UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA
Facoltà di Economia
Corso di Laurea Specialistica in Economia Internazionale
Dipartimento di Studi sull’Impresa
TESI DI LAUREA
IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE PIETRE
DEL VENETO: L’INTERSCAMBIO MONDIALE
Relatore:
Chiar.mo Prof. Giovanni Tondini
Laureando:
Marco Domenichini
ANNO ACCADEMICO 2007/2008
A mia Madre e
a mio Padre,
per l’impegno e passione
nell’arte del commercio
e per i loro insegnamenti
A Dasha,
perché è semplicemente lei
La pietra, l’uomo, la vita
fonte fotografica: http://www.seaol .com/fiorino
INDICE DELLE TABELLE
Tabella del paragrafo 3.7: elenco dei distretti e metadistretti riconosciuti in
Veneto nel 2007………………………………………………..45
Tabella n.1: pietre grezze, movimenti valutari in euro delle esportazioni ed
importazioni. Verona, dal 1991 al 2007…...…………………….80
Tabella n.2: importazioni di pietre grezze ed esportazioni di prodotti finiti in
pietra a Verona, valore aggiunto, dal 1991 al 2007…...………….81
Tabella n.3: imprese per la lavorazione del marmo nel 1964 divise per comuni
di appartenenza nel territorio veronese……..…………………..89
Tabella n.4: numero delle imprese registrate alla Camera di Commercio di
Verona dedicate al taglio, modellatura e finitura della pietra, dal
1998 al 2008………………………………………….………...93
Tabella n.5: numero attività “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione
di minerali non metalliferi” nella provincia di Verona, dal 1998 al
2008…………………………………………………….……...93
Tabella n.6: peso % delle imprese registrate alla Camera di Commercio di
Verona dedicate al taglio, modellatura e finitura della pietra sul
numero di attività DI26 nella provincia di Verona, dal 1998 al
2008…………………………………………………….….…...94
Tabella n.7: numero delle imprese attive nella fabbricazione di prodotti
ottenuti dalla lavorazione di minerali non metalliferi, totale delle
attività manifatturiere nella Valpolicella-Valpantena-Lessinia e nella
provincia di Verona, dal 1998 al 2008………………………..…94
Tabella n.8: provincia di Verona, composizione delle imprese attive per settori
manifatturieri. Anno 2008…………………………………..…101
Tabella n.9: prime 30 merci per valore delle esportazioni nella provincia di
Verona. Anni 2006-2007, valori in euro……………...………...105
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.10: prime 30 merci per valore delle importazioni nella provincia di
Verona. Anni 2006-2007, valori in euro…………………..…...106
Tabella n.11: i principali prodotti esportati in Germania (valore in euro): al
primo posto le pietre lavorate e trasformate, dal 2004 al 2007
………………………………………………………………109
Tabella n.12: i principali prodotti esportati negli Stati Uniti (valore in euro); al
primo posto le pietre lavorate e trasformate, dal 2004 al
2007………………………………………………………….110
Tabella n.13: i principali prodotti esportati in Russia (in valore misurato in
euro); al sesto posto le pietre lavorate e trasformate, anni 2006 e
2007………………………………………………………….112
Tabella n.14: i principali prodotti esportati in Polonia (valore in euro); al
quarto posto le pietre lavorate e trasformate, anni 2006 e 2007
………………………………………………………………113
Tabella n.15: i principali prodotti esportati in Ungheria (valore in euro): al
quinto posto le pietre lavorate e trasformate, anni 2006 e 2007
………………………………………………………………114
Tabella n.16: i principali prodotti esportati in Ucraina (valore in euro); al
decimo posto le pietre lavorate e trasformate, anni 2006 e 2007
………………………………………………………………115
Tabella n.17: i principali prodotti importati dall’Ucraina (valore in euro); al
sesto posto le pietre grezze, anni 2006 e 2007………………..115
Tabella n.18: i principali prodotti importati dalla Turchia (valore in euro);
all’ottavo posto le pietre grezze, anni 2006 e 2007……………117
Tabella n.19: i principali prodotti esportati in Cina (valore in euro); all’ottavo
posto le pietre grezze, anni 2006 e 2007……………………...118
VIII
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.20: importazioni veronesi dall’India di pietre grezze e pietre da taglio
o da costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007 (in
valore, in euro)……………………………………………….119
Tabella n.21: esportazioni veronesi in India di pietre grezze e pietre da taglio o
da costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007 (in
valore, in euro)……………………………………………….119
Tabella n.22: i principali prodotti esportati in India (valore in euro); al quinto
posto le pietre grezze e al settimo le pietre lavorate, anni 2006 e
2007………………………………………………………….120
Tabella n.23: i principali prodotti importati dall’India (valore in euro): al primo
posto le pietre grezze e al quinto le pietre lavorate, anni 2006 e
2007………………………………………………………….121
Tabella n.24: importazioni veronesi dal Brasile di pietre grezze e pietre da
taglio o da costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007
(in valore, in euro)……………………………….…………...122
Tabella n.25: i principali prodotti esportati in Brasile (valore in euro); al decimo
posto le pietre lavorate, anni 2006 e 2007…………………….123
Tabella n.26: i principali prodotti importati dal Brasile (valore in euro); al
secondo posto le pietre grezze e all’ottavo le pietre lavorate, anni
2006 e 2007…………………………………………………..123
Tabella n.27: esportazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; movimenti valutari di Verona, Vicenza, Massa Carrara,
Veneto, Italia, dal 1991 al 2008………………………………137
Tabella n.28: esportazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; valori percentuali di Verona, Vicenza, Massa Carrara, dal
1991 al 2008………………………………………………….137
IX
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.29: importazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; movimenti valutari di Verona, Vicenza, Massa Carrara,
Veneto, Italia, dal 1991 al 2008………………………………138
Tabella n.30: importazioni in di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; valori percentuali di Verona, Vicenza, Massa Carrara, dal
1991 al 2008………………………………………………….138
Tabella n.31: esportazioni di pietre grezze; valore in euro di Verona, Vicenza,
Massa Carrara, Veneto, Italia, dal 1991 al 2008………………139
Tabella n.32: esportazioni di pietre grezze; percentuali di Verona, Vicenza,
Massa Carrara, dal 1991 al 2008……………………….……...139
Tabella n.33: importazioni di pietre grezze in euro di Verona, Vicenza, Massa
Carrara, Veneto, Italia, dal 1991 al 2008……………………...140
Tabella n.34: importazioni di pietre grezze; valori in percentuale di Verona,
Vicenza, Massa Carrara, dal 1991 al 2008…………………….140
Tabella n.35: distretti produttivi del Veneto……………………………….145
Tabella n.36: caratteristiche dei distretti produttivi per la legge n.8/2003….146
Tabella n.37: caratteristiche dei distretti produttivi e nuove figure introdotte
dal rinnovamento della legge n.8/2003 con la legge n.5/2006
………………………………………………………………146
Tabella n.38: informazioni sul Distretto del Marmo e delle Pietre del Veneto
…………………………………………………………… 149
Tabella n.39: numero di imprese attive, unità locali, artigiani impegnati
nell’attività di estrazione nel territorio del distretto di Verona, dal
1995 al 2008………………………………………………….156
Tabella n.40: imprese attive, unità locali, artigiani impegnati nella
trasformazione delle pietre ornamentali nel territorio del distretto
di Verona, dal 1995 al 2008…………………………………..157
X
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.41: numero imprese di estrazione nel territorio veronese, suddivise
per natura giuridica, dal 1998 al 2008………………………...163
Tabella n.42: numero imprese di lavorazione nel territorio veronese, suddivise
per natura giuridica, dal 1998 al 2008………………………...163
Tabella n.43: esportazioni di blocchi e lastre non lucidate dalla provincia di
Verona, maggiori paesi, valori in euro, dal 1991 al 2008……...169
Tabella n.44: il bilancio aggregato di distretto evidenzia i seguenti dati di
sintesi, in euro. Anni 2004, 2005,2006………………………..176
Tabella n.45: valore della produzione, media 2001/2003 e 2004/2006…….177
Tabella n.46: alcuni indicatori di bilancio del distretto di Verona, dal 2001 al
2006………………………………………………………….177
Tabella n.47: indicatori di liquidità finanziaria del distretto di Verona, dal 2001
al 2006……………………………………………………….178
Tabella n.48: indicatori di solidità finanziaria del distretto di Verona, dal 2001
al 2006……………………………………………………….179
Tabella n.49: modalità di calcolo degli indicatori di solidità finanziaria…….179
Tabella n.50: rapporto di indebitamento del distretto di Verona, media
2001/2003 e 2004/2006……………………………………...181
Tabella n.51: produttività economica del distretto di Verona, dal 2001 al 2006
………………………………………………………………182
Tabella n.52: valore aggiunto del distretto di Verona, media 2001/2003 e
2004/2006…………………………………………………...182
Tabella n.53: Roi, Ros, Roe del distretto di Verona, dal 2002 al 2006……...184
Tabella n.54: Roi, Roe del distretto di Verona, media 2002/2004 e 2005/2006
………………………………………………………………184
Tabella n.55: principali indicatori per il triennio 2004-2006 (valori medi)
riferibili al distretto nel suo complesso e a ciascuna delle classi
XI
INDICE DELLE TABELLE
dimensionali individuate sulla base del valore della produzione
………………………………………………………………185
Tabella n.56: tipologie di impiego dei lapidei, sfridi da lavoro e segagione…226
Tabella n.57: Italia, investimenti in costruzioni e PIL (var.% su anno
precedente). Dal 2003 al 2007………………………………..236
Tabella n.58: Veneto, investimenti in costruzioni (valori assoluti in milioni di
euro e comp.%). Anno 2007…………………………………238
Tab.59: Veneto, andamento degli investimenti in costruzioni (var. % su anno
prec.). Dal 2000 al 2007……………………………………...239
Tabella n.60: Veneto, occupati nel settore delle costruzioni (migliaia e var. %
su anno prec.). Dal 2003 al 2007……………………………..241
Tabella n.61: Veneto, imprese attive nel settore delle costruzioni. Anni 1998 e
dal 2003 al 2007……………………………………………...243
Tabella n.62: Veneto, valore aggiunto ai prezzi base nel settore delle
costruzioni (milioni di euro correnti e var. % su anno prec). Dal
2002 al 2006………………………………………………….245
Tabella n.63: Veneto, volumi concessi per fabbricati residenziali e non
residenziali di nuova costruzione e per ampliamenti (migliaia di
metri cubi vuoto per pieno). Dal 2003 al 2005……………….247
Tabella n.64: Veneto, fabbricati residenziali e non residenziali per provincia
(migliaia di metri cubi vuoto per pieno). Anno 2005…………247
Tabella n.65: Italia e Veneto, volumi dei fabbricati non residenziali di nuova
costruzione secondo la destinazione d’uso (comp.%). Dal 2003 al
2005………………………………………………………….248
Tabella n.66: pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite. Movimenti
valutari in euro delle esportazioni da Verona in Germania, U.S.A.,
Europa, Mondo. Dal 1991 al 2008…………………………...260
XII
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.67: quote rappresentative delle esportazioni, Germania su Europa,
Germania su Mondo, U.S.A. su Mondo, Germania e U.S.A. su
Mondo. Dal 1991 al 2008…………………………………….261
Tabella n.68: variazione % su anno precedente delle esportazioni da Verona in
Germania, U.S.A., Europa, Mondo. Dal 1991 al 2008………..261
Tabella n.69: importazioni tedesche di marmo dal 1993 al 2007, per paese
(1000 ton.)…………………………………………………...266
Tabella n.70: importazioni tedesche di granito dal 1993 al 2007, per paese
(1000 ton.)…………………………………………………...267
Tabella n.71: granito, quote di mercato di Cina, India ed Italia nel mercato
tedesco dal 1993 al 2007……………………………………..267
Tabella n.72: importazioni di marmo degli Stati Uniti d’America dal 1993 al
2007, per paese (1000 ton.)…………………………………..270
Tabella n.73: Marmo, quote di mercato di Cina, Egitto, Grecia, India, Israele,
Italia, Messico, Perù, Spagna, Turchia nel mercato U.S.A. dal
1993 al 2007………………………………………………….270
Tabella n.74: importazioni di granito degli Stati Uniti d’America dal 1993 al
2007, per paese (1000 ton.)…………………………………..271
Tabella n.75: granito, quote di mercato di Brasile, Cina, India, Italia, nel
mercato U.S.A. dal 1993 al 2007……………………………...271
Tabella n.76: importazioni del distretto veronese di pietre lavorate e finite, per
singoli paesi; marmo e granito. Dal 1991 al 2008……………..279
Tabella n.77: importazioni veronesi di pietre grezze in blocchi, per paese, dal
1991 al 2008………………………………………………….282
Tabella n.78: maggiori fornitori di blocchi per Verona, tutte le tipologie di
pietre. (dati in euro), anno 2008………………….…………...283
XIII
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.80: Italia, esportazioni 2005-2006 di marmi, graniti in blocchi ed in
lastre, lavorate e non, di ardesia grezza e lavorata, e di pietra
pomice……………………………………………………….285
Tabella n.81: Italia, confronto esportazioni 2000-2006 di marmi, graniti in
blocchi ed in lastre, lavorate e non, di ardesia grezza e lavorata, e
di pietra pomice……………………………………………...286
Tabella n.82: Italia, esportazioni per continente 2000-2006 – Blocchi, lastre e
lavorati……………………………………………………….288
Tabella n.83: graniti lavorati; prezzi di Cina ed Italia per le importazioni della
Germania, anno 2005 e 2006…………………….…………...325
Tabella n.84: graniti lavorati; prezzi di Brasile, Cina, India, Italia per le
importazioni degli U.S.A., anno 2005 e 2006………………...326
Tabella n.85: esportazioni globali di materiali lapidei (tutti i materiali, grezzi e
lavorati); volumi e quote singoli paesi. Anni 1994 e
2007………………………………………………………….335
Tabella n.86: importazioni globali di materiali lapidei (tutti i materiali, grezzi e
lavorati); volumi e quote singoli paesi. Anni 1994 e
2007………………………………………………………….336
Tabella n.87: prezzi medi di importazioni ed esportazioni di calcarei e silicei grezzi
e di lavorati (in marmo e granito valore cumulato); anno 2007, euro
per tonnellata………………………………………………….343
Tabella n.88: Cina, prezzi medi dell’export lapideo nel 2007, in US Dollars, per
tipologia di pietra e di lavorazione……………………………347
Tabella n.89: Cina, prezzi medi dell’import lapideo nel 2007, in US Dollars, per
tipologia di pietra e di lavorazione……………………………348
Tabella n.90: Cina, importazioni di calcarei grezzi nel 2007, per paese……..348
Tabella n.91: Giappone, importazioni di lavorati speciali in quantità (000tonn.),
anno 2007, per paese……………………………….………...351
XIV
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.92: Corea del Sud, importazione di lavorati speciali (cod. 68.02),
anno 2007, per paese (quantità, valore, prezzo medio)……….352
Tabella n.93: India, prezzo medio delle esportazioni per categoria. Anni
2005-2007…………………………………………………353
Tabella n.94: Iran, esportazione di calcarei grezzi (cod. 25.25),per paese, in
tonnellate, anno 2007………………………………………...354
Tabella n.95: Iran, esportazione di lavorati semplici e speciali (cod. 68.02 e
68.03), per paese, in tonnellate, anno 2007………………...354
Tabella n.96: Turchia, prezzi medi al metro quadrato delle esportazioni di
lavorati dal 1991 al 2007; valori in dollari americani………….356
Tabella n.97: Turchia, esportazioni totali verso i due maggiori mercati U.S.A. e
Cina; anni 2006 e 2007, dati in valore e quantità……………...357
Tabella n.98: quota di consumo di prodotti lapidei lavorati dei primi dieci
consumatori mondiali, anno 2007……………………………365
Tabella n.99: USA, prezzi medi delle importazioni di lavorati per paese, US$ al
metro quadrato, spessore 2cm, anno 2007…………………...376
Tabella n.100: USA, importazioni di lavorati (cod. 68.02). Consuntivi 2007 per
paese, in quantità, valore e prezzo medio…………………….380
Tabella n.101: USA, importazioni di lavorati (cod.68.02). Paesi di origine
(quote di mercato e variaz.% 07/06), dal 2001 al 2007……….380
Tabella n.102 : USA, importazioni di lavorati (cod.68.02). Paesi di origine (mill.
USD), dal 2001 al 2007 e variaz.% 07/06……………………381
Tabella n.103: quota di mercato italiana nell’export di macchinari in Europa
rispetto i soli produttori europei; % su quantità, anni da 1998 a
2007………………………………………………………….397
Tabella n.104: quota di mercato nell’export di macchinari in Europa dei
maggiori produttori europei; % su quantità, anno 2007……... 397
XV
INDICE DELLE TABELLE
Tabella n.105: prezzo medio pagato nelle importazioni di macchinari, vari
paesi europei, anno 2007…………………………………….398
Tabella n.106: interscambio mondiale di macchine ed impianti per
l’industria lapidea; quote di mercato sulle quantità, anno
2007………………………………………………………399
Tabella n.107: Cina, importazioni di macchine per segagione e taglio.
Primi 5 paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007………...400
Tabella n.108: Cina, importazioni di macchine per lucidatura e finitura.
Primi 6 paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007………..400
Tabella n.109: USA, importazioni di macchine per segagione e taglio.
Primi 9 paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007………...401
Tabella n.110: Italia, prezzi medi delle esportazioni nel 2007 di vari
utensili (abrasivi, lame da sega, lame diamantate, mole e
dischi diamantati, mastici) per la lavorazione di pietre nel
2007……………………………………………………….403
Tabella n.111 e 112: Italia, export di macchine da taglio, levigatura e
lavorazione, macchine utensili, anno 2006, in valori, per
continente…………………………………………….……...407
XVI
INDICE DEI GRAFICI
Figura n.1: aree di un mercato lineare in cui le imprese producono tutte con lo
stesso prezzo; aree in funzione della distanza…………………...30
Figura n.1a: aree di mercato in un mercato lineare in cui una impresa produce
a prezzi inferiori rispetto alle altre, in funzione della distanza…...32
Figura paragrafo 3.4.4: schema sull’“iter dei patti” regionale per la delibera dei
bandi cui i distretti aderiscono per la richiesta dei co-finanziamenti
………………………………………………………………...41
Grafico paragrafo 4.1.2: il diamante della competitività di Porter…………...55
Grafico n.2: importazioni ed esportazioni di pietre grezze nel comprensorio
marmifero veronese, dal 1991 al 2007…………………………..81
Grafico n.3: importazioni di pietre grezze ed esportazioni di prodotti finiti in
pietra a Verona, dal 1991 al 2007………………………………82
Grafico n.4: valore aggiunto ottenuto dall’importazione di blocchi e vendita di
prodotti finiti trasformati, Verona, dal 1991 al 2007, valori in euro
…………………………………………………………………82
Grafico n.5: industrie per la lavorazione della pietra nel 1964 nei comuni del
territorio veronese……………………………………………...90
Grafico n.6: Valpantena-Valpolicella-Lessinia, attività manifatturiere attive
nella fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di minerali non
metalliferi e totale attività manifatturiere attive, dal 1998 al 2008
…………………………………………………………………95
Grafico n.7: Valpantena-Valpolicella-Lessinia, totale attività manifatturiere
attive, dal 1998 al 2008…………………………………………97
Grafico n.8: provincia di Verona, numero di imprese attive alla Camera di
Commercio di Verona nel settore manifatturiero dal 1998 al 2008
INDICE DEI GRAFICI
…………………………………………………………………98
Grafico n.9: peso % delle attività DI26 attive nella fabbricazione di prodotti
dalla lavorazione di minerali non metalliferi sul numero delle
attività manifatturiere della Valpantena-Valpolicella-Lessinia, dal
199al 2008……………………………………………………98
Grafico n.10: Valpantena-Valpolicella-Lessinia, composizione % delle imprese
attive per i principali settori manifatturieri. Anno 2004……... 100
Grafico n.11: provincia di Verona, composizione % delle imprese attive per i
principali settori manifatturieri. Anno 2004………………….100
Grafico n.12: provincia di Verona, composizione % delle imprese attive per
settori manifatturieri. Anno 2008……………………………101
Grafico n.13: esportazioni veronesi per prodotti. Anno 2007……………...104
Grafico n.14: Germania: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007……………………………………………………124
Grafico n.15: U.S.A., % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007…………………………………………………………124
Grafico n.16: Russia, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007………………………………………………………….125
Grafico n.17: Polonia, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007…………………………………………………...125
Grafico n.18: Ungheria, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007…………………………………………………...126
Grafico n.19: Ucraina, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007…………………………………………………...126
Grafico n.20: Ucraina, % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007…………………………………………………...127
Grafico n.21: Turchia, % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
XVIII
INDICE DEI GRAFICI
anno 2007…………………………………………………...127
Grafico n.22: Cina, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007………………………………………………………….128
Grafico n.23: India-Verona, import ed export di pietre e pietre da taglio
modellate e finite. anno 2007………………………………...128
Grafico n.24: India, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007…………………………………………………………129
Grafico n.25: India, % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona, anno
2007…………………………………………………………129
Grafico n.26: Brasile, % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007…………………………………………………………130
Grafico n.27: Brasile, % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007…………………………………………………...130
Grafico n.28: esportazioni di pietre da taglio o da costruzione modellate e
finite; quota di Verona, Vicenza, Carrara. Anno 2008………...135
Grafico n.29: importazioni di pietre da taglio o da costruzione modellate e
finite; quota di Verona, Vicenza, Carrara. Anno 2008………..135
Grafico n.30: esportazioni di pietre grezze in blocchi, quota di Verona,
Vicenza, Carrara. Anno 2008………………………………...136
Grafico n.31: importazioni di pietre grezze in blocchi, quota di Verona,
Vicenza, Carrara. Anno 2008………………………………...136
Grafico n.32: estrazione; numero di imprese attive, unità locali e artigiani nel
territorio del distretto di Verona, dal 1995 al 2008…………...157
Grafico n.33: lavorazione; numero di imprese attive, unità locali e artigiani nel
territorio del distretto di Verona, dal 1995 al 2008…………...157
Grafici n.34-35-36: numero di imprese estrattive, unità locali ed artigiani nella
provincia di Verona, dal 1995 al 2008………………………..158
XIX
INDICE DEI GRAFICI
Grafici n.37-38-39: lavorazione; numero di imprese, unità locali ed artigiani
nella provincia di Verona, dal 1995 al 2008………………….159
Grafico n.40: numero di imprese attive nell’estrazione e lavorazione della
pietra nella provincia di Verona divise per numero di addetti,
anno 2003…………………………………………………...160
Grafico n.41: numero di addetti per classe di imprese del marmo nella
provincia di Verona, anno 2003……………………………...160
Grafico n.42: aziende di estrazione suddivise per forma giuridica, valori in
percentuale. Provincia di Verona, anni 1998, 2000, 2004, 2008
……………………………………………………………...162
Grafico n.43: aziende di lavorazione suddivise per forma giuridica, valori in
percentuale. Provincia di Verona, anni 1998, 2000, 2004, 2008
……………………………………………………………...162
Grafico n.44: numero imprese di estrazione nel territorio veronese, suddivise
per natura giuridica, dal 1998 al 2008………………………...164
Grafico n.45: numero imprese di lavorazione nel territorio veronese, suddivise
per natura giuridica, dal 1998 al 2008………………………...164
Grafico paragrafo 6.2.1: criteri di segmentazione delle imprese del distretto
industriale…………………………………………………...166
Grafico n.46: composizione del portafoglio clienti delle aziende marmifere del
distretto veronese…………………………………………...174
Grafico n.47: marmo, valore della produzione (Verona); anni 2004, 2005, 2006
……………………………………………………………...177
Grafico n.48: marmo, rapporto di indebitamento (Verona), dal 2001 al 2006
……………………………………………………………...182
Grafico n.49: marmo, valore aggiunto/totale attivo(Verona), dal 2001 al 2006
……………………………………………………………...183
Grafico n.50: marmo, Roi e Roe (Verona), dal 2002 al 2006………………185
XX
INDICE DEI GRAFICI
Grafico n.51: Veneto; variazioni % negli occupati nel settore delle costruzioni
ed in totale. Dal 2003 al 2007………………………………..241
Grafico n.52: Veneto; tasso di sviluppo delle imprese attive nel settore delle
costruzioni. Dal 2003 al 2007………………………………..244
Grafico n.53: Veneto; variazioni % nel valore aggiunto ai prezzi base (milioni
di euro correnti), settore delle costruzioni e totale economia. Dal
2003 al 2006…………………………………………………245
Grafico n.54: peso % dell’export di pietre lavorate di Verona verso Germania
sul totale export verso Europa e mondo, anni 1993, 2000, 2004,
2008…………………………………………………………259
Grafico n.55: variazione annuale dell’ export di pietre lavorate da Verona verso
Germania, dal 1992 al 2008………………………………….259
Grafico n.56: esportazioni di pietre da taglio, modellate e finite da Verona
verso Germania, U.S.A., Europa e Mondo dal 1991 al 2008. In
euro…………………………………………………………262
Grafico n.57: peso % delle esportazioni di lapidei veronesi verso Germania,
Europa, U.S.A. e Mondo dal 1991 al 2008…………………...262
Grafico n.58: importazioni tedesche di lavorati finiti in marmo, migliaia di
tonnellate, dal 1993 al 2007………………………………….268
Grafico n.59: importazioni tedesche di lavorati finiti in granito, migliaia di
tonnellate, dal 1993 al 2007………………………………….268
Grafico n.60 e 61: granito; quote di mercato di Cina, India ed Italia nel
mercato tedesco. Anni 1998, 2002, 2005, 2007………………269
Grafico n.62: importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in marmo, singoli paesi e
dato aggregato, migliaia di tonnellate, dal 1993 al 2007………272
Grafico n.63: importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in marmo, singoli paesi,
migliaia di tonnellate, dal 1993 al 2007………………………272
Grafico n.64: importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in granito, singoli paesi e
XXI
INDICE DEI GRAFICI
dato aggregato, migliaia di tonnellate, dal 1993 al 2007………273
Grafico n.65: importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in granito, singoli paesi,
migliaia di tonnellate, dal 1993 al 2007………………………273
Grafico n.66: marmo; quote di mercato di Cina, Egitto, Grecia, India, Israele,
Italia, Messico, Perù, Spagna, Turchia nel mercato U.S.A. dal
1993 al 2007…………………………………………………275
Grafico n.67: granito; quote di mercato di Brasile, Cina, India, Italia, nel
mercato U.S.A. dal 1993 al 2007……………………………..275
Grafico n.68: importazioni a Verona di pietre da taglio o da costruzione
modellate e finite, per paese, dal 1991 al 2008……………….279
Grafico n.69: importazioni di pietre grezze a Verona, maggiori paesi, dal 1991
al 2008………………………………………………………282
Grafico n.70: totale (voce mondo) importazioni di pietre grezze a Verona, dal
1991 al 2008…………………………………………………283
Grafico n.71: % importazioni per paese dei maggior fornitori di blocchi per
Verona nel 2008……………………………………………..283
Grafico n.72: importazioni tedesche per paese di lavorati e finiti in granito, in
migliaia di tonnellate, dal 1993 al 2007………………………313
Logo del marchio Pietra Naturale…………………………………………432
Logo del marchio Pietra Autentica………………………………………...434
XXII
INTRODUZIONE
L’obiettivo centrale della presente tesi è lo studio del Distretto del Marmo a
Verona, riconosciuto come Distretto del Marmo e delle Pietre del Veneto dalla
Legge Regionale n.5 del 2006, e l’interscambio mondiale che il settore delle
pietre sviluppa.
Di fatto, la trattazione si rivela essere assai ampia ed articolata. La tesi è
costituita da dieci capitoli, suddivisi in quattro parti.
Nella prima analizzo i concetti di distretto industriale e produttivo, distretto
tecnologico, di cluster, le forze che spingono le imprese alla localizzazione
territoriale e la normativa nazionale e della regione Veneto in materia di
distretti.
Con la seconda parte si entra nel vivo dell’analisi, in cui presento la storia
del distretto di Verona, il legame tra marmo ed il territorio della ValpolicellaValpantena-Lessinia, il ruolo delle pietre nell’import/export dei maggiori
prodotti a Verona, l’analisi economico-finanziaria-patrimoniale delle imprese
del distretto divise per dimensione; l’evoluzione del numero di imprese attive,
unità locali, artigiani nel distretto e l’evolversi negl’anni della loro forma
giuridica; le maggiori varietà commerciali di marmi, graniti e pietre; i valori
dell’occupazione nel distretto ed una panoramica sul settore delle costruzioni
in Italia ed in Veneto, poiché l’edilizia è il volano della produzione lapidea
mondiale.
La terza parte tratta il settore lapideo italiano e mondiale: il punto di
partenza è il ruolo di Verona (intesa in senso ampio, includendo quindi
separatamente anche la trasformazione nelle Valli di Chiampo e dell’Altopiano
di Asiago) e Carrara nella produzione e trasformazione di marmi, graniti,
ardesia e pietre in Italia, senza dimenticare i distretti minori di Brescia, Trani,
Comiso e Orosei; tratterò l’importanza delle importazioni ed esportazioni di
blocchi e prodotti finiti di Verona e Carrara dal 1991 ad oggi; nell’analisi dei
I
flussi di export la logica è stata quella di focalizzarsi sui principali mercati di
sbocco di Verona, che sono Germania e Stati Uniti, per poi spostarsi sui flussi
delle loro importazioni dai vari paesi del mondo per dimostrare come al calo
delle spedizioni italiane, delle quali Verona e Carrara rappresentano ben il
60%, corrisponde l’ingresso di nuovi forti competitori, che hanno
rivoluzionato l’assetto del commercio mondiale di marmo e granito ed hanno
spodestato l’Italia dalla sua posizione di leadership. Come detto pocanzi, il mio
studio vuole addentrarsi in tutte le componenti caratterizzanti il settore della
pietra, quindi la sua estrazione, trasformazione e tecnologia che le
accompagna: dopo la trattazione della provenienza geografica dei materiali di
maggior interesse commerciale, mi concentrerò sugli equilibri e flussi che
caratterizzano l’attuale assetto dell’interscambio mondiale, trattando in primis i
grandi “newcomers” del settore, vale a dire Cina, Brasile, Turchia ed India.
Non manca l’analisi specifica su altri paesi che, vuoi perché estrattori, vuoi
perché trasformatori o solo consumatori, rivestono un ruolo importante nel
settore: Indonesia, Malaysia, Tailandia, Giappone, Taiwan, Filippine, Hong
Kong, Singapore, Corea del Sud, Australia, Russia, Iran, Israele, Egitto,
Libano, Tunisia, Sudafrica, Zimbabwe, Emirati, Norvegia, Finlandia, Spagna,
Portogallo, Italia, Germania, Francia, Belgio, Olanda, Grecia, Stati Uniti,
Canada, Messico, Perù, per citarne alcuni. La sezione terza si conclude con
l’analisi della produzione italiana, leader a livello mondiale, e relative
esportazioni di impianti, macchinari ed utensili per il taglio e la lucidatura di
materiali calcarei e silicei. Segue una breve trattazione sui materiali di consumo
come abrasivi, utensili diamantati (lame e dischi), mastici e graniglia metallica
per le segherie di granito.
L’ultima parte tratta le criticità e prospettive future per il Distretto del
Marmo e delle Pietre del Veneto, focalizzandosi su alcune problematiche
comuni a tutto il settore lapideo italiano: la promozione e la pubblicità del
marmo e del granito e la necessità di sviluppare maggiori servizi pre e post
vendita.
II
Tutti i dati riportati sono di fonte ufficiale: Istat, Eurostat, Unioncamere,
CCIAA di Verona, ICE, Bureau of Census USA, COMTRADE, MIA
(Marble Institute of America), TUMMER, USDC, IMF, il centro di ricerca e
statistica sul settore lapideo a livello internazionale IMM (Internazionale
Marmi e Macchine di Carrara), studi e ricerche del dott. Carlo Montani per Il
Sole 24 Ore, l’associazione territoriale di categoria ASMAVE e l’ACIMM
(Associazione Costruttori Italiani Macchine per Marmo e affini), EUROROC
(European and International Federation of Natural Stone Industries),
Assomarmomacchine (Confindustria Marmomacchine), la Videomarmoteca di
Dolcè, interviste ad imprenditori ed operatori, esperienze personali in Italia e
all’estero in Spagna, Grecia, Croazia, Turchia, Finlandia, Estonia, Lettonia,
Russia, Stati Uniti, Brasile.
III
INDICE
INTRODUZIONE…………………………………………………………………I
PARTE PRIMA
DISTRETTO INDUSTRIALE E PRODUTTIVO, DISTRETTO TECNOLOGICO E CLUSTER;
LE FORZE CHE SPINGONO ALLA LOCALIZZAZIONE TERRITORIALE;
NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE DEL VENETO SUI DISTRETTI
CAPITOLO 1 IL DISTRETTO INDUSTRIALE .............................................. 1
1.1 INTRODUZIONE ............................................................................................... 1
1.2 CONCETTI DI BASE SUL DISTRETTO INDUSTRIALE ........................................... 4
1.3 COME NASCE L’IDEA DI DISTRETTO INDUSTRIALE?......................................... 6
1.4 IL DISTRETTO INDUSTRIALE DI MARSHALL E BECATTINI ................................ 7
1.5 I VANTAGGI DEI DISTRETTI ........................................................................... 10
1.6 CONDIZIONI CHE HANNO FAVORITO LA NASCITA DEI DISTRETTI ITALIANI .... 12
1.7 TIPOLOGIA DI IMPRESE DISTRETTUALI .......................................................... 14
1.8 PROBLEMI ATTUALI DEI DISTRETTI ............................................................... 15
1.9 STRATEGIE RECENTI DEI DISTRETTI .............................................................. 17
1.10 CICLO DI VITA DEI DISTRETTI INDUSTRIALI ................................................ 18
1.11 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ..................................................................... 19
CAPITOLO 2 L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE
DI SCALA, DI URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE ............. 21
2.1 INTRODUZIONE ............................................................................................. 21
2.2 ECONOMIE DI SCALA INTERNE ED ESTERNE .................................................. 22
2.3 ECONOMIE DI URBANIZZAZIONE ................................................................... 23
2.4 ECONOMIE DI AGGLOMERAZIONE/LOCALIZZAZIONE .................................... 24
2.5 ECONOMIE DI SCALA: L’AREA DI MERCATO DELL’IMPRESA .......................... 29
2.6 BIBLIOGRAFIA .............................................................................................. 33
CAPITOLO 3 EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI:
NORMATIVA NAZIONALE E DELLA REGIONE VENETO.................... 35
3.1 LEGGE 317/1999, ART. 36............................................................................ 35
3.2 DECRETO MINISTERIALE DELL’INDUSTRIA 21 APRILE 1993......................... 36
3.3 LEGGE 140/1999 .......................................................................................... 37
3.4 LEGGE REGIONALE DEL VENETO N.8/2003 – DEFINIZIONE DEL DISTRETTO
PRODUTTIVO ...................................................................................................... 38
3.4.1 Il Patto di Sviluppo del Distretto ......................................................... 40
3.4.2 Indicatori di rilevanza del sistema produttivo locale .......................... 40
3.4.3 I soggetti............................................................................................... 41
3.4.4 Iter dei Patti ......................................................................................... 41
INDICE
3.4.5 La Consulta dei Distretti ...................................................................... 42
3.5 DISTRETTI PRODUTTIVI VENETI: SINTESI 2003 – 2005.................................. 42
3.6 LEGGE REGIONALE N.5/2006 ........................................................................ 43
3.6.1 Criteri di valutazione dei progetti esecutivi ......................................... 43
3.6.2 Tipologie di interventi finanziabili ....................................................... 44
3.7 ELENCO DEI DISTRETTI E METADISTRETTI IN VENETO................................... 45
3.8 BIBLIGRAFIA E SITOGRAFIA .......................................................................... 50
CAPITOLO 4 DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA
LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA TECNOLOGIA .................. 53
4.1 IL CLUSTER INDUSTRIALE ............................................................................. 53
4.1.1 Porter: strategie d’impresa e vantaggio competitivo........................... 55
4.1.2 Il diamante della competitività di Porter ............................................. 55
4.1.3 Politiche governative secondo Porter .................................................. 58
4.1.4 Elementi caratterizzanti il cluster di Porter ......................................... 59
4.1.5 Vantaggi per le imprese a localizzarsi in un cluster ............................ 59
4.1.6 Cluster ed incrementi di produttività ................................................... 60
4.1.7 Ciclo di vita di un cluster ..................................................................... 60
4.2 LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA TECNOLOGIA .............................. 61
4.2.1 Industria high-tech: fattori territoriali di localizzazione ..................... 62
4.2.2 Industria high-tech e produttori di conoscenza, consumatori di
conoscenza, trasformazione della conoscenza .............................................. 62
4.2.3 Modelli localizzativi imprese high-tech................................................ 63
4.2.4 Distretti tecnologici: definizioni di Cooke e Huggins, Makell, Storper64
4.2.5 Tipologie di distretti tecnologici: fattori genetici ................................ 65
4.2.6 Approfondimenti: un esempio di cluster high-tech, Bangalore............ 67
4.3 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ........................................................................ 69
PARTE SECONDA
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA, OGGI DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO.
STORIA, ANALISI DELLE IMPRESE, IMPORT ED EXPORT
CAPITOLO 5 IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
............................................................................................................................... 71
5.1 CENNI STORICI .............................................................................................. 71
5.1.1 Storia dell’uso della pietra nel territorio della Valpolicella, Lessinia e
Valpantena..................................................................................................... 71
5.1.2 Introduzione storica del distretto del marmo della ValpolicellaValpantena-Lessinia e gli altri distretti del marmo in Italia: Carrara, Trani,
Comiso ........................................................................................................... 77
5.2 IL DISTRETTO ED IL TERRITORIO DAL 1950 AL 2008 ..................................... 83
5.2.1 Estrazione, commercio ed industrie del marmo dal 1950 al 1964....... 83
II
INDICE
5.2.2 Numero di imprese del distretto marmifero “originario” nelle attività
manifatturiere della provincia di Verona e della zona ValpolicellaValpantena-Lessinia dal 1995 al 2008 ......................................................... 92
5.3 LE ESPORTAZIONI DI PRODOTTI DELLA PROVINCIA DI VERONA: MARMO E
GRANITO AL TERZO POSTO ................................................................................ 102
5.4 RUOLO ED IMPORTANZA DELLE IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI VERONESI DI
PIETRE GREZZE E PRODOTTI FINITI IN PIETRA NELL’INSIEME DELLE MERCI E
PRODOTTI IMPORTATI ED ESPORTATI NELLA PROVINCIA DI VERONA, SUDDIVISI
PER NAZIONE INTERESSATA .............................................................................. 107
5.4.1 Introduzione ....................................................................................... 107
5.4.2 Germania ........................................................................................... 108
5.4.3 Stati Uniti ........................................................................................... 110
5.4.4 Federazione Russa ............................................................................. 111
5.4.5 Polonia ............................................................................................... 113
5.4.6 Ungheria ............................................................................................ 114
5.4.7 Ucraina .............................................................................................. 114
5.4.8 Turchia ............................................................................................... 116
5.4.9 Cina .................................................................................................... 117
5.4.10 India ................................................................................................. 118
5.4.11 Brasile .............................................................................................. 121
5.4.12 Grafici delle esportazioni ed importazioni veronesi della parte 5.4 124
5.5 PESO DELLE ESPORTAZIONI ED IMPORTAZIONI DI PIETRE GREZZE E PIETRE DA
TAGLIO O DA COSTRUZIONE, MODELLATE E FINITE DAL 1991 AL 2008 A VERONA,
VENETO, ITALIA E CARRARA ........................................................................... 131
5.6 LEGGE REGIONALE 4 APRILE 2003 N.8 E SUO IL RINNOVAMENTO AVVENUTO
CON LA LEGGE REGIONALE N.5/2006: EFFETTI NELLA PROVINCIA DI VERONA ED
IN PARTICOLARE SUL DISTRETTO DEL MARMO ................................................. 141
5.6.1 Legge regionale 4 aprile 2003 n.8 : “ Disciplina dei distretti produttivi
ed interventi di politica industriale locale “ ............................................... 141
5.6.2 Legge Regionale n.5/2006 (Rinnovamento legge regionale n.8/2003)
..................................................................................................................... 145
5.7 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ..................................................................... 150
CAPITOLO 6 ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL
MARMO DI VERONA .................................................................................... 155
6.1 AZIENDE DI ESTRAZIONE E LAVORAZIONE DAL 1995 AL 2008.................... 155
6.1.1 Imprese attive, unità locali ed artigiani............................................. 155
6.1.2 Gli addetti nel distretto ...................................................................... 160
6.1.3 Forma giuridica delle imprese di estrazione e di lavorazione .......... 161
6.2 SEGMENTAZIONE DEL DISTRETTO IN PICCOLE, MEDIE E GRANDI IMPRESE: 30
IMPRESE CAMPIONE .......................................................................................... 165
6.2.1 Caratteristiche del distretto e criteri di segmentazione del mercato
distrettuale .................................................................................................. 165
6.2.2 Aziende specializzate nel commercio di blocchi: analisi della gestione
del magazzino e delle esportazioni dal 1991 al 2008 ................................. 167
6.2.3 Analisi patrimoniale ed economico finanziaria di piccole, medie e
grandi imprese di lavorazione e produzione............................................... 169
III
INDICE
6.3 INDICI DI PRODUTTIVITÀ ECONOMICA, REDDITIVITÀ, SOLIDITÀ FINANZIARIA
DEL BILANCIO AGGREGATO DI 173 IMPRESE NEL DISTRETTO DEL MARMO A
VERONA ........................................................................................................... 175
6.4 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ...................................................................... 187
CAPITOLO 7 IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI ........................ 189
7.1 LE VARIETÀ COMMERCIALI CLASSIFICATE PER TIPOLOGIA CON INDICAZIONE
DEI LUOGHI DI ORIGINE ..................................................................................... 189
7.1.1 Introduzione........................................................................................ 189
7.1.2 I marmi ............................................................................................... 192
7.1.3 I Graniti .............................................................................................. 201
7.1.4 Le pietre.............................................................................................. 208
7.2 CAMPI D’IMPIEGO DEI MATERIALI LAPIDEI.................................................. 214
7.3 IL MERCATO DOMESTICO: IL DISTRETTO DI VERONA SORRETTO
DALL’ESPANSIONE DELL’EDILIZIA VENETA ED ITALIANA FINO AL 2007 ........... 227
7.3.1 Costruzioni in sintesi .......................................................................... 227
7.3.2 Il settore delle costruzioni in Italia .................................................... 235
7.3.3 Il settore delle costruzioni nel Veneto ................................................ 238
7.3.4 Tendenze dell’occupazione del settore delle costruzioni ................... 240
7.3.5 La dinamica delle imprese edili ......................................................... 242
7.3.6 Il valore aggiunto nel settore delle costruzioni .................................. 244
7.3.7 I permessi di costruire in Veneto........................................................ 246
7.4 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ...................................................................... 249
PARTE TERZA
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO E MONDIALE
CAPITOLO 8 IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO ................................... 253
8.1 IL RUOLO DI VERONA E CARRARA NEL SETTORE LAPIDEO ITALIANO .......... 253
8.2 DUE GRANDI MERCATI DI SBOCCO PER IL DISTRETTO DEL MARMO DI
VERONA: GERMANIA E U.S.A .......................................................................... 257
8.3 PROBLEMI DELL’EXPORT VERONESE E ITALIANO: CALO DELLE IMPORTAZIONI
DI LAVORATI IN MARMO E GRANITO DA GERMANIA E U.S.A.- TREND DAL 1993 AL
2007 ................................................................................................................. 263
8.4 IMPORTAZIONI DI PRODOTTI FINITI E BLOCCHI GREZZI A VERONA: I MAGGIORI
FORNITORI ........................................................................................................ 277
8.5 I DATI DI EXPORT E SITUAZIONE DEL SETTORE ITALIANO ............................ 284
8.6 MERCATI IMPORTANTI PER L’ITALIA DEL SETTORE LAPIDEO NEL 2006-2007
......................................................................................................................... 291
8.7 LE IMPORTAZIONI DELL’INDUSTRIA ITALIANA DI BLOCCHI ......................... 292
8.8 LE IMPORTAZIONI DELL’INDUSTRIA ITALIANA DI LAVORATI ....................... 293
8.9 QUADRO STRATEGICO................................................................................. 293
8.10 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .................................................................... 297
IV
INDICE
CAPITOLO 9 SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO ...... 299
9.1 PROVENIENZA GEOGRAFICA DELLE MAGGIORI VARIETÀ COMMERCIALI DI
MARMI, GRANITI E PIETRE ................................................................................ 299
9.1.1 Europa................................................................................................ 300
9.1.2 Pesi Extraeuropei............................................................................... 302
9.2 PANORAMICA INTRODUTTIVA DELLO SCENARIO LAPIDEO MONDIALE......... 307
9.2.1 Il mondo della pietra ed il suo commercio......................................... 307
9.2.2 Quadro storico mondiale: paesi esportatori solo di grezzi, di grezzi e
lavorati, i consumatori ................................................................................ 311
9.3 IL SETTORE LAPIDEO NEL MONDO ............................................................... 318
9.3.1 Il contesto attuale............................................................................... 318
9.3.2 Le escavazioni .................................................................................... 320
9.3.3 Lavorazione e trasformazione di marmo e granito: strategie di mercato
e prezzi ........................................................................................................ 324
9.3.4 Lo sviluppo degli scambi.................................................................... 328
9.3.5 Un mercato globale: import ed export dei paesi dell’Unione Europea,
della regione Europa in senso geografico e dei paesi Extra-europei......... 332
9.3.6 Interscambio mondiale di marmi, graniti e ardesia, grezzi e lavorati:
variazione degli equilibri ............................................................................ 337
9.3.7 Il mercato dell’Unione Europea ........................................................ 340
9.3.8 Il drago cinese: produttore, esportatore, consumatore ..................... 345
9.3.9 Nuove tigri asiatiche: Indonesia, Malaysia, Thailandia, Giappone,
India, Taiwan, Iran, Filippine, Hong Kong, Singapore.............................. 350
9.3.10 Una grande Turchia......................................................................... 355
9.3.11 Altri protagonisti: Brasile, Norvegia, Finlandia, Sudafrica, Spagna,
Portogallo, Italia......................................................................................... 358
9.3.12 L’espansione degli impieghi di materiali lapidei ............................ 363
9.3.13 Valori competitivi e crescita possibile ............................................. 367
9.3.14 Il mercato americano ....................................................................... 374
9.3.15 Produzione e trasformazione del Nord Africa ................................. 383
9.4 TREND DEI MAGGIORI PAESI ....................................................................... 384
9.4.1 Europa dei quindici............................................................................ 384
9.4.2 Economie mature: Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Taiwan,
Svizzera, Australia, Canada, Arabia Saudita, Norvegia, Hong Kong,
Singapore, Emirati, Israele, Libano e Kuwait ............................................ 387
9.4.3 Paesi terzi: Cina, India, Turchia, Brasile, Iran, Egitto, Sudafrica.... 391
9.5 IL MERCATO DEI MACCHINARI PER IL SETTORE LAPIDEO............................. 394
9.5.1 Introduzione al mercato dei macchinari per marmo e granito.......... 394
9.5.2 Interscambio mondiale di macchine ed impianti ............................... 396
9.5.3 Interscambio mondiale di materiali di consumo: abrasivi, utensili
diamantati, lame, mastici, graniglia metallica per segherie di granito ..... 401
9.5.4 Esportazioni italiane di macchine per il taglio, la levigatura e la
lucidatura delle pietre ornamentali ............................................................ 405
9.5.5 Conclusioni e quadro complessivo sui macchinari............................ 409
9.6 CONSIDERAZIONI E QUADRO DI SINTESI SUL SETTORE LAPIDEO MONDIALE 410
9.7 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................ 418
V
INDICE
PARTE QUARTA
LE PROSPETTIVE FUTURE, I SERVIZI, LA PROMOZIONE
CAPITOLO 10 CRITICITA’E PROSPETTIVE FUTURE PER IL
DISTRETTO DEL MARMO E DELLE PIETRE DEL VENETO.............. 421
10.1 SPUNTI PER LA RIFLESSIONE E CARENZE STRUTTURALI DELLE IMPRESE
VERONESI DEL MARMO ..................................................................................... 421
10.2 POSSIBILI STRATEGIE ................................................................................ 426
10.2.1 Aggregazioni..................................................................................... 426
10.2.2 Sviluppo di attività promozionali e rafforzamento del prodotto marmo
..................................................................................................................... 429
10.2.3 Portale internet................................................................................. 431
10.2.4 Rafforzamento delle iniziative associative / globali ......................... 431
10.3 I MARCHI: PIETRA NATURALE, PIETRA AUTENTICA, MARCATURA CE .... 432
10.4 INTERAZIONE TRA DISTRETTO E GLOBALIZZAZIONE.................................. 436
10.5 LE PROSPETTIVE PER IL DISTRETTO ........................................................... 442
10.5.1 Possibilità per le aziende: sviluppo qualitativo e quantitativo ........ 445
10.6 LA PROMOZIONE DEI SERVIZI: È NECESSARIO PIÙ IMPEGNO ...................... 448
10.7 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA .................................................................... 451
CONCLUSIONI……………………………………………………………….457
APPENDICE 1: analisi swot di un’azienda di grande dimensione del
Distretto del Marmo e delle Pietre del Veneto……………………………….477
APPENDICE 2: vocabolario, i termini del settore lapideo………………....497
APPENDICE 3: esportazioni ed importazioni di pietre da taglio o da
costruzione modellate e finite (categoria Ateco DI260) e di pietre grezze
(categoria Ateco CB141) di Verona da e verso tutti i paesi del mondo….…513
APPENDICE 4: mappa del Distretto del Marmo e delle Pietre del Veneto con
distribuzione delle imprese secondo la loro concentrazione nei vari
comuni………………………………………………………………………….543
RINGRAZIAMENTI………………………………………………………….545
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………547
VI
Capitolo 1
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
1.1 Introduzione
Il distretto industriale è un’aggregazione1 d’imprese, soprattutto di piccole e
medie dimensioni2, tutte coinvolte3 a diversi livelli nello stesso ciclo o filiera
produttiva. Tale forma d’organizzazione produttiva permette di scomporre il
ciclo di produzione in diverse fasi, ciascuna delle quali è affidata a determinate
imprese indipendenti ma inserite in una rete locale di relazioni geografiche e
produttive
con
le
altre
imprese
del
distretto;
ciò
permette
contemporaneamente un’alta flessibilità organizzativa ed economie di scala4
1
Con connotati inizialmente territoriali che via via si sono ampliati territorialmente fino a
comprendere più province. (Vedere Legge Regionale del Veneto n.8/2003, paragrafo 3.4).
2 Ma non è detto che ci possano essere anche alcune grandi imprese.
3 Il coinvolgimento, da diretto all’inizio, si è poi allargato inglobando nella definizione di distretto
anche quelle imprese che partecipano indirettamente nella produzione del/dei bene/i della filiera,
come imprese che forniscono servizi ed assistenza specializzata o forniscono macchinari e tecnologie
per quella determinata filiera, ecc.
4 Economie di scala: riduzione del costo medio di produzione che è possibile ottenere in seguito
all’aumento delle dimensioni aziendali. Le economie di scala si distinguono in reali e pecuniarie.
Economie di scala reali: si realizzano nel caso in cui la riduzione dei costi derivi dalla maggiore
divisione del lavoro, dalla specializzazione dei costi ecc. cioè si ha una diminuzione del costo medio di
produzione dati i costi di macchinario, del lavoro e degli input, e ammessa l’utilizzazione di ciascun
impianto alla sua capacità ottimale all’aumentare della dimensione dell’impianto. Raggiunta una certa
dimensione, i costi possono smettere di diminuire e cominciare ad aumentare e allora si dice che ci
sono diseconomie di scala poiché il supermento della dimensione ottimale dell’impresa può generare
maggiori sprechi in termini di risorse materiali, umane ed organizzative; oppure, raggiunto il livello
minimo, i costi possono rimanere costanti, come è suggerito da molte ricerche empiriche.
E’ importante sottolineare che le economie di scala reali di cui si è sinora parlato sono misurate
nell’ipotesi che il costo del macchinario, del lavoro e degli input non cambi con la quantità acquistata.
In questa situazione, ad una diminuzione del costo medio corrisponde una diminuzione nel consumo
delle risorse impiegate nel processo produttivo, fatte salve le condizioni dell’efficienza. La tendenza
alla crescita delle dimensioni delle imprese è un fenomeno complesso perché influenzato da molteplici
cause, le quali interferiscono tra di loro. L’economista britannica J. Robinson ne individua cinque:
CAPITOLO 1
tali da rendere il prodotto finito molto competitivo, anche rispetto a quello
d’imprese di grandi dimensioni.
Il successo di questo modello produttivo, affermatosi in Italia soprattutto
nel Nord-Est e nell’Italia centrale, ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi
e politici che ne hanno rilevato la validità anche per una politica industriale5
d’aiuto allo sviluppo locale.
•
•
•
•
•
Forze tecniche (macchinari, impianti, …)
Forze direzionali (managerial forces)
Forze finanziarie (capitali)
Forze promozionali (marketing)
Forze della sopravvivenza (cioè le riserve economiche che tendono a preservare l’impresa da
rischi e dalle fluttuazioni della congiuntura).
Ciascuna di queste forze, inoltre, non opera sempre concordemente con le altre nella definizione di
una dimensione ottimale; infatti, può accadere che la dimensione ottima sotto l’aspetto tecnico non lo
sia dal punto di vista della gestione, ad esempio per le difficoltà di amministrare impianti giganteschi.
Le cause delle economie di scala reali sono molteplici. A. Smith (1776) suggeriva che, in una
fabbrica grande, è possibile effettuare alti livelli di divisione del lavoro che consentono ai lavoratori di
acquisire maggiore destrezza e di ridurre il tempo di passaggio da un lavoro all’altro. Inoltre, il
lavoratore sempre ad una stessa occupazione stimola l’invenzione di macchine che aumentano la
produttività del lavoro (come si vede, Smith non ragiona in ipotesi statiche, di tecnologia data, ma
piuttosto riflette sulle economie di scala anche in riferimento al progresso tecnico possibile). Alle
ragioni adottate da Smith se ne aggiungono altre, classificate da E.A.G. Robinson (1931). Vi è innanzi
tutto il fatto che il costo di alcuni impianti, soprattutto per l’industria chimica, cresce meno che
proporzionalmente alla dimensione; vi è il fatto che le riserve di pezzi di ricambio, o talvolta anche dei
semilavorati, crescono, anche queste, meno che proporzionalmente alla capacità produttiva; vi è infine
come è stato descritto da N. Georgescu-Roegen, il fatto che grandi dimensioni consentono una
migliore utilizzazione degli impianti. Ma, in definitiva, il motivo più importante per il quale le
economie di scala si verificano è che le grandi dimensioni consentono l’uso di tecniche più sofisticate e
più produttive. Si badi comunque, che per confrontare i cosi di produzione tra imprese diverse
occorre che le imprese non solo producano lo stesso prodotto ma abbiano anche lo stesso livello di
integrazione verticale, cioè compiano, al loro interno, le stesse fasi di produzione.
Economie di scala pecuniarie: si verificano qualora l’impresa, grazie alle accresciute dimensioni, è in
grado di influenzare le negoziazioni riguardanti le condizioni di prezzo, di pagamento e di credito. Se
le quantità di risorse consumate per produrre una unità di prodotto restano uguali all’aumento della
dimensione degli impianti non corrisponde un aumento di efficienza.
In regime di concorrenza, nel primo caso (con economie di scala reali) le imprese tenderanno ad
assumere tutte la stessa dimensione, che è quella appunto, che corrisponde al costo minimo; nel
secondo caso (con economie di scala pecuniarie) la dimensione delle imprese resterà indeterminata,
perché tutte le imprese maggiori della dimensione minima efficiente, che è quella in cui le economie di
scala si esauriscono, avranno gli stessi costi di produzione. (Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti
Editore, 2001, pagg.442 e “Nuovo Dizionario di Economia”, Edizioni Simone, III edizione, Ottobre 2000,
pag. 245).
5 Politica industriale: aspetto della politica economica che agisce con effetti di lungo periodo sulle
condizioni in cui opera il sistema industriale di un paese. Si esplica in un’insieme di attività, poste in
essere da un’attività pubblica, che mirano alla ridefinizione strutturale dell’apparato produttivo. La
politica industriale è cioè l’insieme di tutti gli interventi che riguardano l’industria e che mirano a
mutare, in modo non temporaneo, la struttura produttiva e i rapporti fra imprese. (Fonte: “Economia”,
Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pagg.874-875 e “Nuovo Dizionario di Economia”, Edizioni Simone,
III edizione, Ottobre 2000, pag. 552).
2
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Marshall nell’Europa di fine 1800 aveva individuato delle concentrazioni
spaziali d’imprese prevalentemente piccole cui da il nome di distretto
industriale; queste concentrazioni coesistevano con un sistema industriale che
stava andando verso grandi dimensioni con integrazione verticale.
Becattini arriva al concetto di distretto industriale per analogia, osservando il
distretto tessile di Prato che aveva proprio queste caratteristiche individuate da
Marshall. Dallo studio di Prato ed altre realtà italiane si sviluppa tutto il filone
di studio che fa capo ai “distrettualisti”, filone di ricerca che è trasversale a più
discipline poiché i distretti sono studiati ad esempio da economisti, geografi
economici, sociologi.
Michael Porter ha sviluppato il concetto di cluster che ha varie analogie col
concetto di distretto industriale, anche se Porter parte da una base d’analisi
diversa rispetto gli industrialisti italiani. Questi ultimi, infatti, partono
dall’analisi del territorio, Porter dall’analisi dell’impresa e cerca di vedere quali
sono i fattori che assicurano ai distretti competitività dal punto di vista
internazionale e da lì arriva al territorio. Il cluster ha sì analogie con il distretto
ma raccoglie quelle realtà che hanno un grado d’innovazione più elevata.
Krugman invece studia ed evidenzia il rapporto tra economie di
agglomerazione e costi di trasporto.
Il Cluster tecnologico, o distretto tecnologico, è un concetto che va oltre a
quello di distretto o cluster in sé, siccome è presente l’elemento caratterizzante
della conoscenza esplicita o codificata, che passa attraverso codici e canali del
linguaggio scientifico.
In questo capitolo analizzerò il concetto di distretto industriale, cluster alla
Porter, distretto tecnologico.6
6
Le informazioni e i dati riguardanti il distretto industriale (capitolo 1), l’evoluzione normativa
riguardante i distretti in Italia e nella regione Veneto (cap. 3), il cluster alla Porter (cap. 4, prima parte),
la localizzazione delle imprese ad alta tecnologia (cap. seconda parte), l’esempio di approfondimento
del capitolo 4, oltre ad essere stati reperiti dalle fonti citate di volta in volta nelle note, si riferiscono
anche a: Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, Prof.ssa Paola Savi,
Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008 (lucidi disponibili sulla pagina personale
del docente previa richiesta di password da richiedere scrivendo a [email protected]). I riferimenti
bibliografici inerenti tali lezioni sono indicati precisamente nella bibliografia al termine di questa
3
CAPITOLO 1
1.2 Concetti di base sul distretto industriale
Un distretto industriale, ovvero un’area industriale che presenta particolari
caratteristiche spaziali, economiche e sociali, in termini economico-sociali7 è
distinto dai seguenti principi/elementi caratteristici:
a) Un ambito territoriale abbastanza ristretto (in generale meno di una
provincia e più di un comune), non invariabile nel tempo, ben
connesso da vie di comunicazione interne; il concetto di territorialità si
è ampliato, fino a considerare più province, con le Leggi Regionali
come la Legge Regionale 8/2003 e 5/2006 per il Veneto;8
b) Una popolazione di famiglie che vivono e, perlopiù, lavorano in tale
ambiente;
c) Una popolazione d’imprese manifatturiere piccole e/o medio-piccole,
indipendenti le une dalle altre e operanti prevalentemente nel territorio:
popolazione composta da gruppi d’imprese, ognuno specializzato in
qualche fase del processo produttivo complessivamente caratterizzate il
distretto (per es., filatura, tessitura, tintura ecc., nel processo tessile
oppure resinatura, segatura in lastre, ecc. nella lavorazione di marmo e
granito);
d) Una rete di relazioni commerciali con l’esterno, per l’acquisto di
materie prime e ausiliarie e di macchine e, soprattutto, per la vendita dei
prodotti “tipici” del distretto;
e) Una specifica cultura (valore del lavoro, della famiglia, del risparmio;
atteggiamento verso il rischio, ecc.) ed una rete istituzionale (usi e
appendice. Il capitolo 2 sulle economie di scala, di urbanizzazione e agglomerazione/localizzazione
sono state prese dal testo di Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci
editore, Roma, 1993, capitolo 1. La lista dei distretti veneti è reperibile sul sito internet
www.distrettidelveneto.it
7 L’ingresso e presenza della nozione di distretto industriale nel sistema delle idee sociali
contemporanee è dimostrata sia dal fatto che è stata introdotta in manuali di economia e geografia
economica, sia dall’uso che se ne è cominciato a fare per rileggere le vicende dell’industria del passato
(per es., l’industria della seta a Bologna). (Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001,
pag. 408.).
8 Vedere a riguardo il paragrafo 3.4 e 3.6 del presente lavoro.
4
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
costumi commerciali, associazionismo economico, sociale e politico,
scuole
specializzate
ecc.),
risultanti
da
un
processo
storico
d’adattamento reciproco fra le condizioni di riproduzione sociale e
quelle di competitività esterna del distretto;
f) Di conseguenza, un’immagine unitaria e dei caratteri tipici, riconosciuti
dai membri del distretto e dai loro interlocutori esterni;
g) Infine, un forte senso d’appartenenza e d’identificazione da parte dei
componenti.
La nozione di questa specifica accezione è stata estesa anche ad altri
fenomeni, in parte connessi con l’attività industriale. Si è così cominciato a
parlare di distretto tecnologico e di distretto agroindustriale.
In effetti, una volta acquisita l’idea basilare di una concomitanza tra:
• Un elemento sistemico (le imprese e le famiglie non costituiscono un
semplice agglomerato, ma un microsistema sociale),
• Un elemento spaziale (il fatto di stare vicini ha delle conseguenze
specifiche: per es., un rafforzamento di motivazioni all’azione, come
l’invidia, l’emulazione, la concorrenza),
• Un elemento storico-genetico (le popolazioni di persone ed imprese
che costituiscono un distretto risultano da un processo d’adattamento
reciproco che ha una sua individualità storica).
La nozione di distretto si presta ad estensioni e generalizzazioni che vanno
anche oltre a quelle menzionate.
Non c’è una vera distinzione concettuale fra distretto e regione industriale,
ma piuttosto una differenza in ambito di estensione: una regione industriale (la
Brianza, il Lancashire, la Ruhr ecc.) si caratterizza per una pluralità di industrie
maggiore e diversa da quella che qualifica un distretto in cui vi è una sola
industria9 che produce una determinata tipologia di prodotto/i.10
9
Industria : 1) specifico campo o settore di attività produttiva (es: industria tessile, siderurgica,
meccanica ma anche della pesca, alberghiera) legate alla disponibilità e organizzazione del lavoro e non
alla disponibilità di terra (agricoltura) o al solo trasporto o intermediazione commerciale. 2) Industria o
settore industriale, insieme di imprese che, in quanto impegnate nella produzione di beni sostituibili,
5
CAPITOLO 1
1.3 Come nasce l’idea di distretto industriale?
Si può affermare che Becattini sia il padre del concetto di distretto ma la
sua non è un’idea originale al 100%, perché la riprende da Alfred Marshall che
nell’Europa di fine 1800 aveva individuato delle concentrazioni spaziali
d’imprese prevalentemente piccole cui da il nome di distretto industriale;
concentrazioni che coesistevano con un sistema industriale che stava andando
verso grandi dimensioni ed integrazione verticale. Marshall definì questi
distretti “fabbrica senza mura”,11 evidenziando come quei meccanismi di
divisione del lavoro che sono all’interno della grande impresa possano anche
realizzarsi in modo orizzontale, cioè sul territorio, dividendo il processo
produttivo su più imprese. Becattini arriva al concetto di distretto industriale
per analogia , osservando il distretto tessile di Prato che aveva proprio queste
caratteristiche individuate da Marshall. Da lì, osservando la realtà italiana,
Beccatini e studiosi hanno visto che Prato era uno dei tanti modelli di sviluppo
che facevano tutti riferimento al concetto di distretto industriale. Da qui parte
tutto il filone di studio che fa capo ai distrettualisti; filone di ricerca che è
trasversale a più discipline perché il distretto è studiato ad esempio da
economisti, geografi economici, sociologi.
Marshall parlava di economie esterne, i distrettualisti di economie di agglomerazione
che sono una categoria di economie esterne e si possono definire come tutti
quei vantaggi in termini di costi e d’efficienza di produzione di cui le imprese
beneficiano quando si localizzano spazialmente vicine.
Si deve sottolineare la differenza tra economie di urbanizzazione12 ed economie di
agglomerazione13: le prime si realizzano quando si localizzano spazialmente vicine
devono essere considerate tra loro in concorrenza. (Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti
Editore, 2001, pagg 579 e 585.).
10 Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag. 407.
11 In: Marshall, A. (1972), Princìpi di Economia, traduzione di A. Campolongo, UTET.
12 Le economie d’urbanizzazione sono legate ai vantaggi che offre la localizzazione in città: possibilità di
trovare infrastrutture, scuole, case per i lavoratori, banche, aeroporti ecc. Quando la concentrazione è
eccessiva possono avvenire delle diseconomie esterne: crescita dei costi localizzativi e aumento dei
costi dei servizi. In questi casi le attività economiche vengono decentrate, ossia si localizzano in altri
6
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
attività che appartengono a settori economici diversi (es: città, contesto
urbano…); le economie di agglomerazione operano nei distretti, sono
economie di localizzazione che derivano non dalla varietà ma dalla
specializzazione.
Nelle
economie
di
agglomerazione
si
localizzano
spazialmente vicine attività dello stesso settore economico, stessa attività
economica ed i vantaggi sono legati alla specializzazione.
1.4 Il distretto industriale di Marshall e Becattini
Il nucleo della nozione di distretto industriale fu formulato in alcuni scritti
di Alfred Marshall, nei quali si metteva in luce che, quando il processo
manifatturiero è separabile in fasi che possono essere svolte in stabilimenti
distinti, il processo stesso può essere organizzato efficacemente sia in forma
verticalmente integrata sia in forma disintegrata, a condizione che le piccole
imprese di fase siano territorialmente raggruppate. Si genera, in tal caso, un
flusso consistente di economie esterne alla singola impresa e interne al
posti, con tre principali modalità: nella cintura della città, in aree del paese meno industrializzate, in
paesi con basso costo di manodopera e positiva vocazione industriale.
In alcuni casi per un’impresa può essere vantaggioso insediarsi in un territorio fortemente
industrializzato; la fitta presenza di infrastrutture e di servizi di vario genere e anche di altre industrie
con cui stabilire scambi di reciproca utilità, determina in questo caso le cosiddette economie di
agglomerazione.
(Fonte: appunti del corso di Economia Urbana e Territoriale di Andrea Rossi e Pierattilio Tronconi,
“Il
Principio
di
Agglomerazione”,
http://www.criticamente.com/urbanistica/economia_urbana/Rossi_Andrea-Tronconi_Pierattilio__Appunti_corso_EUT/Rossi_Andrea-Tronconi_Pierattilio_-_EUT__Principio_di_agglomerazione.htm e Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”,
Carrocci editore, Roma, 1993, pagg.52-53-54-55.).
13 Le economie di agglomerazione si basano sui parchi tecnologici, sui distretti industriali specializzati, sulla
vocazione dell’area industriale. Agglomerandosi, le imprese possono quindi realizzare risparmi di costo
detti anche economie esterne di scala.
(Fonte:
http://www.criticamente.com/urbanistica/economia_urbana/Rossi_AndreaTronconi_Pierattilio_-_Appunti_corso_EUT/Rossi_Andrea-Tronconi_Pierattilio_-_EUT__Principio_di_agglomerazione.htm e Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”,
Carrocci editore, Roma, 1993,pagg.41-42.).
7
CAPITOLO 1
distretto, tale da consentire anche a imprese relativamente piccole, ma
“distrettualizzate”, di restare sul mercato.
Dopo
il
declino
della
scuola
marshalliana
(negli
anni
Trenta)
quest’approccio non venne del tutto abbandonato nelle ricerche di geografia
economica e di economia applicata, ma vi condusse una specie di esistenza
sotterranea e clandestina, a causa dell’ostracismo dato dal pensiero economico
sia neoclassico sia marxista al concetto marshalliano di economie esterne.
La nozione di distretto industriale è stata ripresa nel 1979 da G. Becattini e
approfondita grazie ad analisi teoriche di tipo economico, sociologico e
geografico, e a ricerche sul campo.14
14
L’affinamento concettuale si è rivolto in più direzioni: un’analisi sempre più dettagliata ed
approfondita della struttura interna e del modus operandi del distretto; una valutazione critica delle
possibilità di sopravvivenza e sviluppo del distretto in un mondo di concorrenza globale; una
crescente attenzione alla replicabilità della formula imprenditoriale in realtà di sottosviluppo o di
rientro nell’economia di mercato. Gli studi sul campo si sono sviluppati soprattutto in Italia (Prato,
Sassuolo, Carpi, Santa Croce sull’Arno, Lumezzane ecc.) ma sono fioriti anche all’estero (Spagna,
Francia, Danimarca, Germania, Canada, ecc.).
Un filone di ricerca statunitense, centrato sulla crisi del fordismo e sull’affermarsi della c.d.
specializzazione flessibile, ha pure rivelato fenomeni di distretto-simili assai interessanti (per es., la
Silicon Valley, Orange Country, industria cinematografica di Holliwood ecc.).
La distribuzione merceologica dei distretti industriali italiani rivela un sottosistema articolato e
connesso al sistema manifatturiero italiano, che si esprime in beni per la persona (abbigliamento,
calzature, articoli in pelle e cuoio, gioielli, ecc.), per la casa (piastrelle, marmi e graniti, sedie, mobili,
rubinetteria, sanitari, ecc.) e per la produzione dei precedenti (macchine tessili, per la lavorazione del
legno, del cuoio, macchine per l’estrazione, taglio e lucidatura di marmi e graniti di cui le imprese
italiane sono leader mondiali, ecc.).
E’ stato notato che tale sottosistema produttivo sarebbe anche quello dove l’Italia si è conquistata,
dopo la seconda guerra mondiale, un proprio vantaggio competitivo.(Fonte: “Economia”, Le Garzatine,
Garzanti Editore, 2001, pag. 408.). Utilizzando la “Tassonomia di Pavitt” (1984) , questi settori ad
offerta specializzta (specialized suppliers) comprendono quasi tutti i comparti della meccanica
strumentale, o cosiddetta meccanica non elettrica, e la componentistica specializzata per i beni di
consumo e si caratterizzano per capacità di adattamento dell’offerta alle specifiche esigenze degli
utilizzatori-clienti, per servire mercati di nicchia, per offrire elevata differenziazione dei prodotti. In
questi settori, l’erosione delle posizioni italiane ad opera dei nuovi competitors si è rivelata almeno
fino ad ora meno agevole, perché il processo produttivo richiede doti di esperienza e versatilità
tecnologica che si accumulano solo con il tempo. Tuttavia in alcuni comparti di macchine e di
attrezzature più semplici, inclusa molta componentistica di serie è presente concorrenza da Cina,
Corea, India, Brasile, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia.
Nei settori “tradizionali”, cioè legati ai beni di consumo per la persona e la casa, le imprese italiane
non possono puntare su una competitività di mera efficienza di costo e sugli elevati volumi, ma su
fattore di stile, design, creatività, moda, qualità, anche nelle fasce medie e non griffate, e su
un’innovazione tecnologica principalmente ricevuta da altri settori (nuovi materiali, macchinari
innovativi). In tutti questi settori l’Italia è diventata una style settler, ”alimentando una sinergia virtuosa
tra l’artigianato di lusso e la creatività imprenditoriale mirata a penetrare fasce medie e medie-alte dei
vari mercati, forti di un’immagine collettiva che man mano si è imposta all’attenzione del mondo”
(Onida 2004,p. 70). In questi settori l’Italia deve far fronte ad una concorrenza agguerrita in particolare
dalla Cina e altri Paesi del Sud-est Asiatico, i quali si contraddistinguono per costi del lavoro
8
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Il concetto di distretto introdotto a fine anni ’70 ha da allora subito grosse
trasformazioni rispetto l’interpretazione data originariamente da Becattini.15
Vediamo in questo paragrafo due punti ripresi dalla definizione del
Beccatini più un terzo punto. Il distretto è un’area geografica spazialmente
contenuta che ha all’interno le seguenti caratteristiche:
“comunità di persone che incorporano un insieme di valori omogeneo e le cui
esperienze di lavoro giornaliere e di vita si integrano regolarmente nello stesso luogo”.
Per “sistema di valori omogeneo” Becattini intende valori di carattere
essenzialmente sociale come etica del lavoro e cultura d’impresa. Le
esperienze di lavoro giornaliere interagiscono regolarmente perché la
comunità è integrata nel territorio. Valori e rapporti caratterizzanti la
comunità si sono formati nel tempo grazie anche a questa persistenza
sul territorio. Oggi i distretti non sono più omogenei come in passato
perché la struttura della popolazione è variata un po’ ovunque sia nelle
grandi città sia nei piccoli sistemi produttivi. Basti pensare ad esempio
al fenomeno dell’immigrazione che ha variato e vivacizzato queste
strutture sociali.
“popolazione di piccole e medie imprese specializzate nella produzione di uno o pochi
beni e tra loro integrati attraverso forme di divisione del lavoro”.
Queste PMI16 formano un sistema nel senso che si dividono il lavoro
ed è questo un elemento fondamentale e molto importante. Oggi
parliamo di specializzazione non più di uno o pochi beni ma di intere
incomparabilmente inferiori, macchinari aggiornati importati dall’estero (in primis dal nostro paese),
capacità di imitazione, miglioramento progressivo della qualità dei prodotti, evoluzione in senso
manageriale della gestione aziendale.
L’Italia manifesta invece debolezza nei settori basati sulla tecnologia (science-based), ossia i settori ad
alta intensità di ricerca e sviluppo, generatori netti di innovazione tecnologica che poi fluisce nel resto
del sistema, ed è debole nei settori a forti economie di scala produttiva e commerciale (scale intensive),
cioè settori della classica concorrenza oligopolistica in cui si producono in grande serie bene di
consumo intermedi. (Fonte: Caldani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda
edizione, marzo 2006, pagg. 37-38.).
15 Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pagg. 407-408.
16 PMI = PMI deriva dalla nozione inglese SME (small and medium-sized enterprises) e significa
piccole e medie imprese. (Fonte: Collana Managment, “Dizionario di Business English, Inglese-Italiano”,
Università Bocconi Editore, vol. 21, pag. 477.).
9
CAPITOLO 1
filiere
produttive
che
contengono
al
loro
interno
settori
merceologicamente diversi ma complementari, cioè integrati dal punto
di vista produttivo. Non sempre il distretto ha imprese di sola piccola o
media dimensione perché i distretti sono cresciuti e si sono modificati
nel tempo; oggi nei distretti troviamo anche la presenza di imprese
leader o di grandi dimensioni.
Possiamo introdurre un terzo aspetto che è sorto nel corso del tempo:
insieme di istituzioni locali: questo è un punto che mette in risalto
l’evoluzione distrettuale. Fino agli anni ’80 il distretto era una unità
produttiva territoriale che funzionava un po’ a sé, era come
un’orchestra che funzionava senza direttore; oggi servono meccanismi
di governance ovvero è richiesta, accanto alle imprese, la presenza di
istituzioni locali, non solo pubbliche che mettono in atto e finanziano
progetti di sviluppo, forniscano servizi, e più in generale che
intervengano per sostenere il cambiamento distrettuale e mantenere
alto il livello di competitività.
Molte innovazioni in ambito normativo vanno in questa direzione, vale a
dire individuare il distretto non solo come insieme di imprese specializzate ma
di imprese ed istituzioni che realizzano insieme progetti di sviluppo locale. La legislazione
del veneto, che approfondirò in seguito,17 individua i distretti non più secondo
parametri quantitativi ma sulla base delle capacità progettuali.
1.5 I vantaggi dei distretti
Vari sono i vantaggi che si possono trarre operando e producendo in un
distretto industriale:
17
Per informazioni dettagliate sulla legislazione della Regione Veneto sui distretti produttivi, rimando
al paragrafo 3.4 e 3.6 .
10
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Sviluppo di attività complementari al settore principale di specializzazione:
nei distretti accanto al settore merceologico principale, originario, si
formano attività complementari o collaterali che vanno a formare la
filiera produttiva. Esempio: settori che producono macchinari per quel
tipo di produzione, attività di servizio per quel tipo di produzione.
Atmosfera industriale: Becattini la riprende da Marshall ed indica i
vantaggi derivanti dal clima di collaborazione, fiducia, circolazione della
conoscenza, capacità innovativa. Abbiamo quindi scambio di
conoscenza ed input innovativo e tecnologico come ad esempio nel
rapporto committente e sub-fornitura.
Sperimentazione e diffusione delle innovazioni,
Sviluppo di attività di servizio specializzate,
Formazione di un mercato del lavoro specializzato: permette alle imprese di
diminuire i costi di formazione ed addestramento del personale e del
reperimento stesso del personale.
Creazione di infrastrutture di trasporto specializzate: tendono a formarsi
infrastrutture e servizi di trasporto specializzati.
Rapporti di fiducia tra operatori economici,
In più ci sono i vantaggi di tipo immateriale.
Nei distretti non c’è solo cooperazione, ma anche competizione, non tra le
imprese lungo la filiera ma tra imprese che producono lo stesso bene/servizio
o che si posizionano nello stesso segmento della filiera produttiva. Infatti,
come sottolineato da Porter nei cluster, la competizione è il motore poiché le
imprese sono spinte a modificare, ricercare, innovare e quindi a tenere alto il
livello di competizione. Si parla di conoscenze tacite e radicate nei processi produttivi e
nel territorio. Conoscenze che danno vita a crescita di tipo incrementale piuttosto che
radicale. Conoscenza che è difficile da valutare, misurare con indicatori
tradizionali per la performance innovativa del territorio.18 Tornando alla
18Indicatori
tradizionali utilizzati per misurare la performance innovativa del territorio sono ad
esempio in numero di brevetti; il numero di ingegneri, di tecnici, di ricercatori ed il loro aumento nel
11
CAPITOLO 1
conoscenza, introduco ciò che poi vedremo nei distretti tecnologici: con i
distretti tecnologici si fa riferimento alla conoscenza esplicita o codificata perché
passa attraverso codici e canali del linguaggio scientifico. Questa conoscenza
innovativa risulta poi essere più difficile da misurare nei distretti industriali che
nei distretti tecnologici, per questa ragione si deve procedere con analisi più di
tipo qualitativo che quantitativo.
1.6 Condizioni che hanno favorito la nascita dei distretti italiani
Capacità imprenditoriali diffuse,
Specializzazioni, saperi, competenze diffusi,
Reti urbane policentriche,
Strutture sociali flessibili,
Abbondanza di manodopera,
Fattori congiunturali esterni.
I primi cinque punti sono elementi endogeni sorti all’interno delle realtà
industriali; in più ci sono condizioni ricorrenti da non considerare
deterministiche poichè sono sempre da considerare elementi di casualità.
I fattori congiunturali esterni sono elementi esogeni ovvero fattori esterni di
carattere prevalentemente congiunturale che hanno agito in un determinato
periodo storico e hanno innestato le condizioni endogene.
Vediamo ora in dettaglio gli elementi endogeni; i distretti, infatti, non
nascono dal nulla perché nei territori erano già presenti prima alcuni elementi
endogeni già sopra menzionati e che ora vado ad analizzare in dettaglio:
tempo; la spesa in ricerca e sviluppo. Esiste poi una capacità di innovazione informale, non traducibile
con gli indicatori quantitativi, che consiste nei rapporti tra imprese, divisione del lavoro, ecc. (Fonte:
Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, Prof.ssa Paola Savi, vedi nota 6
questo capitolo).
12
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Capacità imprenditoriali diffuse : che si sono manifestate, concretizzate in
diversi settori di attività economiche e non necessariamente nel settore
industriale. Esempio: capacità imprenditoriali in agricoltura sono
importanti per lo sviluppo del modello di distretto. Non è quindi
importante la forma in qui si è manifestata questa capacità
imprenditoriale ma la sostanza, cioè che queste capacità fossero
presenti nel territorio.
Specializzazioni, saperi, competenze diffusi : ancora prima dei boom dei
distretti c’erano specializzazioni, saperi, conoscenze professionali
diffuse nel territorio, spesso di carattere artigianale ma anche legati alla
presenza di grande impresa che ha sedimentato queste conoscenze sul
territorio. In Veneto i distretti sono nati solitamente su un substrato di
competenze artigianali; all’opposto il distretto tessile dell’alto vicentino
è nato grazie alla presenza di grandi imprese come la ex Lane Rosse,
Marzotto che, anche per meccanismi di spin-off19 industriale, ha creato
una rete di PMI che poi sono diventate distretti.
Reti urbane policentriche : nelle regioni con più distretti la struttura urbana
ha un aspetto preciso, del tipo di piccole-medie città diffuse sul
territorio piuttosto di presenza di grandi concentrazioni urbane.
Organizzazione territoriale è elemento importante perché caratterizza
l’evolversi delle capacità imprenditoriali e commerciali tipiche del
fenomeno urbano. Tanto più le città sono diffuse sul territorio, tanto
più le capacità sono diffuse sul territorio.
Strutture sociali flessibili : esempio, possibilità di integrare redditi da
agricoltura, piccola proprietà terriera e redditi del settore industriale; ciò
è stato importante soprattutto nelle fasi iniziali del modello perché ha
19
Spin-off : fenomeno con il quale si indica il sorgere di una nuova società (impresa figlia) a fianco di
una di maggiore importanza (impresa madre) o perché viene scorporato un settore di attività o perché
viene affidato ad un ex dipendente, che diventa imprenditore, un servizio prima svolto internamente.
Spesso l’impresa madre favorisce lo spin-off, al fine di snellire la propria struttura, esternalizzando
determinate funzioni e affidandone lo svolgimento a società guidate da ex manager o da ex lavoratori,
che diventano fornitori o clienti della prima e cui viene assicurato un determinato volume di lavoro.
(Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag. 1114-1115.).
13
CAPITOLO 1
impedito l’impoverimento eccessivo della popolazione e i contrasti
sociali. Altro esempio è la famiglia intesa come unità e come cultura,
che è alla base delle imprese distrettuali.
Abbondanza di manodopera : alcuni autori parlano anche di abbondanza di
manodopera, ma non è un elemento distintivo perché durante gli anni
’50 e ’60 , anni di boom industriale, c’era abbondanza di manodopera in
tutta Italia.
Non dobbiamo dimenticarci della presenza di banche locali che hanno
finanziato le attività locali, come Banche Popolari, Casse di Risparmio che
all’epoca erano banche locali con rapporto sul territorio.
Questi fattori però non bastano, poiché questi elementi sono stati attivati
da altri elementi che hanno agito soprattutto negli anni di esplosione ed
espansione dei distretti (anni ’50 e ’60 del 1900).
Da ricordare che in quel periodo in Italia c’era domanda di ogni tipo di
bene essenziale perché l’Italia stava espandendosi economicamente dopo la
guerra e quindi aveva bisogno di tutto; le grandi imprese hanno decentrato
parte della produzione alle piccole imprese e quindi hanno aiutato la nascita di
queste formazioni; più avanti nel tempo mentre altri paesi europei andavano
specializzandosi nei settori più innovativi, l’Italia si andava specializzando in
produzioni più tradizionali non occupate da altri paesi avanzati (da qui il fatto
di avere distretti specializzati nella manifattura più tradizionale); nei primi anni
’90 la valutazione del Marco rispetto la Lira ha lanciato le nostre esportazioni.
1.7 Tipologia di imprese distrettuali
Le imprese presenti nel distretto possono essere:
Imprese rivolte al mercato finale (prodotto finito del distretto),
Imprese monofase (una/più fasi intermedie del ciclo produttivo),
14
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Imprese sussidiarie (appartengono alla filiera ma non al settore di
specializzazione).
Le imprese sussidiarie hanno rapporti sia con quelle monofase sia quelle
rivolte al mercato finale; ci sono anche rapporti biunivoci tra imprese
monofase e quelle rivolte al mercato finale. I rapporti tra questi tipi diversi di
imprese sono l’essenza della distrettualità.
1.8 Problemi attuali dei distretti
I distretti hanno a che fare con fattori che limitano o variano la loro attività
ed evoluzione; questi fattori possono essere:
Esogeni : globalizzazione e cambiamento scenario competitivo
internazionale; diffusione ICT.
Endogeni : limiti interni dei territori in cui sono situati i distretti e a
volte interni ai distretti stessi: infrastrutture, tecnologie, capacità di fare
rete, sistema bancario, rapporti con le istituzioni locali.
Globalizzazione : l’abbattimento di gran parte delle barriere di carattere
commerciale e finanziario ha di fatto determinato il cambiamento dello
scenario
competitivo
e
ha
portato
alla
ribalta
paesi
di
nuova
industrializzazione, che sono ora competitori forti per le nostre imprese
distrettuali.
Cambiamento scenario internazionale e progresso tecnologico : il progresso
tecnologico è un fattore che nel tempo ha sempre cambiato il rapporto attività
economiche e territorio: prima la ferrovia, poi la rivoluzione dei trasporti nel
secondo dopoguerra, hanno variato il concetto di distanza e svincolato le
attività economiche rispetto lo spazio e resa più libera la localizzazione. Ciò
che ora sta variando molto il rapporto tra territorio ed attività economiche non
15
CAPITOLO 1
sono tanto i fattori materiali ma l’informatica e telematica, vale a dire l’ICT20,
che ha reso più libera la localizzazione rispetto lo spazio, perché permette di
produrre in pratica ovunque.
La globalizzazione insieme al cambiamento tecnologico e al progresso
tecnologico hanno contribuito a creare la cosiddetta frammentazione spaziale della
produzione, vale a dire che le diverse funzioni del ciclo produttivo sono oggi
quanto mai separate spazialmente. Ad esempio, le sedi direzionali, centri di
ricerca e sviluppo sono localizzati nei paesi avanzati e le unità produttive della
stessa impresa sono a migliaia di chilometri di distanza, perché si possono
mantenere in tempo reale i rapporti ed in più si è sviluppato ulteriormente il
settore di trasporti con diminuzione dei tempi di trasporto. Tutti questi fattori
esogeni hanno favorito alla destrutturalizzazione dei distretti.
Tra i fattori endogeni:
– Infrastrutture
: intese in senso ampio, dal trasporto ai servizi; è di fatto un
elemento carente che non ha accompagnato lo sviluppo industriale. Più la
produzione si frammenta e più questo problema si sente. Il problema consiste
non solo nella mancanza di adeguate infrastrutture ma anche nella loro non
sufficiente velocità ed efficienza. Dal punto di vista prettamente tecnico si
possono sviluppare innovazioni tecnologiche ed infrastrutture notevoli, ma
problemi e ritardi politici non ne hanno permesso il loro adeguato e completo
sviluppo.
– Tecnologie
: per le piccole imprese è molto difficile poter sostenere
investimenti tali da rimanere al passo con il miglioramento tecnologico.
– Fare
rete : elemento non sviluppato abbastanza in quanto limitato alla
produzione e alla divisione del lavoro; ciò che manca e che si sta costruendo
oggi è di fare rete non solo per produrre ma anche e soprattutto per fare
progetti di sviluppo del sistema nel suo complesso, per mettere insieme risorse
20
Per avere un’idea dell’importanza dell’ICT e come il suo sviluppo influenzi ed è determinante per
l’economia di un paese, consiglio la lettura dell’importanza che l’ICT ha assunto nello sviluppo della
economia
finlandese,
paese
leader
nell’informatica
e
nella
tecnologia,
su
www.finnfacts.com/english/country/story/worldeconomy e la brochure “ICT Cluster Finland Review
2006” disponibile on-line su www.tieke.fi/inenglish/publications/ict_cluster_finland_review_2006 .
16
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
e strategie che le piccole imprese come soggetto singolo non sono in grado di
realizzare per limiti di carattere dimensionale, gestionale e finanziario. Fare rete
e progettare insieme serve anche a superare problemi strutturali del sistema
come la poca diffusione tecnologica, l’internazionalizzazione e rapporti col
sistema bancario.21
1.9 Strategie recenti dei distretti
I distretti stanno cambiando e modificando per far fronte e risolvere i
problemi. In che modo cambiano?
Dalla produzione all’organizzazione della produzione, ovvero delocalizzazione :
delocalizzazione produttiva dove il costo del lavoro è più basso; questa
non è una novità per le multinazionali ma è un processo nuovo e
recente per le PMI con la differenza che le medie imprese riescono a
delocalizzare da sole, le piccole no e devono essere guidate ad esempio
dalle associazioni industriali che si sono fatte promotrici della
delocalizzazione come nel caso del distretto meccatronico di Samorin
in Slovacchia appoggiato ed accompagnato da Confindustria Vicenza.
Strategie di diversificazione produttiva e posizionamento su segmenti spesso di
nicchia: esempio, distretto di Montebelluna che dalle scarpe sportive è
passato alla produzione di tutto l’abbigliamento sportivo.
21
I rapporti con le banche sono ancora problematici perché la piccola impresa singola ha ancora
problemi di accesso al credito. All’interno del distretto sarebbe possibile chiedere prestiti bancari
unendo più imprese, in modo tale da raggiungere una massa critica tale da spuntare tassi di interesse
sui finanziamenti più favorevoli per le piccole imprese. Idee di questo tipo sono state studiate e
portate avanti da alcuni istituti bancari veronesi verso il distretto de marmo di Verona. (Fonte: da
colloquio con il prof. e Preside della Facoltà di Economia di Verona, Francesco Rossi).
La piccola impresa ha di solito una maggiore dipendenza da finanziamenti di terzi (es: banche)
rispetto ad una grande impresa e questa cosa la espone ad un elevato rischio. Nel capitolo 6 “Analisi
delle imprese del distretto del marmo di Verona”, si può leggere come le imprese più grandi abbiano
più capacità di autofinanziamento, mentre le piccole imprese dipendono fortemente dal capitale di
terzi.
17
CAPITOLO 1
Ridimensionamento del rapporto industria e servizi ovvero terziarizzazione dei
distretti : meno peso alle attività industriali e più peso ai servizi. Il livello
di terziarizzazioni è da noi basso ma sta aumentando.
Strategie di integrazione tra attori del distretto (privati, attori istituzionali…)
cioè fare rete : ci sono norme per stimolare le capacità progettuali e di
mettersi insieme per sviluppare tali capacità.
1.10 Ciclo di vita dei distretti industriali
Il ciclo di vita dei distretti industriali ha un andamento ciclico:
Specializzazione di fase, formazione del distretto : nel periodo di formazione
del distretto c’è specializzazione di fase; inizia a definirsi la divisione del
lavoro, quindi una specializzazione su diversi segmenti del processo
produttivo; non si parla ancora di filiera in cui il distretto ha matrice
esclusivamente industriale con pochissimi servizi e non ci sono
istituzioni che governano processi; la crescita degli addetti è modesta.
Questa fase per i nostri distretti cade soprattutto negli anni ’50 e ’60,
ricordando che spesso le basi erano già presenti.
Creazione area sistema integrato, forte sviluppo : si ha forte sviluppo, divisione
del lavoro e decentramento del lavoro a cascata, cioè alcune imprese
decentralizzano o esternalizzano fasi della produzione ad altre imprese,
attivando così una serie di piccole imprese artigiane, sub-fornitori,
laboratori, ecc. Si ha una crescita di carattere estensivo poiché i
parametri economici come numero addetti, numero imprese, fatturato,
valore aggiunto, esportazioni, aumentano di molto. Fase che in Italia si
colloca a metà anni ’70, ’80.
Maturità : ci sono più percorsi e strategie che non si eludono l’un l‘altro,
ma coesistono. Esempio: nel distretto ci può essere delocalizzazione
18
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
produttiva e anche fasi di specializzazione su un mercato di nicchia.
Questi percorsi e strategie possono essere delocalizzazione produttiva,
gerarchizzazione con crescita per linee interne ed esterne22,
concentrazione direzionale23, riposizionamento competitivo.
1.11 Bibliografia e sitografia
Alaimo A., “Un’altra industria? Distretti e sistemi locali nell’Italia contemporanea”, Angeli,
Milano, 2002.
Alberti F., “Industrial district”, Guerini e Associati, Milano, 2002.
Antoldi F. , “Piccole imprese e distretti industriali”, Il Mulino, Bologna, 2006.
Appunti del corso di Economia Urbana e Territoriale di Andrea Rossi e Pierattilio
Tronconi,
“Il
Principio
di
Agglomerazione”,
http://www.criticamente.com/urbanistica/economia_urbana/Rossi_AndreaTronconi_Pierattilio_-_Appunti_corso_EUT/Rossi_Andrea-Tronconi_Pierattilio__EUT_-_Principio_di_agglomerazione.htm
Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, prof.ssa
Paola Savi, Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008 (lucidi
disponibili sulla pagina personale del docente previa richiesta di password da
richiedere scrivendo a [email protected]).
Becattini G. (a cura di), “Mercato e forze locali: il distretto industriale”, Bologna, Il Mulino,
1987.
Becattini G., “Dal distretto industriale allo sviluppo locale”, Torino, Bollati Boringhieri,
2000.
Becattini G., “Il distretto industriale”, Torino, Rosenberg & Sellier, 2000.
Caldani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda edizione,
marzo 2006, pagg. 37-38.
Cesaroni F. e Piccaluga A., “Distretti industriali e distretti tecnologici”, Angeli, Milano,
2003.
22
Linee esterne: le imprese rimangono indipendenti e tendono a formare reti (es: joint venture) con altre
imprese esterne.
23 Imprese leader, imprese medie cadono sotto il controllo di altri soggetti interni o esterni al distretto.
19
CAPITOLO 1
Conti S. “L’acquisizione della conoscenza come processo localizzato”, Sviluppo Locale, IV, 4,
1997, pp. 27.
Fortis M., Quadrio Curzio A., “Industria e distretti”, Il Mulino, Bologna, 2006.
“Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pagg. 407-408-442-579-585-874875- 1114-1115.
Marshall, A. (1972), “Princìpi di Economia”, traduzione di A. Campolongo, UTET.
Mistri M., “Il distretto industriale marshalliano tra cognizione e istituzioni”, Carocci, Roma,
2006.
“Nuovo Dizionario di Economia”, Edizioni Simone, III edizione, Ottobre 2000, pag.
245-552.
Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma,
1993, pagg. 41-42-52-53-54-55.
Rullani E. Romano L. (a cura di), “Il postfordismo. Idee per il capitalismo prossimo venturo”,
Etas Libri, Milano, 1998.
Saba A., “Il modello italiano: la “specializzazione flessibile” e i distretti industriali”, Angeli.
Varaldo R. e Ferrucci L. (a cura di), “Il distretto industriale tra logiche di impresa e logiche di
sistema”, Angeli, Milano, 1997.
Viesti G., “Come nascono i distretti industriali”, Laterza, Roma-Bari, 2000.
www.distrettidelveneto.it
LETTURE CONSULTATE E DI APPROFONDIMENTO:
“ICT cluster Finland Review 2006” disponibile on-line su
www.tieke.fi/inenglish/publications/ict_cluster_finland_review_2006
www.finnfacts.com/english/country/story/worldeconomy
20
Capitolo 2
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE
ECONOMIE DI SCALA, DI URBANIZZAZIONE
E DI AGGLOMERAZIONE
2.1 Introduzione
Storicamente si constata che gli uomini hanno trovato più vantaggioso ed
efficiente gestire i propri rapporti personali, sociali, economici e di potere, in
modo spazialmente concentrato.
In uno spazio concentrato si determinano infatti economie di scala che
consentono di sviluppare vantaggi di varia natura e di realizzare processi
produttivi più efficienti che si aggregano attorno a poli di agglomerazione.
Al fine di raggiungere il massimo profitto le aziende (settore secondario)
ricercano economie di scala, tramite la concentrazione di lavoro e macchinari
in grandi stabilimenti, oppure seguendo un ragionamento legato al territorio e
sul dove insediarsi/localizzarsi spazialmente. Tale considerazione non deriva
semplicemente dal fatto che per produrre è necessario spazio, ma che non
tutti i territori hanno le stesse opportunità di produzione e sviluppo. Questo
impone alle imprese di scegliere la loro localizzazione1 la quale influisce nella
definizione delle loro capacità di sviluppo a livello di singolo e aggregato. Le
1
Così come scelgono fattori produttivi e tecnologia.
CAPITOLO 2
grandi forze economiche che determinano l’organizzazione delle attività nello
spazio sono i costi di trasporto2 e le economie di agglomerazione.
2.2 Economie di scala interne ed esterne
Le economie di scala si dividono in interne ed esterne.
Le economie interne sono quei risparmi che si cerca di ottenere
abbassando i costi all’interno dell’azienda (esempio: riduzione dei salari,
robotizzazione ecc…). Non riguardano la geografia.
Le economie esterne sono invece quelle che si ricercano a partire dal
territorio. Si dividono in economie di urbanizzazione e di
agglomerazione.
• Le economie d’urbanizzazione sono legate ai vantaggi che offre la
localizzazione in città: possibilità di trovare infrastrutture, scuole,
case per i lavoratori, banche, aeroporti ecc.3
• Le economie di agglomerazione si basano sui parchi tecnologici, sui
distretti
2
industriali
specializzati,
sulla
vocazione
dell’area
I costi di trasporto vanno intesi non tanto nel senso letterale, quanto come metafora di tutti gli elementi
di frizione spaziale, di quegli elementi cioè che rendono privilegiata e più appetibile una localizzazione
concentrata rispetto ad una diffusa. In senso crescente di astrazione: costi di trasporto e di
distribuzione, costi di marketing sui mercati lontani, il costo del tempo di spostamento per gli
individui e il costo psicologico del viaggio, il costo e la difficoltà di comunicazione a distanza, la
perdita di valore dell’informazione nel tempo e nel passaggio da canali informali e diretti (contatti
faccia a faccia) a canali formali ma indiretti (i media, le banche dati ecc.) , il rischio della perdite di
informazioni essenziali. Tutta questa serie di costi può essere aggregata nel termine più ampio di costi
di trasporto, legato direttamente in senso funzionale alla distanza. (Fonte: Roberto Camagni, “Principi
di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, pagg.41).
3 Quando la concentrazione è eccessiva possono avvenire delle diseconomie esterne: crescita dei costi
localizzativi e aumento dei costi dei servizi. In questi casi le attività economiche vengono decentrate,
ossia si localizzano in altri posti, con tre principali modalità: nella cintura della città, in aree del paese
meno industrializzate, in paesi con basso costo di manodopera e positiva vocazione industriale. In
alcuni casi per un'impresa può essere vantaggioso insediarsi in un territorio fortemente
industrializzato; la fitta presenza di infrastrutture e di servizi di vario genere e anche di altre industrie
con cui stabilire scambi di reciproca utilità, determina le cosiddette economie di agglomerazione.
(Fonte: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993,
pagg.41).
22
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
industriale. Agglomerandosi, le imprese possono quindi realizzare
risparmi di costo detti anche economie esterne di scala.
2.3 Economie di urbanizzazione
Per economie di urbanizzazione si intendono quelle economie connesse alla
presenza nell’ambiente urbano di tutte le attività economiche e non solo di
singoli settori produttivi.
Queste economie nascono a seguito:
• della concentrazione nella città dell’intervento pubblico sia sul versante
dei consumi pubblici (servizi) che degli investimenti (public goods),
connessi alla infrastrutturazione del territorio (sistemi di trasporto per
merci e persone, sistemi di comunicazione e informazione , ecc.);
• della natura di un vasto mercato della città;
• dal fatto che la città è incubatrice di fattori produttivi e di mercato degli
input di produzione (lavoro molto qualificato e ampio, offerta di
capacità direttive e manageriale, servizi alle imprese, servizi commerciali
e finanziari, ecc. ).
A queste tre categorie si possono aggiungere quei vantaggi di tipo
complessivo, macro-territoriale e statico, individuabili nella maggiore stabilità e
capacità di crescita di lungo periodo di strutture urbane maggiormente
diversificate e di maggiori dimensioni rispetto a strutture specializzate e di
piccole dimensioni.4
4
(Fonte: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993,
pagg. 52-53.).
23
CAPITOLO 2
2.4 Economie di agglomerazione/localizzazione
Per economie di agglomerazione si intendono quelle economie e vantaggi
connesse alla “struttura spaziale concentrata” di attività simili e spiegano quindi la
tendenza alla concentrazione spaziale. Si tratta di:
economie interne alle imprese5,
economie esterne alle imprese ma interne alle stesse industrie o settore
produttivo6,
economie
esterne
alle
imprese
ed
all’industria,
connesse
all’urbanizzazione7.
Queste economie riguardano8:
• la possibilità del costituirsi di processi di specializzazione fra imprese all’interno
del ciclo produttivo settoriale complessivo. La realizzazione di una divisione
del lavoro fra più imprese crea rapporti di fornitura di semilavorati e
di prodotto. Diventa conveniente affidare la produzione di alcune
operazioni ad altre imprese, le quali, in virtù della propria
specializzazione, del minor costo del lavoro o di altri fattori ancora,
realizzano il prodotto a costi inferiori. Si viene quindi a parlare di
“automazione flessibile” (Piore, Sabel 1964; Brusco, 1982; Becattini,
5
Le economie interne all’impresa sono rappresentate dalle economie di scala di tipo produttivo,
distributivo e finanziario; possono essere considerate all’interno delle economie di agglomerazione
quando esse danno luogo alla concentrazione spaziale della produzione e, in presenza di rilevanti costi
di trasporto e di prodotti omogenei, alla formazione di una struttura reticolare di aree di mercato non
sovrapposte per le singole unità produttive, spesso rappresentate da una struttura di aree esagonali.
(Per una analisi più dettagliata su questa struttura ad aree esagonali si rinvia a Roberto Camagni,
“Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, capitolo 4.) (Fonte: Roberto
Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, pag. 42).
6 Si tratta dei vantaggi derivanti dalla localizzazione concentrata di imprese appartenenti alla stessa
industria o settore produttivo. (Fonte: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”,
Carrocci editore, Roma, 1993, pag. 42).
7 Si tratta dei vantaggi, tipici di un ambiente urbano, derivanti dalla presenza di infrastrutture
generiche, utilizzabili da tutte le industrie e dalla stretta interazione fra istituzioni ed attività differenti.
A questa tipologia di vantaggi agglomerativi vanno poi aggiunti quelli che vengono goduti dalla
popolazione residente e dai singoli individui in quanto consumatori. (Fonte: Roberto Camagni,
“Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, pag. 42).
8 (Fonte: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993,
pagg. 50-51-52.).
24
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
1979). L’aumento di efficienza complessiva così raggiunto si può
manifestare in minori costi complessivi (e quindi in vantaggi di
competitività e più elevati saggi di crescita) o in maggiori ricavi e
profitti (e conseguente possibilità di attrazione o creazione di nuove
imprese). Sono le cosiddette “economie di tipo pecuniario”;
• la riduzione dei costi di transazione all’interno dell’area e fra le diverse unità
produttive specializzate grazie alla possibilità e all’intensità dei
rapporti personali e dei contatti faccia a faccia (economie
“transnazionali”);
• la formazione di un bacino di manodopera specializzata e un’accumulazione
localizzata di competenze tecniche attraverso processi di “apprendimento
collettivo”, capaci di elevare la produttività del processo produttivo,
a parità di input (economie di apprendimento, individuale e
collettivo);
• la formazione di una serie di servizi. La dotazione di servizi, le
opportunità culturali e di svago offerte da una grande città9 e dal
9
Il principio di gerarchia: le economie di agglomerazione ci indicano una tendenza verso la grande
dimensione urbana, tuttavia non spiegano come mai in realtà, entro sistemi urbani apparentemente in
equilibrio, coesistono città di diversa dimensione. La realtà mostra infatti che coesistono dimensioni
urbane diverse cui corrispondono anche funzioni economiche differenti. In genere si rileva che:
— i centri più piccoli accolgono funzioni che trovano sbocco nella domanda locale a seguito delle
limitate economie di scala e dimensioni di produzione.
— i centri maggiori accolgono invece anche funzioni più rare e specializzate in cui compaiono più
rilevanti economie di scala.
Il problema è quello di ricercare i principi sui quali vengono regolati ad un tempo:
a – la gerarchia dei centri,
b – la dimensione e frequenza dei centri di ciascun livello gerarchico, e, quindi, l’area di mercato di
ciascuno,
c – la distanza media fra centri di uguale o diverso livello gerarchico e, perciò, la distribuzione
geografica di tutti i centri.
Tale approccio può essere analizzato tramite vari modelli come il modello di Christaller, anni 30 che
ha un approccio geografico; approccio economico col modello di Losch, anni 40. (Fonte: Roberto
Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, cap.4).
25
CAPITOLO 2
territorio sono particolarmente importanti per attrarre dirigenti,
quadri e personale qualificato, al punto da essere un fattore di
localizzazione per le industrie innovative;
• la creazione di una cultura industriale diffusa. Più imprese dello stesso
settore produttivo sono localizzate nella stessa area e più viene
stimolato un processo innovativo che diffonde nella popolazione
una cultura dell’industrializzazione che facilita la formazione della
forza lavoro. Si viene a creare come indica Marshall (cfr. Marshall,
1919) una “industrial atmosphere”, capace di orientare non solo la
scelta delle combinazioni tecnologiche ed organizzative più
efficienti, ma anche in una chiave squisitamente dinamica, di
determinare un processo innovativo più rapido ed una più veloce
diffusione del processo tecnico all’interno del distretto industriale
(economie dinamiche). Questa funzione dell’ambiente locale è stata
definita a partire dagli anni ’80 come una funzione di riduzione
dell’incertezza dinamica presente nell’ambiente economico e nei
processi
innovativi,
derivante
da
imperfetta
informazione,
incapacità di definire precisamente gli effetti delle decisioni
innovative, difficoltà di controllo delle reazioni e dei comportamenti
degli altri attori economici;
• la possibilità di utilizzare congiuntamente, da parte di più imprese, un unico
sistema infrastrutturale ( reti stradali, ferroviarie, servizi) e questa
dotazione di infrastrutture e servizi collettivi è facilmente di livello
superiore;
• la reputazione acquisita dai prodotti provenienti da una determinata località:
ciò stimola fra i consumatori la domanda per quel particolare tipo di
beni10;
10
Il country of origin effect è particolarmente importante quando si esporta il proprio prodotto in uno o
più paesi esteri; il giudizio dei soggetti di domanda in merito alla capacità del prodotto di soddisfare le
loro esigenze può subire un’alterazione rispetto a quanto avviene nel paese di origine dell’impresa, a
causa di una serie di fattori che, nei singoli mercati locali, influiscono sulla percezione della sua qualità
26
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
• un mercato di sbocco per i prodotti.
A questi vantaggi si contrappongono due elementi che spingono in senso
opposto, quindi verso localizzazioni diffuse:
I)
diseconomie di agglomerazione, ovvero costi crescenti sia in termini di
prezzi dei fattori meno mobili e scarsi, sia in termini di costi di
congestione che caratterizzano le grandi agglomerazioni;
II)
presenza di costi di trasporto, che aumentano con l’aumentare della
distanza
tra
luogo
della
produzione
e
luogo
della
commercializzazione e possono controbilanciare i vantaggi derivanti
complessiva. Questa alterazione viene denominata effetto prisma. Più precisamente, l’alterazione può
determinare un effetto:
• Trasparente, se il prodotto è percepito e si posiziona in modo analogo a quanto avviene nel paese
di origine dell’impresa; al prodotto viene quindi riconosciuta la medesima capacità di soddisfare le
esigenze della domanda.
• Amplificante, nel caso in cui il prodotto è percepito come di livello superiore rispetto a quanto si
verifica nel paese di origine, ed in questo caso è possibile ottenere un premium price (cioè è
possibile vendere il medesimo prodotto all’estero ad un prezzo maggiore che nel mercato del
luogo di origine).
• Deformante, quando, nel mercato estero selezionato, il “concetto di prodotto” (con concetto di
prodotto o product concept si fa riferimento alla promessa fatta dal prodotto ad un gruppo
particolare di clienti) è vissuto in modo diverso da quello che caratterizza il paese di origine. Il
prodotto si orienta così al soddisfacimento di bisogni diversi.
• Riducente, allorché nel contesto estero selezionato, il prodotto è percepito di livello inferiore
rispetto a quanto avviene nel mercato interno; al prodotto viene riconosciuta una capacità di
soddisfacimento minore delle esigenze della domanda locale sia rispetto a quanto si verifica nel
paese di origine dell’impresa, sia rispetto all’offerta delle altre imprese (locali o estere) che
competono nel paese estero individuato.
Le cause che determinano l’insorgere dell’effetto prisma sono, l’effetto alone (halo construct) e quella
dell’effetto sintesi (summary construct). Il primo si riferisce all’influenza esercitata dall’informazione
concernente il paese di origine del prodotto sul processo valutativo dei consumatori che non hanno
maturato alcuna esperienza diretta nei confronti dello stesso né dei prodotti da esso provenienti. I
consumatori in questione possono comunque essersi creata un’immagine di tale paese, per l’effetto
dell’insieme di convinzioni dedotte dal complesso di informazioni possedute sul paese (la sua politica,
il suo livello di sviluppo economico e sociale, le sue tradizioni). In questo caso, i consumatori usano
l’immagine del paese di produzione come indicatore di qualità perché non sono in grado, prima
dell’acquisto, di valutare gli effettivi attributi qualitativi del prodotto. L’immagine del paese non
influenza solo le convinzioni in merito agli attributi, ma in via indiretta anche l’atteggiamento verso la
marca e, quindi, la propensione all’acquisto finale. La relazione è cosi sintetizzabile: immagine del
paese di produzioneconvinzioni sugli attributi del prodottoatteggiamento verso la marca.
L’effetto sintesi nasce, invece, nel momento in cui l’immagine di un paese si basa sulle precedenti
esperienze del consumatore e sulla percezione degli attributi che caratterizzano i beni provenienti da
quel determinato paese. L’esperienza non deve essere necessariamente diretta, ma può derivare anche
da altre fonti di informazioni, come quelle interpersonali o i mezzi di comunicazione. La relazione
ipotizzata è la seguente: esperienze convinzioni sugli attributi del prodottoimmagine del paese di
produzione atteggiamento verso la marca.
I due effetti sono comunque collegati fra loro ottenendo un’azione congiunta e ciclica di due effetti.
(Fonte: Caldani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda edizione, marzo
2006, pagg. 326-327-328.).
27
CAPITOLO 2
dall’agglomerazione al punto tale da favorire una diffusione delle
attività sul territorio, a una divisione delle aree di mercato tra i
produttori in cui ognuno risponde alle esigenze del mercato locale,
cioè possono rendere più appetibile una localizzazione diffusa
rispetto ad una concentrata.
Secondo gli obiettivi che si pongono e di ipotesi di struttura di mercato si
distinguono due gruppi di teorie della localizzazione:
1) teorie orientate alla minimizzazione dei costi;
2) teorie orientate alla massimizzazione dei profitti.
Nel primo caso l’ipotesi è di un mercato di sbocco e di fornitura puntiformi
e collocati in diversi punti nello spazio e le teorie hanno l’obbiettivo di
ricercare la scelta di localizzazione a costi di trasporto minimi in un ottica di
equilibrio parziale; è una scelta orientata all’analisi di decisioni localizzative di
singole imprese.
Nel secondo caso l’ipotesi è di una domanda diffusa in tutto il territorio e
di un’offerta concentrata in alcuni punti del
mercato e le teorie hanno
l’obbiettivo di individuare la suddivisione del mercato tra più produttori in
una logica di massimizzazione dei profitti e in ottica di equilibrio parziale.
Un importante contributo è dato dal modello elaborato dall’economista Alfred
Weber, che prevede il formarsi di una localizzazione agglomerata delle unità
produttive ogni volta che i vantaggi da essa derivanti ed i risparmi sul costo del
lavoro, dovuti alla maggiore professionalità dei lavoratori o alla maggiore
disponibilità di mano d’opera, superano i maggiori costi di trasporto connessi
alla localizzazione effettiva rispetto ad un’astratta localizzazione basata sulla
minimizzazione dei costi di trasporto.
Questo modello non è esente da forti critiche connesse al fatto che:
• esso è un modello statico, che ignora le dinamiche connesse ai processi
evolutivi;
• risponde ad un approccio di equilibrio parziale, in cui non esiste
interazione nei comportamenti d’impresa;
28
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
• rispecchia le caratteristiche essenziali di processi di industrializzazione e
urbanizzazione di inizio secolo scorso e soprattutto del XIX secolo.
2.5 Economie di scala: l’area di mercato dell’impresa11
La realtà mostra che la produzione è sensibile sia ai costi di trasporto delle
merci che ai costi dei fattori produttivi i quali risultano a loro volta sensibili
alle economie di scala.
Costo del trasporto ed economie di scala intervengono nel determinare un
modello di localizzazione delle attività produttive che viene denominato di
diffusione concentrata in cui sono presenti agglomerazioni di dimensione più o
meno grandi poste ad una certa distanza l’una dall’altra.
Supponendo un mercato lineare, il grafico seguente illustra gli spazi di
mercato che diverse imprese (A, B, C, D,) che si trovano distanziate tra loro e
che producono con le stesse funzioni di produzione dei beni allo stesso prezzo
(p1), si troverebbero a disporre in conseguenza dei costi di trasporto (fig. 1).
La somma del prezzo di produzione (p1) e di quello del trasporto (τ.δ),
proporzionale alla distanza (δ), rappresenta il prezzo al consumatore.
p = p1 + (τ.δ)
11
Fonte del paragrafo 2.4 e relativi grafici: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”,
Carrocci editore, pagg.42-43-44.
29
CAPITOLO 2
Fig. 1 – aree di un mercato lineare in cui le imprese producono tutte con lo stesso
prezzo; aree in funzione della distanza
prezzi
p1
0
A
a1
B
b1
C
c1
D
d1 E
Distanza δ
Fonte: Roberto Camagni,“Principi di Economia Urbana e Territoriale”,Carrocci ed., Roma, 1993, pag. 43
L’impresa A si troverebbe a poter occupare lo spazio compreso tra O e a1
L’impresa B, lo spazio tra a1 e b1
L’impresa C, lo spazio tra b1 e c1, e così via.
Se una delle imprese, ad esempio la C, produce a costi minori delle altre
(p2)12, rimanendo costanti i costi di trasporto (τ.δ) tra le imprese del distretto
12
P2 < P1 per vari motivi:
L’impresa investe in tecnologia che gli permette di produrre a costi minori (sono infatti elevati i
vantaggi di quelle imprese del distretto del marmo di Verona e Carrara che hanno saputo investire
in impianti ad elevata tecnologia ed innovazione superiore alla media del settore nonostante gli
investimenti richiesti siano elevati);
2. L’impresa delocalizza in luoghi dove il costo della manodopera specializzata e non e i costi
dell’energia sono minori (molte imprese specializzate nella trasformazione del granito hanno
delocalizzato in Brasile per fornire il mercato degli U.S.A., utilizzando l’abbondanza di materia
locale a costi minori che acquistarla e portarla in Italia, e manodopera e costi energetici minori che
in Europa – altro esempio riguarda le imprese italiane del nord est che hanno creato insediamenti
produttivi in Romania. Sono imprese appartenenti ai settori del tessile-abbigliamento, calzatura,
carpenteria metallica e del legno-arredo. In riferimento al legno arredo è stato calcolato che il 60%
1.
30
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
per l’allocazione presso il consumatore dei beni prodotti o importati e quindi a
loro volta rivenduti in loco, le aree di mercato si modificherebbero come
rappresentato nel grafico seguente (Fig. 1a). L’impresa C allargherebbe il
proprio spazio di mercato da (b1 – c1 di fig.1) ad a2 - d2, estromettendo così
le imprese B e D ed erodendo spazi anche alle imprese A e E.
In un mercato che viene dominato da una impresa ne derivano:
a – permanenza dei vantaggi per i consumatori più vicini (minori costi di
trasporto),
b – barriere spaziali alla concorrenza,
c – possibilità di imporre prezzi di monopolio, o comunque di attuare una
politica di penetrazione del mercato locale con prezzi inferiori rispetto la
concorrenza, per poi alzarli una volta attenuta la quota di mercato voluta. Nel
caso in cui, nel settore lapideo, si riescano ad ottenere alcune esclusive su
determinati prodotti ed estrazione da alcune cave (è il caso del marmo Fior di
Pesco Carnico e Fior di Pesco Fantastico estratto nel Friuli13 o di alcuni graniti e
quarziti brasiliane o dell’Onice Tigrato turco) è possibile anche ottenere un vero
e proprio premium price grazie l’esclusività del prodotto, che insieme ad
delle imprese italiane presenti in Romania produca semilavorati in legno massello destinati a
successive lavorazioni in Italia e l’altro 40% produca prodotti finiti in legno non verniciato. Le
ragioni a questa divisione internazionale della produzione si riconducono al fatto che la Romania
abbonda di materia prima (il legno), producendo 30 milioni di metri cubi all’anno, il cui costo di
trasformazione è metà rispetto a quello italiano; disponibilità di manodopera che anche se ha una
minore produttività del 50% viene pagata circa 200 euro al mese; in 36 ore via camion la merce
raggiunge in Nord-Est dell’Italia (Fonte: Caldani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”,
edizioni Egea, seconda edizione, marzo 2006, pag. 222.);
3. L’impresa importa da paesi terzi semilavorati o prodotti finiti che rivende in loco; è il caso ad
esempio del marmo Verde Indiano che importato a Verona in blocchi che costano 27 euro al
quintale, e segato e lucidato in loco viene poi rivenduto a un prezzo finale che va dai 42 ai 45 euro
al metro quadrato, allo spessore di 2 cm. Il medesimo prodotto finito può essere importato
direttamente dall’India o dalla Cina (che lo compra dall’India, lo lavora e lo rivende; o lavora
contro terzi per distributori indiani) al costo di 16/18 euro al mq per il primo importatore, che lo
rivende ad una seconda impresa italiana (grossista o altra impresa lapidea del distretto) a 22/24
euro al mq, che lo rivende al consumatore locale a 28/30 euro al mq. All’impresa edilizia cliente
finale converrà fino a determinati livelli di ordinativi approvvigionarsi dagli
importatori/distributori italiani piuttosto che ordinare quantitativi modesti direttamente dall’India
che risulterebbero troppo aggravati da addizionali imposti dalle compagnie di trasporto causa il
peso della merce (Fonte: propria intervista ad alcuni operatori locali del Distretto del Marmo di
Verona: ditte La Palladiana, Riva Marmi, Stocchero, Margraf s.p.a).
13 Materiali esclusivi della ditta Margraf s.p.a di Chiampo, per vedere i materiali e caratteristiche:
www.margraf.it
31
CAPITOLO 2
innovazione di processo, e quindi a costi medi minori sull’estrazione,
segagione e lucidatura, costituiscono un elevato vantaggio competitivo.
Fig. 1a - Aree di mercato in un mercato lineare in cui una impresa produce a prezzi
inferiori rispetto alle altre, in funzione della distanza
prezzi
p1
p2
0
A
a2 a1
B
C
D
d1 d2
E
distanza
Fonte: Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma, 1993, pag. 43
32
L’AGGLOMERAZIONE INDUSTRIALE: LE ECONOMIE DI SCALA, DI
URBANIZZAZIONE E DI AGGLOMERAZIONE
2.6 Bibliografia
Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, prof.ssa Paola
Savi, Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008 (lucidi disponibili
sulla pagina personale del docente previa richiesta di password da richiedere
scrivendo a [email protected]).
Caldani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda edizione,
marzo 2006, pagg. 222-326-327-328.
Propria intervista ad alcuni operatori del settore lapideo veronese: ditte La Palladiana,
Riva Marmi, Stocchero, Margraf s.p.a.
Roberto Camagni, “Principi di Economia Urbana e Territoriale”, Carrocci editore, Roma,
1993, pagg.41-42-43-50-51-52-53- capitolo 4.
33
Capitolo 3
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI:
NORMATIVA NAZIONALE E DELLA REGIONE
VENETO
3.1 Legge 317/1999, art. 36
E’ la prima legge sui distretti industriali. Interviene vent’anni in ritardo
dall’emergere del fenomeno ma è importante perché è la prima legge che
riconosce il distretto come soggetto di politiche industriali.
L’articolo 36 da la definizione di distretto industriale che richiama quello di
Becattini:
“Aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese,
con particolare riferimento al rapporto tra imprese presenti e popolazione residente, e
specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese” : rapporto tra imprese e
popolazione
ovvero
diffusione
di
imprenditorialità,
diffusione
produttiva; manca però un elemento importante che è l’interazione tra
imprese intesa come divisione del lavoro ed è proprio questo elemento
che differenzia un distretto da un’area di sola specializzazione. La
specializzazione e concentrazione sono più facili da misurare rispetto
l’integrazione che è un parametro più qualitativo che quantitativo.
Ruolo delle regioni nell’individuazione dei distretti sulla base di criteri stabiliti a
livello ministeriale,
CAPITOLO 3
Finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi riguardanti più imprese
localizzate nei distretti : si porta in primo piano il ruolo delle regioni che
però resta limitato, non c’era un’autonomia regionale come oggi. I ruoli
delle regioni sono stati pubblicati con Decreto Ministeriale del 1993 ma
i criteri erano troppo rigidi per trovare riscontro con la realtà.
Con questa legge il distretto industriale diventa un termine di riferimento per
la politica economica regionale, nazionale, e di riflesso, comunitaria.1
3.2 Decreto Ministeriale dell’Industria 21 aprile 1993
Questo decreto ha stabilito cinque criteri per definire ed identificare i
distretti, ma pecca di rigidità e i cinque criteri devono essere tutti soddisfatti
contemporaneamente2; la prima regione ad applicare questi criteri è stata la
Lombardia e ci è più o meno riuscita anche se con alcune difficoltà. In altre
regioni l’applicazione non è stata possibile in quanto non si riusciva a
soddisfare tutti i cinque criteri.
1. Indice di industrializzazione manifatturiera3 superiore del 30% dell’analogo dato
nazionale.
2. Indice di densità imprenditoriale dell’industria manifatturiera superiore alla
media nazionale.
1
Si veda anche: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag. 408.
L’Istat utilizzava questo insieme di criteri e definiva il distretto industriale come un sistema locale del
lavoro in cui:
a) La quota degli occupati dell’industria manifatturiera sul totale degli occupati non agricoli
è maggiore della media nazionale,
b) Nel settore manifatturiero la quota di occupati in imprese con meno di 250 addetti
supera la media nazionale,
c) Per almeno un settore manifatturiero la quota degli addetti sul totale degli occupati
dell’industria manifatturiera è maggiore di quella nazionale,
d) In almeno in uno dei settori nei quali si è verificata la condizione c) la quota degli
occupati in imprese sotto i 250 addetti è maggiore di quella nazionale.
(Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag.407).
3 Indice di industrializzazione manifatturiera = quota numero occupati in imprese manifatturiere su numero
totale degli occupati in quell’area.
2
36
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
3. indice di specializzazione produttiva4 superiore del 30% all’analogo dato
nazionale.
4. Livello di occupazione nell’attività manifatturiera di specializzazione superiore al
30% degli occupati manifatturieri dell’area.
5. una quota pari o superiore al 50% degli addetti locali nell’attività di
specializzazione dell’area deve essere occupato in piccole imprese.
3.3 Legge 140/1999
La Legge 140 del 1999 distingue i sistemi produttivi locali e i distretti
industriali:
“si definiscono sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei caratterizzati
da elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensione,
e da una particolare organizzazione interna”
“si definiscono distretti industriali i sistemi produttivi locali di cui al comma 1,
caratterizzati da elevata concentrazione di imprese industriali, nonché dalla
specializzazione produttiva di sistemi di imprese”
“ai sensi del D.Lgs n.112/1998 le regioni provvedono alla individuazione dei
sistemi produttivi locali, nonché al finanziamento dei progetti innovativi e di
sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati”
Il distretto diventa una sottotipologia di un sistema più ampio che ha tre
caratteristiche:
1. omogeneità produttiva
2. concentrazione spaziale di imprese di piccola e media dimensione
3. peculiare organizzazione interna, cioè a rete, concetto che mancava
nella prima definizione.
4
Indice di specializzazione produttiva = quota occupati specializzati su totale occupati nell’industria.
37
CAPITOLO 3
Il distretto industriale è quindi un sistema produttivo locale specializzato
nel settore industriale. L’elemento più importante è il terzo punto perché
aprirà la strada alla piena autonomia delle regioni nell’individuazione dei
distretti e gestione di tutti i processi di sviluppo in finanziamenti e progetti.
Nel frattempo è intervenuto il D.Lgs sul Decentramento che ha attribuito
nuove competenze alle regioni tra cui di provvedere alle politiche territoriali
locali. Le regioni quindi si sono trovate ad individuare i distretti industriali in
base a parametri non più nazionali ma regionali, tenendo conto di quelle che
sono le caratteristiche del territorio. Dopo questo D.Lgs si è verificato un
problema di assestamento poiché le regioni non hanno legiferato in modo
autonomo ma hanno solo preso i criteri generali del Ministero dell’Industria e
cercato di adattarli, flessibilizzarli alla loro realtà. Ad esempio il Veneto nel
1999 ha individuato un primo elenco di 19 distretti industriali.5 Il panorama è
poi cambiato agli inizi del 2000: da questa data le regioni hanno abbandonato i
vecchi criteri e si sono mosse individuando propri autonomi criteri e
definizioni di distretto industriale. Vediamo ora il caso della regione Veneto.
3.4 Legge Regionale del Veneto n.8/2003 – definizione del distretto
produttivo
La Legge regionale n.8/2006 e successive modifiche, disciplinando in modo
innovativo l’iter di riconoscimento dei distretti produttivi presenti nel Veneto,
ha fatto uscire allo scoperto le diverse realtà economiche del territorio,
favorendo l’aggregazione delle imprese e la realizzazione di progetti comuni,
incentivando la programmazione delle attività di ricerca e di innovazione, di
internazionalizzazione e di promozione.
5
L’attuale elenco de distretti e metadistretti nella regione Veneto è nella parte 3.7 di questo capitolo.
38
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
La filosofia che sta alla base della legge regionale sui distretti produttivi è
stata senza dubbio innovativa, diventando una buona occasione per mettere in
rete centinaia di aziende e creare rapporti più consolidati tra imprese, territorio
ed istituzioni. In ogni provincia della regione Veneto, un numero minimo di 80
imprese con almeno 250 addetti (i limiti previsti inizialmente dalla legge
n.8/2003), adeguatamente supportate da un insieme di attori istituzionali,
hanno avuto la possibilità di fare richiesta alla Camera di Commercio locale
per essere ammessi al vaglio regionale, teso a “consacrare” i patti proposti
come nuovi distretti produttivi veneti. I patti riconosciuti hanno così avuto la
possibilità di partecipare ai bandi regionali, che prevedevano il cofinanziamento ad investimenti che si riferivano ad una serie di “Misure”
(osservatori e banche dati, ricerca e sviluppo tecnologico, marchi di distretto,
portali, internazionalizzazione, ecc.).6
E’ la prima legge in Veneto veramente autonoma che definisce il distretto
produttivo.
La definizione di base è abbastanza elastica e non ci sono parametri
quantitativi. Gli elementi rilevanti sono:
Elevata concentrazione di imprese tra loro integrate in un sistema produttivo
rilevante,
Insieme di attori istituzionali aventi competenze ed operanti nell’attività di sostegno
dell’economia locale,
È espressione delle capacità del sistema di imprese ed istituzioni locali di sviluppare
una progettualità strategica che si esprime in un patto per lo sviluppo del distretto.
Si riconosce quindi che il distretto è caratterizzato dalla presenza di due
attori: le imprese private e gli attori istituzionali, entrambi integrati in un
sistema produttivo importante. E’ presente l’elemento della progettualità (che
è l’elemento più importante) ovvero le imprese e le istituzioni devono essere in
grado di sviluppare una progettualità strategica che si esprime in un
6
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a cura
del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23.
39
CAPITOLO 3
documento di fatto materiale da porre in essere, da realizzare, sviluppare e
rendere effettivo nella realtà che è il Patto di Sviluppo del Distretto.
3.4.1 Il Patto di Sviluppo del Distretto
Il Patto di Sviluppo del Distretto è un programma triennale sullo sviluppo
del distretto sottoscritto dai soggetti locali7 e deve contenere:
Obiettivi generali di sviluppo e interventi ritenuti prioritari,
Azioni da svolgere, complete dei relativi piani finanziari e temporali di spesa,
Entità e tipo di risorse pubbliche e private necessarie per la realizzazione degli
interventi.
3.4.2 Indicatori di rilevanza del sistema produttivo locale
Numero di unità locali produttive operanti, anche in sistemi di
specializzazione integrata, non inferiore a 80 e numero addetti non
inferiore a 250;
Elevato grado di integrazione produttiva e di servizio, documentabile
dall’analisi
organizzativa delle catene di fornitura. Per fare la
distrettualità ci devono essere e devono essere documentate
l’integrazione tra imprese e la divisione del lavoro;
Capacità innovativa comprovata dall’originalità dei prodotti e dei processi, dalla
presenza di imprese leader nei singoli settori, dal numero di brevetti
registrati dalle imprese, dalla presenza di istituzioni formative specifiche
o centri di documentazione sulla cultura locale del prodotto e del
lavoro8.
7
I soggetti locali sono sia pubblici che privati.
Per il Distretto del Marmo di Verona ci sono la Videomarmoteca di Dolcè (www.videomarmoteca.it)
con laboratorio prove tecniche sulle pietre, servizi di collocamento, formazione, studi di vario genere
come sul recupero fanghi ecc.; il Centro di Formazione Professionale del marmo di Sant’Ambrogio
(La “Scuola del Marmo” di Sant’Ambrogio di Valpolicella ha una storia ultracentenaria. Ha avuto
8
40
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
3.4.3 I soggetti
Imprese operanti nel territorio regionale,
Enti locali come comuni e province,
Autonomie funzionali come Camere di Commercio ed Università,
Associazioni di categoria,
Enti, associazioni pubbliche e private, attivi nell’ambito della
promozione, dell’innovazione e della ricerca finalizzate allo sviluppo del
sistema produttivo,
Istituzioni pubbliche e private riconosciute e attive nel campo dell’istruzione
e della formazione professionale.
3.4.4 Iter dei Patti
origine dall’intuizione del conte Paolo Brenzoni che, nel 1863, costituì una scuola d’arte per scalpellini.
