ALLEGATO ALLA RELAZIONE APPROFONDIMENTO TEMATICO RETE ECOLOGICA INDICE PREMESSA............................................................................................................................. 3 GLI OBIETTIVI DELLA RETE ECOLOGICA PROVINCIALE................................... 5 METODOLOGIA................................................................................................................... 7 GLI ELEMENTI DELLA RETE.......................................................................................... 9 VALUTAZIONE DI NATURALITÀ ATTUALE ............................................................. 15 IL QUADRO D’INSIEME DEL TERRITORIO VICENTINO ...................................... 19 GLI ELEMENTI FUNZIONALI DELLA RETE ............................................................. 28 RISULTATI E CRITICITÀ – INDIRIZZI PER LA PROGETTAZIONE E L’ATTUAZIONE DELLA RETE ECOLOGICA A SCALA COMUNALE.................. 40 INDIRIZZI PROGETTUALI PER LE RETI A SCALA COMUNALE ........................ 46 ELEMENTI DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE DEGLI IMPATTI PUNTUALI............................................................................................................................ 48 2 Premessa La frammentazione degli ambienti naturali è considerata una delle principali cause di degrado degli ecosistemi. Infatti essa, assieme alla alterazione e distruzione degli habitat, costituisce un elemento fortemente penalizzante la struttura e la dinamica delle popolazioni di specie animali e vegetali. Allo scopo territoriale, si di contrastare sono affermate tale evoluzione alcune negativa importanti dell’assetto strategie a livello internazionale: si pensi, fra tutte, alla Rete europea Natura 2000, costituente il sistema dei Siti considerati fondamentali ai fini della conservazione di habitat e specie di interesse comunitario. Il processo di pianificazione del sistema ecorelazionale (rete ecologica), si prefigge lo scopo di realizzare la connessione funzionale delle aree naturali in modo tale da garantire agli ecosistemi, ed alle biocenosi, le dimensioni e geometrie adeguate al loro funzinamento. Si supera in tal modo la concezione “insulare” della conservazione ambientale (singole macroaree tutelate immerse in una matrice antropizzata), in favore di un approccio più funzionale in senso ecologico, teso al perseguimento di una “naturalità diffusa” . Si sottolinea il requisito della “funzionalità” degli elementi della rete, essendo in molti casi impossibile, a causa di importanti interruzioni fisiche, la sua continuità strutturale. 3 Da tutto ciò deriva il concetto di Rete ecologica a scala provinciale intesa come un’infrastruttura naturale o paranaturale che persegue il fine di relazionare e di connettere ambiti territoriali dotati di maggiore naturalità1. Da tale teoria ecologica e di conservazione ambientale conseguono le indicazioni del legislatore che tramite la legge regionale n. 11/2004 (all’art. 22, comma i) prevede che la Provincia individui e disciplini i corridoi ecologici al fine di costruire una rete di connessione tra le aree protette, i biotopi e le aree relitte naturali, i fiumi e le risorgive. 1 (Linee guida del Ministero dell’Ambiente sulla rete ecologica, 1999) 4 Gli obiettivi della Rete Ecologica provinciale Il documento preliminare del PTCP ha posto il seguente obiettivo generale per la Rete Ecologica provinciale: “riequilibrio ecologico e difesa della biodiversità mediante la messa in rete delle aree a più elevata naturalità e delle matrici ambientali potenziali attraverso corridoi ecologici, e la previsione di azioni di mitigazione delle aree a maggiore criticità”. Dall’obiettivo generale sono conseguiti i seguenti obiettivi progettuali: il potenziamento di adeguati livelli di biodiversità vegetazionale e faunistica la previsione di specifici interventi di deframmentazione attraverso opere di mitigazione e compensazione ambientale la previsione di realizzare neoecosistemi con finalità di miglioramento dell’inserimento paesaggistico di infrastrutture ed aree insediate l’individuazione di corridoi ecologici fluviali e il miglioramento delle capacità di autodepurazione dei reticoli idrografici la gestione e la conservazione dell’agricoltura in quanto soggetto di salvaguardia dei territori, anche favorendo le colture specializzate ed incentivando forme di agricoltura compatibile o con finalità “a perdere” in favore del mantenimento di particolari specie animali (anche di interesse venatorio) 5 la riqualificazione di aree degradate quali cave, discariche, aree industriali dismesse, con la finalità di valorizzare anche i siti naturalistici esistenti, SIC (Siti d’Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), creando un sistema unitario con la Rete ecologica, recuperando e valorizzando i beni d’interesse storico-architettonico e ambientale, i percorsi ciclo-pedonali esistenti ed in progetto, nell’ambito di una valorizzazione turistica complessiva dell’area. In particolare si è ritenuto che gli obiettivi della Rete ecologica provinciale dovessero essere sviluppati in modo da garantire: funzioni sia ecologiche sia fruitive (greenways utilizzabili per mobilità non motorizzata) e paesistiche grazie all’interruzione delle conurbazioni continue con salvaguardia dell’identità dei singoli nuclei, alla formazione di neoecosistemi paranaturali fruibili dai diversi insediamenti, alla tutela degli ambiti di pertinenza degli edifici di valenza ambientale, ed alla salvaguardia degli ambiti agricoli con valenze storico-colturali tutela e sviluppo del patrimonio agro–forestale con realizzazione delle previsioni di rinaturazione delle cave dismesse, della pianura (corridoi infrastrutturali) e delle aree ad esondazione programmata. Va da subito indicato che la rete progettata a scala provinciale dovrà trovare attuazione e definizione di dettaglio nella pianificazione a scala comunale ed in particolare nei PAT. 6 Metodologia Il metodo di progettazione della Rete ecologica su scala provinciale e la sua conseguente integrazione nel quadro normativo del PTCP si sono articolati come segue. La