Castelli
R&
ocche
Una Collana di
Registrata al Tribunale di Viterbo
n. 509 il 31.10.2002
NELL’ITALIA DEL MEDIOEVO
Sabina Segreta
Anno VIII
Periodico culturale
vol.1
Ideazione - Alessandro Maria Barelli
Fotografie - Max Del Citto, Alessandro Barelli, Paolo Manganiello, Diego Lazzari
Progetto Grafico e Layout - Paolo Pero - [email protected]
Testi - Ileana Tozzi, Guido Poeta (per Magliano Sabina)
www.historiaweb.it
[email protected]
Coordinamento Editoriale - Silvia Menichelli
Traduzione inglese - Louise Alexandra Barelli
Direzione e Amministrazione - Piazza Crispi, 13/A - 01100 Viterbo
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Stampa - Tipografia Ceccarelli - Grotte di Castro (VT)
Editore - Historia - Associazione Culturale per la Conservazione e la Divulgazione dei Beni Culturali d’Italia.
Direttore Responsabile - Alessandro Maria Barelli
In copertina: Rocchette e Rocchettine
Ringraziamenti: Si precisa che l’Eremo di San Cataldo a Cottanello è stato restaurato grazie agli interventi della Soprintendenza per i Beni
storico artistici ed etnoantropologici del Lazio, con due lotti consecutivi
negli anni 2008-2010 (direzione dei lavori Alia Englen – restauro Anna
Rita Del Vescovo) e che è in corso una pubblicazione sell’Eremo stesso
realizzata con il contributo del Comune di Cottanello, a cura di Cristina
Ranucci la cui uscita è prevista per il mese di Maggio 2011.
Eremo di San Cataldo
ILLUSTRAZIONI DI QUESTO NUMERO:
Archivio fotografico Historia. Su concessione del MINISTERO per i BENI E LE
ATTIVITÁ CULTURALI. Riguardo alle illustrazioni, la redazione si è curata
della relativa autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano stati
irreperibili, la redazione resta a disposizione per regolare eventuali spettanze.
I numeri arretrati vanno richiesti al proprio edicolante di fiducia, oppure a
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Sabina Segreta
1
di Ileana Tozzi
Terra aprica, fertile e generosa, la Sabina occidentale digrada
dolcemente dalla rocciosa dorsale dell’Appennino fino ad affacciarsi, con le sue colline d’argento e di rosa, sulle placide acque
del fiume Tevere che irrigano i campi coltivati, prima di scorrere
sotto i ponti della Città Eterna.
È terra antica, questa: è la Sabina tellus
da cui i prischi Romani ottennero spose
e leggi, come narra il mito e la storia
conferma. Da qui, infatti, la primavera
sacra consegnò alle popolazioni italiche
gli animali totemici – l’hirpus agli Irpini, il
vultur ai Vulturi, il picus ai Piceni – da qui
il re Numa Pompilio ispirato dalla ninfa
Egeria dette all’Urbe nascente le prime
leggi e i rituali in onore delle divinità
autoctone.
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Fu terra di villae, al tempo dei Cesari,
splendide dimore che garantivano otia
et negotia, riposanti soggiorni di vacanza
utili a ritemprare il fisico e la mente per
il dominus, mentre il lavoro dei servi e
degli schiavi assicurava l’utile di proficui
raccolti.
Il patrimonio archeologico della Sabina
Tiberina è ricco e pregevole, come
dimostrano i risultati di tante campagne
di scavo.
Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Sabina Segreta
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Ma più ancora che la memoria delle origini,
questa parte della Sabina porta indelebile
nel profilo delle sue alture l’impronta
dell’incastellamento altomedievale.
Furono i Benedettini di Farfa a modellarne
il terreno e ridisegnarne le sorti, nei secoli
della decadenza.
Le pietre squadrate, le mura severe dei
borghi arroccati, le case-bastione addossate
come un gregge silente ai campanili delle
parrocchiali raccontano la storia di una
rinascita che la grande Abbazia testimonia
splendidamente.
Fin dai primi secoli dell’era cristiana,
il territorio sabino si era organizzato
giuridicamente come diocesi suburbicaria,
prossima alla sede del Romano Pontefice ed
immediatamente soggetta alla sua autorità.
Ne fanno memoria le grandi cattedrali di
Vescovio, Magliano, Poggio Mirteto.
