I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Le principali apparecchiature per impianti uffici, alberghi ecc.) sono le seguenti: • in edifici (case, scuole, ospedali, INTERRUTTORE: serve per interrompere la continuità metallica, quindi elettrica, in un circuito percorso da corrente. L’interruttore unipolare ha due morsetti : uno per l’entrata del cavo, l’altro per l’uscita. In commercio esistono moltissimi tipi di interruttori (a levetta, rotativi, a tenuta stagna, antideflagranti ecc.) ognuno dei quali è adatto ad un uso specifico ma la cui funzione principale è sempre la stessa, quella, cioè, di interrompere il passaggio di corrente in un circuito. I simboli dell’interruttore sono i seguenti: Simbolo per schemi di principio e di montaggio • civili Simbolo per schema unifilare COMMUTATORE: questa apparecchiatura serve per commutare la fase di entrata su diverse vie. Nell’illuminazione civile il commutatore è sempre a due vie è cioè, praticamente, un doppio interruttore. La funzione di questa apparecchiatura è quella di chiudere alternativamente o contemporaneamente cuiti. I simboli del commutatore sono i seguenti: Simbolo per schemi di principio e di montaggio Simbolo per schema unifilare 1 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP • DEVIATORE: serve per deviare la corrente. E’ formato da tre morsetti, uno comune, uno normalmente aperto, uno normalmente chiuso. Questi ultimi due sono interscambiabili, nel senso che se si preme il contatto quello che era chiuso si apre e viceversa. Il morsetto comune è sempre o all’arrivo o alla partenza di fase, mentre l’NA o l’NC sono sempre morsetti di collegamento. Il deviatore serve per comandare un carico da due punti, naturalmente in questo caso occorrono due deviatori. Può essere usato anche come interruttore nel qual caso si collegheranno solo il comune e uno qualsiasi degli altri due contatti. Simbolo per schemi di principio e di montaggio • Simbolo per schema unifilare INVERTITORE: questa apparecchiatura serve per comandare l’accensione di lampade da tre o più punti, il numero dei punti di comando dipende dal numero di invertitori collegati in cascata. Negli impianti con I. alla linea in entrata e a quella in uscita sono sempre collegati due deviatori. Da ciò si deduce che per comandare un punto luce da tre posizioni occorrono un I. e due deviatori; aumentando il numero degli I. aumenta il numero delle posizioni da cui si può operare. L’I. è formato da quattro morsetti uguali a coppie. Gli I. sono sempre apparecchiature di collegamento intermedio, sono sempre cioè collegati o a deviatori iniziali e finali, o ad altri I.intermedi. Simbolo per schemi di montaggio e di principio Simbolo per schema unifilare 2 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP • PRESA: questa apparecchiatura serve per avere punti di tensione ubicati in diverse zone di una stanza o di un appartamento. L’inserzione può essere diretta o interrotta. Simbolo per schemi di principio e di montaggio • Simbolo per schema unifilare FUSIBILI: servono per la protezione dei circuiti elettrici da sovracorrenti molto elevate o da corto circuiti. Sono di diversi tipi e le caratteristiche variano a seconda dell’uso al quale sono destinati. Parametri fondamentali dei F. sono la tensione nominale e la corrente nominale. Vengono inseriti in serie sul circuito e sono attraversati dalla stessa corrente del carico o dell’intero circuito dipendentemente dall’uso al quale sono destinati. Una corrente troppo elevata genera un forte riscaldamento dell’anima metallica del F. portando quest’ultima alla fusione e interrompendo così la continuità elettrica del circuito. Simbolo per schemi di principio, di montaggio e unifilare Nell’illuminazione civile si intendono impianti in B.T. quegli impianti la cui alimentazione è derivata da trasformatori di tensione. Le norme indicano i valori massimi di queste tensioni in 24V se alternati e 50V se continui. Gli impianti in B.T. sono quelli di segnalazione ottica e acustica quali suonerie, richiesta di udienza, apriporta ecc. Siccome la potenza in gioco è piuttosto limitata, per gli impianti in B.T. si possono usare conduttori di sezione minima 0,5mmq. La simbologia e l’inserzione dei T.V. sono le seguenti: Simbolo per schemi di principio e di montaggio Simbolo per schema unifilare 3 Ai carichi in b.t. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP I trasformatori sono formati da due circuiti: il primario e il secondario. Si considera primario il circuito collegato alla linea da trasformare e secondario quello che andrà ad alimentare gli utilizzatori. E’ bene, comunque, ricordare che i T. sono macchine completamente reversibili, anche se in impianti, di solito, sono usati per abbassare la tensione di linea non viceversa. I relè si dividono in due categorie: 1)Relè per illuminazione civile 2)Relè per forza motrice A loro volta queste due classi si suddividono in: 1) Relè per illuminazione civile Rele ausiliari Relè a camme 2) Relè per forza motrice Relè ad eccitazione diretta Sono costituiti da un elettromagnete che, se eccitato, provoca la rotazione di una ruota di forma particolare, a seconda dei casi, la quale muove a sua volta dei