composizione del quadro conoscitivo preliminare allo studio della Rete ecologica ha costituito un'importante occasione di raccolta e sistematizzazione delle conoscenze e dei dati esistenti relativi alla composizione e configurazione del tessuto agroecosistemico della provincia di Vicenza. All’interno di tale quadro conoscitivo l’individuazione e la valutazione qualitativa della matrice naturale primaria costituisce la fase prioritaria dell’iter progettuale. Tale matrice, infatti, rappresenta l’area di diffusione degli elementi per la biodiversità d’area vasta. La composizione del quadro conoscitivo consiste nella ricostruzione del mosaico paesistico dei principali sistemi ambientali costituenti la Rete ecologica potenziale e presenti nel territorio. A tale scopo si sono valorizzati in particolare: gli habitat sottoposti a tutela negli ambiti dei SIC gli elementi naturali primari censiti dal progetto Corine Landcover 2000 al IV livello di dettaglio, ovvero ecosistemi di particolare interesse naturalistico per la provincia di Vicenza: boschi a prevalenza di querce caducifoglie, boschi misti a prevalenza di latifoglie mesofile e mesotermofile, boschi a prevalenza di specie igrofile, aree a pascolo naturale e praterie, brughiere e cespuglieti; 7 gli elementi naturali e seminaturali secondari censiti dal progetto Corine Landcover 2000 al IV livello di dettaglio, ovvero forme vegetazionali a basso impatto antropico con potenziale ruolo di collegamento strutturale: territori boscati ed ambienti seminaturali, prati stabili, aree prevalentemente occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti; gli ambiti di risorgiva, che, oltre al valore naturalistico puntuale di ciascuna risorgiva, costituiscono un sistema idrogeologico, geomorfologico ed ecologico di particolare interesse per la riqualificazione del territorio rurale; stazioni di ritrovamento di specie animali rare, endemiche e/o prioritarie; i corsi d'acqua principali, quali elementi geomorfologici e naturalistici con potenziale ruolo di corridoi. 8 Gli elementi della rete La struttura della rete è riportata nella allegata cartografia fuori testo (tav. 3). Le dinamiche evolutive dei diversi sistemi ambientali sono determinate dai rapporti ecosistemici interni e dai rapporti spaziali intercorrenti tra gli elementi costituenti ciascun sistema. Tali elementi possono, quindi, ricoprire ruoli differenti nella regolazione del flusso di energia e materia negli ecosistemi, a seconda della loro dimensione, forma e configurazione spaziale, offrendo anche un diverso contributo strutturale e funzionale alla interconnessione dei sistemi ambientali ed al funzionamento della Rete Ecologica potenziale. In particolare, gli elementi sono distinti secondo i possibili ruoli ed in ordine gerarchico: 1. area nucleo: nodo della rete 2. stepping stone: area di sosta e passaggio separata dalla matrice circostante 3. corridor: corridoio ecologico. Elemento lineare che a seconda delle dimensioni e delle funzioni si distingue in principale e secondario; 4. buffer zone: area cuscinetto 5. restoration area: area di rinaturalizzazione. Ambiti che, per valenze naturali e/o seminaturali, possono costituire mosaici ecosistemici con importanti funzionalità ecologica della ruoli rete, di previa incremento degli elementi naturaliformi 9 miglioramento della conservazione ed In seguito si è sviluppata la ricostruzione della distribuzione dei principali elementi costituenti ostacolo e barriera alla continuità strutturale e funzionale della Rete Ecologica potenziale, fra cui in particolare: infrastrutture viarie esistenti e di progetto; urbanizzazione consolidata, ovvero zone A, B, C, D da PRG. L'integrazione di tali informazioni ha permesso di individuare il ruolo che ciascun elemento naturale o seminaturale può svolgere nella Rete Ecologica potenziale. Il contesto fortemente antropizzato della provincia di Vicenza rende di difficile realizzazione in ogni ambito la continuità strutturale della Rete Ecologica. Infatti lo strumento di pianificazione in elaborazione si pone l’obiettivo primario di delineare i principali elementi funzionali della rete, costituenti delle “invarianti” nel sistema ambientale d’area vasta. Pertanto, si ottiene di identificare un sistema strutturale integrato di aree di "eccellenza naturalistico-ecologica" su cui già vengono praticate o si prevedono politiche di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali. A tale proposito dove non siano individuabili ecosistemi atti a garantire la continuità ecologica della Rete, svolgono un ruolo fondamentale le forme di tutela previste nel territorio di seguito elencate: SIC e ZPS Zone sottoposte a vincolo ex D.Lgs. 42/2004 Risorgive Corsi d’acqua vincolati (ex L. 431/1985 ora D.Lgs. 42/2004) Aree per l'istituzione di parchi e riserve regionali naturali ed archeologici e di tutela paesaggistica 10 Aree di tutela paesaggistica di interesse regionale e di interesse regionale e competenza provinciale Aree di tutela paesaggistica competenza degli enti locali Di seguito si riporta l’elenco degli elementi della rete ecologica provinciale: Tabella 1 – Elementi della rete ecologica della Provincia di Vicenza. ELEMENTI DELLA RETE FUNZIONE CODIFICA Nodo SIC/ZPS EX CAVE DI CASALE - VICENZA IT3220005 TORRENTE VALDIEZZA Nodo SIC IT3220038 BOSCO DI DUEVILLE E RISORGIVE LIMITROFE Nodo SIC IT3220040 FIUME BRENTA DAL CONFINE TRENTINO A CISMON Nodo DEL GRAPPA SIC IT3220007 Nodo ALTOPIANO DEI SETTE COMUNI IT3220036 Nodo MASSICCIO DEL GRAPPA SIC/ZPS IT3230022 Nodo GRAVE E ZONE UMIDE DELLA BRENTA SIC/ZPS IT3260018 GRANEZZA MONTI LESSINI SIC/ZPS Nodo - PASUBIO - PICCOLE DOLOMITI Nodo VICENTINE – comprende anche del Parco Naturale SIC IT3220002 SIC/ZPS IT3210040 Regionale della Lessinia istituito con LR 30 gennaio 1990, n. 12 + Lessinia COLLI BERICI Nodo SIC IT3220037 Nodo SIC/ZPS BOSCO DI DUE VILLE IT3220013 BIOTOPO “LE POSCOLE” Nodo SIC IT3220039 BUSO DELLA RANA Nodo SIC IT3220008 AREE UMIDE DI S. MICHELE E S. GIORGIO A Stepping stone BASSANO VI013 CAVA MOLINI Stepping stone 11 VI011 ELEMENTI DELLA RETE FUNZIONE CODIFICA FOSSI DI VALLUGANA Stepping stone VI008 