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La Chiesa trionfante e la Chiesa militante,
tese a dare risposte di fede e giustizia ai
bisogni materiali ed agli aneliti spirituali
dei fedeli, sono capillarmente presenti
nella Sabina Tiberina, terra di cattedrali e
di santuari, di eremi suggestivi e di potenti
abbazie.
Il potere temporale dei feudatari di un
tempo lascia suggestivi ricordi nelle fortezze
munite a guardia dei valichi solcati dalle
vie dei mercanti e dei pellegrini.
La mole di antichi castelli si tramuta nel
tempo nelle accoglienti, fastose dimore
signorili che conservano nella quiete
campestre l’eleganza orgogliosa dei
proprietari dai nomi altisonanti.
Questa terra antica conserva segreti di cui è
gelosa custode: ma qualcuno vuol rivelare
attraverso il nostro itinerario di lettura, teso
fra storia e leggenda, memorie e fantasia.
Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Sabina Segreta
5
Magliano
Sabina
di Guido Poeta
La storia
Il territorio maglianese è ubicato fra l’Alto
Lazio ed il sud dell’Umbria, crocevia di più
province (Terni, Viterbo, Rieti e Roma),
costituito da un sistema collinare di altitudine variabile fra i 200-250 m, che scende
verso la media valle del Tevere. Di lì salire
sul colle e scoprire, piacevolmente arroccato, il centro abitato, produce una sensazione di quiete, di sereno approdo, confortato da un ampio panorama che spazia dal
Monte Soratte, attraverso i Monti Cimini
e Sabatini, fino alla “gola” di Orte. Milioni
di anni or sono, il mare occupava completamente il territorio maglianese; i fossili lacustri, in epoche relativamente più recenti,
attestano la presenza di un grande lago. Le
ultime glaciazioni fecero emergere le colline che oggi si offrono alla nostra vista. La
comparsa dell’uomo su questi colli non è
databile, ma significativi rinvenimenti ar6
cheologici testimoniano insediamenti che
si fanno risalire alla preistoria. Una considerevole quantità di reperti (oinokoe, kulix,
kantaros e anfore sabine), per lo più appartenenti a corredi di tombe, confortano
l’ipotesi dell’esistenza in questi luoghi di
una cultura proto-sabina e sabina. La zona
viene considerata come culla della civiltà
arcaica dei Sabini Tiberini settentrionali,
ma anche degli Umbro-Sabini. In epoca
romana, con tutta probabilità, Magliano
Sabina, non doveva ancora avere la consistenza e l’organizzazione di un centro urbano, tuttavia sull’attuale collina che ospita il paese sussistono testimonianze sicure
di una frequentazione in questo periodo;
sono state rinvenute sparse per il territorio
tracce di ville di età repubblicana e di età
imperiale. Fin dall’VIII secolo le fonti ricordano l’esistenza di un fundus mallianum
Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Magliano Sabina
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nel territorio sabino, nato dall’aggregazione
di più fondi nel luogo in cui sorge l’attuale centro; agli inizi dello stesso secolo, in
seguito alla penetrazione dei Longobardi,
il territorio maglianese divenne parte integrante del Ducato di Spoleto. Il pericolo
delle incursioni barbariche, in particolare la
minaccia dei Saraceni fra il IX e il X secolo,
spinse gli abitanti a costruire opere di difesa
approfittando delle alture naturali presenti
nel territorio; sorsero quindi il castello di
S. Eugenia e poco dopo il castello di Magliano. Agli inizi dell’anno Mille la fortezza
divenne dominio degli “eredi di Arduino”
e in seguito dei Crescenzi; alla fine del secolo si presentava ormai come castrum ben
fortificato, strategicamente dominante la
Valle del Tevere, reso ricco dal possesso di
un importante porto fluviale, con il quale
controllava il commercio dell’Alto Lazio e
dell’Umbria. Il XIV e il XV secolo videro
il castrum Malliani coinvolto in un altalenante passaggio di poteri tra le nobili famiglie e la Santa Sede; nel 1495 il papa Pio
II pose fine alle controversie insignendo
Magliano del fregio di “città” e scegliendola come sede della Diocesi Suburbicaria di
