m.), Monte Alto e Monte Pietra Corniale raggiunge il Monte di
Roccatagliata (979 m s.l.m.) ultima propaggine del Parco, dove le Gole di Tremonti lo
separano dall’adiacente Parco Nazionale della Majella. Le acque della catena del
Gran Sasso defluiscono nei bacini idrografici del Vomano, del Tavo-Fino-Saline e
dell’Aterno - Pescara tutti tributari del mare Adriatico.
1.1.2. Descrizione dell’ambiente fisico
Lineamenti geomorfologici
Il territorio del Parco dal punto di vista morfologico è estremamente vario ed è il
risultato di diversi fattori quali le caratteristiche lito-strutturali del substrato, le lunghe
vicende geologiche che hanno interessato il territorio dal Trias inferiore in poi,
l’evoluzione neotettonica, la successione degli eventi climatici quaternari e, non
ultima, l’attività antropica, soprattutto quella più recente. I processi geodinamici che
hanno interessato l’Appennino Centrale, in cui il territorio del Parco ricade, sono
responsabili dell’emersione e del recente sollevamento delle strutture montuose, cioè
quelle strutture morfologiche primarie su cui si sono esplicate e continuano ad
esplicarsi tuttora le azioni modellatrici degli agenti esogeni, quali le acque correnti, i
ghiacciai e il vento che, attraverso la triplice azione di erosione, trasporto e
sedimentazione, hanno rielaborato e modellato gli originari rilievi montuosi e collinari.
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Alle caratteristiche litostratigrafiche del substrato, alle strutture tettoniche presenti
(pieghe, faglie, superfici di sovrascorrimento) e al grado di tettonizzazione delle rocce
affioranti, sono associati una serie di morfotipi caratteristici. Ad esempio, dove
affiorano i litotipi carbonatici, riferibili alla piattaforma laziale-abruzzese, si sono
sviluppati versanti a forte pendenza, con creste frastagliate e forme di modellamento
carsico. Sul versante meridionale della catena del Gran Sasso, invece, sono visibili
particolari forme di erosione dovuta alla presenza di un’ampia fascia cataclastica
(connessa alla faglia diretta di Campo Imperatore, a notevole rigetto), che ha
consentito alle acque dilavanti di dare origine a tipiche forme calanchive.
L’azione morfogenetica dei ghiacciai, soprattutto quella relativa alla fase
wurmiana, ha avuto una notevole importanza, come testimonia la presenza degli
innumerevoli circhi glaciali presenti a nord della catena del Gran Sasso e del Gruppo
della Scindarella, nonché le rocce montonate, le valli ad U, le morene frontali e
laterali che si rinvengono a Campo Imperatore.
Alla quota di 2700 metri è localizzato il Ghiacciaio del Calderone che in questi
ultimi anni si è ridotto notevolmente come documentano gli studi recenti.
La presenza delle rocce carbonatiche sia sulla catena del Gran Sasso che dei
Monti Gemelli, nonché un sistema di fratturazione molto diffuso, ha favorito lo
sviluppo di morfologie carsiche costituite prevalentemente da campi di doline, campi
solcati (Karren), poljie e grotte.
Nell’area dei Monti della Laga costituiti da materiali arenacei ed argillosi, che
generalmente hanno una struttura geometrica a monoclinale, si possono osservare
versanti diversamente acclivi, con rotture di pendio e scarpate di erosione selettiva.
In particolare appare netto il contrasto tra scarpate strutturali ubicate in
corrispondenza degli affioramenti arenaceo-pelitici disposti a reggipoggio e i versanti
più dolci modellati sulle argille e sulle alternanze pelitico-arenaceo, che danno luogo
talvolta a gradini e scarpate dovute all’erosione differenziata delle rocce affioranti.
Elementi di Geologia
Il territorio del Parco risulta costituito prevalentemente da due tipi litologici di
origine sedimentaria: rocce calcareo-marnose e dolomitiche, che formano la struttura
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della catena del Gran Sasso e quella dei Monti Gemelli e rocce arenaceo-argillose
dei Monti della Laga.
Dalla storia geologica, si può notare come la diversa natura litologica e i differenti
processi orogenetici, che dal Trias superiore hanno portato alla formazione degli
omonimi gruppi del Gran Sasso e dei Monti della Laga, hanno determinato un
ambiente fisico molto vario e diversificato.
In particolare, l’attività geologica e geomorfologica plio-quaternaria risulta essere
quella che ha determinato l’attuale morfologia, caratterizzata da diversi episodi di
glacialismo, bacini tettonici intramontani ed imponenti conoidi risultanti dallo
smantellamento delle rocce carbonatiche.
La storia geologica dell'area ricadente nel territorio del Parco, ricostruita sulla base
delle analisi stratigrafiche e strutturali delle varie successioni affioranti, è legata
all'evoluzione del segmento di catena dell'Appennino centrale, delimitato ad Ovest
dalla Linea Olevano-Antrodoco-M. Sibillini e ad est dalla Linea Volturno-Sangro.
L'area corrisponde alla complessa zona di transizione tra la piattaforma
carbonatica laziale-abruzzese a sud e il bacino umbro-marchigiano a nord, le cui
tappe evolutive sono iniziate nel Trias superiore, circa 220 milioni di anni fa è si sono
evolute in maniera pressoché continua, come risulta dall’osservazione dei massicci
carbonatici affioranti in gran parte del territorio.
Le fasi della storia evolutiva sono caratterizzate, in questo lungo intervallo di
tempo, dalla presenza di una vasta paleopiattaforma carbonatica, con acque marine
basse, che durante il Lias medio, a causa della tettonica disgiuntiva, viene
frammentata dando origine a due ambienti ben distinti: un ambiente di mare profondo
(Bacino pelagico umbro-marchigiano) a nord, in cui si ha una deposizione calcareosilico-marnosa e un ambiente di mare basso a sud, individuata nel territorio del Parco
nell'area di Castel del Monte-Ofena, caratterizzato dalla presenza di biocostruzioni,
come testimonia la presenza di coralli, ben visibili sulla strada di accesso alla Rocca
di Calascio.
Il quadro paleogeografico non subisce sostanziali mutamenti; si ha una ripresa dei
movimenti tettonici nel Cretaceo inferiore, durante il quale vengono smantellate le
biocostruzioni di margine della piattaforma e trasportate ed accumulate nelle parti
prossimali del bacino.
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Questa situazione ambientale permane, pur con significative variazioni, fino al
Paleocene.
Nel Miocene inferiore e medio la sedimentazione carbonatica viene sostituita dalla
deposizione terrigena della "Formazione della Laga". Tali depositi si formano in
concomitanza di una azione tettonica compressiva, che nel Miocene superiore
investe tutta l'area in esame. Contemporaneamente al sollevamento e corrugamento
della catena del Gran Sasso si ha un affossamento frontale con la formazione di un
bacino profondo in rapida subsidenza.
Nel Pliocene inferiore anche i depositi del bacino della Laga vengono interessati
da spinte tettoniche compressive dirette verso est: si ha la formazione dell'anticlinale
della Laga e il sovrascorrimento dei Monti Gemelli verso est.
Immediatamente dopo il Pliocene superiore segue la fase distensiva, responsabile
della formazione di sprofondamenti di alcuni settori della catena, come la
depressione di Campo Imperatore.
Nel Pleistocene l'area è ancora sottoposta a una attività tettonica a prevalente
componente verticale, come testimoniano le megabrecce stratificate ai piedi della
catena nel versante nord, questa attività continua fino ai tempi attuali ed è tuttora in
corso.
Da questo momento l'area è sottoposta all'azione modellatrice ed erosiva dei vari
processi morfogenetici: dissoluzione chimica, degradazione fisica (essenzialmente
crioclastismo) ed in particolare i ghiacciai, che circa 800.000 anni fa iniziarono con la
loro opera a modellare il paesaggio dell'area.
1.1.3 Descrizione dell’ambiente biologico
Aspetti vegetazionali
Secondo la suddivisione geobotanica dell’Italia proposta da Pedrotti (1996) il
territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è compreso nella
Regione Eurosiberiana, Provincia dell’Appennino, Settore dell’Appennino Umbro –
Marchigiano – Abruzzese.
Il territorio del Parco, nella sua parte meridionale, si pone a contatto con la
Regione Mediterranea.
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La collocazione geografica indubbiamente, concorre in maniera determinante ad
accrescere la diversità floristico-vegetazionale dell’area come alcuni altri fattori
ambientali determinanti, quali la diversità litologica e pedologica, nonché l’altitudine
rilevante non riscontrabile in alcuna altra parte dell’Appennino.
Ciò determina la coesistenza, in un’area relativamente ristretta, di comunità
vegetali di tipo mediterranee con specie e fitocenosi del piano subalpino ed alpino.
Un elemento di studio in geobotanica sono i Piani Altitudinali: essi possono essere
definiti come fasce altimetriche aventi caratteristiche climatiche omogenee laddove
si instaurano tipi di vegetazione molto simili.
Nel Parco si distinguono quattro piani altitudinali che sono:
-
Piano collinare, che va dal fondovalle fino ai 900 m s.l.m., le cui formazioni
vegetali caratterizzanti sono rappresentati, per quello che concerne i boschi da
querceti a Roverella (Quercus pubescens) e formazioni a dominanza di Carpino
nero (Ostrya carpinifoglia) ed Orniello (Fraxinus ornus). Entro questa fascia si
collocano anche le leccete extrazonali (Quercus ilex) e le formazioni di
sostituzione ad esse legate. Per quanto concerne le praterie è questa la fascia
dominata dagli xerobrometi. La vegetazione potenziale è qui stata per la gran
parte sostituita dalle colture.
-
Piano montano, compreso tra i 900 e i 1800 m s.l.m., la cui formazione vegetale
caratteristica è rappresentata dalla faggeta, il bosco maggiormente rappresentato
in Appennino con Fagus sylvatica dominante, ma con varie specie di aceri, olmi e
frassini. Le praterie sono qui rappresentate da vegetazioni inquadrabili nella
classe Festuco-Brometea, con presenza di interessanti vegetazioni steppiche
dominate da differenti specie di Stip (Stipa sp.pl.), ma anche praterie mesofile.
Nelle vegetazioni steppiche sono da ricordare due endemismi puntiformi:
Goniolimon italicum e Astragalus aquilanus.
-
Piano subalpino, compreso tra i 1800 e i 2300 m s.l.m., la cui vegetazione è
caratterizzata da praterie di altitudine come seslerieti, cariceti e festuceti, e da
formazioni vegetali con arbusti contorti. Attualmente quest’ultima tipologia di
vegetazione, si riscontra solo in maniera residuale in alcuni tratti della fascia
considerata. E’ costituita essenzialmente dal Ginepro nano (Juniperus nana), Uva
ursina (Arctostaphylos uva-ursi), Ranno alpino (Rhamuns alpinus) e qualche altra
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specie. Ben rappresentate sono invece in questa fascia le brughiere a Mirtillo
nero (Vaccinium mirtyllus) e Falso mirtillo (Vaccimium gualtheroides), che sui
Monti della Laga costituiscono un orizzonte ben individuabile e tipizzabile, mentre
sul Gran Sasso appaiono estremamente localizzate e legate a particolari
condizioni edafiche.
-
Piano alpino, che si estende oltre i 2300 m s.l.m. la cui vegetazione si caratterizza
per la presenza di tundre, vallette nivali, ghiaioni delle alte quote, praterie
discontinue su suoli strutturati. Questo è il piano bioclimatico nel quale si
concentrano molte specie reliite glaciali ed endemiche.
-
Tutte le praterie che si sviluppano al di sotto del limite ecologico del bosco e che
hanno un’origine antropica sono dette secondarie.
Nei
piani bioclimatici alpino e subalpino si localizzano le comunità vegetali
relittuali e molte delle specie endemiche e con areali disgiunti di notevole interesse
fitogeografico, peraltro non assenti anche alle quote più basse.
La vegetazione disposta secondo il gradiente delle condizioni ambientali
riscontrabili nei differenti piani altitudinali è chiamata zonale.
A questa si deve aggiungere la vegetazione azonale che caratterizza le rive e le
sponde degli specchi e dei corsi d’acqua. Specie tipiche di questa vegetazione sono
Pioppi (Populus sp. pl.), salici (Salix sp.pl.) ed Ontano (Alnus glutinosa).
La vegetazione extrazonale ha la cui caratteristica di instaurarsi per fattori
microclimatici ed edafici locali, in contesti ambientali generalmente estranei
all’effettivo areale di distribuzione delle principali specie che la caratterizzano, come
ad esempio le leccete che si riscontrano nel territorio del Parco.
Aspetti faunistici
Su richiesta dell’Ente Parco, sono state effettuate diverse ricerche specifiche sulla
fauna, finalizzate alla determinazione dello status e distribuzione di specie rare e
minacciate, nonché l’individuazione degli aspetti gestionali nell’ottica della redazione
del Piano del Parco.
Per la redazione del piano si e tenuta in debito conto della presenza delle
seguenti entità faunistiche:
16-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
•
Specie presenti nelle Direttive Comunitarie Habitat (92/43 CEE) e Uccelli
(79/409 CEE concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli
viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati
Membri) e trattati internazionali (Washington e Berna);
•
Specie in declino e incluse nella Lista Rossa Nazionale o nelle Liste Rosse
Regionali;
•
Specie endemiche, stenocore o ad areale frammentato e relittuale.
Per queste specie sono stati individuati i siti riproduttivi, le aree di alimentazione o
di caccia e i siti di svernamento.
Sono stati presi, inoltre, in considerazione tutti i dati in fase di acquisizione
derivanti dalle ricerche in corso.
Dalle ricerche effettuate e dagli studi acquisiti risulta che nel Parco sono presenti
oltre trecento specie di vertebrati di cui 22 specie di pesci, 14 specie di anfibi, 16
specie di rettili, 51 specie di mammiferi e oltre 200 specie di uccelli.
Di seguito, segue una breve analisi del quadro faunistico del Parco.
Nella seguente disamina del quadro faunistico del Parco, per tutti i taxa sono
state considerate sia le specie autoctone, che quelle alloctone derivanti da
introduzioni storiche e recenti per fini venatori e di pesca, o da fughe da allevamenti
di tipo amatoriale e industriale.
Tra gli uccelli, oltre alle specie nidificanti, stanziali e migratori sono stati
considerati anche i non nidificanti, cioè gli svernanti, gli estivanti e quelli
esclusivamente migratori.
Tra i pesci, si riscontrano 8 specie alloctone e 14 autoctone; per queste ultime tra
le più interessanti citiamo la Lasca (Chondrostoma genei) e la probabile presenza
del ceppo autoctono della Trota fario (Salmo trutta macrostigma).
Non si riscontrano al momento specie alloctone tra l’erpetofauna e la
batracofauna. Per i rettili l’entità zoologica più saliente è rappresentata dalla Vipera
dell’Orsini (Vipera ursinii). Diverse sono le specie rilevanti per gli anfibi tra cui
ricordiamo il Geotritone italiano (Speleomantes italicus), la Salamandrina dagli
occhiali (Salamandrina terdigitata ) e l’Ululone a ventre giallo (Bombina pachipus),
quali specie endemiche e il Tritone alpestre (Triturus alpestris) e la Rana temporaria
(Rana temporaria) quali specie relitte.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Nel gruppo dei mammiferi otto sono le specie che sono scomparse in epoca storica
recente, e cioè: la Lontra (Lutra lutra), la Lince (Lynx lynx), l’Orso (Ursus arctos
marsicanus), il Cinghiale (Sus scrofa), il Capriolo (Capreolus capreolus), il Cervo
(Cervus elaphus) e il Camoscio (Rupricapra pyrenaica ornata).
Riguardo all’effettiva presenza storica della Lince c’è ancora discordanza tra
diversi autori per cui eventuali progetti di re-introduzioni dovrebbero essere evitati,
anche se si hanno diverse segnalazioni che accertano ormai la presenza del felide.
La presenza attuale del Cinghiale, del Capriolo e in minor misura del Cervo deriva
da re-introduzioni effettuate negli ultimi 20-30 anni a fini venatori.
Le sporadiche segnalazioni di Orso sono frutto di un lento processo di
ricolonizzazione da parte di esemplari irradiatisi dalla popolazione presente nel Parco
Nazionale d’Abruzzo, mentre la Lontra attualmente è ancora assente dal territorio del
Parco.
Per quanto riguarda la Lepre (Lepus europaeus), si dovrebbe verificare l’effettiva
presenza e distribuzione del “ceppo” autoctono ed eventuali interazioni con “ceppi”
alloctoni introdotti ai fini venatori.
Tra le specie di maggiore interesse scientifico e biogeografico presenti prima fra
tutte va ricordato il Camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), il cui nucleo
deriva da un progetto di reintroduzione effettuato nei primi anni novanta.
Tra le altre specie si menzionano il Lupo (Canis lupus), il Gatto selvatico (Felis
silvestris), l’Arvicola delle nevi (Chionomys nivalis), il Toporagno appenninico (Sorex
samniticus).
Dell’importantissimo gruppo dei Chirotteri, cinque sono le specie certe riscontrate
nel territorio del Parco, quasi tutte considerate vulnerabili dal punto di vista
conservazionistico.
Tra gli uccelli solo il Fagiano (Phasianus colchicus) e la Tortora dal collare
(Streptopelia decaotto) sono di origine alloctona e, forse, anche la Starna (Perdix
perdix), che fu introdotta molto probabilmente dai Romani.
Più complesso per il gruppo sistematico degli uccelli fare delle comparazioni con
le presenze ornitologiche del passato.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Il Corvo imperiale (Corvus corax) era sicuramente presente fino ai primi anni del
dopoguerra; da alcuni anni si osserva qualche esemplare su alcune località del Gran
Sasso.
Un’altra specie presente fino a pochi anni fa era il Gufo reale (Bubo bubo) di cui
ora non si hanno dati certi e documentati. La presenza storica documentata si ha
anche per il Gipeto (Gypaetus barbatus) ed il Picchio nero (Dryocopus martius).
Di tutte le specie potenzialmente presenti, circa 77 sono quelle stanziali, 57 sono
quelle migratici comunque nidificanti e 74 sono prevalentemente migratrici, che si
fermano, cioè solo per brevissimi periodi di tempo nel territorio del Parco, ma non vi
nidificano.
Ad oggi circa 134 sono le specie nidificanti e circa 74 quelle non nidificanti.
Tra queste molte sono le specie interessanti quali l’Aquila reale (Aquila
chrysaetos), il Pellegrino (Falco peregrinus), il Lanario (Falco Biarmicus), il Gracchio
alpino (Pyrrhocorax graculus) e corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), il Fringuello
alpino (Montifringilla nivalis), la Coturnice (Alectoris graeca), il Succiacapre
(Caprimulgus europaeus), la Balia dal collare (Ficedula albicollis), il Picchio rosso
mezzano (Picoides medius), il Martin pescatore (Alcedo atthi), l’Averla piccola
(Lanius collurio).
Numerose sono le specie di invertebrati di notevole interesse scientifico, che
spesso per le loro esigenze ecologiche specifiche evidenziano con la loro presenza
un’ottima qualità dell’ambiente.
In tale gruppo sistematico
si riscontrano ventuno specie endemiche del
territorio del Parco, di cui quattro sono esclusive dei Monti della Laga e diciassette
del Gran Sasso.
Gli endemiti della Laga sono: Ophylus osellai, Anostirus gudenzii, Otiorhynchus
vestinus, Otiorhynchus osellai.
Gli endemiti del Gran Sasso Sono: Neobisium fiscelli, Taeniopteryx n. sp.,
Ephipiger zelleri melisi, Cophopodisma lagrecai, Glyptobothrus monticola,
Psophus stridulus samniticus, Tryonymusscaramellai, Leistusglacialis relictus,
Quedium corallis niger, Haenydra gracilis samnitica, Otiorhynchus abruzzensis,
Troglothynchus
angelinii,
Plinthus
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pubescens,
Gymnetron
alboscutellatum
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
atratulum, Ceutorhynchus pinguis, Ceutorhynchus nanoides, Ceutorhynchus
bifidus.
1.1.4 Gli usi del suolo
La principale fonte utilizzata per la realizzazione della cartografia di uso del
suolo è la carta prodotta nell'ambito del progetto europeo “Corine - Land Cover”.
Tale limite è stato in parte superato, integrando la carta Corine con i dati delle
carte regionali in scala 1:25.000 e, quindi, con una risoluzione considerevolmente
superiore. Per alcuni aspetti specifici, di rilevante interesse, si è fatto ricorso anche
alla lettura delle ortofotocarte in scala 1:10.000.
Di seguito si riportano i dati relativi all'uso/copertura del suolo nel territorio del
Parco, come rilevato dal progetto Corine - Land Cover.
DESCRIZIONE
Aree a pascolo naturale e praterie di alta quota
AREA (Ha)
%
34282
23,92%
Aree a vegetazione boschiva ed arbustiva in evoluzione
5434
3,79%
Aree con vegetazione rada
7972
5,56%
Aree estrattive
79
0,06%
Aree industriali o commerciali
17
0,01%
Aree occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali
2805
1,96%
Bacini di acqua
1264
0,88%
Boschi di conifere
1783
1,24%
Boschi di latifoglie
68814
48,02%
Boschi misti
1451
1,01%
Brughiere e cespuglieti
7471
5,21%
Cantieri
10
0,01%
Ghiacciai e nevi perenni
29
0,02%
153
0,11%
Prati stabili
1770
1,23%
Rocce nude, falesie, rupi ed affioramenti
6328
4,42%
Seminativi in aree non irrigue
2745
1,92%
608
0,42%
69
0,05%
229
0,16%
Oliveti
Sistemi colturali e particellari complessi
Tessuto urbano continuo
Tessuto urbano discontinuo
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
La tipologia di uso/copertura del suolo prevalente è il "bosco di latifoglie", che si
estende per complessivi 68.814 ha pari a circa il 48% del territorio del Parco. La
distribuzione di boschi risulta essere piuttosto eterogenea, evidenziando tre grosse
aree forestali: una lunga fascia boscata lungo il versante orientale del massiccio del
Gran Sasso e due vaste aree piuttosto compatte, di cui una si sviluppa lungo la valle
del fiume Vomano e l’altra interessa il versante settentrionale ed orientale dei Monti
della Laga.
Molto estese sono anche le "aree a pascolo naturale e le praterie di alta quota",
che occupano circa il 24% del territorio. Concentrate principalmente nel versante sud
- occidentale del massiccio del Gran Sasso, dove solo i pascoli dell’altopiano di
Campo Imperatore si estendono per più di 10.000 ettari, sono comunque presenti
anche sui Monti della Laga, dove occupano tutte le aree al di sopra dei 1750 m slm.
E', invece, ridotta l'estensione delle aree interessate da usi agricoli, individuate
nelle classi "seminativi in aree non irrigue", “sistemi colturali e particellari complessi",
“aree occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali”, "prati stabili" ed
"oliveti", che nel complesso occupano circa il 5,6% del territorio. In realtà tale dato
appare sottostimato, specie nel versante teramano del Parco e ne dà conferma la
lettura della carta di uso del suolo della Regione Abruzzo in scala 1:25.000. Le aree
interessate da usi agricoli sono distribuite in modo piuttosto eterogeneo su tutto il
territorio del Parco concentrandosi, però principalmente a ridosso dei confini. E’
comunque evidente la presenza all’interno del Parco di alcuni comprensori a più
spiccata vocazione agricola, per la concentrazione delle varie forme di uso agricolo
del suolo e soprattutto dei seminativi, come la conca di Amatrice e la piana di
Capestrano. Le aree di interesse agricolo assumono però caratteristiche e funzioni
diverse nelle varie zone.
1.1.5 Le attività agricole e zootecniche
In riferimento alle attività agricole, le informazioni acquisite consentono di
effettuare alcune valutazioni che, seppure di carattere generale, sono comunque
importanti.
Nelle aree più marcatamente montane, coincidenti con i due massicci montuosi
del Gran Sasso d’Italia e dei Monti della Laga, la forma di uso prevalente è
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
rappresentata dai pascoli permanenti, mentre del tutto marginale risulta l’incidenza
dei seminativi. Tale situazione ha indirizzato negli anni le attività primarie
prioritariamente verso la zootecnia estensiva, praticata in prevalenza attraverso
l’allevamento ovino e in parte bovino da carne.
L’allevamento ovino è praticato prevalentemente con greggi transumanti e solo
marginalmente in forma stanziale con piccoli allevamenti a conduzione familiare.
La tendenza attuale è comunque quella di una forte e rapida riduzione
dell’allevamento ovino in genere, e una leggera tendenza alla trasformazione degli
allevamenti da transumanti in stanziali. La transumanza, un tempo effettuata da
allevatori locali verso la Puglia e il Lazio e, in parte, le Marche, è attualmente, specie
per il massiccio dei Monti della Laga, di tipo locale, con greggi che si spostano verso
le aree basso collinari e di pianura della stessa provincia o regione.
In relazione alla utilizzazione dei pascoli, anche in considerazione della forte
riduzione del carico di bestiame degli ultimi anni, la densità dei capi presenti non
pare eccedere, in linea di massima, rispetto alle potenzialità foraggiere dei vari
comprensori pascolivi. Tuttavia ciò non esclude che a livello locale possano esserci
situazioni di sovraccarico, col conseguente impatto sul cotico erboso, come
evidenziato per esempio in uno studio specifico per l’area del Voltigno. Situazioni
peraltro determinate non tanto dal numero assoluto di capi presenti, comunque in
forte riduzione, ma dalla tendenza alla concentrazione delle greggi nelle aree di più
facile e rapido accesso, in relazione alle mutate esigenze di vita dei pastori.
Lo squilibrio nella utilizzazione dei pascoli a livello locale manifesta poi i suoi effetti
nelle aree meno accessibili, dove è l’assenza di pascolamento a determinare
modificazioni anche sostanziali nella composizione del cotico erboso, con
conseguente perdita di quella diversità biologica, sia vegetale che animale legata
all’utilizzo pascolivo. Tali fenomeni dovranno essere, quindi, attentamente monitorati
nel tempo, in modo da individuare modelli di gestione capaci di perseguire la
conservazione della risorsa pascolo sotto i molteplici aspetti, alleggerendo nei casi di
sovrapascolamento i carichi eccessivi presenti ed incentivando un’utilizzazione
minimale nelle situazioni di abbandono.
Diverse sono le forme di utilizzazione agricola del territorio nelle zone
pedemontane e collinari, che rappresentano le aree periferiche del Parco
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
caratterizzate dalla prevalenza delle colture cerealicole e foraggiere sulle altre
tipologie colturali e dalla presenza, fra le attività zootecniche, dell’allevamento bovino
da carne e da latte che, in alcuni comprensori, assume notevole rilevanza
economica.
Per le aree più intensamente coltivate emergono caratteri profondamente diversi
nei vari versanti, sia in relazione agli ordinamenti colturali e alle tipologie di
allevamento praticate, che alle forme di gestione aziendale. Tali differenze hanno,
inoltre, un riflesso importante sulla formazione di diverse tipologie di paesaggio
agrario, uniche nel loro genere, generate dall’applicazione di tecniche colturali di
tradizione secolare. La loro conservazione assume un ruolo strategico nella gestione
complessiva del territorio del Parco, anche in considerazione delle diverse specie
dell’avifauna legate alla loro presenza.
Certamente il versante del Parco dove si riscontra la presenza diffusa di
un’agricoltura di tipo professionale è quello laziale, con particolare riferimento alla
conca di Amatrice. Si rileva qui, alla base dei Monti della Laga, una vasta zona quasi
pianeggiante, intensamente coltivata a cereali e foraggiere, con presenza di
numerose aziende agricole professionali ad indirizzo zootecnico con bovine da latte,
in
genere
a
conduzione
diretta
e
di
dimensioni
considerevoli.
E’ l’unica area del Parco dove l’agricoltura può essere definita di tipo
professionale.
Altra zona interessante dal punto di vista produttivo agricolo è rappresentata dalla
piana di Capestrano. Si tratta di un piccolo comprensorio agricolo in parte
pianeggiante ed in parte collinare, che si sviluppa sostanzialmente a partire dalle
sorgenti del fiume Tirino, a Capo d’Acqua, lungo il primo tratto del fiume stesso, ed è
compreso tra l’abitato di Capestrano da un lato ed i monti Scarafano e Picca
dall’altro.
La zona pianeggiante è coltivata prevalentemente a cereali e foraggiere, mentre si
riscontra una presenza diffusa dell’olivicoltura nell’area collinare.
C’è poi la vasta fascia pedemontana che interessa tutto il versante orientale del
massiccio del Gran Sasso (dal comune di Isola del Gran Sasso (TE) fino al comune
di Pescosansonesco (PE) con piccole aree al confine del Parco, destinate
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
prevalentemente a colture foraggiere avvicendate, dove si riscontra una presenza
ancora significativa di piccoli allevamenti a conduzione familiare di bovini da carne.
Una sua specificità presenta, infine, tutto il versante settentrionale ed orientale dei
Monti della Laga, dove è ormai del tutto scomparsa l’attività agricola professionale
(se si fa eccezione per la pastorizia, peraltro quasi esclusivamente transumante) e gli
spazi un tempo destinati alla coltivazione sono, ormai da decenni interessati da
fenomeni diffusi di ricolonizzazione da parte della vegetazione spontanea.
1.1.6 Gli aspetti forestali
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga si caratterizza per una
notevole diversità delle cenosi forestali, difficilmente riscontrabile in altri ambiti
territoriali. Questa grande varietà è la conseguenza sia della diversità litologica e
pedologica che dei fattori orografici, mesoclimatici e geografici che si rinvengono nel
Parco. A questi si aggiunge anche il fattore umano, che ha contribuito in maniera
determinante ad accentuare l’eterogeneità forestale: si pensi alla diffusione dei
castagneti o al diverso uso e governo dei boschi.
L’indagine sui boschi del Parco è stata compiuta attraverso l’analisi della carta di
uso del suolo “Corine Land Cover”, le carte di uso del suolo delle tre regioni in cui è
compreso il territorio del Parco, le ortofotocarta e attraverso l’interpretazione dei piani
di gestione disponibili per le province di Teramo e Pescara che coprono una quota
non troppo estesa ma comunque rappresentativa della superficie forestale.
Successivamente nel 2005, è stato avviato uno studio su base fitosociologica che
attualmente copre circa 30.000 ettari dell’area protetta relativamente al Distretto
turistico ambientale “Strada Maestra” in scala 1:25.000. E’ inoltre stata redatta per
circa 80.000 ettari la Carta della Natura in collaborazione con l’ARTA Abruzzo sulla
base della legenda di Corine Biotopes in scala 1:50.000.
L’interpretazione delle diverse categorie assestamentali ha comunque consentito,
almeno per cinque degli otto piani di gestione disponibili, di classificare i boschi in
base alla funzione economica prevalente, in tre differenti categorie di gestione:
•
boschi con prevalente funzione produttiva;
•
boschi con prevalente funzione protettiva;
•
boschi destinati alla conservazione ed evoluzione naturale.
24-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Tale analisi ovviamente non fornisce informazioni sulla totalità della superficie
forestale, ma solo su quella coperta dai cinque piani di gestione per i quali è stata
possibile una interpretazione omogenea delle informazioni.
Sarebbe stato opportuno classificare i boschi anche in base alla forma di
trattamento. Ciò non è stato possibile, considerata la eterogeneità dei criteri con i
quali sono stati redatti i singoli piani di gestione. Per tali aspetti, data la difficoltà ad
addivenire in tempi brevi ad una precisa individuazione cartografica, si è preferito
effettuare una esatta individuazione tipologica degli elementi da assoggettare ad uno
speciale regime di tutela, includendoli in una specifica lista articolata come di seguito:
•
Nuclei relittuali o esemplari isolati spontanei di Abete bianco;
•
Nuclei relittuali o esemplari isolati di Betulla;
•
Faggete miste con Abete bianco;
•
Faggete con rilevante presenza di Tasso e Agrifoglio;
•
Boschi di forra con Tiglio, Olmo montano, Frassino maggiore e Aceri;
•
Boschi a dominanza di Carpino bianco;
•
Boschi ben conservati di Roverella e/o Cerro;
•
Boschi vetusti o primordiali con grandi alberi;
•
Vegetazione ripariale legnosa a Salici, Pioppi, Ontano e Frassino meridionale;
•
Leccete e formazioni di sostituzione (macchia e gariga);
•
Esemplari secolari anche isolati delle varie specie arboree ed arbustive.
Un’indagine specifica è stata condotta sui rimboschimenti, attraverso la richiesta di
dati agli enti che ne hanno curato la realizzazione e attraverso una indagine specifica
in campo, volta sia alla loro individuazione cartografica che al rilievo delle specie
impiegate, dell’età dei popolamenti, dello stato fitosanitario e della necessità di cure
colturali. Tale indagine ha consentito l’inserimento di tali formazioni in uno specifico
elaborato cartografico.
La superficie forestale del Parco si estende complessivamente per ha 72.048, di
cui circa il 95% occupata da boschi di latifoglie, interessando circa il 48% del
territorio. Si caratterizza per la presenza di aree forestali molto compatte ed estese
nelle zone pedemontane e montane, che costituiscono una fascia boscata continua
lungo tutto il versante orientale del massiccio del Gran Sasso, nonché altre due vaste
aree boscate di cui una si sviluppa lungo la valle del fiume Vomano e l’altra interessa
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
i versanti settentrionale ed orientale dei Monti della Laga, e per un certo grado di
frammentazione laddove il bosco si alterna ai coltivi, alle aree prative e agli abitati,
conferendo al paesaggio forestale un assetto a mosaico assai suggestivo e creando
un contesto ambientale molto ricco e variegato. E’ questa una situazione ricorrente
alle quote più basse, specie sul massiccio dei Monti della Laga.
Nel complesso i boschi del Parco sono rappresentati prevalentemente da faggete
spesso con presenza di Abete bianco, Tasso e Agrifoglio. L’Abete bianco è presente
con soggetti isolati e in piccoli nuclei in diverse aree. Le presenze più significative si
riscontrano comunque nella Selva di Cortino, a Tossicia, nel Bosco della Martese,
nella Foresta Demaniale di Codaro Campiglione e nel versante nord-occidentale di
Monte Pelone e Colle Romicito, in destra orografica del Rio Castellano. Rara la
presenza della Betulla, riscontrabile con qualche stazione sui Monti della Laga. Sulla
catena dei Monti della Laga, alle quote più basse, alle faggete si sostituiscono gli
estesi castagneti di impianto antropico e le quercete a cerro e roverella, mentre sul
Gran Sasso si riscontra anche la presenza di orno-ostrieti, qualche cerreta in
situazioni edafiche particolari (Macchia Grande di Assergi), quercete a roverella e
leccete extrazonali.
La forma di trattamento prevalente è il ceduo.
Le foreste demaniali
Le foreste demaniali nel Parco si estendono per complessivi 1633 ha. Si riporta
una breve descrizione di ognuna delle 5 foreste del Demanio regionale ricadenti nel
territorio del Parco.
Foresta demaniale di Codaro Campiglione
Si tratta di circa 320 ha di bosco di proprietà dell'ex A.S.F.D. nel Comune di
Crognaleto (TE), nel versante settentrionale del Gran Sasso. E' compresa tra le
quote di 1050 e 2100 m slm. La vegetazione è costituita da un fittissimo bosco di
faggio e in parte da aceri e abeti bianchi. Si tratta di una delle faggete meglio
conservate dell'Appennino abruzzese.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Foresta demaniale di S. Gerbone
Si sviluppa sulla pendice Sud, che dal M. Libretti degrada verso la Valle del Rio
Castellano, ed è compresa tra le quote di 998 e 1800 m; confina a Sud con il
Torrente Castellano e ad Ovest con il fosso Nero.
Si estende per complessivi 410 ha di cui 305 ricadenti nel territorio del Comune di
Acquasanta Terme (AP) nella Regione Marche, e 105 nel Comune di Valle
Castellana (TE), nella Regione Abruzzo.
La foresta, eccezionalmente ben conservata, è caratterizzata dalla presenza di
faggio nella parte più alta e da un bosco misto, costituito da grossi esemplari di olmo
montano, acero di monte, tiglio, rovere, cerro, nocciolo e faggio nella parte più bassa,
che secondo Pedrotti formano una nuova associazione denominata Aceri-Ulmetum
montanae.
I pascoli sono caratterizzati prevalentemente da Nardus stricta, al quale si
associano anche Poa violacea, Anthoxantum odoratum, Poa alpina e Brachypodium
pinnatum. L'area riveste anche un estremo interesse faunistico per la presenza del
lupo e di numerose altre specie sia di mammiferi che di uccelli.