EX CAVE DI VEGRE E DI POMAROLI Stepping stone VI044 RISORGIVA TERGOLA C/O POIANELLA Stepping stone VI015 SORGENTI DELL'USELINO Stepping stone VI009 PALU' E INVASO DELLA VAL LIONA Stepping stone VI035 INVASO DI S. UBALDO Stepping stone VI024 INVASO DI MOSSANO Stepping stone VI049 LAGHETTO E FOSSI DELLA PIANA DI BRENDOLA Stepping stone VI025 BOJONE RISAROLA Stepping stone VI021 FOSSI DI TEZZE AD ARZIGNANO Stepping stone VI004 ROTTE DEL GUA' Stepping stone VI007 SPURGHE DI S. URBANO Stepping stone VI002 LAGHETTI DI GIULIETTA E ROMEO Stepping stone VI003 MONTE NERO Stepping stone VI045 RISORGIVE DEL RETRONE Stepping stone VI001 LANCA DEL RETRONE Stepping stone VI032 EX CAVE DEI RONCHI Stepping stone VI031 BOJA DI MOTTA Stepping stone VI047 BOJA DI RETTORGOLE Stepping stone VI019 RISORGIVE DI ROZZA MUZZANA Stepping stone VI039 BOJA DI CRESOLA Stepping stone VI018 BOSCHETTO DEI DUE PONTI Stepping stone VI027 TORRENTE ASTICO A PASSO DI RIVA Stepping stone VI026 BOJERONI DI LUPIA Stepping stone VI020 SORGENTI DEL TESINA Stepping stone VI014 ZONA CULMINALE DELL'ALTOPIANO DI TONEZZA Stepping stone SITO BIOITALY MAROGNA DI CASOTTO Stepping stone SITO BIOITALY MONTE CIMONE Stepping stone SITO BIOITALY MONTE CAINA Stepping stone SITO BIOITALY MONTE CIVILLINA Stepping stone SITO BIOITALY ALTOPIANO FAEDO-CASARON, MONTE VERLALDO Stepping stone SITO BIOITALY 12 ELEMENTI DELLA RETE FUNZIONE CODIFICA COLLINE DELLE BREGONZE Stepping stone SITO BIOITALY COLLINE E VALLI DI ALBETTONE Stepping stone SITO BIOITALY MORENE E GOLA DELL'ASTICO Stepping stone SITO BIOITALY VERSANTE MERIDIONALE DELL'ALTOPIANO DEI Stepping stone SETTE COMUNI SITO BIOITALY Stepping stone SORGENTE BOJA SITO BIOITALY COLLI DI MONTECCHIO MAGGIORE + SPURGHE S. Stepping stone SITO BIOITALY + URBANO + MONTE NERO VI002 + VI045 BOSCO DELLA FONTANA Stepping stone SITO BIOITALY PRATI ARIDI DEL SUMMANO Stepping stone VI037 VALLE DEI CALVI Stepping stone VI040 Destra Brenta Restoration area Ambiti di risorgiva Restoration area Ambito Berici Restoration area Ambito est. Altopiano Buffer zone Buffer zone Ambito Pasubio Buffer zone Ambito alto Brenta Buffer zone Ambito alto Brenta 2 Buffer zone Ambito Grappa Destra Brenta Corridoio ecologico Granezza Buffer zone Asiago sud Restoration area Arzignano nord Restoration area Villaga Restoration area Può essere riconosciuto inoltre un ruolo importante, sia di tipo ecologico, sia di tipo fruitivo, anche ai parchi di pertinenza delle Ville venete, notevoli emergenze storico-architettoniche del territorio vicentino. 13 La Rete Ecologica assume anche un significato di riqualificazione e promozione sostenibile del territorio attraverso la realizzazione di un sistema di greenways, ovvero di percorsi a "mobilità lenta" (pedonale, ciclabile, ecc.) e di aree seminaturali a funzione turistico-ricreativa e/o didattica. 14 Valutazione di naturalità attuale La naturalità della vegetazione è direttamente correlabile all’antropizzazione di un territorio. Infatti, la naturalità, intesa come caratteristica di ambiti ad evoluzione indipendente dalle interferenze umane, è descritta al meglio dalla fisionomia della vegetazione. Data l’assenza di unità ambientali completamente esenti dall’influenza dell’uomo, il concetto di naturalità esprime piuttosto la presenza di bassi livelli di pressione antropica. Ove gli effetti di tale pressione sono significativi, si hanno: scostamenti dalla composizione specifica originaria; introduzione di specie non indigene; scomparsa di elementi floristici spontanei. Al fine di valutare la naturalità alle unità vegetazionali caratterizzanti il territorio provinciale, si è applicato (vedi tavola CARTA DELL’INDICE DI ANTROPIZZAZIONE DEL SISTEMA AMBIENTALE) un Indice di Antropizzazione, desunto da: Lausi, D, Pignatti S, Poldini L., 1978. Carta della vegetazione dell’Alto Friuli. Zona colpita dai terremoti del maggio-settembre 1976. CNR,AQ/1/3. Roma. Esso è stato adattato alla fisionomia ecosistemica locale. Per la attribuzione dei valori dell’indice ci si è basati sui tematismi della cartografia CORINE3 livello 4. 3 Dal 1985 al 1990 la Commissione Europea ha realizzato il Programma CORINE (Coordination of Information on the Environment) Il Programma CORINE, oltre raccogliere i dati geografici di base in forma armonizzata (coste, limiti amministrativi nazionali, industrie, reti di trasporto ecc.), prevede l’analisi dei più importanti parametri ambientali quali: 15 Ne sono conseguiti i seguenti raggruppamenti di tipologie vegetazionali corrispondenti al altrettanti gradi di antropizzazione crescente: GRADO 0: impatto umano estremamente ridotto, vegetazione prossimo naturale. aree a pascolo naturale e praterie sui Berici; brughiere e cespuglieti; zone aperte con vegetazione rada o assente GRADO 1: vegetazione soggetta attualmente a debole influenza antropica. zone boscate a latifoglie; zone boscate a conifere; boschi misti di conifere e latifoglie; aree a vegetazione boschiva ed arbustiva in evoluzione GRADO 2: vegetazione soggetta a sfruttamento semi-intensivo, . Le specie introdotte mantengono un ruolo dominante, ma permangono facies prossimo-naturali: prati stabili; frutteti; zone agricole eterogenee GRADO 3: vegetazione soggetta a sfruttamento intenso, con aspetti colturali che non hanno alcun legame con i tipi di vegetazione naturale, senza però che il substrato sia modificato fondamentalmente nel suo ricambio idrico L’assetto ecologico è condizionato principalmente dal macroclima e dalle condizioni pedologiche: vigneti GRADO 4: vegetazione di origine prevalentemente artificiale. L’assetto ecologico e la produttività sono condizionati dalle pratiche colturali (irrigazione, concimazioni, trattamenti fitosanitari) seminativi; boschi a prevalenza di conifere non native; boschi misti a prevalenza di conifere non native • la copertura e uso del suolo (CORINE Land cover 1990), • emissioni in atmosfera (Corineair), • la definizione e l’estensione degli ambienti naturali (CORINE Biotopes), • la mappatura del rischi d’erosione dei suoli (CORINE Erosion). 