La Scuola continuò e continua tuttora a organizzare corsi di scultura artistica per appassionati, ma era
necessario progettare qualcosa di diverso per la formazione dei giovani futuri operatori dell’industria
del marmo. Si pensò quindi di fondare un Centro di Formazione Professionale del Marmo, che nel
1986 ha dato il via al primo corso, secondo il più moderno concetto di formazione professionale. Il
Centro di Formazione Professionale del Marmo, opera a Sant’Ambrogio di Valpolicella ormai da
vent’anni e propone corsi triennali di qualifica per giovani interessati a profili professionali che hanno
un immediato riscontro del mondo del lavoro. E’ unico in Italia ed è dotato di strutture
all’avanguardia: laboratorio con macchine a tecnologia avanzata, aule di informatica, aula di disegno
tecnico, aula per la programmazione di macchine a controllo numerico, laboratorio artistico, di
mosaico e restauro. Gli sbocchi occupazionali sono diversi: industrie del marmo, artigianato, edilizia. –
Fonte: http://www.videomarmoteca.it/indice_articoli.php?idss=82 ); l’Università degli studi di
Verona ha istituito un Master di secondo livello “Master Universitario in Progettazione e gestione nei
processi di lavorazione del marmo” (Fonte: http://www.economia.univr.it/fol/main?ent=cs&tcs=M).
41
CAPITOLO 3
I soggetti locali si aggregano ed elaborano una proposta di patto di
sviluppo. Tale proposta viene mandata alla Camera di Commercio nel cui
ambito ricade la maggior parte delle imprese che sottoscrivono il patto; la
Camera di Commercio deve dare un parere sulla fattibilità economica cioè
sull’adeguatezza delle risorse finanziarie per mettere in atto questi patti.
Parallelamente la Proposta di Patto passa anche dalla Provincia/e
interessata/e che devono dare parere sulla fattibilità territoriale, cioè verificare se
gli obiettivi del patto sono coerenti con gli obiettivi della pianificazione
provinciale. Il Patto poi, con i due pareri, va in Regione dove c’è un’apposita
direzione, ufficio che si occupa solo dei distretti industriali; la Regione, sentito
il parere della Consulta dei Distretti, che unisce i rappresentanti dei patti,
verifica la compatibilità con gli obiettivi della programmazione regionale.
Superato tutto questo iter, i Patti vanno alla Giunta Regionale che emette i
bandi per finanziare i progetti dei Patti. Le imprese devono partecipare ai
bandi per essere finanziate. Il finanziamento della regione non è un
finanziamento al 100% ma è un co-finanziamento che copre al massimo il
40% della spesa/investimento che l’impresa vuole fare.
3.4.5 La Consulta dei Distretti
La Consulta dei Distretti è istituita presso la Giunta Regionale; la sua
funzione è di operare come organismo di partecipazione dei distretti alla fase
di realizzazione e monitoraggio dei Patti. E’ composta dai rappresentanti dei
diversi Patti.
3.5 Distretti produttivi veneti: sintesi 2003 – 2005
46 distretti riconosciuti, con 8136 imprese coinvolte e 203.118 addetti,
42
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
358 progetti con ammontare contributi regionali di oltre 54 milioni di
euro ed investimento complessivo di 173 milioni di euro,
per il 2006 sono stati previsti finanziamenti per oltre 20 milioni di
euro.
3.6 Legge regionale n.5/2006
La legge regionale n.5/2006 ha introdotto importanti novità al fine di ridare
slancio alla formula distrettuale e di aumentare le risorse a sostegno alle
imprese. La legge, che ha innalzato i parametri necessari per attivare un Patto
di Distretto (almeno 100 imprese e 1000 addetti), ha introdotto nuove forme
di aggregazione: i metadistretti e le aggregazioni/progetti di filiera9.
Metadistretti : aggregazione di specifici settori economici a valenza
regionale, composti da almeno 250 imprese e almeno 5000 addetti e
non direttamente collegate ad uno specifico territorio,
Progetti di filiera : almeno 10 imprese che, non potendo entrare in un
Patto di Distretto, possono unirsi e presentare uno o più progetti,
Distretto produttivo “tradizionale” : come detto, si eleva il minimo a 100
aziende ed almeno 1000 addetti.
3.6.1 Criteri di valutazione dei progetti esecutivi
Numerosità e rilevanza dei soggetti coinvolti,
Coerenza rispetto alle priorità strategiche della politica economica ed
occupazionale regionale e del Patto di Sviluppo distrettuale,
9
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a cura
del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23.
43
CAPITOLO 3
Capacità di autofinanziamento dei promotori, di accesso a contributi nazionali
o comunitari e relativa quota di finanziamento regionale : cioè quante
risorse i promotori del Patto riescono a mobilizzare di altro genere, non
solo regionali,
Creazione di esternalità positive (occupazione) : soprattutto in termini di
occupazione, quindi si guarda al miglioramento non solo delle imprese
che propongono ma di tutto il sistema,
Interventi in tema di innovazione e trasferimento tecnologico,
Sinergie ed integrazioni con progetti di altri distretti.
3.6.2 Tipologie di interventi finanziabili
Opere ed infrastrutture rivolte all’ambiente, al risparmio energetico ed
energie pulite,
Attività di ricerca industriale, sviluppo pre-competitivo, trasferimento
tecnologico, test di prototipi, campionari,
Realizzazione di banche dati ed osservatori,
Introduzione di ICT,
Programmi
di
riconversione
industriale
rivolti
al
dell’occupazione,
Centri assistenza post vendita all’estero e servizi logistici,
Sostegno partecipazione a progetti comunitari,
Organizzazione e partecipazione a fiere e ad altre iniziative.
44
sostegno
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
3.7 Elenco dei distretti e metadistretti in Veneto
Il Distretto Industriale del Marmo di Verona è stato riconosciuto come
“Distretto del marmo e delle pietre del Veneto” dal 2006.
Provincia
Distretto
Sito web
BL
Distretto
dell’occhiale
2006
PD
Distretto termale
www.albergatoritermali.it
euganeo
2006
www.museodellocchiale.it
Distretto Veneto
dei Sistemi per
l’Illuminazione
2008
Distretto veneto
del
condizionamento
www.refricold.it
e della
refrigerazione
industriale
2006
Metadistretto
della zootecnia
del Veneto
2007
RO
Distretto ittico
della provincia di
www.distrettoittico.rovigo.it
Rovigo
2006
Distretto veneto
della giostra
2006
www.fundistrict.net
45
CAPITOLO 3
TV
Distretto del
prosecco di
Conegliano
Valdobbiadene
2006
www.prosecco.it
Distretto dello
sportsystem di
Montebelluna
2006
www.montebellunadistrict.com
Distretto
multipolare
veneto della
gomma e delle
materie plastiche
2007
Distretto Veneto
delle attrezzature
www.dvaa.it
alberghiere
2006
Distretto Veneto
Lattiero Caseario www.venetocheese.it
2007
Distretto Veneto
Sistema Moda
2007
Metadistretto
Digitalmediale
Veneto
2007
Metadistretto
Veneto del Legno
federlegno.it/tool/home.php?s=0,1,31,59,1576
Arredo
2006
Metadistretto
46
www.distrettobioedilizia.it
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
Veneto della
bioedilizia
2006
VE
Distretto del
vetro artistico di
Murano
2006
www.promovetro.com
Distretto della
cantieristica
www.nauticaveneziana.it
nautica veneziana
2006
Distretto Veneto
dell’Aerospazio e
dell’Astrofisica –
SkyD
2008
Metadistretto
Calzaturiero
veneto
2006
www.distrettocalzaturieroveneto.it
Metadistretto
dell’Ambiente per
lo Sviluppo
Sostenibile –
Metas
2008
VI
Metadistretto
Veneto dei Beni
Culturali
2008
www.distrettobbcc.it
Distretto del
mobile d’arte di
Bassano
2006
www.renzog.com
Distretto Nord-
www.apindustria.vi.it
47
CAPITOLO 3
Est Packaging
2006
Distretto orafo argentiero di
Vicenza
2006
www.doav.it
Distretto
produttivo della
ceramica-artistica www.ceramicaveneta.it
e terracotta
2006
Distretto
vicentino della
Concia
2007
Metadistretto
della
Meccatronica e
delle tecnologie
meccaniche
innovative
2007
VR
Distretto
calzaturiero
veronese
2006
www.shoesverona.com
Distretto del
marmo e delle
www.videomarmoteca.it
pietre del Veneto
2006
Distretto del
mobile classico
della pianura
veneta
2006
48
www.exportofverona.com
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
Distretto
produttivo
Grafico-Cartario www.scuolagraficasanzeno.com
veneto
2006
Distretto veneto
del vino
2007
www.distrettovinoveneto.it
Distretto veneto
dell’Informatica e
del Tecnologico www.distrettovita.it
avanzato
2007
Metadistretto
Alimentare
Veneto
2007
www.alimentareveneto.it
Metadistretto
logistico veneto
2006
www.osservatoriologisticoveneto.it
Venetoclima Distretto Veneto
www.venetoclima.it
della
termomeccanica
2006
Verona
ProntoModa Distretto veneto www.veronamoda.it
dell’abbigliamento
2006
( fonte: www.distrettidelveneto.it )
49
CAPITOLO 3
3.8 Bibligrafia e sitografia
Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, prof.ssa Paola
Savi, Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008 (lucidi disponibili
sulla pagina personale del docente previa richiesta di password da richiedere
scrivendo a [email protected]).
CCIAA di Verona, “I distretti produttivi di Verona, legge regionale 4 aprile 2003 n.8”,
Servizio Studi e Ricerca, Verona 2005.
CCIAA di Verona, “Il distretto veronese del marmo”, allegato al Bollettino di Statistica
della Provincia di Verona n.4/2002, Servizio Studi e Ricerca.
CCIAA di Verona, “La Camera di Commercio incontra il territorio”, II edizione, Servizio
Studi e Ricerca, Verona, 2005, pp. 9-10.
“Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag. 407-408.
CCIAA di Verona, “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia
scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a cura del Servizio Studi e Ricerca della Camera di
Commercio di Verona, pagg. 23.
D.Lgs n.112/1998
Decreto Ministeriale dell’Industria 21 aprile 1993
Legge 140/1999
Legge 317/1999, art. 36
Legge regionale del Veneto n.5/2006
Legge Regionale del Veneto n.8/2003
www.distrettidelveneto.it
www.videomarmoteca.it
www.videomarmoteca.it/indice_articoli.php?idss=82
www.economia.univr.it/fol/main?ent=cs&tcs=M
50
EVOLUZIONE NORMATIVA DEI DISTRETTI: NORMATIVA NAZIONALE E DELLA
REGIONE VENETO
LETTURE DI APPROFONDIMENTO
Siti dei singoli distretti:
www.museodellocchiale.it
www.albergatoritermali.it
www.refricold.it
www.distrettoittico.rovigo.it
www.fundistrict.net
www.prosecco.it
www.montebellunadistrict.com
www.dvaa.it
www.venetocheese.it
http://federlegno.it/tool/home.php?s=0,1,31,59,1576
www.distrettobioedilizia.it
www.promovetro.com
www.nauticaveneziana.it
www.distrettocalzaturieroveneto.it
www.distrettobbcc.it
www.renzog.com
www.apindustria.vi.it
www.doav.it
www.ceramicaveneta.it
www.shoesverona.com
www.videomarmoteca.it
www.exportofverona.com
www.scuolagraficasanzeno.com
www.distrettovinoveneto.it
www.distrettovita.it
www.alimentareveneto.it
www.osservatoriologisticoveneto.it
www.venetoclima.it
www.veronamoda.it
51
Capitolo 4
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA
LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
4.1 Il cluster industriale
Il cluster industriale e il distretto industriale hanno molte affinità e spesso
sono usati come sinonimi, ma il concetto di cluster esprime qualcosa di
diverso rispetto il distretto, perché coglie quelle realtà che hanno un grado
d’innovazione più elevata rispetto alle agglomerazioni dell’industria tradizionale
manifatturiera. Questa è oggi la differenza tra cluster e distretto. Porter quando
ha esaminato vari casi studio di cluster ha inserito anche delle realtà che noi
definiamo distretti industriali.1 Esiste un’ampia letteratura sui cluster ma ora
vedremo il concetto di cluster alla Porter, che è il “padre del cluster” come
Becattini per il distretto.
I cluster industriali sono:
Concentrazioni territoriali d’imprese ed istituzioni interdipendenti operanti in un
particolare ambito,
Il cluster include tutte le istituzioni e organizzazioni che interagiscono con le imprese
locali e ne determinano il vantaggio competitivo (def. di Porter 1998).
1
Ad esempio il distretto di Montebelluna.
CAPITOLO 4
Nella definizione di Porter ritorna il principio della concentrazione territoriale
giacché i soggetti devono essere spazialmente concentrati. Chi sono questi
soggetti? Sono imprese ed istituzioni: fin da subito ricorre questo elemento per
fare un cluster, quindi non solo la presenza d’imprese che producono, ma
anche istituzioni. Questa è una caratteristica che nel distretto è stata inserita
solo in un secondo momento. Qui invece fin da subito l’interdipendenza e
relazioni tra imprese ed istituzioni sono l’essenza del sistema. C’è anche
l’elemento specializzazione, in quanto le imprese ed istituzioni sono operanti in un
particolare ambito. Non c’è alcun riferimento alla dimensione delle imprese.
La seconda parte della definizione rinforza il concetto. Per quanto riguarda
le istituzioni ed organizzazioni, queste sono tutte le istituzioni che possono
operare con e nel distretto ma quelle più importanti sono quelle che fanno
ricerca perché sono proprio tali istituzioni che danno questa valenza
innovativa al cluster. Si intendono Università, centri di ricerca pubblici e
privati ed è da questi legami tra imprese e soggetti che si produce conoscenza e
si creano quei spill-over di conoscenza e la continua propensione ad innovare
tipica dei cluster.
I distrettualisti iniziano la loro analisi dal territorio, Porter fa il percorso
inverso e parte direttamente da un livello micro, cioè l’impresa. La domanda
che si pone è capire perché certi settori industriali che hanno valenza globale,
riescono nel tempo a mantenere il loro vantaggio competitivo e quali sono le
condizioni che assicurano e garantiscono nel tempo il vantaggio competitivo di
certi settori industriali. Cercando queste condizioni Porter arriva alla scala della
nazione guardando le condizioni di tipo ambientale; quindi cerca le condizioni,
caratteristiche ambientali e nazionali che assicurano all’impresa il vantaggio
competitivo. Dalla scala della nazione Porter arriva al territorio, alla scala del
territorio perché si accorge che molte di queste condizioni hanno anche
valenza locale ed in più si accorge che questi settori industriali competitivi a
livello globale tendono a non essere distribuiti sul territorio ma ad essere
concentrati sul territorio e da qui arriva al concetto di cluster.
54
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
4.1.1 Porter: strategie d’impresa e vantaggio competitivo
Porter parte dall’impresa e di preciso da due strategie d’impresa:
Il coordinamento : cioè i modi in cui le diverse attività e funzioni
dell’impresa si combinano e organizzano; attraverso il coordinamento
vediamo se un’impresa è integrata verticalmente, se presenta
organizzazione a rete, se esternalizza determinate attività economiche.
Configurazione : è la strategia che ci porta ad analizzare il territorio,
riguarda il perché della localizzazione delle varie attività dell’impresa, la
scelta dei luoghi in cui ogni funzione è localizzata.
Per Porter il vantaggio competitivo è determinato non solo dai modi in cui si
compongono le attività industriali ma anche in funzione delle scelte
localizzative in cui localizzare le varie attività; scelta fatta in base alle
caratteristiche di ogni attività in rapporto con l’offerta dei fattori dei singoli
luoghi.
4.1.2 Il diamante della competitività di Porter2
2
Tra tutti e 4 gli elementi nelle cornici intercorrono rapporti; in più ci sono i 2 elementi esterni: eventi
casuali e politiche governative.
55
CAPITOLO 4
Il diamante della competitività esprime l’insieme di quei fattori che
partendo dalla scala nazionale assicurano il vantaggio competitivo delle
imprese. Porter individua quattro tipologie di fattori tra loro interagenti; il
vantaggio competitivo deriva dall’effetto sinergico di queste quattro tipologie
di fattori:
1. Condizioni dei fattori : patrimonio di infrastrutture, risorse umane, capitale
finanziario, capitale tecnologico, per certi aspetti anche le risorse naturali
anche se hanno perso parte della loro importanza oggi. Cioè tutto ciò che
differenzia una nazione dalle altre ed in più questi fattori hanno valenza
anche su scala regionale e territoriale3. Più precisamente Porter sostiene che
i fattori “chiave” della produzione (o fattori specializzati) sono creati e non
ereditati. I fattori specializzati di produzione sono la forza lavoro
qualificata, il capitale e le infrastrutture. I fattori “non chiave”, o i fattori di
uso generale, quali il lavoro non qualificato, le materie prime, possono
essere ottenuti da tutte le aziende, quindi non generano un vantaggio
competitivo sostenuto. Tuttavia i fattori specializzati comportano ingenti
investimenti e sono più difficili da replicare. Ciò crea un vantaggio
competitivo perché se altre aziende non possono duplicare facilmente
questi fattori, allora sono utili.
2. Condizioni della domanda : Porter prima di parlare della domanda esterna, fa
riferimento alla domanda interna/domestica e sostiene che la domanda
interna deve essere di qualità elevata perché questo agisce continuamente
come input e stimolo ai processi innovativi dell’impresa. Se i clienti in una
data economia sono molto esigenti, la pressione che sopporteranno le
3
Alcuni fattori presenti a scala nazionale sono anche presenti a scala locale; per il Distretto del marmo
di Carrara ed ancor di più Verona, la presenza delle risorsa locale marmo ha permesso il nascere di
attività di estrazione e trasformazione. Per Verona, dal 1960 in poi, l’escavazione è divenuta sempre
meno, lasciando alla trasformazione di materiali esteri il core business del distretto veronese. Ora,
paesi come Turchia, Iran, Brasile, Egitto, India sono diventati leader mondiali per il marmo e granito
grazie la presenza di molte tipologie di pietre nel loro territorio che scavano, trasformano ed
esportano. La Cina che è tra i principali estrattori e primo importatore al mondo di materiali grezzi,
consuma quasi tutto il quantitativo di pietre grezze nazionali per il suo mercato domestico.
56
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
imprese per migliorare costantemente la loro competitività, attraverso
innovazioni di prodotto ed alta qualità, sarà maggiore.
3. Presenza di settori industriali collegati e di supporto : riferimento alle filiere
produttive e a tutti quei settori che fanno da motore di sviluppo per i
settori industriali trasformandoli in vere filiere: ricerca e sviluppo, fornitori
e servizi. La prossimità spaziale di settori a monte o a valle facilita lo
scambio di informazioni e promuove uno scambio continuo di idee ed
innovazioni.
4. Contesto strategico e competitivo : ovvero strategia, struttura e rivalità delle
aziende. Il mondo è regolato da circostanze dinamiche. La concorrenza
diretta impone alle aziende di lavorare per aumentare la produttività e
l’innovazione.
Ci sono altri due fattori importanti detti da Porter esterni4, ma che in
determinate situazioni possono spostare il vantaggio competitivo da un settore
industriale ad un altro o compromettere il vantaggio competitivo raggiunto da
determinati settori:
–
Eventi casuali : fluttuazioni improvvise della domanda, rialzi dei prezzi delle
materie prime, eventi geopolitici imprevisti come guerre; quindi eventi che
avvengono nello scenario internazionale o nazionale, imprevedibili o che
non si possono controllare.
– Governo
e politiche governative : il ruolo del governo è di fungere da catalizzatore
e sfidante: è di incoraggiare e persino spingere le aziende a sollevare le loro
aspirazioni e muoversi verso più elevati livelli di performance competitive.
Devono incoraggiare le aziende ed innalzare le loro performance, stimolare
la domanda di prodotti avanzati, focalizzarsi sulla creazione di fattori
specializzati e stimolare la rivalità locale limitando la cooperazione diretta e
facendo rispettare le regole antitrust. Le politiche governative sono elementi
esterni e difficilmente controllabili anche se in alcuni casi le imprese
possono, con certi limiti, orientare ed influenzare le politiche governative.
4
Esterni nel senso che non sono sotto il diretto controllo delle imprese.
57
CAPITOLO 4
Porter individua certe tipologie di strategie da mettere in atto affinché le
politiche governative aiutino lo sviluppo dei settori industriali in generale:
invece di realizzare politiche specifiche, limitate solo ad alcuni settori è
meglio agire con politiche che hanno effetti su elementi macroeconomici e
costi dei fattori produttivi ovvero politiche che vanno a beneficiare
sull’economia nel suo complesso.
4.1.3 Politiche governative secondo Porter
Le politiche governative sono azioni che:
Producono effetti sui fattori macroeconomici e sui costi dei fattori produttivi,
Producono effetti di lungo periodo : privilegiate politiche di carattere
strategico piuttosto che tattico cioè politiche di medio/lungo periodo
piuttosto che interventi per risanare situazioni d’emergenza,
Condivise coi soggetti economici : evitare di calare politiche dall’alto,
Creino un contesto favorevole per tutti i settori : si collega al primo punto ma è
più precisa. Porter si riferisce al fatto che molte politiche si orientano a
settori ad alta tecnologia, ad alto contenuto innovativo anche in
contesti dove non c’è vocazione per questa attività economica, dove c’è
invece più vocazione industriale tradizionale, manifatturiera. Quindi le
politiche indirizzate esclusivamente a settori e attività ad alta tecnologia
potrebbero
comprometterne
altri.
Queste
azioni
più
generali
potrebbero essere ad esempio, aumentare la capacità e competenze
delle risorse umane che ha effetti di medio/lungo periodo.
Porter ha visto che condizioni di carattere nazionale valgono anche a
carattere territoriale e ciò giustifica il fatto che molti settori si manifestano
parzialmente concentrati. Quindi il ragionamento di Porter vale a più scale
58
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
geografiche. Infatti, Porter si concentra ed analizza il vantaggio competitivo
dalla nazione5 al territorio.
4.1.4 Elementi caratterizzanti il cluster di Porter
Concentrazione geografica,
Specializzazione : intendendo più le filiere che i settori,
Attori eterogenei : non solo imprese, non solo istituzioni pubbliche ma
anche soggetti che fanno ricerca,
Massa critica : numero sufficiente di imprese ed istituzioni se no i legami
non si attivano; quindi non bastano poche imprese per fare un cluster,
Evoluzione : queste attività si modificano nel tempo.
4.1.5 Vantaggi per le imprese a localizzarsi in un cluster
Porter si chiede perché un’impresa consegue un vantaggio localizzandosi in
un cluster industriale piuttosto che rimanendone fuori. Le imprese all’interno
del cluster conseguono:
Aumento della produttività,
Innovazione tecnologica : il cluster può guidare l’innovazione nel campo in
cui agisce. Le imprese sono più orientate all’innovazione tecnologica
perché possono trarre vantaggi dai legami tra produttori e chi fa ricerca,
sono stimolate dai clienti, possono favorire di un clima favorevole che
si trova anche nei nostri distretti; anche se nei nostri distretti la
conoscenza passa da canali informali piuttosto che formali,
Imprenditorialità : l’ambiente del cluster stimola nuovi business. Il tasso
di imprenditorialità è più elevato rispetto all’esterno perché c’è più
5 Il vantaggio competitivo della nazione: Porter ha introdotto questo modello nel suo libro “Vantaggio
competitivo delle Nazioni”, dopo aver fatto ricerca in 10 Nazioni leader del commercio. Il libro era la
prima teoria di competitività basata sulle cause della produttività con cui le aziende competono,
anziché sui vantaggi comparativi tradizionali quali le risorse naturali ed i centri di lavoro.
59
CAPITOLO 4
dinamismo. Il cluster attira imprese dall’esterno e nuove imprese
nascono più velocemente nel cluster anche se possono morire più
velocemente ma il saldo è positivo.
4.1.6 Cluster ed incrementi di produttività
Da dove derivano questi incrementi di produttività?
Migliore accesso al mercato del lavoro e ai fornitori : riducendo i costi di
ricerca e di addestramento del personale; si ha accesso a fornitori
specializzati nel momento in cui si passa dal settore alla filiera,
Accesso ad informazioni specializzate,
Complementarietà : che si genera tra settore produttivo e servizi,
Accesso alle istituzioni e ai beni pubblici : elementi di carattere
immateriale,
Migliore motivazione e misurazione : la misurazione delle performance è
più facile, più facile ne diventa il suo confronto e quindi è più facile
migliorare le politiche e migliorare rispetto i competitori.
4.1.7 Ciclo di vita di un cluster
Il ciclo di vita di un cluster si può riassumere nei seguenti punti:
1.
Nascita di imprese pioniere, seguite da nuovi spin-off di imprese : lasciando
a parte il fatto di specializzazioni originarie, presenza di grandi
imprese, ecc… è importante che fin dall’inizio si crea crescita del
sistema, spin-off di imprese.
2.
Creazione di fornitori, imprese di servizio e mercato del lavoro specializzato :
stadio in cui si formano le economie esterne,
3.
Formazione di nuove organizzazioni che servono le imprese del cluster:
cominciano a comparire e si creano determinati legami con le
60
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
organizzazioni come le Università, centri di ricerca, che aiutano la
crescita qualitativa e quantitativa del cluster,
4.
Attrazione di imprese esterne, lavoratori capaci e creazione di
milieu6favorevoli per nuove imprese locali : il cluster a questo punto è già
molto cresciuto per fattori endogeni, comincia ad attirare imprese
e lavoratori dall’esterno,
5.
Creazione di risorse relazionali non di mercato che diffondono la circolazione
di informazioni e conoscenza : si instaura l’importante clima di fiducia
tra imprese,
6.
Periodo di declino per la possibile presenza di lock-in : il look-in, cioè
blocco, è una situazione causata da fenomeni come l’aumento
della competitività dei competitori esterni cui il cluster non riesce
a far fronte e le cui imprese non riescono a reagire causa
caratteristiche del cluster e ambiente stesso in cui si sono
sviluppate, economie di disagglomerazione ed altri elementi che
possono rendere macchinoso il cluster, come il notevole aumento
dei prezzi dei terreni al diminuire della superficie disponibile nel
cluster, ecc.
4.2 La localizzazione di imprese ad alta tecnologia
Il concetto di distretto e di cluster sono stati utilizzati per spiegare vari tipi
di localizzazione come per il distretto turistico, ma concentriamoci ora
sull’high-tech e quelle attività che producono conoscenze usate all’esterno e
soprattutto all’interno del settore stesso. La localizzazione di imprese ad alta
tecnologia da vita ai distretti tecnologici e cluster tecnologici. La localizzazione
6
Milieu = insieme di dotazioni e risorse di un determinato sistema; per risorse si intendono quelle
fisiche, il capitale fisso sociale (infrastrutture di trasporto, di servizio, scuole, imprese…), risorse
immateriali come il know how.
61
CAPITOLO 4
di queste imprese dipende sia da fattori di localizzazione sul territorio, sia da
meccanismi di divisione del lavoro7.
4.2.1 Industria high-tech: fattori territoriali di localizzazione
Questi cluster tecnologici e distretti tecnologici richiedono fattori specifici
che devono più o meno ricorrere sinergicamente:
Disponibilità di manodopera qualificata,
Università e laboratori di ricerca : grandi e prestigiose università sono in
grado di sviluppare e fornire ricerche ed invenzioni che ricadono nella
conoscenza scientifica, molto importante per lo sviluppo delle imprese,
Atrattività del luogo : tutti quei fattori che qualificano una località come
offerta di servizi culturali e per il tempo libero, presenza di zone
residenziali di buona qualità, ecc.,
Infrastrutture di trasporto di livello elevato : collegamenti stradali veloci,
aeroporti internazionali,
Meccanismi informali e processi di imitazione,
Predisposizione di politiche territoriali,
Offerta di servizi avanzati.
4.2.2 Industria high-tech e produttori di conoscenza, consumatori di conoscenza,
trasformazione della conoscenza
Produttori di conoscenza : grandi università, centri di ricerca, centri di R&S
delle grandi imprese, cioè chi produce conoscenza di carattere generale
e la immette nei canali tradizionali e la codifica con i linguaggi della
conoscenza scientifica; sono soprattutto questi attori ad essere
7
Divisione del lavoro è un meccanismo che si è sviluppato soprattutto negli ultimi decenni.
62
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
localizzati, concentrati spazialmente perché queste condizioni non si
possono creare ovunque,
Utilizzatori di conoscenza : chi recepisce questa conoscenza scientifica e la
adatta e trasforma secondo proprie necessità e la concretizza in nuovi
prodotti e processi produttivi. Ci sono diversi modi per trasformare la
conoscenza: introduco quindi le caratteristiche dell’utilizzatore creativo
e di quello “banale”, ed il concetto del percorso di modellizzazione
della conoscenza:
Utilizzatore creativo : che usa la conoscenza in modo più complesso
trasformandola notevolmente da quella che è la conoscenza di base. È
chi riesce a captare le potenzialità della conoscenza di base e
trasformarla in fattore competitivo,
Utilizzatore “banale” : che arriva dopo, usa questa conoscenza ma senza
grandi ulteriori innovazioni ed adattamenti; sono più liberi dal punto di
vista spaziale mentre i creativi tendono a localizzarsi o vicini ai
produttori o in contesti dove questo tipo di conoscenza può essere
sfruttata (distretti produttivi, grandi aree metropolitane…).
Ciò ci permette di parlare di percorso di modellizzazione della conoscenza, che si
avvicina al ciclo di vita del prodotto, cioè percorso di nascita della conoscenza,
trasformazione, diffusione ed in fine di atterramento e banalizzazione.
Importante notare che durante questo ciclo di vita della conoscenza variano
anche le scelte di localizzazione.
4.2.3 Modelli localizzativi imprese high-tech
SPECIALIZZAZIONE
PRODUTTIVA
LOCALIZZAZIONE
GESTIONE DELLA
CONOSCENZA
Aree centrali e
Scambio informale di
Produzione nuova
tecnologicamente
conoscenza tacita /
conoscenza
avanzate / nicchie
codificazione e
territoriali high-tech
diffusione conoscenza
63
CAPITOLO 4
Aree centrali e
tecnologicamente
Applicazione nuova
avanzate / aree
conoscenza
periferiche con
manodopera qualificata /
vicinanza dei mercati
Replicazione della
conoscenza
Partecipazione a circuiti
internazionali /
adattamento /
combinazioni creative di
conoscenza codificata
Adozione di conoscenza
“ubiquità”
/ economie di
replicazione
4.2.4 Distretti tecnologici: definizioni di Cooke e Huggins, Makell, Storper
Cooke e Huggins nel 2001 definirono i distretti tecnologici come “imprese
geograficamente vicine, connesse da relazioni verticali ed orizzontali, comprese le
infrastrutture localizzate di supporto alle stesse, che condividono la stessa visione evolutiva
della crescita economica, basata sulla competizione e la cooperazione di uno specifico segmento
di mercato”. Nella definizione non si fa riferimento alla specializzazione
nell’high-tech ma ad altri elementi come la concentrazione, presenza relazioni
verticali e orizzontali, di competizione e cooperazione. Importante è l’aspetto
che le imprese abbiano visione evolutiva comune della crescita economica.
Un po’ più specifica è la definizione di Maskell: “i cluster costituiscono un
modello di sviluppo al contempo spontaneo ed organizzato, che contribuisce a ridurre la
distanza cognitiva tra le imprese e a favorire il trasferimento e utilizzo delle conoscenze, a
produrre nuova conoscenza”. “Organizzato” sta ad indicare che a volte i cluster
sono nati da politiche precise, e “spontaneo” perchè spesso i cluster
tecnologici sono anche nati da idee che non erano precise e mirate all’inizio.
Anche qui non è importante cosa si produce ma ha importanza il modello,
cioè che ci siano scambi e relazioni e che il modello riduca la distanza
cognitiva.
Storper lo definisce come “non un luogo di semplici esternalità ma un ambiente
costituito da rilevanti componenti relazionali, soprattutto per quanto riguarda i flussi
64
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
immateriali”. Per componenti relazionali si intendono scambio di conoscenze
ed informazioni.
4.2.5 Tipologie di distretti tecnologici: fattori genetici8
Fattori genetici nel senso che sono determinanti nella fase di nascita ed
evoluzione dei distretti tecnologici. Genetici anche nel senso di prevalenti e
quindi non sono gli unici fattori che spiegano la nascita del distretto e
soprattutto nella fase di evoluzione si aggiunge un più ampio mix di fattori.
Possiamo differenziare i distretti tecnologici secondo quattro fattori
determinanti la loro nascita e per ognuno dei quali vedremo due esempi:
1. Localizzazione di grandi imprese (Silicon Valley e Torino)9
2. Presenza di università ed investimenti pubblici e privati nella ricerca (Cambridge e
Pisa)10
3. Disponibilità di manodopera qualificata (Bangalore e Catania)11
8 Fonte: studio Michela Lazzeroni, 2004 – in Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei
sistemi Territoriali”, prof.ssa Paola Savi, Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008
(lucidi disponibili sulla pagina personale del docente previa richiesta di password da richiedere
scrivendo a [email protected]).
9 I fattori determinanti la nascita della Silicon Valley sono stati: Università e centri di ricerca di
eccellenza, talenti di provenienza internazionale, organizzazione del lavoro basata sul decentramento e
scambi di conoscenze. Per Torino: atmosfera industriale radicata, Università e centri di ricerca pubblici
e privati specializzati in campo tecnologico, coesione tra pubblico e privato. A Torino una grande
impresa meccanica ha creato tutto il sistema di conoscenze e competenze che sono oggi confluite in
quello che è definito distretto tecnologico. A questa grande impresa si è accompagnata la
localizzazione di centri di ricerca come il Laboratorio Telecom, il Politecnico di Torino, e una certa
coesione tra pubblico e privato nella progettazione. Torino è specializzata nel campo delle
telecomunicazioni.
10 I fattori determinanti la nascita del polo tecnologico di Cambridge sono stati: disponibilità di
manodopera qualificata formata dalle università; imprenditorialità diffusa : quindi ci sono spin-off
della ricerca, ricerca finanziata dall’Università stessa nel caso di Cambridge che paga i diritti di
proprietà intellettuale; rapporti consolidati tra centri di ricerca ed imprese, con la nascita di un parco
scientifico. Per Pisa: disponibilità di manodopera qualificata, filoni di ricerca e traiettorie tecnologiche
innovative e di nicchia(come ad esempio, biotecnologia e farmaceutica), presenza di imprese high-tech
e spin-off della ricerca(Spin-off della ricerca = generazione di altre ricerche).
11 Bangalore e Catania sono due casi che possiamo definire “anomali”: Bangalore è “anomalo” perché
è in un paese in via di sviluppo; Catania è “anomala” nel contesto italiano perché localizzata non
all’interno delle aree forti dal punto di vista economico, ma in un contesto di debole
industrializzazione. I fattori determinanti la nascita di Bangalore sono: collegamenti internazionali,
soprattutto con regioni avanzate, specializzazione in attività del settore high-tech, politiche di
supporto alla localizzazione di multinazionali dell’high-tech. Per Catania: presenza di una grande
65
CAPITOLO 4
4. Politiche di intervento (Dublino e Trieste)12
Altri punti di forza dei distretti tecnologici sono: divisione del lavoro e scambi di
conoscenze.
Non ho ancora citato il fattore militare: tra le due guerre mondiali, prima della
nascita della Silicon Valley, c’erano centri di ricerca militare che a loro volta
hanno attratto capitali provenienti dal settore della difesa e attratto quelle che
allora erano le prime imprese specializzate nei settori high-tech, per quanto si
potesse parlare di high-tech allora. Ciò è stato importante perché negli anni ’50
e ’60 le innovazioni create dal distretto che si stava creando hanno avuto
utilizzo nel settore militare. Il primo committente è stato la Difesa e
successivamente si è passati al civile.
Altro elemento importante è il ruolo del capitale di rischio: al di là delle prime
invenzioni, il distretto in crescita è potuto aumentare grazie la presenza di
imprese di venture capital. Importante perché per queste innovazioni e crescita
sono richiesti ingenti capitali con il rischio di non remunerazione degli stessi. Il
capitale di rischio era stato fornito da società esterne che lì si sono poi stabilite,
più società nate internamente alla Silicon Valley e di ex imprenditori che
avevano fatto fortuna nella prima fase. Da noi, uno dei problemi principali è
proprio quello di trovare il finanziamento.
multinazionale, Università e centri di ricerca specializzata, localizzazione di altri laboratori di ricerca e
sviluppo di grandi imprese.
12 L’Irlanda ha fatto un uso intelligente dei fondi strutturali europei per creare condizioni che hanno
migliorato il contesto ambientale e quindi creato condizioni favorevoli per attrarre gli investimenti
stranieri. Trieste come distretto specializzato è nato dalla creazione del parco scientifico e tecnologico;
parco che è il primo in Italia ed uno dei meglio riusciti nella collaborazione tra pubblico e privato. I
fattori chiave di Dublino si possono riassumere in disponibilità di capitale umano, apertura
internazionale e rapporti con regioni avanzate, specializzazione nel settore ICT, con scelta di alcune
nicchie; quelli di Trieste in: presenza di Università e centri di ricerca rilevanti e specializzati soprattutto
nella fisica, posizione geografica che ha auto-vocazione all’apertura internazionale e allo sviluppo del
terziario, supporto agli attori locali nella costituzione del parco scientifico.
66
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
4.2.6 Approfondimenti: un esempio di cluster high-tech, Bangalore
Il cluster di Bangalore è specializzato nella produzione ed esportazione di software. Notevole
dimensione del cluster: 664 società di cui 66 nella lista delle prime 500 Global Fortune. Gli addetti
sono 350.000. Le imprese del parco scientifico erano 13 nel 1991 e nel 2006 sono diventate 1721. La
formazione del cluster è avvenuta tra il 194713 e 1980 grazie la localizzazione di grande imprese
pubbliche del settore aerospaziale e telecomunicazione, la sedimentazione di competenze e nascita di
nuove attività a monte e a valle, potenziamento dell’istruzione scientifica.14 Il decollo è avvenuto negli
anni ’80 con la rilocalizzazione di imprese dell’high-tech da Bombay e la localizzazione di grandi
multinazionali; segue una fase di forte sviluppo per tutti gli anni ’90.
Precondizioni allo sviluppo industriale dell’high-tech a Bangalore:
Concentrazione del patrimonio linguistico, normativo, educativo, cultura britannica : Bangalore già era
stato scelto come centro, headquarter dai Britannici, quindi era diffuso l’inglese e cultura
occidentale che ha avuto ruolo chiave nello sviluppo industriale successivo,
Politica di sostegno delle discipline scientifiche ed ingegneristiche intrapresa agli inizi del ventesimo secolo dal
governo locale e proseguita dopo l’indipendenza : il primo politecnico è nato qui per idea congiunta
della famiglia Tata e governo locale,
Posizione geografica favorevole dal punto di vista strategico : subito dopo dell’indipendenza, dal 1947
fino anni ’70, si sono localizzate grandi imprese pubbliche indiane in settori come quello
aerospaziale e delle telecomunicazioni. Posizione geografica strategica perché lontana da
confini interni pericolosi col Pakistan e anche dal mare. Questa localizzazione ha dato vita a
sedimentazione di competenze e nascita di nuove attività a monte e a valle del processo
produttivo di questi due settori.
Contemporaneamente il potenziamento di istruzione scientifica è stato portato avanti proprio per
sviluppare queste competenze. Tra il 1947 e 1980, periodo in cui l’India era ancora chiusa agli
investimenti degli stranieri, si pongono le premesse per lo sviluppo successivo.
Negli anni ’80 poi avvengono altri due fatti importanti per il decollo del cluster:
Rilocalizzazione di imprese high-tech da Bombay : Bombay era altro importante polo ma soffriva di
diseconomie di agglomerazione: prezzi terreni molto elevati, non più spazi per le imprese,
congestione infrastrutturale, limiti imposti dalle autorità locali.
Localizzazione di grandi multinazionali.
Nei primi anni ’80 in India vengono applicate le prime politiche di liberalizzazione e alcune grandi
multinazionali dell’elettronica, soprattutto del software, intuiscono le potenzialità dell’area e
delocalizzano ed aprono filiali. Per prima è partita la Texas Instruments che è poi stata seguita da
13
1947: anno in cui l’India diventa indipendente dalla Gran Bretagna.
L’India ha investito più sull’istruzione specifica e scientifica piuttosto che generalizzata; significa che
si è investito per ottenere un capitale umano con un’istruzione tecnica e scientifica elevata anche se a
discapito di un generale aumento del tasso di alfabetizzazione medio.
14
67
CAPITOLO 4
molte altre.
Tutto ciò fa sì che negli anni ’90 ci sia il vero e proprio sviluppo del cluster di Bangalore. Vera e
propria ondata straniera tra il 1992 e 1996 con le principali multinazionali dell’elettronica americana
che li stabiliscono i loro principali centri di sviluppo off-shore. Ciò è stato il detonatore per lo
sviluppo delle società indiane nel software, società già presenti o nuove. Ad esempio, la Texas
Instruments ha creato un sistema satellitare per collegarsi a Dallas ed il sistema era così potente che
poteva essere usato anche da altre imprese, indiane comprese, che potevano accedere al sistema di
comunicazione satellitare a prezzi ragionevoli.
In sintesi i fattori che spiegano la formazione e sviluppo del cluster, fattori che hanno avuto un
effetto sinergico, sono stati:
Presenza multinazionali : teoria della multinazionalizzazione ovvero quando le multinazionali si
instaurano in un luogo mettono in moto un processo di specializzazione e nascita di alte
imprese che gli gravitano attorno,
Istituzioni statali : che hanno portato avanti politiche di istruzione specializzata per lo sviluppo
dell’industria del software,
Fattore lavoro : la forza lavoro è ben preparata e costa meno che in occidente; si è avuto il
fenomeno del “ritorno di cervelli”: ancora prima che l’India acquisisse questa specializzazione
nell’high-tech, molti ingegneri erano emigrati in Giappone e USA causa i salari molto bassi in
patria; in un secondo momento parte di questa forza lavoro è rientrata portando con se le
competenze acquisite, creando imprese autonome al seguito delle multinazionali.
Interventi del governo locale dello Stato di Karnataka (dove c’è Bangalore):
1) Keonics: struttura che è intervenuta con proprie imprese partecipate col governo locale,
stimolando la partecipazione a progetti congiunti tra imprese indiane e straniere; si occupa anche di
istruzione, addestramento e marketing nel senso di far conoscere il cluster di Bangalore al di fuori dei
confini nazionali. Keonics ha creato Electronic City, cioè un parco elettronico per lo sviluppo
dell’industria elettronica. Il parco tecnologico soft-ware offre servizi di:
o
Single window: sportello cui le imprese possono fare riferimento per tutte le loro pratiche; si ha
quindi una semplificazione burocratica che se no tenderebbe a scoraggiare le imprese,
o
Miglioramento delle infrastrutture di telecomunicazione del cluster,
o
Agevolazioni fiscali alle imprese ed esenzioni di vario genere,
o
È incubatore per le start-up, cioè di realtà imprenditoriali che sono alla loro fase di inizio,
o
Promozione internazionale, partecipando ad esempio a fiere,
o
Promozione della collaborazione e legame tra imprese a livello internazionale (NB: legami
che non ci sono in un semplice distretto).
2) Altra emanazione è il Dipartimento dell’Information Tecnology per il software per fornire incentivi e
concessioni alle imprese del settore e avrebbe anche il compito di provvedere all’infrastrutturazione
dell’area a livello materiale, ma di fatto è un punto questo controverso poiché si ritiene che il lavoro
svolto da questo dipartimento non sia sufficiente.
68
DAL DISTRETTO AL CLUSTER E LA LOCALIZZAZIONE DI IMPRESE AD ALTA
TECNOLOGIA
4.3 Bibliografia e sitografia
Appunti e lucidi delle lezioni del corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, prof.ssa Paola
Savi, Università degli Studi di Verona, anno accademico 2007/2008 (lucidi disponibili
sulla pagina personale del docente previa richiesta di password da richiedere
scrivendo a [email protected]).
http://www.12manage.com/methods_porter_diamond_model_it.htlm
PORTER M., “Il vantaggio competitivo delle nazioni”, Mondatori, Milano, 1990.
Cantwell J. (ed), “Globalization and the Location of Firms”, E. Elgar, Cheltenham, 2005.
Fujita M., Krugman P., Venables A., “Spatial Economy”, Mit Press, Cambridge, 1999
(cap. 16-18).
Karlsson C., Johansson B., Stough R.R., “Industrial Clusters and Inter-Firm Networks”,
E. Elgar, Cheltenham, 2005.
Lazzeroni M., “Geografia della conoscenza e dell’innovazione tecnologica”, Angeli, Milano,
2004.
Raines P., “Cluster Development and Policy”, Ashgate, Chippenham, 2002.
69
Capitolo 5
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A
VERONA
5.1 Cenni storici
5.1.1 Storia dell’uso della pietra nel territorio della Valpolicella, Lessinia e
Valpantena1
Percorrendo le strade della città e della provincia di Verona, non può
sfuggire l’importanza che le popolazioni antiche ed i cittadini moderni hanno
dato e danno al marmo,2 alle pietre che si trovano nella nostra provincia e
1
GUSTAVO DE POLI, “Marmi Veronesi” , Edizioni di Vita Veronese, 1967, pagg. 5-11.
Marmo: si assegna il nome di marmo in senso stretto, in Petrografia, alle rocce calcaree ed alle
dolomie che, in seguito ad un lungo processo di trasformazione, hanno acquistato una struttura
cristallina, spesso anche visibile ad occhio nudo, in particolare nelle zone di frattura, come nel tipico
aspetto saccaroide (aspetto dello zucchero, vedi marmi di Carrara). Quanto appena descritto è l’uso
geologico del termine marmo che viene attribuito ai calcari cristallini metamorfosati. (Fonte: A.
HARKER, “Metamorphism”, Chapman and Hall, London 1974 ).
Accanto all’accezione geologica del vocabolario marmo, a cui fino ad ora si è fatto riferimento, se ne
rammentano altre due, fatte proprie dai linguaggi mercantili e della tecnica pratica. La prima pone
l’accento sulla etimologia della parola (dal latino “marmor” che a sua volta deriva dal greco
“marmareos”) secondo cui è marmo qualsiasi roccia risplendente, cioè lucidabile (questa definizione
comprende quindi anche le rocce silicee effusive: granito, sienite, porfidi, serpentine ecc. ed inoltre
tutti i tipi di rocce calcaree suscettibili di lucidatura compresi i marmi in senso geologico). La seconda,
parimenti, dà rilievo al carattere della lucidabilità ma fa ulteriormente riferimento alla costituzione
chimica della roccia e limita il termine marmo alle sole rocce calcaree lucidabili; essa comprende cioè
nella dizione non solo il marmo in senso geologico ma anche i calcarei di origine chimica come gli
alabastri, i travertini (attualmente accorpati nella categoria dei marmi sebbene abbiano un diverso
processo di sedimentazione) e i tufi calcarei. (Fonte: V. VILLAVECCHIA, G. EIGENMANN,
“Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata”, Vol. V, Hoepli, Milano 1975).
2
CAPITOLO 5
quale influenza hanno esercitato sulle opere, sui monumenti, sull’architettura e
l’arte delle abitazioni nella regione.
I popoli antichi, che per primi si insidiarono sui nostri monti, ci hanno
lasciato testimonianze importantissime dell’uso di alcune pietre locali; la
giacitura di queste in strati lastriformi e facilmente separabili orizzontalmente,
in particolare la Pietra di Prun,3 ne hanno consentito l’uso allo strato greggio ed
ispirato un tipo di architettura interessante e senz’altro singolare, che solo dalla
metà degli anni ’60 è stata quasi del tutto abbandonata dai costruttori locali per
esigenze di rapida costruzione, di maggior semplicità di sostegni, maggior
facilità di trasporto di materiali complementari, costo minore e nuove
tecnologie e metodi di costruzione.
Nella zona occidentale dei Monti Lessini sono stati messi alla luce, durante
gli anni ’50 e ’60, i cosiddetti Castellieri (il meglio conservato è il “Castel
Sottosengia” presso Breonio). Sono interessanti costruzioni, opera degli
antichi popoli, che erano distribuiti sui nostri monti circa un millennio prima
di Cristo, all’epoca in cui l’uomo iniziava ad usare i metalli, come il bronzo e
poi il ferro, per tutti gli usi di caccia, di guerra e per la costruzione di utensili
domestici e per il lavoro.
Tali costruzioni rivelano una tecnica progredita ed un buon uso della pietra
come materiale da costruzione. Venivano eretti su alture, in posizione
dominante, a scopo prevalentemente difensivo e facevano parte di un sistema
che si prolungava con numerose costruzioni, in vista l’una dell’altra, a
salvaguardia di intere regioni.
Vari Castellieri si trovano anche in altre zone dell’Italia Settentrionale, nel
Friuli e nell’Istria, ma soprattutto sui Lessini hanno carattere particolare dato
l’uso della pietra locale. Come altrove, infatti, troviamo potenti mura a secco di
3 La Pietra di Prun è la tipica Pietra della Lessinia dal colore roseo più o meno intenso oppure bianca (in
tal caso chiamata anche Biancone); viene anche utilizzata allo stato greggio, quindi senza essere lucidata,
specialmente all’esterno per pavimentazioni, corti, tetti ecc. e nel passato per la costruzione di case e
rifugi per animali da pascolo o depositi di attrezzi e utensili. La Pietra della Lessinia rosata con
venature bianche definite e lineeformi prende il nome di Rosa Corallo.
72
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
cinta che circondano un abitato, il tutto costruito in pietra, ed inoltre, fatto
caratteristico locale, pavimenti lastricati, pareti rivestite da grandi lastre e anche
il tetto costruito da lastre dello stesso calcare. (Lastre di Pietra di Prun)
Tale tecnica di costruire pavimenti, pareti e tetti, fu certamente ispirata dalla
presenza della pietra locale che si trova in strati di spessore anche molto
ridotto4 e si ripete solo nei villaggi preistorici venuti alla luce nelle stesse zone
(Monte Loffa).
I resti delle numerose costruzioni ritrovate mostrano pareti di lastre
verticali che dovevano servire anche di sostegno al tetto, sempre costituito con
gli stessi lastroni.
Questa tecnica è ancora oggi praticata per creare semplici costruzioni o
ricoveri atti al bestiame di passaggio o a deposito di fieno e di attrezzi o per
costruire le tipiche ghiacciaie dei monti Lessini.5
Percorrendo oggi queste zone non è possibile rimanere indifferenti
dinnanzi all’esteso uso della pietra in tutte le costruzioni: dalle strade (come
lastricati o muri di protezione) alle recinzioni e divisioni di proprietà, alle
particolari architetture suggerite dalla pietra (vaste corti lastricate circondate da
abitazioni o da rustici, caratterizzate da ampi volti, soglie, scale, pilastri,
poggioli, cornici, tutto in pietra greggia) e poi torri, archi, cisterne, ghiacciaie,
fienili, muri di cinta e di sostegno, ove la pietra è l’unico elemento
architettonico e decorativo.
Solo sui Lessini esiste una tale architettura e solo in queste zone il legno,
sostanza prevalente nelle costruzioni di montagna, è stato utilizzato a scopi
limitati di sostegno.6
4 La Pietra della Lessinia si trova già in natura disposta a strati che possono essere estratti, fin da subito,
in spessori sottili senza ulteriori fasi di taglio. Viene quindi estratta dalla montagna col metodo “a
spacco” come per l’ardesia ligure o brasiliana, oltre che con la consueta estrazione in blocchi.
5 Le ghiacciaie venivano e vengono costruite in Pietra di Prun in zone scelte delle montagne in cui la
minor esposizione al sole e ventilazione del fronte della montagna permettono lo stoccaggio di
alimenti e scorte.
6 TURRI E., PAVAN V., BALISTRERI C., “L’architettura di pietra in Lessinia”, Numero Uno Design
Book Editore, Verona, 2003.
73
CAPITOLO 5
Quando i Romani conquistarono queste terre, utilizzarono largamente ogni
tipo di roccia locale, dal tufo7 calcareo delle vicine colline (tufo di Avesa), ai
marmi pregiati della Valpolicella, ai basalti.8 Ne fanno testimonianza i
monumenti romani di Verona come il Ponte Pietra, l’Arena, il Teatro Romano,
i lastricati delle strade romane non solo della nostra città, ma anche fuori,
come testimoniano numerosi resti trovati in molte zone venete (Este….).
Tutte queste opere sono costruite con pietre e marmi massicci, poiché i
Romani disdegnavano l’uso della pietra come semplice rivestimento, sia per la
robustezza della costruzione, sia per il prestigio.
Nel restante periodo della storia fino ad oggi, vi è stato un crescente uso
delle pietre e dei marmi, specialmente quando i progressi dell’architettura e
dell’arte hanno fatto maggiormente apprezzare le varie tonalità di colore e le
diverse resistenze del marmo ai vari impieghi. Si può quindi trovare, in ogni
monumento, chiesa o palazzo antico, qualche parte costruita con almeno una
varietà di marmo di Verona. Sono testimonianza di questo vasto uso nel
passato, il portale con colonne, i pavimenti di S. Zeno, del Duomo, parti di
altare, sarcofaghi, stipiti di quasi tutte le chiese di Verona, le Arche Scaligere, le
colonne in Piazza Erbe, monumenti come quello di Dante, Aleardi,
Sanmicheli. L’uso esteso della pietra lastriforme, o lastami, o scaglia, è
testimoniato da numerosi rivestimenti di molte case e da quasi tutti i
marciapiedi della città.
Uscendo da Verona dovremo ricordare l’uso esteso alle altre regioni italiane,
all’Europa, all’America, Russia e Finlandia9, evidenziando alcuni monumenti
d’arte, palazzi, a Milano (anche la Galleria Vittorio Emanuele), Bologna,
7
Tufo: roccia vulcanica generata dalla solidificazione di materiale cineritico (ceneri) emesso durante
un’attività vulcanica. Ha un’elevata porosità ed è largamente usato come materiale da costruzione.
(Fonte: Pietro Primavori, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona, 1’
edizione, 2004, pag.116).
8 Basalto: roccia magmatica effusiva di colore scuro e di tessitura da olocristallina fino a completamente
vetrosa. (Fonte: Pietro Primavori, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona,
1’ edizione, 2004, pag.26).
9 Per la pavimentazione della Banca Nordea nella città di Tampere, in via Hamenkatu è stato usato
marmo Rosso Verona di seconda e terza categoria e Nembro Rosato. (Fonte: visita personale sul luogo).
74
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Roma, Vienna, Berlino, San Pietroburgo10 ecc. che dimostrano il pregio e la
considerazione che insigni architetti prestano e prestavano, anche nel passato,
a questi materiali.
Anche la scultura popolare sviluppatasi dal XVI secolo sui Lessini si può
considerare ispirata dalla presenza sul luogo di pietre, marmi e soprattutto di
tufo facilmente lavorabile con semplici arnesi11.
Tale arte ebbe inizio con rilievi in tufo; artisti locali trovarono la capacità di
esternare la pietà e devozione cristiana propria e delle popolazioni verso alcuni
Santi, in particolare San Rocco, patrono degli appestati e la Beata Vergine col
Bambino, lavorando tavolette in tufo che furono poste lungo le strade, su
colonnine a capitello o infisse sui muri delle case e nelle chiese, che stavano
sorgendo nella regione. Quest’arte di rilievo si diffuse nei secoli seguenti,
arricchendo i paesi della regione anche di statue, stele, obelischi, croci lavorate.
Il Museo di Castelvecchio12 in Verona ed il Museo Civico di Vicenza13
ospitano alcuni di questi manufatti artistici, ma numerosi se ne possono
trovare percorrendo le strade e passando per i paesi di montagna, soprattutto
al confine con la provincia di Vicenza. Meritano di essere ricordati a questo
scopo i paesi di Capofontana, San Bortolo, Bolca, Badia Calavena, Colognola
ai Colli, Velo, Camposilvano, Azzago, Boscochiesanuova, Erbezzo, Fosse e
Breonio.
Attualmente l’uso delle pietre e dei marmi si va sempre più estendendo e le
richieste aumentano sia nel mercato locale e nazionale sia in quello estero.14
10
In un centro commerciale a San Pietroburgo, nella via centrale Nevskij Prospect è stato utilizzato
Rosso Verona, di squisita tonalità aranciata, per la pavimentazione e le colonne, tutto di primissima
qualità. Del Rosso Verona è anche presente nella pavimentazione e nei mosaici della Cathedral of the
Resurrection (più comunemente conosciuta come Our Saviour on the Split Blood) costruita nei pressi
del Griboyedov Canal nel centro di San Pietroburgo. (Fonte: visita personale sul luogo).
11 BRUGNOLI P., “Marmi e Lapicidi di S. Ambrogio di Valpolicella”, Sant’ Ambrogio (VR), 1999.
12 http://www.comune.verona.it/Castelvecchio/cvsito/index.htm
13 http://www.museicivicivicenza.it/
14 Il distretto del marmo di Verona si è concentrato, come verrà dettagliatamente analizzato nelle parti
successive, sulla produzione ed esportazione di lavorati finiti di marmo e soprattutto di granito. Il
distretto veneto ha da anni una performance migliore e superiore alla media nazionale e, se si tiene
conto che il distretto di Verona e quello di Carrara coprono assieme in media il 55% dell’export
nazionale, è evidente che l’andamento nazionale è stato determinato da queste due aree maggiori. Nel
2004, Verona e Vicenza hanno coperto quasi il 40,25% dell’export nazionale in valore ed hanno
75
CAPITOLO 5
Alcuni marmi si sono diffusi per doti di resistenza, altri di colore, altri per la
facile lavorazione o l’ottima presentazione o la difficile alterabilità, o il costo
conveniente, ed ogni costruttore tende a sostituirli ai vari altri materiali per
queste qualità che sono apprezzate sempre di più. Ε’ poi in corso in questi
ultimi vent’anni un approfondito studio sull’utilizzo del marmo anche nella
prefabbricazione; il problema dell’uso di questo materiale naturale è stato già
affrontato, risolto ed in fase di realizzazione e cosa più importante in fase di
ulteriori studi e ricerche per migliorarne l’impiego.
L’inserimento del marmo nei prefabbricati pesanti e leggeri, porta
indubbiamente notevoli vantaggi estetici, anche per il gioco delle varie tonalità
di colore e soprattutto per i vantaggi di conservazione e di non deperibilità;
doti queste non presenti in tutti i materiali oggi usati, soprattutto in quelli
seppur di ottima qualità, creati dall’uomo, che ben presto invecchiano, facendo
apparire le costruzioni menomate e cadenti.
Certamente alla diffusione del marmo in questo genere di fabbricati vi sono
alcuni ostacoli, come l’alto costo rispetto altri materiali, i sistemi di
applicazione all’esterno, il notevole peso delle lastre fino ad ora usate,15 la
necessità della presenza di personale specializzato per la posa in opera delle
beneficiato del miglioramento delle importazioni europee più del distretto toscano che ha risentito in
misura maggiore delle oscillazioni negative del dollaro (area di riferimento storica per il suo export),
che lo rendono meno competitivo riducendone i margini operativi. (Fonte: Azmarmi, n. 202, febbraio
2005 pagg. 62-63). Il cambio euro/dollaro del 2007/2008, sfavorevole per le esportazioni italiane, ha
inciso negativamente anche sul Distretto di Verona e non solo su quello toscano. Al 2008, Verona e
Vicenza hanno coperto il 33,09% (di cui a Verona il 29,82% e a Vicenza il 3,27%) dell’export di pietre
in valore e Carrara il 17,84%. Rimando per la lettura di tali percentuali dal 1991 al 2008 al paragrafo
5.5 .
15 Problema in parte risolto tramite il processo di “resinatura” delle lastre, che è un trattamento di
superficie, ma anche di volume, avente come scopo il rinforzo, la risanatura e la ricostruzione dei
materiali fragili e/o compromessi, nonché una loro miglioria estetica. Consiste nell’applicazione,
manuale o automatizzata, di resine particolari entro il volume o sulla superficie dei blocchi, prima della
segagione, o sulla superficie di lastre o filagne durante la levigatura-lucidatura che vengono poi
riscaldate in appositi forni, a più piani, ad aria calda o raggi ultravioletti. La lastra diventa quindi più
resistente ed è possibile ridurre gli spessori delle stesse e quindi il loro peso. In ambito nautico,
spessori di 0,5 cm vengono incollati su strutture resinoidi reticolari di tipo “a celle a nido d’ape” molto
leggere e resistenti, per poi essere posate come se fossero un corpo unico (Fonte: propria esperienza
presso la ditta Margraf s.p.a. www.margraf.it) Anche colatura. Fonte: (PIERO PRIMAVORI, “Il
Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona, 1’ edizione, 2004, pag.95).
76
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
stesse, di marmette16 e filagne17 di marmo e granito a causa del necessario uso
di colle ad essiccazione più rapida rispetto quelle tradizionalmente usate per la
posa di ceramiche.
5.1.2 Introduzione storica del distretto del marmo della ValpolicellaValpantena-Lessinia e gli altri distretti del marmo in Italia: Carrara, Trani,
Comiso
Il settore del marmo è articolato a livello nazionale in un insieme di distretti
industriali, ciascuno dei quali vanta tradizioni estrattive e produttive ormai
consolidate.
La lavorazione del marmo ha il suo epicentro storico a Carrara, dove non
solo è notevole l’attività estrattiva, ma è anche praticata la lavorazione del
marmo e del granito, raggiungendo in questo settore un alto livello tecnico,
tecnologico e di capacità innovativa.18
Un altro distretto con una consolidata specializzazione nella lavorazione
del marmo (soprattutto della varietà nominata “ Pietra di Trani”) si trova in
Puglia, nei pressi della città di Trani in provincia di Bari. Le imprese del settore
(circa 100 tra industriali ed artigiane, con 1800 addetti19), sono oggi impegnate
16 Marmetta : prodotto finito con misure standardizzate, spessore inferiore ai 12 mm e formato
normalmente prefissato (cm 30X30, cm 60X60 ecc.). Richiede una posa a malta tradizionale o a
collanti e viene confezionata indipendentemente da quello che sarà il luogo di installazione, già pronta
per la posa in opera. (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi
Editore, Verona, 1’ edizione, 2004, pag. 71).
17 Filagna : semilavorato nastriforme (a volte usato anche come prodotto finito) avente spessore molto
minore delle altre due dimensioni, caratterizzato da una lunghezza molto maggiore della larghezza, e
da quest’ultima minore o uguale a 61 cm. E’ normalmente ottenuta da blocchi sottomisura e informi
mediante un ciclo di lavoro per prodotti seriali. Detta anche striscia, lista. Qualora la larghezza sia tra i 5
ed i 10 cm si ottiene lo “zoccolino”, da fissare in verticale nell’angolo tra il pavimento ed il muro.
(Fonte: PRIMAVORI P.,opera citata nota 7, pag.48).
18 Per una approfondita immagine su quello che è il bacino di escavazione di Carrara si veda l’articolo
“Le cave di Carrara”, di Aldo Innocenti, 24-06-2006, sul sito www.alpiapuane.com al link
http://www.alpiapuane.com/php/index.php?option=com_content&task=view&id=146&Itemid=26
19 Censimento Istat 2001.
77
CAPITOLO 5
in importanti processi di ristrutturazione organizzativa e tecnologica che
permettano un recupero di competitività.20
In Sicilia, nell’area del Comiso, in provincia di Ragusa, la tradizionale
lavorazione del marmo locale (la “Pietra del Comiso”) ha favorito il sorgere di un
piccolo distretto industriale, composto oggi di circa 150 unità produttive di
piccola dimensioni con 500 addetti, particolarmente specializzate nel taglio di
lastre di marmo per pavimenti e rivestimenti.21
20 La pietra detta appunto Pietra di Trani ha costituito nei tempi più antichi una ricchezza per la città di
Trani. Famosa nel mondo, ha una realtà produttiva dinamica, di tipo artigianale-industriale, con
un’imprenditoria capace di stare sul mercato con una gamma di prodotti molto vasta e innovatrice. Il
bacino di sfruttamento della pietra di Trani ha un’area piuttosto vasta. Essa viene utilizzata per i
rivestimenti interni e, in alcuni casi, anche per i rivestimenti esterni laddove il clima è favorevole.
Opere di rilevante pregio artistico sono state costruite ed ornate con la pietra di Trani, tipico esempio
ne sono le cattedrali di Trani, Barletta, Bari, Bitonto, le chiesette minori ed i Castelli (Castel del Monte)
e parte degli edifici più importanti di queste località. I marmi tranesi furono impiegati anche per
costruire i moli, le banchine, i bacini e le altre costruzioni del porto di Malta, di Alessandria d’Egitto e
di Porto Said. Anche in diversi porti italiani è stata adoperata questa pietra, come nella trasformazione
dei porti di Taranto, Brindisi e Bari. Nell’ultimo trentennio la pietra di Trani ha cominciato ad imporsi
sul mercato nazionale e soprattutto centro-meridionale. A Bari la pietra di Trani riveste il palazzo
dell’Acquedotto pugliese, il palazzo della Provincia, la caserma dei Carabinieri e gran parte dei recenti
edifici di civile abitazione; a Napoli il palazzo delle Poste, la Stazione Marittima ed il salone della Corte
di Appello. La pietra di Trani, un conglomerato calcareo, appartiene alla categoria delle rocce calcaree
di origine detritica e biochimica. Trani rappresenta il maggiore giacimento di questo materiale
dell'intera regione Puglia. Il materiale prodotto è caratterizzato da una notevole compattezza e
resistenza. Si presenta con una tonalità di fondo color bianco avorio, con striature e venature gialle e
rosse. Anche se è lontano il periodo d'oro di questo settore industriale, quando la materia prima
abbondava, l’industria del marmo rappresenta sicuramente una voce in attivo nell’economia tranese.
Percorrendo la strada che porta alla città di Barletta è possibile osservare come effettivamente la pietra
di Trani svolga un ruolo importante nel sistema economico, grazie ai tanti opifici che lavorano questa
qualità di marmo. Altra caratteristica che deriva dalle attività estrattive è la grande presenza di cave
dismesse, delle vere e proprie “ferite” sul territorio rurale che circonda la cittadina pugliese. (Fonte:
“La Pietra di Trani: caratteristiche di questa preziosa risorsa” in CMT Marmi – Il Marmo di Trani
http://www.cmtmarmi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=48&Itemid=63).
21 Il comprensorio della Valle dell’Ippari, come vedremo nell’analisi che segue, ospita il terzo polo
italiano per la produzione e lavorazione dei materiali lapidei di pregio. I mercati internazionali recitano
un ruolo fondamentale non soltanto in qualità di prosperosi mercati di sbocco, ma anche nella veste di
fonte di materia prima, soprattutto per quanto riguarda i marmi e i graniti, i materiali più utilizzati dalle
aziende locali. In provincia di Ragusa si riscontrano ben 36 aziende specialiste nel taglio, nella
modellatura e finiture di pietre e marmo, frantumazione di pietre e minerali; 53 operano nella
segagione e lavorazione non artistica delle pietre e del marmo; 21 nella lavorazione artistica delle pietre
e del marmo e dei lavori in mosaico; 7 si occupano della frantumazione di pietre e minerali effettuate
non in commercio con l’estrazione. Il fatturato complessivo del comparto supera, secondo stime da
dati della Camera di Commercio, i trenta milioni di euro nel solo bacino Comiso – Vittoria –
Chiaramonte Gulfi. Nell’ambito della piccola e media impresa artigianale, la realtà della Valle
dell’Ippari costituisce un altro punto di eccellenza che gode di un certo prestigio anche all’estero. Basti
pensare a tutto il settore della lavorazione del marmo e della “pietra di Comiso”, un calcare di colore
avorio ottimamente lucidabile e lavorabile, che conta circa 150 aziende, le quali danno lavoro a oltre
500 addetti. Queste aziende sono passate da un‘attività prevalentemente estrattiva alla costituzione di
un vero e proprio polo piccolo-industriale di lavorazione e trasformazione dei materiali lapidei di
pregio. La realtà di Comiso è la più importante fornitrice del semilavorato dal Lazio in giù, con
78
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Per quanto concerne il comprensorio veronese, la zona marmifera della
Valpolicella e della Valpantena formano un unico bacino di escavazione da cui
provenivano numerose qualità di marmo.22 Queste zone sono da sempre
interessate all’escavazione del marmo: è almeno ad iniziare dall’età del bronzo,
che in quest’area si estrae e si lavora il materiale lapideo23 anche per realizzare
villaggi fortificati, come Sottosengia (Fumane) e Monte Loffa (Sant’Anna
d’Alfaedo) per poi continuare in epoca romana con imponenti costruzioni
quali l’Arena di Verona.
A partire dal medioevo si diffuse in Italia il sistema delle concessioni di
estrazione ai privati che contribuì a consolidare la ricca e diversificata
tradizione tecnico-professionale dei lavoratori ed artisti del marmo; così
l’industria del marmo è stata in costante ed inarrestabile evoluzione, fino a
raggiungere, nei nostri giorni, livelli tecnologici e specialistici apprezzati in
ambito internazionale.
Già all’inizio dell’ottocento l’attività estrattiva era diffusa in tutto il
comprensorio veronese, ma la mancanza di una tecnologia adeguata non
permetteva ancora lo sviluppo di un’industria di lavorazione dei prodotti
proiezioni estere verso i paesi europei e il Nord America, mentre forte è l’importazione dei blocchi
grezzi di marmi e graniti provenienti per il 60% da Spagna, Brasile, e Sudafrica. Secondo gli esperti il
prodotto siciliano costituisce uno degli aspetti migliori del patrimonio lapideo italiano. Le realtà
operanti nelle aree citate, ma l’affermazione mantiene la sua validità se estesa all’intero territorio
regionale, evidenziano tra i problemi del settore l’esigua remuneratività della vendita del prodotto, e la
carenza di adeguate infrastrutture al servizio delle aziende operanti nel settore ed in particolare di
discariche per il conferimento ed il trattamento dei fanghi residuati dall’attività lavorativa e di
frantumazione e dei materiali di scarto provenienti dall’attività di estrazione. (Fonte: articolo in
http://www.marmidellippari.it/territorio.asp).
22 La classificazione dei marmi è fatta, normalmente, in base al colore, alla struttura ed alla loro natura
chimica. Ad ogni tipo di marmo è dato un nome che spesso è di fantasia, altre volte invece ricorda la
caratteristica della roccia stessa. Molti sono nomi di marmi che vengono cavati anche in altre regioni
d’Italia o all’estero per cui spesso è necessario aggiungere il luogo di giacitura e di estrazione.
Suddividendoli per le varie ere geologiche in cui si sono formati si estraggono nella zona della Lessinia,
Valpolicella e Valpantena i seguenti marmi: Era secondaria (periodo giurassico): Grigio Oniciato San
Vitale, Giallo Reale, Giallo S.Zeno, Avana del Garda, Bronzetto, Gialletto, Roàn, Mandorlato, Verdello, Rosso
Broccato, Rosso Sanguigno, Rosso Chiaro, Giallo Verona, Nembro Rosato, Chiaro Selva, Rosa Veterana, Rosa
Corallo, Bianco Verona, Rosso Impero, Rosso Magnaboschi. Era secondaria (periodo cretaceo): Lastami o
calcari nastriformi o Pietra di Prun. Era terziaria (periodo eocene): Chiampo Perlato Rosa, Tufi, Brecce, Breccia
di Castelvero, Breccia di Peri, Macchia Vecchia Italiana, Rosa del Garda, Pernice del Monte Pastello. (Fonte:
GUSTAVO DE POLI, opera citata, pag. 36 - 46).
23 Lapideo: costituito di pietra naturale o realizzato con essa. (PIERO PRIMAVORI, opera citata, pag.
65).
79
CAPITOLO 5
lapidei. All’epoca gli addetti al settore erano circa 200 e poco più di 400 gli
operai che, soprattutto nella zona di S. Ambrogio, lavoravano in qualità di
scalpellini, scultori e tagliapietre. Il settore era comunque in rapida
espansione.24
Già durante il primo dopoguerra il settore marmifero nella Valpolicella
contava due associazioni di categoria: la cooperativa Giovanni Piatti, fondata
nel 1909 e l’Unione dei marmisti.25 Insieme, queste due associazioni di
categoria raggruppavano un gran numero di lavoratori, rappresentando per
tutti un punto di riferimento nel distretto.
L’estrazione del marmo con il tempo ha assunto sempre minor importanza a
causa della scarsità dei marmi “cavati” localmente. Ciò ha comportato una
notevole attività di importazione di marmo, soprattutto dalla Spagna,
Portogallo, Germania, Turchia e Iran.
Attualmente, la zona marmifera del veronese è al primo posto per la quantità
di materiali grezzi importati in Italia ed Europa, ed è quindi possibile
all’acquirente scegliere il materiale all’interno di un vastissimo campionario che
molti ritengono non avere eguali nel mondo. (tab. 1)
Tabella 1:
PIETRE GREZZE26
Movimenti valutari in euro delle ESPORTAZIONI ed IMPORTAZIONI
24
Anni
ESPORTAZIONI
IMPORTAZIONI
1991
15.627.937
43.046.400
1992
14.861.710
43.033.490
1993
16.640.992
58.853.386
1994
20.469.770
72.627.270
1995
29.295.899
97.861.135
1996
33.401.448
86.136.444
1997
21.849.558
118.303.306
1998
22.467.646
115.492.578
1999
22.369.427
108.266.012
2000
26.274.389
154.732.405
Il distretto del marmo a Verona ha raggiunto oggi notevoli dimensioni, sia riguardo al resto delle
attività esercitate nel territorio veronese (vedere paragrafo 5.4), sia in rapporto alla lavorazione del
marmo nelle altre città italiane (vedere paragrafo 5.5) ed estere.
25 Brugnoli P., “Dolcè e il suo territorio”, Centro di documentazione per la storia di Dolcè, 1999.
26 Per pietre grezze si considera sia il marmo e travertino che il granito.
80
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
2001
24.996.379
130.103.543
2002
28.264.666
131.692.409
2003
28.926.513
126.676.176
2004
28.902.615
136.224.336
2005
28.698.527
131.065.040
2006
26.631.829
155.192.502
2007
26.392.772
139.392.772
Fonte: propria elaborazione su dati Istat, classificazione ATECO CB 141
http://www.coeweb.istat.it
Grafico n.2:
Importazioni ed esportazioni di pietre grezze nel
comprensorio marmifero veronese
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
0
1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007
ESPORTAZIONI
IMPORTAZIONI
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.1
Com’è chiaramente visibile dalla tabella n.1, nel corso degl’anni, le
importazioni (le massime importazioni dal 1991 si sono registrate nel 2000 per
un valore di 154.732.405 euro e nel 2005 con un valore 155.192.502 euro) di
pietre grezze sono state notevolmente superiori alle esportazioni delle stesse
giacché il distretto ha da sempre importato blocchi grezzi ed esportato lavorati
finiti ad alto valore aggiunto.
Tab. n.2: importazioni di pietre grezze ed esportazioni di prodotti finiti in pietra
Anni
Esportazione lavorati finiti
1991
281.467.214
Importazione pietre
grezze
43.046.400
valore aggiunto
creato
238.420.814
1992
298.322.086
43.033.490
255.288.596
1993
405.381.113
58.853.386
346.527.727
1994
455.337.543
72.627.270
382.710.273
1995
534.815.554
97.861.135
436.954.419
1996
516.748.187
86.136.444
430.611.743
81
CAPITOLO 5
1997
575.234.182
118.303.306
456.930.876
1998
572.714.082
115.492.578
457.221.504
1999
553.325.036
108.266.012
445.059.024
2000
556.243.850
154.732.405
401.511.445
2001
528.943.818
130.103.543
398.840.275
2002
498.545.363
131.692.409
366.852.954
2003
480.669.333
126.676.176
353.993.157
2004
505.272.507
136.224.336
369.048.171
2005
497.644.261
131.065.040
366.579.221
2006
537.268.902
155.192.502
382.076.400
2007
528.503.019
139.392.772
389.110.247
Fonte: propria elaborazione su dati Istat, classificazione ATECO CB 141 per le pietre grezze ed
ATECO DI267 per le pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite - http://www.coeweb.istat.it
Grafico n.3:
Importazione di pietre grezze ed esportazione di prodotti
finiti in pietra
600.000.000
500.000.000
400.000.000
300.000.000
200.000.000
100.000.000
0
1991
1993
1995
1997
Esportazione lavorati finiti
1999
2001
2003
2005
2007
Importazione pietre grezze
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.2
Il valore aggiunto ricavato ha seguito in termine di valori in euro il trend
riportato dal grafico n.4:
Grafico n.4: Valore aggiunto ottenuto dall’importazione di blocchi e vendita di
prodotti finiti trasformati, valori in euro.
Valore aggiunto ottenuto dall'importazione di blocchi e vendita di
prodotti finiti
500.000.000
400.000.000
300.000.000
200.000.000
100.000.000
0
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.2
82
2005
2007
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Infatti, una volta acquistati e giunti in loco i blocchi di marmo e granito,27 si
svolgono tutte le fasi del processo produttivo, dalle più seriali ed
industrializzate alle artigianali ed anche alla scultura artistica, tanto che, in un
unico comprensorio, si concentra una somma di capacità professionali che
consentono di trasformare il marmo (e la pietra in genere) per ogni
destinazione e impiego: edilizia, arredo interno, ornamentazione, arredo
urbano e per il giardino, architettura di grande prestigio.
Inoltre la favorevole posizione geografica di Verona e le facilitazioni oggi
permesse dal trasporto mezzo container, agevolano le spedizioni nei paesi
europei e nei porti più attrezzati per l’esportazione via mare verso gli altri
continenti.28
Questa somma di capacità e la serietà professionale, riconosciuti ormai in
molti mercati consentono fiducia e prestigio al comprensorio veronese.
5.2 Il distretto ed il territorio dal 1950 al 2008
5.2.1 Estrazione, commercio ed industrie del marmo dal 1950 al 196429
L’estrazione ed il commercio dei marmi ha sempre costituito un’attività
importante per l’economia di molti paesi del Veronese, soprattutto di quelli
montani. Molti centri devono al marmo il loro sviluppo o la diminuzione di
27
Granito: roccia ignea intrusiva, acida, a struttura granulare, formata da feldspati alcalini, e da quarzo,
che si presenta sia in masse enormi (batoliti), sia in corpi intrusivi minori (apofisi, dicchi ecc.), usata in
edilizia. Mentre il marmo si forma per deposito e sedimentazione di materiali, il granito è una roccia
ignea cioè che si forma per consolidazione di masse fuse magmatiche provenienti dalle zone profonde
della crosta terrestre o del mantello. Per questo motivo le rocce ignee vengono anche chiamate rocce
eruttive o magmatiche o rocce endogene. In particolare il granito è una roccia ignea intrusiva
(plutonici), molto dura alla lavorazione e segagione, derivante da magmi cristallizzati lentamente in
profondità che danno alla roccia una struttura granulare (o olocristallina).( Fonte: “Enciclopedia della
scienza e della tecnologia”, De Agostini,1995, pag. 588 e 1218).
28 Per un’analisi dettagliata sul trasporto via container vedere Tesi di Laurea di Lucia Micheletto, “Il
trasporto marittimo containerizzato e il mercato dei noli”, anno accademico 2006/2007, Università degli Studi
di Verona, Dipartimento di Studi sull’Impresa, sede di Vicenza, relatore Prof. Fabio Enzo Arcangeli.
29 GUSTAVO DE POLI, “Marmi Veronesi”, Edizioni di Vita Veronese, 1967, pagg. 28-35.
83
CAPITOLO 5
emigrazione, in taluni periodi talmente grave da mettere in crisi la vita di interi
comuni.
Il lavoro di estrazione era un tempo difficile, lungo e faticoso per la
mancanza di mezzi idonei e soprattutto di macchine e le cave erano poco
numerose e localizzate in gran parte nella Valpolicella. Sembra infatti che la
collina della Grola, nei pressi di S. Ambrogio, sia stata la prima ad essere
sfruttata con cave in tempi lontanissimi ed il marmo veniva trasportato a
Verona e via acqua in lontane regioni.30
La tecnica di escavazione e di lavorazione dei marmi, fin dal tempo dei
Romani, era simile a quella usata fino a poche decine d’anni fa. Si usavano gli
stessi arnesi e in pratica il trapano, lo scalpello, il mazzuolo, il tornio, il
piccone, la gravina, la lima, il picchiarello ecc. Si usava anche la sega vale a dire
una lama di ferro senza denti che si faceva scorrere con sabbia o smeriglio sul
blocco. La medesima procedura è usata ancor oggi ma con mezzi innovativi ed
altamente avanzati come tagliablocchi, telai e dischi diamantati, fili elicoidali o
diamantati.
Nell’epoca romana i lavori più pesanti e cioè quello dello scoprimento31 della
cava, il trasporto e la segatura dei blocchi, molto spesso erano fatti da schiavi e
per un certo periodo anche dai Cristiani condannati ai lavori forzati.
Anche in seguito le mazze, i cunei, le leve di ferro sono rimasti gli unici
principali arnesi che potevano servire solamente in mano ad esperti lavoratori,
quali realmente sono sempre stati gli operai nati e cresciuti nell’ambiente, che
per naturale eredità ricevevano le capacità tecniche di estrazione e lavorazione.
30
Già dal 1300 i marmi veronesi (come il ricercato Rosso Verona) ne hanno fatta di strada, legati
soprattutto a grandi fatti monumentali, d’architettura e di scultura. Nel Veneto li troviamo nelle città di
Venezia, Padova, Treviso. Fuori dal Veneto, ma pur sempre entro i domini della Serenissima,
troviamo i nostri marmi a Brescia e a Bergamo. La relativa facilità di far giungere nel cuore della
Pianura Padana marmi, pietre e materiali prodotti in luoghi che per quei tempi erano lontani, si spiega
con la presenza, in allora, di una fitta rete di canali che attraversava la pianura, collegando le città fra di
loro e soprattutto i grandi corsi d’acqua come il Po e il Mare Adriatico. Troviamo quindi i marmi
veronesi utilizzati a Bologna, Modena, Parma, Ferrara, Cremona, Mantova e, verso la zona adriatica, a
Ravenna, Forlì, Faenza, Rimini, Pesaro, Fano. (Fonte: CHIARELLI R., ALBERTINI G.,
LORENZETTI S., FORNALE’ C., “I marmi a Verona”, a cura di Rossigni F., Asmave (Associazione
Marmisti Veronesi), Novastampa di Verona, Domegliara (VR), 1987.).
31 Scoprimento: operazione che consiste nello spostare tutto il materiale (piante, terra, pietre senza valore
ecc.) che ricoprono il sito in cui si trova la roccia che si intende estrarre dalla futura cava.
84
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Molti di questi nostri operai, infatti, emigravano in tutta Europa richiesti per le
loro doti. A mano a mano che il commercio del marmo si espandeva, le cave
divennero sempre più numerose e dalla zona di S. Ambrogio si estesero a
quasi tutta la Valpolicella.
Il 1900 vede uno sviluppo notevole di queste industrie poiché incominciano
ad introdursi le prime macchine, telai e lucidatrici, che snelliscono il lavoro, lo
rendono meno pesante e facilitano l’organizzazione di aziende che meglio si
introducono nel commercio, specialmente in regioni lontane. Anche all’estero i
marmi veronesi trovano facile piazzamento soprattutto nella vicina Austria,
Ungheria e Germania ed è per questo motivo che il commercio ha sempre
risentito sfavorevolmente del variare delle vicende politiche italiane ed europee
e che solamente dal termine dell’ultimo conflitto mondiale ha potuto
svilupparsi permettendo un costante graduale aumento.
Dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’70, le cave si sono
moltiplicate con un crescendo degno di considerazione, le industrie della
lavorazione si sono attrezzate con macchinari perfezionati ed imponenti (tali
da modificare l’aspetto dell’ambiente in alcune zone) con lo scopo soprattutto
di migliorare il prodotto finito e di abbassare notevolmente i costi di cava e di
lavorazione.
Le cave che sono rimaste, tranne poche eccezioni, del tipo a cielo aperto ed a
gradini per facilitare il distacco dei blocchi, si sono attrezzate sia di martelli
pneumatici, che praticando fori nella roccia a brevi distanze facilitano la
separazione del blocco o del pietrame, sia di fili elicoidali32 (del resto
scarsamente usati nelle piccole cave del territorio e in caso sostituiti dai fili
diamantati) che, girando tra due carrucole mosse da un motore, segano il
32
Fili elicoidali: utensile da taglio impiegato in cava, molto subordinatamente in impianti di
trasformazione; oggi in disuso. E’ costituito da una sottile fune d’acciaio composta da tre fili
elementari, avvolti ad elica e chiusa ad anello con impalcatura dei due capi. (PIERO PRIMAVORI,
opera citata, pag.49). Si adatta particolarmente al taglio di materiali non particolarmente duri come il
marmo, il travertino e il tufo. Si basa sulla separazione non violenta del blocco dal giacimento per
effetto dell’azione abrasiva esercitata da granuli di sabbia o carburo di silicio con acqua, sfregati sulla
roccia tramite il filo elicoidale d’acciaio tenuto in tensione. Il filo elicoidale è stato, dagl’anni ’80,
sostituito dal filo diamantato: se, ad esempio, per un determinato materiale, la velocità di taglio con
filo elicoidale è di 2/2,5 mq ora, utilizzando il filo diamantato sarà di 13/14 mq ora.
85
CAPITOLO 5
blocco sfruttando l’azione abrasiva della sabbia che trasportano, mista ad
acqua, nelle scanalature del filo.
Tali sistemi oltre ad essere più pratici, meno costosi, richiedenti minor
impiego di manodopera, sono redditizi perché permettono un minor spreco di
materiale. Si tratta, infatti, di ottenere in ogni cava la maggior quantità possibile
di blocchi lavorabili (ed il resto, piccoli blocchi, schegge, pietrame, viene
utilizzato ugualmente per ottenere ghiaie colorate, granulati e polveri).
Estratto il materiale della cava, al primo trasporto si provvede con carrelli
su binari, su travicelle di legno o per mezzo di semoventi o ruspe sollevatrici
che caricano i blocchi su teleferiche se le cave si trovano in luoghi inaccessibili
o scomodi agli automezzi.33 Questi, infatti, sono diventati i migliori mezzi di
carreggio verso le industrie se si escludono le ferrovie e il trasporto via nave
quando è necessario il trasporto a grandi distanze (il problema di muovere i
materiali con teleferiche o binari da miniera comprometteva la dimensione dei
blocchi stessi che per problemi di peso e ingombro dovevano essere di relative
piccole dimensioni; si sono perciò costruite negli anni strade e passaggi che
permettano ai camion di raggiungere le cave per trasportare blocchi di misura
ottimale, che possono raggiungere l’altezza e larghezza di 2 metri e la
lunghezza di 3 metri, in base anche al peso specifico della pietra estratta).
Blocchi e materiale vario confluiscono alle industrie che per la lavorazione
dei blocchi, oggi sono provviste di telai monolama o a lame multiple in
immersione ad acqua e sabbia o a lame diamantate o a carburo di silicio;34
33
Nel corso degli anni nel veronese e soprattutto sulle Alpi Apuane a Carrara, si sono sostituite le
teleferiche e i binari per i carrelli (a Carrara c’era un vero e proprio “treno del marmo” che collegava le
cave con la zona a valle) con strade che arrivano fino alle cave, anche nelle zone più impervie.
34 Carburo di silicio o carborundum: di formula chimica Csi. Sostanza abrasiva artificiale ad elevata durezza
(9,6 nella scala Mohs) e costituente primario di abrasivi ed utensili. (PIERO PRIMAVORI,op. citata,
pag.31) Silicio: elemento semimetallico del gruppo IV A del sistema periodico. È il sesto elemento in
ordine di abbondanza nell’universo e il secondo, dopo l’ossigeno, nella crosta terrestre (27,7%), dove è
presente sotto forma di silice e quarzo (biossido di silicio SiO2) e soprattutto di silicati, minerali che
entrano nella composizione di quasi tutte le rocce; come il quarzo è anche presente in notevoli
quantità nelle sabbie, che sono la principale materia prima per la produzione di silicio. Il silicio, che
possiede proprietà di semiconduttore, cristallizza in modo analogo al diamante e nei suoi composti
può manifestare tutti gli stadi di ossidazione da +4 a –4. Dà sia composti inorganici che organici;
forma composti con molti metalli (siliciuri), che possono essere preparati per sintesi diretta dagli
elementi o per reazione tra un ossido metallico e il silicio. Reagendo con l’azoto, il silicio crea il nitruro
86
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
molte usano dischi diamantati35 o dischi con miscele di carburo di silicio,
ruotanti ad elevatissime velocità; i blocchi vengono ridotti in lastre di variati
spessori, che poi, sottoposte a macchine rifilatrici, fresatrici, lucidatrici, o ai
torni, acquistano forme e dimensioni varie secondo gli usi alle quali sono
destinate.
Alcune industrie, ricevono materiale più minuto, che utilizzano o per ritagli
utili nei pavimenti o per produzione di pietrisco a grana diversa utilizzabile
per palladiane, pavimenti alla veneziana, alla romana, pavimenti in granaglia, o
per la fabbricazione, oggi molto estesa, di mattonelle, marmittoni36 e
agglomerati.37
di silicio che, come il carburo di silicio, è un materiale durissimo, usato come isolante termico ed elettrico,
nei refrattari e nei materiali soggetti a frizione ad alta temperatura. ( Fonte: “Enciclopedia della scienza e
della tecnica”, DeAgostini,1995, pagg.952-953).
35 Disco diamantato: utensile da taglio, rotante, costituito da un’anima d’acciaio, di forma circolare con
una parte diamantata circonferenziale che può essere a corona continua (disco a corona continua,
ovvero senza “denti”) o segmentata (i “denti” del disco sono segmenti saldati). Un disco è definito da
diametro, diametro dell’anima, spessore dell’anima numero di segmenti, tipo di asole e diametro del
foro centrale. Se il diametro totale è pari o supera i 2500 mm si parla di disco diamantato gigante. Le
asole sono gli spazi tra i “denti” del disco che, in base alla loro lunghezza, fanno variare le proprietà di
taglio di un medesimo tipo di dente. Vi è anche un’altra tipologia di disco, il disco diamantato in resina
che è semirigido, sempre con parte circonferenziale diamantata ma su un’anima centrale di resina; è
idoneo per macchine portatili e manuali e si usa per sgrossatura, levigatura e lucidatura. (PRIMAVORI
P., op. citata, pagg.32-42 ed il sito della ditta Dellas s.p.a. di Lugo (VR) www.dellas.it).
36 Marmittone: agglomerato artificiale in forma di mattonella ottenuto impastando cemento con scaglie
di marmo, o pezzi di marmo segati. Ha dimensioni fino a 50 X 50 cm. (Fonte: PRIMAVORI P., op.
citata, pag.71).
37 Agglomerato: un ulteriore ed importante distinzione che si può attuare è quelle tra lapidei naturali e
lapidei ricostruiti, noti come agglomerati. I lapidei naturali, come dice il nome stesso, sono
assolutamente naturali: per arrivare al prodotto finito non si aggiunge alcun elemento esterno; gli
agglomerati sono, invece, composti da lapidei naturali frammentati, uniti (agglomerati appunto) da
cemento o da resine. Inoltre possono essere aggiunti altri materiali, come madreperla o metalli più o
meno preziosi, a seconda dell’effetto estetico che si vuole ottenere, in proporzioni tali che la
percentuale di questi materiali sia, comunque, di gran lunga minore, rispetto a quella dei frammenti
lapidei. Questi agglomerati provengono in maggioranza dalla lavorazione degli sfridi. I materiali lapidei
ricostituiti possono vantare attributi molto vicini a quelli dei materiali naturali e il successo che hanno
raggiunto deriva dal minor costo del materiale, seppur con qualche eccezione, e dalla maggior
elasticità, che ne ha permesso l’impiego in spessori più ridotti. Quest’ultimo vantaggio
dell’agglomerato rispetto agli altri lapidei è andato scemando, poiché anche per i marmi naturali sono
stati realizzati degli spessori minimi, i cosiddetti “modul-marmo” e “modul-granito”. Bisogna tuttavia
tenere in conto un fattore determinante degli agglomerati: la loro relativa novità. Non sappiamo
ancora quanto dureranno nel tempo rispetto alla pietra naturale, la cui integrità non ha una data di
scadenza. La resina che tiene unito l’agglomerato è un materiale artificiale che si rovina e si deteriora
con l’uso e il tempo. Non può essere rilucidato come il prodotto naturale. (Fonte: Sebastiano
Villanova, “Import export del settore lapideo in Italia”, Tesi di Laurea, 2003-2004, Padova).
87
CAPITOLO 5
Vi sono poi le industrie artigianali, a volte vere sedi di arte statuaria che
lavorano blocchi di piccole dimensioni o lastre per la produzione di statue, di
oggetti di valore artistico, decorativo e pratico.
Ogni residuato di industria o cava può infine essere utilizzato per la
fabbricazione di calce e cementi.
A cominciare dal 1950 si è avuta l’apertura di nuove cave a Torri del
Benaco38 ove si estrae il Rosa Veterana ed il Marmo Giallo, ad Affi e Cavaion,
Ferrara di Monte Baldo, Rivoli Veronese, ove si trovano tra gli altri pregevoli
qualità di Mandorlato, Gialletto, Rosso Chiaro, Nembro Rosato (il termine nembro
indica un marmo con screziature tondeggianti ad aspetto nodulare).
Spostandoci ad Est, erano sorte cave nel comune di Dolcè, a Peri, Volarne,
con i marmi Bronzetto, Nembro Chiaro, Macchia Vecchia Italiana.
A S. Ambrogio, ove le cave hanno raggiunto il numero di 112, sono famosi i
marmi del tipo: Nembro Rosso, Nembro Chiaro, Rosso Gentile, Rosa Corallo,
Bronzetto, Rosa del Garda, Pernice, Mandorlato, Rosso Broccato.
A S. Anna d’Alfaedo e Negrar che ha avuto 22 cave, sono rinomate quelle di
lastame o Pietra di Prun, molto usata allo stato greggio per il basso costo e il
pratico uso. Spostandoci ancora ad Est troviamo cave a Grezzana e Stallavena
con i Broccatelli (rossi, rosati), il Verdello ed il Gialletto. Più a Nord, in prossimità
di Erbezzo, affiora nuovamente il Rosso Chiaro molto simile a quello di S.
Ambrogio. Roverè è noto per il pregiato Marmo Grigio proveniente dalla
frazione di S. Vitale da dove ha preso il nome di Grigio Oniciato di S. Vitale.
Proseguendo ancora verso Est si notano le nuove cave aperte di Selva di
Progno, Badia Callavena, Campofontana, S. Bartolo per l’estrazione del Chiaro
Selva, del Giallo Reale e dell’Onice di S. Bortolo. A Vestenanuova e S. Giovanni
Ilarione, sono ben noti i marmi: Chiampo Perlato e la Breccia di Castelvero.
38
A Torri del Benaco si estraeva marmo e pietre già nel 1700: “Bartolomeo, al quale era stata concessa
l’investitura della pietra gialla e bianca del Comune di Torri, aveva ottenuto nel 1719 dal Seminario di
Padova, proprietario della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, di Torri, di poter aprirsi su questi terreni una
strada per la quale potere dalla Preare condurre al lago le pietre cavate”. (Fonte: BRUGNOLI P., “Attività di cava
a Torri del Benaco nel secolo XVIII”, in “Il Garda, l’ambiente, l’uomo”, vol. 17 2001, pp.76).
88
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Degne di nota sono anche le cave di tufo o pietra tenera situate nei pressi della
città a Quinzano ed Avesa, che hanno dato ottimo materiale per costruzioni,
decorazioni e sculture. Tutte queste cave39 sono state aperte per rifornire di
materiale greggio le varie imprese che sono sorte a valle in luoghi ove la
vicinanza delle cave, la presenza di personale specializzato, la presenza di vie di
comunicazione principali, o strade ferrate, ed altre agevolazioni, come facile
disponibilità di acqua per le macchine, e di natura di concessioni e licenze,
rendevano agevole ed utile l’installazione.
Tali imprese, che nel 1956 erano già salite a 44, sono via via aumentate fino a
diventare un numero veramente imponente: circa 269 nel 1964 (anno di
grande espansione). Ne troviamo, infatti, 7 a Badia Calavena, 2 a Brentino, 13
a Caprino Veronese, 1 a Cerro, 9 a Fumane, 20 a Negrar, 2 a Rivoli, 4 a San
Pietro Incariano, 4 a S. Anna d’Alfaedo, 3 a Selva di Progno, 3 a Torri del
Benaco, 1 a Velo Veronese, 3 a Vestenanuova, 92 a S. Ambrogio, 22 a Dolcè40
e 83 a Grezzana. (vedi Tab. n. 3)
Tabella n.3: Imprese per la lavorazione del marmo nel 1964 divise per comuni di
appartenenza
Comune di Appartenenza Numero Imprese
Badia Calavena
7
Brentino
2
Caprino Veronese
13
Cerro
1
Fumane
9
Negrar
20
39
Vari sono i cataloghi dei materiali e zone estrattive veronesi:
MAFFEI S., “Verona illustrata”, parte III, Verona 1732, pp. 196-510-512-311.
NICOLIS E., “Materiali, pietre e terre coloranti della provincia di Verona: materiali naturali, litoidi da costruzione e
decorazione”, Verona 1900, pp. 10-11-14-19-23-38-48.
SPADA G.G., “Catalogus marmorum agri veronensis cum numinibus locorum in quibus reperiuntur, in Spada
G.G., Corporum lapidefactorum agri veronensis catalogus quae apud Joan Joacubum Spadam Gretinae
Archiprebyterum osservantur. Editio altera multo avertitior cui accendunt Annotationes, et Marmorum quae in eodem
agro reperiuntur Elenchus”, Verona 1744, pp. 63-73, tradotto e ripubblicato da FILIPPI E. nel 1981.
40 BRUGNOLI P., “Dolcè e il suo territorio” Centro di documentazione per la storia di Dolcè, 1999.
89
CAPITOLO 5
Rivoli
2
S. Pietro in Cariano
4
S. Anna d’Alfaedo
4
Selva di Progno
3
Torri del Benaco
3
Velo Veronese
1
Vestenanuova
3
S. Ambrogio
92
Dolcè
22
Grezzana
83
TOTALE
269
Fonte: propria elaborazione su dati di “Marmi Veronesi”, Gustavo de Poli, Edizioni di Vita Veronese,
1967, pag.34
Grafico n.5:
Industrie per la lavorazione della pietra nel 1964 nei
comuni del territorio veronese
Caprino
Veronese
5%
Altri comuni
14%
Negrar
7%
Caprino Veronese
Negrar
S. Ambrogio
Grezzana
31%
S. Ambrogio
35%
Dolcè
8%
Fonte: propria elaborazione da dati tabella n.3
90
Dolcè
Grezzana
Altri comuni
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Ogni impresa lavorava in prevalenza il marmo cavato nella propria zona, ma
anche quello di regioni limitrofe,41 o provenienti da altre regioni d’Italia o
dall’Estero secondo le ordinazioni ricevute. Il commercio del marmo veronese
è costituito in prevalenza di lastre di vario spessore e superficie con una
percentuale del 20% di marmo in blocchi ed è andato aumentando da un totale
di 65.000 tonnellate del 1953 ad un totale di 276.000 tonnellate nel 1963 (un
aumento di quantità lavorata di 4,2 volte in 10 anni).
Questo incremento è notevole soprattutto se paragonato con quello avuto
nello stesso periodo dalla regione più produttiva di marmi, Massa Carrara, che
è passata da una produzione di 290.000 tonnellate nel 1952 a quella di 485.000
nel 1963 (con un aumento di 1,6 volte nel medesimo arco temporale).
Notevole anche il commercio di tufo calcareo che, registrando nel 1952 una
produzione di 4000 tonnellate, ha raggiunto nel 1963 quella di 13.000
tonnellate.
Purtroppo il commercio del marmo è tra i primi a risentire delle oscillazioni
dell’attività edilizia.42
La facilità delle comunicazioni ha favorito inoltre, un notevole aumento di
marmi d’importazione provenienti in particolare dalla Spagna e dall’ExIugoslavia,43 paesi nei quali i costi d’esercizio sono più bassi e quindi i prezzi di
vendita vantaggiosi all’acquirente.
41
Le industrie veronesi, dopo la crisi degli anni 1963-64, aumentarono la loro domanda di materiale
grezzo acquistando circa l’80% del materiale estratto sull’altopiano di Asiago. (Fonte: FILIPPI E.,
“L’industria lapidea sull’Altopiano di Asiago”, in “Marmi, Graniti e Pietre”, 139, 1984, pag.6).
42 Le vendite di marmo e granito sono strettamente legate al settore edilizio tanto che la vendita di
cemento viene utilizzato come indicatore per le future richiestre di lavorati in pietra. (Fonte:
Assomarmi – Associazione dell’industria marmifera italiana e delle industrie affini, www.assomarmi.it).
43 Soprattutto il Bianco Sivec, Lipiza Unito e Lipiza Fiorito (Fonte: PRIMAVORI P., “Pianeta Pietra”, 1999,
Giorgio Zusi Editore, pag. 311 e www.margarf.it).
91
CAPITOLO 5
5.2.2 Numero di imprese del distretto marmifero “originario” nelle attività
manifatturiere della provincia di Verona e della zona Valpolicella-ValpantenaLessinia dal 1995 al 2008
La valenza del distretto del marmo nel contesto dell’economia veronese è
nota e consolidata da tempo; conoscere analiticamente l’evoluzione e le
dinamiche strutturali è di estrema importanza sia per gli operatori che
costituiscono tale settore economico sia per tutti i vari attori economici e
pubblici che operano in questa attività.
E’ necessario fare delle precisazioni in modo da rendere i dati che mostrerò
il più significativi e comprensibili possibile; la zona Valpolicella-ValpantenaLessinia comprende i comuni di Bosco Chiesanuova, Cerro Veronese, Dolcè,
Erbezzo, Fumane, Grezzana, Marano di Valpolicella, Negrar, Pescantina,
Rovere’ Veronese, S.Mauro di Saline, S.Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio di
Valpolicella, S.Anna d’Alfaedo, Velo Veronese e Verona, che costituiscono il
distretto originario, il cui cuore pulsante è stato per anni Sant’Ambrogio di
Valpolicella.44 E’ escluso Affi, luogo in cui insistono una decina di attività di
lavorazione che però si sono sviluppate in un periodo successivo e come
accade nelle ricerche della Camera di Commercio di Verona, Affi è inserito nel
contesto locale Garda-Baldo piuttosto che in quello della ValpolicellaValpantena-Lessinia. Molto importante è definire la categoria “DI26
Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di minerali non metalliferi”,45 presa in
44
Sant’Ambrogio di Valpolicella è il paese in cui è nata la Fiera Marmomacc, poi trasferita a Verona,
prima fiera al mondo come importanza per il settore. Nel 1961 si è avuta la prima edizione della
mostra del marmo e delle macchine a S. Ambrogio. L’Ente Marmi Veronesi organizza la seconda
edizione nel 1963. Fondamentale il fatto di avere l’esposizione delle pietre unite con quella dei
macchinari, caratteristica unica al mondo e che decreta il successo dell’iniziativa. L’amministrazione
della fiera con il confronto e collaborazione degli operatori del settore, riorganizza la terza edizione del
1965 e si decide per la cadenza annuale dell’evento fieristico. Dal 1965 al 1968 si hanno avute tre
edizioni in crescendo. Grande crescita anche per l’edizione del 1971 e nel 1974 (XII ediz.), una nuova
area acquistata dal comune garantisce il futuro e sviluppo della fiera. Il 1977 e 1978 sono all’insegna di
un successo espolivo ed il Comune di S. Ambrogio, titolare della manifestazione, ne affida la gestione
all’Ente Fiere di Verona per 9 anni. Nel 1987 la mostra viene trasferita a Verona. ( Fonte: “1961-1987,
25 anni di Marmomacchine”, a cura di Ente Marmi Veronesi.).
45 Fonte: banca dati Camera di Commercio di Verona, da richiedere all’ ufficio statistiche.
92
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
esame: in questa categoria, oltre alle imprese che lavorano la pietra naturale,
sono incluse anche quelle del vetro, mattoni e ceramica. Il peso delle attività
della pietra è in ogni caso significativamente preponderante: comparando le
informazioni ricavabili dalla classificazione DI26 con il numero delle imprese
registrate alla Camera di Commercio di Verona dedicate al taglio, modellatura
e finitura della pietra46 si può vedere come queste rappresentino il 78% delle
attività “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di minerali non metalliferi”
nella provincia di Verona, percentuale che è di qualche punto superiore per la
zona della Valpolicella-Valpantena-Lessinia.
Tabella n.4: numero delle imprese registrate47 alla Camera di Commercio di Verona
dedicate al taglio, modellatura e finitura della pietra
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
521
525
530
537
542
548
564
563
567
561
551
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
Tabella n.5: numero attività “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di minerali
non metalliferi” nella provincia di Verona
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
720
724
716
721
717
716
733
721
724
712
721
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
46
Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag.19
disponibile on line al sito web della Camera di Commercio di Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
47 Per impresa registrata, secondo la definizione di Movimprese (analisi statistica trimestrale della natimortalità delle imprese condotta da InfoCamere) si intende l’impresa presente in archivio e non
cessata, indipendentemente dallo stato di attività assunto (attiva, inattiva, sospesa, in liquidazione,
fallita). (Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a
cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008,
pag. 7 disponibile on line al sito web della Camera di Commercio di Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf).
93
CAPITOLO 5
Riassumendo quindi questi due dati, è possibile determinare il peso % delle
attività dedicate alla pietra nella categoria DI26,
Tab. n.6: peso% delle imprese registrate alla Camera di Commercio di Verona
dedicate al taglio, modellatura e finitura della pietra su numero attività DI26 nella
provincia di Verona, dal 1998 al 2008
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
521
525
530
537
542
548
564
563
567
561
551
720
724
716
721
717
716
733
721
724
712
721
72,36% 72,51% 74,02% 74,48% 75,60% 76,54% 76,94% 78,09% 78,31% 78,79% 76,42%
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
I dati di seguito si riferiscono alle imprese ed attività attive48 ovvero non
tutte quelle registrate alla CCIAA poiché sono escluse quelle attività in
fallimento, in liquidazione, sospese o inattive.
Tabella n.7: numero delle imprese attive49nella fabbricazione di prodotti ottenuti dalla
lavorazione di minerali non metalliferi,50 totale delle attività manifatturiere nella
Valpolicella-Valpantena-Lessinia e nella provincia di Verona
48
L’impresa è attiva quando esercita l’attività e non risulta avere procedure concorsuali in atto. Le
imprese possono essere istituite ed operare in unico luogo, ovvero in luoghi diversi mediante varie
unità locali. Le varie unità locali, create nella stessa o in diverse province, assumono rilevanza giuridica
diversa a seconda delle funzioni che vengono loro attribuite dall’imprenditore. In pratica gli operatori
economici adottano liberamente varie definizioni: filiale, succursale, agenzia, ufficio di rappresentanza,
deposito, magazzino, negozio, ecc. (Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia
scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona,
volume 1, 9 maggio 2008, pag. 7 disponibile on line al sito web della Camera di Commercio di Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf).
49 I dati indicati nel totale delle imprese manifatturiere e in tutte le altre aziende si riferiscono alle
imprese attive e non a tutte quelle registrate. La differenza consiste nell’esclusione (dal totale delle
imprese registrate) delle imprese in fallimento, in liquidazione, sospese o inattive.
50 Nelle imprese occupate nella fabbricazione di prodotti ottenuti dalla lavorazione di minerali non
metalliferi sono anche incluse le imprese che producono mattoni, vetro e ceramica ma è possibile
affermare che nella zona della Valpolicella-Valpantena-Lessinia, le imprese attive nell’estrazione e
lavorazione di pietre naturali pesano all’incirca l’ 80% delle imprese considerate in questa
classificazione (DI26).
94
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
ANNO
Valpantena-
Valpolicella-
% attività
Valpolicella-
Valpantena-
fabricaz.
Lessinia:
Valpolicella-
attività
Valpantena-
manifatturiere
Lessinia:
attive in
totale attività
fabbriaz.
manifatturiere
prodotti
attive
lavoraz.min.non
Verona: attività
manifatturiere
attive in
Lessinia: %
attività attive
fabbricaz.
fabbriaz.
Prod. Min.
prodotti
lavoraz.min.non
non metallif.
metallif.
Min. non
manifatturiere
metallif. di
attive nella
Valpan-
provincia di
Valpol-Les
Verona
su totale
metallif.
Prodotti.
Totale attività
su totale
attività
attività prov.
manifatturiere
VR
1998
336
1.288
78
26,09
11.815
2,84
1999
338
1.292
83
26,16
11.713
2,88
2000
334
1.290
82
25,89
11.786
2,83
2001
338
1.294
74
26,12
11.921
2,83
2002
336
1.304
81
25,77
11.895
2,82
2003
336
1.317
77
25,51
11.833
2,83
2004
352
1.320
76
26,67
11.669
3,01
2005
340
1.305
71
26,05
11.585
2,93
2006
416
1.308
74
31,8
11.481
3,62
2007
413
1.293
75
31,94
11.413
3,61
2008
416
1.301
77
31,97
11.626
3,57
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
Grafico n.6:
1500
1.288 1292 1290 1294 1304 1317 1320 1305 1308 1293 1301
1000
416 413 416
500 336 338 334 338 336 336 352 340
0
1998
2000
2002
2004
2006
2008
Valpantena-Valpolicella-Lessinia: attività manifatturiere attive in fabbriaz.. prodotti
lavoraz.min.non metallif.
Valpolicella-Valpantena-Lessinia: totale attività manifatturiere attive
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.7
95
CAPITOLO 5
Per quanto riguarda la Valpolicella-Valpantena-Lessinia51, il numero delle
imprese attive nella produzione di prodotti non metalliferi (quindi aziende di
estrazione e lavorazione soprattutto52) si nota che, dal 1998 al 2008, le imprese
considerate hanno registrato un aumento del 23,8% passando da un numero di
336 imprese attive a 416. L’andamento nel numero delle attività si è rivelato
essere altalenante: dopo un periodo di 6 anni, dal 1998 al 2003, in cui il
numero si è attestato essere sulla media 336,3 attività attive, nel 2004 vi è stato
un aumento del 4,76% rispetto l’anno precedente (da 336 a 352) cui è seguita
una riduzione delle stesse al numero di 340 nel 2005 (pari ad una diminuzione
del 3,52% dal 2004) per poi balzare a 416 nel 2006, dato che si è registrato
anche nel 2008. Da una parte i decrementi sono dovuti a chiusure di attività e
alla tendenza alla concentrazione53 e alla nascita di gruppi che riassumono in se
tutto il processo produttivo: la cava, la segheria, l’impiantistica, la distribuzione
e la vendita (vedi paragrafo 10.2.1, le aggregazioni), dall’ altra è prevalsa negli
ultimi 3 anni l’aumento di specializzazione e quindi l’apertura o la scissione di
unità in altre più specializzate in un determinato “step” della filiera produttiva.
Dal 1998 al 2005 anche le imprese manifatturiere in genere della
Valpolicella-Valpantena-Lessinia hanno avuto un aumento, passando da 1288
unità attive alle 1320 del 2004 (anno con il numero massimo). L’aumento in
termini percentuali è stato dell’ 2,4%, rispetto ad un trend di crescita delle
imprese “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di minerali non
metalliferi” che, come visto sopra, è stato del 4,76%. (vedi tab.7 e grafico n.6).
Anche qui dal 2004 al 2005 si è riscontrato un decremento dovuto sia ad un
diminuzione delle varie imprese manifatturiere in genere nel territorio sia, e
soprattutto, per il calo delle imprese “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla
51
Dalla definizione di distretto “storico” del marmo, ovvero la zona della Valpantena-ValpolicellaLessinia non è considerato il dato del paese Affi che per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008 ha registrato
rispettivamente sempre 10 unità per la classe “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di
minerali non metalliferi” e 42, 43, 44, 46 per le attività manifatturiere attive in genere.
52 Ricordo in tale classificazione statitistica “DI26 Fabbricazione di prodotti dalla lavorazione di
minerali non metalliferi” sono incluse le imprese attive produttrici di mattoni, vetro, ceramica ma per
il ristretto ambito geografico della Valpantena-Valpolicella-Lessinia il loro numero ha una %
relativamente poco influente sul numero delle attività rivolte alla pietra naturale.
53 FERRATA R.- PAIOLA M., “Realtà produttive e strategie di sviluppo nel comparto marmifero”, 1997.
96
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
lavorazione di minerali non metalliferi”, che pesavano in quegl’anni per un
buon 26% sul totale manifatturiero della Valpantena-Valpolicella-Lessinia. Il
loro peso si attesta per il 2007 e 2008 al 31,9%. Il secondo settore, per
importanza, è quello della fabbricazione e lavorazione del metallo, escluse le
macchine, che pesa nel territorio il 14,8%54 quindi, quasi la metà del settore
della pietra naturale55 (e produzione relativa di vetro, mattoni, ceramica inclusa
nella classe statistica DI26).
Grafico n.7:
Valpolicella-Valpantena-Lessinia: totale attività manifatturiere
attive
1.340
1.320
1317 1320
1.300
1.288 1292 1290 1294
1.280
1304
1305 1308
1293
1301
1.260
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Valpolicella-Valpantena-Lessinia: totale attività manifatturiere attive
Fonte: propria elaborazione dati Camera di Commercio di Verona e Infocamere
Nonostante il calo registrato tra il 2004 e 2005, non si può dare un giudizio
negativo alle imprese manifatturiere della Valpolicella-Valpantena-Lessinia: da
una parte, le imprese lapidee hanno adottato la politica dell’aggregazione per
far fronte ai problemi nati dal mercato globalizzato e dall’entrata di nuovi
concorrenti come
Cina, India e Turchia (oltre ai soliti come Spagna,
Portogallo, Grecia), dall’altra il settore manifatturiero in genere nella
Valpolicella-Valpantena-Lessinia ha avuto un calo costante che lo ha portato
dalle 1320 unità del 2004 alle 1301 unità del 2008.
Per quanto riguarda le attività manifatturiere attive nella provincia di
Verona, dopo una crescita dell’ 1,13% tra il 2000 e 2001, il loro numero è
costantemente calato dalle 11.921 del 2000 alle 11.413 del 2007, registrando
54
CCIAA di Verona,”La Camera di Commercio incontra il territorio”, 2’ edizione, 25 giugno 2005.
Pietra naturale: qualsivoglia roccia esistente in natura ed impiegabile per scopi costruttivi e/o
decorativi. (PIERI PRIMAVOLI, opera citata, pag.86).
55
97
CAPITOLO 5
una diminuzione del 4,45%. Nel 2008 vi è stata una ripresa con un aumento
delle attività che è salito a 11.626.
Grafico n.8:
Provincia di Verona: numero di imprese attive alla CCIAA di
Verona nel settore manifatturiero dal 1998 al 2008
12.000
11.900
11.800
11.700
11.600
11.500
11.400
11.300
11.200
11.100
11.92111.895
11.815
11.713
11.786
11.833
11.669
11.626
11.585
11.481
11.413
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Totale attività manifatturiere attive nella provincia di Verona
Fonte: propria elaborazione su dati Camera di Commercio di Verona e Infocamere56
Per quanto riguarda il 2004, andando ad analizzare nel dettaglio le attività
manifatturiere (134257 imprese nella Valpolicella-Valpantena-Lessinia), si
evidenzia come il numero di imprese si concentri nella fabbricazione di
prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (principalmente marmo e
granito). Si tratta di 352 imprese che costituiscono il 26,2% delle attività
manifatturiere della zona e il 6,3% a livello provinciale.
Grafico n.9:
Peso % delle attività DI26, attive nella fabbricazione di prodotti da
lavorazione di minerali non metalliferi, sul numero attività manifatturiere
della Valpolicella-Valpantena-Lessinia
40
30
26,09
26,16
20
25,89
26,12
25,77
25,51
26,67
26,05
31,8
31,94 31,97
10
0
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Valpolicella-Valpantena-Lessinia: % attività attive fabbricaz. Prod. Min. non metallif. su totale
attività manifatturiere
Fonte: propria elaborazione tabella n.7
56
www.vr.camcom.it e www.ven.cancom.it
Sono qui considerate anche le imprese non attive. Quelle attive sono 1305. Per definizione di
imprese attive vedere nota 50 di questo capitolo.
57
98
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
I comuni con il numero più elevato di imprese sono Grezzana con 83
imprese attive, Dolcè con 81 e S’ Ambrogio di Valpolicella con 75. In questa
zona hanno la propria sede molte delle imprese marmifere veronesi, distretto
“storico” dell’economia veronese, ora inserite nel “Distretto del marmo e delle
pietre del Veneto”, riconosciuto come quello del mobile e del calzaturiero,
dalla legge regionale n.8 del 2003. (per legge n.8/2003 vedere paragrafo 3.4 e
5.6.1).
Di seguito i grafici raffigurano la composizione percentuale delle imprese
attive per i principali settori manifatturieri58 della Valpolicella-Valpantena58
Secondo i raggruppamenti ISTAT le attività si dividono in:
• agricoltura, caccia e silvicoltura;
• pesca, piscicoltura e servizi connessi;
• estrazione di minerali;
• attività manifatturiere;
• produzione e distribuzione energia elettrica, gas e acqua;
• costruzioni;
• commercio ingrosso e dettaglio, riparazioni beni personali e per la casa;
• alberghi e ristoranti;
• trasporti, magazzinaggio e comunicazioni;
• intermediazione monetaria e finanziaria;
• attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca;
• istruzione;
• sanità e altri servizi sociali;
• altri servizi pubblici, sociali e personali;
• servizi domestici presso le famiglie;
• imprese non classificate.
Il gruppo attività manifatturiere è a sua volta suddiviso in:
• Industrie alimentari e delle bevande;
• Industria del tabacco;
• Industrie tessili;
• Confezionamento articoli vestiario; preparazione di pellicce;
• Preparazione e concia cuoio; fabbricazione articoli da viaggio;
• Industria del legno, esclusi mobili e fabbricazioni in paglia;
• Fabbricazione pasta-carta, carta e produzione di carta;
• Editoria, stampa e riproduzione supp. registrati;
• Fabbricazione coke, raffinerie, combust. nucleari;
• Fabbricazione prodotti chimici e fibre sintetiche;
• Fabbricazione articoli in gomma e materie plastiche;
• Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi;
• Produzione di metalli e loro leghe;
• Fabbricazione e lavorazione prodotti in metallo, escluse le macchine;
• Fabbricazione macchine ed apparecchi meccanici installabili.;
• Fabbricazione macchine per uff. elaboratori;
• Fabbricazione di macchine ed appar.elettr. n.c.a.;
99
CAPITOLO 5
Lessinia e della provincia di Verona nell’anno 2004 seguiti dal dato della
provincia di Verona per il 2008.
Grafico n.10:
Valpolicella-Valpantena-Lessinia. Com posizione % delle
im prese attive per i principali settori m anifatturieri. Anno
2004
Fabbric.di macchine
ed appar.elett r. n.c.a.
4,10%
Indust rie aliment ari e
Fabbric.mobili;alt re
delle bevande
indust rie
12,01%
Alt ro
manif at turiere
Indust rie t essili e
2,90%
6,31%
dell'abbigliament o
4,50%
Fabbric.macchine ed
appar.mecc.inst al.
8,11%
Produzione di met alli
e loro leghe, escl.
macchine
Fabbric.prodott i
14,81%
lavoraz.min.non
met allif .
26,23%
Prep. e concia
cuoio;f abbr.art ic.viag
gio
4,30%
Fabbric.past acarta,carta e prod.di
carta
4,60%
Ind.legno,esclusi
mobili;f abbr.in paglia
12,11%
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
Grafico n.11:
Provincia di Verona. Composizione % delle imprese attive per i
principali settori manifatturieri. Anno 2004
Fabbric.mobili;altre
industrie manifatturiere
18,28%
Fabbric.di macchine ed
appar.elettr. n.c.a.
6,39%
Industrie alimentari e
delle bevande Industrie tessili e
Altro
10,79%
dell'abbigliamento
5,79%
9,39%
Prep. e concia
cuoio;fabbr.artic.viaggi
o
4,10%
Fabbric.macchine ed
appar.mecc.instal.
8,99% Produzione di metalli e
loro leghe, escl.
macchine
16,18%
Ind.legno,esclusi
mobili;fabbr.in paglia
7,99%
Fabbric.pastaFabbric.prodotti carta,carta e prod.di
lavoraz.min.non
carta
metallif.
5,79%
6,29%
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere
•
•
•
•
•
•
100
Fabbricazione appar.radiotel.e app.per comunicazione;
Fabbricazione appar. medico, precisione, strumenti ottici;
Fabbricazione autoveicoli, rimorchi e semirimorchi;
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto;
Fabbricazione mobili; altre industrie manifatturiere;
Recupero e preparazione per il riciclaggio.
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Grafico n.12 - Provincia di Verona: composizione % delle imprese attive per settori
manifatturieri. Anno 2008
25,00%
19,10%
20,00%
15,00%
18,44%
13,13%
8,07%
7,20%
10,00%
4,07%
5,00%
5,75% 6,89%
4,38%
0,00%
2008
Industrie alimentari e delle bevande
Confez.articoli vestiario-prep.pellicce
Prep.e concia cuoio-fabbr.artic.viaggio
Ind.legno,esclusi mobili-fabbr.in paglia
Editoria,stampa e riprod.supp.registrati
Fabbric.prodotti lavoraz.min.non metallif.
Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine
Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.ottici
Fabbric.mobili-altre industrie manifatturiere
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.8
Tab. n.8 - Provincia di Verona: composizione delle imprese attive per settori
manifatturieri. Anno 2008
DA15 Industrie alimentari e delle bevande
1374
13,13%
DB18 Confez.articoli vestiario-prep.pellicce
753
7,20%
DC19 Prep.e concia cuoio-fabbr.artic.viaggio
426
4,07%
DD20 Ind.legno,esclusi mobili-fabbr.in paglia
844
8,07%
DE22 Editoria,stampa e riprod.supp.registrati
601
5,75%
DI26 Fabbric.prodotti lavoraz.min.non metallif.
721
6,89%
DJ28 Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine
1998
19,10%
DL33 Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.ottici
458
4,38%
DN36 Fabbric.mobili-altre industrie manifatturiere
1929
18,44%
totale provincia
11626
100 %
Fonte: propria elaborazione su dati CCIAA di Verona e Infocamere. Classificazione categorie,
ATECO DA15, DB18, DC19, DD20, DE22, DI26, DJ28, DL33, DN36
Confrontando la situazione del 2004 e del 2008 si evidenzia che , per la
categoria Ateco DI26, nella zona della Valpolicella-Valpantena-Lessinia il peso
percentuale delle imprese attive si è alzato dal 26,23% al 31,97% e, per quanto
riguarda la provincia di Verona nei confronti del totale delle imprese
manifatturiere attive, si è passati dal 6,29% al 6,89%. A livello numerico, ciò
significa che le imprese impegnate nel settore dell’ estrazione e lavorazione
della pietra naturale, pur dovendo fare i conti con un difficile momento di
101
CAPITOLO 5
crisi, stanno sopravvivendo meglio delle imprese di altri settori manifatturieri
della Valpolicella-Valpantena-Lessinia e provincia di Verona.
5.3 Le esportazioni di prodotti della provincia di Verona: marmo e
granito al terzo posto
Una delle principali caratteristiche dell’economia veronese è la sua
polisettorialità. Non una, ma tante vocazioni stanno alla base del successo del
“Made in Verona”. Nel manifatturiero, ci troviamo di fronte a comparti di
importanza strategica (spesso si tratta di distretti), le cui produzioni sono
riconosciute ed apprezzate in tutto il mondo.59
Per molti di essi, grazie soprattutto ai numeri dell’export, la provincia
scaligera si trova in posizioni di leadership a livello nazionale e internazionale.
La tradizionale polisettorialità che caratterizza la provincia di Verona è
risultata, ancora una volta, la carta vincente per determinare il successo delle
imprese scaligere sui mercati esteri. Per alcuni dei tradizionali prodotti del
“Made in Verona” (macchine di impiego generale, bevande, prodotti
dell’agricoltura) i risultati del 2007 sono stati estremamente positivi. Per queste
produzioni, Verona si trova in posizione di leadership a livello nazionale, e
funge da traino, oltre che per l’economia provinciale, anche per quella
regionale e nazionale. Soffrono un po’ altre produzioni scaligere, per le quali si
evidenzia un trend negativo: marmo, calzature, macchine per impieghi speciali.
La provincia di Verona contribuisce al totale regionale dell’export per il
17%, mentre il peso sul totale nazionale è del 2,2%.
59
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del
Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 18.
102
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
La voce “altre macchine di impiego generale”60 rimane al primo posto della
graduatoria dell’export veronese, con 622,6 milioni di Euro nel 2007 (+4,7%
rispetto al 2006). Insieme alla quinta voce, quella relativa alle “altre macchine
per impieghi speciali”61, il cui valore delle esportazioni è pari a 450,7 milioni di
Euro (-1,1% rispetto al 2006), si arriva ad un importo che supera 1 miliardo di
Euro. Il macrosettore “macchine ed apparecchi meccanici” (che somma a
queste due voci, tra le altre, le macchine per la produzione e l’impiego di
energia meccanica, le macchine per l’agricoltura, le macchine utensili e gli
apparecchi per uso domestico) arriva a 1,7 miliardi di Euro (con una crescita
del +3,2%), più di un quinto dell’export veronese.
La voce “bevande” (costituita quasi interamente dal vino) si conferma al
secondo posto della graduatoria dei prodotti più esportati, con un valore
dell’export pari a 569,7 milioni di Euro (+2,7% rispetto al 2006). Verona
rimane anche nel 2007 la prima provincia esportatrice di vino a livello
nazionale, coprendo il 12% delle esportazioni italiane.
Seguono le “pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite” (marmo), con un
importo delle esportazioni pari a 528,5 milioni di Euro, per le quali si registra,
dopo il risultato positivo del 2006, una flessione dell’1,6%. Il risultato è
determinato dal calo dell’export verso i primi due mercati di destinazione, Stati
Uniti (-8,8%) e Germania (-15,1%), risultati “mitigati” grazie alla crescita di
altri mercati, in particolare Regno Unito, terzo mercato, Austria (4°), Svizzera
(5°) e Francia (6°). Anche nel settore del marmo, la nostra provincia rimane
comunque leader indiscussa a livello nazionale, coprendo un terzo delle
esportazioni italiane.
60 Il codice ATECO DK 29.2 “Altre macchine di impiego generale” comprende fornaci e bruciatori,
macchine e apparecchi di sollevamento e movimentazione, attrezzature industriali per la refrigerazione
e la ventilazione e altre macchine di impiego generale. A livello provinciale l’ISTAT non mette a
disposizione un dettaglio superiore al gruppo (codice ATECO a 3 cifre), disponibile invece per i dati
nazionali.
61 Il codice ATECO DK 29.5 “Altre macchine per impieghi speciali” comprende macchine per la
metallurgia, macchine da miniera, cava e cantiere, macchine per la lavorazione dei prodotti alimentari,
delle bevande e del tabacco, macchine per le industrie tessili, dell’abbigliamento e del cuoio, macchine
per l’industria della carta e del cartone, altre macchine per impieghi speciali. Anche per questa voce si
precisa che non esiste, a livello provinciale, un dettaglio superiore al gruppo (codice ATECO a 3 cifre).
103
CAPITOLO 5
Grafico n.13 - Esportazioni veronesi per prodotti. Anno 2007
Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del
Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 40 e
on-line
sul
sito
web
della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
Al quarto posto troviamo le calzature, per le quali si torna, dopo la
performance positiva del 2006, a registrare una diminuzione (–12,9%). Il
valore delle esportazioni arriva a 454,2 milioni di Euro. Verona risulta essere la
quinta provincia esportatrice di questa produzione, dopo importanti realtà
come Ascoli Piceno, Treviso, Firenze e Macerata.
Il settore primario veronese si conferma particolarmente vivace dal punto
di vista della presenza sui mercati esteri. I “prodotti dell’agricoltura,
dell’orticoltura e della floricoltura”, sesta voce dell’export, con 384,7 milioni di
Euro, mettono a segno un +14,6%.
Seguono gli “articoli di abbigliamento”, con 299,9 milioni di Euro, stabili
rispetto al 2006, “cisterne, serbatoi e contenitori in metallo; radiatori e caldaie
per il riscaldamento centrale”, con 279,7 milioni di Euro, in diminuzione del
5,3%, “cicli e motocicli” (276,8 milioni di Euro, +6,5%) e gli “altri prodotti
alimentari”, per i quali si rileva un aumento delle esportazioni del 15,8%.
Scorrendo la “classifica” dei principali prodotti esportati troviamo, al
104
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
ventunesimo posto, i mobili, le cui vendite all’estero rimangono pressoché
stabili rispetto al 2006 (-0,3%), con un importo pari a 123,4 milioni di Euro.62
Tabella n. 9: prime 30 merci per valore delle esportazioni nella provincia di Verona.
Anni 2006-2007, valori in euro
Prodotti
1) Altre macchine di impiego generale
2) Bevande
3) Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
4) Calzature
5) Altre macchine per impieghi speciali
6) Prodotti dell'agricoltura, dell'orticoltura e della floricoltura
7) Articoli di abbigliamento in tessuto e accessori (esclusi quelli in pelle e
pellicce)
8) Cisterne, serbatoi e contenitori in metallo; radiatori e caldaie per il
riscaldamento
centrale
2006
2007
594.623.049
554.636.140
537.268.902
521.251.959
455.923.337
335.741.490
622.629.919
569.711.557
528.503.019
454.233.617
450.713.668
384.705.077
Var
%
4,7
2,7
-1,6
-12,9
-1,1
14,6
299.909.092 299.919.336
0,0
295.316.552 279.742.873
-5,3
9) Cicli e motocicli
259.802.856 276.815.700
6,5
10) Altri prodotti alimentari
208.875.508 241.919.866
15,8
11) Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali
251.035.807 216.369.309
-13,8
12) Prodotti della siderurgia
147.276.893 189.999.504
29,0
13) Apparecchi per uso domestico
200.109.299 182.609.863
-8,7
14) Macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di energia
meccanica,
esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli
164.018.421 176.836.722
7,8
15) Macchine utensili
129.840.426 161.844.947
24,6
16) Autoveicoli
101.210.407 157.947.009
56,1
17) Carni e prodotti a base di carne
125.651.304 150.107.185
19,5
18) Cuoio (esclusi indumenti)
183.914.534 147.435.023
-19,8
19) Altri prodotti in metallo
107.437.119 140.318.494
30,6
20) Parti ed accessori per autoveicoli e loro motori
124.213.753 127.675.097
2,8
21) Mobili
123.877.741 123.444.609
-0,3
22) Pasta da carta, carta e cartone
95.233.260 110.256.013
15,8
23) Prodotti in calcestruzzo, cemento o gesso
98.923.763 109.181.191
10,4
24) Elementi da costruzione in metallo
63.017.464
46,8
92.492.182
62
Fonte di questi dati: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000
bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9
maggio 2008, pag. 39-40 e on-line sul sito web della Camera di Commercio di Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
105
CAPITOLO 5
25) Articoli di maglieria
80.007.784
92.035.236
15,0
26) Motori, generatori e trasformatori elettrici
94.785.892
90.391.747
-4,6
27) Metalli di base non ferrosi
79.899.037
89.232.239
11,7
28) Altri articoli di stampa
76.424.584
76.547.148
0,2
29) Preparati e conserve di frutta e di ortaggi
61.042.645
73.841.783
21,0
30) Pile e accumulatori elettrici
74.372.366
73.790.226
-0,8
Fonte: elaborazione propria su dati Istat, reperibili in “Rapporto 2008 sull’economia veronese. ImpresaVerona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, nell’appendice statistica, tab. 41 e on-line sul sito
web
della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
Tabella n.10 : prime 30 merci per valore delle importazioni nella provincia di Verona.