Foresta demaniale Roccatagliata
Copre una superficie complessiva di 483 ha, nel Comune di Bussi sul Tirino (PE),
occupati quasi esclusivamente da rimboschimenti realizzati tra gli anni ‘50 e ‘60. Le
essenze resinose utilizzate sono diverse: pino d’aleppo, pino silvestre, pino nero,
pino radiata, cedro dell’Atlante, ecc..
Foresta demaniale Monte Picca
Si estende per complessivi 209 ha, nel Comune di Pescosansonesco (PE),
occupati da pascoli cespugliati, cedui di faggio, cedui misti con presenza di carpino
nero, acero montano, roverella e frassino, nonché un rimboschimento a pino nero.
Foresta demaniale Colle Sant’Angelo.
Si estende per una superficie complessiva di 211 ha, nel Comune di Castiglione a
Casauria (PE) occupati da rimboschimenti e cedui di faggio. In alcune aree il faggio è
sostituito dal leccio e dal carpino nero.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Le altre foreste demaniali, considerata la presenza cospicua di rimboschimenti e la
necessità di promuovere interventi di rinaturalizzazione del bosco, sono state incluse
in zona di riserva generale.
1.1.7 Le infrastrutture di mobilità
Sono state prese in considerazione le seguenti tipologie stradali esistenti:
autostrade, superstrade, strade statali e strade provinciali.
Le analisi hanno evidenziato la presenza di una fitta rete infrastrutturale viaria
all’interno del sistema territoriale del Parco.
L’infrastruttura di maggiore importanza per l’accesso a chi proviene da fuori
regione è risultata, indubbiamente, l’autostrada Roma-L’Aquila-Teramo (A24).
Questo canale autostradale, unitamente al tratto della A25 Roma-Pescara, che
transita nelle Gole di Popoli tra la catena del Gran Sasso e quella della Majella,
possiede la potenzialità di un forte sistema di relazioni tra l’area Romano - Tirrenica e
l’area Adriatica.
Di grande importanza è anche la SS N° 80 del Gran Sasso d’Italia, che
attraversando il Passo delle Capannelle (m 1299), consente il collegamento tra i
territori di due province, quella teramana e quella aquilana.
Rilevante è anche la SS N° 151 (tratto da Montesilvano a Penne e prosecuzione
per Farindola), utilizzata frequentemente per l’accesso dal versante pescarese ai
settori montuosi sud-orientali. Da Farindola (PE), la strada sale fino a Rigopiano e al
Valico di Vado di Sole (m 1621), da dove si aprono ampie vedute su Campo
Imperatore, sul Vallone d’Angora e sulla Piana di Voltigno.
A valle di Capestrano (AQ), alcuni percorsi viari di grande interesse paesaggistico
e storico raggiungono Calascio (AQ), Castel del Monte (AQ) e Forca di Penne (m
918), per poi discendere e raggiungere i centri abitati di Brittoli e Corvara nel
versante pescarese.
La SS N° 17 dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica e la SS N° 5 Tiburtina
Valeria collegano le città di Pescara e L’Aquila e si integrano, nel fondovalle Aterno,
con la linea ferroviaria Terni-L’Aquila-Sulmona, che serve con numerose stazioni
diversi centri abitati, ma è notevolmente sottoutilizzata ai fini del pendolarismo e del
turismo.
28-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Il massiccio dei Monti Gemelli si raggiunge percorrendo da Teramo la SS N° 81
Piceno Aprutina in direzione di Ascoli Piceno.
L’antica SS N° 4 Via Salaria, che mette in comunicazione Roma con il medio
Adriatico, discende nella verde valle del Tronto, che divide il massiccio della Laga da
quello dei Monti Sibillini.
Da queste direttrici parte una fitta rete di strade provinciali, alcune con
caratteristiche di buona percorribilità e di alta qualità ambientale e paesaggistica, che
collegano i vari centri capoluogo del Parco.
E’ possibile utilizzare i collegamenti alti tra i vari centri, attraversando in auto tutta
la fascia pedemontana del versante orientale della Laga, con un percorso lungo e
tortuoso, ma di grande interesse paesaggistico, che partendo da Teramo tocca,
lungo la S.P. N° 48, i Comuni di Torricella Sicura (TE), Valle Castellana (TE), Rocca
S. Maria (TE), Cortino (TE), Crognaleto (TE) e che si conclude al bivio di Aprati sulla
SS N° 80, per la quale si può tornare a Teramo o proseguire per L’Aquila.
Un'altra strada è quella che da Aringo, frazione di Montereale (AQ), sale con
numerosi tornanti fino a Poggio Cancelli, per raggiungere poi il Lago di Campotosto.
Il lago si può raggiungere anche dalla SS N° 4 Via Salaria fino ad Amatrice (RI),
per poi prendere la SS N° 260 (da Amatrice (RI) a L’Aquila) e svoltando ad Aringo in
direzione di Campotosto (AQ). Oppure, dalla A24 Roma-L’Aquila–Teramo, uscita
Assergi, ci si può immettere sulla SS N° 80 per il Passo delle Capannelle e di qui
proseguire per Campotosto (AQ) lungo la SS N° 577, che costeggia tutta la riva del
lago.
1.1.8 La sentieristica
Sul territorio del Parco è rilevabile una radicata e fitta struttura sentieristica, che da
sempre è stata utilizzata per attività produttive umane.
La rete sentieristica considerata all’interno del territorio del Parco è composta dai
seguenti sentieri: Sentieri Escursionistici, Sentiero Italia e Sentieri Turistici.
I Sentieri Escursionistici sono percorsi già esistenti ed utilizzati: sentieri, tratturi e
mulattiere spesso di importanza storica, rivalutati e recuperati.
Le direttrici dei tratturi si dipanano sul territorio secondo una ricca e storica trama.
I tratturi, infatti, confluivano verso il Tavoliere di Foggia, la più grande pianura
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
dell’Italia meridionale, sostenendo quel movimento migratorio, stagionale - ormai
scomparso - di pastori e greggi, “la transumanza”, che tanta importanza ha avuto per
secoli nell’economia abruzzese.
I sentieri escursionistici corrispondono in gran parte con percorsi realizzati per
scopi agro-silvo-pastorali o di collegamento fra valli e paesi vicini o a sentieri di
acceso ai rifugi.
Il Sentiero Italia percorre l’intero arco montuoso del Parco arrivando dal Parco
Nazionale della Maiella biforcandosi prima del Gran Sasso, così da percorrere
entrambi i versanti, per poi riunificarsi a Pietracamela (TE), prima di iniziare la salita
lungo le alture della Laga ed allontanarsi verso il Parco Nazionale dei Sibillini.
L’insieme della rete sentieristica viene completato da una serie di itinerari che
raggiungono punti notevoli del territorio, vette o valichi e da percorsi più brevi e
accessibili in prossimità dei paesi. Tra questi i sentieri natura itinerari naturalistici di
breve durata, che si svolgono in zone di particolare interesse paesaggistico, botanico
e geologico.
I Sentieri Turistici sono sentieri recentemente ripristinati dall’Ente Parco e sono
itinerari di ambito locale, che si sviluppano nelle vicinanze di paesi o di località
turistiche.
E’ stato, inoltre, realizzato un collegamento per bici da montagna tra Cusciano
(TE), Cerqueto (TE) e Pietracamela (TE), al fine di indirizzare la pratica di questo
sport su sentieri che non rechino danno alla natura.
La maggiore densità dei percorsi nella Laga teramana rispetta la fitta dispersione
dei centri abitati, suggerendone anche il recupero in funzione di una ricettività diffusa,
con un basso impatto sull’assetto del territorio.
I percorsi di alta quota seguono direttrici ancora diffusamente utilizzate dalla
pastorizia. La rete escursionistica, pur essendo così estesa, viene usata in modo non
omogeneo, in quanto gli escursionisti percorrono di preferenza gli itinerari più noti,
con conseguente sovraffollamento di determinate zone che, spesso, coincidono con
le aree più delicate e vocate alla conservazione.
30-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1.1.9 La pianificazione paesistica
I Piani paesistici vigenti sono stati assunti come uno dei riferimenti principali per
articolare il territorio del Parco nelle aree previste dalla Legge 394/91 (riserve
integrali; riserve generali orientate; aree di protezione; aree di promozione), oltreché
come fonte informativa fondamentale per l’individuazione dei beni ambientali e
culturali da tutelare e valorizzare.
Sono stati approntati due elaborati grafici. Nel primo elaborato (Piani paesistici) è
riportata l’articolazione del territorio del Parco secondo le categorie di valore, tutela e
trasformabilità indicate nelle normative dei piani paesistici delle regioni Abruzzo,
Lazio e Marche.
Nell’elaborato “Piano paesistici comparati” si è tentata un’assimilazione delle zone
indicate nei tre diversi piani paesistici, secondo lo schema indicato nella seguente
tabella:
ABRUZZO
LAZIO
MARCHE
Conservazione integrale
Mantenimento
Eccezionale
Conservazione parziale
Mantenimento
con valore
trasformazioni Colturali
Trasformabilità mirata (B1) Trasformazioni discrete
Trasformabilità mirata (B2) Trasformazioni
(altissimo)
Rilevante (alto) valore
Qualità diffusa
discrete, Qualità diffusa
moderatamente accentuate
Trasformazione
condizionata
Trasformazione ordinaria
1.1.10 Elementi di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale
Dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale sono state considerate sia
alcune analisi contenute negli stessi, relative a caratteri insediativi e ambientali dei
territori del Parco e del contesto territoriale nel quale essi si collocano, sia gli
elementi progettuali rispondenti alle esigenze di organizzazione territoriale dell’area
protetta.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Teramo
Si è fatto riferimento ad alcune strade indicate nel Piano come strade primarie del
Parco o come direttrici di connessione tra i sottosistemi o di distribuzione interna ai
sottosistemi.
Tra le attrezzature di interesse generale meritano particolare attenzione gli
impianti sciistici di Prati di Tivo e di Prato Selva.
Importante anche il riferimento al Piano d’Area per il recupero dei centri storici
della Laga.
Sono state considerate le indicazioni del Piano provinciale relative a Civitella,
Campli, Montorio, Isola del Gran Sasso, Arsita.
Documento Programmatico Preliminare della Provincia de L’Aquila
E’ stata considerata la rifunzionalizzazione, potenziamento e completamento della
strada che collega l’uscita autostradale (A 24) di Tornimparte con Civitatomassa e
San Vittorino, funzionale per il Parco come strada di accesso alla Laga per chi
proviene da Roma.
La qualificazione paesaggistica delle strade Arischia - Campotosto - Poggio
Cancelli e di Barisciano - Calascio - Castel del Monte - Ofena - Capestrano è stata
considerata per la definizione del viabilità turistica principale del Parco.
Il potenziamento, come direttrice viaria principale, della SS 17 è stato recepito
nella considerazione della stessa come asse principale di raccordo e distribuzione
dei flussi per il Parco.
Sono state considerate anche le seguenti altre indicazioni:
- potenziamento della direttrice ferroviaria Roma – Avezzano - Sulmona;
- Funzionalizzazione del sistema ferroviario esistente L’Aquila – Rieti - Terni;
- Superstrada L’Aquila - Amatrice;
- Aeroporto turistico di Preturo (AQ);
- Eliporto nella stessa zona.
Sono state infine considerate tutte le indicazioni relative al sistema dei beni
naturali.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pescara
L’approccio generale ambientale fornisce buone indicazioni per corridoi ecologici
esterni al Parco e fa presupporre una possibilità concreta di realizzazione di buone
connessioni ambientali.
Il progetto specifico di strada dei due parchi è stato ripreso per la parte di
pertinenza della zona del Gran Sasso ed ampliato verso nord.
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Ascoli Piceno
Si è fatto riferimento ad alcune indicazioni per l’accessibilità esterna del Parco.
Il potenziamento della Salaria e la creazione della “Mezzina” da Offida a Castel di
Lama in connessione con il tratto abruzzese per Teramo, va a costituire un nuovo
asse di accesso al Parco.
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Rieti
Le possibilità di interrelazione proficua con il piano provinciale che sono state
assunte come elementi di riferimento per la redazione di quest’ultimo riguardano:
- il ruolo di “laboratori per una progettualità coevolutiva” assegnato ai parchi e alle
aree protette che insistono sul territorio della Provincia;
- la strategia di rilancio delle aree montane, basata sull’uso sostenibile delle risorse
naturali e territoriali;
- la strategia di valorizzazione attiva dei paesaggi agrari;
- la previsione di potenziamento e riqualificazione della linea ferroviaria Terni-RietiL’Aquila-Sulmona;
- il rapporto istituito tra processo di pianificazione e processo di comunicazione,
basato sull’attivazione di un’agorà virtuale territoriale.
1.1.11 Piano del Parco
Il Piano del Parco (articolo 12 della Legge 394/91) costituisce lo strumento
attraverso cui l’Ente Parco persegue i compiti ad esso affidati di tutela dei valori
naturali ed ambientali, nonché storici, culturali, antropologici tradizionali dell’area
protetta.
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Il Piano, in fase di elaborazione dei pareri a seguito delle osservazioni pervenute,
si integra come strumento di coordinamento pianificatorio con tutti gli altri strumenti di
pianificazione ambientale, paesistica, territoriale e urbanistica di ogni livello.
La zonazione è stata presa in considerazione come lo strumento attraverso il
quale la conoscenza scientifica del territorio viene tradotta nell’individuazione degli
spazi e forme di tutela atte ad assicurare l’integrità dell’ambiente e la sua fruizione.
L’individuazione delle differenti zone del Parco è risultata dalla presa in
considerazione contestuale delle caratteristiche di “naturalità” delle diverse aree del
suo territorio, nonché degli obiettivi di gestione principali perseguibili in ciascuna
area, conformemente allo stesso principio per cui, secondo la classificazione IUCN,
l’area protetta è identificabile come Parco Nazionale in base all’obiettivo di gestione
primario di conservazione dell’ecosistema e di utilizzo compatibile delle sue risorse
ambientali per scopi ricreativi, nonché di sostentamento delle comunità locali.
L’organizzazione territoriale del Parco è stata presa in considerazione come lo
strumento attraverso il quale si individuano: l’organizzazione insediativa del territorio,
le strutture funzionali per la gestione del parco, il sistema residenziale, turistico,
produttivo, le relative polarità di servizio; rappresenta, pertanto, lo strumento di base
per la gestione della politica del territorio.
1.2 Banca dati ed analisi statistica
1.2.1 Il Sistema Informativo Territoriale
Per una struttura, quale un Ente Parco, che trova la sua ragione di esistere nella
gestione di un territorio e dove molte decisioni che si prendono sono condizionate,
influenzate o dettate da fatti di natura geografica è, essenziale dotarsi di un adeguato
Sistema Informativo Territoriale (S.I.T.).
Trovandosi di fronte una quantità impressionante di dati di natura eterogenea,
diventa di fondamentale importanza avere un sistema che possa automaticamente
collegarli tra loro in un contesto di informazioni di natura economica, amministrativa,
spaziale, distributiva, previsionale, ecc.
Per far sì che tutto ciò sia alla portata di quanti necessitano di simili informazioni,
di fondamentale importanza è la raccolta continua di dati relativi ai vari settori
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
caratterizzanti le quotidiane attività lavorative all’interno degli uffici dell’ente e,
trattandosi di pianificazione territoriale ed ambientale, di dati geograficamente
analizzabili come fotografie aeree, carte topografiche, rilievi sul campo, studi e
ricerche nel territorio.
Nello stesso tempo non si deve trascurare la possibilità di scambio dei suddetti
dati con altri operatori del settore quali altri enti, liberi professionisti e singoli cittadini,
poiché solo quando tali informazioni vengono sfruttate e, di conseguenza, collaudate
dalla totalità delle utenze, si possono ottenere dei prodotti validi sotto tutti i punti di
vista.
Per far ciò occorre puntare su un sistema informatico snello, che consente una
memorizzazione dei dati nei formati informatici più diffusi, dotandosi d’attrezzature
alla portata della massa dell’utenza.
Di seguito sono descritte le scelte effettuate per la costruzione del S.I.T. in
relazione alla soddisfazione delle esigenze suddette.
Per le elaborazioni cartografiche ci si è avvalsi anche delle banche dati del
Sistema Informativo della Montagna (SIM) in dotazione al CTA/CFS di Fonte Cerreto
di Assergi (AQ). Il SIM per la sua architettura (infrastruttura telematica aperta
all’utenza internet) integra e rende fruibili le informazioni messe a disposizione da
amministrazioni
ed
enti
diversi
e
garantisce
l’interazione,
il
colloquio
e
l’interoperabilità con altri sistemi.
1.2.2 Raccolta dati
L’archivio cartografico è stato organizzato in un data base in continuo
aggiornamento, composto attualmente da 424 elementi cartografici classificati per
nome, scala, e tipo di riproduzione, che possono essere raggruppati nel seguente
modo:
-
Carta topografica IGMI 1:100.000
-
Carta topografica IGMI 1:25.000
-
Carte storiche IGMI 1:100.000
-
Ortofotocarta 1:10.000
-
Carta uso del suolo 1:25.000
-
Carta delle tipologie vegetazionali 1:100.000
35-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
-
Carte geomorfologiche 1:100.000
-
Carte sulla vincolistica
-
Carte delle aree protette
-
Quadri di unione dei fogli catastali di 44 comuni
-
Piani paesistici
-
Piani territoriali provinciali
-
Piani comunali
-
Piani di assestamento forestale
-
Carta della Natura scala 1.25.000 (copertura parziale relativa a circa il 20%)
-
Carta della Vegetazione scala 1:25.000
Le principali fonti cartografiche numeriche esterne sono:
-
Ministero dell’Ambiente
-
Regione Abruzzo
-
Regione Marche
-
Regione Lazio
-
Provincia di Teramo
-
ISTAT
Oltre all’archivio cartografico è stato organizzato in un data base un archivio di
lavoro in continuo aggiornamento costituito da minute di digitalizzazione e da
elaborazioni tematiche, composto attualmente da 98 elementi cartografici classificati
per nome, scala e tipo di riproduzione.
1.2.3 Struttura hardware e software del SIT
Hardware cpu-monitor:
-
PC SERVER monitor 15”
-
PC DB monitor 17”
-
PC SIT1 monitor 19”
-
PC SIT2 monitor 19”
-
MACINTOSH G3 per grafica monitor 21”
Hardware periferiche:
-
Scanner A4 hp cartaceo e diapositive
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
-
Scanner A4 hell cartaceo e diapositive
-
Scanner A0 livelli di grigio
-
Masterizzatore cd
-
Stampante A3 ink jet
-
Stampante A0 verticale anche a rullo ink jet
-
Stampante A0 orizzontale anhe a rullo ink jet
-
Camera digitale epson
Hardware rete:
-
Hub e rete eternet T base/100
Software di sistema:
-
Windows NT 4.0
-
Windows 95
-
Windows 98
-
MAC OS 8.6
Software office automation:
-
Office 97 professional su tutti i pc
-
FileMaker pro windows
-
OmniPagePro
-
Norton Utilities mac windows
Software per SIT:
-
Cad Image scanner A0 per immagini raster
-
Cad Overlay per georeferenziazione
-
AutoCAD Map
-
ArcCAD
-
ArcView
-
ArcPress for Arc View
Software grafico e dtp:
37-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
-
Adobe Photoshop mac windows
-
Adobe Illustrator mac windows
-
Adobe Streameline mac windows
-
Adobe Dimension mac windows
-
Adobe PageMaker mac windows
-
Adobe Acrobat mac windows
-
Adobe Acrobat Reader mac windows
Principali formati dei files utilizzati:
txt, doc, xls, dbf, fp3 dwg, dxf. Wmf, ai, psd, tif, jpg, bmp, shp, e00.
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1.2.4 Cartografia di base
NOME ELABORATO
FORMATO
Fogli I.G.M. al 100.000
Raster
Tavole della C.T.R. al 25.000 della Regione Abruzzo (ripresa anno 1986)
Ortofotocarte al 10.000 della Regione Abruzzo (ripresa anno 1992)
Raster
Raster
Carta Storica (1808)
Strumenti Urbanistici Comunali
Raster
Vettoriale
Aree S.I.C (Siti di Interesse Comunitario)
Piani di Assestamento Forestale (elenco degli enti)
Vettoriale
Vettoriale
Principale Avifauna (aquila reale, fringuello, gracchio corallino, falco
Siti di Presenza del Camoscio d’Abruzzo
Vettoriale
Vettoriale
Aree adibite a Campeggio
Perimetrazione del Parco ai sensi del DPR 5/6/1995
Vettoriale
Vettoriale
Confini Amministrativi dell’I.S.T.A.T.
Strade Critiche
Vettoriale
Vettoriale
Carta dell’Uso del Suolo delle Regioni Abruzzo (1:25.000) e
Detrattori Ambientali (cave, linee elettriche, cabine e siti di stoccaggio,
Vettoriale
Vettoriale
Carta Geologica
Interventi Finanziati (con relativa banca dati)
Vettoriale
Vettoriale
Orografia (Regione Abruzzo)
Mosaico dei Piani Paesistici delle regioni Abruzzo, Lazio e Marche
Vettoriale
Vettoriale
Rifugi (con relativa banca dati fotografica)
Centri Servizi
Vettoriale
Vettoriale
C.T.A/C.F.S. e relativi confini di competenza
Biotopi
Vettoriale
Vettoriale
Aree Agricole
Vegetazione
Vettoriale
Vettoriale
Connessioni Ecologiche
Struttura del Parco (viabilità, aree faunistiche, porte e terminali, ecc..)
Vettoriale
Vettoriale
Zonazione del Parco
Vettoriale
Organizzazione Funzionale del Parco
Studi sulla distribuzione del Cinghiale
Vettoriale
Vettoriale
Studi sulla distribuzione del Lupo
Vettoriale
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1.3 Obiettivi prioritari da difendere
In sintonia con quanto contenuto nella Legge quadro sugli incendi boschivi n.
352/2000, l’Ente Parco, istituzionalmente preposto alla tutela della natura in ogni suo
aspetto, persegue come obiettivo prioritario quello della previsione e prevenzione del
rischio piuttosto che impegnare ingenti risorse nella gestione delle emergenze e di
eventi calamitosi in atto che, comunque, per quanto si operi, non evitano profonde
perdite, soprattutto in termini ambientali.
Purtroppo, gli incendi avvenuti negli anni passati nel territorio dell’area protetta
impongono nuove considerazioni ed obiettivi aggiuntivi. Infatti, le vaste aree percorse
dal fuoco necessitano di quelle misure volte anche alla mitigazione dell’impatto
derivante da simili eventi calamitosi relativamente agli effetti negativi sulla
vegetazione, sulla fauna, sulla difesa del suolo nonché sull’impatto visivo e sul
paesaggio naturale.
Nell’attuale impostazione del Piano antincendio boschivo la totalità delle
azioni previste sono predisposte in funzione della riduzione della superficie
media
annua
percorsa
dal
fuoco
prevista,
obiettivo
da
perseguire
progressivamente procedendo, in via prioritaria ed in un periodo di cinque
anni, al contenimento totale degli incendi classificati, secondo il Reg. CEE
804/94, come colposi e dolosi.
In considerazione dei dati statistici relativi al periodo 1991-2007, annualmente il
territorio del Parco è interessato da incendi per una superficie media complessiva di
ha 08,94,00. Di questi, circa ha 05,62,00 sono classificabili come aventi origine
dolosa mentre ha 02,45,00 origine colposa.
Tale obiettivo prioritario dovrà essere raggiunto intervenendo organicamente su
tre livelli d’azione costituiti da obiettivi accessori individuati come: previsione,
prevenzione e lotta attiva.
Per quanto riguarda l’obiettivo accessorio della previsione verrà costruito un
modello che, sulla scorta delle informazioni relative ai vari aspetti del territorio
protetto, valuterà i dati climatici stazionali aggiornati per fornire indicazioni circa gli
indici di rischio settimanali o giornalieri.
40-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Gli interventi preventivi sono invece distinti in: A) indiretti cioè non strettamente
collegati a misure tecniche e B) diretti ossia costituiti da azioni specifiche puntuali o
areali all’interno dei vari ambiti territoriali di rischio.
Tra le forme di prevenzione indiretta vanno inserite le “campagne informative”
inserite all’interno di programmi di educazione ambientale da svolgere nelle strutture
dell’Ente come i Punti Informativi dislocati sul territorio e la realizzazione di una
opportuna segnaletica e cartellonistica di avvertimento dei rischi connessi allo
sviluppo degli incendi e delle procedure di segnalazione di tali eventi calamitosi.
Gli interventi preventivi diretti sono da considerare il corpo centrale degli
interventi di lotta contro gli incendi boschivi previsti nel Piano antincendio del Parco
Nazionale.
Questi sono costituiti dalle seguenti misure specifiche: manutenzione della
viabilità forestale; approvvigionamento idrico; piazzole di atterraggio dei mezzi aerei;
interventi selvicolturali; formazione degli operatori.
Infine, per quanto riguarda la lotta attiva sono previste le seguenti azioni:
sorveglianza; avvistamento; procedure di allarme, coordinamento operativo;
procedure operative e mezzi di lotta.
Sintesi degli obiettivi del Piano AIB del Parco Nazionale
Obiettivi
Misure
Azioni
“riduzione della superficie media annua
Prioritari
percorsa dal fuoco prevista”
Previsione
Realizzazione di un modello previsionale
indiretta
Campagne informative, segnaletica del
Parco
Viabilità forestale
Prevenzione
Accessori
Approvvigionamento idrico
diretta
Piazzole di atterraggio
Interventi selvicolturali
Formazione
Sorveglianza
Avvistamento
Lotta attiva
Allarme
Coordinamento operativo
Procedure operative e mezzi di lotta
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Nell’ambito del Piano antincendio boschivo del Parco Nazionale del Gran Sasso e
Monti della Laga sono state individuate le attività prioritarie necessarie a completare
il panorama delle informazioni di base di supporto alla definizione degli interventi da
pianificare sul territorio.
A partire dal 2002, anno di avvio di questa pianificazione ai sensi della Legge
352/2000, il Piano prevede l’Integrazione dell’archivio incendi su tutto il territorio del
Parco.
Questa attività comporta il completamento del progetto di archiviazione dei dati forniti
dal Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato in
occasione degli eventi calamitosi registratisi nel corso dell’anno.
Le attività programmate a partire dal 2003 hanno previsto sia il completamento degli
elementi di base su cui estendere le indagini che l’elaborazione dei dati richiesti dalle
Linee Guida ai fini della zonazione del territorio del Parco.
Le attività previste sono riportate di seguito nella loro successione logica e
temporale.
1) Classificazione dei carichi di combustibile e cartografia dei modelli di
combustibile
Per realizzare la “Carta del probabile comportamento del fuoco” è indispensabile
trasformare la “Carta della copertura forestale” definendo il tipo, il carico e la
distribuzione di combustibile su cui applicare eventualmente i modelli di previsione
del comportamento del fuoco.
Deve quindi essere avviata la redazione delle “Carta del carico di combustile” e
conseguentemente programmata l’attività di analisi dei modelli di combustibile.
2) Definizione delle zone di interfaccia urbano-foresta
Una volta definite le tipologie di combustibile, sulla base della “Carta delle tipologie
forestali” potranno essere realizzate prove di simulazione di comportamento del
fronte di fiamma per giungere così alla definizione della pericolosità specifica.
Si procederà infine ad analizzare la distribuzione e la concentrazione dell’interfaccia
urbano-foresta su tutto il territorio del Parco, utile alla definizione degli interventi
idonei per ottenere una riduzione del rischio di incendio.
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
3) Gestione delle praterie.
Già dal 2002 è in corso un’indagine territoriale al fine di evidenziare l’ubicazione, le
caratteristiche dei pascoli e la regolamentazione del carico animale. Sulla scorta
delle informazioni da esso derivanti, si programmeranno opportuni criteri di
coinvolgimento di Enti pubblici e privati nella gestione del territorio e nel
mantenimento dei presidi produttivi montani anche attraverso incentivi economici.
4) Elaborazione dei dati richiesti dalle Linee Guida.
Sulla base dei documenti cartografici e delle banche dati incendi verrà completata la
fase di analisi ed elaborazione delle informazioni indispensabili ai fini della redazione
dei criteri di intervento e di previsione degli incendi boschivi.
A) Zonazione attuale del rischio di incendio.
La disponibilità dei dati di base alla scala adeguata consentirà di
analizzare i fattori necessari per la definizione della zonizzazione attuale.
La definizione della zonizzazione attuale consentirà l’individuazione di aree
omogenee per problematiche pirologiche presenti correlate all’uso del
suolo.
Le indagini necessarie per l’identificazione delle zone a diverso grado di
rischio incendio, saranno estese a tutta l’area protetta. Qualora possibile o
strategicamente rilevante si potrà tenere conto anche delle zone contigue
che si reputano significative per l’attività di prevenzione.
I parametri che verranno analizzati ex novo o che verranno integrati e
completati sono quelli di seguito riportati:
B) Caratteristiche fisiche e biologiche del territorio
La distribuzione territoriale delle aree a diversa suscettività agli incendi è
stata inizialmente realizzata sulla base del confronto delle conoscenze,
floristiche e vegetazionali, di uso del suolo e infrastrutturali. Ci si propone
di completare l’indagine acquisendo dati circa le caratteristiche litologiche
e morfologiche dell’area protetta.
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
C) Fattori predisponenti
I fattori predisponenti il rischio del fuoco sono rappresentati dalle variabili
meteorologiche e topografiche e dalle caratteristiche della componente
vegetazionale degli ecosistemi. Sarà quindi necessario trasformare il dato
relativo alla tipologia di combustibile forestale.
E’ già stata avviata l’analisi del rischio derivato dalle variabili di
predisposizione attraverso la valutazione delle componenti spaziali e
temporali con particolare riferimento alla superficie comunale totale, al
numero totale di incendi per periodo, al numero di incendi con superficie >
di 15 ettari, alla superficie totale percorsa dal fuoco ed alla superficie
boscata percorsa dal fuoco. Queste informazioni dovranno essere
integrate con quelle riferibili alla latenza, all’indice di gravità, alla
percentuale di incendi volontari ed al rapporto superficie percorsa/durata
incendio. Ulteriori indagini sono previste per completare il quadro delle
conoscenze circa le variabili di rischio (meteorologiche, topografiche e
combustibili) ed i meccanismi di integrazioni delle variabili stesse.
D) Cause determinanti
E’ stata già approfondita l’analisi della componente antropica presente nel
Parco ed è stata realizzata la “Carta delle infrastrutture” potenzialmente
connesse
con
le
possibilità
di
innesco
degli
incendi.
Verrà
successivamente approfondita l’analisi delle relazioni tra densità viaria e
frequenze di incendio. Le diverse tipologie di cause verranno distinte sulla
base della classificazione degli incendi regolamentata dal Reg. CEE
804/94.
E) Aree a rischio con indicazioni delle tipologie vegetazionali
L’interrelazione degli indicatori di gravità e di pericolosità permetterà di
realizzare una zonazione del rischio statico su tutto il territorio del Parco.
Le diverse aree saranno poi riclassificate in:
- zone ad alto rischio: zone il cui rischio permanente o ciclico di
incendio di foresta minaccia gravemente l’equilibrio ecologico, la
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
sicurezza delle persone e dei beni o contribuisce all’accelerazione
dei processi di desertificazione;
- zone a medio rischio: zone in cui il rischio di incendio di foresta,
pur non essendo permanente o ciclico, può minacciare in misura
rilevante gli ecosistemi forestali;
- zone a basso rischio: tutte le altre zone.
F) Dati anemologici
Al momento non sono disponibili elementi sufficienti a garantire una
copertura spaziale omogenea del territorio del Parco essendo disponibili
studi di settore limitati ad aree specifiche.
G) Descrizione di Fire regime e Fire severity
Tali indagini consentono di rilevare il comportamento temporale degli
incendi nel territorio e l’incidenza che hanno sul territorio forestale. La loro
descrizione sarà possibile solo a completamento del date-base sugli
incendi avvenuti sul territorio del Parco.
H) Definizione della pericolosità e della gravità reale di incendio
La stima della pericolosità per ciascuna zona omogenea del territorio non è
stata ancora effettuata non disponendo di informazioni sufficienti circa le
tecniche di analisi multivariata dei fattori ambientali naturali ed antropici.
Ciò ha impedito di eseguire interventi di simulazione di incendio per
ottenere indicazioni sul probabile comportamento del fuoco e del miglior
intervento ipotizzabile.
L’uso combinato dei modelli di previsione del comportamento del fuoco ed
i dati meteorologici permetterà di redigere una “Carta del comportamento
atteso” dell’eventuale fronte di fiamma.
I) Zonazione di Sintesi
Sulla scorta delle prime informazioni disponibili è stata realizzata una
provvisoria “Carta del rischio da incendio” corrispondente alla zonazione di
45-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
sintesi. Questa, pur nella sua attuale validità, verrà modificata ed integrata
attraverso l’intersezione spaziale delle aree omogenee per pericolosità
degli incendi con le aree omogenee a gravità reale. Nel caso in cui
sussistano zone aventi pari valore, per stabilire la priorità degli interventi, si
ricorrerà al tempo di rotazione ed al tempo di ritorno degli incendi.
5) Zonazione degli Obiettivi
Il Piano AIB del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è stato
elaborato in piena armonia con le indicazioni fornite dalle Linee Guida, prediligendo
le attività di previsione e prevenzione oltre ad una gestione degli interventi tendenti a
mitigare gli effetti degli incendi. Nell’area del Parco l’obiettivo prioritario è quello della
“riduzione attesa di superficie media annua percorsa dal fuoco” attraverso tappe
successive di verifiche e correzioni.
Il periodo entro cui mantenere le linee pianificatorie per valutare i relativi risultati, in
particolare l’effettiva realizzabilità di tale obiettivo, è di 5 anni con revisioni annuali
per l’aggiornamento dei dati ed il controllo dei risultati delle azioni preventive. Per
questo motivo, nell’ambito delle zone omogenee, si stabiliranno una serie di
interventi diversamente modulati in funzione dell’impatto atteso oltre a quelli previsti
su generici per tutta la superficie del Parco.
Per ciascuna area omogenea verranno definiti i seguenti elementi: 1) impatto
sopportabile con il relativo impegno e costi per rispettarlo; 2) interventi di
contenimento del fuoco adeguati alle caratteristiche specifiche dell’area omogenea;
3) valore della superficie massima percorsa dal fuoco; 4) riduzione attesa di
superficie media annua percorsa dal fuoco (solo nel caso in cui non è possibile
raggiungere il valore di superficie percorsa dal fuoco massima accettabile nel periodo
di validità del Piano).
1.3.1 Biotopi di interesse floristico vegetazionale
Sulla base della “Carta dei biotopi di interesse floristico vegetazionale” sono state
individuate le seguenti tipologie vegetazionali o habitat considerate di interesse
prioritario nella difesa contro gli incendi boschivi:
1. Laghetti e stagni in quota su substrato calcareo
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
2. Castagneti monumentali
3. Residuo di abetina di Valle della Corte
4. Ambienti torbosi nell’area dei laghi Secco e della Selva
5. Boschi di S. Gerbone e alta Valle di Rio Castellano
6. Brughiera ipsofila con Vaccinium gualtheroides
7. Stazioni di betulle
8. Bosco Martese e Valle della Morricana
9. Aree cacuminali di Monte Gorzano e cime adiacenti
10. Alta Valle del Tordino ed ambienti sorgivi
11. Aree sopra Cesacastina
12. Aree sorgive e laghetto in quota di Monte di Mezzo
13. Ambiente umido nel territorio di Amatrice
14. Ambienti impaludati sulle rive del Lago di Campotosto
15. Abetina di Cortino
16. Abetina di Tossicia
17. Torbiere sul Rio Arno
18. Sorgenti e Torbiere di Fonte del Peschio
19. Aree cacuminali tra Monte Corvo e Corno Grande
20. Dorsale Monte Brancastello – Monte Tremoggia
21. Conoidi di deiezioni a Campo Imperatore con Matthiola italica
22. Stazione di Ononis rotundifolia
23. Stazioni di Adonis vernalis
24. Piano Carsico del Voltigno
25. Faggeta trattata a “difesa”
26. Bosco della Pelinca e Vallone d’Angora
27. Piano Buto e Viano con interessante vegetazione archeofitica tra cui Androsace
maxima e Falcaria vulgaris
28. Boschi con Abete bianco nell’alta Valle del Vomano
29. Vallone di S. Giacomo con Stazione di Daphne sericea
30. Fiume Tirino.
31. Boschi vetusti o primordiali in cui non vengono effettuate utilizzazioni da oltre
cento anni.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
32. Faggete con rilevante presenza di Tasso e Agrifoglio.
33. Boschi di forra con Tiglio, Olmo montano, Frassino maggiore e Aceri (TilioAcerion).
34. Boschi a dominanza di Carpino bianco.
35. Boschi ben conservati di Cerro e Roverella.
Sono stati censiti i monumenti arborei, gli individui vegetali legati ad eventi storici
o particolari ricorrenze culturali, nonché le specie arbustive con dimensioni rilevanti.