16 GRADO 5: impatto umano diffuso, con prevalenza di suoli impermeabilizzati e nuclei di vegetazione residuali: aree insediative ed infrastrutturali; aree estrattive La distribuzione percentuale delle tipologie vegetazionali con diverso gradi di antropizzazione è la seguente. Tabella 2 – Estensione e percentuali di copertura delle diverse formazioni vegetazionali provinciali. FORMAZIONI VEGETAZIONALI VEGETAZIONALI - GRADO DI ESTENSIONE HA ANTROPIZZAZIONE Superfici artificiali 5 % COPERTURA 26.173,446 3,21 4.407,958 0,54 34.7781,562 42,64 Vigneti 3 9.561,221 1,17 Frutteti 2 140,608 0,02 Prati stabili 2 19.388,454 2,38 Zone agricole eterogenee 2 83.058,348 10,18 29.7818,625 36,51 12.503,382 1,53 4.612,846 0,57 3.770,748 0,46 105,305 0,01 6.204,635 0,76 Boschi a prevalenza di latifoglie non nat. 4 Seminativi 4 Zone boscate 1 Aree a pascolo naturale e praterie 1 Aree a vegetazione in evoluzione 1 Zone aperte con vegetazione rada o ass. 0 Prati aridi*0 Brughiere e cespuglieti 0 Corpi idrici 169,912 Superficie totale 81.5697,050 17 Dalla tabella si evince che la maggior parte del territorio provinciale (52.42 %) è investito da formazioni naturali e/o coltivate ascrivibili ai primi tre livelli di naturalità. Nel complesso, quindi, la situazione ambientale è di qualità medio alta. Ciò è evidentemente determinato dalla notevole estensione delle aree boscate pedemontane, grande ricchezza, non solo ecologica, del Vicentino. Occorre invece porre attenzione all’esiguità delle copertura inerente i termini più naturali, vale a dire: Tabella 3 – Copertura dei termini a maggior naturalità Tali Aree a pascolo naturale e praterie 1,53 Aree a vegetazione in evoluzione 0,57 Zone aperte con veg. rada o assente 0,46 Prati aridi 0,01 Brughiere e cespuglieti 0,76 formazioni infatti rappresentano ad un tempo elementi estremamente importanti dal punto di vista naturalistico per composizione e struttura biocenotica, ed ambiti fragili in quanto per lo più ridotti spazialmente ed inseriti in una matrice ad elevata antropizzazione. Nel contesto in esame, le unità ambientali a maggiore naturalità sono ubicate nel sistema montano e collinare, in particolare negli ambiti in cui la presenza dell’uomo è ridotta o comunque si esercita in armonia con le condizioni ambientali locali. Si fa riferimento alle aree boscate, soprattutto a latifoglie, ed alle praterie, soprattutto aride. 18 Il quadro d’insieme del territorio vicentino La cartografia d’uso del suolo elaborata ai fini della valutazione di naturalità del territorio provinciale distingue dunque ambiti anche molto diversi dal punto di vista vegetazionale ed ecosistemico. Estese superfici naturali e seminaturali sono ancora presenti nella zona alpina, sia pur inframmezzate a colture agricole e ad insediamenti sparsi. Nelle zone collinari tali formazioni diventano ancor più frammentarie con una evidente tendenza alla riduzione. Gli insediamenti civili e industriali si sono infatti notevolmente estesi negli ultimi vent’anni, dando luogo a grossi poli urbani distribuiti lungo gli assi viari principali (es. Vicenza-Verona, Vicenza-Schio) o gravitanti intorno a centri trainanti come, ad esempio, è avvenuto per le vallate dell'Agno e del Chiampo e per la zona di Thiene e Schio, dove si assiste ad uno sviluppo insediativo ed infrastrutturale senza soluzione di continuità. Ciò determina una generale frammentazione della matrice naturale primaria. In tale matrice occorre individuare e caratterizzare gli elementi principali al fine della coerenza della rete ecologica di progetto. Dal punto di vista naturalistico, il territorio della provincia può essere principalmente distinto in tre settori, individuati sostanzialmente in relazione alle caratteristiche fisiche e vegetazionali: A) Il settore prealpino è quello che mostra la maggiore estensione e la più elevata diversità biologica. Dal punto di vista faunistico il carattere peculiare è la stretta commistione di caratteri propri della catena alpina principale e di altri, propri del margine meridionale della stessa. 19 B) Il settore diversamente collinare caratterizzata mostra in un’evoluzione conseguenza analoga, sebbene dell’abbandono delle caratteristiche attività colturali. Ad un ambiente agricolo, caratterizzato storicamente da un mosaico colturale, cui corrispondeva una notevole variabilità ambientale, oggi si sono ormai completamente sovrapposte giovani formazioni boschive che, mostrando una grande omogeneità specifica, hanno drasticamente impoverito la diversità biologica di questi territori. Notevole importanza hanno in questo ambito le praterie, in particolare quelle aride, che costituiscono fra l’altro habitat di interesse comunitario ai sensi della Direttiva comunitaria “Habitat”. Questi xerobrometi sono aree a volte cespugliate in modo rado, a volte terrazzate, costituitesi per l’abbandono delle coltivazioni preesistenti o naturalmente presenti per la scarsa quantità di suolo, con substrato roccioso affiorante o prossimo all’affioramento. Le specie erbacee più rappresentative di tali ambienti sono: Bromus erectus, Artemisia alba e Euphorbia nicaeensis. Il notevole valore naturalistico è conferito a queste formazioni anche dalla presenza di varie specie di orchidee. C) L’ambito planiziale è quello che soffre maggiormente della diffusa antropizzazione. Vi sono infatti pressoché scomparsi gli elementi naturali originari: boschi, zone umide, praterie. Anche le colture sono state profondamente modificate, sia nella tipologia, sia nelle modalità di conduzione. In luogo dei seminativi presenti un tempo (grano e cereali minori), si è andato diffondendo notevolmente il mais. In notevole espansione, anche in aree di pianura, il vigneto. 