Sabina dopo avere elevato la chiesa cittadina di San Liberatore a Cattedrale. Il titolo di Cattedrale valse pregio alla città ma
allo stesso tempo la rese esposta agli attacchi degli altri castelli sabini esclusi da tale
privilegio; oltre ai frequenti scontri con i
centri limitrofi, Magliano subì all’epoca
una pesante battuta d’arresto nell’economia fino ad allora fiorente: in quegli anni il
corso del fiume Tevere fu deviato in seguito alla costruzione di Ponte Felice voluto
da Sisto V, di conseguenza il cosiddetto
porto d’ Arno situato proprio ai piedi della
collina di Magliano perse la sua importan8
za a favore di uno nuovo in prossimità del
ponte; la città si indebolì notevolmente e
perse l’autorità di un tempo. La situazione
non migliorò nei secoli a seguire a causa di
frequenti terremoti che danneggiarono il
borgo; solo sporadici interventi di munifici
cardinali ridiedero in parte lustro alla città;
tra questi il Cardinale Annibale Albani che
all’inizio del 1700 cercò di alleviare lo stato
di decadimento con il completo restauro
della Chiesa Cattedrale. Durante il periodo napoleonico, Magliano entrò a far parte
del Dipartimento del Tevere e fu sede di
Cantone dal quale dipendevano Otricoli,
Collevecchio, Calvi, Montebuono. Quando Pio VII riprese il potere a Roma, riorganizzò lo Stato Pontificio, divise la Provincia Sabina in due distretti e restaurò le
magistrature della comunità, fra le quali
Magliano, che però, di fatto, essendo un
luogo baronale del Comune di Roma, non
dipendeva né da Rieti, né da Poggio Mirteto. Nell’800 il paese vide i primi segni
di ripresa: il Cardinale Carlo Odescalchi
(1833-1836) restaurò il Convento del Giglio chiuso in epoca napoleonica e ne affidò la guida ai Passionisti; intanto anche le
attività economiche tornavano ad intensificarsi in seguito alla ritrovata importanza
di Ponte Felice da cui prese a funzionare
un regolare servizio fluviale con battelli a
vapore da Roma e per Roma.
Le movimentate vicende politiche italiane
della seconda metà dell’800 coinvolsero il
territorio sabino e con esso Magliano: tolta
allo Stato della Chiesa, occupata dai piemontesi e infine sede dello stato maggiore
del Generale Raffaele Cadorna alla volta di
Roma nel 1870.
L’assestamento della situazione politica da
questo momento in poi diede a l centro un
Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Magliano Sabina
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forte impulso nelle attività economiche il
cui motore trainante era ancora l’agricoltura a cui si aggiungeva la riapertura dei
commerci con Roma. Nel corso del Novecento la Sabina, come il resto d’Italia,
visse la devastazione delle guerre: Magliano subì pesanti bombardamenti, ma grazie
alla voglia di rinascita dei cittadini seppe
risollevarsi divenendo col tempo il vivace
e suggestivo borgo della Sabina che conosciamo.
Passeggiando per la città…
Arrivando a Magliano ci si immette nella città valicando Porta Romana decorata
con l’effigie di Manlio Torquato a cavallo
posta su uno scudo in terracotta: secondo
la leggenda l’eroico condottiero romano fu
il fondatore della città, per questo la sua
immagine compare ancora fiera sul gonfalone del Comune. Proseguendo dall’ampio viale, via Roma, abbellito da Palazzo
Solimani-Mariotti, si arriva poi in piazza
Garibaldi: sulla sinistra, Palazzo Pannicelli,
sede municipale, s’impone alla vista per le
sue linee architettoniche cinquecentesche,
mentre per la sua monumentalità il Palazzo
del Seminario Vescovile partecipa a chiudere sulla destra il lato della piazza rivolto
ad occidente.
Da qui si dipartono le vie che conducono al centro storico. Al quartiere di San
Giovenale, nel punto più alto della città,
il Palazzo Orsolini-Cencelli domina le sequenze di vicoli ed archi di chiara origine
medievale. È in questi paraggi che sorgeva
l’antichissima chiesa di San Giovenale, intorno alla quale iniziò ad opera dei Longobardi, poi dei monaci dell’Abbazia di
Farfa, l’espansione di quella che è l’odierna
Magliano Sabina.