Anni 2006-2007, valori in euro
Prodotti
1)Autoveicoli
2006
2007
4.912.290.241 5.185.488.406
Var %
5,6
2) Prodotti della siderurgia
501.522.692
587.643.175
17,2
3) Articoli di abbigliamento in tessuto e accessori (esclusi quelli in pelle
e pellicce)
435.023.283
495.868.847
14,0
4) Parti ed accessori per autoveicoli e loro motori
404.316.668
416.378.219
3,0
5) Calzature
408.491.983
355.929.333
-12,9
6) Prodotti lattiero-caseari e gelati
314.718.898
322.539.803
2,5
7) Prodotti dell'agricoltura, dell'orticoltura e della floricoltura
242.842.462
274.566.371
13,1
8) Altri prodotti alimentari
202.703.422
237.554.396
17,2
9) Metalli di base non ferrosi
177.245.922
227.246.999
28,2
10) Pasta da carta, carta e cartone
202.121.812
196.263.102
-2,9
11) Carni e prodotti a base di carne
167.768.714
182.125.284
8,6
12) Prodotti chimici di base
203.321.050
178.828.097
-12,0
13) Altre macchine di impiego generale
118.970.423
149.349.807
25,5
14) Animali vivi e prodotti di origine animale
187.700.475
145.400.163
-22,5
15) Pietre
155.192.502
139.392.772
-10,2
16) Macchine per ufficio, elaboratori ed apparecchiature per sistemi
informatici
131.699.980
133.729.735
1,5
17) Preparati e conserve di frutta e di ortaggi
123.198.387
128.876.601
4,6
18) Macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di energia
meccanica, esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli
108.317.890
111.948.684
3,4
19) Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali
144.308.185
98.655.632
-31,6
20) Articoli in materie plastiche
86.145.844
95.970.688
11,4
21) Cuoio (esclusi indumenti)
87.305.895
91.312.541
4,6
106
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
22) Bevande
75.728.283
88.151.760
16,4
23) Carrozzerie per autoveicoli; rimorchi e semirimorchi
55.711.857
86.640.240
55,5
24) Prodotti petroliferi raffinati
45.769.887
85.854.002
87,6
25) Altre macchine per impieghi speciali
78.077.198
83.635.871
7,1
26) Articoli di maglieria
65.834.011
80.656.846
22,5
27) Pesci conservati e trasformati e prodotti a base di pesce
64.862.486
71.213.717
9,8
28) Saponi e detergenti, prodotti per la pulizia e la lucidatura; profumi e
prodotti per toletta
82.384.304
69.814.170
-15,3
29) Cisterne, serbatoi e contenitori in metallo; radiatori e caldaie per il
riscaldamento centrale
44.510.146
66.543.697
49,5
30) Altri prodotti in metallo
63.156.263
66.391.145
5,1
Fonte: elaborazione propria su dati Istat, reperibili in “Rapporto 2008 sull’economia veronese. ImpresaVerona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, nell’appendice statistica, tab. 41 e on-line sul sito
web
della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
5.4 Ruolo ed importanza delle importazioni ed esportazioni veronesi di
pietre grezze e prodotti finiti in pietra nell’insieme delle merci e prodotti
importati ed esportati nella provincia di Verona, suddivisi per nazione
interessata
5.4.1 Introduzione
In questa parte analizzo l’importanza delle importazioni ed esportazioni di
pietre grezze e pietre da taglio o da costruzione modellate e finite ed il loro
peso in un paniere di merci e prodotti che, paese per paese, costituiscono i
primi 10 beni importati ed esportati dalla provincia di Verona. I paesi in cui le
pietre sia grezze che lavorate rientrano nelle prime 10 voci dell’ import e/o
export sono:
• Tra i paesi consolidati: Germania e Stati Uniti,
107
CAPITOLO 5
• Tra quelli dell’ Europa dell’ Est: Federazione Russa, Polonia,
Ungheria, Ucraina,
• Tra i “newcomers”: Turchia, Cina, India, Brasile.
I dati sono stati presi dal sito dell’ Istat nella banca dati Coeweb
(www.coeweb.istat.it), presenti anche nelle pubblicazioni della Camera di
Commercio di Verona:
“Verona nel mondo, report 2006”, sulla Congiuntura mondiale ed internazionale delle imprese
veronesi, 31 marzo 2006, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, sezione 3, pagg.35-61
disponibile sul sito web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=78&show=view&tipo_content=GEN
ERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2006
“Verona nel Mondo, report 2007”, Congiuntura mondiale ed internazionalizzazione delle
imprese veronesi, 3 aprile 2007, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, sezione 3, pagg. 41-62
disponibile sul sito web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=3964&show=view&tipo_content=GE
NERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2007
“Verona nel mondo, report 2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le imprese tra vecchie e nuove
sfide del mercato globale, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera
di Commercio di Verona, sezione 3, pagg.40-66 e appendice statistica tab. 41
disponibile
sul
sito
web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GE
NERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2008
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000
bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di
Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 39-40 e on-line sul sito web della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20gi
ornata%20economia/vol1.pdf
5.4.2 Germania
La Germania è il primo paese a cui sono rivolte le esportazioni totali
veronesi in valore. La Germania è per Verona il primo paese sia per
importazioni che esportazioni di prodotti e tra i dieci primi prodotti esportati
in Germania al primo posto si trovano le pietre da taglio o da costruzione
modellate e finite, che nel 2005, 2006, 2007 hanno rappresentato
108
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
rispettivamente il 13,3-13,1-11,3 % del totale delle esportazioni veronesi in
Germania. Il valore di prodotti lapidei finiti è comunque in costante e
progressivo calo con una diminuzione dal 2006 al 2007 del 15,1%.
Tabella n.11 - I principali prodotti esportati in Germania (valore in euro): al primo
posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2004
2005
2006
2007
Var
Var
Var
%
%
%
04/05 05/06 06/07
1) Pietre da
taglio o
da costruzione,
modellate e
finite
2) Bevande
3) Prodotti
dell'agricoltura,
dell'orticoltura
e
della
floricoltura
4) Altre
macchine di
impiego
generale
5) Calzature
6) Articoli di
abbigliamento
in
tessuto e
accessori
(esclusi
quelli in pelle e
pellicce)
7) Carni e
prodotti a
base di carne
8) Prodotti
della
siderurgia
9) Altri
prodotti
alimentari
10) Apparecchi
per
uso domestico
Altri prodotti
Totale exp
% sul
% sul
%sul
totale
totale
totale
exp
exp
exp
2005
2006
2007
159.416.776
148.701.972
157.737.084
133.925.862
-8,7
5,4
-15,1
13,3
13,1
11,3
122.969.007
132.454.546
123.602.696
120.561.890
4,2
-7,6
-2,5
11,7
10,3
10,2
91.911.284
106.302.572
111.686.794
120.016.964
13,2
3,7
7,5
9,5
9,2
10,2
58.584.603
77.759.488
110.357.041
112.922.049
31,3
39,0
2.3
7,0
9,1
9,6
90.579.346
78.003.078
73.482.386
67.102.152
-15,5
-6,6
-8.7
7,0
6,1
5,7
67.165.118
58.647.390
50.925.722
45.939.450
-13,5
-14,4
-9,8
5,3
4,2
3,9
51.868.490
49.613.108
46.473.659
54.902.557
-11,1
-6,4
18,1
4,2
3,9
4,6
35.486.246
37.412.334
56.149.883
66.634.800
5,4
50,1
18.7
3,4
4,7
5,6
18.925.996
22.427.325
32.241.267
39.043.900
23,6
42,6
21,1
2,1
2,7
3,3
21.711.257
23.061.742
29.946.332
26.053.387
4,4
27,7
-13,0
2,1
2,5
2,2
383.759.832
391.354.471
432.984.640
393.964.497
-1,2
4,3
-9,0
34,5
34,2
33,3
1.102.377.955 1.125.738.026 1.225.587.504 1.181.067.508 -0,4
6,0
-3.6 100,0 100,0 100,0
Fonte: propria elaborazione su dati Istat, pubblicati dalla Camera di Commercio di Verona in “Verona
nel mondo, report 2006”, sulla Congiuntura mondiale ed internazionale delle imprese veronesi, 31 marzo 2006, a
cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag. 41; “Verona nel Mondo,
report 2007”, Congiuntura mondiale ed internazionalizzazione delle imprese veronesi, 3 aprile 2007, a cura del
Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag.43; “Verona nel mondo, report
109
CAPITOLO 5
2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le imprese tra vecchie e nuove sfide del mercato globale, 10 aprile 2008, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag.4163
5.4.3 Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono il quinto paese cui le esportazioni veronesi sono rivolte
e ventunesimo per il valore in euro delle importazioni generali veronesi di
prodotti. Anche per gli Stati Uniti il primato nelle esportazioni spetta alle
pietre da taglio o da costruzione modellate e finite, che col valore esportato di
144.520.960 euro del 2007 costituiscono il 28,4 % delle esportazioni totali di
prodotti verso gli Stati Uniti. Il trend esportativo sia di lapidei che in generale
manifesta una continua diminuzione con un balzo in negativo nel 2007 causa
la svalutazione del dollaro rispetto l’euro e il manifestarsi della crisi economica
americana. Dal 2006 al 2007 il flusso di esportazioni da Verona agli Stati Uniti
è infatti diminuito dell’ 8,8% per i lapidei finiti e del 10,9 per il totale delle
esportazioni.
Tabella n.12 - I principali prodotti esportati negli Stati Uniti(valore in euro): al
primo posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2004
2005
2006
2007
Var
Var
Var
%
%
%
04/05 05/06 06/07
1) Pietre da
taglio o
da costruzione,
modellate e
finite
2) Bevande
3) Prodotti
farmaceutici e
63
%
%
sul
sul
totale totale
exp
exp
2005
2006
%sul
totale
exp
2007
148.463.161 146.223.814 158.521.709 144.520.960
-1,5
8,7
-8,8
26,2
27,8
28,4
103.152.199
97.919.914
100.392.228
92.090.258
-5,1
2,6
-8.3
17,5
17,6
18,1
48.078.325
50.990.781
57.418.886
45.863.048
6,1
12,6
-20,1
9,1
10,0
9,0
disponibili on line a:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=78&show=view&tipo_content=GENERICO&label_c
ontent=Studi+e+ricerche+2006
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=3964&show=view&tipo_content=GENERICO&label
_content=Studi+e+ricerche+2007
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GENERICO&label
_content=Studi+e+ricerche+2008
110
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
prodotti chimici
e botanici per
usi medicinali
4) Altre
macchine per
impieghi
speciali
5) Calzature
6) Macchine
utensili
7) Mobili
8) Altre
macchine di
impiego
generale
9) Altri prodotti
della
trasformazione
del ferro e
dell’acciaio
10) Prodotti
lattiero-caseari
e gelati
Altri prodotti
Totale exp
32.982.100
44.677.189
24.764.388
24.779.497
35,5
-44,2
0,1
8,0
4,4
4,9
41.678.607
35.307.441
32.523.298
20.887.959
-15,4
-7,9
-35,8
6,3
5,7
4,1
22.109.658
31.175.613
26.542.001
26.741.532
40,9
-14,9
0,8
5,6
4,6
5,3
22.554.277
19.020.370
17.378.420
15.493.833
-15,7
-8,3
-10,8
3,4
3,1
3,0
10.858.473
13.881.125
12.357.888
9.088.455
27,8
-11,0
-26,5
2,5
2,2
1,8
10.112.289
13.876.072
37,2
0,3
2,5
2,4
11.128.657
11.451.854
13.030.529
14.867.755
2,9
13,8
14,1
2,1
2,3
2,9
84.749.203
13.881.125
119.255.462 104.525.003
10,8
21,7
-12,4
16,8
20,0
20,5
535.866.949 558.396.589 570.900.143 508.764.659
4,2
2,4
-10,9
100,0
100,0
100,0
Fonte: come tabella n.11
5.4.4 Federazione Russa
La Federazione Russa è per Verona il 9° paese per l’export e 22° per
import di prodotti e materie in genere. Interessante è analizzare il mercato
russo che, soprattutto nelle città di San Pietroburgo e Mosca, ha visto una
crescita edilizia importante del nuovo e nelle ristrutturazioni. Le opportunità
sono molto ampie ma allo stesso tempo vincolate. Le esportazioni di pietre da
taglio e da costruzione modellate e finite sono solo al sesto posto ma ciò che è
da notare è il loro relativamente basso valore in euro se confrontato con la
crescita edilizia delle due grandi città sopra menzionate. Ovviamente il mercato
potenziale è solo una nicchia del settore delle costruzioni in Russia, dove per le
abitazioni sono usati soprattutto palchè e piastrelle mentre il marmo è usato
per hotel, musei, chiese e case dei più abbienti ma, il vincolo più grande sta nel
fatto di non riuscire a controllare e ottenere il gap tra prezzo di vendita a
Verona e il prezzo che il cliente finale paga, a causa dell’intermediazione del
grossista russo, che è una presenza necessaria. Il prezzo a cui il marmo
111
CAPITOLO 5
veronese è venduto, ad esempio a San Pietroburgo, può essere maggiorato
anche di 7 o 8 volte. Il marmo rosso di Verona che è venduto dalla fabbrica
trasformatrice ad un prezzo che varia dai 15 ai 30 euro al metro quadrato
(spessore del materiale 2 cm), viene rivenduto dall’importatore russo ai clienti
finali ad un prezzo variabile dai 120 ai 135 euro metro quadrato64. Spesso il
40% di questo margine viene girato dal cliente al grossista connazionale
tramite “giroconto” su conti correnti off-shore in paradisi fiscali. Il potere
d’acquisto
della
poca
ma
ricca
clientela
russa
resta
appannaggio
dell’importatore russo.
Il peso percentuale delle esportazioni di marmo lavorato sul totale delle
esportazioni veronesi in Russia si attesta sul 5% e più precisamente 5% nel
2005, 5,7% nel 2007, 5,3% nel 2008, coprendo sempre il sesto posto come
prodotto esportato da Verona.65
Tabella n.13 - I principali prodotti esportati in Russia (in valore misurato in euro): al
sesto posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2006
2007
1) Altre macchine per impieghi speciali
15.558.857
2) Altre macchine di impiego generale
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
42.586.798
173,7
16,6
16.928.716
28.154.233
66,3
11,0
17.993.747
21.886.701
21,6
8,5
16.224.424
19.307.517
19,0
7,5
5) Mobili
11.026.890
15.330.263
39,0
6,0
6) Pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite
9.348.546
13.536.356
44,8
5,3
3) Articoli di abbigliamento in tessuto ed accessori
(esclusi quelli in pelle e pellicce)
4)Cisterne, serbatoi e contenitori in metallo;
radiatori e caldaie per il riscaldamento centrale
64
Propria visita a rivenditore di pietre a San Pietroburgo ed intervista ad imprenditore edile locale
Andrei Fileva, autunno 2007.
65 Fonte: “Verona nel mondo, report 2006”, sulla Congiuntura mondiale ed internazionale delle imprese veronesi, 31
marzo 2006, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag. 41
disponibile
sul
sito
web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=78&show=view&tipo_content=GENERICO&label_c
ontent=Studi+e+ricerche+2006
e “Verona nel Mondo, report 2007”, Congiuntura mondiale ed internazionalizzazione delle imprese veronesi, 3 aprile
2007, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag. 57 disponibile
sul
sito
web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=3964&show=view&tipo_content=GENERICO&label
_content=Studi+e+ricerche+2007
112
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
7) Altri prodotti in metalli
6.788.278
12.228.992
80,1
4,8
8) Prodotti dell’ agricoltura, dell’ orticoltura e della floricoltura
7.308.233
12.112.245
65,7
4,7
9) Macchine utensili
4.301.704
10.721.162
149,2
4,2
10) Bevande
8.023.252
9.834.628
22,6
3,8
Altri prodotti
51.852.138
70.732.199
36,4
27,6
Totale esportazioni in Russia
165.354.785 256.431.094
55,1
100,0
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata, pag.49
5.4.5 Polonia
La Polonia è l’11° paese per l’export veronese ed il 16° per l’import. Le
esportazioni di pietre da taglio o da costruzione modellate e finite risultano
essere in termini di valore in euro al quarto posto con un incremento dal 2006
al 2007 del 25,7% e rappresentano il 7,3% dell’ export di Verona in Polonia.
Tabella n.14 - I principali prodotti esportati in Polonia (valore in euro): al quarto
posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2006
2007
1) Altre macchine di impiego generale
22.271.632
2) Apparecchi per uso domestico
3) Cuoio (esclusi indumenti)
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
21.847.688
-1,9
12,0
12.507.598
14.732.538
17,8
8,1
10.605.939
13.380.198
26,2
7,3
4) Pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite
10.588.481
13.255.236
25,2
7,3
5) Altre macchine per impieghi speciali
13.348.556
11.800.725
-11,6
6,5
6) Prodotti dell’ agricoltura, dell’ orticoltura e della floricoltura
5.309.219
9.629.973
81,4
5,3
7) Prodotti in calcestruzzo, cemento o gesso
5.844.559
8.011.815
37,1
4,4
9.273.640
7.796.900
-15,9
4,3
13.581.772
7.652.706
-43,7
4,2
758.265
5.585.027
636,6
3,1
Altri prodotti
58.408.498
69.054.155
18,2
37,8
Totale esportazioni in Polonia
162.498.159 182.746.961
12,5
100,0
8) Articoli di abbigliamento in tessuto ed accessori
(esclusi quelli in pelle e pellicce)
9) Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici
per usi medicinali
10) Altri prodotti alimentari
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.53
113
CAPITOLO 5
5.4.6 Ungheria
L’Ungheria è il 17° paese per l’export veronese ed il 14° per il valore delle
merci e prodotti importati a Verona. Le pietre da taglio o da costruzione
modellate e finite sono il quinto prodotto esportato da Verona in Ungheria in
termini di valore, con una quota del 4,7% sul totale delle esportazioni ed un
valore che si aggira in media negli ultimi 3 anni a quota 5,2 milioni di euro.
Tabella n.15 - I principali prodotti esportati in Ungheria (valore in euro): al quinto
posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2006
2007
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
1) Altre macchine per impieghi speciali
2.153.009
25.229.098
1071,8
22,1
2) Prodotti dell’agricoltura, dell’orticoltura e della floricoltura
6.682.834
12.416.268
85,8
10,9
3) Prodotti della siderurgia
3.148.244
8.147.161
158,8
7,1
4) Calzature
5.551.624
5.507.980
-0,8
4,8
5) Pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite
5.155.633
4.957.782
5.379.663
4,3
4,7
5.140.723
3,7
4,5
3.520.381
4.936.927
40,2
4,3
3.682.636
4.527.861
23,0
4,0
3.526.970
4.096.492
16,1
3,6
3.623.785
16.7
3,2
35.025.753
-2.9
30,7
47,0
100,0
6) Altre macchine di impiego generale
7) Articoli di abbigliamento in tessuto ed accessori
(esclusi quelli in pelle e pellicce)
8) Pasta da carta, carta e cartone
9) Macchine ed apparecchi per la produz. ed impiego di energia
meccanica, esclusi motori per aeromobili, veicoli e motocicli
10) Cuoio (esclusi indumenti)
3.104.339
Altri prodotti
36.080.282
77.563.734 114.031.711
Totale esportazioni in Ungheria
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.55
5.4.7 Ucraina
L’Ucraina è per Verona il 26° paese verso cui va l’export e l’11° per merci
importate. Le pietre grezze sono una voce presente nelle importazioni di
Verona dall’Ucraina e le pietre da taglio o da costruzione modellate e finite
vengono là esportate. Le prime sono il sesto prodotto importato dall’Ucraina
con un valore di 1.228.162 euro nel 2006 (diminuito del 48% nel 2007); si
114
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
importano marmi e travertini cavati nelle zone del sud-est vicino il confine con
la Russia, il Mar Nero e il Mar di Ozov, che vengono poi imbarcate ad Odessa
arrivando via Bosforo, Dardanelli, Corinto nell’Adriatico meridionale via fino
al porto di Venezia. E’ ripresa l’estrazione del granito Labrador (stesso
materiale del Labrador norvegese ma a prezzo più contenuto), norite e altre
tipologie di granito.66 Le seconde, con un valore di 1.189.988 euro ed una
quota pari al 1,7% delle esportazioni in Ucraina, sono al decimo posto tra i
materiali esportati in Ucraina.
Tabella n.16 - I principali prodotti esportati in Ucraina (valore in euro): al decimo
posto le pietre lavorate e trasformate
Prodotti
2006
2007
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
1) Cisterne, serbatoi e contenitori in metallo;
radiatori e caldaie per il riscaldamento centrale
16.418.512 23.068.435
40,5
32,4
2) Altre macchine per impieghi speciali
5.009.236
9.897.336
97,6
13,9
3) Macchine e apparecchi per la produzione e
l'impiego di energia meccanica, esclusi i
motori per aeromobili, veicoli e motocicli
5.138.406
5.558.746
8,2
7,8
4) Altre macchine di impiego generale
5.099.900
5.133.642
0,7
7,2
5) Mobili
2.636.080
5.013.952
90,2
7,0
6) Altri prodotti in metallo
4.970.895
4.328.484
-12,9
6,1
7) Macchine utensili
1.670.895
3.424.228
104,9
4,8
8) Articoli di abbigliamento in tessuto e accessori
(esclusi quelli in pelle e pellicce)
2.232.094
2.329.326
4,4
3,3
9) Apparecchi per uso domestico
5.116.455
1.388.503
-72,9
1,9
10) Pietre da taglio o da costruzione, modellate finite
1.042.038
1.189.988
14,2
1,7
Altri prodotti
7.540.832
9.973.302
32,3
14,0
Totale
56.875.343 71.305.942
25,4
100,0
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.57
Tabella n.17 - I principali prodotti importati dall’Ucraina (valore in euro): al sesto
posto le pietre grezze
Prodotti
1) Prodotti della siderurgia
2) Carbon fossile
2006
2007
176.388.255 211.545.949
1.131.509
4.464.049
Var %
% sul totale
06/07
exp 2007
19,9
94,6
294,5
2,0
66
Fonte: Ney R. e Smakowski T., “Bilancio del settore delle materie minerarie della Polonia e del mondo 20022006”, editore Pan Igsmie, Krakòv, 2008, pag.27 – e “Bilans polskiego kamieniarstwa”, in Swiat Kamiena,
Polish Stone Magazine, pag. 84, www.swiat-kamienia.pl
115
CAPITOLO 5
3) Cuoio (esclusi indumenti)
5.690.245
2.680.181
-52,9
1,2
850.713
1.360.592
59,9
0,6
5) Prodotti dell'agricoltura, dell'orticoltura e della floricoltura
1.268.804
908.438
-28,4
0,4
6) Pietre
1.228.162
638.609
-48,0
0,3
0
412.312
-
0,2
8) Altre macchine di impiego generale
191.094
256.185
34,1
0,1
9) Altre macchine per impieghi speciali
941
237.471
25136,0
0,1
283.520
215.162
-24,1
0,1
2.587.602
884.824
-65,8
0,4
17,9
100,0
4) Legno tagliato, piallato e/o trattato
7) Prodotti chimici di base
10) Oli e grassi vegetali e animali
Altri prodotti
Totale
189.620.845 223.603.772
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.57
5.4.8 Turchia
La Turchia, grande produttore ed esportatore di marmi e primo esportatore
mondiale di travertini lavorati è grande concorrente dell’ Italia, superandola
ormai da qualche anno nei mercati di sbocco più remunerativi del commercio
lapideo mondiale come gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi.67 La Turchia che è
per l’export dei prodotti veronesi il 16° paese e il 24° per l’import, è fornitore
di marmi e travertini per Verona. Completamente assente è invece il granito
nel bacino geologico turco.68 Le pietre grezze importate da Verona
costituiscono quella voce del nostro import che è all’8° posto con 2.453.918
euro nel 2007, aumentato ben del 66,8% rispetto il 2006.
67
I risultati più importanti sono stati raggiunti nell’esportazione, confermatasi come struttura portante
dell’industria lapidea turca. Non a caso, il 2004 ha visto un ulteriore, forte incremento del fatturato
estero, che è cresciuto del 40,7%, portandosi a mezzo miliardo di dollari e confermando le impressioni
di chi ha ritenuto possibile il raddoppio a medio termine, e cioè, nel breve volgere di cinque anni. (…)
L’aumento più consistente è quello conseguito dai prodotti finiti di travertino, che hanno costituito da
soli il 42,8% dell’export turco in valore, con una crescita di oltre il 57% rispetto il 2003, mentre il
marmo a messo ha segno un balzo del 37,5%. (…) L’industria turca può contare su una propensione
alla crescita caratterizzata da tassi asiatici, e non certo europei, favorita dalla disponibilità di adeguati
mezzi finanziari per l’import di tecnologie, segnatamente dall’Italia, nella sua qualità di fornitrice
tradizionale. (…) L’espansione della Turchia lapidea dura ormai da tempo ed ha acquistato tutte le
caratteristiche di trend ascendente, garantito da fattori essenziali come l’ampia disponibilità delle
risorse, le tradizioni irripetibili, l’elevato livello professionale e qualitativo, la politica di servizio, e non
ultima, la competitività dei prezzi sebbene lontani da quelli, cosiddetti impossibili, della Cina o
dell’India. (Fonte: “Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre ottobre, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21).
68 In Turchia viene estratto un apprezzato e pregiato marmo bianco-giallastro, l’Ayfon, con struttura
saccaroide e media uniformità cromatica. Da ricordare anche il Rosa Bellissimo, il Royal e il Salomè che è
una breccia fortemente orientata a colorazione grigio-rosa. (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Pianeta
Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione maggio 1999, pagg.76).
116
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Tabella n.18 - I principali prodotti importati dalla Turchia (valore in euro): all’ottavo
posto le pietre grezze
Prodotti
2006
2007
Var %
% sul totale
06/07
exp 2007
1) Autoveicoli
16.445.360 11.866.835
-27,8
18,9
2) Articoli in materie plastiche
1.343.865
4.824.853
259,0
7,7
3) Articoli in gomma
2.282.535
4.649.303
103,7
7,4
4) Articoli di carta e di cartone
5) Altri prodotti in metallo
6) Articoli di abbigliamento in tessuto e accessori
(esclusi quelli in pelle pellicce)
7) Prodotti della siderurgia
9.208
4.396.126
47642,5
7,0
349.080
3.245.871
829,8
5,2
2.967.171
3.135.187
5,7
5,0
91.699
2.695.789
2839,8
4,3
1.471.207
2.453.918
66,8
3,9
619.103
2.373.847
283,4
3,8
10) Preparati e conserve di frutta e di ortaggi
5.609.482
2.192.833
-60,9
3,5
Altri prodotti
26.762.904 20.991.491
-21,6
33,4
Totale
57.951.614 62.826.053
8,4
100,0
8) Pietre
9) Parti ed accessori per autoveicoli e loro motori
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.59
5.4.9 Cina
In aumento le pietre grezze da Verona che sono in costante aumento in
termini di valore da anni. Nel 2004 sono state esportate pietre per un valore di
1.784.075 euro, pari al 3% dell’export veronese verso la Cina;69 nel 2005
2.632.025 euro (3,5%),70 nel 2006 2.867.275 e nel 2007 3.099.485 euro che
portano le pietre all’ottavo posto come prodotto veronese esportato in Cina
(3,5% sul totale export). La Cina importa Biancone, Pietra di Prun rosa, Rosa
Corallo ma soprattutto Rosso Verona, Rosso Asiago e Botticino Classico, Semifiorito e
Fiorito che, anche se cavato a Bergamo, alcune ditte veronesi hanno la
proprietà o diritti preferenziali su alcune cave e viene quindi registrato come
esportazioni veronesi. Il fenomeno del Botticino è assai curioso perché la Cina
69 Fonte: “Verona nel mondo, report 2006”, sulla Congiuntura mondiale ed internazionale delle imprese veronesi, 31
marzo 2006, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, sezione 3,
pag. 60.
70 Fonte: “Verona nel Mondo, report 2007”, Congiuntura mondiale ed internazionalizzazione delle imprese veronesi,
3 aprile 2007, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, sezione 3,
pag. 51.
117
CAPITOLO 5
lo compra per il proprio mercato interno ma soprattutto lo rivende in lastre al
Giappone,71 Corea del Sud, Taiwan, Singapore e accade spesso che rivende i
“tiles”72 in Italia, facendo concorrenza agli operatori locali siccome è accaduto
che, prima del rincaro dei noli, i bassi costi di produzione cinese potevano
assorbire bene i costi di trasporto di andata e ritorno.
Tabella n.19 - I principali prodotti esportati in Cina (valore in euro): all’ottavo posto
le pietre grezze
Prodotti
2006
2007
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
1) Altre macchine di impiego generale
24.891.048 22.689.367
-8,8
25,8
2) Pasta da carta, carta e cartone
2.862.778
9.174.657
220,5
10,4
9.389.453
8.841.483
-5,8
10,0
4) Cuoio (esclusi indumenti)
3.016.789
8.218.062
172,4
9,3
5) Metalli di base non ferrosi
1.567.879
5.342.145
240,7
6,1
6) Altre macchine per impieghi speciali
8.402.203
5.065.848
-39,7
5,8
7) Motori, generatori e trasformatori elettrici
2.623.957
3.478.338
32,6
4,0
8) Pietre
2.867.275
3.099.485
8,1
3,5
3.095.793
2.438.587
-21,2
2,8
593.614
2.207.206
271,8
2,5
Altri prodotti
21.785.505 17.480.924
-19,8
19,9
Totale
81.096.294 88.036.102
8,6
100,0
3) Cisterne, serbatoi e contenitori in metallo;
radiatori e caldaie per riscaldamento centrale
9) Strumenti ed apparecchi di misurazione, di controllo,
di prova, di navigazione e simili (escluse le apparecchiature
di controllo dei processi industriali)
10) Apparecchi per uso domestico
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.61
5.4.10 India
L’interscambio tra Verona e l’India risulta essere articolato sia per i flussi
nell’export che nell’import e riguarda sia le pietre grezze sia le pietre da taglio e
71
Il Giappone ha sempre apprezzato la bellezza del marmo Botticino e l’Italia era il suo principale
fornitore. Oggi il Botticino italiano diretto in Giappone è quasi completamente filtrato dalla Cina.
72 Tile = element in stone material (but also other materials), square, rectangular or polygonal, used in
cladding of walls or floors. It’s a finished product with standardised measurements, thickness less than
12 mm and a generally prefined format (30x30 cm, 60x60 cm,...). Requires installation with
conventional mortar or glues and is manufactured regardless of the final application site, ready for
installation. (Fonte: Primavori Pietro, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona, 1°
edizione ottobre 2004, pag.337).
118
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
da costruzione modellate e finite. Il dato maggiormente rilevante è
l’importazione dall’India di pietre grezze, soprattutto graniti ed in misura
minore anche marmi, sia perché il bacino geologico indiano è tra i più ricchi
del mondo in termini di estrazione di pietre, sia perché l’India tende ancora ad
esportare i blocchi grezzi piuttosto che i semilavorati in lastre ed i tiles pronti
alla posa in opera, lasciando agli altri paesi trasformatori l’elevato valore
aggiunto derivante dalla lavorazione dei materiali indiani; politica opposta
rispetto quella intrapresa ad esempio dal Brasile e Turchia che nell’ultimo
decennio hanno investito nella trasformazione in loco, ottenendo il duplice
vantaggio di sfruttare le loro economie a più basso costo rispetto all’Europa e
trattenere in patria il valore aggiunto.
Torniamo all’India:
Tabella n.20 - Importazioni veronesi dall’India di pietre grezze e pietre da taglio o da
costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007 (in valore, in euro)
Importazioni
Pietre
Pietre da taglio o da costrustruzione,
modellate e finite.
2005
2006
2007
33.614.022 37.165.238 34.045.926
1.869.769
3.572.720
5.178.824
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008” e “Verona nel
mondo, report 2007”, opere citate, pag.53 e 63
Tabella n.21 - Esportazioni veronesi in India di pietre grezze e pietre da taglio o da
costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007 (in valore, in euro)
Esportazioni
Pietre
Pietre da taglio o da costrustruzione,
modellate e finite.
2005
2006
2007
1.472.891 1.213.869 2.282.575
750.931
1.480.173 1.736.290
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008” e “Verona nel
mondo, report 2007”, opere citate, pag.53 e 63.
Come gia scritto il dato più consistente è l’import di materiale grezzo ed,
infatti, l’India è il primo esportatore di granito al mondo ed è il principale
fornitore di blocchi di granito per Verona (paragrafo 8.4), soddisfando circa il
119
CAPITOLO 5
27% delle richieste veronesi, seguito dal Brasile, Sudafrica73 e i Paesi
Scandinavi (Finlandia, Svezia, Norvegia). I materiali indiani maggiormente
importati sono: Verde Marina, Kashmir White, Raimbow, Multicolor, Paradiso Bash,
Cobra, Tiger Skin, Vizag, Orissa Blue. A questi devono essere aggiunti prodotti di
grande pregio, come i graniti rossi classici Imperial Red e New Rubin ed il
richiestissimo marmo Verde del Rajasthan. Quest’ultimo prodotto, di solito
importato in blocchi a 27 euro al quntale e rivenduto in tiles a 42 euro al metro
quadrato (spessore 2 cm), è da tre anni importato anche come prodotto finito
direttamente dall’India al prezzo medio di 20 euro al metro quadrato.
Per quanto riguarda le esportazioni ed importazioni dei primi dieci prodotti
tra Verona ed India vediamo dalle tabelle di seguito come, per l’export le pietre
sono al 5° posto e le pietre da taglio o da costruzione modellate e finite al 7°
posto; per l’import il primato spetta alle pietre grezze, seguite dalle calzature e
dai prodotti della siderurgia, mentre le pietre da taglio o da costruzione
modellate e finite sono il 5° prodotto importato dall’India in valore.
Tabella n.22 - I principali prodotti esportati in India (valore in euro): al quinto posto
le pietre grezze e al settimo le pietre lavorate
Prodotti
2006
2007
1) Prodotti in calcestruzzo, cemento o gesso
4.618.756
2) Altre macchine per impieghi speciali
12.248.864
3) Altre macchine di impiego generale
4) Altri prodotti in minerali non metalliferi
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
8.843.908
91,5
24,9
4.771.831
-61,0
13,5
5.616.263
3.832.301
-31,8
10,8
1.261.363
2.345.797
86,0
6,6
5) Pietre
1.213.869
2.282.575
88,0
6,4
6) Motori, generatori e trasformatori elettrici
2.488.928
1.899.214
-23,7
5,4
7) Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
1.480.173
1.736.290
17,3
4,9
73
Il terzo posto spetta alla Repubblica Sudafricana, il cui export verso Verona è cresciuto
costantemente dal 1993, arrivando nel 2002 ad un valore di 21.036.925 per poi scendere a 13 ed 11
milioni di euro rispettivamente nel 2003 e 2004. Nel continente africano, tre sono i paesi che, da
sempre, garantiscono una produzione rilevante con continuità ed affidabilità, il Sud-Africa, l’Egitto e
lo Zimbabwe, anche se, recentemente, una cospicua parte del continente “nero” si è fortemente
interessata al mondo lapideo (Angola, Namidia, Zambia, Marocco, Tunisia, Kenia, Etiopia, Nigeria). Il
Sud-Africa è il maggior produttore di granito nero al mondo (Nero Africa e Nero Assoluto) cui affianca
altri ottimi graniti (African Red, Crystal Brown, Lilac, Fontane). (Fonte: Fonte: PIERO PRIMAVORI,
“Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione maggio 1999, pagg.77-84-88-89)
120
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
8) Macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di energia
1.077.756
1.267.962
17,6
3,6
1.371.772
910.694
-33,6
2,6
350.493
900.854
157,0
2,5
Altri prodotti
5.582.656
6.678.774
19,6
18,8
Totale
37.310.893 35.470.200
-4,9
100,0
meccanica, esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli
9) Parti ed accessori per autoveicoli e loro motori
10) Prodotti ceramici non refrattari, non destinati
all'edilizia; prodotti ceramici refrattari
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata,
pag.63
Tabella n.23 - I principali prodotti importati dall’India (valore in euro): al primo
posto le pietre grezze e al quinto le pietre lavorate
Prodotti
2006
2007
1) Pietre
37.165.238
34.045.926
2) Calzature
21.980.171
3) Prodotti della siderurgia
6.500.479
Var % % sul totale
06/07
exp 2007
-8,4
34,0
17.359.432
-21,0
17,3
15.246.829
134,5
15,2
6.407.705
5.188.889
-19,0
5,2
5) Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
3.572.720
5.178.824
45,0
5,2
6) Cuoio (esclusi indumenti)
3.628.966
3.733.913
2,9
3,7
7) Altri prodotti della trasformazione del ferro dell'acciaio
1.308.664
2.824.516
115,8
2,8
8) Altri prodotti tessili
2.532.517
2.702.610
6,7
2,7
9) Articoli in gomma
1.820.996
2.030.962
11,5
2,0
377.304
1.948.056
416,3
1,9
Altri prodotti
1.443.692
82.906
-94,3
0,1
Totale
95.814.702 100.158.180
4,5
100,0
4) Articoli di abbigliamento in tessuto e accessori
(esclusi quelli in pelle e pellicce)
10) Prodotti chimici di base
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata, pag.63
5.4.11 Brasile
Il Brasile insieme a Turchia, India e Cina è uno dei 4 grandi newcomers del
settore lapideo mondiale. Da solamente gran fornitore di blocchi grezzi del
distretto del marmo di Verona, il Brasile è ora un pericolosissimo competitore
nel mercato degli Stati Uniti per la vendita dei prodotti finiti. L’export
brasiliano, da solo blocchi, è infatti ora concentrato sui prodotti finiti che
coprono i 4/5 delle esportazioni lasciando ai blocchi dal 2004 solo il rimanente
121
CAPITOLO 5
1/5 di importanza nelle esportazioni globali di lapidei brasiliani.74 Per quanto
riguarda l’import ed export per Verona con questo paese, la voce più
considerevole è l’importazione di pietre grezze che nel 2004 ha coperto il 50%
del totale in valore delle importazioni veronesi da questo paese
sudamericano75. Percentuale che è scesa al 41,4% nel 2006, consentendo in
ogni caso alle pietre di essere il prodotto maggiormente importato dal Brasile,
per scivolare nel 2007 al secondo posto (32% dell’import veronese) cedendo il
primato alle importazioni di cuoio che hanno pesato per il 42% del totale
import.
Tabella n.24 - Importazioni veronesi dal Brasile di pietre grezze e pietre da taglio o da
costruzione modellate e finite, anni 2005, 2006, 2007 (in valore, in euro)
Importazioni
Pietre
Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
2005
2006
2007
23.748.889 35.540.625 26.758.856
671.696
952.998
1.060.033
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008” e “Verona nel mondo,
report 2007”,opere citate, pag.55 e 65.
74
Quello del Brasile è un esempio oltre modo significativo, perché a differenza di quanto è accaduto
negli altri maggiori protagonisti del momento, che sono anche grandi importatori, la sua espansione ha
avuto luogo valorizzando solo le pietre locali. In quanto a produzione, il Brasile è al terzo posto
assoluto nella graduatoria estrattiva del granito ed al secondo in quella dell’ardesia. Nel 2004, il valore
complessivo del fatturato estero brasiliano è pervenuto a 596,2 milioni di dollari, con una crescita del
40,3% rispetto all’anno precedente che non è una novità, ma da un’idea di quanto sia sostenuto il suo
coefficiente di sviluppo. Giova aggiungere che la maggioranza assoluta di questo volume d’affari
appartiene, non da ora, al prodotto lavorato, e che il valore aggiunto consolida ancora la sua priorità,
avendo lasciato al grezzo poco più di un quinto del totale. Se si pensa che fino a pochi anni or sono la
struttura portante dell’esportazione brasiliana era ancora costituita dai blocchi, c’è da rimanere
strabiliati. Per quanto riguarda il prodotto finito, può contare su un solo grande mercato: gli Stati
Uniti, raggiungendo obiettivi straordinari, con un fatturato del 2004 pari a 448,2 milioni di dollari, un
aumento del 45,6% rispetto al 2003, ed una quota dell’81,6%, che lascia gli altri esportatori, guidati da
Messico, Canada ed Italia, poche briciole. Esaminando i prezzi medi dell’export brasiliano di lavorati
silicei nel 2004, questi sono stati pari a 32,43 dollari per metro quadrato, con un buon aumento del
13,8% rispetto all’anno precedente, con punte di 47,21 dollari per il Canada e 39,96 per gli Stati Uniti,
fino a 19,06 dollari al metro quadro per le esportazioni in Libano. Si tratta di prezzi in linea con la
concorrenza europea, e tutt’altro che tipici di un paese a basso costo: cosa che lascia presumere, vista
la competitività del sistema produttivo brasiliano, margini piuttosto sostanziosi, e cioè, tali da
supportare ulteriori investimenti nell’ambito di un sano effetto moltiplicatore. In parole povere, il
Brasile è un concorrente che non punta sui prezzi stracciati, come accade soprattutto con la Cina, ma
coniuga qualità e prezzo in modo corretto, tanto più che opera su un mercato molto attento ed
esigente come quello nordamericano. (Fonte: “Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp.25-28.)
75 Fonte: “Verona nel mondo, report 2006”, opera citata, pag.58
122
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Tabella n.25 - I principali prodotti esportati in Brasile (valore in euro): al decimo
posto le pietre lavorate
Prodotti
2006
Var % % sul totale
2007
06/07
exp 2007
10.716.612 10.328.105
-3,6
16,7
9.045.005
6.839.046
-24,4
11,1
3) Prodotti chimici di base
8.641.445
6.834.610
-20,9
11,1
4) Altre macchine di impiego generale
1.464.182
6.044.495
312,8
9,8
5) Altri prodotti in minerali non metalliferi
5.753.835
5.985.535
4,0
9,7
6) Macchine utensili
1.837.615
5.236.068
184,9
8,5
7) Bevande
1.791.273
3.284.031
83,3
5,3
8) Apparecchi medicali e chirurgici e apparecchi ortopedici
1.455.156
2.859.066
96,5
4,6
9) Altri prodotti chimici
1.055.349
2.376.720
125,2
3,8
1) Altre macchine per impieghi speciali
2) Prodotti farmaceutici e prodotti chimici
e botanici per usi medicinali
10) Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
953.565
1.620.602
70,0
2,6
Altri prodotti
7.423.760
10.381.389
39,8
16,8
Totale
50.137.797 61.789.667
23,2
100,0
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata, pag.65
Tabella n.26 - I principali prodotti importati dal Brasile (valore in euro): al secondo
posto le pietre grezze e all’ottavo le pietre lavorate
Prodotti
2006
2007
Var %
% sul totale
06/07
exp 2007
1) Cuoio (esclusi indumenti)
30.104.502 35.143.971
16,7
42,0
2) Pietre
35.540.625 26.758.856
-24,7
32,0
3) Prodotti dell'agricoltura, dell'orticoltura e della floricoltura
6.995.037
7.393.961
5,7
8,8
4) Pasta da carta, carta e cartone
4.899.092
4.008.043
-18,2
4,8
5) Prodotti della siderurgia
1.842.653
2.674.436
45,1
3,2
6) Altri prodotti delle miniere e delle cave n.c.a.
1.763.670
2.447.591
38,8
2,9
2.583
1.436.517
55514,3
1,7
952.998
1.060.033
11,2
1,3
7) Prodotti farmaceutici e prodotti chimici e botanici per usi medicinali
8) Pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
9) Carni e prodotti a base di carne
512.361
593.479
15,8
0,7
10) Legno tagliato, piallato e/o trattato
155.951
564.654
262,1
0,7
Altri prodotti
2.836.771
1.651.324
-41,8
2,0
Totale
85.606.243 83.732.865
-2,2
100,0
Fonte: propria elaborazione dati Istat pubblicati in “Verona nel mondo, report 2008”, opera citata, pag.65
123
CAPITOLO 5
5.4.12 Grafici delle esportazioni ed importazioni veronesi della parte 5.4
Grafico n.14 – Germania: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007
Altri prodotti
33,33%
10) Apparecchi
per uso
domestico
2,20%
9) Altri prodotti
alimentari
3,30%
8) Prodotti della
siderurgia
5,61%
1) Pietre da
taglio o da
costruzione,mod
ellate e finite
11,31%
7) Carni e
prodotti a base di
carne
4,60%
2) Bevande
10,21%
3) Prodotti
dell'agricoltura,de
ll'orticoltura e
della floricoltura
10,21%
6) Articoli di
abbigliamento
intessuto e
accessori
(esclusiquelli in
pelle e pellicce)
3,90%
4) Altre macchine
di impiego
generale
9,61%
5) Calzature
5,71%
Fonte: propria elaborazione tabella n.11
Grafico n.15 – U.S.A : % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno 2007
9) Prodotti
lattiero-caseari e
gelati
2,96%
Altri prodotti
20,92%
8) Altre
macchine di
impiego generale
1,84%
1) Pietre da taglio
o da
costruzione,mod
ellate e finite
28,98%
7) Mobili
3,06%
6) Macchine
utensili
5,41%
5) Calzature
4,18%
4) Altre
macchine per
impieghi speciali
5,00%
Fonte: propria elaborazione tabella n.12
124
2) Bevande
18,47%
3) Prodotti
farmaceutici e
prodotti chimici e
botanici per usi
medicinali
9,18%
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Grafico n.16 – Russia: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007
Altri prodotti
27,60%
10) Bevande
3,80%
1) Altre macchine
per impieghi
speciali
2) Altre macchine
16,60%
di impiego
generale
11,00%
9) Macchine
utensili
4,20%
8) Prodotti dell'
agricoltura, dell'
orticoltura e della
floricoltura
7) Altri prodotti in
4,70%
metalli
4,80%
6) Pietre da taglio
e da costruzione,
modellate e finite
5,30%
5) Mobili
6,00%
3) Articoli di
abbigliamento in
tessuto ed
accessori (esclusi
quelli in pelle e
pelliccie)
8,50%
4)Cisterne,
serbatoi e
contenitori in
metallo; radiatori e
caldaie per il
riscaldamento
centrale
7,50%
Fonte: propria elaborazione tabella n.13
Grafico n.17 – Polonia: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007
10) Altri prodotti
alimentari
3,09%
Altri prodotti
37,69%
9) Prodotti
farmaceutici e
prodotti chimici e
botaniciper usi
8) Articoli di
medicinali
abbigliamento in
4,19%
tessuto ed
accessori (esclusi
quelli in pelle e
pelliccie)
4,29%
1) Altre macchine
di impiego
generale
11,96%
2) Apparecchi per
uso domestico
8,08%
3) Cuoio (esclusi
indumenti)
7,28%
4) Pietre da taglio
e da costruzione,
modellate e finite
7,28%
7) Prodotti in
calcestruzzo,
cemento o gesso
4,39%
5) Altre macchine
per impieghi
speciali
6,48%
6) Prodotti dell'
agricoltura, dell'
orticoltura e della
floricoltura
5,28%
Fonte: propria elaborazione tabella n.14
125
CAPITOLO 5
Grafico n.18 – Ungheria: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007
Altri prodotti
30,73%
9) Macchine ed
apparecchi per la
produz. ed
impiego di
energiameccanica
, esclusi motori
per aeromobili,
veicoli e motocicli
3,60%
10) Cuoio (esclusi
indumenti)
3,20%
1)Altre macchine
per impieghi
speciali
22,12%
2) Prodotti dell'
agricoltura, dell'
orticoltura e della
floricoltura
10,91%
3) Prodotti della
siderurgia
7,11%
7) Articoli di
abbigliamento in
tessuto ed
accessori(esclusi
quelli in pelle e8) Pasta da carta,
pelliccie)
carta e cartone
4,30%
4,00%
4) Calzature
4,80%
6) Altre macchine
di impiego
generale
4,50%
5) Pietre da taglio
e da costruzione,
modellate e finite
4,70%
Fonte: propria elaborazione tabella n.15
Grafico n.19 – Ucraina: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona, anno
2007
9) Apparecchi per
uso domestico
1,90%
10) Pietre da
taglio o da
costruzione,
modellate finite
1,70%
Altri prodotti
13,99%
8) Articoli di
abbigliamento in
tessuto e
accessori(esclusi
quelli in pelle e
pellicce)
3,30%
7) Macchine
utensili
4,80%
6) Altri prodotti in
metallo
6,09%
5) Mobili
6,99%
4) Altre macchine
di impiego
generale
7,19%
1) Cisterne,
serbatoi e
contenitori in
metallo;radiatori e
caldaie per il
riscaldamento
centrale
32,37%
3) Macchine e
apparecchi per la
produzione
el'impiego di
energia
meccanica,
2) Altre macchineesclusi imotori per
per impieghi aeromobili, veicoli
speciali
e motocicli
13,89%
7,79%
Fonte: propria elaborazione tabella n.16
126
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Grafico n.20 – Ucraina: % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007
4) Legno tagliato,
piallato e/o
trattato
0,61%
3) Cuoio (esclusi
indumenti)
1,21%
5) Prodotti
dell'agricoltura,
dell'orticoltura e
della floricoltura
0,40%
6) Pietre
0,30%
2) Carbon fossile
2,02%
1) Prodotti della
siderurgia
95,46%
Fonte: propria elaborazione tabella n.17
Grafico n.21 – Turchia: % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007
10) Preparati e
conserve di frutta
e di ortaggi
3,50%
9) Parti ed
accessori per
autoveicoli e loro
motori
3,80%
8) Pietre
3,90%
Altri prodotti
33,37%
2) Articoli in
materie plastiche
7,69%
1) Autoveicoli
18,88%
3) Articoli in
gomma
7,39%
4) Articoli di carta
e di cartone
6,99%
7) Prodotti della
siderurgia
4,30%
6) Articoli di
abbigliamento in
tessuto e
accessori(esclusi
quelli in pelle
pellicce)
5,00%
5) Altri prodotti in
metallo
5,19%
Fonte: propria elaborazione tabella n.18
127
CAPITOLO 5
Grafico n.22 – Cina: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007
10) Apparecchi
per uso
domestico
9) Strumenti ed
apparecchi di 2,50%
misurazione, di
controllo, di
prova, di
navigazione e
simili (escluse le
apparecchiature
di controllo dei
processi
8) Pietre
3,50%
7) Motori,
generatori e
trasformatori
elettrici
4,00%
1)Altre macchine
2) Pasta da carta,
di impiego
carta e cartone
generale
10,39%
25,77%
Altri prodotti
19,88%
3) Cisterne,
serbatoi e
contenitori in
metallo;radiatori e
4) Cuoio (esclusi
caldaie per
indumenti)
riscaldamento
9,29%
centrale
6) Altre macchine
5) Metalli di base
9,99%
per impieghi
non ferrosi
speciali
6,09%
5,79%
Fonte: propria elaborazione tabella n.19
Grafico n.23 – India, anno 2007
Import ed export di pietre e di pietre da taglio o da
costruzione modellate e finite: Verona - India
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
0
2005
2006
2007
Importazione pietre
Importazione pietre da taglio o da costrustruzione,modellate e finite.
Esportazione pietre
Esportazione pietre da taglio o da costrustruzione,modellate e finite.
Fonte: propria elaborazione tabella n.20 e 21
128
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Grafico n.24 – India: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007
10) Prodotti
ceramici non
refrattari, non
destinatiall'edilizia;
prodotti ceramici
refrattari
9) Parti ed
2,50%
accessori per
Altri prodotti
18,80%
1) Prodotti in
calcestruzzo,
cemento o gesso
24,90%
autoveicoli e loro
motori
2,60%
8) Macchine e
apparecchi per la
produzione e
l'impiego di
energiameccanica
, esclusi i motori
per aeromobili,
veicoli e motocicli
3,60%
7) Pietre da taglio
o da costruzione,
modellate e finite
4,90%
6) Motori,
generatori e
trasformatori
elettrici
5,40%
5) Pietre
6,40%
2) Altre macchine
per impieghi
speciali
13,50%
3) Altre macchine
di impiego
generale
10,80%
4) Altri prodotti in
minerali non
metalliferi
6,60%
Fonte: propria elaborazione tabella n.22
Grafico n.25 – India: % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007
7) Altri prodotti
della
trasformazione del
ferro dell'acciaio
6) Cuoio3,11%
(esclusi
indumenti)
4,11%
5) Pietre da taglio
o da costruzione,
modellate e finite
5,77%
8) Altri prodotti
tessili
3,00%
9) Articoli in
gomma
2,22%
10) Prodotti
chimici di base
2,11%
Altri prodotti
0,11%
1) Pietre
37,74%
4) Articoli di
abbigliamento in
tessuto e
accessori(esclusi
quelli in pelle e
pellicce)
5,77%
3) Prodotti della
siderurgia
16,87%
2) Calzature
19,20%
Fonte: propria elaborazione tabella n.23
129
CAPITOLO 5
Grafico n.26 – Brasile: % sul valore primi 10 prodotti esportati da Verona,
anno 2007
10) Pietre da
taglio o da
costruzione,
modellate e finite
2,60%
9) Altri prodotti
chimici
3,80%
8) Apparecchi
medicali e
chirurgici e
apparecchi
ortopedici
4,60%
7) Bevande
5,30%
Altri prodotti
16,80%
1) Altre macchine
per impieghi
speciali
16,70%
2) Prodotti
farmaceutici e
prodotti chimicie
botanici per usi
medicinali
11,10%
3) Prodotti chimici
di base
11,10%
6) Macchine
utensili
8,50%
4) Altre macchine
di impiego
generale
9,80%
5) Altri prodotti in
minerali non
metalliferi
9,70%
Fonte: propria elaborazione tabella n.25
Grafico n.27 – Brasile: % sul valore primi 10 prodotti importati da Verona,
anno 2007
7) Prodotti
farmaceutici e
prodotti chimici e
botanici per usi
medicinali
6) Altri prodotti
1,70%
delle miniere e
delle cave n.c.a.
2,90%
5) Prodotti della
siderurgia
3,20%
4) Pasta da carta,
carta e cartone
4,80%
8) Pietre da taglio
o da costruzione,
modellate e finite
1,30%
9) Carni e prodotti
a base di carne
0,70%
10) Legno tagliato,
piallato e/o trattato
0,70%
Altri prodotti
2,00%
3) Prodotti
dell'agricoltura,
dell'orticoltura e
della floricoltura
8,79%
Fonte: propria elaborazione tabella n.26
130
1) Cuoio (esclusi
indumenti)
41,96%
2) Pietre
31,97%
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
5.5 Peso delle esportazioni ed importazioni di pietre grezze e pietre da
taglio o da costruzione, modellate e finite dal 1991 al 2008 a Verona,
Veneto, Italia e Carrara
In questo paragrafo analizzerò il ruolo ed importanza che ha il Distretto
della Pietra del Veneto, considerando il singolo distretto originario di Verona e
le aziende vicentine collocate soprattutto a Chiampo ed Arzignano, e il
Distretto del Marmo di Massa-Carrara, zona storica per l’estrazione e
lavorazione della pietra. Il periodo storico preso in considerazione spazia dal
1991 al 2008; i dati sono espressi in valore in euro (al valore dell’anno cui
corrisponde) e riguardano le importazioni ed esportazioni a Verona, Vicenza,
Veneto, Massa-Carrara, Italia delle due categorie merceologiche dell’Istat,
DI267 “Pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite” e CB141 “Pietre
Grezze”.76 Il data warehouse di fonte Istat è il Coeweb al sito web
www.coeweb.istat.it
1) Verona:
Da notare immediatamente la gran divergenza in valore tra le esportazioni
di prodotti finiti e le importazioni degli stessi; anche se le importazioni di
prodotti finiti sono più che raddoppiate dal 2002 al 2008 e sono state
costantemente in crescita sin dal 1991, il loro valore è comunque molto
minore, in genere 30 volte meno rispetto quello delle esportazioni di prodotti
finiti. L’aumento dell’import di prodotti finiti, o che necessitano solo delle
ultime fasi si lavorazioni, è aumentato nel 2008 rispetto il 2001 del 253,78%
giacché molte aziende del distretto, oltre a mantenere il loro consueto core
business nella trasformazione, hanno iniziato anche ad operare come semplici
76 Per pietre si intendono marmi, graniti, ardesia, travertini, onici, alabastri, limestone, sandstone e
quarziti. Non sono incluse le CB142 ghiaia, sabbia e argilla; i CB143 minerali per le industrie chimiche
e concimi; il CB144 sale; i CB145 altri prodotti delle miniere e delle cave n.c.a ed ovviamente i CB13
minerali metalliferi. (Fonte: www.coeweb.istat.it).
131
CAPITOLO 5
importatori e rivenditori di alcuni materiali che sono molto più economici se
lavorati nel paese in cui sono estratti. E’ il caso del Verde Indiano che, se
importato in blocchi in Italia al prezzo di 27 euro al quintale, viene poi
trasformato e rivenduto a 42 euro al metro quadro con spessore 2 cm. Se viene
invece importato già pronto per la posa in opera dall’India, all’impresa italiana
costa dai 15 ai 20 euro al mq che rivende a 30/32 euro al mq al cliente finale.
Stesso gap esiste nell’import ed export delle pietre grezze: Verona non ha dei
bacini di estrazione notevoli, come invece ha Carrara, quindi il suo export di
pietre grezze rappresenta in media il 10/11% dell’export italiano mentre
Carrara il 28/29%. Notevole è invece l’import di pietre grezze che ha toccato il
suo massimo nel 2006 col valore di 155.192.502 euro, rappresentando l’87%
dell’import Veneto e il 33,18% di quello italiano che è di gran lunga superiore
al dato di Carrara, 17,14%.77 Il Distretto del Marmo del Veneto è concentrato
nella zona veronese, specializzata più sul granito che sul marmo, lasciando a
Vicenza un peso minore, ma non da trascurare assolutamente. Verona è il
primo importatore di pietre grezze (importa pietre grezze in blocchi in valore
10 volte maggiore rispetto a quante ne esporta) d’Italia (nel 2008, 29% contro
il 16% di Carrara) e primo esportatore di prodotti finiti (nel 2008, 29,8 %
dell’export italiano contro il 17,8% di Carrara e 9,13% di Vicenza). Sempre sui
prodotti finiti esportati, il massimo valore esportato si è avuto nel 2000 con
556.243.850 euro poi sceso continuamente ed irreversibilmente ai 331.005.395
euro del 2008, segnando quindi un calo del 68,04%.
2) Vicenza:
Vicenza si caratterizza come Verona per importare pietre grezze (pari al
8/9% dell’import italiano) e di trasformarle in loco, trattenendo l’elevato
77 Il distretto del marmo di Verona importa notevoli quantità di materiali grezzi, come il granito
dall’India, Brasile e Portogallo, il marmo e travertini dal resto del mondo e dalla Turchia. La Turchia è
diventata una dei primi esportatori di Travertini grezzi e lavorati; questi ultimi hanno costituito il
42,8% dell’export turco in valore. (Fonte: “Turchia: una tigre autentica, in Giornale del marmo”, n.257,
settembre – ottobre 2005, pp.19-21.) ed esporta, soprattutto in Germania e Stati Uniti, prodotti finiti
di elevata qualità e ricercatezza, ricavandone un notevole valore aggiunto.
132
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
valore aggiunto vendendo il materiale in loco e all’estero. Vicenza rappresenta
nel 2008 il 3,27% dell’export di prodotti finiti e la sua quota sul dato del
Veneto ha acquistato ancora più importanza, erodendo parte del valore che
prima era appannaggio a Verona. La quota veneta di Verona è, infatti,
diminuita da 89% del 2000 a 83% del 2008, mentre Vicenza ha rilevato una
crescita rappresentando nel 2000 il 7,33% dell’export veneto, salito fino a
11,45% nel 2005, per poi scendere lievemente ed attestarsi al 9,13% del 2008.
L’import di prodotti finiti è anche a Vicenza in aumento come a Verona per i
medesimi motivi e logiche, e per le pietre grezze l’import di Vicenza ha
rappresentato nel 2008 il 8,78% dell’import italiano.
3) Carrara:
Carrara è il polo storico del marmo italiano. La storia e cultura del marmo è
stata fiorente e rinomata fin dall’antichità grazie la presenza nella zona Apuana
del pregiato marmo bianco appunto di Carrara.78 Innanzi tutto si deve notare
che Carrara è un grande estrattore ed esportatore del grezzo, fino a vendere
“distrattamente” quantitativi anche eccessivi ad Indiani, Cinesi, Turchi che
rivendono il materiale da loro segato sul mercato loro locale e negli Emirati
Arabi, Giappone, Taiwan, Singapore, Hong Kong, togliendo il valore aggiunto
alle imprese di Carrara. Il valore del marmo esportato in blocchi (non c’è
granito a Carrara) è raddoppiato dal 1991 al 2008 passando da 36.586.762 euro
a 62.790.726 euro, coprendo il 32,4 % dell’export italiano di pietre nel 2008
(Verona copre il 10,79%). Carrara, oltre a grande estrattore, è anche grande
trasformatore, specializzato più sul marmo che granito, importando
quantitativi di blocchi grezzi maggiori di quanto ne esporta. Nel 2008 ha
importato blocchi per il valore di 47.200.572 euro (16,01% su Italia; la metà
rispetto Verona 88.044.575 euro = 29,87% su Italia) ed esportato prodotti
finiti per il valore di 198.039.325 euro pari al 17,84% dell’export di prodotti
finiti italiani, comunque molto meno di Verona che ha rappresentato il
78
MONTANI C., “Ottant’anni di produzione marmifera in Italia”, in Marmomacchine, 103, 1992, pp. 62-63.
133
CAPITOLO 5
29,82%. L’export di prodotti lavorati è diminuito negli anni (quota italiana
24,02% nel 1991 – 17,84% nel 2008 – cioè una diminuzione del 30,9% in
termini di quota di mercato sull’export nazionale) poiché Carrara, rispetto a
Vicenza e Verona, ha potuto beneficiare meno delle importazioni europee,
soprattutto tedesche, e ha risentito in misura perfino maggiore delle
oscillazioni negative del dollaro (area di riferimento storica per il suo export),
che lo rendono meno competitivo riducendone i margini operativi.79 Più
preoccupante è il dato assoluto sul valore dell’export di prodotti finiti, che ha
registrato un andamento identico a Verona: il risultato maggiore si è ottenuto
nel
2000
esportando
400.645.150
euro
di
prodotti
finiti,
sceso
irreversibilmente a 198.039.325 euro nel 2008 senza voler mai dare un accenno
di possibile ripresa (calo quindi del 102,3%). Anche a Carrara è presente il
fenomeno di importazione di prodotti finiti anche se in misura minore di
Verona; in termini di valore in euro il dato è raddoppiato dal 1991 al 2008,
(restando sempre molto più basso di Verona) mentre il suo peso sull’import di
finiti in Italia è sceso dal 14,09% del 2009 al 3,77% del 2008, dimostrando
come Carrara, come chiunque possa godere di cave e materiali propri ed
esclusivi, possa far leva ed aggrapparsi ai propri materiali d’esclusiva per
fronteggiare alle crisi del mercato soprattutto sui prezzi. Ci sono molti marmi
bianchi in commercio, di cui una trentina di sola provenienza greca, ma il
Carrara con il 98-99% di carbonato di calcio ha una purezza, grana,
omogeneità e tonalità unici. Stessa cosa vale per il Rosso Verona, con tonalità
più arancio rispetto il Rosso Asiago e con le vene di terra leggermente più aperta
che riesce a mantenere maggiormente la sua esclusività rispetto il Rosso Asiago
molto simile ad un materiale concorrente Spagnolo.
79
Fonte: “Competitività lapidea ed effetto monetario”, in Giornale del marmo, n.256, luglio-agosto 2005,
pp.12-15.
134
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Grafico n.28:
Esportazioni di pietre da taglio o da costruzione modellate e
finite: quota di Verona, Vicenza, Carrara
83,26%
100,00%
80,00%
29,82%
60,00%
9,13% 3,27%
40,00%
17,84%
20,00%
0,00%
anno 2008
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.28
Grafico n.29:
Importazioni di pietre da taglio o da costruzione modellate e
finite: quota di Verona, Vicenza, Carrara
71,99%
80,00%
60,00%
40,00%
16,03%
12,07%
2,69%
3,77%
20,00%
0,00%
anno 2008
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.30
135
CAPITOLO 5
Grafico n.30:
Esportazioni di pietre grezze in blocchi: quota di Verona,
Vicenza, Carrara
80,86%
100,00%
80,00%
60,00%
32,40%
10,79%
40,00%
8,92%
1,19%
20,00%
0,00%
anno 2008
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.32
Grafico n.31:
Importazioni di pietre grezze in blocchi: quota di Verona,
Vicenza, Carrara
86,97%
100,00%
80,00%
60,00%
29,87%
40,00%
16,01%
8,78%
3,01%
20,00%
0,00%
anno 2008
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.34
136
% Carrara/Ita
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Tabella n.27: esportazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite;
movimenti valutari
Serie Storica
VERONA
VICENZA
MASSA
CARRARA
VENETO
ITALIA
1991
281.467.214
12.750.357
259.387.001
302.994.130
1.079.669.485
1992
298.322.086
14.100.895
223.337.615
324.353.587
1.090.488.509
1993
405.381.113
15.094.145
250.023.753
434.383.299
1.242.630.407
1994
455.337.543
18.501.701
301.869.441
488.340.838
1.429.637.529
1995
534.815.554
27.146.332
345.047.850
580.473.380
1.632.600.873
1996
516.748.187
26.564.539
338.779.480
560.895.440
1.617.444.299
1997
575.234.182
34.291.187
373.653.665
629.328.658
1.743.789.692
1998
572.714.082
38.769.280
347.906.478
631.419.105
1.718.572.305
1999
553.325.036
37.249.954
341.080.349
608.943.349
1.697.091.895
2000
556.243.850
45.686.407
400.645.150
623.438.905
1.883.743.379
2001
528.943.818
50.054.673
394.848.189
601.229.882
1.844.165.457
2002
498.545.363
49.864.722
355.703.026
570.022.177
1.707.878.562
2003
480.669.333
53.296.497
295.182.289
551.717.023
1.523.956.974
2004
505.272.507
57.865.097
276.046.917
583.758.850
1.396.201.732
2005
497.644.261
66.975.130
268.417.345
584.984.002
1.519.799.229
2006
537.268.902
67.250.339
298.695.892
626.637.107
1.629.697.755
2007
392.897.890
41.615.140
232.362.506
454.559.830
1.197.116.756
2008
331.005.395
36.293.329
198.039.325
397.574.378
1.110.115.995
Fonte: propria elaborazione su dati ISTAT: banca dati Coeweb, classificazione DI267
www.coeweb.istat.it
Tabella n.28: esportazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite;
valori percentuali
Serie Storica
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
1991
92,90%
26,07%
4,21%
1,18%
24,02%
1992
91,97%
27,36%
4,35%
1,29%
20,48%
1993
93,32%
32,62%
3,47%
1,21%
20,12%
1994
93,24%
31,85%
3,79%
1,29%
21,12%
1995
92,13%
32,76%
4,68%
1,66%
21,13%
1996
92,13%
31,95%
4,74%
1,64%
20,95%
1997
91,40%
32,99%
5,45%
1,97%
21,43%
1998
90,70%
33,32%
6,14%
2,26%
20,24%
1999
90,87%
32,60%
6,12%
2,19%
20,10%
2000
89,22%
29,53%
7,33%
2,43%
21,27%
2001
87,98%
28,68%
8,33%
2,71%
21,41%
2002
87,46%
29,19%
8,75%
2,92%
20,83%
2003
87,12%
31,54%
9,66%
3,50%
19,37%
2004
86,56%
36,19%
9,91%
4,14%
19,77%
2005
85,07%
32,74%
11,45%
4,41%
17,66%
2006
85,74%
32,97%
10,73%
4,13%
18,33%
2007
86,43%
32,82%
9,16%
3,48%
19,41%
2008
83,26%
29,82%
9,13%
3,27%
17,84%
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.27
137
CAPITOLO 5
Tabella n.29: importazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; movimenti valutari
Serie Storica
VERONA
VICENZA
MASSA CARRARA
VENETO
ITALIA
1991
2.305.544
204.279
2.936.457
3.639.844
19.673.227
1992
2.465.887
410.961
2.652.998
4.278.975
22.039.633
1993
2.915.839
529.960
3.088.455
4.944.532
22.051.139
1994
3.816.988
246.073
3.845.476
5.536.914
27.216.774
1995
5.920.082
863.996
4.766.112
7.934.452
34.905.886
1996
5.280.332
824.228
4.358.207
7.954.169
38.561.267
1997
4.390.976
797.340
4.704.375
7.733.459
42.835.733
1998
5.134.485
763.911
4.131.709
8.553.877
47.313.369
1999
5.006.829
1.270.642
7.769.305
9.787.077
55.130.920
2000
6.838.172
1.010.299
9.133.398
12.359.289
71.281.395
2001
5.063.601
947.160
8.052.870
10.442.053
65.208.789
2002
7.429.096
1.725.859
6.711.884
14.197.737
68.844.027
2003
15.479.438
1.308.233
4.395.664
21.832.349
79.262.209
2004
17.359.393
2.226.675
3.831.411
24.776.324
92.937.059
2005
18.008.387
3.105.261
4.533.024
26.265.811
121.385.413
2006
22.321.673
4.537.976
6.171.796
33.523.471
135.667.646
2007
17.891.348
3.022.180
4.762.474
25.091.504
108.515.438
2008
17.913.823
3.003.345
4.210.110
24.884.397
111.775.143
Fonte: propria elaborazione su dati ISTAT: banca dati Coeweb, classificazione DI267
www.coeweb.istat.it
Tabella n.30: importazioni in di pietre da taglio o da costruzione, modellate e
finite; valori percentuali
Serie Storica
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
1991
63,34%
11,72%
5,61%
1,04%
14,93%
1992
57,63%
11,19%
9,60%
1,86%
12,04%
1993
58,97%
13,22%
10,72%
2,40%
14,01%
1994
68,94%
14,02%
4,44%
0,90%
14,13%
1995
74,61%
16,96%
10,89%
2,48%
13,65%
1996
66,38%
13,69%
10,36%
2,14%
11,30%
1997
56,78%
10,25%
10,31%
1,86%
10,98%
1998
60,03%
10,85%
8,93%
1,61%
8,73%
1999
51,16%
9,08%
12,98%
2,30%
14,09%
2000
55,33%
9,59%
8,17%
1,42%
12,81%
2001
48,49%
7,77%
9,07%
1,45%
12,35%
2002
52,33%
10,79%
12,16%
2,51%
9,75%
2003
70,90%
19,53%
5,99%
1,65%
5,55%
2004
70,06%
18,68%
8,99%
2,40%
4,12%
2005
68,56%
14,84%
11,82%
2,56%
3,73%
2006
66,59%
16,45%
13,54%
3,34%
4,55%
2007
71,30%
16,49%
12,04%
2,79%
4,39%
2008
71,99%
16,03%
12,07%
2,69%
3,77%
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.29
138
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Tabella n.31: esportazioni di pietre grezze; valore in euro
Serie Storica
VERONA
VICENZA
MASSA CARRARA
VENETO
ITALIA
1991
15.627.937
2.924.751
36.586.762
19.560.147
139.078.676
1992
14.861.710
2.223.183
31.221.992
18.272.282
134.562.517
1993
16.640.992
2.463.615
47.259.207
20.029.996
181.464.619
1994
20.469.770
2.685.606
55.019.484
24.678.570
185.131.233
1995
29.295.899
2.791.638
62.713.878
33.930.126
214.631.977
1996
33.401.448
3.278.886
60.255.455
38.312.782
222.373.473
1997
21.849.558
3.142.860
55.527.771
26.118.624
217.544.292
1998
22.467.646
3.473.256
56.996.775
27.574.433
213.544.292
1999
22.369.427
4.806.271
50.441.609
28.765.648
202.630.516
2000
26.274.389
8.211.096
66.735.975
37.295.293
248.780.042
2001
24.996.379
5.483.211
70.099.662
33.189.718
235.593.316
2002
28.264.666
5.233.405
70.331.176
35.213.705
231.621.321
2003
28.926.513
6.555.377
58.493.385
37.884.488
204.714.530
2004
28.902.615
7.245.596
64.488.490
29.311.102
222.403.893
2005
28.698.527
3.725.470
61.145.027
35.085.996
218.487.492
2006
26.631.829
5.907.205
65.313.514
40.589.482
236.221.359
2007
18.364.255
3.751.006
54.364.085
25.510.255
183.319.291
2008
20.910.539
2.307.325
62.790.726
25.859.456
193.802.536
Fonte: propria elaborazione su dati ISTAT: banca dati Coeweb, classificazione CB141
www.coeweb.istat.it
Tabella n.32: esportazioni di pietre grezze; percentuali
Serie Storica
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
1991
79,90%
11,24%
14,95%
2,10%
26,31%
1992
81,33%
11,04%
12,17%
1,65%
23,20%
1993
83,08%
9,17%
12,30%
1,36%
26,04%
1994
82,95%
11,06%
10,88%
1,45%
29,72%
1995
86,34%
13,65%
8,23%
1,30%
29,22%
1996
87,18%
15,02%
8,56%
1,47%
27,10%
1997
83,66%
10,04%
12,03%
1,44%
25,52%
1998
81,48%
10,52%
12,60%
1,63%
26,69%
1999
77,76%
11,04%
16,71%
2,37%
24,89%
2000
70,45%
10,56%
22,02%
3,30%
26,83%
2001
75,31%
10,61%
16,52%
2,33%
29,75%
2002
80,27%
12,20%
14,86%
2,26%
30,36%
2003
76,35%
14,13%
17,30%
3,20%
28,57%
2004
98,61%
13,00%
24,72%
3,26%
29,00%
2005
81,79%
13,14%
10,62%
1,71%
27,99%
2006
65,61%
11,27%
14,55%
2,50%
27,65%
2007
71,99%
10,02%
14,70%
2,05%
29,66%
2008
80,86%
10,79%
8,92%
1,19%
32,40%
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.31
139
CAPITOLO 5
Tabella n.33: importazioni di pietre grezze in euro
Serie Storica
VERONA
VICENZA
MASSA CARRARA
VENETO
ITALIA
1991
43.046.400
8.286.124
72.520.510
54.913.869
263.625.306
1992
43.033.490
7.202.766
63.763.080
53.488.267
245.208.495
1993
58.853.386
8.359.899
74.927.796
69.702.504
287.193.772
1994
72.627.270
11.548.746
85.825.236
86.529.488
330.693.334
1995
97.861.135
10.711.574
104.200.812
111.081.158
395.126.557
1996
86.136.444
9.396.381
89.373.183
98.407.652
364.838.947
1997
118.303.306
8.067.705
103.781.323
129.571.895
413.191.769
1998
115.492.578
8.752.486
98.082.298
129.331.253
415.086.707
1999
108.266.012
8.687.208
104.486.909
120.924.814
415.812.432
2000
154.732.405
10.239.105
122.474.736
169.209.732
513.024.824
2001
130.103.543
10.750.909
124.955.936
144.809.469
484.037.446
2002
131.692.409
12.111.282
109.493.825
148.027.327
456.204.720
2003
126.676.176
12.633.553
86.075.045
143.403.914
395.518.778
2004
136.224.336
12.509.914
82.935.025
138.647.368
413.080.802
2005
131.065.040
14.713.942
73.583.866
151.791.144
410.302.739
2006
155.192.502
17.060.702
80.154.673
177.334.943
467.775.683
2007
112.792.535
10.047.806
57.642.255
126.257.173
347.613.986
2008
88.044.575
8.886.172
47.200.572
101.237.174
294.766.987
Fonte: propria elaborazione su dati ISTAT: banca dati Coeweb, classificazione CB141
www.coeweb.istat.it
Tabella n.34: importazioni di pietre grezze; valori in percentuale
Serie Storica
% Vr/Veneto
% Vr/Italia
% Vi/Veneto
% Vi/Italia
% Carrara/Ita
1991
78,39%
16,33%
15,09%
3,14%
27,51%
1992
80,45%
17,55%
13,47%
2,94%
26,00%
1993
84,44%
20,49%
11,99%
2,91%
26,09%
1994
83,93%
21,96%
13,35%
3,49%
25,95%
1995
88,10%
24,77%
9,64%
2,71%
26,37%
1996
87,53%
23,61%
9,55%
2,58%
24,50%
1997
91,30%
28,63%
6,23%
1,95%
25,12%
1998
89,30%
27,82%
6,77%
2,11%
23,63%
1999
89,53%
26,04%
7,18%
2,09%
25,13%
2000
91,44%
30,16%
6,05%
2,00%
23,87%
2001
89,84%
26,88%
7,42%
2,22%
25,82%
2002
88,96%
28,87%
8,18%
2,65%
24,00%
2003
88,34%
32,03%
8,81%
3,19%
21,76%
2004
98,25%
32,98%
9,02%
3,03%
20,08%
2005
86,35%
31,94%
9,69%
3,59%
17,93%
2006
87,51%
33,18%
9,62%
3,65%
17,14%
2007
89,34%
32,45%
7,96%
2,89%
16,58%
2008
86,97%
29,87%
8,78%
3,01%
16,01%
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.33
140
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
5.6 Legge regionale 4 aprile 2003 n.8 e suo il rinnovamento avvenuto
con la legge regionale n.5/2006: effetti nella provincia di Verona ed in
particolare sul Distretto del marmo80
La mappa dei distretti produttivi veronesi è lo specchio della polisettorialità
che contraddistingue la nostra economia provinciale. I distretti presenti sul
territorio costituiscono senza alcun dubbio una ricchezza per Verona, che
riesce a mantenere un delicato equilibrio tra i diversi settori economici:
dall’industria al commercio, dall’artigianato ai servizi, dall’agricoltura al
turismo.81
5.6.1 Legge regionale 4 aprile 2003 n.8 : “ Disciplina dei distretti produttivi ed
interventi di politica industriale locale “
Una volta si parlava di distretti industriali che per Verona erano tre,
espressione delle più importanti vocazioni industriali dell’area scaligera: il
marmo, il mobile e la calzatura.
Oggi esistono i distretti produttivi, previsti e riconosciuti con la Legge regionale
n. 8 emanata il 4 aprile 2003, la quale disciplina in modo innovativo
l’individuazione e le procedure di riconoscimento dei distretti, nonché le
modalità di attuazione degli interventi per lo sviluppo locale.
Secondo tale normativa, il distretto è caratterizzato dalla compresenza sul
territorio:
80
Fonte: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Verona, Servizio Studi e
Ricerche, CCIAA Verona, “I distretti produttivi di Verona”, Legge regionale 4 aprile 2003 n.8, a cura di
Servizio Studi e Ricerca - sito internet della regione: www.regione.veneto.it - Appunti delle lezioni del
corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, Prof.ssa Paola Savi, Università degli Studi di Verona, anno
academico 2007/2008 – “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000
bilanci”, vol. 1, a cura del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23-24.
81 “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a cura
del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23.
141
CAPITOLO 5
• di un’elevata concentrazione di imprese fra loro integrate in un sistema
produttivo rilevante,
• di un insieme di attori istituzionali aventi competenze ed operanti
nell’attività di sostegno dell’economia locale,
che siano in grado di sviluppare una progettualità strategica che si esprima in
un “patto per lo sviluppo del distretto“82. Questa definizione comporta un
superamento del vecchio concetto di distretto, inteso come un’entità
geografica delimitata, specializzata in un particolare comparto e apre la strada
alla configurazione di una realtà nuova: un settore merceologicomanifatturiero ben definito, con tutto il suo indotto a monte e a valle,
comprensivo di quel tessuto di aziende fornitrici di macchinari e di tecnologie
necessarie al funzionamento del comparto. Un distretto potrà così estendersi
su più province e si ragionerà in questo modo per filiera e non più per entità
territoriale.
I distretti produttivi rappresentano quindi una buona occasione per mettere
in rete centinaia di aziende e di creare rapporti più consolidati tra imprese,
territorio e istituzioni.
In ogni provincia della regione Veneto83, un numero minimo di 80 imprese
con almeno 250 addetti, adeguatamente sopportate da un insieme di attori
istituzionali, hanno avuto la possibilità di far richiesta alla locale Camera di
Commercio per essere ammessi al vaglio regionale, teso a “consacrare” i patti
proposti come nuovi distretti produttivi veneti.
Ovvero si può riassumere che gli indicatori di rilevanza del sistema
produttivo locale per la legge regionale n. 8/2003 sono:
82
Il Patto di Sviluppo del Distretto è un programma triennale sullo sviluppo del distretto sottoscritto
dai soggetti locali e deve contenere:
Obiettivi generali di sviluppo e interventi ritenuti prioritari,
Azioni da svolgere, complete dei relativi piani finanziari e temporali di spesa,
Entità e tipo di risorse pubbliche e private necessarie per la realizzazione degli interventi.
I Patti per lo sviluppo del Distretto sono disponibili in formato elettronico sul sito
www.distrettidelveneto.it
83 Sito di riferimento www.regione.veneto.it e www.consiglioveneto.it
142
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Numero di unità locali produttive operanti, anche in sistemi di
specializzazione integrata, non inferiore a 80 e numero addetti non
inferiore a 250,
Elevato grado di integrazione produttiva e di servizio, documentabile
dall’analisi organizzativa delle catene di fornitura. Per fare la
distrettualità ci devono essere e devono essere documentate
l’integrazione tra imprese e la divisione del lavoro,
Capacità innovativa comprovata dall’originalità dei prodotti e dei
processi, dalla presenza di imprese leader nei singoli settori, dal numero
di brevetti registrati dalle imprese, dalla presenza di istituzioni formative
specifiche o centri di documentazione sulla cultura locale del prodotto
e del lavoro.
La Consulta dei Distretti, istituita presso la Giunta regionale, ha messo a
punto lo schema del bando di ammissione ai finanziamenti previsti dalla legge
in questione (circa 17 milioni di euro).
Il bando si articola nelle seguenti 8 misure:
-
creazione di osservatori, banche dati e centri studi di distretto;
-
progetti di ricerca e trasferimento tecnologico;
-
creazione e promozione di marchi di distretto;
-
creazione ed implementazione di portali di distretto;
-
realizzazione di prodotti di comunicazione, multimediali e non;
-
partecipazione a manifestazioni fieristiche in Italia e all’estero;
-
creazione di centri di prova e laboratori84;
-
creazione di software mirati.
Nel 2003 i distretti veneti approvati sono stati 28, di cui 7 nella provincia
scaligera, che ha fatto la parte del leone. Sono 12 invece le “ new entry “ nel
panorama dei distretti produttivi veneti per il 2004, che fanno salire a 40 il
numero delle realtà distrettuali della nostra regione. Verona si conferma
84
Come la Videomarmoteca per il Distretto del Marmo a Verona, situata a Volarne.
www.videomarmoteca.it
143
CAPITOLO 5
nuovamente al primo posto per numero di patti ammessi, ben quattro,
sintomo che appare ben radicata nella cultura imprenditoriale scaligera
l’esigenza di fare sistema per poter affrontare i problemi di competitività del
settore manifatturiero locale.
I criteri di selezione applicati dalla Regione Veneto per ottenere lo status di
distretto produttivo, sono stati molto più rigidi e selettivi nel 2004 rispetto al
primo anno di applicazione della legge. Sono state premiate le reti locali che si
caratterizzano per un prodotto e che danno un apporto unanimemente
riconosciuto allo sviluppo dell’economia veneta. Nel 2004 sono state scartate
11 proposte distrettuali, seppure meritevoli, che potrebbero essere in futuro
per così dire ripescate attraverso nuovi specifici progetti di legge85.
Il secondo bando di ammissione ai finanziamenti regionali mette a
disposizione 17 milioni di euro (500 mila euro in meno del 2003) per i progetti
che saranno presentati dai distretti nell’ambito delle misure indicate dal bando.
La novità importante di questa seconda tornata è il finanziamento delle
infrastrutture intese come opere strutturali relative e funzionali al distretto
(acquisto di terreni, ristrutturazione ed ampliamento dei laboratori tecnici e
centri di prova, sedi espositive, centri studio ed osservatori di distretto). Sono
riconfermate le altre categorie di misure finanziabili elencate come segue:
• creazione di osservatori e banche dati,
• ricerca e sviluppo,
• creazione di marchi di distretto,
• realizzazioni di portali,
• produzione di materiale promozionale multimediale,
• partecipazione a partecipazioni fieristiche in Italia e all’estero,
• creazione di laboratori tecnici e centri di prova,
• creazione di software di gestione.
85
CCIAA Verona, “I distretti produttivi di Verona”, Legge regionale 4 aprile 2003 n.8, a cura di Servizio
Studi e Ricerca.
144
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
I Distretti Produttivi del Veneto86 sono stati al 2005 una realtà composta di
46 strutture riconosciute dalla Regione, con 8136 imprese coinvolte per un
totale di 203.118 lavoratori.
Una realtà che, tra il 2003 e il 2005, ha prodotto ben 358 Progetti, per un
ammontare di contributi regionali di oltre 54 milioni di euro ed un
investimento complessivo di circa 173 milioni di euro.
Tabella n.35: Distretti Produttivi del Veneto.
Numero Distretti
46
Numero imprese coinvolte
8136
Totale lavoratori
203.118
Progetti “prodotti”
358
Contributi regionali
54 milioni di euro
Totale investimenti
173 milioni di euro
Fonte: propria elaborazione su dati “Disegno di legge sui Distretti Industriali”
5.6.2 Legge Regionale n.5/2006 (Rinnovamento legge regionale n.8/2003)87
La regione Veneto ha rilanciato il sostegno alle imprese attraverso il
rinnovamento della legge regionale n.8 del 2003 “ Disciplina dei distretti
produttivi ed interventi di politica industriale locale “, arrivata al termine del
primo triennio di applicazione (2003-2005).
86
Fonte: CCIAA, “I distretti produttivi di Verona”, a cura di Servizio Studi e Ricerca, 2003.
Fonte: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Verona, Servizio Studi e
Ricerche, CCIAA Verona, “I distretti produttivi di Verona”, Legge regionale 4 aprile 2003 n.8, a cura di
Servizio Studi e Ricerca - sito internet della regione: www.regione.veneto.it - Appunti delle lezioni del
corso “Geografia dei sistemi Territoriali”, Prof.ssa Paola Savi, Università degli Studi di Verona, anno
academico 2007/2008 – “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000
bilanci”, vol. 1, a cura del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23-24
(questo ultimo documento è stato chiuso il 31 dicembre 2006 ed è disponibile in formato elettronico
nella sezione Dati e Statistiche del sito della Camera di Commercio di Verona www.vr.cancom.it).
87
145
CAPITOLO 5
Il Disegno di Legge, approvato dalla Giunta regionale e trasmesso al
Consiglio per il proseguimento dell’iter, ha introdotto nuove forme di
aggregazione: i metadistretti e i progetti di filiera.
I metadistretti rappresentano grosse aggregazioni di specifici settori
economici a valenza regionale, composte di almeno 250 imprese con almeno
5000 addetti e non direttamente collegate ad uno specifico territorio.
I progetti di filiera riguardano almeno 10 imprese che non potendo per vari
motivi entrare in un patto di distretto, potranno invece unirsi e presentare uno
o più progetti.
A questa tipologia sarà riservata una nuova linea di finanziamenti, alimentata
dal Fondo Unico Regionale per le Imprese.
Nel disegno di legge si sollecita l’aggregazione anche attraverso
l’innalzamento dei parametri necessari per attivare un patto di distretto: un
distretto “tradizionale” dovrà infatti essere composto di minimo 100 aziende
con almeno 1000 addetti.
Tabella n.36: caratteristiche dei distretti produttivi secondo la legge n.8/2003
Distretti Produttivi
Minimo 80 imprese
Con almeno 250 addetti
Fonte: propria elaborazione dati legge n.8/2003
Tabella n.37: caratteristiche dei distretti produttivi e nuove figure introdotte dal
rinnovamento della legge n.8/2003 con la legge n.5/2006
Distretti produttivi
Minimo 100 imprese
Con almeno 1000 addetti
Metadistretti
Minimo 250 imprese
Con almeno 5000 addetti
Progetti di “filiera”
Minimo 10 imprese
//
Fonte: propria elaborazione dati del rinnovamento del 2006 della legge n.8/2003
Il nuovo testo è stato presentato unitamente ad un rapporto sui risultati
raggiunti nel triennio 2003/2005.
146
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Per il 2006 i finanziamenti
hanno superato i 20 milioni di euro, parte
stanziati sulla specifica legge, parte prelevati dal Fondo Unico per le Imprese e,
mentre la precedente normativa prevedeva solo aiuti ed incentivi finanziari, nel
programma della Finanziaria 200688 si sono aggiunte anche semplificazioni
amministrative e fiscali.
I Criteri di valutazione dei progetti esecutivi individuati dalla legge n.5/2006
sono stati:
Numerosità e rilevanza dei soggetti coinvolti,
Coerenza rispetto alle priorità strategiche della politica economica ed
occupazionale regionale e del Patto di Sviluppo distrettuale,
Capacità di autofinanziamento dei promotori, di accesso a contributi
nazionali o comunitari e relativa quota di finanziamento regionale; cioè
quante risorse i promotori del Patto riescono a mobilizzare di altro
genere, non solo regionali,
Creazione di esternalità positive (occupazione), soprattutto in termini di
occupazione, quindi si guarda al miglioramento non solo delle imprese
che propongono ma di tutto il sistema,
Interventi in tema di innovazione e trasferimento tecnologico,
Sinergie ed integrazioni con progetti di altri distretti.
Le Tipologie di interventi finanziabili riguardano:
Opere ed infrastrutture rivolte all’ambiente, al risparmio energetico ed
energie pulite,
Attività di ricerca industriale, sviluppo pre-competitivo, trasferimento
tecnologico, test di prototipi, campionari,
Realizzazione di banche dati ed osservatori,
Introduzione di ICT,
88
FORTIS M., “E la sfida dell’economia si gioca sul territorio”, in Il Messaggero, 21/10/2005, pag.40.
147
CAPITOLO 5
Programmi
di
riconversione
industriale
rivolti
al
sostegno
dell’occupazione,
Centri assistenza post vendita all’estero e servizi logistici,
Sostegno partecipazione a progetti comunitari,
Organizzazione e partecipazione a fiere e ad altre iniziative.
Alla fine del 2007, la provincia di Verona contava 10 Distretti e
Metadistretti, sui 40 riconosciuti dalla Regione Veneto89 (tra parentesi è
indicato l’anno dell’ultimo riconoscimento)90 :
1. Distretto calzaturiero veronese (2006)
2. Distretto del marmo e delle pietre del Veneto (2006)
3. Distretto del mobile classico della pianura veneta (2006)
4. Distretto produttivo grafico-cartario veneto (2006)
5. Metadistretto logistico veneto (2006)
6. Venetoclima – Distretto veneto della termomeccanica (2006)
7. Verona Prontomoda – Distretto veneto dell’abbigliamento (2006)
8. Distretto veneto dell’informatica e del tecnologico avanzato (2007)
9. Distretto veneto del vino (2007)
10. Metadistretto alimentare veneto (2007)
Il Distretto del marmo di Verona è stato rinominato nel 2006, avendo
soddisfatto i criteri di legge sul riconoscimento dei distretti, Distretto del
marmo e delle pietre del Veneto.
89
Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a
cura del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 23-24.
90 Per aggiornamenti consultare il sito www.distrettidelveneto.it
148
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
Tabella n.38 - Informazioni sul Distretto91
Imprese92 sottoscrittrici nel 2006
Imprese sottoscrittrici nel 2006
addetti nelle imprese del distretto
unità locali attive in Veneto nel 2005
unità locali attive a Verona nel 2005
Addetti CIS 200193 nelle unità locali
attive Veneto
Addetti CIS 2001 nelle unità locali
attive Verona
sede del distretto
sito web
e-mail
287
Veona (imprese 233), Vivenza (50),
Belluno (2), Padova (2)
4129
1632
742
9199
5512
Centro Servizi Marmo Scarl - Via del
Marmo 919 - 37020 Volargne di
Dolcè (VR) – Tel 045/6888474, Fax
045/6884219
www.videomarmoteca.it
[email protected]
Fonte: propria elaborazione su dati paragrafo 5.6, www.videomarmoteca.it e Camera di Commercio di
Verona
91
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci”, vol. 1, a cura
del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona, pagg. 26-27 (questo ultimo
documento è stato chiuso il 31 dicembre 2006 ed è disponibile in formato elettronico nella sezione
Dati e Statistiche del sito della Camera di Commercio di Verona www.vr.cancom.it).
92 Per imprese si intendono le sedi e ogni sede può gestire più unità locali attive.
93 CIS: Censimento Industria e Servizi effettuato dall’Istat a cadenza decennale, l’ultimo è del 2001.
149
CAPITOLO 5
5.7 Bibliografia e sitografia
Assomarmi – Associazione dell’industria marmifera italiana e delle industrie affini,
www.assomarmi.it
Azmarmi, n. 202, febbraio 2005 pagg. 62-63.
“Bilans polskiego kamieniarstwa”, in Swiat Kamiena, Polish Stone Magazine, pag. 84
“Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005, Gruppo Editoriale Faenza,
pp.25-28.
BRUGNOLI P., “Attività di cava a Torri del Benaco nel secolo XVIII”, in “Il Garda,
l’ambiente, l’uomo”, vol. 17 2001, pp.76.
Brugnoli P., “Dolcè e il suo territorio”, Centro di documentazione per la storia di Dolcè,
1999.
BRUGNOLI P., “Marmi e Lapicidi di S. Ambrogio di Valpolicella”, Sant’ Ambrogio
(VR), 1999.
CCIAA di Verona,”La Camera di Commercio incontra il territorio”, 2’ edizione, 25 giugno
2005.
Censimento Istat 2001
CHIARELLI R., ALBERTINI G., LORENZETTI S., FORNALE’ C., “I marmi a
Verona”, a cura di Rossigni F., Asmave (Associazione Marmisti Veronesi),
Novastampa di Verona, Domegliara (VR), 1987.
Coeweb, ovvero il data warehouse dell’Istat, sito web www.coeweb.istat.it,
classificazioni: DI267 “Pietre da taglio e da costruzione, modellate e finite” e CB141
“Pietre Grezze”.
“Competitività lapidea ed effetto monetario”, in Giornale del marmo, n.256, luglio-agosto
2005, pp.12-15.
“Enciclopedia della scienza e della tecnica”, De Agostini, 1995, pag. 588, 952, 953 e 1218.
FILIPPI E., “L’industria lapidea sull’Altopiano di Asiago”, in Marmi, Graniti e Pietre, 139,
1984, pag.6.
GUSTAVO DE POLI, “Marmi Veronesi”, Edizioni di Vita Veronese, 1967, pagg. 5 –
11, 28-35, 36-46.
HARKER, “Metamorphism, Chapman and Hall”, London 1974.
150
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
“Il distretto industriale del marmo a Verona”, Francesca Simeoni, 2001, pagg. 21-22-23.
“La Pietra di Trani: caratteristiche di questa preziosa risorsa” in CMT Marmi – Il Marmo di
Trani
http://www.cmtmarmi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=48&It
emid=63
“Le cave di Carrara”, di Aldo Innocenti, 24-06-2006, articolo su
www.alpiapuane.com/php/index.php?option=com_content&task=view&id=146&It
emid=26
MAFFEI S., “Verona illustrata”, parte III, Verona 1732, pp. 196-510-512-311.
MONTANI C., “Ottant’anni di produzione marmifera in Italia”, in Marmomacchine, 103,
1992, pp. 62-63.
Ney R. e Smakowski T., “Bilancio del settore delle materie minerarie della Polonia e del mondo
2002-2006”, editore Pan Igsmie, Krakòv, 2008, pag.27.
NICOLIS E., “Materiali, pietre e terre coloranti della provincia di Verona (Materiali naturali,
litoidi da costruzione e decorazione)”, Verona 1900, pp. 10-11-14-19-23-38-48.
PIERO PRIMAVORI, “Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione
maggio 1999, pagg. 32-42-76-77-84-88-89.
Pietro Primavori, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona,
1’ edizione, 2004, pagg.31, 48, 49, 65, 71, 86, 95, 116, 311, 337.
Propria visita a rivenditore di pietre a San Pietroburgo ed intervista ad imprenditore
edile locale Andrei Fileva, autunno 2007.
“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”,
a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1,
9 maggio 2008, pag. 39-40 e on-line sul sito web della Camera di Commercio di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata
%20economia/vol1.pdf
Sebastiano Villanova, “Import export del settore lapideo in Italia”, Tesi di Laurea, 20032004, Padova.
“Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre ottobre, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21
TURRI E., PAVAN V., BALISTRERI C., “L’architettura di pietra in Lessinia”, Numero
Uno Design Book Editore, Verona, 2003.
151
CAPITOLO 5
“Verona nel mondo, report 2006”, sulla Congiuntura mondiale ed internazionale delle imprese
veronesi, 31 marzo 2006, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, sezione 3, pagg.35-61.
disponibile sul sito web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=78&show=view&tipo_content=GEN
ERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2006
“Verona nel Mondo, report 2007”, Congiuntura mondiale ed internazionalizzazione delle imprese
veronesi, 3 aprile 2007, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio
di Verona, sezione 3, pagg. 41-62.
Disponibile sul sito web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=3964&show=view&tipo_content=GE
NERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2007
“Verona nel mondo, report 2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le imprese tra vecchie e nuove sfide
del mercato globale, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, pagg. 7 ,19, 38-66, e nell’appendice statistica tab. 41
disponibile
sul
sito
web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GE
NERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2008
V. VILLAVECCHIA, G. EIGENMANN, “Nuovo dizionario di merceologia e chimica
applicata”, vol. V, Hoepli, Milano 1975.
“1961-1987, 25 anni di Marmomacchine”, a cura di Ente Marmi Veronesi.
www.margraf.it
www.ven.cancom.it
www.vr.camcom.it
www.ceramica.com
www.cmtmarmi.it
www.marmidellippari.it/territorio.asp
www.dellas.it
www.swiat-kamienia.pl
152
IL DISTRETTO INDUSTRIALE DEL MARMO A VERONA
LETTURE DI APPROFONDIMENTO:
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Verona, “Catalogo
import/export della provincia di Verona: marmo”, novembre 2006, Verona.
Lucia Micheletto, “Il trasporto marittimo containerizzato e il mercato dei noli”, anno
accademico 2006/2007, Università degli Studi di Verona, Dipartimento di Studi
sull’Impresa, sede di Vicenza, relatore Prof. Fabio Enzo Arcangeli.
SPADA G.G., “Catalogus marmorum agri veronensis cum numinibus locorum in quibus
reperiuntur, in Spada G.G., Corporum lapidefactorum agri veronensis catalogus quae apud Joan
Joacubum Spadam Gretinae Archiprebyterum osservantur. Editio altera multo avertitior cui
accendunt Annotationes, et Marmorum quae in eodem agro reperiuntur Elenchus”, Verona 1744,
pp. 63-73, tradotto e ripubblicato da FILIPPI E. nel 1981
www.comune.verona.it/Castelvecchio/cvsito/index.htm
www.museicivicivicenza.it
www.alpiapuane.com
153
Capitolo 6
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO
DEL MARMO DI VERONA
6.1 Aziende di estrazione e lavorazione dal 1995 al 2008
6.1.1 Imprese attive, unità locali ed artigiani
Nel 2005 le imprese che operavano nel settore lapideo nelle provincia
scaligera erano 557, di cui 51 impegnate nell’attività estrattiva e 506 in quella
della lavorazione, modellatura e finitura delle pietre naturali1. Al terzo trimestre
2008 il numero di imprese attive2 è diminuito a 551, divise in 47 imprese attive
nell’estrazione (-4 unità) e 504 nella lavorazione, modellatura e finitura delle
pietre naturali (-2 unità). Nel corso degli ultimi 13 anni il numero di imprese
appare comunque in aumento. Una leggera flessione è avvenuta tra il 1997 e il
2000 nel numero di aziende estrattive e dopo il 2004 in quelle di lavorazione.
Il numero delle imprese di estrazione è rimasto nel lungo periodo pressoché
stabile causa l’impossibilità di apertura di nuove cave per l’estrazione. Il
1 Pietra naturale: qualsivoglia roccia esistente in natura ed impiegabile per scopi costruttivi e/o
decorativi, esclusivamente attraverso operazioni sul suo volume e sulle sue superfici. Il termine esclude
categoricamente qualsiasi materiale che, pur contenendo elementi lapidei, derivi da processi artificiali
di combinazione, mescolamento, aggregazione, agglutinazione, ricomposizione con leganti e/o
cementi di vario tipo. (Fonte: PRIMAVORI P., “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, 2004, Giorgio
Zusi Editore, pag. 86).
2 Per imprese attive si considerano il numero delle sede legali; attive significa che l’impresa non risulta
avere procedure concorsuali in atto. (Fonte: “Verona nel mondo, report 2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le
imprese tra vecchie e nuove sfide del mercato globale, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e Ricerche della
Camera di Commercio di Verona, pag.7).
CAPITOLO 6
materiale locale è andato diminuendo abbassando anche i quantitativi di
materiale estratto. Il numero delle imprese attive locali impegnate nella
trasformazione è andata aumentando da 464 del 1995 a 504 nel quarto
trimestre 2008, registrando un incremento dell’8,62%. Maggiore è stato lo
sviluppo del numero di unità locali3 (che comprendono oltre la sede legale
anche, magazzini, laboratori, sedi commerciali, ecc.) passate nello stesso
periodo da 532 a 663, con un aumento del 24,62%. Gli artigiani sono un di cui
del numero delle unità locali, ma può esserci sovrapposizione di dati poiché
alcune unità locali, se ne hanno le caratteristiche, possono richiedere di entrare
nel registro degli artigiani e sono così rilevate sia come unità locali sia come
artigiani.
Tabella n.39: numero di imprese attive, unità locali, artigiani impegnati nell’attività di
estrazione nel territorio del distretto
ESTRAZIONE
Imprese
Unità
Artigiani
attive
locali
45
59
23
1995
47
64
26
1996
46
64
24
1997
45
71
24
1998
43
64
24
1999
41
69
24
2000
46
78
26
2001
53
79
27
2002
54
84
28
2003
49
84
23
2004
51
90
25
2005
48
85
23
2006
48
86
23
2007
47
85
22
2008
Fonte: proprie elaborazioni su dati Camera del Commercio di Verona; classificazione ATECO 14.10 –
Anni
14.11
3
Le imprese attive possono operare in un unico luogo , o il luoghi diversi tramite unità locali. Le varie
unità locali create nella stessa o in diverse province, assumono rilevanza giuridica diversa a seconda
delle funzioni che vengono loro attribuite dall’imprenditore. In pratica gli operatori economici
adottano liberamente varie definizioni: filiale, succursale, agenzia, ufficio di rappresentanza, deposito,
magazzino, negozio, laboratorio, ecc. (Fonte: “Verona nel mondo, report 2008, Supereuro, dollaro e petrolio: le
imprese tra vecchie e nuove sfide del mercato globale”, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e Ricerche della
Camera di Commercio di Verona, pag. 7).
156
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Tabella n.40: imprese attive, unità locali, artigiani impegnati nella trasformazione delle
pietre ornamentali nel territorio del distretto
LAVORAZIONE
Imprese
Unità
Anni
Artigiani
attive
locali
464
532
268
1995
468
536
268
1996
477
553
278
1997
484
610
287
1998
484
616
287
1999
486
625
291
2000
493
665
299
2001
492
686
295
2002
496
634
298
2003
510
643
301
2004
506
652
290
2005
508
666
297
2006
503
659
288
2007
504
663
282
2008
Fonte: proprie elaborazioni su dati Camera di Commercio di Verona: classificazione ATECO 26.70
Grafico n.32:
Estrazione: numero di imprese attive, unità locali ed artigiani
100
80
Imprese attive
60
Unità locali
40
Artigiani
20
0
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
Fonte: propria elaborazione tabella n.39
Grafico n.33:
Lavorazione: numero di imprese attive, unità locali ed artigiani
800
700
600
500
Imprese attive
400
Unità locali
300
Artigiani
200
100
0
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
Fonte: propria elaborazione tabella n.40
157
CAPITOLO 6
Grafici n.34-35-36: numero di imprese estrattive, unità locali ed artigiani nella
provincia di Verona
Estrazione: imprese attive
60
50
53
45
47
46
45
54
49
46
43
51
48
48
47
41
40
30
20
10
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Estrazione: unità locali
100
80
59
64
64
71
78
64
79
84
84
90
85
86
85
69
60
40
20
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Estrazione: artigiani
30
25
26
23
24
24
24
24
26
27
28
23
25
23
23
22
20
15
10
5
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: propria elaborazione su dati Camera di Commercio di Verona; classificazione ATECO:
14.10-14.11
158
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Grafici n.37-38-39: Lavorazione: numero di imprese, unità locali ed artigiani nella
provincia di Verona
Lavorazione: imprese attive
520
510
506
508
2004
2005
643
652
510
500
490
484
486
1998
1999
2000
493
492
2001
2002
504
2006
2007
2008
666
659
663
477
480
470
484
503
496
464
468
460
450
440
1995
1996
1997
2003
Lavorazione: unità locali
800
700
600
500
400
300
200
100
0
532
536
553
610
616
625
665
686
634
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Lavorazione: artigiani
310
299
300
287
290
268
295
298
301
297
290
288
282
278
280
270
287
291
268
260
250
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: propria elaborazione su dati Camera di Commercio di Verona; classificazione ATECO
26.70
159
CAPITOLO 6
6.1.2 Gli addetti nel distretto
Lo studio effettuato nel 2003 “Il distretto industriale del marmo a Verona”, a
cura del Gruppo Banco Popolare di Verona e Novara, ha rilevato la presenza
di 5053 addetti nel distretto del marmo4, la maggior parte dei quali lavora in
aziende con un numero di addetti tra le 10 e 49 unità. Tuttavia, quasi il 70%
delle aziende occupa un numero di dipendenti5 inferiore alle dieci unità.
Grafico n.40: numero di imprese attive nell’estrazione e lavorazione nella provincia di
Verona divise per numero di addetti (anno 2003)
AZIENDE
500
381
400
300
156
200
100
11
0
da 50 a 249
più di 250
0
da 1a 9
da 10 a 49
Fonte: proprie elaborazioni su dati “Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco Popolare
di Verona e Novara, 2003, pag.28
Grafico n.41: numero di addetti per classe di imprese nella provincia di Verona (anno
2003)
ADDETTI
2741
3000
2500
2000
1500
1364
947
1000
500
0
0
da 1 a 9
da 10 a 49
da 50 a 249
più di 250
Fonte: proprie elaborazioni su dati “Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco Popolare
di Verona e Novara, 2003, pag.28
4
Fonte: “Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco Popolare di Verona e Novara, 2003,
pag. 28.
5 Per quanto riguarda la manodopera si deve far presente l’aumento della presenza di lavoratori extracomunitari, col problema, per le maestranze locali, di riuscire ad insegnare questo mestiere e ,
soprattutto, cercare di trasmettere ed infondere la spiritualità e legame col territorio degli estrattori e
scalpellini veronesi, conosciuta ed apprezzata nel mondo. Vi è inoltre uno studio sul fenomeno ad
opera della Camera di Commercio di Verona: CCIAA di Verona, “Il fabbisogno di alloggi per lavoratori
extracomunitari nella provincia di Verona. Con particolare riferimento alle imprese marmifere e alle aziende agricole
ortofrutticole”, Verona: CCIAA, 2003, a cura di ZONIN R.
160
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Secondo il Censimento dell’Industria e dei Servizi del 2001 a cura dell’Istat
(effettuato con cadenza decennale), gli addetti del settore sono circa 5.300, con
un aumento rispetto alla rilevazione censuaria del 1991 pari al 15,7%. I più
recenti dati dell’archivio ASIA6 messi a disposizione sempre dall’Istat, che si
riferiscono al 2005 non rileva i dati relativi ai gruppi di attività economica, ma
si ferma alle divisioni. Nel caso del marmo, non è possibile avere quindi un
dato sul numero di addetti alle unità locali più aggiornato rispetto a quello del
Censimento del 2001. Si evidenzia comunque che la divisione “DI26 –
Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”
composta dal 70% da imprese del marmo, (cioè “taglio, modellatura e finitura
della pietra”) conta 7.878 addetti alle unità locali nel 2005.
6.1.3 Forma giuridica delle imprese di estrazione e di lavorazione
La forma giuridica più comune delle imprese scaligere occupate nell’attività
di estrazione è la società di capitale (utilizzata quasi dal 43% delle aziende nel
2004 e 46,8% nel 2008), seguita da quella di persone (32,6% nel 2004 e 36,1%
nel 2008) e dall’impresa individuale (24,48% nel 2004, scesa al 17,02% nel
2008).7 Come è possibile osservare dai grafici che seguono, nel corso degli
ultimi dieci anni il profilo giuridico di queste imprese è profondamente
cambiato. Nel 2000, infatti, la maggior parte delle aziende era costituita sotto
forma di società di persone (16 società di persone contro 12 società di capitali
e 13 società individuali). Le società di capitale rappresentavano solo il 29,26%
del totale nel 2000, salite al 46,8% del 2008.
6
Archivio ASIA (Registro statistico delle unità locali delle imprese). Questo archivio aggiorna
annualmente (ad oggi l’aggiornamento è al 2005) la fotografia del sistema produttivo italiano scattata
dal Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi del 2001. Per maggiori informazioni ed
aggiornamenti si rimanda al sito dell’Istat www.istat.it. (Fonte:“Rapporto 2008 sull’economia veronese.
Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 7).
7 Le attività estrattive suddivise per natura giuridica si trovano nelle sottocategorie ATECO 1410,
1411, 14111, 14112; archivio CCIAA di Verona.
161
CAPITOLO 6
Nell’attività di lavorazione del marmo si evidenzia una tendenza simile a
quella del comparto dell’estrazione, anche se molto più moderata. Nel 1998 le
società di capitale rappresentavano il 29,5% con 143 unità, quelle di persone il
41,94% con 203 unità e le imprese individuali il 27,89% con 135 unità. Nel
2000 il peso, mantenendo l’ordine, è stato rispettivamente del 30,9%, 40,3% e
28,2%. Nel 2004 il peso delle società di persone, sebbene in diminuzione, è
risultato ancora preponderante (184 società di persone e 180 società di
capitali). Le società di capitale mostrano un’incidenza costantemente crescente
e nel 2008 rappresentavano il 41,26% contro il 32,7% delle società di persone
ed il 25,19% delle imprese individuali. Il peso delle imprese individuali si è
mantenuto costante dal 2001 al 2006 per scendere a 127 imprese nel 2008.
Grafico n.42: aziende di estrazione suddivise per forma giuridica, valori in
percentuale. Provincia di Verona, anni 1998, 2000, 2004, 2008
ATTIVITA' ESTRATTIVA
50
40
30
36,1
32,6
31,7
29,26
46,8
42,9
39,02
37,7737,77
24,48
22,22
17,2
20
10
0
1998
2000
2004
S.Cap.
S.Pers.
2008
Imp.Ind.
Fonte: propria elaborazione su tabella n.41
Grafico n.43: aziende di lavorazione suddivise per forma giuridica, valori in
percentuale. Provincia di Verona, anni 1998, 2000, 2004, 2008
LAVORAZIONE
50
41,94
41,26
40,3
35,29 36,07
40
29,5
27,89
30
30,9
28,2
32,7
28,03
25,19
20
10
0
1998
2000
S.Cap.
2004
S.Pers.
Imp.Ind.
Fonte: propria elaborazione su tabella n.42
162
2008
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Estendendo l’analisi storica fino al 1998 e ragionando anzichè in
percentuali, in valori assoluti si sono potute costruire le seguenti tabelle:
Tab. n.41: numero imprese di ESTRAZIONE suddivise per natura giuridica
Anno
Soc. Cap.
Soc.
Sempl.
Imp.
Indiv.
Altre
forme
Totale
1998
10
17
17
1
45
1999
11
18
14
0
43
2000
12
16
13
0
41
2001
19
15
12
0
46
2002
22
17
14
0
53
2003
24
16
14
0
54
2004
21
16
12
0
49
2005
23
18
10
0
51
2006
23
17
8
0
48
2007
23
17
8
0
48
2008
22
17
8
0
47
Fonte : propria elaborazione su dati Camera di Commercio di Verona ; classificazione ATECO 1410,
1411, 14111, 14112.
Tab. n.42: numero imprese di LAVORAZIONE suddivise per natura giuridica
Anno
Soc. Cap.
Soc.
Sempl.
Imp.
Indiv.
Altre
forme
Totale
1998
143
203
135
3
484
1999
145
197
139
3
484
2000
150
196
137
3
486
2001
153
196
141
3
493
2002
159
189
141
3
492
2003
166
186
141
3
496
2004
180
184
143
3
510
2005
193
172
138
3
506
2006
196
168
141
3
508
2007
197
168
134
4
503
2008
208
165
127
4
504
Fonte : propria elaborazione su dati Camera di Commercio di Verona; classificazione categoria
ATECO 267, 26701, 26702, 26703
163
CAPITOLO 6
Grafico n.44:
Im prese di estrazione suddivise per natura giuridica
60
40
20
0
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Soc. Cap.
Soc. Sempl.
Altre forme
Totale
Imp. Indiv.
Fonte: propria elaborazione su tabella n.41
Grafico n.45:
Imprese di lavorazione suddivise per natura giuridica
600
500
Soc. Cap.
400
Soc. Sempl.
Imp. Indiv.
300
Altre forme
200
Totale
100
0
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Fonte: propria elaborazione su tabella n.42
Dai due grafici sopra è chiaramente visibile come le società di capitali
abbiano superato in numero quelle di persone; ciò è avvenuto nel 2001 per le
imprese estrattive e nel 2005 per quelle impegnate nella lavorazione. Per
quanto riguarda il numero complessivo di imprese, nonostante la linea di
quelle d’estrazione manifesti delle curve più accentuate (poiché la scala usata
sull’asse y ha valori minori), il numero totale delle imprese di estrazione8 è
8 Le attività estrattive sono rimaste pressoché stabili negli anni, sia in termini numerici sia come forma
giuridica. Ciò è dovuto al fatto che negli ultimi vent’anni, il numero di cave non è aumentato causa
l’impoverimento quantitativo dei giacimenti e i numerosi vincoli ambientali. Questa situazione stabile e
costante non ha quindi causato l’esigenza di cambiamento (se non dal punto di vista della tecnologia)
per gli estrattori veronesi. L’evoluzione significativa è avvenuta con il recente riconoscimento del
164
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
rimasto pressoché invariato nel lungo periodo. E’ da notare come le imprese
individuali siano in calo sia nell’ attività di estrazione che di lavorazione segno
che la crisi e le problematiche del mercato lapideo si fanno sentire soprattutto
per le attività più piccole.9
6.2 Segmentazione del distretto in piccole, medie e grandi imprese: 30
imprese campione
6.2.1 Caratteristiche del distretto e criteri di segmentazione del mercato
distrettuale
Il distretto industriale veronese del settore lapideo, unitamente a quello di
Carrara, rappresenta il principale polo italiano per la lavorazione di marmo e
granito e il più importante a livello mondiale per la produzione di agglomerati.
E’ caratterizzato dalla presenza di numerose imprese manifatturiere di modeste
dimensioni, accomunate per tipologia di prodotto e con vari gradi di
specializzazione nelle singole fasi del processo produttivo. Il distretto
veronese, contraddistinto nel suo complesso da un grado di specializzazione
molto elevato, è costituito principalmente da imprese di piccole dimensioni
con un forte ricorso al decentramento di alcune fasi del processo produttivo.
Il largo prevalere di imprese terziste delinea chiaramente la connotazione
del distretto come una realtà in cui prevalgono attività prive di presenza sul
marchio riguardante il Marmo Rosso di Verona per evitare che materiali simili, come il Rosso Asiago o il
Domvrena Red greco, siano commerciati con lo stesso nome.
9 Le piccole imprese del veronese si sono infatti trovate immerse in un mercato via via più
globalizzato, dove la territorialità del processo produttivo, la gestione a carattere familiare e il fatto di
operare come sub-fornitrici di imprese più grandi, ha ristretto la mentalità e le capacità di aprirsi
all’esterno del distretto, cercando nuovi canali e mercati su cui operare direttamente.
165
CAPITOLO 6
mercato finale. Il fenomeno del terzismo è stato peraltro un elemento
importante per la crescita del distretto veronese.10
Al fine di individuare le principali tendenze in termini di risultati
economici, patrimoniali e finanziari, riporto il sunto di un’analisi svolta su un
campione costituito da 30 aziende del settore lapideo,11 operanti nel distretto
di Verona, equamente distribuite nelle zone della Valpolicella e della
Valpantena, ad opera del Gruppo Banco Popolare di Verona e Novara nella
ricerca “Il Distretto del Marmo a Verona”, fatta nel 2003.
IL campione in esame considera il gruppo dei “marmi e graniti” a sua
volta suddiviso in due sottogruppi: “commercio blocchi” e “lavorazione e
produzione”.
MERCATO LAPIDEO
COMMERCIO BLOCCHI
MARMI e GRANITI
LAVORAZIONE e PRODUZIONE
Aziende di
grandi dimensioni
Aziende di
medie dimensioni
Aziende di
piccole dimensioni
Le aziende di “lavorazione e produzione” sono state divise in grandi, medie
e piccole in base alla dimensione aziendale, fatturato e numero di dipendenti.
10
Fonte: “Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco Popolare di Verona e Novara, 2003,
pag. 28
11 Sono escluse le imprese che realizzano esclusivamente agglomerati.
166
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
6.2.2 Aziende specializzate nel commercio di blocchi: analisi della gestione del
magazzino e delle esportazioni dal 1991 al 2008
Le aziende appartenenti a questa categoria si occupano principalmente del
commercio di blocchi di marmo e granito: esse acquistano il materiale lapideo
in blocchi, lo rivendono ad altri trasformatori locali, che provvedono a
tagliarlo in lastre e lucidarlo, destinandolo al mercato italiano e principalmente
al mercato estero.
Per la natura della loro attività sorge l’esigenza di gestire il proprio corebusiness basandosi sull’andamento del mercato e sulle esigenze della domanda.
Queste imprese necessitano di un gran magazzino sia di blocchi sia di lastre e
semilavorati non ancora venduti, per soddisfare rapidamente i clienti e poter
fruire in ogni occasione di un paniere di pietre di qualsivoglia provenienza e
colore. Il materiale in rimanenza è finanziato quasi esclusivamente con mezzi
di terzi che determinano un forte impatto di oneri finanziari a livello
reddittuale. Negli ultimi anni, infatti, il ROE12 e l’utile netto sono diminuiti (dal
2002). L’attenta gestione del magazzino costituisce pertanto un aspetto
prioritario per la solidità delle aziende in esame.13
Poiché il fattore umano e l’esperienza nella scelta dei blocchi sono
fondamentali per ottenere un prodotto finito privo di microfratture o altri
difetti, che ne comprometterebbero la qualità e durata nel tempo (e quindi il
prezzo finale di vendita, l’immagine e l’affidabilità dell’impresa), gli
imprenditori specializzati nel commercio, nella lavorazione e trasformazione
della pietra si recano da sempre, di persona o tramite un incaricato di fiducia,
nelle cave di tutto il mondo per scegliere i blocchi che intendono comprare. In
questo modo si ottengono due vantaggi:
12
ROE= reddito netto/capitale netto, return on equity = redditività del capitale netto. Indica quanto
rende il capitale di spettanza ai soci al netto dei capitali di terzi. (Fonte: PAGANELLI O., “Analisi di
Bilancio, Indici e Flussi”,Utet Libreria,2005,pag. 38).
13 I dettagli sugli indicatori di bilancio sono riportati nel paragrafo 6.3 riguardante l’analisi svolta sul
distretto del marmo a cura della Professoressa Bettina Campedelli dell’ Università degli Studi di
Verona, per la CCIAA di Verona.
167
CAPITOLO 6
1) si riducono i costi, in quanto si evita l’intromissione di un
commerciante tra la cava e il compratore del blocco,
2) si può scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze e a quelle
del proprio cliente.
Esistono in molte cave accordi verbali secondo cui i blocchi migliori
vengono assegnati fin dal momento del loro stacco dalla bancata14 ad un
imprenditore piuttosto che ad un altro.
Per quanto riguarda l’import ed export è necessario precisare che sono
significativi i dati delle sole esportazioni, in quanto quelli per le importazioni,
come da fonte Istat (banca dati Coeweb), includono gli acquisti di blocchi sia
delle imprese che commerciano solo blocchi sia di quelle che lavorano il
materiale grezzo, che lo acquistano ed importano direttamente (queste
rappresentano la maggior parte dell’import di blocchi). Per quanto riguarda le
esportazioni, invece, i dati Istat diventano interessanti e rilevanti tenendo
conto delle seguenti riflessioni: poiché la maggior parte delle imprese del
distretto (circa il 91%) è specializzata in una o più fasi del processo di
trasformazione ed importano materiale grezzo per esportare prodotti finiti ad
alto valore aggiunto, l’esportazione di blocchi è ristretta alle aziende estrattive
locali (i cui volumi sia in termini quantitativi che in valore sono trascurabili
causa il progressivo esaurimento della materia prima e vincoli ambientali
nell’apertura di nuove cave) e soprattutto, se non quasi esclusivamente, a
quelle che operano nel commercio degli stessi, ovvero quelle aziende che oltre
a far trasformare i propri blocchi contro terzi se necessario, sono specializzate
nel vero e proprio trading di blocchi.
14
Bancata: grande porzione o fetta di roccia che viene staccata dalla cava e che necessita di essere
ulteriormente divisa in blocchi dalle dimensioni trasportabili e commerciabili. Questa grossa porzione
di roccia, di forma normalmente parralelepipeda, viene isolata dal giacimento con l’operazione del
taglio primario. Le dimensioni sono dell’ordine delle centinaia/migliaia di metri cubi e, generalmente
multiple di quelle dei blocchi commerciali. Talvolta viene considerato come volume progettuale di
ordine inferiore alla bancata il pannello, derivante da una suddivisione della bancata stessa. (Fonte:
Pietro Primavori, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona, 1’ edizione,
2004, pag. 26).
168
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Nella tabella seguente si considerano le esportazioni di blocchi e di lastre
non lucidate dal distretto di Verona, dal 1991 al 2008, verso i paesi maggior
acquirenti: Germania, Stati Uniti, Austria, Ucraina, Croazia, India, Cina,
Taiwan, Hong Kong.
Tabella n.43: esportazioni di blocchi e lastre non lucidate dalla provincia di Verona,
maggiori paesi, valori in euro
Serie Storica Germania
Austria
Croazia
Ucraina
USA
India
Cina
Giappone
Taiwan
Hong Kong
1991
3.321.076
468.176
0
//
965.280
0
6.640
1.652.793
160.594
1.587.241
Europa
Mondo
1992
3.194.760
673.993
169.717
//
1.029.921
15.494
0
1.060.135
136.042
1.106.231
9.529.095 14.861.709
1993
5.334.885
856.642
174.441
//
1.287.349
0
0
684.999
290.933
656.912
11.029.360 16.640.340
1994
3.820.445
681.617
647.822
1995
6.288.020
982.732 1.035.342
1996
7.684.949 1.253.622 856.243
1997
4.089.637
1998
5.443.363 1.100.512 1.012.803
1999
5.353.236
746.574
2000
3.446.909
905.049
2001
3.902.044
902.400
2002
3.454.618
694.095
9.073.900 15.627.937
//
3.734.316 188.712
15.872
838.835
242.855
1.879.749
9.141.220 20.469.771
1.242
3.210.860 233.613
454.753
701.048
569.586
6.321.401
13.646.957 29.295.899
27.162
3.291.113
1.615.427
830.098
1.522.871
6.202.360
15.808.740 33.401.447
1.194.903 182.032 1.098.119
430.290
857.337
1.717.839
13.521.385 21.849.557
15.197
1.500.593
423.545
519.101
1.284.679
14.611.283 22.467.647
748.980
13.875
2.775.464 366.411
985.852
746.416
1.312.215
12.889.864 22.362.266
511.155
22.900
5.847.966 672.849 1.270.645
807.536
1.311.373
1.107.861
11.525.517 26.271.330
989.486
51.904
3.326.682 621.829 1.814.773
795.770
1.308.726
666.318
12.573.610 24.996.015
908.206
111.783 7.653.342 453.344 1.225.018
375.076
1.525.539
392.296
12.641.640 28.264.666
2003
3.758.659 1.152.072 913.667
318.647 7.403.695 577.052 1.524.384
226.175
751.677
67.784
12.993.538 28.926.513
2004
3.678.797 1.689.578 1.301.561 1.005.682 7.252.508 708.623 1.784.075
7.546
1.457.086
828.104
13.864.395 28.902.615
2005
4.752.454 1.370.246 941.511
194.524 4.191.704 1.472.891 2.632.025
56.464
1.406.194
733.647
14.999.443 28.698.527
2006
5.189.305
854.944 1.224.580
71.412
43.597
1.358.061
233.683
14.940.673 26.631.829
2007
2.416.370
690.483
241.233
651.810 1.275.440 1.556.144 2.296.161
//
1.359.790
139.140
8.822.731 18.364.255
2008
2.544.299 1.207.813 187.859
976.721 2.300.427 1.412.327 1.815.959
//
1.131.339
131.367
9.600.157 20.910.539
995.746
931.889
0
41.280
84.880
1.577.642
765.035
2.889.327 1.213.869 2.867.275
Fonte: propria elaborazione su dati ISTAT: banca dati Coeweb, classificazione CB141
www.coeweb.istat.it
6.2.3 Analisi patrimoniale ed economico finanziaria di piccole, medie e grandi
imprese di lavorazione e produzione
Il settore produttivo dei “Marmi e Graniti” è da sempre stato caratterizzato
da una grande segmentazione delle aziende, ognuna spesso con un forte
connotato artigianale/familiare e con pochi esempi di aziende di dimensioni
rilevanti. La categoria delle aziende di “lavorazione e produzione” può essere
169
CAPITOLO 6
suddivisa in tre sottocategorie in base alla dimensione15, speso legata al grado
di specializzazione in una o più fasi del processo produttivo:
a) aziende di grandi dimensioni,
b) aziende di medie dimensioni,
c) aziende di piccole dimensioni.
Il 2004 ed il 2006 sono stati per le aziende veronesi un anno di ripresa
dopo un 2003 estremamente difficile. Data l’incidenza sul totale del fatturato
realizzato all’estero, l’incremento delle esportazioni verificatosi nel 2004 e 2006
è un buon indicatore del recupero delle aziende veronesi, dopo un periodo di
ripetute contrazioni. Negli anni il distretto veronese ha avvertito in maniera
pesante la crisi del mercato tedesco, che dodici anni fa assorbiva quasi il 60%
delle esportazioni della provincia di Verona. Le aziende veronesi hanno saputo
reagire, sfruttando l’ottima congiuntura del mercato statunitense. Nel 2004
l’incidenza delle vendite negli Stati Uniti era pari a quella della Germania, il cui
flusso di importazioni dall’Italia e da Verona, secondo l’IMM16 di Carrara
continuerà a calare. Le esportazioni scaligere permangono ancora troppo
concentrate (Stati Uniti e Germania) e tale situazione appare molto rischiosa.17
15
Fonte del Parametro: “Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco popolare di Verona e
di Novara, 2003, pag.31.
16 IMM: “Internazionale Marmo Macchine di Carrara”, centro di ricerche sul settore lapideo di importanza
mondiale. www.immcarrara.com
17 I problemi maggiori, presenti nel contesto economico italiano anche negli altri settori, sono:
• la specializzazione settoriale,
• la struttura dimensionale,
che causano una forte volatilità della presenza internazionale delle aziende italiane e concentrazione in
pochi o uno solo o due mercati esteri. (Fonte: Valdani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”,
edizioni Egea, seconda edizione, marzo 2006, pagg. XI-3544).
A livello nazionale, le criticità strutturali dell’ economia italiana riguardano in particolare:
• elevato debito pubblico, il più alto in Europa (104% del PIL),
• forte tasso di cambio euro/dollaro,
• elevata vocazione in settori tradizionali a basso valore aggiunto e a forte esposizione alla
concorrenza internazionale,
• elevata dipendenza energetica dall’estero,
• inadeguata dotazione infrastrutturale,
• difficoltà nelle relazioni banche-imprese,
170
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Il momentaneo recupero del 2004 e 2006 è stato smentito dal crollo
dell’export del 2007 e 2008 (par. 8.2) e non sembra aver coinvolto
indistintamente tutte le aziende del settore. Le aziende di maggiori e medie
dimensioni sembrano aver reagito alla crisi del 2003 in maniera più rapida ed
efficace rispetto a quelle di piccola dimensioni. Dotate di strutture patrimoniali
solide, le imprese più grandi hanno fatto registrate una crescita dei risultati
economici, dovuta al miglioramento sia della gestione caratteristica, sia della
gestione finanziaria. Ancora in difficoltà invece le aziende di dimensioni
minori, che come spesso accade nei momenti di crisi sono quelle su cui si
scaricano in maniera più pesante le conseguenze negative. Le imprese di medie
dimensioni hanno mostrato una buona ripresa dei risultati legati alla gestione
caratteristica (anche superiore a quella delle aziende più grandi) grazie ad una
maggiore flessibilità produttiva: produzione che si colloca nel mezzo tra quella
delle piccole imprese, alle prese con i costanti problemi di liquidità e
finanziamento, e delle grandi imprese, che necessitano di elevati livelli di
vendita per coprire i costi medi dei numerosi telai e tagliablocchi multilama e
delle linee di lucidatura. Tuttavia, le debolezze legate alla struttura
•
•
•
•
•
elevati costi e lentezza burocratica,
elevata pressione fiscale,
scarsa produttività delle imprese industriali,
insufficiente propensione all’innovazione e alla ricerca scientifica,
difficoltà storica ad avviare un processo di crescita da parte di numerose aree del
Mezzogiorno.
(Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 6
e
on-line
sul
sito
web
della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf).
171
CAPITOLO 6
patrimoniale, che hanno inciso negativamente sulla gestione finanziaria18,
hanno ridotto tale recupero19.
Concentrando l’analisi sulle singole tre tipologie di aziende raggruppate in
base la loro dimensione si può notare:
a) Aziende di grandi dimensioni
Le cosiddette grandi aziende non presentano particolari problemi a livello
economico patrimoniale: dispongono infatti di una redditività soddisfacente e
di una struttura patrimoniale solida. Il loro punto di forza è di essere presenti
nelle varie fasi della lavorazione e di disporre di una rete commerciale sensibile
oltre i confini veronesi, garantendosi in tal modo rapidi adeguamenti a mercati
sempre più difficili dominati da incertezze e dalla presenza di concorrenza
sempre più qualificata. Tali società dispongono inoltre, a differenza delle
medie e piccole, di una struttura organizzativa delegata. Queste imprese sono
presenti sul mercato finale senza l’intermediazione di grossisti e riescono a
fornire servizi di consulenza di ingegneria e architettura pre e post vendita, tali
da poter soddisfare importanti e difficili commesse.20
18
Come visibile nel paragrafo 6.3, tra i vari indici che misurano la situazione finanziaria delle imprese
del marmo a livello aggregato si può osservare il rapporto di indebitamento, che esprime il grado del
ricorso a fonti di finanziamento a titolo di debito confrontato con il ricorso al capitale proprio. Il
rapporto di indebitamento per tutto il periodo tra il 2001 e 2006 è tra 1,40 e 1,62: ciò significa che i
mezzi di terzi sono pari al 40% o 60% in più dei mezzi propri e costituiscono pertanto la fonte di
finanziamento prevalente (ovvero i debiti sono pari a 1,4 e 1,6 volte il capitale proprio); in caso di
equilibrio tra le due fonti di capitale l’indicatore sarebbe infatti pari all’unità.
19 Le aree gestionali di un’ impresa sono: gestione caratteristica, accessoria, finanziaria, fiscale. (Fonte:
Rosignoli B., “Materiali per lo studio della finanza aziendale”, 2005, economia Cusl, pag. 6).
20 Commesse per gallerie d’arte, banche, musei, teatri, copertura esterna di edifici e grattacieli ( a New
York, Dubai, Miami, New Delhi, Francoforte, ecc. ), creazione di luoghi di culto come il tempio in
marmo bianco a New Delhi (commissionato alla Margraf spa di Chiampo), l’Opera Hall a Helsinky
(fnlandia) prima coperto esternamente di marmo di Carrara poi di granito bianco causa le rigide
temperature invernali. E ancora, sono stati creati appositi sostegni della pavimentazione con i vantaggi
di poter usufruire del sistema di riscaldamento a pavimento e, non incollando i tiles, è possibile levare
il materiale per riparazioni o per rivenderlo qualora si volesse cambiare lo style dell’arredamento
(ottimo per uffici, banche…) (Fonte: http://www.margraf.it/section_22_0.html per le realizzazioni
importanti; http://www.margraf.it/section_20_0.html per il laboratorio Margraf Projet, progettazione
di grandi opere in marmo; per i pavimenti sopraelevati vedere catalogo dell’ azienda milanese “Fratelli
Moncini”, www.moncini.it).
172
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
b) Aziende di medie dimensioni
Tale fascia di aziende deve affrontare alcune problematiche che hanno
contribuito e contribuiscono a renderle potenzialmente più esposte alle
difficoltà di mercato. Vi sono alcuni esempi di imprenditori che hanno
intrapreso politiche di sviluppo interno, focalizzando le proprie energie
principalmente al settore produttivo e raggiungendo di conseguenza buoni
livelli di fatturato, trascurando però altri aspetti fondamentali come lo
sviluppo di una rete commerciale internazionale orientata anche verso i
mercati emergenti capaci di compensare il calo dello storico mercato
tedesco21. All’interno di tali aziende si evidenzia la carenza di una
suddivisione di compiti, fra produzione e vendite, quale l’importanza del
fatturato richiederebbe.
La maggior rischiosità di tali aziende è dovuto inoltre ai seguenti motivi:
1) esportano principalmente in Europa, mercato che, nel complesso, ha
evidenziato le maggiori difficoltà22;
2) producono principalmente semilavorati e prodotti finiti standard, che è
il segmento in cui la concorrenza di alcuni paesi, Cina in particolare,
India, Turchia, Brasile, Messico (per il solo mercato americano), ha una
rilevanza maggiore, mentre nei prodotti finiti a maggior valore aggiunto
i paesi emergenti si avvicinano ma non hanno ancora raggiunto il livello
di qualità dei piccoli produttori italiani.
21 MIRANDOLA R., “Managment innovativo della qualità”, in “La qualità come strumento di marketing per il
settore lapideo”, Carrara, IMM, 1992, pagg. 7-26.
22 Problema di tutte le imprese veronesi nei vari settori industriali; nel 2007 le esportazioni generali
veronesi per area geografica si sono concentrate per il 65,5% nei paesi dell’ UE27 e il 12,5% verso gli
altri paesi europei, per un totale export verso la regione geografica Europa pari al 78% dell’ export
totale veronese. (Fonte: “Verona nel mondo, report 2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le imprese tra vecchie e
nuove sfide del mercato globale”, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, pagg. 16, e nell’appendice statistica tab. 41 disponibile sul sito web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GENERICO&label
_content=Studi+e+ricerche+2008 ).
173
CAPITOLO 6
C) Aziende di piccole dimensioni
Le piccole aziende del distretto lapideo veronese sono prevalentemente a
gestione familiare con un supporto di un numero ristretto di dipendenti23.
Queste aziende, lavorando principalmente conto terzi, non hanno sviluppato
alcun tipo di struttura commerciale, investendo esclusivamente nel rinnovo dei
macchinari e facendo spesso ricorso all’indebitamento finanziario che talvolta
ha ridotto notevolmente la redditività. La dipendenza dai grossi gruppi, l’alta
specializzazione circoscritta a poche fasi delle lavorazione e fragile struttura
patrimoniale connota questa categoria come particolarmente rischiosa,
nonostante la concorrenza dei paesi asiatici sia meno rilevante per l’alta qualità
dei prodotti finiti che tali aziende sono in grado di garantire.24
Grafico 46:
Composizione del portafoglio clienti delle aziende
marmifere del distretto veronese
3%
6%
4%
0%
87%
Grossisti
Privati
Studi Tecnici
Imprese edili
Enti pubblici
Fonte: Simeoni F., “Il Distretto Industriale del Marmo a Verona”, litografia Valprint, 2001
23
COSTA G., “La famiglia come risorsa e come problema nello sviluppo delle piccole medio imprese”, Cuoia
Notizie, n.2, 1999.
24 La circolazione dei materiali e dei prodotti sia finiti che semilavorati è ampia e conosce livelli di
interscambi e relazioni tra produttori che hanno sinora probabilmente interferito con la possibilità
delle imprese di crearsi una propria rete di vendita diretta sui mercati extra regionali di consumo:
proprio la volontà di non disturbare la già esistente griglia di rapporti con la clientela periferica si è
certamente sovrapposta alle difficoltà di rendersi autonomi in fase finale di vendita, portando ad un
modello di integrazione di filiera basato sulla cooperazione con operatori locali, piuttosto che sulla
presenza autonoma e vicina al consumo finale. Non sempre questo modello si è manifestato efficiente,
o quanto meno il migliore possibile rispetto al mercato italiano e tuttavia è ancora il modello
dominante per molte aziende e gruppi di produttori e spesso si ripropone in termini analoghi anche su
mercati esteri. Nel distretto veronese, infatti, la maggior parte delle piccole e medie imprese tende a
non agire direttamente con il cliente; tra la fase di produzione e quella vendita, trova spazio un
intermediario che può essere un’ impresa più grande del settore o un grossista che commercia prodotti
finiti: se, da un lato il commerciante garantisce per l’impresa un livello minimo di produzione, più o
meno costante, dall’altro, causa una mancanza di sviluppo delle politiche di marketing all’interno
dell’impresa e difficoltà ad interagire direttamente in mercati extra-distrettuali. (Fonte: NAPOLI S.,
“Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, pag.10).
174
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
6.3 Indici di produttività economica, redditività, solidità finanziaria del
bilancio aggregato di 173 imprese nel distretto del marmo a Verona
Riporto qui i dati dell’analisi effettuata dalla Prof.ssa Bettina Campedelli
dell’Università degli Studi di Verona, disponibili in CCIAA di Verona al sito
www.vr.cancom.it nella sezione statistiche, anno 2008 e pubblicato dalla stessa
CCIAA di Verona come, “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona:
l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della
Camera di Commercio di Verona, volume 2-3, 9 maggio 2008.
“Il distretto del marmo comprende le imprese operanti nel territorio della
provincia di Verona nelle sezioni di attività economica:
• CB 14.10 estrazione di pietre,
• CB 14.11 estrazione di pietre ornamentali e da costruzione,
• e DI 26.7 taglio e modellatura e finitura di pietre ornamentali e per
l’edilizia.
Si tratta di un numero medio di imprese attive nel triennio 2004-2006 pari a
557, di cui 212 rette nella forma di società di capitali.
L’analisi è stata realizzata aggregando i bilanci di 173 imprese attive in
ciascuno dei tre anni 2004-2006. L’approfondimento dell’analisi relativa ai
bilanci del distretto è stata fatta grazie alla disponibilità di dati disaggregati per
classe dimensionale; pertanto, nel seguito si commenteranno dati e indicatori
relativi al distretto nel complesso, ma anche alle tre classi dimensionali così
individuate:
1. la prima classe comprende le imprese che, con riferimento all’anno 2004
presentavano un valore della produzione fino a 10 milioni di euro,
2. la seconda le imprese con valore della produzione superiore a 10 milioni e
fino a 50 milioni di euro,
175
CAPITOLO 6
3. la terza le imprese con valore della produzione superiore a 50 milioni di
euro.
L’analisi complessiva del distretto può invece essere condotta con
riferimento ad un arco temporale più ampio, che comprende gli anni dal 2001
al 2006; ciò è possibile grazie all’utilizzo dei dati sui bilanci aggregati dei trienni
2001-2003 e 2003-2005, che sono stati oggetto di analoga analisi negli scorsi
due anni25.
Tab. n.44 - Il bilancio aggregato di distretto evidenzia i seguenti dati di sintesi, in
euro
2004
2005
2006
Capitale investito netto 462.561.378 491.597.767 547.398.516
Valore della produzione 656.165.306 681.667.051 732.175.974
Il capitale investito netto è stato calcolato sulla base della riclassificazione dello
stato patrimoniale secondo la pertinenza gestionale; esso è costituito dalla
somma degli aggregati capitale circolante netto operativo – che comprende
magazzino, crediti commerciali e le altre attività del circolante (esclusa la
liquidità) al netto dei debiti di natura non finanziaria e dei ratei e risconti
passivi - e del capitale fisso netto, che comprende tutte le immobilizzazioni al
netto dei fondi ammortamento.26
Il distretto del marmo nella provincia di Verona – così come emerge dalle
risultanze del campione analizzato – assume nel triennio 2004-2006 una
25
Cfr. B. Campedelli, “I bilanci delle società di capitali della provincia di Verona” , volume 3, presentato in
occasione della 4° giornata dell’economia del 12 maggio 2006, CCIAA Verona – Servizio Studi e
Ricerche e B. Campedelli, “I bilanci delle società di capitali della provincia di Verona. I bilanci dei distretti”,
volume 3, presentato in occasione della 5° giornata dell’economia del 15 maggio 2007, CCIAA Verona
– Servizio Studi e Ricerche. Si consideri che, in ciascuno dei trienni oggetto di analisi, il campione di
imprese utilizzato per l’analisi comprende le società di capitali operative in tutti e tre gli anni del
triennio considerato, e che pertanto il campione potrebbe variare di triennio in triennio.
26 Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 2, 9 maggio 2008, pag.5.
176
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
dimensione in termini di capitale investito netto medio di 501 milioni di euro
ed in termini di valore della produzione di 690 milioni di euro.
Tab. n.45:
media
2001-2003
media
2004-2006
valore della produzione 600.517.898 690.002.777
Grafico n.47:
Fonte: elaborazione tab.44
Con riferimento al distretto nel suo complesso è possibile osservare la
dinamica di sviluppo nel periodo 2001- 200627.
Tab. n.46:
sviluppo
∆ fatturato
∆ costi operativi
∆ investimenti totali
∆ investimenti in
immobilizzazioni
∆ immobilizzazioni materiali e
immateriali
∆ patrimonio netto
20012002
20022003
20032004
20042005
20052006
3,79%
2,49%
6,92%
-2,63%
-1,35%
6,54%
4,78%
7,36%
6,70%
3,96%
3,22%
3,10%
5,43%
7,32%
6,93%
7,74%
4,34%
4,43%
7,74%
5,17%
4,45%
4,65%
3,69%
6,83%
1,57%
11,91%
3,09%
3,46%
7,14%
5,04%
27
Si precisa che le variazioni 2002-2001 e 2003-2002 sono prese dall’indagine sul triennio 2001-2003,
la variazione 2004-2003 è presa dall’indagine sul triennio 2003-2005, mentre le variazioni 2004-2005 e
2005-2006 sono prese dalla più recente indagine sul triennio 2004-2006. Reperibili in CCIAA Verona,
Servizio Studi e Ricerche.
177
CAPITOLO 6
Nel periodo 2001-2006 l’andamento del fatturato evidenzia un trend di
crescita, fatta eccezione per l’anno 2003; gli anni di maggiore crescita risultano
il 2004 e il 2006.
I costi operativi seguono l’andamento del fatturato, ma con tassi di sviluppo
leggermente inferiori, cosa positiva per la redditività del distretto.
Anche l’andamento degli investimenti è sempre positivo, anche se i tassi di
crescita sono diversificati; per gli investimenti complessivi l’anno di maggiore
crescita è il 2006, mentre per le immobilizzazioni, sia a livello totale che con
riferimento alle sole immobilizzazioni tecniche, l’anno di maggiore sviluppo è il
2005.
Il patrimonio netto, analogamente, è cresciuto ogni anno nel periodo considerato,
in particolare nel 2002.
Nel periodo considerato il bilancio aggregato di distretto pone in rilievo i
seguenti caratteri di liquidità finanziaria28.
Tab. n.47:
liquidità finanziaria
2001 2002 2003 2004 2005 2006
Quoziente di liquidità (AC/PC)
1,30 1,50 1,52 1,53 1,52 1,53
Quoziente di liquidità secca (AC -R)/PC 0,81 0,97 0,96 0,96 0,95 0,91
La liquidità finanziaria evidenzia un notevole miglioramento nell’anno 2002;
negli anni successivi si mantiene pressoché allo stesso livello, per quanto
riguarda la liquidità generale, mentre la liquidità secca 2006 segna una leggera
flessione, pur mantenendosi abbastanza prossima all’unità.
28 Si precisa che il dato degli anni 2001-2003 è preso dall’indagine sull’omonimo triennio, mentre il
dato degli anni 2004-2006 è preso dall’indagine sull’ultimo triennio 2004-2006, pertanto il dato 2004 e
2005 potrebbe differire da quello analizzato lo scorso anno, che prendeva per riferimento il triennio
2003-2005.
178
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
In merito alla solidità finanziaria, il bilancio aggregato pone in evidenza i
seguenti indicatori per il periodo 2001- 200629.
Tab. n.48:
solidità finanziaria
quoziente immobilizzo attivo (AI/AC)
rapporto indebitamento (CT/CN)
consolidamento del passivo (PCNS/PCR)
copertura generale immobilizzazioni
(CN+Pcons)/AI
copertura immobilizzazioni (CN/AI)
2001 2002 2003 2004 2005 2006
0,58 0,46 0,46 0,48 0,50 0,48
1,52 1,41 1,49 1,60 1,56 1,62
0,23 0,29 0,32 0,40 0,39 0,40
1,39 1,72 1,75 1,72 1,68 1,72
1,08 1,31 1,28 1,18 1,17 1,17
Tab. n.49:
Indicatore
Quoziente di immobilizzo attivo
Rapporto di indebitamento
Indice di consolidamento del passivo
Indice di copertura generale delle
immobilizzazioni
Indice di copertura immobilizzazioni
Modalità di calcolo
Attivo immobilizzato/Attivo corrente
Capitale di terzi/Capitale netto
Passivo consolidato/Passivo corrente
( Capitale netto + Passivo consolidato ) /
Attivo immobilizzato
Capitale netto/Attivo immobilizzato
Il quoziente di immobilizzo dell’attivo esprime il rapporto esistente tra attivo
immobilizzato e attivo corrente e pertanto permette di giudicare il grado di
rigidità degli investimenti delle imprese; all’aumentare degli investimenti in
immobilizzazioni, infatti, la struttura patrimoniale delle imprese appare più
rigida, ovvero meno facilmente convertibile in altra attività o meno
rapidamente smobilizzabile in caso di cessazione della stessa. In generale, un
indice attorno a 0,5 indica che l’attivo corrente è pari al doppio dell’attivo
immobilizzato; una prevalenza di quest’ultimo nel complesso degli impieghi
sarebbe infatti segnalata da un indicatore superiore all’unità.
Il rapporto di indebitamento esprime il grado del ricorso a fonti di
finanziamento a titolo di debito, confrontato con il ricorso al capitale proprio.
Il rapporto di indebitamento per tutto il periodo di osservazione è tra 1,40 e
29
Si rinvia alla nota precedente per il riferimento ai valori dei diversi trienni di indagine.
179
CAPITOLO 6
1,62: ciò significa che i mezzi di terzi sono pari al 40% o 60% in più dei mezzi
propri e costituiscono pertanto la fonte di finanziamento prevalente (ovvero i
debiti sono pari a 1,4 e 1,6 volte il capitale proprio); in caso di equilibrio tra le
due fonti di capitale l’indicatore sarebbe infatti pari all’unità.
L’indice di consolidamento del passivo è un indice che descrive la composizione
delle fonti di finanziamento dell’impresa, ma con riferimento specifico alle sole
fonti a titolo di debito. Di queste analizza la scadenza, suddividendole in due
macro-classi: i debiti consolidati ovvero scadenti oltre l’esercizio successivo, e i
debiti correnti, ovvero scadenti entro l’esercizio successivo. Dalla tabella sopra
emerge un trend di leggero aumento dell’indice, segno di una maggiore
incidenza del passivo consolidato sul passivo corrente nel corso degli anni. Il
valore dell’indice ad esempio di 0,40 (nel 2004 e 2006) sta a significare che il
passivo corrente è poco meno di quattro volte superiore al passivo
consolidato. Vi è un discreto equilibrio fonti-impieghi nel medio/lungo
termine.
L’indice di copertura generale delle immobilizzazioni esprime la capacità delle fonti
di capitale a lungo termine di finanziare gli investimenti a medio/lungo
termine. Trattandosi di copertura generale, essa comprende il concorso di
passivo consolidato e patrimonio netto, che è la fonte a lungo termine per
eccellenza in tutte le imprese. Valori superiori all’unità, così come si registrano
nel comparto nel periodo osservato, denotano una copertura totale delle
immobilizzazioni, ed inoltre evidenziano come una parte delle fonti a più lunga
scadenza finanzi anche gli investimenti correnti; ciò è indicativo di una buona
situazione finanziaria anche nel breve termine (situazione di liquidità). Si
consideri infatti che all’interno del complesso degli investimenti correnti si
nasconde una parte che solo formalmente è tale, ma di fatto perdura all’interno
dell’azienda (si pensi ad esempio ad una scorta minima di magazzino, sempre
presente per esigenze gestionali): questa parte è bene che sia coperta da fonti
durevoli.
180
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Considerando il solo capitale proprio è possibile infine calcolare l’indice di
copertura delle immobilizzazioni. L’indicatore è superiore all’unità, indicando che il
solo patrimonio netto è sufficiente a coprire gli investimenti immobilizzati (o
impieghi immobilizzati).30
Il grado di rigidità degli impieghi, misurato dal quoziente di immobilizzo
dell’attivo, appare in riduzione, mentre viceversa aumenta il consolidamento
del passivo: l’effetto è un aumento della solidità della struttura finanziaria delle
imprese del distretto.
Anche gli indici di copertura delle immobilizzazioni evidenziano una situazione
di solidità per le imprese del distretto, posto che anche l’indice di copertura
con il solo capitale proprio è superiore all’unità, ed entrambi gli indicatori sono
in crescita nel complesso rispetto ai valori 2001.
Il grado di indebitamento del settore non appare molto elevato (debiti sono
pari mediamente a circa 1,5 volte il capitale proprio), anche se è in lieve
crescita.
Tab. n.50:
media
media
2001-2003 2004-2006
rapporto indebitamento (CT/CN)
1,48
1,60
30
Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 2,9 maggio 2008, pag.2930-31-32-33-34-36-37.
181
CAPITOLO 6
Grafico n.48:
Fonte: elaborazione tab.48
Nel periodo 2001-2006 il bilancio aggregato di distretto pone in evidenza i
seguenti caratteri di produttività. La produttività economica può essere analizzata
estrapolando dai bilanci aggregati due indicatori significativi, ovvero il rapporto
tra valore aggiunto e totale attivo e il rapporto tra valore aggiunto e valore della produzione.
Il rapporto tra valore aggiunto e valore della produzione esprime la ricchezza
incrementale per unità di prodotto, ovvero il rendimento lordo della
produzione realizzata.31
Tab. n.51:
produttività economica
valore aggiunto/totale
attivo
valore aggiunto/valore
produzione
2001
2002
2003
2004
2005
2006
27,10% 25,63% 24,02% 23,35% 23,30% 22,69%
23,91% 23,67% 24,07% 22,96% 23,25% 22,71%
Tab. n.52:
media
media
2001-2003 2004-2006
valore aggiunto/totale attivo
31
25,58%
23,11%
Può essere utilizzato anche l’indicatore valore della produzione/capitale investito netto (VP/CIN)
che esprime la produttività economica del capitale (Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. ImpresaVerona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 3, 9 maggio 2008, pag.13).
182
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Grafico n.49:
Fonte: elaborazione tab.51
L’andamento della produttività economica del distretto segna un netto calo
progressivo; il valore aggiunto per unità di prodotto (VA/VP) invece si
mantiene pressoché costante nel periodo, scendendo nel 2006 di poco al di
sotto del valore dell’anno 2001 con una media dal 2001 al 2006 intorno al
23%; ciò significa che il valore prodotto dalle imprese e destinato al mercato di
sbocco è frutto dell’attività “interna” dell’impresa, andando ad aggiungersi al
costo degli imput acquisiti dai fornitori di beni e servizi.
Sulla base dei dati dei bilanci aggregati relativi al campione di imprese
oggetto di analisi, è possibile apprezzare la redditività del comparto nel triennio
2004 -2006 grazie al ricorso ad alcuni indicatori di sintesi. Un primo indicatore
è il ROE che, essendo calcolato come rapporto tra l’utile netto di esercizio e il
patrimonio netto medio, esprime la redditività netta del capitale di rischio; essa
è funzione della redditività operativa, dell’incidenza delle gestioni finanziaria,
straordinaria e fiscale e del livello di indebitamento dell’impresa. L’analisi della
redditività può poi essere condotta con riferimento ad un altro fondamentale
indicatore, ovvero il ROI, che essendo calcolato come rapporto tra il reddito
operativo e il capitale investito netto medio rappresenta la redditività del
capitale nel suo complesso. Tale misura della redditività fa riferimento
pertanto alla sola gestione operativa, prescindendo dalle scelte e dai vincoli in
183
CAPITOLO 6
termini di struttura finanziaria dell’impresa, operazioni straordinarie e politica
fiscale. Per completare l’analisi della redditività, è possibile restringere
ulteriormente il campo di osservazione, ricercando in un altro indicatore le
cause dell’andamento della redditività operativa. Tale indicatore è il ROS, che
essendo calcolato come rapporto tra il reddito operativo e i ricavi di vendita
esprime la redditività delle vendite stesse; la redditività delle vendite è uno dei
componenti che spiegano l’andamento della redditività operativa; l’altro
componente è la rotazione del capitale investito.32
Nella tabella seguente vengono riepilogati i principali indicatori di
redditività calcolati sulla base del bilancio aggregato del campione di imprese
del distretto con riferimento agli anni 2002-200633.
Tab. n.53:
2002 2003 2004
ROI 11,25% 9,78% 8,73%
ROS 7,07% 6,69% 6,02%
ROE 9,34% 4,68% 3,56%
2005
2006
9,39% 9,85%
6,65% 7,08%
6,71% 5,62%
Tab. n.54:
media
media
2002-2004 2005-2006
ROI
ROE
32
9,92%
5,86%
9,62%
6,17%
(Fonte: “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura
del Servizio Studi e Ricerche della Camera di Commercio di Verona, volume 3, 9 maggio 2008, pag.1821-24).
33 Si precisa che gli indicatori degli anni 2002 e 2003 sono ripresi dall’indagine relativa al triennio 20012003, gli indicatori dell’anno 2004 sono ripresi dall’indagine relativa al triennio 2003-2005 e quelli degli
anni 2005-2006 sono invece relativi all’ultimo triennio 2004-2006.
184
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
Grafico n.50:
Fonte: elaborazione tab.53
La redditività delle vendite (ROS) e del capitale investito (ROI) hanno un andamento
simile nel periodo, riducendosi dapprima fino al 2004 per poi aumentare
nuovamente negli anni successivi; i valori 2006 sono pari a quelli di partenza
per quanto riguarda il ROS, o più bassi, come nel caso del ROI: ciò sta ad
indicare un lieve peggioramento della rotazione del capitale, che nel distretto è
comunque piuttosto bassa.
Anche la redditività netta ha un trend negativo con un punto di minimo nel
2004, per poi recuperare nel 2005 e ridursi di nuovo nel 2006.
Il campione di imprese oggetto di analisi è stato suddiviso in base alla classe
dimensionale.
Nella tabella seguente sono riportati i principali indicatori per il triennio 20042006 (valori medi) riferibili al distretto nel suo complesso e a ciascuna delle
classi dimensionali individuate sulla base del valore della produzione.
Tab. n.55:
Marmo
∆ fatturato
∆ costi operativi
∆ investimenti totali
distretto
5,27%
5,01%
6,59%
VP <
10
5,24%
4,83%
6,01%
10 > VP > VP >
50
50
4,98%
6,68%
4,94%
6,20%
5,97%
11,80%
185
CAPITOLO 6
∆ investimenti in immobilizzazioni
∆ immobilizzazioni materiali e
immateriali
∆ patrimonio netto
Quoziente di liquidità (AC/PC)
Quoziente di liquidità secca (AC R)/PC
quoziente immobilizzo attivo (AI/AC)
rapporto indebitamento (CT/CN)
consolidamento
del
passivo
(PCNS/PCR)
copertura generale immobilizzazioni
(CN+Pcons)/AI
copertura immobilizzazioni (CN/AI)
valore aggiunto/totale attivo
valore aggiunto/valore produzione
ROI
ROS
ROE
6,09%
5,12%
3,22%
37,76%
4,20%
1,96%
3,18%
37,12%
6,09%
1,53
6,12%
1,22
4,80%
1,71
9,71%
2,83
0,94
0,84
1,05
1,08
0,49
1,60
0,64
2,52
0,41
1,36
0,24
0,50
0,40
0,44
0,39
0,17
1,71
1,28
2,00
3,80
1,45
22,30%
21,17%
13,93%
8,65%
8,54%
3,57
20,73%
20,42%
11,73%
8,84%
6,99%
1,17
0,72
23,11% 24,41%
22,98% 25,47%
9,62% 5,71%
6,87% 4,57%
6,17% 2,37%
In termini di sviluppo del fatturato, nel triennio 2004-2006 la situazione
appare leggermente più favorevole per le grandi imprese, che godono dei
maggiori tassi di crescita.
Ancora più evidente è lo sviluppo notevole che caratterizza gli investimenti di
tali
imprese
rispetto alla media del distretto; gli investimenti in
immobilizzazioni nelle grandi imprese si incrementano infatti mediamente del
37%.
Per quanto attiene al capitale proprio, la crescita media si avvicina al 10%,
mentre per le piccole imprese è pari al 6% e per le medie è pari al 5%.
Anche la situazione di liquidità è migliore per le grandi imprese, seguite dalle
medie; in realtà il maggiore divario si riscontra nell’indice generale di liquidità,
evidenziando come le grandi imprese si caratterizzino per un maggior valore
del magazzino.
Le aziende dotate della struttura patrimoniale più rigida sono le piccole
imprese; al crescere delle dimensioni si riduce infatti il grado di immobilizzo
dell’attivo e di consolidamento del passivo. Gli indici di copertura evidenziano
come le grandi imprese abbiano una solidità finanziaria eccezionale rispetto
186
ANALISI DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO DEL MARMO DI VERONA
alla media del distretto che è comunque elevata; il rapporto di indebitamento,
viceversa, ha un livello bassissimo, mentre sale parecchio per le piccole
imprese.
Un parziale riscatto delle piccole imprese si nota in termini di produttività
economica, anche se poi la redditività di queste ultime resta ben al di sotto
della media di distretto, evidenziando invece una migliore performance per le
imprese di medie dimensioni.”
6.4 Bibliografia e sitografia
Banca dati Coeweb, classificazione CB141 www.coeweb.istat.it
Camera del Commercio di Verona; classificazione ATECO 14.10 – 14.11 - 26.70 sottocategorie ATECO 1410, 1411, 14111, 14112, ATECO 267, 26701, 26702,
26703.
CCIAA di Verona, “Il fabbisogno di alloggi per lavoratori extracomunitari nella provincia di
Verona. Con particolare riferimento alle imprese marmifere e alle aziende agricole ortofrutticole”,
Verona: CCIAA, 2003, a cura di ZONIN R.
CCIAA di Verona,“Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia
scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, pag. 6 -7 on-line sul sito web della
Camera
di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata
%20economia/vol1.pdf
CCIAA di Verona,“Verona nel mondo, report 2008”, Supereuro, dollaro e petrolio: le imprese
tra vecchie e nuove sfide del mercato globale”, 10 aprile 2008, a cura del Servizio Studi e
Ricerche della Camera di Commercio di Verona, pag.7-16, e appendice statistica tab.
41
disponibile
sul
sito
web:
http://www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GE
NERICO&label_content=Studi+e+ricerche+2008
CCIAA di Verona,” Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia
scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 3, 9 maggio 2008, pag. 3337.
CCIAA di Verona, “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia
scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della Camera di
Commercio di Verona, volume 2, 9 maggio 2008, pag.29-30-31-32-33-34-36-37.
187
CAPITOLO 6
COSTA G., “La famiglia come risorsa e come problema nello sviluppo delle piccole medio
imprese”, Cuoia Notizie, n.2, 1999.
“Il distretto industriale del marmo a Verona”, Gruppo Banco Popolare di Verona e
Novara, 2003, pag. 28 - 31.
IMM: “Internazionale Marmo Macchine di Carrara”, centro di ricerche sul settore lapideo.
MIRANDOLA R., “Managment innovativo della qualità”, in “La qualità come strumento di
marketing per il settore lapideo”, Carrara, IMM, 1992, pagg. 7-26.
NAPOLI S., “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, pag.10.
PAGANELLI O., “Analisi di Bilancio, Indici e Flussi”,Utet Libreria, 2005, pag. 38.
PRIMAVORI P., “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, 2004, Giorgio Zusi Editore,
pag. 26 - 86.
Rosignoli B., “Materiali per lo studio della finanza aziendale”, 2005, economia Cusl, pag. 6.
Simeoni F., “Il Distretto Industriale del Marmo a Verona”, litografia Valprint, 2001.
Valdani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda edizione,
marzo 2006, pagg. XI-35-44.
www.coeweb.istat.it
www.immcarrara.com
www.immcarrara.com
www.istat.it
www.margraf.it/section_20_0.html
www.margraf.it/section_22_0.html
www.moncini.it
www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20ec
onomia/vol1.pdf
www.vr.camcom.it/page.jsp?id_menu=4207&show=view&tipo_content=GENERI
CO&label_content=Studi+e+ricerche+2008
www.vr.cancom.it
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:
Cfr. B. Campedelli, “I bilanci delle società di capitali della provincia di Verona” , volume 3,
presentato in occasione della 4^ giornata dell’economia del 12 maggio 2006, CCIAA
Verona – Servizio Studi e Ricerche e B. Campedelli, “I bilanci delle società di capitali della
provincia di Verona. I bilanci dei distretti”, volume 3, presentato in occasione della 5^
giornata dell’economia del 15 maggio 2007, CCIAA Verona – Servizio Studi e
Ricerche.
188
Capitolo 7
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
7.1 Le varietà commerciali classificate per tipologia con indicazione dei
luoghi di origine
7.1.1 Introduzione
Vediamo quali sono le principali varietà commerciali esistenti, dando enfasi
ai materiali italiani, in quanto sono i primi presenti nel nostro mercato interno
e a quali va il merito storico di essersi distinti tra i primi e di costituire ancor
oggi uno dei più vasti insiemi di materiali esistenti all’interno della produzione
di un singolo paese.
Su scala internazionale, i materiali superano abbondantemente i duemila, di
cui solo la Cina ne dichiara mille, la qual cosa rende sempre più necessaria una
loro classificazione univoca ed esente da possibili malintesi.1
I materiali commerciali devono rispettare delle caratteristiche, classificabili
in proprietà qualitative e proprietà tecniche2. Tra i fattori che concorrono a
determinare la qualità di un lapideo vi sono:
• La possibilità di produrre blocchi (la condizione ottimale si ha
quando si riesce ad ottenere un parallelepipedo il più regolare
1
Stati o regioni e spesso anche singole imprese danno nomi diversi allo stesso materiale, creando
confusioni non tanto tra compratori ma soprattutto per gli acquirenti.
2 Fonte dei dettagli sulle proprietà qualitative e tecniche: PIERO PRIMAVORI, “Pianeta Terra”,
Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione maggio 1999, pagg. 25-26 e 43-73.
CAPITOLO 7
possibile e di cubatura oscillante intorno ai 6-8 metri cubi,
preferibilmente ottenuta con dimensioni 2,70/3m x 1,40/1,60m x
1,40/1,60m. Valori inferiori sono comunque accettati e in verità
molto frequenti soprattutto se i materiali sono di pregio),
• La possibilità di trattamento della superficie (per quanto la
possibilità di lavorare la superficie sia una prerogativa di pressoché
tutte le rocce esistenti, qui si vuole sottolineare la possibilità di
conferire alla superficie aspetti per mezzo di trattamenti opportuni
quali lucidatura, bocciardatura, fiammatura, sabbiatura, gratinatura,
ecc.)3,
• Il valore estetico (insieme di quelle caratteristiche che determinano
la peculiarità, il pregio ornamentale e decorativo di una pietra; in
esso convergono tutti gli attributi espressivi che un materiale può
offrire in funzione di vari parametri come il colore, il disegno (che si
suddivide in tessitura, struttura, dimensione e forma degli elementi
costituenti), la grana/granulometria, la moda che sposta l’attenzione
su alcuni materiali prima ed altri poi.4).
Per quanto riguarda le proprietà tecniche, di cui qui darò solo un cenno per
averne la conoscenza5, i fattori considerati sono:
• Massa volumetrica apparente,
• Coefficiente di imbibizione,
• Carico di rottura a compressione semplice (o resistenza a
compressione),
3
Per una descrizione precisa dei siatemi di lavorazione delle superfici dei lapidei ornamentali si
rimanda a PIERO PRIMAVORI, “Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione
maggio 1999, pagg. 256271.
4 A proposito di moda, negli ultimi tre anni è calata la moda per il granito nero sudafricano e i graniti
chiari spagnoli. Il nero sudafricano è un materiale pregiato, molto in voga a fine anni ’90, con un forte
espluà dal 2000 al 2006 grazie l’intenso uso in ambiente domestico dell’arredo di tipo minimalista,
usato soprattutto negli U.S.A., in calo ultimamente.
5 Per la descrizione accurata di ogni proprietà tecnica si rimanda a PIERO PRIMAVORI, “Pianeta
Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione maggio 1999, pagg. 4373.
190
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
• Carico di rottura a compressione semplice dopo cicli di gelività (o
resistenza al gelo),
• Carico di rottura a trazione indiretta mediante flessione (o resistenza
a flessione),
• Modulo di elasticità normale,
• Resistenza all’urto,
• Coefficiente di dilatazione lineare termica,
• Usura per attrito radente (o resistenza all’usura),
• Microdurezza knoop,
• Caratterizzazine minero-petrografica,
• Assorbimento,
• Igroscopicità,
• Permeabilità all’acqua,
• Permeabilità all’aria (o ai gas),
• Conducibilità termica,
• Lavorabilità (che si suddivide in durezza, spaccabilità, perforabilità,
scolpibilità, negabilità, possibilità di trattamento della superficie),
• Durevolezza.
Qui andrò a menzionare non tutti i materiali esistenti ma quelli che per
applicazioni storiche, diffusione, qualità, caratteristiche tecniche, pregio,
impieghi particolari, ecc. risultano essere i più conosciuti o i più diffusi in
ambito internazionale.
191
CAPITOLO 7
7.1.2 I marmi
Si deve effettuare una distinzione tra marmi sensu strectu, ovvero i marmi
cristallini ed i marmi riconducibili ad altri tipi come marmi non cristallini, calcari,
brecce, serpentiniti, ecc.
1) I marmi cristallini
Tra i marmi cristallini la diffusione e la fama dei marmi italiani della zona di
Carrara li porta ad essere naturalmente scelti come punto di partenza.
I marmi di Carrara sono costituiti da marmi cristallini, anche dolomitici, e
brecce di età giurassica e sono merceologicamente rappresentati da 10 varietà
principali, cui possono essere ricondotte tutte le sottovarietà esistenti nella
regione Apuana. Si tratta di materiali a grana fine, dal fondo color bianco,
bianco scuro, grigio chiaro che presentano, in percentuali variabili, minerali
accessori che ne determinano i colori delle venature (muscovite, pirite, clorite).
Tra le suddette 10 varietà sono da menzionare il Bianco Ordinato, il Bianco
Venato, il Bardiglio, lo Statuario, il Calacata e l’Arabescato, che quantitativamente
rappresentano il 90% dell’ intera produzione Apuana.
Il Bianco Ordinato è la varietà più comune estratta nei bacini di Carrara: è
costituito da un fondo biancastro-grigiastro accompagnato da venature di
tonalità grigio più scuro, che, quando diventano motivo costante, danno
origine alla varietà Venato. Il Bardiglio, materiale con diverse sfumature e talora
di un certo pregio commerciale, rappresenta la varietà di marmo più scura
estratta nella zona apuana; la tonalità principale è grigia, fino a grigio intenso.
Lo Statuario, come lascia intendere il nome, è un marmo particolarmente
apprezzato per la scultura ed è passato alla storia grazie a Michelangelo, il
quale era solito scegliere accuratamente in prima persona i pezzi necessari alla
realizzazione delle sue opere; questo marmo si caratterizza per una struttura
omogeneamente cristallina dalla calda tonalità debolmente giallastra-avoriacea.
Il Calacata, con distribuzione abbastanza localizzata e tipico di solo alcune
192
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
cave, è costituito da una “pasta” bianco latte di base con venature argentate
che nella sua varietà più pregiata assume una piacevole tonalità dorata (Calacata
Oro). L’ Arabescato è uno dei materiali più caratteristici tra i marmi apuani, si
tratta di brecce6 ed elementi marmorei cui l’intensa deformazione ha conferito
disegni e strutture che possono essere particolarmente valorizzate con
l’orientazione dei tagli in cava. Numerose le varietà commercializzate: Corchia, i
Paonazzi, il Fantastico Arni, l’Uliano Venato, il Brouillè, che sebbene di produzione
limitata e ristretta, contribuiscono a creare quell’incredibile ventaglio di
disponibilità che il comprensorio apuano è da sempre in grado di offrire.
Tra gli altri marmi cristallini italiani il Creola d’Assola è un marmo dolomitico
cristallino estratto in Val d’Ossola e caratterizzato dalla presenza più o meno
accentuata di una mica7 (flogopite) marrone-violacea che, unita ai motivi
decorativi propri del marmo, conferisce alla roccia un aspetto variegato. In Val
Venosta (provincia di Bolazano) viene estratto un marmo bianco di età
Triassica, a grana medio grossa, il Bianco di Lasa, commercializzato nelle tre
varietà Statuario, Venato (venature grigio-piombo) e Vena Oro. Coevi di quelli
apuani sono invece alcuni marmi pregiati della Montagnola Senese (provincia
di Siena), reperibili in quantità ridotte, come anche il pregiato Giallo Siena ed il
Broccatello, in essi la colorazione gialla che ne determina il grande valore è
dovuta alla presenza di pigmento ocraceo-limonitico e limoninico-ematitico.
Particolare rinomanza spetta al Marmo di Condoglia (comune di Mergozzo in
Piemonte), appartenente alla “formazione dei laghi”, noto sin da epoca
romana nel XIV secolo e notato da Gian Galeazzo Visconti che lo prescelse
per il Duomo di Milano. Dal 1927 questo materiale viene scavato ed impiegato
6 Breccia: roccia sedimentaria clastica costituita da elementi angolosi di grandi dimensioni immersi e
“cementati naturalmente” in una matrice più fine. Una roccia sedimentaria è originata per
consolidazione e litificazione di sedimenti e materiali sciolti (roccia sedimentaria clastica) o per
precipitazione da soluzioni, con o senza l’intervento di organismi (rocce organogene e chimiche).
(Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione
ottobre 2004, pagg. 28 e 98).
7 Mica o miche: famiglia di minerali, i fillosilicati, di formula complessa e comprendenti oltre ad
alluminio e silicio vari altri elementi chimici che ne definiscono i diversi tipi. Sono costituenti comuni
di molte rocce ignee e metamorfiche, subordinatamente di rocce sedimentarie (vedi vocabolario in
appendice) – (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore,Verona,
prima edizione ottobre 2004, pag.74).
193
CAPITOLO 7
esclusivamente per la conservazione ed il restauro di detto monumento. In
Carnia, regione del Friuli, presso la località Foltri Avolti, si estrae un marmo
grigio-roseo, a venatura biancastra, rosea o violacea; è il Fior di Pesco nelle due
versioni Fantastico e Carnico, di età paleozoica ed esclusivo di una sola ditta di
Chiampo (Vicenza).
Fuori dai confini italiani, in Portogallo, nel distretto estrattivo di EstremoBorba-Vila Vicosa viene estratto un marmo paleozoico noto commercialmente
come Rosa Portogallo; è un marmo che mostra sensibili variazioni cromatiche
ma che costituisce nelle sue varietà più omogenee un materiale di gran pregio.
In Turchia si estrae un pregiato ed apprezzato marmo-giallastro, l’Afyon, con
struttura saccaroide e media uniformità cromatica. Da ricordare tra i marmi
turchi il Rosa Bellissimo, il Royal e, per la tipologia più comune, il Salomè, una
breccia fortemente orientata a colorazione grigio-rosa.
In Grecia vengono estratte numerose varietà di marmi bianchi e biancogrigi; i più famosi sono quelli dolomitici dell’isola di Thassos, da cui si estrae il
Bianco Thassos, le cui varietà, a grana medio-grossa, e di un bianco spesso puro,
hanno aspetto cromatico generalmente omogeneo. Altri materiali sono il Bianco
di Dyonissos, dal fondo bianco-biancoscuro estratto non lontano da Atene, il
Bianco di Naxos proveniente dall’omonima isola, i bianchi grigiastri della zona
di Kavala nel nord-est del Paese.
Dagli U.S.A. provengono numerose varietà di marmi cristallini che
coprono soprattutto la varietà cromatica bianco, grigio e verde; tra di esse il
Georgia, il Vermont, l’Etowah, il Solar Grey.
Produzioni significative di marmi cristallini sono da registrare anche in altri
numerosi paesi, sebbene la diffusione di tali marmi non sia così ampia come
quella dei materiali già illustrati. Tra i principali è da ricordare il Bianco Sivec
jugoslavo; il Chocolate del Brasile; il Rosa West, Karibib, Savana della Namibia;
produzioni variegate dell’India, Messico, Malesia, Filippine; le brecce
marmoree bianco-rosa della Norvegia (Rosa Norvegia); il Macael della Spagna.
194
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
2) I marmi non cristallini
Parlando dei marmi non cristallini il panorama si fa molto più esteso; il tipo
più rappresentato è quello dei calcari-limestones,8 presenti pressoché ovunque
su scala mondiale.
L’Italia ancora si distingue per la sua nutrita varietà di tipologie: tra i distretti
estrattivi di maggior estensione si deve menzionare la zona del Carso triestino
(regione Friuli: Aurisina, Repen, Stalattite del Carso), il comprensorio del
Botticino nella provincia di Brescia (Botticino Classico e Botticino Fiorito), l’area di
Verona (Rosso Verona, Nembro Rosato e Nembro Chiaro), la Val di Chiampo in
provincia di Vicenza (differenti varietà di Chiampo e Giallo Reale), la provincia di
Frosinone (Perlato Royal Coreno), i bacini delle provincie di Foggia e Trani (Pietra
di Apricena, Trani), il distretto di Custonaci in provincia di Trapani (Perlato di
Sicilia), la zona di Orosei in Sardegna (Breccia Sarda). Si deve osservare come la
grande maggioranza di questi materiali sia costituita da calcari di tonalità
chiara, beige-nocciola, colori generalmente molto sobri con vastissimi campi di
applicazione.
Nella regione del Friuli, i materiali Aurisina e Repen sono calcari dolomitici
con colorazione dal grigio cenere al beige-grigio. Estratta nella stessa zona
anche la Stalattite del Carso che è in realtà un alabastro9 con particolari
caratteristiche cromatiche ed alto pregio.
Il Botticino bresciano costituisce uno dei materiali più classici nel panorama
marmifero e proviene da uno dei numerosi livelli produttivi che il periodo
Giurassico ha sviluppato in tutto il mondo, Italia compresa: si tratta di una
8
Limestone: roccia calcarea in senso lato. Nella nomenclatura anglosassone il termine è spesso
impiegato per distinguere un marmo non cristallino (cioè un calcare = limestone) da un marmo
cristallino ( metamorfico = marble). - (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio
Zusi Editore,Verona, prima edizione ottobre 2004, pag.67).
9 Alabastro: minerale di origine evaporitica di origine gessosa (solfato di calcio idrato) o calcitica
(carbonato di calcio), che si presenta in aggregati concrezionati, zonati o fibroso-raggiati, di aspetto
cereo, deposti in ambienti sotterranei da acque particolarmente dure. Quando è di origine gessosa è
una vera e propria varietà compatta di gesso, spesso di colore bianco o rosa, ad aspetto traslucido. Vi è
anche l’alabastro calcareo che è una roccia sedimentaria di deposito chimico costituita da calcite
microcristallina, di regola zonata o laminata, talora policroma; è detto anche alabastrine. (Fonte:
PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione ottobre
2004, pag.23).
195
CAPITOLO 7
calcarenite in parte fossilfera, di colore beige-avorio, all’interno della quale
sono distinte più varietà commerciali in funzioni delle differenze tessiturali:
quello con beige più omogeneo è il Botticino Classico, che quando ha alcune
macchioline e fioriscenze bianche prende il nome di Botticino Semi-Fiorito che
diventa Botticino Fiorito se le fioriscenze bianche sono in numero elevato.
Anche i maggiori materiali veronesi sono di origine giurassica nella diffusa
formazione del Rosso Ammonico10, all’interno della quale sono state operate
dettagliatissime suddivisioni stratigrafiche ed ognuna delle quali corrisponde a
ben precise varietà commerciali: Rosso Verona Classico, Rosso Impero, Rosso
Broccato, Rosso Magnaboschi, Rosso Chiaro e Rosso Sanguinio. Nella grande
formazione del Rosso Ammonico, sono compresi anche i Nembri, tipici calcari
nodulari, talora ricchi di fossili (ammoniti), sfumati dal giallo al rosso, che
anche in tempi antichi hanno sempre trovato vasta applicazione. I Nembri
tipici di Verona sono il Nembro Chiaro e il Nembro Rosato con una varietà
intermedia che è il Nembro Rosato Chiaro. Altri calcari estratti a Verona, con
classificazione commerciale al di fuori del Rosso Ammonico e dei Nembri,
sono il Gialletto, il Mandorlato, il Bronzetto, il Giallo Verona. ( Tra le brecce si
estrae la Breccia Pernice e tra le pietre, la Pietra della Lessinia detta anche Pietra di
Prun nelle tonalità bianca e rosa, e il Rosa Corallo che è la Pietra della Lessinia
rosa con variegature ondulate bianche. La Pietra della Lessinia bianca è anche
chiamata Biancone o Verdello se assume tonalità bianca-leggermente verdognola.
Il Chiampo vicentino, in base alle sue variazione cromatiche e tessiturali, è
suddiviso in varietà commerciali di cui le più estratte sono il Chiampo Perlato (il
10
La ditta Fasani Celeste s.r.l di Erbezzo (VR) è il principale estrattore di Rosso Verona,
rappresentando l’80% dell’estrazione di questo marmo. La maggior parte della produzione trova
collocazione nel mercato interno ma una discreta percentuale, circa il 15%, viene esportata nel
mercato estero in particolare in paesi come Austria, Germania e Cina. (Fonte: “L’Imprenditore: Celeste
Fasani” e “Il materiale: la formazione del rosso ammonitico veronese” , in Marmi, Graniti, Pietre ; settembreottobre 2007 world wide edition, pagg.26-29 e 30-31. www.davidtrade.com).
Importante è stato il riconoscimento del marchio riguardante il Marmo Rosso di Verona per evitare
che materiali simili, come il Rosso Asiago o il Domvrena Red greco ( Fonte: “Marmaro net.com”, annual
edition 2007 for Marmomacc Verona, Athens (Greece), pag.70), siano commerciati con lo stesso
nome.
196
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
più omogeneo), il Chiampo Mandorlato (se a tessitura più disomogenea), il
Chiampo Rosa (quando la colorazione è appunto rosata).
Il Perlato Royal Coreno11, estratto nelle province di Latina e Frosinone, è un
calcare di scogliera compatto con fondo grigio chiaro e variazioni cromatiche a
tonalità più scure.12
La Pietra di Apricena ed il Trani costituiscono altri due esempi classici di
materiali calcarei lucidabili, di tanalità sobrie ed impiego molto diffuso: la
prima, coltivata in provincia di Foggia, è un calcare laminato, compattato in
grossi strati di colore nocciola; il secondo, estratto nella provincia di Bari, è di
grana di solito fine e di colore beige chiaro13. Entrambi si suddividono, in
funzioni delle variazioni granulometriche e cromatiche, in varietà commerciali
di differente pregio (Filetto Rosso Classico, Silvabella Classico, Silvabella Chiaro,
ecc.).
Il Perlato di Sicilia, scavato nella provincia di Trapani in uno dei maggiori
bacini estrattivi italiani, è un calcare variamente fossilifero di tonalità beige
chiara.
In Sardegna, nel comprensorio di Orosei si estrae la Breccia Sarda di colore
nocciola chiara o scura e struttura sabbiosa, di particolare pregio estetico, che
si divide in Breccia Sarda Chiara, Breccia Sarda Venata e Daino Reale.
In Toscana, nei pressi di Siena si estrae il materiale semiprezioso con
struttura tra il marmo e l’onice, il Giallo Siena, caratterizzato da un giallo molto
dorato con leggere sfumature che vanno al bianco o al marrone e una pasta
che sembra ricordare il miele allo stato solido.
Tra i materiali importanti estratti in zone produttivamente limitate, vi è il
Portoro, coltivato in provincia di La Spezia; il Portoro è un calcare nero, di età
11
Il Perlato Royal Coreno si suddivide nelle tipologie commerciali: Blu Perla, Mezza Perla A, Mezza Perla
C, Perlatino, Perlatino Classico Blu, Perlato Blu, Classico Brown Blu Perla, Nocciolato, Nocciolato Brown, Blu Perla
a Falda, Blu a Falda, Risatino. (Fonte: http://www.marmizola.com/it/catalogo/Perlatocoreno.html).
12 Per proprietà di questo marmo, varietà cromatiche, usi si rimanda al “Perlato Royal Coreno Manual”,
marzo 2005, edited by Consorzio per la valorizzazione del Perlato Coreno, 03040 Coreno Ausorio
(FR), www.perlatocoreno.it
13 Il Trani è il materiale sostituibile per eccellenza alla Pietra Santa, estratta nella zona della Palestina, le
cui forniture vengono spesso bloccate.
197
CAPITOLO 7
Retica, ricco di sostanze carboniose, che deve il suo pregio commerciale alla
presenza di venature limonitiche color giallo-dorato più o meno larghe (bianco
dorate nella varietà meno prestigiosa, ma pur sempre di pregio). Proprio in
funzione della larghezza delle venature sono distinte le due varietà Portoro
Macchia Fine e Portoro Macchia Larga. Il Portoro è comunque limitatissimo a La
Spezia ed il maggior estrattore ed esportatore di Portoro è il Portogallo.
In ambito internazionale la produzione è imponente; a puro titolo
esemplificativo si possono ricordare il Crema Marfil spagnolo, un calcare
fossilifero molto compatto di colorazione beige chiara, estratto nella provincia
di Alicante. Sempre in Spagna vengono prodotti il Nero Marquinia, un calcare
bituminoso con fossili (molluschi), a fondo nero, intersecato da frequenti vene
bianche di spessore variabile ed il Rojo Alicante, un calcare pelagico variamente
fossilifero di una gradevole ed intensa tonalità rossa, rosso-nocciola. La
gamma dei marmi Spagnoli è peraltro estesissima e copre pressoché tutte le
componenti cromatiche di maggior impiego.14
Dalla Francia, paese che vanta una consistente produzione di rocce
calcaree,15 si possono ricordare i calcari pelagici Languedoc e Incarnat, la Breche
Nouvelle, il Noir Saint Laurent, il Rosso Antico di Francia.
In Belgio viene da tempo estratto il Nero Belgio, un calcare nero, bituminoso
che, grazie alla sua buona omogeneità, rappresenta un po’ il termine di
riferimento dei materiali neri nel comparto dei marmi. Da ricordare inoltre il
calcare pelagico Rogue Royal. Senza proporne i nomi commerciali, in qualche
caso disponibili con l’idioma locale, è poi opportuno ricordare la infinita
gamma cromatica dai materiali provenienti da Portogallo, Turchia, Iran,
14
La Spagna, con una produzione di cava intorno ai 6 milioni di tonnellate annue (nel 2004 6.250.000
ton, nel 2005 6.300.000 ton, nel 2006 6.000.000 ton) è il secondo paese europeo per estrazione dopo
l’Italia (7.650.000 ton estratte nel 2006 con il valore max di 8.500.000 ton nel 1997 e 2000) (Fonte:
Carlo Montani, “Stone 2007, Repertorio Economico Mondiale”, Faenza Editrice, pagg. 220-223.).
15 La Francia, con una estrazione di 1.150.000 ton, è al 2007 il quinto paese europeo per estrazione di
materiale lapideo grezzo. (Fonte: Carlo Montani, “Stone 2007, Repertorio Economico Mondiale”, Faenza
Editrice, pagg. 216.).
198
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Filippine, Malesia, Cina ed altri paesi del Sud-Est asiatico, dove la produzione
di marmi non cristallini e limestones ha raggiunto livelli di rilevanza assoluta.
3) I marmi non calcarei: brecce, marmi verdi, travertini, onici, alabastri
Prendo ora in considerazione i marmi non calcarei (o di altra origine), di
cui si devono citare alcune brecce, i marmi verdi, i travertini,16 gli onici e gli
alabastri.17
Le brecce18 commercialmente assimilabili ai marmi sono quelle molto
compatte e tenaci che, come tali, risultano generalmente lucidabili; esse si
contrappongono a quelle che, contenendo una matrice fine (argillosa o
pulverulenta), tendono a sfarinarsi, non permettendo quindi il trattamento di
lucidatura.
Dall’Italia, si possono ricordare la Breccia Aurora (provincia di Brescia), una
breccia calcarea caratterizzata da un fondo crema chiaro con elementi bruni e
verdastri e la Breccia Pernice (provincia di Verona) dal fondo rosaceo con macchie
di rosa più intenso e verde, frammiste a vene irregolari bianche. Della Francia
16
Travertino: il travertino è una roccia sedimentaria calcarea di tipo chimico, molto utilizzata in edilizia,
in particolare a Roma fin dal I millennio AC. La differenza tra il deposito calcareo di tipo spugnoso e il
banco di travertino è data sostanzialmente dalla conformazione geologica del terreno di formazione: il
calcare è uno dei depositi più frequenti in natura essendo prodotto dalla precipitazione di carbonato di
calcio disciolto nell’acqua. Un ambiente in cui la soluzione calcarea abbia avuto il tempo di ristagnare e
sedimentarsi in un territorio pianeggiante, abbastanza vicina alla superficie da poter attraversare cicli di
evaporazione e ri-sommersione, poco disturbata da acque sorgive o correnti, è l’ambiente giusto per la
formazione del travertino. Il colore del travertino dipende dagli ossidi che ha incorporato (cosa che
accade abbastanza facilmente, essendo di sua natura una pietra abbastanza porosa). La colorazione
naturale varia dal bianco latte al noce, attraverso varie sfumature dal giallo al rosso. È frequente
incontrarvi impronte fossili di animali e piante. La qualità industriale del banco sedimentario dipende
sostanzialmente dalla sua compattezza. In generale, comunque, il travertino è una pietra robusta e
docile, utilizzabile dai pavimenti ai rivestimenti sia esterni che interni, e anche, in alcuni casi, per
scultura. La qualità estetica è ormai definita dagli architetti, essendosi molto raffinati, negli ultimi
cinquant’anni, i metodi di lavorazione industriale, e moltiplicati i trattamenti possibili. In Italia, i
travertini migliori provengono dalle zone ai margini del vulcano laziale, in particolare da Guidonia e
Tivoli (che ha dato il nome al cosiddetto “travertino romano”, detto dai latini “lapis tiburtinus”), ma ne
esistono giacimenti anche in Toscana, in Umbria e nelle Marche. Nelle Marche il centro storico di
Ascoli Piceno è intermente costruito con questa “calda” pietra che ne testimonia il suo utilizzo nella
costruzione di chiese, palazzi e piazze fin dalle epoche più remote. Altri giacimenti cominciano ad
essere sfruttati in Nord Africa (Tunisia) e nel Sud America (Cile). (Fonte: PIERO PRIMAVORI,
“Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione maggio 1999, pag.116-117).
17 Per definizione di alabastro si veda nota 9 di questo capitolo.
18 Per definizione di breccia si veda nota 6 di questo capitolo.
199
CAPITOLO 7
si può ricordare la Breche Nouvelle, a colorazione marrone con elementi spesso
fortemente spigolosi tendenti al nero e molte vene dall’abito irregolare. Dalla
Spagna proviene il Marron Emperador, una breccia monogenica di color
marrone. Alle formazioni giurassiche dell’Appennino e delle Alpi italiane
appartiene la maggior parte dei marmi “verdi” presenti sul mercato: nella
regione Liguria si estraggono il Rosso Levanto ed il Rosso Antico d’Italia due
brecce che a seconda del contenuto in ematite, compaiono sia nelle varietà
verdi che, in quelle rosse; da sempre, il loro nome commerciale è stato riferito
alle varietà più rare e più pregiate che sono, appunto, quelle rosse. In Piemonte
ed in Val d’Aosta si estrae invece una cospicua quantità di brecce con tonalità
e tessiture diverse tra loro; appartengono a questo nutrito gruppo il Verde Alpi
(Val di Susa), il Verde Aver (Gressoney), il Verde Issoire (Chatillon), il Verde
Patrizia (Aosta); tutte oficalci e brecce che si differenziano per aspetto globale,
strutture e tessiture. Vale la pena di ricordare anche il Serpentino Classico della
Val Malenco, una roccia che, pur ricadendo nella categoria marmi, è pressoché
priva di carbonato di calcio, di colore uniformemente verde cupo tendente al
nero, più spesso utilizzata però come pietra “a spacco” naturale19 e raramente
lucidata. Oltre a quelli italiani esistono altri marmi verdi; tra di essi quelli di una
certa rinomanza mondiale provengono dalla Grecia (Verde Timos), dal
Rajasthan (India), dove al prodotto viene dato il nome Verde Guatemala, e da
Taiwan.
Per quanto concerne i travertini e gli alabastri occorre ricordare i travertini
italiani estratti nel bacino di Tivoli e Guidonia, nel Lazio, di età pleistocenica,
suddivisi in numerose varietà a seconda delle colorazioni: le più comuni sono il
Bianco, il Michelangelo, il Classico Export, lo Striatine, il Bronzetto, il Paglierino,
19
Superficie a spacco: è ottenuta suddividendo il materiale o lungo piani preesistenti come la
stratificazione naturale o lungo superfici prodotte da uno spacco vero e proprio, con particolari
macchine spaccatrici. Sebbene indotta da un’azione meccanica, la superficie lungo la quale il materiale
viene spaccato è ancora una superficie naturale. In alcuni casi ciò rappresenta una peculiarità poiché il
materiale è sufficiente compatto da poter essere estratto in blocchi ma sufficientemente debole da
poterne utilmente sfruttare la lastrificazione naturale, anca alla scala di millimetri come è il caso
dell’ardesia ligure. (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima
edizione maggio 1999, pag.254).
200
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
l’Imperiale, il Navona. Pure pleistocenici sono i travertini coltivati presso
Rapolano Terme in Toscana e nella provincia di Ascoli Piceno; in quelli
toscani sono state operate dettagliate suddivisioni (varietà “R” Nocciola Chiaro,
Oliviera Venato, Scuro Etrusco). Il travertino ascolano (Striato, Chiaro Venato) si
presenta anche in “versione oniciata” quando è accompagnato nelle cavità
primarie da deposizione di carbonato di calcio in bande concentriche che
ricordano quelle tipiche degli onici.20
In ambito internazionale, tra i travertini prodotti, sono da menzionare il
Giallo ed il Rosso dell’Iran, accattivanti nelle loro intense tonalità per
arricchimento in idrossidi, alcuni travertini messicani, turchi, spagnoli e
peruviani, gli onici verdi e bianchi del Pakistan, quelli gialli egiziani.
Da ultimi, non certo per importanza, gli alabastri toscani (centro Italia) e
l’alabastro spagnolo, costituiti da gessi saccaroidi a grana finissima e traslucida.
7.1.3 I Graniti
Ricadono nell’accezione commerciale di questo termine tutti i materiali a
composizione prevalentemente silicatica, indipendentemente dalla loro genesi
geologica. Tra i graniti si annoverano soprattutto rocce magmatiche intrusive,
con composizione chimica molto variabile, alcune rocce metamorfiche soprattutto gli gneiss - e le rocce migmatitiche.
Per quanto concerne le rocce intrusive, per comodità di esposizione,
prenderò a prestito la classificazione scientifica (Streckeisen) che, dai materiali
contenenti quarzo, in quantità progressivamente decrescenti fino a zero,
procede verso quelli che non ne contengono.
Tra i graniti sensu stricto possiamo ricordare, in Italia, i Graniti Sardi, una
nutrita serie di prodotti appartenenti a vari livelli del Batolite Sardo-Corso
molti dei quali classificati solo a livello commerciale dai venditori ma non in
20
È importante segnalare come il termine onice, tra i lapidei ornamentali, non identifichi assolutamente
la varietà di calcedonio zonato per cui questo nome è stato originariamente coniato, bensì le rocce di
origine chimica note come alabastri calcarei, che ricordano, nell’aspetto, l’onice propriamente detto.
201
CAPITOLO 7
ambito scientifico e geologico. Il cromatismo dominante di questi materiali è
funzione soprattutto del colore del feldspato che, come è noto, può assumere
moltissime tonalità, e dei minerali scuri che sono presenti, in queste rocce, in
percentuali abbastanza basse. Si va da un grigio molto chiaro (Bianco Sardo) ad
un grigio medio (Grigio Sardo), ad un grigio scuro (Grigio Malaga), al tipo
ghiandonato (Ghiandone Limbara), ai vari tipi di rosa (Cinzia, Nule, Beta, Gamma).
Si tratta di materiali che esibiscono una rimarchevole costanza di
caratteristiche, ciò che li rende particolarmente apprezzati ed idonei per
applicazioni su vasta scala; materiali come questi hanno nella grande
omogeneità cromatica e d’insieme il loro fattore di maggior successo e
soffrono non poco le variazioni tessituriali e di grana che spesso si
manifestano in molti giacimenti.
Tra i graniti più noti è da citare il Rosa Porrino, di grana media, estratto nella
provincia di Pontevedra in Spagna e particolarmente apprezzato per la sua
grande disponibilità ed omogeneità cromatica. Ancora in Spagna vengono
estratti, nella provincia di Madrid, il Bianco Castilla, una granodiorite di color
bianco-grigiastro a grana media, e, nella provincia di Pontevedra, il Gris
Mondariz, una granodiorite con leggera tonalità rosacea.
In Italia, nella zona cosiddetta “dei laghi”, tra i laghi d’Orca, Maggiore e
Mergozzo, si estraggono alcune importanti varietà commerciali: il Rosa Baveno,
un granito biotitico rosa (con muscovite) e il Bianco Montorfano, un granito
bianco-grigio a grana medio-grossa. Da ricordare poi, sempre in Italia – non
foss’altro per il fatto che costituisce il materiale di riferimento nel test
sull’usura “per attrito radente” – il Granito di San Fedelino, un granito s.s.
proveniente dalla zona del lago di Mezzola.
Di significativa importanza commerciale sono, da sempre, i graniti rossi, di
maggior pregio rispetto ai più ordinari grigi e rosa, ma meno pregiati dei graniti
neri. La colorazione rossa è impartita alla roccia da un feldspato
particolarmente arricchito in ossidi di ferro ed elementi vicarianti. I materiali
rossi appartengono per la quasi totalità ai gruppi petrografici dei graniti sub–
202
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
alcalini ed alcalini; esempi del primo tipo sono il Sierra Chica, materiale
argentino a tessitura abbastanza uniforme e coltivato nella provincia di Buenos
Aires e noto agli operatori per la sua proverbiale durezza nel taglio al telaio, il
Balmoral, estratto nella Finlandia meridionale e presente sul mercato con grane
differenti, il Rosso Vanga, proveniente dal Sud-Est della Svezia, che mostra un
certo grado di orientazione. Come esempi dei graniti del secondo tipo – più
rari – si possono menzionare il New Rubin e il New Imperia (graniti indiani), ed il
Rouge Cyrnos della Corsica, un granito ad elevato grado di alcalinità ma
penalizzato dalla grande diffusione di microcavità. Sempre nella famiglia dei
materiali rossi occorre poi menzionare il granito finlandese Carmen Red,
bell’esempio di struttura orbicolare dei feldspati cui spesso si associa un quarzo
particolarmente in risalto e di aspetto profondo quando il materiale viene
lucidato. L’aspetto di queste rocce – quasi unico nel suo genere – è molto
peculiare poiché l’elemento di spicco è costituito proprio dai motivi subcircolari che esso mostra, adiacenti l’un l’altro, il cui diametro può spaziare da
meno di 1 cm a 4/5 cm. Un materiale analogo al Carmen Red, anch’esso tra i
più consolidati sul mercato internazionale, ma non di colore rosso, bensì
marrone o verde in funzione del tipo di impurezze presenti, è il Baltic Brown
(Baltic Green), coltivato nel Sud della Finlandia.
Procedendo verso rocce con minor contenuto in quarzo (gruppo
petrografico delle dioriti) si hanno commercialmente colori più tendenti al
grigio scuro-nerastro per incremento dei minerali scuri, senza arrivare al nero
vero e proprio, mentre meno frequenti sono le colorazioni ed i motivi propri
(venature, aspetto “mosso”) un pò particolari che accrescono l’interesse
estetico. Proprio queste caratteristiche intermedie, che quasi definiremmo di
normale ordinarietà, sono quelle che, salvo pochissime eccezioni, limitano un
pò la diffusione su scala internazionale di questi materiali rispetto ad altri un
pò più accattivanti. In Italia sono note le dioriti del Piemonte: la Diorite di Ivrea,
di età pre–Carbonifera e la Diorite di Vico, nel Canavese.
Appartenenti alla famiglia delle dioriti si possono ricordare, in Spagna, a
203
CAPITOLO 7
titolo di esempio, il Gris Quintana e il Negro Badajoz, materiali entrambi
provenienti dalla provincia di Badajoz, il Cinzento, di varie zone portoghesi.
A rappresentare il gruppo delle sieniti vi sono pochi materiali; in Italia
quello di maggior prestigio è senza dubbio la Sienite della Balma, una sienite a
grana medio-fine con una caratteristica tonalità cromatica grigio-violacea
estratta in Val Cervo, in provincia di Vercelli. In Brasile è coltivato il Marron
Imperial, un materiale a grana media, che, con il suo colore realmente marrone,
può vantare caratteristiche cromatiche non comuni fra i graniti. Nel Sud del
Portogallo si estrae una sienite grigio rossastra (Saint Luis) con una struttura
che ricorda quelle un pò più tipiche di alcune pietre vulcaniche. Da ricordare,
infine, per le sue rare caratteristiche, il Marina Pearl, una sienite per cui è stato
coniato un nome scientifico – Larvikite – dalla città norvegese presso cui si
estrae (Larvik) e che è contraddistinta dalla presenza di irridescenze blu chiaro
dovute al concrescimento di due feldspati, di grande effetto estetico quando la
roccia è lucidata.
Al gruppo dei gabbri fanno capo alcuni tra i materiali di maggior richiesta
sui mercati internazionali, come i graniti neri. Il Nero Africa, un granito nero
coltivato in Sud–Africa e di amplissima diffusione mondiale è una norite con
caratteristiche cromatiche piuttosto variabili: in questi materiali, dai giacimenti
quasi sempre molto difficili (corpi limitati, giacitura, fratture), variazioni anche
molto piccole di composizione e di tessitura si riflettono in maniera quasi
impietosa sull’aspetto finale del materiale lucidato, determinando sensibili
differenze alla vista; di fatto, l’omogeneità cromatica è per questi materiali, un
fattore di altissima selezione. Ciò, unito alla generale minor diffusione dei
graniti neri su scala mondiale, contribuisce a farne un prodotto di alto pregio
costantemente ricercato. Nero Assoluto Belfast è il nome dato alla varietà che, più
di altre, sintetizza il concetto di “nero” tra i graniti; è anch’esso estratto nel
Sud–Africa, nella regione del Transvaal. Numerosi sono gli altri graniti neri
presenti sul mercato, ognuno dei quali caratterizzato da un qualche fattore di
difficoltà produttiva. In Uruguay si estrae il Nero Uruguay (Edelfin, Top, Macara,
204
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Cufre), un microgabbro penalizzato dal grado di fratturazione e dalla
disuniformità.
In Angola meridionale si coltiva un gabbro anortositico di età preCambriana a grana grossa (Nero Angola); è questo un materiale che ben si
presta per apprezzare le sensibili diversità di aspetto tra un granito nero a
grana grossa (sensazione di nero poco profondo e di “irregolarità”) ed un
granito nero a grana molto fine, (sensazione di nero molto profondo), quando
entrambi sono lucidati. In Zimbabwe si coltiva l’omonimo granito nero, Nero
Zimbabwe, in blocchi di buona cubatura ma di qualità inferiore ai materiali
equivalenti sudafricani. Dall’India, Brasile, Svezia, Cina, Australia provengono
infine altri graniti neri con caratteristiche e qualità variabili. Da ricordare, tra
l’altro, come molti graniti neri siano geneticamente delle doleriti e non
propriamente delle rocce intrusive di consolidamento profondo (ovvero graniti
veri e propri che sono un tipo particolare di roccia intrusiva).
Da sottolineare poi un gruppo particolare di rocce, le anortositi, categoria
in cui ricade uno tra i materiali più noti e più ricercati del mercato, il Labrador,
di provenienza norvegese. II Labrador è quasi esclusivamente costituito da un
minerale la cui caratteristica principale è data dalla forte iridescenza di tonalità
blue, descritta scientificamente come labradorescenza, e responsabile
dell’aspetto cangiante che questo materiale assume quando viene lucidato.
Un’altro materiale valorizzato dalla labradorescenza è il Reflect Blue, estratto nel
Canada orientale, con un effetto estetico però di gran lunga inferiore a quello
del Labrador originario21.
Tutti i graniti esaminati sinora, nel quadro delle classificazioni scientifiche,
possono avere dei contenuti in quarzo, ancorché molto scarsi. La
classificazione scientifica propone poi, come già accennato, un vasto gruppo di
rocce nelle quali non è possibile la presenza di quarzo. Si tratta di materiali di
gran lunga più scarsi nel contesto mondiale, generalmente meno appetibili da
un punto di vista commerciale e di tonalità scura. In essi tuttavia, possono
21
Da poco si sono trovati bacini di Labrador anche in Ucraina.
205
CAPITOLO 7
concentrarsi minerali rari dando origine a materiali molto interessanti, e,
spesso, “impegnativi” e peculiari dal punto di vista della collocazione ed
impiego. Tra i pochi esempi che si possono menzionare il granito brasiliano
Azul Bahia, una sienite arricchita in sodalite, minerale che conferisce a questa
roccia il suo caratteristico colore blue.
Un cenno anche alla scarsità di materiali con origine vulcanica. Le
particolari condizioni dei depositi, la presenza di vetro, di bollosità, le
disuniformità, lo spessore degli strati e, spesso, i colori e le tessiture non molto
interessanti, hanno confinato le rocce vulcaniche ad un ruolo marginale; molte
alimentano circuiti commerciali locali ed hanno impieghi vincolati alla
dimensione dei blocchi che da esse si possono ottenere. Il Porfido, descritto nel
successivo paragrafo dedicato alle “pietre”, è forse il rappresentante più conosciuto e più diffuso tra le vulcaniti.
Passiamo ora a considerare quei graniti che si originano dalle rocce
metamorfiche. In Italia sono estesamente coltivati gli gneiss pre-Triassici del
Piemonte e della Lombardia nelle Valli Antigorio, Formazza, Divedro e
Masino; si tratta di ortogneiss con grana da media a grossa, molto “orientati”
cui viene dato il nome commerciale di Serizzi e Beole. Numerose sono le varietà
esistenti (Serizzo Sempione, Serizzo Antigorio, Beola Bianca, Beola Grigia, etc.), tra cui
spiccano quelle “ghiandonate” (Serizzo Ghiandone, Beola Ghiandonata) termine
usato commercialmente (anche nelle rocce intrusive) per indicare la presenza
di grossi cristalli di qualche specie minerale. I grossi cristalli sono, in questo
caso, feldspati che conferiscono alla roccia una tipica tessitura “ad occhi”. Un
materiale di recente apparizione sui mercati è il Sukuru, un granito estratto in
Brasile; l’interesse di questa roccia è dato sia dai grossi cristalli feldspato di
tonalità rosata sia dalla presenza di riflessi bluastri a creare un aspetto
d’insieme che non ha eguali.
Ma dove il mercato dei graniti si è vivacemente differenziato è nei graniti
206
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
venati;22 con le loro improvvise variazioni d’aspetto e di disegno questi graniti
sono venuti costituendo una categoria di materiali sempre più richiesti che
associano alle eccellenti caratteristiche fisico-meccaniche dei graniti sensu stricto,
motivi estetici e decorativi che sono più tipici dei marmi venati.
È questo il classico prodotto per il quale parlare di omogeneità ed uniformità
diventa più arbitrario ed al quale si perdonano, proprio in virtù delle
caratteristiche genetiche e del modo in cui si estrinsecano variazioni ed
oscillazioni anche notevoli rispetto al prodotto standard. La parte dei leoni
quanto a disponibilità di questi materiali spetta al Brasile ed India, il potenziale
in questo tipo di rocce è elevato per numerosi paesi al mondo. Del Brasile si
possono ricordare, a titolo esemplificativo, il Verde Maritaca, il Verde Eucalipto,
il Juparanà, il Kinawa Rosa; dall’India il Verde Marina, il Kashmir White, il
Multicolor, il Paradiso, il Tiger Skin, l’Orissa, il Rainbow, etc.
Per esaurire questa veloce rassegna dei graniti è infine opportuno ricordare
alcuni materiali che non ricadono in nessuno dei gruppi finora citati ma, in
virtù della loro composizione o delle modalità di lavorazione, appartengono
alla categoria dei graniti. Tra i materiali più pregiati è l’Azul Macaubas, una
quarzite estratta in Brasile ed inconfondibile con le sue nette ed intense
venature bleu su fondo bianco; peculiarità di questa roccia sono il suo aspetto
che la fa sembrare un marmo e le caratteristiche meccaniche da granito, cui si
associa una estrema durezza, per la abbondante presenza di quarzo.
Di aspetto più simile ai graniti s.s. è l’Azul Aran, (una pegmatite) prodotta
nella provincia di Lerida, in Spagna. L’Azul Aran, una delle rarissime pegmatite
tra i lapidei ornamentali, presenta una dominante grigio–azzurrastra che
costituisce la sua attrattiva cromatica. In Brasile si estrae infine un
conglomerato poligenico e policromatico, denominato Vesuvio; l’assimilazione
ai graniti è in questo caso dovuta alla sua composizione, tutta di elementi
22 Disegno venato: disegno di un materiale che presenta delle venature ben evidenziabili rispetto al fondo,
sia per aspetto, sia per colore. (Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi
Editore,Verona, prima edizione ottobre 2004, pag. 43).
207
CAPITOLO 7
silicei.
7.1.4 Le pietre
La parola pietre è uno dei numerosi termini che la nomenclatura del
settore lapideo ha lasciato ambiguo e, quando si tratta di definire
univocamente cosa sono le pietre, il compito non è semplice. Prima di
passare in rassegna le pietre più diffuse sui mercati, vale la pena spendere
qualche parola sull’argomento poiché, all’atto pratico, anche chi ha estrema
familiarità con le rocce, potrebbe non capire in cosa le pietre si differenzino
dai marmi e dai graniti.
Secondo la norma italiana UNI 8458 si intende, commercialmente, per
pietra una roccia da costruzione non lucidabile; in effetti, una pietra raramente
è lucidabile (anche se sarebbe più corretto dire che non è ben lucidabile e
che, spesso, non è in grado di conservare la sua lucidatura) e questo, in
passato, ha consentito di sviluppare ed affinare, per le pietre, molti impieghi
dove i pregi decorativi ed ornamentali passavano in secondo piano e si
preferiva – come si preferisce tutt’oggi – la versatilità, l’economicità,
l’idoneità ad essere inserite in contesti molto diversi tra loro (urbano, rurale,
rustico).
Tuttavia, non è raro vedere marmi e graniti non lucidati, con aspetto e
finitura tipici delle pietre, con trattamenti rustici della superficie (rigati,
scolpiti, bocciardati, etc.), così come non è raro vederli in arredi urbani, con
la stessa versatilità che contraddistingue le pietre; in altre parole non è
infrequente vedere i marmi e i graniti che “fanno” da pietra. Quindi,
apparentemente, le caratteristiche, gli impieghi e gli aspetti delle tre categorie
possono tranquillamente sovrapporsi.
Capire le differenze tra pietre e marmi–graniti solo sulla base delle definizioni,
è, nella pratica, difficoltoso; se, invece, si esaminano più punti di vista, le
differenze risultano più comprensibili. Allo scopo è utile fare riferimento al
208
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
ciclo del lapideo. Esaminando congiuntamente, all’interno di questo ciclo,
alcune fasi (precisamente: caratterizzazione giacimenti; attività estrattiva;
trasformazione; impieghi ed applicazioni) stabilire un confine tra marmi–graniti
e pietre diventa più semplice poiché ognuna di queste fasi ha, mediamente,
qualcosa di caratteristico, per le tre categorie.
Prendiamo, ad esempio, in considerazione la caratterizzazione di
giacimenti: se andiamo ad osservare i depositi vedremo che le rocce che danno
origine alle pietre sono una varietà pressoché infinita, comprendendo famiglie
che non sono generalmente incluse tra quelle che danno origine ai marmi ed ai
graniti. A titolo di esempio, si possono menzionare:
• le arenarie, le siltiti (es. Giallo Dorato, Pietra Serena, Pietra di Bedonia, Pietra di
Vicenza, Red Sandstone, Pietra del Cardoso, le arenarie di produzione inglese,
australiana, francese, spagnola, etc.),
• gli scisti sensu lato (es.: Ardesia Valdaostana, Ardesie brasiliane, Ardesia Verde
tedesca),
• i calcari friabili e pulverulenti, (es.: la Pietra di Finale, Porolitos di Creta) –
calcari vari (es.: Pietra della Lessinia, Jura limestone, Petit Granit),
•
gli gneiss (es.: Serizzo, Dorato Valmalenco, Beola d’Ossola, Beola Verde Spluga),
• le quarziti (es.: Quarzite di Barge, Quarzite di Sanfront, Quarzite Alta, Quarzite
Flamingo),
• varie rocce vulcaniche (es.: Basaltina, Trachite dei Colli Euganei, Porfido ucraino,
peruviano, messicano; Peperino),
•
i serpentini (es.: Serpentino Val Malenco).
Esaminiamo ora l’attività estrattiva: nei depositi, e quindi in cava, molte
pietre vengono estratte impiegando tecniche e metodi differenti da quelli usati
su marmo e granito. Per esempio, molte pietre mostrano spesso un verso molto
netto che conferisce loro la capacità di fendersi o suddividersi in lastre anche
molto sottili; in queste condizioni si fa frequente uso della superficie naturale
209
CAPITOLO 7
“a spacco”23, la quale viene poi riproposta tale e quale nell’applicazione della
pietra. Le operazioni di suddivisione si svolgono generalmente già in cava dove
vengono confezionate le lastre ed i lastroni a seconda del grado di
suddivisibilità di ogni materiale. Ciò fa sì che molti depositi di rocce in strati
sottili, generalmente non coltivati come cave di marmo, siano in realtà idonei.
Per gli stessi motivi è rara la produzione in blocchi di grandi dimensioni e
conci di pietra a dimensione decimetrica, pressoché poco e mal utilizzati nei
marmi e nei graniti, costituiscono un prodotto commercialmente utile.
L’architettura della cava e le macchine prescelte per condurre l’escavazione
possono essere differenti rispetto a cave di marmi e graniti, così come differenti
saranno le rese, gli investimenti, i vincoli produttivi, l’organizzazione dei cicli
di lavoro nella cava stessa.
Indagando in materia di trasformazione, si osserverà che le lavorazioni di
superficie sono spesso molto differenti da quelle preferite per marmi e graniti.
Le pietre si lucidano con difficoltà oppure non si lasciano affatto lucidare (le
eccezioni non sono comunque poche) mentre sono i materiali più adatti per i
trattamenti “rustici”. Vengono pertanto meno l’importanza del loro pregio
estetico e la valorizzazione dei motivi cromatici.
Transazioni commerciali, prezzi, trasporti, tipologia di prodotto ottenibile e
macchine per la lavorazione sono radicalmente differenti rispetto a marmi e
graniti. A titolo di esempio si può ricordare che esistono macchine che sono
state create appositamente per meglio valorizzare alcune caratteristiche di varie
pietre: le tranciatrici per la produzione di cubetti di Porfido, le piallatrici a secco
(piani da biliardo con l’Ardesia), le spaccatrici per fare il bugnato (materiali vari),
etc.
Infine, considerando gli impieghi ed applicazioni del materiale, le pietre
rendono notevoli servigi quando si tratti di:
– contesti architettonici, per tutti quegli elementi di grossa dimensione, di un
certo spessore, in forma tozza e non in lastrame (balconate, cornicioni,
23
Per definizione di superficie a spacco, veder nota 18 di questo capitolo.
210
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
balaustre, fasce di marciapiede, etc.),
– elementi strutturali (colonne, architravi, etc.),
– arredo urbano e ricostruzione di aree pubbliche (porticati, atri, zone
ricreative, zone pedonali, cordonature per marciapiedi, etc.). La funzione di
rivestimento è più limitata rispetto a marmi e graniti anche perché, come
abbiamo gia detto, il valore decorativo e la valorizzazione dei disegni cromatici
assumono minor significato.
A questo punto dovrebbe risultare chiaro che, se si limitassero le
osservazioni ad una solamente delle voci esaminate, non sarebbe immediato
distinguere le pietre dai marmi–graniti; solamente abbracciando più fasi di
tutto il ciclo si comprendono le numerose differenze esistenti tra le prime ed i
secondi. Una loro definizione univoca non è ancora possibile, ma è
generalmente chiaro a cosa si va incontro quando si vuole scegliere una pietra
per una determinata realizzazione.
L’Italia è da sempre un buon produttore di pietre, potendo vantare, da
Nord a Sud, una ampia gamma sia in senso tipologico che cromatico. In
Piemonte viene estratta la Pietra di Luserna, uno gneiss fortemente laminato di
colorazione grigio-verdognola. La Pietra di Luserna offre un buon esempio di
pietra con lavorazione grezza “a spacco”, mediante la quale l’escavazione viene
condotta sfruttando soprattutto la naturale divisibilità in lastre del materiale
dovuta alla forte laminazione. L’appartenenza alla categoria delle pietre si deve
in questo caso sia alla lavorazione sia alla finitura grezza, non lucidata, che,
fino a poco tempo fa, è stata la privilegiata per questo materiale.
Vengono fatti rientrare talora nelle pietre anche i già menzionati Serizzi e
Beole per i quali esistono vasti campi di applicazione anche come elementi allo
stato grezzo, senza finitura alcuna.
In provincia di Cuneo viene sfruttata la Quarzite di Barge o Bargiolina, un
materiale dalle eccezionali proprietà meccaniche e durevolezza di cui è
particolarmente apprezzato il colore della varietà giallastra. Si fa notare, per
inciso, che un materiale come questo riceverebbe nel mondo anglosassone una
211
CAPITOLO 7
collocazione autonoma nella categoria delle sandstone.24
Dal Pleistocene delle valli dell’Adda, del Brembo e del Lago d’Iseo si estrae
il Ceppo di Poltragno e di Grè, un conglomerato poligenico con elementi
grossolani e minuti e di una tonalità dominante grigia. Commercialmente, in
funzione della dimensione dei ciottoli, viene proposto nelle tre varietà
“rustico”, “mezzano” e “gentile”.
Da inserire nella categoria delle pietre è poi il Porfido, materiale proveniente
da più di una regione Italiana (Trentino Alto Adige e Lombardia), ma che ha il
suo centro produttivo mondiale nelle province di Trento e Bolzano e che
rappresenta, per molti aspetti, quasi un unicum nel panorama mondiale. II
porfido atesino, in uso da tempo immemorabile, insieme a quello egiziano, per
alcune insuperate caratteristiche meccaniche, e la cui colorazione varia dal
rosso fegato al giallastro-marrone-bruno, dovrebbe essere inserito nella
categoria dei graniti per le modalità di lavorazione; esso è tuttavia incluso
merceologicamente tra le pietre sia per le modalità di escavazione sia per le
prevalenti applicazioni con elementi grezzi e rustici. Centri di produzione così
elevata come quello atesino sono assenti in altre parti del mondo; sono tuttavia
da citare il porfido della Val Camonica, sempre in Italia, caratterizzato dalla
disponibilità di grossi blocchi e, in ambito internazionale, i porfidi in Argentina.
Perù, Iran, Messico, Ucraina.
Altro esponente vulcanico tra le pietre è la Trachite Euganea, materiale
commercializzato nelle varietà gialla, grigia e giallo-venata proveniente dei Colli
Euganei, in Veneto, Italia. Sempre in Italia, provengono dalla Liguria la Pietra
di Finale e l’Ardesia (o Lavagna); la prima è un calcare riccamente fossilifero e
pulverulento, estratto nella provincia di Savona, e commercializzato nelle tre
varietà Bianco Doria, Rosso di Verezzi e Mascia. La seconda è un argilloscisto a
pasta finissima, particolarmente ricercato ed apprezzato per un connubio di
24 Sandstone: roccia sedimenataria clastica (non calcarea come il limestone) con componenti,
essenzialmente frammenti granulari di minerali e detriti, con dimensione compresa tra 1/16 mm a 2
mm. In base alla loro genesi, struttura e composizione si possono distinguere molte diverse varietà.
(Fonte: PIERO PRIMAVORI, “Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore,Verona, prima edizione
ottobre 2004, pag. 324).
212
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
proprietà estetico-meccaniche che ne hanno fatto un materiale di largo
impiego in tutto il mondo. Estratta nelle valli Fontanabuona (Genova) ed
Argentina (Imperia), l’ardesia ligure vanta infatti una divisibilità naturale anche
in spessori sottilissimi, colorazioni particolarmente gradite, come il grigioplumbeo ed il nero ed una compattezza insolita per questo tipo di rocce. Le
ardesie ed i materiali ad esse assimilabili costituiscono una sub-categoria di
lapidei un po’ particolare che, pur facendo sostanzialmente capo al grande
gruppo delle pietre, alimenta circuiti commerciali abbastanza autonomi, come
quelli degli elementi per coperture (per es. i tetti), e talora poco noti (es.: i piani
di biliardo, lavagne), impieghi per i quali le rocce più idonee sono appunto
quelle a marcata suddivisibilità naturale.
In Toscana, in provincia di Lucca, viene prodotta la Pietra del Cardoso un
materiale di quelli decisamente rinomati, sia per le sue caratteristiche d’insieme
molto buone, sia per la sua unicità tipologica. Sempre dalla Toscana, e non
solo, provengono numerose sandstones; tra le più diffuse sono da ricordare la
Pietraforte, estratta nelle province di Firenze e, subordinatamente, Perugia, la
Pietra Serena estratta nelle province di Firenze ed Arezzo e la Pietra Dorata
(Grosseto), caratteristica per le sue venature irregolari a tinte color ruggine.
Da citare infine, tra i materiali di origine vulcanica, i Peperini laziali
commercializzati nelle due principali varietà rosa e grigia, ed il Basalto dell’Etna.
213
CAPITOLO 7
7.2 Campi d’impiego dei materiali lapidei
Un tempo il marmo e, in misura minore a causa della durezza, il granito,
non venivano utilizzati in modo esteso, in quanto gli elevati costi legati sia
all’attività estrattiva che alla trasformazione e posa in opera, li destinava ad
opere eccelse, rendendo tali materiali pregiati e di lusso.25
Oggigiorno i materiali lapidei continuano a mantenere queste caratteristiche
di pregio, ma grazie ai costi più contenuti hanno un impiego molto diffuso. In
questa parte andrò ad illustrare sinteticamente i campi d’impiego del
lapideo e la rilevanza che ognuno di essi ha nel contesto generale.
I principali campi d’impiego della pietra naturale possono essere
ricondotti ai seguenti:
• edilizia,
• arte sacra e funeraria,
• arredo urbano,
• restauro,
• artigianato e design,
• opere d’arte,
• altre applicazioni,
• sottoprodotti (granulati, polveri).
–
Edilizia: rappresenta di gran lunga il campo di applicazione più
consistente dei lapidei ornamentali, di cui assorbe circa il 70%-75%
25
Spesso questa etichettatura “di lusso” ha fatto sì che si siano usati nelle costruzioni materiali
alternativi al marmo senza considerare il fatto che la pietra naturale, in quanto tale, ha una durata
nettamente superiore a qualsiasi materiale da posa creato dall’ uomo; “a diecimila anni di distanza
dall’impiego della pietra nelle mura di Gerico, o dalla costruzione del prestigioso altare in onice di cui
si parla nel Libro dell’ Esodo, sarebbe il caso che in campo lapideo si guardasse alla realtà dell’oggi ed
alla prospettiva del domani”, prendendo spunto “dalla tecnica ed economia, ma prima ancora, dalla
cultura, tradizione e dall’ ethos.” (Fonte: INTERNATIONAL STONE MAGAZINE, Il Giornale del
Marmo, “Mondializzazione del marmo”, n.256 luglio-agosto 2005, pag.41).
214
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
dell’intera produzione mondiale. Per le molteplici opere di edilizia
industriale, commerciale, residenziale (civile), religiosa, etc., la pietra
naturale si propone per soddisfare le esigenze di utilità, di bellezza, di
funzionalità e di distinzione formale che da sempre contraddistinguono
molte realizzazioni edili. La gamma di impieghi è vastissima: pavimenti,
rivestimenti, coperture, gradini, unitamente ad elementi costruttivi più
strettamente architettonici come mensole, cornici, listelli, balaustre; tutti
questi costituiscono componenti ordinari di hotel, scuole, aeroporti, centri
commerciali, chiese, stazioni, complessi turistici, ospedali, banche, etc.
Altrettanto vasto è il ventaglio dei materiali che possono essere impiegati,
che coprono tutto l’insieme di marmi, graniti e pietre disponibili sul
mercato.
Il comparto edile, fatti salvi alcuni momenti di congiuntura
sfavorevole, è stato sostanzialmente in crescita fino il 2006 o 2007 in
certe zone; ai paesi tradizionalmente consumatori,26 nei quali è possibile
osservare quanto sia planetaria la scala di diffusione della pietra, si
affiancano, infatti, altri paesi che, per recente sviluppo o ricostruzioni
post belliche, hanno incrementato consistentemente il consumo di
marmo e granito nella loro attività edilizia. Le applicazioni maggiori
vanno ascritte ai pavimenti ed ai rivestimenti esterni ed interni; qui il limite
è costituito solo dalla fantasia del progettista, il quale può adottare infinite
soluzioni, con utilizzo di materiali diversi, proponendo ora l’uso di
lastre grandi, ora di marmette, ora di piccoli formati, fino alla creazione di
26
Stati Uniti in primis, “ il movimento d’ importazione costituisce lo specchio più significativo di una
domanda in rapida crescita in cui la produzione interna, per quanto significativa, è insufficiente a
coprire il fabbisogno del mercato statunitense; (…) l’attività edilizia continua ad essere sorretta da un
coefficiente di sviluppo sostanzialmente quintuplo di quello europeo, ed il prodotto lapideo è oggetto
di una vera e propria scoperta nell’ambito della progettazione più qualificata”. (Fonte:
INTERNATIONAL STONE MAGAZINE, Il Giornale del Marmo, “La forza della domanda negli
U.S.A.”, n.257 settembre-ottobre 2005, pp.32-35). Nell’ultimo anno però si è assistito ad un forte calo
dell’ edilizia americana, soprattutto per le nuove costruzioni mentre tengono le ristrutturazioni e
soprattutto l’arredo abitativo in pietra (piani cucina in primis, scale,….). Al calo del settore edile si è
accompagnato il calo delle importazioni americane di marmo e granito dall’Italia svantaggiate
ulteriormente da prezzi più elevati rispetto i diretti concorrenti ed un tasso di cambio Euro/US dollar
a sfavore dell’ export italiano.
215
CAPITOLO 7
sofisticati e raffinati disegni, combinazioni di grandissimo valore
espressivo e decorativo, o scelte particolari come i pavimenti alla palladiana
o seminati alla veneziana. 27
Le tipologie di manufatti di cui l’edilizia fa grande uso sono sia
quelle seriali e ripetitive (marmette, marmettoni, soglie, davanzali), sia
quelle un pò più specifiche (mensole, cornici, elementi architettonici) ma
sempre nell’ambito delle lavorazioni ordinarie, con predominanza dei
formati quadrati/rettangolari sulle superfici curve e con limitati
interventi sulle coste. In materia di pavimentazioni, il granito si distingue
in tutte quelle applicazioni industriali e commerciali ove esigenze di
durevolezza, di traffico e di uniformità d’aspetto ne rendono necessaria la
scelta; il marmo svolge ancora un ruolo prioritario nelle applicazioni
interne, laddove il pregio decorativo assume la massima rilevanza. Le finiture
sono perlopiù rustiche o solo levigate per esterni, lucide per interni, mentre
infiniti sono i formati, le tipologie dei giunti e le combinazioni dei
diversi materiali.
In materia di rivestimenti si assiste ad una maggior selezione dei materiali
disponibili e ad una minor varietà di composizioni: mentre le applicazioni
esterne devono affrontare il fattore climatico, l’importanza del tipo di
ancoraggio ed il fattore durevolezza del materiale, tutti elementi questi che
avvantaggiano il granito, quelle interne possono giovarsi maggiormente delle
peculiarità dei marmi (cromatismi, venature, disegno delle brecce, bizzarrie
nell’aspetto di insieme, etc.), ai quali va spesso la preferenza. Prevalgono in
esterni le finiture lucide ma sono in ogni caso molto frequenti il fiammato ed il
sabbiato per il granito, il bocciardato per il marmo, perlopiù applicato sulle
tonalità classiche (bianchi, grigi). Nelle applicazioni interne domina il lucido,
a valorizzare colori e motivi ornamentali.
27
“Contemporary Stone & Tile Design”, BNP Publication, volume 13 2007, www.cstdmag.com - “Interni”,
il magazine del design, n.40 e 41 2007, edizioni Panorama. – “Mobili e arredamento per interni”, software
professionale per l’arredamento e progettazione di interni, www.palettecad.it.
216
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
- Arte sacra e funeraria: in funzione di quelle che sono le caratteristiche
socio-culturali, le tradizioni religiose ed il culto che le diverse
popolazioni hanno per i defunti, questo comparto costituisce da sempre
un sicuro campo di applicazione per i lapidei. 28 Per tradizione storica
universale la pietra naturale rappresenta, infatti, l’unico mezzo espressivo
in grado di coniugare soddisfacentemente eternità, simbolismo e dignità.
L’arte funeraria è un campo di applicazione caratterizzato da una
rimarchevole continuità, dettata da ovvi motivi, e che rende conto di circa
il 15% del mercato internazionale; le richieste sono orientate verso semi–
lavorati specifici come gli spessori e i masselli, da cui estrarre una tipologia
molto vasta di realizzazioni, talora molto scarne e semplici, talora
veramente complesse. Si tratta di tombe complete, lapidi, cappelle, cippi
funerari, stele, edicole, fino all’erezione di grandi sepolcri ed importanti
momenti di commemorazione. I manufatti per l’arte funeraria richiedono
spesso un allestimento particolare delle segherie-laboratori e fruiscono
grandemente delle nuove tecnologie di taglio e sagomatura, grazie alle quali
vengono confezionati prodotti su richiesta, unici, elaborati, ai quali, ordinariamente, si accompagnano scritte, targhe, incisioni, etc. Preferiti sono i
materiali di pregio, come i graniti venati, i graniti uniformi di tonalità scure,
cui si affiancano i materiali classici come i marmi bianchi, i travertini. La
lucidatura è il trattamento preferito anche se il campo si presta
magnificamente ad ogni tipo di combinazioni; particolarmente usata è la
sabbiatura con successiva verniciatura nelle scritte che accompagnano le
lapidi.
28
La Cina, ad esempio, è entrata ed ha invaso il mercato tedesco a scapito dei due principali fornitori
Italia e Spagna, entrando inizialmente nel segmento della funeraria.
217
CAPITOLO 7
- Arredo urbano:29 con questo termine si intende l’insieme degli elementi
e delle strutture che fanno uso della pietra naturale per la gestione di aree
urbane funzionali, dei luoghi di interscambio e di fruizione collettiva.
Nell’arredo urbano, nato storicamente come esigenza di delimitare gli
spazi, (sagrati di chiese, piazze, lastricature di strade) si annoverano
realizzazioni facenti capo alle diverse concezioni urbanistiche dei vari paesi
e volte localmente ad esaltare le differenze sia di natura storica sia
culturale. Particolare valenza ha assunto, soprattutto per le possibilità
creative che offre, l’arredo urbano di centri commerciali, quartieri
residenziali e centri culturali ove la pietra naturale può essere inserita per
molteplici usi e con grande varietà di soluzioni: complessi architettonici
decorativi, gallerie, gradinate, fioriere, marciapiedi, fontane, colonne,
monumenti, elementi di base per la segnaletica stradale, panchine fino alla
riproposizione di antichi ciottolati e lastricature stradali. Sono queste solo
alcune delle soluzioni dove si cerca di fondere il senso del decoro cittadino
con le possibilità espressive del lapideo che qui trova veramente una grande
gamma di destinazioni, per le quali, tutte le categorie – marmi, graniti e
pietre – si prestano egregiamente. I prodotti sono i più svariati: ciottoli,
cordoni e cubetti sono di vasto impiego per le pavimentazioni esterne, per i
marciapiedi, per le piazze, per le strette vie di centri storici; gallerie e centri
commerciali si avvalgono spesso di graniti, marmi e limestones, applicati in
molteplici combinazioni di formati e finiture. Molto frequenti i trattamenti
bocciardati, fiammati e sabbiati negli usi esterni per evitare di scivolare. È questo
il campo di applicazione che valorizza moltissimo le pietre locali, la cui distribuzione spesso si limita ad un contesto regionale, se non provinciale, e non
conoscono concorrenti (specie tra quelli di provenienza industriale) grazie le
loro capacità da fungere da collegamento tra l’ambiente naturale e il mondo
costruttivo.
29
Fonte e per ulteriori dettagli: “Urban Design-Arredo Urbano: Waterfront”, n.18 febbraio 2008, Editrice
Habitat s.r.l., Milano e “Urban Design-Arredo Urbano: Verso la post architettura”, n.20 settembre 2008,
Editrice Habitat s.r.l., Milano.
218
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
-
Restauro:30 indica tutte le forme di recupero di patrimoni edilizi esistenti,
deteriorati, degradati dal tempo e dalle aggressioni atmosferiche. Il degrado di
opere in pietra naturale è un fenomeno molto diffuso (solubilizzazioni, “cottura”, formazione di croste e patine, distacchi, esfoliazione, etc.) che ha raggiunto
livelli diversi di importanza e che annovera tra le sue cause non solamente la
senescenza cui i materiali naturali vanno soggetti, ma anche le conseguenze di
scelte tecniche inappropriate, progettazioni errate, sistemi di fissaggio e
posa in opera inadeguati.31 È importante rilevare la differenza esistente tra il
restauro di pietre antiche e quello di piene moderne. Nel primo caso il
restauro interessa solitamente il consolidamento, il ripristino ovvero la
sostituzione di manufatti di opere edilizie costruite con pietre antiche
(secoli) e, non di rado, impiegate con funzione strutturale. Assumono
qui grande importanza la reperibilità di dette pietre antiche e, quindi,
l’esistenza di cave ancora in esercizio, così come, quando i materiali
originari sono del tutto irreperibili, la loro eventuale sostituibilità con
materiali analoghi. Nel secondo caso trattasi di degrado impostato su lapidei
ornamentali di recente applicazione (negli ultimi 30 anni) ed impiegati per
lo più con funzione di rivestimento (lastre, coperture); differenti sono
allora le problematiche e le tipologie di intervento.
Per quanto concerne l’entità degli interventi si va dal modesto
ripristino di piccole opere o aree, al recupero di intere porzioni urbane,
nuclei medioevali e zone storiche. Le diverse casistiche pongono problemi
di diagnostica (analisi fisiche, chimiche, petrografiche) sulle cause del
degrado, di scelta dei sistemi di pulitura, protezione, consolidamento e
conservazione, di reperimento dei materiali di sostituzione, e di controllo
delle operazioni.
30 Fonte e per maggiori dettagli: Rivista “Come Ristrutturare la Casa”, Faenza Editrice, Faenza,
www.faenza.com, n. 2-6 2005, n. 1-4-5-6 2006, n. 4 2007.
31 Fonte e per maggiori dettagli: “Materiali e manufatti, sistemi di protezione, coperture”, in Casabella n. 770,
rivista internazionale di architettura, numero 10/2008 – “In costruzione”, in Casabella n. 765, rivista
internazionale di architettura, numero 4/2008 – “Materiali e manufatti, sistemi di protezione, coperture
involucri”, in Casabella n. 759, rivista internazionale di architettura, numero 10/2007.
219
CAPITOLO 7
Si intuisce come, laddove esiste un patrimonio edilizio costituito da
lapidei di ogni sorta e genere (ad esempio in Italia), ci si trovi spesso di
fronte a problematiche ogni volta diverse, così come appare chiaro quanto
sia importante poter contare ancora sulla reperibilità e disponibilità di un
materiale lapideo impiegato 700 anni fa ovvero di un analogo per
caratteristiche e cromatismo. Per quanto concerne i materiali, quanto
detto fa capire come la gamma sia, in questo caso, non solo estesa, ma
anche allargata alla possibilità di riutilizzare materiali non più in
produzione da tempo e insistentemente richiesti per il ripristino di
antiche strutture. I già citati cordoli, cubetti, sanpietrini, etc., per molti
centri storici, piazze e pavimentazioni esterne, vedono l’uso di graniti e
porfidi al primo posto; nei climi meno ostili molte pavimentazioni a
cubetti sono realizzate usando anche marmi teneri. Ristrutturazioni,
anche di vasta portata, implicano sempre, per quanto possibile, l’uso dei
materiali originari, in molti casi, tra l’altro, ancora disponibili. Esempi
italiani di materiali largamente impiegati in passato ed ancora disponibili, e di
grande domanda per operazioni di restauro, sono la Pietra Serena in
Toscana, la Trachite Euganea nel Veneto, la Pietra di Luserna nel Piemonte,
il Porfido nel Trentino-Alto Adige, e numerosissime pietre con le quali
sono stati realizzati interi paesi e città (es.: Pietra di Lecce; Pietra di Trani,
Pietra di Cogne, Pietra di Funil, Pietra Dorata, Peperino, granito dell'Isola
d'Elba, basalto dell’Etna, Pietra della Lessinia di Verona etc.)
Il restauro rappresenta in alcuni paesi un comparto in forte espansione
che, non di rado, consente al settore lapideo di approdare a consistenti
risultati economici, quando, addirittura, non ne costituisce il trainante
principale. Con il termine “artigianato e design” si intende il mercato dei
cosiddetti complementi di arredo, dell’oggettistica di lusso e delle produzioni
personalizzate. Sotto la voce “complementi di arredo”, un termine
relativamente recente, viene designata una produzione di prevalente collocazione in ambienti interni a scopo sia funzionale sia di arredo sensu
220
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
strictu; ne fanno parte i piani per cucina, i tavoli, le greche, i caminetti,32 i
bagni e/o parti di essi, etc. È questo un campo di applicazione che, localmente,
ha contribuito a diffondere la conoscenza e l’uso della pietra naturale, oltre ad
avere ridimensionato il concetto che vedeva il materiale lapideo come un
elemento di arredo esclusivamente di pregio e/o di lusso. Ed è proprio
nell’artigianato che talvolta è possibile osservare delle realizzazioni
assolutamente uniche e di pregio elevatissimo, come alcuni tavoli
intarsiati. La tipologia degli arredi proposti ricade su lavorazioni speciali
e, proprio grazie alle moderne tecnologie, è oggi possibile riprodurre
qualsiasi forma, realizzare oggetti in pietra naturale, prima assolutamente
inesistenti, e soddisfare ogni tipo di richiesta: è il regno delle superfici
curve, dei profili particolari, delle sagome a richiesta del cliente, delle
combinazioni inusuali. Il particolare tipo di produzione e, talora, di clientela,
induce ad usare materiali insoliti ma molto richiesti, vuoi perché
fortemente colorati o con disegni particolarmente “impegnativi”, vuoi
per gli accostamenti tra loro proposti.
La
cosiddetta
oggettistica
comprende
invece
tutte
quelle
realizzazioni, non sempre a carattere artigianale, che includono sia
oggetti per uso quotidiano (posacenere, orologi) sia oggetti unici con design
di classe (tavolini, lampade, vassoi, piatti, etc.), sia oggetti normalmente
decorativi come vasi, calici, targhe, piatti, soprammobili, scacchiere, etc. A
queste tipologie di oggetti si riferisce la terminologia inglese ornamental stones,
che risulta quindi di accezione assai ristretta nell’intero comparto lapideo.
–
Opere d’arte, oggettistica, arredo abitativo:
l’uomo ci ha
tramandato con le opere d’arte gli splendori e le vestigia di tutte le civiltà
passate, immortalate in fregi, sculture, monumenti e quant’altro la storia
ci ha consegnato. La scultura e l’architettura sono i campi che più hanno
32
“Fireplaces, Hardscape Awards”, nella rivista AS&LD, Architectural Stone Landscape Design, pag. 11-1218-20-22-25-26, n.2 summer 2008, A Western Business Media Publication, Orinda, Canada.
221
CAPITOLO 7
resistito al tempo; la prima ha contribuito allo sviluppo di tutti quei
laboratori che ancora oggi, non senza difficoltà, operano per proporre,
anche in chiave moderna, una produzione scultorea d’élite, molto qualificata
ed in grado di soddisfare la clientela più esigente. Sono richiesti busti,
mezzibusti, statue commemorative di famiglia, riproduzioni di opere d’arte
famose, motivi personalizzati. La seconda fa bella mostra di sé pressoché
ovunque, con opere talora immense, sia come dimensioni che come
impiego di materiali diversi, spesso riproponendo la pietra naturale nella
sua originaria funzione strutturale.33 I prodotti che ad essa fanno capo
ricadono in ognuno dei campi di applicazione menzionati, dall’edilizia
all’arredo urbano, al restauro, con manufatti che sono già stati descritti.
Si vuole ricordare ancora, in caso di impieghi strutturali, l’esigenza di
forniture di qualità particolarmente elevata per le quali è spesso necessario
fare richieste s p e c i f i c h e n e l l e c a v e (colonne, pilastri, grandi architravi...).
Da ricordare, nel campo delle opere d’arte, anche l’arte musiva che,
impiegando frammenti di roccia, in dimensioni molto piccole, per le
tessere dei mosaici, si approvvigiona integralmente dalle risorse lapidee
per
continuare
a
proporre una delle forme più peculiari di
comunicazione visiva nell’arte. Il mosaico oggi è quasi obsoleto nelle
pavimentazioni o comunque poco proposto, mentre si trovano esempi più
numerosi nelle decorazioni delle pareti.
L’uso dei lapidei nell’oggettistica e nell’arredo abitativo si riferisce perlopiù
a statue, vasi, fioriere, soprammobili, caminetti, lampade, tavoli, piani di
cottura, elementi per l’arredo dei bagni, ecc..
La gamma di materiali di cui si fa uso nelle opere d’arte è in stretta
relazione al tipo di opere ed alla loro collocazione, soprattutto se pubbliche: quando si tratta di scultura, sono preferiti marmi finemente
cristallini, travertini, subordinatamente graniti, limestones e sandstones.
Le colorazioni sono quelle classiche: bianco, grigio, marrone–beige.
33
Articolo “Marmomacc, La pietra sposa l’architettura”, in Azmarmi n.208, settembre 2005, pp.12.
222
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Nell’architettura strutturale la gamma di materiali, in ambiti internazionali,
è analoga, ma con requisiti meno rigidi; le grane dei marmi possono anche
essere un pò più grossolane, i limestones sono molto presenti, le
sandstones sono notevolmente più rappresentate, ed entrano in gioco anche le
slates.34 Quando allarghiamo il termine architettura
principale
alla
funzione
odierna del lapideo, quella decorativa, incontriamo nei
rivestimenti degli edifici la vasta gamma di cui si è già parlato nella parte
dell’edilizia.
–
Altre applicazioni: ricadono sotto questa voce prodotti e manufatti
talora analoghi per forma e dimensioni a quelli di prevalente uso edilizio, ma
con destinazioni d’uso specifiche; alcuni di essi costituiscono, tra l’altro, i
nuovi orizzonti per la pietra naturale, alla ricerca di sempre nuove
applicazioni. Tra gli usi delle pietre naturali che la consuetudine definisce
come “meno nobili” si possono ricordare le ordinarie murature, come i muri
di contenimento o di recinzione, i paramenti, le opere idrauliche come le
scogliere, gli argini ed i letti di fiumi e le briglie, dove il lapideo talvolta
sostiene (funzione strutturale), talvolta riveste (copertura) le strutture.
Sono impiegati, in questo caso, blocchi e blocchetti grezzi di tutti i tipi,
bugnati, tranciati a faccia-vista, pietrame.
Tra le applicazioni recenti invece, si possono ricordare gli “anticati”,
elementi lapidei artificialmente “usurati” allo scopo di assumere un aspetto
antico che simuli un già lungo esercizio. L’anticato è proposto soprattutto
nella forma di piccoli tasselli rettangolari, quadrati, triangolari che, variamente
combinati tra loro, trovano largo impiego in realizzazioni quasi sempre di
una certa eleganza: pavimenti, rivestimenti, greche, cornici decorative,
listelli, etc. Inutile ricordare che queste tipologie, soprattutto nei piccoli
34
Slate: very low level metamorphic rock (clayschist), schist-like, with fine or ultrafine grain, often
combining excellent compactness and splittability, cleavability into thin and very regular slabs,
especially immediately after quarrying. Also clay-schist. (Fonte: PRIMAVORI P., “Il Primavori: lessico del
settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, 2004, pag. 329).
223
CAPITOLO 7
formati, fanno uso degli scarti di altre lavorazioni, incontrando così meno
limiti alla disponibilità di prodotto.
Un’altra applicazione sfrutta tramite alcuni marmi a tenue cromatismo
(marmi bianchi, giallini, rosati) la traslucenza ottenibile con elementi a
spessore sottile (da 1,5 cm fino a 0,7 cm); il fenomeno, assicura, sia per
trasmissione di luce naturale che artificiale, risultati in opera di indubbio
interesse e valore estetico. Data la tipologia del prodotto, i materiali che
possono soddisfare questa categoria sono relativamente pochi e devono
possedere ottime qualità meccaniche, dato che la traslucenza decade
rapidamente all’aumentare dello spessore degli elementi. Sono preferibili i
marmi cristallini bianchi, biancastri o a colorazione tenue (giallini, rosa),
gli onici molto compatti, e, nel caso di piccole realizzazioni, gli alabastri.
Infine, grazie proprio all’ottenimento di spessori sottili, si schiudono nuovi
campi di applicazione che hanno come priorità il contenimento del peso e
che, contemporaneamente, possono sfruttare il valore estetico di cui la
pietra naturale è capace. Ne sono tipici esempi i rivestimenti interni di
ascensori, le coperture sottili per tavoli e contorni di specchi, i rivestimenti
e gli arredi interni di navi e yacht.35 Anche in questo caso la gamma di
materiali adatta a questo tipo d’impiego non è molto grande, poiché sono
richieste caratteristiche tecniche di assoluta eccellenza; privilegiati i graniti, seguiti
dai marmi cristallini a grana molto fine.
–
Sottoprodotti (granulati, polveri): per completezza è utile poi accennare
a tutti quei sottoprodotti la cui industria è alimentata dagli scarti dell’estrazione
e della lavorazione delle pietre naturali. Con una sempre maggiore
sensibilizzazione sui problemi ambientali, il riciclo ed il riutilizzo degli scarti
di produzione è diventato un problema di primaria importanza. Cave ed
35
Si rammenta che nelle navi ogni chilogrammo in più sopra la linea di galleggiamento deve essere
compensato da 3 kg al di sotto di detta linea. (Fonte: Primavori Pietro, “Pianeta Pietra”, Giorgio Zusi
Editore, 1° ediz. Maggio 1999,pag.305).
224
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
impianti producono ingenti quantità di scarti (pezzi di blocchi, pezzi di
lastre, sfridi e fanghi di lavorazione) la cui rielaborazione ed impiego sono
stati resi possibili, soprattutto negli ultimi anni, grazie ad una migliorata
economicità dei processi per una loro conversione. IL sottoprodotto lapideo
trova numerose applicazioni:
sotto forma di polvere, anche micronizzata, o come granulato, il
marmo è impiegato nelle industrie della carta, plastica, gomma,
vernici, intonaci, vetro, ceramica, calcestruzzo, mangimi, concimi,
cemento. – i fanghi di lavorazione mediante trattamento con
specifici prodotti di sintesi, si convertono in aggregati cementizi
artificiali che possono essere impiegati nel recupero di aree
dismesse, riempimenti di cave abbandonate, mattoni ed altri
prodotti edilizi. Gli aspetti economici però non sono per il momento
incoraggianti.
Sotto forma di granulato, di pezzature varie, marmo e granito trovano
applicazione per la confezione di mattonelle (terrazzo), e per la
realizzazione di agglomerati in marmo-resina e marmo-cemento, con i
quali si possono ricostruire tanto lastre che blocchi di dimensione
analoga a quelli delle rocce naturali. Da non dimenticare la
realizzazione di pavimenti di grande valore artistico (es: seminati alla
veneziana) che fanno uso di frammenti di marmo di varie dimensioni.
Da sempre i materiali inerti ed informi, soprattutto di cava, sono
riutilizzati per la costruzione di dighe foranee e moli dei porti e dighe
di fronte le spiagge per proteggerle.
225
CAPITOLO 7
Qui di seguito riporto una tabella statistica con alcuni dati relativi
all’impiego dei materiali lapidei:
Tabella n.56: tipologie di impiego dei lapidei, sfridi36 da lavoro e segagione
IMPIEGHI NETTI
TIPOLOGIE
%
SFRIDI
SFRIDI
LAVORO
SEGAGIONE
Tonn.
Tonn.
X
X 000
RESA %
Mq. Eq.
Tonn.
%
X 000
X 000
Pavimenti
111
5,940
34,4
2,380
1,670
59
Rivestimenti
65
3,510
20,3
1,400
0,980
59
Scale e altri
20
1,080
6,3
0,430
0,300
59
Lavori
30
1,620
9,4
0,320
0,200
75
15
0,810
4,7
0,330
0,230
59
15
0,810
4,7
0,490
0,260
52
10
0,540
3,1
0,330
0,180
52
Funeraria
50
2,7
15,6
1,350
0,810
55
Altri
5
0,27
1,6
0,190
0,140
45
320
17,280
100,0
4,770
59%
esterni
strutturali
Rivestimenti
interni
Manufatti
vari
Lavori
speciali
impieghi
Totale
Fonte: www.immcarrara.it
Si deve osservare come i materiali lapidei siano soprattutto usati per la
pavimentazione interna in primis e nei rivestimenti esterni; seguono le scale.
Importanti sono i dati sugli “sfridi di lavoro” e “sfridi di segagione” che
incidono sulla resa finale in metri quadrati o cubi ottenibili dai blocchi. Per le
tre tipologie di consumo appena menzionate la resa è del 59%, ciò significa
che si perde ben il 41% del materiale che si ha dal blocco tagliato in cava. La
36
Sfrido: il materiale di scarto delle lavorazioni nelle varie operazioni di trasformazione. (Fonte:
PRIMAVORI P., “Il Primavori: lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, 2004, pag.104).
226
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
resa sale al 75% per i lavori strutturali poiché vengono tagliati spessori
maggiori che vanno dai 10 cm ai 50 cm in media. Se si considera, infatti, un
blocco tagliato per fare pavimenti con una tagliablocchi con una sessantina di
lame si deve considerare che lo spessore della lama è di almeno 1 cm e che
quindi si perde il relativo materiale durante il taglio. Anche le due lastre laterali
vengono spesso perse poiché non rispettano lo spessore desiderato. Il blocco
inoltre prima del taglio (così come le lastre dopo) necessita di essere sagomato
tagliando protuberanze in eccesso o irregolarità varie.
7.3 Il mercato domestico: il distretto di Verona sorretto dall’espansione
dell’edilizia Veneta ed italiana fino al 2007
7.3.1 Costruzioni37 in sintesi
Il mercato italiano è uno dei massimi consumatori di prodotto lapideo. E’
opportuno analizzare l’andamento del settore immobiliare italiano in quanto
naturale mercato di sbocco dei materiali lapidei il cui sviluppo congiunturale è
naturalmente collegato all’industria delle costruzioni.38
Il consumo di marmi dipende fortemente dalla domanda proveniente dal
settore dell’edilizia che, nell’arco degli ultimi cinquant’anni, si è evoluta
seguendo modalità diverse: dall’obiettivo nel dopoguerra di ricostruire per
37
L’appendice statistica di tutta la parte sul settore delle costruzioni in Italia e Veneto è consultabile
nel sito internet Unioncamere del Veneto, www.unioncameredelveneto.it
38 Già negli anni ’70 si è affrontato il problema del legame esistente tra settore edilizio e quello lapideo.
Negl’ Atti del Convegno Nazionale del 1977, svoltosi a Roma è riportato quanto segue: “La crisi
edilizia e le difficoltà di ripresa dell’ edilizia pubblica sovvenzionata e convenzionata, nonostante lo
stanziamento di 6.300 miliardi di lire predisposto nel 1975 e nei primi mesi del 1976, hanno
comportato riflessi negativi anche sull’attività di settori collaterali tra i quali il nostro dove si è assistito,
(…), ad una persistenza delle lievitazioni dei costi, cui non sempre hanno corrisposto adeguati aumenti
nei prezzi, delle difficoltà creditizie e delle carenze legislative (…); è necessario più che mai ridare
vitalità al comparto dell’ edilizia residenziale e pubblica.(…) La ripresa dell’ attività edilizia e privata si
pone quindi come volano per il settore marmifero, che si rivolge a questi due mercati di sbocco con la
propria produzione pienamente competitiva e qualitativamente valida.” (di BORELLO G., Presidente
del Convegno, “Atti del Convegno Nazionale”, Roma, 1977).
227
CAPITOLO 7
soddisfare i bisogni essenziali, nell’ultimo trentennio il mercato edilizio si è
modificato e la domanda di abitazioni è diventata più elastica e sensibile alla
qualità e ricercatezza dei materiali usati e finiture costruttive.
In primo luogo, a fronte di una crescita edilizia registrata nelle piccole città, i
centri urbani più grandi hanno subito un generale ristagno.39 Il mercato quindi
presenta una domanda aggregata disomogenea e spiegabile in parte con il fatto
che, a prescindere dai ceti sociali considerati, il concetto stesso di abitazione si
è nel tempo evoluto; ovvero la casa non è più solamente percepita come
necessaria per soddisfare un bisogno soltanto essenziale perché, accanto
all’esigenza di abitare, coesistono altri fattori considerati fondamentali in
termini di qualità del vivere. La situazione attuale è diversa rispetto a quella del
secondo dopoguerra e a quella degli anni ’70: da un lato si è assistito ad un
progressivo aumento della produzione e dei consumi, mentre dall’altro i
cosiddetti “grandi lavori” hanno registrato una perdita di peso nell’ambito
dell’espansione della domanda, ma sarà importante tenere sotto controllo i
nuovi interventi riguardanti le “grandi opere” che il governo ed i singoli
comuni hanno deciso di intraprendere; grandi opere in cui la pietra naturale ha
grandissime possibilità di utilizzo. La domanda appare sempre più
“personalizzata” e rivolta alla ricerca di specifici prodotti in senso qualitativo:
in questo senso la costruzione di grandi opere realizzate con uso di marmi e
graniti ha svolto una funzione promozionale per il prodotto. Vale a dire che il
mercato ha subito un processo di maturazione che si è tradotto in un aumento
delle possibili applicazioni progettuali della pietra cui si aggiunge, soprattutto
nei mercati maturi, la ricerca della qualità, richiesta soprattutto nell’edilizia
privata che è il segmento trainante della domanda di pietra naturale nel settore
delle costruzioni.
Nonostante il sensibile calo registrato negli investimenti edilizi nei primi anni
’90, l’Italia ed in generale i paesi europei costituiscono aree tradizionali di
39
La I legge urbanistica del 1942, la legge urbanistica n. 10 del 1977 e i piani regolatori sono stati
applicati in maniera disorganica e non sempre aderente al testo di legge limitando in molti casi e si può
dire oltremodo le costruzioni e ristrutturazioni nelle grandi città.
228
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
consumo dei prodotti lapidei (consumo contraddistinto da una ricerca, in
ambito applicativo, sempre più approfondita).40
Secondo le analisi effettuate dai principali organismi che si occupano di
statistica in generale o società ed associazioni di settore, quali ISTAT,
NOMISMA, ANCE, dal 1998 il settore immobiliare è risultato costantemente
in crescita e condizionato solo in misura marginale dal rallentamento generale
dell’economia, tranne il brusco calo del valore nel “real estate e building”
registrato nel 2008.
I principali indicatori dell’andamento del mercato immobiliare hanno
segnalato una crescita dei volumi come la riduzione dei tempi medi di vendita
e la riduzione della forbice tra prezzo medio di domanda e quello d’offerta,
ovvero lo sconto sul prezzo iniziale degli immobili si è attestato su valori
minimi nell’ultimo decennio, mentre si verifica ora in molte aree, causa anche i
vincoli di pagamento ed esposizioni finanziaria verso i terzi che attanagliano le
imprese edili, il prezzo di vendita si è abbassato in media del 10-15% fino a
accettare o vedersi costretti di coprire almeno i costi e scendere anche a valori
del 30% in meno.41
Anni 2003, 2004, 2005:
In base ai dati presenti dalla società Gambetti apparsi sul quotidiano “Il Sole
24 ore” nel mese di gennaio 2003, relativi al 2002, si è assistito ad un aumento
medio annuo dei prezzi del settore residenziale del 6,3% per il 2001 e del 7,5%
nel 2002, ad un’accelerazione del mercato delle seconde case come alternativa
d’investimento e, sul fronte degli immobili d’impresa, ad un anno di rimonta
rispetto alle performance del passato.
40 Fonte: Bradley F., “L’evoluzione del gusto nel mercato dei lapidei”, in Marmomacchine Directory, 1988-99,
pagg. 168-189.
41 Fare edilizia abitativa non di lusso (quella di lusso costa in media all’ impresa 1400 euro al mq) costa
dagli 800 ai 900 euro al mq, e nel mantovano ci sono imprenditori disposti a vendere a 1050 euro al
mq oggi quando a febbraio 2008 riuscivano ancora a piazzare vendite a 1300-1400 euro al mq. (Fonte:
propria esperienza sul settore).
229
CAPITOLO 7
La casa rappresenta infatti l’investimento migliore per il 60% delle famiglie e
il più sicuro per l’80%.42 Nel 2002 la percentuale di acquirenti di una prima
casa è salita del 7,2%, incremento precedentemente mai registrato e ha
continuato anche la crescita della “seconda casa”, la più alta nell’ultimo
quindicennio, a testimonianza del rilancio del segmento turistico.
Lo sviluppo degli investimenti nel settore immobiliare ha tratto certamente
vigore da alcune condizioni di fondo che si possono ricondurre principalmente
• alla flessione dei rendimenti del mercato monetario e finanziario
conseguente al perdurare della crisi della Borsa (ancora oggi
l’investimento in case è più sicuro di quello in Borsa ma la pesante crisi
finanziaria ha bruciato molta liquidità e disponibilità senza le quali è
impossibile operare ed investire),
• all’incertezza del quadro politico-economico internazionale che ha
elevato la rischiosità degli investimenti alternativi,
• alla riduzione dei tassi d’interesse che ha reso più facilmente accessibile
il credito fondiario a medio e lungo termine (più difficile da ottenere
nel 2007 a causa un elevato tasso Euribor e la richiesta di molte
garanzie da parte delle banche),
• ad alcune agevolazioni fiscali43 che hanno favorito la ripresa dei lavori
di ristrutturazione di edifici preesistenti.
Durante il 2004 e il 2005, il mercato nazionale italiano dei materiali lapidei ha
ancora manifestato una buona vitalità, confermando il livello fondamentale
che esso riveste nel nostro paese come nella gran parte dei paesi europei, che
hanno un ruolo importante da produttori di settore: per Spagna, Francia,
42
Fonte: elaborazioni società Gambetti, per “Il Sole 24 ore”, gennaio 2003.
Come l’Iva agevolata al 10%; questa agevolazione, voluta dall’ Unione Europea ha aiutato il settore
delle costruzioni. “Diventa permanente il regime agevolatoche fissa al 10% l’aliquota Iva per le
ristrutturazioni edilizie. Doveva scadere nel 2010. Lo prevede l’accordo raggiunto a Bruxelles
dall’Ecofin. La Giunta Regionale del Veneto ha approvato un Ddl sull’edilizia che anticipa il piano del
Governo: possibile ampliare le abitazioni di residenza del 20% rispetto alla cubatura esistente e del
35% se si abbatte il vecchio e si ricostruisce in maniera confore ai principi di ecoedilizia ed utilizzando
fonti energetiche rinnovabili”. (Fonte: “Edilizia, Iva sempre al 10%. In Veneto via al piano casa”, Il Sole 24
Ore, mercoledì 11 marzo 2009, pagg. 1 e 15.).
43
230
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Grecia, per la stessa Germania, quello che è prodotto internamente conosce
come prima collocazione il suo stesso mercato domestico. Per l’Italia in
particolare, il 2004 è stato ancora nel segno di un ciclo espansivo dell’edilizia,
trend di costante crescita e che è durato ormai da dodici anni, e ha cominciato
a dare solo nel 2005 segni di stabilizzazione, e di chiusura della fase
espansiva,44 per calare nel corso del 2007 e 2008. Restringendo il campo
d’analisi, il Veneto ha dimostrato una fase espansiva sopra la media nazionale.
La stabilizzazione del settore edilizio ed immobiliare italiano ha retto nel 2005
e ha continuato a reggere piuttosto bene anche nel primo semestre del 2006,
ma certo il ciclo espansivo di lungo periodo del dopoguerra si è avviato alla
sua fase di non crescita ulteriore. Il settore lapideo si è collocato bene
all’interno di tale ciclo, e dalle indagini dell’IMM Carrara svolte direttamente
presso le imprese lapidee di tutta Italia, esso è a più riprese emerso come area
di primaria importanza e cura da parte delle aziende sia del nord come del
centro e del sud. La circolazione dei materiali e dei prodotti sia finiti che
semilavorati è ampia e conosce livelli di interscambi e relazioni tra produttori
che hanno sinora probabilmente interferito con la possibilità delle imprese di
crearsi una propria rete di vendita diretta sui mercati extra regionali di
consumo: proprio la volontà di non disturbare la già esistente griglia di
rapporti con la clientela periferica si è certamente sovrapposta alle difficoltà di
rendersi autonomi in fase finale di vendita, portando ad un modello di
integrazione di filiera basato sulla cooperazione con operatori locali, piuttosto
che sulla presenza autonoma e vicina al consumo finale.
Non sempre questo modello si è manifestato efficiente, o quanto meno il
migliore possibile rispetto al mercato italiano e tuttavia è ancora il modello
dominante per molte aziende e gruppi di produttori e spesso si ripropone in
termini analoghi anche su mercati esteri.45
44
NAPOLI S., “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, pag.15.
Nel distretto veronese, infatti, la maggior parte delle piccole e medie imprese tende a non agire
direttamente con il cliente; tra la fase di produzione e quella vendita, trova spazio un intermediario che
può essere un’ impresa più grande del settore o un grossista che commercia prodotti finiti: se, da un
45
231
CAPITOLO 7
L’andamento del mercato interno, in ogni modo, è stato un vero punto
fermo anche per il 2005 e inizio 2006, ed ha positivamente sostenuto
l’andamento delle imprese nazionali, anche quando queste hanno operato da
sub-fornitrici di materiale grezzo e semigrezzo, e la destinazione finale del
prodotto era poi l’estero, in modalità più rifinita. Sono soprattutto le imprese
del comprensorio veneto di Verona e Vicenza e di quello toscano di Carrara e
Lucca ad operare direttamente con l’estero, coprendo assieme quasi i tre quarti
in pratica delle esportazioni nazionali, ma i comprensori di produzione e
trasformazione del resto d’Italia, oltre a coprire il rimanente 25% dell’export,
producono e trasformano per il consumo nazionale andando a soddisfare sia la
domanda locale sia quella di tutta la penisola.