20 Il mutamento degli agroecosistemi si è accompagnato ad una intensificazione della meccanizzazione delle operazioni colturali, ed a un progressivo incremento dell’uso di fitofarmaci e fertilizzanti. Tutto ciò ha determinato - e determina - il venir meno delle condizioni di qualità ambientale che, oltre a consentire la sopravvivenza dei relitti elementi di naturalità, sono alla base anche di un’agricoltura ecocompatibile. In tale sistema ambientale permangono elementi puntuali e/o diffusi, ma di limitata estensione, tuttavia di grande significato naturalistico: si tratta delle risorgive e della rete di corsi d’acqua principali e minori. Grazie ad un’indagine commissionata dalla Provincia di Vicenza sull’intero sistema delle risorgive della provincia4 è emerso che, potenzialmente di grande interesse naturalistico, in quanto serbatoi di biodiversità in contesti territoriali caratterizzati da intensa antropizzazione, i fontanili tuttavia hanno subito – a partire da tempi relativamente recenti – vari fenomeni di degrado. Si tratta di azioni dirette (escavazioni, scarichi, canalizzazioni, interramenti), ed indirette, connesse perlopiù con la destinazione d’uso dei suoli di pertinenza delle risorgenze, caratterizzata - nella maggior parte dei casi - da agricoltura di tipo intensivo ed industrializzato. Ciò comportato una drastica riduzione delle componenti floristiche e faunistiche originarie e l’avvento di specie non indigene, una generale banalizzazione dei biotopi, con notevole decremento del loro valore naturalistico. Al contrario i fontanili in buone condizioni di naturalità ospitano biocenosi assai varie, corrispondenti alle varie seriazioni vegetazionali delle 4 Modena P, Zangheri P., 2005. Tutela e valorizzazione delle risorgive della Provincia di Vicenza. AATO Bacchiglione, Provincia di Vicenza (inedito) 21 sponde, veri e propri ecotoni fra l’ambiente idrico e quello degli ecosistemi circostanti la risorgiva. Tali condizioni sono favorite soprattutto dalla geomorfologia del fontanile, che non dovrebbe superare pendenze del 20%, e dalle modalità di gestione, volte a favorire la conservazione della componente arboreoarbustiva, con benefici effetti anche sull’ombreggiamento e, quindi, sul contenimento della produzione primaria. Le rive e le zone periferiche del fontanile risentono molto della morfologia conferita loro dallo scavo. Infatti in condizioni ottimali di pendenze non troppo elevate, è possibile osservare la presenza di fasce di vegetazione arboreo-arbustiva via via più igrofila man mano che ci si approssima all’acqua. La fisionomia vegetazionale risente molto dello stadio evolutivo della risorgiva; tale processo corrisponde ai fenomeni di senescenza che intervengono a causa dell’accumulo di sostanza organica di origine vegetale. Lo stadio terminale di tale processo vede in luogo della polla sorgentizia un esiguo rivolo d’acqua, alla superficie del materiale di fondo in lenta decomposizione. Dallo studio citato è emerso che il 13% delle risorgive risultano essere scomparse o interrate negli ultimi 30-40 anni. Si tratta di un dato ovviamente preoccupante data la consistenza numerica, ma che acquista ancora maggiore gravità se si osserva, come il fenomeno si concentri in alcune zone (vedi fig. 3 ). 22 Figura 1 – Distribuzione delle risorgive nei comuni del Vicentino. Si nota, in particolare, un numero consistente di risorgive estinte in destra Astico (ai confini tra il comune di Sandrigo e quello di Dueville) nei pressi del corso dell’Astico. Tale distribuzione farebbe pensare ad una causa idrogeologica (modifiche dei rapporti falda fiume, diminuzione della riserva regolatrice dell’acquifero nell’area di ricarica…), più che ad un degrado legato ad impatti di tipo puntuale. Analoga situazione si riscontra nelle risorgive poste ai due lati del Torrente Orolo nella parte più occidentale dell'area indagata. Ciò potrebbe essere un segnale di un'accelerazione nei processi di degrado di questi ambienti di elevato pregio naturalistico, nonché del sistema idrogeologico in cui si inseriscono. 23 In conclusione si evidenzia la presenza di fenomeni di progressivo degrado che, pur non raggiungendo il livello di gravità di altri settori della Pianura Padana5, si ritiene vadano attentamente valutati. Dal punto di vista qualitativo, la valutazione della funzionalità ecologica della risorgiva mediante l’applicazione dell’Indice di Funzionalità della Risorgiva (IFR)6, restituisce una quadro di medio-alta criticità (vedi fig. 4 e 5), che è opportuno considerare con attenzione, sia in rapporto alla gestione della risorsa idrica, sia in funzione della necessaria salvaguardia di siti, quali quelli di risorgiva, di elevato valore naturalistico. 5 (cfr., ad es., la pianura del Brenta; AURIGHI, VITTADELLO E ZANGHERI, 1999, 2001). BENFATTI D., MODENA P., TAROCCO S., ZANGHERI P. (2002) – Tutela e valorizzazione delle risorgive – Una scheda per il censimento e la valutazione. “Ambiente Risorse Salute”, pp. 16-20, n.85. Padova. 24 6 Figura 2– Distribuzione dei valori qualitativi delle risorgive del Vicentino. (da Modena e Zangheri,2005) Il quadro descrittivo e valutativo tracciato grazie allo studio citato, si presta alla caratterizzazione di un ambito ben più ampio di quello di stretta pertinenza delle risorgenze. Esse, infatti sono le evidenze superficiali di un sistema idrico sotterraneo di vaste proporzioni, di cui testimoniano la qualità e la quantità. Data, inoltre, la particolare sensibilità di questi biotopi nei confronti di azioni anche molto lontane, il loro stato qualitativo può essere utile ai fini della valutazione complessiva dei territori corrispondenti al sistema idrico che alimenta le risorgive. Figura 3 – Classificazione qualitativa delle risorgive del Vicentino (da Modena e Zangheri, 2005). Di conseguenza, il fatto che molte di esse - oltre il 60% - si trovi in una situazione qualitiva scarsa, induce preoccupazione sullo stato ecologico del sistema ambientale della pianura vicentina. L'ambito della media pianura comprende parte dei territori comunali di Castelgomberto, Gambugliano, Costabissara, Monteviale, Creazzo, Sovizzo e 25 Montecchio Maggiore. Si tratta di un complesso di zone che, per quanto riguarda l'aspetto morfologico, presenta un andamento ondulato e che, in riferimento alla utilizzazione agricola, è caratterizzato da una notevole diversificazione colturale di tipo non intensivo. In quest'ambito paesaggistico si può rilevare una costante presenza di aree a prato la cui continuità è interrotta da piccoli appezzamenti a seminativo oppure da vigneti, spesso a sostegno vivo, da frutteti, ma anche da zone boscate, sia isolate (macchie), sia