contatti aprendo o chiudendo uno o più circuiti. Il comando viene effettuato mediante la pressione su dei comuni pulsanti da campanello. Tra i relè a camme ricordiamo: 1)il relè interruttore unipolare il cui ciclo di comando è a due impulsi: il primo di chiusura, il secondo di apertura 2)il relè commutatore a due contatti il cui ciclo di comando è a quattro impulsi (00-01-1011). E’ adatto al comando dei lampadari. Generalmente l’alimentazione della bobina viene fatta a bassa tensione in a.c., tramite 4 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP l’ausilio di un trasformatore, per ragioni di sicurezza. Si hanno così due circuiti distinti: quello di comando a tensione ridotta, quello luce a tensione di rete (220V). I vantaggi dell’uso dei relè sono i seguenti: si può aumentare a piacere il numero dei punti di comando variando semplicemente il numero dei pulsanti di comando in parallelo fra loro. Se l’alimentazione è fatta a bassa tensione non esiste alcun pericolo di fulminazione nel circuito di comando (è quindi consigliabile per impianti nei bagni e nei locali umidi). I conduttori possono avere sezione di 0,5mmq per cui c’è un notevole risparmio nel loro acquisto. Gli organi di comando sono tutti uguali fra di loro (semplici pulsanti da campanello). Gli unici svantaggi possono essere che: il relè potrebbe incepparsi, il rumore prodotto potrebbe dar fastidio. I relè a camme possono sostituire qualsiasi tipo di impianto a comando tradizionale e dai tre punti di comando in su è ormai preferibile il loro uso a quello delle normali apparecchiature con comando a levetta. Relè interruttore con bobina in B.T. Relè commutatore con bobina in B.T. In questo tipo di relè non esiste la camme per cui il movimento dei contatti ausiliari è comandato esclusivamente dalla eccitazione, e dal permanere in questa condizione, della bobina. Applicando la tensione nominale ai capi della bobina, per i noti fenomeni dell’elettromagnetismo, la stessa attrae una leva che fa cambiare stato ai contatti elettrici ad essa collegati. In questa fase i contatti N.A. (aperti a riposo) si chiudono, mentre i contatti N.C. (chiusi a riposo) si aprono. Togliendo tensione alla bobina tutto torna nelle condizioni iniziali per cui è ovviamente necessario mantenere alimentata la bobina stessa se si vuole far lavorare il relè (al contrario di quanto avveniva nei relè a camme dove è sufficente un solo impulso per fare cambiare stato ai contatti, i quali vengono mantenuti nella nuova posizione dalla camme meccanica grazie alla sua particolare forma e nei quali, anzi, la tensione applicata per lungo tempo porta la bobina alla distruzione). 5 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP In commercio esistono due tipi di relè a eccitazione diretta : 1)Relè octal (8 morsetti) 2)Relè undecal (11 morsetti) L’unica differenza tra i due tipi sta nel numero dei contatti ausiliari a disposizione: • OCTAL = 2 morsetti per la bobina 2-7 3 morsetti C. N.C. N.A. 1-4-3 3 morsetti C. N.C. N.A. 8-5-6 • UNDECAL = 2 morsetti per la bobina 2-10 3 morsetti C. N.C. N.A. 1-4-3 3 morsetti C. N.C. N.A. 6-5-7 3 morsetti C. N.C. N.A. 11-8-9 I relè a E.D. sono zoccolati, ciò vuol dire che i collegamenti dei fili non si fanno sui relè ma sui morsetti dello zoccolo (octal o undecal) che ospiterà il relè. I relè sono provvisti di terminali ad incastro, senza possibilità di sbagliare, che corrispondono esattamente ai numeri dello zoccolo. Schema del relè octal MK2P 24Va.c. Schema del rele undecal MK3P 24Va.c. Come già detto la caratteristica di questi relè è quella di aprire o chiudere i propri contatti tramite comando vario; se si “rilascia” la bobina tutti gli ausiliari in movimento tornano in posizione di riposo. Se vogliamo, di conseguenza, permettere agli ausiliari di lavorare è necessario che la bobina rimanga eccitata anche senza l’intervento continuo dell’operatore. Questa condizione si ottiene “autoalimentando” la bobina tramite un N.A. del relè stesso posto in parallelo al comando (pulsante N.A., fine corsa N.A., altro contatto N.A. di qualsiasi apparecchiatura ecc.) che da il primo impulso alla bobina; i due N.A. sono a loro volta in serie con la bobina. Per far tornare i contatti del relè in posizione di riposo è necessario far mancare la corrente alla bobina, aprendo il circuito di alimentazione della stessa, tramite un contatto N.C. (pulsante, finecorsa, altro contatto N.C. di qualsiasi apparecchiatura ecc.) posto in serie al circuito. PALT PM K1A Schema funzionale dell’autoalimentazi one di un relè zoccolato K1A 6 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP E’ necessario, a questo punto, introdurre un nuovo tipo di schema detto “funzionale”. Negli schemi funzionali vengono messe in evidenza le funzioni dei vari elementi del circuito. Infatti in tali schemi le singole apparecchiature vengono scomposte nei loro componenti elementari e di dove esso esplica tale funzione. Moltissimi sono i vantaggi rappresentati dall’uso degli S.F.: • • • • l’esecuzione grafica è molto semplice perchè lo schema si sviluppa in due o più linee orizzontali, che rappresentano l’alimentazione, e in una serie di linee verticali che rappresentano ciascuna un circuito completo e ordinato a seconda della successione delle manovre. risultano più evidenti situazioni di incompatibilità.si semplificano le operazioni di controllo. completando lo schema con altre indicazioni, come l’idicazione dei morsetti, dei cavi di collegamento, ecc. si facilita l’esecuzione degli impianti. si semplifica enormemente la realizzazione di eventuali varianti Supponiamo di dover realizzare lo schema per l’alimentazione di un relè octal per il comando di due lampade di segnalazione: 1. I circuiti di potenza vanno disegnati in forma ordinaria mentre i circuiti di comando,segnalazione,protezione e regolazione si possono disegnare in forma funzionale. 