Mediamente, il mercato italiano dei materiali lapidei ha una disponibilità di
base che supera i 12 milioni di tonnellate di grezzi, tra materiali importati e
grezzi scavati in proprio, ai quali va sottratto il materiale esportato. Rimane
quindi una quantità attorno ai 7 milioni di materiale grezzo a disposizione dei
consumi interni46, mediamente, un volume che fa dell’Italia uno dei primi
consumatori di materiale lapideo al mondo,47 solo recentemente superato da
paesi di ben altre dimensioni, e di ben altri tassi di sviluppo economico
complessivo, ed edilizio in particolare.
Per quanto riguarda il Veneto si è assistito ad un sorpasso storico: le aziende
che posano mattoni e intonaco hanno superato per numero e forza chi crea
prodotti e macchinari e con questo ritmo l’edilizia è diventata la vera forza
trainante dell’economia veneta a scapito dell’industria; una tendenza questa
accentuatasi nel 2006.
lato il commerciante garantisce per l’impresa un livello minimo di produzione, più o meno costante,
dall’altro, causa una mancanza di sviluppo delle politiche di marketing all’interno dell’impresa e
difficoltà ad interagire direttamente in mercati extra-distrettuali.
46 Fonte: MONTANI C., “Stone 2004”, schede paesi, Faenza Editrice s.p.a.).
47 con un consumo pro-capite, mq.X100 ab. = 101,1. (Fonte: MONTANI C., “Stone 2003”, Faenza
Editrice s.p.a., 1998, pag.139).
232
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
La stessa Unioncamere48 sottolinea che negli anni scorsi si è invertito il
rapporto tra un manifatturiero tradizionale con problemi di debolezza e le
costruzioni, la cui crescita è stata costante fino il 2005.49
Lo stesso scenario si ripropone tra le imprese di piccole dimensioni:
nell’artigianato del Nordest lo sviluppo è in larga parte determinato dall’ottimo
stato di salute dell’edilizia: le aziende del settore sono in costante aumento (in
Veneto sono al 2004 poco meno di 150 mila), con il picco di Verona, la
provincia dove il numero d’imprese artigiane è cresciuto di più.
Anche l’edilizia industriale sta conquistando un posto al sole: nel settore in
Veneto operano circa 180mila persone, 90mila dei quali dipendenti (sono circa
1,2 milioni a livello nazionale al 2004). I problemi economici si sono sentiti
relativamente meno nella nostra regione e soprattutto nella provincia di
Verona e ciò è stato confermato dallo stesso sindacato, impegnato nelle
passate trattative per rinnovare i contratti. Nella nostra regione, e più in
generale nel Triveneto, il comparto ha inanellato risultati in continua crescita
da almeno una decina d’anni.
Una buona notizia è venuta dall’Unione Europea, quando ha deciso di
ridurre l’Iva sui lavori di ristrutturazione e manutenzione, consentendo
all’Italia di ripristinare le facilitazioni e rilanciare gli investimenti. L’Iva
agevolata al 10% ha lanciato la corsa all’apertura dei cantieri (30% di domanda
in più sul 2004). Il settore ha chiesto ai politici di impegnarsi per ridurre l’Iva,
favorendo così l’evolversi del trend positivo.
Il mercato delle costruzioni in Veneto50 nel corso del fortunato triennio
2000-2002 è cresciuto in media del 6,6% ben oltre la media italiana. Nel 2004 il
valore della produzione del settore ha superato i 18,5 miliardi di euro, pari ad
investimenti di 15,7 miliardi al netto delle manutenzioni. Cosa si costruisce in
Veneto? Il fatturato era diviso in modo omogeneo tra nuove costruzioni e
48
www.ven.cancom.it
Fonte: MAURI L., “L’edilizia ha costruito un solido successo”, L’Arena, 26 marzo 2006.
50 Per ulteriori informazioni sul settore delle costruzioni e dei vari settori della provincia di Verona e
del territorio della Valpolicella-valpantena-Lessinia, si veda “La Camera di Commercio incontra il territorio”,
a cura del Servizio Studi e Ricerca della CCIAA di Verona, 25 giugno 2005.
49
233
CAPITOLO 7
interventi di recupero straordinario e manutenzione ordinaria sul patrimonio
esistente. Il trend del comparto ha ricalcato la trasformazione territoriale del
Veneto: se tiene il nuovo residenziale (un segmento forte, cresciuto in media
del 7% nel 1999-2005), segnano il passo le grandi opere infrastrutturali. Il
comparto privato non abitativo soffre di più per le nuove costruzioni che per
i lavori di ristrutturazione.
L’edilizia in Veneto, sul piano economico ed imprenditoriale, è cresciuta
bene, un piano dopo l’altro, anche se uno sviluppo a volte disordinato ha fatto
apparire qui e là sulla facciata qualche crepa di assestamento. Negli ultimi due
anni il rallentamento si è fatto sentire ed ora i cantieri si trovano nella
situazione di non avere acquirenti per le costruzioni già realizzate da una pare,
e di essere esposti finanziariamente verso fornitori e banche dall’altra. Ma al
settore non manca la capacità di fare manutenzione e quindi di intervenire con
il filo a piombo per rimanere a galla.
Anni 2006, 2007, 2008
Il 2007 a livello nazionale ha segnato la fine del ciclo espansivo del settore
edile, mentre per il Veneto è stato un altro anno di discreta crescita.
Il settore delle costruzioni sembra infatti essersi preso una pausa, aggravata
nel 2007 e 2008 dalla sfavorevole congiuntura internazionale, che ha
irrimediabilmente condizionato il sistema che ruota attorno alle attività edili, da
anni settore centrale dell’economia italiana e veneta.
Secondo le stime elaborate dal Cresme infatti nel 2007, pur con un leggero
recupero rispetto i dati del 2006, il settore ha evidenziato in Veneto un debole
incremento degli investimenti (+0,8% a valori costanti), sintesi di andamenti
decisamente opposti, in flessione per le nuove costruzioni (-2,6%), in aumento
per le riqualificazioni (+5,5%).
Ad accompagnare questa tendenza vi è stata anche la contrazione della
base occupazionale, che nel 2007 si è ridotta del 2,4%. Al contrario invece, la
voglia di fare impresa non manca e, nonostante il clima avverso, la struttura
234
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
produttiva si è manifestata vitale e in continuo sviluppo: lo stock di imprese
edili è infatti cresciuto del 3,7% rispetto al 2006, nonostante le profonde
trasformazioni e strutturazioni che ha attraversato il sistema per affrontare al
meglio il mercato.
7.3.2 Il settore delle costruzioni in Italia
A livello nazionale il 2007 può considerarsi l’ultimo anno positivo per il
settore delle costruzioni. I tassi sviluppo sono risultati, infatti, via via inferiori
sino a porre in evidenza la fine del ciclo espansivo di cui il settore è stato
protagonista negli anni scorsi. Il 2007 è risultato essere, quindi, il nono anno
consecutivo di crescita del comparto edile, a conferma di come le costruzioni
abbiano fornito un contributo determinante all’economia del paese,
divenendone il settore trainante.
Secondo gli ultimi dati Istat nel 2007 gli investimenti in costruzioni sono
stati stimati in aumento del 1,5 per cento, un segno positivo che si presenta
migliore rispetto a quanto riportato nel 2006.
Il fondamentale apporto fornito dal settore in esame emerge con chiarezza
dal raffronto tra gli investimenti in questo comparto ed il Prodotto Interno
Lordo: dal 2003 ad oggi la crescita delle costruzioni è risultata superiore a
quella del PIL e complessivamente, in questi cinque anni, gli investimenti sono
aumentati del 6,6 per cento a fronte di un incremento del PIL ai prezzi di
mercato del 5,5 per cento. L’incidenza degli investimenti in costruzioni nel
2007, poi, raggiunge una percentuale pari al 10,5 per cento sul Prodotto
Interno Lordo e al 49,7 per cento se posta a paragone con il totale degli
investimenti fissi realizzati in Italia.
235
CAPITOLO 7
Tab. n.57 - Italia: investimenti in costruzioni e PIL (var.% su anno precedente). Anni
2003-2007
Anni
Investimenti in costruzioni Investimenti fissi totali
2003
5,9
-1,2
2004
2,4
2,3
2005
2,2
0,7
2006
0,5
2,5
2007
1,5
1,2
2007/2003
6,6
6,8
PIL
0,0
1,5
0,6
1,8
1,5
5,5
Fonte: elab. Unioncamere del Veneto su conti economici nazionali SEC 95; dati reperibili in “Relazione
sulla situazione economica del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche
economiche e sociali, pag.140
Il ruolo di traino svolto dal settore edile emerge anche dall’andamento
dell’occupazione: tra il 2003 e il 2007 l’incremento degli occupati nel settore è
stato notevolmente superiore rispetto a quanto verificato per l’intero sistema
economico. Gli occupati nelle costruzioni sono cresciuti del 7,4 per cento,
mentre a livello complessivo l’incremento è stato pari al 2,1 per cento.
Un risultato significativo che non trova risconto in nessun altro comparto
dell’attività economica; nello stesso periodo, infatti, l’industria in senso stretto
pur aumentando in misura considerevole (+4.8%) non raggiunge mai gli
sviluppi del settore edile; i servizi presentano, invece, una crescita dell’1,6%,
contro una considerevole flessione (pari al -18,3%) nell’agricoltura.
Il dato è confermato anche dall’Osservatorio Congiunturale sull’Industria
delle Costruzioni dell’Ance,51 le cui indicazioni – tratte dalle imprese associate
– delineano uno scenario complessivamente ancora positivo per il 2007, ma
che prospetta un futuro piuttosto incerto e con segnali di importanti
cambiamenti a seguito delle mutate condizioni del mercato creditizio e degli
effetti della crisi del sistema immobiliare e bancario statunitense.
Secondo l’Osservatorio Ance il 2007 è stato caratterizzato da una nuova ma
più contenuta espansione dell’edilizia residenziale (+0,9%), da attribuirsi
esclusivamente gli interventi di riqualificazione del patrimonio abitativo
esistente spinti anche dagli incentivi statali previsti dalla Legge Finanziaria
51
Associazione Nazionale Costruttori Edili www.ance.it
236
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
2007. Per questo segmento, infatti, gli investimenti sono aumentati dell’1,8 per
cento rispetto al 2006, a fronte di una stazionarietà nella realizzazione di nuove
abitazioni. In flessione il segmento dell’edilizia non residenziale (-0,3%), per
effetto della dinamica diversificata degli investimenti privati, in ripresa
dell’1,9%, e di quelli in opere pubbliche, che hanno accusato una decisa
contrazione (-3%).
Nel 2007 mutui degli ultimi mesi e i prezzi delle case sempre alle stelle
hanno messo a dura prova anche il mercato immobiliare italiano. Lontano
dalla pesante crisi immobiliare statunitense, per le compravendite del comparto
residenziale nel nostro paese non si può parlare ancora di crollo, ma
certamente di un ridimensionamento. Secondo l’Agenzia del Territorio, nel
2007, infatti, le compravendite sono dimostrate in calo del 7,1 per cento
rispetto al 2006.
Alla dinamica del mercato immobiliare si associa l’andamento dei mutui
destinati a finanziare l’acquisto di abitazioni. Secondo dati diffusi dalla Banca
d’Italia, il mercato dei mutui nel 2007 ha retto bene, nonostante il clima di
incertezza e di innalzamento dei tassi d’interesse interbancari. Nel 2007, infatti,
i mutui erogati per l’acquisto di abitazioni hanno continuato a registrare un
aumento pari a +8,7 per cento rispetto al 2006, anche se l’espansione risulta
decisamente meno importante (l’anno precedente si registrava un +16,8%).52
52 Nel 2008 la situazione è notevolmente cambiata come dalle parole dell’articolo“Il mercato dei mutui nel
2008” – “Il credito ipotecario destinato alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, nel secondo trimestre
del 2008, presenta un volume di erogazioni pari a 15,03 miliardi di Euro, in flessione rispetto allo
stesso trimestre del 2007 (in base al bollettino della Banca d’Italia del 21-10-2008). Una differenza
negativa, pari a -1,68 miliardi di Euro, che tradotto in termini percentuali (-10,18%) conferma il
momento non positivo del mercato (da ricordare che i volumi erogati includono anche i mutui di
sostituzione). Considerando però il volume delle erogazioni del I° semestre 2008, la variazione
percentuale rispetto al I° semestre 2007 ammonta invece -5,4%. Questo dato evidenzia che nell’ultimo
trimestre del 2008 ci sono state meno erogazioni di mutui alle famiglie, poiché i primi 3 mesi del 2008
erano in linea con le erogazioni degli stessi mesi del 2007 (0,2%)”. - Milano, 23 ottobre 2008. (Fonte:
http://www.marketpress.info/notiziario_det.php?art=79103)
237
CAPITOLO 7
7.3.3 Il settore delle costruzioni nel Veneto
Anche nel 2007 il mercato delle costruzioni regionale ha evidenziato segnali
di rallentamento, come già nel 2006. Secondo le ultime stime calcolate dal
Cresme per la Cassa Edile Artigiana del Veneto e la Cassa Edile Veneta
Artigiana53 per il settore edile regionale è proseguita la fase di bassa crescita,
iniziata nel 2003, registrando nel 2007 un aumento degli investimenti piuttosto
lieve, pari a +0,8 per cento (in quantità). Si tratta di un risultato che nasconde
tuttavia andamenti differenziati relativi alle nuove costruzioni e alle
riqualificazioni. Per le prime gli investimenti si sono ridotti del 2,6 per cento
mentre per le seconde la crescita è stata del 5,5 per cento.
Tab. n.58 - Veneto: investimenti in costruzioni (val. ass. in milioni di euro e
comp.%). Anno 2007
Val.ass. (mln euro) comp. %
Investimenti in nuove costruzioni
di cui:
7.457
46,1
5.219
32,3
- non residenziali
Investimenti in rinnovo
di cui:
2.238
13,8
6.421
39,7
- residenziali
- non residenziali
Totale investimenti
(incluso Genio Civile)
3.725
2.696
23,0
16,7
16.176
100,0
- residenziali
Fonte: elaborazione e stime Cresme per Ceav-Ceva, in “Relazione sulla situazione economica del Veneto nel
2007”, Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali, pag.142 e
www.unioncameredelveneto.it
Non si tratta tuttavia di un risultato particolarmente negativo, soprattutto
se si pensa che in Veneto si è ormai raggiunta la soglia massima di
investimento. La percezione, infatti, è che il settore abbia raggiunto il suo
53
Cfr.Ceav-Ceva-Cresme (2008), “Ottavo Rapporto Congiunturale 2008 sulle Costruzioni nel Veneto”,
Venezia.
238
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
limite massimo di capacità di spesa ed investimento e si stia riassestando e
riequilibrando internamente.
Nel 2007 il settore ha raggiunto i 16,2 miliardi di euro in investimenti in
costruzioni e circa 3 miliardi di euro in manutenzioni ordinarie, per un giro
d’affari di oltre 19 miliardi di euro. Gli investimenti in nuove costruzioni e le
nuove opere del genio civile rappresentano il 55 per cento del mercato, due
punti in meno del 2006, un dato che evidenzia una ripresa delle quote di
mercato del recupero, che negli anni passati era sceso ai minimi storici.
Il quadro consuntivo che si profila per il 2007 appare inoltre più
favorevole rispetto a quello basato sulle stime elaborate dal Cresme per Ance
Veneto54 nel dicembre 2007.
Tab. n.59 - Veneto: andamento degli investimenti in costruzioni (var% su anno
prec.). Anni 2000-2007
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Investimenti in nuove costruzioni
di cui:
6,3
14,8
7,6
-3,7
-1,7
-3,7
-3,9
-2,6
- Residenziali
8,4
11,3
9,9
6,4
3,0
4,6
4,0
-5,1
- Non residenziali private
3,6
22,8
7,7
-23,1 -10,8 -14,4 -19,8 -11,2
- Non residenziali pubbliche
8,9
8,6
2,9
14,9
4,7
-13,1
-6,2
3,4
- Genio civile
5,1
8,5
1,2
10,9
-1,3
-11,4
-9,3
20,9
4,9
2,8
-2,4
-0,4
-1,0
-3,6
-0,1
5,5
4,1
5,0
1,8
2,2
-3,0
-2,6
-0,6
-4,0
0,3
-2,0
-1,4
-1,8
2,5
1,3
2,2
1,4
- Non residenziali pubbliche
6,3
3,9
-1,7
6,0
-4,2
-12,1 -10,2
22,8
- Genio civile
6,9
7,6
-0,2
6,2
-1,8
-11,4
-8,7
22,7
Totale investimenti
5,6
9,3
3,3
-2,3
-1,4
-3,7
-2,3
0,8
Investimenti in rinnovo
di cui:
- Residenziali
- Non residenziali private
Fonte: elab. CRESME per CEAV-CEVA, dati reperibili in “Relazione sulla situazione economica del Veneto
nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali, pag.143
54
Cfr. Veneto-Cresme (2007), “Rapporto congiunturale sull’ industria delle costruzioni in Veneto”, Venezia.
239
CAPITOLO 7
Tali stime, infatti, indicavano una flessione degli investimenti pari all’1,1 per
cento, da attribuirsi sia all’andamento delle opere pubbliche che da quello
dell’edilizia non residenziale. Per gli investimenti in abitazioni il Cresme
valutava una crescita dello 0,7 per cento, grazie al contributo degli interventi di
manutenzione straordinaria (+1%) e una sostanziale stabilità per le nuove
costruzioni residenziali (+0,3%). Per l’edilizia non residenziale destinata alle
attività economiche era stato stimato nel 2007 un calo dell’1,5%. Tale flessione
si dimostrava comunque contenuta paragonata a quella degli investimenti in
opere pubbliche; la forte contrazione nel valore delle aggiudicazioni per gli
appalti sembrava aver determinato una diminuzione pari a -7,2 per cento.
Il quadro che emerge è comunque quello di un settore in movimento, se
guardiamo alle dinamiche che avvengono all’interno dei vari segmenti.
Basta osservare ad esempio la performance registrata negli ultimi anni
dall’edilizia non residenziale o alle opere del genio civile, sia di nuova
costruzione sia di rinnovo. Ma anche nel segmento dell’edilizia residenziale si
può osservare che quando il nuovo cresce il recupero rallenta ma nel momento
in cui il nuovo inverte la tendenza il recupero va a bilanciare il monte
investimenti.
In questa dinamica di “calma apparente”, il dato che va analizzato con
maggiore attenzione è, da un lato quello relativo all’occupazione, dall’altro
quello che riguarda l’iniziativa imprenditoriale, come vedremo nei paragrafi
che seguono.
7.3.4 Tendenze dell’occupazione del settore delle costruzioni
Secondo la rilevazione continua sulle forze lavoro dell’Istat, nel 2007 il
settore veneto delle costruzioni ha presentato quasi 176 mila occupati, in
diminuzione rispetto l’anno precedente di oltre 4 mila unità (-2,4%), contro
una crescita nel 2006 pari all’1,6 per cento e una nel 2005 del 6,3 per cento.
Nel complesso l’occupazione regionale ha, invece, registrato un esiguo
240
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
incremento pari a +0,8 per cento. A paragone con le altre regioni italiane, il
Veneto presenta un andamento contrario rispetto al resto del nord est – che si
dimostra in crescita - ma simile alla Lombardia (-2,9%). Quest’ultima detiene il
maggior numero di occupati sul totale del settore a livello italiano, assorbendo
il 16,4 per cento dell’aggregato nazionale; segue, piuttosto distanziato, il
Veneto con una percentuale pari al 9 per cento. Tra le province del Veneto,
delle variazioni positive sono annotate dagli occupati del comparto a Treviso
(+6,5%), Padova (+4,2%) e Belluno (+2,3%), mentre per tutte le altre
province si riscontrano delle diminuzioni; le contrazioni più significative sono
quelle di Venezia (6,8%), Vicenza (-5,2%) e Rovigo (-23%).
Tabella n.60 - Veneto: occupati nel settore delle costruzioni (migliaia e var. % su
anno prec). Anni 2003-2007
Anni Occupati Var.% Dipendenti Var.% Indipendenti Var.%
2003
162
15,1
78
5,4
84
25,9
2004
167
3,2
87
11,8
80
-4,8
2005
177
6,3
95
9,3
82
3,0
2006
180
1,6
104
8,8
76
-6,8
2007
176
-2,4
103
-0,6
73
-4,8
Fonte: elaborazione Unioncamere del Veneto su dati ISTAT-RCLF, dati reperibili in “Relazione sulla
situazione economica del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche
economiche e sociali, pag.145
Grafico n.51 – Veneto: variazioni % negli occupati nel settore delle costruzioni ed in
totale. Anni 2003-2007
16,0
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
-2,0
-4,0
15,1
6,3
costruzioni
3,8
3,2
0,7
1,0
1,6
totale
1,9
0,8
-2,4
03/'02
04/'03
05/'04'
06/'05
07/'06
Fonte: propria elababorazione su dati tab.60 e Unioncamere del Veneto55
55
Dati a sua volta presi dall’ Istat.
241
CAPITOLO 7
Dei quasi 176 mila occupati nelle costruzioni regionali, che hanno
rappresentato l’8,3 per cento dei 2,1 milioni di occupati totali, oltre 103 mila
sono dipendenti, con circa mille unità in meno rispetto al 2006 (-0,6%), e quasi
73 mila indipendenti, con 3,7 mila unità in meno rispetto al precedente anno (4,8%). A una lieve contrazione, quindi, della componente dipendente, nel 2007
si contrappone una significativa diminuzione della parte indipendente, che si
accompagna alla crescita delle imprese individuali del settore. È interessante
notare, come la crescita degli occupati nel settore edile nelle province di
Padova e Belluno sia ascrivibile all’andamento positivo degli indipendenti,
mentre per quanto riguarda Treviso a crescere sono, al contrario, gli occupati
alle dipendenze.
In definitiva il 58,7% degli occupati del settore edile in Veneto è risultato
essere alle dipendenze ed il 41,3 per cento indipendenti.
A livello provinciale, Padova e Verona hanno presentato il maggior numero
di addetti impiegati nel settore delle costruzioni con, rispettivamente, 34.404 (il
19,6% del totale regionale) e quasi 33.815 lavoratori (il 19,2% del totale
regionale). Seguono Treviso, Venezia e Vicenza con il 18 per cento, il 16,8 per
cento e il 16,4 per cento del totale regionale.
7.3.5 La dinamica delle imprese edili
Nonostante il rallentamento generale del settore edile e la contrazione degli
investimenti, il sistema delle imprese continua a sorprendere dimostrandosi in
crescita e in profonda trasformazione. I dati del Registro Imprese, tenuto dalle
Camere di Commercio, infatti, hanno evidenziato per il comparto delle
costruzioni veneto un trend positivo che si riconferma, anno dopo anno, con
un tasso di sviluppo56 nel 2007 del 1,1 per cento, a fronte di un tasso pari a
-0,2 per cento per l’intero panorama produttivo regionale.
56
Il tasso di sviluppo è il rapporto tra la differenza tra iscrizioni e cessazioni e il numero di imprese
registrate al 31/12 dell’ anno precedente.
242
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Tab. n.61: Veneto, imprese attive nel settore delle costruzioni. Anni 1998 e 20032007
Anni Costruzioni Var.% Totale Var.%
1998
51.518
-504.815
-2003
66.742
5,0 527.345 0,8
2004
69.937
4,8 534.515 1,4
2005
72.905
4,2 539.140 0,9
2006
75.588
3,7 544.263 1,0
2007
77.579
2,6 548.159 0,7
Fonte: elaborazione Unioncamere del Veneto su dati Infocamere, dati reperibili in “Relazione sulla
situazione economica del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche
economiche e sociali, pag.147
Al 31 dicembre 2007 le imprese edili (sedi d’impresa e unità locali) attive
nel territorio regionale, hanno raggiunto le 77.579 unità, pari al 9,3 per cento di
quelle italiane e il 13,6 per cento di quelle totali venete, in aumento del 2,6 per
cento rispetto al 2006, quando erano pari a 75.588 unità. Tale percentuale di
incremento è risultata superiore rispetto allo sviluppo registrato dal totale delle
imprese (+0,7%) ed ha assunto un valore ancora più elevato per le sole società
di capitali (+9,1%), a prova di un certo rafforzamento strutturale del settore.
Le società di capitali, pur essendo in forte crescita, rappresentano ancora una
quota ridotta di imprese edili (11,6%); queste, infatti, sono, per il 72,6 per
cento, ditte individuali e, per il 15 per cento, società di persone. Rispetto al
2006, ancora, le ditte individuali presentano una bassa ma costante crescita
(+2%), mentre le società di persone si dimostrano stabili. Da considerare,
inoltre, che le imprese delle costruzioni regionali sono in gran parte artigiane:
queste costituiscono, infatti, l’82,8 per cento del totale delle imprese edili.
Dal 2003 al 2007, le imprese delle costruzioni venete hanno mostrato un
aumento del 16,2 per cento, contro un incremento complessivo delle aziende
regionali del 3,9 per cento, in linea – anche se con un andamento più
contenuto - con le risultanze nazionali che hanno visto il comparto crescere
del 18,3 per cento nel quinquennio di riferimento (+3,6% nell’ultimo anno). A
fronte di un tale andamento, il Veneto ha occupato nel 2007 il terzo posto
nella graduatoria italiana in termini di stock di imprese attive nell’edilizia,
dietro la Lombardia e l’Emilia Romagna, precedendo il Piemonte e la Toscana.
243
CAPITOLO 7
A livello provinciale, Verona ha assorbito la più alta percentuale di imprese
delle costruzioni venete (il 21,1%); seguono Padova con il 18,9 per cento,
Treviso con il 18,5 per cento, Venezia con il 16,6 per cento e Vicenza con il 16
per cento. Per ultime, Rovigo (5,1%) e Belluno (3,8%).
Rispetto al 2006, nel 2007 tutte le province del Veneto, ad eccezione di
Belluno e Rovigo, hanno riportato delle variazioni in positivo nel numero di
imprese del comparto: l’incremento più basso è stato quello registrato da
Vicenza (+1,6%), mentre il più elevato è stato annotato da Verona (+4,3%).
Grafico n.52 – Veneto: tasso di sviluppo57 delle imprese attive nel settore delle
costruzioni. Anni 2003-2007
3,5
3,5
2,8
3
2,2
2,5
2,1
2
1,5
1
1,1
1,1
0,8
0,6
costruzioni
totale
0,5
0,5
0
-0,2
-0,5
2003
2004
2005
2006
2007
Fonte: propria elaborazione su dati Unioncamere58
7.3.6 Il valore aggiunto nel settore delle costruzioni
Nel 2006, anno per il quale si dispone dell’ultimo aggiornamento diffuso
dall’Istituto Tagliacarne, il comparto delle costruzioni ha riportato in Veneto
un valore aggiunto ai prezzi base di oltre 8,6 miliardi di Euro (il 6,9% sul totale
dei comparti), in crescita rispetto al precedente anno del 4,8 per cento. Questa
variazione, via via meno importate negli ultimi anni, è la sintesi di andamenti
57 Il tasso di sviluppo è calcolato come il rapporto tra il saldo iscrizioni-cessazioni e lo stock di impresa
ad inizio periodo (Fonte: “Relazione sulla situazione economica del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere
Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali, pag.148.).
58 Unioncamere ha preso a sua volta i dati da Infocamere.
244
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
provinciali quasi tutti positivi: tra gli incrementi più significativi, si segnalano
quelli di Treviso (+8,5%), Vicenza (+5,9%) e Verona (+5,1%). Per le altre
province si registrano delle variazioni nell’ordine del 3-3,5 per cento. Fa
eccezione solo Belluno che annota una diminuzione dell’1,5 per cento.
Tab. n.62 - Veneto: valore aggiunto ai prezzi base nel settore delle costruzioni
(milioni di euro correnti e var. % su anno prec). Anni 2002-2006
Anni Costruzioni Var.% Totale Var.%
2002
6.311
107.776
2003
7.001
+10,9 113.242 +5,1
2004
7.292
+4,2 119.027 +5,1
2005
8.212
+12,6 121.274 +1,9
2006
8.608
+4,8 125.467 +3,5
Fonte: elab. Unioncamere del Veneto su dati Istituto G. Tagliacarte, dati reperibili in “Relazione sulla situazione
economica del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali,
pag.149
Grafico n.53 – Veneto: variazioni % nel valore aggiunto ai prezzi base (milioni di
euro correnti). Anni 2003-2006
12,6
14
12
10,9
10
8
6
costruzioni
5,1
4,2
5,1
4
4,8
totale
3,5
1,9
2
0
03/'02
04/'03
05/'04'
06/'05
Fonte: propria elaborazione dati tabella n.62
A livello nazionale, per valore aggiunto delle costruzioni il Veneto si colloca
in termini assoluti al secondo posto, alle spalle della Lombardia, sebbene
l’incidenza del comparto sul totale sia più rilevante in altre realtà territoriali. Il
valore aggiunto generato dal settore edile regionale ha costituito nel 2006 il
10,8 per cento del dato italiano.
Ponendo, ora, a confronto l’andamento delle costruzioni con quello
dell’intera economia veneta, la variazione riscontrata nel comparto è stata
245
CAPITOLO 7
superiore (1,3 punti percentuali in più in termini di crescita), come del resto è
avvenuto a livello nazionale dove la differenza è di circa un punto percentuale.
Anche nelle province del Veneto, in genere, la crescita del settore edile è
risultata più accentuata rispetto al totale, ad eccezione di Padova e di Belluno;
nella prima l’aumento dell’economia nel suo complesso risulta sullo stesso
livello di quello delle costruzioni, mentre nella seconda l’intera economia
cresce nonostante sia mancato l’apporto del comparto edile. Rispetto agli anni
passati, comunque, è evidente ancora una volta un certo rallentamento del
settore: la differenza tra le due tipologie di variabili in crescita si fa sempre più
esigua, a dimostrazione della frenata dello sviluppo del settore in esame.
7.3.7 I permessi di costruire in Veneto
Con riferimento alle rilevazioni mensili sui permessi di costruire condotte
dall’Istat, il cui ultimo aggiornamento risale al 2005, la tendenza alla crescita
(registrata negli ultimi anni) delle volumetrie, relativamente alle concessioni
rilasciate dalle Amministrazioni Comunali per la realizzazione di nuovi
fabbricati residenziali e per l’ampliamento di quelli preesistenti, si è arrestata, a
conferma di come il rallentamento del settore edile in Veneto sia in atto già da
alcuni anni. Nel 2005 si è registrato, infatti, una contrazione significativa pari
all’8,1% rispetto ai dati del 2004,59 dovuta alle diminuzioni annotate sia nel
settore residenziale sia non residenziale.
Nel 2005 il volume dei fabbricati residenziali ha presentato un decremento
(-5,1%), a causa in particolare della minor realizzazione di nuove costruzioni (6%), cui non riesce a compensare l’andamento positivo degli ampliamenti di
fabbricati preesistenti che hanno segnato una crescita del 2,2 per cento.
59
Una buona notizia è venuta dall’ Unione Europea, quando ha deciso di ridurre l’Iva sui lavori di
ristrutturazione e manutenzione, consentendo all’Italia di ripristinare le facilitazioni e rilanciare gli
investimenti. L’Iva agevolata al 10% ha lanciato la corsa all’apertura dei cantieri (30% di domanda in
più sul 2004). E il nuovo “Piano Casa” dovrebbe dare una nuova spinta non all’edilizia pubblica, ma
specialmente ed in modo mirato a quella privata, coinvolgento le PMI e gli artigiani che operano nel
settore delle costruzioni. (Fonte: “Il Veneto dice sì al piano casa”, in L’Arena, mercoledì 11 marzo 2009,
pagg. 1 e 3.).
246
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Ugualmente in diminuzione risulta il numero di nuove abitazioni progettate,
che segna un -6,2 per cento a livello veneto nel 2005 rispetto al 2004 (era
+16,6% l’anno prima), presentando, in termini assoluti, un quantitativo di
35.432 unità.
Proseguendo con l’analisi dei dati dell’edilizia non residenziale, anche
questa si è resa protagonista, nel 2005, come già accennato, di una contrazione
pari al 10,4 per cento, a sintesi di un decremento sia delle nuove costruzioni (6,2%) che degli ampliamenti di fabbricati preesistenti (-21,7%).
Tab. n.63 - Veneto: volumi concessi per fabbricati residenziali e non residenziali di
nuova costruzione e per ampliamenti (migliaia di metri cubi vuoto per pieno). Anni
2003-2005
Volume Volume Volume Var.%
Var.%
2003
2004
2005 2004/2003 2005/2004
Fabbricati
15.707 17.751 16.845
13,0
-5,1
residenziali
Fabbricati non
24.382 22.211 19.890
-8,9
-10,4
residenziali
Totale
40.088
39.961
36.735
-0,3
-8,1
Fonte: elab. Unioncamere del Veneto su dati Istat, dati reperibili in “Relazione sulla situazione economica
del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali,
pag.151
Tab. n.64 - Veneto: fabbricati residenziali e non residenziali per provincia (migliaia di
metri cubi vuoto per pieno). Anno 2005
Fabbricati progettati (volumi), anno 2005
Residenziali Abitazioni
Non Residenziali
Provincia:
Verona
Vicenza
Belluno
Treviso
Venezia
Padova
Rovigo
VENETO
16.845
Verona
Vicenza
-3
-11,9
2.904
2.666
629
3.569
2.913
6.267
5.184
1.202
6.929
7.262
4.269
2.504
367
4.636
2.839
3.434
730
6.883
1.705
4.391
884
35.432
19.890
Variazione % sul 2004
2,3
0,3
-12,1
-27,5
247
CAPITOLO 7
Belluno
Treviso
Venezia
Padova
Rovigo
VENETO
15,6
20,3
-34,6
-12,4
2,8
-17,5
0,8
-7,2
-8,8
-3,8
2,6
-7,7
2
-4,6
-27,9
-5,1
-6,2
-10,4
Fonte: elab. Unioncamere del Veneto su dati Istat, dati reperibili in “Relazione sulla situazione economica
del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali,
pag.152
Tab. n.65 - Italia e Veneto: volumi dei fabbricati non residenziali di nuova
costruzione secondo la destinazione d’uso (comp.%). Anni 2003-2005
Veneto
Italia
2003
2004 2005
2003
2004
2005
Agricoltura
14,2
15,3
13,5
13,2
11,8
12,3
Industria e artigianato
68,9
62,1
61,3
61,6
62,4
60,1
Commercio e attività turistiche
12,2
16,3
16,5
15,5
16,2
17,2
Altre destinazioni
4,7
6,3
8,6
9,7
9,6
10,4
Totale
100
100
100
100
100
100
Destinazione d’uso
Fonte: elab. Unioncamere del Veneto su dati Istat, dati reperibili in “Relazione sulla situazione economica
del Veneto nel 2007”, a cura di Unioncamere Veneto, Centro studi e ricerche economiche e sociali,
pag.152
L’andamento dei volumi relativi ai nuovi fabbricati non residenziali, e la
loro distribuzione non omogenea tra i comparti produttivi, pone in evidenza
come, dopo la preponderanza riscontrata nel 2003 di nuovi fabbricati
industriali e destinati alle attività artigiane, nei due anni seguenti tale
percentuale è andata calando a favore delle attività sia commerciali e turistiche
sia di altro tipo.
248
IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
Dei poco più di 15 milioni di metri cubi di nuove costruzioni non
residenziali rilevati nel 2005, infatti, il 13,5 per cento è stato destinato ad uso
agricolo, il 61,3 per cento alle necessità dell’industria e dell’artigianato, il 16,5
per cento a quelle del commercio e delle attività turistiche e l’8,6 per cento,
infine per altre destinazioni.
È interessante notare, inoltre, come, nel confronto con le altre regioni, il
Veneto si sia collocato al secondo posto nella graduatoria nazionale per
cubatura delle progettazioni non residenziali, dopo la Lombardia (22,2 milioni
di metri cubi), precedendo l’Emilia Romagna (14,4 milioni di metri cubi), la
Campania (8,4 milioni di metri cubi) e il Piemonte (7,5 milioni di metri cubi).
7.4 Bibliografia e sitografia
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249
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IL COMMERCIO DI PIETRE NATURALI
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www.antolini.it --> “stone jewellery”
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251
CAPITOLO 7
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www.marmizola.com/it/catalogo/Perlatocoreno.html
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www.perlatocoreno.it
www.starnet.unioncamere.it
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Structure”, Calvin Schnure, International Monetary Fund, pagg. 4-25.
IMF Working Paper: “What Goes Up Must Down? House Price Dynamics in the United
States”, Vladimir Klyuev, International Monetary Fund, pagg. 4-14.
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Alexander W. Hoffmaister, Angana Banerji and Haiyan Shi, International Monetary
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Unioncamera del Veneto, “Veneto congiuntura, andamento e previsioni dell’economia
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Verona,
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Statistiche
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www.unioncameredelveneto.it
e
www.veneto.congiuntura.it
IMF “World Economic Outlook-Housing and the Business Cycle”, april 2008, a cura di
International
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Fund
(www.imf.org),
pagg.
103-130.
252
Capitolo 8
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
8.1 Il ruolo di Verona e Carrara nel settore lapideo italiano
Come si è mosso il quadro nazionale del settore lapideo?
Negli ultimi anni, abbiamo assistito al completarsi di alcune azioni che già
erano entrate in scrittura a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, da
quando cioè è entrato in crisi il grande modello dell’export veronese e apuo
versiliese, con il declino dei mercati medio orientali prima (1984), e
nordamericano dopo (1987). La crisi dell’Estremo Oriente, che li aveva
sostituiti all’inizio degli anni novanta, ha completato il processo, e la successiva
riapertura del mercato nordamericano, pur consentendo una ripresa
significativa di alcuni poli produttivi italiani, primo fra tutti quello di Verona, si
è configurata su un modello nettamente diverso di consumo e di distribuzione,
con un completo rifacimento della geografia decisionale interna al comparto e
al mercato, e con una presenza nella frontiera dei consumi del tutto innovativa
rispetto al decennio precedente. Questo ha contribuito a riscrivere la mappa
degli interlocutori commerciali delle varie aree, mentre i cambiamenti in
Europa, dovuti al terremoto politico del dopo 1989, intervenivano in maniera
più lenta e meno rivoluzionaria. Il Veneto e il distretto di Verona erano e sono
rimasti gli interlocutori principali della Germania, ancora il maggior mercato
europeo per la pietra (si veda par. 5.4.2), e nel corso di questi anni se ne sono
abbondantemente avvantaggiati finché dal 2000 si sono affacciati problemi
CAPITOLO 8
apprezzabili.1 Il risultato di questa differente dinamica dei maggiori paesi di
riferimento per l’export nazionale del comparto è stato quello di una relazione
tra i due maggiori comprensori di produzione molto cambiata rispetto agli anni
precedenti, con un Veneto in decisa rimonta rispetto al polo toscano, che ha
visto invece la sua leadership di settore profondamente insidiata e superata.
Sono cresciuti in genere tutti i distretti produttivi lapidei che operano con
l’Europa, e quindi i distretti del Nord Italia, come Bergamo, Sondrio, Brescia e
sono cresciute alcune aree produttive che non sempre hanno uno sbocco
diretto verso l’estero, ma producono indirettamente per l’esportazione,
attraverso
l’intervento
complementare
di
altri
distretti
trasformatori
principalmente Verona e Carrara oppure per il mercato interno, come alcune
aree del Sud Italia, prima fra tutte quelle di Comiso in provincia di Siracusa, di
Trani in provincia di Bari e di Napoli e Campania in genere, dove la
produzione di materia prima è presente ma decisamente meno importante di
quanto poi la struttura trasformativa giustifichi, e l’export è visibilmente
marginale tranne che per Comiso. Si parla comunque di un settore che occupa
a livello nazionale attorno ai 60 mila addetti, con quasi 13 mila unità
produttive, oltre 2 mila delle quali cave, di marmo, granito, travertino o
ardesia, secondo i dati forniti dall’Istat. Il quadro produttivo nazionale ci dice
che il nostro è un paese trasformatore, prima ancora che produttore,
rappresentando la quota addetti in cava non più del 18% del totale, ed è un
paese consumatore ed esportatore, e importatore. Anche le importazioni
hanno dato, in questi anni, il segno dei cambiamenti avvenuti nel quadro dei
rapporti tra poli diversi, con Verona divenuta nel 1999 la prima provincia
italiana importatrice di graniti in blocchi: un altro tassello di un quadro, che
vede il distretto veneto notevolmente più specializzato su un fronte produttivo
1
Ciò a causa dell’ingresso aggressivo della Cina nel mercato europeo e soprattutto tedesco con prezzi
pari ad un terzo di quelli italiani, giustificati da una minore qualità (ora solo parzialmente minore). Ad
esempio le forniture cinesi per gli aeroporti di Copenaghen e di Dusseldorf, acquisite a prezzi
particolarmente competitivi rispetto all’offerta europea, hanno comportato, a breve distanza di tempo
dalla posa in opera, cospicui problemi di tenuta e forti difficoltà di manutenzione. (Fonte: MONTANI
C., “Stone 2003”, Gruppo Editoriale Faenza, 2004, Faenza, pag.80).
254
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
orientato ai suoi mercati maggiori (Germania e Stati Uniti),2 e meno dedicato
alla frontiera complessiva del settore, come invece maggiormente accade per il
comprensorio toscano.
L’area apuo versiliese, infatti, con la sua integrazione ligure, riflette più da
vicino il modello nazionale del settore nel suo insieme, comprendendo tutta la
filiera produttiva (nel Veneto la fase di estrazione è molto esigua,3 mentre le
cave di Marmo Bianco di Carrara sono così numerose da far apparire sui monti
un effetto di “innevamento” durante tutto l’anno)4, e operando molto anche
sul mercato interno, sia pure in maniera non del tutto palese e difficilmente
quantificabile. Una parte delle sue produzioni di materia prima è diretta ad altri
comprensori di trasformazione e di consumo come Verona. Un’altra parte,
preponderante, è poi diretta all’estero, soprattutto come semi-trasformati e
finiti, sia in materia prima locale, che proveniente dall’estero e dagli altri
produttori nazionali; inoltre, il comprensorio carrarese importa e distribuisce al
resto del paese, e lo rifornisce anche di prodotti finiti e semi-lavorati,
comprendendo così tutti i momenti della filiera nel quadro nazionale. Ne
consegue che quando si verifica qualcosa di nuovo o di significativo per il
comprensorio toscano, è facile che questo si rifletta presto su tutto il settore
nazionale, come fosse un’anticipazione di quanto più estesamente riguarderà
poi tutto l’insieme degli altri produttori. Il distretto apuo-versiliese è un
barometro dell’intero settore, e sensibile anche, e questo pur in presenza di
una vocazione all’export che è decisamente superiore alla media italiana del
comparto: basti ricordare che le due prime province esportatrici, Massa
Carrara e Verona, da sole, con il 16% dell’occupazione nazionale del settore,
coprono oltre il 60% delle esportazioni complessive lapidee. Si tratta di un
indice di specializzazione molto elevato, che completa il quadro del comparto,
attribuendo un ruolo preciso ai protagonisti maggiori, e alle nuove realtà,
2 Le esportazioni verso questi due paesi hanno costituito in media il 60% di quelle totali del distretto
con il livello massimo registrato nel 1993 (65,72%); si veda il paragrafo 5.5
3 Fonte: ASMAVE, “I marmi a Verona”, 1987, pp.123-126.
4 Bianco Carrara c e cd, Calacatta Vagli, Calacatta Oro, Calacatta Luna Fabricotti, Bianco Carrara Venato,
Statuario Venato, Statuario, Statuarietto, Arabescato nelle sue molte varianti.
255
CAPITOLO 8
talvolta di recente emersione. Il riferimento a Massa Carrara come modello
unico cui guardare si è notevolmente indebolito a partire dall’inizio degli anni
’90. Storicamente a Marina di Carrara era sbarcata la quasi totalità dei marmi e
graniti di provenienza estera e solo con l’inizio degli anni ’90, tre importatori di
Verona, coadiuvati da un charter navale che iniziò a sbarcare blocchi a Venezia
anziché Carrara, e da un unico autotrasportatore, hanno rotto il monopolio
Massa di Carrara-Armatore5. Ciò è stato possibile grazie alla creazione di una
apposita dogana nel distretto di Verona che permette di sdoganare i blocchi
direttamente in loco.
Il comprensorio lapideo toscano ha di conseguenza visto ridimensionare il
suo ruolo di leadership nazionale nei confronti dei distretti più dedicati a
mercati europei, dimostratisi fino a quasi tutto il periodo considerato (negli
ultimi vent’anni) decisamente più stabili. E ci si riferisce in particolare a quei
distretti come Verona e Brescia, che hanno preferibilmente trattato con i
mercati centro europei, a cominciare dalla Germania, e che hanno potuto
quindi beneficiare per lungo tempo di una situazione prospera, a cambi più
stabili, ben strutturata e tale da consentire una pianificazione della produzione
e degli investimenti che è stata decisamente migliore fino a tutto il 1999.
Quanto sta accadendo al quadro soprattutto internazionale del settore
lapideo, oltre che sull’assetto produttivo locale e sugli equilibri dei vari poli
settoriali, ha conseguenze anche interne ai singoli distretti, in termini più estesi
e generali. Sta, in altre parole, variando il modello stesso di alcuni distretti
industriali lapidei e non solo in termini organizzativi e di filiera, ma soprattutto
in prospettiva di sviluppo prossimo, secondo alcune linee che potrebbero
portare ad un profondo cambiamento di assetto complessivo e di ruolo stesso
dei distretti maggiori.6 Ci si avvicina, in questi termini, ad una discussione
sull’evoluzione stessa dei distretti industriali in quanto tali, e sull’impatto che
5 Massa
di Carrara-Armatore è il socio influente del porto di Marina di Carrara.
(www.portodicarrara.it).
6 CONTI G., “Il commercio internazionale”, in C.G. e AAVV, a cura di Il marmo nel mondo: industria e
commercio dei materiali lapidei, Carrara, S.E.A., 1990.
256
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
su di essi stanno avendo la globalizzazione, le nuove tecnologie e le nuove
figure professionali, che emergono in tutti i settori e che stanno delineando
nuovi rischi e sfide nuove per un tipo di organizzazione territoriale produttiva
e commerciale che è molto diffusa in Italia.
8.2 Due grandi mercati di sbocco per il Distretto del Marmo di Verona:
Germania e U.S.A
Il principale mercato di sbocco in cui esportare, è stato per il distretto di
Verona, la Germania; ciò grazie ad un Marco forte rispetto alla Lira, che quindi
favoriva l’esportazione dall’Italia verso il mercato tedesco, e la presenza del
casello autostradale di Affi che permetteva un rapido ed efficace collegamento
tramite il trasporto con autotreni. Dai dati di seguito si può notare, come la
situazione verso la Germania sia costantemente peggiorata, causa la
progressiva crisi del mercato interno tedesco che non poteva sostenere gli alti
prezzi dei materiali italiani e ha fatto diminuire notevolmente le sue
importazioni di pietre7 (tab.66, grafico 56) proprio dal distretto veronese,
lasciando alla Cina, che si avvantaggia di prezzi molto più bassi, di entrare
(tab.70, grafico 59). Il mercato statunitense, invece, a parte un rallentamento
nel 2002 causato dalle conseguenti incertezze dell’11 settembre, si è dimostrato
in continua crescita, aumentando le importazioni di lapidei finiti sia da tutto il
mondo (tab.72 e 74 e relativi grafici), che da Verona (tab.66, grafico 56), non
badando a spese a fronte della notevole qualità del prodotto veronese.
L’aumento delle importazioni statunitensi è scaturito da investimenti edilizi in
crescita8, grazie ai quali l’aumento delle esportazioni veronesi verso gli U.S.A.
7
Devo ricordare comunque che nel complesso dei prodotti veronesi la Germania resta il primo
interlocutore sia per le esportazioni sia per i prodotti che la provincia di Verona esporta.
8 L’attività edilizia statunitense è stata sorretta da un coefficiente di sviluppo sostanzialmente quintuplo
di quello europeo ed il prodotto lapideo è oggetto di una vera e propria “scoperta” nell’ambito della
257
CAPITOLO 8
ha colmato il calo di quelle verso la Germania. Ora il settore delle costruzioni
in U.S.A. è in fase di rallentamento, penalizzando di conseguenza anche il
settore delle ceramiche e della pietra naturale. Le importazioni degli U.S.A. di
marmi e graniti si rilevano ancora elevate, non in crescita ma stazionarie
(tab.72 e 74 e relativi grafici), mentre dal 2006 sono crollate le importazioni
americane dal Distretto del Marmo di Verona (tab.66, grafico 56).
Concentrandosi sulle esportazioni del Distretto di Verona verso i suoi due
principali clienti, Germania e U.S.A.,si può dire quanto segue:
GERMANIA
Dal 1991 ad oggi, il 1995 è stato l’anno di massima esportazione in termini
di valore con un dato pari a 296.046.452 di euro. Dal medesimo anno, però, è
iniziato il progressivo ed inarrestabile calo delle forniture arrivando ad un 2004
che ha registrato un export pari a 159.416.776 di euro, sceso a 80.580.439 euro
nel 2008. Dal 1995 al 2004 si è quindi registrata una diminuzione del 46,15%
con un calo medio annuo del’6% e, all’epoca, il centro di ricerche carrarese
IMM stimava che non sia era ancora al punto di minimo9; ed è quello infatti
che si è verificato dal 2004 al 2008. Il 1995 è stato l’anno cruciale anche per
l’export verso l’Europa in genere, ma la Germania ha fatto registrare una
diminuzione più accentuata e questo è ben visibile nella tabella n.65 e nel
grafico n.51: il peso dell’export verso la Germania sul totale europeo era nel
1993, 1994 e 1995 del 75% che è sceso nel 2004 al 52,06% e nel 2008 al
36,88%. Nella medesima tabella e grafico si può vedere come l’export in U.S.A
abbia mantenuto costante la percentuale delle esportazioni cumulate di
Germania e U.S.A. stessi, rapportate a quelle della voce Mondo fino al 2007.
Al 2008 la Germania:
progettazione più qualificata. (Fonte: “La forza della domanda negli Stati Uniti”, in Giornale del Marmo,
n.256, 2005, pag.33).
9 NAPOLI S., “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, Carrara, 2005, pag.17.
258
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
• Rappresenta il 36,88% dell’export lapideo veronese in valore (inteso
come tutte le tipologie di pietre) in Europa, contro il 52,06% del 2004
ed il 75,5% del 1993;
• Rappresenta il 24,34% dell’export lapideo veronese nel mondo contro
una quota che era del 31,55% del 2004 e 58,35% del 1993;
Grafico n.54:
75,50%
80,00%
63,17%
70,00%
58,35%
52,06%
60,00%
50,00%
40,61%
31,55%
40,00%
36,88%
Ger/Europa
Ger/mondo
24,34%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
1993
2000
2004
2008
Fonte: propria elaborazione tab. n.67 (% su valori in euro)
• La Germania, oltre ad un trend in continua diminuzione nel lungo
periodo, ha diminuito ancora di più le importazioni di marmi e graniti
da Verona negli ultimi due anni, facendo registrare un calo rispetto
l’anno precedente del 32,03% nel 2007 e del 31,93% nel 2008.
Grafico n.55:
50,00
41,38
40,00
30,00
20,22
15,78
20,00
8,17
10,00
6,08
0,53 0,46
0,00
-1,42
-2,38
-10,00
-12,51-10,89-13,88
-11,53
-6,71 -6,72
-20,00
-20,37
-30,00
-35,85
-40,00
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
Fonte: propria elaborazione tab. n.68 (su valori in euro)
259
CAPITOLO 8
U.S.A.
Prendendo in esame gli Stati Uniti il quadro è completamente differente:
grazie ad un forte ed espansivo settore edilizio le esportazioni del distretto
sono progressivamente salite. Se nel 1991 importavano da Verona materiali
finiti per un valore di 27.516.947 di euro, nel 1997 le importazioni erano
triplicate assumendo un valore pari a 65.539.674 euro. Nel 1999 avevano
raggiunto i 98.296.533 euro, per poi quasi raddoppiare di nuovo nel 2004
(148.463.161 euro). Il massimo valore si è registrato nel 2006 con 158.521.709
euro. Il crescere delle esportazioni verso gli Stati Uniti e il calo di quelle verso
la Germania ha fatto sì che i primi siano riusciti a raggiungere il valore
dell’export in Germania nel 2005 (grafico n.56), anno in cui le esportazioni
verso la Germania rappresentavano il 29,88% dell’export lapideo totale
veronese e quelle verso gli U.S.A. il 29,38%. Dal 2006 però le esportazioni
verso gli U.S.A. sono diminuite del 25,44% nel 2007 rispetto l’anno precedente
e di un altro 11,47% nel 2008 rispetto il 2007; questo dopo un periodo di
costante crescita del livello di importazioni da Verona in valore dal 1992 al
2006.
Tab. n.66: pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite. Movimenti valutari in
euro delle esportazioni da Verona in Germania, U.S.A., Europa, Mondo
Anni
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
260
Germania
139.089.388
167.207.935
236.392.230
255.705.766
296.046.452
261.917.273
255.674.058
257.021.005
258.191.569
225.894.229
201.293.223
173.352.496
170.889.360
159.416.776
148.701.972
Denominazione paese
U.S.A
Europa
27.516.947
205.643.232
21.477.029
230.941.664
29.853.394
313.111.705
33.535.424
340.060.692
36.788.293
393.871.843
44.900.444
360.970.158
65.539.674
359.183.782
90.138.717
373.958.736
98.296.533
377.200.876
130.320.534
357.618.025
126.708.862
336.130.302
127.883.372
305.192.767
122.893.988
302.303.174
148.463.161
306.243.723
146.223.814
305.682.520
Mondo
281.467.213
298.322.085
405.148.993
455.337.544
534.808.347
516.748.187
575.234.182
572.714.081
553.325.037
556.243.207
528.943.170
498.545.363
480.669.333
505.272.507
497.644.261
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
2006
157.737.084
158.521.709
331.003.355
537.268.902
2007
101.192.993
107.750.914
246.807.251
392.897.890
2008
80.580.439
73.345.557
218.505.227
331.005.395
Fonte: propria elaborazione su dati Istat, banca dati Coeweb, www.coeweb.it - categoria DI267
Tab. n.67: quote rappresentative delle esportazioni: Germania su Europa, Germania
su Mondo, U.S.A. su Mondo, Germania e U.S.A. su Mondo
Anni
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
%Ger-Eur
67,64%
72,40%
75,50%
75,19%
75,16%
72,56%
71,18%
68,73%
68,45%
63,17%
59,89%
56,80%
56,53%
52,06%
48,65%
47,65%
41,00%
36,88%
%Ger/mondo
U.S.A./mondo
%Ger,U.S.A/Mondo
49,42%
9,78%
59,19%
56,05%
7,20%
63,25%
58,35%
7,37%
65,72%
56,16%
7,36%
63,52%
55,36%
6,88%
62,23%
50,69%
8,69%
59,37%
44,45%
11,39%
55,84%
44,88%
15,74%
60,62%
46,66%
17,76%
64,43%
40,61%
23,43%
64,04%
38,06%
23,96%
62,01%
34,77%
25,65%
60,42%
35,55%
25,57%
61,12%
31,55%
29,38%
60,93%
29,88%
29,38%
59,26%
29,36%
29,51%
58,86%
25,76%
27,42%
53,18%
24,34%
22,16%
46,50%
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.66
Tab. n.68: variazione % su anno precedente delle esportazioni da Verona in
Germania, U.S.A., Europa, Mondo
Anni Var % annuale Ger Var % annuale U.S.A Var % annuale EU Var % annuale mondo
1991
//
//
//
//
1992
20,22%
-21,95%
12,30%
5,99%
1993
41,38%
39,00%
35,58%
35,81%
1994
8,17%
12,33%
8,61%
12,39%
1995
15,78%
9,70%
15,82%
17,45%
1996
-11,53%
22,05%
-8,35%
-3,38%
1997
-2,38%
45,97%
-0,49%
11,32%
1998
0,53%
37,53%
4,11%
-0,44%
1999
0,46%
9,05%
0,87%
-3,39%
2000
-12,51%
32,58%
-5,19%
0,53%
2001
-10,89%
-2,77%
-6,01%
-4,91%
2002
-13,88%
0,93%
-9,20%
-5,75%
2003
-1,42%
-3,90%
-0,95%
-3,59%
2004
-6,71%
20,81%
1,30%
5,12%
2005
-6,72%
-1,51%
-0,18%
-1,51%
261
CAPITOLO 8
2006
2007
2008
6,08%
-35,85%
-20,37%
8,41%
8,28%
-32,03%
-25,44%
-31,93%
-11,47%
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.66
7,96%
-26,87%
-15,75%
Grafico n.56: esportazioni di pietre da taglio, modellate e finite da Verona verso
Germania, U.S.A., Europa e Mondo dal 1991 al 2008. In euro
Esportazioni di pietre da taglio o da costruzione, modellate e finite
700.000.000
600.000.000
500.000.000
400.000.000
300.000.000
200.000.000
100.000.000
0
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Germania
U.S.A
Europa
Mondo
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.66
Grafico n.57: peso % delle esportazioni di lapidei veronesi verso Germania, Europa,
U.S.A. e Mondo
Peso % delle esportazioni verso Germania, Europa, U.S.A.,
mondo
80,00%
70,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
1991
%Ger-Eur
1993
1995
1997
%Ger/mondo
1999
2001
U.S.A./mondo
2003
2005
%Ger,U.S.A/Mondo
Fonte: propria elaborazione su dati tabella n.67
262
2007
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
8.3 Problemi dell’export veronese e italiano: calo delle importazioni di
lavorati in marmo e granito da Germania e U.S.A.- trend dal 1993 al 2007
Per comprendere appieno le dinamiche del mercato tedesco e statunitense,
è necessario approfondire l’analisi passando, dall’esaminare le esportazioni del
distretto verso i due maggiori mercati di sbocco alle importazioni di Germania
e U.S.A. dall’Italia e dal resto del mondo, per vedere il legame esistente tra il
mercato di questi due paesi, la nostra penisola e altri competitors e cosa abbia
causato nel nostro mercato l’evolversi e il modificarsi degli equilibri10 negli
anni.
I dati, presi dalla banca dati dell’IMM Carrara sono in quantità, anziché in
valore come nel paragrafo precedente, e suddivisi tra lapidei finiti in marmo e
granito11.
La domanda che sorge spontanea è sul perché sono diminuite le esportazioni
verso la Germania: il problema sta in una diminuzione di efficienza e qualità
del distretto veronese o da variabili esterne, del mercato lapideo mondiale, che
hanno spostato i punti strategici e di forza?
Dalla tabella n.69 e grafico n.58, si vede che la Germania ha diminuito in
generale le importazioni di lavorati di marmo, passando da un import di
247,98 migliaia di tonnellate nel 1993 alle 58,74 nel 2004, praticamente 4,2
volte in meno in un arco temporale di undici anni. Nel 2005 le importazioni
sono ulteriormente scese a 54,09 migliaia di tonnellate, per riprendersi
leggermente nel corso del 2006 e ritornare nel 2007 ad un livello di poco
superiore al 2003 con 61,34 migliaia di tonnellate. La diminuzione italiana e del
distretto veronese, che rappresenta il 35% dell’export nazionale, ha seguito di
pari passo quella totale e mi è quindi dato pensare che tale effetto non derivi
direttamente da errori di posizionamento del distretto (che si posiziona nella
fascia più alta del mercato con prodotti di qualità e prezzi molto al di sopra
10
11
Fonte: NAPOLI S., “Stone Statistic 1993-1997”, IMM Carrara, 1998, pp.103 e 245.
www.immcarrara.it/stat -->schede per paesi, import di lavorati finiti Germania e Stati Uniti.
263
CAPITOLO 8
della media), bensì dalla politica tedesca di sostituire il marmo con prodotti di
granito12 (grafico 59), anche se, sono diminuite anche le importazioni di
granito stesso dall’Italia.
Ed è proprio sul granito che ci si deve preoccupare per vari motivi:
– innanzitutto
la trasformazione di pietre di natura silicea è il punto di forza
del distretto veronese e dal 2000 le importazioni tedesche globali di questa
tipologia merceologica di lavorati sono continuamente cresciute, mentre le
stesse importazioni dall’Italia sono diminuite (grafico 59).
– il
comparto del granito è nelle mani dei grandi estrattori ovvero Brasile,
Cina, India, Spagna, Paesi Scandinavi che da solo estrattori sono nel tempo
diventati forti esportatori non solo di blocchi ma anche di lavorati finiti,
diventando concorrenti diretti del Distretto del Marmo di Verona, con il
vantaggio di fornire i prodotti a prezzi nettamente più bassi e con una
qualità (del prodotto e dei servizi pre e post vendita) che via via è
aumentata.
Non a caso, proprio nel 2000, è entrata con aggressività nel mercato tedesco
la Cina, che ha visto crescere le richieste dalla Germania in maniera più che
proporzionale. La Cina, (che è del tutto trascurabile per il marmo), ha
incrementato di dieci volte le esportazioni verso la Germania passando dalle
24,31 migliaia di tonnellate del 1998, alle 247,62 del 2004 fino raggiungere le
413,77 tonnellate del 2007, raddoppiando di anno in anno la propria presenza
nel mercato tedesco (tab.70 e grafico 59). Al 2007, la Cina è presente nel
mercato tedesco con una quota di mercato del 57,43%, lasciando all’Italia il
12 Il marmo e granito rendono conto del 95% dei valori totali del settore; hanno giocato e giocano
tuttora due ruoli molto diversi: ad una considerevole crescita del granito, che ha raggiunto il mercato
molto tempo dopo il marmo, ha fatto riscontro una pari flessione di quest’ultimo. (Fonte:
PRIMAVORI PIERO, “Pianeta Pietra”, Giorgio Zusi Editore, I ediz. 1999, pag. 307.)
264
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
18% e all’India il 9,53% (tab.71). L’Italia, che fino al 1999 occupava una quota
di mercato intorno al 60% ha dovuto cedere il primo posto alla nuova forte ed
inarrestabile concorrente.
La perdita di competitività del distretto veronese, in questo frangente non
deriva
da
proprie
mancanze
o
errori
funzionali
ed
operativi,
o
dall’abbassamento della qualità del prodotto offerto, bensì dall’ingresso della
Cina in un mercato da sempre sensibile al prezzo come quello tedesco, che si
trovava da tempo, in un periodo di crisi che lo obbligava e, lo obbliga tuttora,
a fare i conti sui prezzi delle forniture.
“L’analisi dei prezzi medi europei è assai significativa, anche per
approfondire il differenziale tra i vari paesi dell’Unione: nel 2002, la
quotazione dell’export di lavorati dall’Italia si è attestata sui 39,20 euro per
metro quadrato, contro i 36 della Spagna od i 24,8 del Portogallo; è la riprova
che, anche nel mondo sviluppato, esistono discrasie da ricondurre, tra l’altro, a
costi di produzione molto differenziati. Nell’import di manufatti, invece, il
prezzo medio pagato dal maggior paese acquirente, che è tuttora la Germania,
è stato pari a 31,6 euro per metro quadrato, più basso di quello praticato
dall’export dei fornitori tradizionali, come gli italiani e gli spagnoli, perché gli
acquisti tedeschi di prodotto finito si giovano, per quote sempre più
importanti, anche di materiali provenienti dalla Cina ed India”, che hanno un
prezzo medio al metro quadro pari a 13 euro.13
13
Fonte: MONTANI C., “Stone 2003”, Gruppo Editoriale Faenza, Faenza, 2004, pag. 81.
265
CAPITOLO 8
Tabella n.69: importazioni tedesche di marmo. (1000 ton.)
MARMO
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
Austria
1,69
2,12
0,63
0,48
0,42
0,75
0,5
0,56
0,8
Belg-Lux
1,31
0,84
1,51
1,25
1,45
0,86
0,97
1,05
1,02 1,31
1,41
1,05
0,99
1,15 1,31
0,35
0,17
0,2
0,13 0,13 0,15 0,06 0,03 1,78 0,09
0,14
0,99 0,69 0,99 0,64 0,41 1,35 0,34
Cina
Danimarca
0,43
1,66
Finlandia
0,77
0,59
0,38
0,01
0,02
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
0,74 0,73
2,12 1,09 1,03
1,1
1,2
0,87 0,52 0,56
0,7
2,18
3,7
0,68
0,52
0,8
0,95
0,62
0,43
0,64
0,35
0,5
Grecia
10,24
8,89
9,82
8
6,96
9,05
7,39
5,94
5,04 4,47 3,16 3,22 2,45
0,4
0,37
0,32
0,19
0,36
0,19
0,31 0,91 0,19 0,31 0,59 0,44 0,55
205,21 187,77 172,72 132,93 114,32 94,59
87,34
81,58 65,44 47,02
Italia
Paesi Bassi 0,85
0,87
Polonia
0,1
41
0,2
2,86 6,25
Francia
India
0,15
0,6
0,26 0,34 0,35
2,3
2,34
36,7 30,26 30,08 29,17
1,32
0,7
0,96
1,04
0,97
1,41
1,22 0,51 0,59 1,23 1,06 1,31 1,25
0,17
0,42
0,13
0,15
0,19
0,28
0,37 0,12 0,08 0,12 0,27 0,04 0,07
Portogallo
9,74
7,53
7,49
5,09
3,44
4,2
3,17
1,76
2,32 1,95
Spagna
1,66
2,49
1,91
2,13
3,5
3,04
3,45
4,49
4,34 3,56 2,43 1,59 1,36 2,16 1,83
Svizzera
0,61
0,32
0,22
0,35
0,22
0,1
0,1
0,07
0,14 0,07 0,07 0,05 0,09 0,11 0,09
Turchia
10,02
8,09
9,08
6,79
8,07
7,24
5,74
4,81
4,17 3,89 3,63 4,89 5,53 7,57
Altri
8,86
4,85
4,53
4,01
4,1
2,87
3,74
3,16
2,51 2,57 2,92 4,53 4,03 4,04 6,22
Totale
1
1,26 1,09 0,87 1,32
247,98 225,95 211,38 164,06 144,89 126,29 115,76 106,96 90,42 69,38 58,83 58,74 54,09 56,85 61,34
Fonte: propria elaborazione su database IMM Carrara, www,immcarrara.it/stat
266
9,9
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Tab. n.70: importazioni tedesche di granito. (1000 ton.)
GRANITO
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2006
2007
Austria
3,9
2,62
2,08
1,4
1,29
1,51
1,65
1,81
1,87
2,37
1,63
1,42
1,74
1,18
1,29
Belg-Lux
4,68
4,02
5,2
5,6
7
7,9
7,45
5,95
5,35
4,14
3,68
6,89
6,66
5,51
3,15
Cina
2004 2005
24,31 42,46 72,47 107,52 137,25 167,66 247,62 338,59 370,58 413,77
Danimarca 4,59
5,37
6,07
6,18
4,74
5,36
4,08
3,91
3,85
3,22
3,43
2,83
3,01
2,80
1,96
Finlandia
2,01
3,44
1,74
0,72
2,69
1,74
2,13
1,88
0,89
0,25
0,39
0,52
1,92
3,69
2,58
Francia
4,39
4,99
5,28
6,63
7,24
6,5
5,56
6,05
4,82
4,86
3,44
3,33
3,10
2,33
3,38
Grecia
0,94
0,35
0,83
1,13
0,65
0,94
0,91
0,66
0,54
1,28
1,39
0,71
1,15
1,19
1,61
India
9,93
14,9
20,49 18,46 22,81 24,05 29,14
30,1
35,23 38,85 40,95 50,76 55,08 57,66 69,11
Italia
130,74 167,95 226,75 215,84 236,07 238,6 249,95 205,46 197,83 161,05 137,68 136,48 129,45 132,68 129,67
Paesi Bassi 2,51
Polonia
3,65
9,16
10,36 17,11 25,12 21,22 25,07
11,06 14,81 18,03 20,37 23,99 27,87 30,51
3,45
16,74 14,08 10,39
27,9
25,91
29,4
12,96 13,47
6,96
7,80
8,33
4,39
1,5
2,42
2,59
1,91
9,17
7,35
7,08
5,77
Spagna
5,49
6,47
9,27
10,34 15,71 18,09 20,37 18,52 19,19 11,11 11,48 11,53 12,22 10,76 11,27
Svizzera
6,85
7,51
8,05
7,37
6,68
6,9
6,8
7,61
5,55
5,32
4,9
5,12
4,64
5,16
4,26
Turchia
1,07
0,07
0,34
1,32
1,64
0,67
1,17
3,53
2,1
1,99
2,63
2,75
2,88
1,88
3,70
9,12
8,61
15,03 18,21 35,91 10,19 13,44 16,45 21,96 19,42 19,21 18,82
//
//
//
Altri
10,64
10,56 11,48 12,09
Portogallo
Totale
6,27
8,97
6,41
5,44
199,04 248,16 340,39 331,08 379,46 390,35 429,94 421,81
455
1,94
430,56 439,72 521,24 623,45 649,59 720,44
Fonte: propria elaborazione su database IMM Carrara, www,immcarrara.it/stat
Tab. n.71: granito - quote di mercato di Cina, India ed Italia nel mercato tedesco
1993
Cina
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
6,23% 9,88% 17,18%23,63% 31,88%38,13% 47,51%54,31%57,05% 57,43%
Italia 65,69%67,68% 66,61%65,19% 62,21%61,12% 58,14%48,71%43,48% 37,40%31,31% 26,18%20,76%20,43% 18,00%
India 4,99% 6,00% 6,02% 5,58% 6,01% 6,16% 6,78% 7,14% 7,74% 9,02% 9,31% 9,74% 8,83% 8,88% 9,59%
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.70
267
CAPITOLO 8
Grafico n.58:
Importazioni tedesche di lavorati e finiti in marmo, migliaia di tonn.
300
250
200
150
100
50
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Cina
Grecia
India
Italia
Portogallo
Spagna
Turchia
Totale
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.69
Grafico n.59:
Importazioni tedesche di lavorati e finiti in granito, migliaia di tonn.
800
600
400
200
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Cina
Finlandia
India
Italia
Polonia
Portogallo
Spagna
Totale
Fonte: propria elaborazione tab. n.70
268
Paesi Bassi
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Grafico n.60 e 61- Granito: quote di mercato di Cina, India ed Italia nel mercato
tedesco
90,00%
80,00%
70,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
9,02%
6,16%
8,83%
9,59%
20,76%
18,00%
India
37,40%
Italia
61,12%
54,31%
Cina
57,43%
31,88%
6,23%
1998
2002
2005
2007
Granito: quote di mercato di Cina, India ed Italia nel mercato
tedesco
80,00%
60,00%
40,00%
20,00%
0,00%
1993
1995
1997
1999
Cina
2001
Italia
2003
2005
2007
India
Fonte: propria elaborazione tab. n.71
Il mercato statunitense appare molto più solido e dinamico14 nel lungo
periodo: le importazioni di marmo dal Mondo sono aumentate di 10,18 volte
dal 1993 (146,06 tonn.) al 2006 (1517,87 tonn.) e quelle di granito sono passate
da 142,74 migliaia di tonnellate nel 1993 alle 2784,26 del 2006, facendo
registrare un aumento considerevole di 19,51 volte in termini di quantità.
14
A parte la crisi dell’11 settembre l’economia americana si è mantenuta su elevati livelli di crescita,
soprattutto per quanto riguarda gli investimenti fondiari di medio - lungo termine, agevolati anche da
tassi per il ricorso al finanziamento favorevoli.
269
CAPITOLO 8
Tabella n.72: importazioni di marmo degli Stati Uniti d’America. (1000 ton.)
MARMO
1993
1994
1995
1996
0,21
0,11
0,34
0,41
0,24
0,18
0,32
Arabia Saudita
Brasile
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
0
0,81
0,05
2,06
1,73
2,41
4,41
3,55
5,09
0,78
1,3
1,16
0,09
0,07
0,07
2005
2006
2007
8,75
6,75
5,22
0,44
6,64
0,02
Canada
0,44
0,74
0,72
0,65
1,81
0,77
1,69
1,2
0,08
Cina
1,89
3,88
4,39
4,83
5,73
7,25
12,12 19,02 33,23 33,45 40,21
64,91
82,66
123,79 150,93
Egitto
0,14
0,35
0,23
1,74
0,88
2,45
5,32
8,17
12,26
15,68
18,00
Filippine
1,49
2,09
2,79
2,29
1,62
0,42
1,24
2,31
2,7
2,08
4,40
4,43
0,11
0,77
0,76
0,37
0,71
0,98
0,74
0,85
0,83
1,65
1,97
1,06
0,22
0,64
2,16
1,45
0,7
Francia
0,4
0,4
0,24
Germania
0,46
1,19
0,5
0,29
0,51
0,65
Grecia
16,61
9,13
8,08
9,05
9,7
10,25 11,15 13,61 12,57 15,42 18,71
India
0,86
1,74
3,45
1,9
1,78
1,96
2,4
Indonesia
Israele
0,41
Italia
3,55
2,91
3,44
0,89
//
1,13
0,80
12,38
13,25
15,07
16,40
2,68
4,08
4,91
6,91
9,33
11,90
17,20
15,54
2,47
2,1
6,1
3,94
5,92
11,10
15,45
9,63
4,61
5,97
4,99
7,42
10,59
11,26
16,09
16,89
90,98 102,57 109,33 119,11 148,37 177,16 189,9 201,68 217,85 198,21 204,4 184,17 195,08 207,21 173,04
Messico
9,21
5,42
10,68 43,46 30,71 46,59 62,21 88,53 84,44 86,04 93,45
Pakistan
0,62
1,09
Perù
97,85
118,41 130,50 136,74
1,37
1,63
2,23
4,63
4,26
6,21
6,76
7,77
5,8
7,59
9,64
14,13
28,77
27,17
34,00
30,70
3,34
3,83
3,6
Portogallo
2,37
2,3
3,41
2,86
4,35
5,44
8,04
7,07
4,48
Spagna
7,35
0,45
4,28
12,76 19,97 29,86 35,02 41,07 44,86 45,46
49,7
62,88
78,48
93,66
84,40
Taiwan
5,74
5,7
5,02
5,83
2,6
3,04
3,03
4,51
3,26
Turchia
8,61
9,66
11,02 13,74
20,8
39,68 61,46 89,92 141,34 236,82 341,24 471,96 693,18 776,06 733,32
3,9
6,06
12,75
3,11
4,64
13,38 14,62
Altri
Totale
4,36
6
3,69
5,46
2,96
6,07
5,32
8,83
3,5
15,3
3,14
11,9
14,72
21,33
35,01
40,16
39,19
149,06 158,68 174,11 220,13 261,57 344,09 410,86 494,6 585,53 673,38 820,01 1001,74 1319,59 1517,87 1458,44
Fonte: propria elaborazione su database IMM Carrara, www,immcarrara.it/stat
Tab. n.73: Marmo – quote di mercato di Cina, Egitto, Grecia, India, Israele, Italia,
Messico, Perù, Spagna, Turchia nel mercato U.S.A.
1993
Cina
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
1,27% 2,45% 2,52% 2,19% 2,19% 2,11% 2,95% 3,85% 5,68% 4,97% 4,90% 6,48% 6,26% 8,16% 10,35%
Egitto
0,06% 0,13% 0,07% 0,42% 0,18% 0,00% 0,36% 0,65% 0,82% 0,93% 1,03% 1,23%
Grecia 11,14% 5,75% 4,64% 4,11% 3,71% 2,98% 2,71% 2,75% 2,15% 2,29% 2,28% 1,24% 1,00% 0,99% 1,12%
India
0,58% 1,10% 1,98% 0,86% 0,68% 0,57% 0,58% 0,54% 0,70% 0,73% 0,84% 0,93% 0,90% 1,13% 1,07%
Israele
Italia
0,19% 1,36% 0,85% 0,84% 0,93% 1,02% 0,74% 0,90% 1,06% 0,85% 1,06% 1,16%
61,04% 64,64%62,79%54,11% 56,72%51,49% 46,22%40,78% 37,21%29,44%24,93% 18,39%14,78% 13,65%11,86%
Messico 6,18% 3,42% 6,13% 19,74% 11,74%13,54% 15,14%17,90% 14,42%12,78%11,40% 9,77% 8,97% 8,60% 9,38%
Perù
1,17% 1,30% 1,43% 1,72% 2,87% 2,06% 2,24% 2,10%
Spagna 4,93% 0,28% 2,46% 5,80% 7,63% 8,68% 8,52% 8,30% 7,66% 6,75% 6,06% 6,28% 5,95% 6,17% 5,79%
Turchia 5,78% 6,09% 6,33% 6,24% 7,95% 11,53% 14,96%18,18% 24,14%35,17%41,61% 47,11%52,53% 51,13%50,28%
Fonte: propria elaborazione tab. n.72
270
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Tabella n.74: importazioni di granito degli Stati Uniti d’America. (1000 ton.)
GRANITO
1993
1994
1995
Arabia Saudita
1996
1,83
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
1,99
0,9
0,14
3,1
1,91
1,72
1,76
2004
2005
2006
2007
2,33
4,00
3,68
2,01
Brasile
11,39 18,21 34,65
Canada
13,38
14,3
23,56 45,85 40,46 60,49 58,63
58,92
Cina
3,67
3,77
6,69
11,25 15,43 33,65 38,26
78,08 113,25 136,1 176,44 285,57 367,53 582,67 543,95
Egitto
4,47
0,27
0,02
0,06
0,17
0,06
0,17
0,14
1,64
1,12
2,33
1,77
Filippine
0,25
1,67
0,3
0,65
1,45
0,09
0,54
0,37
8,41
1,10
4,10
2,08
2,16
26
55,05 76,63 149,49 157,67 135,37 231,62 377,5
78,95 67,81
66,9
622,16 701,92 1087,21 928,83
76
70,14
72,35
132,77
Francia
0,11
0,04
0,09
0,52
0,92
1,46
0,76
1,3
0,88
1,24
0,65
2,47
1,05
19,29
Germania
0,06
0,02
0,23
0,52
0,54
0,22
0,58
0,45
1,69
0,94
3,11
1,87
//
4,01
1,49
0,02
0,06
0,31
0,76
0,09
0,04
0,85
0,46
3,72
5,57
0,76
0,87
0,52
0,59
49,12
46,1
52,6
104 110,97 114,23 249,06 218,75 125,11 281,67 308,71 458,15 460,88 420,95
Grecia
India
50,4
Indonesia
Israele
0,29
0,16
4,49
0,93
3,7
1,67
14,92
6,38
2,96
2,76
2,58
3,70
4,05
2,66
4,31
2,23
4,31
Italia
39,09 70,89 90,37 87,33 130,77 208,7 187,8 402,33 285,17 382,48 368,21 357,98 455,19 370,25 367,34
Messico
0,25
1,14
0,65
16,68 11,42 14,03 20,62
Pakistan
20,68
17,87 12,93
16,59
22,77
22,04
21,74
25,03
6,56
0,48
36,56
11,72
0,5
7,59
2,99
1,17
3,14
1,30
0,38
//
1,41
1,03
8,62
0,92
1,38
0,81
1,02
1,41
Perù
Portogallo
11,07
0,25
0,17
0,61
0,71
0,71
0,82
0,92
0,78
//
//
//
//
//
Spagna
4,88
16,45
5,47
10,75 19,53
29,5
19,39
29,59
41,66 48,05
42,53
45,97
55,77
30,38
22,40
Taiwan
0,1
Russia
17,07
Turchia
Altri
Totale
8,34
0,74
0,11
9,08
7,05
6,68
13,22
33,56
17,55 24,68
30,12
46,65
57,53
55,66
49,24
0,16
0,3
1,01
0,38
0,48
0,64
1,35
0,46
25,06
20,04
7,16
3,69
5,76
6,96
12,99
6,42
7,41
10,21 22,31
20,53
21,97 24,09
28,32
31
42,78
55,14
54,15
2,7
142,74 182,07 221,44 275,77 398,52 566,09 629,53 1100,26 950,22 1105 1443,85 1844,67 2255,36 2784,26 2572,25
Fonte: propria elaborazione su database IMM Carrara, www.immcarrara.it/stat
Tab. n.75: granito – quote di mercato di Brasile, Cina, India, Italia, nel mercato
U.S.A.
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Brasile 7,98% 10,00% 15,65% 9,43% 13,81% 13,54% 23,75% 14,33% 14,25% 20,96% 26,15% 33,73% 31,12% 39,05% 36,11%
Cina
2,57% 2,07% 3,02% 4,08% 3,87% 5,94% 6,08% 7,10% 11,92% 12,32% 12,22% 15,48% 16,30% 20,93% 21,15%
India
35,31% 26,98% 20,82% 19,07% 26,10% 19,60% 18,15% 22,64% 23,02% 11,32% 19,51% 16,74% 20,31% 16,55% 16,37%
Italia
27,39% 38,94% 40,81% 31,67% 32,81% 36,87% 29,83% 36,57% 30,01% 34,61% 25,50% 19,41% 20,18% 13,30% 14,28%
Fonte: propria elaborazione tab. n.74
271
CAPITOLO 8
Grafico n.62:
Importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in marmo, migliaia di tonn.
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Cina
Egitto
Grecia
India
Israele
Israele
Italia
Messico
Perù
Spagna
Turchia
Totale
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.72
Grafico n.63:
Importazioni U.S.A. di lavorati e finiti in marmo, migliaia di
tonn.
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Cina
Egitto
Grecia
India
Israele
Italia
Messico
Spagna
Turchia
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.72
272
2007
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Grafico n.64:
Importazioni U.S.A. di lavorati e finiti di granito, migliaia di tonn.
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
Brasile
Canada
Cina
India
Messico
Spagna
Taiw an
Totale
Italia
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.74
Grafico n.65:
Importazioni U.S.A. di lavorati e finiti di granito, migliaia di tonn.
1200
1000
800
600
400
200
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Brasile
Canada
Cina
India
Italia
Spagna
Taiwan
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.72
La competitività italiana e del distretto veronese è stata certamente
attaccata (si ricorda che nel 1988 l’Italia era il trasformatore incontrastato di
lapidei), ma non superata come nel mercato tedesco. Per quanto riguarda il
marmo, le importazioni statunitensi dall’Italia, nel periodo 1993-2001, sono
aumentate di 2,3 volte. (1993=90,98 migliaia tonn.; 2001=217,85 migliaia
tonn.). Il 2001 è stato l’anno di massimo import dall’Italia con 217,85 migliaia
di tonnellate che sono diminuite a 198,21 nel 2002, per aumentare nel 2003 di
273
CAPITOLO 8
6,19 migl. tonn.; il 2004 ha registrato però un’ulteriore diminuzione fino il
2006, per scendere a 173,04 migliaia di tonnellate nel 2007.
Al progressivo calo italiano dal 2001 in poi corrisponde l’ingresso in modo
incisivo, dal 1998, della Turchia,15 che da paese di sola esportazione di marmi e
travertini grezzi ha iniziato, e con successo, a trasformare i blocchi estratti in
loco e ad esportarli. La Turchia è cresciuta nel mercato americano di marmo di
ben 12 volte in soli sei anni, esportando dalle 39,68 migliaia di tonnellate di
lavorati di marmo nel 1998, alle 471,96 del 2004 raggiungendo le 776,66
tonnellate del 2006 con una quota di mercato del 51,13% (Tab.73). La Turchia
è il dominatore del mercato statunitense nel marmo con una quota di mercato
che da anni è molto sopra gli altri stati followers; nel 1993 possedeva una
quota di mercato del solo 5,78% mentre l’Italia copriva il 61,04% delle
richieste
di
marmo
lavorato.
Negli
anni
la
Turchia
è
cresciuta
progressivamente, scavalcando nel 2002 l’Italia e distanziandola. La nostra
penisola è nel frattempo calata occupando oggi una quota di mercato del
11,86%, poco rispetto gli anni passati e poco rispetto la Turchia (Tab.73);
percentuale che in ogni modo gli consente di mantenere il secondo posto
come paese fornitore di marmo negli Stati Uniti. La Turchia è presente solo
nel commercio di marmo, mentre la sua quota di export di pietre silicee è del
tutto trascurabile.16
15 Turchia, India e Brasile sono diventati, negli ultimi anni, non solo esportatori di blocchi di marmo
(Turchia) e granito (Brasile, India), ma anche forti trasformatori ed esportatori delle proprie pietre.
16 I risultati più importanti sono stati raggiunti nell’esportazione, confermatasi come struttura portante
dell’ industria lapidea turca. Non a caso, il 2004 ha visto un ulteriore, forte incremento del fatturato
estero, che è cresciuto del 40,7%, portandosi a mezzo miliardo di dollari e confermando le impressioni
di chi ha ritenuto possibile il raddoppio a medio termine, e cioè, nel breve volgere di cinque anni. (…)
L’aumento più consistente è quello conseguito dai prodotti finiti di travertino, che hanno costituito da
soli il 42,8% dell’export turco in valore, con una crescita di oltre il 57% rispetto il 2003, mentre il
marmo a messo ha segno un balzo del 37,5%. (…) L’industria turca può contare su una propensione
alla crescita caratterizzata da tassi asiatici, e non certo europei, favorita dalla disponibilità di adeguati
mezzi finanziari per l’import di tecnologie, segnatamente dall’ Italia, nella sua qualità di fornitrice
tradizionale. (…) L’espansione della Turchia lapidea dura ormai da tempo ed ha acquistato tutte le
caratteristiche di trend ascendente, garantito da fattori essenziali come l’ampia disponibilità delle
risorse, le tradizioni irripetibili, l’elevato livello professionale e qualitativo, la politica di servizio, e non
ultima, la competitività dei prezzi sebbene lontani da quelli, cosiddetti impossibili, della Cina o
dell’India. (Fonte: “Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre ottobre, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21).
274
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Questa posizione italiana è comunque insidiata da una crescente Cina e
Messico, rispettivamente terza e quarto paese fornitore, che occupano una
quota di mercato, al 2007, del 10,35% e 9,38%. Il fatto più importante sta nel
loro trend di lungo periodo che, in calo per l’Italia, risulta invece essere in
costante ascesa per il Messico dal 1997 e per la Cina dal 2000.
Grafico n.66: Marmo – quote di mercato di Cina, Egitto, Grecia, India, Israele, Italia,
Messico, Perù, Spagna, Turchia nel mercato U.S.A.
70,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
1993
1995
Cina
1997
Italia
1999
2001
Mesico
2003
Spagna
2005
2007
Turchia
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.73
Vediamo ora il granito.
Impressionante è la richiesta di granito statunitense pari quasi al doppio
rispetto a quella di marmo: in totale le importazioni di lavorati silicei sono
incrementate di 19,51 volte dal 1993 (142,74 migliaia tonn.) al 2006 (2784,26
migliaia tonn.). L’Italia ha dimostrato un trend crescente di esportazioni nel
lungo periodo, che però è diventato variabile dal 2001 (anno di massime
esportazioni, 402,33 migl. tonn.), stabilizzandosi su un volume medio pari a
369 migl. tonn. nell’ultimo triennio, leggermente in calo nel 2006 e 2007.
Grafico n.67: granito - quote di mercato di Brasile, Cina, India, Italia, nel mercato
U.S.A.
45,00%
40,00%
35,00%
30,00%
25,00%
20,00%
15,00%
10,00%
5,00%
0,00%
1993
1995
1997
Brasile
1999
Cina
2001
2003
India
2005
2007
Italia
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.73
275
CAPITOLO 8
Anche qui la concorrenza si fa sentire, soprattutto quella dei paesi asiatici,
India e Cina, e del Brasile; questi sono paesi che da solo esportatori di silicei
grezzi sono diventati anche forti esportatori di silicei lavorati, invadendo il
mercato globale. La domanda statunitense si è dimostrata estremamente
attenta alla qualità del prodotto ed è per questo motivo che l’Italia e Verona
sono ancora molto presenti, ma l’aumento di tecnologia e qualità asiatica
hanno fatto sì che nel 2005 Cina ed India siano riuscite a sorpassare l’Italia.
(anno 2005: Italia 455,19 migliaia ton. – Cina 367,53 migliaia ton. – India
458,15 migliaia ton.). Il sorpasso si è consolidato e rafforzato nel 2007, anno in
cui la quota di mercato italiana risulta del 14,28% (in costante discesa dal
40,81% del 1995), quella cinese del 21,15% e quella indiana pari al 16,37%. Si
può affermare che l’Italia in termini di valore di lavorati esportati abbia
mantenuto un livello piuttosto costante nel tempo, incrementando di volta in
volta la qualità offerta, ma i competitors, ricchi del fatto di avere il materiale e
lavorarlo a costi più competitivi, sono cresciuti a tassi molto più elevati e
rapidi, erodendo importanti quote di mercato alla nostra penisola. Il leader,
come è la Turchia con il marmo, qui è il Brasile17 che, grazie la bellezza dei
17
Quello del Brasile è un esempio oltre modo significativo, perché a differenza di quanto è accaduto
negli altri maggiori protagonisti del momento, che sono anche grandi importatori, la sua espansione ha
avuto luogo valorizzando le pietre locali. In quanto a produzione, il Brasile è al terzo posto assoluto
nella graduatoria estrattiva del granito ed al secondo in quella dell’ardesia. Nel 2004, il valore
complessivo del fatturato estero brasiliano è pervenuto a 596,2 milioni di dollari, con una crescita del
40,3% rispetto all’anno precedente che non è una novità, ma da un’idea di quanto sia sostenuto il suo
coefficiente di sviluppo. Giova aggiungere che la maggioranza assoluta di questo volume d’affari
appartiene, non da ora, al prodotto lavorato, e che il valore aggiunto consolida ancora la sua priorità,
avendo lasciato al grezzo poco più di un quinto del totale. Se si pensa che fino a pochi anni or sono la
struttura portante dell’esportazione brasiliana era ancora costituita dai blocchi, c’è da rimanere
strabiliati. Per quanto riguarda il prodotto finito, può contare su un solo grande mercato: gli Stati
Uniti, raggiungendo obiettivi straordinari, con un fatturato del 2004 pari a 448,2 milioni di dollari, un
aumento del 45,6% rispetto al 2003, ed una quota dell’ 81,6%, che lascia gli altri esportatori, guidati da
Messico, Canada ed Italia, poche briciole. Esaminando i prezzi medi dell’export brasiliano di lavorati
silicei nel 2004, questi sono stati pari a 32,43 dollari per metro quadrato, con un buon aumento del
13,8% rispetto all’anno precedente, con punte di 47,21 dollari per il Canada e 39,96 per gli Stati Uniti,
fino a 19,06 dollari al metro quadro per le esportazioni in Libano. Si tratta di prezzi in linea con la
concorrenza europea, e tutt’altro che tipici di un paese a basso costo: cosa che lascia presumere, vista
la competitività del sistema produttivo brasiliano, margini piuttosto sostanziosi, e cioè, tali da
supportare ulteriori investimenti nell’ambito di un sano effetto moltiplicatore. In parole povere, il
Brasile è un concorrente che non punta sui prezzi stracciati, come accade soprattutto con la Cina, ma
coniuga qualità e prezzo in modo corretto, tanto più che opera su un mercato molto attento ed
esigente come quello nordamericano. (Fonte: “Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp.25-28).
276
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
suoi graniti e la minor distanza del tragitto Brasile-U.S.A. piuttosto che BrasileItalia-U.S.A.,18 ha superato l’Italia nel 2003, diventando il primo esportatore di
graniti lavorati negli Stati Uniti nel 2003 (377,5 migl. tonn.), seguito dall’Italia
con 368,21 migliaia di tonnellate. Il divario è poi aumentato a dismisura in tre
anni e nel 2006 il Brasile ha introdotto negli U.S.A. ben 1087,21 migliaia di
tonnellate di granito lavorato mentre l’Italia solo 370,25. Nel 2007 le quote di
mercato dei quattro maggiori fornitori di silicei risultano così divise: al leader
Brasile spetta una quota del 36,11%, alla Cina del 21,15%, all’India del 16,37%
e all’Italia del 14,28%. Cina, India e Brasile sono in costante e progressiva
crescita dal 2001/2002. Non sono poi da trascurare le importazioni
dall’emergente paese trasformatore Taiwan che nel 2005 ha introdotto in
U.S.A. 57,53 migl. tonn. di granito lavorato, scese a 49,24 nel 2007 e il vicino
Canada con 132,77 migl. tonn. nel medesimo anno, occupando così il ruolo di
quinto fornitore. La crisi del mercato immobiliare americano si è fatta sentire
sia per il marmo sia per il granito; le loro importazioni hanno subito nel 2006
lo “stop” del clima di crescita che durava da anni, e una loro diminuzione per
l’anno 2007 del 3,92% per il marmo e dell’8% per il granito. Tale trend
discendente si è verificato in ulteriore discesa per il 2008.
8.4 Importazioni di prodotti finiti e blocchi grezzi a Verona: i maggiori
fornitori
Vediamo ora le importazioni del distretto del marmo di Verona:
considero i “prodotti da taglio o da costruzione modellati e finiti” della
categoria Ateco DI267 e le “pietre grezze” ovvero i blocchi, categoria
Ateco CB141. Mentre le importazioni di pietre grezze è un fattore
18
I rincari nel 2003 sono stati del 30-35% per tonnellata trasportata via mare. (Fonte: Sebastiano
Villanova, Tesi di Laurea, “Import-export nel settore lapideo in Italia”, Padova, anno 2003/2004.)
277
CAPITOLO 8
caratteristico e fisiologico del distretto che è da sempre importatore di
materiali grezzi che trasforma in loco ed esportatore di prodotti finiti, le
importazioni di lavorati calcarei e silicei è un fenomeno relativamente
nuovo è che sta diventando sempre più consistente. Questo per
avvantaggiarsi dei costi minori cui i paesi esteri riescono a fornire la merce,
invece di tagliarla e lucidarla a costi maggiori nel distretto.
Dal 2002 il distretto di Verona ha iniziato ad importare prodotti lavorati
e finiti (sono incluse le lastre squadrate e lucidate) in quantità crescenti. I
paesi interessanti sono come sempre Cina ed India e in primis la Gran
Bretagna dalla quale si importavano determinate tipologie di sandstone e
limestone suoi tipici. La Cina è per il distretto veronese non solo un
concorrente, ma anche un fornitore di lavorati e soprattutto di lastre
semilavorate, le cui fasi di trasformazione vengono ultimate in loco. Oltre
l’ingresso preponderante della Gran Bretagna a partire dal 2002 e che fino
il 2007 è stato il primo fornitore di lavorati, la Cina ha iniziato a rifornire il
distretto
veronese
con
prodotti
silicei
lavorati
e
semilavorati,
incrementando di quasi 10 volte le forniture, passate da un valore pari a
382.210 euro nel 2001 a 3.232.540 euro nel 2006. Dal 2004 si è vista una
crescita repentina dell’India che al 2008 è il secondo fornitore di lavorati
con un valore pari a 5.223.469 euro. Si presume che in futuro tale quota
tenderà ad aumentare sia per approvvigionarsi di lastre semilavorate a costi
competitivi, sia per comprare direttamente da India e Cina19 prodotti finiti
per rivenderli in loco o esportarli col proprio marchio.
19 Da notare l’aumento delle importazioni di lavorati provenienti dalla Cina. A partire dal 2001 il
distretto ha iniziato ad acquistare i prodotti finiti cinesi, per rivenderli, o più probabilmente
semilavorati e lastre a prezzo competitivo, per poi terminare la lavorazione in loco. Il risparmio però è
“bilanciato”, da maggiori tempi di fornitura e bassa qualità. La Cina, esportando materiali di minore
qualità, sta crescendo notevolmente, e, aricchendosi, da mercato chiuso e protetto per molte
merceologie, è divenuto e diviene ogni giorno sempre più all’attenzione delle imprese, prime fra tutte
quelle europee, quale opportunità di vendita piuttosto che essere semplicemente considerato come un
enorme supermercato per ogni genere di acquisto. L’apertura del sistema cinese è già ampiamente
dimostrata dalla crescita dei volumi dell’import (+36% rispetto al 2003), che fanno ormai della Cina
uno dei più importanti mercati su scala mondiale. Le molteplici opportunità si presentano un po’ in
ogni settore, ma primariamente nella realizzazione di opere infrastrutturali ed immobili di cui questa
nazione necessita. Parecchio è stato fatto nel corso degli ultimi anni per la costruzione di strade, ponti,
278
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Tabella n.76: importazioni del distretto veronese di pietre lavorate e finite: marmo e
granito
Denominazione paese
Anni
Spagna
Turchia Gran Bretagna
1991
699.505
80.952
7.193
Brasile
Cina
India
Mondo
//
1.293
9.764
2.305.544
1992
609.906
24.975
12.527
6.531
22.499
98.639
2.465.887
1993
1.030.399
17.015
30.827
72.945
//
322.401
2.915.839
1994
1.083.631
200.593
47.789
//
//
506.715
3.816.987
1995
1.555.947
109.904
85.720
182.031
17.344
604.200
5.918.179
1996
1.300.529
158.987
8.439
192.078
30.557
1.042.163
5.280.332
1997
1.048.809
145.116
0
131.842
36.825
632.346
4.390.975
1998
839.080
98.811
22.300
222.550
80.906
798.111
5.134.486
1999
526.242
106.149
5.081
194.442
381.028
1.187.106
4.988.761
2000
876.717
580.538
0
424.812
828.690
1.190.023
6.838.173
2001
1.068.436
296.816
10.041
495.165
382.210
764.746
5.063.601
2002
1.043.397
548.522
10.082
1.597.123
1.468.945
1.018.904
7.429.096
2003
1.300.526
788.430
7.208.308
922.081
2.610.149
761.435
15.479.438
2004
1.139.830
740.624
7.646.673
1.103.721
2.982.405
852.612
17.359.393
2005
1.204.627
474.769
8.080.610
671.696
2.600.126
1.869.769
18.008.387
2006
1.150.441
607.081
8.585.263
952.998
3.232.540
3.572.720
22.321.673
2007
1.024.055
592.620
6.216.110
1.005.076
2.746.793
3.652.093
17.891.348
2008
1.475.708
307.448
3.257.557
1.153.704
1.911.342
5.223.469
17.913.823
Fonte: propria elaborazione banca dati Coeweb20, classificazione ATECO DI267
Grafico n.68:
Importazioni a Verona di pietre da taglio o da costruzione,
modellate e finite
25.000.000
20.000.000
15.000.000
10.000.000
5.000.000
0
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Spagna
Turchia
Gran Bretagna
Brasile
Cina
India
Mondo
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.76
autostrade, aeroporti, ferrovie, ma ancora molto è da realizzarsi nei prossimi anni, anche all’interno del
quadro di espansione previsto nell’ambito degli importantissimi appuntamenti delle Olimpiadi del 2008
di Pechino e della World Expo 2010 di Shanghai, in occasione dei quali la Cina è e vorrà certamente
apparire in tutta la propria potenza di espansione.
20 www.coeweb.istat.it
279
CAPITOLO 8
Il distretto veronese, come già detto, si caratterizza per la specializzazione
nel processo d’importazione di blocchi grezzi, trasformazione ed esportazione
di prodotti finiti di elevata qualità. Il maggior fornitore è l’India, che è anche il
primo esportatore di granito nel mondo, e ha coperto nel 2004 il 27,7% delle
esigenze del distretto con un valore di 40.092.730 euro, doppio rispetto l’intero
import dall’Europa. Le massime importazioni dall’India si sono verificate nel
2000 con un valore di 56.162.695 euro, per poi stabilizzarsi intorno i 40
milioni di euro. L’India ora copre il 21,44 % delle richieste in blocchi di
Verona.
Il secondo fornitore è il Brasile che ha registrato il suo picco intermini di
valore nel 2006 con 35.540.625 euro (quota di mercato 22,9%), registrando in
seguito una progressiva diminuzione che però non l’ha spodestato dalla sua
seconda posizione. Al 2008, il Brasile detiene una quota 16,6% con un valore
esportato a Verona pari a 14.618.472 euro.
India e Brasile sono produttori di graniti che hanno in quantità e varietà
impressionanti; ciò che contraddistingue questi due paesi è l’estrema varietà di
graniti “orientati21” e “venati22” , che sono pressoché offerti in tutte le tonalità
e che, date le loro ottime caratteristiche, hanno una ampia diffusione mondiale.
Alcuni nomi, a puro titolo di esempio; Verde Marina, Kashmir White, Raimbow,
Multicolor, Paradiso Bash, Cobra, Tiger Skin, Vizag, Orissa Blue, provenienti
dall’India; Verde Eucalipto, Giallo Veneziano, Marron Cafè, Tropical, Samba,
Maritaca, Candeias, Juparanà, provenienti dal Brasile. A questi devono essere
aggiunti prodotti di grande pregio, come i graniti rossi classici Imperial Red e
New Rubin (indiani), il Capao Bonito (Brasile), i graniti gialli in cui il Brasile
primeggia (Giallo Antico, Amarelo Real), i graniti e le quarziti blu (Azul Bahia,
21 Disegno orientato: disegno di un materiale i cui costituenti mostrano una disposizione preferenziale che
può rendersi evidente a diverse scale di osservazione (blocco, lastra, marmetta, ecc.). Risulta vivamente
disuniforme ed è influenzato fortemente nel suo aspetto finale, dalla direzione di taglio. (Fonte: Pietro
Primavori, “Il Primavori, lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, prima edizione ottobre 2004).
22 Disegno venato: disegno di un materiale che presenta delle venature ben evidenziabili rispetto al fondo,
sia per aspetto, sia per colore. (Fonte: Pietro Primavori, opera citata).
280
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Azul Macaubas, Brasile), graniti marrone (Caffè Bahia, Brasile) ed il
richiestissimo marmo Verde del Rajasthan Indiano.
Il terzo posto spetta alla Repubblica Sudafricana, il cui export verso Verona
è cresciuto costantemente, a parte alcuni saltuari momenti di costanza, dal
1993, arrivando nel 2002 ad un valore di 21.036.925 euro per poi scendere a 13
ed 11 milioni di euro rispettivamente nel 2003 e 2004. Al 2008 la quota
Sudafricana è molto vicina a quella del Brasile. Nel continente africano, tre
sono i paesi che, da sempre, garantiscono una produzione rilevante con
continuità ed affidabilità, il Sud-Africa, l’Egitto e lo Zimbawe (per i relativi dati
vedere tabelle riportate in appendice), anche se, recentemente, una cospicua
parte del continente “nero” si è fortemente interessata al mondo lapideo23. Il
Sud-Africa è il maggior produttore di granito nero al mondo (Nero Africa e
Nero Assoluto) cui affianca altri ottimi graniti (African Red, Crystal Brown, Lilac,
Fontane).
Le importazioni dalla Norvegia sono state pari a quelle del Sud-Africa fino
al 1994, anno in cui l’import africano è aumentando, mentre quello del paese
scandinavo è rimasto costante coprendo valori in media di 9 o 10 milioni di
euro, ottenendo così la quarta piazza fino al 2006 anno in cui è stata superata
dallo Zimbabwe. Dalla penisola scandinava è possibile importare produzioni
silicee quali il Carmen Red, Balmoral e Baltic Brown dalla Finlandia; i rossi Tranas
eVanga, il Royal Mahogany, il Nero (AFK) della Svezia; il prestigioso Labrador
della Norvegia. Altri fornitori importanti sono Spagna, Namibia, Iran, Egitto e
Finlandia.
Per quanto riguarda la voce mondo è da notare un calo delle importazioni
nel 2007 e 2008 (-27,32% nel 2007 rispetto il 2006 e –21,94% nel 2008 rispetto
al 2007, pari ad una diminuzione nel 2008 del 43,27% rispetto il 2006), dato
che conferma il momentaneo calo della produttività veronese.
23
Angola, Namidia, Zambia, Marocco, Tunisia, Kenia, Etiopia, Nigeria (vedere appendice). (Fonte:
PIERO PRIMAVORI, “Pianeta Terra”, Giorgio Zusi Editore, 1999.).
281
CAPITOLO 8
Tabella n.77: importazioni veronesi di pietre grezze (in blocchi)
Denominazione Paese
Anni
1991
India
Brasile
Sudafrica Zimbabwe Norvegia
7.195.661 11.635.929 6.547.488
Namibia
Iran
Egitto
Finlandia
"
3.925.684 5.315.150
Spagna
0
5.750
42.677
4.013.610 16.770.330 43.046.401
Europa
Mondo
1992
8.774.927
"
4.240.644 5.675.103
21.006
17.197
0
3.782.429 18.482.484 43.033.490
1993
15.824.320 16.315.733 5.618.687
11.148
5.229.536 4.326.654
0
538.523
"
4.407.140 18.758.262 58.853.386
1994
23.570.631 13.766.373 7.079.851
52.482
7.239.183 3.978.144
20.761
456.182
"
6.331.106 23.710.241 72.627.269
1995
32.601.734 19.815.421 10.094.788
282.620
9.819.907 7.253.046
0
1.132.078
123.046
4.728.750 29.970.435 97.861.135
1996
24.859.931 21.191.628 6.799.853
168.729
9.115.695 5.632.500
34.792
1.769.247
651.349
3.291.444 25.460.768 86.136.444
1997
35.176.652 29.869.929 9.565.539
499.768
9.509.448 5.855.458 130.243 1.474.021 4.911.452 2.819.872 28.623.622 118.303.305
1998
34.556.188 27.660.475 11.615.865
387.023
10.152.587 5.541.423
1999
35.500.276 27.057.713 11.871.278
460.901
9.380.685 5.635.712 346.903 1.370.145 1.943.487 2.318.831 24.147.365 108.266.015
2000
56.162.695 32.680.450 17.100.524 1.479.478 12.519.208 5.673.729
20.971
2.943.021 2.594.726 2.387.422 29.040.545 154.732.406
2001
40.521.004 25.097.330 18.912.511 1.217.654 11.128.470 4.132.149
"
3.397.935 2.465.762 3.031.859 26.344.802 130.082.229
2002
39.938.105 23.814.598 21.036.925
"
3.431.515 2.468.376 3.179.127 30.201.746 131.692.409
2003
39.706.320 17.711.020 13.888.539 3.097.904 14.879.217 4.505.180 205.928 5.104.173 2.617.222 4.726.793 33.824.811 126.676.176
2004
40.092.730 24.188.905 11.905.310 8.356.726
9.413.427 4.586.854 3.066.157 4.549.680 2.710.193 3.478.043 28.501.992 136.224.336
2005
33.614.022 23.748.889 16.996.935 8.031.103
9.408.128 3.901.251 3.782.513 3.306.716 3.551.546 3.541.317 27.696.538 131.065.040
2006
37.165.238 35.540.625 19.261.082 14.972.112 6.307.798 4.443.895 2.979.853 3.845.430 3.532.700 3.718.639 25.816.644 155.192.502
2007
30.357.378 20.794.325 15.579.404 7.925.221
5.586.833 3.589.620 3.866.530 1.689.819 3.155.243 2.397.908 21.044.765 112.792.535
2008
18.873.945 14.618.472 14.369.689 5.838.341
2.986.938 2.962.019 2.700.487 2.687.122 1.906.370 1.652.790 16.116.475 88.044.575
9.301.520
5.416.027
959.801
13.939.684 3.507.802
14.884
1.066.030 3.833.693 2.367.452 27.588.878 115.492.577
Fonte: propria elaborazione dati www.coeweb.istat.it; classificazione ATECO CB 141
Grafico n.69:
Importazioni di pietre grezze in blocchi a Verona
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
0
India
Brasile
Sudafrica
Zimbaw e
Norvegia
Namibia
Iran
Egitto
Finlandia
Europa
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.77
282
Spagna
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Grafico n.70:
Importazioni totali di pietre grezze in blocchi a Verona
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
Mondo
60.000.000
40.000.000
20.000.000
0
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.77
Tab. n.78: maggiori fornitori di blocchi per Verona, tutte le tipologie di pietre. (dati in
euro)
Anno
2008
India
Brasile
Sudafrica Zimbabwe Norvegia Spagna Namibia
Iran
Egitto Finlandia Europa
Mondo
18.873.94514.618.47214.369.689 5.838.341 2.986.9382.962.0192.700.4872.687.1221.906.3701.652.79016.116.47588.044.575
21,44%
16,60%
16,32%
6,63%
3,39%
3,36%
3,07%
3,05%
2,17%
1,88%
18,30%
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.77
Grafico n.71: % dei maggior fornitori di blocchi nel 2008
25,00%
20,00%
India
21,44%
18,30%
16,60%
16,32%
Brasile
Sudafrica
Zimbawe
15,00%
Norvegia
Spagna
10,00%
6,63%
Namibia
3,39%3,36%
5,00%
3,07% 3,05%2,17%
1,88%
Iran
Egitto
Finlandia
0,00%
Europa
2008
Fonte: propria elaborazione dati tab. n.77
283
1
CAPITOLO 8
8.5 I dati di export e situazione del settore italiano
Come si è comportato il settore lapideo italiano, in un quadro
internazionale così dinamico e veloce nei riposizionamenti competitivi? Il
risultato complessivo dell’industria lapidea nazionale è stato di cambiamento
apprezzabile e favorevole rispetto agli anni precedenti, anche rispetto un 2005
che pure aveva già dato segni di leggero miglioramento sul 2004. Da
un’indagine annualmente svolta dal centro di ricerca sul settore IMM Carrara,
su un campione molto esteso di aziende italiane, è possibile ottenere dati ed
informazioni affidabili per poter dire che l’insieme del settore italiano ha avuto
dei momenti e delle aree di sofferenza, ma ha complessivamente reagito alle
difficoltà esterne di competizione e di concorrenza, ricavandosi una serie di
specificità produttive e commerciali alle quali si è affidato per riposizionarsi e
ripartire dopo alcuni anni di crisi e di arretramenti.
I dati di export hanno sostenuto fortemente il miglioramento che il settore
lapideo nazionale ha vissuto nel corso del 2006, soprattutto in un momento in
cui il mercato del consumo interno comincia invece a calare parallelamente al
rallentamento dell’attività di edilizia soprattutto privata. Le esportazioni italiane
di materiali lapidei hanno complessivamente raggiunto e superato i 4 milioni e
le 800 mila tonnellate di prodotto in varia forma, dai blocchi grezzi alle lastre,
ai lavorati e finiti, alle polveri e i granulati, per complessivi 1.910 milioni di
euro, con una netta prevalenza di tipologie ad alto valore proprio ed aggiunto.
La decisa dominanza dei lavorati, come appare chiaro dalla tavola che segue,
ha dato un contributo forte sia alla qualificazione delle esportazioni nazionali
che al loro miglioramento complessivo, soprattutto sono state attive e
produttive le esportazioni relative al marmo e al travertino.24
24
Ricordo che marmo e travertino non si distinguono nella classificazione statistica del Sistema
Armonizzato adottato internazionalmente.
284
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Tab. n.80: Italia, esportazioni 2005-2006
Italia - tutti paesi
2005
gen-dic 2005/2006
MARMO BLOCCHI E LASTRE
2006
diff.% 2006/2005
tonn.
euro
tonn.
euro
%Q.tà
% Val.
787.143
151.621.426
885.009
172.191.883
12,43%
13,57%
GRANITO BLOCCHI E LASTRE
205.010
55.333.872
189.097
49.180.291
-7,76%
-11,12%
MARMO LAVORATI
973.639
674.029.726
1.020.994
754.819.298
4,86%
11,99%
GRANITO LAVORATI
938.326
777.981.895
943.754
811.032.391
0,58%
4,25%
ALTRE PIETRE LAVORATI
197.844
37.572.612
200.625
37.898.572
1,41%
0,87%
3.101.962 1.696.539.531 3.239.479 1.825.122.435
4,43%
7,58%
GRANULATI E POLVERI
1.321.171
-0,99%
7,99%
SubTOT con granulati e polveri
4.423.133 1.756.583.895 4.547.586 1.889.963.901
2,81%
7,59%
SubTOT blocchi, lastre, lavorati
60.044.364
1.308.107
64.841.466
ARDESIA GREZZA
1.278
906.294
1.535
1.133.844
20,11%
25,11%
ARDESIA LAVORATA
20.605
13.046.789
20.972
13.069.151
1,78%
0,17%
329.135
6.412.879
251.991
6.490.335
-23,44%
1,21%
1,00%
7,52%
PIETRA POMICE
TOTALE
4.774.151 1.776.949.857 4.822.084 1.910.657.231
Fonte: propria elaborazione su dati di IMM Carrara, database su dati Istat
Rispetto al 2006, è da rilevare che il quadro è molto più omogeneo sul
territorio nazionale, di quanto non lo fosse nel 2005: il segno “più” rispetto al
2005 non sta solo a indicare una crescita avvenuta, a livello regionale e di
distretti, ma è pure più diffuso anche se non proprio uguale dappertutto. Il
miglioramento su base annua ha coinvolto molte realtà locali, ed anche i dati
regionali di produzione indicano che la cosa è stata abbastanza seguita in
maniera positiva nelle varie aree importanti di produzione e trasformazione
lapidea. Va detto con chiarezza comunque che l’Italia non ha ancora
recuperato i “numeri” del 2000 e neanche del 2001, ma è importante il trend
che si è avviato ormai da almeno tre anni consecutivi, perché il miglioramento
del quadro complessivo è iniziato già nella seconda parte del 2005, seguendo
una prassi stagionale che ritroviamo da tempo nel settore, nel bene e nel male.
Si incomincia a riprendere e consolidare un cambiamento di tendenza negativa
che durava ormai da alcuni anni, a cominciare proprio da quel 2000, che era
proseguito bene sino alla prima metà dell’anno seguente, e che poi aveva
rallentato già prima del settembre 2001, fino a passare alla decrescita, e poi
apertamente alla crisi di alcuni mercati, negli anni a seguire. La tavola che
segue quantifica la distanza che tuttora separa l’Italia di oggi dai risultati di
285
CAPITOLO 8
inizio secolo, e indica già un primo autore, anche se non proprio primario,
della ripresa: sta nelle esportazioni dei suoi materiali migliori e più consolidati
presso i consumatori, esportati sia in blocchi sia in lastre. Non entro nel
dettaglio delle specifiche, perché la classificazione statistica, di nuovo, non
consente di identificare singolarmente, separandole, le due tipologie, ma dalle
rilevazioni dirette sappiamo che l’andamento positivo, soprattutto nel caso dei
marmi e travertini, è dovuto sia ai grezzi sia ai semigrezzi. Le dimensioni dei
numeri non consentono di attribuire ai blocchi il ruolo di protagonisti della
ripresa in termini di grandezza del risultato finale, la quota che essi ricoprono
nel totale delle esportazioni settoriali italiane è contenuta, ma indicano il senso
e anche un fattore forte di competitività del settore lapideo nazionale, offrendo
una chiave di lettura che può aiutare anche per gli sviluppi futuri dell’industria
lapidea non solo del nostro paese. L’Italia svolge un ruolo storico e di
leadership non più volumetrico, ma sicuramente ancora qualitativo, e
tipizzante all’interno del panorama internazionale. In questo senso segna
ancora il percorso di sviluppo che anche altri protagonisti possono seguire,
ciascuno secondo le proprie inclinazioni e possibilità: si è visto nei paragrafi e
capitoli precedenti come queste linee di tendenza e di evoluzione hanno
influito e potranno svolgere ancora di più in futuro una parte importante nella
ridistribuzione dei ruoli anche internazionali all’interno del settore.
Tab. n.81: Italia, esportazioni 2000-2006
Italia - tutti paesi
gen-dic 2005/2006
MARMO BLOCCHI E LASTRE
GRANITO BLOCCHI E LASTRE
2000
2006
diff.% 2006/2000
tonn.
euro
tonn.
euro
%Q.tà
% Val.
779.802
169.865.520
885.009
172.191.883
13,49%
1,37%
-19,03%
207.579
60.739.716
189.097
49.180.291
-8,90%
MARMO LAVORATI
1.455.216
953.485.188
1.020.994
754.819.298
-29,84% -20,84%
GRANITO LAVORATI
1.048.100
851.301.648
943.754
811.032.391
-9,96%
234.626
48.468.135
200.625
37.898.572
-14,49% -21,81%
ALTRE PIETRE LAVORATI
SubTOT blocchi, lastre, lavorati
3.725.323 2.083.860.207 3.239.479 1.825.122.435
GRANULATI E POLVERI
1.257.020
SubTOT con granulati e polveri
4.982.343 2.127.663.301 4.547.586 1.889.963.901
43.803.094
1.308.107
64.841.466
-4,73%
-13,04% -12,42%
4,06%
48,03%
-8,73%
-11,17%
ARDESIA GREZZA
9.215
7.289.961
1.535
1.133.844
-83,34% -84,45%
ARDESIA LAVORATA
32.972
22.946.817
20.972
13.069.151
-36,39% -43,05%
286
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
PIETRA POMICE
TOTALE
67.690
4.897.294
251.991
6.490.335
5.092.220 2.162.797.373 4.822.084 1.910.657.231
272,27% 32,53%
-5,30%
-11,66%
Fonte: propria elaborazione su dati di IMM Carrara, database su dati Istat
Merita sottolineare come per l’Italia il business dei granulati sia in ascesa
continua e importante, anche dal punto di vista dei valori coinvolti. Certo,
sono dati, quelli dei valori, da leggersi tutti con molta cautela, in quanto il
riporto ad euro è “tecnico”, vale a dire che è solo aritmetico, e non tiene conto
dei variati rapporti di scambio tra monete, mentre sappiamo bene che le
oscillazioni del dollaro hanno avuto un ruolo non da poco nell’orientare
quanto meno alcune modalità di traffico delle merci, e degli scambi
complessivi. Tuttavia rimane pur sempre un criterio di lettura abbastanza
“freddo”, e aiuta comunque a interpretare dei dati che altrimenti rimarrebbero
ancora più oscuri, o affidati solo ai volumi: a livello internazionale, invece,
tenere d’occhio anche i valori corrispondenti è importante per capire alcuni
fenomeni in atto, e dar loro il giusto peso e la giusta interpretazione.
Se ci si limita alle voci aggregate più importanti, dal punto di vista della
comprensione settoriale, sono possibili diversi criteri di lettura dei dati, perché
sono diversi i percorsi seguiti, a seconda delle tipologie produttive e dei
mercati di collocazione. Affiancando la tavola precedente con i dati relativi
solo alle tipologie maggiori, quelle a maggior valore aggiunto e a maggior
diffusione nazionale, e riclassificando per aree geografiche di sbocco, si ottiene
una lettura ancora diversa di quanto accaduto nel corso di questi ultimi sette
anni ovvero si può dare una risposta ai seguenti quesiti: che cosa ha sostenuto
l’export del settore lapideo italiano, negli ultimi anni? E che cosa gli ha
consentito di conquistare e mantenere un ruolo diverso nello scenario
internazionale e nella suddivisione internazionale del lavoro e dei mercati, con
cui oggi il settore si confronta e opera?
287
CAPITOLO 8
Tab. n.82: Italia, esportazioni 2000-2006 – Blocchi, lastre e lavorati
Italia - tutti paesi
gen-dic 2005/2006
UNIONE EUROPEA
RESTO D'EUROPA
2000
tonn.
2006
euro
tonn.
diff.% 2006/2000
euro
%Q.tà
% Val.
1.420.406 795.063.323 1.005.594 620.565.053 -29,20% -21,95%
239.151
136.462.137
305.389
195.547.068
27,70% 43,30%
AFRICA
314.371
59.616.013
393.231
68.338.562
25,09% 14,63%
NORD AMERICA
520.976
590.315.338
518.215
583.097.523
-0,53%
CENTRO E SUD AMERICA
82.959
43.622.613
60.659
30.481.739
-26,88% -30,12%
MEDIO ORIENTE
680.350
190.228.638
430.930
151.291.273 -36,66% -20,47%
ESTREMO ORIENTE
433.473
233.000.399
502.596
149.545.787
15,95% -35,82%
OCEANIA
33.635
35.424.491
22.863
26.152.452
-32,03% -26,17%
TUTTI I PAESI
-1,22%
3.725.321 2.083.732.952 3.239.477 1.825.019.457 -13,04% -12,42%
Fonte: propria elaborazione su dati di IMM Carrara, database su dati Istat
L’Unione Europea nel frattempo si è allargata a 27 Paesi, le tavole sono
retrospettive ed omogenee per offrire un raffronto corretto in questo senso,
anche se rischiano di essere “antistoriche”. I numeri sono riferiti alla
configurazione attuale dell’UE, e il risultato è ampiamente negativo, anche se i
valori medi compensano non poco e motivano quindi largamente l’attenzione
che tuttora l’area richiede e conquista. È il mercato interno allargato delle
nostre imprese, dove la competizione è più diretta con gli altri produttori,
perchè è in grado di coinvolgere non solo produttori ed esportatori in grado di
operare su mercati lontani, ma anche aziende di capacità potenziale a più corto
raggio. E invece, è proprio lì che si confrontano i termini aspri della
competizione, e che si sono scontati anche i cali di mercati importanti come
quello tedesco, e nello stesso tempo è proprio lì che si sono verificate, assieme
ai mercati nordamericano e in parte di altre aree, le condizioni e gli input per
uscire dalla crisi, per trovare la risposta alle sfide competitive che i nuovi
assetti internazionali del mercato impongono.
Dalla tavola precedente emergono anche altre osservazioni: la relativa
tenuta del mercato statunitense, che oscilla ma rimane fondamentale per il
nostro export, e dove, nonostante le forti tensioni portate da produttori
esterni, il settore lapideo italiano cede alcune quote di mercato in termini di
288
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
volumi e valori ma resta presente. Pesa, in questo caso, quel fenomeno di
integrazione produttiva che abbiamo visto profilarsi in maniera apprezzabile e
significativa già dal 2005, di ingresso nel mercato un po’ più indiretto, mediato
attraverso produttori di altri paesi, sempre ordinatamente affiancati da soggetti
nazionali. Non è una strategia nuova, qualche anno fa alcuni operatori,
particolarmente attenti alle cose e ai mercati esterni, si esprimevano dicendo
che bisogna essere “dentro” i mercati, che bisogna portare la competizione
all’interno del mercato finale, cercando tutte le strategie e le forme possibili per
svolgere la cosa in maniera governata e, finché possibile, da protagonisti.25 Si
separano, in questo processo, le finalità d’interesse tra soggetti individuali,
aziendali o di gruppo che siano, e territoriali, di distretto o di altro. Ma il
processo appare sempre più essere proprio questo, con tutte le innovazioni
che nel frattempo l’evoluzione del quadro e dei nuovi protagonismi hanno
imposto. E non si tratta di un banale decentramento produttivo, è qualche
cosa di più, è un’integrazione delle proprie capacità produttive, competitive e
industriali in senso largo, che si sviluppa attraverso un mix di quadro
produttivo e commerciale. Dai numeri emerge quindi una prospettiva, ancora
fragile certo, ma aperta, che va ad affiancare e consolidare le vocazioni di
prossimità di mercato come primo elemento di collocazione per le produzioni
proprie: per i mercati più lontani, si sfruttano le prossimità degli altri, laddove
si può.
A questo primo criterio di lettura si aggiunge quello altrettanto importante
delle fasce qualitative di mercato, delle specializzazioni produttive, che
consentono di ricavare qualcosa di più di semplici nicchie, da presidiare e
difendere, e che non vengono perse dalla nostra industria nazionale, ma anzi si
mantengono e si consolidano ancora adesso. Il presidio e la difesa, o
l’espansione del proprio mercato si svolgono con tutti i mezzi a disposizione, e
la globalizzazione ne offre di nuovi, da interpretare e leggere in maniera,
25
E’ da questo concetto che molte aziende hanno aperto attività in Brasile per rifornire di granito
lavorato il mercato nord americano.
289
CAPITOLO 8
appunto, innovativa. I dati delle esportazioni italiane in fondo dicono proprio
questo: pur nel permanere di forti difficoltà da parte anche di classi d’imprese
consolidate e competitive, la selezione intervenuta nel corso di questi anni ha
lasciato che i soggetti più adeguati al nuovo rimanessero attivi, e sapessero
cogliere le occasioni offerte, anche, dalla globalizzazione. Non è solo una sfida,
ma anche un’opportunità, quella che viene offerta dalle nuove geografie
economiche, e dalla possibilità di operare anche in remoto con produttori e
mercati diversi. Cresce la complessità del sistema, e capire di volta in volta su
che cosa continuare a contare, e che cosa invece va abbandonato per strada, se
necessario, è sempre più difficile, e anche costoso, e non solo in termini di
bilancio aziendale: ha costi anche sociali immediati, che spesso si ripagano solo
su tempi più lunghi e con modalità pesanti socialmente. Svolgono un ruolo
importante, allora, i cosiddetti big players, che sono big più in senso figurato
che fisico, ma che svolgono sicuramente la parte di apripista, di leader
“culturali” oltre che tecnici e operativi, una parte che può offrire grandi
occasioni, ovviamente, ma che può anche risultare molto ingrata, perché offre
un esempio di cosa fare e di cosa non fare. Il settore lapideo italiano è un
settore, come molti altri del Made in Italy, di distretti produttivi e di piccole
imprese, dove quindi l’innovazione, non solo tecnologica ma anche gestionale
commerciale e strategica, si svolge spesso per imitazione, per tentativi
individuali e per apprendimento collettivo, piuttosto che ricerca attiva e diretta,
e ha tempi rapidi e rischi elevati. Copiare quello che fanno gli altri, allora,
soprattutto quando si tratta di modelli di successo, diviene un modo
immediato di riposizionarsi, se è possibile: possiamo chiamarlo “scouting”
gestionale, o tecnologico se tocca invece i processi produttivi, ma alla fin fine
si tratta pur sempre di cercare le novità tra quanto ci circonda, e di adattarle a
se stessi. I risultati, però, possono essere anche molto positivi, e gratificanti per
chi per primo intuisce un processo nuovo o apre un mercato nuovo con
successo, così come per chi comprende la validità di un modello innovativo e
lo segue tra i primi.
290
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
8.6 Mercati importanti per l’Italia del settore lapideo nel 2006-2007
Il settore lapideo italiano ha seguito in buona parte le sue naturali
inclinazioni e relazioni commerciali costruite nel corso di anni, o comunque
facilitate da fattori oggettivi di connessione. L’area europea ha risentito su
base pluriennale delle difficoltà dell’economia e dell’edilizia tedesca. Questo,
però, ha anche comportato che, non appena la situazione in Germania è
andata migliorando, immediatamente ci sono stati riflessi positivi per i distretti
lapidei nazionali che vi sono maggiormente collegati e presenti. Nonostante la
recente propensione tedesca ad acquisire soprattutto lavorati in granito da
Cina e India, tuttavia il ruolo dell’Italia abbiamo visto che si consolida
addirittura, anche se soltanto nelle fasce più qualificate di prodotto. Non è un
consolidamento generale ma fortemente mirato e selettivo: marmi lavorati, in
valore, graniti lavorati anche qui in valore, e in entrambi i casi con un
apprezzamento sensibile del valore medio per tonnellata di esportato. Lo
stesso modello vale anche per altri paesi europei, sia dell’Unione che non,
influenzato certamente anche dal valore forte dell’euro su dollaro, che rende
più accessibili le merci di valore espresso in euro. Va detto, però, che i lavorati
di marmi e travertini si giovano particolarmente di questo meccanismo,
associando così al valore di qualità anche quello di tipologia specifica: ne
vediamo una replica, sia pure in scala ridotta rispetto alla Germania, in
Svizzera, in Russia, e poi, uscendo dai confini continentali, negli Stati Uniti,
negli Emirati Arabi, in Kuwait, in India. Diversi, invece, i casi dell’Africa
settentrionale e Cina, dove conta molto anche la materia prima grezza, e di
nuovo si tratta di marmi e travertini in prevalenza. D’altra parte, l’Italia ha
produzioni caratteristiche prevalentemente di calcarei, non sono le sue sole
produzioni, ma ne sono la parte più conosciuta e valorizzata per importanti
distretti produttivi, a cominciare da Carrara con i suoi marmi bianchi, Brescia
con il Botticino, Tivoli con il Travertino, Comiso con il Perlato di Sicilia, Orosei
con la Breccia Sarda, Trani con la Pietra di Trani. Sono produzioni distintive,
291
CAPITOLO 8
caratterizzazioni ormai rinomate, che in qualche caso diventano addirittura
simboliche di un’intera area al di là del settore, e ne costituiscono insieme
forza e identità produttiva e culturale. Si tratta di temi che coinvolgono anche
altri aspetti, oltre a quelli puramente commerciali o industriali, a cui però sono
in ogni caso strettamente connessi e quasi in simbiosi argomenti che non
valgono solo per il lapideo o per l’Italia, ma si estendono a tutti i comparti e le
specializzazioni produttive e spesso anche a molti distretti, regioni o addirittura
Paesi di produzione. È il tema delle identità simboliche, che esula da questo
nostro piccolo ambito di considerazione, ma che tuttavia lo coinvolge, e in
qualche caso ne diventa asse portante: basti pensare appunto al marmo di
Carrara, o ai travertini romani, o a tutte quelle produzioni di antica tradizione e
storia che s’identificano con un’area e ne diventano il simbolo. Il mercato di
maggiore importanza, quello assolutamente da presidiare e difendere in
maniera qualificata e strategica è e rimane, anche se colpito da grande crisi,
quello nordamericano, e per il ruolo di traino rilevante che comunque svolge
anche nei confronti degli altri mercati, più o meno avanzati che siano.
8.7 Le importazioni dell’industria italiana di blocchi
Le importazioni dell’industria italiana del lapideo rimangono nell’ambito di
un quadro classico, ormai, da qualche anno: sono in ripresa, anche
significativa, sia per i marmi che per i graniti, e nei marmi, leggendo i paesi,
sono importanti i nuovi come i vecchi produttori. Crescono sia in volume che
in valore la Spagna, anche la Francia e accanto alla riconferma fortissima della
Turchia, si affacciano altri soggetti, ancora di ruolo contenuto, ma già in buona
evidenza, come la Croazia, la Macedonia e il Montenegro. Continua a crescere
nella partnership con l’Italia l’Egitto, che diviene il nostro primo fornitore di
marmi in blocchi, e crescono, sia pure su tutt’altra scala di grandezza, anche
292
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
Marocco e Tunisia, e poi la Namibia. Per i graniti c’è da registrare la crescente
presenza della Finlandia, rispetto a un quadro già forte in precedenza,
affiancata in Europa dalla più tradizionale Spagna, e dalla nuova anche se
piccola Albania, e poi dal Mozambico e dallo Zimbabwe in Africa, mentre cala
leggermente il Sudafrica e scende un po’ anche l’Angola. Ma in tema di graniti
grezzi e semigrezzi la novità maggiore viene dalla dialettica di ruolo tra Brasile
e India: l’India continua ancora ad essere il nostro primo fornitore, ma sui
valori medi per tonnellata di importato il Brasile è chiaramente più importante
ed è il più mediamente qualificato dei due, per l’industria lapidea nazionale.