costituenti gli ultimi lembi di quel manto vegetazionale che si estende fino alla sommità delle Colline. In alcuni casi, alla varietà colturale si aggiungono altri elementi che contribuiscono a diversificare e a valorizzare questa porzione di paesaggio agrario; ci si riferisce, ad esempio, ai terrazzamenti, con muretti a secco, che ancora limitano i ripiani coltivabili realizzati su alcuni pendii, come in località Valdimolino in comune di Montecchio Maggiore. L'intervento dell'uomo, leggibile nelle coltivazioni e sistemazioni agrarie, nella rete viaria (strade bianche, carrarecce, viabilità di modesta estensione), nell'edificazione, limitata a piccoli nuclei e a qualche casa sparsa, non sembra aver prodotto situazioni di compromissione per quanto riguarda la vocazione paesaggistica delle zone comprese all'interno del comprensorio considerato. Tra le colline si insinuano piccole valli, fra cui la Valle dell'Onte e la Valdiezza, che mantengono tuttora un elevato grado di integrità ambientale. Trattasi infatti di aree rurali, con bassa densità dell'edificato, buona presenza di prati, siepi, alberate e corsi d'acqua. 26 L'ambito vallivo è rappresentato dalle due valli principali, la Valle del Chiampo e la Valle dell'Agno, e la fascia pedecollinare posta lungo il confine meridionale del comprensorio. Questi ambiti sono caratterizzati da una consistente pressione antropica, tipica delle aree urbane e periurbane nelle quali il paesaggio agrario risulta compromesso e ridotto a limitati frammenti di territorio non ancora assorbiti dalla destinazione industriale o residenziale. Notevole è la diffusione di insediamenti industriali che esercitano un impatto di grande rilievo sull'ambiente, in particolare sulla qualità delle acque. Le porzioni di campagna residue mantengono comunque una buon livello di diversificazione ambientale; i terreni sono investiti prevalentemente a prato e a seminativi. Discreta risulta la diffusione di siepi e di alberature campestri. 27 Gli elementi funzionali della rete Si descrivono di seguito i principali nodi su cui poggia la Rete ecologica provinciale. ALTOPIANO DEI SETTE COMUNI. COMUNI L’ambito si estende per circa 60.000 ettari. L'omogeneità geologica e geomorfologica di quest'area è resa evidente dalla sua struttura ad altopiano, caratterizzato da versanti che scendono a nord sulla Valsugana e sulla Val di Sella, ad est sulla profonda incisione del Canale del Brenta e ad ovest sulla Val d'Astico; a sud invece i pendii degradano verso la pianura. Tutta l'area presenta numerose incisioni vallive che si susseguono con andamento vario e frequente cambio di direzione; alcune sono particolarmente profonde e simili a canyons come, ad esempio, la Val d'Assa, che confluisce nella Val d'Astico, la Val Frenzela e la Val Gadena che scendono nel Canale del Brenta. Mancano quasi completamente corsi d'acqua superficiali, se non a carattere del tutto temporaneo, a causa della natura carsica e perciò permeabile del substrato geologico. Gran parte delle formazioni boschive presenti appartengono all'orizzonte submontano. In esse prevalgono, in misura variabile, Roverella (Quercus pubescens), Carpino nero, Acero campestre (Acer campestre) e Orniello (Fraxinus ornus), mentre, localmente e in misura subordinata, si possono riscontrare: Salici (S. cinerea, S. elaeagnos, S. glabra, S. appendiculata), soprattutto in prossimità dei corsi d'acqua di fondovalle, 28 Sorbo montano (Sorbus aria), Betulla bianca (Betula alba), Acero di monte e Tiglio selvatico (Tilia cordata). I castagneti sono ormai limitati ad alcune aree residue (Lusiana, Monte Cavalletto, Campesana), sia per motivi colturali (abbandono) sia per la virulenza di alcune micosi. Una vegetazione con caratteri tendenzialmente più mesofili è riscontrabile sui versanti che scendono verso la Valbrenta e la Val d'Astico. Tali pendici sono caratterizzate da un'elevata acclività, dalla presenza di rupi boscate e, di conseguenza, da una minore utilizzazione antropica. I versanti meridionali si presentano invece più aridi, e le formazioni boscate risultano estremamente degradate sia nella struttura che nella composizione. Salendo di quota, le formazioni delle latifoglie eliofile si compenetrano gradualmente con la faggeta submontana associata in misura variabile all'Abete rosso, artificialmente introdotto. L'orizzonte montano inferiore ospita la faggeta montana tipica, più o meno modificata nella composizione a favore dell'Abete rosso, mentre l'orizzonte montano superiore vede la presenza di piceo-faggeti, di peccete e anche del lariceto tipico. Gran parte dei boschi sono governati a ceduo quasi puro, in cui le Conifere si rinnovano spontaneamente soprattutto nei versanti solatii. La partecipazione dell'Abete bianco è talora più consistente quando si riscontrano disponibilità idriche e/o umidità atmosferica più elevate; in tali circostanze le formazioni forestali risultano ben strutturate, disetaneiformi, con la partecipazione di numerose specie secondarie arboree ed arbustive quali il Frassino maggiore, l'Acero di monte, il Maggiociondolo alpino (Laburnum alpinum) e il Sorbo montano. Esempi di questi popolamenti, sopravvissuti alle vicende belliche 29 e ad una gestione selvicolturale meramente produttivistica, sono riscontrabili nelle zone del LinticheRaitertal, Gruppach, Dubiello e Basa Senocio. La faggeta rappresenta la formazione climax che avrebbe dovuto occupare una superficie ben più vasta rispetto all'attuale se non fosse stata pesantemente ridimensionata dagli estesi coniferamenti, attuati fin dai primi del Novecento, sia a scopo produttivo sia al fine di ripristinare la copertura forestale dopo le distruzioni belliche (boschi di Cesuna, Kaberlaba, Echar, Valbella, Mosciagh, ecc.). Il Larice forma, mediamente tra i 1.650 e i 1.850 m, boschi puri o misti con l’Abete rosso. Le formazioni arbustive dell'orizzonte subalpino sono costituite in prevalenza da Pino mugo, Salici nani (S. retusa, S. reticulata), Rododendri, Ontano verde (Alnus viridis), Sorbo alpino (Sorbus chamaemespilus). Le tipologie vegetazionali erbacee (prati, prati-pascoli e pascoli) reperibili in Altopiano sono per la massima parte di origine antropica, ottenute a scapito della copertura forestale originaria. Ai margini meridionali dell’ambito si possono rinvenire formazioni pascolive più xerofile, mentre nella conca centrale si riscontrano pratipascoli più pingui e produttivi, rappresentati dagli arrenatereti e dai triseteti. Nell'orizzonte alpino le superfici a pascolo sono costituite prevalentemente dall'associazione Sesleria varia - Carex sempervirens, e colonizzate in misura variabile da diverse specie di arbusti contorti, in quanto l'importanza dell'attività zootecnica è andata via via diminuendo. Salendo ancora, le sempre più diffìcili condizioni climatiche e soprattutto pedologiche determinano l'affermazione del firmeto, che caratterizza l'orizzonte alto-alpino o delle zolle pioniere. 