2. I circuiti di alimentazione vanno rappresentati con rette orizzontali. 3. Ogni circuito di comando,segnalazione,protezione e regolazione viene rappresentato con una retta verticale che, partendo da quella orizzontale superiore corrispondente all’alimentazione del circuito, termina sulla corrispondente retta orizzontale inferiore. 7 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP 4. Su ciascuna retta verticale vengono indicate tutte le (contatti,pulsanti,bobine,lampade ecc.) che fanno parte del circuito. apparecchiature 5. Queste rette verticali devono essere tracciate secondo l’ordine in cui i corrispondenti circuiti rappresentati intervengono nella sequenza normale delle manovre partendo da sinistra verso destra: prima i circuiti di comando principale, poi quelli dei relè o dei contattori ausiliari e per ultimi quelli di segnalazione e di allarme. 6. Il segno grafico usato per le varie apparecchiature ne precisa la natura (per esempio contatto di un relè, di un pulsante ecc. o bobina di comando). 7. Ciascun segno grafico va accompagnato da una sigla convenzionale che identifica il tipo di apparecchio e la sua funzione generale. Questa sigla viene posta a sinistra del segno grafico se questo è disegnato in posizione verticale, o al di sopra se è disegnato in posizione orizzontale. 8. Tutti gli elementi appartenenti ad uno stesso apparecchio vanno indicati con la stessa sigla in modo da mettere ben in evidenza che il loro funzionamento è simultaneo. Tutti gli elementi aventi la stessa sigla, cioè, cambiano di posizione contemporaneamente, ad eccezione dei contatti a tempo per i quali deve essere indicato sullo schema il ritardo all’apertura o alla chiusura. 9. I contatti dei vari organi (pulsanti,relè,finecorsa rappresentati in assenza di alimentazione. ecc.)devono essere sempre LETTERE DI RIFERIMENTO PER LA DESIGNAZIONE DEI COMPONENTI F = dispositivi di protezione (fusibili,scaricatori,relè di protezione ecc.) H = dispositivi di segnalazione ( lampade di segnalazione, suonerie, sirene ecc.) K = relè, contattori (contattori,relè ausiliari e a tempo) M = motori Q = apparecchi di manovra (interruttori di manovra,sezionatori) S = apparecchi di comando (pulsanti,fine corsa,interruttori di comando ecc.) 8 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Lettere ausiliarie Questa seconda lettera ausiliaria è richiesta perchè la prima ha solo carattere generico e perciò si verifica talvolta che due o più apparecchi facenti parte di uno stesso impianto siano caratterizzati dalla stessa lettera di riferimento. Siccome, però, in uno stesso impianto ci possono essere più apparecchi uguali, si deve usare un numero cardinale fra la prima e la seconda lettera per poterli distinguere. A B C F G H K M Q T = = = = = = = = = = funzioni ausiliarie direzione o senso del movimento conteggio protezione prova segnalazione comando ad impulso funzioni principali stato,condizione(partenza,fermo) misura del tempo,ritardo ESEMPI DI SIGLATURA Apparecchiature di protezione FnF = fusibili sul circuito di potenza fusibili sul circuito dei comandi bobina e contatti del relè termico Apparecchiature di segnalazione HnH = HnB = lampada di segnalazine di contattore aperto o di motore fermo (verde) lampada di segnalazione di contattore chiuso o di motore in marcia (rossa) suoneria, ronzatore lampada di segnalazione di motore in marcia avanti (rossa) o in marcia indietro (rossa) Pulsanti o contatti di comando S0Q SnQ SnB SnA = = = = pulsante pulsante pulsante contatti di di di di apertura (o di arresto) chiusura (o di marcia) marcia avanti o di marcia indietro apparecchiatura ausiliaria (es. fine corsa) Bobina e contatti di contattore KnM = KnB = KnA = bobina e contatti del contattore principale bobina e contatti del contattore di marcia avanti o di marcia indietro di un motore bobina e contatti di un contattore ausiliario Motori MnM = MnA = motore principale motore ausiliario 9 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP MORSETTIERE UNIFICATE Quando si deve cablare un quadro per F.M. bisogna tenere presente che alcune delle apparecchiature (sia di comando che di potenza) non verranno montate direttamente sul quadro, ma saranno ad esso collegate tramite cavo elettrico che permette il comando a distanza delle manovre. Il cavo elettrico che collega, ad esempio, la pulsantiera per il comando di un motore, viene collegato al quadro tramite una morsettiera numerata alla quale è collegato, a sua volta, il motore. Per permettere un buon collegamento tra