8.8 Le importazioni dell’industria italiana di lavorati
Sui lavorati, invece, i numeri delle importazioni, ancorché in crescita, sono
ancora contenutissimi, pure se per alcuni paesi sono relativamente importanti.
La Cina, per esempio, nei confronti dell’Italia aumenta in volume, ed anche in
valore, come del resto anche l’India, ma non in valore medio, diversamente
dall’India, che invece migliora la qualificazione dei suoi graniti lavorati collocati
in Italia.
8.9 Quadro strategico
In generale, lo scenario complessivo del settore sta cambiando, come è
naturale che accada in un momento in cui si trasformano in maniera
sostanziale una serie di meccanismi che sono determinanti nel definire gli
assetti di un settore e le sue modalità di comunicazione interna. In generale i
nuovi produttori rendono più facilmente accessibile la materia prima; ma
293
CAPITOLO 8
sempre più spesso anche i prodotti trasformati o semi-trasformati si associano
al paniere delle forniture correnti dei new comers, con standard produttivi che, se
anche non sono al massimo dell’efficienza possibile, tuttavia vi si avvicinano
ogni giorno di più, in forza di una evoluzione tecnologica che sposta
continuamente in avanti la soglia di procedurizzazione del ciclo di
trasformazione.
La partita si gioca sempre più su un insieme di fattori che si confrontano e
si equilibrano in un risultato, dove conta il rapporto tra prezzo finale, tempi di
consegna e fascia di mercato in cui il prodotto si colloca.26
Interviene così anche il fattore distanza, e conseguenti costi di trasporto, e
tempi di consegna27, a determinare il mix di fattori su cui si gioca la
competizione e a definire in ultima analisi i bacini di attività e di competenza
commerciale di un distretto produttivo o di un’industria a struttura produttiva
localizzata. Le catene distributive si modificano, aiutate in questo anche
dall’evoluzione tecnologica dei mezzi di comunicazione e dalle conseguenze di
lungo respiro che questi inducono sul mondo esterno. La possibilità di
scambiare in tempo reale informazioni, dossier operativi, immagini fedeli,
documenti di lavoro, informazioni riservate, indipendentemente dalle distanze
e dai fusi orari lascia al solo trasporto fisico delle merci il ruolo di freno
all’attività distribuita geograficamente, determinando, con i fattori costo di
trasporto e tempi di trasporto28, una variabile influente nella costruzione del
quadro competitivo.
Tutto questo mentre viene sempre più affidata a figure professionali nuove
la capacità e il ruolo di coordinare le forniture e la loro qualità29, e soprattutto
26
IMM Carrara, “8’ Censimento dell’ industria lapidea”, 2000, a cura di NAPOLI S.
Significativo è il titolo dell’articolo del Sole 24 Ore di mercoledì 11 maggio 2005, pag.7: “Boom di
forniture low-cost. Risparmio medio del 22% per le aziende, rischi ancora alti per tempi e qualità”.
28 I tempi di trasporto e la distanza che le navi devono percorrere per trasportare le merci si
ripercuotono notevolmente sul costo del prodotto finito, soprattutto durante un 2007 e 2008 in cui il
prezzo del petrolio ha raggiunto i 147,27 dollari nella quotazione dell’ 11 luglio 2008 mentre al
26/02/2009 quota a 40,48 dollari. (Fonte: http://www.opec.org/home/basket.aspx).
29 PRIMAVORI P:, “La pietra e la pubblicità culturale”, in MARMO MACCHINE CLASSIC, n.184
,2005, pp.122-130.
27
294
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
la gestione della logistica di fornitura30, di dove approvvigionarsi di che cosa,
in materiali e capacità di lavoro in tempo utile, a costi di concorrenza e a
qualità controllata e corrispondente alle aspettative. Si tratta di quegli “infomediators” qualificati, che in questo comparto assumono connotati particolari
e aggiungono, a quelle generali, caratteristiche specifiche di competenza
settoriale. Solo sulla scelta dei materiali i vincoli sono maggiori, e ancora
lasciati alla decisione esterna a questo circuito, al ruolo che tuttora gli architetti
svolgono nel decidere alcune fasi fondamentali della progettazione. Rimane
però un ruolo sempre più condizionato da fattori esterni, sui quali il settore
lapideo può poco intervenire, mentre si modificano i meccanismi di cattura
dell’attenzione e del favore delle altre figure professionali. Sono meccanismi
complessi e fondamentali, ma estremamente difficili da gestire, in qualche caso
addirittura impalpabili; e il quesito diventa: “come intercettare il favore e
l’attenzione di queste figure?”.
Il quadro delle tecnologie e il ruolo stesso del prodotto edile, delle
costruzioni in tutti i loro usi e accezioni, conosce prospettive inedite, con
soggetti decisionali nuovi e impostazione diversa, rispetto al passato, nei
momenti di costruzione e realizzazione delle scelte. In una prospettiva che
vede crescere la presenza tecnologica anche nelle abitazioni private oltre che
negli uffici, insieme con i problemi di sicurezza fisica e virtuale connessi e
conseguenti, è comunque difficile pensare che le quote di mercato dei materiali
possono rimanere invariate e che le tecniche di organizzazione dei cantieri
rimangano le stesse, o che non cambino i ruoli decisionali dei vari soggetti. Per
un settore come quello lapideo, che tutto sommato è secondario nella fase di
progettazione edilizia vera e propria, anche se esteticamente rilevante
nell’aspetto finale di un edificio, è molto probabile che questi processi siano
vissuti per lo più passivamente, con legami non stretti con le nuove figure
30 Per come gestire, migliorare, sviluppare la logistica si veda “Il Giornale della Logistica”, Kostler
Publishing, Milano ed i libri: SIGNORI P.“La misurazione dell'integrazione logistica nella Supply Chain
Integrated Management”, CEDAM, 2004. BORGHESI A. “Marketing-Logistica”, Giuffrè, 2006.
BORGHESI A. “Supporti didattici per gli studenti del Corso di Marketing (Logistica), QuiEdit 2005.
295
CAPITOLO 8
professionali che si attivano. E non è semplice inserirsi nella nuova geografia
del mercato, a meno che non si avviino da subito alcune politiche di visibilità
settoriale, e locale dei vari distretti produttivi, che ne garantiscano comunque la
presenza nel ventaglio delle scelte utili possibili: cosa che significa essere ben
presenti in tutta la scala delle opzioni di marketing.31 Si tratta di un lavoro non
facile, nemmeno se si considera che il mercato di elezione per i prodotti
nazionali, sempre di più, sarà il mercato vicino, interno e di areale europeo e
mediterraneo: si esaspera la competizione, si attivano nuovi modelli di
economie di scala, variano insomma i comportamenti strategici del fare
impresa e del fare mercato, e variano velocemente. Certamente, sembra
verosimile pensare che per un’industria avanzata e collocata in un contesto di
paese industrializzato e avanzato sia più semplice inserirsi in tale processo
evolutivo, ma uno dei più forti insegnamenti che viene proprio dal nuovo
mondo della TLC e dei comportamenti innovativi indotti, è quello di non dare
mai niente per scontato.
E’ previsione comune a tutti i centri di ricerca che nel settore delle
costruzioni il mercato dei materiali stia già andando incontro ad un processo di
internazionalizzazione crescente, in tutti i suoi aspetti e in tutte le accezioni del
termine, favorendo la destrutturazione delle imprese, che diventano sempre
più piccole, e piccolissime. In altre parole, aumenta la complessità del fare, la
competizione si fa orizzontale e verticale (anche di filiera32, cioè) e si modifica
il peso dei vari attori, con gli info-mediators che rappresentano il nuovo
assoluto, e che ricavano la loro quota di importanza sottraendola interamente
31
“Il perseguimento della cosiddetta qualità totale costituisce, ormai da tempo, un obiettivo dell’ intero
comparto lapideo, alle varie latitudini e longitudini, essendo stato compreso, in modo sempre più
diffuso, che un prodotto tecnicamente ed esteticamente irreprensibile è in grado di autopromuoversi,
per il principio di iterazione comportamentale ben noto agli psicologi, con un costo specifico tendente
a zero.” (Fonte: MONTANI C., “Stone 2003”, Gruppo Editoriale Faenza, pag.68.)
32 Con la legge regionale 4 aprile 2003 n.8, la definizione di distretto è divenuta da “industriale”, a
“produttivo”, perdendo l’originaria caratteristica della sola territorialità, aprendo il concetto ad
un’ottica più ampia, basato su un numero minimo di imprese e addetti operanti in una determinata
filiera produttiva (a proposito si veda paragrafo 3.4).
296
IL SETTORE LAPIDEO ITALIANO
ai soggetti tradizionali e che contribuiscono alla crescita di ruolo dei “registi”
nascosti del mercato delle costruzioni, e della progettazione.33
8.10 Bibliografia e sitografia
ASMAVE, “I marmi a Verona”, 1987, pp.123-126.
“Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005, Gruppo Editoriale Faenza,
pp.25-28.
CONTI G., “Il commercio internazionale”, in C.G. e AAVV, a cura di Il marmo nel mondo:
industria e commercio dei materiali lapidei, Carrara, S.E.A., 1990.
“La forza della domanda negli Stati Uniti”, in Giornale del Marmo, n.256, 2005, pag.33.
Il Sole 24 Ore di mercoledì 11 maggio 2005, pag.7: “Boom di forniture low-cost. Risparmio
medio del 22% per le aziende, rischi ancora alti per tempi e qualità”.
IMM Carrara, “8’ Censimento dell’industria lapidea”, 2000, a cura di NAPOLI S.
Istat, banca dati Coeweb, www.coeweb.it - categoria DI267 e CB141
MONTANI C., “Stone 2003”, Gruppo Editoriale Faenza, 2004, Faenza, pag.68-80-81.
NAPOLI S., “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, Carrara, 2005, pag.17.
NAPOLI S., “Stone Statistic 1993-1997”, IMM Carrara, 1998, pp.103 e 245.
NAPOLI S., “Stone Sector 2008”, a cura di IMM Carrara, Carrara, 2005, pag. 1-22.
Porto di Marina di Carrara – www.portodicarrara.it
PRIMAVORI PIERO , “Pianeta Pietra”, Giorgio Zusi Editore, I ediz. 1999, pag. 307.
PRIMAVORI P:, “La pietra e la pubblicità culturale”, in MARMO MACCHINE
CLASSIC, n.184 ,2005, pp.122-130.
Sebastiano Villanova, Tesi di Laurea, “Import-export nel settore lapideo in Italia”, Padova,
anno 2003/2004.
33
IMM Carrara, Censimento 2000: Industria lapidea e collaterale del comprensorio apuo-versiliese,
Carrara, 2000, pag.10. (disponibile in www.immcarrara.it).
297
CAPITOLO 8
“Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre ottobre, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21.
www.opec.org/home/basket.aspx
www.immcarrara.it/stat -->schede per paesi, import di lavorati finiti Germania e Stati
Uniti.
www.portodicarrara.it
LETTURE DI APPROFONDIMENTO:
“Il Giornale della Logistica”, Kostler Publishing, Milano
BORGHESI A. “Marketing-Logistica”, Giuffrè, 2006.
BORGHESI A. “Supporti didattici per gli studenti del Corso di Marketing (Logistica),
QuiEdit 2005.
SIGNORI P.“La misurazione dell’integrazione logistica nella Supply Chain Integrated
Management”, CEDAM, 2004.
298
Capitolo 9
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE
LAPIDEO
9.1 Provenienza geografica delle maggiori varietà commerciali di
marmi, graniti e pietre
I materiali attualmente in commercio su scala mondiale superano di
gran lunga il numero di 2000; tenendo conto della realtà cinese, i cui
prodotti hanno però una diffusione in ambito soprattutto asiatico, questo
valore dovrebbe probabilmente essere aumentato. Operare delle suddivisioni
per materiali su scala planetaria è una cosa estremamente ardua, tanta e
vasta è la produzione lapidea. Proprio a causa delle difficoltà di sapere i
tipi e le denominazioni di tutti i materiali ai quali si devono i valori di
produzione che ogni paese denuncia è logico illustrare quei materiali che
più si sono affermati nel grande circuito commerciale internazionale e dei
quali si ha maggior conoscenza. Quei materiali, cioè, che si finisce per
trovare menzionati o presenti praticamente in ogni luogo del globo.
Questo non deve far dimenticare un concetto importante e cioè che
esistono delle realtà che, localmente, si distinguono per cultura, storia ed
impiego della pietra naturale, oltre che per l’importanza della stessa
nell’economia locale, ma che sono ancora lontane dall’affacciarsi sulla
scena internazionale con i propri prodotti quali Siria, Iraq, Etiopia,
CAPITOLO 9
Giordania, Marocco, Israele e molti altri.
Di seguito elencherò le principali produzioni dei maggiori paesi, suddivisi
in paesi Europei – il continente cui compete, anche storicamente, la
maggior aliquota − ed extraeuropei.
9.1.1 Europa
La leadership produttiva, solo recentissimamente scalzata dalla Cina,
porta l’Italia ad essere naturalmente il primo paese cui riferirsi. La
produzione italiana è già stata illustrata nel corso del paragrafo 7.1. Essa è
comunque talmente varia ed articolata che qualunque tentativo di sintesi
farebbe comunque un torto a centinaia di materiali. Rimandando al paragrafo
7.1 per i materiali italiani, vediamo gli altri paesi importanti per l’estrazione di
materiali lapidei.
–
Spagna
La Spagna ricalca l’ampiezza dell’offerta italiana per quanto concerne il
comparto marmifero, con prodotti che hanno costituito un riferimento
mondiale di categoria, come i marmi colorati Crema Marfil, il Nero Marquina, il
Rosso Alicante. Di una certa importanza anche i marmi cristallini bianchi e
gialli di Macael. In tema di graniti, il paese è nel ristretto novero di
produttori-top, con una gamma di colori soprattutto classici (rosa, grigi:
Rosa Porrino, Gris Mondariz, Berrocal, Gris Quintana, Galizia, Real, Blanco
Cristall, tutti ricadenti nella famiglia degli “uniformi”. Pressoché assenti i
graniti venati.
–
Grecia
La Grecia copre esclusivamente il comparto marmi 1, dei quali è
1
Per una descrizione esaustiva sulla storia dei vari marmi greci si veda “Brief historical data about some
greek marbles”, in Marmaro net.com, annual edition 2007 for Marmomacc Verona, Athens (Greece),
pagg. 50-74.
300
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
estremamente ricca; da alcuni anni è ai vertici nella produzione di marmi
bianchi, storicamente molto importanti per il loro impiego in numerose
opere monumentali del passato (Naxos, Thassos, Pentelicon, Dyonissos, Kavala,
Paros), cui affianca altri materiali di grande interesse (Verde Tinos, Rosa Egeo,
Verde Larissa)2.
–
Francia e Belgio
Francia e Belgio sono produttori storici, il primo sia di marmi sia di graniti
(da ricordare il granito grigio Tarn, i marmi Rosso Languedoc ed Incarnai, i
vari Napoleon, i graniti della Bretagna, i graniti rosa e grigi dei Vosgi, e le
numerose pietre), il secondo soprattutto di marmi e limestones (ben noti i
famosi Rouge Royal e il Nero Belgio, alias Petit Granit).
–
Portogallo
Il Portogallo è il paese che ha registrato sensibili incrementi negli ultimi
anni e che deve la sua fama, in ambito internazionale, soprattutto al
marmo rosa delle zone di Vila Vicosa-Vigaria. Nutrita la gamma dei
materiali calcarei (beige, rosati, biancastri: Alpinina; Verde Viana); un pò
più ridotta la gamma dei graniti (Cinzento, Aveiro) tra cui, per anni, ha
spiccato il Saint Louis.
–
Germania e Regno Unito
La Germania, al pari del Regno Unito, consuma una buona aliquota dei
materiali che produce, con il risultato che questi non hanno così vasta
diffusione su scala mondiale. Spiccano, in Germania, molte pietre, alcuni
graniti ordinari (grigi) ed alcuni limestones di colori comuni (beige, marroni;
Solnhofen); nel Regno Unito numerose sandstones e qualche granito di colore
classico.
2
I marmi greci apprezzati in ambito internazionale sono 108 ed oltre i famosi bianchi vi sono molte
tonalità grigio cenere, rosa, rosso, verde e travertini ed onici chiari. Per citarne alcuni: Bianco di Pendeli,
Greco livido, Grechetto Duro, Naxos, Imeto Antico, Marmo di Agrilesia, Giallo Tigrato Antico, Greco Duro Antico,
Greco Giallognolo, Marmo Nero Antico, Marmo Giallo Antico, Rosa Empire, Rosso di Eretria, Brecciato Rosso
Antico, Skyros Marble, Marmo Cipolino Antico. (Fonte: “Brief historical data about some greek marbles”, in
Marmaronet.com, annual edition 2007 for Marmomacc Verona, Athens (Greece), pagg. 50.).
301
CAPITOLO 9
–
Scandinavia
Storicamente, sono molto importanti, nonché da tempo consolidate, le
produzioni silicee dei paesi dello scudo Scandinavo: Carmen Red, Balmoral e
Baltic Brown dalla Finlandia; i rossi (Tranas, Vanga), il Royal Mahogany, il nero
(AKF) della Svezia, il prestigioso Labrador della Norvegia.
–
Ex-Jugoslavia
Ex-Jugoslavia in cui si estrae il marmo bianco Sivec, materiale di importante
conoscenza e diffusione.
–
Turchia
La Turchia è leader nell’Europa orientale e sud–orientale, di cui spicca la
consistente produzione marmifera (Afyon, Rosalia, Salomé, Striati di Marmara,
Rosso Lepanto, Dove, Cremo Bello, Cremo Supremo, travertini della zona di
Denizli, etc.).
–
Russia,
Ucraina,
Repubblica
Ceca,
Slovacchia,
Ungheria,
Romania, Albania
Nell’Est Europa spicca tutta una nuova schiera di materiali, sia calcarei
sia silicei, dell’Est non comunitario. In testa Russia e Ucraina (Rosso
Santiago, Rosso Toledo, Artic Blu); a ruota Repubblica Ceca e Slovacchia (calcari vari, graniti grigi), Ungheria (marmo rosso, marrone), Romania
(marmo cristallino rosa, marmi bianchi), Albania (marmo rosso, brecce).
9.1.2 Pesi Extraeuropei
Non si può non iniziare se non citando i tre paesi a maggior
produzione di cava cui si è affiancata anche la maggior trasformazione
negli ultimi anni, ovvero Cina, India, Brasile.
302
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
–
Cina
La Cina è pervenuta in pochissimi anni, ad un numero sbalorditivo di
materiali prodotti, sia calcarei che silicei, di cui spesso è anche molto
difficile controllare la continuità, la reale esistenza e disponibilità sulle piazze
ed i circuiti di distribuzione. Tra le categorie rappresentate, scarsa quella dei
graniti venati. Pressoché nessun materiale cinese ha una posizione
internazionalmente consolidata, tuttavia la produzione complessiva è
troppo elevata per non farne menzione in sede di sintesi mondiale.
–
India e Brasile
India e Brasile3 sono, per antonomasia, produttori di graniti che hanno in
quantità e varietà impressionanti; ciò che contraddistingue i due paesi è
l’estrema varietà di graniti “orientati” e “venati”, che sono pressoché offerti
in tutte le tonalità e che, date le loro ottime caratteristiche, hanno una
ampia diffusione mondiale. Alcuni nomi, a puro titolo di esempio: Verde
Marina, Kashmir White, Rambow, Multicolor, Paradiso Bash, Cobra, Tiger Skin, Vizag,
Orissa Blue, provenienti dall’India; Verde Eucalipto, Giallo Veneziano, Marron Cafe,
Tropical, Samba, Maritata, Candeias, Juparanà, provenienti dal Brasile. A questi
devono essere aggiunti prodotti di grande pregio, come i graniti rossi classici Imperial Red e New Rubin indiani, il Capao Bonito brasiliano , i graniti gialli,
in cui il Brasile primeggia (Giallo Antico, Amarelo Real), i graniti e le quarziti
blu (Azul Bahia, Azul Macaubas, Brasile), graniti marroni (Caffé Bahia, Brasile)
ed il richiestissimo marino Verde del Rajasthan indiano.4
–
U.S.A. e Canada
Sul fronte del Nord America, dal Canada e dagli U.S.A. provengono
soprattutto graniti (Caesar White, Solai White, Silver Cloud, Dakota Mahogany,
3
Per l’elenco completo delle pietre disponibili brasiliane si veda “Brazilian exporters catalogne of natural
dimension stone”, anni vari ma si consiglia il 2007 e 2008, con elenco anche di tutti gli operatori brasiliani
e stranieri in Brasile, reperibile al sito www.stonesquality.com.br
4 Per una descrizione delle sandstones indiane si veda l’articolo “Indian Sandstone: the stone with universal
appeal” in Stone Panorama-The Global Magazine of Dimension Stone Industry, n.3 July 2008, pagg. 55-62.
www.stonepanorama.com
303
CAPITOLO 9
Rosso Texas –U.S.A.; Polichrome, Autumn Brown, New Caledonia – Canada),
cui si associano i famosi marmi cristallini del Vermont (bianchi, grigi, verdi).
Messico
–
Dal
Messico
giungono
marmi
bianchi,
neri
e
travertini
esportati
massicciamente negli Stati Uniti.
–
Cuba, Guatemala, Repubblica Dominicana
Vivace è la produzione dei paesi del centro America, che tuttavia, hanno
una diffusione circoscritta ad ambiti locali (marmi cristallini e colorati di Cuba;
marmi verdi e bianchi del Guatemala; alcuni marmi beige e pietre dalla
Repubblica Dominicana).
–
Argentina, Uruguay e Perù
Tra i paesi del Sud-America, Brasile a parte, di cui si è già riferito, per la
rilevanza della varietà e della produzione, il ruolo più storico spetta
all’Argentina, con il granito rosso Sierra Chica ed altri materiali subordinati
(granito Rosa del Salto, il marmo azzurro Azul Cielo, il porfido grigiastro dei
Neuquen), seguita dall’Uruguay con i suoi graniti neri e dal Perù (porfido Verde
Speranza).
–
Iran
In area medio-orientale è da menzionare, in primis, la produzione iraniana,
un esempio di sottovalutazione produttiva (dati ufficiali errati), essendo in
realtà il paese uno dei più grossi produttori al mondo di marmi; di vasta
diffusione sono i travertini colorati (rossi, gialli), i marmi non cristallini rosa
(Spring Rose, Lotus, Rosa Tea), ed una infinità di limestones beige.
–
Siria, Arabia Saudita e Pakistan
Grosse sottostime produttive sono da attribuire anche alla Siria, neanche
figurante nelle liste ufficiali, in cui è attestata una buona produzione di marmi e
limestones, mentre una certa diffusione si registra per alcuni graniti sauditi
(marrone di Najaran, Violetta) e per gli onici verdi pakistani.
304
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
–
Turkmenistan, Kazakistan, Armenia, Uzbekistan
Ancora mai quantificabili ufficialmente, ma di grande portata, le attività del
Turkmenistan, Kazakistan, Armenia, Uzbekistan e paesi limitrofi, nei quali si è
registrato un vero e proprio boom del lapideo.
–
Vietnam, Filippine, Malesia, Tailandia, Taiwan, Indonesia,
Giappone, Corea del Sud, Sri Lanka
I paesi dell’Estremo Oriente costituiscono uno dei poli mondiali dove il
settore lapideo ha registrato impulsi elevatissimi; Vietnam, Filippine,
Malesia,
Tailandia,
Taiwan,
Indonesia,
unitamente
ai
consolidati
Giappone e Corea del Sud, propongono una sconfinata gamma di marmi,
limestones e graniti a coprire pressoché tutte le tonalità di colore (marmi
verdi della Tailandia, marmi bianchi e verdi di Taiwan; marmi colorati della
Malesia, marmi colorati e molti limestones lucidabili delle Filippine, etc.). Molti
di questi materiali alimentano un circuito esclusivamente asiatico, che,
sebbene non esteso a scala mondiale, non si può certo definire ristretto,
e stanno estendendo la loro influenza ad aree sempre più vaste. La Corea
del Sud, in cui si estraggono quantità pressoché equivalenti di marmo e di
granito, opera perlopiù su un circuito commerciale ristretto ai paesi
limitrofi (Hong–Kong, Giappone, Singapore) e la sua produzione
raggiunge limitatamente i grandi mercati consumatori. Da non
dimenticare anche lo Sri Lanka, i cui graniti venati (Shanaka White) hanno
avuto però maggior diffusione qualche anno fa.
–
Sudafrica, Egitto e Zimbabwe
Nel continente africano, tre sono i paesi che, da sempre, garantiscono una
produzione rilevante con continuità ed affidabilità, il Sudafrica, l’Egitto
e lo Zimbabwe, anche se, recentemente, una cospicua parte del
continente “nero” si è fortemente interessata al mondo lapideo.
Il Sudafrica è il maggior produttore di granito nero al mondo (Nero
Africa e Nero Assoluto) cui affianca altri ottimi graniti (African Red, Crystal Brown,
305
CAPITOLO 9
Lilac Fontaine).
L’Egitto vanta una estesa gamma di graniti (grigi, rossi, rosati), cui si
affiancano il noto porfido, marmi beige (il Galala), brecce (Fawakir) ed altri
prodotti di cromatismi vari.
Lo Zimbabwe ha raggiunto anch’esso cospicui livelli di produzione con
un granito nero (Nero Zimbabwe).
–
Angola, Namibia, Zambia, Marocco, Tunisia, Kenya, Etiopia,
Nigeria
Quote produttive non trascurabili, e con materiali spesso di buon livello
qualitativo, provengono anche dall’Angola (granito nero), dalla Namibia
(Karibib, Duna), dallo Zambia (granito Blue King), dal Marocco (Violet
Moresque, Agadir, travertini, Saint Florient), dalla Tunisia (marmi beige). Subordinate,
ma conosciute, le produzioni malgasce (Ambatomanga), keniote (marmo
azzurro Blue Star), etiopi (limestone di Mossobo, cristallini Boca). Molto vivace, ma
ancora in embrione su scala mondiale, la Nigeria.
–
Australia
L’Australia, infine, è relativamente poco nota per i propri materiali sui
mercati internazionali, anche a causa della sua lontana posizione
geografica. Si hanno produzioni consistenti di sandstones, disponibili in
numerose varietà, di graniti neri, di basalto e di slates. Pressoché assenti i marmi.
I numerosi paesi non menzionati non sono necessariamente
produttori di secondo piano; più semplicemente, non hanno ancora
introdotto con forza e stabilità un qualche materiale, in forma continua,
né in circuiti regionali né nel grande circuito del commercio
internazionale, mentre sono stati citati anche quei paesi che anche con
un solo materiale sono riusciti a penetrare mercati esteri, sviluppando
così il complesso meccanismo dell’export e di tutto ciò che all’export è
legato.
306
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.2 Panoramica introduttiva dello scenario lapideo mondiale
9.2.1 Il mondo della pietra ed il suo commercio5
La congiuntura economica, nel corso del 2007e 2008, non è stata immune
da fattori critici che hanno investito alcuni mercati di rilievo, ma ciò non
ha impedito al settore lapideo di progredire ulteriormente, e di assumere un
ruolo sempre più importante nello sviluppo produttivo e distributivo
mondiale,
ascrivendo
nuove
crescite
di
estrazione,
trasformazione,
interscambio e consumo, e confermando una tendenza ormai consolidata, in
atto da almeno un ventennio. Le motivazioni di questo successo, che
presiede ad un’espansione costante, sono note:
• il carattere naturale della materia prima,
• la sua riconosciuta competitività tecnologica ed estetica,
• il continuo adeguamento di macchine e beni strumentali alle esigenze
di marmisti ed utilizzatori,
• e la crescente preferenza di progettisti ed imprese edili
Questi appena citati sono fattori fondamentali, ma la pietra, per fare la
differenza, può contare su qualcosa di più:
• una professionalità creativa come poche,
• una tradizione millenaria,
• ed il carattere originale se non anche irripetibile, di un ventaglio
dell’offerta molto ampio ed in crescita.
I consuntivi del 2007 e 2008, in genere, attestano l’esistenza di espansioni
diffuse, che possono essere sintetizzate in due cifre fondamentali:
5
Le statistiche per tutto il capitolo, di cui oltre ad avere di volta in volta la fonte relativa, sono
reperibili nel database di “Stone Sector” e di “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con Il Sole 24 Ore,
a cura di C. Montani e nel database di IMM Carrara – Internazionale Marmo e Macchine Carrara, in
www.immcarrara.it/stat
307
CAPITOLO 9
–
un giro d’affari nell’interscambio mondiale che ha superato i 15
miliardi di dollari,
–
ed un consumo complessivo nell’ordine dei 1.100 milioni di metri
quadrati, riferiti allo spessore convenzionale di centimetri 2.
Sono risultati che, qualora ve ne fosse stato bisogno, mettono in evidenza
l’idoneità della pietra a farsi strumento di sviluppo, tanto più che la sua crescita
è stata notevolmente superiore a quella del sistema economico mondiale,
sottolineando anche in tal senso che il settore lapideo è in grado di
confrontarsi a tutto campo con i problemi della mondializzazione.
Quello di marmi e pietre è un contesto speciale, decisamente di nicchia,
dove l’avanzamento conseguito grazie alla ricerca sperimentale ed alle
politiche di “know-how” e di servizio ha contribuito in misura
significativa al contenimento dei costi, all’ampliamento dei consumi ed
all’ottimizzazione dei rendimenti e della sicurezza; ne consegue una logica
opportunità di rivolgere adeguate attenzioni oggettive ai maggiori problemi
tuttora insoluti, ad iniziare da quelli della dotazione di infrastrutture funzionali,
della disponibilità di servizi congrui e della stessa promozione e
soprattutto, sulla necessità di soluzioni tempestive ed esaurienti, in funzione
delle diverse attese nazionali e locali.
Lo sviluppo lapideo, anche nel corso degli ultimi due anni, è stato
contraddistinto da progressioni di ampia disomogeneità geografica e
dall’ampliamento delle escursioni che dividono i paesi leader da tutti gli altri.
Oggi, i produttori di rilievo determinante, che partecipano all’escavazione
mondiale di marmi e pietre con un volume superiore al milione di
tonnellate nette in ragione annua, sono una decina e cioè quelli di sempre, e
la loro incidenza ponderale appare consolidata, sfiorando i tre quarti di un
volume complessivo pari ad oltre 38 milioni di metri cubi: ciò, in quanto i paesi
trainanti, guidati dalla Cina e dall’India, cui si aggiungono con forza non meno
accentuata la Turchia, il Brasile e l’Iran, hanno manifestato una spiccata
disponibilità ad investire, nettamente superiore a quella dell’Europa, e quindi
308
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
una vivace propensione a conquistare spazi sempre maggiori di mercato.
Contestualmente, sia per livelli di prezzo sia per ottimizzazione
progressiva della qualità, è cresciuto il gradimento dei materiali
prodotti da questi paesi da parte dei maggiori acquirenti e consumatori
di manufatti: in primo luogo, nonostante i nuovi fattori critici di cui si è
detto, i mercati tradizionali di Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone,
Unione Europea, e più generalmente, tutto il mondo sviluppato.
Creatività e fantasia hanno fornito a marmi e pietre uno strumento
importante per affermarsi sul mercato mondiale, nonostante la
concorrenza, quantitativamente molto più forte, dei materiali
alternativi, ed in primo luogo della ceramica e del grès porcellanato,
il cui sviluppo, tuttavia, procede da diversi anni con tassi non
superiori a quello lapideo. Questo fattore, per taluni aspetti, ha trovato
applicazione anche nelle tecnologie, dove la produttività delle macchine
è in espansione fisiologica alla luce di progettazioni più mirate e di una
collaborazione più sistematica col mondo dell’utensileria, nel quadro
di valutazioni, per quanto possibile capillari, di problemi ed esigenze
della clientela. In questo ambito, l’apporto che i costruttori italiani di
macchine ed impianti hanno dato e stanno dando allo sviluppo del
mondo lapideo è insostituibile, sebbene la loro quota di mercato, a
somiglianza di quanto è accaduto per i materiali, abbia fatto
registrare nel 2007 un’ulteriore elisione, attestandosi attorno ad un
terzo ma correggendo tale decremento col nuovo massimo storico
del prezzo medio per unità di prodotto, prossimo ai 900 euro a
quintale, e sostanzialmente in linea con quelli della concorrenza.
Un mercato globale come quelli della pietra e delle sue tecnologie è
molto selettivo, ma nel 2007 hanno trovato rinnovata conferma
parecchi spunti di maggiore attenzione nei confronti della qualità e del
suo rapporto col prezzo, alla stregua di esigenze di gestione produttiva
non
meno
importanti
di
quelle
distributive.
L’affermazione,
309
CAPITOLO 9
certamente valida per le macchine ed i beni strumentali, è valida
anche per i materiali, sia grezzi sia lavorati, dove la tendenza
ribassista perseguita per un decennio dall’export cinese ha lasciato
definitivamente il passo, ormai da quattro anni, a progressive rivalutazioni,
sebbene la competitività dei suoi manufatti lapidei rimanga inattaccabile
anche da parte dei maggiori paesi in via di sviluppo, ed in primo luogo
India, Turchia e Brasile. Gli altri produttori hanno trovato maggiori
occasioni distributive nei rispettivi mercati domestici ed in quelli
contigui, ma prima ancora, nella ricerca della qualità totale, con
particolare riguardo a quella dei lavori speciali ad alto valore aggiunto.
E’ sempre più chiaro come in tempi relativamente brevi il comparto
lapideo abbia conosciuto una profonda modificazione strategica, in cui le
crescite quasi esponenziali dei nuovi paesi leader hanno trovato
risposte simmetriche in una domanda molto disponibile, senza
dire che il consumo unitario del mondo resta molto basso,
soprattutto fuori d’Europa, sottolineando anche per questo aspetto
l’ampiezza delle ulteriori potenzialità di espansione. Oggi non ha
molto senso, se non dal punto di vista formale e da quello della pur
significativa valenza statistica, discutere sui frequenti sorpassi a
danno dei vecchi protagonisti, da parte dei nuovi astri del mondo
lapideo e di quello tecnologico; è importante, invece, che nelle
strategie settoriali dell’Unione Europea e di altre realtà in fase statica
venga accolta la difesa dei livelli produttivi e distributivi già conseguiti,
in primo luogo attraverso adeguati investimenti nell’aggiornamento
impiantistico e nella promozione.
Del resto, i mercati hanno già dimostrato di evolversi verso una logica di
produzione, e soprattutto di impieghi, basata non tanto sulla
mondializzazione quanto sulle affinità di aggregati statuali contigui, come
nei
casi
tipici
concentrazione
310
dell’Europa
o
dell’interscambio
dell’Estremo
lapideo
ha
Oriente,
dove
raggiunto
la
livelli
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
straordinari, tanto più che la struttura portante degli ordinativi è
costituita, soprattutto nella prima fattispecie, da commesse medie e
piccole, inadatte ad approvvigionamenti di ampie dimensioni. Ciò
vuol dire che nel mondo lapideo, al pari di quanto accade in altri
settori, c’è sempre posto per tutti e che le soluzioni dei problemi
aziendali non sono necessariamente ravvisabili nelle strategie di
localizzazione alternativa.
La pietra viene dai millenni più lontani, e può contare su referenze
difficilmente iterabili anche per quanto riguarda la prova più ardua,
quella del tempo. In tale ottica, il suo sviluppo sistematico, che
coinvolge in misura sostanzialmente analoga tutte le componenti
merceologiche maggiori, dal granito al marmo, o dall’ardesia al
travertino, non è frutto del caso, né tanto meno di occorrenze obbligate
per mancanza di alternative, ma corrisponde a bisogni universali e
certamente crescenti della progettazione e soprattutto, della committenza.
9.2.2 Quadro storico mondiale: paesi esportatori solo di grezzi, di grezzi e
lavorati, i consumatori
Diversi cambiamenti hanno segnato il settore nel corso di questi ultimi
anni. A partire dal 1997, l’evento più importante soprattutto per il distretto
lapideo veronese e, ancor più, per quello apuo versiliese, è stato senza dubbio
il crollo nell’estate di quell’anno delle borse estremo orientali, con la
conseguente chiusura progressiva, rapida e senza immediate speranze di
ripresa, dei mercati collegati con il settore edile, uno dei settori a maggior peso
nella bolla speculativa di alcuni paesi coinvolti dalla crisi. Nella maggior parte
dei casi, si trattava di paesi verso i quali il più rilevante peso dell’export
nazionale era dovuto ad aziende del distretto veronese e tosco ligure, e verso i
quali si indirizzava soprattutto l’export di graniti semigrezzi e lavorati prodotti
311
CAPITOLO 9
in Italia. La crisi ha quindi picchiato, specialmente in termini di valore, sulle
spalle delle aziende locali ed in buona parte si trattava di aziende che
operavano di preferenza con i materiali silicei. Una crisi che si è aggiunta,
relativamente all’area dell’Estremo Oriente, alla chiusura del mercato
giapponese6 progressivamente operata a partire dal 1992, e alla quale si è
sommata l’aggressività crescente del nuovo produttore, quel nuovo gigante del
settore che è la Cina. La Cina nel corso di pochissimi anni si è proposto come
il produttore maggiore di materia prima lapidea nello scenario internazionale.
Forse non tutto il materiale che verosimilmente vi si scava viene destinato ad
un uso finale competitivo con i materiali prodotti dagli altri paesi tradizionali e
nuovi che operano nel settore a livello internazionale; e una parte di questo
materiale viene consumato probabilmente in modalità più modeste di quelle
alle quali pensiamo abitualmente, quando pensiamo ai blocchi di marmo, di
granito o di altre pietre simili. Ma si tratta comunque di una produzione e di
un consumo che transitano nel mercato e che contano nel panorama di areale,
al punto che la Cina nel corso degli ultimi due o tre anni è diventata il primo
fornitore di materiale finito, granito per la stragrande maggioranza, per paesi
vicini come il Giappone, per mercati come il suo proprio interno, ed è sbarcata
negli Stati Uniti, in Europa e in quella Germania che nel 2000 ha comprato
dalla Cina l’esatto ammontare di granito che non ha comprato più da Italia e
Spagna, segnando una data molto singolare e pericolosa per le industrie lapidee
europee.7 Nel grafico che segue, spicca il trend di crescita aggressiva della
Cina8 nel mercato tedesco a scapito delle importazioni dall’Italia e soprattutto
dal Distretto del Marmo di Verona.
6 Il mercato nipponico è cruciale nella modifica dell’interscambio, poiché la sua espansione degli anni
’80 ha comportato alcune conseguenze sulla modificazione dei flussi internazionali: la crescita della
domanda interna di grezzo e lavorato, ha, infatti, comportato come conseguenza il decollo di alcuni
paesi dell’Estremo Oriente. Per esempio la Corea del Sud e la Cina, paesi già dotati di attrezzature e
materie prime, hanno trovato nel Giappone un’occasione per il decollo delle loro esportazioni, mentre
per l’India e Taiwan, il Giappone ha rappresentato un mercato di ulteriore espansione. (Fonte:
Montani Carlo, “Stone 2003”, Faenza Editrice, pagg. 143-144.).
7 Fonte: Napoli Silvana, “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, Carrara, pagg. 13-14-15.
8 L’Italia, che nel 1988 era l’unico paese che destinava una parte molto consistente dei materiali
importati al ciclo “importazione materia prima – trasformazione - esportazione del prodotto finito”,
312
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Grafico n.72:
Importazioni tedesche di lavorati e finiti in granito, migliaia di
tonn.
800
600
400
200
0
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Cina
Finlandia
India
Italia
Polonia
Portogallo
Spagna
Totale
Paesi Bassi
Fonte: propria elaborazione su dati IMM - www.immcarrara.it/stat
La Cina9 ha ottenuto durante gli ultimi 15 anni uno straordinario
incremento sia nei consumi interni sia nelle esportazioni; è un paese che
possiede immense riserve lapidee, per varietà e per quantità e che sta
dimostrando di finalizzare l’utilizzo delle proprie risorse al perseguimento di
obiettivi commerciali di lungo periodo per quello che riguarda lo sviluppo di
tecnologie ed infrastrutture produttive (che sono in netto miglioramento
tecnologico), ma anche di breve periodo, inondando il mercato internazionale
con prodotti a bassissimo costo. Questa politica ha creato un progressivo
cambiamento degli equilibri internazionali dei prezzi dei lapidei poiché, ad un
aumento seppur minimo nelle quantità importate in un determinato paese, fa
da bilancia una diminuzione del valore delle importazioni stesse, indicative di
poi si sono aggiunti altri due paesi, Spagna e Taiwan ed ora è emblematica la posizione della Cina, che
da paese esportatore di materiale grezzo per poche migliaia di tonnellate, nel giro di venticinque anni è
diventato il primo estrattore (di materiale grezzo), il primo esportatore di prodotti finiti in pietra e, da
qualche anno, il primo trasformatore. (Fonte: “L’Informatore del Marmista”, mensile di tecnologia e
applicazioni lapidee, Giorgio Zusi Editore, Verona, n. 123, pag. 68.)
9 Cina tra il 1992 e 1998: “ Non solo la produzione di materia prima è quintuplicata rispetto il 1992,
con un’economia che cresce in generale ad un tasso medio annuo del 10%, ma anche le esportazioni di
prodotti finiti, in prevalenza granito, sono aumentate negli ultimi 5 anni di circa il 70% e la quasi
totalità è diretta verso il mercato nipponico. Tuttavia nell’ambito del mercato suddetto, la Cina
presenta un ventaglio di offerte qualitativamente inferiore a quella dei produttori e trasformatori
tradizionali, Italia al primo posto”. (Fonte: NAPOLI S., “Settore lapideo 1997. Industria italiana e
congiuntura internazionale”, 1998, pag.53.) Ora la Cina è riuscita a ridurre notevolmente questo gap e l’
Italia è completamente uscita dal mercato giapponese come fornitore.
313
CAPITOLO 9
un crollo dei prezzi a livello mondiale causato dalla competitività appunto della
Cina.
Non è la sola novità: altre realtà nuove si sono affacciate, introducendo
momenti nuovi di dialettica interna al settore, e movimentando il quadro
complessivo. Produttori che si sono affacciati solo di recente come l’Iran10
hanno già indotto livelli nuovi di competizione, che hanno toccato, da vicino
sia alcuni paesi di recente ingresso nel panorama internazionale, come la
Turchia, sia produttori più storici e tradizionali come l’Italia e la Spagna. Si è
trattata di una competizione basata sui prezzi e sui fattori di costo inizialmente,
cui si sono aggiunti elementi di marketing, di politica di mercato avanzati,
sistemi di lavorazione sempre più tecnici/tecnologici e qualità produttiva. Ma
non è detto che le cose si fermino a questo. E’ interessante anche rilevare
come si affaccino allo scenario internazionale con maggior protagonismo
alcuni altri paesi che da sempre hanno utilizzato la pietra al loro interno, ma
che soltanto da poco la stanno riscoprendo in termini economici avanzati e a
sfruttamento più intensivo. Ci si riferisce a paesi come l’Egitto, nell’area
mediterranea, e al Vietnam nel Sudest Asiatico. L’Egitto in particolare si
inserisce in un quadro che vede tutto il Nord Africa assumere un ruolo nuovo
lentamente ma progressivamente, un ruolo più complesso e completo, che
vede i paesi che si affacciano sul Mediterraneo sia in veste di produttori ed
esportatori di marmi e altre pietre, sia di consumatori e importatori degli stessi
materiali. Non ci sono ancora cifre elevate, o numeri strabilianti, ma il trend è
apprezzabile e non ha conosciuto recentemente oscillazioni e incertezze,
nonostante le preoccupanti vicinanze con un bacino di instabilità permanente
come l’area israeliano palestinese. L’Egitto è diventato dal 2005 il primo
fornitore di calcari grezzi per la Cina che li trasforma e vende nel proprio
ampio mercato interno ed in tutti i mercati del continente asiatico.
10 L’Iran è attualmente il quarto paese produttore in ordine di importanza. La sua presenza
significativa tra i paesi produttori di materiali lapidei è comunque piuttosto recente. In Iran vi sono
molti giacimenti di travertini colorati che hanno conquistato tutti i mercati: i più apprezzati sono il
travertino rosa, rosso, giallo e gli onici.
314
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Il mercato internazionale è abbastanza dominato dalla turbolenta crescita
della regione asiatica, la quale, vuoi per l’elevato numero di paesi, vuoi per ciò
che il settore lapideo sta subendo in ognuno di essi, finisce per essere uno dei
maggiori interlocutori, se non il principale, per ognuno dei paesi produttori, sia
esso di grezzo, di semilavorati o prodotti finiti.
La continua proposizione di sempre nuovi materiali (la Cina11 vanta ben
più di 1000 tipologie di pietre ornamentali) e l’affacciarsi di nuovi produttori
ed esportatori, implica la costante e progressiva erosione, da parte dei nuovi
soggetti, di quote di mercato che, fino a pochi anni fa, erano totale
appannaggio dei paesi “storici” del settore. Inoltre, i paesi che erano solo
produttori di materia prima, grazie al facile trasferimento del know how
attraverso i macchinari per la lavorazione dei blocchi, si stanno trasformando,
come è il caso della Cina, India, Brasile, Messico e Turchia, in paesi
trasformatori a discapito dell’Italia che fino ad una decina di anni fa deteneva il
primato nella trasformazione lapidea. Questo fenomeno è denominato
“regionalizzazione” della produzione e dell’interscambio: si assiste ad un
accorciamento della catena distributiva, alla creazione di “poli” e ad una
“circuitazione” sempre più locale dei materiali, soprattutto per il granito, sia
esso grezzo che semilavorato. In altre parole, grazie a numerosi fattori
geografici, politici, economici, ecc., si ha, numericamente, una maggior
circolazione di materiali, alla quale corrisponde però una minor circolazione
nel senso delle distanze. Questo genera una erosione del complesso di attività
import-trasformazione-export, con un lento, ma oggettivo ridimensionamento
del ruolo di quei paesi che hanno fortemente sviluppato detto ciclo. Molto più
che in passato, alcuni paesi stanno diventando dei gestori del consumo altrui,
non limitandosi così ad essere essi stessi consumatori. In questo quadro,
peraltro mutevole, è comunque possibile istituire dei supergruppi, che, per
11
I dati della Cina, stimati per difetto, nel lontano 1997, dichiarano oltre 1.000 varietà diverse di
marmi e graniti. Le cave erano stimate in 8.000, in 13.000 gli impianti di trasformazione e in 2 milioni
gli addetti nel settore. (Fonte: NAPOLI S., “Settore lapideo 1997. Industria italiana e congiuntura
internazionale”, IMM Carrara, 1998.).
315
CAPITOLO 9
sommi capi, attribuiscono ai principali paesi un ruolo all’interno del settore
lapideo.
1) Esportatori di grezzo
Un primo grande gruppo è costituito da paesi fortemente esportatori di grezzo
e vede in primo piano, non in ordine di importanza, Brasile, Cina,
India, Sud Africa, i Paesi Scandinavi, Spagna, Portogallo; in subordine,
U.S.A., Canada ed altri. Questi paesi producono quantitativi di materiali
grezzi da medi a molto elevati, che vengono destinati in quote
significative all’esportazione; la domanda del mercato interno viene
soddisfatta con l’impiego di materiali locali e ricorrendo ad
importazioni di prodotti finiti. Molti di questi paesi tendono a
mantenere sia le posizioni che hanno raggiunto sia il ruolo di
esportatori di grezzi che sempre hanno svolto; alcuni, pur esportando
molto, hanno caratteristiche (Portogallo, Cina, Spagna, Brasile da pochi
anni, tra quelli sopra citati) che ne consentono l’inclusione in un secondo
gruppo un po’ più eterogeneo, costituito da esportatori di grezzi e lavorati e
sempre maggiori consumatori del prodotto lapideo.
2) Esportatori di grezzi e lavorati
I paesi appartenenti a questo secondo gruppo registrano buone
produzioni di grezzo finalizzate, anche in questo caso, all’export, però
l’esportazione non si limita al blocco grezzo; un continuo incremento
della capacità di trasformazione (acquisto di macchinari, creazione di
impianti e laboratori) permette loro di aumentare progressivamente la
quota di esportazione di
lastrame grezzo e lucidato, nonché dei
prodotti finiti nelle tipologie di più corrente uso. Essi possono
generalmente contare su un buon consumo interno che spesso
soddisfano coi propri materiali, ma anche importando significative
quote dall’estero che lavorano in loco. In questo secondo gruppo
316
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
ricadono realtà geografiche da tempo consolidate in campo mondiale
come Spagna, Portogallo, Turchia, Grecia, Corea del Sud, Taiwan,
unitamente ad altri paesi ad evoluzione molto veloce, per quanto
concerne trasformazione e mercato interno, come Cina, India, l’intero
Est asiatico e Brasile.
3) I mercati di sbocco
Un terzo gruppo comprende tutti quei paesi che costituiscono i mercati
di sbocco, ovvero i paesi fortemente consumatori di marmo e granito. Ne
sono importanti rappresentanti gli U.S.A.12, Hong Kong, gli Emirati
Arabi, la Germania, il Giappone, l’Inghilterra, l’Arabia Saudita,
Singapore, la Francia e il Belgio. E’ questo un gruppo dal panorama
mutevole e fluido, nel quale sono presenti realtà e situazioni dagli
sviluppi spesso imprevedibili e di ampia portata. All’interno di esso è
necessario distinguere tra consumo di prodotto finito, che qualifica un
paese solo come consumatore, e consumo di prodotto grezzo o semilavorato, nel qual caso il paese, sia che produca grezzo, sia che lo
importi, è anche trasformatore e, eventualmente, un consumatore.
E’ utile segnalare che quasi il 60% delle importazioni di lavorati è
concentrato in cinque paesi, Giappone, Germania, U.S.A.13, Cina ed
Arabia Saudita, il settore edilizio dei quali assume quindi un’importanza
fondamentale su scala mondiale. Il Giappone, in particolare, si segnala
anche per il suo elevato livello di importazione di materiali silicei grezzi
e semilavorati. Il Giappone è stato il trampolino di lancio della Cina
poiché il paese del Sol Levante ha diminuito sempre più le importazioni
di finiti dall’Italia e Spagna, prediligendo quelli a minor costo della Cina.
Significativamente diversificate le dinamiche commerciali: numerosi
12 Gli Stati Uniti e la Svizzera hanno un reddito pro-capite a livelli superiori di oltre sei volte nei
confronti della media complessiva: ciò significa un potere d’acquisto estremamente elevato che
giustifica la richiesta di qualità di questi paesi. (Fonte: MONTANI C., “Stone 2003”, Gruppo Editoriale
Faenza, 2004, Faenza, pag.79).
13 Per i dettagli sul mercato degli U.S.A si veda paragrafo 9.3.14
317
CAPITOLO 9
paesi del Medio Oriente importano quasi esclusivamente marmi, sotto
forma di manufatti finali (Libano escluso che importa solo grezzo);
l’Arabia Saudita concentra nel prodotto finito la quasi totalità del suo
import, mentre gli U.S.A. ed Austria arrivano, in questo senso all’80%;
Taiwan dedica ai materiali calcarei meno del 10% delle sue attenzioni in
favore dei silicei. Gli U.S.A acquistano i loro prodotti un po’ da tutti gli
altri paesi mentre il Giappone concentra, a discapito dell’Italia, la
grande maggioranza (oltre il 90%) delle sue importazioni di lavorati da
Cina, India e Corea del Sud.
9.3 Il settore lapideo nel mondo
9.3.1 Il contesto attuale
Il settore lapideo ha beneficiato delle positive performance internazionali,
continuando nel segno di un’espansione che ormai è attiva da molti anni. Nella
dialettica tra paesi produttori e paesi consumatori si svolge l’espansione di una
attività che contribuisce alla complessiva crescita economica di regioni sempre
più diffuse e importanti, che contano sul settore per ampliare le loro
opportunità di progresso e per irrobustire i loro indici di crescita. Uno sguardo
all’elenco dei paesi che superano la soglia di importanza nella produzione e
nella trasformazione delle pietre, infatti, consente di apprezzare l’ampliamento
dell’offerta di pietre che al mercato dei consumatori si offre con una grande
facilità, ormai, e con condizioni di continuità e di accostamenti di utilizzo, che
potenziano a loro volta l’intero mercato dei prodotti lapidei.
La produzione di pietre per uso ornamentale, in cava, nel mondo, anche per
il 2006, 2007 e 2008 si è confermata come una attività significativa per i volumi
che impegna, e per il business che attiva. Sono ormai ben oltre la cinquantina i
318
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
paesi con una attività rilevante, e tecnicamente apprezzabile, e anche se i
“grandi” produttori rimangono sempre un novero ristretto in termini di valore
intrinseco dei materiali e di offerta significativa in volume, pure ogni anno
dobbiamo fare i conti con nuovi ingressi, con nuovi colori e texture, con
nuove qualità che si aggiungono alle precedenti. Accade anche che alcune
produzioni si esauriscano, o escano di mercato, o diventino fuori moda per un
qualche motivo, ma il saldo rimane attivo, sia per la scoperta di nuove offerte,
sia per la scelta da parte di nuovi soggetti di valorizzare le proprie risorse
geologiche. Così, vediamo affacciarsi con decisione una realtà recente come
quella cilena, che si presenta alla ribalta internazionale con materiali propri e
una industria estrattiva e di prima trasformazione giovane ma propositiva e
con belle prospettive. Il Cile affianca un’altra realtà di esperienza più lontana
ma di protagonismo ancora giovane come quella turca, che proprio negli ultimi
tre anni ha vissuto un momento di espansione rilevante su alcuni mercati
importanti per il consumo come quello nordamericano, e quello tedesco (par.
8.3). La specializzazione di questi due paesi – Cile e Turchia – è soprattutto sul
marmo, e su pietre calcaree, ed è anche grazie a paesi come la Turchia14 che
l’espansione quantitativa del mercato lapideo nel 2006 ha riguardato anche i
marmi, e non solo i graniti. Hanno svolto, infatti, un ruolo come sempre
significativo Italia, Spagna e Grecia, assieme a molti altri produttori, sia storici
che nuovi, in misura minore. Ma i graniti hanno vissuto un altro anno da
14
Turchia: i risultati più importanti sono stati raggiunti nell’esportazione, confermatasi come struttura
portante dell’ industria lapidea turca. Non a caso, il 2004 ha visto un ulteriore, forte incremento del
fatturato estero, che è cresciuto del 40,7%, portandosi a mezzo miliardo di dollari e confermando le
impressioni di chi ha ritenuto possibile il raddoppio a medio termine, e cioè, nel breve volgere di
cinque anni. (…) L’aumento più consistente è quello conseguito dai prodotti finiti di travertino, che
hanno costituito da soli il 42,8% dell’export turco in valore, con una crescita di oltre il 57% rispetto il
2003, mentre il marmo a messo ha segno un balzo del 37,5%. (…) L’industria turca può contare su
una propensione alla crescita caratterizzata da tassi asiatici, e non certo europei, favorita dalla
disponibilità di adeguati mezzi finanziari per l’import di tecnologie, segnatamente dall’Italia, nella sua
qualità di fornitrice tradizionale. (…) L’espansione della Turchia lapidea dura ormai da tempo ed ha
acquistato tutte le caratteristiche di trend ascendente, garantito da fattori essenziali come l’ampia
disponibilità delle risorse, le tradizioni irripetibili, l’elevato livello professionale e qualitativo, la politica
di servizio, e non ultima, la competitività dei prezzi sebbene lontani da quelli, cosiddetti impossibili,
della Cina o dell’India. (Fonte: “Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre
ottobre, 2005, Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21.).
319
CAPITOLO 9
grandi protagonisti dello scenario internazionale, con soggetti come Brasile,
India e Cina a fare decisamente da grandi macchine di produzione,
trasformazione e consumo e da grandi sostenitori dell’espansione mondiale del
mercato. Per un paese come la Cina, infatti, non vale solo il ruolo del grande
produttore, ma pesa molto anche il ruolo svolto come consumatore e
utilizzatore di tutto ciò che fa edilizia e costruzioni, e quindi anche di marmi,
graniti e altre pietre, da finitura e da arredo urbano e ornamento in genere: nei
paragrafi riportati in seguito darò lettura ed interpretazione del fenomeno
marmo, granito e relativi macchinari nel mondo.
9.3.2 Le escavazioni15
A livello generale, cominciando dalle escavazioni, un ulteriore aumento del
numero dei produttori si è accompagnato, anche in paesi già evoluti nel
settore, ad una ulteriore anche se non forte crescita generalmente diffusa delle
quantità estratte. Seguendo un criterio di mercato che appare ovvio, ma che in
realtà risulta essere estremamente selettivo, in funzione della domanda esterna
sono cresciute soprattutto le qualità più affermate e quelle più nuove, destinate
ai mercati che accolgono produzioni di pregio, o che cercano novità e
rinnovamento di offerta, mentre le produzioni più correnti sono rimaste più
stabili, e più facilmente destinate a mercati interni e di prossimità. Si rafforza
così quella dualità di mercato che vede produzioni sia di materia prima che di
lavorati molto qualificati e ricercati, da un lato, e materiali e prodotti più
correnti dall’altro. Crescono entrambi, ma su due binari paralleli, che alcuni
mercati e alcuni produttori ben rappresentano e quasi riassumono nel loro
andamento, mentre altri si presentano in maniera più mescolata, su entrambe
le facce della medaglia. A livello di areale, si vede riproporsi a livello elevato
come negli anni precedenti i consumi e gli interscambi regionali, per esempio
15
Sinonimi del termine “escavazione” sono “estrazione” e/o “produzione”; il termine “produzione” da solo
indica l’estrazione dei blocchi dalle cave mentre quando si ottengono lavorati o prodotti finiti viene
specificamente indicato “produzione di semilavorati o finiti”.
320
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
tra tutti i paesi del Mediterraneo, con Italia Spagna ed Egitto tra i maggiori
protagonisti, affiancati un po’ da tutta l’area della costa nord dell’Africa. Nella
zona nordamericana, assistiamo all’ulteriore intensificarsi degli scambi tra Stati
Uniti, Messico e Canada, affiancati poi da Brasile e altri produttori latini di
dimensioni minori, tutti molto concentrati sul grande consumatore USA.
Nell’area mediterranea, a differenza di quella americana, hanno un ruolo
importante gli scambi di materia prima, che soprattutto per l’Italia svolgono un
ruolo forte di integrazione delle esportazioni complessive, e risultano di
volume elevato soprattutto per alcune tipologie di materiale, come il bianco di
Carrara, che emigra in direzione dei paesi del nord Africa, principalmente
come materiale a valore medio contenuto. Tali prodotti, però, sono spesso
soggetti anche a scambi di più lungo percorso, soprattutto quando si tratta di
acquirenti che possono contare su un mercato interno di buone dimensioni, e
capacità di trasformazione ampia e a costi contenuti. Pensiamo, ancora, alla
Cina, che è tra i maggiori acquirenti di calcarei grezzi e semigrezzi proprio di
provenienza mediterranea o mediorientale: Italia, Egitto, Spagna, Turchia e
Iran sono i suoi maggiori fornitori attuali, e certamente la crescita è repentina
soprattutto da Egitto e Turchia, che divengono i primi fornitori in merito. Solo
l’import di graniti grezzi dall’India rimane superiore in termini di quantità, ma
la crescita su base annua è decisamente superiore nel caso dei due paesi
mediterranei. Non sorprende, d’altra parte, che la Cina importi con un
costante crescendo marmi dall’estero, visto che rimane il più forte produttore e
trasformatore di graniti a livello mondiale. Per le escavazioni è possibile
confermare la leadership cinese, che in questo campo rimane sempre forte e
non insidiata ancora, se non da lontano, da India e Brasile. Rimane la realtà di
un paese che importa materia prima ed esporta e consuma lavorati da e verso
tutto il mondo, conquistando ogni anno quote maggiori e traguardi nuovi, e
sostenendo una buona parte di quella crescita internazionale del settore, che si
rileva costantemente da molti anni. La Cina è primo produttore e
trasformatore di graniti ma non primo esportatore perché concentra il suo
321
CAPITOLO 9
export soprattutto sui lavorati finiti; inoltre la trasformazione per il suo
mercato interno e quello estero è tale da dover ricorrere a massicce
importazioni di blocchi grezzi.
La produzione mondiale delle cave di marmi e pietre ha fatto
registrare un ulteriore incremento anche nel 2007 e 2008, raggiungendo, al netto della quota maggioritaria di sfridi avviati a
discarica, un volume pari a 38,3 milioni di metri cubi, con una crescita
di oltre dieci punti rispetto l’anno precedente, mentre il ragguaglio
pro-capite è pervenuto a 0,17 quintali, con un aumento del 37 per
cento nei confronti del 2003. Detratti gli scarti di lavorazione, il citato
quantitativo grezzo si riduce a 22,5 milioni di metri cubi, in altre parole
a 61 milioni di tonnellate, cui corrispondono 1,13 miliardi di metri
quadrati, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2. E’ il caso di
sottolineare che lo sfrido totale di estrazione e lavorazione, pari a
circa 56 milioni di metri cubi, riguarda oltre due terzi del prodotto lapideo
lordo, e il suo razionale stoccaggio e conseguente utilizzo, 16
costituiscono uno dei massimi problemi attuali con cui il comparto è
chiamato a confrontarsi, sia nell’ottica di contenimento dei costi, sia in
quella di programmazione dello sviluppo.
Dal punto di vista merceologico, la tradizionale tripartizione nelle
tipologie fondatali di calcarei, silicei e ardesie ha visto un’ulteriore
ripresa della quota estrattiva di marmo e travertino, mentre il granito è
tornato sui livelli del 2000, esprimendo tuttora un terzo della
produzione mondiale di lapidei destinati ad uso ornamentale. In effetti,
dopo la grande progressione silicea degli anni settanta e della prima
16
Allo stato delle cose, l’utilizzo più importante ma comunque minoritario degli sfridi è quello nelle
attività di frantoio per la produzione di polveri, granulati ed informi destinati ad opere strutturali
(banchine, dighe, massicciate) ed a conglomerati. In particolare, si stima che tale ultimo
settore, caratterizzato da presenze marginali di legante in aggiunta alla materia prima
lapidea, esprima un volume produttivo di alcune decine di milioni di metri quadrati, e
quindi largamente inferiore a quello del materiale lapideo in senso stretto, con presenze più
significative in Italia, Spagna e Cina. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008,
pagg. 87-90.).
322
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
metà degli anni ottanta, dovuta all’avvento delle nuove tecnologie (filo
diamantato in primis), il ventaglio produttivo ha fatto registrare
variazioni relativamente contenute, in cui il fattore estetico ha prevalso sui
caratteri fisico-meccanici e fisico-chimici.
Nella distribuzione produttiva per grandi aree geografiche, il
primato dell’Asia, che già nel 2006 si era espresso in termini di maggioranza
assoluta, si è consolidato significativamente, raggiungendo il 56,8 per
cento della produzione mondiale, mentre la quota dell’Europa,
pur crescendo in volume, si è ridotta di oltre un punto, scendendo al
27,3 per cento. Per quanto riguarda i singoli paesi, è da rilevare che
l’apporto di Cina e India alla leadership asiatica risulta maggioritario,
con un volume pari a due terzi della produzione complessiva del
continente, ed a due quinti di quella mondiale.
Per quanto riguarda gli altri paesi protagonisti, si deve porre in
evidenza la forte ascesa della Turchia, pervenuta al terzo posto della
graduatoria produttiva mondiale, seguita da Italia, Iran, Spagna e
Brasile, le sole realtà estrattive con un volume annuo superiore ai
cinque milioni di tonnellate in ragione annua. In effetti, la
concentrazione dell’attività escavatrice in un numero relativamente
ridotto di paesi resta una caratteristica di base del settore: i sette
“top” di cui si è detto esprimono il 71 per cento della produzione
planetaria, che sale al 78 per cento laddove si tenga conto degli
altri paesi sopra il milione di tonnellate annue (Portogallo, Stati Uniti,
Grecia, Francia). Tra i pochi consuntivi in controtendenza si possono
ricordare quelli della Corea, dove l’import del manufatto cinese ha
largamente soppiantato le attività locali di estrazione e lavorazione, e
del Sudafrica, dove la politica di qualità perseguita dall’oligopolio
siliceo locale si è tradotta in pur contenute contrazioni dell’export
grezzo, e quindi dell’estrazione.
323
CAPITOLO 9
Con quasi 300 milioni di metri quadrati equivalenti,17 cui vanno
aggiunti quelli che r i v e n g o n o d a l l a f o r t e i m p o r t a z i o n e grezza, la
Cina è certamente leader anche nell’ambito della trasformazione,
dove ha conseguito un progresso davvero straordinario, se si pensa
che all’inizio degli anni novanta occupava il diciottesimo posto della
graduatoria mondiale. Oggi, questo paese è accreditato di una
disponibilità estrattiva forte di almeno cinquemila cave, e di
strutture a valle capaci di segare e lavorare l’intero volume del grezzo
domestico e di quello approvvigionato dall’estero. In tutta sintesi, si
può dire che l’industrializzazione lapidea cinese ha dato un
contributo fondamentale allo sviluppo del settore nel mondo, ed alla
rapidità con cui si è manifestato nell’ultimo ventennio.
9.3.3 Lavorazione e trasformazione di marmo e granito: strategie di mercato e
prezzi
Collegandosi a quanto detto nel paragrafo precedente, c’è da sottolineare
un dato, però, nel raffronto con paesi di collocazione storicamente diversa,
come per esempio l’Italia: il valore medio per unità di prodotto importato da
paesi terzi va valutato con attenzione, perché inquadra il segmento di mercato
in cui le produzioni e le esportazioni si collocano, e dà una corretta posizione
di benchmark18 rispetto agli altri paesi concorrenti. Prendiamo come esempio,
per chiarire la dinamica del confronto, la voce relativa alla Germania, che ha
visto aumentare le importazioni dalla Cina in maniera significativa nel 2006, e
leggiamo quanto segue, riguardo alle importazioni tedesche di lavorati di
granito. Guardando il prezzo per tonnellata, infatti, è visibile come il prezzo
medio cinese dei lavorati silicei sia passato da 263 euro/tonn a 228 euro/tonn,
17
Equivalenti indica lo spessore convenzionale di 2 centimetri.
Benchmark = segno o punto di riferimento (Fonte: “Dizionario di Business English: inglese-italiano”,
collana Managment, a cura di Il Sole 24 ore-Università Bocconi-La Repubblica, vol.21, Università
Bocconi Editore, pag.49).
18
324
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
registrando in pratica un calo del 13,19% a fronte di un aumento di export
verso la Germania del 9,45% rispetto il 2005 in quantità, con un calo del
4,99% in termine di valore ottenuto. La Cina quindi esporta di più, facendo
leva sul prezzo che giustifica ed ampliamente compensa la minor qualità dei
suoi prodotti. L’Italia invece, la cui unica leva competitiva è quella della qualità,
anche in mercati generalmente attenti al prezzo come appunto la Germania, ha
aumentato il suo export nel 2006 (rispetto il 2005) del 2,49%, ottenendo un
valore totale maggiore, aumentato del 5,18%.
Tabella n.83 - Graniti lavorati: prezzi di Cina ed Italia per le importazioni della
Germania
tonn. X 1000
2005
euro x 1000
euro x tonn
diff.% 06/05
2005
2006
338,59 370,58
9,45
89.016
84.573
-4,99
263 228
ITALIA 129,45 132,68
2,49
89.651
94.294
5,18
693 711
2,62
TOTALE 623,45 649,59
4,19
258.384 267.410
3,49
414 412
-0,67
CINA
2006
diff.% 06/05 2005 2006 diff.% 06/05
-13,19
Fonte: propria elaborazione su dati IMM Carrara; fonte primaria Eurostat
Una situazione analoga si verifica per gli Stati Uniti,19 dove già dal 2005 si è
verificato che le esportazioni da Brasile per il granito, e da Turchia per il
marmo erano cresciute in maniera veloce, e con la stessa caratteristica
evidenziata dalla situazione tedesca. Brasile e Cina hanno incrementato
notevolmente il loro export negli U.S.A. abbassando i prezzi rispettivamente
dell’11,45% e del 16,50%, mentre l’India li aumenta pur rimanendo ben al di
sotto dei prezzi italiani (nel 2006, 631 US$ x tonn. contro 989US$ x tonn.).
L’Italia, tra i maggiori fornitori, ha perso il 22,28% di export in quantità ma ha
registrato in termini di valore un aumento del 4,48%, con un aumento dei
19
Negli Stati Uniti “ il movimento d’ importazione costituisce lo specchio più significativo di una
domanda in rapida crescita in cui la produzione interna, per quanto significativa, è insufficiente a
coprire il fabbisogno del mercato statunitense; (…) l’attività edilizia continua ad essere sorretta da un
coefficiente di sviluppo sostanzialmente quintuplo di quello europeo, ed il prodotto lapideo è oggetto
di una vera e propria scoperta nell’ambito della progettazione più qualificata”. (Fonte:
INTERNATIONAL STONE MAGAZINE, Il Giornale del Marmo, “La forza della domanda negli
U.S.A.”, n.257 settembre-ottobre 2005, pp.32-35).
325
CAPITOLO 9
prezzi del 34,43%, passando dai 736US$ x tonn. del 2005 ai 989US$ x tonn.
nel 2006. Questi dati dimostrano come l’Italia si sia concentrata maggiormente
sul segmento del mercato americano più esigente, offrendo prodotti
qualitativamente sempre più elevati e ricercati.
Tabella n.84 - Graniti lavorati: prezzi di Brasile, Cina, India, Italia per le importazioni
degli U.S.A.
tonn. X 1000
2005
2006 diff.% 06/05
BRASILE 701,92 1087,2
CINA
367,53 582,67
INDIA
458,15 460,88
USA $ x 1000
USA $ x tonn.
2005
2006
54,89
444.000
609.000
diff.% 06/05 2005 2006 diff.% 06/05
37,16
633 560
-11,45
58,54
244.000
323.000
32,38
664 554
-16,5
0,6
243.000
291.000
19,75
530 631
19,04
ITALIA 455,19 353,78
-22,28
335.000
350.000
4,48
736 989
34,43
TOTALE 2255,4 2767,5
22,71
21,95
654 650
-0,61
1.476.000 1.800.000
Fonte: propria elaborazione su dati IMM Carrara; fonte primaria Bureau of Census USA
Inoltre, particolarmente nel caso degli Stati Uniti, e sia per il marmo che in
misura maggiore per il granito, per i “prodotti lavorati”, risultava evidente un
fenomeno diverso, ma altrettanto significativo e valido non solo per questo
paese, e comprensibile solo attraverso la lettura attenta di quanto risultava dalla
dialettica delle quantità dichiarate dai vari paesi. Prendiamo per chiarire il caso
particolare dell’Italia. Alcune aziende, particolarmente attive fuori dal territorio
nazionale e in grado di governare le proprie scelte in modo attento, hanno
effettuato investimenti all’estero, soprattutto nei paesi dove certe produzioni
sono più vantaggiose, al fine di integrare la propria offerta sui mercati finali
con prodotti sempre controllati e garantiti dal fornitore italiano,20 ma
materialmente trasformati fuori dai confini dell’Italia. È una prassi seguita
anche da altri paesi, non solo dall’Italia, e in molti settori diversi dal lapideo,
per motivi di vario tipo:
20
Per quando riguarda l’apertura di attività di estrazione o produzione in paesi esteri si possono citare
come esempi (ma ve ne sono molti altri- basti guardare la storia delle varie ditte del marmo e granito
veronesi sui loro siti web) la ditta “Marmi Bruno Zanet” presente da anni a Victoria in Brasile
(lavorazione del granito) ed in India (granito); e la ditta “Antolini Luigi & C.” che nel 1999 ha aperto la
“Eurobrasil Ltda” a Victoria, nello stato di Spirito Santo (Brasile) e nel 2004 la “Eurotrading
Madagascar” nell’omonima isola. La “Antolini Luigi & C.” ha negli anni acquistato la bellezza di 62
cave di materiali pregiati nel mondo. (Fonte: www.brunozanet.com e www.antolini.it).
326
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
–
nel settore lapideo si va dalla più facile disponibilità della materia prima,
ai costi di produzione più agevolmente gestibili e contenuti,
–
alla vicinanza con i mercati di sbocco,
–
alla presenza di partner affidabili e altro ancora.
Sempre comunque rimane rispettato un elemento costante di fondo:
laddove si svolge l’investimento, e si trasforma il materiale deve esserci una
capacità di produzione adeguata ad una qualità complessiva controllabile,
cosicché il produttore italiano possa mantenere lo standard cui i suoi clienti
sono abituati, basso medio o alto che sia, senza modificare la sua collocazione
di mercato, ma semmai ampliandola con una capacità di concorrenza più
efficace. Spesso, le produzioni all’estero sono poi integrate con forniture
provenienti dall’Italia, attraverso le quali si mantiene quindi ancor più valida e
stretta una presenza diretta sul mercato e presso il cliente. Spesso queste
integrazioni riguardano specializzazioni produttive dell’azienda in questione,
che vede così migliorare il proprio posizionamento competitivo. Si tratta in
altre parole di ampliamento del mix di offerta che una singola azienda o
gruppo persegue, e raggiunge attraverso l’integrazione esterna di produzione;
ed è una scelta strategica che viene optata non solo nel settore lapideo,
ovviamente, ma anche in altri settori produttivi, dove anzi il percorso è già più
avanzato, ed è stato sperimentato in maniera poi riprodotta e riadattata al
lapideo. Spesso, è stata praticata e già sperimentata anche all’interno dei propri
confini nazionali, semplicemente aprendo i distretti produttivi più o meno
specializzati ad altre forniture e specializzazioni aggiuntive, per realizzare delle
economie produttive allargate. Ma il processo non è privo di rischi, poiché
analogamente a quanto accade ai distretti nazionali, i paesi presso i quali si
svolge sono paesi che crescono molto rapidamente, e generalmente
dispongono in proprio di una ottima base produttiva e di ottime capacità
commerciali, costituendo così il passo successivo per un allargamento del
settore a livello internazionale, per una sua più spinta globalizzazione, ma il
327
CAPITOLO 9
processo avviato in questo modo molto verosimilmente seguirà poi evoluzioni
proprie, che sarà difficile gestire, anche se molto interessante seguire. Le
specializzazioni produttive delle imprese leader del settore italiano – per
rimanere nell’esempio – si collocano in genere ad un livello non facilmente
raggiungibile dai concorrenti, ma non tutto il settore condivide parimenti lo
stesso profilo di alta eccellenza, per cui si renderà ogni giorno più forte il
bisogno di presidiare le proprie nicchie di mercato, le specializzazioni
qualificanti, le presenze altamente competitive, a cui attribuire anche il ruolo di
difesa complessiva dell’intero settore nazionale. È la strada lungo la quale
evolve non solo il settore lapideo italiano, appunto, ma anche altri settori, e
altri paesi, che stanno seguendo lo stesso modello di complessità produttiva
crescente, per portare la competizione verso profili più avanzati e complessi, e
per utilizzare la globalizzazione, senza doverla solo subire. Non è l’unico
percorso possibile, ce ne sono anche altri; per ora, è da sottolineare il fatto che
gli investimenti italiani all’estero nel 2006 e 2007 sono cresciuti anche nel
settore lapideo, e che il settore si configura in maniera sempre più articolata e
dinamica.
9.3.4 Lo sviluppo degli scambi
Nella tendenza positiva che caratterizza da parecchi anni il
settore lapideo, un ruolo fondamentale è stato assunto dal rapido
incremento dell’interscambio, ribadito con forza anche nel 2007 e 2008,
quasi a sottolineare l’importanza trainante assunta da marmi e pietre
nell’ambito del mercato globale. I paesi che partecipano con un ruolo
apprezzabile a questa espansione sono ugualmente in crescita, perché
il potenziamento delle risorse domestiche tramite processi aggiornati
di estrazione, trasformazione e distribuzione costituisce un’opzione
convinta della loro politica economica. In parecchi casi, si tratta di un
progetto organico di valorizzazione che trova supporti importanti nelle
328
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
preferenze progettuali per il prodotto lapideo e nel gradimento ormai
convinto della clientela finale, reso
più
sicuro
dal
progresso
professionale, dagli avanzamenti tecnici e dalla celere funzionalità dei
trasporti.
I calcarei grezzi21 sono giunti nel 2007 ad una movimentazione complessiva
di 8,3 milioni di tonnellate, con un aumento del 10,7 per cento
rispetto al 2006, derivante da una domanda di marmo e
travertino che continua a crescere in misura accentuata; i silicei grezzi,
con 11,5 milioni di tonnellate, hanno limitato la crescita a circa otto punti,
ma hanno triplicato il tasso dell’anno precedente e sono rimasti
maggioritari nello scambio di materia prima; i lavorati semplici, con
3,8 milioni di tonnellate, sono rimasti quasi stazionari, ascrivendo una
crescita frizionale ma consolidando i forti incrementi pregressi; i lavorati
speciali
ad
alto
valore
aggiunto,
aggregato
fondamentale
dell’interscambio lapideo, hanno dato luogo a flussi per 21,2 milioni di
tonnellate, con un aumento del 17 per cento dal 2006, e di tre milioni
in cifra assoluta, che dimostra la maggiore capacità di sviluppo
presente nella movimentazione di prodotti finiti, anche perché
quella
del
grezzo
impone
il
trasporto
di
volumi
destinati
necessariamente a sfrido; l’ardesia ha visto trasporti internazionali per
1,6 milioni di tonnellate, facendo registrare una crescita del 14,5 per
cento, anch’essa superiore alla media.
Ne emerge in modo incontestabile che l’apporto propulsivo
proviene da tutte le tipologie di materiali, a prescindere dalla loro
natura merceologica e dal loro grado di finitura, e che l’idoneità del
comparto lapideo ad avviare e potenziare processi di sviluppo ha
assunto, al giorno d’oggi, caratteri universali.
21
Ovvero i marmi, i travertini e le pietre calcaree; sono quindi esclusi i graniti e tutti i tipi di rocce
silicee intrusive o estrusive che siano.
329
CAPITOLO 9
Complessivamente, i grezzi hanno dato luogo a scambi per 19,7
milioni di tonnellate, pari al 42,6 per cento del totale, con un aumento
del 9,1 per cento, pressoché identico a quello dell’anno precedente,
mentre i lavorati hanno indotto movimenti per 26,5 milioni di
tonnellate, pari al 57,4 per cento, con un’espansione del 13,8 per
cento, che sale al 17,3 nel ragguaglio medio decennale (nel 2007 la
quota di prodotto finito, sempre più ampia, ha raggiunto un nuovo
massimo storico). Il volume totale che è stato oggetto di interscambio,
con esclusione dei soli sottoprodotti, ed in particolare di granulati,
polveri e scarti, è pervenuto a 46,2 milioni di tonnellate, con un
aumento dell’11,8 per cento (inferiore di circa tre punti alla crescita
del 2006, ma superiore di oltre due a quella del 2005). Lo scambio in
questione ha avuto riguardo a 706 milioni di metri quadrati equivalenti, allo
spessore convenzionale di cm. 2, previa detrazione dello sfrido medio dalla
componente grezza. A fronte dei lavorati prodotti, che hanno raggiunto,
come si è visto in precedenza, 1,13 miliardi di metri, la quota di scambio
internazionale è ulteriormente salita al 62,3 per cento, con una crescita
marginale relativamente contenuta, ma superiore di circa cinque punti a quella
del 2005, e di otto a quella del 2004. Sono cifre più che sufficienti a porre
in risalto l’importanza assunta dalla mondializzazione nello sviluppo del
settore.
Da dodici anni or sono, l’espansione dell’interscambio è proseguita con la
sola eccezione del 1998 e si è tradotta in un progressivo del 206 per cento,
con una media del 15,8 per cento che è andata crescendo col passare del
tempo, e si è incrementata di oltre un punto anche nel 2007. Il maggior
volume assomma, attualmente, a circa 31 milioni di tonnellate ed a 485
milioni di metri quadrati equivalenti, con un differenziale che nel 1994
sarebbe stato difficile ipotizzare, ma che dimostra quanto fossero diffuse le
opportunità di crescita, e quanto siano tuttora rilevanti le prospettive di
ulteriore espansione, sia sui mercati internazionali, sia su quelli domestici.
330
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Il trend dell’interscambio sottolinea l’esistenza di chiare correlazioni con le
politiche di investimento che sono praticate in tutti i maggiori paesi lapidei,
sia nel campo specificamente produttivo sia in quello della promozione e
della comunicazione. Marmi e pietre hanno potuto avvalersi, non da oggi, della
“tradizionale connotazione di materiali di pace presente nell’immaginario
collettivo, e di referenze prestigiose antiche e recenti, ma tutto ciò non
sarebbe stato sufficiente senza nuove macchine, e senza i processi che esse
consentono in un’ottica di ottimizzazione delle rese, della produttività e della
stessa sicurezza”.22 La convergenza dei fattori di successo tecnologici,
economici, professionali e civili che ne è derivata, ha consentito di
interpretare al meglio le attese della clientela e di soddisfare pienamente le
esigenze del mercato mondiale, a cominciare da quelle di paesi come Stati
Uniti, Corea del Sud, Giappone e Germania, che sono i maggiori
importatori di manufatti lapidei.
Lo sviluppo degli scambi e dei consumi non vuol dire che i maggiori
problemi siano stati risolti. In primis ci sono quelli legati:
•
alla promozione : questi sono problemi sempre vischiosi ma meno
impegnativi sul piano politico rispetto il passato, ravvisabili nella
necessità di accrescere un impiego unitario mondiale tuttora contenuto,
sia in cifra assoluta sia nelle valutazioni comparative;
•
alla produzione : a livello produttivo sussistono condizionamenti
tuttora forti, come la carenza di adeguate infrastrutture. Tra gli esempi
più ricorrenti si possono citare, se non altro per una diffusione presente a
tutte le latitudini e longitudini;
22
Il riferimento al marmo ed alla pietra quali prodotti di pace con elevata valenza civile e
religiosa è costante, non soltanto nell’epoca contemporanea, e trova momenti di chiaro
significato simbolico sin dalle Sacre Scritture. Per un primo esempio probante, si veda: Sacra
Bibbia, Edizione Ufficiale della CEI, Roma 1974, Esodo, 34.4-39.6, pagg. 77-82. In questo testo,
il richiamo alle colonne di “pietra onice” dell’altare installato nella Dimora costituisce una
testimonianza del ruolo assunto dalla pietra, sin dalla più lontana antichità. (Fonte: C. Montani,
“Stone 2007 - Repertorio Economico Mondiale”, World Marketing Handbook, Il Sole 24 Ore Business
Media, Faenza 2007, pag. 29.).
331
CAPITOLO 9
–
lo stoccaggio e la valorizzazione degli sfridi di cava e di laboratorio;
–
la durata non ottimale delle concessioni che comporta limiti
forzosi agli investimenti;
–
la difficoltà di tanti collegamenti stradali con le cave (non soltanto
nel terzo mondo);
–
le carenze dei trasporti marittimi ed i costi impropri che ne
derivano;
–
e la tendenza a prolungare gli ammortamenti, compresi quelli
ordinari, oltre limiti ragionevoli.
Resta il fatto, peraltro, che l’interscambio lapideo ha assunto una forza
capace di sollecitare la soluzione di questi problemi, o quanto meno, di
porli all’ordine del giorno con una matura consapevolezza critica della
loro priorità. In questo senso, si può dire che la logica dello sviluppo abbia
trovato nella diffusione degli scambi un volano moltiplicatore efficace e
funzionale.
9.3.5 Un mercato globale: import ed export dei paesi dell’Unione Europea, della
regione Europa in senso geografico e dei paesi Extra-europei
L’ampliamento del commercio lapideo internazionale prosegue
senza soste e coinvolge un numero crescente di paesi, nel cui ambito
una quota significativa continua ad essere espressa dall’Unione
Europea, sia nell’esportazione, dove si è registrato un traffico in
uscita per oltre 11 milioni e mezzo di tonnellate, sia negli acquisti,
dove il flusso in entrata è pervenuto a circa 15,4 milioni di tonnellate. I
massimi esportatori del Vecchio continente si sono confermati,
nell’ordine, Italia, Spagna e Portogallo, mentre i maggiori acquirenti,
dopo la stessa Italia che ha recuperato il primo posto nella graduatoria
332
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
degli approvvigionamenti 23, sono stati Germania, Spagna, Belgio,
Francia e Olanda: in tutti questi paesi, il volume ha superato il
milione di tonnellate.
L’apporto delle varie tipologie di materiale è stato logicamente
diverso da un caso all’altro. Nell’export di calcarei grezzi ha prevalso
l’Italia, mentre in quello di silicei si sono distinti Portogallo e
Spagna; nelle spedizioni di prodotti con valore aggiunto, la posizione
preminente è rimasta con largo vantaggio quella dei manufatti
italiani, ma in alcuni disaggregati hanno prevalso, ancora una volta, il
Portogallo (lavorati semplici) e la Spagna (ardesia). Nel import grezzo, dove
quello di graniti e pietre affini esprime la maggioranza di tutto
l’acquisto, gli arrivi più consistenti hanno interessato l’Italia e la
Spagna, con notevoli progressioni anche in Belgio ed in Grecia (dove
il volume delle entrate è diventato superiore a quello delle uscite,
iterando con un differenziale più ampio il consuntivo del 2006); al
contrario, nell’import di lavorati la Germania ha conservato un ruolo
di preminenza consolidata, seguita dalla Francia e dal Belgio.
Al di fuori dell’Unione, gli altri paesi europei hanno un’importanza
complementare nell’interscambio lapideo, ma pur sempre significativa,
sia nell’export, dove il maggior volume di vendita, in larga
maggioranza grezza, è appannaggio della Norvegia, con qualche
progressione interessante nel comprensorio sud-orientale, e più
specificamente in Albania ed in Croazia; sia nell’import, dove il flusso
di gran lunga più importante è quello che ha interessato la Svizzera,
seguita a g r a n d e d i s t a n z a d a l l a R u s s i a e d a l l a stessa Croazia.
I traffici settoriali prevalenti hanno riguardato il mondo extra-europeo,
confermando una tendenza ormai irreversibile, da un lato, per
l’impatto delle politiche di valorizzazione delle risorse locali ed il
conseguente potenziamento dell’export, e dall’altro, per la forte
23
L’approvvigionamento si riferisce ai materiali non trasformati, quindi ai blocchi.
333
CAPITOLO 9
propensione agli acquisti di materiale estero a costi competitivi, da
parte dei paesi consumatori. Le spedizioni più importanti del grezzo,
superiori al milione di tonnellate, sono partite dalla Turchia e
dall’Egitto nel campo calcareo (marmi e travertini), e dall’India e dal
Brasile in quello siliceo (granito), con un flusso in uscita vicino ai
quattro milioni di tonnellate per la sola Turchia. Nei lavorati, lo
sviluppo della Cina ha raggiunto livelli straordinari, superando i dieci
milioni di tonnellate, pari a circa 200 milioni di metri quadrati
equivalenti, ma anche quelli della Turchia (4.736 migliaia di tonn.
esportate 24 nell EU-27), ed ancora una volta, dell’India (5.571
migliaia di tonn.) e del Brasile (2.475 migliaia di tonn.), sono stati
molto importanti sul piano ponderale.
L’importazione
grezza
extra-europea
è
stata espressa in
larghissima maggioranza dalla Cina (seguita con grande distacco da
Taiwan), a conferma della sua vocazione trasformatrice, progressivamente
estesa ai materiali d’acquisto, mentre quella dei lavorati è stata
caratterizzata dalla forza di pochi mercati trainanti, quali Stati Uniti,
Corea del Sud e Giappone, che hanno espresso, da soli, oltre metà
del totale. Di fronte alle loro cifre, che si traducono in 165 milioni di
metri quadrati equivalenti, 90 dei quali assorbiti dalla sola domanda
statunitense, quelle degli altri importatori finiscono per impallidire, pur
potendosi riferire a volumi di tutto rispetto, come quelli fatti registrare
dall’Arabia Saudita e dal Canada.
L’analisi dell’interscambio riferita al lungo periodo mette in luce
quanto siano state profonde le mutazioni strategiche da cui il settore
è
stato
contraddistinto
negli
ultimi
14
anni.
L’esportazione
quantitativa globale, in cui l’Italia aveva primeggiato fino al 1999, ha
visto la crescita impetuosa di Cina, India e Turchia, che oggi la
precedono di molte lunghezze, sebbene l’Italia, al pari di altri
24
Sono le esportazioni totali, sia di grezzi che di lavorati.
334
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
produttori europei, sia riuscita a conservare le cifre assolute di
partenza pur essendo scesa da uno “share” del 21,8 per cento come
quello del 1995, alla quota attuale del 7,2 per cento, non
diversamente da quanto è accaduto a molti paesi di ottima tradizione
lapidea come Francia, Grecia, Finlandia e Norvegia (è interessante
costatare come nel 2007 i paesi con una quota del mercato
quantitativo superiore ad un punto percentuale si siano ridotti a
nove, comprendendo, oltre ai quattro leader di cui si è detto, Spagna,
Brasile, Portogallo, Germania e Sudafrica).
Tab. n.85 - Esportazioni globali di materiali lapidei (tutti i materiali, grezzi e lavorati);
volumi e quote dei singoli paesi. Anni 1994 e 2007
Anno 1994
Paese
Vol. 000 tons.
Quota %
Italia
Spagna
Portogallo
Turchia
3.121
20,7
1.409
9,3
1.002
6,6
214
1,4
Cina India
2.218
14,7
1.197
7,9
Sudafrica
Totale
520
3,4
15.083
100
Anno 2007
Paese
Italia Spagna Portogallo Turchia Cina India Sudafrica Totale
Vol. 000 tons. 3.342
2.635
1.532
4.736
11.533 5.571
551
46.232
Quota %
7,2
5,7
3,3
10,2
25
12,1
1,2
100
Fonte: propria elaborazione su database di “Stone Sector” e “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con
Il Sole 24 Ore, a cura di C. Montani.
Considerazioni analoghe valgono per l’import dove si sono
manifestati fenomeni non meno impetuosi, come il grande balzo della
Cina, che è salita dallo 0,8 per cento degli acquisti mondiali registrato
nel 1994 al 15,7 per cento del 2007, grazie ad approvvigionamenti per 7,2
milioni di tonnellate. La nuova distribuzione del traffico in entrata ha dato
luogo, invece, a forti regressi delle quote storiche di Giappone, Germania e
Italia, oggi largamente superate anche da quella degli Stati Uniti, grazie
alla loro costante progressione nell’import di prodotti lapidei finiti.
335
CAPITOLO 9
Tab. n.86 - Importazioni globali di materiali lapidei (tutti i materiali, grezzi e lavorati);
volumi e quote dei singoli paesi. Anni 1994 e 2007
Anno 1994
Paese
Italia Germania
Vol. 000 tons. 1.683
1.864
Quota %
11,2
12,4
Francia
Spagna Uk Giappone Taiwan
Cina Sud Corea USA Totale
782
377
251
2.241
837
118
205
731 15.083
5,2
2,5
1,7
14,9
5,5
0,8
1,4
4,8
100
Anno 2007
Paese
Italia Germania Francia Spagna Uk Giappone Taiwan Cina Sud Corea USA Totale
Vol. 000 tons. 2.655
2.596
1.331
1.653 1.387
1.459
1.608
7.245
2.526
5.277 46.232
Quota %
5,07
5,06
2,09
3,06
3
3,02
3,05
15,07
5,05
11,04 100
Fonte: propria elaborazione su database di “Stone Sector” e “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con
Il Sole 24 Ore, a cura di C. Montani
La rivoluzione indotta dal mercato globale è posta in chiara
evidenza da queste cifre, e nello stesso tempo, dalla crescita molto
accentuata dell’interscambio, salito dai 9,7 milioni di tonnellate del
1989 ai 46,2 milioni dei 2007, con sviluppi non dissimili nelle
principali tipologie merceologiche. Del resto, il trend dell’espansione
nel corso degli ultimi 18 anni è stato sostanzialmente ininterrotto,
con una forte accelerazione nell’ultimo quinquennio, ben dimostrata
dal fatto che dal 2003 in poi il tasso d’incremento è stato quasi
sempre a due cifre (con una media annua del +12%) 25, senza dire
che nel lungo periodo ha potuto esprimere un consuntivo medio
davvero
straordinario,
nell’ordine
del
20
per
cento,
grazie
all’apporto prevalente dei lavorati, che sono saliti dal 47,2 per cento
del 1989 al 57,4 del 2007, sottolineando l’importanza del ruolo
propulsivo assunto dalle politiche del valore aggiunto anche nel
potenziamento dell’interscambio.
25
E’ inteso l’interscambio globale aggregato di calcarei e silicei, sia lavorati che grezzi.
336
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.3.6 Interscambio mondiale di marmi, graniti e ardesia, grezzi e lavorati:
variazione degli equilibri
L’espansione mondiale del settore lapideo è diffusa ampiamente sia sul
piano merceologico, coinvolgendo tutte le tipologie di materiali, sia su
quello geografico, estendendosi ad un ventaglio molto articolato di paesi,
pur nella salvaguardia di primati ormai acquisiti, primo fra tutti quello della
Cina. Questa diffusione costituisce una prova inconfutabile del sicuro
gradimento di marmi e pietre da parte dei mercati, e nello stesso tempo, delle
ulteriori possibilità di sviluppo, tipiche di questi materiali.
Nel giro di dodici anni, l’interscambio dei calcarei grezzi è cresciuto di
circa cinque volte, con un’esportazione che è passata da 1,4 milioni di
tonnellate spedite nel 1995 agli 8,3 milioni del 2007, ma nel paese
leader, che oggi è la Turchia, è salita di ben 28 volte, e nell’Iran di 27 volte
dal 1995, senza che nessun produttore sia andato in controtendenza, con la
sola
eccezione delle Filippine. Lo stesso può dirsi a proposito
dell’importazione, dove gli acquisti della Cina sono aumentati di 68 volte
da 1995, portandosi a 4,5 milioni di tonnellate al 54,1 per cento del totale, ma
dove si sono registrati incrementi ugualmente generalizzati, come è
accaduto in Grecia, dove si è avuta una crescita di 55 volte, e nella stessa
Italia, dove gli approvvigionamenti dall’estero sono saliti da 261 mila a
678 mila tonnellate, sempre dal 1995. Il regresso del Libano e la
permanenza degli Stati Uniti su livelli minimi si spiegano,
rispettivamente, con le condizioni politiche e con la propensione ad
acquistare, per la quasi totalità, prodotti finiti.
A loro volta, gli scambi di silicei grezzi sono quasi raddoppiati,
portandosi dai sei milioni di tonnellate agli attuali 11,4 e facendo
registrare incrementi particolarmente significativi in India, dove il
vecchio primato risulta consolidato con una quota di mercato salita
dal 17,9 al 33 per cento, ed in Brasile, dove lo “share”, peraltro, è
337
CAPITOLO 9
rimasto quasi invariato. Le vendite cinesi sono ugualmente
aumentate, ma nell’ultimo biennio sono state penalizzate dalle maggiori
opportunità di commercializzazione del lavorato, mentre progressioni
superiori alla media si sono avute anche in paesi produttori di
seconda fascia ma di alta qualità, come la Norvegia ed il
Portogallo. Qualche flessione non marginale si è registrata in
Spagna e Sudafrica: nel primo caso, per la prevalenza di un’offerta
cromatica dai toni poco accesi, meno gradita dal mercato
contemporaneo, e nel secondo, come si è già detto, per la presenza
di una strategia commerciale che ha preferito la politica qualitativa a
quella dei volumi. Nell’importazione, i fenomeni più evidenti, a parte
il grande balzo della Cina, analogo a quello verificatosi nei calcarei,
hanno avuto riguardo al crollo degli acquisti di Giappone e Corea del
Sud, indotti dal contestuale approvvigionamento massiccio di lavorati
cinesi, alle frequenti oscillazioni di Taiwan, ed ai notevoli progressi
degli arrivi in paesi tradizionalmente trasformatori, quali Italia e
Spagna.
I lavorati semplici hanno una rilevanza c o m p l e m e n t a r e , m a a n c h e i n
q u e s t o campo i flussi commerciali sono raddoppiati, portandosi da 1,9
milioni di tonnellate scambiati nel 1995, ai 3,8 milioni del 2007. Nell’export,
sono mediamente prevalenti le nuove potenze asiatiche, mentre in
Europa trova conferma il tradizionale primato portoghese. Al contrario,
nelle importazioni continua ad eccellere la Germania, seguita da altri
paesi europei come Francia, Olanda, Belgio ed Austria, tutti in crescita
significativa.
La struttura portante dell’interscambio lapideo, com’è noto, si
riferisce ai manufatti con valore aggiunto di cui al codice doganale
68.02. Ebbene, in questo settore l’interscambio di lungo periodo ha
conosciuto risultati estremamente positivi, portandosi dai 5,6 milioni
di tonnellate del 1995 ai 21,2 milioni del 2007, con un aumento
338
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
complessivo di circa quattro volte. E’ naturale, quindi, che i progressi
di alcuni paesi esportatori siano stati quasi esponenziali, com’è
accaduto per la Cina, le cui spedizioni sono balzate da 1,2 milioni di
tonnellate a 9,8 milioni con una crescita di sette volte; ma anche per la
Turchia ed il Brasile, che essendo partiti da posizioni marginali sono
riusciti
ad
ascrivere
aumenti
notevolmente
superiori,
pari,
rispettivamente, a venti ed a sedici volte. Tra i pochi paesi con
bilancio di segno negativo vanno citati la Grecia, e soprattutto l’Italia,
che ha perduto circa 400 mila tonnellate in cifra assoluta (pari a 7,5
milioni di metri quadrati equivalenti), con una quota di mercato
che è scesa dal 42 per cento del 1995 al 9,2 per cento del 2007. A
loro volta, le importazioni di questi manufatti hanno dato luogo a flussi
in ascesa straordinaria, con particolare riguardo a quelli statunitensi,
saliti da 0,8 milioni di tonnellate a 4,8 con un balzo di circa sei
volte, largamente superato, peraltro, da quello della Corea, che è
stato di 36 volte. Si deve comunque aggiungere che nel lungo
periodo tutti i mercati del finito hanno ascritto aumenti dell’acquisto
più o meno rilevanti, con la sola eccezione della Cina e di Hong
Kong, dove la differenza è stata fatta dal rapido incremento delle
produzioni locali. Ciò non significa che a livello intermedio alcuni
paesi non abbiano evidenziato oscillazioni congiunturali di qualche
rilevanza, come è accaduto in Arabia Saudita, in Germania ed in
Giappone.
Resta da dire dell’ardesia lavorata, dove l’interscambio è passato
da 0,6 milioni di tonnellate a 1,6 milioni, con un aumento del 143
per cento, più accentuato nell’ultimo biennio. Nell’esportazione, la
tradizionale preminenza della Spagna non ha potuto impedire un
forte ridimensionamento della sua quota di mercato che è scesa dal 72
al 41,9 per cento dal 1995 al 2007 a vantaggio principale del Brasile,
le cui spedizioni sono aumentate di diciotto volte, e della Cina, ma
339
CAPITOLO 9
in misura minore, anche di altri produttori in ascesa come il Canada e
l’India. La controtendenza più apprezzabile, ancora una volta, è
quella dell’Italia, le cui vendite in cifra assoluta si sono dimezzate,
mentre lo “share” si è ridotto all’uno per cento. Per converso, le
importazioni sono concentrate prevalentemente in Europa, con
destinazioni prevalenti in Francia, Regno Unito e Germania, ed una
crescita accentuata negli Stati Uniti, sbocco privilegiato della nuova
produzione brasiliana del Minas Gerais.
In sintesi, le grandi cifre dell’interscambio dimostrano che nel
mondo lapideo di oggi c’è spazio per tutti. L’assunto è confermato dalle
rapide progressioni produttive e distributive di alcuni paesi minori: è il
caso di Messico e Perù, che si sono giovati di una domanda in
ascesa particolarmente rapida come quella degli Stati Uniti;
dell’Egitto, che è diventato il primo produttore settoriale dell’Africa
grazie al forte sviluppo del suo export grezzo verso la Cina; e di
parecchie realtà emergenti dell’Asia, come Oman, Siria, Vietnam, e
la stessa Palestina, 26 dove la valorizzazione delle risorse locali è
stata supportata da un rilevante sviluppo degli investimenti.
9.3.7 Il mercato dell’Unione Europea
L’Unione Europea, che al 2007 si è ulteriormente allargata a 27 paesi
membri, intensifica gli scambi al suo interno, e con Cina e Turchia protagonisti
esterni per i lavorati, rispettivamente di graniti e marmi. Per l’UE rimane la
grande confusione statistica sugli scambi di grezzi di granito, che sono spesso
classificati in maniera discordante a seconda dei vari stati, soprattutto se si
26
L’apporto di marmi e pietre allo sviluppo del prodotto interno lordo in Palestina è stato
particolarmente significativo, fino ad avere raggiunto, negli ultimi anni, una quota massima
nell’ordine dei cinque punti percentuali. E’ l’ulteriore conferma di quanto fosse stata
congrua la raccomandazione dell’ONU rivolta ai Governi nazionali e regionali circa
l’opportunità di incentivare il lapideo, quale settore idoneo a promuovere l’espansione
economica dei paesi interessati, in specie laddove siano carenti di alternative rilevanti
(ONU, “The development potential of dimension stone”, New York 1976).
340
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
tratta di paesi nordici: gli scambi dichiarati tra paesi esportatori e partner
importatori in molti casi sono fortemente discordi, e costringono a ridurre
l’informazione disponibile, perché chiaramente le modalità di classificazione
dei movimenti non sono omogenee. Rimane il dato di un traffico vivace, che
però chiaramente coinvolge anche materiali vili, di grande volume e scarso
valore, e di destinazione non ornamentale, a oscurare i movimenti di pietre a
destinazione più nobile.
Lo sviluppo lapideo del mondo è notevolmente differenziato, ed evidenzia
condizioni meno vivaci in Europa, dove la congiuntura del 2007, peraltro, è
andata evolvendosi in modo positivo, superando le difficoltà che l’avevano
caratterizzata tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo decennio.
Importanti e consistenti preoccupazioni invece sono sorte per l’economia nel
2008 che si sono rafforzate in questo 2009. L’esportazione dei quindici,27 che è
pervenuta a 11,3 milioni di tonnellate, ha fatto registrare un aumento dell’8,5 per
cento, tra i più alti in assoluto, mentre l’importazione, che aveva chiuso un 2006
oltremodo positivo, ha ascritto un’ulteriore crescita del 3,4 per cento,
portandosi a 14,2 milioni di tonnellate.
Nel vecchio continente, i rapporti di forza presentano un’evoluzione più
regolare di quella mondiale, con l’Italia che conserva il consueto primato,
seguita da Spagna, Portogallo e Belgio; il suo vantaggio, peraltro, si è ridotto, al
pari della quota di mercato che è scesa progressivamente dal 43 per cento del
1994 al 29,6 per cento del 2007. Trai paesi minori è da segnalare il buon
comportamento dell’Olanda, che pur essendo priva di attività estrattive riesce
ad esportare oltre 400 mila tonnellate di lapidei, grazie all’intermediazione nel
campo dei grezzi, ad una discreta trasformazione ed alla contiguità con alcuni
grandi mercati come quello tedesco: ecco un ulteriore esempio, assieme al
britannico, di quali spazi si vadano aprendo per chiunque abbia
propensione ad investire.
27
I 15 paesi considerati sono: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito.
341
CAPITOLO 9
Nelle importazioni, sono ben sette i paesi europei che hanno superato il
milione di tonnellate acquistate: nell’ordine, si tratta di Italia, Germania,
Spagna, Belgio, Regno Unito, Francia e Olanda, con incrementi nel
lungo periodo particolarmente notevoli sul mercato inglese, dove gli
approvvigionamenti sono quasi sestuplicati rispetto al 1995, e su quello
ellenico, dove la progressione è stata pressoché esponenziale, innanzi tutto per
la grande forza di penetrazione manifestata dalla Turchia. In
pratica, non c’è un solo paese in controtendenza, a conferma del
fatto che le economie mature possono dare ottime soddisfazioni.
L’andamento dell’interscambio europeo in valore è altrettanto
positivo, con aumenti complessivi dei quindici che ammontano al 6,9 per
cento nell’export ed al 12,2 per cento nell’import di calcarei grezzi,
all’11,5 per cento nelle spedizioni di silicei grezzi ed al 2,7 per cento nei
rispettivi approvvigionamenti. Quanto ai lavorati, gli aumenti sono stati
del 5,7 per cento nelle vendite e del 23,5 per cento nei manufatti semplici
dell’1,2 per cento nei carichi di prodotti finiti ad alto valore aggiunto, che
costituiscono l’asse portante dell’export, e del 10,6 per cento negli scarichi;
infine, del 3,2 per cento nelle vendite estere di ardesia, e del nove per
cento negli acquisti. I ruoli di vertice sono stati sostanzialmente confermati,
con escursioni tra i due flussi, particolarmente favorevoli nell’export di lavorati
speciali dall’Italia ed in quello di ardesia dalla Spagna.
Al di là delle singole cifre, ciò che preme sottolineare è la reattività
manifestata dall’Europa nei confronti di una congiuntura non certo
proporzionale a quella, spesso euforica, di altri paesi: quando
sembrava che il ciclo stesse evolvendo verso condizioni di ristagno,
c’è stata un’inversione della tendenza precedente, che deve essere attribuita
alla riscoperta del materiale da parte di progettisti e costruttori, alla
competitività tecnologica ed al discreto impatto di una promozione
intelligente. Un contributo non marginale, poi, riviene dal comportamento dei
342
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
prezzi, che nella maggioranza dei casi risultano in flessione, anche nella dinamica
del lungo periodo.
Le quotazioni dei calcarei grezzi esportati hanno indici negativi, nell’ambito
del campione preso in esame, in Italia ed in Portogallo, mentre quelle delle
spedizioni di silicei grezzi sono in flessione largamente maggioritaria con le sole
eccezioni di Spagna e Regno Unito; quanto ai lavorati, in decremento diffuso
anche nel breve periodo, i prezzi medi delle vendite estere riescono a
mantenere un lieve vantaggio su quelli del 1991 soltanto in Italia ed in Gran
Bretagna, che peraltro non è esportatrice di grande rilievo.
Nell’importazione, il prezzo europeo si difende meglio a livello di grezzi: in
campo calcareo si hanno un forte aumento della Francia e crescite più
contenute in Portogallo e Regno Unito, mentre in quello siliceo le sole
diminuzioni riguardano Francia e Spagna. Al contrario, gli acquisti di prodotti
finiti sono in forte decremento a lungo termine sostanzialmente dovunque
con la Germania che ha dimezzato il livello iniziale e prezzi medi che sono
diventati sempre più competitivi grazie all’offensiva dei paesi produttori di
lavorato, primi fra tutti Cina, India, Brasile e Turchia.
Tab. n.87 - Prezzi medi di importazioni ed esportazioni di calcarei e silicei grezzi e di
lavorati (in marmo e granito valore cumulato); anno 2007, euro per tonnellata
exp calcari grezzi
exp silicei grezzi
exp lavorati28
imp calcari grezzi
imp silicei grezzi
imp lavorati29
Italia
Francia
Germania
Spagna
Uk
Portogallo
194
236
803
151
216
387
332
179
595
536
158
552
75
34
760
112
139
326
254
126
560
218
154
288
303
185
1.657
758
267
785
140
78
439
314
184
578
Fonte: propria elaborazione su dati Eurostat
A conti fatti, nel 2007 il prezzo medio della merce più richiesta, ovvero del
lavorato con valore aggiunto, è stato di 43,40 euro per metro quadrato
28
29
Per lavorati si intendono sia quelli di natura silicea (graniti) sia calcarea (marmi e travertini).
Per lavorati si intendono sia quelli di natura silicea (graniti) sia calcarea (marmi e travertini).
343
CAPITOLO 9
equivalente, in Italia; di poco più di 30 euro in Spagna; e di 23,70 euro in
Portogallo; per converso, i mercati europei più disponibili a pagare valori
unitari elevati sono stati, come in passato, il Regno Unito e la Francia.
Le vischiosità nell’adeguamento dei prezzi, se non anche i fattori critici che
hanno dato luogo alla loro flessione, confermano che senza l’incremento della
produttività ed il progresso tecnologico che lo ha sorretto, il settore avrebbe
conosciuto tempi assai difficili, e che sarebbe stato condizionato dalla
concorrenza in misura ben maggiore dell’attuale. D’altro canto, l’esistenza di
un’offerta alternativa a condizioni più appetibili ha promosso anche in Europa
un’informazione consapevole, matrice non ultima delle decisioni di
investimento che hanno consentito di mantenere quote importanti dei
mercati di nicchia, come quelli del lavorato italiano, iberico ed ellenico, ma
anche francese e tedesco.
Nell’Unione, la qualità è sempre decisiva, sebbene molti ordini di tipo
corrente finiscano per essere appannaggio asiatico, viste le quotazioni
straordinariamente competitive. Se non altro per questo, e per i risultati
perfettibili conseguiti da alcune grandi commesse affidate a produttori dei
paesi in via di sviluppo,30 la “ripresa europea” ha l’aria di poter durare e di
consolidare almeno la ben intesa e funzionale posizione della qualità e
selettività.
30
Le cronache del comparto lapideo abbondano di notizie relative ad esecuzioni non ottimali di
grandi lavori affidati a soggetti operanti in paesi terzi ed in qualche caso, alla necessità di
adeguate opere già effettuate o in corso d’opera. Tra le commesse in parola, basti ricordare
quelle relative ad alcuni grandi aeroporti europei, quali quelli di Barcellona, Copenaghen e
Dusseldorf: in effetti, ferma restando la capacità teorica di produrre a regola d’arte, la contrazione
dei costi oltre ogni limite fisiologico per ragioni di capitolato, comporta deroghe alla logica
qualitativa a cui ricorrono alcuni paesi, a danni d’immagine tali da suffragare l’ipotesi di
un’autorità internazionale capace di sanzionare opportunamente i fornitori non corretti. (Fonte:
Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
344
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.3.8 Il drago cinese: produttore, esportatore, consumatore
Le analisi evidenziano le grandi direttrici che anche nell’ultimo triennio il
settore ha seguito: ampliamento dei consumi nell’areale estremo orientale, con
una crescita forte delle esportazioni cinesi verso la Corea del Sud, mentre il
Giappone31 rimane stabile e molto alto sui soli graniti lavorati. Partner
importanti del paese orientale rimangono sempre la Germania, che continua
ad importare quantità crescenti di graniti e abbiamo visto di quale fascia di
valore, e gli Stati Uniti, che però preferiscono il Brasile, i cui dati sembrano
proprio comprensivi nelle dichiarazioni americane anche delle esportazioni
italiane integrate attraverso il Brasile.32 Ma, per il produttore più importante del
mondo continua ad essere la sua zona di prossimità geografica il mercato
maggiore, accanto al proprio stesso mercato interno, dove l’espansione
immobiliare è stata così rapida e intensa da aver generato da tempo
apprensioni sulla sua tenuta che ora sembra essere dubbia. A leggere le
statistiche cinesi delle importazioni, si apprezza anche un’altra tendenza:
l’integrazione crescente delle proprie produzioni interne con produzioni
esterne, destinate in larghissima parte per i marmi al consumo interno, e per i
graniti anche a riesportazione, ma in maniera diversa. I fornitori di marmi, in
blocchi e lastre, sono principalmente Turchia, Egitto, Iran,33 Spagna, Italia, e
31
Il mercato nipponico è cruciale nella modifica dell’interscambio, poiché la sua espansione degli anni
’80 ha comportato alcune conseguenze sulla modificazione dei flussi internazionali: la crescita della
domanda interna di grezzo e lavorato, ha infatti comportato come conseguenza il decollo di alcuni
paesi dell’Estremo Oriente. Per esempio la Corea del Sud e la Cina, paesi già dotati di attrezzature e
materie prime, hanno trovato nel Giappone un’occasione per il decollo delle loro esportazioni, mentre
per l’India e Taiwan, il Giappone ha rappresentato un mercato di ulteriore espansione. (Fonte:
Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
32 Esaminando i prezzi medi dell’export brasiliano di lavorati silicei nel 2004, questi sono stati pari a
32,43 dollari per metro quadrato, con un buon aumento del 13,8% rispetto l’anno precedente, con
punte di 47,21 dollari per il Canada e 39,96 per gli Stati Uniti, fino a 19,06 dollari al metro quadro per
le esportazioni in Libano. (Fonte: “Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005, Gruppo
Editoriale Faenza, pp.25-28).
33 L’Iran è attualmente il quarto paese produttore in ordine di importanza. La sua presenza
significativa tra i paesi produttori di materiali lapidei è comunque piuttosto recente. In Iran vi sono
molti giacimenti di travertini colorati che hanno conquistato tutti i mercati: i più apprezzati sono il
travertino rosa, rosso, giallo e gli onici.
345
CAPITOLO 9
Grecia, tutti in ampia crescita. Le esportazioni di lavorati di marmi riguardano
in maniera significativa il solo mercato sud-coreano.
La crescita della Cina continua a manifestarsi con impeto
incessante anche in campo lapideo, con qualche problema nel metterne a
fuoco
un’espansione
che
per
molti
aspetti
non
finisce
di
sorprendere. Oggi, questo paese ha superato il 25 per cento della
produzione mondiale, con una trasformazione anche maggiore, perché il
grezzo estratto viene trasformato quasi integralmente nei laboratori
domestici assieme a blocchi in arrivo dall’estero per oltre sette milioni
di tonnellate. Incidenze analoghe sono rilevabili nel consumo interno
e nell’esportazione del prodotto finito, che nel 2007 ha superato il
traguardo emblematico dei dieci milioni di tonnellate, cui corrispondono
quasi 200 milioni di metri quadrati.
Nel lungo periodo, l’export grezzo è rimasto stazionario in cifra
assoluta, ed è sceso dal 42,5 per cento del totale conseguito nel 1994
al nove per cento del 2007, ma quello dei lavorati è cresciuto di quasi
otto volte, senza soluzioni di continuità. Il valore delle spedizioni
estere, a sua volta, è passato da 435 milioni di dollari a 3,3 miliardi,
con un’incidenza del grezzo pari all’1,4 per cento: cioè, decisamente
marginale.
Il
tasso
di
sviluppo
ha
fatto
registrare
qualche
rallentamento, perché la crescita del 2007 è stata dell’11,6 per cento in
quantità e del 19,7 per cento in valore, mentre quella dell’anno
precedente aveva raggiunto il 16,2 per cento nel volume ed il 28,3 nel
corrispettivo valutario, ma a siffatti livelli bisogna dire che il fenomeno
appartiene alla fisiologia della congiuntura.
L’importazione, costituita pressoché esclusivamente da materiali grezzi,
mentre i lavorati incidono per poco più di un punto, ha ascritto una
crescita a lungo termine ancora più sensazionale, balzando dalle
118 mila tonnellate del 1994 ai sette milioni di cui si è detto, con una
notevole prevalenza dei calcarei, che nel 2007 hanno espresso il 62,7
346
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
per cento degli approvvigionamenti da altri paesi. La ripartizione
merceologica, sostanzialmente paritetica fino a pochi anni or sono,
sta evidenziando maggiori preferenze per marmi e travertini, sebbene il
granito abbia continuato a crescere bene in cifra assoluta, ma resta il
fatto che nell’ultimo biennio gli aumenti sono stati dell’85 per cento nei
calcarei, e del 28,9 per cento nei silicei: anche in Cina, come nel resto
del mondo, la tendenza è cambiata, ma con ben maggiore
accentuazione, e se si vuole, con una forte capacità di influenzare il
mercato globale.
I prezzi medi dell’export continuano ad essere molto inferiori a
quelli degli anni novanta, e soprattutto, a quelli della maggiore
concorrenza, ma nel campo dei lavorati, struttura fondamentale della
distribuzione cinese, si rileva già dal 2004 l’inversione della tendenza
riduttiva inaugurata nel 1996: nel quadriennio, il recupero è stato
pari al 33,7 per cento, con una quotazione che si è portata da 13,1
dollari per metro quadrato equivalente ai 17,5 del 2007. In parte, si
tratta di un fenomeno da ridimensionare alla luce delle vicende
monetarie culminate nel regresso del dollaro, che peraltro nel
periodo in esame ha inciso per poco più di dieci punti, sia nel
ragguaglio all’euro che in quello allo yen. In altri termini, per circa due
terzi il recupero del prezzo cinese dei lavorati deve considerarsi reale.
Tab. n.88 - Cina: prezzi medi dell’export lapideo34 nel 2007, in US Dollars
calcarei grezzi silicei grezzi lavorati semplici lavorati speciali
ardesia
totale
USD/cub.mt USD/cub.mt USD/m.quad. USD/m.quad. USD/m.quad. tonn.
354,5
98,3
1,55
17,48
37,32
289,2
Fonte: propria elaborazione su database di “Stone Sector” e “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con
Il Sole 24 Ore, a cura di C. Montani
Nell’importazione, il movimento riflessivo dei prezzi è generalizzato, e
notevolmente più forte di quello ascritto nell’export. Va notato, peraltro, che
34
I codici internazionali usati per la classificazione dei materiali lapidei sono: 25.15 (calcarei grezzi),
25.16 (silicei grezzi), 68.01 (lavorati semplici), 68.02 (lavorati speciali), 68.03 (ardesia).
347
CAPITOLO 9
da qualche anno le quotazioni dei grezzi d’importazione, sia calcarei che silicei,
oscillano in misura marginale, con un regresso di circa due quinti rispetto
ai massimi del 1994.
Tab. n.89 - Cina: prezzi medi dell’import lapideo nel 2007, in US Dollars
calcarei grezzi silicei grezzi lavorati semplici lavorati speciali
ardesia
totale
USD/cub.mt USD/cub.mt USD/m.quad. USD/m.quad. USD/m.quad. tonn.
433,2
517,6
6,78
12,72
8,87
172,9
Fonte: propria elaborazione su database di “Stone Sector” e “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con
Il Sole 24 Ore, a cura di C. Montani
Non è senza significato che ciò accada nonostante il forte aumento
delle quantità importate: gli acquirenti cinesi cercano di conciliare qualità e
prezzo, e nella media ottengono risultati probanti, tanto più che possono
disporre di una domanda in tensione. In effetti, è grazie alla Cina che alcuni
paesi produttori hanno conseguito risultati commerciali che non è azzardato
definire straordinari: è il caso dell’export di marmo e di travertino dalla
Turchia e dall’Egitto, da cui è partita, nel 2007, la maggioranza assoluta degli
approvvigionamenti calcarei, cosa che non ha impedito crescite altrui non
meno significative, come quelle di Spagna ed Iran, mentre l’India risulta il solo
paese in controtendenza.
Tab. n.90 - Cina: importazioni di calcarei grezzi nel 2007
Paesi
000 tons milioni USD USD/ton
Turchia
1.359,00
224,64
165,3
Egitto
1.047,80
120,6
115,09
Spagna
556,8
100,27
180,08
Iran
448,5
86,76
193,44
Italia
274,9
61,93
225,28
Grecia
181,8
32,36
178
Portogallo
151,4
25,7
169,75
Indonesia
90,5
14,51
160,33
India
37
12,82
346,4
Pakistan
36,1
6,04
167,31
Filippine
18,1
2,01
111,05
Altri
274,1
30,46
111,13
Totale
4.476,00
718,1
160,43
Fonte: propria elaborazione dati ICE
348
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Le provenienze cinesi assommano addirittura a centinaia, con presenze
non marginali di paesi come Indonesia, Namibia ed Angola, per non dire del
Vietnam e della stessa Mongolia, quasi a sottolineare come in questo
mercato del grezzo esistano potenzialità di buon interesse per tutti.
Nondimeno, la maggiore grandezza della Cina, non più tigre ma autentico
drago, si ravvisa nella sua esportazione di lavorati, in specie sui mercati
contigui di Corea del Sud e Giappone, che sono diventati una sua
sostanziale esclusiva, mentre gli altri esportatori tradizionali, non soltanto
dell’Occidente, sono quasi scomparsi. Basti dire che le spedizioni del
manufatto cinese in Corea hanno raggiunto 2,3 milioni di tonnellate, pari
al 23,5 per cento del totale, e che quelle verso il Giappone, nonostante le
difficoltà di questo paese, hanno visto la partenza di ulteriori 1,1 milioni
di tonnellate: in pratica, due soli mercati hanno permesso all’industria
lapidea cinese di esportare oltre 60 milioni di metri quadrati equivalenti.
E’ utile aggiungere che le difficoltà nei trasporti marittimi, non tanto
per il costo dei noli quanto per le strozzature nel reperimento dei
mezzi, hanno condizionato l’ulteriore crescita dell’interscambio
cinese,
sia
in
entrata
che
in
uscita:
non
a
caso,
alcuni
approvvigionamenti, anche a largo raggio, come quelli provenienti
dalla Finlandia, hanno preferito servirsi della ferrovia, nonostante il
lungo percorso attraverso la Siberia. Ciò significa che, una volta
elise quelle strozzature, i grandi numeri della Cina potranno
crescere con tassi di sviluppo ancora più alti.
Infine, non è da trascurare il fatto che la tecnologia abbia potuto
progredire celermente, riducendo in modo cospicuo l’import di
macchine ed attrezzature a favore delle produzioni domestiche,
avvantaggiate, in qualche caso, dalle operazioni di “joint-venture” con
l’Occidente e dalla conseguente possibilità di migliorare livelli
qualitativi non sempre ineccepibili.
349
CAPITOLO 9
9.3.9 Nuove tigri asiatiche: Indonesia, Malaysia, Thailandia, Giappone, India,
Taiwan, Iran, Filippine, Hong Kong, Singapore
Il mondo lapideo ha conosciuto modificazioni profonde nel corso
degli ultimi anni, che hanno privilegiato la continua ascesa dell’Asia,
sia
sul
piano
produttivo
sia
su
quello dell’interscambio,
e
naturalmente, su quello dei consumi. La Cina, come si è detto, ha
raggiunto un primato sostanzialmente inattaccabile, mentre le vecchie
tigri stentano a recuperare volumi di investimenti e tassi di sviluppo
affini a quelli già conseguiti: nel 2007, l’export dell’Indonesia non è
andato oltre le 400 mila tonnellate, mentre quelli della Malaysia e
della Thailandia si sono fermati, rispettivamente, a 270 mila ed a
75 mila, con importazioni che a loro volta sono state mediamente
più basse. Si tratta pur sempre di volumi discreti, ma certamente
non comparabili con quelli dei nuovi protagonisti (ovvero Cina,
India, Brasile, Iran, Turchia), mentre si vanno affermando alcune
realtà emergenti come Oman o Vietnam.
Il mercato più tradizionale resta quello del Giappone, dove l’import
grezzo, al pari della produzione nazionale, è stato pesantemente
abbattuto, ormai da tempo, dal consumo dei prodotti finiti cinesi,
riducendosi a meno di 50 mila tonnellate, pari ad un ventesimo del
volume registrato negli anni migliori: in questo caso, tutti i fornitori
sono stati penalizzati, nonostante qualche tentativo di recupero come
quello del Brasile. Al contrario, gli acquisti giapponesi di lavorati
risultano superiori di ben 24 volte a quelli del grezzo, pur
continuando ad avvertire gli effetti di una congiuntura domestica non
facile, che si è tradotta, sempre nel 2007, in una flessione di oltre 400
mila tonnellate rispetto al massimo di due anni prima. Con la Cina,
che controlla oltre il 94 per cento di questo mercato, il confronto è
350
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
assolutamente impari da parte di una concorrenza ormai marginale,
guidata da Italia, India e Spagna.
Tab. n.91 - Giappone: importazioni di lavorati speciali in quantità (000 tonn.), anno
2007
Cina
1.132,00
Italia
15,6
India
8,9
Spagna
7,2
Portogallo
4,4
Corea Sud
2,3
Taiwan
1,1
Altri
32
Totale
1.203,50
Fonte: propria elaborazione dati ICE
Il
prezzo
medio
dell’import
giapponese
di
manufatti
rimane
naturalmente basso, essendo costituito quasi del tutto da materiali
cinesi, ma nel 2007 si è consolidata la ripresa già avviata nell’anno
precedente, con un recupero del 7,4 per cento rispetto al 2006, e di
oltre un quarto nei confronti del 2005, che ha portato la quotazione
media oltre 69 mila yen/ton, paria 23,15 euro per metro quadrato
equivalente35. La democratizzazione degli impieghi lapidei, che ha
coinvolto quasi tutto il mondo, si è affermata con vigore anche nel
Sol Levante, dove la quotazione media del manufatto si è ridotta di circa tre
quinti rispetto a quella di venti anni or sono.
Condizioni analoghe si ritrovano in Corea del Sud, dove gli acquisti
del prodotto cinese hanno progredito in misura largamente
superiore portandosi a 2,3 milioni di tonnellate ed a 670 milioni di
dollari, con un valore medio di poco inferiore a 16 dollari per metro
quadrato, e dove il 94,6 per cento della domanda è appannaggio del
“made in China”: anche in questo caso, la concorrenza si è ridotta su
posizioni minime, con quattro soli paesi (Italia, Spagna, India,
35
Fonte: ICE
351
CAPITOLO 9
Indonesia) che sono riusciti ad esprimere un consuntivo di
spedizioni per il 2007 superiore alle 10 mila tonnellate.
Tab. n.92 - Corea del Sud: importazione di lavorati speciali (cod. 68.02), anno 2007
Paesi
000 tons milioni USD USD/ton
Cina
2.302,50
669,375
15,71
Italia
24,1
23,991
53,81
Spagna
17,6
15,838
48,64
India
16,7
5,957
19,28
Indonesia
12,9
7,618
31,92
Turchia
8,1
5,137
34,28
Totale
2434,2
759,218
16,86 36
Fonte: propia elaborazione dati ICE
La nuova tigre asiatica, sia pure a distanza dalla Cina, è l’India che è il
secondo produttore lapideo mondiale, ed oggi primo esportatore di
granito. Questo paese ha praticato una politica di progressiva liberalizzazione
dell’import anche in campo calcareo, con approvvigionamenti che
hanno superato le 170 mila tonnellate in ragione annua, ma con
provenienza maggioritaria dalla stessa Cina anche attraverso
l’intermediazione di Hong Kong e che hanno consentito di incrementare
apprezzabilmente il ventaglio delle disponibilità ed il carico delle linee
di segheria. La struttura portante dell’industria lapidea indiana,
comunque, è la vendita dei grezzi silicei, pervenuti a quasi 3,8
milioni di tonnellate, con un incremento del 28,6 per cento rispetto
l’anno precedente che in valore sale addirittura al 44,5 p e r c e n to ,
c o n u n a r i v a l u ta z i o n e d e l prezzo medio pari ad oltre dodici punti.
Non meno importanti sono stati i progressi conseguiti dall’India nella
distribuzione del prodotto finito, che per la prima volta ha oltrepassato il
milione di tonnellate, con una crescita del 15,6 per cento in
quantità e del 21,9 in valore, ed un prezzo medio pervenuto a 37
dollari per metro quadrato equivalente. Il mercato prioritario risulta
quello statunitense, con il 31,7 per cento del volume spedito ed il
36
E’ il prezzo medio totale a cui la Corea del Sud ha importato i lavorati speciali (cod. 68.02) nel 2007.
352
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
40,7 per cento del valore, seguito da Emirati, Regno Unito,
Germania e Spagna, mentre le vendite del grezzo si sono dirette
soprattutto in Cina, in Italia, ed ancora in Gran Bretagna (tre paesi
che hanno assorbito da soli i tre quinti delle spedizioni indiane).
Tab. n.93 - India: prezzo medio delle esportazioni per categoria. Anni 20052007
calcari grezzi
USD/Tonn
2005/2006
120,12
2006/2007
119,33
silicei grezzi
USD/Tonn
2005/2006
134,88
2006/2007
151,37
lavorati speciali
USD/mq
2005/2006
35,13
2006/2007
37
Fonte: propria elaborazione su dati COMTRADE
Tra i paesi asiatici in forte sviluppo, bisogna citare anche Taiwan,
se non altro per il fatto di esprimere la più alta capacità segante
procapite dopo quella europea, e p e r u n ’ i mp o r ta z i o n e , i n l a r ga
mi su r a grezza, nell’ordine di 1,6 milioni di tonnellate, provenienti
prioritariamente dalla Cina e dall’India; senza dire dell’Iran, che
conta su consolidate posizioni interne e si giova, per quanto riguarda
l’export, di una domanda cinese in grado di assorbire circa 450 mila
tonnellate di calcarei grezzi, pari al 78,8 per cento del totale, mentre le
spedizioni in Italia, Malaysia e India seguono a forte distanza. Le vendite
iraniane del prodotto finito, invece, sono più equilibrate dal punto di
vista delle destinazioni, dove si distinguono quelle in Kuwait,
Emirati, Azerbaijan ed Arabia Saudita, confermando l’esistenza di un
apprezzabile
fenomeno
di
macro-regionalizzazione
distributiva
certamente non unico; e dove il tasso di crescita è relativamente più
contenuto, nonostante la vigenza di quotazioni molto competitive,
fatta eccezione per il materiale destinato al Kuwait.37
37 II prezzo assai competitivo dell’esportazione iraniana di lavorati, spesso inferiore ai dieci
dollari per metro quadrato equivalente, con minimi assoluti al di sotto di cinque dollari per le
vendite in Qatar ed Arabia Saudita, fa presumere che possano esistere problemi di
classificazione doganale e di commistione fra i codici 68.01 (manufatti semplici) e 68.02
(manufatti con valore aggiunto). Resta il fatto che si tratta di quotazioni riflessive, ed in
353
CAPITOLO 9
Tab. n.94 - Iran: esportazione di calcarei grezzi (cod. 25.25), in tonnellate, anno 2007
Calcarei grezzi (25.15)
Cina
447.569
Italia
42.587
Malaysia
22.092
India
9.468
Hong Kong
7.297
Taiwan
4.365
Totale
567.786
Fonte: propia elaborazione dati ICE
Tab. n.95 - Iran: esportazione di lavorati38 semplici e speciali (cod. 68.02 e 68.03), in
tonnellate, anno 2007
lavorati
prezzo
USD/mq
Kuwait
34.294
23,5
Emirati
33.513
7,68
Azerbaijan
23.041
8,21
Arabia Saudita 21.212
4,64
Italia
5.165
5,37
Turchia
4.068
//
Qatar
3.472
4,12
Cina
1.960
//
Totale
179.996
10,25
Fonte: propia elaborazione dati ICE
Il primato cinese, insomma, è fuori discussione, ma in Asia esistono
diversi paesi che possono competere positivamente sul mercato
internazionale della pietra e crescere in proporzione ad una domanda
globale sempre più vivace. Del resto, quelli in controtendenza, come le
Filippine, costituiscono le eccezioni, mentre un ruolo di grande
rilievo, non solo per quanto attiene all’intermediazione, continua ad
essere espresso anche da realtà puntiformi come Hong Kong e
Singapore. In definitiva, se il mondo lapideo cammina velocemente,
quello asiatico corre, e non sembra per nulla propenso a rallentare il suo
sviluppo.
controtendenza rispetto alla media; e che l’export dall’Iran, segnatamente di prodotti finiti, è
inferiore alle rilevanti potenzialità settoriali di questo paese. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”,
Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
38 Per lavorati si intendono sia quelli di natura silicea (graniti) sia calcarea (marmi e travertini).
354
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.3.10 Una grande Turchia
Nell’ultimo ventennio il mondo lapideo ha progredito con accelerazioni
impensabili, ma in alcuni paesi la crescita è stata veramente esponenziale. Un
caso tipico, anche per l’importanza delle cifre assolute, è quello della Turchia,
che è stata favorita dalla disponibilità di riserve accertate di gran lunga
superiori alla media,39 da un’alta propensione ad investire e dalla qualità delle
sue produzioni di grezzi e di lavorati, conformi alle esigenze di una domanda
internazionale sempre più selettiva. Ne è conseguito uno sviluppo di
lungo periodo, soprattutto nell’export, che ha assunto tutte le caratteristiche
del trend, in progressiva ed inarrestabile crescita.