Naturalmente, sono stati tenute in debita considerazione le aree individuate dalla
Società Botanica Italiana, quali “Biotopi meritevoli di Conservazione” che di seguito
vengono elencati nella loro dizione originaria:
1. Monti della Laga
2. Gran Sasso d’Italia
3. Abetina di Cortino
4. Monte S. Franco
5. Prati di Tivo
6. Val Voltigno
7. Stazioni di Betulla
Per la regione Marche sono state tenute in debita considerazione le Aree
Floristiche Protette ai sensi della L.R. 52/74 e successive modifiche quali:
1. Monte Comunitore
2. Le Ciocche (Passo il Chino)
3. Monte Scalandro
4. Valle della Corte
5. Selva Piana
6. Macera della Morte
Sono state prese in considerazione le foreste demaniali ricadenti all’interno del
Parco di Proprietà delle regioni:
1. Foresta Demaniale Regionale di S. Gerbone (Regione Marche)
2. Foresta Demaniale Regionale di S. Gerbone (Regione Abruzzo)
3. Foresta Demaniale Regionale di Codaro-Campiglione (Regione Abruzzo)
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
4. Foresta Demaniale Regionale di Monte Picca (Regione Abruzzo)
1.3.2 Considerazioni floristiche
Alta è la percentuale delle entità floristiche endemiche che indubbiamente
rappresentano la peculiarità di maggior rilievo del Parco e nutrito risulta il contingente
delle specie a carattere relittuale, perlopiù dei periodi glaciali, originarie nella maggior
parte dei casi della zona artico-alpina o del comprensorio balcanico-est europeo.
Per quanto riguarda gli aspetti prettamente floristici, è stata prestata molta
attenzione alle entità rare, relittuali, endemiche ed in via di estinzione. Sono stati,
così individuati gli ambienti in cui queste specie crescono, gli areali distributivi
principali e disgiunti all’interno del Parco.
Grande rilievo è stato dato alle specie rare e in pericolo di estinzione inserite nel
Libro Rosso delle Piante d’Italia, nonché nelle Liste Rosse Regionali.
A riguardo è stata prestata attenzione anche per le piante elencate nelle
Convenzioni e Direttive Comunitarie come nei casi specifici delle convenzioni di
Washington (convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e
vegetali in via di estinzioni, firmata a Washington il 3 marzo 1973) e Berna
(convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale
in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979) e della Direttiva 92/43 CEE
(relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali e della flora e della
fauna selvatica).
Ovviamente sono state tenute in debita considerazione anche le specie a
carattere relittuale e quelle endemiche, le quali si concentrano essenzialmente nelle
fasce bioclimatiche alpine e subalpine, nonché negli ambienti steppici.
Nell’ambito di queste specie si è provveduto ad individuare quelle entità che
presentano gravi problemi di conservazione legate, essenzialmente all’attività
antropica, in quanto, si collocano in aree interessate da attività economica.
Si tratta essenzialmente di specie di ambienti steppici o parasteppici, le quali si
caratterizzano anche per un’accentuata stenocoria, si pensi ad esempio ad
Astragalus aquilanus, Goniolimon italicum o Adonis vernalis.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1.3.3 I Siti di Interesse Comunitario
Nel territorio del Parco sono stati individuati 32 Siti di Interesse Comunitario che si
riportano di seguito e distinti per regione.
Regione Abruzzo:
•
Monti della Laga e Lago di Campotosto
•
Gran Sasso
•
Monte Picca e Monte di Rocca Tagliata
•
Primo tratto di Fiume Tirino e Macchiozze di san Vito
•
Montagna dei Fiori di campli e Gole del Salinello
Regione Marche
•
Fiume Tronto tra Favalanciata e Acquasanta
•
Boschi ripariali del Tronto
•
Monte Comunitore
•
Umito – Valle della Corte
•
Macera della Morte
•
Foresta di S. Gerbone
Regione Lazio
•
Laghi Selva, Nero e Bosco di S. Egidio
•
Area Sommitale dei Monti della Laga (Lazio)
1.4 Modello organizzativo
L’organizzazione del Servizio Antincendio nel territorio della Parco Nazionale
del Gran Sasso e Monti della Laga dovrà, nel prossimo futuro, essere agganciata ai
Piani Regionali e Provinciali di prevenzione e difesa, nonché alle procedure di
intervento previste dal Servizio della Protezione civile.
Si ritiene fondamentale, comunque, l’istituzione di una vigilanza diretta ed attiva
nel territorio montano mediante il controllo visivo, eseguita da appositi punti strategici
di avvistamento in stretta connessione con gli organi di gestione dell’area protetta.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1.4.1 Organizzazione A.I.B.
L’organizzazione per l’antincendio boschivo, all’interno della quale si inserisce la
organizzazione dell’Ente Parco, è riassunta secondo lo schema seguente:
AIB – ORGANIZZAZIONE NAZIONALE
C.O.N. – CENTRALE OPERATIVA NAZIONALE
C.O.A.U. CENTRO OPERATIVO
AEREO UNIFICATO
C.O.R. – CENTRALE OPERATIVA REGIONALE
REPARTI OPERATIVI DEL
C.F.S.
C.O.A. CENTRO OPERATIVO
AEROMOBILI DEL C.F.S.
S.O.U.P. SALA
REGIONALE
OPERATIVA
UNIFICATA
PERMANENTE
VV.FF.
PARCO NAZIONALE DEL
GRAN SASSO E MONTI
DELLA LAGA
ELICOTTERO
REGIONALE
ORGANIZZAZIONI DI
VOLONTARIATO
Il compito di concorrere all’organizzazione degli interventi sul territorio regionale è
demandato alla SOUP Regionale ed alla COR/CFS.
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
L’Ente Parco, per gli eventi che interessano il proprio territorio, fa riferiemnto pertanto
alle citate strutture regionali. Il CTA/CFS, che per lo svolgimento delle funzioni
proprie del Corpo forestale dello Stato è inserito nel contesto della organizzazione
A.I.B. del CFS, è il tramite di collegamento tra il Parco e la COR/CFS.
Concorrono a tutte le operazioni di spegnimento a terra i Reparti Operativi del
CFS, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e tutte le organizzazioni di volontariato
tramite i propri associati adeguatamente formati.
1.4.2 Le stazioni antincendio
Il CTA/CFS di Assergi opera mediante la propria struttura che comprende personale
e mezzi dislocati nella sede sita in località Fonte Cerreto di Assergi e nei
16
Comandi Stazione su tutto il territorio del Parco.
Di seguito si riporta uno schema nel quale sono evidenziati il personale presente nei
vari uffici e le rispettive dotazioni di mezzi ed attrezzature:
Uffici del CTA/CFS
CTA
Assergi
L’Aquila
–
Nr
personale
20
C.S. di Assergi
5
C.S. di Campotosto
3
C.S. di Castel del
Monte
4
C.S. di Arischia
8
Mezzi per l’AIB in dotazione
Attrezzature
in
dotazione
Nr 20 DPI
Nr 1 Land Rover TD5
Nr 3 zappe accette
Nr 1 Land Rover D 110
Nr 1 Pick Up con modulo aib Nr 3 rastrelli
Nr 1 motosega
da 400 lt
Nr 1 autobotte 4x4 Iveco da
1000 lt
Nr 1 Autobotte Mercedes Benz
da 8000 lt
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 1 rimorchio con fotoelettrica
Nr 1 Land Rover D90
Nr 5 DPI
Nr 1 Land Rover TD5
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 3 DPI
Nr 1 Land Rover D90
Nr 1 Land Rover Pick Up con
modulo aib da 400 lt
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 1 rastro
Nr 5 rastrelli
Nr 1 flabello
Nr 3 badili
Nr 2 zappe accette
Nr 3 picconi
Nr 1 Land Rover D90
Nr 8 DPI
Nr 1 Land Rover TD5
Nr 5 pale
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
C.S. di Carpineto
della Nora
4
C.S. di Farindola
3
C.S. di Castelli
4
C.S. di Cortino
3
C.S. di Crognaleto
4
C.S. di Fano Adriano
4
C.S. di Pietracamela
3
C.S. dI Isola del Gran
Sasso
4
C.S. di Rocca Santa
Maria
4
Nr 2 flabelli
Nr 3 rastrelli
Nr 1 zappa accetta
Nr 1 piccone
Nr 3 roncole
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 2 pale
modulo AIB da 400 lt
Nr 1 rastro
Nr 1 Land Rover D90
Nr 3 DPI
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 4 flabelli
Nr 5 pale
Nr 1 rastro
Nr 5 rastrelli
Nr 5 zappe accette
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 Land Rover TD5
Nr 27 badili
Nr 3 flabelli
Nr 1 motosega
Nr 29 picconi
Nr 20 rastrelli
Nr 18 roncole
Nr 29 zappe accette
Nr 1 decespugliatore
Nr 1 Land Rover D90
Nr 3 DPI
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 5 pale
Nr 5 rastrelli
Nr 5 roncole
Nr 1 flabello
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 2 pale
modulo aib da 400 lt
Nr 1 rastro
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 6 rastrelli
Nr 15 picconi
Nr 15 zappe accette
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 3 flabelli
Nr 1 badile
Nr 1 rastro
Nr 2 zappe accette
Nr 1 Land Rover D90
Nr 3 DPI
Nr 1 FIAT Panda 4x4
Nr 1 flabello
Nr 2 pale
Nr zappe accette
Nr 1 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 3 pale
modulo aib da 400 lt
Nr 2 roncole
Nr 1 flabello
Nr 2 zappe accette
Nr 1 rastrello
Nr 2 Land Rover D90
Nr 4 DPI
Nr 1 Land Rover TD5
Nr 4 flabelli
Nr 12 zappe accette
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
C.S. di Amatrice
6
C,S, di S.Martino
d’Acquasanta Terme
5
C.S. di Arquata del
Tronto
2
Nr 6 roncole
Nr 6 DPI
Nr 1 pala
Nr 4 roncole
Nr 1 rastro
Nr 2 rastrelli
Nr 1 Land Rover D90
Nr 5 DPI
Nr 1 Land Rover Pick Up con Nr 5 roncole
modulo aib da 400 lt
Nr 5 flabelli
Nr 3 zappe
Nr 10 badili
Nr 2 Land Rover D90
Nr 2 DPI
Nr 1 Land Rover D90
Nr 1 Land Rover TD5
Tra i mezzi, a suo tempo resi disponibili dal MTTM, vi è anche nr 1 autobotte
con pompa
(VF20083) consegnata ai VV.FF dell’Aquila e da questi utilizzata,
invero, in piena autonomia per le attività istituzionali.
La lotta attiva da terra consente attualmente di realizzare una linea continua di
intervento con mezzi A.I.B. dotati di liquido estinguente/ritardante che va dalle grandi
autobotti fino ai moduli A.I.B. montati su mezzi fuori strada tipo pick-up.
Molte volte, in un incendio boschivo che interessa zone particolarmente
accidentate, alcuni luoghi sono raggiungibili solo da mezzi aerei o da squadre
antincendio boschivo (A.I.B.) a piedi dotate di soli attrezzi a mano e con l’evidente
impossibilità fisica di portare al seguito serbatoi di acqua da utilizzare per le
operazioni di spegnimento o bonifica.
I veicoli a terra oggi a disposizione del CTA/CFS ed elencati nella tabella di
riferimento, possono operare come segue:
autobotte Mercedes, solo su strade asfaltate o sterrate con fondo regolare
e di pendenza non elevata;
autobotte IVECO a trazione integrale (4x4) opera anche in fuoristrada,
purché il terreno non presenti particolari ostacoli e pendenze trasversali
medie;
pick up con modulo A.I.B. da 400 lt, pur essendo molto operativi, tuttavia
non possono accedere laddove la vegetazione o altri ostacoli impediscano
il passaggio o nel caso in cui occorra affrontare tratti a forte pendenza
verticale (oltre i 45°) o trasversale (oltre 35°).
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Va considerato inoltre che per i veicoli sopra citati bisogna sempre disporre di
un idoneo spazio al fine di mettere in atto tutte le manovre necessarie per la
sicurezza sia del mezzo sia degli operatori.
Recentemente è stato presentato un piccolo mezzo cingolato A.I.B. (Elfo 2.5), le
cui caratteristiche tecniche garantiscono una elevata operatività soprattutto nella
seconda fase dell’intervento finalizzata al controllo globale dell’incendio, nella terza
fase in cui si opera la bonifica del perimetro e dell’area percorsa dal fuoco e, infine
nella quarta fase finalizzata alla sorveglianza dell’area.
Tale operatività è stata direttamente testata dall’Ente Parco, per il tramite del
CTA/CFS, grazie alla disponibilità della ditta produttrice che lo ha reso disponibile in
comodato gratuito temporaneo proprio per testarne l’effettiva operatività.
Il CTA/CFS nella stagione estiva 2008 ha già avuto modo di verificarne la
efficacia sia nella fase di spegnimento come dilatazione della “ catena dell’acqua” sia
nella fase di appoggio di mezzi più grandi per il trasporto delle manichette, sia nella
fondamentale fase della bonifica ad incendio messo sotto controllo.
Alla luce della esperienza maturata negli ultimi anni e in special modo nella
terribile stagione del 2007 sarebbe opportuno aumentare il livello operativo all’interno
del territorio del Parco.
Ne consegue che, eventualmente in fasi successive in relazione alle possibilità
finanziarie, occorre potenziare la struttura del CTA/CFS mediate la fornitura di altri
mezzi A.I.B. secondo lo schema di seguito riportato:
Ufficio CFS
CTA di Assergi
C.S. di Rocca Santa Maria
C.S. Campotosto
C.S.Carpineto della Nora
C.S. S.Martino d’Acquasanta
Mezzo aib richiesto
Nr 1 Autobotte 4x4 da 4000 lt
Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto
Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto
Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto
Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto
Nr 1 modulo aib cingolato tipo “Elfo 2.5” con carrello trasporto
La spesa complessiva che necessita per il potenziamento per l’antincendio
boschivo è pari a 600.000 euro
Il modulo A.I.B. cingolato “Elfo2.5” è anche trasportabile su pick-up a passo
lungo o all’interno di un furgone trazionato 4x4, lo stesso modulo è anche
elitrasportabile.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Dunque per altri Comandi Stazione del CTA/CFS si ipotizza la dotazione di
Pick-up a passo lungo con modulo A.I.B. cingolato. Il numero previsto è di 8
automezzi con 8 moduli. Il costo previsto è di euro 500.000.
Un’altra criticità emersa durante la stagione 2007 è quella relativa alla gestione
delle squadre a terra. Si [verificato che sia il Direttore delle Operazioni di
Spegnimento, sia la SOUP e la COR/CFS non conoscessero l’esatta posizione di
quanti operavano
sulla scena dell’incendio con prevedibili conseguenze sulla
efficacia delle operazioni
Al fine di ovviare a tale inconveniente è stato realizzato un quadro operativo che
prevede l’utilizzo di particolari sistemi gps/gsm che consentono in modo automatico
la trasmissione al DOS ed alla sala operativa di tutte le notizie necessarie per una
corretta gestione globale dell’evento pirico.
Il sistema prevede l’installazione sui mezzi A.I.B.
di una apparecchiatura
gps&gsm che consente la localizzazione del veicolo A.I.B. (protezione civile, vvff, cfs)
attraverso Google Maps o altro software GIS.
Ogni mezzo del Corpo Forestale dello Stato, destinato alle operazioni A.I.B.,
deve essere dotato del sistema di rilevamento gps/gsm. Tale apparecchiatura
consente la localizzazione
e la trasmissione delle coordinate gps del mezzo ed
inoltre è possibile trasmettere, i dati relativi alle specifiche del mezzo stesso, la
capacità del serbatoio di acqua, quanto personale è a bordo, se è in fase operativa/
rifornimento/ spostamento/ termine operazione ed ogni altra notizia utile.
Tutti questi dati confluiscono sia al DOS e sia alla Sala Operativa e vengono
visualizzati su personale computer tramite Google Maps o altra idonea cartografia
digitale.
Ogni mezzo localizzato avrà degli indicatori visibili sul pc. In questo modo si
avrà l’esatta reale conoscenza della situazione delle squadre a terra e quindi
consentire una gestione ottimizzata dell’intervento.
Inoltre per
gli eventi pirici di una certa vastità si è verificato che non si
conosceva l’evolversi del fronte del fuoco. Tale mancanza di dati ovviamente ha
creato difficoltà per la gestione delle aeromobili e delle squadre a terra.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Anche in questo caso il problema può essere risolto mediante l’utilizzo di un
sistema operativo che prevede l’impiego di una macchina fotografica digitale dotata
di GPS montata su un elicottero dedicato.
Il velivolo
sorvola l’area interessata dal fuoco e tramite uno stazionamento
(overing) si scattano le foto e contemporaneamente mediante il GPS si rileva la
posizione. Le foto scattate e scaricate su un pc portatile dotato di connect card
possono essere trasmesse in tempo reale sia al DOS e sia alla Sala Operativa i
quali potranno visualizzarle con precisione su Google Maps o altro software GIS. La
trasmissione dei dati può essere effettuata sia direttamente sull’areomobile (quando
ciò è consentito) o successivamente al momento dell’atterraggio del velivolo e
comunque sempre in tempi ristretti.
Come è evidente, la possibilità di avere visivamente e con precisione la reale
evoluzione del fenomeno contribuisce notevolmente ad una puntuale gestione di
quanti operano per lo spegnimento dell’incendio.
Il costo previsto per la realizzazione del sistema illustrato è pari ad € 20.000,00.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
2 . PREVISIONE
2.1 Le cause determinanti ed i fattori predisponesti
Affinché un incendio si sviluppi, sono sempre necessari gli elementi che
costituiscono il cosiddetto "triangolo del fuoco", cioè il combustibile (paglia, legno,
etc.), il comburente (l'ossigeno) e la temperatura di combustione.
Mentre i primi due elementi sono sempre disponibili, la temperatura necessaria
all’accensione é presente solo in determinate condizioni.
Alle nostre latitudini ed, in particolare, per il territorio del Parco Nazionale del
Gran Sasso e Monti della Laga la possibilità di un simile evento in pratica non esiste.
Le cause naturali di incendio possono essere attribuite o alla concentrazione di
raggi solari attraverso una goccia di resina o di rugiada (evento quanto mai
improbabile e mai verificato direttamente) o all'accensione provocata da fulmini in
assenza di pioggia (fenomeno non raro che, comunque, non sembra essere causa
rilevante di danni).
Tutti gli altri fenomeni vanno attribuiti direttamente all'uomo, dividendo la
casistica in episodi accidentali, colposi e dolosi.
1) Cause accidentali
Un corto circuito, un motore che si surriscalda, le scintille di strumenti da lavoro,
possono alle volte costituire l’inizio di un focolaio. Gli incendi così causati vengono
definiti accidentali.
2) Cause colpose
La più frequente é la cicca o il fiammifero gettati dalle auto (nelle strade a
grande scorrimento lo spostamento d'aria creato dalle vetture può alimentare le
fiamme), ma anche i focolai da pic-nic lasciati incustoditi possono innescare
pericolosi incendi.
Ancora più frequente e con conseguenze estremamente pericolose, é l’abitudine
di eliminare le erbe infestanti appiccandovi intenzionalmente fuoco. Tale pratica, da
scoraggiare severamente, confina con il dolo, anche se applicata ingenuamente
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
talvolta anche da personale istituzionalmente preposto alla pulizia di strade o verde
pubblico.
3) Cause dolose
Come nel caso della "ripulitura" con il fuoco appena trattata, anche l’abitudine di
bruciare le stoppie residue dei raccolti di graminacee, rientra in una categoria che é
difficile da classificare come colposa o dolosa.
Il fuoco viene appiccato con intenzionalità, ma l’obiettivo della distruzione non é
quello di distruggere il bosco. Tuttavia, essendo quasi conseguente la propagazione
delle fiamme a dei complessi boscati confinanti con i coltivi incendiati, viene da
pensare che talvolta vi sia l'intenzione di guadagnare terreno coltivabile.
L'incendio delle stoppie é, spesso, la causa principale di incendio boschivo, e
seppure vietata, rappresenta una pratica assai difficile da eliminare. Il sistema che
sembra aver dato i migliori risultati é quello di un controllo preventivo accurato e
costante unitamente ad una campagna di informazione, specialmente fra gli
agricoltori più giovani, in cui si spieghi come il fuoco possa essere la causa principale
del depauperamento dell'humus e del degrado idrogeologico delle superfici coltivabili.
La pratica di togliere lo spazio al bosco per tramutarlo in pascolo é tipica di certe
forme di pastorizia, inoltre, in molte zone c'é l’uso consolidato di bruciare il fieno
seccatosi durante l’estate per favorirne la ricrescita alle prime piogge. Tale pratica,
seppure non così frequente come quella di bruciare le stoppie, é tuttavia quella che
provoca maggiori danni al patrimonio boschivo.
Mentre il contadino brucia le stoppie il più delle volte prendendo elementari
precauzioni che salvaguardino quantomeno la propria casa e le coltivazioni
ortofrutticole che la circondano, il pastore sceglie le condizioni metereologiche (vento
forte, siccità estrema, pendenza del terreno), che rendono l'incendio il più distruttivo
possibile. Per ridurre i rischi derivanti da tale pratica può essere utile capire
preventivamente quali saranno le aree colpite e mettere in atto opere difensive nei
confronti della vegetazione arborea circostante (ad esempio creazione di sterrati,
ripulitura delle fasce perimetrali, etc.)
A parte gli incendi appiccati per vendetta, ormai limitati alle zone più marginali
ed arretrate del nostro Paese, altri incendi per pura soddisfazione emotiva vengono
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____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
appiccati dai piromani. Senza entrare nella casistica psichiatrica e nelle
interpretazioni psicodinamiche di tale fenomeno, è un dato palese che esso viene
sempre causato da individui con equilibrio psichico assai precario e che sono quindi
facilmente individuabili (anche per l'ossessività ripetitiva dei particolari) e per questo
riportabili alla ragione senza ricorrere a misure estreme, che possono essere
comunque paventate al colpevole una volta individuato.
Più grave il problema delle discariche abusive, tollerate dalle amministrazioni locali,
alle quali qualcuno dà quasi sempre fuoco, magari per ridurne il fetore.
2.2 Le aree percorse dal fuoco
Uno degli elementi fondamentali nella prevenzione contro gli incendi boschivi è
rappresentato dalla conoscenza delle aree percorse dal fuoco distinte in base alla
loro origine presunta o accertata. Recenti studi hanno infatti dimostrato l’effettiva
relazione tra aree precedentemente percorse dal fuoco e l’innesco di nuovi fenomeni
incendiari sulle stesse.
L’alterazione dello stato dei luoghi, il depauperamento del substrato vegetale ed
il turbamento dell’equilibrio ecologico rendono questi
vulnerabili mancando quelle
che
sono le
terreni particolarmente
naturali forze
di resistenza
e
contrapposizione allo sviluppo dell’incendio.
Tali aree devono essere quindi considerate come particolarmente a rischio ed
opportunamente censite e monitorate.
A tal proposito, è stato elaborato un database contenente informazioni circa gli
eventi calamitosi accorsi negli ultimi 16 anni distinti per ambiti comunali e per origine
degli stessi.
Tale database dovrà essere aggiornato annualmente ed integrato con le
informazioni fornite periodicamente dal CFS.
Sono disponibili informazioni relative all’individuazione cartografica delle aree
percorse dal fuoco solo a partire dal 2001 e, di conseguenza, si è stata realizzata
una “Carta delle aree percorse dal fuoco” avente come anno di riferimento iniziale
il 2001.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Tale carta sarà utile per la definizione delle aree a rischio di incendio nonché
per l’individuazione degli eventuali interventi di ricostituzione boschiva ai sensi
dell’art. 10 della Legge 353/00.
2.3 Le aree a rischio di incendio boschivo
La conoscenza specifica dei sistemi forestali e delle essenze che li
costituiscono, permette di determinarne il grado di infiammabilità nell’arco di un
determinato periodo di durata dell’incendio, nonché prevedere la possibile direzione
verso cui si svilupperà il fronte principale. Selezionare la priorità dell’intervento di
spegnimento, tenendo conto di questi fattori, permette un’utilizzazione ottimale delle
risorse a disposizione e, conseguentemente, una maggiore protezione dei boschi.
E’ nell’intento di acquisire sempre maggior conoscenza dei meccanismi di
propagazione degli incendi che da qualche anno stiamo rivolgendo la nostra
attenzione alla vegetazione erbacea che viene coinvolta negli incendi. E’ noto a tutti
che essa ricopre il primo strato del terreno sul quale si sviluppano gli incendi e, nel
caso delle specie a portamento rampicante, arriva a determinare condizioni di
maggiore o minore propagazione del fuoco anche a livello di sottobosco o di medio
fusto. In pratica, stiamo valutando, specie per specie, quelle che durante il periodo
favorevole allo sviluppo degli incendi boschivi, mantengono una concentrazione
d’acqua nei tessuti fogliari, tale da costituire un fattore di ritardo nella combustione.
Si tratta di considerare l’acqua, in quanto fattore di diminuzione della temperatura di
combustione, non solo quando viene irrorata sulla superficie della vegetazione, ma
anche quando essa si trova al suo interno.
Nelle fasce perimetrali del bosco crescono più rigogliosamente specie erbacee
rampicanti come le Leguminose e le Convolvulacee, che, a causa dello sviluppo in
profondità degli apparati radicali, mantengono un tenore elevato di liquidi nelle parti
aeree che inibiscono la combustione. Le Caprifoliacee decidue e le Ranuncolacee a
portamento lianoso del genere Clematis, svolgono lo stesso ruolo anche all’interno
delle formazioni boscate. Nelle zone a gariga, nei cespuglieti e in ambiente prativo la
propagazione delle fiamme viene fortemente inibita dalle Liliacee soprattutto
dall’Asphodelus sp., dalle Composite (Artemisia vulgaris, Crysanthemum sp.,
Matricaria chamomilla, Anthemis mixta ), nonché dalle numerose specie che si
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
sviluppano a margine delle colture agricole intensive, tra cui, Chenopodium album,
Eliotropium europeaum, Urtica dioica, Portulaca oleracea. Un cenno particolare va,
inoltre, riservato alla Cuscuta ephytimum che cresce sui campi di stoppie dei cereali
limitando l’intensità degli incendi, che si sviluppano con assidua frequenza in tali
ambiti.
Le specie termofile con i diversi meccanismi che adottano per la conservazione
dei liquidi costituiscono, quindi, piccoli serbatoi naturali che sfruttano al massimo ogni
minima precipitazione o rugiada estiva, ogni residuo di umidità presente nel
sottosuolo garantendo isole o barriere più o meno estese in un periodo dell’anno in
cui le fitocenosi dell’area mediterranea attraversano il loro periodo più critico di
siccità.
Esistono anche delle condizioni particolari che consentono lo sviluppo di un
incendio. Se il fattore umano è quello che alle nostre latitudini comporta l’accensione
di un focolaio, affinché questo si sviluppi, sono necessari i tre elementi del triangolo
del fuoco. L’elemento maggiormente inibitore dei tre elementi è l’acqua. Questa
assolve sia la funzione di raffreddamento della temperatura di combustione che di
rendere indisponibile l’ossigeno. Appare, quindi, ovvio che la maggiore o minore
presenza d'acqua sia quella che prioritariamente influenza l’indice di rischio da
incendio boschivo. I parametri che determinano la presenza dell’acqua nei siti
vegetativi sono i seguenti:
a) Piovosità relativa: incide sull'umidità dei suoli, ove, attraverso l’apparato
radicale, viene fornita acqua ai tessuti fogliari;
b) Temperatura dell'aria: favorisce l’evaporazione dell’acqua dai suoli e dai
tessuti fogliari;
c) Ventosità: lo stesso che al punto b)
d) Esposizione solare: lo stesso che ai punti b) e c)
e) Struttura del suolo: la densità granulare dei suoli determina maggiore o
minore drenaggio degli stessi. Un terreno sabbioso non trattiene a lungo
l'acqua negli strati utili all'approvvigionamento delle piante. Un terreno
argilloso
(a
tessitura
finissima)
approvvigionamento durevole;
62-
consente
lunghi
ristagni
e
un
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
f) Periodo vegetativo: la parte aerea (fusti e foglie) delle piante erbacee si
rinnova annualmente e in determinate stagioni rimane come residuo privo di
liquidi;
g) Presenza di acque correnti e stagnanti di superficie: permette un
approvvigionamento idrico costante.
L’altro elemento del triangolo da considerare è la presenza di combustibile. Dato
che il fuoco si propaga dal basso verso l’alto e che parte sempre da materiale
facilmente infiammabile, l’indice sarà maggiore nelle fitocenosi dove sono abbondanti
i tre livelli di copertura vegetale del suolo, cioè piante erbacee, cespugli del
sottobosco e alberi.
E’ estremamente difficile assistere ad un incendio di chioma, che passa cioè
sulle cime degli alberi, se prima non si è sviluppato un forte incendio alla base della
vegetazione più alta.
Il terzo elemento, l’ossigeno, va considerato una variabile a causa dell’instabilità
atmosferica.
In base ai suddetti fattori riportiamo di seguito
un elenco delle fitocenosi
presenti all’interno del Parco Nazionale con la valutazione di massima degli indici di
rischio e delle difficoltà di spegnimento.
Macchia primaria sempreverde
Rischio elevato nel periodo estivo, aggravato dalla alta infiammabilità delle
essenze ricche di resine; alta difficoltà di spegnimento per l’intrico della vegetazione e
alto potenziale calorico sviluppato dalle essenze di alto fusto.
Gariga
Rischio molto elevato nel periodo estivo, per la maggior presenza di flora
erbacea secca. Inoltre, l’assenza di copertura arborea aumenta l’evaporazione dei
suoli. Difficoltà di spegnimento meno accentuata della precedente per minore
quantità di combustibile.
Steppa
Rischio elevatissimo per l’alta concentrazione di flora erbacea secca. Difficoltà
di spegnimento medio bassa per la scarsità di combustibile.
63-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Bosco deciduo misto
Rischio alquanto elevato nel periodo estivo, per la scarsa concentrazione
d’acqua nei tessuti fogliari e la presenza di piante erbacee in fase secca o
seccaginosa. Difficoltà di spegnimento moderatamente, elevate a causa della lenta
progressione delle fiamme dovuta alla relativa presenza di liquidi nei tessuti fogliari e
nelle essenze cespugliose ed arboree.
Bosco ceduo degradato
Rischio molto elevato nel periodo estivo per gli stessi fattori considerati per la
Gariga. Difficoltà di spegnimento abbastanza elevata.
Cespuglieti
Laddove prevale la ginestra comune va considerato il comportamento difficile di
tale essenza di fronte al fuoco. Lo scarso contenuto d’acqua delle sue foglie e l’alta
concentrazione di resine volatili fanno, di questa pianta, una delle essenze più
pericolose per gli operatori.
La ginestra comune, in presenza di un incendio, non prende fuoco con la
velocità delle altre piante; resiste alle fiamme per alcuni minuti, poi “esplode” quasi
come una bottiglia di benzina. La difficoltà di spegnimento, può considerarsi elevata e
deriva dalla necessità per l’operatore di evitare l’eccessivo surriscaldamento delle
essenze con opportuni getti d’acqua alla base e sulla parte aerea delle piante.
Per quanto riguarda i cespuglieti monotipici di Rubus e Prunus, il rischio è
subordinato all’altezza della flora erbacea secca e, comunque, quantificabile come
medio. Le difficoltà di spegnimento sono medio basse determinate, soprattutto, dalla
difficoltà di penetrazione attraverso i rami spinosi caratteristici di queste specie.
Praterie naturali
In genere si interviene in operazioni di spegnimento su tali fitocenosi, a causa
della preoccupazione che questo tipo di incendio possa dirigere il fuoco verso
formazioni boscate.
64-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Pertanto, e lo stesso principio valga per le stoppie di grano e per altri tipi di
residui vegetali infiammabili come il colza, qualora non ci sia contiguità tra tali
fitocenosi e le formazioni boscate e cespugliate è consigliabile solo un intervento di
controllo. Il rischio d'incendio è alquanto elevato. Le difficoltà di spegnimento, molto
basse ma, in genere, le superfici utilizzate a pascolo, come pure a coltivazioni di
cereali o Colza, sono molto estese.
Gli interventi in tali situazioni, vanno accuratamente selezionati e sono consentiti
solo se si è certi che rischi più gravi non incombano su fitocenosi più meritevoli di
tutela.
Ambienti palustri e ripariali
La flora che vegeta in tali ambienti non è particolarmente esposta a
deprivazione idrica nel periodo estivo, poiché non trae le sue risorse di
approvvigionamento dalla pioggia.
Tuttavia l’evaporazione fogliare dovuta alle alte temperature estive può rendere
vulnerabili le essenze igrofile in presenza di incendi che provengano da formazioni
vegetali ad esse attigui, come boschi decidui, pascoli e coltivi. L'indice di rischio
dipende dalla contiguità con tali habitat ed è comunque quantificabile come mediobasso. Le difficoltà di spegnimento sono analoghe poiché, sebbene le parti legnose
degli alberi coinvolti necessitino di quantità notevoli di acqua per essere spenti, le
fonti di approvvigionamento idrico (stagni, laghi fiumi e torrenti) sono vicinissime al
luogo dell'incendio.
La macchia di robinia
Sebbene la specie non meriti di essere particolarmente protetta quando brucia,
specialmente in prossimità delle sedi stradali, crea grossi problemi di sicurezza ed è,
pertanto, necessario affrontare l’incendio. L'indice di rischio è molto elevato con
difficoltà media di spegnimento, dato che la robinia non lascia crescere sotto di se
alcun sottobosco consistente.
Il castagneto
In generale, la collocazione geografica di tale formazione boscata è situata in
zone con piovosità relativa abbastanza costante anche nel periodo estivo.
65-
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Considerando anche la scarsità di sottobosco possiamo definire molto basso l’indice
di rischio e per le stesse caratteristiche molto bassa anche la difficoltà di
spegnimento.
La faggeta
Valga quanto detto per la fitocenosi precedente. A questi standard vanno
aggiunte due variabili. La prima è rappresentata dalla ventosità che insorge dopo che
l’incendio è scoppiato e, che può fornire apporto d’ossigeno influendo sulla difficoltà
di spegnimento. E’ il caso del forte vento di scirocco o di maestrale che perdurando,
in taluni casi per più giorni, portano alla distruzione di grandi complessi boscati. La
seconda variabile è la pendenza del terreno che, a causa della maggiore
progressione del fuoco dal basso verso l’alto, influisce sia sulla propagazione del
focolaio che sulla difficoltà di spegnimento.
2.4 I periodi a rischio di incendio boschivo
Sulla scorta dei dati statistici e delle informazioni fornite dal Corpo forestale
dello Stato, è stato possibile effettuare l’analisi dei dati relativi agli incendi avvenuti
nel Parco Nazionale nel periodo 1991 – 2007.
In questo periodo deve essere collocata anche l’istituzione della stessa area
protetta (1991) il cui Ente gestore inizierà ad operare dal 1996.
Dai dati si evince che il maggior numero di incendi si sono verificati negli anni
1993, 1997, 2001 e 2007 con cadenza quasi quadriennale.
Analizzando invece le statistiche riguardanti l’incidenza degli incendi nel corso
dell’anno, si osserva la presenza di due picchi distinti che possono farsi coincidere
con i mesi di marzo ed agosto. In particolare, il mese di agosto registra la massima
concentrazione annuale di incendi con ampliamento del periodo critico ai mesi di
luglio e settembre.
L’elevato numero di incendi che si verificano nel mese di marzo sono
sostanzialmente da attribuire a situazioni di errato controllo di incendi nell’ambito
delle normali pratiche agricole.
66-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Incidenza degli incendi nei mesi dell'anno (periodo 1991-2007)
60
50
n. incendi
40
30
20
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
mesi
Per quanto riguarda invece la classificazione degli incendi in relazione alla loro
origine accertata, ai sensi del Reg. CEE 804/94, oltre il 44% di questi può definirsi di
origine dolosa mentre solo al 20% è stata attribuita un’origine colposa.
Il 3,6% degli incendi può essere considerato come innescato per “cause
naturali”.
Facendo riferimento agli anni in cui si è registrato la massima incidenza di tali
eventi si osserva come, mentre nel 1993 erano preponderanti gli incendi di origine
colposa, nel 1997, 2001 e, soprattutto, nel 2007 aumentano drammaticamente quelli
di origine dolosa.