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Magliano Sabina
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Nel cuore della città si erge la monumentale ed antica chiesa dedicata a San Pietro
apostolo, un gioiello di architettura romanica del XII secolo di scuola lombarda;
essenziale nelle forme come si addice alla
corrente architettonica cui appartiene, serba indiscussa eleganza sia all’esterno con gli
archetti ciechi pensili e le esili lesene come
abbellimento, sia all’interno con le colonne che dividono le tre navate, in parte realizzate ex novo in parte frutto di un sapiente riuso di epoca romana. Tra le preziose
chiese che popolano Magliano Sabina degna di nota è la chiesa di Santa Maria delle
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Grazie presso la Porta Romana; datata alla
seconda metà del XIII secolo dell’aspetto
originario mantiene la cripta protoromantica cui si accede dal transetto, che ha il
vanto di aver ospitato in tempi lontani un
visitatore illustre: il re di Napoli Alfonso
d’Aragona sostò qui nel 1447 e a ricordo
della sua presenza graffì si suo pugno il suo
nome sugli affreschi dell’ambiente. L’aula
superiore della chiesa fu al contrario della
cripta radicalmente trasformata nel corso
dell’Ottocento e l’antica navata fu utilizzata come transetto con l’innesto di una
nuova navata perpendicolare ad essa.
Magliano Sabina
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Sull’altare maggiore è rimasta l’immagine
venerata della Madonna titolare della chiesa, una tavola quattrocentesca di ascendenza umbro – laziale.
Tra gli edifici sacri più importanti della città
figura la cattedrale dei Sabini, intitolata a
San Liberato, consacrata nel 1498 e assurta
agli onori della cronaca dell’epoca quando
divenne sede della Diocesi Suburbicaria di
Sabina (XV secolo). Si tratta di una chiesa
dalle forme semplici e maestose: alla facciata
scandita da paraste e sormontata da un piccolo timpano si affaccia sulla sinistra la torre
campanaria. Tre portali identici danno accesso alle tre navate che suddividono l’aula
basilicale; sui due portali laterali sono aperti
due oculi che danno luce alle navate laterali.
Il presbiterio, a cui si accede mediante una
comoda scalinata, è concluso da tre absidi
semicircolari, decorate a fresco. Particolare
rilievo per la scelta iconografica ha il dipinto parietale raffigurante San Liberato, con le
sue vesti episcopali, e San Carlo Borromeo,
paladino della Riforma Cattolica, che contemplano la Vergine. I due Santi declinano
i modi diversi con cui si svolge il ministero
episcopale, al servizio ed alla guida della comunità dei cristiani. La cattedrale custodisce inoltre una preziosa croce in argento, di
scuola abruzzese, e due importanti dipinti
su tavola del quattrocento: “Salvatore Benedicente” attribuito alla scuola del pittore Antonio da Viterbo e l’ “Incoronazione
della Vergine” realizzata nel 1521 da Rinaldo Iacobetti da Calvi. Chi visita Magliano Sabina non può non far visita alla ricca
collezione del Museo Civico Archeologico
allestito nel Palazzo Gori che ripercorre la
storia dell’insediamento sabino dalle prime
frequentazioni all’epoca romana.
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Nei pressi di una sorgente d’acqua sulfurea,
sorge il venerato santuario della Madonna di
Uliano. La tradizione vuole che nel 1242 un
nobiluomo di Magliano, tale Uliano, insieme
con la moglie Dorotea facesse voti alla Vergine perché il loro matrimonio desse frutti.
Il legittimo desiderio della coppia fu esaudito, e Uliano volle festeggiare con un ricco
banchetto la nascita dell’erede: ma, nella
concitazione della festa, una cameriera provocò il soffocamento del piccino. Alla scoperta dell’accaduto, Uliano accusò la moglie
dell’accaduto e si avventò contro di lei accecandola e tagliandole di netto le mammelle e
le mani. Per ulteriore sfregio, le legò al collo il
cadavere del neonato e la scacciò di casa. Così
ridotta, umiliata e vilipesa la donna si rivolse in preghiera alla Vergine che la risanò e
restituì la vita al bambino mediante l’acqua
miracolosa della fonte. Quando Uliano venne a conoscenza dell’evento, si pentì amaramente del male commesso, chiese perdono alla
moglie e s’impegnò a costruire nelle vicinanze
della sorgente miracolosa una chiesa in cui
è a tutt’oggi conservata un’antica immagine
della Madonna con il Bambino.
