Aldo Caputo
e. Riflessioni sui confini comunali di Surbo
Surbo aveva un demanio?
Per verificarne l'esistenza occorre partire dal concetto di demanio. Una prima definizione la rinveniamo nel decreto 8 giugno 1807 che recita: "Sotto il nome di demanii s'intendono compresi tutti i territorii, aperti culti o inculti, qualunque ne sia il proprietario, sui quali abbian luogo gli usi civici o le promiscuità". Prova quindi dell'esistenza del demanio è l'esercizio degli usi civici o
delle promiscuità su terreni incolti o coltivati. Un'altra definizione semplice e
completa è quella data dal Regio Procuratore Generale Davide Winspeare nel
1810: "Boschi, montagne, terre piane, colte o incolte di vasta estensione, di cui
non si possa mostrare il titolo d'acquisto " 101 . Più tecnicamente "tutto ciò che
non costituisce demanio pubblico della comunanza, quei beni cioè che servono
all'uso generale dei cittadini, e tutto ciò che non costituisce il patrimonio privato delle città, provenienti da lasciti, donazioni, apprensioni a titolo singolare,
forma il demanio comunale, il quale come bene essenziale alla vita degli abitanti è coevo con il casale, col villaggio, colla borgata, colla città a cui appartiene... Esso è inalienabile ed imprescrittibile" 102
Rispondendo alla Circolare del Prefetto Minghelli-Vaini del 2 febbraio 1882
sullo stato delle vertenze demaniali dal 1806 al 1881, il sindaco di Surbo Luigi
Messa dichiarò esito negativo in data 15 febbraio 1882 per mancanza di demanio. Quanto fosse piena la conoscenza della situazione da parte del sindaco non
è dato a sapere, ma l'assenza di documenti che attestino discussioni consiliari
in merito, lascia supporre una certa superficialità o frettolosità nella risposta o
una scarsa considerazione di questioni che non si avvertivano come essenziali
in un contesto economico e sociale precario.
Il sindaco di Lecce Antonio Guariglia, in data 27 febbraio, rispose che nessuna operazione demaniale fu compiuta. E ciò perché "fin dallo XI secolo, Lecce fu dai Normanni elevata a Contea non feudale ma signoria, quasi indipendente. Con tale titolo e privilegio si mantenne per 400 anni, finché nel 1463 passò in retaggio alla Casa di Aragona, e da quell'epoca il titolo di Conte di Lecce
fu preso da un membro della casa regnante. Quindi nell'atto, in cui furono emanate le leggi abolitive della feudalità, il territorio di Lecce trovavasi diviso e
.
11/12/1779 XIII, "Declaratio facta per U.J.D.rem D. Johannem Baptistam Gala Civ. Litij",
c. 321
101 Lettera del 27/11/1810 inviata al Ministro dell'Interno, citata da M. PALUMBO, I Comuni
Meridionali prima e dopo le leggi eversive della feudalità, cit., p. 152.
102 Cfr. A. FORTI, N. DE RENSIS, Il Codice dei Demani comunali delle provincie napoletane e siciliane, cit., p. 7, 153. T. BONANNI, La storia della nomenclatura degli atti che conservansi nei pubblici archivi, Aquila, tipografia R. Grossi, 1885, p. 70.
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posseduto da particolari proprietari, e meno la zona estramurale, che fu dal Comune conservata come proprietà patrimoniale, alcun altro demanio si ebbe sul
quale si sono potuto applicare le disposizioni della sudetta Legge" 103 . Si arrivò,
pertanto, a disconoscere da parte dell'amministratore leccese la stessa esistenza del demanio. E su questa questione fu dibattuta nel 1912 una lunga causa che
vide contrapposti il Comune di Lecce contro il barone Benedetto Mancarella, i
conti Romano, il marchese Vincenzo Tresca, Achille Libertini, Chiara Bozzi
Colonna, Vincenzo Tamborino ed altri presunti usurpatori 104 .