pulsantiera, quadro e motore, o motori, è necessario rispettare alcune norme, norme che vengono unificate per tutti i quadri. La morsettiera viene così divisa: 1^parte 2^parte 3^parte 4^parte = = = = linea in entrata carichi comandi segnalazioni Si deve tenere presente, inoltre, che la sezione del cavo che contraddistingue una morsettiera è decrescente andando dalla linea alle segnalazioni (per ovvi motivi di diverso assorbimento), così come decrescente può essere la sezione dei morsetti. Per fare in modo che i collegamenti tra le varie apparecchiature dell’impianto avvengano in modo corretto, è necessario numerare lo schema elettrico dell’impianto stesso tenendo conto delle apparecchiature esterne al quadro; ad ogni numero corrisponderà un morsetto. La numerazione va fatta in senso crescente. Una volta numerato lo schema si può passare al cablaggio dell’impianto portando i conduttori numerati alla corrispondente morsettiera unificata. Esempio di numerazione di uno schema funzionale di un relè octal che comanda due lampade di segnalazione. I morsetti 1 e 2 sono quelli corrispondenti all’alimentazione, quelli 3,4,5 sono per i pulsanti, il 6 e il 7 per le lampade. Abbiamo così numerato sullo schema le posizioni corrispondenti alle apparecchiature che non sono montate direttamente sul quadro di comando. 10 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Avendo, ora, a disposizione il quadro, sul quale sono montati i morsetti, il fusibile e il relè, e le apparecchiature esterne costituite da due lampade di segnalazione e due pulsanti, è molto semplice procedere al cablaggio dell’impianto. Le pulsantiere sono costituite da almeno due pulsanti, di solito uno nero (Pmarcia) e uno rosso (Palt), ognuno dei quali ha a disposizione due contatti, cioè muove due contatti contemporaneamente un N.A. e un N.C. senza comune tra i due. 11 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP RELE’ RITARDATORI O TEMPORIZZATORI Questa apparecchiatura ha la funzione di inserire o disinserire altre apparecchiature o carichi. I tipi più comuni sono quelli con contatti N.A. o N.C. ritardati all’apertura o alla chiusura. Ciò significa che possiamo avere due tipi di T., quello con contatti che si muovono contemporaneamente all’eccitazione della bobina, per poi tornare a riposo dopo un tempo T (normalmente regolabile), e quello con contatti che si muovono in ritardo (anche questo regolabile) rispetto all’eccitazione della bobina. Alcuni tipi hanno anche contatti istantanei, come quelli di un normale octal, che possono servire all’autoalimentazione del T. stesso. Oggigiorno i temporizzatori più usati sono di tipo elettronico, quindi con bobina idonea al servizio continuo, mentre fino a qualche tempo fa erano molto usati T. elettromeccanici che avevano la bobina non idonea al servizio continuo. La differenza tra i due tipi consiste nel fatto che la bobina del primo (B.I.S.C.) può rimanere alimentata per un tempo indeterminato mentre a quella del secondo (B.N.I.S.C.) va assolutamente tolta l’alimentazione, dopo che il contatto ha effettuato lo scambio, per evitare di bruciare il relè stesso. In commercio si trovano T. zoccolati di tipo octal o undecal dipendentemente dal numero di contatti ausiliari che si desidera avere. I contatti di alimentazione della bobina, generalmente, hanno la stessa numerazione dei relè per cui saranno 2-7 se si tratta di un T. octal e 2-10 se di un T. undecal; è buona norma, comunque, controllare sempre lo schema del relè sul contenitore dello stesso, anche per verificare la numerazione dei contatti di scambio. Attualmente nei nostri laboratori sono presenti due tipi di timer, entrambi elettronici. Il primo è autocostruito ed è zoccolato undecal con alimentazione della bobina ai morsetti 210, i contatti di scambio ritardati sono 8-5-6 per C-NC-NA rispettivamente; per attivarlo è necessario che la bobina sia alimentata (tramite un qualsiasi contatto NA), per disattivarlo, dopo che ha lavorato, è necessario togliere l’alimentazione alla bobina (ad esempio facendo tornare in posizione di riposo il contatto NA di cui sopra). Il secondo tipo è anch’esso undecal, di marca Omron tipo H3BA, con l’alimentazione della bobina 2-10, ma ha due contatti di scambio: 1-4-3 e 11-8-9 per C-NC-NA rispettivamente. La bobina può essere collegata direttamente alla linea di alimentazione, in questo caso il timer comincerà a lavorare solo quando riceverà un impulso al SET (piedino n6 dello zoccolo). Per fare ritornare in posizione di riposo i contatti ritardati dopo che hanno lavorato è necessario che arrivi un impulso al RESET (piedino n7). Si può farlo funzionare anche come il primo tipo di cui sopra, basta collegare il 6 (set) direttamente al 2 (bobina). In questo caso la bobina andrà alimentata tramite un NA (pulsante, finecorsa, contatto di relè ecc.) che dovrà rimanere in lavoro fino a che il timer non ha effettuato lo scambio. Alla pagina seguente si vedono gli esempi di timer con bobina idonea e con bobina non idonea al servizio continuo e dell’inserzione dei due tipi di temporizzatore in nostro possesso. Simboli per la bobina e i contatti del timer TIMER TIME NAT NCT 12 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Esempio di temporizzatore con bobina idonea al servizio continuo Esempio di temporizzatore con bobina non idonea al servizio continuo Esempio di inserzione di timer. Il finecorsa NA deve essere mantenuto premuto perchè sia possibile lo scambio dei contatti e il permanere degli stessi in lavoro. 