Anche lo studio dell’incidenza delle cause di incendio nei vari mesi dell’anno
confermano il doppio picco sopra accennato connesso al numero elevato di incendi
di origine dolosa.
67-
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1991
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembr
e
ottobre
novembr
e
dicembre
totale
1992
1993
1994
Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007)
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
4
0
1
0
1
0
0
2
0
7
3
0
2
2
9
4
1
0
0
4
0
0
1
0
2
2
1
2
0
1
0
0
0
0
0
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
5
2
1
0
1
3
1
3
0
1
1
4
5
1
7
6
0
4
1
0
0
1
0
1
0
0
0
0
5
6
1
0
1
2
0
0
2
4
1
1
0
2
7
0
0
2
0
0
0
0
9
0
0
2
0
1
0
0
0
0
1
0
0
5
1
0
0
0
0
0
0
8
4
0
0
0
0
0
0
2
0
0
17
0
0
18
0
1
12
0
0
9
2
0
8
0
0
26
0
0
13
0
0
1
0
0
12
0
0
23
0
0
13
0
0
15
68-
2006
0
1
3
4
0
0
0
0
5
1
1
1
0
0
8
4
totale
6
17
47
17
7
1
30
50
0
0
0
0
2
0
18
6
0
0
3
4
1
13
1
0
23
7
2
208
0
2007
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Andamento degli incendi negli anni (periodo 1991-2007)
30
25
N. incendi
20
Serie1
15
10
5
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Anni
69-
10
11
12
13
14
15
16
17
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Classificazione degli incendi boschivi in base alla loro natura ( Reg. CEE 804/94) nel periodo 1991-2001
natura
Dolosa
Colposa
Ignota
Naturali o n.cl.
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
1
1
2
3
3
3
12
6
1
11
1
6
10
3
1
0
3
2
0
1
0
8
4
1
5
5
12
6
0
0
0
2
2
1
0
0
0
0
0
0
totale
2
17
18
8
9
8
27
14
1
12
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
19
11
7
1
1
7
23
1
1
5
1
0
2
0
3
1
3
1
0
3
0
0
0
0
0
0
1
0
23
13
15
3
1
13
23
Numero di incendi per causa di innesco (periodo 1991-2007)
70-
totale
112
37
52
6
207
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine dolosa
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 TOTALI
6
gennaio
1
5
6
febbraio
2
1
1
0
1
1
22
marzo
1
1
5
2
1
8
1
1
1
1
8
aprile
1
1
1
2
2
1
2
maggio
1
1
0
giugno
21
luglio
1
3
1
2
1
3
1
1
8
31
agosto
2
4
1
3
2
1
6
6
2
4
9
settembre
1
6
2
2
ottobre
2
4
novembre
3
1
1
dicembre
1
totale
1
1
2
4
3
3
12
6
1
11
18
11
7
1
1
7
23
112
1991
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
totale
1
1992
3
1
Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine colposa
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
2
3
1
2
1
1
1
1
1
1
2005
3
2006
2007 totale
1
1
1
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
6
9
3
71-
2
0
2
2
0
1
1
1
5
1
0
2
0
0
6
16
2
1
0
5
4
1
1
0
0
36
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
1991
gennaio
febbraio
Marzo
Aprile
maggio
Giugno
Luglio
Agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
totale
2
3
1
1
2
1
1
2
1
2
1
1
1
1
2
1
1
2
1
4
1
2
2005
2006
0
8
3
0
4
5
2007 totali
1
1
1
1
1
1
1
2
2
1991
gennaio
febbraio
Marzo
Aprile
maggio
Giugno
Luglio
Agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
totale
1992
Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine ignota
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
1
11
5
0
0
3
1
2
1
0
3
Numero di incendi per mese e per anno (periodo 1991-2007) di origine non classificabile/naturale
1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
0
2007 totali
1
1
0
2
1
1
1
1
72-
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
0
0
0
0
5
7
4
4
1
4
8
6
4
3
0
46
0
0
0
1
1
0
0
1
2
0
0
0
0
5
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
2.5 Gli indici di pericolosità
L’obiettivo principale del Piano antincendio boschivo è quello di fornire utili
indicazioni progettuali per pianificazione, programmazione e realizzazione di tutte
quelle misure che l’Ente Parco dovrà mettere in atto in futuro, attraverso la preventiva
definizione ed individuazione di aree sottoposte al maggior rischio di incendio
boschivo, così da prospettare interventi rappresentati da misure di carattere
selvicolturale volte alla riduzione del rischio.
E’ opportuno affrontare quest’aspetto della gestione e tutela del patrimonio
boschivo dell’area protetta per organizzare, innanzi tutto, le misure preventive per
mantenere sotto controllo e diminuire tale rischio per l’ambiente.
La viabilità risulta diffusa capillarmente in tutta l’area protetta e se può
considerarsi sufficiente ai fini della difesa e dell’intervento in caso d’incendio risulta,
invece, necessaria la manutenzione dei tracciati e la regolamentazione degli accessi.
2.5.1 Metodologia
La letteratura disponibile nel campo della modellistica ambientale ed avente
come finalità quella di produrre uno schema in grado di sintetizzare all’interno di un
indice di rischio le caratteristiche climatiche, pedologiche, vegetazionali ed
antropiche, nell’ottica della prevenzione degli incendi boschivi, per quanto si sia
arricchito negli ultimi anni di riferimenti e studi mantiene comunque un certo grado di
sperimentazione in un territorio vasto come quello del Parco Nazionale del Gran
Sasso e Monti della Laga per diverse ragioni.
Innanzitutto, il reperimento dei dati, il più delle volte non omogenei tra loro, può
comportare l’eccessiva semplificazione degli stessi e, quindi, la loro perdita di
significatività.
Gli studi ambientali riportati in altri capitoli di questo lavoro evidenziano, inoltre,
il problema di fondo di avere una scala di dettaglio non uniforme per tutti i descrittori
rilevati e, ciò risulta evidente soprattutto nella fase di trasposizione di questi sulla base
cartografica.
Infine, le dimensioni notevolissime dell’area di indagine rendono difficile
l’interpretazione corretta dei singoli descrittori e delle relazioni esistenti tra questi in un
primo momento e con il rischio di incendio successivamente.
- 73 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
La redazione dello studio è scaturita dalla considerazione, purtroppo confortata
dai dati disponibili, che gli incendi sono legati alla natura dello strato vegetale
presente, oltre che a fenomeni di innesco riconducibile a cause antropiche.
Sulla scorta di queste valutazioni sono state approntate due analisi differenti.
Nella prima sono state valutate le caratteristiche d’infiammabilità legate alla copertura
vegetale presente all’interno dell’area protetta la cui rappresentazione cartografica è
risultata essere la cosiddetta Carta dell’infiammabilità.
Questa Carta attualmente recepisce anche gli approfondimenti di conoscenza
territoriale concretizzati con gli studi relativi alla redazione della Carta della
Vegetazione (su base fitosociologica, scala 1:25.000) e della Carta della Natura (base
legenda Corine Biotopes, scala 1:50.000). Le tipologie vegetazionali riscontrate
tramite gli studi sopra ricordati sono state raggruppate in base alla loro infiammabilità
secondo quanto descritto dettagliatamente nel paragrafo 2.3.
La nuova Carta dell’infiammabilità si arricchisce quindi, nella legenda, di
differenti tipologie vegetazionali.
Nella seconda analisi si è tenuto in considerazione la probabilità che l’innesco
dell’incendio possa essere legato alla serie storica degli eventi incendiari oltre che alla
presenza di infrastrutture come strade carrabili, linee elettriche, sentieri, rifugi ed aree
di sosta attrezzate: anche per questa seconda tipologia di dati, i risultati sono stati
rappresentati visivamente nella relativa Carta della probabilità di incendio.
Attraverso la sintesi delle due carte suddette si realizza la Carta del rischio di
incendio indicante le aree individuate a rischio per ciascuna delle quali si propone, in
ultimo, un piano di gestione attraverso interventi di selvicoltura e gestione del territorio
in piena sintonia con quanto previsto dal Piano del Parco e dal Regolamento del
Parco.
2.5.2 La Carta dell’infiammabilità dei boschi
Per quanto riguarda l’analisi dell’infiammabilità dei boschi saranno presi in
considerazione i seguenti parametri descrittivi riguardanti la copertura vegetale:
• Tipologia vegetale;
• Grado evolutivo;
• Naturalità.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Il primo descrittore “Tipologia vegetale” riguarda il tipo di copertura vegetale
presente sul territorio; per ragioni tecniche, è stata superata la naturale diversità
floristica e vegetazionale riunendo le varie classi di vegetazione presenti nell’area
protetta a 5 classi o raggruppamenti cui è stato successivamente attribuito un valore
numerico, espressione del maggiore o minore grado di infiammabilità del materiale
vegetale presente in relazione alla potenziale combustibilità (vedi Paragrafo 2.3).
Ai fini dell’elaborazione del presente piano è stata redatta una Carta della
vegetazione e su questa base sono state individuate le 5 tipologie di copertura del
suolo sopra descritte. Alcune aree, come già esposto, sono conosciute meglio di
altre. Queste ultime saranno oggetto di ulteriori indagini.
Le classi individuate ed il relativo punteggio attribuito sono riportati nella tabella
seguente.
Descrittore
Punteggio
Tipologia di uso del suolo
Praterie primarie
0
Faggete, castagneti, boschi di pioppo tremulo,
1
carpino bianco
Boschi misti di cerro e orno-ostrieti
2
Boschi di roverella, pascoli secondari, arbusteti
3
Boschi di conifere, macchia mediterranea
4
La vulnerabilità all’incendio, è stata considerata crescente passando dalle leccete
e dai rimboschimenti a conifere. Il valore indicato tra parentesi rappresenta l’indice
attribuito alla singola caratteristica del descrittore.
I centri abitati sono considerati, come le strade, indicatori di vulnerabilità a causa
dell’elevata frequentazione e sono stati oggetto di studio specifico nella Carta delle
interfacce urbano-foresta cui si rimanda..
Le leccete ed i rimboschimenti a conifere sono considerati vulnerabili agli incendi
perchè:
•
le leccete vegetano in climi di tipo mediterraneo con estati calde e secche, che
determinano
disidratazione
e
sottobosco;
- 75 -
condizioni
altamente
vulnerabili
per
il
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
•
le conifere sono essenze resinose, adattate a climi subaridi con buona
predisposizione all’incendio.
I boschi a roverella, i boschi misti ed i boschi di faggio sono sempre meno
vulnerabili in virtù delle condizioni climatiche ed edafiche, sulle quali vegetano le
faggete, in particolare, si instaurano su suoli profondi ed in aree con caratteristiche
climatiche di tipo oceanico, senza periodi di aridità estivo e con precipitazioni ben
distribuite durante tutto l’anno.
Le praterie secondarie possono considerarsi vulnerabili in virtù della presenza dei
culmi e delle foglie secchi dell’anno precedente; inoltre, vegetano in aree con clima
che presenta un periodo arido estivo con temperature a volte elevate. Sulle praterie
secondarie si innescano processi dinamici nella vegetazione che portano alla
formazione di arbusteti stabili, altamente infiammabili con differenti specie di ginestre
e ginepri.
I coltivi sono considerati poco vulnerabili in virtù delle “cure” che essi ricevono da
parte dei contadini, come estirpazione delle erbe infestanti ed asportazione dei
materiali disidratati, irrigazioni etc.
Le rocce nude ed i pascoli primari non sono infiammabili: le praterie primarie
vegetano ad alta quota con condizioni climatiche non favorevoli al divampare di
incendi: temperature relativamente basse, buona umidità edifica ed altrettanto buona
distribuzione delle precipitazioni.
Analogamente, si è proceduto per l’analisi del descrittore “grado evolutivo” in cui
si è tenuto in considerazione la forma di governo del bosco come indicatrice del grado
di naturalità dell’ambiente, del grado di antropizzazione e, quindi, dello stato evolutivo
della copertura vegetale.
Il descrittore e le relative classi e punteggi sono contenuti nella tabella
sottostante.
Descrittore
Punteggio
Grado evolutivo
Boschi misti e degradati
6
Boschi di latifoglie, cedui
4
Boschi di latifoglie, fustaie
3
Altre aree
2
- 76 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
La valutazione del descrittore “grado di naturalità” è stata effettuata
considerando, per le varie forme d’uso e copertura del suolo, il grado di
trasformazione impresso dall’uomo. In particolare, è stato attribuito il massimo grado
di naturalità alle forme di uso del suolo meno modificate dall’azione antropica e il
minimo grado di naturalità a quelle forme di uso del suolo con carattere prettamente
antropico.
Secondo tale criterio, il territorio del Parco è stato diviso in tre zone a differente
grado di naturalità.
In effetti, in quasi tutto il territorio del Parco, si riscontra la presenza diffusa di
vaste aree caratterizzate da forme d’uso e copertura del suolo ad elevato grado di
naturalità, inframmezzate spesso da piccole aree più intensamente interessate da
trasformazioni antropiche. In tali situazioni, si è generalmente optato per la
destinazione a zona di protezione, soggetta comunque a scelte gestionali
estremamente attente alla conservazione delle risorse naturali e, quindi, adeguate
alla conservazione della naturalità dei luoghi.
La presenza dei Siti SIC all’interno dei quali sono stati individuati particolari
habitat e specie animali e vegetali da proteggere o l’individuazione di biotopi
vegetazionali e floristici, evidenziano la ricchezza e la diversità biologica di tali
ambienti oltre alla loro vulnerabilità.
Questi, oltre a rappresentare elementi di evidente valore ecologico, ed in quanto
tali già riconosciuti come aree di interesse, costituiscono gli ambienti più fragili e
vulnerabili nei confronti degli incendi boschivi e
la
loro
compromissione,
comporterebbe enormi danni all’intero sistema ecologico e non solo del Parco in cui si
trovano.
In quest’ottica, al descrittore sono state attribuite le seguenti classi e punteggi:
Descrittore
Descrittore
Ricchezza vegetazionale
Grado di naturalità
Aree con assenza di siti SIC o biotopi
Aree
maggiormente
Punteggio
3
antropizzate
Aree con presenza di siti SIC o biotopi
Aree con naturalità intermedia
Aree con presenza di siti SIC e biotopi Aree di massima naturalità
riconosciuti
- 77 -
2
1
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Attraverso una semplice operazione di “overlay cartografico” (overlay del grado
evolutivo, valore ambientale e tipologie vegetazionali) è stato possibile sommare i dati
ottenuti con l’uso dei descrittori generando, così, una nuova informazione relativa al
grado di infiammabilità. I punteggi così ottenuti sono stati tradotti in percentuale per
essere poi confrontati con la classe di infiammabilità definita sulla base della
valutazione seguente.
Infiammabilità dei boschi
Valutazione
Classe di infiammabilità
Aree a bassa infiammabilità
0 – 33
Aree a media infiammabilità
34 – 66
Aree ad alta infiammabilità
67 -100
Il risultato di questa analisi può essere osservato nella relativa “Carta
dell’infiammabilità”.
2.5.3 La Carta della probabilità di incendio
Nella “Carta della probabilità di incendio”, invece, viene misurato il grado di
probabilità con cui un fenomeno di incendio potrebbe verificarsi.
Poiché si è stabilito a priori che l’intervento umano è un fattore determinante
nell’innesco di incendi di carattere sia accidentale che doloso, tale probabilità è stata
messa in relazione con la presenza di infrastrutture varie quali strade carrabili, sentieri
ed aree attrezzate per la sosta.
L’indice preso in considerazione per esprimere questa eventualità è definito
“indice di rischio”.
Per la redazione della Carta è importante conoscere le statistiche degli incendi
avvenuti in area Parco negli ultimi 17 anni ma, ancor più importante, è poter stabilire
in base ai dati raccolti l’indice di rischio. Ogni Comune avrà un proprio indice e, in
base alla maggiore o minore pericolosità, andranno approntate misure di prevenzione
e sicurezza.
La definizione di questo indice tiene conto sia di parametri legati a situazioni di
natura fisica del territorio che, legati alla tipologia delle diverse formazioni vegetali.
- 78 -
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Tutti gli elementi legati alla presenza umana: le attività svolte, il tipo di coltura, i
centri abitati, i flussi turistici costituiscono un ulteriore parametro da prendere in
considerazione, soprattutto, perché, la quasi totalità degli incendi è legata alle attività
umane.
Considerando il fatto che la rappresentazione dei parametri e dei fattori descritti
è data dal numero di incendi e delle relative superfici interessate, la determinazione
dell’indice di rischio può essere effettuata attraverso l’elaborazione e l’analisi dei dati
statistici relativamente ad un sufficiente numero di anni.
L’unità territoriale di riferimento per la valutazione dell’indice di rischio è
costituita dai singoli Comuni, in quanto, unità amministrative minime.
Sono stati presi in considerazione i tre parametri principali: 1) numero di incendi;
2) superficie media percorsa; 3) superficie massima percorsa.
Per ognuno dei suddetti parametri viene stabilita una matrice di tre classi e ad
ogni classe viene attribuito un indice numerico crescente come riportato nella tabella
seguente:
Numero di incendi
Superficie
Superficie
Indice
media
massima
<5
< 1 Ha
< 15 Ha
1
5 – 15
1-3 Ha
15-30 Ha
2
> 15
> 3 Ha
> 30 Ha
3
Per ogni Comune vengono sommati gli indici numerici ottenuti per ciascuna
matrice, considerando due volte quello relativo al numero di incendi. Il valore
complessivo viene diviso per tre (numero dei parametri considerati), ottenendo così
un valore assoluto compreso tra 1 e 3. Ad ogni valore assoluto si attribuisce una
classe di “indice di rischio”.
Al parametro “numero di incendi” viene attribuito un peso maggiore, pari a 2,
perché incide maggiormente, indipendentemente dalle superfici percorse, sulla
potenziale pericolosità di un determinato territorio per lo sviluppo degli incendi
boschivi.
L’indice determina, quando i valori dei parametri considerati superano le soglie
minime, l’instaurarsi delle condizioni predisponenti lo sviluppo degli incendi boschivi;
- 79 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
in tal caso scatta la segnalazione alle strutture locali per l’intensificazione dei controlli
sul territorio.
Indice di rischio dei Comuni del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
n.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
Comune
Arsita
Barisciano
Calascio
Cagnano_Amiterno
Campli
Carapelle_Calvisio
Castel_del_Monte
Castelli
Castelvecchio_Calvisio
Civitella_Casanova
Civitella_del_Tronto
Cortino
Corvara
Fano_Adriano
Montebello_di_Bertona
Montorio_al_Vomano
Montereale
Pietracamela
Torricella_Sicura
Tossicia
Brittoli
Carpineto_della_Nora
Pescosansonesco
Pizzoli
Rocca_S._Maria
Barete
Crognaleto
Farindola
Villa_Celiera
Accumoli
Bussi
Capitignano
Castiglione_a_Casauria
S._Stefano_di_Sessanio
Campotosto
Villa_S._Lucia
Acquasanta_Terme
Arquata_del_Tronto
Capestrano
L'Aquila
Ofena
Isola_del_Gran_Sasso
Valle_Castellana
Amatrice
Numero_incendi Superficie_media Superficie_max Indice di
rischio
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
1
1
2
1
1
2
1
1
2
1
1
2
1
1
3
1
2
1
1
1
3
1
1
3
1
2
2
1
1
3
3
2
3
1
1
3
3
1
3
3
3
2
1
2
3
2
3
3
1
3
2
2
2
3
3
2
3
3
2
3
3
3
3
2
3
3
2
3
3
3
- 80 -
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,7
1,7
1,7
1,7
1,7
2,0
2,0
2,0
2,0
2,3
2,7
2,7
2,7
2,7
3,0
3,0
3,3
3,3
3,3
3,3
3,3
3,7
3,7
4,0
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Indice
Ampiezza della classe
Moderato
Tra 1 e 1,6
Elevato
Tra 1,7 e 2,3
Massimo
Tra 2,4 e 4
Nella fase operativa, durante i periodi di maggior pericolo per lo sviluppo di
incendi boschivi, sarà elaborato un “indice di rischio giornaliero”. Tale indice, di
diversa natura rispetto al precedente, è determinato attraverso l’elaborazione dei dati
metereologici (temperatura del suolo e dell’aria, direzione e velocità dei venti,
precipitazioni, insolazione, ecc.), che potrebbero essere forniti dal servizio
agrometereologico dell’A.R.S.S.A. e dalle stazioni dislocate sul territorio del Parco.
Nella tavola precedente sono riportati i risultati di questa analisi, da cui si evince
che ben 20 Comuni sono da considerarsi a basso indice di probabilità di incendio,
mentre 10 Comuni sono da considerare a medio rischio.
Infine, 14 Comuni vengono considerati ad elevata probabilità di incendio
essendo stati nel recente passato interessati da eventi simili.
2.5.4 La Carta del rischio da incendio
La combinazione matematica e grafica delle “Carta dell’infiammabilità” e delle
fasce altimetriche sopra 1.500 m ha permesso di redigere una terza carta, che
rappresenta la sintesi delle due analisi tematiche sulla base delle combinazioni
possibili tra le valutazioni espresse precedentemente e riportate di seguito:
Valutazione incrociata dei parametri del rischio di incendio
Carta dell’infiammabilità
Carta della probabilità
Carta del rischio
Alta
Alta
Elevato e molto elevato
Media
Alta
Elevato e molto elevato
Alta
Media
Elevato e molto elevato
Basso
Alto
Medio
Medio
Medio
Medio
Alto
Basso
Medio
Basso
Medio
Basso
Medio
Basso
Basso
Basso
Basso
Basso
- 81 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
In base alle statistiche disponibili circa la serie storica degli incendi boschivi
avvenuti in area parco e dalle esperienze simili in altre aree d’Italia, questi hanno una
bassa probabilità di innesco in aree poste al di sopra dei 1500 metri di quota e,
comunque, difficilmente tendono a propagarsi dirigendosi oltre tale altitudine.
Ciò è giustificabile dal punto di vista scientifico con una diversa incidenza dei
fattori climatici (maggiori quantità di pioggia, umidità, neve, vento) e presenza di
substrati con basso indice di infiammabilità mentre, dal punto di vista antropico, si
riscontra un ridotta presenza di infrastrutture, vie di accesso e ridotti “interessi
privatistici”.
Sulla scorta di tali informazioni in sede di elaborazione grafica è stata inserita
come informazione aggiuntiva quella relativa all’inserimento del territorio del Parco
posto al di sopra dei 1500 metri di quota tra le aree considerate a basso rischio di
incendio.
In conformità a tali indicazioni, si costruisce la “Carta del rischio di incendio” che
costituirà così elemento di base per la definizione delle misure preventive di difesa
dagli incendi all’interno della Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Le analisi sin qui prodotte, hanno portato all’individuazione, attraverso la “Carta
del rischio di incendio”, di quelle aree in cui tale evento calamitoso potrebbe verificarsi
con maggior probabilità, sia per caratteristiche intrinseche che di natura antropica.
La metodologia adottata in questo tipo di analisi, per quanto sia basata ed
attinga informazioni da fattori e variabili oggettive, risente comunque dell’arbitrarietà
dell’attribuzione dei punteggi assegnati alle classi di ciascun descrittore. La stima che
ne consegue, non può assumere a dato assoluto ed incontrovertibile, anzi, il processo
avviato nel presente piano necessita un aggiornamento continuo, possibilmente con
scadenza annuale, ed una verifica altrettanto puntuale sulla scorta dei risultati e
dell’andamento degli interventi dell’anno precedente.
Allo scopo di superare tali “carenze metodologiche” è necessario confrontare le
informazioni contenute nella suddetta “Carta del rischio di incendio” con ulteriori
informazioni in grado di arricchire di contenuti la fase di analisi ma, soprattutto, di
fornire un contributo per la oggettivizzazione dei dati ottenuti.
In questo, la “Carta del Valore Ambientale”, senza dubbio, costituisce un valido
supporto al processo che conduce alla realizzazione di una oggettiva suddivisione del
- 82 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
territorio protetto in aree a diverso grado di rischio da incendio, fornendo indicazioni
circa le emergenze vegetazionali presenti e costituenti gli obiettivi prioritari da
proteggere.
La sintesi delle informazioni scaturite da questa ultima fase dell’analisi confluisce
nella zonazione del Parco in relazione al rischio di incendio. Contemporaneamente, la
zonazione costituirà la base per la definizione degli interventi di prevenzione
differenziati e modulati in funzione di tale rischio.
Al fine di raggiungere un maggior dettaglio nelle informazioni contenute nella
Carta del rischio l’area definita come a rischio “elevato” è stata suddivisa, dal punto di
vista squisitamente cartografico, in due sottozone definite a rischio “molto elevato” ed
“elevato”.
Tale nuova scala di dettaglio vuole tenere in considerazione il diverso grado di
difficoltà e complessità di gestione ed estinzione degli incendi nelle aree di maggior
rischio in funzione della relativa copertura vegetale. In particolare, le superfici boscate
ricadenti nelle suddette aree presentano una maggior complessità per tipologia e
propagazione degli incendi oltre alle evidenti difficoltà logistiche per il raggiungimento
dei siti incendiati e l’esecuzione delle operazioni di spegnimento, mentre le praterie
manifestano tali problematiche con un minor grado di intensità.
2.5.5 Elementi di criticità nell’interfaccia urbano-foresta
Gli incendi boschivi non preoccupano solo ed esclusivamente per i devastanti
effetti sulla vegetazione e sull’ambiente; spesso, questi colpiscono anche fabbricati o
impianti di varia natura mettendo a repentaglio l’incolumità dei residenti e del
personale al lavoro in tali strutture.
Si definiscono “di interfaccia” le aree abitate comprese entro una distanza
inferiore a 30-50 metri dal punto di raggio minimo dalla possibile sorgente di
propagazione di un incendio boschivo.
Queste aree di interfaccia, da una analisi preliminare della consistenza e
distribuzione
del
patrimonio
abitativo
presente
nell’area
protetta,
sono
sostanzialmente riconducibili a due tipologie:
•
insediamento abitativo accorpato confinante direttamente con il bosco;
- 83 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
•
insediamenti abitativi o case sparse frammiste a vegetazione boscata.
Nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, oltre alla non
trascurabile presenza di ben 44 Comuni, si assiste ad una particolarità urbanistica
assai diffusa nelle aree svantaggiate e di montagna costituita dalla presenza di
territori amministrativi suddivisi in numerose frazioni e gruppi di case sparse.
Tale peculiarità, se da un lato costituisce un forte elemento di caratterizzazione
del paesaggio montano anche dal punto di vista architettonico ed artistico, dall’altro
rappresenta un fattore estremamente sensibile ai fini del rischio di incendio e della
prevenzione ad esso connessa.
Inoltre, la sensibilità dei centri abitati viene ulteriormente amplifica se questi
vengono considerati contemporaneamente sotto il duplice aspetto di sorgenti di
propagazione del fuoco e di obbiettivi da proteggere per l’incolumità pubblica.
Il problema degli incendi nelle zone di interfaccia assume quindi diversi aspetti.
Un primo aspetto si concretizza quando le attività svolte negli insediamenti
abitativi o nei loro pressi sono la causa principale dell’incendio. In genere, la casistica
analizzata fa ricondurre la natura di questi incendi a cause colpose come, ad
esempio, quelle attribuibili alle operazioni di giardinaggio o di cucina all’aperto.
Il secondo aspetto si concretizza quando gli insediamenti abitativi subiscono i
danni provocati da incendi che iniziano nel bosco e si propagano in chioma oppure
radenti.
Al fine di definire le modalità di intervento specifico nelle aree di interfaccia, si è
ritenuto opportuno svolgere una prima indagine per individuare le aree di interfaccia in
qualche misura interessate direttamente od indirettamente dagli incendi boschivi, al
fine di definire specifiche norme da applicare al sistema di pianificazione locale
nonchè misure di intervento da attuare nell’ambito del periodo di validità del Piano
AIB.
Sono quindi stati identificati dal punto di vista topografico e, conseguentemente,
cartografati i siti a rischio di incendio boschivo con particolare riferimento alle aree di
interfaccia tra le abitazioni, singole o in agglomerato, di diversa entità.
In tali ambiti sono stati considerati gli aspetti morfologici, vegetazionali, pirologici
nonchè lo spazio difensivo limitrofo alle costruzioni che assume particolare
importanza in termini di prevenzione.
- 84 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Con tale termine si indica un‘area compresa tra la struttura e la vegetazione
boschiva limitrofa che può impedire all’incendio di raggiungere le abitazioni in
assenza
di
interventi
di
estinzione,
nonché
la
propagazione
dell’incendio
dall’abitazione alla vegetazione circostante.
Sulla scorta di queste valutazioni preliminari, sono state individuate le zone in
cui sarà opportuno dare la priorità nella prevenzione selvicolturale per la difesa delle
zone di interfaccia.
Le analisi sopra descritte hanno condotto alla realizzazione della Carta
dell’interfaccia urbano-foresta in cui sono state evidenziate le singole criticità
presenti sul territorio e per le quali sono state individuate prescrizioni ed indicazioni
che dovranno essere recepiti dagli strumenti di pianificazione locale ed in interventi di
manutenzione del territorio finanziabili con interventi regionali.
In questa analisi non sono state prese in considerazione per l’impossibilità di
acquisire il dato specifico, le case singole per le quali ci si riserva di eseguire specifici
studi nel periodo di validità del Piano AIB.
Nello specifico della Carta, le aree di interfaccia particolarmente a rischio sono
state individuate con il colore rosso, quelle a rischio medio con il colore giallo, mentre
quelle il cui rischio, per le particolari condizioni stazionali e di criticità di incendio può
ritenersi limitato, in colore verde.
Alle aree di interfaccia classificate con il colore rosso andrebbero applicate le
seguenti
Prescrizioni di massima per il mantenimento e la gestione delle fasce di
protezione urbano-foresta
Per la realizzazione e la gestione dello spazio difensivo, si ritiene indispensabile
procedere alla riduzione ed alla discontinuità del combustibile.
A tal proposito, è necessario mantenere una distanza minima tra le prime
chiome degli alberi e le costruzioni da salvaguardare.
Per il presente Piano AIB, si dovrebbe applicare una distanza di almeno 50 metri
per la difesa da incendi di chioma e di 10 metri per la difesa da incendi radenti.
Nello specifico, per la massima salvaguardia delle aree di interfaccia possono
essere individuate tre fasce concentriche di protezione:
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
una prima fascia di 10 metri in cui la vegetazione è ridotta al solo strato
erbaceo da mantenere tagliando basso ed, eventualmente, interrotto da strisce
arate;
una seconda fascia, esterna alla prima, della larghezza di 10 metri in cui la
vegetazione è contenuta allo strato arbustivo discontinuo per ridurre l’intensità
di fiamma e contenere la quantità di combustibile presente;
una terza fascia, esterna alle prime due, e di larghezza di circa 20-30 metri, in
cui la vegetazione viene gestita in modo da ridurre il potenziale di incendi di
chioma tramite interventi di potatura e di diradamento e tramite un’adeguata
composizione della vegetazione arborea.
La prima fascia di protezione rappresenta quella di maggior importanza per la
riduzione del rischio di incendio in quanto può, se opportunamente mantenuta,
garantire la difesa delle infrastrutture.
Pertanto, in questa devono essere vietati nuovi impianti arborei.
Se ritenuto indispensabile, dovrebbero essere abbattuti tutti gli alberi adiacenti le
costruzioni o con chioma aggettante sul tetto o, diversamente, devono essere
sottoposti a potatura.
Nella seconda fascia deve essere prevista la riduzione del combustibile vegetale
ad un’altezza massima di 40-50 cm. Tale prescrizione non si intende valida per gli
alberi singoli ed ornamentali.
Qualora vi sia la presenza di alberi, l’interdistanza tra le chiome di due alberi
adiacenti deve essere di almeno 2,5 metri. Tutti gli alberi eventualmente presenti
dovranno essere potati nel terzo inferiore dell’altezza con potature annuali per
mantenere una fascia di separazione da eventuali fuochi radenti.
In nessun caso dovrà essere presente materiale vegetale morto o seccaginoso
nelle prime due fasce dello spazio difensivo.
Tutti i residui di potatura dovranno essere regolarmente allontanati e smaltiti.
Nella progettazione degli spazi verdi in dotazione alle abitazioni nelle aree di
interfaccia a rischio dovranno essere valutate con attenzione le potenzialità di crescita
delle piante arboree ed arbustive che si intende mettere a dimora.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Per le aree di interfaccia cui è stato attribuito un rischio medio (Giallo) potranno
essere realizzate esclusivamente le prime due fasce di protezione già descritte nelle
Prescrizioni suddette.
Nelle aree di interfaccia urbano-foresta classificate come a basso rischio (verdi)
potranno infine essere realizzati piccoli interventi di riduzione della massa
combustibile come ad esempio potature e diradamenti.
In ogni caso gli interventi da realizzare nell’ambito di tutte le aree di interfaccia
urbano-foresta dovranno essere supportati da una attenta valutazione delle condizioni
stazionali sulla scorta delle quali potranno essere calibrate specifiche azioni
nell’ambito delle Prescrizioni stesse.
Nell’ambito degli interventi previsti nelle aree di interfaccia potranno inoltre
essere attivate misure compensative per il ripristino della continuità ambientale ed
ecologica.
Accorgimenti edilizi per la difesa dei fabbricati
In merito alle caratteristiche dei fabbricati presenti nelle aree a rischio si
consiglia di porre in atto tutti quegli accorgimenti volti a ridurre la possibilità di innesco
di fuoco da parte del calore trasferito dall’esterno.
Si consigliano pertanto vetri antifiamma per le finestre o comunque proteggerle
con persiane trattate con prodotti antifiamma.
Devono essere evitate aperture di ventilazione disposte sottovento e, qualora
queste siano presenti, devono essere dotate di rete metallica di protezione con maglie
non superiori a 2-3 cm con funzione tagliafuoco.
I camini devono essere dotati di opportune schermature della bocca per evitare
la diffusione di scintille e di materiale leggero incandescente.
Nelle aree a rischio devono essere vietati depositi di combustibile fuori terra
(bombole di gas, depositi di gasolio o altro per riscaldamento).
Tutti i depositi, ivi compresi quelli per la legna da ardere, devono essere posti a
distanza di sicurezza opportuna dalle abitazioni, lontani da possibili sorgenti di
diffusione dell’incendio e lontani da muri e depositi di combustibile.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Con riferimento agli impianti elettrici, si raccomandano linee di distribuzione
sotterranee anziché aeree. Nelle aree a rischio, la distanza minima della vegetazione
dalle linee aeree deve essere di almeno 2 metri.
La manutenzione delle strutture ed il controllo delle misure di sicurezza deve
avere cadenza periodica tale da garantire l’efficace durata delle misure di
prevenzione realizzate.
In ultimo, è opportuno che la popolazione residente nelle aree a rischio sia
opportunamente formata ed informata circa le operazioni di sgombero da eseguire in
caso di incendio nonché quegli accorgimenti e comportamenti da tenere
nell’affrontare il passaggio del fuoco in caso di impossibilità o ritardo nella fuga.
2.6 Gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi
2.6.1 Previsione
Il carattere di costante aggiornamento della banca dati istituita con il Piano
antincendio boschivo, lo studio e l’inserimento di nuovi parametri descrittivi del
territorio e del fenomeno degli incendi nonché la valutazione e la verifica dei risultati
raggiunti con le varie forme di lotta attuate nel corso dell’anno, richiedono un
particolare impegno da parte dell’Ente Parco in tali attività così da realizzare un
modello previsionale quanto più aderente alle specificità territoriali ed antropiche
dell’area protetta.
Nel paragrafo 2.5.3 si è inoltre introdotto il concetto di “indice di rischio
giornaliero”. Tale indice, durante i periodi di maggior pericolo per lo sviluppo di incendi
boschivi,
sarà
determinato
attraverso
l’elaborazione
dei
dati
metereologici
(temperatura del suolo e dell’aria, direzione e velocità dei venti, precipitazioni,
insolazione, ecc.), che saranno forniti dai servizi agrometereologici dislocati sul
territorio del Parco.
L’interrelazione tra tale indice giornaliero e gli aggiornamenti contenuti nella
Carta del rischio di incendio consentirà una previsione puntuale delle aree
potenzialmente soggette a tali eventi e predisporre le opportune contromisure quali
l’intensificazione della sorveglianza, la dislocazione sul territorio del personale di
avvistamento volontario e l’allerta dei Nuclei Antincendio.
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2.6.2 Prevenzione
Risulta ormai indubbio che le cause principali che conducono all’accensione e
sviluppo degli incendi sia da attribuire a cause antropiche. L’uomo infatti per
intervento diretto, colposo o doloso, o indiretto attraverso l’errata gestione del territorio
e delle risorse ambientali (strade, boschi aree coltivate) risulta essere anche nel
Parco Nazionale il principale imputato di tali calamità.