Nel Cinquecento fu istituita una confraternita intitolata alla Madonna di Uliano, che promosse la devozione mariana
curando l’allestimento di processioni solenni dalla cattedrale di Magliano alla
piccola chiesa campestre nella festività
dell’Annunciazione della Vergine. In
seguito, la processione venne traslata al
Lunedì di Pasqua.
di Ileana Tozzi
Magliano Sabina
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In posizione dominante, a guardia dei diverticoli della consolare Flaminia e dei guadi del
Tevere, il Castello di Foglia è documentato fin dal 980, ma il territorio collinare su cui
si erge fu popolato già dai prischi Sabini, secoli prima della fondazione di Roma.
Alcune campagne di scavo hanno interessato nel corso della seconda metà del XX secolo
l’area della necropoli di Foglia.
Da qui provengono numerosi, importanti reperti che costituiscono il ricco patrimonio
del Museo Civico di Magliano Sabina, che ha sede a Palazzo Gori.
Foglia
di Ileana Tozzi
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Il Castello di Foglia
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L’allestimento del museo prevede l’articolazione in sezioni dedicate all’Età del
Bronzo, all’Età del Ferro, alla Cultura Sabina arcaica, all’Età ellenistica.
Dall’alto del poggio su cui sorge il castello
medievale di Foglia si apre uno scenario
di suggestiva bellezza. Il profilo severo del
Soratte fa da quinta al ventaglio di dolci
colline del versante umbro, di terre tufacee
del viterbese, di boschi e roccia viva del
versante sabino.
Intorno all’anno mille, il castello visse la
sua stagione più florida, controllando gli
accessi da nord a Roma.
Per questo suo carattere, di evidente rilevanza strategica, fu scelto come munito
ricovero da Federico Barbarossa e dal papa
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Alessandro IV.
Distrutto nel 1241 nel corso di uno scontro armato fra Roma e i fuoriusciti ghibellini di Viterbo, in un’ottica politica di
impronta nepotista, papa Niccolò III, al
secolo Giovanni Gaetano Orsini, figlio del
potente senatore Matteo Rosso, lo infeudò ai suoi familiari che ebbero qui il fulcro
dei loro domini nel Lazio settentrionale.
Nel corso del Cinquecento, il castello fu
fatto segno ad un radicale intervento di
ricostruzione, che ne mutò l’aspetto in
quello di una ricca residenza signorile di
impronta rinascimentale. La chiesa parrocchiale, intitolata a Santa Maria Assunta, conserva la decorazione parietale risalente ai primi anni del XVII secolo.
Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Il Castello di Foglia
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Montebuono
Ileana Tozzi
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Terra di villae in epoca romana, incastellata in età medievale, fu del pari Montebuono che lega la sua storia nella
monumentale chiesa di San
Pietro ad centum muros sorta
intorno al 1100 su quanto restava di una villa rustica che
la tradizione locale chiama
Terme di Agrippa.
Terra di villae in epoca romana, incastellata
in età medievale, fu del pari Montebuono
che lega la sua storia nella monumentale
chiesa di San Pietro ad centum muros sorta
intorno al 1100 su quanto restava di una
villa rustica che la tradizione locale chiama
Terme di Agrippa.
Un frammento epigrafico, qui rinvenuto,
reca infatti il nome di M. Vipsanio Agrippa
in cui si volle identificare l’antico proprietario della villa dei Licinii.
Quale che sia la gens che nella pars dominica
della propria villa poté godere dell’ospitalità generosa di questa terra mentre i magazzini della pars officinalis erano stipati dai
beni prodotti del lavoro servile, certo è che
l’abitato medievale di Montebuono nacque
da queste remote presenze.
Al tempo dell’incastellamento, il pagus e le
villae si spopolarono, ma la campagna fertile non venne abbandonata: contadini e
pastori si ritirarono nel castrum dal rigoroso impianto ortogonale, delimitato dal circuito delle fortificazioni, prestando la loro
opera al servizio degli abati di Farfa.
Durante la cattività avignonese, il castello
di Montebuono fu assoggettato al comune
di Tarano. Fu poi feudo dei Savelli, passando alle dirette dipendenze dalla Chiesa nel
1580.
Ad onta della sua posizione periferica rispetto all’abitato, la chiesa di San Pietro ad
centum muros fu a lungo la parrocchiale di
Montebuono.