13 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Esempio di inserzione di timer Omron H3BA. E’ necessario solo un impulso al 6 per far partire la temporizzazione. Fatto lo scambio si fa tornare a riposo il relè con un impulso al 7. In questo caso il timer Omron H3BA lavora esattamente come quello del primo esempio, allorchè la bobina K1A viene alimentata attiva il timer e dopo un tempo T i suoi contatti scambiano. Solo togliendo tensione alla bobina K2T,tramite S0Q il timer tornerà a riposo. 14 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP FINE CORSA Hanno la stessa funzione dei pulsanti NA o NC, sono infatti dei contatti NA o NC, solo che non sono azionati dall’operatore ma, essendo montati sull’impianto, saranno azionati dai meccanismi dell’impianto stesso. Ricordiamo a tal proposito che si possono avere FC di salita, FC di discesa, FC di sicurezza ecc. Esistono FC di diverse dimensioni e, come sempre, da esse dipende anche il costo dell’apparecchiatura che va quindi scelta in modo appropriato. Di solito un FC ha almeno due contatti di cui uno NA e uno NC che possono essere indipendenti o avere un contatto comune. I FC possono lavorare in due maniere diverse: 1)a lavoro obbligato 2)a lavoro libero Nel primo caso l’apertura o la chiusura dei contatti del FC disinseriscono o inseriscono il carico sul cui montante di alimentazione sono inseriti i contatti stessi. Il contatto viene mantenuto in lavoro dalla macchina durante le sue normali funzioni. Nel prosieguo delle manovre i contatti del FC vengono rilasciati tornando a riposo. In riposo Simbolo per finecorsa NA In lavoro Simbolo per finecorsa NC Nel secondo caso i contatti del FC lavorano solo per un breve tempo o, come si dice, fanno uno scambio. Se la manovra successiva a tale scambio si deve protrarre nel tempo è necessario alimentare una apparecchiatura che si autoalimenti (relè, teleruttore, timer ecc.). La differenza tra i due tipi funzionamento della macchina. In riposo è data solamente In lavoro dalle caratteristiche Finecorsa in riposo carico in lavoro (autoalimentato) PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com meccaniche o di 15 I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP INTERRUTTORI DI PROSSIMITA’ Detto anche prossimity o fine corsa di prossimità. Di solito ha forma cilindrica di dimensioni varie (diametro da 6-8mm fino a 30 mm e oltre, lunghezza da pochi centimetri a una decina di centimetri o più) e il suo utilizzo è assimilabile a quello di un normale fine corsa, con la fondamentale differenza che per il suo funzionamento, per lo scambio cioè dei suoi contatti, non è necessario il contatto meccanico, ma è sufficente l’avvicinamento con parti metalliche, o anche di altro materiale, a seconda che il prossimity sia di tipo induttivo o capacitivo. Attualmente nei nostri laboratori ne è presente uno di tipo induttivo a due fili. L’avvicinamento di un oggetto metallico al prossimity provoca la chiusura del suo contatto interno e con questa l’impulso all’apparecchiatura che si vuole comandare. Può essere montato in serie alla bobina di un relè ausiliario, di un timer, di un contattore, sul morsetto di conteggio di un contaimpulsi ecc,ecc. Fe Fe Simbolo per contatto NA di prossimity induttivo K1A Il prossimity a due fili va inserito sul montante di alimentazione, ad esempio, di un relè, la chiusura del suo contatto, provocata dall’avvicinamento con parti metalliche, causa l’eccitazione del relè i cui contatti possono essere usati per qualsiasi scopo. FOTOCOMANDI Il compito al quale assolve un fotocomando è identico a quello visto per gli interruttori di prossimità, nel senso che si sfrutterà la chiusura o l’apertura dei suoi contatti per alimentare altre apparecchiature dell’impianto su cui è montato. Il suo funzionamento può essere basato sull’interruzione di un fascio di luce o sull’interruzione del buio. Nel primo caso basterà far passare un oggetto entro la distanza massima di azione della fotocellula per avere lo scambio dei contatti, nel secondo caso si dovrà togliere la presenza di tale oggetto. Nel tipo presente in laboratorio la distanza utile del fascio è regolabile da un minimo di 40cm ad un massimo di 80cm ed il suo funzionamento è basato sull’interruzione del fascio luminoso, cosa che può comunque essere cambiata visto che l’apparecchiatura in nostro possesso offre questa possibilità. A questo proposito si ricorda la numerazione dei contatti di tale fotocomando: 1 2 3 4 5 6 alimentazione comune alimentazione light on alimentazione dark on contatto NA contatto NC comune CF CF 16 Simboli per contatto NA e NC di cellula fotoelettrica PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP La bobina della fotocellula è sempre alimentata, quando un oggetto “oscura” il suo fascio di luce il contatto NA si chiude alimentando il relè K1A CF CF K1A CONTATTORI O TELERUTTORI Il compito dei teleruttori è quello