Ancora il 21 maggio 1889 il sindaco di Surbo Vincenzo Ampolo, seguendo
l'esempio dei predecessori, in risposta alla Nota prefettizia del 4 maggio, n. 81,
confermò che il Comune non aveva beni demaniali e che quindi era inutile riunire il Consiglio per deliberare sul Regolamento degli usi civici 105 .
Sembrerebbe che neanche Surbo avesse terreni demaniali. Ma se analizziamo il documento del 1643 con cui fu assegnato il territorio alla nascente Terra,
è evidente il contrario. Alla definizione dei termini e confini del distretto o territorio fu chiamato a partecipare il sindaco di Lecce Francesco Mettola che non
si presentò, onde il 3 dicembre gli fu notificato dal Caporale della Regia Udienza Idruntina Cesare Colizzi il decreto del Regio Uditore U.J.D. Estefan Badilla, delegato da S. E. il viceré Duca di Medina de las Torres principe di Stigliano e duca di Sabbioneta all'espletamento di tali operazioni, datato 11 novembre
1643. Il Delegato elesse quali misuratori dei territori e confini da assegnare alla Terra di Surbo il misuratore e apprezzatore della Regia Corte Giuseppe Vadacca e l'esperto Carlo Barva e, il giorno 5 dicembre 1643, con l'uso di una catena di ferro di 10 passi 106 , iniziarono le operazioni di posizionamento delle finite che durarono quattro giorni: dal cinque all'otto dicembre. L'atto notarile,
ASL, Prefettura di Terra d'Otranto. Atti demaniali, b. 90, fasc. 857.
N. BODIN', Il demanio comunale di Lecce, cit.
La sentenza della Corte di Appello di Puglia del 5 maggio - 8 agosto 1919, poi confermata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, dichiarò inesistente il demanio di
Lecce, vanificando gli sforzi del Comune per rientrare in possesso delle terre che presumeva fossero state usurpate. (cfr. N. BODINI, Per il Comune di Lecce ricorrente contro i Sigg.
Losavio, Lubelli, ed altri. La banca d'Italia ed il Demanio dello Stato Resistenti, Lecce, Tipografia del popolo, 1920; Demanio di Lecce. Sentenza della Corte di Appello di Puglia dei
16 gennaio - 12 di febbraio del 1917 denunziata al Supremo Collegio di Roma - Sezioni Unite. Con annotazione e censura del difensore del Comune di Lecce avv. Nicola Bodini, Lecce
Tipografia del popolo, 1917; M. MAINARDI, La questione demaniale in Terra d'Otranto, Lecce, edizioni del Grifo, 1998, p. 37).
105 ASL, Prefettura di Terra d'Otranto. Atti demaniali, b. 91, fasc. 864, anni 1884-89.
106 Presso i Romani il passo era lungo dí m 1,479. Nella provincia di Lecce il passo napoletano misurava m 1,851 (cfr. C. DE GIORGI, Calendario astronomico e meteorologico, agricolo e commerciale per la provincia di Lecce, Lecce, premiato stabilimento Luigi Lazzaretti
e figli, 1893, p. 59; B. TORSELLO, Metrologia dei nuovi pesi e misure ragguagliati cogli antichi per le provincie meridionali italiane, Lecce, tipografia di Alessandro Simone, 1862, p. 33).