Sono parecchi i materiali turchi esclusivi, che hanno dato un contributo
importante al successo dell’industria lapidea locale, dai marmi cristallini ai
colorati ed alle diverse varietà di travertino, ma un apporto non trascurabile è
venuto dalla professionalità trasformatrice, anche in settori di nicchia come
quelli dell’oggettistica, e soprattutto del mosaico, dove la Turchia può vantare
una condizione d’indubbio primato. Va aggiunto che un’ampia maggioranza
delle produzioni è concentrata nei comprensori occidentali, dove sono
fruibili infrastrutture adeguate sia dal punto di vista viario che da quello
portuale; ma che l’estensione delle riserve anche agli altri assicura ulteriori
ampie potenzialità, ben oltre gli eccezionali livelli già acquisiti (in base ai
volumi produttivi odierni è stato stimato che le disponibilità accertate
permettano la prosecuzione dell’attività estrattiva e trasformatrice per settemila
anni).
Nel 2007, il valore dell’esportazione turca è stato pari a 1,24 miliardi di
39
In Turchia, estrazione e lavorazione del marmo sono attività molto antiche, tanto è vero che il
primo telaio per la segagione manuale della pietra fu avviato ad Efeso circa duemila anni
or sono. Ne consegue che i giacimenti più noti, a cominciare da quello classico di Marmara, da
cui avrebbe tratto origine la denominazione del materiale, sono stati oggetto di ricerche esaustive e
di conoscenze sistematiche, anche se il contributo più rilevante è sopraggiunto negli ultimi
decenni a supporto dell’industrializzazione intensiva, grazie ai rapporti molto collaborativi
del mondo operativo con quello scientifico, ed in particolare con l’Università di Afyon. Stime
recenti fanno ascendere il cubaggio delle riserve di lapidei accertate in Turchia a circa due
quinti di quelle mondiali. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
355
CAPITOLO 9
dollari, con un incremento di ben 37 volte nei confronti del 1991, quando le
spedizioni all’estero si erano fermate a poco più di 33 milioni.
Dal canto suo, il valore medio per unità di prodotto, sia pure attraverso
oscillazioni diffuse, si è mantenuto sostanzialmente stazionario: è un
risultato apprezzabile, visto lo straordinario sviluppo delle quantità
vendute, conforme all’espansione delle disponibilità, soprattutto di travertino e
di marmo, ed alla dinamica della domanda mondiale.
Dal punto di vista del valore aggiunto e delle iniziative di verticalizzazione
che l’hanno sorretta, la crescita più interessante è stata quella del prodotto
finito, passato dai 24 milioni di dollari del 1991 ai 925 del 2007, con un balzo
di circa 39 volte, mentre le quantità corrispondenti sono salite da meno di
un milione e mezzo di metri quadrati equivalenti, allo spessore
convenzionale di cm. 2, ad oltre 37 milioni, con un balzo di 26 volte. Il
prezzo è lievitato da 16,70 a circa 24,90 dollari per metro quadrato, facendo
registrare un arretramento significativo proprio nel 2007, indotto dalle
modificazioni dei “mix” a favore di materiali più correnti, e naturalmente, dalla
minore ricettività del mercato americano, di gran lunga il primo per l’export
turco di lavorati.
Tab. n.96 - Turchia: prezzi medi al metro quadrato delle esportazioni di lavorati dal
1991 al 2007; valori in dollari americani
Anno
‘91
‘92
‘93
‘94
‘95
‘96
‘97
‘98
‘99
‘00
‘01
‘02
‘03
‘04
‘05
‘06
‘07
Prezzo 16,70 17,18 19,38 16,96 17,36 16,69 14,68 14,28 16,85 18,24 20,40 20,42 26,32 23,90 26,46 29,08 24.86
Fonte: propria elaborazione dati ICE/TUMMER
La destinazione quantitativamente più importante è quella cinese, per
effetto delle spedizioni di blocchi: sempre nel 2007, il volume delle vendite
turche in Cina è pervenuto a 1,4 milioni di tonnellate, con un aumento del
41,2 per cento rispetto il 2006 che risulta tra i più alti, ed è stato superato nei
soli casi di Italia e Francia, relativi a consistenze assai meno importanti. In
effetti, la Cina ha assorbito il 28,8 per cento dell’esportazione turca in quantità
356
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
nel 2007, ma il 17,4 per cento di quella in valore, dove è largamente
superata dagli Stati Uniti, che nonostante una piccola flessione nei
confronti del 2006 hanno acquistato merci per oltre 386 milioni di dollari, pari
a circa un terzo del totale.
Tab. n.97 - Turchia: esportazioni totali40 verso i due maggiori mercati U.S.A. e Cina;
anni 2006 e 2007, dati in valore e quantità
tonn.
2006
000 USD
U.S.A. 646.409
Cina 965.358
Totale 3.758.700
387.318
146.801
1.027.400
tonn.
2007
000 USD
638.767
1.362.631
4.736.800
386.305
216.668
1.242.460
variaz. 07/06
quantità
valore
-1,2
41,2
+26.0
-0,2
47,6
+20.9
Fonte: propria elaborazione dati IMMIB41
A parte il Nord America, le spedizioni turche sono in aumento dovunque, a
dimostrazione di un diffuso gradimento da parte dei mercati. Il successo
percentualmente maggiore è stato registrato in Italia, i cui acquirenti di
travertino grezzo hanno trovato motivi di convenienza nel rapporto con
una produzione locale capace di garantire continuità ed omogeneità nelle
forniture e prezzi ragionevolmente competitivi, ma ottimi risultati sono
stati conseguiti anche in Gran Bretagna, terzo paese importatore, grazie
soprattutto ai manufatti; in Spagna ed in Grecia, dove il ventaglio delle
disponibilità domestiche ha trovato modo di espandersi in modo notevole
con l’apporto dei materiali turchi; in Israele con cui esiste un rapporto
commerciale ormai consolidato; e naturalmente, con gli altri paesi dell’area
mediterranea, del Medio Oriente e dell’ex Unione Sovietica, a cominciare dalla
Russia e dall’Ucraina.
E’ congruo aggiungere che il comparto lapideo turco ha trovato
40
Dal 2006 compreso il governo turco ha deciso di limitare la diffusione dei dati sul suo settore
lapideo, ritenendolo un settore sensibile e strategico per l’economia nazionale. Non è quindi possibile
suddividere le esportazioni tra i blocchi grezzi ed i lavorati. Dal trend degli anni passati ed analizzando
il valore dell’export si può affermare che la maggior parte delle esportazioni verso gli U.S.A. sono di
lavorati e quelle verso la Cina sono quasi esclusivamente di blocchi grezzi.
41 IMMIB = The union of the associations of mineral, metal, chemical, electrical, electroincs and
machinery exporters. www.immib.org.tr
357
CAPITOLO 9
importanti supporti al suo sviluppo nella presenza di produzioni
tecnologiche affermatesi rapidamente, in specie sul mercato domestico, e
nel consueto rapporto preferenziale con i costruttori italiani di macchine, e
tutti quelli dei mezzi di cava. Considerazioni analoghe valgono per le
attenzioni promozionali, che si traducono in diffusi interventi dei marmisti
locali alle maggiori fiere estere, ma anche nella proliferazione delle
iniziative domestiche: oggi, in Turchia si tengono tre manifestazioni annuali,
da quella di Izmir, affermatasi da tempo come una delle maggiori a livello
mondiale, alle più recenti di Istanbul ed Antalya.
La Turchia sta dimostrando che la propensione ad investire ed a
valorizzare una risorsa genuina e naturale come quella del marmo e della
pietra induce risultati di notevole soddisfazione, soprattutto quando sia
integrata da
alti
livelli di
professionalità e da adeguate attenzioni
istituzionali.
9.3.11 Altri protagonisti: Brasile, Norvegia, Finlandia, Sudafrica, Spagna,
Portogallo, Italia
L’espansione del comparto lapideo è un fenomeno sostanzialmente
universale, che coinvolge una larga maggioranza di paesi: ora con apporti
rilevanti di estrazione e trasformazione, ora con alte quote di consumo.
Ciascuno, per quanto possibile, partecipa in misura conforme alle
proprie dimensioni, ma tutti sono consapevoli delle grandi opportunità
offerte da marmi e pietre e del ruolo strategico che il lapideo va assumendo
nell’economia contemporanea. Proprio per questo, al di là delle priorità
produttive e distributive documentate dai grandi numeri dei nuovi
paesi leader, non sono pochi gli altri protagonisti a cui è congruo accennare
rapidamente.
358
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Il primo riferimento compete al Brasile, che del resto è quasi un
continente, e le cui produzioni si sono andate ampliando con forti
accelerazioni, sia nel grezzo che nel lavorato, con riguardo prioritario al
granito, e più recentemente anche all’ardesia.42 Ciò si deve ad un
mercato interno in forte tensione ma prima ancora, alla pressione di
una domanda estera già elevata per i blocchi, e da qualche anno in
grande sviluppo anche nell’ambito del valore aggiunto, in specie negli
Stati Uniti. Nel 2007, l’export di grezzi ha visto spedizioni per 1,18 milioni di
tonnellate e per 194 milioni di dollari, con flessioni rispettive del 5,7 e del
2,9 per cento nei confronti dell’anno precedente, che sono state
recuperate, almeno quanto a valore, nei prodotti finiti, dove si sono
esportate merci per 917 mila tonnellate e per 754 milioni di dollari, con una
riduzione di un punto nelle quantità e una crescita di sei nei flussi valutari
corrispondenti. Il prezzo medio di vendita di silicei grezzi è stato nel 2006 di
160,49 US$/ton e nel 2007 di 165,29 US$/ton.
Quanto alle destinazioni, Italia e Cina hanno assorbito la maggioranza
delle spedizioni grezze, con incidenze rispettive in valore del 41 e del 26,1 per
cento, ma con importanti aumenti dei carichi per Taiwan e per la Turchia,
mentre i prezzi medi risultano abbastanza stazionari, fatta eccezione per quelli
spuntati in Italia, dove i produttori brasiliani hanno messo a segno un
aumento del 9,2 per cento (da 185,89 US$/ton del 2006 a 203,04 US$/ton nel
2007).
Nei lavorati, la preminenza degli acquisti statunitensi è rimasta assoluta, con
il 79,7 per cento delle quantità vendute e l’82,5 per cento del valore
corrispondente, mentre il prezzo medio, in crescita da 42,70 a 46 dollari per
42
L’espansione lapidea del Brasile, pur avendo privilegiato gli stati tradizionali (Espirito Santo,
San Paolo, Bahia), si è progressivamente estesa a gran parte degli altri, con espressioni
talvolta accentuate nel Minas Gerais, secondo produttore mondiale di ardesia, nel Cearà, e
persino nei contesti più lontani dell’Amazzonia, dove non sono mancati notevoli interventi di
verticalizzazione, come in Rondonia. Ne sono scaturiti incrementi altrettanto significativi dell’occupazione diretta, che oggi viene stimata in 120 mila addetti altamente
professionalizzati, cui vanno aggiunti tutti quelli dell’indotto. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”,
Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
359
CAPITOLO 9
metro quadrato equivalente, ha ascritto una rivalutazione del 7,7 per cento,
tanto più apprezzabile alla luce delle condizioni non ottimali del mercato
nordamericano. E’ da notare che dopo gli Stati Uniti, i maggiori acquirenti del
manufatto brasiliano sono Venezuela, Canada e Messico, cui si aggiungono
discreti volumi diretti anche in Argentina (a 28,64 US$ per metro quadrato),
Colombia e Cile, mentre le spedizioni in Europa sono minime.
L’ardesia, come si è detto, è diventata una voce non trascurabile
nell’economia lapidea del Brasile, con esportazioni che nel 2007 hanno sfiorato
le 230 mila tonnellate ed i 95 milioni di dollari, in crescita rispettivamente del 6,2
e del 16,4 per cento e destinazioni prioritarie, nell’ordine, in Gran Bretagna,
Spagna e Stati Uniti; anche in questo caso, con un buon aumento della
quotazione media, che si è ragguagliato ai 9,5 per cento, da 20,35 US$ per
metro quadrato (spessore 3cm) a 22,28 US$.
Tra gli altri produttori di livello, basta rammentare che quelli scandinavi,
guidati da Finlandia e Norvegia, hanno confermato anche nel 2007 posizioni
ormai consolidate all’insegna di tradizionali attenzioni per la politica di qualità
e per una distribuzione calibrata, mentre il Sudafrica, forte di una
struttura estrattiva notevolmente concentrata, ha accentuato il
carattere oligopolistico della sua strategia tecnico-commerciale, e di
conseguente difesa del prodotto 43. In Europa, la Spagna ha ribadito la
43
I numeri settoriali nazionali del Sudafrica non sono esaltanti, con una produzione estrattiva che,
dopo diverse oscillazioni relativamente contenute, ha finito per riportarsi nel 2007, sui livelli di 12 anni
prima, al di sotto del milione di tonnellate. Il punto forte del Sudafrica è che estrae quasi
completamente granito nero a grana molto fine, di elevatissima qualità, che lo rende il primo
produttore al mondo per questa pregiata e ricercata pietra. L’export di grezzo è il vero punto di forza
(la verticalizzazione è limitata a non più di trenta telai, alcuni dei quali hanno già compiuto il normale
ciclo di ammortamento) ha raggiunto un nuovo minimo, di poco superiore alle 500 mila tonnellate,
contro le 900 mila di pochi anni or sono. I lavorati, infatti, interessano solo il mercato domestico,
perché le loro esportazioni pressoché stazionarie, non raggiungono il 10% di quelle grezze. Il
Sudafrica a prescindere dalle note vicende politiche, soffre di alcune strozzature specifiche, da
attribuire a motivazioni ormai cristallizzate, come i problemi di trasporto viario e ferroviario (le
maggiori cave distano parecchie centinaia di chilometri dal porto di Durban) aggravati da una
conflittualità sindacale endemica e dall’allungamento dei tempi di percorrenza; ma soprattutto ad un
sistema di concessioni che non promuove la necessaria certezza del diritto e scoraggia gli investimenti
nelle cave, con effetti altrettanto negativi a valle.
La struttura produttiva sudafricana, diversamente da quanto accade nella maggior parte degli altri
paesi produttori, è governata da un gruppo ristretto di soggetti, che hanno potuto operare più
facilmente alla luce di questa situazione, in una strategia di attenta difesa della qualità, ma nello stesso
360
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
sua vocazione bipolare di grande paese esportatore ed importatore, ed
ha iterato condizioni già note di leadership nel campo dell’ardesia,
mentre il Portogallo ha sottolineato la sua propensione a fare dei
lavorati semplici, ma non solo di quelli, un punto di forza del proprio
export.
Nell’ambito dei paesi consumatori, a parte le conferme scontate
della Germania e della Francia, o prima ancora, di quelle già descritte
di Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone, una forte disponibilità
all’incremento degli acquisti, e conseguentemente dei consumi, si è
registrata
già
da
qualche
anno
nel
Regno
Unito,
dove
la
valorizzazione del lapideo nell’attività edilizia e nella stessa funeraria ha
manifestato significative accelerazioni, ben dimostrate dal consuntivo
dell’import di silicei grezzi per il 2007, pari ad oltre mezzo milione di
tonnellate provenienti in larga maggioranza dalla Cina e soprattutto
dall’India, le cui propensioni alla produzione ed all’export di masselli
sono già state oggetto di valutazioni critiche.44
tempo hanno dovuto confrontarsi con le difficoltà pocanzi accennate e con la tipologia cromatica
delle loro riserve (la maggioranza è costituita dal Rustenburg e dalle sue varietà, che incide per circa 2/3
sulla produzione lapidea nazionale) e con un mercato sempre più alla ricerca di colori accesi.
In particolare, le difficoltà del rinnovo delle concessioni, che non possono basarsi neppure su
ragioni ambientali, perché gli operatori sono molto attenti al ripristino, dove hanno già investito mezzi
ingenti, rischiano di diventare un fattore negativo destinato ad incidere in misura significativa sui livelli
produttivi, qualora non sopravvenga una disponibilità conforme alle esigenze normali delle imprese
escavatrici.
Il granito del Sudafrica è un prodotto esclusivo, molto apprezzato sia nell’edilizia che nell’arte
funeraria e richiesto molto in Giappone, Cina, Hong Kong, Singapore, Londra, Los Angeles. Si spera
quindi che il Sudafrica possa far fronte a questi vincoli in maniera diplomatica e logica, per risolvere
non tanto i problemi di natura geografica e lontananza delle cave, quanto, per lo meno, quelli di natura
istituzionale e normativa che possano dare certezze e sviluppare il pragmatismo imprenditoriale.
(Fonte: “Resources on hold: South Africa – Risorse in Attesa: il Sudafrica”, in International Stone Magazine Il Giornale del Marmo, n.275 sett/ott 2008, Faenza Editrice, pagg. 16-18).
44 L’iniziativa di avviare presso i competenti Organi dell’Unione Europea un’istruttoria finalizzata
all’applicazione di misure antidumping nei confronti delle importazioni di lavorati speciali dall’India
e dalla Cina, e segnatamente di masselli funerari, promossa in modo particolare dall’industria lapidea
francese, è stata un indicatore non marginale delle preoccupazioni che sussistono nei paesi sviluppati a
fronte degli acquisti di prodotti con valore aggiunto, a prezzi molto competitivi. E’ appena il caso di
ricordare che tale iniziativa non ebbe seguito concreto perché non fu possibile dimostrare che
dette produzioni venivano effettuate sotto costo. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza
Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
361
CAPITOLO 9
L’informazione sui paesi settorialmente leader non può
prescindere,
infine,
da
quella
riguardante
l’Italia,
che
nel
panorama lapideo mondiale evidenzia le condizioni meno brillanti.
Infatti, la sua esportazione quantitativa del 2007, al netto dei
sottoprodotti, è sostanzialmente identica a quella di dodici anni prima,
con 3,3 milioni di tonnellate, ma con una quota di mercato che è
regredita dal 20,7 al 7,2 per cento, e con regressi ancora più forti nei
calcarei grezzi e nei lavorati speciali, dove i rispettivi “shares” si sono
ridotti all’11,7 ed al 9,2 per cento, ascrivendo perdite che in entrambi i
casi superano i 30 punti. Decrementi meno accentuati ma significativi si
sono avuti anche nelle quote dell’import. Il saldo dell’interscambio italiano è
sempre positivo nelle maggiori tipologie, fatta eccezione per i silicei grezzi, ma
nel totale l’eccedenza attiva a favore dell’export rimane contenuta, anche se
il 2007 ha visto un recupero di circa 160 mila tonnellate, con un
differenziale complessivo pari a poco meno di 700 mila. Va notato,
peraltro, che il mantenimento di tale eccedenza si deve soprattutto al
buon comportamento dell’export di calcarei grezzi, che nel 2007 ha
raggiunto il nuovo massimo storico, con un aumento dei 9,7 per cento
rispetto l’anno precedente e dei 62,9 per cento nei confronti del 1997,
mentre i lavorati con valore aggiunto evidenziano una tendenza critica che
è comune agli altri manufatti e si è tradotta, sempre nel 2007, in flessioni
di circa un punto nel ragguaglio al 2006, ma di oltre 28 punti in quello al
1997.
Queste cifre attestano che l’Italia, nonostante la buona difesa delle
cifre assolute, è un paese in sostanziale controtendenza e che in quanto
tale ha bisogno d’attenzioni specifiche in campo finanziario, organizzativo
e promozionale. Del resto, il suo patrimonio di professionalità e di
tradizioni rimane insuperato: un buon motivo in più per assicurarne la tutela
e lo sviluppo.
362
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.3.12 L’espansione degli impieghi di materiali lapidei
Le applicazioni prevalenti del prodotto finito sono sempre destinate
all’edilizia (ed innanzi tutto, ai pavimenti ed ai rivestimenti), con una
quota pari a tre quarti del totale, che nel lungo periodo ha visto un
forte incremento nei lavori speciali, come quelli per i bagni e le
cucine, dove il progresso tecnologico ha ampliato gli orizzonti
dell’impiego in misura un tempo impensabile. Fra gli utilizzi
alternativi, restano importanti, in primo luogo, quelli nella funeraria
e nell’arredo urbano, ed in misura minore, nel decoro degli interni,
nell’arte plastica e nell’oggettistica. Preme evidenziare, al di là
delle singole destinazioni, che negli ultimi dodici anni l’incremento
medio di uso di materiale lapideo è stato del 12 per cento, e che in
cifra assoluta si è tradotto in una crescita superiore ai 650 milioni di
metri quadrati equivalenti. Un’espansione tanto importante sta a
dimostrare che le opportunità di sviluppo del settore lapideo sono ampie e
diffuse, in specie quando siano supportate dal progresso tecnico, dal
contenimento dei costi produttivi e dalla propensione ad investire che sono
fattori indispensabili alla promozione della domanda ed alla maturazione
di scelte consapevoli da parte del momento progettuale, delle imprese
edili e di tutta la clientela.
In un settore come il lapideo, che a livello di lavorati produce
generalmente su commessa (fatta eccezione per volumi ridotti di pezzi
modulari, ed in particolare di pavimenti a misure unificate), a
differenza di quanti seguono una politica di magazzino, l’andamento degli
utilizzi non si differenzia in modo significativo da quello delle
produzioni, con volumi globali d’impiego che tendono a coincidere
con quelli dei manufatti usciti dalle unità di trasformazione.
Peraltro, ai vertici delle graduatorie d’impiego non si trovano i soli
paesi leader nell’ambito estrattivo ed in quello della trasformazione, ma
363
CAPITOLO 9
anche i massimi consumatori: fra i cinque leader, tre appartengono
al primo gruppo (Cina, India, Italia), e due al secondo (Stati Uniti e
Corea del Sud). Sia pure con un impatto necessariamente differenziato
alla luce di potenzialità demografiche, attività edilizia e reddito procapite, nella quasi totalità dei casi i consumi sono in aumento, in
specie nel confronto di lungo termine.
Negli ultimi sette anni, l’impiego lapideo mondiale si è portato
dai 710 milioni di metri quadrati equivalenti del 2001 ai 1.130
milioni del 2007, con una crescita complessiva nell’ordine del 60
per cento, mentre quella nei confronti del 2006 è stata pari all’11,6
per cento. I progressi più consistenti in cifra assoluta si sono avuti in
Cina e negli Stati Uniti, che non a caso figurano ai primi due posti, ma
sul piano ponderale l’espansione più forte di lungo periodo si è avuta
in Gran Bretagna, con ottimi risultati anche in Brasile, Corea del Sud e
India, dove l’impiego è sostanzialmente raddoppiato, mentre i paesi
in controtendenza si limitano alla Germania, quasi stazionaria, ed
al Giappone, dove il regresso è stato più accentuato.
Nel breve periodo, a parte gli aumenti superiori alla media
registrati in Cina, ma anche in Turchia ed in Corea, non sono pochi i
paesi che nel 2007 non sono riusciti a confermare le quote dell’esercizio
precedente: diminuzioni di rilievo sono state rilevate in Arabia Saudita
ed a Taiwan, ed in misura minore, in diversi paesi europei, quali
Italia, Spagna, Francia e Portogallo, dove la flessione è comunque
circoscritta, dal minimo di un punto ad un massimo di quattro.
Al pari di quanto accade nella produzione e nell’interscambio,
anche nel consumo esistono tassi rilevanti di concentrazione. Infatti,
i primi dieci paesi, tra cui quattro asiatici, quattro europei e due
americani, esprimono il 56 per cento del totale, con un’incidenza di
poco inferiore a quella del 2001, quando la loro quota complessiva
aveva raggiunto il 57,2 per cento. L’evoluzione delle quote d’impiego,
364
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
in ogni caso, è piuttosto vischiosa: negli ultimi sette anni, sono
soltanto tre i paesi che hanno ascritto una variazione positiva superiore al punto percentuale (Cina, Stati Uniti, India), e cinque
quelli che hanno evidenziato analoga variazione negativa (Ita l i a ,
S p a gn a , Ge r ma n i a , F r a n c i a e Giappone).
Tab. n.98 - quota di consumo di prodotti lapidei lavorati dei primi dieci consumatori
mondiali, anno 2007
Paesi
China United States India Italy Spain South Korea Germany France Japan Brazil
Quota di
14.5%
9.9%
6.2% 5.7% 4.4%
4.3%
3.7%
2.7% 2.5% 2.3%
consumo
Fonte: propria elaborazione su database di “Stone Sector” e “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con
Il Sole 24 Ore, a cura di C. Montani
Un parametro importante di valutazione è costituito dall’impiego
pro-capite, che nel periodo in esame è salito in modo regolare da
un anno all’altro, portandosi dagli 11,7 metri quadrati ogni cento
abitanti contabilizzati nel 2001 ai 18,4 del 2007, con una crescita media di
oltre un punto in ragione annua. In questa graduatoria molte
posizioni si rovesciano, con Cina, India e Brasile che si trovano
nella retroguardia, mentre ai vertici figurano diversi paesi europei:
nell’ordine, Belgio, Svizzera, Grecia, Portogallo, Spagna, Italia, che
possono vantare un consumo superiore al metro quadrato per
abitante (rapporto che in ambito extra-europeo sussiste nei soli
casi di Corea del Sud e Taiwan). Livelli notevolmente più bassi di
impieghi unitari si trovano, invece, in Germania, Francia, Gran
Bretagna, Stati Uniti e Giappone, quasi a sottolineare la permanente
utilità di adeguate azioni promozionali, ben dimostrata dal successo
specifico di paesi come il Belgio, che cinque anni or sono era sesto,
ed ora è primo, avendo raddoppiato il proprio consumo pro-capite;
o come il Regno Unito, che pur partendo da volumi decisamente più bassi
lo ha quasi triplicato.
Se
il
2006
deve
essere
ricordato
perché
coincise
col
365
CAPITOLO 9
raggiungimento di un traguardo storico come quello dei miliardo di
metri quadrati equivalenti impiegati e posti in opera, il 2007 ha fatto
registrare un ottimo consolidamento di tale risultato, e posto le basi di
ulteriori espansioni, in specie nelle economie mature caratterizzate da
livelli non elevati di consumi unitari.
Si diceva che il settore lapideo non produce per magazzino, ma
l’assunto, valido per i lavorati, non lo è sempre a livello di grezzi,
dove può essere conveniente praticare politiche di stoccaggio, quando
siano prevedibili incrementi considerevoli dei costi a breve termine ed
escursioni atipiche dei cambi, o siano ipotizzabili difficoltà di altra
natura, come quelle nei rapporti con le organizzazioni sindacali o con
la gestione delle infrastrutture. A questo riguardo, peraltro, non sembra
che recentemente i depositi dei blocchi e dei semilavorati siano stati
oggetto di apprezzabili incrementi; al contrario, ha prevalso la tendenza
a prevenire gli immobilizzi e gli oneri finanziari che vanno a
determinare. Del resto, in una congiuntura come quella odierna,
caratterizzata
da
un
notevole
ampliamento
della
domanda
mondiale fino il 2007 e una possibile forte recessione dopo la stasi
del 2008, la creazione di riserve da destinare a magazzino non è
facile, specialmente per i materiali più richiesti dai grandi mercati
consumatori, ed in particolare, per quelli a pigmentazione accesa.
Gli impieghi, come si è detto, sono molto diversi da un paese
all’altro, non solo per il volume di marmi e pietre posti in opera, ma
per il tasso di gradimento da parte degli utilizzatori e per gli stessi
valori motivazionali attribuiti al materiale di natura da parte del
progettista,
dell’impresa
di
costruzione e del cliente finale.
Tuttavia, il trend di espansione in atto quasi dovunque consente di
affermare che, al di là delle differenze, esiste una convergenza di
fondo
per
quanto
riguarda
la
valorizzazione
dei
caratteri
tecnologici ed estetici del prodotto lapideo, ed il riconoscimento della
366
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
sua idoneità, da un lato, ad avviare o potenziare strategie di
sviluppo economico, e dall’altro, ad ottimizzare gli ambienti, e con
essi la qualità della vita.
9.3.13 Valori competitivi e crescita possibile
Il mondo lapideo, a fronte di un interscambio che nel 2007 è pervenuto ad
oltre 46 milioni di tonnellate, e prima ancora, di una produzione capace di
raggiungere nuovi massimi da un anno all’altro, ha dato luogo a movimenti
valutari che a loro volta sono cresciuti più rapidamente delle quantità, alla luce di
un comportamento sostanzialmente fisiologico dei prezzi. In conseguenza, è
stato raggiunto un altro risultato particolarmente significativo, che ha consentito
di superare un traguardo di rilievo: quindici miliardi di dollari.
A livello di export, sono stati sei i paesi che, grazie a spedizioni per valori di
oltre un miliardo, hanno dato un contributo decisivo allo sviluppo degli
scambi, e quindi, degli impieghi e della stessa produzione: nell’ordine, Cina,
Italia, India, Spagna, Turchia e Brasile, per un totale nell’ordine del 72 per
cento, che evidenzia in modo molto chiaro l’importanza assunta dalla
concentrazione delle vendite all’estero. E’ il caso di rilevare che l’aumento
globale del 2007 è stato del 19,7 per cento, superiore di circa otto punti a quello
dei volumi, mentre nel lungo periodo il valore risulta quasi triplicato rispetto a
quello del 2001, con un aumento medio del 31,2 per cento in ragione annua.
L’aumento dell’interscambio in valore, nel ragguaglio allo stesso 2001, è stato
quasi doppio rispetto a quello delle quantità. Ciò dimostra che il
prodotto, nonostante la normale difficoltà di adeguare i prezzi ai
costi crescenti, specialmente nei contesti sviluppati, è stato in grado
di governare l’offerta nella necessaria salvaguardia dell’equilibrio
gestionale, e quindi, di un ragionevole effetto moltiplicatore, senza
pregiudizi per la domanda e per la normale dinamica del mercato.
Per quanto concerne i singoli paesi, l’aumento marginale più
367
CAPITOLO 9
rilevante del valore esportato è stato ascritto dall’India, con il 37,4
per cento, mentre a lungo termine hanno prevalso Turchia e
Brasile, con un saggio d’incremento superiore persino a quello della
Cina: ciò si deve al fatto che le spedizioni da questi paesi si sono
andate evolvendo da una struttura composta in prevalenza da
materiali grezzi ad un “mix” in cui il valore aggiunto è diventato sempre
più determinante, ed anzi, maggioritario. Le crescite più contenute,
invece, si sono avute in Italia ed in Grecia; nel primo caso, a fronte di
un export in cui i lavorati erano sempre stati molto prevalenti, e
quindi, di una composizione più omogenea delle spedizioni; e nel
secondo, di un flusso valutario assai meno importante in cifra
assoluta.
Nell’importazione, invece, apporti determinanti sono venuti dai
due paesi che hanno effettuato acquisti per oltre un miliardo, vale a
dire Stati Uniti e Cina, i cui approvvigionamenti hanno espresso, da soli,
il 31 per cento dei totale. Le crescite più significative di lungo periodo,
peraltro, sono state espresse dalla Corea del Sud, e soprattutto dagli
“others”, quasi a sottolineare, diversamente da quanto è accaduto
nell’export,
una
distribuzione
più
articolata
ed
una
diffusione
tendenzialmente capillare dei consumi. Unico paese in controtendenza risulta il Giappone, che nel 2007 ha espresso un valore degli
acquisti uguale a quello del 2001; ma un aumento inferiore alla
media, tanto a breve quanto a lungo termine, è stato ascritto anche
dall’Italia, dove le difficoltà produttive e distributive hanno coinvolto la
trasformazione dei materiali importati.
Quindici miliardi di dollari sottintendono che il flusso valutario
dell’interscambio lapideo è stato pari a 60 milioni di dollari per ogni giorno
lavorativo: cifra non meno idonea a porre in evidenza il rilievo assunto da
marmi e pietre nell’economia mondiale, tanto più che deve essere integrato
dal volume d’affari dei mercati domestici. Del resto, la forbice tra sviluppo
368
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
economico complessivo, attestato dalle variazioni del prodotto lordo, ed
espansione specifica del settore, ha confermato anche nel 2007 il trend di
lungo periodo, omogeneo a quello che esprime il differenziale tra interscambio
globale ed eximport lapideo. Non è certamente un caso che dal 1990 in poi la
produzione mondiale sia cresciuta del 7,5 per cento in ragione annua mentre il
PIL ha progredito del 3,2 per cento; e nemmeno che l’interscambio del
comparto si sia incrementato di oltre nove punti per anno, mentre quello del
sistema economico globale ha progredito di un pur notevole 4,6 per cento.45 Lo
sviluppo della produzione lapidea non ha mai avuto soluzioni di continuità, al
di là delle oscillazioni fisiologiche nei tassi di crescita, mentre quello
dell’interscambio ha conosciuto un regresso, peraltro contenuto, nel solo
1998, quando la congiuntura mondiale fu condizionata da un rallentamento
notevolmente più accentuato. Tutto ciò non è accaduto senza buoni ed
apprezzabili motivi.
Quelli della pietra sono numeri e valori competitivi, nel senso che
affermano la capacità trainante del comparto e la sua propensione ad una
crescita superiore alla media, che trae origine non casuale dal carattere naturale
del prodotto, dalle sue prerogative tecnologiche e cromatiche obiettivamente
singolari, e da forti tradizioni d’impiego altrettanto straordinarie, capaci di
indurre preferenze motivazionali durevoli e consolidate.
La capacità di sviluppo del comparto lapideo e del suo indotto,
in misura notevolmente superiore a quella del sistema economico
mondiale, si è manifestata con rinnovata forza propulsiva anche nel
2007, ed ha consentito a marmi e pietre di conseguire ulteriori
massimi
in
produzione,
scambi
e
consumi,
con
risultati
obiettivamente straordinari. Negli impieghi, dove già dall’anno precedente era
stato raggiunto il traguardo non soltanto simbolico del miliardo di metri
quadrati prodotti e posti in opera, si è registrato un aumento di circa
45
Si veda inoltre “World Economic Outlook-World Economic and Finacial Surveys”, april 2008, a cura di
International Monetary Fund in www.imf.org
369
CAPITOLO 9
12 punti, mentre la movimentazione internazionale è pervenuta a 46
milioni di tonnellate, con una maggioranza sempre più ampia del
prodotto finito e quindi, del trasferimento di valore aggiunto.
A volte, si è detto e ripetuto che il settore sarebbe entrato in una fase
involutiva, dove i fattori critici sono destinati a prevalere, ma l’assunto non
poteva essere smentito in modo più netto, grazie all’andamento
favorevole della congiuntura lapidea mondiale, che ormai da tanti anni
ha assunto i caratteri essenziali del trend.
Questa crescita non è un fatto casuale, ma un fenomeno che dura, e
coinvolge quasi tutti i paesi, perché le sue motivazioni sono determinate da
elementi oggettivi, ed in primo luogo dalla legge della domanda e
dell’offerta. In effetti, lo sviluppo lapideo non avrebbe potuto manifestarsi
in modo tanto rilevante senza l’aumento fisiologico della popolazione, il
progresso tecnico talvolta eccezionale, la conseguente espansione della
produttività, ed il contributo della mondializzazione all’aumento degli
scambi e degli utilizzi, ma un apporto non meno decisivo è venuto dalle
maggiori attenzioni per marmi e pietre da parte di progettazione, imprese edili
e clientela; e prima ancora, da una moderna consapevolezza imprenditoriale
del bisogno di ottimizzare la competitività delle aziende, e quindi, di investire.
E’ logico ritenere che le correlazioni di causa ed effetto fra tutti questi
fattori debbano tradursi nella prosecuzione della tendenza positiva a medio e
lungo termine, in specie se gli interventi istituzionali nel campo delle
infrastrutture e dell’incentivazione agli investimenti saranno conformi alle
ampie potenzialità del mercato ed alla rilevanza socio-economica del
comparto.
Alcuni paesi possono contare su livelli di espansione settoriale conseguiti
senza bisogno di supporti esterni, fatta eccezione per l’inquadramento
dell’attività estrattiva e trasformatrice in una legislazione molto disponibile, e
nell’assenza dei vincoli normativi presenti altrove. Basti pensare alla Cina,
che nel 2007 ha superato gli 11,5 milioni di tonnellate esportate, esprimendo
370
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
oltre un quarto delle spedizioni mondiali con destinazione estera, ma anche
alla Turchia, il cui tasso di sviluppo quantitativo è leader mondiale nell’ambito
di marmo e travertino; all’India, dove la tradizionale preferenza per la politica
del grezzo e del semi-lavorato si evolve verso scelte alternative di
verticalizzazione, tra cui quelle rivolte a produzioni di nicchia, quali i masselli
funerari; ed al Brasile, dove l’analoga propensione all’export dei blocchi di
granito ha lasciato spazio maggioritario ai manufatti, grazie alla forte
progressione del mercato statunitense. Al contrario, in altri paesi, dove
l’esigenza di interventi istituzionali è più avvertita, le quote di mercato sono
statiche, se non anche in diminuzione: è il caso di taluni stati europei, a
cominciare dall’Italia, le cui esportazioni, pur essendosi incrementate in valore,
ed avendo conservato i precedenti livelli quantitativi in cifra assoluta, sono
scese al 7,2 per cento del volume totale nei materiali, rispetto al 21 per cento del
1995, con un distacco sempre più accentuato nei confronti di Cina, India e
Turchia, che la precedono nell’ordine. Lo stesso dicasi per le tecnologie, ed in
particolare per l’export di macchine, dove la quota italiana, che un tempo
costituiva la maggioranza assoluta, si è ridotta al 35 per cento.
Ciò vuol dire che l’intervento assume carattere di maggiore urgenza nelle
economie mature, dove sono necessarie adeguate misure di contenimento dei
costi, con riguardo prioritario a quelli dove le divergenze rispetto ai paesi
in via di sviluppo sono più condizionanti. E’ sufficiente pensare al
differenziale, talvolta di grande ampiezza, nelle tariffe di fornitura dell’energia
ed alle incidenze degli oneri indiretti sulla manodopera, dove esistono
escursioni ancora più rilevanti. Del resto, gli adeguamenti dei prezzi medi,
che nel 2007 hanno interessato parecchi paesi produttori sia nel campo
lapideo sia in quello dell’indotto, sono stati molto più contenuti nel mondo
sviluppato, e talvolta in regresso, mentre le basi di partenza estremamente
competitive presenti altrove hanno permesso revisioni meno marginali, e
risultati di gestione conformi alle politiche di espansione perseguite in Asia,
in Africa e nell’America Latina.
371
CAPITOLO 9
L’esigenza più comune che si coglie in tutti i contesti produttivi e
distributivi, riguarda, oltre alla comunicazione ed alla documentazione
promozionale, il finanziamento degli investimenti in conformità alle
prospettive di crescita degli impieghi. Sul piano concreto, gli interventi
pubblici sono stati generalmente episodici, mentre il momento privato ha
assunto iniziative di buon livello in tema di tutela della qualità, di
valorizzazione progettuale tramite gli “Awards” di settore, e della stessa offerta
fieristica, notevolmente potenziata da parte delle manifestazioni di riferimento.
Molto resta da fare nello sviluppo di nuove iniziative e nell’ampliamento
di quelle esistenti, sia per quanto riguarda le produzioni di grezzi e
lavorati, sia nell’ambito dei materiali di risulta. Con l’aumento accelerato di
estrazione e trasformazione, il problema di collocare e valorizzare gli scarti è
diventato uno dei maggiori, e richiede specifiche attenzioni,46 se non altro
distinguendo più oculatamente tra conglomerati e sintetici, perchè gli
uni,
diversamente
dagli
altri,
sono
composti
in
larghissima
maggioranza dall’elemento lapideo, e perché le sorti future sono
46 I fanghi di segagione sono considerati rifiuti industriali a tutti gli effetti e devono quindi essere
adeguatamente smaltiti o riutilizzati. Quantità notevoli corrispondenti al 15-20% del volume del
blocco lavorato finiscono in fango, pari a decine di migliaia di tonnellate l’anno. Per un possibile
recupero del fango come materia prima per altri usi è importante tenere separati i fanghi delle diverse
lavorazioni o da diversi materiali cartonatici (marmi e affini) dai silicatici (graniti). Le segherie con telai
a torba abrasiva producono un fango ad elevata concentrazione metallica come ferro associato a
metalli pesanti quali manganese, cromo, nichel e rame. Quelle con lame a dischi diamantati sono esenti
dall’apporto di granaglia metallica, ma hanno un certo contenuto di cobalto. (Fonte: “Il riutilizzo dei
fanghi di segagione – The re-use of sawing slurry”, in ACIMM News, n.42, aprile-giugno 2005, a cura di
ACIMM (Associazione Costruttori Italiani Macchine Marmo e Affini), pagg. 5-14.).
I possibili usi del limo di segagione e della farina di roccia sono:
– Filler, impermeabilizzanti, coibentanti (nelle discariche);
– Intonaci, vernici, smalti;
– Mattoni, laterizi, industria della ceramica (vasi);
– Produzione di auto-bloccanti;
– Additivo alimentare per mangimi (allevamenti);
– Riduzione di odore nelle stalle e nell’impiego di concimi;
– Maneggi ed infrastrutture ippiche;
– Ammendante per terreni in agricoltura, viticoltura, orticoltura;
– Per apporto di nutrimenti (potassio, fosforo) e numerosi microelementi;
– Miglioramento della capacità di ritenzione;
– Piantagioni forestali e recupero ambientale;
– Controllo biologico di funghi, pidocchi e parassiti delle piante.
(Fonte: “Da limo a farina di roccia”, in ACIMM News, n.42, aprile-giugno 2005, a cura di ACIMM
(Associazione Costruttori Italiani Macchine Marmo e Affini), pagg. 15-17.).
372
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
strettamente legate all’incremento delle rese anche tramite il
recupero, come hanno dimostrato importanti iniziative innovatrici per la
produzione
industriale
di
manufatti
standardizzati
da
impiegare
nell’edilizia e nell’arredamento.
Non pochi paesi che fino ad alcuni anni or sono avevano una
rilevanza lapidea sostanzialmente marginale, dal Medio Oriente alla
stessa America Latina, partecipano in misura più apprezzabile allo
sviluppo
lapideo
del
mondo,
sia
nelle
attività
produttive
sia
nell’interscambio, confermando che il settore è in grado di avviare
processi di crescita anche in contesti non tradizionali, grazie alla
domanda globale. Non bisogna peraltro dimenticare che i mercati
domestici, nonostante il progressivo ridimensionamento fisiologico,
continuano ad esprimere circa due quinti del consumo ed a svolgere
un ruolo insostituibile, perché in campo lapideo non tutto il
materiale, sia grezzo che lavorato, presenta aspetti qualitativi idonei
all’esportazione. Ne consegue che la politica di accrescimento delle
rese non può prescindere da quella di supporto ai mercati nazionali,
in
primo
luogo
sul
piano
della
comunicazione
e
della
documentazione.
E’ stato già detto che marmi e pietre possono contare su caratteri
fisico-meccanici, fisico-chimici e cromatici altamente competitivi, suffragati da
referenze e tradizioni millenarie che nessun materiale concorrente è in grado di
proporre. La conferma di questa prerogativa alla luce del ruolo assunto dai
lapidei nell’architettura e nell’arredamento del mondo contemporaneo può
sembrare iterativa, ma costituisce un passaggio importante, perché supera le
vecchie riserve in materia di prestazioni: dopo l’avvento su scala industriale di
spessori sottili e lavorazioni speciali a controllo numerico computerizzato, e
dopo la maturazione di una professionalità d’avanguardia, non esistono limiti
all’utilizzo della pietra in tutti gli impieghi possibili, dall’edilizia alla funeraria, e
dalle opere strutturali all’arte plastica ed all’oggettistica. Ebbene, una
373
CAPITOLO 9
promozione ed una comunicazione in grado di fare la differenza non possono
ignorare le opportunità ed i valori autentici che il materiale di natura mette a
disposizione di chiunque.
Per concludere, è fondato affermare che l’ipotesi di un ulteriore sviluppo del
settore anche a medio e lungo termine è oggettivamente fondata. Essa presume
che il mondo imprenditoriale assuma comportamenti coerenti con la strategia di
investimenti finora perseguita, e che la volontà politica sia capace di operare in
modo conforme al ruolo strategico assunto dai lapidei. Occorrono, in definitiva,
accanto al consolidamento di sinergie sperimentate, la condivisione degli
obiettivi, e la capacità di mettere a disposizione del sistema produttivo i mezzi
necessari a conseguirli in tempi funzionali.
9.3.14 Il mercato americano
Il mercato americano ha conosciuto qualche incertezza sulle prospettive
future, soprattutto per le note vicende legate al mercato immobiliare e
all’insolvenza di alcune categorie di acquirenti meno forti. Complessivamente,
però, nelle acquisizioni di lavorati lapidei, il nord America preferisce il sud
continentale come fonte di maggior approvvigionamento per i graniti, mentre
rimangono i produttori mediterranei i preferiti per i marmi, dall’Italia per i
prodotti più costosi, alla Turchia e alla Spagna, in generale (si veda il paragrafo
8.3 e 8.4, tab.72-73-74-75 e grafici 66-67-68-69).
La crisi dei mutui immobiliari non assistiti da garanzie primarie,
che ha provocato vistose conseguenze nel mondo economico, ed in
primo luogo negli Stati Uniti, non ha coinvolto in misura determinante
il settore lapideo, almeno per quanto concerne i consuntivi del
2007: sia pure con un tasso ridotto, la crescita nord-americana è
continuata, tanto nell’importazione che nei consumi (gli acquisti
dall’estero coprono la maggioranza assoluta degli impieghi mentre il
374
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
prodotto nazionale, proveniente da 135 cave attive, dislocate
prevalentemente in Indiana, Wisconsin, Vermont e Georgia, vi
partecipa per 350 milioni di dollari). Ciò, a differenza di quanto è
accaduto in altri comparti di finiture per l’edilizia.47
Gli approvvigionamenti di lavorati, che costituiscono quasi la totalità
dell’import, hanno superato 3,2 miliardi di dollari, incrementando di 80
milioni il consuntivo del 2006, ma quel che più conta, accrescendo di
circa nove volte quello del 1993, ed allungando ulteriormente la
serie di variazioni annuali positive. A conti fatti, gli utilizzi nazionali di
marmi e pietre, comprensivi di una quota marginale di sottoprodotti,
sono pervenuti a 115 milioni di metri quadrati. E’ indubbio che il
consuntivo del 2007 sia stato uno dei meno brillanti, risultando
inferiore soltanto a quelli del 1993 e del 2000, ma va pur detto che il tasso
di sviluppo annuo è stato del 30,8 per cento in quantità e del 50,2 per
cento in valore: in entrambi i casi, si tratta di un risultato oggettivamente
straordinario.
Nella graduatoria delle provenienze, si è registrato un fatto nuovo
importante sul piano strategico, ben prima che su quello statistico: il
sorpasso del Brasile ai danni dell’Italia, che dopo decenni di primato, un
tempo apparentemente inattaccabile, si trova ora al secondo posto,
con un vantaggio ancora apprezzabile sulla Cina, ma già ridotto di tre
quarti rispetto a quello del 2001. In effetti, la maggioranza degli
esportatori ha continuato a progredire, con una punta massima tra le
posizioni di vertice proprio per la Cina, cresciuta del 17,5 per cento,
mentre l’Italia ha perso oltre quattro punti, al pari dell’India (la sola Taiwan
evidenzia un consuntivo peggiore). Va aggiunto che sono soltanto otto i
47 Durante la Coverings di Orlando (aprile 2008) è stato comunicato che l’importazione lapidea
statunitense del 2007 si è incrementata di due punti e mezzo, mentre quella di ceramica per edilizia,
secondo dati del Tile Council of North America, ha visto interrompere bruscamente un lungo
periodo di sviluppo, scendendo da 3,3 a 2,7 milioni di piedi quadrati, con una flessione di circa un
quinto. II differenziale tra i due settori è talmente ampio che si commenta da solo. (Fonte: Montani
Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
375
CAPITOLO 9
paesi che abbiano potuto spedire negli Stati Uniti marmi e pietre per
oltre cento milioni di dollari, ma che il loro “share” assomma all’89,1
per cento: tra di essi, appartengono all’Europa soltanto Italia e
Spagna, mentre Canada e Messico si sono giovati della naturale
contiguità geografica. Quanto alla Turchia, quarta fornitrice assoluta,
è da sottolineare come il suo tasso d’incremento nel lungo periodo
sia inferiore solo a quello cinese, e come abbia conseguito una
leadership ormai indiscussa nelle vendite di travertino.
Un utile corollario è costituito dall’analisi delle quote di mercato,
dove il dato più evidente riguarda il trend negativo di quella
italiana, scesa dal 37,9 per cento del 2001 al 19 per cento del 2007,
mentre quelle di Brasile, Cina e Turchia hanno acquisito in larga
maggioranza le perdite del “made in Italy”. Anche i paesi minori sono
riusciti a progredire sia pure marginalmente in questo parametro, se non
altro nel raffronto marginale tra il 2007 e l’anno precedente: è il caso di
Canada, Israele, Perù, Grecia, Francia e Portogallo. Quanto ai valori medi
per unità di prodotto, è da rilevare come siano scesi a circa 37 dollari
per metro quadrato grazie all’accentuata competitività di alcune provenienze, e verosimilmente, all’evoluzione del “mix” globale verso
materiali più correnti: si tratta di un fenomeno che penalizza gli
esportatori più qualificati ma contribuisce al potenziamento dei
consumi, tanto più arduo in un periodo di bassa congiuntura come
quello attuale.
Tab. n.99 - USA: prezzi medi delle importazioni di lavorati per paese, US$ al metro
quadrato, spessore 2cm, anno 2007
376
Paese
US$/metro quadrato, spessore 2cm
Brasile
36,46
Italia
57,38
Cina
37,64
Turchia
31,03
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
India
36,18
Messico
40,44
Spagna
45,6
Canada
28,63
Taiwan
53,47
Israele
34,5
Perù
48,33
Grecia
75,9
Francia
94,7
Portogallo
47,08
Germania
15,25
Media totale
36,87
Fonte: propria elaborazione dati COMTRADE
Il mercato statunitense può contare su una domanda potenziale di
grande ampiezza. Basti dire che, ogni anno, si producono o si
ristrutturano 16 milioni e mezzo di bagni e cucine, e che in ciascuno
di essi è piuttosto difficile che non trovi collocazione almeno un piano
in pietra, senza contare i pavimenti ed i rivestimenti. Sono pochi
coloro che pensano di poter rinunciare al marmo od al granito, anche
in altri decori dell’abitazione come i caminetti, o nelle componenti
strutturali, tanto è vero che negli stessi annunci di compravendita
immobiliare si tende a porre in evidenza la disponibilità dell’eventuale
finitura lapidea, concepita come motivo di eleganza e di prestigio, ma
anche di funzionalità. In queste condizioni non può sorprendere che la
reattività del settore, a fronte delle avvisaglie critiche di cui si è
detto, sia stata pronta e funzionale, e che la fiducia di base non
sia venuta meno, in specie negli stati meridionali che sono i
consumatori più importanti.
La permanenza di queste potenzialità favorevoli ha incentivato gli
esportatori a sviluppare la ricerca delle migliori opportunità di
377
CAPITOLO 9
trasporto, 48 e le azioni promozionali sul mercato americano, che del
resto è molto sensibile ai problemi della comunicazione e delle
modificazioni del gusto, compreso quello di natura cromatica (oggi il
colore preferito è il verde, seguito dal bianco, dal rosso e dal blu).
Questa disponibilità è più accentuata nei paesi in cui il lapideo ha
maggiori incidenze sul valore globale del rispettivo export negli Stati
Uniti, con un massimo del 9,6 per cento in Turchia, seguito dal 2,5 del
Brasile e dall’1,8 dell’Italia, mentre la quota della Cina non va oltre lo
0,2 per cento.
I mezzi promozionali più utilizzati sono:
–
i simposi (cioè congressi di studiosi ed esperti allo scopo di discutere un
argomento di comune interesse specifico),
–
la stampa,
–
la televisione (è passato alla storia il famoso spot dei Brazilian Brown
lanciato durante la finale del Superbowl, e quindi in un contesto di
massimo ascolto),
–
le istituzioni settoriali,
–
le fiere.
Tutto ciò, spesso, con una chiara consapevolezza dei rispettivi ruoli, e
naturalmente dei loro limiti. Da questo punto di vista si può affermare che
quello degli Stati Uniti è un mercato maturo, e che il forte sviluppo della
domanda lapidea avutosi durante l’ultimo ventennio è stato indotto dalla
valorizzazione del prodotto di natura, dalla competitività della sua tecnologia,
da un’eleganza irripetibile, ma ad un tempo, da una comunicazione
moderna e funzionale.
48
L’importazione lapidea statunitense in volume utilizza quattro porti principali, per circa due
terzi del flusso complessivo: nell’ordine, Los Angeles (24%), New York (20%), Houston (9,2%),
Miami (9,2%). Naturalmente, la scelta degli scali di sbarco riviene dalla valutazione dei noli, dalla
disponibilità di infrastrutture funzionali, e dalle esigenze distributive su un mercato molto vasto.
E’ appena il caso di rilevare che alla nuova leadership di Los Angeles hanno contribuito in
misura significativa le provenienze dalla Cina e dagli altri esportatori asiatici. (Fonte: Montani
Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008, pagg. 87-90.).
378
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Vediamo ora di analizzare le importazioni di pietre naturali degli Stati Uniti;
considero la categoria merceologica 68.02 ovvero il “lavorati” (nel linguaggio
internazionale processed stones). In questa categoria sono inclusi sia i marmi,
sia i graniti. Vedremo i dati in valori (in migliaia di US Dollars), in quantità e i
prezzi medi praticate dai vari paesi fornitori di lavorati.
La vicenda dei mutui immobiliari e le ripercussioni negative che hanno
avuto sull’edilizia americana, non hanno tolto agli Stati Uniti il tradizionale
primato nell’importazione lapidea mondiale, che ha continuato a crescere
anche nel 2007 e si è mantenuta forte nel 2008, sia pure in maniera ridotta
rispetto al passato.
La reazione complessiva del settore lapideo è stata matura e consapevole
visto che il 2007 si è concluso con un aumento degli acquisti statunitensi nella
misura del 2,5%, mentre quelli di ceramica sono crollati di quasi un quinto.
Questo dimostra:
–
un fattore positivo di reattività dei marmi, graniti e pietre anche in momenti
oggettivamente difficili,
–
la perdita, almeno in parte, del vecchio attributo di una domanda elastica,
confermando l’evoluzione del settore lapideo verso un ruolo strategico.
Va aggiunto che la produzione nazionale, nonostante l’importanza
considerevole di alcuni Stati (Indiana, Vermount, Georgia), è in grado di
soddisfare una quota largamente minoritaria della domanda, che giova, tra
l’altro, di un volume assai elevato di ristrutturazioni. Secondo le ultime stime si
hanno in ragione annua, sette milioni di bagni e cinque milioni di cucine, che si
aggiungono ai quattro milioni e mezzo di nuove realizzazioni, con utilizzo
maggioritario del lapideo. Di qui, la necessità di ricorrere in misura
determinante agli approvvigionamenti dall’estero, che nel 2007 sono pervenuti
a 4,7 milioni di tonnellate, pari quasi a 90 milioni di metri quadrati allo
spessore di 2 cm, per un valore nell’ordine di 3,2 miliardi di dollari ed un
prezzo medio di circa 37 dollari.
379
CAPITOLO 9
Tab. n.100 - USA, importazioni di lavorati (cod. 68.02). Consuntivi 2007
Paesi
Valore
000 USD %
Quantità
Prezzo medio
tonn
% USD/sq.mt variaz. %
Brasile
631.846 19,7 936.682 19,8
36,46
Italia
617.089 19,0 581.290 12,3
57,38
Cina
507.442
0,6
728.804 15,4
37,64
Turchia 441.793 13,7 769.539 16,3
31,03
India
297.062
9,2
443.785 9,4
36,18
Messico 145.136
4,5
194.089 4,1
40,44
Spagna
133.136
4,1
157.807 3,3
45,6
Canada 102.604
3,2
193.740 4,1
28,63
Taiwan
52.289
1,6
52.863
1,1
53,47
Israele
42.160
1,3
66.045
1,4
94,5
Perù
30.175
1,0
33.750
0,7
48,33
Grecia
25.567
0,8
18.205
0,4
75,9
Francia
23.214
0,7
13.253
0,3
94,7
Portogallo 22.231
0,7
25.523
0,5
47,08
Germania 10.822
0,3
8.003
0,2
73,09
Altri
142.279
4,3
504.369 10,7
15,25
Totale 3.224.915 100,0 4.727.747 100
36,87
Fonte: propria elaborazione su dati COMTRADE
-1,1
55,6
2,1
-15,8
-1,9
9,7
23,7
-22,3
45,0
-6,4
31,1
105,8
156,8
27,7
98,2
-58,6
//
L’apporto dei vari fornitori è stato differenziato, col Brasile che figura in
testa alla graduatoria sia in volume sia in valore, ma con una concentrazione
molto forte: i primi cinque esportatori si sono assicurati il 73,2 % delle
spedizioni ed il 77,3% del corrispondente flusso valutario, dove le posizioni
d’onore spettano a Italia e Cina, davanti a Turchia49 ed India.
Nel lungo periodo, le quote di mercato hanno ascritto variazioni
importanti, soprattutto a danno dell’Italia che è scesa dal 37,9% del 2001 al
19% del 2007.
Tab. n.101 - USA, importazioni di lavorati (cod.68.02). Paesi di origine (quote di
mercato)
Paesi
Brasile
Italia
Cina
Turchia
49
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Var. 06/07
7,9 10,3 12,2
37,9 34,2 31
5,7 6,9 8,1
6,3 8,5 10,6
14,1
26,8
10,5
11,8
16,9
22,9
12,4
13,7
19,6 19,7
20,5 19
13,7 15,7
13,5 13,7
0,1
-1,5
2
0,2
E’ da ricordare però che la Turchia è la dominatrice incontrastata nel segmento del marmo e
travertino, si veda paragrafo 9.3
380
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
India
7,1 7,7 8,8 9,7 9,8 9,9 9,2
Messico 7,3 6,9 6,2 5,2 4,9 4,8 4,5
Spagna
8,1 7,3 6,9 6,7 5,6 4,8 4,1
Canada
7,3 6,2 4,8 4,2 3,4 3,1 3,2
Taiwan
1,7 1,7 1,8 2,2 1,7 1,9 1,6
Israele
1,5 1,6 1,4 1,2 1,3 1,2 1,3
Perù
0,5 0,6 0,7 0,8 0,8 0,9
1
Grecia
1,3 1,3
1
0,9 0,8 0,7 0,8
Francia
1,9 1,4 1,3
1
0,8 0,6 0,7
Portogallo 0,9 0,8 0,6 0,7 0,7 0,6 0,7
Germania 0,8 0,6 0,7 0,6 0,3 0,3 0,3
Altri
3,8 3,9 3,7 3,7
4
4,1 4,3
Totale
100 100 100 100 100 100 100
Fonte: propria elaborazione su dati USDC
-0,7
-0,3
-0,7
0,1
-0,3
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0
0,2
//
Lo stesso vale per il breve termine: rispetto al 2006, la maggioranza delle
provenienze risulta in aumento, con una punta particolarmente significativa
per la Cina ma con ottimi risultati anche per alcuni esportatori europei come
Francia, Grecia, Portogallo, mentre l’Italia, peggio della quale ha fatto solo la
Spagna, accusa un regresso di oltre quattro punti.
Tab. n.102 - USA, importazioni di lavorati (cod.68.02). Paesi di origine (mill. USD)
Paesi
Brasile
Italia
Cina
Turchia
India
Messico
Spagna
Canada
Taiwan
Israele
Perù
Grecia
Francia
Portogallo
Germania
Altri
Totale
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007 Var. 06/07
104,4 150,6 209,7 310,2 451,1 617,0 631,8
499,2 498,5 535,3 589,8 611,5 644,3 617,1
75,6 100,5 139,7 229,3 330,4 432,0 507,4
83,2 123,8 182,8 258,7 364,3 424,3 441,8
93,3 112,8 151,8 214,2 261,2 310,6 297,1
96,0 101,0 106,0 115,2 130,1 149,4 145,2
106,5 106,3 119,6 147,1 149,4 149,9 133,1
95,9
90,9
83,3
92,8
90,0
96,9 102,6
22,1
25,2
30,6
47,9
46,4
58,3
52,3
19,3
23,2
23,9
26,8
33,3
36,2
42,2
6,4
8,2
12,7
17,6
22,5
28,2
30,1
16,8
18,8
17,3
19,5
21,1
21,6
25,6
24,7
20,6
22,4
22,1
22,4
18,3
23,2
12,5
11,0
11,4
15,4
18,7
19,5
22,2
9,9
8,6
12,2
14,0
8,3
10,7
10,8
50,5
56,4
64,6
80,6 106,7 127,4 142,4
1316,1 1456,7 1723,3 2201,3 2667,2 3344,8 3224,9
2,4
-4,2
17,5
4,1
-4,3
-2,8
-11,2
5,9
-10,3
16,5
6,7
18,5
26,8
13,8
0,9
11,8
2,5
Fonte: propria elaborazione su dati USDC
381
CAPITOLO 9
In altri termini, se in Italia c’è da preoccuparsi, non è solo per la questione dei
mutui americani, ma per le cause strutturali soprattutto che hanno dato luogo
ad una involuzione del suo export, differenziandolo in peggio dalla
congiuntura altrui, ed in netto contrasto con trend di sicura ascesa degli
acquisti statunitensi aumentati dal 1992 al 2007 di 6 volte considerando i metri
quadrati (nel 1992=20,5 milioni di metri quadrati; nel 2007=115,14 milioni di
metri quadrati) e di 8,5 volte in valore (dai 376,6 milioni di US Dollars del
1992 ai 3224,9 milioni di US Dollars del 2007). Unico lieve decremento si è
avuto nel 1993, che è stato del tutto marginale e pari all’1,1%; da li è
continuata una forte e continua ascesa.
Il regresso italiano è parzialmente fisiologico, perché i quattro maggiori
concorrenti sono tutti produttori a basso costo, che possono praticare una
politica di prezzi competitivi, mentre quello dell’Italia, pari ad oltre 57 dollari al
metro quadrato, super il valore medio (36,8 dollari) di oltre il 55%. A parte il
fatto che non mancano casi, sia pure limitati, di vendite a quotazioni ancora
più alte, va detto che il mercato è stato affrontato con un approccio non
ottimale ai grandi problemi distributivi degli Stati Uniti, e per quanto riguarda
gli aspetti promozionali, in modo sostanzialmente episodico (qualcosa di
nuovo si è cominciato a vedere soltanto all’ultima fiera di Orlando con la
presenza di una marmoteca italiana).50 D’altro canto, il mercato americano, pur
non essendo insensibile all’offerta di materiali correnti, richiede uno standard
qualitativo piuttosto alto. La pietra naturale è sempre vista come prodotto
selettivo, se non anche di grande prestigio ed eleganza, soprattutto
nell’architettura per interni: non a caso di è parlato di “Nuovo Rinascimento”
nell’uso del marmo e del granito. Si moltiplicano gli studi professionali con
specifica vocazione al lapideo ed il valore aggiunto costituito dalla presenza del
prodotto naturale diventa motivo di conclamate preferenze negli stessi
annunci di compravendita immobiliare, dove si tende ad evidenziare in
50
Fonte: “Show Report: Orlando – Coverings 2008: aspettando la ripresa USA”, in Marmomacchine Classic,
n.202, 4° bim. 2008, Edizioni Promorama, Milano, 2008, pagg.206-214.
382
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
maniera specifica che il bagno, la cucina, il salone, il caminetto e via dicendo,
sono in pietra.
Le perduranti attenzioni del mercato americano per il fattore qualitativo
costituiscono, almeno sul piano potenziale, una stabile opportunità per il
prodotto italiano che continua a difendersi bene su alcuni consumi di nicchia,
ma perde posizioni, come si è visto, nella copertura di una domanda globale
sempre più importante. E’ una situazione da valutare con attenzioni
consapevoli, in un quadro strategico capace di coinvolgere sia la parte
imprenditoriale sia quella organizzativa, pubblicitaria, di promozione e quella
istituzionale.51
9.3.15 Produzione e trasformazione del Nord Africa
E’ interessante rilevare come si affaccino allo scenario internazionale con
maggior protagonismo alcuni paesi che da sempre hanno utilizzato la pietra al
loro interno, ma che soltanto da poco la stanno riscoprendo in termini
economici avanzati e a sfruttamento più intensivo. Ci si riferisce a paesi come
l’Egitto, nell’area mediterranea.52 Questo paese si inserisce in un quadro che
vede tutto il Nord Africa assumere un ruolo nuovo lentamente ma
progressivamente, un ruolo più complesso e completo, che vede i paesi che si
affacciano sul Mediterraneo sia in veste di produttori ed esportatori di marmi e
altre pietre, sia di consumatori e importatori degli stessi materiali. Non ci sono
ancora cifre elevate, o numeri strabilianti, ma il trend è apprezzabile e non ha
conosciuto recentemente oscillazioni e incertezze, nonostante le preoccupanti
vicinanze con un bacino di instabilità permanente come l’area israeliano
palestinese. L’Egitto è diventato dal 2005 il primo fornitore di calcari grezzi
per la Cina che li trasforma e vende nel proprio ampio mercato interno ed in
tutti i mercati del continente asiatico.
51
Fonte: “A Leading Market: the United States - Un mercato leader: gli Stati Uniti”, in International Stone
Magazine – Il Giornale del Marmo, n. 275, sett/ott 2008, Faenza Editrice, pagg. 12-15.
52 Nel Sudest Asiatico vale lo stesso ragionamento per il Vietnam.
383
CAPITOLO 9
la capacità sia di consumo che di produzione e trasformazione del nord
Africa cresce di continuo e vede nell’Egitto la sua punta più avanzata53. Per
questo paese, il partenariato con la Cina è sempre più importante, e anche se i
dati sono ancora parziali, tuttavia è chiaro il trend che vede i due paesi in
stretta connessione produttiva, visto che il maggior compratore di grezzi è per
l’Egitto la Cina. Anche l’Italia è partner importante della sponda sud del
Mediterraneo, e così pure altri produttori, come la Spagna e la Turchia.54
Interessanti, anche se con volumi relativamente modesti, la produzione di
Tunisia, Marocco e Libano, dei quali quest’ultimo è diventato importatore di
marmo bianco di Carrara di media qualità e la Tunisia ha iniziato ad importare
macchinari italiani per la lavorazione delle pietre che trasforma e pone in opera
negli edifici e hotel nazionali.
9.4 Trend dei maggiori paesi
9.4.1 Europa dei quindici
Nello sviluppo lapideo mondiale esistono situazioni di crescita assai
rapida, ed altre di tendenziale saturazione, come è logico in un settore che nel
corso degli ultimi decenni ha messo a segno espansioni significative anche
nei contesti maturi, caratterizzati da livelli d’impiego notevoli. L’Unione
Europea, con particolare riguardo all’area dei Quindici, ha confermato le cifre
assolute precedenti, che l’avevano già posta all’avanguardia, in specie nei
consumi pro-capite di marmi e pietre, ma non ha progredito in misura
apprezzabile: la produzione ha fatto registrare un aumento nell’ordine di un
53
Per dati precisi sullo sviluppo degli scambi si veda paragrafo 9.3.4
Per la Turchia, va detto che dal 2006 sono venute meno le statistiche dettagliate e precise che
solitamente erano prodotte: gli uffici nazionali hanno deciso di considerarle come un dato “sensibile”
e quindi da non diffondere nel modo che anche altri paesi seguono: sarà un importante tassello in
meno nel quadro internazionale, soprattutto con il ruolo crescente che è svolto nelle dinamiche del
settore.
54
384
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
punto percentuale, mentre gli impieghi sono rimasti quasi invariati, intorno ai
16 milioni di metri quadrati equivalenti.
Nell’interscambio, qualche maggiore propensione alla crescita si è
avuta soltanto nei grezzi, le cui importazioni sono salite del 6,5 per
cento, mentre le esportazioni sono aumentate addirittura del 17 per
cento. Al contrario, nei lavorati, che peraltro continuano ad esprimere
la maggioranza delle movimentazioni, gli acquisti sono saliti dell’1,1 per
cento, a fronte di una lievitazione delle spedizioni nella misura dell’1,6
per cento.
Ben diverse sono le considerazioni da fare spostando l’esame al
lungo periodo: il consuntivo europeo del 2007 evidenzia, nei riguardi del
1994, un aumento del 19,8 per cento nella produzione ed un balzo
del 68 per cento negli impieghi, cui corrispondono maggiori installazioni
per sei milioni e mezzo di tonnellate, ovvero per 120 milioni di metri
quadrati equivalenti.
Tra i singoli paesi, Italia e Spagna hanno coperto, da sole, il 60 per cento
della produzione estrattiva del 2007 e guidano anche la graduatoria dei
consumi con il 35,7 per cento del volume complessivo impiegato dai Quindici,
seguite da Germania, Francia, Regno Unito e Belgio: tutti utilizzatori che si
mantengono sopra il milione di tonnellate dei materiali posti in opera. Il
saldo, invece, è negativo per alcuni importanti paesi produttori come
Finlandia, Grecia e Svezia, mentre un’attenzione speciale merita
l’Olanda, che pur non disponendo di escavazioni proprie, ha espresso
discreti volumi di esportazioni rivenienti dai propri acquisti di grezzi e dalle
attività domestiche di trasformazione, e soprattutto, un consumo pari a
circa 13 milioni di metri quadrati.
E’ da segnalare, poi, la tendenza di alcuni paesi trasformatori ad
acquistare sui mercati esteri notevoli volumi di prodotto finito, a
fronte di costi competitivi con quelli locali. Questa tendenza è più
accentuata in Spagna ed in Italia, dove ha dato luogo, sempre nel 2007,
385
CAPITOLO 9
ad importazioni rispettive per 590 mila e 440 mila tonnellate, peraltro
in flessione marginale rispetto al 2006 dopo una serie di sensibili
aumenti. Va aggiunto che i primi cinque consumatori hanno accentrato
circa tre quarti degli impieghi lapidei dei Quindici, lasciando agli altri
una quota sostanzialmente integrativa.
L’Europa rimane il continente con la più alta propensione ad impiegare
marmi e pietre nelle sue costruzioni, ma la quota di mercato mondiale che
riesce a coprire è riflessiva, ai pari di quanto accade, ormai da decenni,
nella componente demografica. Questo fenomeno ha indotto una
maggior pressione dell’offerta anche nell’export dell’Unione a livello
extra-europeo, che peraltro non ha preferito il valore aggiunto come
sarebbe stato logico, ma il grezzo, con un differenziale che nel 2007, come
si è detto, ha raggiunto i 15 punti a favore dei blocchi. Anche questa è
una ragione non trascurabile del ristagno, a sua volta causa ed effetto di
una maggiore vischiosità negli investimenti, elisa solo parzialmente da una
maggiore
specializzazione
nelle
produzioni
di
nicchia
e
nella
valorizzazione di materiali pregiati.
Sta di fatto che le possibilità di fronteggiare positivamente la
concorrenza altrui, ed in primo luogo quella asiatica, sono legate ad
una politica di potenziamento promozionale, a cominciare dai mercati
domestici, dove la pressione delle offerte proposte dai paesi terzi è
relativamente e naturalmente più “soft” rispetto a quella cui sono
sottoposti gli empori asiatici od americani. Questa politica non ha potuto
fruire di strumenti istituzionali come gli antidumping, né tanto meno di
iniziative a carattere protezionista ormai anacronistiche nella logica del
mercato globale, e comunque ben lungi dall’essere condivise nell’ambito di
una strategia unitaria dell’Europa. Occorre acquisire, invece, una coscienza più
convinta del carattere unitario assunto dal mercato europeo in una nuova
dimensione domestica, sulla falsariga di quella che ha fatto degli Stati
386
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Uniti, ormai da tempo, un solo grande paese governato da valori
condivisi e da principi univoci anche nell’ottica commerciale.
Occorre, nello stesso tempo, prevenire ulteriori diffusioni della
parcellizzazione aziendale che in taluni paesi europei caratterizza il
comparto lapideo ed ha finito per estendersi allo stesso momento
organizzativo. Occorre, soprattutto, un dialogo meno effimero ai livelli
istituzionali di competenza, in modo da avviare a soluzione i problemi
prioritari
di
finanziamento
degli
investimenti,
ottimizzazione
delle
infrastrutture, qualificazioni professionali e supporto promozionale.
L’Unione Europea, in specie dopo l’acquisizione di nuovi paesi membri
di rilevante importanza settoriale come Polonia, Bulgaria e Romania, dove le
iniziative industriali nel campo lapideo stanno trovando rinnovati impulsi, è in
grado di conservare, o meglio di potenziare il suo tradizionale ruolo di
protagonista, ma perché ciò accada in misura realmente conforme alla
dinamica del mercato e della domanda mondiale, è bene che quella
maturazione avvenga in termini più compiuti, nel comune convincimento di
non doversi impegnare in una battaglia di retroguardia, ma in un piano di
sviluppo efficace e razionale.
9.4.2 Economie mature: Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Svizzera,
Australia, Canada, Arabia Saudita, Norvegia, Hong Kong, Singapore, Emirati,
Israele, Libano e Kuwait
Nei paesi extra-comunitari maggiormente sviluppati, e quindi, con una
spiccata maturità settoriale da intendersi anzitutto come propensione al
consumo, sebbene espressa in misura non ancora completa, il consuntivo
del 2007 e 2008 è stato positivo, con impieghi mediamente in aumento,
ma nello stesso tempo, con alcune situazioni di stasi o di regresso.
Globalmente, il campione delle dieci realtà rappresentative selezionato per
387
CAPITOLO 9
mettere a fuoco la dinamica settoriale dell’area in parola, ha fatto registrare
un regresso produttivo nell’ordine di sette punti, mentre i consumi si sono
incrementati del 2,3 per cento nel 2007 rispetto il 2006, raggiungendo 14,3
milioni di metri quadrati equivalenti, e quindi, un volume non difforme da
quello dell’Europa dei quindici. Il saldo attivo deve essere attribuito alla
prevalenza dell’import di lavorati, cresciuto del 6,2 per cento.
Il mercato trainante rimane quello statunitense, che ha quintuplicato i
consumi lapidei nei confronti del 1994, e manifesta una tendenza alla crescita
che, sia pure in misura ridotta, è proseguita anche nel 2007, nonostante le
avvisaglie critiche indotte dalle vicende dei mutui immobiliari senza garanzia
primaria. In particolare, l’importazione di manufatti si è incrementata di oltre
undici punti, mentre l’uso del prodotto ha progredito nella misura del 4,2
per cento, scontando gli effetti negativi di quanto è accaduto nel momento
produttivo e nell’acquisto di grezzi, del resto marginale rispetto a quello dei
lavorati. Il fenomeno è dovuto al permanente vigore della domanda di
qualità ma anche al costante apprezzamento del materiale di natura e ad
un’opera di promozione intelligente, che ha permesso al consumo pro-capite di
evolvere verso livelli più compatibili con le grandi potenzialità economicofinanziarie degli Stati Uniti. Nel 2008 si sono registrati tassi di crescita che
toccano la staticità evolutiva del settore che regge grazie la richiesta di lapidei
nelle ristrutturazioni e bagni.
Del resto, nonostante la nota tendenza riflessiva cui si è fatto cenno, la
produzione nazionale nordamericana è sempre consistente, pur
essendo idonea a soddisfare una quota minoritaria della sua domanda,
senza dire che il mercato può contare su livelli costruttivi tuttora leader nel
mondo, e su volumi altrettanto competitivi di ristrutturazioni, che
coinvolgono, fra l’altro, parecchi milioni annui di bagni e cucine, dove
l’impiego di marmi e pietre è di prammatica.
Altrove, prosegue l’espansione degli impieghi in Corea del Sud, dove la
crisi delle produzioni domestiche e dell’importazione grezza si è
388
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
tradotta
in
un
ulteriore
incentivo
all’acquisto
dei
manufatti,
segnatamente cinesi: nel 2007, nove decimi dei consumi lapidei di
questo paese sono stati coperti dagli approvvigionamenti esteri,
dando luogo ad una modificazione strategica ben sottolineata dal fatto
che l’import coreano di lavorati è cresciuto di tre volte e mezza nei
confronti del 1994.
In Giappone, al contrario, la congiuntura negativa ha continuato a far
sentire i propri effetti, non solo sulla produzione locale e sull’import di
blocchi, ridotti a livelli quasi minimi, ma sugli stessi acquisti di prodotti
finiti, dove il 2007 ha evidenziato flessioni del 7,7 per cento rispetto
all’anno precedente, e di circa un quarto nei confronti del 1994.
Anche Taiwan ha ascritto una diminuzione degli impieghi nell’ordine del
15 per cento: in questo caso, è da attribuire soprattutto a minori arrivi
dei blocchi destinati alle segherie locali.
Un accenno specifico compete alla Svizzera, che figura ai vertici
mondiali dell’impiego pro-capite ed ha consolidato le posizioni già
acquisite nell’import di grezzi e nei consumi, grazie ai tradizionali
approvvigionamenti da Italia e Germania facilitati dalla contiguità
geografica, ma anche a nuovi flussi di materiali extra-europei, ed in
primo luogo, cinesi.
Resta
da
dire
che
Australia
e
Canada
evidenziano
una
propensione alla crescita non dissimile da quella degli Stati Uniti,
mentre Arabia Saudita e Norvegia hanno ascritto una flessione sia
pure contenuta dei consumi, da un lato per la sostanziale stasi
produttiva, e dall’altro per qualche
tendenza
alla saturazione,
riveniente, nel primo caso, dagli elevati livelli precedenti d’impiego, e
nel secondo, dai limiti fisiologici del mercato domestico.
Il campione in esame ha valore indicativo, dovendosi tenere conto
di altre realtà importanti, ancorché di piccola estensione, come Hong Kong
e Singapore, che non possono contare su produzioni proprie, ma assorbono
389
CAPITOLO 9
un flusso di importazioni certamente notevole, sia per il consumo locale, sia a
livello di intermediazione. Considerazioni analoghe valgono per altri mercati
settorialmente maturi ed in buona ascesa, soprattutto per l’acquisto dei
lavorati, come Emirati, Israele, Libano e Kuwait, che possono vantare
approvvigionamenti di manufatti notevolmente superiori alle medie unitarie
mondiali.
Il contributo degli Stati Uniti allo sviluppo dell’interscambio lapideo nel
mondo resta assolutamente fondamentale, sia perché si tratta del primo
importatore di prodotti finiti in quantità e valore, sia perché i massimi
produttori europei ed asiatici vi hanno trovato la ragione prioritaria della loro
espansione o del consolidamento dei livelli pregressi. Va aggiunto che gli
acquirenti locali, con riguardo specifico a quelli del Sud e dell’Ovest, dove la
domanda è più vivace, hanno permesso a diversi paesi emergenti dell’area
americana di affacciarsi al proscenio internazionale del settore con
incidenze crescenti: è il caso di quanto occorso nelle importazioni di
travertino dal Messico e dal Perù, rispettivamente al terzo e quarto posto della
graduatoria mondiale dopo Turchia ed Italia, od in quelle di marmo e
granito - ferma restando la leadership brasiliana - da paesi latino-americani in
possesso di buone potenzialità, come Argentina, Colombia, Santo Domingo e
Venezuela.
Analogamente, a supporto dell’assunto per cui l’economia globale ha
aperto spazi interessanti per chiunque, le grandi economie mature dell’Asia
costituiscono un mercato di sbocco naturale ed ormai pressoché esclusivo per
le produzioni sempre più cospicue della Cina e dell’India, lasciando volumi
comunque non trascurabili ad altre realtà di buona tradizione più o meno
recente come Filippine o Vietnam, senza dire di Indonesia, Malaysia e
Thailandia, orientate alla valorizzazione dei rispettivi mercati domestici, ma
nello stesso tempo, al perseguimento di utili ampliamenti distributivi.
390
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
9.4.3 Paesi terzi: Cina, India, Turchia, Brasile, Iran, Egitto, Sudafrica
Le economie mature, comprese quelle dell’Unione Europea,
hanno dato un contributo secondario allo sviluppo più recente del
comparto lapideo, mentre un apporto determinante è venuto dai
paesi
terzi:
il
relativo
campione
evidenzia
crescite
molto
importanti, che vanno dal 15,2 per cento della produzione al 16,1
per cento dei consumi, passando attraverso incrementi altrettanto
generalizzati dell’interscambio di grezzi e prodotti finiti. Assai
significativa appare l’espansione degli impieghi, che in cifra assoluta è
stata di 3,3 milioni di tonnellate, permettendo di triplicare il quantitativo
posto in opera nel 1994.
Questo gruppo comprende quattro paesi determinanti, vale a
dire Cina, India, Turchia e Brasile, ovvero i maggiori protagonisti
della crescita mondiale, caratterizzati da produzioni leader, che
esprimono, con 53 milioni di tonnellate, oltre metà dell’escavazione
complessiva
ed
assumono
un’importanza
ovviamente
fondamentale. E’ scontato affermare che senza queste produzioni
la disponibilità complessiva del lapideo sarebbe quanto meno
dimezzata,
ma
potenzialità
di
è
congruo
sviluppo
aggiungere
sarebbero
che
ridotte
le
in
sue
stesse
misura
più
accentuata, perché condizionate dalla mancanza di una forte
competizione. In effetti, se risponde al vero che un paese come la
Cina, giunta ad esprimere oltre un quarto della distribuzione
mondiale,
pratica
una
concorrenza
talvolta
spregiudicata,
è
altrettanto vero che promuove un volume di impieghi idoneo a
stimolare il confronto ed a migliorare la produttività.
Cina ed India controllano il 38 per cento della produzione
planetaria, ma scendono al 21 per cento dei consumi, per effetto di
un export largamente superiore agli acquisti, mentre la Turchia ha fatto
391
CAPITOLO 9
registrare il massimo incremento produttivo di lungo termine, al pari
di quanto è accaduto per il Brasile nelle spedizioni di lavorati
all’estero. Questi paesi, a cui si potrebbero aggiungere l’Iran, grande
produttore con scarsa vocazione all’export e preferenza per il
mercato nazionale, e l’Egitto, nuovo leader dell’estrazione africana,
hanno avuto uno sviluppo straordinario, avviando processi di
verticalizzazione avanzata, democratizzando l’utilizzo della pietra, e
procurando
solidi
effetti
moltiplicatori,
anche
attraverso
il
potenziamento delle rispettive produzioni di tecnologia.
In queste condizioni di crescita costante, e spesso a due cifre, le
opportunità offerte dai materiali, ed in primo luogo, da quelli ad
alto valore aggiunto, trovano utili integrazioni con quelle rivenienti
dall’impiantistica. Anzi, si potrebbe sostenere che questi quattro
paesi, al di là di talune differenze significative, sembrano catalogabili
nelle economie mature anziché nelle realtà in via di sviluppo, se non
fosse per la presenza di costi particolarmente competitivi e per il livello
molto basso dei consumi unitari, che nel caso della Cina e
dell’India evidenziano rapporti minimi. In effetti, nell’economia
globale la classificazione di taluni paesi non è agevole, in quanto
partecipi di caratteri non sempre convergenti.
In Cina, per il quarto anno consecutivo si è a v u to u n a u me n to
n o n tr a sc u r a b i l e d e l prezzo medio dei manufatti, indotto per
circa un terzo dalle vicende di cambio, ma tale da rendere
verosimilmente definitiva l’inversione di tendenza, dopo un
lungo trend negativo. Va da sé che le quotazioni cinesi sono
ancora lontane da quelle degli altri paesi trasformatori, ma il
punto di svolta è stato superato, e la progressione verso una
redditività meno labile, e quindi, verso una concorrenza più
accettabile, appare ragionevolmente sicura. L’export cinese di
lavorati, cui hanno contribuito, fra l’altro, importazioni di grezzi
392
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
per sette milioni di tonnellate, non accenna a rallentare, e
prosegue nella sua crescita impetuosa, ma le spedizioni in alcuni
paesi contigui come Giappone e Taiwan sono in fase statica, se
non anche riflessiva, sollecitando maggiori attenzioni per altri mercati,
quali la Corea del Sud, gli Stati Uniti e la stessa Europa.
Nell’ambito dei paesi terzi, la concorrenza più agguerrita nei
confronti dell’export di Cina e India resta quella di Turchia e Brasile,
che nel 2007 hanno conseguito ulteriori successi, rispettivamente in
campo calcareo e siliceo, ma in entrambi i casi con attenzioni prioritarie
alo mercato nordamericano, dove hanno consolidato il primato nella
vendita dei rispettivi manufatti in travertino ed in granito, evidenziando
capacità organizzative e promozionali quasi d’avanguardia.
Opportunità meno significative, almeno nel breve e medio termine,
sembrano caratterizzare il settore lapideo di Argentina, Messico ed in
parte, della Russia, dove il limite prevalente è quello finanziario, con effetti
riduttivi sugli investimenti e con dilazioni forzate nella politica di
valorizzazione delle risorse, elise solo in parte da alcune “joint-ventures”.
In Sudafrica permane una controtendenza negativa piuttosto
rilevante, con l’export di granito grezzo, tradizionale punto di forza dei
produttori locali, che continua ad evidenziare flessioni di qualche consistenza.
Nel 2007 il decremento è stato pari all’11,7 per cento rispetto all’anno
precedente, mentre il volume è rimasto quasi invariato nei confronti del
1994. Tra le cause del fenomeno si debbono annoverare le difficoltà
distributive dovute alla prevalente tipologia cromatica della produzione,
ed alle consolidate politiche di qualità e difesa del prezzo praticate
dall’oligopolio estrattivo, cui si sono aggiunte talune strozzature nella
fruizione delle infrastrutture, ed in particolare dei trasporti.
Le carenze di verticalizzazione e la preferenza per le vendite grezze
sono rilevabili, sia pure in misura più circoscritta, anche in altri paesi:
ad esempio, nelle Filippine, il cui export di blocchi calcarei è in fase
393
CAPITOLO 9
calante, perché vincolato alle esigenze degli acquirenti contigui, in specie
di Taiwan; od in Bulgaria (che fa parte del campione per omogeneità con
le precedenti rilevazioni pur essendo entrata nell’Unione Europea),
dove diverse esclusive di marmi cristallini e di altre pietre da taglio
attendono una valorizzazione più esauriente.
Analogamente a quanto si è detto per le economie mature, il
campione in parola corrisponde ad una semplice esigenza esemplificativa.
In effetti, non sono pochi gli altri paesi in fase di sviluppo che forniscono
apporti di buon livello all’espansione del comparto. E’ il caso di parecchie
realtà dell’Africa, dell’America Latina e dell’Europa Orientale, dove non
mancano prospettive di notevole interesse legate alla volontà di investire, e
quindi, alle scelte della cooperazione internazionale pubblica e privata.
9.5 Il mercato dei macchinari per il settore lapideo
9.5.1 Introduzione al mercato dei macchinari per marmo e granito
Più difficile risulta interpretare quanto accade a livello nazionale e
internazionale nel settore delle tecnologie, che per sua stessa formazione
risulta essere sfuggente alla classificazione e alle radiografie statistiche. I suoi
prodotti si spostano da un paese all’altro, sotto forma di trasferimenti di merce
prodotta in un’area, e poi venduta collocata e utilizzata in un’altra, seguono
percorsi di tracciatura difficile, perché spesso vengono spediti i componenti e
le parti che vengono poi assemblati nel paese di destinazione, e quindi si
confondono quindi con altre parti meccaniche e automatiche, destinate ad altri
usi e settori. Infatti la meccanica soprattutto, condivide la sua tecnologia con
molte destinazioni e ambiti che non hanno specializzazioni così specifiche e
non possono essere ricondotte oltre ad una base comune, e anzi si avvale di
394
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
crescite innovative e di contenuti spesso elaborati in altri circuiti produttivi e di
ricerca, e li converte al settore. La tecnologia che nasce internamente al settore
lapideo è tanta, e molto spesso è anche sofisticata, e a sua volta si ibrida con
altri settori paralleli; gli sta accanto poi quella di derivazione esterna, importata
e modificata opportunamente per rispondere alle esigenze del settore. Rimane
così la difficoltà di separare quanto si importa ed esporta di specifico per il
lapideo, da tutto il resto, difficoltà che permane anche ora che la ceramica ha
ottenuto una classificazione separata per la sua parte di destinazione d’uso.
Restano, inoltre, escluse da un possibile monitoraggio specifico ”l’impiantistica
per l’escavazione”55, e la “movimentazione di cava”56, che pure coinvolgono
delle cifre interessanti sia per i valori che per i volumi: solo alcune associazioni
di categoria si fanno carico di raccogliere l’informativa specifica e di divulgare
quanto direttamente rilevato, sia in Italia che in altri paesi.
I dati ufficiali relativi all’industria italiana della tecnologia per il taglio e la
lavorazione, di primo e di secondo livello57, dei materiali lapidei danno un
quadro del 2006 e 2007 complessivamente positivo, anche se non del tutto
omogeneo nei confronti delle varie aree commerciali. I dati di seguito tengono
conto solo di voci esclusivamente e sicuramente riconducibili alla
specializzazione lapidea delle tecnologie, escludendo quanto invece può avere
destinazioni più ampie, o quelle voci di classificazione dei movimenti doganali
che le mescolano con altri settori. I volumi di affari che ne emergono sono,
55 Impiantistica per l’escavazione: costituita dall’insieme di collegamenti elettrici, tubazioni, cavi in acciaio,
rinforzi e strutture in cemento armato o metallo, reti metalliche, cuscinetti pneumatici per lo stacco
delle bancate, sostanze espolive, ecc.
56 Strumenti per la movimentazione di cava: ruspe, carrelli, rotaie, ribaltatori, sistemi vari di sollevamento
come gru speciali per le cave, ecc.
57 Taglio di primo livello o primario: insieme di operazioni con le quali una bancata viene isolata dal resto
del giacimento.
Taglio di secondo livello o secondario: riduzione di una bancata in porzioni di volumi minori come le fette o
direttamente in volumi trasportabili e segabili come i blocchi. Una fetta è una porzione parallelepipeda
più piccola di una bancata ma più grossa di un blocco; da una fetta si ricavano in media dai 2 ai 5
blocchi. Una bancata può corrispondere anche a 20 e più blocchi.
Lavorazione primaria di un blocco: si intende la squadratura qualora ci fossero delle sporgenze o informità.
Lavorazione secondaria di un blocco: consiste nel suo taglio in spessori o in lastre.
(PIERO PRIMAVORI, “Il Primavori, Lessico del settore lapideo”, Giorgio Zusi Editore, Verona, 1’
edizione, 2004, pagg.48 e 112).
395
CAPITOLO 9
così, inferiori al totale che esso realmente muove, ma hanno il pregio di essere
“sicuri”, e quindi di poter essere letti con certezza soprattutto nelle oscillazioni
e nelle variazioni che emergono dai raffronti per anni per le varie aree
geografiche.
9.5.2 Interscambio mondiale di macchine ed impianti
L’espansione mondiale dell’industria lapidea ha dato luogo ad
effetti non meno positivi nel campo della tecnologia settoriale, ed
in primo luogo nella produzione impiantistica richiesta dagli
investimenti innovativi, ma anche da quelli sostitutivi. Oggi, il ciclo
di ammortamento di talune macchine, per non dire delle attrezzature,
è diventato più celere, anche a prescindere dalle ragioni di politica
fiscale che consentano le anticipazioni dell’ammortamento stesso a
termini di legge: in effetti, il progresso indotto dalla ricerca e da una
progettazione meccanica in grado di adeguarsi quasi capillarmente
alle esigenze dei marmisti ha promosso scambi vivaci, in cui anche
l’usato ha finito per acquisire un ruolo importante.
La produzione impiantistica di base è concentrata in un numero
relativamente limitato di paesi, ma quella di supporto, con
particolare
riguardo
alle
macchine
piccole,
ai
mezzi
di
movimentazione ed alle attrezzature di laboratorio, si è diffusa a
macchia d’olio, coinvolgendo diverse realtà in cui manca tuttora una
vera vocazione lapidea. Ne è testimonianza l’interscambio specifico
dell’Unione
Europea,
che
coinvolge
tutti
i
maggiori
Stati:
nell’esportazione, a parte il tradizionale primato italiano, si può rilevare
il notevole sviluppo della Germania, senza dire delle buone posizioni
conseguite da Francia, Spagna e Portogallo, e quel che più conta,
con aumenti generalizzati, sia nel breve che nel lungo periodo. Non
396
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
a caso, le quantità esportate dai Quindici 58 nel 2007 hanno superato,
per la prima volta, un traguardo emblematico come quello del
milione di quintali. Per quanto concerne l’Italia, sì deve aggiungere
che le sue cifre assolute rimangono attestate intorno ai massimi, a
conferma di un diffuso apprezzamento per la qualità del prodotto in
termini di produttività e di sicurezza, anche se la quota di mercato è
scesa al minimo del periodo.
Tab. n.103 - Quota di mercato italiana nell’export di macchinari in Europa rispetto i
soli produttori europei; % su quantità, anni da 1998 a 2007
Anno
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Quota % 77,1 70,5
75,2
75,2
73,1
78,3
75,1
72,8
73,2
60
Fonte: propria elaborazione dati Eurostat
Tab. n.104 - Quota di mercato nell’export di macchinari in Europa dei maggiori
produttori europei; % su quantità, anno 2007
Italia Germania Francia Portogallo Spagna Austria
UK
60%
2,3%
14%
6,9%
4,6%
4,3%
2,6%
Fonte: propria elaborazione dati Eurostat
L’importazione è più articolata, nel senso che non esiste un paese
leader, sebbene Spagna, Regno Unito e Germania si distinguano
per una domanda mediamente più elevata, a conferma del fatto che
gli investimenti nel lapideo sono patrimonio di tutti. Del resto, anche
in questo caso le variazioni di breve periodo sono positive dovunque,
con la sola eccezione marginale della Danimarca, al pari di quelle a
lungo termine, dove i soli paesi in controtendenza sono quelli
iberici, già caratterizzati, peraltro, da avanzati tassi di crescita. In
questo senso, le pur significative escursioni rilevabili nelle quote di
mercato appartengono alla fisiologia del settore, anche se in alcuni
58
I 15 paesi considerati sono: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito.
397
CAPITOLO 9
paesi, come il Regno Unito, pongono in luce la comparsa di opzioni
innovative degne di nota, in specie per quanto concerne un implicito,
crescente apprezzamento per il prodotto lapideo domestico.
In valore, massima esportatrice europea resta l’Italia, che nel
2007 è pervenuta ad un nuovo massimo, pari a 550 milioni di euro,
con una crescita del 9,8 per cento rispetto all’anno precedente, ed un
ulteriore progresso anche nel valore medio p e r u n i t à d i p r o d o t t o ,
g i u n t o a 8 , 7 3 euro/kg, pressoché in linea con la media dell’Unione.
Negli acquisti, invece, ha prevalso la Germania, con oltre 87 milioni di
euro (6490 tonnellate), e con un valore medio (13,47euro/kg) notevolmente
superiore a quello degli altri importatori (8,25 euro/kg in media), tra cui
seguono, nell’ordine, Francia, Spagna e Belgio.
Tab. n.105 - Prezzo medio pagato nelle importazioni di macchinari, vari paesi
europei, anno 2007
Paese
Euro/kg
Italia Germania Francia Francia Portogallo Belgio Olanda Media Totale
6,26
13,47
10,33
5,41
5,97
8,79
4,14
8,25
Fonte: propria elaborazione dati Eurostat
Va sottolineata la notevole flessione del prezzo degli approvvigionamenti
complessivi europei, determinata, almeno in parte, dall’arrivo di tecnologie
prodotte in paesi terzi.
L’export dall’Italia, nella qualità di paese leader, deve essere oggetto di
esame analitico in via disaggregata, con estensione alle maggiori tipologie di
macchine. A questo riguardo, si deve rilevare che nel 2007 è proseguita la
tendenza riflessiva nelle tecnologie di segheria e taglio (il cui volume è
quasi dimezzato rispetto a quello del 2005), nonostante un buon incremento
del rispettivo prezzo unitario, mentre è rimasto sostanzialmente stazionario
l’export delle macchine di levigatura e lucidatura; quindi, l’aumento
complessivo deve essere attribuito agli altri impianti da finitura, nel cui
ambito trovano collocazione anche le macchine per il trattamento del grès
398
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
porcellanato, pervenute ad un nuovo massimo storico quantitativo, a fronte di
un sacrificio in valore che non ha coinvolto le altre.
A livello mondiale, l’interscambio complessivo è stimabile in oltre 180
mila tonnellate, con un’esportazione dall’Italia che copre un terzo del totale e
con Cina e Germania in posizioni di rincalzo molto distanziate, mentre Stati
Uniti e Giappone hanno perduto diversi punti. L’Italia che nel 1994
vantava
una
quota
mondiale
del
58%,
pur
mantenendo
abbondantemente il primato, copre ora una quota del 34,8% causa il
relativo rafforzamento delle posizioni di Cina, Germania, Francia,
Portogallo e Spagna.
Tab. n.106 - Interscambio mondiale di macchine ed impianti per l’industria
lapidea: quote di mercato sulle quantità, anno 2007
Paese
Migliaia
di tonn
Quota
%
Italia
Cina
Ger
USA
Fra
Jpn
Port
63.004 16.105 14.719 8270 7.311 6.015 4.841
8,9
8,9
8,1
4,6
4
3,3
2,7
Spagna
Sviz
Taiwan
4.479
4.410
3.275
2,5
2,4
1,8
Ned
Belgio
Altri
Totale
1.649 1.206 45.846 181.130
0,9
0,7
25,3
Fonte: propria elaborazione dati Eurostat
Nella graduatoria delle importazioni si è andato consolidando il primato
della Cina (12,4% nel 2007 del totale importazioni a livello mondiale),
nonostante l’espansione delle sue produzioni interne, mentre sono diminuiti
in misura accentuata gli acquisti statunitensi (dell’ 11,2% del 2006 al
5,3% del 2007), a differenza di quelli compiuti da Taiwan (da 2,9% del
2006 al 4,3% del 2007), che ha fatto registrare l’aumento percentualmente
maggiore. A conti fatti, l’aumento dell’interscambio quantitativo mondiale del
2007 è stato di poco inferiore ai dodici punti: risultato non dissimile da quello
della produzione lapidea e tanto più apprezzabile, perché in precedenza si
era rilevato un differenziale talvolta significativo a vantaggio di marmi e
pietre.
In Cina sono diminuite di un terzo, nel corso del 2007, le
importazioni delle macchine di segheria e taglio, pur essendo
399
100
CAPITOLO 9
raddoppiate nel lungo periodo, e pur vedendo una notevole conferma
degli acquisti di qualità, come quelli dalla Svizzera, mentre si è ripresa la
domanda delle tecnologie di lucidatura e finitura, con un aumento del 35,3
per cento, che sale al 170 nel ragguaglio al 2002 e coinvolge
soprattutto le provenienze da Giappone e Corea del Sud.
Tab. n.107 - Cina: importazioni di macchine per segagione e taglio. Primi 5
paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007
Paese
Migliaia US$
Svizzera
13.555
Taiwan
2.978
Giappone
2.333
Italia
2.210
USA
1.507
Totale
23.548
Fonte: propria elaborazione dati ICE
Tab. n.108 - Cina: importazioni di macchine per lucidatura e finitura. Primi 6
paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007
Paese
Migliaia US$
Giappone
30.332
Corea del Sud
22.462
Italia
7.089
Taiwan
6.016
Germania
5.079
Svizzera
2.144
Totale
87.203
Fonte: propria elaborazione dati ICE
Negli Stati Uniti, invece, la flessione degli acquisti ha penalizzato le
forniture dell’Italia, ma prima ancora quelle nipponiche, a vantaggio
principale della Cina, ed in misura minore di Taiwan, quasi a
sottolineare le crescenti attenzioni degli importatori per il fattore prezzo.
400
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Tab. n.109 - USA: importazioni di macchine per segagione e taglio. Primi 9
paesi, dati in migliaia di US$, anno 2007
Paese
Migliaia US$
Cina
60.405
Italia
34.529
Taiwan
14.242
Svizzera
6.966
Giappone
6.799
Germania
4.327
Israele
2.113
Finlandia
1.130
Svezia
1.069
Totale
137.786
Fonte: propria elaborazione dati ICE
Dal canto suo, la stessa Taiwan non prescinde da approvvigionamenti di qualità che prevalgono sui volumi e sui valori dell’export, mentre
il Giappone ascrive decrementi diffusi delle proprie vendite, anche in
valore, in tutti i maggiori mercati asiatici ed americani.
La diversificazione produttiva si è diffusa rapidamente nel mondo delle
tecnologie, e corrisponde all’esigenza di scomporre la domanda in
funzione dei problemi produttivi del marmista, che cambiano
notevolmente a seconda dei paesi, della collocazione in opera e dei
livelli di finitura. Da questo punto di vista, il mercato globale delle
macchine non si limita ad assicurare un interscambio pari a due terzi
del prodotto, ma garantisce la disponibilità di un ventaglio tecnologico
capace di fornire risposte adeguate ad ogni tipo di domanda.
9.5.3 Interscambio mondiale di materiali di consumo: abrasivi, utensili
diamantati, lame, mastici, graniglia metallica per segherie di granito
La crescita del settore lapideo induce, accanto allo sviluppo di
macchine ed impianti, quello delle altre tecnologie, ed a più forte
401
CAPITOLO 9
ragione, dei prodotti consumabili, che sono oggetto di uso
quotidiano
da
parte
di
ogni
marmista.
In
questo
caso,
l’interscambio non coinvolge la maggioranza della produzione,
come avviene per la materia prima, il prodotto finito e la meccanica
del comparto, ma non fa eccezione alla regola di uno sviluppo ampio
e diffuso: ancora una volta, una prima testimonianza probante
viene fornita dai movimenti commerciali nell’ambito dell’Unione
Europea.
Negli abrasivi, le quantità acquistate all’estero da parte dei Quindici
nel corso del 2007 hanno superato le 14.400 tonnellate, mentre le
spedizioni sono giunte a 9.200 tonnellate, con aumenti rispettivi del 4,5
e dello 0,8 per cento, cui corrispondono quelli del 3,9 e del 7,4 per
cento in valore. Nell’importazione ha prevalso largamente la Germania,
con un incremento del venti per cento, ma anche l’Italia e la Francia
hanno fatto ricorso a materiali esteri in misura notevolmente superiore
a quella del 2006. Nell’esportazione, invece, l’Italia ha confermato il
primato precedente, e peraltro ha subito una diminuzione quantitativa di
oltre sette punti, mentre la Germania, che è il maggiore concorrente
europeo, ha progredito sia nei volumi che nei valori.
Per quanto riguarda gli utensili diamantati, il progresso del 2007 è
stato più accentuato. In volume, l’import è cresciuto del 23,6 per
cento e l’export del 29,6 per cento, con acquisti massimi in
Spagna e Francia, e spedizioni leader in Italia, seguite da quelle
tedesche. In valore, invece, gli incrementi sono stati più contenuti,
fermandosi al 16,4 per cento nell’import ed al 7,6 nell’export,
evidenziando un contenimento del prezzo medio che sottintende
una concorrenza molto vivace: anche in questo caso, ha sofferto
maggiormente l’export italiano, il cui valore è rimasto invariato, dando
luogo ad un regresso di circa dieci punti nella quotazione.
L’analisi
402
di
medio
termine
conferma
che
la
strategia
di
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
contenimento del prezzo non è stata limitata all’ultimo esercizio.
Non a caso, la flessione di quello degli utensili diamantati in uscita
dall’Italia è salita al venti per cento nel ragguaglio biennale, diversamente
da quanto è accaduto negli abrasivi, a fronte del decremento
quantitativo di cui si è detto. Nello stesso tempo, figurano in
diminuzione, sia pure più ridotta, anche i prezzi d’acquisto, quasi a
sottolineare la ricerca di prodotti alternativi a condizioni competitive, che
del resto appartiene alla fisiologia del settore ed ha coinvolto, con gli
acquisti tedeschi di utensili diamantati, la stessa media europea. In
sostanza, i consumi aumentano in proporzione alla domanda, ma in
maniera naturalmente e funzionalmente selettiva.
L’Italia, oltre all’export di abrasivi e di utensili diamantati, è
notevole esportatrice di altri utensili destinati alla lavorazione dei
lapidei, come le lame da sega, dove nel 2007 si sono registrate
flessioni ragguardevoli sia in quantità che in valore; le lame diamantate,
anch’esse in fase riflessiva; ed i mastici, dove si è avuto un aumento
soddisfacente, soprattutto in valore. I prezzi medi sono diminuiti nelle
lame tradizionali, mentre sono aumentati in quelle diamantate e nei
mastici.
Tab. n.110 - Italia: prezzi medi delle esportazioni nel 2007 di vari utensili per
la lavorazione di pietre, anno 2007
Tipologia di utensile Euro/Kg
Abrasivi
37
Lame da sega
0,73
Lame diamantate
11,25
Mole diamantate
37
Dischi diamantati
43,4
mastici
2,11
Fonte: propria elaborazione dati Istat
403
CAPITOLO 9
Un ultimo accenno, sempre per quanto concerne l’Italia, compete
all’import di graniglia metallica per le segherie di granito, dove
l’aumento quantitativo del 26,8 per cento, quasi uguale a quello in valore,
ha confermato una tendenza alla crescita superiore al reale fabbisogno,
e quindi, preferenze non marginali per l’approvvigionamento estero:
nella fattispecie, con larga maggioranza dell’import dalla Francia, ma
con aumenti significativi anche per quelli dalla Cina e dalla Slovenia.
L’interscambio
dei
beni
strumentali
destinati
al
consumo
quotidiano riguarda in prevalenza movimenti a breve e medio raggio,
sebbene non manchino tentativi di penetrazione commerciale in
mercati nuovi, con riferimento prioritario a quelli dei paesi produttori in
via di sviluppo, naturalmente interessati alla domanda settoriale delle
economie mature. Ne sono un esempio, nella produzione e nella
distribuzione di graniglie, i flussi commerciali in partenza da paesi
come la Romania e la Macedonia, indotti dall’opportunità di valorizzare in
sede di export una produzione che è stata avviata, in primo luogo,
per soddisfare le esigenze locali.
I consumabili fruiscono di attenzioni generalmente inferiori, sebbene il
loro contributo allo sviluppo mondiale del lapideo abbia, con ogni
evidenza, dignità pari a quella dell’impiantistica. Del resto, al
giorno d’oggi l’incremento della produttività, e talvolta della stessa
sicurezza, come avviene prioritariamente nelle cave, è legato alla:
–
funzionalità dell’utensile,
–
alla cura dell’assemblaggio,
–
alla capacità di ridurre i tempi morti,
–
e naturalmente, alle sue caratteristiche tecnologiche
–
ed alle connesse economie di durata.
Un aspetto non meno importante, in specie nei paesi in via di sviluppo,
è legato alla disponibilità di adeguati magazzini, non tanto presso il marmista,
che tende a ridurre la giacenza al volume strettamente necessario, quanto
404
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
nell’organizzazione distributiva di abrasivisti ed altri produttori di beni
strumentali. Attualmente, si valuta che l’interscambio incida per una
quota minoritaria, comunque superiore a due quinti, sul consumo
complessivo, ma l’espansione del mercato globale non manca di far
sentire i propri effetti anche in questo campo, pur essendo legata a
fattori fondamentali di costo e di rendimento.
9.5.4 Esportazioni italiane di macchine per il taglio, la levigatura e la lucidatura
delle pietre ornamentali
L’anno 2006 e 2007 per le esportazioni italiane di macchine per il taglio, la
levigatura e la lucidatura delle pietre ornamentali, e delle macchine utensili per
lo stesso settore è stato un anno complessivamente positivo, e ha registrato
una crescita di alcuni punti percentuali rispetto all’anno precedente: un
risultato non esaltante, ma solido e comunque attestato su quelle
specializzazioni più sofisticate, rappresentate dalle macchine per seconda
lavorazione59 e dalle macchine utensili per le quali l’industria italiana è
particolarmente qualificata. Queste ultime due categorie hanno anche visto un
apprezzamento dei valori medi, a segnalare il mantenimento, appunto, della
qualificazione che ha posto la tecnologia italiana al massimo livello di
competenza e qualità nel mondo. La stretta contiguità di lavoro con il settore
di trasformazione nazionale ovviamente gli ha consentito e tuttora gli consente
di sperimentare ed evolvere al meglio la sua produzione avanzata per la sua
prima clientela, quella dell’industria lapidea italiana, che notoriamente richiede
standard qualitativi adeguati alle sue esigenze. Le condizioni di crescita, però,
del settore lapideo in tutto il mondo nei termini veloci che abbiamo visto
nell’ultimo decennio hanno provocato dei cambiamenti oggettivi nel corso del
tempo, ad esempio accorciando i tempi di trasferimento delle novità verso i
59
Per relativa definizione si veda nota 35 di questo capitolo.
405
CAPITOLO 9
competitori lapidei esteri, i tempi di appropriabilità delle innovazioni interne al
processo produttivo del settore lapideo da parte di utenti lontani, e hanno
accorciato lo stesso lead time nella produzione di tecnologia60. Vediamo così
che le novità tecnologiche, anche in questo settore, vengono spesso vendute
non solo o addirittura non prima agli utilizzatori italiani, ma a clienti
trasformatori e utilizzatori esteri, con tutte le conseguenze che nel tempo si
accavallano per l’intero comparto. Accanto a questo accorciamento dei tempi
di diffusione dell’innovazione nella fornitura, inoltre, cresce la tendenza dei
paesi terzi alla produzione autonoma dei macchinari e dei prodotti sussidiari, e
anche nello stesso comparto delle macchine i concorrenti di nuova estrazione
si affacciano al mercato internazionale in piena autonomia ormai, e senza
complessi di inferiorità di alcun genere. Vediamo così che a portare la
concorrenza al settore italiano delle tecnologie sono industrie nazionali come
quelle di Cina e India, che operando molto con i comparti locali possono
creare quella parte di circuito commerciale che consente nel tempo di
alimentare poi anche segmenti di sperimentazione autonoma. Al momento
parliamo di consumatori che utilizzano anche tecnologia non automatizzata,
ma si tratta comunque di una fascia di utenza che va per lo meno ad affiancare
il mercato delle tecnologie più evolute, e per la quale l’industria meccanica e
sussidiaria italiana non è più il primo fornitore. Le quote di mercato, così, ne
risentono, e solo l’espansione complessiva dei macchinari del lapideo fornisce
il necessario a spostare sul positivo il raffronto delle nostre esportazioni
nazionali di macchine verso il resto del mondo.
Vediamo più nel dettaglio i numeri che descrivono l’andamento
generale delle esportazioni italiane di macchine da taglio, primario e
secondario, e da finitura, e di macchine utensili. Leggiamo i dati in valore,
espressi in euro, in quanto più significativi.
60
L’aumento di velocità che si è instaurato nella creazione ed assimilazione della tecnologia e delle
innovazioni rende i macchinari più velocemente obsoleti; ciò crea un periodo più breve degli
ammortamenti e livelli più elevati di vendite per giustificare i costi più elevati delle nuove tecnologie.
406
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Tab. n.111 e 112 - Italia, export di macchine nel 2006, in valori
Macchine da taglio
Euro
diff.% 06/05 quota%
Macchine per lavorazione e
levigatura
Euro
diff.% 06/05 quota%
Unione Europea
43.082.627
23,0
30,8
32.557.693
37,2
36,9
Resto del Mondo
25.254.252
25,2
18,1
9.062.314
-10,7
10,3
Africa
9.550.805
-10,2
6,8
5.587.956
134,2
6,3
Nord America
24.329.053
23,4
6,3
17,4
20.630.570
44,4
Centro e Sud America 6.407.637
-34,1
4,6
5.474.701
-11,0
6,2
Medio Oriente
16.314.216
-48,4
11,7
8.768.633
-41,8
10,0
Estremo Oriente
13.001.283
-4,5
9,3
3.742.894
-26,8
4,2
1.772.158
34,7
1,3
2.294.554
2,4
2,6
139.712.031
-3,7
100,0
88.119.315
11,4
100,0
Oceania
Totale
Macchine utensili
Euro
Totale
diff.% 06/05 quota%
Euro
diff.% 06/05 quota%
Unione Europea
55.663.903
5,2
25,9
131.304.223
17,6
29,7
Resto del Mondo
26.660.308
6,2
12,4
60.976.874
10,0
13,8
Africa
18.063.369
-22,9
8,4
33.202.130
-8,9
7,5
Nord America
17,2
31.158.158
34,6
14,5
76.117.781
26,2
Centro e Sud America 15.780.361
24,8
7,4
27.662.699
-3,0
6,3
Medio Oriente
25.864.895
-34,0
12,1
50.947.744
-40,7
11,5
Estremo Oriente
39.080.752
81,2
18,2
55.824.929
38,5
12,6
2.233.785
-35,7
1,0
6.300.497
-10,4
1,4
214.505.531
6,5
3,9
100,0
Oceania
Totale
100,0 442.336.877
Fonte: propria elaborazione su database IMM Carrara, a sua volta da dati Istat
Ancora una leggera crescita, quindi, in un contesto che copre tutto il
panorama internazionale, e mostra la capacità di presenza dell’industria italiana
di macchine ovunque operi un settore lapideo nazionale di trasformazione.
Alcune rilevanze vanno sottolineate:
–
Macchine utensili:
In primo luogo, la netta importanza delle macchine utensili, che
coprono la quota più grande delle esportazioni, e che soprattutto sono in
aumento in quasi tutte le aree geografiche importanti. Sono in aumento, a
conferma di quanto detto sull’accorciamento progressivo dei tempi di
diffusione delle tecnologie avanzate, anche in Estremo Oriente, dove quindi si
collocano a integrazione qualificata del prodotto locale tecnologico, e a
sostegno dell’industria lapidea locale. È l’India il maggior acquirente per questa
407
CAPITOLO 9
voce, in senso totale, seguita nell’area estremo orientale, ma a grande distanza,
dalla Cina e dall’Indonesia, e tutte e tre sono in crescita sensibile. Il Medio
Oriente sembra invece saturo, al momento, e subisce una battuta d’arresto che
gli lascia un ruolo contenuto nel panorama di questa voce. Per le macchine
utensili italiane rimane sempre l’Unione Europea il maggior mercato,
anch’esso in crescita sullo scorso anno, anche se non abbastanza da
riguadagnare il dato del 2004. La Spagna è il cliente più importante, seguito dal
RegnoUnito, e poi da Portogallo, Francia, Belgio. Anche l’area del Nord
America è importante e positiva, e lo è da tempo, mentre nell’Europa extra
comunitaria i mercati maggiori sono la Russia e la Turchia, entrambi in calo
rispetto al 200561.
–
Macchine da taglio primario e secondario:
La dialettica tra le varie voci della tabella precedente suggerisce la chiave
di lettura per capire lo spostamento dell’attenzione dei vari paesi sulle fasi del
ciclo, per vedere nelle intenzioni locali quali siano da rafforzare e da sostenere,
perché in evoluzione o proprio in costruzione, e quali invece siano già
sufficientemente attrezzate. Le macchine da taglio, soprattutto taglio primario,
costituiscono la prima fase del ciclo e dell’industrializzazione, ma anche quella
che per prima riprende a crescere in fase di espansione dell’attività lapidea e
dei consumi. Nei dati del 2006, rispetto al 2005, hanno un segno di aumento
su base annua praticamente solo in Europa, comunitaria e non, che
rappresenta nel suo insieme quasi la metà del mercato di sbocco. Tocca di
nuovo alla Spagna il ruolo di primo mercato, seguita dalla Francia, dalla Grecia
e da una nuova e crescente Polonia62, da una Turchia anch’essa, tuttora, in
61
Per i dati ed informazioni sugl’anni passati consultare il sito www.immcarrara.it/stat -->Schede
Paesi --> macchinari
62 Il settore nazionale di pietra per l’edilizia e per la pavimentazione stradale nel 2005 ha avuto uno
sviluppo del 32% dalla parte dell’offerta nazionale e del 30% da quello della domanda. Il 2006 è stato
un anno ancora di crescita, anche se più moderata, pari al 15% per l’offerta e 18% per la domanda; i
volumi dell’offerta e della domanda hanno raggiunto rispettivamente i 3,7 e 3,9 milioni di tonnellate e
sono finora volumi record per la Polonia che sta assistendo ad una forte espansione edilizia, grazie
anche a cospicui investimenti stranieri, avvantaggiati da una tassazione relativamente contenuta.
408
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
grande sviluppo, rispetto ai quali solo gli Stati Uniti risultano più importanti e
dinamici. Scendono invece Brasile e Iran, mentre l’India eguaglia la Turchia.
Resta quindi forte sul mercato produttivo e della trasformazione di
lapidei i paesi che possiedono la materia prima, mentre soffrono molto di più
le aree che sono solo trasformatrici (come il Distretto del Marmo di Verona).
– Macchine
da finitura:
Per le macchine da finitura, il quadro è un po’ più articolato: per l’Unione
Europea, maggiore area di sbocco, la Germania si propone accanto alla
costante Spagna, anche se è un ruolo positivo ma fortemente più basso. Il
maggiore acquirente, in questo caso, sono gli Stati Uniti, e sono anch’essi in
crescita, a recuperare quanto tralasciato nel 2005, mentre questa voce è
praticamente l’unica per la quale tutta l’area nordafricana si presenti con un
segno di crescita nei confronti dell’anno 2005. Riguardo al nord Africa, e
relativamente alle altre voci, si alternano i segni a seconda dei paesi, e la
Tunisia soltanto rimane praticamente sempre in aumento sul 2005, però su
cifre molto contenute63.
9.5.5 Conclusioni e quadro complessivo sui macchinari
Il quadro complessivo, quindi, è un quadro semplice, sostanzialmente
positivo e abbastanza chiaro: la tecnologia delle macchine utensili copre le
quote più alte, e le aree più importanti rimangono quelle più vicine, e quelle
più tradizionalmente “curate” dai produttori italiani, con alcuni mercati
particolarmente fedeli, e alcuni timidi nuovi ingressi (es. Tunisia). Non risulta
invece, al momento, che ci siano in elaborazione novità produttive
(Fonte: GUS, Central Statistic Office of Poland http://www.stat.gov.pl/english/ e “Settore di pietra per
l’edilizia e pavimentazione stradale è florido in Polonia”, Swiat Kamienia, Polish Stone Magazine, publisher Abra
Sp. Z.o.o., Wspòlna, Poland, n. 5 2008, pag.18. – www.swiat-kamienia.pl ).
63 Dal 2006 la Tunisia, anche se con valori assoluti molto minori rispetto i grandi trasformatori, ha
risollevato le maggiori imprese italiane produttrici di macchinari per il taglio e la lucidatura da un
periodo di relativa difficoltà.
409
CAPITOLO 9
particolarmente “rivoluzionarie”, sia sul piano operativo che sul piano
gestionale, anche se la ricerca è sempre attiva, e le idee innovative trovano
sempre un terreno fertile nelle imprese produttrici di macchine e impianti, che
devono confrontarsi con i nuovi mercati e con i nuovi produttori. I tentativi
“nuovi” per ora più interessanti riguardano soprattutto i monitoraggi
finalizzati alla sicurezza dei fronti di cava, e sono più istituzionali che
industriali privati, anche se da questi ultimi sono fortemente appoggiati e
l’attenzione è ovviamente molto alta. Per il resto, l’ingresso di certe forme di
automazione sostenute da elettronica e informatica è ormai una cosa acquisita
e metabolizzata anche nel settore lapideo, e l’innovazione segue piuttosto il
percorso dei miglioramenti incrementali e delle ottimizzazioni, anziché quello
dei cambiamenti radicali. Per adesso non sembrano esserci le premesse per
novità paragonabili a quanto avvenuto, ad esempio, con l’ingresso dei controlli
automatici per la miscela e la cala nella fase di segagione dei graniti, o del
diamante, ormai qualche decennio fa, nel taglio dei calcarei. Questo non
significa affatto, naturalmente, che il settore stia fermo e che non ci siano
evoluzioni anche molto efficaci in campo tecnologico, significa soltanto che il
percorso è lineare e continuo, e che non sono in vista salti qualitativi bruschi64.
9.6 Considerazioni e quadro di sintesi sul settore lapideo mondiale
Vediamo alcune considerazioni di sintesi sul settore lapideo, che non è
strategico a livello internazionale, ma che comunque lo è per lo sviluppo
64 L’ ultimo “salto” si è avuto con l’introduzione della tagliablocchi multi-filodiamantato invece che
multilama, ma i fili tendono ancora a vibrare (abbassando il livello qualitativo del taglio) e la loro
tensione non resta costante causa possibili variazioni di durezza e compattezza del materiale nelle varie
sezioni e parti del blocco. (Fonte: proprio dialogo con un ingegnere della ditta “Keda” (Cina) e della
“Dellas” di Verona, specializzata nella produzione di dischi diamantati, lame per il taglio e fili
diamantati, durante la fiera internazionale del marmo di Verona Marmomacc 2008).
410
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
economico di alcuni Paesi, e muove comunque volumi, denaro e lavoro in
ogni parte del mondo:
1)
La produzione65 ha continuato, sia pure in maniera più lenta, a
crescere a livello globale, e qui si rilevano le prime novità e cose diverse
dal flusso a cui ormai eravamo abituati negli ultimi anni. Il grande
produttore asiatico, la Cina, protagonista dei cambiamenti maggiori nel
quadro internazionale del settore, ha rallentato la sua produzione
domestica di cava, preferendo integrare il proprio prodotto interno con
la materia prima procurata in altri paesi, dove la sua “campagna
acquisti” di fonti di produzione continua e si affianca a tutti gli
strumenti di approvvigionamento a cui si può ricorrere abitualmente. Il
primo paese fornitore di marmi grezzi e semilavorati per la Cina è così
la Turchia, seguita dall’Egitto, mentre per i graniti il primato tocca
all’India, seguita ma molto lontanamente dal Brasile. Si tratta di cifre
consistenti, giustificate dal veloce sviluppo interno del comparto delle
costruzioni, così veloce che in qualche momento ha generato anche
motivate apprensioni nel mondo degli investitori internazionali. Lo
sviluppo economico del paese sta alimentando in maniera evidente una
serie di meccanismi in successione logica e operativa, dai quali anche il
settore lapideo è interessato, e dei quali risente evidenti conseguenze.
La prima è che l’approvvigionamento all’estero è diventato ancora più
importante nel quadro locale del settore, costituendo un canale
aggiuntivo qualificato, essenziale e voluminoso, oltre che chiaramente
funzionale all’attuale momento di sviluppo interno. La seconda è che
l’India, che ha continuato invece nel suo cammino evolutivo e di
crescita del settore, a questo punto diviene il primo produttore
complessivo di pietre, essendo un forte estrattore anche di marmi, di
arenarie e altre pietre, oltre che di granito. Se consideriamo quindi, oltre
65
Produzione in senso ampio, ovvero di blocchi, lastre e prodotti finiti.
411
CAPITOLO 9
al granito, anche marmi, arenarie, ardesia e pietre locali, non c’è alcun
dubbio che l’India diviene il nuovo dominatore del settore, sia dal lato
della produzione di materia prima per i mercati esterni, che dal lato
della produzione tout court, essendo anche un paese di grande vivacità
economica a sua volta, e in grande espansione settoriale. Ricordo che
anche nel caso della produzione di tecnologie per il settore, l’industria
indiana è ampiamente presente e attiva come dimostrano anche i dati
relativi all’interscambio delle macchine per la trasformazione, primaria e
secondaria66. Le esportazioni italiane nella zona risentono poco della
concorrenza indiana su alcune tipologie di prodotto per noi importanti,
ma certo c’è una fascia di acquirenti locali che viene ampiamente
coperta dalla produzione indiana, e risulta quindi fuori dal circuito dei
prodotti italiani, anche di secondo livello.
2)
Gli investimenti all’estero, finalizzati alla produzione decentrata,
secondo un modello evolutivo che riproduce il percorso di crescita sin
qui seguito da paesi come l’Italia, si sono intensificati e stanno portando
il settore lapideo nel suo insieme più vicino ad altri settori. Si tratta di
una risposta alle sfide esterne, sulla scala dei costi soprattutto e del
reperimento dei materiali, che pure il nostro settore sta sperimentando,
rendendo il mix di offerta e la sua costruzione operativa più complessa,
più internazionale e, almeno per ora, più efficiente. I rischi insiti nel
processo stesso di costruzione di un profilo internazionalizzato di
impresa sono quelli di un ulteriore accorciamento dei tempi di
apprendimento di altri soggetti esterni ai settori nazionali che per primi
esternalizzano. Ma si tratta di un rischio che è comunque inevitabile per
tutti i produttori che corrono in testa ai processi, e che la velocità nella
circolazione delle informazioni, delle esperienze, delle tecnologie in sé
66
Per l’appendice statistica storica ed aggiornata di ano in anno si veda il sito dell’ IMM Carrara,
www.immcarrara.it/stat --> schede paesi --> India --> macchinari .
412
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
stessa comporta. In altri settori produttivi è in corso una profonda e
complessa ricostruzione della suddivisione internazionale dei lavori,
delle competenze e dei ruoli svolti nello scenario internazionale:
viviamo in un momento storico di grandi elaborazioni e cambiamenti,
innestati da fenomeni sia politici che tecnologici enormi. Si può
soltanto proseguire un passo dopo l’altro ciascuno nel proprio
cammino, cercando di capire e di apprendere dagli altri il più possibile,
e di gestire nel proprio ambito tutto il nuovo che si riesce ad acquisire
in maniera funzionale e ad inventare. La coniugazione di globale con
locale costruisce difficoltà, ma insieme anche risposte, ed offre spunti e
soluzioni che possono divenire anche molto stimolanti e positive. Lo
abbiamo visto nella lettura dei dati di un paese “vecchio” al settore,
come l’Italia: la sua competenza e il suo rimanere ben solido nella fascia
alta e qualificata dell’offerta si sono coniugati bene con l’ampliamento
di input e di profili produttivi messo a disposizione dalla
globalizzazione; inoltre, la possibilità di internazionalizzare almeno una
piccola quota di offerta gli ha permesso di rimanere leader qualitativo in
mercati di consumo non semplicemente prestigiosi, ma – meglio –
remunerativi, come Germania e Stati Uniti, dove il valore medio
unitario delle esportazioni italiane messe a raffronto tra vari fornitori è
più elevato. Il processo comporta la necessità di mantenersi su un
livello comunque di efficienza produttiva molto alto, che non sempre
restituisce adeguati margini di redditività di impresa, senza però, anche
senza escludere innovazioni di offerta anche meno impegnativa
(pensiamo a formati di offerta su prodotti “correnti”, ma comunque
sempre qualificati per qualche aspetto e non interferenti con le altre
destinazioni di clientela). E’ questo il ruolo e la collocazione che nel
quadro internazionale del settore sempre più si viene assegnando al
nostro paese, e a paesi simili al nostro.
413
CAPITOLO 9
3)
Una quota crescente di soggetti settoriali si è posizionata, quindi, in
maniera abbastanza complessa e anche creativa di esperienze
relativamente nuove per il settore lapideo, su fasce di mercato sempre meno
sensibili al prezzo. Il prezzo, infatti, è ormai in maniera conclamata un
fattore sul quale con molti produttori internazionali non c’è scala di
raffronto e di competizione67. L’innovazione, così, ha seguito nel
lapideo dei paesi più storici – come Italia e Spagna – un percorso
alternativo e complementare a quello puramente gestionale e
tecnologico della riduzione dei costi, della ottimizzazione della
produzione e quanto altro, temi ai quali comunque è stata e viene
continuamente dedicata una grande ovvia attenzione. Va sottolineata
qui una ambivalenza esplicita nei confronti dell’ottimizzazione
gestionale: si sa che non è il fattore di competizione vincente per molte
classi di produttori, e però costituisce comunque un obiettivo doveroso
oltre che utile sempre, che va perseguito e continuamente aggiornato.
Lo si fa, quindi, con la consapevolezza che questi aspetti, come il
contenimento dei costi, l’innovazione produttiva, l’ottimizzazione
complessiva della gestione d’impresa sono un valore in sé, perché
forniscono innovazione anche di prodotto, e perché sono strumenti di
miglioramento del posizionamento e dell’efficienza complessiva del
funzionamento aziendale e settoriale, ma non sono questi i fattori
67 “L’analisi dei prezzi medi europei è assai significativa, anche per approfondire il differenziale tra i
vari paesi dell’Unione: già nel 2002, la quaotazione dell’export di lavorati dall’Italia si è attestata sui
39,20 euro per metro quadrato, contro i 36 della Spagna od i 24,8 del Portogallo; è la riprova che,
anche nel mondo sviluppato, esistono discrasie da ricondurre, tra l’altro, a costi di produzione molto
differenziati. Nell’import di manufatti, invece, il prezzo medio pagato dal maggior paese acquirente, la
Germania, è stato pari a 31,6 euro per metro quadrato, più basso di quello praticato dall’export dei
fornitori tradizionali, come gli italiani e gli spagnoli, perché gli acquisti tedeschi di prodotto finito si
giovano, per quote sempre più importanti, anche di materiali provenienti dalla Cina ed India”, che
hanno un prezzo medio al metro quadro pari a 13 euro. (Fonte: MONTANI C., “Stone 2003”, Gruppo
Editoriale Faenza, Faenza, 2004, pag. 81).