30 L'Altopiano presenta senza dubbio la fauna qualitativamente più ricca delle Prealpi Vicentine, e ciò essenzialmente per tre ordini di motivi. In primo luogo l'orografia, determinando un'ampia escursione altimetrica, consente il dispiegarsi di una seriazione altitudinale della vegetazione che non ha paragoni né con le Prealpi Vicentine Occidentali né, tanto meno, con il Grappa. Si passa dalle fitocenosi termofile e xerofile del Castanetum caldo alle zolle pioniere del firmeto nell'orizzonte alto-alpino; tale amplitudine è giustificata anche dall'"effetto di massa", per il quale sulle Prealpi, rispetto alle Alpi propriamente dette, si ha una notevole depressione dei limiti altitudinali delle diverse fasce di vegetazione. Quindi il clima, ancora prealpino con influenze suboceaniche nei settori meridionale e centrale, assume tratti di chiara continentalità nella zona settentrionale (a oriente tuttavia della Val d'Assa), conferendo al paesaggio vegetale di quest'area un'impronta marcatamente boreale che non si riscontra sul Grappa ed è appena percettibile sulle Prealpi Vicentine Occidentali. Infine la gestione complessivamente accurata del patrimonio agroforestale non trova confronti, da lungo tempo, negli altri due comprensori prealpini; ciò è tanto più rimarchevole se si tiene conto che nella prima guerra mondiale sull'Altopiano andò distrutto o gravemente danneggiato circa il 70% del soprassuolo arboreo. Forti fattori limitanti, non tanto per gli aspetti qualitativi, bensì per la consistenza numerica di svariate biocenosi naturali, sono costituiti dalla notevole urbanizzazione del margine sud-orientale e di tutto il settore centrale, da una consistente e diffusa presenza di ambiti attrezzati per la pratica dello sci alpino, da una diffusa rete stradale, inquadrabile nelle più 31 diverse categorie, che si snoda quasi in ogni angolo dell'Altopiano. Se le prime due forme di antropizzazione del territorio appaiono irreversibili, moltissimo si può fare per regolamentare l'accesso alla viabilità minore, e così ridurre drasticamente il disturbo soprattutto nelle aree di estremo interesse naturalistico. MASSICCIO DEL GRAPPA esteso per circa 9.000 ettari il rilievo risulta relativamente isolato dal contesto dal punto di vista naturalistico Tale isolamento è marcato in modo netto dalla profonda frattura del Canale del Brenta, chiara linea di separazione dall'Altopiano dei Sette Comuni. La difficoltà di scambi biologici tra il Massiccio e l'Altopiano è accentuata dalla presenza della strada statale n. 47 della Valsugana. II Massiccio del Grappa si configura come una barriera orografica frapposta tra la pianura e la catena alpina, contro cui si scontrano le masse d'aria umida provenienti dall'Adriatico, dando origine a precipitazioni piuttosto intense e frequenti. Anche il Grappa, della medesima natura geologica dell’Altopiano, manca di una rete idrografica superficiale, ad eccezione di pozze d'alpeggio e di modesti stillicidi presenti nei tratti più freschi di alcuni valloni. L'enorme quantità di acque meteoriche e di fusione, dirottata in profondità, finisce per riemergere ai piedi del Massiccio. Per quanto concerne la flora, è possibile stimare, con buona approssimazione, la presenza di 1.300-1.350 specie di piante vascolari, che corrispondono a poco meno di un quarto di tutte le entità censite complessivamente in Italia. Molte sono inoltre le specie rare ed endemiche presenti sul Massiccio. 32 La notevole varietà di ambienti rende difficoltosa una netta distinzione della vegetazione in zone altitudinali ben definite. La fascia pedemontana meridionale, più calda e riparata (Pove del Grappa, Romano Alto), presenta una vegetazione relitta dell'orizzonte submediterraneo in cui trovano ancora rifugio elementi termofili quali il Leccio (Quercus ilex). L'Olivo (Olea europaea) rappresenta una delle colture più diffuse, diventando un elemento paesaggisticamente caratterizzante. I rimboschimenti di Pino nero, effettuati soprattutto durante gli anni Venti e Trenta, costituiscono una discontinuità con la vegetazione originaria e risultano particolarmente sottoposti ad attacchi parassitari e ad incendi. Il bosco caducifoglio termofilo dell'orizzonte submontano risulta rappresentato dall'orno-ostrieto; tale tipologia è composta prevalentemente da cedui di Carpino nero, Roverella e Orniello, nei quali, spesso, sono stati introdotti il Pino silvestre e il Pino nero (Carpanè, San Nazario, Solagna). Il Castagno, diffuso per scopi produttivi, si trova in prossimità dei prati falciati e delle contrade. L'orizzonte montano inferiore è caratterizzato da popolamenti di Faggio, che si differenziano al variare dei fattori geomorfologici, microclimatici e pedologici. La forma di governo più largamente diffusa risulta il ceduo a sterzo. Ampie superfici a prato stabile sono state da tempo ottenute grazie al taglio dell'originaria faggeta. Le Conifere, Abete rosso, prevalente, e Larice in percentuale più ridotta, sono state ampiamente favorite da rimboschimenti effettuati sia a scopo produttivo sia, più in generale, per la ricostituzione del patrimonio forestale dopo la prima guerra mondiale. 