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principiato dal notaio il 5 dicembre 1643, con la sua consueta chiarezza descrive l'assegnazione a Surbo del territorio, tra cui il litorale marino che da Torre
Rinalda si estendeva fino a Torre Specchiulla: "Et continuando l'atto predetto di
detta possessione detto M.co Regio Auditore Delegato tirò insieme con noi predetti Notaro Giudice [Francesco Schipa] e testimoni [Giovanni Antonio Perulli, Giovanni Maria Martena, Carlo Barba] alla Torre de Rinalda per riconoscere il sito del territorio assignando dove visto e conosciuto detto sito fece piantare dalli detti esperti un limitone
nel lido del mare abasso la macchia distante dalla detta Torre verso la marina di Lecce
passi cento e venti misurati dalli detti esperti con detta catena et assignò per territorio
della detta Terra al detto M.co Barone di quella con detta sua Giurisdittione ut supra incominciando dalla detta finita verso la marina della Torre detta della Specchiulla con
l'esitura al maree» verso tramontana e verso la detta Terra di Surbo e posta detta finita
e fatto detto assignamento detto M.co Delegato mese e indusse detto M.co Livio Barone,
et per quello detto Gio. Tomaso suo procuratore quello per la mano pigliando et in detto territorio et destritto con sua Giurisdittione inducendo e ponendo nella vera reale attuale e corporale possessione del territorio predetto per quello detto Gio. Tomaso carninando stando, parlando et ogn'altra cosa facendo che denota l'atto della vera reale attuale e corporale possessione pacificamente quietamente e nissuno contradicente"....
"Die septimo mensis decembris 1643 ... Continuando l'atto della detta possessione pervennemo nel feudo di Cenate verso la marina verso la Torre detta La Specchiulla una
con noi detto Signor delegato D. Stefano Badilla e proprie dove si divide il feudo di Cerrate verso detta Torre della Specchiulla dal feudo nominato della badessa, et riconosciuto per esso M.co delegato lo sito predetto assignò al detto M.co Barone per territorio
e destritto di detta Terra di Surbo con sua Giurisdittione ut supra quanto tira dalla detta
finita posta vicino la Torre di Rinalda e tira verso la Torre della Specchiulla con l'esitura al mare e verso ponente e dalla detta Terra di Surbo lo feudo grande di Cenate conforme si divide dal detto feudo detto della batissa restando detto feudo della batissa nel
territorio di Lecce conforme la finita tra detti feudi Incluse al detto territorio di Surbo la
massaria delli Provenzani, la massaria detta Casa di Musto che sono di Gio. Francesco
Caretto al presente Sindaco di detta Terra di Surbo e la massaria detta le Rumatelle che
sono dentro detto territorio di Cenate verso mare inclusa la detta Torre della Specchiulla e conforme va confinando detto feudo di Cenate et un petrone sotto detta massaria
delli Provenzani che divide detto feudo di Cenate dal feudo detto della batissa restò per
limite di detto territorio di Surbo. E fatto l' assignamento detto M.co delegato pose et indusse detto M.co Livio Barone et per esso detto Gio. Tomaso suo procuratore nella vera
reale attuale e corporale possessione predetta del detto territorio e destritto di detta Terra e Giurisdittione ut supra per detto feudo di Cenate e territorio predetto caminando
stando parlando e pervenendo nelle case dell'habitatione del detto feudo e salendo nella più alta parte di quelle pigliò la detta vera reale attuale e corporale possessione del
L'espressione "con l'esitura al mare", attesta Nicola Bodini sulla base di una copia
straordinaria di documenti, indicava per consuetudine il diritto di pascolo e legnatico dei cittadini sulle macchie prossime o contigue ai loro legittimi possedimenti, N. BODINI, Il demanio comunale di Lecce, cit., p. 167, 235.
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detto feudo territorio e giurisdittione etiam per inspectionem ocularem et ogn'altra cosa facendo denotante l'atto della vera reale attuale e corporale possessione pacificamente quietamente e nissuno contradicente" 108 .