Ed è altrettanto certo che l’Ente Parco, tra le proprie finalità, ha certamente
quella di prevenire e rimuovere tutte le potenziali cause di danneggiamento degli
ecosistemi protetti.
Le attività di prevenzione quindi costituiscono l’elemento caratterizzante del
presente Piano e queste si inseriscono nel panorama più vasto della gestione
forestale dell’area protetta.
Gli interventi selvicolturali sono infatti in sintonia con le linee guida della
selvicoltura naturalistica e con quanto previsto dal Regolamento del Parco per quanto
riguarda la gestione delle pratiche agro-silvo-pastorali in area Parco.
Per tali misure preventive, si ritiene opportuno individuare in via prioritaria gli
interventi di natura selvicolturale e, quindi, di difesa della copertura vegetale arborea
dagli incendi boschivi nonché gli interventi strutturali come la costruzione di serbatoi
interrati e mobili, piazzole di atterraggio dei mezzi aerei.
La prevenzione cui si vuole far riferimento, si concretizza nella predisposizione
di misure atte al contenimento della biomassa bruciabile del bosco, nella
realizzazione delle condizioni di resistenza e nella realizzazione e manutenzione delle
infrastrutture indispensabili alla gestione delle situazioni di rischio.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
3. PREVENZIONE
3.1 Misure contro i pericoli di innesco di incendio
Nella Carta dl rischio di incendio sono state individuate le aree del territorio
protetto in cui, secondo un gradiente di pericolosità, dovrà essere stabilita la scala di
priorità di intervento delle misure.
In base a tale classificazione nelle aree a maggior rischio saranno eseguiti
interventi secondo l’ordine di seguito riportato:
1.
decespugliamento e pulizia di una fascia di 25 metri ai lati della viabilità
operativa;
2.
operazioni di pulizia, spalcatura e diradamento delle formazioni di conifere
nei rimboschimenti artificiali;
3.
sostituzione delle specie non autoctone.
Nelle aree a rischio moderato si avrà il seguente ordine di priorità:
1. operazioni di conversione delle formazioni di conifere nei rimboschimenti
artificiali con essenze arboree autoctone;
2. conversione dei cedui in fustaia;
3. interventi conservativi del bosco.
Infine, nelle aree a basso rischio di incendio si prevede tale ordine di priorità:
1. interventi conservativi delle fustaie;
2. interventi conservativi e migliorativi dei pascoli;
3. interventi di rimboschimento.
I costi relativi sono previsti in Euro 1.000.000 /anno e dovranno interessare le
aree prioritarie individuate dalle analisi del rischio e previo acorddo con i servizi tecnici
dell’Ente Parco.
3.2 La consistenza e la localizzazione delle vie di accesso, dei tracciati
spartifuoco e di adeguate fonti di approvvigionamento idrico
3.2.1 Viabilità operativa
Con questo termine si intende la fitta rete viaria esistente all’interno dell’area
protetta costituita da strade comunali, vicinali, interpoderali, piste di penetrazione
forestale ed ogni altro tracciato al servizio delle attività agro-silvo-pastorali.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Nella Carta delle infrastrutture del Piano antincendio boschivo sono state
riportate buona parte dei tracciati sopra menzionati.
Nel Piano del Parco è previsto che, con un opportuno regolamento, tali strade,
considerate “critiche” perché consentirebbero l’accesso in aree di particolare pregio
naturalistico, siano limitate al traffico veicolare mediante l’adozione dello stesso
regolamento da parte del Comune interessato e la successiva apposizione di sbarre.
Il transito e, quindi, l’accesso a tali aree è consentito esclusivamente ai residenti
aventi diritto e, comunque, limitatamente all’espletamento delle attività connesse con
l’agricoltura, la zootecnia e la selvicoltura.
Dal punto di vista della prevenzione degli incendi, la regolamentazione
dell’accesso in tali aree, peraltro considerate come particolarmente sensibili anche dal
presente Piano, come pure il controllo su di esse esercitato dalle forze dell’ordine
rappresenta un fattore limitante il rischio di incendio.
E’ quindi auspicabile l’estensione e l’ampliamento del numero di aree con
accesso veicolare controllato.
Dallo studio della rete viaria presente e dal confronto di questa con la Carta del
rischio di incendio si ritiene che la viabilità operativa sia sufficientemente
dimensionata per la gestione delle emergenze di questo tipo. Non si ritiene dunque
necessario prevedere la realizzazione di nuovi tracciati in considerazione anche del
notevole impatto che tali infrastrutture avrebbero sugli ecosistemi forestali e sulla
fauna ivi protetta.
Qualora nella gestione dell’emergenza da incendio si evidenziasse una carenza
di collegamento si farà ricorso ad un servizio di mezzi aerei, limitando il più possibile il
disturbo all’ambiente naturale.
Il costo previsto per indennizzare eventualmente utenti d’uso civico per la
indisponibilità di accesso all’uso delle risorse è di euro 200.000/anno
3.2.2 Tracciati spartifuoco
La presenza all’interno del Parco Nazionale di estese aree boscate costituisce
un prezioso ecosistema forestale che ha uno dei suoi principali elementi di pregio
nella pressoché totale assenza di soluzioni di continuità o elementi antropici di
contrasto. Questa caratteristica ha un enorme valore se si considera che l’intero
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Appennino è caratterizzato da una decisa presenza antropica con significative
trasformazioni operate sul paesaggio naturale.
In tale ottica, la realizzazione e l’apertura di viali tagliafuoco passivi rappresenta
una misura in contrasto con la necessità di mantenere inalterata la naturalità del
bosco e, ove possibile, provvedere al ripristino della stessa.
Per quanto riguarda la realizzazione di viali tagliafuoco attivi, l’Ente Parco potrà
promuovere nell’ambito delle attività di prevenzione e degli interventi selvicolturali la
realizzazione di impianti di colture erbacee ed arboree autoctone con basso indice di
incendiabilità onde costituire fronti di rallentamento delle fiamme
nelle fasce
prospicienti le aree boscate o ai margini della viabilità operativa.
L’opportunità di tali interventi sarà valutata annualmente sulla base del rischio
specifico e delle disponibilità finanziarie.
3.2.3 I punti di approvvigionamento idrico
Sia in caso di intervento con mezzi aerei che con mezzi gommati da terra è stato
fornito un elenco, graficamente riportata nella Carta delle infrastrutture, riguardante la
distribuzione dei bacini idrici, naturali e non localizzati nelle aree interne o limitrofe
all’area protetta e suddivisi in funzione del loro potenziale utilizzo, indispensabile per
la pianificazione e la gestione delle operazioni di spegnimento degli incendi
soprattutto nella fase di prelievo idrico.
Sono stati quindi individuati: 1) punti di approvvigionamento idrico per mezzi
aerei e 2) punti di approvvigionamento idrico per mezzi AIB.
Al primo gruppo appartengono il Lago di Campotosto, il Lago di Provvidenza, le
Sorgenti di Capo d’Acqua e l’invaso in Valle Palmonara tra quelli interni all’area
protetta; il Lago di Scandarello, il Lago di Talvacchia, il Lago di Marignano ed il Lago
di Penne, esterni all’area protetta.
Gli invasi maggiori potranno essere utilizzati anche dai mezzi aerei tipo Canadair
mentre tutti consentono il prelievo idrico con elicotteri.
Non è possibile, data la particolare difficoltà nel reperimento delle informazioni,
produrre un elenco degli invasi artificiali di piccole dimensioni, quali gli invasi per scopi
irrigui ed acquedottistici e le vasche di raccolta di proprietà dell’ENEL.
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I punti di approvvigionamento idrico per mezzi AIB sono costituiti da serbatoi
interrati di raccolta delle acque piovane e da serbatoi mobili da posizionare in
funzione delle specifiche esigenze e della probabilità di incendio.
I serbatoi interrati andranno localizzati in punti strategici del territorio ed in
prossimità della viabilità operativa per consentire il rifornimento dei mezzi di
spegnimento.
Attualmente
è
stato
realizzato
esclusivamente
il
punto
di
approvvigionamento localizzato lungo la S.S. 80 in territorio di Pizzoli (AQ).
I serbatoi mobili verranno invece posizionati nelle aree maggiormente disagiate
ed a quote più elevate.
Nella Carta degli interventi sono stati individuati i punti di approvvigionamento
idrico fissi che verranno realizzati nel prossimo futuro mentre quelli mobili, per la loro
natura, saranno cartografati separatamente.
Il costo per la fornitura di vasche mobili nel numero di 16 è di euro160.000
3.3 Le operazioni selvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco
La prevenzione cui in questo capitolo si vuole far riferimento si concretizza nella
predisposizione di misure atte al contenimento della biomassa bruciabile del bosco,
nella realizzazione delle condizioni di resistenza e nella realizzazione e manutenzione
delle infrastrutture indispensabili alla gestione delle situazioni di rischio.
La notevole complessità e diversificazione del mosaico vegetazionale dell’area
protetta nonché la presenza di ampie superfici occupate da formazioni arboree
alloctone, come i rimboschimenti eseguiti fin nel recente passato, impongono oltre alla
diversificazione degli interventi selvicolturali specifici per le diverse tipologie di
copertura vegetale, anche un diverso gradiente di priorità di intervento in relazione al
carattere di naturalità del bosco stesso.
Dalle indagini storiche eseguite sulle aree percorse da incendio e dallo studio
del comportamento dei diversi materiali vegetali, circa la loro propensione alla
combustione in determinate condizioni critiche, risulta infatti che le essenze resinose
in generale e le conifere da rimboschimento presentano un elevato grado di
infiammabilità, sia per la presenza di sostanze catalizzanti tale processo che per un
sottobosco ricco di materiale secco in decomposizione.
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In tal senso, si ritiene opportuno procedere in via prioritaria sulle popolazioni
vegetali costituite da impianti artificiali di conifere, escludendo le aree occupate da
formazioni forestali di particolare pregio ecologico e naturalistico come le abetine di
Tossicia e Cortino in provincia di Teramo, per le quali dovranno essere previsti
specifici interventi di tutela e mantenimento.
1) Contenimento della biomassa bruciabile
Tale operazione consiste nell’eliminazione ed asportazione del materiale
vegetale potenzialmente combustibile attraverso interventi sistematici e coordinati con
i tagli selvicolturali e con interventi mirati di eliminazione del sottobosco eccessivo.
L’eliminazione della biomassa vegetale deve essere intesa non come ripulitura e
decespugliamento integrale del bosco ma limitata ad operazioni localizzate nelle aree
di maggior rischio di incendio ed, in particolare, lungo i margini esterni delle particelle
boschive e lungo la rete viabile percorribile con i veicoli a motore.
Particolare attenzione, deve essere rivolta al mantenimento della naturalità dei
luoghi come, a titolo di esempio, il mantenimento della vegetazione arbustiva di
ricostituzione delle essenze arboree di pregio.
Nell’ambito di questi interventi deve essere previsto lo sfalcio delle erbe con
mezzi manuali e la relativa rimozione del materiale di risulta per una fascia variabile
dai 20 ai 25 metri dai bordi stradali o dai margini del bosco.
Per la particolare tipologia della copertura vegetale presente nell’area protetta e
la relativa diversità del rischio da incendio, devono essere previsti interventi
differenziati in senso spaziale e temporale:
1. per le aree caratterizzate da soprassuoli puri e nei popolamenti di conifere,
come i rimboschimenti, comunque governati a fustaia, si dovranno prevedere
due interventi all’anno da eseguirsi nel periodo primaverile-estivo;
2. nelle aree in cui siano presenti popolamenti puri di faggio o misti di latifoglie
governati prevalentemente a ceduo dovrà essere eseguito un singolo
intervento a fine primavera;
3. nelle aree costituite da pascoli o da faggete e per qualsiasi forma di governo
sarà sufficiente un trattamento ogni due anni.
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2) Induzione delle condizioni di resistenza al fuoco
Questo intervento è volto a favorire lo sviluppo di soprassuoli in grado di
rallentare non solo la diffusione, ma anche la velocità di propagazione del fuoco
all’interno del bosco.
Ciò si rende possibile con gli interventi selvicolturali di seguito riportati:
•
spalcature;
•
diradamenti;
•
conversione dei cedui in fustaia;
•
sostituzione di specie (limitatamente alle conifere).
I boschi di conifere la cui superficie occupa un’area non indifferente del territorio
del Parco sono direttamente interessati a queste forme di prevenzione, avendo
caratteristiche del soprassuolo tali da essere individuate tra quelle di maggior rischio
di incendio.
Gli interventi previsti in questo capitolo dovranno essere eseguiti in questi
popolamenti due volte l’anno e lungo i margini delle particelle boschive ma,
saltuariamente, anche su tutta la superficie prevedendo l’asportazione di tutto il
materiale secco in piedi, il diradamento delle piante in soprannumero, malformate,
malate o con densità eccessiva, la spalcatura delle piante fino ad una altezza di circa
2 metri, nonché, l’asportazione e l’allontanamento di tutto il materiale ricavato da tali
interventi.
3.3.1 Interventi preventivi consigliati per tipologia di copertura vegetale e per
intervento selvicolturale
A) Conversione dei cedui in fustaia
Tale intervento aumenta le condizioni di resistenza del bosco nei confronti del
fuoco, garantendo una copertura vegetale del terreno uniforme e, conseguentemente,
una scarsa diffusione del sottobosco.
Sono consigliabili interventi diversi in prossimità di strade o lungo i confini tra le
varie aree, prevedendo un maggior numero di rilasci per garantire una copertura
vegetale completa.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
E’ preferibile far partire gli interventi di conversione procedendo dai margini
esterni delle aree o dai punti di tangenza con le piste carrabili.
Qualora, per motivi di carattere pratico e/o logistico gli interventi di conversione
del ceduo non fossero immediatamente realizzabili, si consiglia di incrementare, in
alternativa, l’intensità della matricinatura.
B) Tagli intercalari sui boschi di conifere
Si interviene con misure di sostituzione di specie per dare spazio alle essenze
autoctone abbinando a queste la riduzione della biomassa bruciabile e l’interruzione
della continuità vegetativa tra lettiera, strato arbustivo e chiome.
Sono consigliabili interventi periodici e frequenti di ripulitura dello strato
arbustivo, diradamenti con eliminazione dei piani dominati fino al 50% della copertura
vegetale e spalcature.
Gli interventi sul sottobosco dovranno essere, prioritariamente, eseguiti lungo le
fasce marginali o lungo le strade.
C) Interventi conservativi sulle fustaie di faggio
Generalmente queste formazioni vegetali presentano un basso indice di
infiammabilità. Per ridurre ulteriormente il rischio, può essere consigliabile mantenere
una densità di piante maggiore in prossimità di strade e confini delle aree a rischio, in
modo da garantire una copertura vegetale uniforme ed una minore capacità di
riscoppio del sottobosco.
Tali interventi dovranno, comunque essere commisurati ed inseriti nell’ambito dei
programmi di ricostituzione della naturalità e dell’equilibrio ecologico all’interno della
fustaie di faggio con l’obiettivo di ottenere fustaie disetanee, multistrato e multispecie.
D) Interventi conservativi e migliorativi sui pascoli
I pascoli rappresentano formazioni vegetali ad elevato rischio d’incendio e
questo aumenta, ulteriormente, qualora siano presenti arbusti e cespugli.
Per ridurre tale eventualità è necessario predisporre fasce di bassa
combustibilità ed interruzioni della vegetazione ricorrendo allo sfalcio e ripuliture del
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terreno. Le fasce di bassa combustione possono essere realizzate mediante
decespugliamento selettivo e ripulitura del terreno.
E) Interventi di rimboschimento
Tali interventi devono essere realizzati secondo i canoni della lavorazione
andante. Gli interventi consistono nell’individuazione delle specie da utilizzare, nel
decespugliamento selettivo, l’apertura delle buche, la messa a dimora delle piantine e
la messa in opera delle opportune protezioni (pali tutori, shelters, reti metalliche).
Il costo annuo per tali interventi è previsto nella misura di euro 1.000.000
3.4 Formazione
Il piano individua la programmazione delle attività formative e addestrative di tutti
i soggetti utilizzabili per l’attuazione delle attività di previsione e di prevenzione
(compreso l’utilizzo di software e di strumenti informatici quali l’EUDIC e il SIM o
qualsivoglia supporto). Per gli addetti alle attività di lotta attiva, si dovrà prevedere una
specifica preparazione, oltre all’accertamento dell’idoneità fisica. Tali attività si
svolgeranno in “centri di addestramento e di formazione permanente” all’uopo istituiti
presso le strutture del CFS sotto la direzione di responsabili del corpo medesimo o
presso analoghe strutture regionali. Contribuiranno all’istituzione di tali centri anche gli
Enti territoriali e locali, nonché, le Amministrazioni statali interessate alla materia.
Particolare attenzione, deve essere rivolta all’informazione nelle scuole di ogni
ordine e grado, organizzando, di concerto con le autorità competenti, incontri tra gli
studenti e operatori istituzionali del settore.
In base ai riscontri in diverse campagne informative i migliori risultati sono stati
ottenuti da quelle iniziative rivolte alle categorie di cittadini più interessati al fenomeno,
in particolare gli agricoltori, avvertendoli dei rischi di certe pratiche e abitudini e
ammonendoli sulle responsabilità penali e civili a cui vanno incontro, esponendo la
collettività al pericolo di incendi.
Tutte le forze di pubblica sicurezza vanno ovviamente coinvolte, attribuendo in
questo caso, anche compiti di primo intervento per quanto riguarda il pericolo alla
popolazione civile.
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La formazione prevista dal presente Piano dovrà essere strutturata su tre livelli,
distinti in funzione dei destinatari finali della formazione stessa.
Una formazione di primo livello dovrà interessare i volontari che, annualmente
organizzati in squadre, avranno un ruolo determinante nell’ambito della lotta attiva ed
in particolare con riferimento alle misure di sorveglianza, avvistamento ed intervento
in caso di incendio. Tale personale volontario riceverà una formazione differenziata in
relazione allo specifico ruolo svolto dalla squadra di cui farà parte.
Un secondo livello di formazione, di carattere specialistico ed operativo, dovrà
riguardare i gruppi di volontari organizzati in Squadre di Intervento Comunali. Questo
personale dovrà essere in grado di intervenire tempestivamente nelle aree sottoposte
ad incendio e provvedere alle operazioni di spegnimento sotto il coordinamento del
Corpo Forestale dello Stato e dai Vigili del Fuoco. Queste squadre saranno quindi
fornite di materiale ed attrezzatura atta allo scopo e dovranno avere una formazione
adeguata ai compiti assegnati. Infine, un terzo livello di formazione dovrà riguardare
gli operatori chiamati istituzionalmente ad intervenire nella lotta attiva contro gli
incendi boschivi con particolare riferimento agli agenti del Corpo Forestale dello Stato
in servizio presso i 16 Comandi Stazione alle dipendenze del Coordinamento
Territoriale per l’Ambiente.
Per questi operatori sono necessari corsi di aggiornamento, dimostrazioni sul
campo ed esercitazioni specifiche per le diverse situazioni verificabili in area protetta.
I costi previsti per i vari livelli di formazione sono di Euro 150.000/anno
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4. LOTTA ATTIVA
4.1 Le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi
La lotta attiva si divide in attività di prevenzione e monitoraggio ed attività di vero
e proprio spegnimento.
La prevenzione oltre che con le azioni sul territorio tese alla diminuzione della
vulnerabilità ed alla educazione e sensibilizzazione si attua con il continuo controllo
del territorio.
La sorveglianza egregiamente svolta dal CFS dovrà durante la stagione di
massima pericolosità per gli incendi boschivi essere incrementata con il ricorso delle
associazioni di volontariato di protezione civile.
Queste, organizzate in un albo regionale, già hanno un proficuo rapporto con le
Regioni e di norma si muovono sulla base di accordi e convenzioni con le Regioni
all’interno ed all’esterno del Parco.
In considerazione dell’importanza del territorio protetto l’Ente Parco attuerà con
le associazioni di volontariato una convenzione per la sorveglianza A.I.B. e per lo
spegnimento che si innesta con l’analoga convenzione stipulata con le Regioni.
Il sistema di programmazione, controllo verrà affidato al CTA/CFS che indicherà
le prioritarie esigenze e dirigerà l’azione del volontariato, convenzionato con il Parco,
coordinandosi con la S.O.U.P e la C.O.R.
I volontari, opportunamente attrezzati e formati, concorreranno allo spegnimento
del fuoco sotto la direzione del CFS.
I rapporti che dovranno realizzarsi tra il Parco ed il volontariato saranno simili ed
omogenei a quelli che lo stesso volontariato avrà con le Regioni interessate.
In definitiva non sono previste variazioni della organizzazione del complesso
sistema di lotta agli incendi, ma solo il suo potenziamento nel territorio del Parco in
ragione della sua peculiare valenza ambientale.
Il Costo delle convenzioni con le associazioni di volontariato è previsto in Euro
1.000.000/anno.
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4.2 Il Sistema di Avvistamento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della
Laga
La realizzazione di un efficiente sistema di avvistamento sul territorio
rappresenta un aspetto particolarmente delicato del Piano AIB. Il corretto
funzionamento di tale sistema implica infatti l’attivazione immediata dell’allarme e del
successivo spegnimento del focolaio di incendio. Da cui il successo delle operazioni e
la validità dello stesso Piano AIB e di quanto in esso codificato.
Numerose sono le esperienze in campo nazionale circa l’adozione di diversi
sistemi di avvistamento in parte aderenti ai rispettivi Piani AIB regionali o commisurati
alle esigenze specifiche delle aree protette.
Per la lotta attiva nel presente Piano AIB si fa riferimento alle procedure attuate
prevalentemente dalla Regione Abruzzo ovvero con l’utilizzo delle organizzazioni di
volontariato presenti sul territorio ed ufficialmente registrate tra quelle aventi
specifiche competenze ed abilitazione in materia di avvistamento ed intervento in
caso di incendio boschivo. Queste saranno coordinate nelle loro attività dal locale
Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato (CTA/CFS).
A tal proposito, si prevede la stipula di apposite convenzioni aventi carattere
stagionale con le suddette Associazioni di volontariato operanti nelle cinque Province
del Parco secondo modalità e criteri di indennizzo definiti annualmente anche sulla
base dei risultati conseguiti negli anni precedenti.
La lotta attiva agli incedi boschivi viene comunque garantita all’interno del Parco
dal Corpo Forestale dello Stato mediante il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente.
L’Art. 21 della Legge n. 394 del 1991 stabilisce che la sorveglianza sui territori
delle aree protette di rilievo nazionale sia esercitata dal Corpo Forestale dello Stato.
Il D.P.C.M. 5 luglio 2002 “Coordinamenti Territoriali del Corpo Forestale dello
Stato”, in applicazione del sopra citato articolo di legge, ne stabilisce le funzioni ed i
compiti.
Il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente opera, con vincolo di dipendenza
funzionale dall’Ente Parco, nel rispetto dell’unitarietà di struttura e di organizzazione
gerarchica
del personale
per tramite
coordinamento stesso.
- 100 -
dell’Ufficiale
del C.F.S.
preposto
al
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Il CTA/CFS a sua volta opera, rispetto ai Comandi Regionale e Provinciale,
nell’ambito della propria circoscrizione con autonomia funzionale e mantiene rapporti
diretti con la Direzione Generale per le attività di propria competenza.
Svolge quindi tutte le funzioni proprie del Corpo Forestale alla diretta dipendenza
gerarchica dal Comando Regionale del C.F.S. e provvede alle dipendenza dell’Ente
Parco:
a) allo svolgimento dei compiti di sorveglianza e custodia del patrimonio
naturale nelle aree protette;
b) ad assicurare il rispetto del regolamento del piano del parco, nonchè alle
ordinanze dell’Ente Parco;
c) agli
adempimenti
connessi
alla
inosservanza
delle
misure
di
salvaguardia;
d) ad assistere l’Ente Parco nell’espletamento delle attività necessarie alla
conservazione ed alla valorizzazione del patrimonio naturale nell’ambito
delle materie di cui all’art. 1, comma 3, lettere a, b, c della L n. 394/91;
e) allo svolgimento di tutte le attività connesse ai compiti di cui alle lettere
precedenti.
Specificatamente per gli incedi boschivi il CTA/CFS, nell’ambito del territorio
dell’area protetta:
coordina le attività volte alla prevenzione ed alla lotta agli incendi
boschivi;
dirige le operazioni di spegnimento degli incendi boschivi;
coordina i movimenti dei mezzi AIB e delle Unità di Intervento addette
allo spegnimento degli incendi boschivi;
attiva le Unità di Intervento in caso di inadempienza degli Organi
preposti;
richiede alla SOUP l’intervento dei mezzi aerei antincendio;
segnala alla SOUP la necessità di risorse, mezzi e personale delle
Forze Armate e delle Forze di Polizia dello Stato;
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d’intesa con la SOUP, attiva i servizi aerei regionali di avvistamento e
spegnimento degli incendi boschivi ed altri servizi regionali inerenti la
prevenzione e la lotta agli incendi boschivi;
raccoglie ed elabora i dati inerenti gli incedi boschivi necessari per
l’aggiornamento del Piano AIB;
attiva le Unità di crisi locale, interessando le autorità competenti.
Il CTA/CFS fornisce inoltre all’Ente Parco il supporto tecnico utile per proporre al
competente Ministero l’apposito Piano AIB.
4.3 Ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme, spegnimento
La ricognizione del territorio sarà
effettuata con riferimento alle aree e nei
periodi di maggior pericolo, con mezzi aerei e/o tramite squadre a terra motorizzate e
dotate di adeguata attrezzatura.
Con riferimento alle aree di particolare pregio o a rischio particolarmente elevato,
dovranno essere predisposte attività di sorveglianza in modo intensivo e continuativo,
con l’utilizzo di squadre addette al controllo del territorio e/o con sistemi fissi di
monitoraggio e/o con una rete di osservazione da vedetta uniformemente distribuita
sul territorio in questione.
L’avvistamento sarà effettuato da terra a mezzo di squadre mobili sul territorio
e/o di vedette fisse - da mezzo aereo, tramite l’impiego di sistemi di avvistamento
automatici fissi (sensori all’infrarosso, telecamere, ecc.). Dall’efficienza con la quale è
gestita la rete di ricognizione sorveglianza avvistamento fissa e mobile, terrestre ed
aerea, dipende l’efficacia dell’intervento di spegnimento; il presente piano ne prevede
il miglioramento ed il potenziamento.
La segnalazione dell’allarme può pervenire ai centri di ascolto dedicati sia dagli
addetti ai servizi di ricognizione-sorveglianza-avvistamento e sia da altri soggetti
pubblici e privati tramite l’utilizzo di reti di telecomunicazione (riservate per gli
operatori) o a mezzo di linee telefoniche i cui riferimenti siano opportunamente
pubblicizzati.
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In ogni caso, la segnalazione giunge alla C.O.R. o alla S.O.U.P. competente che
attivano le strutture del CFS in servizio che hanno il compito di valutare l’entità
dell’evento, la sua gravità e le modalità di intervento.
Il presente piano prevede la dislocazione sul territorio di squadre di intervento
per lo spegnimento a terra formate da un numero congruo di addetti addestrati e
dotati di certificata idoneità fisica. Sulla base della cartografia del rischio, sono
individuati su apposita mappa (preferibilmente su supporto GIS) gli obiettivi da
difendere, con indicazione delle priorità e del territorio di pertinenza di ciascuna
squadra.
Di norma le squadre operano nell’ambito del territorio di competenza, ma è
possibile anche l’impiego in altra zona del territorio regionale qualora particolari
emergenze lo esigano, fermo restando l’attribuzione del coordinamento delle
operazioni.
Le squadre sono impiegate con modalità di piena disponibilità nei periodi di
massima pericolosità, durante i quali esse effettuano azioni perlustrative o attività
manutentorie leggere; con il criterio della reperibilità, nei periodi di allertamento e nelle
ore fuori servizio.
Ogni squadra dovrebbe essere dotata di:
•
mezzo fuoristrada tipo pick up passo lungo dotato modulo mobile aib
tipo “elfo 3.0” per attività di sorveglianza e di primo intervento munito di
semplici attrezzature manuali (flabello, roncola, rastrello, zappa, pala,
motosega e decespugliatore) e cassetta contenente il necessario per il
primo soccorso medico; il mezzo inoltre deve essere dotato di
un’apparecchiatura
tipo gps/box che consente la localizzazione del
veicolo attraverso Google Maps o altro software GIS. Si vuole
evidenziare l’importanza di detta configurazione poiché prevede
l’impiego del modulo mobile aib “Elfo 2.5” che ha riscontrato, in fase
operativa, notevoli vantaggi rispetto ai mezzi fuoristrada dotati di modulo
aib fisso. In ogni intervento di estinsione su un incendio boschivo I
vantaggi consistono nell’avere un mezzo fuoristrada che opera
•
apparecchi radio fissi, veicolari e portatili per la connessione via etere,
su frequenze prestabilite riportate nelle procedure per la richiesta di
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concorso aereo con le sedi del CFS, l’unità dei Vigili del Fuoco, le sedi
locali della Protezione civile .
•
attrezzature per l’avvistamento (binocolo, ecc.)
•
accorgimenti per il riconoscimento delle squadre stesse (es. apposizione
di distintivi e targhe);
•
attrezzature di autoprotezione previste dalle vigenti normative in materia
di sicurezza sul lavoro.
Le squadre a terra, sempre in diretto contatto radio o telefonico con le centrali
operative, possono essere impiegate anche, ovviamente, nelle fasi di ricognizione,
avvistamento e sorveglianza, in modo da ridurre il più possibile i tempi di intervento
sul fuoco. Al di fuori dei periodi a rischio, il personale delle squadre può essere
impiegato in attività di prevenzione del rischio incendi boschivi.
4.3.1 Sale Operative Unificate Permanenti (SOUP)
La Sala Operativa Unificata Permanente (SOUP) contribuisce ad assolvere un
insieme di esigenze proprie delle attività di protezione civile, pertanto, a regime, essa
rappresenta il centro operativo di gestione delle emergenze, relative ai diversi rischi
che insistono sul territorio regionale, nonché, l’organo di collegamento tra le
componenti territoriali deputate a svolgere compiti di protezione civile.
Al fine di assicurare l’efficacia dello svolgimento delle attività nella SOUP devono
essere rappresentate tutte le componenti istituzionali e non contemplate dall’art. 6
della Legge 225/92. Nello specifico, per quanto attiene al rischio incendi boschivi, è
richiesta la presenza congiunta di rappresentanti degli enti locali, del CFS, del
CNVVFF e del volontariato.
La SOUP nei periodi a maggior pericolo di incendio boschivo deve assicurare un
funzionamento 24 ore; il responsabile redige un report giornaliero delle attività svolte,
che verrà inviato alle istituzioni rappresentate nella SOUP stessa e, in emergenza,
anche agli organi centrali (ministeri e DPC/Agenzia) in base a procedure interne
prestabilite.
In particolare, la SOUP,
relativamente al pericolo incendi boschivi, dovrà
assicurare il collegamento e il coordinamento fra il livello regionale e quello locale,
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inoltre, dovrà gestire le fasi relative alla richiesta di concorso aereo dei mezzi aerei
dello Stato per lo spegnimento degli incendi boschivi.
All’interno dell’area protetta le funzioni di coordinamento operativo sono svolte
direttamente dal Coordinamento Territoriale per l’ambiente del Corpo Forestale dello
Stato il quale è in collegamento diretto con i Comandi Stazione dislocati sul territorio.
Lo tesso Coordinamento è in collegamento con le SOUP della regioni Abruzzo,
Marche e Lazio, oltre che con le C.O.R. di Abruzzo, Lazio e Marche
4.3.2 I punti di avvistamento
Nel presente studio preliminare, sono stati individuati i potenziali punti di
avvistamento (PA) distribuiti sul territorio dell’area protetta e sfruttabili per la
sorveglianza antincendio. Questi possono essere costituiti da punti fissi o mobili.
Al primo gruppo appartengono quei punti di avvistamento costituiti da strutture
leggere in legno dell’altezza di circa 4 - 5 metri e raggiungibili con apposita scala sulla
sommità dai quali è disposto un gabbiotto, sempre in legno, munito di tettoia
all’interno del quale alloggiano uno o due addetti al servizio di avvistamento.
Gli addetti avranno in dotazione il materiale cartografico relativo all’area da
sorvegliare, un binocolo e la radio trasmittente per le comunicazioni di servizio con la
base operativa.
Questa base, limitatamente al periodo critico, dovrà essere costituita presso gli
uffici comunali o il locale Comando Stazione del Corpo Forestale dello Stato, ed avrà
il compito di allertare le strutture preposte alla difesa inserendosi, così, nel sistema più
vasto precedentemente descritto.
I punti di avvistamento mobile sono invece rappresentati dagli addetti alla
sorveglianza che, in numero di 2 o 3, si sposteranno a piedi sul territorio con il
compito di presiedere le aree eventualmente coperte alla visuale dai punti di
avvistamento fissi e per raggiungere, in breve tempo, i punti critici. Anche questi
addetti avranno in dotazione la medesima attrezzatura a disposizione dei colleghi
fissi.
- 105 -
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5. PREVISIONE ECONOMICO - FINANZIARIA
Per la realizzazione delle misure previste dal Piano antincendio boschivo sono
necessarie specifiche disponibilità finanziarie non previste nel Bilancio Economico
dell’Ente Parco.
Altre fonti di finanziamento potranno scaturire da Protocollo ed Accordi con le
Amministrazioni interessate o da progetti specifici realizzati con contributi statali ed
europei.
Gli interventi previsti sono stati distinti in: 1) interventi strutturali per i quali si
intende la completa realizzazione nell’arco di cinque anni e 2) interventi annuali ossia
l’insieme di misure aventi carattere sostanzialmente preventivo che saranno realizzati
attraverso progetti specifici annuali.
Di seguito si riporta la ripartizione finanziaria degli interventi in relazione alla
suddivisione precedente:
Previsione economico finanziaria: Interventi strutturali (Una tantum)
Misure
Azioni
Prevenzione
Previsione (Euro)
Approvvigionamento idrico
500.000,00
Altri interventi strutturali
300.000,00
Mezzi antincendio
Lotta attiva
1.000.000,00
Attrezzature antincendio
400.000,00
Potenziamento strutture antincendio
300.000,00
TOTALE
2.500.000,00
Previsione economico finanziaria: Interventi annuali nel quinquennio 2008-2012
Misure
Previsione
Azioni
Previsione (Euro)
Realizzazione e gestione del modello
50.000,00
indiretta Campagne informative, segnaletica del Parco
Prevenzione diretta
Lotta attiva
50.000,00
Viabilità forestale
300.000,00
Interventi selvicolturali
400.000,00
Formazione annuale
100.000,00
Sostituzione, manutenzione infrastrutture
200.000,00
TOTALE
- 106 -
1.100.000,00
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Completamento ed Aggiornamento Piano AIB 2008-2012
Nella definizione delle linee di intervento previste per il completamento e
l’aggiornamento del Piano A.I.B. del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della
Laga per il quinquennio 2008 - 2012, si è fatto riferimento alla necessità del
completamento delle attività relative ai differenti aspetti inerenti la fase di Previsione
ed alle Parti Speciali del Piano.
In particolare, per quanto riguarda la fase di Previsione, il completamento delle
conoscenze di base come l’acquisizione di una banca dati incendi completa, la
realizzazione di carte di base e di elaborazione dei dati disponibili risulta di
fondamentale importanza per redigere un Piano AIB che sia in perfetta sintonia con
quanto dettato dalle Linee Guida. Infine, per quanto concerne le Parti speciali si è
individuata la necessità di definire gli interventi di prevenzione e gestione del
patrimonio boschivo.
Inoltre, alcune fasi quali la rielaborazione dei dati, la creazione ed il reperimento
di quelli mancanti necessitano di studi, ricerche e sopralluoghi che richiedono risorse
finanziarie e temporali attualmente non disponibili.
Per ognuna di queste attività è stato valutato il fabbisogno finanziario che viene
riportato di seguito in modo sintetico.
PREVISIONE DI SPESA PER IL QUINQUENNIO 2008-2012
Misure
Previsione
Azioni
Previsione (Euro)
Realizzazione e gestione del modello
250.000,00
indiretta Campagne informative, segnaletica del Parco
Prevenzione diretta
Viabilità forestale
1.500.000,00
Interventi selvicolturali
2.000.000,00
Formazione annuale
Lotta attiva
250.000,00
500.000,00
Sostituzione, manutenzione infrastrutture
TOTALE
- 107 -
1.000.000,00
5.500.000,00
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6. PARTE SPECIALE
6.1 La Carta della zonazione degli interventi
Una parte importante del Piano Antincendio riguarda la previsione degli eventuali
interventi necessari a favorire la ricostituzione delle aree di bosco percorse dal fuoco.