Solo dopo il XV secolo all’interno delle
mura fu eretta la chiesa di Santa Maria Assunta, e la più antica chiesa di San Pietro fu
destinata ad assumere funzione cemeteriale.
Il complesso architettonico, dalla marcata
impronta romanica, è un autentico palinsesto di preesistenti strutture murarie e di
Montebuono
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elementi decorativi a basso ed altorilievo,
provenienti dalle rovine di epoca repubblicana ed imperiale.
Datano al tardo Trecento gli affreschi della
controfacciata, culminanti nell’apparizione
della Madonna dell’Olivo.
Sono numerose le chiese della Sabina in
cui è raffigurato il miracolo della Madonna
dell’Olivo, legato al fenomeno dei Bianchi
Battuti, fiorito fra il 1398 ed il successivo
anno giubilare 1400.
Il vasto, complesso movimento penitenziale
che attraversò l’Europa al tramonto del medioevo nell’Italia centro-appenninica, fra
l’Umbria ed il Lazio, trovò qui accanto alle
motivazioni devozionali legate alla pratica
eucaristica un’ ulteriore ragione nell’esigenza di pacificazione resa ancor più urgente
dalla lotta fra le fazioni. Anche le leggende
di fondazione si trasformarono e si modificarono: accanto al cosiddetto miracolo di
Scozia, incentrato sulla figura del Pellegrino in cui va ravvisato il Cristo giudice, qui
si diffuse infatti la tradizione del miracolo
assisiate della Madonna dell’olivo. Nella
campagna di Assisi, infatti, sarebbe apparsa
ad un contadino tra i rami argentei di un
albero d’olivo una donna bellissima, vestita di bianco e ricoperta d’ostie consacrate,
offrendosi come intermediaria fra Dio e gli
uomini, purché costoro si mostrassero pentiti dei loro peccati e disposti alla conversione dei cuori.
La Compagnia dei Bianchi Battuti percorse
nel suo lento pellegrinaggio le strade della
Valnerina, da Assisi a Vallo di Nera, da Terni a Leonessa a Rieti, per raggiungere poi
Montebuono, nella Sabina Tiberina, avvicinandosi a Roma in tempo per il giubileo
del 1400. Il corteo dei pellegrini, che indossavano i sacconi bianchi attraversati da
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Montebuono
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una croce rossa sul petto, legati alla vita con
lunghe corde mediante le quali si flagellavano a sangue intonando il canto delle Laude,
ingrossava mano a mano le sue fila fino a
raggiungere la meta della città santa.
L’affresco della chiesa di San Pietro ad centum muros che fa memoria del cammino
di fede dei Bianchi Battuti è dipinto sulla
controfacciata asimmetrica, nella parete a
sinistra della porta di accesso.
Sul registro inferiore, all’interno di un riquadro ortogonale profilato d’oro, sullo
sfondo di damasco rubino sono raffigurati
in sequenza Sant’Antonio Abate, la Vergine
in maestà, Santa Caterina d’Alessandria. La
serie dei Santi si replica con una diversa raffigurazione di Sant’Antonio Abate a fianco
della Madonna con il Bambino.
Al di sopra, profilato di bianco e di rosso,
un primo riquadro comprende la scena del
martirio di San Lorenzo, posto dai carnefici sul fuoco vivo, acceso e alimentato al di
sotto di un letticciolo. Accanto a questo, un
riquadro di maggiori dimensioni profilato
di rosso, bianco ed oro, ritrae il miracolo
della Madonna dell’Olivo, che appare ad
un fanciullo inginocchiato. Un contadino
interrompe il lavoro dei campi e tende lo
sguardo verso l’oliveto. Sullo sfondo, è la
città di Assisi con le sue mura e le sue torri
campanarie, protetta dagli angeli, da San
Francesco e Santa Chiara, i Santi del tempo
e del luogo.
A destra della porta, ancora una volta è replicata l’immagine della Madonna in maestà. Il transetto ed il presbiterio conservano
altri importanti affreschi, fra cui si segnala
un ciclo di ispirazione mariana realizzato
nel Quattrocento da un artista locale, Jacopo da Roccantica, su commissione delle
“bone don(n)e de Montebono”.
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Castelli e Rocche nell’italia del medioevo
Montebuono
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