Numerose furono le liti che insorsero tra Surbo e Lecce in merito ai rispettivi confini territoriali e alla riscossione delle imposte catastali dai cittadini. Il
4 marzo 1755 il sindaco Pascali Marini e gli eletti Bonaventura Mazzarella e
Blasi Catamo, alla presenza di 35 cittadini e del luogotenente dott. fisico Leonardo Messa fecero un pubblico parlamento che conferì mandato al sindaco, all' arciprete d. Leopoldo Pino, a d. Pietro Antonio De Rinaldis e al notaio d. Felice De Luca di firmare la convenzione con gli amministratori leccesi e di chiedere il Regio Assenso. Si formulò un accordo che elencò quali fossero "i beni
dentro il miglio che rimanevano nel territorio di Surbo, i beni contenuti fuori
del miglio e dentro al distretto delle due vie pubbliche che conducevano al mare, i beni che dovevano rimanere nel catasto di Lecce e cancellarsi da quello di
Surbo". Si convenne che "rimaner dovessero nel territorio di Surbo non solo
l'estensione di un miglio per la parte di Levante, Mezzogiorno e Ponente, ma
ancora per la parte di Tramontana, oltre tale miglio, l'uscita al mare, cioè dalla
via pubblica della masseria S. Angelo, continuando per quella che divideva le
vigne dello Sava da quelle della masseria delli Coccio/i, e tirando per quella
della masseria detta La Grotta, andasse a tirare la detta uscita al lido del mare.
Per l'altra parte, camminando dalla via publica che divide la masseria detta La
Garrisa da quella detta Lo Coppola, e tirando per la chiusura Grande della
masseria detta Melcarne, andasse a terminare per la stessa via della Grotta al
108
Ast., Protocolli notarili, 46/26, notaio Francesco Gustapane da Lecce, prot. del
05/12/1643-XI, "Actus assignationis territorij et destrictus Terrae Surbi et illius possessionis pro D.no Livio Pepe Barone dictae Terrae", c. 624v, 626. Nell'atto della misurazione dei
due esperti troviamo scritto: "E da là [chiusura detta delli Chiazzarelli] pervennemo alla tor-
re de Rinalda, alla massaria dove detto mag.co Delegato fece misurare da noi dalla detta
Torre de Rinalda verso Lecce passi cento, e venti con detta catena e alla fine di detti passi
cento, e venti al lido del mare fece mettere un altro limite assegnando per territorio de Surbo da detto limite verso Rinalda et verso detta Terra et al detto portone [della chiusura
del clerico Dieco Chetta] detto mag.co Delegato fece piantare un'altra finita, quale chiusura è del feudo di Cerrate, e detto mag.co delegato assegnò in territorio di Surbo dalla detta
finita conforme tira il parite di detta chiusura, e tira detto feudo di Cerrate verso detta torre della Specchiulla. Incluse detta torre in detto territorio de Surbo, con che viene il territorio de Surbo descritto et confinato".
Il barone di Surbo d. Giuseppe Romano possedeva "un quadro bislungo con cornice indorata, con pittura, che rappresenta la pianta di questa Terra e feudo di Surbo", inventariato tra
i suoi beni (AsL, Protocolli notarili, 46/130, notaio Serapione Carretti da Lecce, prot. del
25/11/1787-VI, Inventarium solemne haereditatis quondam &mi D.ni D. Iosephi Romano
Baronis Terrae Surbii confectum per Ill.Mum D.Num D. Franciscum Romano eius fratrem et
haeredem Baronem Terrae praedictae ac nobilem Patricium Civitatis Brundusii", cc. 155-
182v).
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detto lido, giusta la sua antica estensione, e l'altri beni compresi tanto detto miglio, quanto fuori di quello, secondo l'assignamento del fu Andrea Padilla, rimaner dovessero situati nel territorio di Lecce a tenore del sudetto accordo".