L’art. 10 della Legge 353/00 prevede, tra i vari vincoli imposti alle aree percorse
da fuoco, l’impossibilità di procedere con interventi di ingegneria naturalistica e di
ricostituzione degli ambienti naturali per i 5 anni successivi all’evento calamitoso,
salvo autorizzazione espressamente rilasciata dal competente Ministero.
Nell’area del Parco Nazionale numerose sono le aree che risultano essere state
incendiate oltre tale limite temporale, per cui è necessario prevederne la
rinaturalizzazione definitiva.
Le tipologie di intervento in tali ambiti sono differenziate in funzione di molte
variabili; le principali sono:
1. vegetazione potenziale che si svilupperebbe in maniera naturale nell’area
con le condizioni climatiche attuali);
2. inclinazione del pendio dell’area percorsa dal fuoco;
3. intensità dell’incendio.
Tra queste quella che più incide sul ripristino di condizioni di naturalità è
sicuramente la terza: l’intensità dell’incendio, potrebbe, infatti, influenzare la
struttura del suolo, inoltre la perdita della copertura vegetale rende il pendio
vulnerabile all’innesco di fenomeni erosivi ed a forti dilavamenti con possibile perdita
di suolo. Tale problema è accentuato da altri fattori sfavorevoli, come le elevate
pendenze dell’area percorsa dal fuoco, il substrato geologico e le piogge violente
successive all’evento.
La perdita di suolo è l’evento più negativo. La sua ricostituzione può richiedere
processi evolutivi anche di centinaia di anni: le gravi ripercussioni negative si
avrebbero, oltre che per il recupero successivo della vegetazione stessa
(enormemente rallentato), anche per la sicurezza di infrastrutture (centri abitati,
strade, etc.) eventualmente presenti a valle dell’area percorsa dal fuoco.
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Gli interventi da prevedere dopo l’evento incendiario possono inoltre variare in
funzione della capacità di resistenza e resilienza all’incendio degli ambienti colpiti.
Tale capacità è funzione sopratutto della qualità e struttura del suolo dopo l’incendio
che, a sua volta, dipende essenzialmente dall’inclinazione del pendio colpito.
Subito dopo un incendio, ci potrebbe essere una maggiore disponibilità di
sostanze minerali derivanti dalle ceneri, ma il suolo, disidratato e privo di copertura
vegetale, è molto più vulnerabile ai fenomeni erosivi e di dilavamento.
Pertanto, gli interventi di ricostituzione boschiva devono essere valutati
singolarmente previa verifica della situazione di fatto tramite sopralluoghi congiunti e
multidisciplinari con presenza di differenti figure professionali per verificare lo stato
delle variabili sopra descritte e pianificare gli interventi confacenti alle caratteristiche
climatico-ambientali del sito.
Un ruolo importante è senza dubbio svolto dalle condizioni stazionali del sito
incendiato ed in particolare le caratteristiche fisiche come l’acclività del terreno che
condizionano in maniera sostanziale gli interventi successivi.
Incendi su pendii lievi o in pianura (inclinazione 0°< i < 15°).
Nel caso di incendi che percorrano superfici poco inclinate o in pianura, anche
se molto violenti ed intensi, si prevede una ricostituzione spontanea della vegetazione
nel caso in cui la fonte dei semi delle specie legnose non risultasse troppo lontane a
dall’area incendiata.
In condizioni di scarsa pendenza del terreno risulta limitato o nullo anche il
pericolo di perdita di suolo e l’innesco di fenomeni erosivi e di dilavamento.
L’osservazione della ricolonizzazione spontanea della vegetazione, in particolare
l’innesco
della
successione
secondaria
ed
i
suoi
diversi
stadi
e
facies,
successivamente ad un incendio, potrebbe fornire interessanti dati sulla dinamica
vegetazionale che si viene ad instaurare ed utilissime indicazioni sulle piante pioniere
che, evidentemente, risulterebbero anche le più adatte ad essere utilizzate nel caso si
volesse intervenire in altri ambiti.
- 109 -
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Incendi su pendii ripidi o accentuati (inclinazione i >15°)
Gli eventuali interventi da pianificare dopo l’incendio devono essere previsti in
base alla qualità ed alla struttura del suolo disponibile in primo luogo e,
conseguentemente, in relazione alla inclinazione del pendio ed alla relativa stabilità.
Essendo difficoltoso migliorare in breve tempo la qualità e la struttura del suolo
disponibile, gli interventi più urgenti devono essere individuati tra quelli che
permettono di conservare il suolo ancora presente e quelli volti a favorire i processi
pedogenetici.
A partire dalle condizioni più gravi, si dovrebbero mettere in atto interventi adatti
a stabilizzare il pendio, con piccole opere di ingegneria naturalistica (fascinate e/o
palificate), posizionate prioritariamente lungo gli impluvi, dove potrebbe essere più
violento il dilavamento, oppure a margine dei cambi di inclinazione del pendio, dove è
maggiore l’incidenza dell’acqua che ruscella e la conseguente erosione.
L’art. 4 della Legge 353/2000 prevede di attivare specifici “interventi finalizzati
alla mitigazione dei danni conseguenti” agli incendi boschivi. Pertanto, assume
particolare rilevanza l’attivazione di idonee misure a favorire la capacità intrinseche di
recupero dell’ecosistema danneggiato.
Gli interventi post incendio devono essere attuati in modo differenziato in
funzione del tipo di danno, della gravità delle conseguenze e delle caratteristiche
adattative delle specie arboree che costituiscono i soprassuolo, rispettandone le
strategie rigenerative.
Di seguito vengono illustrati gli interventi specifici di mitigazione dei danni
conseguenti agli incendi boschivi da realizzare all’interno dell’area protetta.
Operazioni di bonifica post incendio
In linea di massima i residui legnosi di un popolamento forestale percorso dal
fuoco dovrebbero essere rimossi dato che rappresentano un accumulo di massa
pericoloso sia per lo sviluppo di nuovi incendi che per eventuali malattie.
Pertanto, l’intervento di bonifica dovrebbe essere eseguito nell’autunno del
medesimo anno o, al massimo, la primavera successiva all’incendio.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Nell’area protetta tali operazioni si rendono necessarie sia per facilitare il nuovo
insediamento della vegetazione che per evitare un eventuale giudizio negativo da
parte dell’opinione pubblica. Infatti, la mancata bonifica delle aree percorse dal fuoco
soprattutto nelle aree protette può essere equivocata come un segnale di abbandono
e disinteresse dell’ente gestore e tale atteggiamento potrebbe contribuire ad ulteriori
episodi di incendio.
Il materiale recuperato nell’ambito dei lavori di bonifica raramente risulta
utilizzabile a fini commerciali ed, in ogni, caso non si ritiene opportuno la consegna
delle quantità eventualmente ottenute alle popolazioni locali (es. uso civico).
Qualora le operazioni di bonifica non possano essere realizzate nei tempi sopra
descritti e la vegetazione da rinnovazione naturale risultasse già affermata, dovranno
essere previsti interventi di diradamento selettivo dal basso e successiva bonifica dei
residui bruciati.
Nei cedui si consiglia di attendere la maturità tecnica del soprassuolo e, quindi,
procedere ad un taglio di utilizzazione di fine ciclo.
Qualora le condizioni stazionali lo consentono, si può effettuare un diradamento
dei polloni per l’avviamento del soprassuolo all’altofusto.
Riqualificazione del substrato podologico
La possibilità di accelerare i cicli naturali e di favorire il recupero della copertura
vegetale deve necessariamente prevedere la riqualificazione del substrato podologico
da punto di vista chimico, fisico e biologico.
Tal riqualificazione è strettamente correlata alla realizzazione delle misure
selvicolturali di recupero descritte in questo capitolo.
Al fine di migliorare le caratteristiche chimico-fisiche dei terreni percorsi dal
fuoco è necessario provvedere ad una concimazione organica in grado di riequilibrare
le principali caratteristiche del terreno in merito a tessitura, passaggio di gas e liquidi,
contenuto di elementi fertilizzanti.
Per quanto riguarda invece le caratteristiche biologiche dei terreni non si esclude
l’utilizzo di piante micorrizate e l’applicazione in situ di microrganismi non simbiotici.
- 111 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Misure selvicolturali
Trattandosi di interventi da eseguire all’interno dell’area protetta è necessario
che questi siano rivolti al ripristino delle potenzialità naturali delle biocenosi colpite.
Non si escludono comunque in casi specifici “necessarie” forzature dei naturali
processi biologici in atto nelle aree percorse da fuoco.
Tutti gli interventi da realizzare nelle aree danneggiate dal fuoco devono essere
preceduti da attenti studi sulla serie di vegetazione che si sta instaurando su tali
terreni dopo le operazioni di bonifica preliminare.
In considerazione delle caratteristiche specifiche delle formazioni forestali
presenti nell’area protetta sono state individuate tre tipologie di intervento da
realizzare sulle aree percorse dal fuoco utili per una corretta gestione delle biocenosi
degradate.
1) Recupero naturale dei suoli percorsi dal fuoco
In tali aree si prevede esclusivamente un costante monitoraggio dei processi
dinamici naturali e nella verifica della loro coerenza con gli obiettivi di assetto forestale
dell’area protetta.
2) Accelerazione del recupero
In determinate circostanze può ritenersi opportuno dare un impulso “esterno” ai
naturali processi biologici di recupero al fine di evitare fenomeni di dissesto
idrogeologico o per indirizzare la rinnovazione naturale verso quelle specie arboree
ritenute meritevoli di essere salvaguardate. Considerando che in area mediterranea,
in genere, le formazioni forestali reagiscono efficacemente agli incedi, la misura
tecnica da attuare è una gestione selvicolturale e vegazionale a sostegno. In tal
senso, si ritiene opportuno avviare gli interventi di recupero tempestivamente mirando
alla creazione delle condizioni ottimali per l’affermazione della rinnovazione.
Pertanto si potrà procedere i caso di cedui di latifoglie ad un rinvigorimento della
rinnovazione agamica eseguendo operazioni di succisione e tramarratura sulle
ceppaie.
In caso di particolare crescita e sopravvento di arbusti quali Cistus, Rubus e
Crataegus, per favorire la ripresa arborea, si possono eseguire operazioni di ripulitura
- 112 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ed eliminazione di tali competitori ove la rinnovazione ha la migliore possibilità di
affermazione.
3) Recupero della densità del soprassuolo
Si procede in tal senso con interventi coerenti per autoecologia e sinecologia
alla serie di vegetazione nei casi in cui il bosco è così danneggiato da non poter
garantire nel medio periodo una soddisfacente rinnovazione naturale.
In questi casi, si provvede ad un rinfoltimento per via naturale o direttamente
mediante interventi di rinfoltimento artificiale.
Nel primo caso si vogliono incrementare le funzioni di fruttificazione e
disseminazione attraverso interventi di ripulitura che consentono l’affermarsi della
rinnovazione stessa.
Nei cedui può essere opportuno al fine di aumentare la densità dei soggetti
arborei, cercare di favorire l’affrancamento dei polloni radicali.
Quando invece le aree percorse dal fuoco sono molto vaste ed il popolamento
originario risulta particolarmente danneggiato, si ritiene opportuno procedere alla
piantumazione delle specie componenti il soprassuolo con un rinfoltimento artificiale
da eseguire subito dopo lo sgombero del soprassuolo bruciato.
Le operazioni di piantumazione devono essere ispirate al pattern di espansione
naturale della rinnovazione. E’ quindi opportuno realizzare gruppi densi di specie
autoctone su piccole superfici nei microambienti più favorevoli.
Tali interventi hanno maggiore efficacia se realizzati con piante adatte alle
condizioni ambientali del sito: a tale scopo occorre principalmente tener presente che
la legge quadro sulle aree protette (394/91) vieta l’introduzione di piante non
autoctone.
Le specie da utilizzare andranno scelte non in base alla vegetazione potenziale
dell’area (che dipende dalla quota, dall’esposizione, dalla qualità e struttura del
suolo), ma facendo attenzione a considerare il fatto che il suolo, dopo un incendio,
manca sicuramente di due requisiti fondamentali:
•
stabilità,
•
grado di evoluzione.
- 113 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
La stabilità va ricercata tramite le opere di ingegneria naturalistica e la messa a
dimora di piante adatte; generalmente il suolo si presenta, dopo un incendio, meno
evoluto del suolo potenziale (climax).
Le
piante
da
mettere
a
dimora
vanno
conseguentemente
scelte
in
considerazione di due criteri fondamentali:1) specie tipiche del piano bioclimatico nel
quale ci si trova e 2) specie tipiche dei gradi evolutivi “inferiori” della serie
vegetazionale climax.
La scelta delle piante risulta di fondamentale importanza: infatti la messa a
dimora di piante pioniere (siano esse erbacee, arbustive o arboree) nelle esperienze
di rinaturalizzazione di ambienti sottoposti ad impatto antropico ha dato buoni risultati
nella gran parte dei casi.
Le specie pioniere hanno la caratteristica di avere degli apparati radicali molto
sviluppati, adatti a stabilizzare i pendii. Esse vanno cercate tra quelle specie che
colonizzano i ghiaioni e le superfici scarificate con scarsa presenza di suolo.
Secondo la Carta del rischio di incendio, questi sono più probabili nelle fasce
bioclimatiche basali, rispetto a quelle di alta quota. Si fornisce conseguentemente una
tabella (Tab. 1) con alcune specie arbustive o arboree che possono essere
positivamente impiegate nei lavori di stabilizzazione dei pendii e ricostituzione della
vegetazione.
Nella Tab. 2, invece, viene fornito un elenco delle specie erbacee idonee allo
scopo.
La scelta delle specie per i piani bioclimatici collinare e montano può essere
allargata ad altre specie, relativamente facili da reperire sul mercato, ma delle quali
bisogna chiedere la certificazione di origine del germoplasma.
Inoltre, la scelta delle specie va fatta in seguito all’accertamento delle condizioni
pedologiche, litologiche, al pH, all’esposizione.
E’ di fondamentale importanza la manutenzione successiva ai lavori al fine di
ottimizzare i risultati e di non vanificare sforzi e risorse.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Tab 1 - Elenco specie arbustive ed arboree che possono essere utilizzate negli interventi di
ricostituzione boschiva alle quote del piano bioclimatico montano (m) e collinare (c).
Juniperus communis
Amelanchier ovalis
Juniperus oxycedrus
Sorbus aria
Salix sp. pl.
Spartium junceum
Quercus ilex
Cytisus sessilifolius
Q. pubescens
Cytisus scoparius
Ostrya carpinifolia
Fraxinus ornus
Corylus avellana
Pistacia terebinthus
Populus tremula
Rhamnus saxatile
Prunus dulcis
Laburnum anagyroides
Prunus mahaleb
Tab. 2 – Elenco specie erbacee che possono essere utilizzate negli interventi di ricostituzione
della vegetazione
Festuca cinerea
(semi e cespi)
Festuca dimorpha
(cespi e semi)
Festuca inops
(semi e cespi)
Festuca pallens
(semi e cespi)
Sesleria tenuifolia
(semi e cespi)
Sesleria nitida Ten.
(semi e cespi)
Koeleria splendens
(semi e cespi)
Rumex scutatus
(semi)
Drypis spinosa subsp. spinosa
(semi)
Ononis cristata subsp. apennina
(semi)
Scabiosa crenata
(cespi e semi)
Attraverso la sovrapposizione della Carta della vegetazione con quella delle
Aree percorse dal fuoco e quella del Rischio di incendio è stato possibile definire gli
interventi puntuali per ciascuna area incendiata da realizzare nel periodo di validità
del Piano AIB e riportati in maniera analitica sulla specifica Carta della zonazione
degli interventi.
- 115 -
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Questa, in particolare, definisce misure specifiche di intervento da realizzare
esclusivamente nelle aree precedentemente interessate da incendio secondo le
indicazioni di massima fornite nei paragrafi precedenti.
Di altra natura e scopo sono invece le misure, sempre a carattere selvicolturali,
descritte nel capitolo 3.3 e riferibili invece ai soli interventi di prevenzione.
Di seguito sono inoltre riportate due schede progetto estrapolate dalla sopra
menzionata Carta che richiedono una particolare cura ed attenzione nella
realizzazione dell’intervento di ripristino ambientale sia per la particolare dimensione
dell’incendio che le ha interessate che per la notevole importanza naturalistica
rivestita dalle stesse.
6.2 Catasto delle aree percorse dal fuoco
Il Catasto delle aree percorse dal fuoco costituisce elemento cardine del sistema
sul quale è basato il presente Piano.
La Legge quadro sugli incendi boschivi raccoglie dalla legislazione precedente
l’obbligo di compilare, trasmettere e mantenere un registro delle aree percorse dal
fuoco. Tale adempimento era di stretta pertinenza dei singoli Comuni che,
annualmente,
avrebbero
dovuto
mantenere
aggiornato,
anche
attraverso
un’opportuna cartografia, l’inventario delle aree percorse dal fuoco nell’anno
precedente.
L’Ente Parco intende organizzare e gestire un proprio “Catasto delle aree
percorse dal fuoco” essendo queste sezione del piano stesso un elemento
indispensabile per la previsione e prevenzione degli incendi boschivi.
Il carattere di continuo e costante aggiornamento del Piano antincendio boschivo
si concretizza infatti nella predisposizione, sui dati riferiti all’anno precedente, della
“Carta della probabilità di incendio” e della connessa “Carta del rischio di incendio”
per giungere all’individuazione delle aree potenzialmente interessate a tale calamità
nell’anno successivo.
Il corretto mantenimento del Catasto riveste quindi estremo valore per la
pianificazione, programmazione e gestione degli interventi preventivi. La conoscenza
delle aree percorse dal fuoco consente di programmare campagne di studio e
monitoraggio delle capacità naturali di ripresa possedute dalla vegetazione nelle
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
diverse condizioni stazionali e di progettare sulla scorta di questi dati gli eventuali
interventi di ricostituzione boschiva.
Il Catasto incendi si compone di due sezioni distinte che vengono aggiornate
annualmente.
Nella prima sono contenuti i dati statistici relativi agli incendi accaduti e distinti
per Comune, data di accadimento, tipologia, cause scatenanti.
Considerando l’entrata in vigore della legge 353/2000 si è assunto come limite
temporale il 2001con le registrazioni nel Catasto.
Nella seconda sezione sono state invece predisposte delle schede analitiche dei
singoli eventi di incendio potendo anche disporre di una precisa circoscrizione
dell’area incendiata effettuata con strumenti gps.
6.2.1 Dati statistici sugli incendi
- 117 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ANNO 2002
Comune
Tipo Vegetazione
Localita’
Campotosto
Carpineto
Collenoveri
Croce Di Forca
Rocca S. Maria
Pietralta
Rocca S. Maria
Valle Cupa
Amatrice
Amatrice
Data
Incendio
Origine
Incendio
01.50.00
Roverella Carpino Orniello
20 Febbraio
Dolosa
02.00.00
Faggio Carpino Castagno
1 Marzo
Dolosa
Roverella Carpino Orniello
3 Marzo
Saletta
Castel Trione
Dolosa
18 Marzo
Dolosa
17 Marzo
Dolosa
Colposa
Piani Cattini
Pascolo Cespugliato
11 Marzo
Campotosto
Castel Paganica
Prato Pascolo
17 Marzo
Dolosa
S. Martino
Prato Lungo
Prato Pascolo
16 Marzo
Dolosa
Amatrice
Le Crescette
Cerro
02 Aprile
Ignota
Campotosto
Colle Valle Bove
Arbusti
01 Aprile
Dolosa
Tevere
Latifoglie
- 118 -
01.00.00
Dolosa
3 Marzo
Rocca S. Maria
Non
boscata
8 Marzo
Rovi Ginestre
Cotico Erboso
S. Martino
Boscata
Cerro
Fosso Del Pentito
S. Martino
Superficie percorsa
dal f uoco
06 Luglio
Dolosa
Dolosa
-------------------
00.24.00
02.74.61
01.00.00
09.00.00
------------01.14.00
00.30.00
10.00.00
------------------------03.00.00
------------04.00.00
00.01.00
00.05.00
-----------------00.03.00
02.00.00
05.00.00
00.20.00
02.50.00
------------------
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ANNO 2003
Comune
Arquata del Tronto
Valle Castellana
Acquasanta Terme
Capitignano
Valle Castellana
Amatrce
Capitignano
Capitignano
Valle Castellana
Crognaleto
Isola del Gran Sasso
Bussi sul Tirino
Rocca S.Maria
Rocca S. Maria
Acquasanta Terme
Località
Tipo Vegetazione
S. Silvestro
Pietrata
Viaccianese
Sivignano
Rio di Lame
Coragna
Cafasse
Cafasse
Macchia da Sole
Pacinette
Colle Romano
Rocca Tagliata
Forno
Acquaratola
Pito
- 119 -
Data
Origine Incendio
Località
Già
Bruciata
Superficie
Bruciata
Ha
Sterpaglia alta macchia
26/03/03
Colposa
Si
09 56 52
Bassa e alta macchia
27/03/03
Dolosa
Si
01 41 44
Alta macchia
27/03/03
Colposa
No
01 05 32
Erba sterpaglia
26/03/03
Colposa
No
00 21 31
18/04/03
Dolosa
Si
00 64 03
20/04/03
Dolosa
No
00 42 62
05/05/03
Colposa
No
00 15 52
07/05/03
Dolosa
No
00 58 58
Si
19 97 57
Erba
sterpaglia
Erba
sterpaglia
Arbusti
sterpaglia
Arbusti
alta macchia
Arbusti alta
macchia
Arbusti sterpaglia
alta macchia
29.07.03
Dolosa
21.07.03
Accidentale
No
00 67 51
Erba sterpaglia
28.07.03
Ignota
No
00 20 00
Fustaia di conifere
19/08/03
Ignota
Si
97 71 06
Arbusti bassa macchia
sterpaglia
23/08/03
Dolosa
No
07 79 65
Alta macchia
23/08/03
Dolosa
No
02 73 37
Alta macchia
cedui fustaie
29/08/03
Colposa
Si
06 41 56
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ANNO 2004
Comune
Valle Castellana
Capestrano
Isola del Gran Sasso
Origine incendio
Località già
bruciata
Superficie
bruciata
ha
21/03/04
Dolosa
No
05 50 00
Sterpaglia ginestre
25/08/04
Ignota
No
00 05 00
Erba sterpaglia
29/10/04
Colposa
No
00 60 00
Località
Tipo di vegetazione
Leofara (La Croce)
Sterpaglia arbusti bassa
macchia
Scarafano
Cerchiara
dATA
ANNO 2005
Comune
Villa Celiera
Località Incendio
Tipo di Vegetazione
Origine Incendio
Località già
bruciata
Superficie
bruciata
Ha
Santa Maria Scalate
Sterpaglia arbusti bassa
macchia e sporadica
presenza di piante da frutto
dolosa
NO
02 00 00
- 120 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ANNO 2006
Località Incendio
Tipo di Vegetazione
Data
Origine Incendio
Superficie
Non boscata
In
Ha
Valle Castellana
Basto
14/02
dolosa
/
04 50 00
Villa Celiera
Rapuccio
Bosco ceduo matricinato
Bosco rado e fortemente
degradato, incolto
04/03
ignota
05.00.00
00.20.00
Bosco, incolto, pascolo e prato
29/03
colposa
0.25.00
00.46.20
Incolto Cespugliato
Incolto
Ceduo, boschi radi, incolto,
pascolo e prato
Incolto, pascolo e prato
Incolto
Alto fusto, incolto e pascolo
prato
30/03
06/04
dolosa
0.30.00
0.00.70
/
/
08/04
colposa
0.91.50
00.24.00
11/04
17/04
dolosa
ignota
00.50.00
00.20.00
/
/
09/11
dolosa
00.08.00
00.08.00
Alto fusto latifoglie
11/11
dolosa
/
00.32.00
Incolto
Ceduo
Ceduo
15/11
29/11
05/12
ignota
dolosa
dolosa
00.12.00
/
/
/
0.09.00
3.01.02
Comune
Rocca Santa Maria
Arquata del Tronto
Piane in Frazione di
Aiello
Cerchiara
Vadillo
Le Piane Frazione
Spelonga
Canili
Le Piane
Cortino
Comignano
Crognaleto
Isola del Gran Sasso
Fano Adriano
Arquata del Tronto
Arquata del Tronto
Valle Castellana
Valle Castellana
Rocca Santa Maria
Le Piane Castelluccio di
Spelonga
Rio di Lame
Colle San Sisto
San Biagio
- 121 -
Superficie
boscata In Ha
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
ANNO 2007
- 122 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
6.3 Stima dei danni
L’ambiente, inteso come complesso di fattori fisici, chimici, biologici e
paesaggistici, è in grado di fornire un complesso di risorse e servizi ai singoli ed
all’intera collettività.
Dal punto di vista estimativo, le funzioni espletate dei beni ambientali possono
essere classificate come: produttive (legname, pietrame, ecc.); non produttive che, a
loro volta si dividono in positive (dai boschi: ambiente salubre, protezione del suolo,
paesaggistica, ecc.) e negative (dalle cave: deturpazione del paesaggio, sottrazione
di spazi, ecc.).
L’Ente Parco, per sua istituzione, ha tra le proprie finalità quella di proteggere
l’ambiente in senso lato ed, in particolare, le formazioni naturali, vegetali geologiche
oltre che tutelare e garantire le attività antropiche tradizionali e compatibili con tali
esigenze.
Gli incendi colpiscono soprattutto le formazioni vegetali arboree arrecando gravi
danni agli ecosistemi montani ed all’assetto idrogeologico del suolo.
Nel corso dei secoli, le funzioni svolte dai boschi sono state valutate
diversamente e quasi sempre con netta prevalenza degli aspetti puramente
economici e con funzioni produttive. Solo nel secolo scorso si è cominciato ad
attribuire al bosco un’importanza più ampia soprattutto nella difesa del suolo e quindi
con funzioni protettive; più di recente, è stata introdotta anche una funzione
ambientale più generale ed associata strettamente ad una funzione ricreativa. La
prevalenza dell’una o dell’altra funzione dipende da numerosi fattori tra cui
sicuramente la posizione e l’accessibilità del bosco, la distanza dai centri abitati,
l’economia delle popolazioni locali e la qualità di quelle forestali. In ogni caso, la
distinzione tra boschi con funzioni produttive, protettive e ricreative è assolutamente
artificiosa non essendo possibile, materialmente, valutare con precisione quale delle
suddette finzioni siano efficacemente svolte da un bosco. Infatti, il bosco è un
ecosistema con regole proprie in grado di adempiere contemporaneamente tutte le
funzioni che gli sono attribuite e queste in ogni caso hanno pari dignità, valore ed
importanza.
La funzione produttiva potrebbe essere considerata di secondaria importanza:
in tempi recenti il legno era la principale fonte energetica ed alimentava una fiorente
- 123 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
industria come quella dei mobili e della carta. Accanto a questa, il pascolo e la
raccolta dei frutti selvatici costituivano ulteriori utilizzazioni produttive dei boschi.
Le funzioni ambientali dei boschi sono invece molto articolate e d’estrema
rilevanza. Su scala globale, le foreste svolgono importanti funzioni nei cicli
biogeochimici globali, assorbendo, nel corso della fase luminosa della fotosintesi,
anidride carbonica liberando, nel frattempo, grandi quantità di ossigeno.
Su scala più ridotta i boschi sono in grado di influenzare il bilancio idrico, la
stabilità del suolo, il clima e l’igiene atmosferica e la diversità biologica.
Il bosco contribuisce alla regimazione idrica dei corsi d’acqua alimentati dalle
precipitazioni, agendo sulla diminuzione delle portate di piena ed all’aumento di
quelle di magra. Il bosco, con la sua copertura ad ombrello, rallenta il corso
dell’acqua nel momento in cui cade al suolo e trattenendola nelle capacità naturali
del suolo e del soprassuolo.
Le procedure applicabili per la valutazione di questi beni naturali devono partire
dal presupposto che, in linea generale, tali beni o risorse risultano essere
irriproducibili e senza mercato.
I beni pubblici, quali quelli ambientali e culturali, sono entrati in questi ultimi anni
a pieno titolo tra quelli economici vista la progressiva riduzione della quantità
disponibile e conseguentemente dei servizi quali quantitativi che ad essi sono
connessi.
Tra i beni che oltre a fornire servizi di tipo qualitativo, sono anche in grado di
generare servizi di tipo quantitativo. L’esempio più diffuso è proprio quello dei boschi:
questi generano esternalità e prodotti legnosi.
La valutazione delle funzioni produttive ed, ancor meglio, di quelle non
produttive del bosco e per le quali non esiste un prezzo di mercato risulta operazione
piuttosto complessa sia per la mancanza di riferimenti mercantili sia perché il valore
deve essere espressione, non di un operatore economico, ma dell’intera collettività.
Analogamente, la determinazione del valore attribuibile alla perdita o
danneggiamento di un bene ambientale a causa di incendio impone la valutazione di
tanti parametri quante saranno le funzioni “non economiche” individuabili nel bene
stesso.
- 124 -
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
E, proprio nelle aree protette vengono tutelati in via prioritaria gli aspetti non
monetizzabili dell’ambiente, preferendo all’interesse del singolo quello della
collettività, intesa come insieme dei cittadini che traggono benefici diretti ed indiretti
derivante dalla presenza stessa del bene.
Il valore quindi attribuibile ai beni ambientali deve essere un valore che tenga
conto dell’utilità che i beni manifestano nei confronti della totalità degli utenti
potenziali. Si dovrà allora parlare di Valore Economico Totale o, ancora meglio, di
Valore Territoriale.
Il primo considera della risorsa bosco ogni possibile motivo di apprezzamento
da parte della collettività e comprende anche l’utilità prodotta da forme di godimento
che esulano dall’uso diretto o indiretto del bosco e derivano dall’esistenza di una
sensibilità ecologica o da pulsioni interiori di carattere etico.
Il secondo rappresenta invece la capitalizzazione di tutte le utilità dirette ed
indirette per la collettività che provengono dalle risorse combinate del territorio.
In tale ottica, l’impostazione di una stima dei danni arrecati dagli incendi
boschivi nei Parchi Nazionali non appare adeguata alle finalità istitutive delle aree
protette.
Pertanto, si ritiene utile valutare in questa sede i costi del ripristino ambientale
inteso come rimozione ed eliminazione dei residui dell’incendio, interventi di difesa
del suolo e
di ricostituzione boschiva in relazione ai benefici diretti ed indiretti
conseguenti il ripristino.
Tali opere richiedono valutazioni circa le condizioni stazionali, la gravità dei
danni e le opportunità di intervenire in supporto ai processi naturali di
ricolonizzazione e conseguentemente dovranno essere progettate e realizzate
singolarmente, caso per caso.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
7. LEGISLAZIONE
7.1 Legislazione Europea
Regolamento (CE) n. 1485/2001: del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 che
modifica il regolamento (CEE) n. 2158/92 del Consiglio relativo alla protezione delle foreste nella
Comunità contro gli incendi. (G.U.C.E. del 20 luglio 2001 n. L 196).
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione(1),
visto il parere del Comitato economico e sociale(2),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
ai sensi della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),
considerando quanto segue:
(1) È opportuno sottolineare il ruolo fondamentale svolto dalle popolazioni rurali, in particolare dai
selvicoltori e dagli allevatori, principali detentori del patrimonio forestale europeo, e segnatamente
dalle loro organizzazioni professionali, nella definizione di piani regionali di difesa dagli incendi, nella
pratica di una selvicoltura preventiva e nelle misure di primo intervento, e la necessità di creare le
condizioni per un'effettiva partecipazione di questi operatori alla protezione delle foreste europee da
tale fattore abiotico.
(2) Il periodo di applicazione del regolamento (CEE) n. 2158/92(4) terminava il 31 dicembre 1996.
Tale regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 308/97(5). Nella sentenza pronunciata il
25 febbraio 1999 nelle cause riunite C-164/97 e C-165/97(6), la Corte di giustizia delle Comunità
europee ha annullato il regolamento (CE) n. 308/97 del Consiglio, ma ne ha conservato gli effetti fino
all'adozione di un nuovo regolamento che sostituisce quello annullato. È opportuno, al fine di garantire
la certezza del diritto, assicurare che le misure adottate in applicazione del regolamento annullato
permangano valide.
(3) Le foreste svolgono una funzione essenziale per preservare gli equilibri ecologici fondamentali, in
particolare per quanto riguarda il suolo, il regime delle acque, il clima, la fauna e la flora. Tali equilibri
ecologici sono indispensabili per un'agricoltura sostenibile e per la gestione dello spazio rurale.
(4) È opportuno prendere in considerazione l'importanza del bosco mediterraneo negli ecosistemi
degli Stati membri del sud della Comunità, soprattutto nelle regioni interessate da processi di
desertificazione.
(5) La conservazione del patrimonio forestale è di grande importanza dal punto di vista economico,
ecologico e sociale e contribuisce in particolare a salvaguardare la situazione sociale della
popolazione attiva nel settore dell'agricoltura e nelle zone rurali.
(6) La Comunità e gli Stati membri attribuiscono un'importanza particolare alla protezione del
patrimonio forestale e al riguardo hanno assunto impegni a livello internazionale in materia di sviluppo
sostenibile delle foreste e di protezione degli ecosistemi forestali, in particolare nel quadro della
Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo svoltasi a Rio nel 1992,
nonché in occasione delle tre Conferenze ministeriali paneuropee sulla protezione delle foreste in
Europa, svoltesi rispettivamente a Strasburgo nel 1990, a Helsinki nel 1993 e a Lisbona nel 1998.
L'azione comunitaria prevista dal regolamento (CEE) n. 2158/92 contribuisce a tener fede ai suddetti
impegni.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
(7) In virtù del regolamento (CEE) n. 2158/92 sono stati classificati come zone a rischio di incendio 60
milioni di ettari di foreste, superficie che corrisponde a quasi la metà della superficie totale delle
foreste europee.
(8) Il fuoco continua a rappresentare un fattore che limita lo sviluppo sostenibile delle foreste nelle
zone a rischio d'incendio.
(9) La protezione delle foreste dagli incendi contribuisce pertanto direttamente alla realizzazione degli
obiettivi di cui all'articolo 33, paragrafo 1, lettera b), del trattato.
(10) Il sistema comunitario d'informazione sugli incendi di foresta, istituito ai sensi dell'articolo 5 del
regolamento (CEE) n. 2158/92, ha consentito di mettere in atto una cooperazione comunitaria nel
settore degli incendi boschivi. Lo sviluppo di tale sistema consentirà di disporre di uno strumento
efficace per valutare meglio le iniziative di protezione delle foreste dagli incendi e per analizzarne più
approfonditamente le cause.
(11) È quindi opportuno proseguire l'azione prevista dal regolamento (CEE) n. 2158/92, in particolare
per rafforzare la coerenza delle misure forestali finanziate nelle zone che presentano rischi di
incendio, per intensificare la lotta contro le cause degli incendi, per migliorare i dispositivi di
prevenzione e di sorveglianza, nonché prorogarne di cinque anni la durata, per un totale di dieci anni
a partire dal 1o gennaio 1992.
(12) Le misure per l'esecuzione del regolamento (CEE) n. 2158/92 sono adottate in conformità della
decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle
competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).
(13) Il presente regolamento stabilisce, per tutta la durata dell'azione, una dotazione finanziaria che
costituisce per l'autorità di bilancio, nel quadro della procedura di bilancio annuale, il riferimento
privilegiato ai sensi del punto 33 dell'accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra il Parlamento
europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio(8) e il miglioramento della procedura
di bilancio.
(14) È necessario modificare di conseguenza il regolamento (CEE) n. 2158/92,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Il regolamento (CEE) n. 2158/92 è modificato come segue.
1) Gli articoli 9 e 10 sono sostituiti dai seguenti:
"Articolo 9
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente forestale (in seguito denominato 'il comitato').
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione
1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 10
1. L'azione è prevista per una durata di dieci anni a partire dal 1o gennaio 1992.
2. La dotazione finanziaria per l'attuazione dell'azione per il periodo 1997-2001 è pari a 49,4 milioni di
EUR.
Gli stanziamenti annui sono autorizzati dall'autorità di bilancio nei limiti delle prospettive finanziarie.
3. Prima dello scadere del periodo di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento
europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento e una proposta di
revisione attinente in particolare agli aspetti ecologici, economici e sociali (valutazione qualitativa) e ai
risultati di un'analisi costi-benefici (valutazione quantitativa)."
2) All'articolo 2, paragrafo 5, all'articolo 4, paragrafo 4, e all'articolo 5, paragrafo 3, i termini "procedura
prevista all'articolo 9" sono sostituiti da "procedura prevista all'articolo 9, paragrafo 2".