di inserire grossi carichi di potenza, costituiti nella maggior parte dei casi da motori asincroni trifase. Il principio di funzionamento dei T. è identico a quello visto per i relè ausiliari (octal e undecal) nel senso che essi sono dotati di una bobina che, quando è attraversata da corrente, fa muovere una parte del T., detta equipaggio mobile, che va a chiudere i contatti di potenza. Da ciò si deduce che tali contatti di potenza sono N.A. e naturalmente saranno in numero di tre. Il T. non è dotato di soli contatti di potenza ma ha anche contatti ausiliari, N.A. ed N.C., che servono per la parte di impianto relativa al circuito di comando (ad esempio per l’autoalimentazione). I contatti di potenza si distinguono da quelli ausiliari per le loro maggiori dimensioni. Le dimensioni dei T., così come il costo, dipendono dalla corrente assorbita dal carico, dal numero di manovre ora, dal numero di ausiliari, dalla tensione di alimentazione e dall’ambiente in cui dovrà essere montato il T. stesso. Esistono contattori nei quali i contatti ausiliari possono essere acquistati separatamente e aggiunti ad incastro in numero che dipende dalle esigenze di ogni singolo impianto. E’ sempre possibile aumentare il numero di ausiliari montando un relè (octal o undecal) in parallelo alla bobina del T., a questo punto si darà alla bobina del relè e a tutti i suoi contatti lo stesso nome dato alla bobina del T. Simboli per la bobina e per i contatti di potenza di contattore Schema di un contattore con due contatti ausiliari un N.A un N.C. 17 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP IL RELE’ TERMICO E’ così chiamato per il suo principio di funzionamento. Serve per la protezione dei carichi (ad es. motori elettrici) dalle sovra correnti lievi, ma lungamente applicate, dovute a varie cause, quali il sovraccarico meccanico, l’abbassamento della tensione di alimentazione, l’interruzione di una fase, il mancato avviamento per il blocco del rotore ecc.. E’ costituito da una o più lamine bimetalliche a seconda che sia a uno o più poli. Le lamine sono ottenute saldando opportunamente due metalli aventi diverso coefficente di dilatazione termica: uno è chiamato attivo, l’altro passivo. Il calore prodotto per effetto Joule dalla corrente da controllare investe il bimetallo riscaldandolo. All’aumentare della temperatura la lamina bimetallica subisce una dilatazione e si incurva in senso concavo dal lato del metallo avente minore coefficente di dilatazione. Si utilizza questo spostamento per aprire e chiudere dei contatti. Il termico si monta direttamente ai morsetti di uscita del teleruttore che comanda il carico. al contattore Schema di relè termico. I contatti ausiliari vanno inseriti sul circuito di comando, N.C. in serie alla linea di alimentazione,N.A. ad un qualsiasi sistema di allarme. al carico CENNI SULLA PRODUZIONE E LA DISTRIBUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA L’energia elettrica, industrialmente, viene prodotta in forma trifase; immaginiamo di avere a disposizione tre generatori di corrente alternata di uguale ampiezza. Come è noto dalla teoria dell’elettrotecnica, la tensione presente ai capi di un generatore di corrente alternata segue una legge sinusoidale ed è perciò rappresentabile con un vettore di ampiezza V che ruota in senso antiorario seguendo l’andamento descritto dalla funzione seno. Se colleghiamo in un unico punto un capo di ogni generatore e facciamo in modo che le tensioni prodotte siano, istante per istante, sfasate tra di loro di 120°otterremo una terna di tensioni simmetriche, rappresentate da tre vettori con un punto di applicazione comune N. Il potenziale del punto N, equivalente alla somma dei tre vettori, vale 0. Avremo così a disposizione tre tensioni RN, SN, TN di uguale valore massimo ottenibili con quattro fili: N a potenziale 0, R,S,T a potenziale, ad esempio, 220 V rispetto ad N che vale appunto 0 ( ogni generatore produce così una tensione di 220 V ). 18 Rappresentazione vettoriale delle tre tensioni sfasate tra loro di 120° Andamento nel tempo delle tensioni (una delle fasi nel grafico parte da 0 per cui il vettore che la rappresenta sta sull’asse delle x PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP E’ possibile anche sfruttare la tensione esistente tra due fasi qualsiasi del sistema, ad esempio S e T, anzichè quella tra fase e neutro. In questo caso si deve andare a vedere quale è il valore di questa nuova tensione tra fase e fase. I vettori rs, st,tr, rappresentano le tre tensioni esistenti tra le fasi, la cui somma vale zero Consideriamo il triangolo di vertici NHS; è un triangolo rettangolo in H con l’angolo NSH di 30°, l’ipotenusa NS vale 220. Dobbiamo trovare la lunghezza del cateto HS. Dalla trigonometria è noto che : HS = NScos30° dove il cos30° vale √3/2 HS = 220 * = √3/2 110 * √3 Essendo HS la metà del segmento ST, corrispondente alla lunghezza del vettore che rappresenta la tensione tra fase e fase, si deduce che la tensione ST vale : ST = 2 HS = 2 * 110 * √3 = 220 * √3 » 380V I sistemi di distribuzione dell’energia elettrica, in Italia, sono due: 1) sistema trifase 220V + neutro (che va scomparendo) 2) sistema trifase 380V + neutro