Quindi rimanevano nel catasto di Lecce, tra gli altri beni, le seguenti masserie:
Lo Mea di Angelo Antonio Paladini, Lo Chirico de' Spalluti di Emanuele Tursano, La Carrisa degli eredi di Donato Caretti, Lo Chirico di Francesco Zaccaria, Li Coccioli di Orazio Maresgallo, Li Ronzi, Case Bianche, Rapanà grande
e Rapanà piccolo di Pietro Nicola e Pascali Cerasino, Lo Chietta del Capitolo
di Lecce, Lo Chetta de' Consiglio di Pascali Consiglio. Tale importante documento fu fatto riassumere in pubblica forma nel 1800 dal sindaco interino Toma Pezzuto, al fine di evitarne la dispersione, come già avvenuto per il primo
originale, e di evitare che l'Università di Lecce si appropriasse di alcuni individui spettanti a Surbolo.
Quelle macchie, quelle terre incolte, quelle paludi prospicienti al lido del
mare, che oggi sono sotto la giurisdizione del Comune di Lecce, erano il demanio di Surbo e lì esercitavano gli usi civici i suoi cittadinino.
109 ASL, Protocolli notarili, 103/7, notaio Francesco Saverio Bissanti da Surbo, prot. del
29/08/1800 111, "Reassumptio Conventionis finita inter mag.cam Universitatem Terrae Surbij
ex una, et Universitatem Civitatis Lytij ex altera ut infra", c. 273v.
L'Università di Surbo non aveva Archivio per conservare le carte universali che, quindi, passavano da sindaco a sindaco, giusta il solito. Così attestò il sindaco interino Torna Pezzuto.
110 Il 30 gennaio 1690 Carlo Pareo, alias lo Monaco, della Terra di Surbo accusò "Alessandro Riccio di aver serrato da circa 25 anni la strettola della via pubblica che cominciava
davanti al Convento de' RR.PP. Scalzi di S. Agostino sotto il titolo di Santa Maria d'Ognibene fuori le mura di Lecce e camminava strettola strettola, dentro le chiuse della sua massaria chiamata la Solicara, obbligando i cittadini che avevano bisogno d'andare alla detta via
del Carro o pure a legnare alli demarnj che erano sino alla via di detto Carro che si va da
Otranto in Brindisi, atteso dopo detta via del Carro verso il mare vi è il feudo della Chianca
delli RR.PP. Olivetani del Monastero di SS. Nicolò e Cataldo fuori le mura di Lecce, a passare per il feodo Maggiore di Santo Marco, grancia della Commenda Magistrale di Maruggio, che si possiede dal sig. Commendatore fra' Scipione Marchese; feodo che era sempre
stato libero ed esente d'ogni peso e servitù di passaggio, essendo paritati d'ogni parte eccetto però dalla parte dell'Oriente, arrivando li di loro confini sino alle padule correnti, e macchie del mare ..." (AsL, Protocolli notarili, 46/51, notaio Leonardo Giaconia da Lecce, prot.
del 30/01/1690, "Declaratio facto per infrascriptum", c. 33v; prot dell' 11/01/1690, c. 10). La
Via del Carro tagliava quella che attualmente congiunge Surbo a Torre Rinalda nei pressi della Masseria del Barone.
Vi furono surbini che caddero nelle mani dei Turchi, per raccogliere legna nella macchia,
come si legge in una cronaca di anonimo del 1651: "Venerdì al far dell'alba, 21 del corrente agosto sbarcarono una truppa di turchi da un brigantino o guliotta che fusse stata, sotto
la Torre della Chianca verso Venneri e in queste macchie bruggiate v'erano genti che facevano legne: li Turchi andarono a tre a quattro per partita ad assaltare queste genti e fecero
cinque di Surbo schiavi, uno di Monteroni che guardava crape e due d'altri luoghi che facevano legne alla matina e perché uno di Surbo avertendosi questo afferrarono uno altro e
sí pose a fuggere, il turco che lo seguiva li tirò una archibugiata: al tocco di questa levaro-
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A Nicola Bodini, così attento e scrupoloso nell'articolazione della difesa degli interessi del Comune di Lecce contro i presunti usurpatori del demanio, probabilmente non sfuggirono gli atti notarili dell'assegnazione del territorio alla
nascente Terra di Surbo: in uno di essi abbiamo rilevato che l'espressione "esitura al mare" era sottolineata e trascritta a margine. Certo è che pur citando più
volte il paese per la sua qualità di casale de corpore, la sua posizione topografica e la sua relazione con i diritti feudali, non fa cenno alcuno a tali documenti che pure avevano attinenza con il tema da lui approfondito.