Articolo 2
- 127 -
____________________PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA______________
PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Qualunque riferimento a una misura adottata in applicazione del regolamento (CE) n. 308/97 del
Consiglio va inteso come riferimento a una misura adottata in applicazione del presente regolamento,
a decorrere dalla data di entrata in vigore di quest'ultimo.
Articolo 3
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno
degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2001.
Per il Parlamento europeo
La Presidente
N. Fontaine
Per il Consiglio
Il Presidente
B. Rosengren
(1) GU C 307 E del 26.10.1999, pag. 33 e
GU C 96 E del 27.3.2001, pag. 365.
(2) GU C 51 del 23.3.2000, pag. 24.
(3) Parere del Parlamento europeo del 6 luglio 2000 (GU C 121 del 24.4.2001, pag. 176), posizione
comune del Consiglio del 26 febbraio 2001 (GU C 97 del 27.3.2001, pag. 5) e decisione del
Parlamento europeo del 13 giugno 2001.
(4) GU L 217 del 31.7.1992, pag. 3.
(5) GU L 51 del 21.2.1997, pag. 11.
(6) Raccolta della giurisprudenza 1999, pag. I-1139.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU C 172 del 18.6.1999, pag. 1.
7.2 Legislazione civile
R.D.L. 30.12.1923 n. 3267 "Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di
terreni montani" (Legge Forestale). Si tratta della normativa fondamentale in materia forestale: ha
creato un piano organico sulla politica forestale nazionale definendo i compiti della Guardia Forestale
ed istituendo i vincoli idrogeologici. Nella legge vengono posti i primi vincoli sui terreni boschivi e
vengono predisposte, negli artt. 8, 9,10, e 11, le "Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale"
(P.M.P.F) che prevedono una serie di limitazioni e cautele per la tutela dei boschi. In particolare,
riguardo la prevenzione e la repressione del pericolo degli incendi boschivi si fa riferimento ai
seguenti articoli:
ART. 9 lettera a): nei boschi di nuovo impianto o sottoposti a taglio generale o parziale, oppure
distrutti dagli incendi, non può essere ammesso il pascolo prima che lo sviluppo delle giovani Piante
e dei nuovi virgulti sia tale da escludere ogni pericolo di danno.
ART. 33: chiunque, in occasione di incendio nei boschi, vincolati o no, rifiuta senza giustificato motivo
il proprio aiuto o servizio al funzionario che dirige l'opera di spegnimento, è punito a norma dell'art.
435 del Codice Penale così come modificato dall'art. 652 del nuovo codice penale (Arresto sino a 3
mesi, e l'ammenda sino a L. 600.000).
R.D. 16 maggio 1926 n. 1126: Approvazione del regolamento per l'applicazione del R.D. 30.12.1923
n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e terreni
montani. Con questa normativa vengono precisati i metodi di applicazione della Legge Forestale. In
particolare:
ART. 19: sancisce, tra l'altro, che le Prescrizioni di massima di Polizia Forestale sopra menzionate
dovranno anche stabilire i provvedimenti da adottare per Prevenire ed estinguere gli incendi nei
boschi e per ricostruire i boschi danneggiati o distrutti dagli incendi stessi.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
R.D. 18 giugno 1931 n. 773: Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in materia di incendi
prevede:
ART. 59: è vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie fuori dal tempo o senza e
condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata. In
mancanza di regolamenti è comunque vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima
del 15 agosto e ad una distanza minore di 100 metri da: case, edifici, boschi, piantagioni, siepi,
mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o
combustibile. Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo, nei modi ed alla distanza su indicata,
devono essere adottate le cautele necessarie a difesa della proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco
deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento.
17-BIS 1 (4).: Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 76, se il fatto è commesso
contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle
operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, 123, 124 e 135, comma quinto, limitatamente
alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni. . La stessa sanzione si applica
a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le
disposizioni di cui agli articoli 8 e 9. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto
previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108, 113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1,
126, 128, esclusele attività previste dall'art. 126, 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto
nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
trecentomila a lire due milioni (5) (9/cost).
IL DIVIETO ASSOLUTO DI EDIFICARE SUI SUOLI BOSCHIVI PERCORSI DAL FUOCO,
costituisce una norma fondamentale per la lotta contro le speculazioni edilizie. L'art. 2, comma 51,
della Legge n. 662/1996, dispone che non possono formare oggetto del condono edilizio
previsto dall'art. 39, della L. N. 724/1994 << le costruzioni abusive realizzate sopra e sotto il
soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o volontarie>>.
La legge prevede, in caso di violazione del divieto, una sanzione penale (reato contravvenzionale),
nella forma del pagamento di una ammenda.
Ferme restando le norme previste dagli artt; 423 e 449 del Codice Penale, le infrazioni alla Legge
Forestale 30.12.23 n. 3267, prevedono il pagamento di un'ammenda (6).
Inoltre, nel caso in cui si violi il divieto di nuove costruzioni in terreni percorsi dal fuoco,
l'Autorità Giudiziaria dispone, su proposta dell'Ispettore Forestale, il ripristino entro sei mesi dello
stato dei luoghi da eseguirsi a cura e spese del trasgressore in solido con il proprietario o il
possessore. Trascorso il termine predetto, in caso di inadempienza, i lavori di ripristino sono eseguiti
dall'Autorità Forestale e le relative spese sono anticipate dallo Stato con diritto di rivalsa nei confronti
del trasgressore.
Purtroppo, in mancanza di un regolamento di attuazione, la fondamentale funzione deterrente delle
sanzioni previste per i trasgressori del divieto di costruire sui terreni percorsi dal fuoco ha perso
efficacia, a causa dell'inerzia degli organi che dovrebbero vigilare (in particolare i comuni). Questo è
stato favorito in particolare dalla mancata istituzione fino al 1992 (e ancora in fase di realizzazione)
del catasto delle aree percorse dal fuoco. Addirittura, la legge n. 47 del 1985 sulla sanatoria degli
abusi edilizi ha condonato anche le costruzioni realizzate sulle aree colpite da incendi dando un vero
colpo di grazia alla legge 47 del 1975.
D. P. R. 24 luglio 1977, n. 616: Attuazione della delega cui all'art. l della L. 22 luglio 1975, n. 382,
questo decreto, modificando la L., n. 47/75, all'art.69, comma 3, ha trasferito "alle regioni le funzioni
di cui alla L. 1marzo 1975, n. 47, contenente norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi. I
piani di cui all'art. 1 della legge predetta vengono disposti dalle regioni anche sulla base di intese
interregionali. LE REGIONI provvedono altresì a costituire servizi antincendi boschivi. Resta ferma la
competenza dello Stato in ordine all’organizzazione e gestione, d'intesa con le regioni, del servizio
aereo di spegnimento degli incendi e dell'impiego del Corpo dei vigili del fuoco. LE REGIONI
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
partecipano anche all'organizzazione e all'attuazione delle attività di protezione civile di cui alla legge
n. 225 del 1992 "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile".
LEGGE 4 agosto 1984, n. 424: Inasprimento delle sanzioni amministrative a carico dei trasgressori
delle norme in materia dei boschi degli incendi. Questa legge ha raddoppiato e addirittura
quintuplicato le sanzioni previste dalla legge n. 47/75. Le leggi nn. 424/84 e 47/75 sono state
abrogate dalla L. n. 353/2000.
LEGGE 8 agosto 1985 n. 431: Tutela delle zone di particolare interesse ambientale (c. d. Legge
Galasso). Tale legge impone il vincolo paesaggistico indistintamente su tutti i territori coperti da
foreste e boschi anche se percorsi o danneggiati dal fuoco.
LEGGE 28 febbraio 1990, n. 49: Norme urgenti in materia di finanza locale e di rapporti finanziari
fra lo Stato e le regioni, nonché disposizioni varie.
ART. 30 BIS: Misure urgenti perla prevenzione degli incendi:
1. Concede alle Regioni Sardegna, Liguria e Sicilia un contributo straordinario per la realizzazione,
nel triennio 1990 -1992, dei sistemi organici di monitoraggio elettronico permanente a terra 24 ore
ogni tempo e di sistemi di controllo per la prevenzione degli incendi boschivi.
2. questi interventi devono essere definiti - entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della
legge di conversione del decreto nella Gazzetta Ufficiale - dalle regioni, sulla base dei piani regionali
di conservazione e difesa del patrimonio boschivo di cui alla L. n. 47/75 e devono interessare
prioritariamente le aree caratterizzate dai maggiori indici di pericolosità.
3. Disciplina le caratteriste tecniche dei sistemi di monitoraggio.
4. Dispone le modalità di investimento dei finanziamenti.
5. Autorizza le regioni a stipulare contratti e convenzioni con enti pubblici e privati.
LEGGE 24.2.1992, n. 225: Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. Il Servizio
nazionale della protezione civile è stato istituito al fine di "tutela" dell'integrità della vita i beni, gli
insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi
e da altri eventi calamitosi", tra cui rientrano anche gli incendi. Le strutture operative nazionali del
Servizio sono costituite dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, individuati quale "componente
fondamentale della protezione civile" nonché dagli organi di Polizia, quelli della Forestale e delle
organizzazioni di volontariato. Per le regioni vengono confermate le competenze in materia di incendi
e vengono attribuiti, anche a seguito della legge 142 del 1990 (riforma delle autonomie locali), poteri
di programmazione e predisposizione degli interventi, delle strutture e dei mezzi necessari per
l'espletamento delle attività di protezione civile.
LEGGE 21 NOVEMBRE 2000, N. 353
LEGGE-QUADRO IN MATERIA DI INCENDI BOSCHIVI
(PUBBLICATA NELLA GAZZETTA UFFICIALE N. 280 DEL 30 NOVEMBRE 2000)
Capo I
PREVISIONE, PREVENZIONE E LOTTA ATTIVA
Art. 1.
(Finalità e princìpi)
1. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dagli incendi
del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono
principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
2. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1 gli enti competenti svolgono in modo
coordinato attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi boschivi con mezzi
da terra e aerei, nel rispetto delle competenze previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
nonché attività di formazione, informazione ed educazione ambientale.
3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti sulla base delle
disposizioni di principio della presente legge entro e non oltre un anno dalla data di entrata in vigore
della stessa. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
alle finalità di cui alla presente legge secondo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle
relative norme di attuazione. Gli interventi delle strutture statali previsti dalla presente legge sono
estesi anche ai territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome interessate su
richiesta delle medesime e previe opportune intese.
Art. 2.
(Definizione)
1. Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate,
cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno
delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree.
Art. 3.
(Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi)
1. Le regioni approvano il piano regionale per la programmazione delle attività di previsione,
prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sulla base di linee guida e di direttive deliberate,
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, che si avvale, per quanto
di rispettiva competenza, dell'Agenzia di protezione civile, di seguito denominata "Agenzia", ovvero,
fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del
Consiglio dei ministri, di seguito denominato "Dipartimento", del Corpo forestale dello Stato e del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata".
2. Le regioni approvano il piano di cui al comma 1 entro centocinquanta giorni dalla deliberazione
delle linee guida e delle direttive di cui al medesimo comma 1.
3. Il piano, sottoposto a revisione annuale, individua:
a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio;
b) le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia;
c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata,
con l‚indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti;
d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l‚indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai
venti;
e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica;
f) le azioni determinanti anche solo potenzialmente l‚innesco di incendio nelle aree e nei periodi a
rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d);
g) gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di
monitoraggio satellitare;
h) la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le
procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi;
i) la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di
adeguate fonti di approvvigionamento idrico;
l) le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi
sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio;
m) le esigenze formative e la relativa programmazione;
n) le attività informative;
o) la previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso.
4. In caso di inadempienza delle regioni, il Ministro delegato per il coordinamento della protezione
civile, avvalendosi, per quanto di rispettiva competenza, dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva
operatività della stessa, del Dipartimento, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo
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forestale dello Stato, sentita la Conferenza unificata, predispone, anche a livello interprovinciale, le
attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture
operative delle province, dei comuni e delle comunità montane.
5. Nelle more dell'approvazione dei piani di cui al comma 1 restano efficaci, a tutti gli effetti, i piani
antincendio boschivi già approvati dalle regioni.
Art. 4.
(Previsione e prevenzione del rischio di incendi boschivi)
1. L‚attività di previsione consiste nell'individuazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettere c), d)
ed e), delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo nonché degli indici di pericolosità.Rientra
nell'attività di previsione l‚approntamento dei dispositivi funzionali a realizzare la lotta attiva di cui
all'articolo 7.
2. L‚attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il
potenziale innesco d'incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti.A
tale fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree a rischio di cui al
comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio, conformemente alle direttive di
cui all'articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei volti a migliorare l‚assetto vegetazionale
degli ambienti naturali e forestali.
3. Le regioni programmano le attività di previsione e prevenzione ai sensi dell'articolo 3.Possono
altresì, nell'ambito dell'attività di prevenzione, concedere contributi a privati proprietari di aree
boscate, per operazioni di pulizia e di manutenzione selvicolturale, prioritariamente finalizzate alla
prevenzione degli incendi boschivi.
4. Le regioni provvedono altresì alla predisposizione di apposite planimetrie relative alle aree a
rischio di cui al comma 1 e, nell'esercizio delle proprie competenze in materia urbanistica e di
pianificazione territoriale, tengono conto del grado di rischio di incendio boschivo del territorio.
5. Le province, le comunità montane ed i comuni attuano le attività di previsione e di prevenzione
secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni.
Art. 5.
(Attività formative)
1. Ai fini della crescita e della promozione di un‚effettiva educazione ambientale in attività di
protezione civile, lo Stato e le regioni promuovono, d‚intesa, l‚integrazione dei programmi didattici
delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado.
2. Le regioni curano, anche in forma associata, l‚organizzazione di corsi di carattere tecnico-pratico
rivolti alla preparazione di soggetti per le attività di previsione, prevenzione degli incendi boschivi e
lotta attiva ai medesimi.
3. Per l‚organizzazione dei corsi di cui al comma 2, le regioni possono avvalersi anche del Corpo
forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Art. 6.
(Attività informative)
1. Le amministrazioni statali, regionali e gli enti locali promuovono, ai sensi della legge 7 giugno
2000, n. 150, l‚informazione alla popolazione in merito alle cause determinanti l‚innesco di incendio e
alle norme comportamentali da rispettare in situazioni di pericolo.La divulgazione del messaggio
informativo si avvale di ogni forma di comunicazione e degli uffici relazioni con il pubblico, istituiti ai
sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
Art. 7.
(Lotta attiva contro gli incendi boschivi)
1. Gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi comprendono le attività di ricognizione,
sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei.
2. Ai fini di cui al comma 1, l‚Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, il
Dipartimento, garantisce e coordina sul territorio nazionale, avvalendosi del Centro operativo aereo
unificato (COAU), le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato,
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
assicurandone l‚efficacia operativa e provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento di essa.
Il personale addetto alla sala operativa del COAU è integrato da un rappresentante del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
3. Le regioni programmano la lotta attiva ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, lettera h), e
assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali istituendo e
gestendo con una operatività di tipo continuativo nei periodi a rischio di incendio boschivo le sale
operative unificate permanenti (SOUP), avvalendosi, oltre che delle proprie strutture e dei propri
mezzi aerei di supporto all'attività delle squadre a terra:
a) di risorse, mezzi e personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello
Stato in base ad accordi di programma;
b) di personale appartenente ad organizzazioni di volontariato, riconosciute secondo la vigente
normativa, dotato di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora
impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco;
c) di risorse, mezzi e personale delle Forze armate e delle Forze di polizia dello Stato, in caso di
riconosciuta e urgente necessità, richiedendoli all'Autorità competente che ne potrà disporre l‚utilizzo
in dipendenza delle proprie esigenze;
d) di mezzi aerei di altre regioni in base ad accordi di programma.
4. Su richiesta delle regioni, il COAU interviene, con la flotta aerea di cui al comma 2, secondo
procedure prestabilite e tramite le SOUP di cui al comma 3.
5. Le regioni assicurano il coordinamento delle operazioni a terra anche ai fini dell'efficacia
dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi boschivi. A tali fini, le regioni possono
avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi del Corpo
medesimo.
6. Il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla presente
legge deve essere prevalentemente impiegato nelle attività di prevenzione di cui all'articolo 4 e
reclutato con congruo anticipo rispetto ai periodi di maggiore rischio; ai fini di tale reclutamento, è
data priorità al personale che ha frequentato, con esito favorevole, i corsi di cui all'articolo 5, comma
2. Le regioni sono autorizzate a stabilire compensi incentivanti in rapporto ai risultati conseguiti in
termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco.
Art. 8.
(Aree naturali protette)
1. Il piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3 prevede per le aree naturali protette regionali,
ferme restando le disposizioni della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni,
un‚apposita sezione, definita di intesa con gli enti gestori, su proposta degli stessi, sentito il Corpo
forestale dello Stato.
2. Per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato è predisposto un apposito piano dal Ministro
dell'ambiente di intesa con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo
forestale dello Stato.Detto piano costituisce un‚apposita sezione del piano regionale di cui al comma
1 dell'articolo 3.
3. Le attività di previsione e prevenzione sono attuate dagli enti gestori delle aree naturali protette di
cui ai commi 1 e 2 o, in assenza di questi, dalle province, dalle comunità montane e dai comuni,
secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni.
4. Le attività di lotta attiva per le aree naturali protette sono organizzate e svolte secondo le
modalità previste dall'articolo 7.
Art. 9.
(Attività di monitoraggio e relazione al Parlamento)
1. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero,
fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, svolge attività di monitoraggio sugli
adempimenti previsti dalla presente legge e, decorso un anno dalla data di entrata in vigore di
quest'ultima, riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della legge stessa.
Capo II
FUNZIONI AMMINISTRATIVE E SANZIONI
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Art. 10.
(Divieti, prescrizioni e sanzioni)
1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una
destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque
consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e
dell'ambiente.In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati
entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato
il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti
soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti
civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data
precedente l‚incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa
autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di
rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo
specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o
dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle
situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici.
Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco,
il pascolo e la caccia.
2. I comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al
comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco
nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato.Il
catasto è aggiornato annualmente. L'elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta
giorni all'albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano
le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le
relative perimetrazioni. E‚ ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni
relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per
ciascun divieto, dal medesimo comma 1.
3. Nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco
ai sensi del comma 1 si applica una sanzione amministrativa, per ogni capo, non inferiore a lire
60.000 e non superiore a lire 120.000 e nel caso di trasgressione al divieto di caccia sui medesimi
soprassuoli si applica una sanzione amministrativa non inferiore a lire 400.000 e non superiore a lire
800.000.
4. Nel caso di trasgressioni al divieto di realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture
finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive su soprassuoli percorsi dal fuoco ai sensi del
comma 1, si applica l‚articolo 20, primo comma, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47.Il
giudice, nella sentenza di condanna, dispone la demolizione dell'opera e il ripristino dello stato dei
luoghi a spese del responsabile.
5. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni, individuate ai
sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera f), determinanti anche solo potenzialmente l‚innesco di
incendio.
6. Per le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 si applica la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma non inferiore a lire 2.000.000 e non superiore a lire 20.000.000.Tali
sanzioni sono raddoppiate nel caso in cui il responsabile appartenga a una delle categorie descritte
all'articolo 7, commi 3 e 6.
7. In caso di trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 da parte di esercenti attività turistiche, oltre alla
sanzione di cui al comma 6, è disposta la revoca della licenza, dell'autorizzazione o del
provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività.
8. In ogni caso si applicano le disposizioni dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sul diritto
al risarcimento del danno ambientale, alla cui determinazione concorrono l'ammontare delle spese
sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo e al suolo.
Art. 11.
(Modifiche al codice penale)
1. Dopo l‚articolo 423 del codice penale è inserito il seguente:
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
"Art. 423-bis. - (Incendio boschivo). ˆ Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste
ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da
quattro a dieci anni.
Se l‚incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a
cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo
per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio
deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente".
2. All'articolo 424, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "chiunque" sono inserite le
seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 423-bis,".
3. All'articolo 424, secondo comma, del codice penale le parole: "dell'articolo precedente" sono
sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 423".
4. All'articolo 424 del codice penale, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
"Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento,
segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423-bis".
5. All'articolo 425, alinea, del codice penale, le parole: "dai due articoli precedenti" sono sostituite
dalle seguenti: "dagli articoli 423 e 424".
6. All'articolo 425 del codice penale, il numero 5) è abrogato.
7. All'articolo 449, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "Chiunque" sono inserite le
seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell'articolo 423-bis,".
Capo III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE, ABROGAZIONE DI NORME ED ENTRATA IN VIGORE
Art. 12.
(Disposizioni finanziarie)
1. Entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le risorse
finanziarie, ad eccezione di quelle destinate all'assolvimento dei compiti istituzionali delle
amministrazioni statali competenti, iscritte nelle unità previsionali di base per la lotta agli incendi
boschivi, individuate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali e con il Ministro delegato per
il coordinamento della protezione civile, sono trasferite in apposite unità previsionali di base del
centro di responsabilità n. 20 "Protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica per analoga destinazione.
2. In sede di prima applicazione della presente legge, per lo svolgimento delle funzioni di cui agli
articoli 1, comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, lo Stato trasferisce alle regioni, nel
triennio 2000-2002, la somma di lire 20 miliardi annue, di cui lire 10 miliardi ripartite
proporzionalmente al patrimonio boschivo rilevato dall'inventario forestale nazionale, costituito presso
il Corpo forestale dello Stato, e lire 10 miliardi suddivise in quote inversamente proporzionali al
rapporto tra superficie percorsa dal fuoco e superficie regionale boscata totale prendendo a
riferimento il dato medio del quinquennio precedente; alla predetta ripartizione provvede il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; di tali risorse le regioni provvedono a
trasferire agli enti locali territoriali la parte necessaria allo svolgimento delle attribuzioni loro conferite
dalla presente legge. Al predetto onere si provvede per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002,
nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione
del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l‚anno finanziario 2000,
allo scopo utilizzando l‚accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. A decorrere dall'anno finanziario 2003, per il finanziamento delle funzioni di cui agli articoli 1,
comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, si provvede con stanziamento determinato dalla
legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni. La ripartizione delle risorse fra le regioni avviene con le medesime modalità
di cui al comma 2.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 6 e 7 connessi all'esercizio di funzioni di
competenza dello Stato si provvede nei limiti degli ordinari stanziamenti assegnati agli organi
competenti.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
5. Per la sperimentazione di tecniche satellitari ai fini dell'individuazione delle zone boscate di cui
all'articolo 10, comma 1, nonché ai fini di cui all'articolo 3, comma 3, lettera g), è autorizzata la spesa
di lire 3 miliardi per l‚anno 2000, da iscrivere nell'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la
protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per la successiva assegnazione all'Agenzia a decorrere dall'effettiva
operatività della stessa.Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di
base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica per l‚anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando
l‚accantonamento relativo al medesimo Ministero.
6. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l‚attuazione della presente legge.
7. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero,
fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, effettua una ricognizione delle somme
assegnate con i provvedimenti di cui alla presente legge ad enti e dagli stessi non utilizzate, in tutto o
in parte, entro diciotto mesi a decorrere dalla data del provvedimento di assegnazione dei
finanziamenti.Con decreto del medesimo Ministro si provvede alla revoca, totale o parziale, dei
provvedimenti di assegnazione, laddove si riscontri il mancato utilizzo delle relative somme da parte
degli enti assegnatari; tali somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere
riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
all'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la protezione civile" dello stato di previsione del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e possono essere impiegate,
mediante ordinanze emesse ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per esigenze
connesse all'attuazione della presente legge e volte in particolare ad eliminare situazioni di pericolo
non fronteggiabili in sede locale; all'attuazione degli interventi provvede il Ministro delegato per il
coordinamento della protezione civile, in deroga alle norme vigenti e nel rispetto dei principi generali
dell'ordinamento.
Art. 13.
(Norme abrogate ed entrata in vigore)
1. Sono abrogate tutte le norme in contrasto con la presente legge e in particolare:
a) la legge 1º marzo 1975, n. 47, recante norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi;
b) il decreto-legge 10 luglio 1982, n. 428, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982,
n. 547, recante misure urgenti per la protezione civile.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.
MINISTERO DELL’AMBIENTE
SERVIZIO CONSERVAZIONE DELLA NATURA
N. SCN/DG/2000/14281
Circolare ai Comuni in tema di incendi boschivi
Roma, 8 settembre 2000
Ai Commissari di Governo nelle Regioni e Province Autonome
Ai Prefetti della Repubblica
p.c.
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento per gli Affari Regionali
Al Ministero dell’Interno
Direzione Generale dell’Amministrazione Civile
Alle Regioni e Province Autonome
All’ANCI
All’UNCEM
All’UPI
Ai Presidenti degli Enti Parco Nazionali
Alla Segreteria Conferenza Unificata
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Oggetto: Sollecito alle segnalazioni di incendi in base all’art. 9 della Legge 1 marzo 1975 n. 47
“Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”.
L’art. 9 della legge 1° marzo 1975, n. 47 (come modificato dall’art. 1/bis della legge del 29
ottobre 1993, n. 428) ha previsto che "E’ fatto obbligo al Sindaco di compilare e trasmettere entro il
mese di ottobre di ogni anno, alla Regione ed al Ministero dell’Ambiente una planimetria, in adeguata
scala, del territorio comunale percorso dal fuoco; in tale territorio non sono consentite destinazioni
d’uso diverse da quelle in atto prima dell’incendio per almeno dieci anni”.
Atteso che negli anni passati numerosi comuni non hanno ottemperato al disposto legislativo,
anche per mera non conoscenza della citata legge, si pregano le SS.LL. di voler sensibilizzare, nelle
forme ritenute più idonee, i sindaci affinché inviino a questa amministrazione, entro il 31 ottobre p.v., i
necessari dati e relative planimetrie delle aree percorse dal fuoco.
Al fine di rendere omogenei i dati, si allega alla presente una scheda di rilevamento che
dovrà essere redatta dai comuni interessati e fatta pervenire all’indirizzo riportato in calce alla
presente.
Atteso che la normativa di riferimento richiede che venga contemporaneamente inviata una
cartografia del territorio percorso dal fuoco si specifica che a tal fine dovrà essere utilizzata
cartografia I.G.M. al 25000 od altra cartografia tecnica regionale, laddove già disponibile.
Con l’occasione, si ritiene opportuno che venga anche rammentato che, a termini dello
stesso articolo di legge sopra richiamato, in tutti gli atti di compravendita di aree e di immobili
ricadenti nei territori percorsi dal fuoco deve essere espressamente richiamato, a pena di nullità
dell’atto, il vincolo decennale che fa divieto di modifica della destinazione d’uso rispetto a quelle in
atto prima dell’incendio.
7.3 Legislazione penale
Il codice penale divide gli incendi boschivi in tre categorie: Incendi dolosi,
danneggiamenti da incendio e incendi colposi.
Incendi dolosi:
Si ha il DOLO quando l'evento non solo è preveduto ma anche voluto dall'agente.
Quindi, agisce dolosamente colui che appicca il fuoco in un'aria verde con il preciso
scopo e finalità di bruciarla. Questo tipo di reato è previsto dai seguenti articoli del
Codice Penale:
Gli articoli del codice penale sono aggiornati in base alla conversione in
Legge n. 275 del 6. 10. 2000 del d. l. - del 4.08.2000, e alla Legge quadro n.
353/2000.
Art. 423 C.P.: (Incendio).
Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette
anni.
La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa
propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica .
Art. 423-bis C.P.:
(Incendio boschivo).
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Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero sui vivai
forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da
quattro a dieci anni.
Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della
reclusione da uno a cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se
dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della
metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente
Art. 425 C.P.:
(Circostanze aggravanti).
Nei casi preveduti dagli articoli 423 e 424, la pena è aumentata se il fatto è
commesso:
1) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro
dipendenze;
2) su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o
cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a
raccogliere e condurre le acque;
3) su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili ;
4) su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri
depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti,
infiammabili o combustibili;
Art. 435 C.P. : ("Fabbricazione e detenzione di materie esplodenti").
Chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o
detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti tossiche o
infiammabili ovvero sostanze che servono alla composizione o alla fabbricazione di
esse è punito con la reclusione da uno a cinque anni
Danneggiamento seguito da incendio
La differenza con la categoria precedente consiste nel fatto che l'azione non viene
compiuta con l'intenzione di provocare un incendio, bensì con la semplice intenzione
di danneggiare la cosa altrui (es.: appiccare il fuoco a delle strutture segnaletiche o
ricreative di un Parco nazionale, ad una pianta isolata, oppure, nel caso di una lite
tra vicini di podere, quando il fuoco viene appiccato per dispetto nel campo del
confinante ma le fiamme non raggiungono, neanche potenzialmente le
caratteristiche di diffusione e pericolosità per l'incolumità pubblica. E' il caso anche
del fuoco che viene appiccato ad un piccolo insieme di piante isolate e subito spento
senza creare alcun pericolo. Questo tipo di reato è previsto dal seguente articolo:
Art. 424 C.P.: (Danneggiamento seguito da incendio)
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 423-bis, al solo scopo
di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito,
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se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due
anni.
Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo 423, ma la pena
è ridotta da un terzo alla metà.
Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali
destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste
dall'art. 423 Bis.
INCENDI BOSCHIVI COLPOSI.
Un reato si definisce colposo quando il fatto viene compiuto per imprudenza,
negligenza o imperizia.
Un reato è quindi colposo quando manca la volontà
caratterizza il dolo. Tutti coloro quindi che, a causa di
irresponsabile, pur recandosi in un bosco senza avere
provocano ugualmente un incendio, compiono un reato
reato è previsto dal seguente articolo:
ART. 449. C.P.:
dell’evento che invece
una condotta incivile e
l’intenzione di bruciarlo,
colposo. Questo tipo di
(Delitti colposi di danno).
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’articolo
423-bis, cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo
primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di
sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un
aeromobile adibito a trasporto di persone.
Omissione colposa di cautele o difese contro disastri
Art. 451 C.P. : Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende
inservibile apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio è punito
con la reclusione fino ad 1 anno e con la multa da lire 200 mila a 1 milione.
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7.4 Prontuario delle Sanzioni
VIOLAZIONE
SANZIONE
Cagionamento d’incendio.
Reclusione da 3 a 7 anni (Art. 423 c.p.).
Cagionamento di un incendio su boschi, selve o Reclusione da quattro a dieci anni. (Art.
foreste ovvero sui vivai forestali destinati al 423 bis 1° comma c.p. introdotto con L.
rimboschimento, propri o altrui.
n. 275/2000).
Se l’incendio su boschi, selve o foreste ovvero sui Reclusione da uno a cinque anni. (Art. 423
vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o bis 2° comma c.p. introdotto con L. n.
altrui è cagionato per colpa.
275/2000).
Aggravante per il 1° e 2° comma dell’art. 423-bis Nei casi previsti dal 1° e 2° comma dell’art.
del c.p.
edifici
se dall’incendio deriva pericolo per 423-bis del c.p. Le pene previste sono
o
danno
su
aree
protette. aumentate della metà. (Art. 423 bis 3° e 4°
comma c.p. introdotto con L. n.
275/2000).
Aggravante per il 1° e 2° comma dell’art. 423- Nei casi previsti dal 1° e 2° comma
bis del c.p.se dall’incendio deriva un danno dell’art. 423-bis del c.p. Le pene previste
sono aumentate (Art. 423 bis 3° e 4° comma
grave,
esteso e persistente all’ambiente
c.p. introdotto con L. n. 275/2000).
Cagionamento di pericolo d’incendio allo scopo Reclusione da 6 mesi a 2 anni (Art. 424 c.p.).
di danneggiare la cosa altrui.
Se segue l’incendio, si applicano le
disposizioni dell’art. 423 c.p. con pena ridotta
da 1/3 alla metà. (Art. 424 c.p. modificato
con L. n. 275/2000). Se al fuoco appiccato
a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali
destinati al rimboschimento, segue l'incendio,
si applicano le pene previste dall'art. 423-bis
(Art. 424 c.p., comma 3, introdotto dalla L.
353\2000)
Incendio colposo considerato al di fuori delle
ipotesi
previste
nel
secondo
comma
dell’articolo 423-bis, per il, cagionamento, per
colpa, di un incendio.
Reclusione da 1 a 5 anni (Art. 449 c.p.
modificato con L. n. 275/2000).
Omissione colposa di collocazione ovvero
rimozione o danneggiamento di apparecchi o altri
mezzi destinati all’estinzione degli incendi.
Reclusione fino ad 1 anno e multa da L.
200.000 a L. 1.000.000 (Art. 451 c.p.).
Rifiuto del proprio aiuto o servizio al
funzionario che dirige l’opera di spegnimento, in
occasione di incendi nei boschi.
Arresto sino a 3 mesi e ammenda sino a L.
600.000 (R.D.L. n. 3267/1923 art. 33).
Violazione di norme di polizia Forestale. (L.
950/1967).
Sanzione da L. 100.000 a L. 1.000.000 (L.
950/1967 art. 3).
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Bruciatura di stoppie fuori del tempo o senza
le condizioni stabilite dai regolamenti locali o
senza il rispetto delle distanze previste (R.D.
773/1931 T.U.P.S. art.59).
Sanzione amministrativa da L. 1.000.000 a
L. 6.000.000 (R.D. n. 773/1931 T.U.P.S. art.
17 bis 1).
Violazione del divieto di mutare per quindici
anni la destinazione urbanistica di aree
boscate o pascoli percorsi dal fuoco, rispetto alla
destinazione preesistente all'incendio; violazione
del divieto per dieci anni di realizzare edifici,
strutture ed infrastrutture finalizzati ad
insediamenti civili ed attività produttive. Sono
altresì vietate per cinque anni le attività di
rimboschimento e di ingegneria ambientale
sostenute con risorse finanziarie pubbliche.
Demolizione delle opere realizzate sopra e
sotto il soprassuolo boschivo distrutto o
danneggiato per cause naturali o volontarie
dall’incendio e ripristino dei luoghi a spese
del responsabile. (Art. 10, comma 4 L. n.
Mancata
indicazione
del
vincolo
di
immutabilità di destinazione urbanistica negli
atti (stipulati entro quindici anni dall'incendio) di
compravendita di aree ed immobili situati in zone
boscate e pascoli percorsi dal fuoco.
Nullità dell'atto (Art. 10, comma 1 L. n.
353\2000).
Violazione del divieto di pascolo per dieci anni
nei soprassuoli delle zone boscate percorse
dal fuoco.
Sanzione amministrativa, per ogni capo,
non inferiore a L. 60.000 e non superiore a
L. 120.000 (Art. 10 comma 3 L. n. 353\2000).
Violazione del divieto di caccia per dieci anni
nei soprassuoli delle zone boscate percorse
dal fuoco.
Sanzione amministrativa non inferiore a L.
400.000 e non superiore a L. 800.000 (Art.
10 comma 3 L. n. 353\2000).
Violazione del divieto, nelle aree e nei periodi a
rischio di incendio boschivo, di compiere tutte le
azioni determinanti anche solo potenzialmente
l'innesco di un incendio.
Sanzione amministrativa da L. 2.000.000 a
L. 20.000.000. Tali sanzioni sono raddoppiate
nel caso che il responsabile appartengano alle
categorie individuate dall'art. 7 c. 3 e 6 della
L. n. 353\2000. Nel caso che il responsabile
sia esercente di attività turistiche, oltre alla
sanzione è disposta la revoca della licenza,
autorizzazione,
o
provvedimento
amministrativo che consente l'esercizio
dell'attività. (art. 10, commi 5, 6,7 L. n.
353\2000)
353\2000).
Ferme
restando
le
conseguenze penali ed amministrative.
In ogni caso si applicano le disposizioni dell'art. 18 della L: n.349\1986, sul diritto al
risarcimento del danno ambientale, alla cui determinazione concorrono l'ammontare delle
spese sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo ed al suolo. (art. 10,
comma 8 L. n. 353\2000).
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A) Redazione di P.R.G. e Piani Paesistici
Violazione dei piani paesaggistici. La mancanza della autorizzazione, prescritta
per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di pubblico interesse, anche
insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque, alterano l'assetto
idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la fattispecie di reato
ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20 lett. c) l. n. 47 del
1985. Considerato, inoltre, che il soggetto attivo del reato, in quanto inserito nel
settore edilizio, e' tenuto alla conoscenza della succitata normativa, non si puo'
ritenere che possa addurre, quale scusante della propria condotta illecita, la
presenza di un mero nulla osta regionale, anche se contenuto in un provvedimento
concessorio del sindaco inerente le zone interessate dal vincolo. Cassazione penale
sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774
P.r.g. e vincolo idrogeologico. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un
effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la
coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se
lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante
l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione
territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89.