Esaminando i prezzi medi dell’export brasiliano di lavorati silicei nel 2004, questi sono stati pari a
32,43 dollari per metro quadrato, con un buon aumento del 13,8% rispetto all’anno precedente, con
punte di 47,21 dollari per il Canada e 39,96 per gli Stati Uniti, fino a 19,06 dollari al metro quadro per
le esportazioni in Libano. (Fonte: “Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005, Gruppo
Editoriale Faenza, pp.25-28).
414
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
vincenti di competizione, per paesi i cui costi di base hanno il livello di
quelli, per esempio, europei. E allora, bisognerà che questi ultimi e
quelli nelle loro condizioni integrino la loro capacità di presenza con
altri fattori, meno materiali, meno immediati e forse più rischiosi, ma si
spera efficaci, per rimanere ancora presenti e autorevoli nello scenario
internazionale del settore. Il rischio rimane alto, perché la
differenziazione verticale delle fasce di mercato ha tempi sempre più
brevi di durata, come i dati sulla mobilità delle tecnologie suggeriscono:
la crescita complessiva e veloce dell’India su tutti campi del settore
lapideo e dei settori sussidiari indica chiaramente chi sarà presto il
principale concorrente anche della Cina nel segmento fondamentale dei
lavorati.
4)
I mercati migliori, e le fasce di domanda più qualificata in genere hanno
bisogno quindi di cure particolari per essere adeguatamente curati e
difesi anche da concorrenti esterni al settore lapideo. Da un’attività
mirata su tale obiettivo, però, sempre che sia svolta con successo e
consapevolezza, deriva una stabilizzazione della domanda, nel tempo e
nella qualità, che si traduce poi, per risposta, in offerta meglio costruita
e meglio gestita, in quanto consente all’impresa una più vantaggiosa e
più adeguata programmazione della produzione e in ultima analisi una
più elevata redditività di gestione. Ne risente tutto il settore, e
particolarmente i distretti dove operano le imprese in grado di
muoversi in questa direzione, poiché le ricadute, non rimanendo
soltanto dentro i confini della singola azienda, si estendono all’intera
filiera, locale e talvolta anche non locale. È il ruolo che possono giocare
i big players già menzionati, che svolgono così una attività di
trascinamento che giova a tutto l’ambiente a cui appartengono, sia
geografico sia settoriale. In genere, si riconosce a un soggetto questo
ruolo da protagonista soprattutto quando si tratta di innovazione
415
CAPITOLO 9
tecnologica o gestionale, ma in realtà vale anche per il marketing e per
la valorizzazione in generale del prodotto e della materia. In questo
settore è già accaduto in precedenza che imprenditori particolarmente
acuti, o distretti particolarmente specializzati in qualcosa di unico,
aprissero di fatto delle aree nuove di mercato, che poi anche altri hanno
praticato con successo. Basti pensare, per esempio, al mercato dei
rivestimenti esterni in granito, per edifici a sviluppo verticale, un
mercato aperto dagli Italiani, o meglio da alcune, poche ditte italiane68,
e poi successivamente battuto anche da altri. Negli ultimi tre anni, pur
senza raggiungere il livello di novità degli esempi prima citati, alcuni
soggetti si sono proprio dedicati a questo, al consolidamento e alla
stabilizzazione di rapporti commerciali e di fasce di offerta, per rendere
meno oscillante il grafico della domanda. Lo hanno fatto seguendo
percorsi spesso diversi, ma sempre mantenendo fermo il punto di forza
nelle specificità distintive di offerta, nella convinzione che perdere la
propria individualità significhi confondersi nel mare dei produttori, e
rinunciare quindi alla propria visibilità.
5)
Ma come riuscire a distinguersi, in un quadro di offerta così variegato,
competitivo e anche affollato? Come riuscire a mantenere un profilo di
specificità riconoscibile e vantaggiosa nei confronti di un mercato
gremito ormai di produttori oltre che di consumatori? Una delle
risposte possibili viene offerta proprio dalle elaborazioni sulle tipicità
distintive di un luogo, o di un soggetto: si chiede di caratterizzare la
propria presenza specifica, se possibile, con quella parte di offerta che
non può essere così facilmente replicata, o diventare patrimonio
alienato da parte di concorrenti. In un mondo in cui i tempi di
appropriazione del nuovo si accorciano costantemente, per opera di reti
68
Come la Margraf s.p.a. di Chiampo che lavora molto a Miami e New York. Per foto delle
realizazioni si rimanda al sito www.margarf.it --> realizzazioni.
416
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
di comunicazione e di trasferimento delle informazioni sempre più
efficienti e veloci, esiste anche un lato opposto della medaglia, che
consente di sfruttare la globalizzazione come un ambiente all’interno
del quale tutto ciò che non è globalizzabile diviene un formidabile
fattore di unicità e di concorrenza. La non replicabilità di un bene
diviene un fattore distintivo di competizione, del quale ci si può servire
in maniera utile, se non addirittura vincente. Pensiamo allora all’unicità
di una pietra o di un nome, capaci di evocare tutto un patrimonio di
valori, di memorie, di aspetti che ne fanno emergere la connotazione
positiva e immediatamente riconoscibile: il travertino romano del
Colosseo69, il rosso di Assuan, il bianco di Carrara,70 il bianco del Taj Mahal,71
il nero Africa72 e via così. Hanno, anche attraverso il nome, una capacità
di presenza e di richiamo presso il consumatore qualificato, che finisce
per trascinare anche altri materiali e prodotti meno affascinanti, forse
più banali ma magari tecnicamente più adatti ad usi più difficili o
speciali73. È una risposta possibile, per esempio, nei confronti di
69
Il travertino romano, di tonalità beige, che sente però forte la concorrenza dei travertini turchi.
I bianchi di Carrara per valore commerciale dal meno al più costoso sono: Carrara cd, Carrara c,
Statuarietto, Statuario, Calacatta, Calacatta Oro, vari tipi di Arabescato come Arabescato Cervaiole e Arabescato
Luna Fabricotti. I prezzi al mq per un semilavorato in lastre lucidate va dai 35 euro del Carrara cd ai 160
euro mq dello Statuario, ai 250 euro del Calacatta Oro ed Arabescato.
71 Il Taj Mahal, situato ad Agra, nell’India Settentrionale (stato di Uttar Pradesh), è un mausoleo fatto
costruire nel 1632 dall’imperatore Moghul Shah Jahan in memoria della moglie Arjumand Banu
Begum. Nonostante vi siano molti dubbi riguardo al nome dell’ architetto che lo progettò,
generalmente si tende a considerare Ustad Ahmad Lahauri il padre dell’opera. Il Taj Mahal venne
costruito utilizzando materiali provenienti da ogni parte dell’India e dell’Asia. Oltre 1.000 elefanti
vennero impiegati durante le costruzioni per il trasporto delle materie prime. Il marmo bianco venne
portato dal Rajasthan, il diaspro dal Punjab e la giada e il cristallo dalla Cina. I turchesi erano originari
del Tibet e i lapislazzuli dell’Afganistan, gli zaffiri venivano da Sri Lanka e la corniola dall’Arabia. In
tutto 28 diversi tipi di pietre preziose e semi-preziose, vennero incastonati nel marmo bianco per un
costo totale di circa 32 milioni di rupie. L’unico materiale locale utilizzato fu l’arenaria rossa che
decora le diverse strutture del complesso. (Fonte: Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, 2008,
pagg. 87-90.).
72 I neri sud-africani si dividono in Nero Africa, Nero Assoluto e Nero Zimbabwe. I primi 2 sono estratti in
Sudafrica che è il primo fornitore mondiale e praticamente il monopolista per i graniti neri.
73 E’ il caso dell’ “Opera Hall” di Helsinky in Finlandia, i cui esterni sono stati ricoperti di marmo
bianco di Carrara, per espressa volontà ed amore per questo nobile materiale dall’architetto Alvaro
Alto. E’ risaputo come un clima rigido, come è quello finlandese, crei danni e rotture al marmo; è stato
infatti necessario sostituire il bianco di Carrara con del granito di uguale colore. (Fonte: propria
esperienza in quella che a me piace ricordare come “kaunis luminem Suomi” ovvero nella “bella ed
innevata Finlandia”.).
70
417
CAPITOLO 9
competitori esterni al mondo delle pietre ornamentali, una concorrenza
sempre molto forte anch’essa e che contribuisce alla complessità del
quadro, spesso appropriandosi proprio del nome delle pietre, per
impadronirsi della suggestione che al nome è legata. Ma anche
internamente al settore si può far leva sulla disponibilità di un bene
unico, che serve a contraddistinguere un distretto, un’area, un’impresa,
per replicarne l’uso, con una gestione sapiente e attenta a non intaccare
il patrimonio simbolico che la sorregge. Gli strumenti per fare
marketing attento, equilibrato di un bene prezioso ci sono, e in molti
casi anche le esperienze in proposito sono ormai consolidate, anche se
relativamente giovani. L’importante è essere consapevoli che quando si
parla di un valore condiviso, esso va gestito di conseguenza, attraverso
una rete di governance che tuteli il bene stesso con cui si lavora e la sua
fruizione, anche per il futuro di chi verrà dopo di noi.
9.7 Bibliografia
“A Leading Market: the United States - Un mercato leader: gli Stati Uniti”, in International
Stone Magazine – Il Giornale del Marmo, n. 275, sett/ott 2008, Faenza Editrice,
pagg. 12-15.
“Brasile Galattico”, in Giornale del marmo, n.257, 2005, Gruppo Editoriale Faenza,
pp.25-28.
“Brazilian exporters catalogne of natural dimension stone” in www.stonesquality.com.br
“Brief historical data about some greek marbles”, in Marmaro net.com, annual edition 2007
for Marmomacc Verona, Athens (Greece), pagg. 50-74.
Bureau of Census USA
COMTRADE
“Da limo a farina di roccia”, in ACIMM News, n.42, aprile-giugno 2005, a cura di
ACIMM (Associazione Costruttori Italiani Macchine Marmo e Affini), pagg. 15-17.
418
SCENARIO MONDIALE DEL SETTORE LAPIDEO
Database di “Stone Sector” e di “Il Giornale del Marmo”, in collaborazione con Il Sole 24
Ore, a cura di C. Montani.
Database di IMM Carrara – Internazionale Marmo e Macchine Carrara, in
www.immcarrara.it/stat
EUROSTAT
ICE
“Indian Sandstone: the stone with universal appeal” in Stone Panorama-The Global Magazine of
Dimension Stone Industry, n.3 July 2008, pagg. 55-62. www.stonepanorama.com
“Il riutilizzo dei fanghi di segagione – The re-use of sawing slurry”, in ACIMM News, n.42,
aprile-giugno 2005, a cura di ACIMM (Associazione Costruttori Italiani Macchine
Marmo e Affini), pagg. 5-14.
INTERNATIONAL STONE MAGAZINE, Il Giornale del Marmo, “La forza della
domanda negli U.S.A.”, n.257 settembre-ottobre 2005, pp.32-35.
ISTAT
KRUGMAN P.R. e Obstfeld M., “Iternational Economics, theory and Policy”, sixth
edition, pp.267-272 (Export-oriented industrialization: the Asian Miracle and China’s Boom).
“World Economic Outlook-World Economic and Finacial Surveys”, april 2008, in
www.imf.org
“L’Informatore del Marmista”, mensile di tecnologia e applicazioni lapidee, Giorgio Zusi
Editore, Verona, n. 123, pag. 68.
MIA, Marble Institute of America, Annual Report 2002, 2003, 2004, 2005, 2006,
2007. Disponibili on-line www.marble-institute.com
Montani Carlo, “Stone 2003”, Faenza Editrice, pagg. 79, 81, 143, 144.
Montani Carlo, “Stone 2008”, Faenza Editrice, tutti i capitoli.
NAPOLI S., “Settore lapideo 1997. Industria italiana e congiuntura internazionale”, 1998,
pag.53.
Napoli Silvana, “Stone Sector 2004”, a cura di IMM Carrara, Carrara, pagg. 13-14-15.
Napoli Silvana, “Stone Sector 2007”, a cura di IMM Carrara, Carrara, pagg. 1-22.
Napoli Silvana, “Stone Sector 2008”, a cura di IMM Carrara, Carrara, pagg. 1-20.
419
CAPITOLO 9
Primavori Pietro, “ Pianeta Pietra”, 1° ediz. maggio 1999, Giorgio Zusi Editore,
Verona, pagg. 309-312.
“Resources on hold: South Africa – Risorse in Attesa: il Sudafrica”, in International Stone
Magazine - Il Giornale del Marmo, n.275 sett/ott 2008, Faenza Editrice, pagg. 1618.
“Show Report: Orlando – Coverings 2008: aspettando la ripresa USA”, in Marmomacchine
Classic, n.202, 4° bim. 2008, Edizioni Promorama, Milano, 2008, pagg.206-214.
“Turchia: una tigre autentica”, in Giornale del marmo, n.257 settembre ottobre, 2005,
Gruppo Editoriale Faenza, pp. 19-21.
TUMMER
USDC
ARTICOLI DI RIVISTE SPECIALIZZATE:
rimando all’ampio elenco nella bibliografia generale alla fine della tesi.
www.immcarrara.it/stat
www.immcarrara.it/stat -->Schede Paesi --> macchinari
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420
Capitolo 10
CRITICITA’E PROSPETTIVE FUTURE PER IL
DISTRETTO DEL MARMO E DELLE PIETRE
DEL VENETO
10.1 Spunti per la riflessione e carenze strutturali delle imprese veronesi
del marmo
Se in presenza di scenari di mercato come quelli verificatesi negli anni ’80 e
’90 caratterizzati da una forte domanda, in cui la sola Germania assorbiva più
del 60% del mercato europeo per Verona e di contesti concorrenziali
sostanzialmente chiusi, l’intuito imprenditoriale e la volontà erano sufficienti a
garantire la crescita dell’intero settore lapideo nazionale, in un momento di
congiuntura non favorevole come l’attuale si evidenzia la necessità di
affrontare le problematiche del mercato anche attraverso canali non
tradizionali.
L’individualismo, punto d’orgoglio nel periodo di grande crescita, è ora un
freno allo sviluppo delle imprese, nelle quali gli imprenditori, pur se capaci,
dinamici e attenti, sono stati sino ad oggi poco disposti alla delega,
accentrando ogni potere decisionale.
Il frazionamento delle aziende del settore lapideo è un’arma a doppio
taglio: all’alta specializzazione si contrappone il fatto che la grande
maggioranza è costituita da imprese
familiari con il capitale sociale
CAPITOLO 10
principalmente detenuto nelle mani della stessa1; imprese spesso terziste di
altre imprese e che quindi non agiscono direttamente sul mercato e , quando vi
operano, essendo di piccole dimensioni hanno poco potere contrattuale
subendo la forza negoziale dei grossisti o rivenditori/intermediari2. Il fatto che
il capitale sociale è detenuto nelle mani dell’impresa “famiglia”, la cui figura
centrale è l’imprenditore-proprietario, può essere un vincolo alla crescita per la
presenza contemporanea di due forze contrapposte:
• da una parte quella centrifuga dell’impresa che, per essere
competitiva, ha bisogno di crescere,
• dall’altra quella centripeta della famiglia orientata a non perdere il
controllo.
Le imprese dovrebbero cercare di trasformare il proprio patrimonio di
competenze integrando il sapere industriale con conoscenze distributive e di
comunicazione-marketing
e
puntando
direttamente
al
consumatore
sviluppando quindi la propria capacità di vendita. Occorre spostare
l’attenzione dall’abilità produttiva alla produzione immateriale, cioè alla
capacità di investire in asset come formazione, immagine, marchio,
comunicazione, promozione, strategia di vendita.
Alla riconosciuta qualità si contrappone un punto di debolezza dei distretti:
la poca attenzione nel valorizzare il prodotto attraverso una adeguata politica
commerciale, fondamentale in un mercato globalizzato.3
1
Fattori quali l’aumento del costo del lavoro (in seguito alle rivendicazioni salariali degli anni ’60),
l’aumento dell’instabilità monetaria (col conseguente deprezzamento della lira) e gli effetti dello shock
petrolifero, contribuirono, durante gli anni 70, al processo di “ristrutturazione delle grandi imprese, le
quali, come scelta di recupero di un certo margine di flessibilità, ridussero il grado di integrazione
verticale a tutto vantaggio delle PMI. Quest’ultime poterono beneficiare della flessibilità connessa alla
piccola dimensione d’impresa e della relativa semplicità ed economicità dei processi produttivi rispetto
a quelli della grande impresa; inoltre a partire e dagli anni ’70, aumentò, anche come conseguenza
dell’aumento del reddito pro-capite la richiesta di prodotti cosiddetti di nicchia (Fonte: NOMISMA,
“Mutamenti del contesto internazionale e ruolo delle città snodo. Le sfide per Verona fra esperienze maturate ed esigenze
di cambiamento”, Verona, 1993, vol.2, pp.35-36).
2 Si veda grafico n.42 al paragrafo 6.2.3
3 Supportata anche da marchi e certificazioni di qualità. Esiste già il marchio Pietra Naturale e il più
conosciuto Pietra Autentica, che necessitano di ulteriore forte promozione. Si veda paragrafo 10.3
(Fonte: www.pietra-autentica.it).
422
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
La produzione del distretto lapideo veronese è arrivata ormai ad un punto
di svolta: la competizione sul mercato internazionale non può essere sostenuta
a livello di prezzo ed è necessario uno spostamento del baricentro strategico
delle imprese verso un legame più diretto con le imprese di costruzione al fine
di sviluppare una comunicazione anche indiretta con il consumatore finale
cercando di essere più presenti sul mercato finale e non lasciare in mano ad
operatori fuori dall’impresa la promozione del prodotto, in modo da poter
valorizzarne al massimo il valore e l’alta qualità.4
Può essere utile esaminare con attenzione l’esempio di altri distretti
produttivi italiani, come quello della calzatura nel marchigiano e quello friulano
della sedia, dove negli ultimi anni si è assistito ad un fenomeno nuovo: la
creazione di gruppi di imprese. I mutamenti del contesto competitivo hanno
portato molti imprenditori a diventare produttori per aziende più grandi, che
disponendo di notevoli capacità manageriali, sono state maggiormente abili nel
saper vendere, nel commercializzare e distribuire nel nuovo contesto
competitivo. In altre parole le qualità imprenditoriali per competere con
successo si sono modificate, iniziando a spostare l’asse delle attività chiave
dalla fabbricazione alla logistica, dallo stilismo intuitivo alla progettazione
sistematica, dalla vendita al marketing, dal fare al dirigere5.
L’analisi si concentra ora sulle carenze strutturali delle imprese veronesi,
che manifestano avere problemi simili, se non i medesimi, delle altre imprese
del settore lapideo italiano e dei vari contesti distrettuali nazionali. I principali
elementi di criticità sono:
• Crescente
concorrenza
internazionale:
la
concorrenza
dei
paesi
extraeuropei è in continuo aumento. Accanto allo sviluppo
straordinario della Cina, sono emersi e crescono costantemente
l’India e il Brasile nel settore dei graniti e la Turchia in quello del
4
Uno dei punti di forza delle imprese turche negli Stati Uniti e Dubai è stato quello di offrire
l’affiancamento di architetti ed ingegneri turchi (che si trasferivano in America e negli Emirati Arabi)
durante la posa dei materiali, come servizio post vendita.
5 FERRARA R., PAIOLA M., “Realtà produttive e strategie di sviluppo nel comparto marmifero”, in PORTERI
A., SIMONI C., a cura di “Il marmo bresciano: territorio, vicende, economia”, Brescia, ed. Grafo, 1997.
423
CAPITOLO 10
marmo e dei travertini. Questi paesi, oltre all’attività estrattiva,
stanno sviluppando anche la fase della lavorazione della pietra e si
stanno trasformando da fornitori di materia prima a concorrenti
delle aziende del distretto veronese.
• Concentrazione dei mercati di sbocco: le esportazioni scaligere risultano
estremamente concentrate. Dal 1991 al 2004 il 60-61% delle
esportazioni veronesi in valore sono state destinate al mercato
tedesco e statunitense6; nel corso degl’anni la Germania ha perso
terreno compensato ampiamente dal crescere dell’export verso gli
Stati Uniti. Le esportazioni, anche se in diminuzione per entrambi i
paesi nell’ultimo triennio, restano concentrate: al 2006 le
esportazioni verso Germania e U.S.A. rappresentavano il 58,86%
dell’export totale del distretto di prodotti finiti, nel 2007 il 53,18%,
nel 2008 il 46,50% (tab.65 nel paragrafo 8.2). Tale situazione rende
le imprese veronesi esposte agli andamenti ciclici di questi mercati.
Il trend negativo delle esportazioni iniziato nel 1995 e sfociato nella
crisi dell’ultimo quinquennio trae in buona parte origine nelle
difficoltà economiche della Germania e dalle conseguente
diminuzione di acquisti tedeschi di materiale lapideo. La crisi
economica statunitense ha compromesso le esportazioni veronesi
ed italiane verso gli U.S.A., svantaggiate ulteriormente dall’elevata
svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro soprattutto nel 2007
e 2008.7
6 La diminuzione dell’export in Germania e Stati Uniti è stato in parte compensato dall’aumento di
esportazioni di semilavorati e prodotti finiti in Russia, Polonia, Ungheria, Ucraina, India e Brasile. Per
India e Brasile, le importazioni del distretto di Verona ed italiane sono comunque maggiori delle
esportazioni di prodotti lavorati. (si veda paragrafo 5.4, 8.2 e 8.4).
7 Trovandoci in un sistema di cambi flessibili e fluttuanti, mancando quindi parità prefissate tra
monete, è più corretto parlare di deprezzamento del dollaro che di svalutazione. La svalutazione genera
allarme nei creditori che rischiano di non incassare il loro “credito commerciale” in dollari (gli interessi
sui titoli di debito statunitensi). Ciò non avviene necessariamente; avviene in un sistema che emette
moneta credito, ossia contro titoli di debito pubblico. La svalutazione del dollaro avrebbe l’effetto di
rendere meno convenienti le importazioni di beni (russi e cinesi) e rallentare queste economie, come
quelle europee che si reggono molto sulle esportazioni e sul tenore di vita statunitense. La svalutazione
in sé porta ad un nuovo equilibrio del saldo delle partite correnti e di una bilancia commerciale
424
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
• Fattore dimensionale delle imprese: a seguito delle crisi congiunturali e
strutturali dell’economia e del settore lapideo, le aziende di maggiori
dimensioni e quelle che producono agglomerati hanno mostrato una
ripresa della redditività superiore a quella fatta registrare dalle
imprese di medie e piccole dimensioni. Per le imprese di medie
dimensioni la causa del mancato recupero è principalmente
imputabile al loro ricorso all’indebitamento che implica oneri
finanziari elevati8. Per le aziende di minori dimensioni si
assommano ai problemi legati alla gestione finanziaria e alla
mancanza di liquidità quelli legati alla gestione operativa e
soprattutto del core-business (ovvero la gestione caratteristica vera e
propria). Questo poiché lo sviluppo del core-business è stato uno
sviluppo di carattere soprattutto interno, nel senso di miglioramento
tecnologico e produttivo degli impianti, spesso specializzandosi in
una sola fase del processo di filiera, riservando poche risorse ed
impegni nella parte commerciale verso il mercato domestico e
soprattutto estero.
• Incidenza del magazzino: dall’analisi economico-finanziaria delle
imprese, emerge il problema del magazzino. Tale fenomeno è
pesantemente in deficit. Inoltre, ed assai importante, Gli USA sono il maggior importatore di petrolio
della Russia e acquirente di beni cinesi. Cina e Russia negli ultimi venti anni hanno accumulato una
enorme riserva di dollari presso la banca centrale, che rischiano di perdere dal 25 al 40% del loro
valore, se il dollaro venisse svalutato. La Russia sta già creando un’alternativa al dollaro come moneta
di riserva: grazie lo sviluppo di rapporti con la Germania, la Russia sta diversificando da circa un lustro
le proprie riserve accumulando euro e cedendo dollari ma ha dovuto intervenire svalutando
pesantemente a fine 2008 e inizio 2009 il rublo nei confronti di euro e dollaro. La Cina, viceversa,
detiene enormi riserve di dollari (così come le detengono i Paesi arabi), per cui la diversificazione
monetaria è pur sempre possibile, sebbene scoraggiata dal rischio di perdere ingenti capitali qualora la
diversificazione dovesse esser spinta oltre un certo limite. Pur tuttavia, la Cina ha espresso nel 2006
l’intenzione di diversificare maggiormente il proprio deposito di valuta straniera, in sèguito a contrasti
molto accentuati col governo statunitense che ha bloccato l’acquisto di un’impresa statunitense di
perforazioni petrolifere off shore. La Cina si troverà inevitabilmente di fronte al dilemma se continuare
ad accumulare Dollari sempre meno appetibili come valuta di riserva o se diversificare in modo assai
maggiore col rischio implicito di perdere parte del valore del capitale accumulato a causa della
conseguente inflazione che si verificherebbe. (Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore,
2001, pag1142 e www.wikipedia.org-->crisi dollaro)
8 Banco Popolare di Verona e Novara, Laboratorio delle Imprese, “Il settore lapideo nella provincia di
Verona”, Verona, settembre 2005.
425
CAPITOLO 10
dovuto alla necessità delle imprese di mantenere magazzini molto
ampi per soddisfare in maniera più rapida le richieste dei clienti ed
offrire un portafoglio di materiali elevato. Materiali brasiliani,
sudafricani, indiani impiegano tre settimane per giungere al Porto di
Carrara o al Porto di Venezia via nave, a cui si devono sommare i
tempi di sdoganamento. Altri materiali provenienti dai Paesi
Scandinavi o Egitto necessitano dai 5 ai 10 giorni per arrivare a
Verona. E’ quindi chiaro la necessità di avere già in magazzino tali
prodotti per soddisfare rapidamente gli ordini dei clienti. Un
magazzino ampio necessità di essere finanziato o con mezzi propri
(che quindi non possono essere impiegati per altre attività aziendali)
o con mezzi di terzi che pesano sulla gestione finanziaria
dell’impresa.
10.2 Possibili strategie
10.2.1 Aggregazioni
Il comparto del marmo scaligero ed italiano sta prendendo atto della crisi
che ha colpito molte aziende e la soluzione più spontanea è quella che mira
all’aggregazione aziendale.
La ristrutturazione in atto nel settore è già iniziata: le società attive solo nel
settore commerciale tendono a diminuire e si riscontra una tendenza alla
concentrazione e alla nascita di gruppi che riassumono in se tutto il processo
produttivo: la cava, la segheria, l’impiantistica, la distribuzione e la vendita. Vi
sono già alcuni gruppi che hanno seguito tale strategia dotandosi di una forte
struttura commerciale e di marketing in grado di far fronte a congiunture di
mercato sfavorevoli individuando mercati alternativi.
426
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
Il processo di aggregazione dovrebbe essere guidato, almeno in principio,
dalle imprese di dimensioni medio-grandi, le uniche in grado di estendere il
proprio know-how9 e di conseguire significative economie di scala e di scopo.
Pare infatti improbabile una concentrazione di tipo “botton up” che prenda
cioè avvio a partire dai soggetti caratterizzati da minori dimensioni.
Con riguardo alle forme tecniche mediante le quali realizzare tale processo
di concentrazione, anche sulla base di esperienze analoghe, un approccio di
prima istanza potrebbe essere costituito dalla creazione di joint-ventures10 fra
società esistenti o appositamente create ai fini di interventi comuni in uno o
9
Know-how = invenzioni non brevettate. (Fonte: DI SABATO F., “Istituzioni di diritto commerciale”, II
edizione, 2004, Giuffrè Editore, pp.40-41.) Espressione inglese designante il patrimonio di conoscenze
tecnologiche di tipo sia teorico sia pratico connesse a specifiche aree innovative e di ricerca o a singoli
prodotti, processi o settori industriali. L’espressione è usata nell’ambito scientifico-tecnologico e nella
pratica industriale, così come nelle trattazioni economiche che si occupano in particolare delle teorie
del progresso tecnico, del ciclo di vita del prodotto e dell’economia dell’innovazione. Diversamente
dal concetto di progresso tecnico, più generale e dinamico, il know-how viene inteso solitamente in
senso specifico e statico, cioè come “fotografia” di un determinato patrimonio di conoscenze
tecnologiche relative ad un momento definito e ad un settore o azienda altrettanto definiti. Va anche
sottolineato che l’acquisizione di conoscenze tecnologiche è fenomeno essenzialmente dinamico,
costituito dalla successione continua di stati di conoscenza sempre più evoluti. Progresso tecnico e
know-how appaiono strettamente connessi, in particolare se ci si riferisce alle teorie che privilegiano la
“spinta della tecnologia” (technology push) in alternativa alla “dinamica di mercato” (demand pull)
nella creazione delle innovazioni e di mutamenti nelle funzioni di produzione. (Fonte: “Economia”, Le
Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pagg. 648-649).
10 Joint venture = espressione inglese che designa un contratto con il quale due o più imprese si
impegnano a collaborare, con obblighi e responsabilità non solidali ma pro quota, alla realizzazione di
un investimento o di un’opera allo scopo di suddividere il rischio, congiungere know how
complementari, indispensabili al buon fine dell’ attività di impresa, e conseguire un utile da ripartire
proporzionalmente. Sorta nella pratica commerciale statunitense, si è affermata come uno degli
strumenti principali dell’ attività economica internazionale, particolarmente nella collaborazione tra
imprese occidentali ed imprese nei paesi in via di sviluppo. Le iniziative oggetto di una joint venture
possono essere di varia natura: industriale (realizzazione di opere civili o impianti di produzione di
grande impegno tecnico ed economico, sfruttamento di giacimenti minerari, ecc.), commerciale (per es.
reti di distribuzione), finanziaria (collocazione di emissioni obbligazionarie o azionarie). Può avere
forma societaria o contrattuale. La forma societaria si è scomposta, nella prassi nordamericana, in due
sottotipi: l’incorporated joint venture, affine allo schema della nostra società di capitali, e l’unincorporated joint
venture, riconducibile allo schema della società di persone. Le forme contrattuali si distinguono in
operative, che hanno per oggetto l’esecuzione di più prestazioni, frazionate tra i partecipanti,
funzionali ad un investimento cui i co-venturers partecipano direttamente (per es. per lo sfruttamento
di giacimenti petroliferi) e strumentali, che hanno per oggetto il coordinamento di attività di più
imprese per la stipulazione di un contratto relativo ad un’opera complessa e richiedente l’intervento di
imprese specializzate in diversi settori. L’impresa capogruppo (c.d leader o operator) assume il ruolo di
mandatario comune dei co-venturers, in virtù del mandato con rappresentanza che le è conferito, ma
non ha alcun potere di supremazia nei confronti delle altre imprese: ha quindi il compito di agire verso
l’esterno in nome e per conto delle altre imprese, non di organizzare gerarchicamente i rapporti
interni. (Fonte: “Economia”, Le Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pagg. 637-638). Per maggiori e
dettagliate informazioni sulle joint venture commerciali si rimanda a Valdani, Bertoli “Mercati
Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda edizione, marzo 2006, pagg. 264-269.
427
CAPITOLO 10
più segmenti della filiera produttiva, tra operatori italiani ed esteri in modo da
usufruire di maggiori sinergie e vantaggi. Questo tipo di operazione potrebbe
essere il primo passo verso un’integrazione in senso orizzontale o verticale fra
soggetti di dimensioni differenti.
Opportunità per realizzare operazioni di concentrazione potrebbero
derivare dai casi in cui, causa un problema di passaggio generazionale, imprese
di dimensioni medio-grandi acquisiscono partecipazioni di minoranza in realtà
più piccole, sia attraverso la sottoscrizione di aumenti di capitale o obbligazioni
convertibili, sia attraverso l’acquisto di quote da parte degli attuali azionisti. Le
suddette operazioni dovrebbero comunque prevedere per l’azionista entrante
un sistema di “corporate governance”11 che gli garantisca adeguate tutele e,
soprattutto, la possibilità di influire nelle scelte strategiche ed operative, oltre
ad un sistema di opzioni che consenta allo stesso azionista di acquisirne il
controllo entro un termine predeterminato (3/5 anni). Sembra necessario
attenedere il “passaggio generazionale” in quanto l’imprenditori fondatori non
tendono a fondersi ed entrare a far parte di gruppi aziendali nei quali sono un
di cui minoritario.
L’intervento di partners finanziari, i quali, in qualità di soci di minoranza,
garantirebbero una parte dei mezzi finanziari necessari potrebbe agevolare le
operazioni di acquisizione appena citate. Va a tal proposito sottolineato che gli
investitori finanziari:
• non si sostituiscono all’investitore industriale, ma vi si affiancano,
• richiedono specifiche tutele in termini di “corporate governance”,
• sono caratterizzati da un orizzonte temporale di investimento
limitato,
• attuano le proprie decisioni di investimento avendo a riguardo la
consistenza delle strategie perseguite dalla società ed alla affidabilità
del management,
11
Ecinclopedia di economia “MANAGMENT”, testo n. 10,” Corporate Governance”, a cura di Zattoni
A., Airoldi G., 2006, Il Sole 24 Ore e Università Bocconi Editore, pp.144-155.
428
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
• e si attendono un congruo ritorno dall’investimento effettuato
garantendosi nel contempo una “way-out”.
Il finanziamento di operazioni di acquisizione prevede, oltre ad
un’eventuale quota di “equity”12, un contestuale ricorso al debito strutturato,
anche in forma di obbligazioni.
10.2.2 Sviluppo di attività promozionali e rafforzamento del prodotto marmo
Una delle principali lacune del comparto lapideo distrettuale e nazionale è
la pressoché totale assenza di attività promozionali e pubblicità volte al
rafforzamento del marchio “Marmo”.
Le aziende del settore non hanno fino ad oggi investito particolari risorse
in spese promozionali e pubblicitarie rivolte al consumatore finale,
individuando come unico mezzo promozionale la partecipazione a fiere di
categoria e la distribuzione di cataloghi ad aziende già clienti. Politica che
invece è stata già intrapresa dal settore delle piastrelle o delle calzature13, il
quale, nel corso degli ultimi anni, ha effettuato una vasta campagna
pubblicitaria volta a rafforzare l’immagine del prodotto finito e diretta al
consumatore finale14. Per quanto riguarda la fiera di Verona, infatti, si ritiene
che il motivo principale per cui si partecipa è mantenere e valorizzare
l’immagine dell’azienda stessa, mentre non si ritiene utile come occasione di
vendita. Per raggiungere finalità di vendita ci si reca alle fiere estere come
quella di Norimberga, Las Vegas, Mosca e Florida. In generale, comunque, il
fine delle fiere è sempre meno quello di vendere15. E’ opinione comune che
12
Inteso come quota di capitale azionario, cui le azioni si riferiscono. (Fonte: “Economia”, Le
Garzatine, Garzanti Editore, 2001, pag. 465).
13 TESTA F., “Le dinamiche competitive nel settore della calzetteria femminile”, Padova, Cedam. 1993.
14 Giuliani L., “La ricerca di un canale distributivo nei mercati esteri”, in Cerarte, n.20, 2005, pag. 59.
15 Nel corso del tempo, le manifestazioni fieristiche hanno conosciuto importanti evoluzioni, a seguito
delle quali hanno progressivamente perso il ruolo di occasioni di vendita per acquisire quello di
strumenti di comunicazione, finalizzati al raggiungimento di ben precisi obiettivi. E’ sorta una nuova
concezione di manifestazione fieristica, che si concentra sull’obiettivo di offrire al visitatore non più la
consueta informazione sulle alternative di acquisto ma sperimentazione, conoscenza, socializzazione
429
CAPITOLO 10
più approfondite forme di collaborazione tra la rappresentanza degli
imprenditori del distretto e il comitato di gestione della fiera veronese
potrebbe aiutare nell’individuare alcuni accorgimenti utili al fine di rendere la
fiera l’occasione per offrire la migliore immagine sui servizi, organizzazione,
efficienza dell’impresa16. Il distretto lapideo veronese ha vissuto su una rendita
di posizione costituita dal mercato tedesco. La restrizione di quest’ultimo e
l’emersione di paesi concorrenti come la Cina, impongono un diverso
atteggiamento da parte dell’imprenditoria locale. La fiera di Verona non può
essere considerata come unico appuntamento e mezzo di produzione del
marchio “Marmo” e occorre individuare nuovi canali iniziando forme
pubblicitarie più dirette tramite canali internazionali.
Rimane comunque di importanza vitale per il raggiungimento di nuovi
clienti il classico, ma sempre funzionante, passaparola; quindi la qualità, la
serietà e il servizio con i quali si serve il cliente è ritenuta tuttora la migliore
pubblicità. Gli investimenti in pubblicità e promozione, oltre alle spese per la
partecipazione alle fiere, sono piuttosto esigui. Pochissime aziende hanno dei
responsabili di marketing o sentono il bisogno di averne. Probabilmente la
mancata analisi puntuale dei mercati di sbocco, delle nuove opportunità di
lavoro e l’assenza di una pianificazione sul fronte delle vendite, rappresentano
una delle minacce significative per la sopravvivenza delle imprese.
Pensando alle associazioni di categorie come l’Apindustria17, il Consorzio
marmisti per la Valpantena18, il Consorzio per l’Energia Elettrica,
l’AS.MA.VE.19, la Videomarmoteca di Dolcè, l’Assomarmi20 ed altri, si ritiene
utile la loro presenza, anzi sarebbe necessaria una partecipazione ancora più
con gli operatori, ecc. (Valdani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda
edizione, marzo 2006, pagg. 383-387).
16 Marmomacc (Verona), la più grande e conosciuta manifestazione a livello mondiale nel settore della
pietra naturale, e StonExpo (Las Vegas), uno dei principali eventi fieristici della pietra di tutto il Nord
America, hanno sottoscritto nel 2005 un accordo strategico di collaborazione per promuovere il
comparto lapideo. (Fonte: “Marmomacc e Stonexpo, accordo internazionale per rilanciare il comparto lapideo”, in
Azmarmi n.207, luglio 2005, pp.62-63.).
17 www.apiverona.it
18 in www.videomarmoteca.it
19 www.asmave.eu Consorzio Marmisti Veronesi
20 www.assomarmi.it Confindustria Marmo
430
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
significativa e costante per portare avanti problematiche di diverso ordine
come quelle sindacali, politiche, amministrative, ambientali, prove di
laboratorio, di consulenza e di informazione generale.
10.2.3 Portale internet
All’interno di tale contesto la creazione di un “Portale del Marmo”21
potrebbe rivestire un’importanza basilare:
• sia come strumento di promozione ed informazione sui prodotti
lapidei e della loro lavorazione,
• che come mezzo conoscitivo fra le varie aziende del distretto,
• nonché come strumento di comunicazione fra le stesse, al fine di
condividere problematiche ed esperienze fino ad arrivare alla
conclusione di eventuali accordi commerciali.
Una ulteriore evoluzione di questo strumento potrebbe portare pertanto
alla creazione di un vero e proprio “market place” per gli addetti del settore.
10.2.4 Rafforzamento delle iniziative associative / globali
Dall’analisi della situazione strutturale del distretto veronese del marmo ed
alla luce delle difficoltà che lo stesso sta attraversando, risulterebbe necessaria
un’apertura
delle
aziende
che
ne
fanno
parte
verso
l’esterno
e
contemporaneamente un rafforzamento qualitativo dei rapporti tra le imprese
all’interno del distretto. Il raggiungimento di tale obiettivo deve passare
attraverso la configurazione di una rete locale integrata in network globali di
21 Sarebbe necessario creare un interattivo portale internet in cui possono entrare ed operare tutti i
diretti ed indiretti interessati alla filiera lapidea veronese, sia che facciano parte del distretto, sia che
operino in mercati esterni e lontani, come ha gia fatto il distretto di Carrara col portale
http://www.lecittadelmarmo.it/ o come quello nazionale greco www.marbleguide.com o brasiliano
www.stonesquality.com.br
431
CAPITOLO 10
produzione, circolazione e utilizzazione delle conoscenze (si veda capitolo 4
sui cluster).
Tali relazioni non dovrebbero essere finalizzate esclusivamente allo
scambio delle materie prime, semilavorati o prodotti finiti, ma anche allo
scambio di conoscenze, competenze e capacità individuali finalizzate alla
crescita di tutti i partecipanti alla rete.
Il distretto dovrebbe inoltre creare relazioni propositive con gli altri sistemi
organizzati di imprese esistenti nel reso del mondo.
Lo scopo di una simile organizzazione dovrebbe essere l’individuazione di
un percorso attraverso il quale il distretto sia in grado di assorbire l’impatto
della globalizzazione, attraverso una pluralità di punti di contatto lungo l’intera
catena del valore e l’insieme dei mercati delle risorse22.
Anche il panorama degli eventi promozionali dell’ultimo triennio si è
trovato ad affrontare una sostanziale assenza di strategie comuni e di
comunicazione tra i principali organizzatori internazionali, soprattutto a livello
di calendari; un gap che gli operatori pagano con una dispersione di risorse e di
energie causate da sovrapposizioni temporali e dalla concomitanza di eventi
chiave.
10.3 I marchi: Pietra Naturale, Pietra Autentica, Marcatura CE
Fonte: www.pietranaturale.it
22
“Mondializzazione del marmo”, in Giornale del Marmo, n.256, luglio-agosto 2005, Gruppo Editoriale
Faenza, pp.40-41.
432
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
Nel 2000 è stato ideato il Marchio Pietra Naturale, iniziativa promozionale e
di comunicazione verso la quale convergono non solo le aziende facenti parte
di Assomarmi, ma anche importanti consorzi di promozione che sono al di
fuori dell’ambito confindustriale, in uno sforzo di unitarietà che non ha
precedenti nel mondo del marmo. Pietra Naturale è un simbolo distintivo che
identifica la natura autentica delle pietre e delle sue lavorazioni. E’ un marchio
di qualità pensato e realizzato per garantire e difendere esclusivamente la
tradizione
di
un
prodotto
italiano,
unico
al
mondo.
”E’ quindi necessario “, spiega Francesco Accardi, direttore Assomarmi ,
“ottimizzare le risorse e creare sinergie per promuovere nel mondo il prestigio
del Made in Italy dei prodotti lapidei. Per questo motivo è importante che
anche le Istituzioni preposte continuino il sostegno al settore, attraverso il
potenziamento del Marchio Pietra Naturale, un’iniziativa a favore di tutto il
comparto lapideo italiano.”
Presto è nata l’idea, di introdurlo anche in altri paesi europei, ma gli
interessi sono evidentemente divergenti. La necessità di un logo europeo,
uniforme per la pietra naturale la conoscono perfettamente tutti nel settore. Il
vantaggio sarebbe quello di avere un elemento distintivo che possa essere
subito riconosciuto in tutta Europa. Questa sembra anche la strada più logica,
piuttosto che scegliere delle singole soluzioni nazionali per ogni singolo paese
in quanto la pietra è già da tanto tempo un prodotto commercializzato a livello
internazionale.
Un altro fatto è che occorrono notevoli investimenti pubblicitari per
consolidare adeguatamente un nuovo marchio. Ora se il budget comune sarà
ripartito, e poi investito in relativi marchi nazionali, questo comportamento in
fin dei conti potrà permettere forse un successo solo parziale, mettendo in
dubbio che in quel modo si possa raggiungere la necessaria e consolidata
diffusione del marchio. E’ vero che il marchio italiano si orienta fortemente
alla parola italiana “Pietra”, ma con questo si potrebbe creare una connessione
alla pietra anche nei paesi del Nord-Europa che sono grossi estrattori d granito
433
CAPITOLO 10
e limestone. Si può dare per scontato che l’Italia, dopo i notevoli investimenti
di marketing finalizzati alla diffusione del proprio marchio, sarà poco
favorevole ad aderire ad una nuovo e comune marchio europeo. Se l’Italia
invece mettesse a disposizione il suo marchio alla Euroroc23 per il territorio
estero, allora i licenziatari dovrebbero impegnarsi ad assumere i relativi oneri
di marketing in merito. Per gli italiani questo avrebbe il vantaggio, che – senza
spese aggiuntive – in tutta Europa ci sarebbero i requisiti per la nascita di un
comune marchio uniforme, contro il quale dovrebbe vedersela ad esempio
l’industria della ceramica. Il guadagno in termini di prestigio per l’Italia sarebbe
enorme.24 L’esito si è avuto nel 2004: Pietra Naturale è rimasto un marchio
italiano cui si affianca il marchio europeo proposto e creato da Euroroc,
Natural Stone (da non confondere con Pietra Naturale) che in Italia è
rappresentato dal marchio Pietra Autentica.
Il sigillo dell'Europa riservato ai prodotti nati
dalla fatica della cava e non dalla comodità della fabbrica,
già scelto da oltre 450 aziende in tutta Europa
Fonte: www.pietra-autentica.it
Pietra Autentica è la versione italiana del logo europeo Natural Stone,
creato da Euroroc, la Federazione delle industrie marmifere europee, una
versione depositata con marchio collettivo e diffusa in Italia da Confindustria
Marmomacchine-Assomarmomacchine, rappresentate dall’industria marmifera
nazionale in Euroroc.
Questo marchio nasce con tre obiettivi principali:
23
24
EUROROC - European & International Federation of Natural Stone Industries www.euroroc.net
Fonte: www.stonereport..com
434
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
• Accomunare tutta l’industria europea della pietra sotto un’effige comune
e chiaramente riconoscibile, concependo un unico logo valido per ogni
paese dell’Unione Europea. Un’immagine identica per identificare i veri
produttori di pietre autentiche di Italia, Spagna, Germania e di tutti gli
altri 25 stati membri dell’Unione;
• Non speculare sulle aziende che potranno ottenere l’uso del logo europeo
coprendo unicamente le spese vive di registrazione pari a 100 euro
annui , senza perciò essere chiamate a impegni finanziari gravosi per
poter esibire il logo europeo “Pietra Autentica” sui propri prodotti.
• Distinguere i prodotti in pietra autentica da quelli ceramici o agglomerati.
La scelta di utilizzare il termine “autentico” è proprio dovuta al suo
immediato richiamare la contrapposizione al falso, così come un’opera
d’arte “autentica” viene distinta da un’opera falsa, da una copia o da
un’imitazione.25
Veniamo ora alla marcatura CE:
in un periodo caratterizzato da un mercato sempre più esigente e
concorrenziale, in cui lo sviluppo, la ricerca e la certificazione dei prodotti
risultano fondamentali, le pochissime aziende leader in Italia fanno apportare
sui loro marmi la marcatura CE. Tale marcatura, poco conosciuta nel settore
edilizio, è diventata obbligatoria a norma di legge (Decreto del 7 aprile 2004
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.95 del 23 Aprile 2004 in applicazione
della Direttiva n.89/106/CE) per i prodotti lapidei ad uso esterno.
Conformemente alla norma UNI EN 1341:2003, applicata sulle lastre ad uso
pedonale e veicolare, i marmi marchiati CE devono essere sottoposti alle
seguenti analisi di laboratorio:
•
Resistenza a flessione (EN 12372)
25
Fonte: “Directory 2008” pubblicazione annuale a cura di Confindustria Marmomacchine –
Assomarmomacchine, pagg. 38-41 e www.pietra-autentica.it
435
CAPITOLO 10
•
Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica (EN 13755)
•
Massa volumica apparente (EN 1936)
•
Porosità aperta (EN 1936)
•
Resistenza al gelo e flessione dopo 48 cicli (EN 12371)
•
Resistenza allo scivolamento (EN 14231)
•
Resistenza all’abrasione (EN1341)
•
Descrizione macroscopica della roccia (EN 1341)26
•
Analisi petrografia (EN 12407)
10.4 Interazione tra distretto e globalizzazione
Un distretto industriale si caratterizza per la presenza in un’area territoriale
ristretta di numerose imprese manifatturiere di modeste dimensioni, assieme
con le loro industrie complementari, accomunate per la realizzazione di una
medesima tipologia di prodotti e differenziabili secondo il livello di
specializzazione delle singole fasi del processo produttivo. Nel caso del
distretto del marmo, la tipologia di prodotti comprende tutti quelli destinati ad
un impiego edilizio pubblico e privato, sia per le ambientazioni esterne che
interne, che utilizzino marmo, granito, onice o altre pietre di pregio ed in
aggiunta è compreso l’agglomerato. Ogni azienda che fa parte del distretto del
26 Fonte di questi dati http://www.margraf.it/pages_54.html e “Qualità e certificazione nel settore dei
marmi, graniti e ardesie” , pubblicato da IMM Carrara in collaborazione con Provincia di Genova,
Provincia di La Spezia, Provincia di Massa-Carrara, Consorzio Ardesiaco Ligure; consultabile presso la
biblioteca di IMM (tel: 0585 787963) e “Guida alla marcatura CE nel settore lapideo”,pubblicazione a cura
di Internazionale Marmi e Macchine Carrara. Per più informazione sui testi consultare il sito
www.immcarrara.com alla voce bookstorepubblicazioni.
436
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
marmo si differenzia dalle altre in quanto è più o meno specializzata in una o
più fasi della lavorazione dalla segagione con telaio o con tagliablocchi fino
l’azienda specializzata nella bocciardatura, sabbiatura o fiammatura.
In Italia i distretti hanno avuto negli anni uno sviluppo notevole a tal punto
che il modello di sviluppo distrettuale, basato su imprese di piccole
dimensioni, è stato da più parti indicato come alternativa al modello della
grande impresa, poiché in grado di valorizzare le risorse di imprenditorialità e
di autonomia tipiche del territorio italiano. Anche la politica economica a
livello nazionale ha preso atto dell’esistenza dei distretti e della loro validità
quali vettori di sviluppo27. Seguendo questa traccia, una parte della letteratura
economica28 enfatizza soprattutto i vantaggi del modello distrettuale che
risiederebbero:
• nella flessibilità di adattamento alle richieste di varietà, cioè
assortimento o
gamme di prodotti e variabilità nel tempo
provenienti dal mercato;
• nella generazione di un patrimonio di conoscenze comuni per le
imprese facenti parte del distretto;
• nella valorizzazione degli aspetti sociali delle relazioni dei soggetti
che agiscono nel distretto;
• nella facilità di divisione del lavoro e crescita delle specializzazioni
delle singole imprese;
• nella possibilità di ottenere economie di scala e di scopo, creando,
ad esempio, tra più imprese laboratori di ricerca e prova comuni o
introducendo avanzati macchinari a controllo numerico.
Un’altra variabile da considerare, che può essere sia un vantaggio che uno
svantaggio, è la globalizzazione. Per globalizzazione si intende quel fenomeno
consistente nella realizzazione di un mercato di dimensioni mondiali: ciò è reso
27
Legge 5/10/91 n. 317, art. 36 “ Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese”.
Legge regionale 4/04/2003 n. 8 “Disciplina dei distretti produttivi ed interventi di politica industriale locale”.
28 PYKE F., BECATTINI G., SENGENBERGER W., “Distretti industriali e cooperazione tra imprese in
Italia”, Banca Toscana, Studi e Informazioni, Quaderno n.34, 1991.
437
CAPITOLO 10
possibile dal livellamento dei bisogni dei consumatori e dalla parziale
standardizzazione dei prodotti, nonché dal notevole sviluppo delle
comunicazioni e dei mass media. La globalizzazione29 può mettere in crisi i
sistemi locali e anche i distretti e può quindi compromettere la competitività
delle loro imprese attraverso fenomeni di:
• divisione internazionale del lavoro,
• globalizzazione delle aree di produzione di nuove conoscenze e
innovazioni.
Il Distretto del marmo di Verona è un complesso organizzativo “a rete”,
caratterizzato da un’elevata densità di connessioni tra gli elementi che lo
compongono. All’interno del distretto le relazioni sociali e quelle economiche
convivono, si intrecciano e si sostengono a vicenda. L’interazione delle
imprese all’interno del distretto, che risente anche di aspetti culturali e di storia
del territorio, consente la condivisione delle esperienze, che si traduce in
risorse comunicative e cooperative. Tale condivisione delle esperienze pone
però un limite all’allargamento del sistema delle conoscenze, in quanto nel
distretto industriale si preferisce organizzare il sapere per circuiti interni,
isolandosi dal contatto con l’economia globale30.
Con la globalizzazione dell’economia diventa necessaria un’apertura
internazionale del sistema produttivo locale, che vada oltre ai pochi e deboli
canali di collegamento tra alcune aziende del distretto (quelle di maggiori
dimensioni) e il “resto del mondo”. Solo le aziende più grandi hanno relazioni
anche con entità esterne al distretto. La situazione da raggiungere è quella nella
29
Globalizzazione = vari sono i significati dati a questo termine; qui è inteso come tendenza
dell’economia ad assumere una dimensione sopranazionale, nel senso che una quota crescente della
attività economica mondiale ha luogo fra soggetti che vivono i paesi differenti. In senso economico, il
termine globalizzazione indica dunque il processo di integrazione crescente delle economie delle
diverse aree del mondo, ossia il processo che riduce, ed eventualmente elimina, gli ostacoli che si
frappongono alla libera circolazione dei beni, dei servizi, dei capitali, delle persone e delle conoscenze.
Tale processo, al quale si connettono implicazioni politiche, culturali, giuridiche ed ambientali di
enorme portata, tende a creare mercati che trascendono i confini nazionali, fino a divenire mondiali, o
come si è soliti dire, globali. (Valdani, Bertoli “Mercati Internazionali e Marketing”, edizioni Egea, seconda
edizione, marzo 2006, pagg. 3).
30 GRANDINETTI R., “Evoluzione del distretto industriale e delle sue formule imprenditoriali: il caso del distretto
friulano della sedia”, Economia e Management, n.4, 1998.
438
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
quale più imprese, anche quelle di più modeste dimensioni, riescono ad avere
delle relazioni con l’esterno. E’ importante che questi legami siano a doppio
senso, per indicare così dei rapporti di collaborazione tra imprese e non solo,
come ad esempio, rapporti di fornitura.
Quindi, se in passato il distretto ha potuto ottenere un vantaggio
competitivo a livello di sistema operando come “reti chiuse” e con limitati
canali di interazione proiettati all’esterno, tra l’altro spesso solo nelle fasi
terminali del processo di produzione e di commercializzazione, oggi la
globalizzazione implica la creazione di circuiti molto vasti di produzione,
circolazione e utilizzazione della conoscenza. Quel che in maniera più semplice
può essere chiamata “collaborazione”; lo si inizia a vedere nelle importazioni
di semilavorati e finiti dall’India soprattutto (si veda paragrafo 8.4).
L’atteggiamento di relativa apertura non riguarda solo i prodotti e altri beni
e servizi collegati al processo produttivo, ma si estende alle risorse umane e
imprenditoriali, ai capitali e alle conoscenze necessarie per il proprio sviluppo e
per la propria immagine professionale e competitiva. Si può dimostrare questa
tesi anche guardando i tassi di natalità e mortalità delle imprese distrettuali31
che sono generalmente più elevati rispetto le iscrizioni e cancellazioni delle
imprese extradistrettuali; il saldo tra imprese uscenti ed entranti è comunque di
31
A proposito dei tassi di natalità e mortalità delle imprese nel distretto di Verona (Classe DI26,
fabbricazione prodotti dalla lavorazione di minerali non metalliferi) e della provincia di Verona divise
per attività economica si vedano in “Rapporto 2008 sull’economia veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera
in 10.000 bilanci.”,: tab.1 Riepilogo delle imprese registrate per sezioni e divisioni di attività economica
nel periodo 1998-2007. Iscrizioni e cessazioni annuali; tab.2 Tassi di natalità e mortalità nel periodo
1999-2007. Distribuzione per settore di attività economica (valori percentuali); tab.3 Riepilogo delle
imprese registrate per forma giuridica nel periodo 1998-2007. Iscrizioni e cessazioni annuali; tab.4
Tassi di natalità e mortalità nel periodo 1999-2007. Distribuzione per forma giuridica (valori
percentuali); tab.5 Riepilogo delle imprese registrate per sezioni e divisioni di attività economica al
31/12/2007. Iscrizioni e cessazioni nel 2007; tab.6 Riepilogo delle imprese registrate per forma
giuridica al 31/12/2007. Iscrizioni e cessazioni nel 2007. Disponibili in: “Rapporto 2008 sull’economia
veronese. Impresa-Verona: l’economia scaligera in 10.000 bilanci.”, a cura del Servizio Studi e Ricerche della
Camera di Commercio di Verona, volume 1, 9 maggio 2008, e on-line sul sito web della Camera di
Commercio
di
Verona
http://www.vr.camcom.it/attach/content/GENERICO/statpromo/6a%20giornata%20economia/v
ol1.pdf
439
CAPITOLO 10
solito positivo, a meno che non ci si trovi nella fase di declino irreversibile
della realtà distrettuale.32
L’impresa che vuole entrare e partecipare ad un circuito internazionale della
conoscenza e quindi della collaborazione finalizzata allo scambio di esperienze
e informazioni, ha la necessità soprattutto di modificare la propria visione
strategica e la propria mentalità; sono proprio queste due che dovrebbero
diventare globali. La globalizzazione rende possibile una modalità di divisione
del lavoro e di coordinamento più ampia e con maggiore distribuzione dei
rischi a fronte degli investimenti che si rendono necessari soprattutto per
l’incremento delle competenze tecniche, di prodotto e di vendita. Inoltre la
gestione e il coordinamento diventano meno costosi e soprattutto più efficaci
rispetto alle realtà chiuse all’esterno. La conoscenza prodotta dall’impresa si
somma così alla conoscenza prodotta dalla rete, o dalle reti cui l’impresa ha
accesso. Si instaurano quindi due principi diversi: da un lato le imprese sono
tenute a divenire sempre più globali, dall’altro e contemporaneamente hanno
bisogno di radicarsi saldamente negli ambienti specifici e quindi essere più
nazionali33 (e distrettuali). Risulta quindi naturale che il distretto non mantenga
all’infinito la sua caratteristica di sistema di piccole imprese ma in una certa
fase della storia una o più imprese distrettuali crescano rispetto alle altre, in
virtù della capacità di introdurre per prime un’innovazione tecnologica, di
creare una linea di prodotto innovativa, di penetrare un nuovo mercato
geografico o anche solo di resistere meglio di altre alla selezione competitiva in
una fase congiunturale negativa e ripartire rapidamente nella fase successiva.
Se il sistema distrettuale funziona, l’impresa innovatrice non è però isolata
ma trascina nel suo avanzamento evolutivo la propria rete relazionale
realizzando l’apertura del distretto cui appartiene e innescandone l’evoluzione.
32
Fonte: Dispensa del corso “Economia Industriale Internazionale”, a cura del Prof. Fabio Enzo Arcangeli,
anno accademico 2006/2007, Università degli Studi di Verona, sede di Vicenza.
33 VACCA’ S., “L’economia delle relazioni tre imprese: dall’espansione dimensionale allo sviluppo per reti esterne”,
Economia e politica industriale, n.51, 1986.
440
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
Tali imprese possono qualificarsi come imprese capofila o imprese guida34,
ossia come imprese costruttrici di reti, centri di ordinamento e di stimolo
nell’evoluzione delle molte altre imprese con cui hanno rapporti.
Nel lungo termine però, non conta tanto disporre di molti punti isolati di
eccellenza, ma conta piuttosto la capacità di integrare le diverse
specializzazioni, le diverse originalità, mettendole a sistema. E’ questa la
frontiera che demarca una prospettiva evolutiva organizzata, vale a dire uno
sviluppo in maniera concertata del sistema intero grazie ad uno sviluppo
organico del contesto istituzionale e strutturale tramite:
• presenza di identità distrettuali che promuovono e governano
l’innovazione e l’evoluzione del sistema come l’associazione Asmave
(associazione marmisti veronesi);
• organizzazione del mercato locale del lavoro che assicuri il pieno
impiego a livello di sistema locale e garantisca la mobilità tra
imprese;35
• presenza di infrastrutture intellettuali e materiali necessarie per il
funzionamento delle reti (ad esempio l’istruzione e la formazione
specialistica con riferimento alla scuola di S. Ambrogio e laboratori
di ricerca come la Videomarmoteca di Dolcè e il Laboratorio
Prove). L’Università degli Studi di Verona propone un master di
secondo livello sul marmo “Master universitario in progettazione e
gestione nei processi di lavorazione del marmo”.36
• esistenza di un sistema finanziario che si assume quote più o meno
consistenti di rischio imprenditoriale;
34
RULLANI E., “Piccole Imprese e politica industriale. I nodi prossimi venturi”, Oltre il Ponte, n.47, 1994.
Per analisi sull’occupazione veronese si rimanda a “Sistema informativo Excelsior. Le previsioni
occupazionali e i fabbisogni professionali nel 2008 per la provincia di Verona”, anche per gli anni 2007-20062005 disponibile sul sito della CCIAA di Verona, nella sezione Studi e Statistiche.
36 Per dettagli sul master “Master universitario in progettazione e gestione nei processi di lavorazione
del marmo” si veda il sito dell’ Università di Verona, Facoltà di Economia,
http://www.economia.univr.it/fol/main?ent=cs&tcs=M
35
441
CAPITOLO 10
• presenza di una chiara normativa in merito ai vincoli di tipo
ambientale37, di tutela della salute e della sicurezza, di standard
qualitativi di produzione e di prodotto38, ecc.
10.5 Le prospettive per il distretto
Di fronte all’avanzare della competizione globale il distretto industriale del
marmo sembra essere arrivato ad un bivio.
La prima soluzione è la lenta dissoluzione del distretto, che non riesce a
superare i limiti insiti nella rete locale chiusa, cioè nell’insieme delle fitte
relazioni interne che però non lasciano spazio agli esterni di penetrare e
nemmeno considerano la possibilità per le imprese facenti parte il distretto di
mettersi in contatto con le imprese extradistrettuali39. La qualità competitiva
del distretto potrebbe subire una progressiva erosione, o perché esso verrebbe
complessivamente
sostituito/emarginato
nello
schema
di
divisione
internazionale del lavoro, oppure perché le strategie delle singole imprese,
esterne ed interne al contesto locale, avrebbero l’effetto di dissolvere la densità
relazionale e la coesione sistemica. Può essere il caso di una consistente
delocalizzazione delle imprese medie e grandi, o di una multinazionale che
acquisisce una o più imprese locali, spostandone il sistema delle relazioni
37 SGS (a cura di), “Guida alla verifica ambientale”, Nuovo Studio Tecna, 1997. M. BARTOLOMEO (a
cura di), “La contabilità ambientale dell’ impresa”, Il Mulino, Bologna, 1997. MALAGOLI M.,
ANDRETTA A., “Fare i conti con l’ambiente”, Ipsoa Editore, 2001. BELTRAMO R.,. MARITANO E.,
VESCE E., “Sistemi di gestione e marchi ambientali per imprese e coefficienti”, Celid. Torino, 2002. LEPORE
P., CAPRARO M., “I sistemi di gestione ambientale. Dalla norma ISO 14001 al regolamento Emas II”,
FrancoAngeli, Milano, 2003. - CARNIMEO G., FREY M., IRALDO F., “Gestione del prodotto e
sostenibilità”, FrancoAngeli, Milano, 2002. UNI EN ISO 14001:2004, “Sistemi di gestione ambientale;
Requisiti e guida per l’uso”, Uni, 2004. SANNA M., “La normativa essenziale di tutela ambientale”, Epc Libri,
Roma, 2005.
38 BAU C., MERICO A., “Quanto costa la qualità”. Il Sole 24 Ore Pirola, Milano, 1996. AA.VV.,
“Normazione, certificazione, qualità. Le regole, le strutture”. DINTEC, Roma, 1997. PERI C., “Qualità: concetti
e metodi”. F.Angeli, Milano. 2000. NEGRO G., “Organizzare la qualità nei servizi”. Il Sole 24 Ore, Milano,
2001.
39 VACCA’ S., “L’economia delle relazioni tra imprese: dall’espansione dimensionale allo sviluppo per reti esterne,
Economia e politica industriale”, n.51, 1986.
442
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
rilevanti o anche le funzioni strategicamente più pregiate dal distretto alla
propria rete organizzativa. I risultati dei due casi sopra, in termini d’impatto sul
sistema-distretto, potrebbero essere analoghi; per ora si stanno evolvendo le
spinte endogene (il primo caso): le eventuali imprese distrettuali vincenti
escono sempre più dal contesto locale, rilocalizzando le attività della propria
catena del valore in sistemi globali di divisione del lavoro e quindi non più
nella rete del distretto di Verona, bensì nella rete di qualche altro sistema
esterno40, creando però problemi alle molte e piccole imprese che lavorano
contro terzi.
La seconda e più auspicabile soluzione è l’evoluzione del distretto verso
una configurazione di rete locale integrata in network globali di produzione, circolazione
e utilizzazione delle conoscenze.41 Ciò vuol dire che il distretto del marmo di
Verona, quale sistema organizzato di relazioni tra imprese diverse, dovrebbe
creare delle relazioni intense, attive, propositive e diffuse con altri sistemi
organizzati di imprese esistenti nel resto del mondo. Tali relazioni non
dovrebbero essere finalizzate esclusivamente allo scambio delle merci, materie
prime, semilavorati o prodotti finiti, bensì sarebbero finalizzate allo scambio
delle conoscenze, delle competenze, delle capacità individuali al fine di una
crescita di tutti i facenti parte della rete. In questo modo chi fa parte della rete
mette a disposizione le proprie conoscenze per la crescita degli altri, ma ha
anche lui stesso la possibilità di crescere qualitativamente ad un livello che
forse, rimanendo da solo, non raggiungerebbe. Per raggiungere questo
obiettivo varie sono le problematiche da considerare:
• il fatto che la collaborazione è sempre rimasta debole;
• nelle fasi di congiuntura negativa si registra l’interruzione delle
relazioni basate sul decentramento di capacità, che riguarda il
ricorso a terzi nei soli momenti di aumento della domanda da parte
40
Alcune imprese hanno creato aziende di taglio e lucidatura in Brasile dove prima avevano comprato
le cave; lo stesso è accaduto in Slovenia, Croazia e Grecia dove si è soprattutto acquistato parte del
capitale sociale delle aziende locali.
41 SIMEONI F., “Il distretto industriale del marmo a Verona”, 2001, pag.104.
443
CAPITOLO 10
del cliente finale senza attuare una politica strategica di
decentramento produttivo di alcune fasi;
• elevata concorrenza orizzontale nei vari stadi della filiera, ovvero tra
imprese che producono lo stesso tipo di semilavorato, col rischio di
lasciare troppo potere contrattuale nelle mani dei grossisti
committenti;
• pochissime imprese si sono sforzate nella ricerca di qualche
innovazione o nell’investimento al fine di ottenere, appunto, una
nuova combinazione mercato-prodotto-tecnologia;
• anche una volta acquisita una conoscenza, quando si tratta di
produrre in loco si ha a che fare con il grande problema dei costi
elevati che si ripercuotono sul prezzo finale di vendita.
Risulta per di più necessaria la presenza di strutture di servizi che svolgano
anche la funzione di interfaccia tra il contesto locale e l’economia globale42.
Le strutture di interfaccia sono collegate, da un lato, ad una rete globale, cioè
un sistema organizzato di imprese su base mondiale, e da questo collegamento
ritraggono la capacità di generare potenziali utili sul piano competitivo in
modo autonomo rispetto a una diretta esperienza d’uso. Dall’altro, esse sono
immerse nella rete distrettuale, e trasferiscono ai soggetti che la compongono
la capacità di utilizzare potenziali che non si sarebbero evoluti in un contesto
chiuso. Oltre a ciò, a tali strutture spetta di fornire alle imprese distrettuali dei
servizi strategici di terziario avanzato. Ci si riferisce a servizi logistici e di
trasporto, supporti informativi e formativi, nonché forme avanzate di
intermediazione finanziaria, tecnologica e commerciale.
42
Come è il caso del CATAS (Centro ricerca/sviluppo e laboratorio prove nel settore legno arredo)
nel distretto friulano della sedie. www.catas.it
444
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
10.5.1 Possibilità per le aziende: sviluppo qualitativo e quantitativo
La tenuta del distretto e la sua evoluzione possono essere garantite da una
configurazione di rete locale integrata in network globali di produzione,
circolazione e utilizzazione delle conoscenze.
Non tutte le piccole o medie imprese hanno la forza di immettersi in circuiti
relazionali di tale portata. La capacità di immettersi in un network o reti
dipende soprattutto:
• dalla qualità delle risorse e delle competenze interne;
• dall’abilità di padroneggiare il linguaggio codificato delle reti.
Le piccole imprese che vogliono entrare in un network devono affrontare e
realizzare una crescita qualitativa interna per dotarsi delle conoscenze e
competenze tecnologiche, imprenditoriali, organizzative, di mercato, ecc.,
necessarie per essere appetibili agli altri membri della rete (si veda paragrafo
4.2.2)43.
Le opzioni strategiche per conseguire una crescita qualitativa interna sono:
1) lo sviluppo qualitativo in senso stretto;
2) lo sviluppo quantitativo.
Lo sviluppo qualitativo in senso stretto esprime la tendenza delle imprese a
migliorarsi e a muoversi verso percorsi d’eccellenza. Un fattore di sviluppo
qualitativo è connesso alla diffusione in azienda della cultura della qualità,
adottando nell’impresa un approccio al miglioramento continuo non solo nella
produzione ma anche in tutte le altre attività aziendali per raggiungere una
qualità di prodotto44 e qualità aziendale (certificazione ISO 9000), attraverso
43 PENCARELLI T., “Piccola impresa, alleanze strategiche ed integrazione europea”, Urbino, Aspi/Ins-Edit,
1995.
44 Ad esempio nel 2000, 12 imprese veronesi ( La Cronaca 11/03/2000 e L’Arena, stessa data), hanno
creato un consorzio di produttori di marmo rosso ottenendo un marchio unico per l’identificazione e
tutela.
445
CAPITOLO 10
l’informatizzazione e l’applicazione di tecnologie innovative ai processi di
produzione.45
Uno sviluppo qualitativo si può inoltre ottenere da una serie di fattori:
• migliorando la gestione della rete dei subfornitori46 (e scegliendo quelli,
che a parità di qualità di prodotto, offrono servizi migliori e un valore
aggiuntivo);
• crescita e affinamento delle competenze delle risorse umane, visto che
il know how ed esperienze delle maestranze veronesi sono uniche e
conosciute in tutto il mondo;
• adozione di maggiori livelli di strutturazione organizzativa.
Su questo ultimo punto sorgono alcune problematiche attuative di ordine:
-) psicologico: l’imprenditore ha la sensazione di perdita di controllo e presenta
una forte resistenza a delegare;
-)professionale: non sempre esistono competenze adeguate all’interno
dell’impresa;
-)economico/dimensionale: la maggior parte sono imprese con una
dimensione troppo piccola per poter inserire specializzazioni manageriali. Il
costo del manager non sarebbe coperto dalla più economica utilizzazione
delle risorse e dal minor appesantimento della struttura dei costi di gestione.
Lo sviluppo quantitativo è la seconda opzione strategica identificata al fine
della crescita qualitativa interna delle aziende del distretto.
45 Per approfondimenti si veda: - FILIPPINI R. et al., “ISO 9000 e Qualità Totale”. Etas Libri, 1998. UNI EN ISO 9000:2000, “Sistemi di gestione per la qualità”. Uni, , 2000. - AA.VV., “Conoscere le ISO
9000:2000 8211; Cambiamento, cliente, processi, miglioramento continuo”. UNI, 2001 - CONTI T., DE RISI
P., “Manuale della qualità”. Il Sole 24 Ore, Milano, 2001. - MATTANA G., “Qualità. Affidabilità.
Certificazione”. Franco Angeli, Milano, 2002. - BARBARINO F.C., “Capire i processi. Come organizzarli,
gestirli e migliorarli”. UNI, Milano, 2002. - BALDO G.L., “Analisi del ciclo di vita LCA. Materiali, prodotti,
processi”, Edizioni Ambiente, Milano, 2005.
46 I subfornitori possono sviluppare diverse strategie: maggiore flessibilità di lavoro, occupazione di
nicchie a maggior valore aggiunto, cooperazione tra i diversi operatori economici della catena del
valore, miglioramento del servizio offerto e riduzione delle sacche di inefficienza (=maggiore
produttività), fornitura di un prodotto finito attraverso il coordinamento a loro volta di altri
subfornitori.
446
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
Con lo sviluppo quantitativo si identificano forme di espansione della
dimensione produttiva aziendale ricorrendo o ad una forma di espansione in
senso orizzontale (volume di fatturato) e quindi con un conseguente aumento
di fatturato, oppure una forma di espansione in senso
verticale , cioè
integrando più fasi lavorative nel processo produttivo interno all’azienda. Nelle
imprese del distretto di Verona e Carrara si è assistito a fenomeni soprattutto
di espansione verticale.
Lo sviluppo quantitativo non deve però essere inteso esclusivamente con
l’aumento della dimensione aziendale così come è tradizionalmente inteso:
processo che interiorizza segmenti del ciclo produttivo o attività in precedenza
svolte all’esterno da altre imprese. Nel ricercare, in tal senso, la dimensione
ottimale per l’impresa, coincidente nel definire una frontiera stabile fra la sua
attività interna e quelle lasciate al mercato, si deve considerare che il sapere
scientifico e tecnologico da applicare alla produzione è sempre meno
circoscrivibile ai canali interni all’azienda e che la sua modernizzazione e
competitività dipendono da fonti del sapere tecnologico che devono essere
cercate, “inseguite” e sviluppate su un orizzonte dilatato ormai a tutta
l’economia mondiale. Le imprese di un distretto possono rimanere piccole e
specializzarsi in una competenza specifica. La scala che conta è quella del
sistema complessivo, ossia della rete di clienti e fornitori che fanno capo alla
singola impresa. Attraverso il distretto, insomma, la piccola impresa diventa
grande nel suo specifico segmento e dovrebbe riuscire così a competere con
quelle del mercato internazionalizzato.
447
CAPITOLO 10
10.6 La promozione dei servizi: è necessario più impegno
Il settore lapideo, nel corso degli ultimi decenni, ha conseguito uno
sviluppo imprevedibile, grazie alla convergenza di molti fattori positivi, tra cui
si possono ricordare:
–
il forte progresso della ricerca e della tecnologia,
–
il miglioramento delle infrastrutture e della professionalità,
–
il fabbisogno finanziario per nuove iniziative relativamente
limitato,
–
e taluni impieghi non ottimali dei prodotti concorrenti.
Probabilmente, i risultati sarebbero stati ancora più favorevoli, se si fosse
potuto contare su strumenti adeguati di documentazione ed informazione
promozionale: può sembrare un paradosso, ma in questo campo, nonostante i
fabbisogni oggettivamente contenuti, si registrano ancor oggi carenze
piuttosto significative.
In diversi paesi, compresi alcuni di quelli più sviluppati, il consumo
pro-capite di marmi e pietre è ben lontano da livelli soddisfacenti, ma la
promozione,
nonostante
alcune
recenti
iniziative
di
buon
impatto
internazionale47, continua ad essere episodica. In effetti, manca tuttora nel
mondo lapideo una consapevolezza sistematica delle opportunità collegate alla
comunicazione, e prima ancora, di quelle connesse alla promozione degli
investimenti, dove molte proposte di “joint-venture” formulate in appositi
incontri fra operatori dell’occidente e soggetti di paesi in via di sviluppo,
in specie dell’Africa sub-sahariana, non hanno avuto seguito concreto.
47 Un tentativo apprezzabile di promozione coordinata a livello internazionale è quello di “Pietra
Autentica”, coordinato dalla federazione europea del settore Euroroc, d’intesa con le varie
organizzazioni nazionali; altre iniziative simili, basate sul riconoscimento della qualità attraverso
appositi marchi, sono state avviate in Italia (marchio Pietra Naturale). Negli altri paesi, una visibilità
di qualche rilievo, soprattutto sui rispettivi mercati domestici, è stata acquisita dalle
manifestazioni formative ed informative del Marble Institute of America, da quelle dei sindacati
imprenditoriali del Brasile, dai vari “Awards” e simposi di scultura, e dal “Mese della Pietra”
organizzato annualmente in Francia. E’ tuttora atteso, peraltro, un disegno unitario di più
ampio impatto, munito di adeguata copertura finanziaria. Per la descrizione più approfondita dei
marchi Pietra Autentica, Pietra Naturale e Marcatura CE si veda il paragrafo 10.3 .
448
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
D’altro canto, il settore continua ad esprimere un rapporto competitivo con
la concorrenza, ed in primo luogo con quella ceramica, che sul piano
quantitativo è certamente la più agguerrita: già da qualche anno, il rapporto
produttivo si è stabilizzato nella proporzione di uno a sette (in favore della
ceramica), con un tasso di sviluppo che, nonostante le carenze promozionali,
ha superato il coefficiente delle piastrelle già dal 2003, con un recupero non
marginale rispetto agli anni di maggiore divario48.
Le prospettive di sviluppo rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche,
ma nello stesso tempo, dalla crescita demografica mondiale e dal gradiente di
espansione dell’edilizia, non disgiunto da quello dei redditi, sono sempre
ampie, e confortate dal realismo delle previsioni precedenti. Nel ragguaglio
al 2025, anno in cui la popolazione mondiale, viste le previsioni dell’ONU,
potrebbe raggiungere i nove miliardi di unità, la produzione lapidea netta è
in grado di pervenire a 300 milioni di tonnellate, ed oltre cinque miliardi di
metri quadrati equivalenti: un volume suggestivo, ma ancora inferiore a quello
attuale della ceramica. Dal canto suo, l’interscambio è idoneo a salire fino a 3,3
miliardi di metri, con una crescita quasi certamente superiore a quella della
produzione. Non sono traguardi assurdi, ma presumono adeguate
soluzioni per i problemi di fondo che si chiamano:
–
finanziamento degli investimenti,
–
disponibilità di infrastrutture,
–
valorizzazione degli scarti di cava e di laboratorio,
–
e naturalmente, promozione.
Un contributo importante allo sviluppo già conseguito ed a quello
potenziale viene dai servizi, tra i quali assumono rilevanza decisiva il settore
48
Il raffronto con la ceramica è indicativo, ma sostanzialmente disomogeneo, non solo per la
forte escursione del prezzo medio, che riduce di parecchio il differenziale quantitativo, ma
prima ancora, perché gli impieghi potenziali sono davvero alternativi in un numero minoritario
di casi, con particolare riguardo a pavimenti e rivestimenti interni. E’ congruo rammentare che,
diversamente dalla pietra, la ceramica non trova applicazione significativa nei grandi
rivestimenti esterni, nelle scale, nell’arredo urbano, nella funeraria, ed in un ampio ventaglio di
lavori speciali. Per una accurata descrizione sui campi di impiego della pietra naturali si veda il
paragrafo 7.2 .
449
CAPITOLO 10
dei trasporti viari, navali e ferroviari49, e quindi, il mondo degli spedizionieri,
agevolato dalla diffusione ormai universale dei collegamenti telematici.
Lo stesso può dirsi per la formazione professionale, il cui ruolo è decisivo
per il naturale ricambio della manodopera alla luce delle esigenze indotte dal
progresso tecnico e dalla disponibilità di impianti che richiedono attenzione e
competenza: oggi, esiste un numero ragguardevole di scuole, con l’intento di
assicurare una qualificazione adeguata alle esigenze produttive e distributive
di un mercato mondiale dove la concorrenza è sempre più selettiva. Anche per
questo, molti paesi si sono attrezzati opportunamente, dando vita ad
esperienze che col passare del tempo sono diventate sempre più diffuse50.
Nell’ambito dei servizi si possono collocare anche le fiere, che hanno
assunto un ruolo di punta nelle attività di promozione, sebbene in diversi casi
si riducano ad occasioni di incontro e di confronto, ed a presentazioni di
materiali e di tecnologie, utili non tanto alla distribuzione ed al potenziamento
delle vendite, quanto alla presunzione di doverci essere. Del resto,
l’avvento del mercato globale ha finito per ridimensionarne la funzione
originaria, ma non certo la proliferazione quantitativa, che ha dato luogo, tra
l’altro, a sovrapposizioni di calendario e conseguenti dispersioni. In realtà, il
fatto che parecchi operatori siano disponibili ad investire in frequenti
partecipazioni fieristiche con una prassi sostanzialmente indifferenziata, sta a
49
Nel 2004 sono stati trasportati via camion 34 milioni di tonnellate di pietra con problemi di
reperimento di vettori adeguati. Lo stesso dicasi per i carichi marittimi con problemi di costo e
di reperibilità dei vettori, e sugli scali di riferimento (per citare solo alcuni dei maggiori: Alicante,
Anversa, Carrara, Durban, Istanbul, Izmir, Larvik, Lisbona, Kavala, Marghera, Suez, Turku,
Valencia, Vigo, Vitoria, Yokohama, e naturalmente, tutti quelli cinesi, coreani, americani e via
dicendo). Quanto ai trasporti ferroviari, la cui funzione è chiaramente integrativa, si
possono ricordare il “treno del marmo” che collega Marghera al terminale di Domegliara, o
quelli che scaricano i blocchi grezzi di granito prodotti nelle cave del Sudafrica o della
Mauritania sulle banchine di Durban e di Nouadhibou, per non dire del nuovo collegamento
transiberiano fra Scandinavia e Cina.
50 E’ il caso delle scuole professionali italiane, tra cui si possono ricordare quelle di vecchia
tradizione in essere a Carrara, Verona e Pietrasanta, finalizzate a diverse tipologie di
qualificazione, compresa l’artistica, o quella di Spilimbergo, specializzata nel campo del
mosaico; ma anche le iniziative che si sono sviluppate in diversi paesi come Brasile
(Cachoeiro), Croazia (Pucisca), Francia (Montalieu), Germania (Chemnitz e Wunsiedel),
Portogallo (Sorba), e Spagna (Macael), per non dire di quelle sorte a livello universitario in
Turchia, in Egitto, e naturalmente, in Cina (in tale ultimo caso, non senza qualche
supporto occidentale).
450
CRITICITA’ E PROSPETTIVE FUTURE PER IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLE
PIETRE DEL VENETO
significare che, a parte la stampa, esistono pochi riferimenti promozionali di
carattere alternativo. Ciò ha favorito il successo delle manifestazioni
maggiormente consolidate, ed in primo luogo di quelle operanti in paesi
leader, talvolta a cadenze biennali, ma orientate, in ogni caso, a coniugare
l’offerta meramente espositiva con quella di un ampio ventaglio di servizi, e
talvolta, di interventi a favore di marmi e pietre nei confronti di progettisti e
costruttori, in un quadro di supporto generale che sembra voler correggere
dall’esterno talune ricorrenti carenze istituzionali.
La promozione del prodotto di natura, assieme a quella dell’impiantistica e
dei beni strumentali, sta entrando in una fase più consapevole dei propri limiti
storici e della necessità di un impegno più adeguato alla dinamica del
mercato globale, ed il fatto che stia collocandosi in un’ottica di servizio
ne costituisce la riprova. Questo adeguamento strategico è tuttora lungi
dall’essere compiuto, anche nei paesi di maggiore vocazione settoriale, ma
la cosa importante è che si prenda coscienza del ruolo esercitato da tale
opportunità nella costruzione di un settore economico di rilevanza
strategica, come deve essere il lapideo.
10.7 Bibliografia e sitografia
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cura di Zattoni A., Airoldi G., 2006, Il Sole 24 Ore e Università Bocconi Editore,
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451
CAPITOLO 10
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sito
dell’Università
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www.immcarrara.com
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453
CAPITOLO 10
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454
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PIETRE DEL VENETO
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VELO D., MAJOCCHI A., “L’inyernazionalizzazione delle piccole e medie imprese
nell’Europa Centro Orientale”, Giuffrè Editore, Milano.
455
CONCLUSIONI
La congiuntura economica, nel corso del 2007 e 2008, non è stata immune
da fattori critici che hanno investito alcuni mercati di rilievo, ma ciò non
ha impedito al settore lapideo di progredire ulteriormente, e di assumere un
ruolo sempre più importante nello sviluppo produttivo e distributivo
mondiale,
ascrivendo
nuove
crescite
di
estrazione,
trasformazione,
interscambio e consumo, e confermando una tendenza ormai consolidata, in
atto da almeno un ventennio. Le motivazioni di questo successo, che
presiede ad un’espansione costante, sono note: il carattere naturale della
materia prima, la sua riconosciuta competitività tecnologica ed estetica, il
continuo adeguamento di macchine e beni strumentali alle esigenze di
marmisti ed utilizzatori e la crescente preferenza di progettisti ed imprese
edili. Questi appena citati sono fattori fondamentali, ma la pietra, per fare la
differenza, può contare su qualcosa di più: una professionalità creativa
come poche, una tradizione millenaria ed il carattere originale, se non anche
singolare, di un ventaglio dell’offerta molto ampio ed in crescita. I consuntivi
del 2007 e 2008, in genere, attestano l’esistenza di espansioni diffuse, che
possono essere sintetizzate in due cifre fondamentali: un giro d’affari
nell’interscambio mondiale che ha superato i 15 miliardi di dollari ed un
consumo complessivo nell’ordine dei 1.100 milioni di metri quadrati, riferiti
allo spessore convenzionale di centimetri 2. Sono risultati che mettono in
evidenza l’idoneità della pietra a farsi strumento di sviluppo, tanto più che la
sua crescita è stata notevolmente superiore a quella del sistema economico
mondiale, sottolineando anche in tal senso che il settore lapideo è in grado di
confrontarsi a tutto campo con i problemi della mondializzazione.
Quello di marmi e pietre è un contesto speciale, decisamente di nicchia,
dove l’avanzamento conseguito grazie alla ricerca sperimentale ed alle
politiche di “know-how” e di servizio ha contribuito in misura
significativa al contenimento dei costi, all’ampliamento dei consumi ed
CONCLUSIONI
all’ottimizzazione dei rendimenti e della sicurezza; ne consegue una logica
opportunità di rivolgere adeguate attenzioni oggettive ai maggiori problemi
tuttora insoluti, ad iniziare da quelli della dotazione di infrastrutture funzionali,
della disponibilità di servizi congrui e della stessa promozione e
soprattutto, sulla necessità di soluzioni tempestive ed esaurienti, in funzione
delle diverse attese nazionali e locali.
Lo sviluppo lapideo, anche nel corso degli ultimi due anni, è stato
contraddistinto da progressioni di ampia disomogeneità geografica e
dall’ampliamento delle escursioni che dividono i paesi leader da tutti gli altri.
Oggi, i produttori di rilievo determinante, che partecipano all’escavazione
mondiale di marmi e pietre con un volume superiore al milione di
tonnellate nette in ragione annua, sono una decina e cioè quelli di sempre, e
la loro incidenza ponderale appare consolidata, sfiorando i tre quarti di un
volume complessivo pari ad oltre 38 milioni di metri cubi: ciò, in quanto i paesi
trainanti, guidati dalla Cina e dall’India, cui si aggiungono con forza non meno
accentuata la Turchia, il Brasile e l’Iran, hanno manifestato una spiccata
disponibilità ad investire, nettamente superiore a quella dell’Europa, e quindi
una vivace propensione a conquistare spazi sempre maggiori di mercato.
Contestualmente, sia per livelli di prezzo sia per ottimizzazione
progressiva della qualità, è cresciuto il gradimento dei materiali
prodotti da questi paesi da parte dei maggiori acquirenti e consumatori
di manufatti: in primo luogo, nonostante i nuovi fattori critici di cui si è
detto, i mercati tradizionali di Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone,
Unione Europea, e più genera lmente, tutto il mondo sviluppato.
Creatività e fantasia hanno fornito a marmi e pietre uno strumento
importante per affermarsi sul mercato mondiale, nonostante la
concorrenza, quantitativamente molto più forte, dei materiali
alternativi, ed in primo luogo della ceramica e del grès porcellanato,
il cui sviluppo, tuttavia, procede da diversi anni con tassi non
superiori a quello lapideo. Questo fattore, per taluni aspetti, ha trovato
458
CONCLUSIONI
applicazione anche nelle tecnologie, dove la produttività delle macchine
è in espansione fisiologica alla luce di progettazioni più mirate e di una
collaborazione più sistematica col mondo dell’utensileria, nel quadro
di valutazioni, per quanto possibile capillari, di problemi ed esigenze
della clientela. In questo ambito, l’apporto che i costruttori italiani di
macchine ed impianti hanno dato e stanno dando allo sviluppo del
mondo lapideo è insostituibile, sebbene la loro quota di mercato, a
somiglianza di quanto è accaduto per i materiali, abbia fatto
registrare nel 2007 e 2008 un’ulteriore elisione, attestandosi attorno
ad un terzo, ma correggendo tale decremento col nuovo massimo
storico del prezzo medio per unità di prodotto, prossimo ai 900 euro
a quintale, e sostanzialmente in linea con quelli della concorrenza.
Un mercato globale come quello della pietra e delle sue tecnologie è
molto selettivo, ma dal 2007 hanno trovato rinnovata conferma
parecchi spunti di maggiore attenzione nei confronti della qualità e del
suo rapporto col prezzo, alla stregua di esigenze di gestione produttiva
non
meno
importanti
di
quelle
distributive.
L’affermazione,
certamente valida per le macchine ed i beni strumentali, è valida
anche per i materiali, sia grezzi sia lavorati, dove la tendenza
ribassista perseguita per un decennio dall’export cinese ha lasciato
definitivamente il passo, ormai da quattro anni, a progressive rivalutazioni,
sebbene la competitività dei suoi manufatti lapidei rimanga inattaccabile
anche da parte dei maggiori paesi in via di sviluppo, ed in primo luogo
India, Turchia e Brasile. Gli altri produttori hanno trovato maggiori
occasioni distributive nei rispettivi mercati domestici ed in quelli
contigui, ma prima ancora, nella ricerca della qualità totale, con
particolare riguardo a quella dei lavori speciali ad alto valore aggiunto.
E’ sempre più chiaro come in tempi relativamente brevi il comparto
lapideo abbia conosciuto una profonda modificazione strategica, in cui le
crescite quasi esponenziali dei nuovi paesi leader hanno trovato
459
CONCLUSIONI
risposte simmetriche in una domanda molto disponibile, senza
dire che il consumo unitario del mondo resta molto basso,
soprattutto fuori d’Europa, sottolineando anche per questo aspetto
l’ampiezza delle ulteriori potenzialità di espansione. Oggi non ha
molto senso, se non dal punto di vista formale e da quello della pur
significativa valenza statistica, discutere sui frequenti sorpassi a
danno dei vecchi protagonisti, da parte dei nuovi astri del mondo
lapideo e di quello tecnologico; è importante, invece, che nelle
strategie settoriali dell’Unione Europea e di altre realtà in fase statica
venga accolta la difesa dei livelli produttivi e distributivi già conseguiti,
in primo luogo attraverso adeguati investimenti nell’aggiornamento
impiantistico e nella promozione dei prodotti.
Del resto, i mercati hanno già dimostrato di evolversi verso una logica di
produzione, e soprattutto di impieghi, basata non tanto sulla
mondializzazione quanto sulle affinità di aggregati statuali contigui, come
nei
casi
tipici
concentrazione
dell’Europa
o
dell’interscambio
dell’Estremo
lapideo
ha
Oriente,
dove
raggiunto
la
livelli
straordinari, tanto più che la struttura portante degli ordinativi è
costituita, soprattutto nella prima fattispecie, da commesse medie e
piccole, inadatte ad approvvigionamenti di ampie dimensioni. Questo
fenomeno è denominato “regionalizzazione” della produzione e dell’interscambio:
si assiste ad un accorciamento della catena distributiva, alla creazione di “poli”
e ad una “circuitazione” sempre più locale dei materiali, soprattutto per il
granito, sia esso grezzo che semilavorato. In altre parole, grazie a numerosi
fattori geografici, politici, economici, tecnologici ecc., si ha, numericamente,
una maggior circolazione di materiali, alla quale corrisponde però una minor
circolazione nel senso delle distanze. Questo genera una erosione del
complesso di attività importazione-trasformazione-esportazione, con un lento,
ma oggettivo ridimensionamento del ruolo di quei paesi che hanno fortemente
sviluppato detto ciclo, in primis l’Italia. Molto più che in passato, alcuni paesi
460
CONCLUSIONI
stanno diventando dei gestori del consumo altrui, non limitandosi così ad
essere essi stessi consumatori. Ciò vuol dire che nel mondo lapideo, al pari
di quanto accade in altri settori, c’è sempre posto per tutti e che le
soluzioni dei problemi aziendali non sono necessariamente
ravvisabili nelle strategie di localizzazione alternativa.
La pietra viene dai millenni più lontani, e può contare su referenze
difficilmente iterabili anche per quanto riguarda la prova più ardua,
quella del tempo. In tale ottica, il suo sviluppo sistematico, che
coinvolge in misura sostanzialmente analoga tutte le componenti
merceologiche maggiori, dal granito al marmo, o dall’ardesia al
travertino, non è frutto del caso, né tanto meno di occorrenze obbligate
per mancanza di alternative, ma corrisponde a bisogni universali e
certamente crescenti della progettazione e soprattutto, della committenza.
Veniamo ora ad alcune cifre per riassumere e quantificare i volumi e valori
della realtà lapidea mondiale e degli assetti di mercato che la caratterizzano.
Il settore del marmo e della pietra si distingue per uno sviluppo nettamente
superiore a quello dell’economia mondiale. Lo hanno ulteriormente
confermato i consultivi del 2007 e, pur registrando un calo, anche del 2008,
ragguagliati sia al lungo, sia al breve periodo: dal 1990 in poi, la produzione è
aumentata del 7,5% in ragione annua e l’interscambio in volume è cresciuto
del 9,3%, mentre nel 2007 sono state registrate, nei confronti dell’anno
precedente, variazioni rispettive dell’11,7 e dell’11,5%. Questo incremento
produttivo è il massimo degli ultimi 18 anni, mentre quello degli scambi
internazionali risulta inferiore ai soli aumenti del 1994 e del 2003. In altri
termini, il settore si è dimostrato essere nel positivo per il 2007 e 2008,
nonostante la presenza di alcuni fattori critici.
In cifre assolute, la produzione mondiale del 2007 è stimabile in oltre 210
milioni di tonnellate al lordo degli sfridi di cava e dei cascami di
trasformazione; detratti gli scarti di lavorazione, il citato quantitativo
grezzo si riduce a 22,5 milioni di metri cubi, in altre parole a 61 milioni
461
CONCLUSIONI
di tonnellate, cui corrispondono 1,13 miliardi di metri quadrati, riferiti
allo spessore convenzionale di cm.2. L’impiego unitario è pervenuto a 18,4
metri quadrati per 100 abitanti, contro 16,5 del 2006, per non dire dei 15,3 del
2005, dei 14,6 del 2004 e dei 13,5 del 2003. Nella distribuzione produttiva
(dove per produzione si intende l’escavazione dei blocchi dalle cave)
per grandi aree geografiche, il primato dell’Asia, che già nel 2006 si era
espresso
in
termini
di
maggioranza
assoluta,
si
è
consolidato
significativamente, raggiungendo il 56,8 per cento della produzione
mondiale, mentre la quota dell’Europa, pur crescendo in volume,
si è ridotta di oltre un punto, scendendo al 27,3 per cento. Per quanto
riguarda i singoli paesi, è da rilevare che l’apporto di Cina e India alla
leadership asiatica risulta maggioritario, con un volume pari a due terzi
della produzione complessiva del continente, ed a due quinti di quella
mondiale.
Il ruolo decisivo per lo sviluppo del comparto lapideo nel quadro della
mondializzazione è stato svolto dall’interscambio, che ha superato i 46,2
milioni di tonnellate: tenuto conto degli apporti di grezzo e lavorato, che sono
stati pari rispettivamente, al 42,6 ed al 57,4% del totale; vi corrispondono circa
705 milioni di metri quadrati allo spessore di 2 centimetri. Ne risulta che la
maggioranza assoluta dei consumi mondiali, ovvero poco meno di due terzi, si
riferisce a materiali estratti e spesso trasformati in paesi diversi da quello di
installazione. L’analisi dell’interscambio riferita al lungo periodo mette
in luce quanto siano state profonde le mutazioni strategiche da cui il
settore è stato contraddistinto negli ultimi 14 anni. L’esportazione
quantitativa globale, in cui l’Italia aveva primeggiato fino al 1999, ha
visto la crescita impetuosa di Cina, India e Turchia, che oggi la
precedono di molte lunghezze. L’Italia, al pari di altri produttori
europei, è riuscita a conservare le cifre assolute di partenza ma è
scesa da uno “share” del 21,8 per cento a livello mondiale del 1995,
alla quota attuale del 7,2 per cento, non diversamente da quanto è
462
CONCLUSIONI
accaduto a molti paesi di ottima tradizione lapidea come Francia,
Grecia, Finlandia e Norvegia (è interessante costatare come nel
2007 i paesi con una quota del mercato quantitativo superiore ad
un punto percentuale si siano ridotti a nove, comprendendo, oltre ai
quattro leader di cui si è detto, Spagna, Brasile, Portogallo, Germania
e Sudafrica). Considerazioni analoghe valgono per l’import dove si
sono manifestati fenomeni non meno impetuosi, come il grande balzo
della Cina, che è salita dallo 0,8 per cento degli acquisti mondiali
registrato nel 1994 al 15,7 per cento del 2007, grazie ad approvvigionamenti
per 7,2 milioni di tonnellate.
I sette maggiori produttori (nell’ordine: Cina, India, Turchia, Italia, Iran,
Spagna, Brasile) hanno espresso da soli il 71,3% dell’estrazione mondiale,
superando di mezzo punto la quota del 2006 e di tre punti quella del 2005,
confermando la presenza di forti concentrazioni, che generalmente sono estese
alle fasi trasformatrici, e quindi alla distribuzione. Le spedizioni più importanti
del grezzo, superiore al milione di tonnellate, sono partite dalla Turchia e
dall’Egitto nel campo calcareo, e dall’India e dal Brasile in quello del siliceo
(nel primo caso con un flusso in uscita vicino ai quattro milioni di tonnellate).
In particolare, la Cina ha consolidato i suoi primati, esprimendo il 25,6 per
cento della produzione mondiale ed un quarto dell’export quantitativo. Con
quasi 300 milioni di metri quadrati equivalenti, cui vanno aggiunti quelli
che r i v e n g o n o d a l l a f o r t e i m p o r t a z i o n e grezza, la Cina è
certamente leader anche nell’ambito della trasformazione, dove
ha conseguito un progresso davvero straordinario, se si pensa che
all’inizio degli anni novanta occupava il diciottesimo posto della
graduatoria mondiale. Nel lungo periodo, l’export cinese di materiale
grezzo è rimasto stazionario in cifra assoluta, ed è sceso dal 42,5
per cento del totale conseguito nel 1994 al nove per cento del 2007, ma
quello dei lavorati è cresciuto di quasi otto volte, in modo continuo. Il
valore delle spedizioni estere, a sua volta, è passato da 435 milioni di
463
CONCLUSIONI
dollari a 3,3 miliardi, con un’incidenza del grezzo pari all’1,4 per
cento: cioè, decisamente marginale. Il tasso di sviluppo ha fatto
registrare qualche rallentamento, perché la crescita del 2007 è stata dell’11,6
per cento in quantità e del 19,7 per cento in valore, mentre quella
dell’anno precedente aveva raggiunto il 16,2 per cento nel volume ed il
28,3 nel corrispettivo valutario, ma a siffatti livelli bisogna dire che il fenomeno appartiene alla fisiologia della congiuntura. L’importazione,
costituita pressoché esclusivamente da materiali grezzi, mentre i lavorati
incidono per poco più di un punto, ha ascritto una crescita a lungo
termine ancora più sensazionale, balzando dalle 118 mila tonnellate
del 1994 ai sette milioni di cui si è detto, con una notevole prevalenza dei
calcarei, che nel 2007 hanno espresso il 62,7 per cento degli
approvvigionamenti da altri paesi. In effetti, è grazie alla Cina che alcuni
paesi produttori hanno conseguito risultati commerciali che non è azzardato
definire straordinari: è il caso dell’export di marmo e di travertino dalla
Turchia e dall’Egitto, da cui è partita, nel 2007, la maggioranza assoluta degli
approvvigionamenti calcarei. L’Egitto è oggi il primo produttore settoriale
dell’Africa grazie al forte sviluppo del suo export grezzo verso la Cina.
Nondimeno, la maggiore grandezza della Cina, non più tigre ma autentico
drago, si ravvisa nella sua esportazione di lavorati, in specie sui mercati
contigui di Corea del Sud e Giappone, che sono diventati una sua
sostanziale esclusiva, mentre gli altri esportatori tradizionali, non soltanto
dell’Occidente, sono quasi scomparsi. Basti dire che le spedizioni del
manufatto cinese in Corea hanno raggiunto 2,3 milioni di tonnellate, pari
al 23,5 per cento del totale cinese coprendo il 94,6% dell’import sudcoreano,
e che quelle verso il Giappone (le cui importazioni generali di lavorati sono 24
volte maggiori di quelle di grezzi) rappresentano il 94% delle sue intere
richieste. Il confronto con la Cina in questi mercati è del tutto impari e la
concorrenza, ormai del tutto marginale è costituita da Italia (una volta leader in
questi mercati), India e Spagna. In pratica, due soli mercati hanno
464
CONCLUSIONI
permesso all’industria lapidea cinese di esportare l’equivalente di oltre
60 milioni di metri quadrati allo spessore di 2 centimetri. Il prezzo medio
dell’import giapponese di manufatti rimane naturalmente basso, essendo
costituito quasi del tutto da materiali cinesi, ma nel 2007 si è
consolidata la ripresa già avviata nell’anno precedente, con un
recupero del 7,4 per cento rispetto al 2006, e di oltre un quarto nei
confronti del 2005, che ha portato la quotazione media oltre 69 mila
yen/ton, pari a 23,15 euro per metro quadrato equivalente.
Condizioni analoghe si ritrovano in Corea del Sud, dove gli acquisti del
prodotto cinese hanno progredito in misura largamente superiore
portandosi a 2,3 milioni di tonnellate ed a 670 milioni di dollari, con
un valore medio di poco inferiore a 16 dollari per metro quadrato, e
dove il 94,6 % della domanda è appannaggio del “made in China”;
anche in questo caso, la concorrenza si è ridotta su posizioni
minime, con quattro soli paesi (Italia, Spagna, India, Indonesia) che
sono riusciti ad esprimere un consuntivo di spedizioni per il 2007
superiore alle 10 mila tonnellate.
I prezzi, nei maggiori mercati, sono caratterizzati da consuntivi
contrastanti, ma spesso in recupero, a cominciare dalla stessa Cina, dove la
quotazione del lavorato ha fatto registrare, dopo parecchi anni di flessioni
proseguite fino il 2003, un’ulteriore ripresa, che ha iterato quelle dell’ultimo
triennio, attestandosi intorno ai 17,5 dollari per metro quadrato (il prezzo
italiano è circa il triplo), contro i 13 del 2003 ed i 16,5 del 2006. Ciò sembra
confermare l’avvento di una nuova strategia di redditività, dopo un periodo di
stasi delle quotazioni diffusa dovunque e determinata dal rapido sviluppo
tecnico ma anche dalle modificazioni del “mix” a favore di materiali
mediamente più correnti.
Sul piano merceologico, il 2007 e 2008 hanno coinciso con un nuovo
recupero dei prodotti calcarei (marmi e travertini) rispetto i silicei (graniti),
valutabile in cinque punti nei confronti del 2004, ed in circa un punto dal 2006.
465
CONCLUSIONI
La tradizionale tripartizione nelle tipologie fondamentali di calcari, silicei ed
ardesie ha visto il granito tornare sui livelli del 2000, esprimendo tuttora un
terzo della produzione mondiale di lapidei destinati ad uso ornamentale.
Ancora a proposito della Cina, va aggiunto che la sua esportazione in
volume, costituita in larga prevalenza da prodotti finiti, lasciando ai grezzi non
più del nove per cento, ha superato gli 11,5 milioni di tonnellate, con posizioni
prioritarie, sostanzialmente monopolistiche nei già citati mercati di Corea del
Sud e Giappone, ma con forti presenze anche negli Stati Uniti e nell’Unione
Europea, soprattutto in Germania, dove l’export cinese di manufatti non è
lontano dal milione di tonnellate e quindi da 18 milioni di metri quadrati
equivalenti. Le maggiori importazioni tedesche riguardano i prodotti finiti in
granito, delle quali nel 2007 il 57,43% è stato fornito dalla Cina, il 18%
dall’Italia (che nel 1998 rappresentava il 61,12%) ed il 9,59% dall’India.
A livello generale, quindi non solo dalla Cina ma da tutti i paesi fornitori, i
quattro importatori maggiori di manufatti lapidei sono in ordine Stati Uniti,
Corea del Sud, Giappone e Germania dei quali i primi tre rappresentano il
50% delle importazioni globali di prodotti finiti.
L’esame differenziato per paesi dimostra che lo sviluppo del mondo
lapideo è governato da processi assai variabili: in questo senso, se gli aumenti
maggiori sono stati conseguiti dalla Cina, Brasile, India e Turchia in
produzione ed export, e dal Nord America nei consumi, la congiuntura
dell’Europa è stata improntata a caratteri stazionari, con rinnovate tendenze al
ristagno in Italia, dove la quota di mercato del prodotto finito è scesa al 9,2%,
contro il 46,2% della Cina ed il 12,5% della Turchia, mentre in Grecia ha
trovato conferma il forte sorpasso dell’importazione sulle spedizioni all’estero.
Altrove, un caso di rinnovata controtendenza è quello del Sudafrica, dove i
caratteri cromatici del prodotto siliceo domestico (completamente nero), e
quindi, della domanda internazionale propensa all’acquisizione di colori accesi
ed a ritrovate attenzioni per i prodotti calcarei, hanno prevalso sulla
tradizionale politica della qualità. Nel vecchio continente, i rapporti di forza
466
CONCLUSIONI
presentano un’evoluzione più regolare di quella mondiale, con l’Italia che
conserva il consueto primato, seguita da Spagna, Portogallo e Belgio; il suo
vantaggio, peraltro, si è ridotto, al pari della quota di mercato che è scesa
progressivamente dal 43 per cento del 1994 al 29,6 per cento del 2007.
I prezzi del manufatto sono sempre assai diversi da un paese all’altro, con
quotazioni medie dell’export che vanno dai 43,40 euro dell’Italia (per
mq/spessore 2cm) ai 30,25 della Spagna ed ai 23,75 del Portogallo, od ai 24,85
dollari della Turchia, e come detto, al minimo di 17,5 dollari della Cina. Al
riguardo si deve aggiungere che la quotazione italiana è riuscita a mettere a
segno un aumento di circa un punto, contro un regresso di alcuni punti fatto
registrare dalla Spagna, e quello della Turchia, determinato dalla forte politica di
quantità. Sul fronte dell’import, invece, i valori più alti per unità di prodotto
nell’ambito dei maggiori acquirenti sono stati spuntati sul mercato americano,
con una media di circa 37 dollari per metro quadrato, inferiore a quella
precedente di circa dieci punti. Sempre rimanendo in tema di prezzi, è da
segnalare il nuovo massimo conseguito dall’impiantistica italiana, con un valore
medio delle macchine esportate che è salito dai 773 euro al quintale del 2005,
agli 830 del 2006 ed agli 873 del 2007, ed una nuova crescita del 5,2% che
conferma il generale apprezzamento dei mercati per la qualità del prodotto e
per la politica di servizio che lo supporta.
Tra i grandi competitori dell’Italia e protagonisti, oltre alla già citata Cina,
sono da menzionare India, Iran, Turchia e Brasile.
La nuova tigre asiatica, sia pure a distanza dalla Cina, è l’India che è il
secondo produttore lapideo mondiale, ed oggi primo esportatore di
granito. La struttura portante dell’industria lapidea indiana è la vendita
dei grezzi silicei, pervenuti a quasi 3,8 milioni di tonnellate, con un
incremento del 28,6 per cento rispetto il 2006 che in valore sale
addirittura al 44,5 p e r c e n t o , c o n u n a r i v a lu t a z i o n e d e l prezzo
medio pari ad oltre dodici punti (da 134,88 del 2006 a 151,37 nel 2007).
Non meno importanti sono stati i progressi conseguiti dall’India nella
467
CONCLUSIONI
distribuzione del prodotto finito, che per la prima volta ha oltrepassato il
milione di tonnellate, con una crescita del 15,6 per cento in
quantità e del 21,9 in valore, ed un prezzo medio pervenuto a 37
dollari per metro quadrato equivalente. Il mercato prioritario risulta
quello statunitense, con il 31,7 per cento del volume spedito ed il
40,7 per cento del valore, seguito da Emirati, Regno Unito,
Germania e Spagna, mentre le vendite del grezzo si sono dirette
soprattutto in Cina, in Italia, ed ancora in Gran Bretagna (tre paesi
che hanno assorbito da soli i tre quinti delle spedizioni indiane).
L’Iran conta su consolidate posizioni interne e si giova, per quanto
riguarda l’export, di una domanda cinese in grado di assorbire
circa 450 mila tonnellate di calcarei grezzi, pari al 78,8 per cento del
totale, mentre le spedizioni in Italia, Malaysia e India seguono a forte
distanza. Le vendite iraniane del prodotto finito, invece, sono più
equilibrate dal punto di vista delle destinazioni, dove si distinguono
quelle
in
Kuwait,
Emirati,
Azerbaijan
ed
Arabia
Saudita,
confermando l’esistenza di un apprezzabile fenomeno di macroregionalizzazione distributiva certamente non unico; e dove il tasso di
crescita è relativamente più contenuto, nonostante la vigenza di
quotazioni molto competitive, fatta eccezione per il materiale destinato al Kuwait.
Sono parecchi i materiali turchi esclusivi, che hanno dato un contributo
importante al successo dell’industria lapidea locale, dai marmi cristallini ai
colorati ed alle diverse varietà di travertino, ma un apporto non trascurabile è
venuto dalla professionalità trasformatrice, anche in settori di nicchia come
quelli dell’oggettistica, e soprattutto del mosaico, dove la Turchia può vantare
una condizione d’indubbio primato. Nel 2007, il valore dell’esportazione
turca è stato pari a 1,24 miliardi di dollari, con un incremento di ben 37 volte
nei confronti del 1991, quando le spedizioni all’estero si erano fermate a poco
più di 33 milioni. Dal canto suo, il valore medio per unità di prodotto, sia
468
CONCLUSIONI
pure attraverso oscillazioni diffuse, si è mantenuto sostanzialmente
stazionario: è un risultato apprezzabile, visto lo straordinario sviluppo
delle quantità vendute. Dal punto di vista del valore aggiunto, la crescita più
interessante è stata quella del prodotto finito, passato dai 24 milioni di dollari
del 1991 ai 925 del 2007, con un balzo di circa 39 volte, mentre le quantità
corrispondenti sono salite da meno di un milione e mezzo di metri
quadrati equivalenti, allo spessore convenzionale di cm.2, ad oltre 37 milioni, con un balzo di 26 volte. Il prezzo è lievitato da 16,70 a circa 24,90
dollari per metro quadrato, facendo registrare un arretramento significativo
proprio nel 2007, indotto dalle modificazioni dei “mix” a favore di materiali
più correnti, e naturalmente, dalla minore ricettività del mercato americano, di
gran lunga il primo per l’export turco di lavorati. La destinazione
quantitativamente più importante è quella cinese, per effetto delle
spedizioni di blocchi: la Cina ha assorbito il 28,8 per cento dell’esportazione
turca in quantità nel 2007, ma il 17,4 per cento di quella in valore, dove è
largamente superata dagli Stati Uniti, che nonostante una piccola flessione
nei confronti del 2006 hanno acquistato merci per oltre 386 milioni di dollari,
pari a circa un terzo del totale.
Le produzioni del Brasile, che è quasi un continente, si sono andate
ampliando con forti accelerazioni, sia nel grezzo sia nel lavorato, con
riguardo prioritario al granito (è notevole la sua disponibilità di graniti sia
venati che orientati), e più recentemente anche all’ardesia. Ciò si deve ad
un mercato interno in forte tensione ma prima ancora, alla pressione
di una domanda estera già elevata per i blocchi, e da qualche anno in
grande sviluppo anche nell’ambito del valore aggiunto, in specie negli
Stati Uniti. Il prezzo medio di vendita di silicei grezzi è stato nel 2006 di
160,49 US$/ton e nel 2007 di 165,29 US$/ton. Italia e Cina hanno assorbito
la maggioranza delle spedizioni grezze, con incidenze rispettive in valore del
41 e del 26,1 per cento, ma con importanti aumenti dei carichi per Taiwan e
per la Turchia, mentre i prezzi medi risultano abbastanza stazionari, fatta
469
CONCLUSIONI
eccezione per quelli spuntati in Italia, dove i produttori brasiliani hanno
messo a segno un aumento del 9,2 per cento (da 185,89 US$/ton del 2006 a
203,04 US$/ton nel 2007). Nei lavorati, la preminenza degli acquisti
statunitensi è rimasta assoluta, con il 79,7 per cento delle quantità vendute e
l’82,5 per cento del valore corrispondente, mentre il prezzo medio, in crescita
da 42,70 a 46 dollari per metro quadrato equivalente, ha ascritto una
rivalutazione del 7,7 per cento, tanto più apprezzabile alla luce delle condizioni
non ottimali del mercato nordamericano. E’ da notare che dopo gli Stati Uniti,
i maggiori acquirenti del manufatto brasiliano sono Venezuela, Canada e
Messico, cui si aggiungono discreti volumi diretti anche in Argentina (a 28,64
US$ per metro quadrato), Colombia e Cile, mentre le spedizioni in Europa
sono minime. L’ardesia, come si è detto, è diventata una voce non trascurabile
nell’economia lapidea del Brasile, con esportazioni che nel 2007 hanno sfiorato
le 230 mila tonnellate ed i 95 milioni di dollari, in crescita rispettivamente del 6,2
e del 16,4 per cento e destinazioni prioritarie, nell’ordine, in Gran Bretagna,
Spagna e Stati Uniti; anche in questo caso, con un buon aumento della
quotazione media, che si è ragguagliato ai 9,5 per cento, da 20,35 US$ per
metro quadrato (spessore 3cm) a 22,28 US$.
Un’attenzione specifica deve essere rivolta alle tecnologie di lavorazione
(macchine e beni strumentali). Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2008 si è
chiuso con una produzione che è stimabile nell’ordine delle 275 mila
tonnellate, oggetto di esportazione nella misura dei due terzi; si conferma
ancora il primato italiano nonostante una nuova perdita di due punti e mezzo
nella quota di mercato, che è scesa intorno al 35%, a fronte di spedizioni per
oltre 630 mila quintali e di un volume d’affari per 550 milioni di euro, in
crescita del 9,8%, cui si sono aggiunti i 254 milioni di prodotti consumabili
(abrasivi, lame, utensili diamantati, mastici ed affini), a loro volta in aumento
medio del 3,7%.
La movimentazione internazionale è stata caratterizzata, come in passato,
da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali, con qualche problema
470
CONCLUSIONI
connesso ai limiti delle disponibilità ed alla crescita dei noli, ed ha visto un
nuovo recupero di quello ferroviario sia a breve che a lungo raggio (ad
esempio, negli approvvigionamenti cinesi di silicei grezzi scandinavi che
transitano attraverso la Siberia), mentre il numero dei trasporti su strada,
spesso complementari ai primi due, si è incrementato in misura
sostanzialmente proporzionale alla produzione, ed è stimabile in circa 34
milioni di carichi e scarichi.
Quanto ai prodotti concorrenti, guidati dalla ceramica e dal gres
porcellanato, la loro disponibilità complessiva in termini quantitativi (pari a
circa 7,8 miliardi di metri quadrati) ha superato di 6,9 volte quella dei lapidei,
senza apprezzabili variazioni ponderali nei confronti del triennio precedente,
sottolineando, anche alla luce di tale confronto, le ampie prospettive di
ulteriore crescita per mari e pietre, in specie se supportate da un’adeguata
politica promozionale, capace di ottimizzare l’impatto attuale, per taluni aspetti
tuttora limitato nonostante lo sviluppo di alcune iniziative di rilievo come
quelle del marchio di qualità, dei premi di architettura e dei simposi di
tecnologia.
Le prospettive e previsioni di sviluppo della produzione e dell’interscambio
sembrano essere ancora favorevoli, tanto che entro il 2025 il volume dei
lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a circa 490 milioni di
tonnellate lorde, con un impiego pari a 5,3 milioni di metri quadrati
equivalenti, mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale
raggiungerebbe a sua volta i 3,3 miliardi di metri quadrati. Possono sembrare
cifre improponibili e velleitarie, eppure largamente inferiori, come si è detto, a
quelle raggiunte dalla ceramica nel consuntivo del 2007; è necessario
aggiungere che l’industria delle piastrelle era pervenuta al citato obiettivo
lapideo di lungo termine già nel 1994.
E’ fondato presumere che il “trend” di crescita del comparto, in fase
stazionaria per il 2008, potrà superare l’attuale crisi a livello mondiale per la sua
acclamata dinamicità ed alla luce anche delle esperienze storiche. Si porranno,
471
CONCLUSIONI
tuttavia, maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento
impiantistico e di collocazione degli sfridi, a tutti i livelli nazionali e regionali,
ma prima di tutto in un’ottica mondiale. Lo sviluppo degli scambi e dei
consumi non vuol dire che i maggiori problemi siano stati risolti. In
primis ci sono quelli legati alla promozione (questi sono problemi
sempre vischiosi ma meno impegnativi sul piano politico rispetto il passato,
ravvisabili nella necessità di accrescere un impiego unitario mondiale tuttora
contenuto, sia in cifra assoluta sia nelle valutazioni comparative) e alla
produzione (a livello produttivo sussistono condizionamenti tuttora forti,
come la carenza di adeguate infrastrutture). Tra gli esempi più ricorrenti si
possono citare, se non altro per una diffusione presente a tutte le latitudini e
longitudini: lo stoccaggio e la valorizzazione degli sfridi di cava e di
laboratorio, la durata non ottimale delle concessioni che comporta limiti
forzosi agli investimenti, la difficoltà di tanti collegamenti stradali con le cave
(non soltanto nel terzo mondo), le carenze dei trasporti marittimi ed i costi
impropri che ne derivano, e la tendenza a prolungare gli ammortamenti,
compresi quelli ordinari, oltre limiti ragionevoli. Si tratta di problemi da
affrontare tenendo conto del ruolo fondamentale degli investimenti e della
necessità di potenziarli sul piano aziendale, attraverso adeguati incentivi. Ciò,
sia per il momento produttivo, sia per quello della comunicazione e della
promozione, e con attenzioni particolari per la questione degli sfridi, le cui
difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale vanno creando, in alcuni
comprensori, strozzature divergenti dalla logica di sviluppo settoriale espressa
dai grandi numeri.
Vediamo ora come si è comportato ed evoluto il Distretto del Marmo e
delle pietre del Veneto, in particolare a Verona, in un contesto internazionale
così variabile e competitivo.
La presenza della pietra in loco ha permesso la nascita di cave, laboratori
artistici e di trasformazione e l’evolversi di un’architettura particolare ed unica
nella zona della Lessinia, utilizzando la tipica Pietra di Prun rosa e bianca
472
CONCLUSIONI
(quest’ultima detta anche Biancone). I marmi veronesi, quali il Rosso Verona e
Giallo Reale, il Verdello, la Breccia Pernice ed il Nembro Rosato e Chiaro, sono
presenti in maniera evidente nell’architettura della città scaligera ed in città e
regioni vicine.
A partire dagl’anni ‘60 i marmi veronesi hanno trovato facile piazzamento
anche all’estero, soprattutto nella vicina Austria, Ungheria e Germania ed è per
questo motivo che il commercio ha sempre risentito sfavorevolmente del
variare delle vicende politiche italiane ed europee e che solamente dal termine
dell’ultimo conflitto mondiale ha potuto svilupparsi permettendo un costante
graduale aumento. Le industrie della lavorazione si sono presto attrezzate con
macchinari
perfezionati
ed
imponenti
(tali
da
modificare
l’aspetto
dell’ambiente in alcune zone) con lo scopo soprattutto di migliorare il
prodotto finito e di abbassare notevolmente i costi di cava e di lavorazione,
iniziando anche ad importare sempre più blocchi grezzi dall’estero per
soddisfare una domanda in continua crescita. Il Distretto di Verona è il
secondo importatore di blocchi con una quota rappresentativa a livello italiano
del 10,79% nel 2008, dopo Carrara che importa in valore il 32,40% dell’import
nazionale.
Attualmente il maggior fornitore di blocchi è l’India, che è anche il primo
esportatore di granito al mondo, e copre il 21,44% delle esigenze del distretto
di Verona. Segue il Brasile con il 16,6% e la Repubblica Sudafricana con
l’16,32%; le quote di mercato a Verona di questi tre paesi erano nel 2004
rispettivamente del 28%, 17,7% e 8,7%. Questi paesi forniscono quasi
esclusivamente granito; la restante quota di importazioni riguarda sia marmo,
travertini ed ardesia sia ancora silicei dai restanti paesi del mondo, che hanno
quote di mercato di gran lunga minori rispetto i primi tre paesi estrattori ed
esportatori di materiale grezzo (segue nel 2008 lo Zimbabwe con quota del
6,63%, Norvegia 3,39%, Spagna 3,36%, Namibia 3,07%, Iran 3,05%, Egitto
2,17%, Finlandia 1,88%). E’ da notare come la Turchia non sia presente tra i
paesi con quota di export di blocchi sopra l’1,5%, causa la sua politica
473
CONCLUSIONI
commerciale che ha spostato il ruolo strategico sull’export di prodotti finiti e
meno sui grezzi.
Il distretto, forte di esperienze tramandate di generazione in generazione, si è
distinto per un elevato grado di specializzazione e di qualità del prodotto
finito, ed è andato arricchendosi di aziende soprattutto di piccola dimensione
specializzate in alcune o più fasi della lavorazione della pietra ornamentale.
I consumi interni, sia italiani che veneti e veronesi, si sono mantenuti
costanti grazie ad un mercato edilizio in costante crescita fino agli inizi del
2007.
Ma è all’estero che sono venute le note più importanti per l’industria lapidea
veronese. Le aree di maggior interesse per le esportazioni veronesi, che in
totale rappresentano il 30% di quelle italiane, sono state quelle dei mercati
tradizionali per i distretti del Nord Italia: per quanto riguarda l’Europa, il
maggior importatore è da sempre la Germania e, per il mercato oltre oceano,
gli Stati Uniti sono il maggior cliente.
Il rapporto con la Germania è andato indebolendosi; il mercato tedesco ha
iniziato a sostituire sempre più il marmo lavorato con il granito, permettendo
così l’ingresso dei prodotti silicei cinesi che, con un prezzo medio pari ad un
terzo della concorrenza (13 euro mq/spessore 2cm), si sono fatti strada in un
mercato molto sensibile al prezzo delle forniture. La Cina nel corso degli
ultimi anni è diventata il primo fornitore di materiale finito, granito per la
stragrande maggioranza, per paesi vicini come il Giappone, per mercati come il
suo proprio interno, ed è sbarcata negli Stati Uniti, in Europa e in quella
Germania che dal 2000 ha comprato dalla Cina l’esatto ammontare di granito
che non ha comprato più da Italia e Spagna, segnando una data molto
pericolosa per le industrie lapidee europee. Al 2008, la Germania rappresenta:
il 36,88% dell’export lapideo veronese in valore (inteso come tutte le tipologie
di pietre) in Europa, contro il 52,06% del 2004 ed il 75,5% del 1993; ed il
24,34% dell’export lapideo veronese nel mondo contro una quota che era del
31,55% del 2004 e 58,35% del 1993. Oltre ad un trend in continua
474
CONCLUSIONI
diminuzione nel lungo periodo, la Germania ha diminuito ancora di più le
importazioni di marmi e graniti da Verona negli ultimi due anni, facendo
registrare un calo rispetto l’anno precedente del 35,85% nel 2007 e del 20,37%
nel 2008. Il declino dell’export in Germania, iniziato nel 1995, e che è
diminuito continuamente negl’anni è stato bilanciato dall’aumento consistente
delle richieste di prodotti finiti di alta qualità statunitensi.
Negli Stati Uniti, il persistere di un mercato immobiliare su livelli elevati di
attività ha garantito una base ancora forte di mercato per l’Italia e per il nostro
distretto. L’eccellenza delle forniture veronesi è confermata dal valore medio
in dollari, dichiarato dalle dogane statunitensi, che è più elevato rispetto gli altri
esportatori, sia per i lavorati di marmo che per quelli di granito: il prezzo
medio totale è infatti di 57,38 dollari al mq/spessore 2cm contro i 36,46 del
Brasile, 37,64 della Cina, 30,03 della Turchia, 36,18 dell’India e ben al di sopra
del prezzo medio di mercato pari a 36,87 dollari al mq/spessore 2cm. Questa
situazione ha permesso, da una parte il mantenimento di buone quote di
vendita nella fascia più alta dell’esigente mercato americano, dall’altra l’ingresso
della Turchia per quanto riguarda il marmo ed i travertini e del Brasile
nell’export di granito lavorato. L’export verso gli U.S.A. ha avuto nel lungo
periodo un trend di continua crescita dal 1991 al 2006, anno in cui
rappresentava il 29,51% del totale export veronese (in valore) di pietre
lavorate. La crisi del mercato americano che ha coinvolto il sistema bancario, e
quindi della concessione del credito, che si è ripercossa pesantemente sulla sua
economia in generale come sul settore delle costruzioni, ha causato una
flessione dell’export del distretto di Verona, in termini di valore rispetto l’anno
precedente, del 32,03% nel 2007 e del 31,93 nel 2008.
In un contesto così ampio ed internazionale, il distretto veronese ha
dovuto e deve affrontare e superare varie difficoltà. La circolazione dei
materiali e dei prodotti finiti è ampia ma si è evoluta in una matrice di
interscambi e di relazioni tra produttori che hanno sinora interferito con la
possibilità delle imprese di crearsi una propria rete di vendita diretta sui
475
CONCLUSIONI
mercati mondiali di consumo; proprio la volontà di non disturbare la già
esistente griglia di rapporti con la clientela utilizzatrice del prodotto, si è
certamente sovrapposta alle difficoltà di rendersi autonomi in fase finale di
vendita, portando ad un modello di integrazione di filiera basato sulla
cooperazione tra operatori locali, piuttosto che ad una apertura verso un
mercato globalizzato, percependone indubbiamente i rischi ma soprattutto i
guadagni e le prospettive di crescita.
Diventa ora importante e necessario superare i limiti del distretto consistenti
soprattutto nella concentrazione dei mercati di sbocco (le esportazioni
scaligere permangono ancora troppo concentrate verso gli Stati Uniti e
Germania) e nel fattore dimensionale delle imprese, slegandosi dal concetto di
gestione familiare dell’impresa, per intervenire in maniera efficiente sulla
struttura produttiva tramite il miglioramento della logistica, sviluppo di attività
promozionali, rafforzamento del prodotto marmo ed organizzandosi in una
rete locale di network globali di produzione, circolazione ed utilizzazione delle
conoscenze, per accrescere esperienze e qualità del lavoro, nelle quali risiede
ancora un vantaggio competitivo dell’industria lapidea veronese. A tale scopo è
necessario incentivare, pianificare e perseguire adeguati e mirati programmi
volti al miglioramento della promozione della trasformazione veronese che
risulta essere ai vertici mondiali per il livello di qualità offerta.
In conclusione, posso terminare questa mia analisi ricordando che il settore
lapideo è contraddistinto da contenuti sociali molto elevati e dalla possibilità di
creare posti di lavoro con mezzi contenuti (soprattutto nelle economie in via di
sviluppo), tanto da essere riconosciuto ufficialmente, ormai da decenni, capace
di avviare processi di espansione laddove altri comparti non potrebbero
esprimere analoga idoneità strutturale. Se non altro per questo, ha diritto ad
essere oggetto di consapevoli attenzioni, sia nei paesi terzi (dove costituisce
un’occasione importante di incremento del valore aggiunto), sia in quelli
maturi, dove si traduce in contenuti sempre più importanti dal punto di vista
economico, ma nello stesso tempo, sul piano dei valori umani e civili.
476
RINGRAZIAMENTI
Sono molti i ringraziamenti che sento di dover fare; essendo questa tesi un
lavoro ricco di fonti sia accademiche (teorie economiche, statistiche, ecc.) sia
di pratica, di vita e di esperienze nel settore del marmo, sono molte le persone
da cui ho potuto attingere informazioni, aiuti e consigli, ampliando così le mie
esperienze e conoscenze sul settore della lavorazione delle pietre.
Intendo ringraziare la casa editrice Giorgio Zusi Editore ed in particolar
modo la dott.sa Carla Zusi, la dott.sa Silvana Napoli del centro di ricerca
Internazionale Marmi e Macchine di Carrara ed il dott. Carlo Montani, autore
dell’annuale pubblicazione statistica “Stone-repertorio economico mondiale”,
per la loro disponibilità e pronto aiuto.
Ringrazio particolarmente e di cuore il prof. Giovanni Tondini, relatore di
questa tesi, come professore e soprattutto come persona. Lo ringrazio per la
sua costante disponibilità, comprensione, aiuto, fiducia nel mio studio e
consigli in questi anni in Università, durante un Master svolto nel
Dipartimento degli Studi sull’Impresa nella sede di Vicenza e durante il mio
periodo di studi all’estero in Finlandia. Lo ringrazio per le sue parole, conforto
e sincero appoggio in alcuni momenti difficili della vita.
Un ringraziamento alla CCIAA di Verona e alla Videomarmoteca da cui
sono iniziate le mie ricerche e a tutti gli operatori del settore da cui ho potuto
trarre consigli, informazioni, idee, spunti ed esperienze di vita in un settore in
cui la presenza umana e la tradizione sono di fondamentale importanza.
Tra gli imprenditori del settore ringrazio cordialmente Davide Stocchero
per la sua disponibilità ogni qualvolta ho avuto bisogno di informazioni, ed in
particolar modo Silvio Xompero, grande maestro di vita e di imprenditorialità,
per avermi accolto come un figlio alla Margraf s.p.a. di Chiampo, in cui ho
potuto imparare direttamente sul campo nozioni che sono state fondamentali
per la mia conoscenza, esperienza e per incrementare il valore informativo di
545
questa tesi. Lo ringrazio per il carattere schietto e sincero nel darmi tutti i
consigli necessari nel marmo e nella vita.
Ultimo in questa rassegna, ma primo per importanza e valore affettivo, va il
più profondo e sincero ringraziamento per un grande maestro di vita e di
imprenditorialità, per quel “self made man” che è mio padre. Lo ringrazio per
avermi trasmesso le sue esperienze accumulate negl’anni e lo stimo poiché,
partito da niente, è riuscito ad ottenere una posizione ed immagine di grande
rispetto e di spicco in quella grande giungla che è il mercato. Lo ringrazio per i
molti insegnamenti e soprattutto per una sua frase, che ogni giorno mi da la
forza ed il desiderio di fare, di creare e di crescere: “ogni giorno, se ti alzi
presto e sei sveglio, il mondo è metà da vendere e metà da comprare”.
546
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CMT MARMI,“La Pietra di Trani: caratteristiche di questa preziosa risorsa” in CMT Marmi
–
Il
Marmo
di
Trani
http://www.cmtmarmi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=48&It
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