Il tempo ha consolidato la sistemazione attuale dei confini del paese, il cui
territorio non pare corrispondere a quello assegnatogli nel 1643 e costituisce
un'isola all'interno di quello di Lecce".
no le teste l'altri che attendevano a fare legne e lasciate le vesti e le robbe fuggirono che altrimenti sarebbero incappati assai più".
Domenico Orlando, ingegnere dell'Ufficio tecnico provinciale, scriveva nel 1884 che "sulla costa adriatica dal confine del territorio di Torchiarolo a quello di Acaia si incontra una zona lunga circa 26 chilometri e larga in media due, nella quale esistono svariati stagni e paludi, le cui esalazioni miasmiche arrivano sino a 12 chilometri di distanza. Questa zona, che
trovasi tutta in territorio di Lecce, può dividersi in due porzioni: la prima dal confine di Torchiarolo sino a Torre Chianca e la seconda da Torre Chianca a Torre S. Giovanni. La bonifica della prima porzione avrebbe per principale scopo il miglioramento agricolo, quella della
seconda il miglioramento igienico, stante la vicinanza delle paludi ai centri abitati di Lecce,
Merine, Surbo, Vernole.... La superficie complessiva delle paludi tra Torre Chianca e Posto
S. Giovanni è di circa 250 ettari, di cui ettari 90 sono costantemente soggette al dominio delle acque.... Sono distribuite in diversi gruppi a breve distanza e nei mesi piovosi sono quasi
tutti in comunicazione tra loro. Le principali paludi sono le seguenti:
• palude Fiorello (ettari 30, altezza acque da m 1,20 a m 2), a poca distanza da S. Cataldo e dal mare, dal quale è divisa per mezzo delle dune. Fa parte dei terreni di diverse
masserie, cioè Case, Mosca, Gennarano e Cucchiarari;
• palude Foca (ettari 16), nel fondo Cucchiarari;
• palude Ramanno (ettari 16), nel fondo omonimo;
• palude Tunda (ettari 7) nel fondo Scoto;
• palude Torre Venneri (ettari 7), nel fondo Pomponio;
• palude Sausi (ettari 8), nel fondo Lamia;
• paludi Quatina e Quatinella (ettari 56). Le sue esalazioni arrivano sino a 12 km di distanza, ed il paese che più di ogni altro ne risente i tristi effetti è Lecce".
Cfr. CONSIGLIO PROVINCIALE DI TERRA D'OTRANTO, Classificazione delle opera di bonificazione delle paludi e dei terreni paludosi della provincia di Terra d'Otranto, Lecce, tipografia Gaetano Campanella, 1885, p. 26. C. DE GIORGI, Descrizione fisica geologica e idrografica della Provincia di Lecce, Lecce, Centro studi salentini, 1960, p. 27.
11! Le norme attuali, nell'ambito dell'autonomia amministrativa costituzionalmente garantita, consentono la rettifica dei confini attraverso domanda corredata dalla documentazione
catastale, cartografica, storica e descrittiva necessaria a documentare in termini precisi la situazione. Il Consiglio Regionale, su proposta della Giunta, delibera sulla determinazione e
contestazione di confini.
Il foglio della Carta d'Italia N° 204 III NE dell'Istituto Geografico Militare, intitolato
"Masseria La Badessa", denomina la fascia costiera tra Torre Rinalda e Casa L'Abate "Posto
dei Trepuzzini".
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e. Riflessioni sui confini comunali di Surbo me di demanii s