SISTEMA TRIFASE 220V + NEUTRO 19 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Nella figura le tre tensioni fornite dai generatori valgono: RN = SN = TN = dove V1 = 127V sen wt V2 = 127V sen (wt+120°) V3 = 127V sen (wt+240°) w = 2πf con f=50Hz Come abbiamo già visto, nei sistemi trifase la tensione esistente tra due fasi è data dal valore della tensione di un singolo generatore moltiplicato per √3. In questo caso perciò VL(1-2) = 127 √3 ≈ 220V. La maggior parte degli elettrodomestici e delle apparecchiature per impianti civili funziona con questa tensione come si vede dai collegamenti di figura per i primi due carichi. Un ipotetico carico che fosse collegato tra una qualsiasi delle fasi e il neutro si troverebbe, come è facilmente intuibile, sottoposto ad una tensione pari a quella del generatore al quale fa capo la fase stessa, cioè 127V. I carichi funzionanti esclusivamente con questa tensione sono oggigiorno praticamente estinti, dato che in tutti gli edifici civili la tensione fornita vale 220V. Detto questo è chiaro che, nel caso in cui il sistema di distribuzione sia quello sopracitato, cioè trifase 220V con neutro, l’allacciamento di ogni singola utenza civile è fatto tra due fasi qualsiasi del sistema. E’ anche possibile alimentare carichi trifase, dove previsto, (officine, laboratori, scuole, ospedali ecc.) nel qual caso il carico andrà collegato alle tre fasi come in figura. SISTEMA TRIFASE 380V + NEUTRO Nella figura le tre tensioni fornite dai generatori valgono: RN = SN = TN = dove V1 = 220V sen wt V2 = 220V sen (wt+120°) V3 = 220V sen (wt+240°) w = 2πf con f=50Hz Abbiamo già visto come, con tre generatori dei valori sopra citati, sia possibile ottenere un sistema trifase 380V + neutro; resta da precisare che negli edifici civili, dovendo essere di 220V massimi la tensione utilizzabile, è necessario derivare una qualsiasi delle tre fasi ed il neutro per ottenere tale alimentazione. Detto questo è chiaro come non possano esistere, per legge, carichi bifase alimentati a 380V. Dalla figura si può notare che i primi due 20 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP carichi, rappresentanti dei generici elettrodomestici, sono collegati tra fase e neutro per cui sono sottoposti appunto ad una d.d.p. di 220V. Il motore, essendo un carico trifase, ha i suoi morsetti collegati alle tre fasi. CARICHI TRIFASE Un generico carico rappresentati: trifase Carico trifase generico è costituito da tre avvolgimenti Collegato a stella Dovendo alimentare il carico in questione alimentazione trifase ai morsetti U1, V1, W1. che possono essere così Collegato a triangolo si porteranno le tre fasi del sistema di E’ necessario, a questo punto, chiudere i tre morsetti rimasti liberi nel modo opportuno. I metodi usati per chiudere gli avvolgimenti di un carico trifase sono due e sono denominati collegamento “a stella” e collegamento “a triangolo”. Per realizzare il collegamento a stella si devono cortocircuitare i tre morsetti rimasti liberi del carico, U2, V2, W2, in un unico punto chiamato centro stella; per realizzare il collegamento a triangolo si collega la fine del primo avvolgimento, U2, con l’inizio del secondo, V1, la fine del secondo, V2, con l’inizio del terzo, W1, la fine del terzo, W2, con l’inizio del primo, U1. Si deve fare attenzione in questa fase delle operazioni a chiudere correttamente il triangolo affinchè le correnti percorrano le tre fasi nello stesso verso. E’interessante, a questo punto, andare a vedere quanto vale la tensione ai capi di ogni singolo avvolgimento del nostro carico trifase. Supponiamo che il sistema di alimentazione sia 380V; è facilmente intuibile che nel caso di collegamento a triangolo, essendo ogni avvolgimento collegato direttamente tra due fasi, tale tensione valga 380V. Nel caso di collegamento a stella tensione ai capi degli avvolgimenti. invece non è altrettanto intuibile il valore della Ricorriamo ancora una volta allo schema del carico collegato a stella. 21 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP Se i tre avvolgimenti del carico sono identici le correnti che li percorrono volta identiche e sfasate di 120° tra di loro; le tre tensioni ai capi degli sono anch’esse sfasate di 120° tra loro, per cui è possibile rappresentare tali lo schema già usato in precedenza e fare il ragionamento inverso per scoprire il tensione sulla fase del carico. sono a loro avvolgimenti tensioni con valore della Consideriamo il triangolo NHL3; esso è rettangolo in H ed ha l’angolo in L3 di 30°. Avendo supposto un sistema di alimentazione di 380V la lunghezza del segmento L2-L3 vale appunto 380V, la lunghezza del segmento H-L3 vale 190V. Si deve trovare la lunghezza del segmento N-L3 che rappresenta l’ipotenusa del triangolo considerato. Dalla trigonometria è noto che: N-L3 = H-L3 : cos30° N-L3 = 190 : cos30° dove cos30° vale √3/2 N-L3 = 190 * 2/√3 = 380/√3 » 220V Riassumendo: in un sistema trifase con tensione V tra le fasi di alimentazione, se il carico è collegato a triangolo la tensione su ogni avvolgimento del carico stesso vale V; se, invece, il carico è collegato a stella, la tensione ai capi di ogni avvolgimento vale V/√3. Detto questo si tenga ben presente