La tutela derivante dal vincolo idrogeologico s'estende a tutti gli interventi
edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi all'interno dell'area
vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7, r.d. 16
maggio 1926 n. 1126 (regolamento d'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267)
ed i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21 consentono alla p.a. di
adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive e anche
impeditive di ogni tipo d'intervento che, per le caratteristiche sue proprie e per la
natura dei mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle
utilizzazioni per scopi agricoli (nella specie, e' legittimo l'atto impeditivo della
costruzione di un fabbricato su area vincolata per il suo impatto negativo sulla
stabilità del suolo e sulle falde acquifere sottostanti e la possibilità del danno e' di per
sé sufficiente a giustificare la prescrizione, stante il carattere preventivo della tutela).
Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89.
Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi comunali condono
edilizio. Mentre l'art. 33 l. 28 febbraio 1985 n. 47 fa riferimento a vincoli che meglio
possono essere definiti come divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità, il
precedente art. 32 concerne piuttosto vincoli di salvaguardia di interessi o valori
peculiari (e, come tali, tipizzati da specifiche norme) alla cui tutela è preposta
un'amministrazione che può rilasciare un'autorizzazione (o nulla-osta) all'esercizio
dell'attività edilizia, fermo restando che entrambe le specie di vincoli riguardano
soltanto le costruzioni future e non toccano quelle già esistenti. Ai fini del condono
edilizio per fabbricati abusivi costruiti su aree soggette a regioni vincolistici, quelli
edificati in violazione di prescrizioni generali di inedificabilità non sono condonabili se
il vincolo preesiste alla costruzione, mentre quelli situati nelle aree protette possono
conseguire la sanatoria in subordine al giudizio di compatibilità delle opere da parte
dell'amministrazione preposta al vincolo, indipendentemente dalla circostanza che
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quest'ultimo preesista, o meno alle opere stesse. Consiglio Stato sez. V, 4 maggio
1995, n. 696.
Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati distrutti o
danneggiati per qualsiasi causa. Particolarmente significativa, ai fini della tutela
dell’ambiente e delle misure deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e
contro gli incendi del territorio in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del
decreto-legge 26 luglio 1995, n. 310 recante misure urgenti per il rilancio economico
ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla
sanatoria di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate
sopra o sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti
volontari. Da sottolineare che la previsione contempla come esclusione oggettiva le
zone boschive distrutte o danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo
(oltre che da fuoco o incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento
volontario o atto vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione
del bosco e si contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre
restano confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia
il divieto di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei
piani regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo
(art. 2, comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto
e quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi
dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n.
332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. CORTE
COSTITUZIONALE - 427 - 12 settembre 1995 - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa.
La identificazione spaziale delle zone vincolate e quindi anche dei territori
coperti da bosco deve avvenire in sede di redazione dei piani paesistici ed
urbanistici territoriali ma, in attesa della loro approvazione, possono costituire un
riferimento per l'interprete i criteri desumibili dalla legislazione in materia, emanata
dalle regioni, il cui contributo per la tutela del vincolo è imprescindibile in un rapporto
di leale cooperazione con lo Stato. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994.
Costituzione Repubblica art. 117. Non spetta allo Stato la competenza ad istituire
la riserva naturale bosco World Wildlife Fund (W.W.F.) di Vanzago; va pertanto
annullato il decreto del ministro dell'agricoltura e foreste emanato in data 13 agosto
1980. Corte costituzionale 25 luglio 1984 n. 223 .
Trasformazione di un bosco. Costituisce reato ai sensi dell'art. 17 della l. 28
gennaio 1977 n. 10, la trasformazione di un bosco ceduo in normale terreno agricolo,
mediante il taglio delle piante preesistenti, effettuata in contrasto con le previsioni
dello strumento urbanistico - "conservazione dei boschi esistenti" e "destinazione
dell'area a parco nazionale" - (nella specie p.r.g. del comune di Rivoli). Il mutamento
di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in terreno agricolo coltivato
ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione urbanisticamente rilevante ed è
subordinata all'obbligo della preventiva concessione la cui mancanza rende
applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10 del 1977. Pretura Torino
24 maggio 1982
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B) Definizione giuridica di bosco
Qualificazione di un’area boscata. Non è dato rinvenire nel tessuto normativo un
criterio univoco inteso alla definizione dei parametri ai quali agganciare la
qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio vincolante non
appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo impugnato,
recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto piante superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al 20%.
Consiglio Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095.
Concetto di bosco. Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la
legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale
insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la
salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale
l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia
di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto
l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua
censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale,
la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la
restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da
bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le
acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di
mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione
penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.
Definizione giuridica di bosco, ai sensi della tutela imposta dal vincolo della l. n.
431 del 1985, e' quel terreno sul quale esista o venga comunque a costituirsi, per via
naturale o artificiale, un popolamento di specie prevalentemente legnose forestali
arboree e arbustive che crei un ecosistema tale che la superficie coperta dalle
chiome risulti almeno meta' dell'area totale. Il pioppeto che, genericamente, rientra
nella categoria della silvicoltura esente da vincoli, quando e' presente in formazioni
spontanee e sorge su un'area territoriale già soggetta di per se' a vincoli
paesaggistici, può costituire un vero e proprio bosco ripariale; in questo caso, il taglio
dei pioppi e' sottoposto al vincolo della legge Galasso, poiché pregiudicherebbe
l'ambiente da un punto di vista paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico),
andando ad incidere sugli elementi costitutivi del paesaggio - ambiente. Pretura
Terni, 16 aprile 1996.
Concetto di territorio coperto da boschi e vincolo paesaggistico. In relazione al
concetto di territorio coperto da boschi e foreste, soggetto il vincolo paesaggistico ambientale sulla base dell'art. 1 D.L. n. 431 del 1985, va ben differenziato il territorio
coperto da alberi, che forma pertanto un bosco o una foresta, dal territorio coperto da
elementi minori quali arbusti, seppur di notevole rilievo costitutivo e visivo: un albero
è una pianta legnosa con fusto perenne ben definito che a pieno sviluppo presenta
un asse principale prevalente sulla massa delle ramificazioni, il quale raggiunga un
diametro di almeno 5 centimetri ad altezza di petto ed un'altezza di almeno 5 metri
mentre i rami si sviluppano in alto sul tronco; sono invece arbusti quelle piante
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
legnose che si presentano ramificate per lo più sin dalla base, nelle quali la massa
dei rami predomina sull'asse principale e il fusto primario può non superare in
dimensione i fusti secondari sicché la pianta assume un aspetto cespuglioso.
Conseguentemente i territori coperti da boschi e foreste ai fini della l. n. 431 del 1985
sono aree formate da soprassuoli di formazioni vegetali di piante soprattutto arboree,
ma anche arbustive ed erbacee in equilibrio dinamico evolutivo tra loro in un
ecosistema che comprenda in via principale gli alberi di una sola o più specie, e nel
contempo gli arbusti, le piante erbacee, la crittogame, le foglie morte e gli altri detriti
vegetali ed animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel
territorio boscato stesso. Pretura Terni, 16 aprile 1996.
Intangibilità delle aree boscate. Nella reg. Lombardia, la l. reg. 27 gennaio 1977 n.
9, impone l'intangibilità delle aree boschive, limitando le operazioni di taglio, anche
se relative a singoli elementi, al fine di non compromettere l’unitarietà e l'equilibrio
dell'impianto, per cui è illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato
l'eliminazione di alcune essenze del bosco. Consiglio Stato sez. VI, 4 dicembre 1996,
n. 1679.
Estensione della definizione di bosco a territori non boscati idonei alla tutela
del bosco. L'adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da
foreste e boschi", in luogo di quella prevista dal D.M. 1 settembre 1984, che
sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica il
riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta ai soli terreni
boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da
alberi e può servire per salvaguardare il bosco. Cassazione penale sez. III, 31 marzo
1994.
Il "concetto" di bosco deve essere riguardato come patrimonio naturale con una
propria individualità, un ecosistema completo, comprendente tutte le componenti
quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima,
formazioni vegetali (non solo alberi di alto fusto, di una o più specie, anche erbe e
sottobosco), fauna e microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e
quindi non solo l'aspetto estetico-paesaggistico di più immediata percezione del
comune sentimento. Il bosco e' una realtà naturale vivente cioè qualcosa di più di
una proiezione estetica. Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993.
La funzione e la tutela del bosco. Ai fini della necessità dell'autorizzazione
prescritta dall'art. 21 r.d. 16 maggio 1926 n. 1126 per bosco deve intendersi un
terreno sul quale insistono una serie di alberi che esplicano l'essenziale funzione di
evitare che il terreno stesso possa "con danno pubblico subire denudazioni, perdere
stabilità e turbare il regime delle acque" come stabilisce l'art. 1 r.d. 30 dicembre 1923
n. 3267. Consiglio Stato sez.V, 25 ottobre 1989 n. 671.
Ai fini del delitto di cui agli art. 423 e 425 n. 5 c.p., per bosco deve intendersi una
superficie di notevole estensione sulla quale crescono, naturalmente o con processo
artificiale, alberi o frutici, cedui e non cedui, talché in detto termine vanno ricomprese
anche le macchie. Cassazione penale, sez. I, 11 ottobre 1987.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
In relazione alla definizione e qualificazione dei "territori coperti da foreste e
boschi" rilevanti ai fini dell'applicazione della legge n. 431 del 1985, il territorio
boscato deve essere inteso e considerato come un ecosistema completo, e cioè
come una formazione vegetale che comprende gli alberi di una sola o più specie, gli
arbusti, le piante erbacee, le crittogame, le foglie morte e gli altri detriti vegetali ed
animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel territorio
boscato stesso. Riguardo all'estensione, non si può parlare di territorio boscato se la
superficie coperta dalle chiome è minore della metà dell'area totale, poiché, in tal
caso, più che di territorio boscato dovrà parlarsi di pascolo, di prato, o di altra
qualsiasi coltura arborale. Pretura Amelia 15 ottobre 1986,
C) Incendio
L'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 423 c.p. consiste nel dolo
generico, cioè nella volontà di cagionare un incendio, inteso come combustione di
non lievi proporzioni, che tenda ad espandersi e non possa facilmente essere
contenuta e spenta; il reato di cui al successivo art. 424 è, invece, caratterizzato dal
dolo specifico, consistente nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare,
senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate,
o il pericolo di siffatto evento. Ne consegue che, nel caso di incendio commesso al
fine di danneggiare, quando a detta ulteriore e specifica attività si associa la
coscienza e volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni
previste dall'art. 423 c.p., è applicabile questa norma, e non l'art. 424 dello stesso
codice, nel quale l'incendio è contemplato come evento che esula dall'intenzione
dell'agente. (In motivazione la S.C. ha precisato che l'esistenza e la natura del dolo,
elemento appartenente all'interiorità psichica e, come tale, insuscettibile di diretta
osservazione, devono essere desunte da elementi esteriori, in specie dallo
svolgimento e dalle modalità esecutive del fatto, atti a dimostrare, secondo regole di
esperienza consolidate e affidabili, l'atteggiamento psicologico dell'agente e la finalità
da lui perseguita). Cassazione penale sez. I, 10 giugno 1998, n. 11026.
Sono fattori idonei a configurare l'incendio di cui all'art. 424, comma 1, c.p., non
solo le fiamme, ma anche tutti gli altri elementi che con le fiamme si pongono in
rapporto di causa ad effetto, come il calore, il fumo, la mancanza di ossigeno,
l'eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate, in quanto, per
effetto di tali conseguenze, si verifica ugualmente il pericolo per la pubblica
incolumità - componente oggettiva della nozione giuridica di incendio -, senza
soluzione di continuità e senza interruzione del nesso causale oggettivo e materiale
e che, pertanto, debbono essere attribuite all'incendio come una qualsiasi azione od
omissione è attribuita materialmente al soggetto che la compie. Cassazione penale
sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.
Il reato di cui all'art. 424, comma 1, c.p.p. (danneggiamento seguito da
incendio), a differenza dell'ipotesi aggravata di cui al comma 2, non richiede il
verificarsi dell'incendio, ma anticipa la soglia della punibilità per motivi di politica
criminale rinvenibili nell'intento di evitare che venga usato a scopo di
danneggiamento un mezzo altamente insidioso quale il fuoco. Cassazione penale
sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
Definizione del delitto di incendio. Sussiste il delitto di incendio di cui all'art. 423
c.p. quando l'azione di appiccare il fuoco è finalizzata a cagionare l'evento con
fiamme che per le loro caratteristiche e per la loro violenza tendano a propagarsi in
modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Viceversa sussiste il
delitto di danneggiamento seguito da incendio allorché il fatto viene realizzato con il
solo intento e cioè con il dolo specifico di danneggiare la cosa altrui. Ne consegue
che nell'ipotesi in cui l'agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, tuttavia
per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, ha realizzato
un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve in
ogni caso rispondere del delitto di incendio doloso e non già del meno grave reato di
danneggiamento seguito da incendio. Cassazione penale sez. I, 14 marzo 1995.
Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati percorsi dal
fuoco. Particolarmente significativa, ai fini della tutela dell’ambiente e delle misure
deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e contro gli incendi del territorio
in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 26 luglio 1995, n.
310 recante misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori
pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla sanatoria di cui all’art. 39 della
legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate sopra o sotto il soprassuolo
boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti volontari. Da sottolineare
che la previsione contempla come esclusione oggettiva le zone boschive distrutte o
danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo (oltre che da fuoco o
incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento volontario o atto
vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione del bosco e si
contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre restano
confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia il divieto
di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei piani
regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo (art. 2,
comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto e
quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi
dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n.
332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. CORTE
COSTITUZIONALE - 427 - 12 settembre 1995 - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa.
Definizione di incendio. Per incendio deve intendersi un fuoco distruggitore in atto
di notevoli proporzioni e virulenza, che tende a diffondersi e non è agevole
estinguere. Allorché tali condizioni ricorrano e l'incendio riguarda la cosa altrui, il
pericolo per l'incolumità pubblica è presunto iuris et de jure. (Fattispecie in tema di
danneggiamento seguito da incendio). Cassazione penale sez. I, 6 maggio 1994.
Definizione del dolo e della colpa nei reati di incendio. Per la configurazione del
reato di incendio di cui all'art. 423 c.p. è necessario che il soggetto agente abbia
voluto cagionare l'incendio; mentre, quando il pericolo dell'incendio o addirittura
l'incendio si siano verificati come conseguenza non voluta dell'azione sono
configurabili rispettivamente il reato di cui all'art. 42 comma 1 c.p. (danneggiamento
seguito da incendio) o l'ipotesi aggravata dello stesso reato prevista dal comma 2 del
citato articolo. Pertanto, quello che distingue le ipotesi criminose previste dagli artt.
423 e 424 c.p., non è tanto l'entità delle conseguenze che si sono verificate, bensì
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
l'elemento soggettivo del reato; nel senso che, nel reato previsto dall'art. 423 c.p.,
l'agente vuole cagionare l'incendio, mentre, in quello previsto dall'art. 424 c.p., il
pericolo dell'incendio, o addirittura l'incendio, si verificano come conseguenza non
voluta dell'azione commessa. Cassazione penale sez. I, 17 febbraio 1995.
D) Taglio del bosco
Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E'
sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano
regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg.
Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13
febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di
pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali.
Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.
Estirpazione di un bosco di 600 mq in zona sottoposta a vincolo. Nel concetto di
territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali,
rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le
aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie,
relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un
bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo
paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno
1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di
"bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era
consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in
detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600
mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi,
invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa
vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.
Taglio e utilizzazione di boschi. L'art. 130 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, che
assoggetta l'utilizzazione del patrimonio boschivo dei comuni e degli altri enti pubblici
alla preventiva adozione di un piano economico, riguarda solo gli enti pubblici e non
anche le persone giuridiche private. T.A.R. Umbria 2 dicembre 1997, n. 575.
In tema di interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco, non è
consentita l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali,
consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione. Cassazione
penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961
Necessità di autorizzazione ex L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 sexies l. Il taglio di
piante, il dissodamento e successivo livellamento del terreno e l'estirpazione di
ceppaie non possono ritenersi attività di mera conservazione del bosco; ne segue
che esse, incidendo in zone paesisticamente vincolate, devono essere
espressamente autorizzate, essendo in mancanza configurabile il reato di cui all'art.
1 sexies l. 8 agosto 1985 n. 431. Corte appello Torino, 21 marzo 1997.
Naturalizzazione di un bosco artificiale e conseguente vincolo paesaggistico. Il
taglio di un pioppeto, rientrando quest'ultimo nell’arboricultura da legno quando sia
coltivato con regolare sesto di impianto per servire le esigenze relative alla
produzione di materiale legnoso, va considerato attività agro - silvo - pastorale
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
esente dal vincolo imposto dalla l. n. 431 del 1985, purchè insista su cultura arborea
e non su bosco o foresta ai fini della legge citata. Quando, tuttavia, il pioppeto è
presente in formazioni spontanee può costituire veri e propri boschi ripariali; e in
particolari situazioni anche una formazione impiantata artificialmente nel tempo può
integrarsi nel paesaggio vegetale sì da assimilarsi ad una vera e propria formazione
ripariale, il taglio della quale pregiudicherebbe da un punto di vista paesaggistico il
valore estetico dell'ambiente. Pertanto, in quest'ultimo caso, se il pioppeto sorge su
un'area territoriale già soggetta di per se stessa a vincolo paesaggistico - ambientale
sulla scorta della legge Galasso, il vincolo assorbe i pioppi emergenti su detta area in
quanto essi in quel punto rappresentano una struttura costitutiva del paesaggio visivo
e dell'ambiente biologico tutelato nel suo insieme paesaggistico (estetico) e
ambientale (biologico). Pretura Terni, 16 aprile 1996.
La l. 8 agosto 1985 n. 431 (c.d. legge Galasso) e le prescrizioni di massima e di
polizia forestale (PMPF), pur incidendo ambedue sulle aree boscate, sono
finalizzate a scopi e metodologie diverse (le prime inquadrano il bosco come entità
economico - produttiva e gestiscono il corretto utilizzo dello stesso in detta ottica
mentre la legge Galasso tutela il bosco come paesaggio ed ecosistema naturale).
Conseguentemente un'attività di taglio conforme alle PMPF non sempre e',
automaticamente in regola con la l. n. 431 del 1985 ed i livelli di violazione delle due
norme sono diversi e non sovrapponibili. La polizia giudiziaria dovrà dunque, in sede
di controllo, operare due valutazioni tecniche diverse in relazione a ciascuna
normativa con conseguente denuncia penale di ogni violazione parziale e/o totale.
Pretura Terni, 18 giugno 1996.
Comunità montane e compiti di controllo sul patrimonio boschivo. L'attribuzione
agli organi delle comunità montane dei compiti di controllo sul patrimonio boschivo
ubicato nelle loro circoscrizioni non preclude il potere del Corpo forestale regionale
(nella specie, della regione Friuli Venezia Giulia) di procedere all'accertamento delle
violazioni degli art. 130 e 26 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 per il taglio di piante in un
bosco, atteso che l'art. 13 comma 4 l. 24 novembre 1981 n. 689, legittima
all'accertamento delle violazioni punite con le sanzioni amministrative pecuniarie
anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, tra i quali rientrano anche gli agenti forestali.
Cassazione civile sez. I, 2 febbraio 1995, n. 1223.
Il taglio colturale di un territorio coperto da bosco o foresta è esente dal regime
vincolistico previsto alla legge n. 431 del 1985 (c.d. "legge "Galasso") soltanto ove
detto taglio sia effettuato nel rispetto dei parametri della autorizzazione rilasciata dal
Corpo forestale dello Stato; ove, invece, il taglio in questione avvenga senza detta
autorizzazione del Corpo forestale dello Stato oppure ove i lavori siano eseguiti in
modo sostanzialmente difforme da tale atto autorizzatorio, l'attività rientra
automaticamente nel regime vincolistico e pertanto soggiace al nulla-osta regionale
previsto dalla legge n. 431 del 1985. Il taglio a raso, invece, per le sue particolari
conseguenze sull'aspetto paesaggistico-visivo della zona e sulla struttura ambientale
del territorio deve sempre considerarsi soggetto al regime vincolistico della legge n.
431 del 1985 e per operare in tal senso è necessario il nulla-osta regionale; questo
indipendentemente dall'autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato in
base alle prescrizioni di massima e di polizia forestale atteso che esse sono del tutto
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indipendenti dalla "legge Galasso" come finalità e come regime giuridico di fondo,
tendendo le prime a garantire la corretta gestione del bosco come entità produttiva
ed economica e la seconda a tutelare l'area boscata nel suo aspetto paesaggisticovisivo e biologico-ambientale. Pretura Terni, 19 ottobre 1992.
Codice penale art. 624, il furto di alberi. Nella configurazione del reato di furto, ciò
che contraddistingue il possesso è la disponibilità fisica della cosa e l'autonomia del
potere di disporre, indipendentemente dal diritto dominicale sulla cosa stessa. (Nella
specie, si è ritenuto l'ente autonomo del parco nazionale di Abruzzo abilitato a
chiedere, quale parte civile, il risarcimento del danno per il furto di un albero
abbattuto in un bosco di proprietà comunale, e quindi non appartenente
dominicalmente al detto ente, ma sottoposto a vincolo di controllo e di gestione in
favore dell'ente stesso). Cassazione penale, sez. II, 14 ottobre 1983.
E) Vincolo idrogeologico
Il duplice aspetto del vincolo idrogeologico. Nella legislazione urbanistica, il
termine "vincolo" è adoperato con un duplice significato: il primo, relativo alla
inedificabilità dei suoli, comportante divieti o prescrizioni, il secondo, comportante la
sottoposizione di determinate aree alla tutela di alcuni interessi regionali, come quelli
paesaggistico, idrico, idrogeologico, storico e simili, con la conseguenza che
l'esecuzione di opere edilizie è subordinata all'autorizzazione e al nulla - osta
dell'autorità preposta alla cura dell'interesse generale considerato. Cons.giust.amm.
Sicilia sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 24.
Violazione dei piani paesaggistici e dei vincoli idrogeologici. La mancanza della
autorizzazione, prescritta per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di
pubblico interesse, anche insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque,
alterano l'assetto idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la
fattispecie di reato ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20
lett. c) l. n. 47 del 1985. Cassazione penale sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774.
Vincolo idrogeologico e P.R.G.. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un
effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la
coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se
lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante
l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione
territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89.
Vincolo idrogeologico violazione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art.
7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito
in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio
medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività
amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di
una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare
(possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da
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PIANO ANTINCENDIO BOSCHIVO
vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n.
1396.
Zone assoggettabili a vincolo idrogeologico Ai sensi dell'art. 1 r.d. 30 dicembre
1923 n. 3267 sono assoggettabili a vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura
e destinazione, e quindi non solo quelli caratterizzati da pendenza ed interessati dal
deflusso di acque meteoriche e boschivi, ma anche quelli pianeggianti, non
attraversati da corsi d'acqua superficiali e pressocché spogli di vegetazione. Ai sensi
dell'art. 2 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 possono essere oggetto di vincolo
idrogeologico non solo i terreni ricadenti in un bacino fluviale o addirittura nel tratto
montano di detto bacino, ma tutti i terreni, di qualsiasi natura e destinazione, che in
conseguenza di forme di utilizzazione contrastanti con le limitazioni e le prescrizioni
dettate dagli art. 7-9 dello stesso decreto, possono subire compromissioni sotto
forma di denudazioni, perdita di stabilita' e turbativa del regime delle acque. I
provvedimenti adottati nell'esercizio del potere di cui all'art. 13 r.d. 30 dicembre 1923
n. 3267 si caratterizzano per il fatto che contengono un giudizio specifico ed esplicito
sulla attuale permanenza della situazione di pericolo di danno idrogeologico che a
suo tempo aveva determinato l'imposizione del vincolo. T.A.R. Puglia sez. II, Lecce,
22 febbraio 1995, n. 49.
Silenzio assenso - impedimento. In tema di concessione edilizia, ai fini della
formazione del silenzio-assenso, occorre che la relativa domanda contenga, tra i
documenti richiesti a suo corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente
relativamente alla rimozione del vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre
1923 n. 3267 e successive modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso
deposito della domanda. Consiglio Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.
Imposizione del vincolo idrogeologico. La tutela idrogeologica di un suolo si attua
attraverso l'imposizione del relativo vincolo idrogeologico, da adottarsi con
provvedimento regionale, ai sensi del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 236. Consiglio
Stato sez. V, 18 febbraio 1992, n. 132.
Il diniego di autorizzazione alla trasformazione di un bosco insistente su terreni
vincolati per scopi idrogeologici è congruamente motivato con il riferimento alla
menomazione dell'effetto di stabilizzazione del versante, caratterizzato dall'equilibrio
generale precario, in quanto la tutela dell'integrità del bosco si rivela strumento di
conservazione dell'assetto del suolo. Consiglio Stato sez. VI, 20 dicembre 1989 n.
1667.
Nuove costruzioni in aree soggette a vincolo idrogeologico. La costruzione di
una strada in terreno soggetto a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D.L. 30
dicembre 1923 n. 3267, in quanto rimboschito con, contributo dello Stato, implica una
modificazione dello stato dei luoghi, con conseguente distruzione del manto erboso e
comporta, pertanto, una destinazione del terreno stesso incompatibile con la
conservazione del bosco in base alle norme contenute nell'apposito piano. T.A.R.
Toscana 26 marzo 1982 n. 63.
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Obbligo di autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico
vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione
del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez.
III, 19 gennaio 1980
F) Autorizzazioni-concessioni
Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E'
sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano
regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg.
Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13
febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di
pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali.
Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.
Concessione edilizia e licenza di abitabilità diniego.
Non è dato rinvenire nel
tessuto normativo un criterio univoco inteso alla definizione dei parametri i quali
agganciare la qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio
vincolante non appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo
impugnato, recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto
piante - superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al
20%. Incontestabile essendo, alla luce di consolidata giurisprudenza sul punto, che il
diniego di nulla osta può riposare sulla situazione di pericolo (e non di danno
immediato) innescata dalla trasformazione del territorio, è parimenti indubitabile,
attesa la valenza sacrificata rivestita dalla statuizione negativa sull'esplicazione dello
"jus aedificandi", che detto pericolo, nella specie, di incendio, debba presentarsi, in
forza di adeguata indagine istruttoria, in termini di concretezza e specificità. Consiglio
Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095.
Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le
bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti
arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento.
(Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per
avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona
soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista
dall'art. 7 L. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo
presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha
osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione
di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era
soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza
autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto
più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26
marzo 1997, n. 3975.
In tema di interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco, non è
consentita l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali,
consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione. Cassazione
penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961.
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Autorizzazione dell’autorità competente. Il vincolo idrogeologico, secondo la
disciplina recata dal r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, non interdice in assoluto l'attività
edificatoria, ma richiede soltanto che l'intervento progettato sia autorizzato
dall'autorità competente. Consiglio Stato sez. V, 25 maggio 1995, n. 832.
Concessione e vincolo idrogeologico. Nei territori sottoposti a vincolo
idrogeologico i lavori conseguenti alla concessione mineraria non possono essere
eseguiti ove manchi l'autorizzazione dell'autorità forestale regionale, alla quale non
può ovviamente sostituirsi quella mineraria. Corte Conti sez. contr., 8 giugno 1995, n.
77.
Autorizzazioni, nulla osta, visti - mancanza di formazione del silenzio-assenso.
In tema di concessione edilizia, ai fini della formazione del silenzio-assenso,
occorre che la relativa domanda contenga, tra i documenti richiesti a suo
corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente relativamente alla rimozione del
vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive
modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso deposito della domanda.
Le
autorizzazioni, i nullaosta, i visti e gli atti contemplati nell'art. 8 comma 3 d.l.
23 gennaio 1982 n. 9 convertito, con modificazioni nella l. 25 marzo 1982 n. 94
devono preesistere alla istanza di concessione sulla quale, pertanto, non può
formarsi il silenzio assenso previsto dall'art. 8 comma 1 cit., ove detti atti non
siano allegati alla domanda di concessione stessa (nella specie si è ritenuto che il
silenzio-assenso non fosse configurabile posto che l'interessato aveva presentato
contestualmente l'istanza di concessione edilizia e quella di autorizzazione alla
rimozione del vincolo idrogeologico che gravava sull'area edificanda). Consiglio
Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.
La materia forestale è interessata dalla ancora vigente l. 3267 del 1923 sul
vincolo idrogeologico, ispirata al principio di impedire forme di utilizzazione che
possano "con danno pubblico" determinare "denudazione", perdita di "stabilita'",
turbamento del "regime delle acque"; dalla legislazione urbanistica a partire dalla l.
1150 del 1942 fino alla recente l. 47/85; dalla legge di difesa del suolo e sui bacini
idrografici, n. 183/88; dalla legge sulle aree protette n. 394/91; dalle normative su
flora e fauna, es. l. 157/92; dalle leggi su bellezze naturali e paesaggio (l.
1497/39; art. 9 Cost., l. 431/85); dalle norme sull'impatto ambientale ex direttiva
C.E.E. 337/85 e
norme di
attuazione; dalla l. 349/86 sul Ministero
dell'"Ambiente e sul danno ambientale". Cassazione penale sez. III, 12 febbraio
1993.
Sono elementi atti a determinare una trasformazione urbanistica, comportando
un mutamento del preesistente assetto del territorio per il quale necessita il rilascio
della concessione edilizia, la esecuzione di dissodamenti e riporti di terreno con
accumulo di rifiuti per la formazione di un piazzale e di una strada, la distruzione di
un bosco ceduo, la formazione di un muro a secco di pietrame, la costruzione di
baracche di legno. T.A.R. Piemonte sez. I, 11 maggio 1991 n. 164.
Il sistema di tutela ambientale delineato dalla l. n. 431 del 1985 prevede, per
determinate categorie di beni, l'imposizione di un vincolo "ex lege". Pertanto, il piano
paesistico regionale non è in grado di costituire o escludere il vincolo ambientale,
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perché questo deriva direttamente dalla legge. Un territorio coperto da bosco è da
ritenere sottoposto a vincolo, ancorché non incluso tra i boschi dal piano paesistico
regionale. L'intervento in tali zone senza la prescritta autorizzazione regionale integra
pertanto il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. L'esistenza del vincolo deve
essere esclusa se il bosco risulta incluso come area edificabile nel piano triennale di
attuazione del piano regolatore generale vigente prima dell'entrata in vigore della c.d.
legge Galasso. Cassazione penale sez. III, 6 dicembre 1995, n. 4319.
Occorre la concessione edilizia per lavori diretti della installazione di un
capannone (nella specie in zona vincolata), destinato a dare ricovero, non
assolutamente momentaneo, agli attrezzi necessari per il taglio industriale del bosco
e per la successiva lavorazione del legname ricavato (segheria). Ne deriva che la
eventuale autorizzazione, rilasciata dal sindaco per la realizzazione di una
costruzione delle menzionate caratteristiche, è provvedimento diverso ed estraneo
dalla concessione, che è richiesta per l'esecuzione di opere comportanti una modifica
duratura del territorio. (Nella specie trattavasi dello sbancamento di ottocento metri
quadrati di bosco). Cassazione penale sez. III, 18 novembre 1993.
L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 l. Per la configurazione del reato di cui all'art. 1sexies l. n. 431 del 1985 non occorre la sussistenza di particolari vincoli
ambientali, accolti negli strumenti normativi urbanistici, ma e' sufficiente lo
sconvolgimento
dell'assetto
idrogeologico e la modifica dello "status"
ambientale. (Nella specie si trattava di coltivazione di cava in zona sottoposta a
vincolo idrogeologico e boschiva). Cassazione penale sez. III, 2 dicembre 1991.
Vincolo idrogeologico, falsa rappresentazione. L'autorizzazione
alla
realizzazione di una discarica è viziata da eccesso di potere per falsa
rappresentazione dei presupposti di fatto quando nel corso dell'istruttoria non è stato
in alcun modo preso in considerazione il fatto che la zona prescelta per la
localizzazione dell'impianto e' sottoposta a vincolo idrogeologico. T.A.R. Abruzzo
sez. Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166.
Il taglio a raso di un bosco di alto fusto sottoposto a vincolo paesaggistico ai
sensi dell'art. 1, lett. g) della l. 8 agosto 1985, n. 431 abbisogna della prescritta
autorizzazione e per la cui mancanza è prevista la pena dell'ammenda e l'obbligo del
ripristino dello stato originario del luogo. Pretura Santhia 15 dicembre 1988.
Obbligo dell’autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico
vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione
del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez.
III, 19 gennaio 1980.
Il disboscamento di un'area vincolata dal piano regolatore a bosco-parco
naturale e la trasformazione di essa in area agricola destinata a orto e frutteto
costituisce trasformazione urbanistica del territorio soggetta a concessione.
Commette pertanto il reato di cui all'art. 17, lett. b) l. 28 gennaio 1977 n. 10, chi
abusivamente procede ai lavori necessari per la sopraindicata trasformazione.
Pretura Torino 24 maggio 1982.
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Aree protette, costruzioni. Nessuna costruzione civile, stradale o di qualsiasi altra
specie può essere eseguita nel perimetro del parco nazionale del Gran Paradiso
senza l'autorizzazione dell'Ente parco; ove occorra quella dell'ente Regione, essa
non sostituisce l'altra (fattispecie di apertura di una strada campestre per il trasporto
del legname da un bosco). Cassazione penale, sez. III, 23 gennaio 1979.
Organi competenti in materia di autorizzazioni al taglio di boschi. Ai sensi del
d.P.R. 30 giugno 1951 n. 535, il direttore dell'ente autonomo del Parco nazionale
d'Abruzzo, ricostituito con la l. 21 ottobre 1950 n. 991, non è un organo dell'ente
essendo presupposto a sopraintendere ai servizi dell'ente e negare o concedere
autorizzazioni (nella specie: autorizzazione al taglio di sezioni boschive) che
rientrano fra i compiti riservati agli organi dell'ente (nella specie: al Presidente).
T.A.R. Abruzzi 28 settembre 1978 n. 400.
G ) Sanzioni
Vincolo idrogeologico sanzione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art.
7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito
in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio
medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività
amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di
una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare
(possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da
vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n.
1396.
Falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico (c. p. art.
479). Risponde del delitto di cui all'art. 479 c.p. il geometra dell'ufficio tecnico
comunale che compili ed invii alla regione una "scheda di controllo paesistico" nella
quale, oltre ad indicare una dimensione inferiore a quella reale dell'edificio
progettato, ometta di segnalare che sono stati già espressi altri pareri su quel
progetto e che la zona interessata dalla costruzione e' demaniale e soggetta a
vincolo idrogeologico e forestale. Cassazione penale sez. V, 3 luglio 1995, n. 7898.
Accertamento di infrazioni e termini. Ai sensi dell'art. 26 della Legge forestale di
cui R. D. 30 dicembre 1923 n. 3267, in caso di accertamento di infrazioni, l'autorità
amministrativa procedente deve determinare il valore delle piante tagliate o del
danno cagionato, per la proporzionale commisurazione della sanzione
amministrativa, con la conseguenza che tale determinazione diviene parte integrante
del verbale dell'accertamento da notificare al trasgressore e che il termine di
notificazione previsto dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere
soltanto dal compimento della determinazione medesima, senza che, tuttavia, questa
sia procrastinabile "ad libitum" dell'amministrazione, con una vanificazione della
finalità del disposto dell'art. 14 cit., dovendo intervenire entro tempi ragionevoli, la cui
individuazione, in caso di contestazione, è rimessa al prudente apprezzamento del
giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e
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correttamente motivata. (Nella specie, formulando il principio di cui in massima, la
S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice del merito aveva ritenuto
irragionevole un ritardo di circa tre anni fra l'accertamento dell'infrazione consistita
nel taglio abusivo di piante per la costruzione di una strada di ampiezza
notevolmente maggiore di quella autorizzata ed il conteggio delle piante medesime).
Cassazione civile sez. I, 28 aprile 1992 n. 5052.
Il mutamento di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in
terreno agricolo coltivato ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione
urbanisticamente rilevante ed è subordinata all'obbligo della preventiva concessione
la cui mancanza rende applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10
del 1977. Pretura Torino 24 maggio 1982.
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Legge quadro in materia di incendi boschivi n.353 del 21 novembre 2000
ALLEGATI
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