che essendo la tensione un dato fondamentale ai fini del progetto di un carico trifase, non si può, con uno stesso sistema di alimentazione, collegare le fasi del carico indifferentemente a stella o a triangolo, ma le si dovranno collegare in modo tale che su ogni avvolgimento del carico sia presente la tensione per la quale il carico stesso è stato progettato. Naturalmente l’utilizzatore in esame dovrà riportare dei dati di targa che facciano capire il tipo di collegamento adatto ad un certo sistema di alimentazione trifase. Con un breve ragionamento si giunge allora ad un’altra conclusione : se la tensione su ogni avvolgimento deve essere sempre la stessa, per cui con un tipo di alimentazione si può fare solo un tipo di collegamento, è anche vero che cambiando il collegamento degli avvolgimenti si può fare in modo che la tensione sugli stessi non cambi se si cambia il sistema di alimentezione. Ad esempio, se un carico è stato progettato con una tensione di fase di 220V lo si può collegare a triangolo ed alimentarlo con un sistema trifase 220V in modo che ogni suo avvolgimento sia alimentato direttamente tra due fasi del sistema. Dello stesso carico, però, si possono collegare gli avvolgimenti anche a stella, in questo caso per fare in modo che su ogni avvolgimento venga a trovarsi la tensione idonea ad un buon funzionamento, cioè la tensione di progetto che nel nostro esempio vale 220V, si dovrà alimentare il carico con una tensione trifase di 380V come si è visto nell’esempio svolto poco sopra. IL MOTORE ASINCRONO TRIFASE Il motore asincrono trifase costituisce il tipo di motore più usato negli impianti industriali per produrre forza motrice: aziona macchine utensili ed operatrici, pompe, compressori, ventilatori, bruciatori, ascensori, montacarichi, nastri trasportatori, gru, carriponte ecc. La denominazione di asincrono sta ad indicare che la velocità del motore non segue perfettamente quella sincrona del campo rotante, che è il campo prodotto dalla corrente trifase di alimentazione, il quale è responsabile di mettere in rotazione il rotore, ma si 22 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP discosta da questa di una quantità che varia da motore a motore e in relazione al carico meccanico applicato all’albero motore: maggiore è lo sforzo che si fa compiere al motore maggiore sarà la perdita di velocità rispetto al campo rotante; a sua volta il carico meccanico influisce percentualmente più nei piccoli motori che nei grandi rispetto alla perdita di velocità. Questa differenza di velocità viene indicata col termine scorrimento che è espresso da: n1 – n2 s%=---------*100 n1 La velocità sincrona del campo rotante è espressa dalla formula 50 * 60 giri/min = --------p dove 50 è la frequenza di rete in Hz, 60 è il numero di secondi al minuto, p è il numero delle coppie di poli del motore. Da ciò si deduce che, essendo 2 il minimo numero dei poli di un motore la velocità sincrona massima ottenibile è di 3000 giri/min. Se un motore con tale velocità sincrona presenta uno scorrimento del 2% significa che la perdita di giri a pieno carico vale: 3000 2 = 60 100 La velocità del rotore sarà quindi di 2940giri/min. Rispetto alla velocità sincrona la riduzione all’albero a pieno carico varia tra l’1% e il 6% nei motori a due poli e tra il 2% e il 10% nei motori con molti poli. Per quello che riguarda la tensione di alimentazione vale quanto detto per i carichi trifase generici. Le possibilità di collegamento degli avvolgimenti sono due: stella o triangolo e ad ogni tipo corrisponde una precisa alimentazione trifase. Facendo riferimento al sistema attualmente più in uso, che è il 380V trifase, e dovendo acquistare un motore asincrono si può scegliere un motore con Vf=380V ed effettuare il collegamento a triangolo in morsettiera. Se si hanno a disposizione, nello stesso ambiente, vecchi motori con Vf=220V non è assolutamente necessario disfarsene, basterà effettuare il collegamento a stella alla morsettiera di tali motori. Morsettiera Marelli I tre avvolgimenti di un motore vengono collegati ai sei morsetti della morsettiera (operazione fatta all’atto della costruzione del motore) in due modi differenti dal punto di vista meccanico ma assolutamenti equivalenti dal punto di vista elettrico. Le schematizzazioni sottostanti sono una esemplificazione di tali collegamenti. Come è facilmente intuibile questi due collegamenti facilitano la connessione a stella o a triangolo del motore. E’sufficente infatti avere a disposizione tre barrette metalliche di uguale lunghezza (che sono in dotazione all’atto dell’acquisto) per poter realizzare le due connessioni. Per realizzare il collegamento a stella si metteranno le barrette a cortocircuitare i morsetti U2, V2, W2 (o anche U1, V1, W1) e si porterà l’alimentazione ai morsetti rimasti 23 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com I.T.I.S. “N.Baldini” Ravenna – Corso di elettronica e telecomunicazioni – Laboratorio di TDP liberi. Per realizzare il collegamento a triangolo le barrette dovranno cortocircuitare i morsetti U1-W2, V1-U2, W1-V2 in un caso e U1-V2, V1-W2, W1-U2 nel secondo caso. 24 PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com