33 Le distese a pascolo rappresentano la tipologia vegetazionale più caratteristica delle zone sommitali, sicuramente favorita dagli estesi disboscamenti operati nei secoli passati. Tra le associazioni erbacee più diffuse, il nardeto appare nelle zone pianeggianti e nelle conche, sottoposte ad un eccessivo pascolamento, in cui l'evoluzione pedologica tende ad una acidificazione del terreno; le formazioni nitrofile invece si riscontrano dove vi è una forte concentrazione di sali ammoniacali (casere, pozze d'alpeggio). Il progressivo abbandono dei pascoli è segnalato dalla rapida colonizzazione di arbusti, presenti altresì nei canaloni meno accessibili al bestiame; si tratta soprattutto di Rododendri, Ginepro comune, Pino mugo, Salici e, negli ambienti più freschi, Ontano verde. Pur risultando di estensione ridotta, gli orizzonti vegetazionali montano superiore e subalpino, a causa della modesta altitudine del Grappa e anche per un clima prealpino con influenze suboceaniche, essi rappresentano isole biotiche molto importanti e meritevoli di particolare attenzione. LESSINI ORIENTALI E PASUBIO PASUBIO: BIO l’ambito, che corrisponde al SIC-ZPS IT Monti Lessini, Pasubio, Piccole Dolomiti vicentine, prati aridi del Sommano è delimitato ad ovest dal confine provinciale. Dal punto di vista climatico il comprensorio è caratterizzato da un clima di tipo prealpino, con una precipitazione media annua che si aggira sui 1300-1500 mm. Relativamente ben definibile appare l'inquadramento geologico- stratigrafico (basamento di dolomia principale, serie carbonatica) della parte del comprensorio costituita dagli Altipiani di Tonezza e dei Fiorentini, dal 34 nodo di Monte Maggio, dal Pasubio, dal Novegno e dal Summano. Ben più complessa ed articolata risulta la successione stratigrafica della cosiddetta "Area di Recoaro", comprendente oltre alla zona omonima la Val Leogra, il Monte Alba, la Val Posina e l'Altopiano del Tretto. La parte superiore del comprensorio è costituita da scisti cristallini, micascisti e filladi quarzifere ai quali si sovrappongono calcari marnosi, calcari dolomitici e calcari carsici fratturati. Nella zona più a valle prevalgono le rocce calcaree tra le quali i calcari dolomitici e il biancone. Sul versante destro si trovano inoltre tufi, basalti, unitamente a calcari intercalati da marne. Trattasi di rocce impermeabili o poco permeabili che, unitamente alle forti pendenze dei versanti, spiegano le improvvise e impetuose piene dei corsi d'acqua. La zona sottostante è invece caratterizzata dalla presenza di rocce calcaree più permeabili che consentono la dispersione sotterranea delle acque, alimentando così le falde risorgenti più a valle. Nell’ambito si individua un'area lungo l'asta del torrente Agno, denominata Rotte del Guà, tra i comuni di Trissino e di Arzignano, che assume aspetti di rilevante valore naturalistico e rappresenta l'unico sito umido di una certa rilevanza del settore nord-occidentale della Provincia. Le caratteristiche vegetazionali si presentano molto discontinue per molteplici fattori, tra i quali: le variabilissime esposizioni e inclinazioni delle vallate e dei versanti, che determinano la formazione di microclimi particolari (caratterizzati ad esempio da fenomeni di inversione termica) favorendo così lo sviluppo di "isole vegetazionali" con elementi del tutto singolari; 35 le fasce vegetazionali non possono pertanto essere precisamente individuate dai soli limiti altitudinali; la notevole variabilità della matrice geopodologica, che influenza profondamente la distribuzione e la composizione delle varie associazioni vegetali. L'orno-ostrieto caratterizza il piano basale, spingendosi, in relazione a fenomeni di inversione termica, fino al piano del Faggio. I castagneti rientrano nelle formazioni diffuse dall'uomo nel recente passato, arrivando a ricoprire i versanti fino a circa 700 metri d'altitudine; queste coltivazioni, utilizzate sia per il frutto che per il legname, sono distribuite soprattutto in corrispondenza di substrati siliceo-argillosi, di terre rosse decalcificate e di affioramenti vulcanici. Lungo i principali corsi d'acqua (torrenti Astico, Posina, Leogra, Agno) prevalgono le formazioni igrofile con Ontano nero, Salici (S. elaeagnos, S. cinerea e S. alba), Pioppi e Olmo campestre (Ulmus campestris). Dagli 800 fin oltre i 1500 m si estende l'orizzonte montano inferiore, rappresentato soprattutto da cedui di Faggio più o meno frammisti ad altre latifoglie, o a conifere artificialmente introdotte quali l'Abete rosso, il Larice, il Pino nero, il Pino silvestre. Nell'orizzonte montano superiore mancano del tutto formazioni originarie di conifere, peccete e lariceti, presenti nell'area solamente per gli interventi antropici effettuati a scopi produttivi. Strutture rocciose, detriti di falda, macereti e aspri canaloni, molto diffusi anche a quote relativamente basse, sono colonizzati da tutta una serie di arbusti contorti che, pur caratteristici di precise fasce vegetazionali, assumono carattere azonale potendo scendere fino a circa 500 m di quota. 36 Tra le specie più frequentemente riscontrabili vi sono il Pino mugo, Ginepri (Juniperus spp.), Salici (S. glabra, S. appendiculata, S. caprea), Rododendri (Rhododendron hirsutum, R. ferrugineum) e Rhodothamnus chamaecistus. Le associazioni erbacee dei pascoli d'altitudine, ottenute a scapito del soprassuolo forestale, appaiono complessivamente di modesta estensione e piuttosto localizzate. I brometi, prati magri e aridi, risultano presenti invece a quote inferiori e nelle esposizioni meridionali. Infine prati pingui (arrenatereti e triseteti) erano ricavati fin agli inizi del secondo dopoguerra ovunque possibile, in quanto assumevano un'importanza colturale determinante nell'economia di sussistenza delle contrade; attualmente tali superfici, in gran parte abbandonate, sono progressivamente colonizzate dal bosco. BERICI. BERICI I Monti Berici si estendono su una superficie di circa 250 Kmq. Si presentano come un vasto ed articolato altopiano carsico, isolato nella pianura alluvionale. Al di là del Fiume Bacchiglione, immersi nelle alluvioni, si trovano i Colli di Montegalda e presso il Ponte di Barbarano emerge un altro caratteristico colle isolato; anche queste alture sono considerate appartenenti al sistema dei Berici e sono costituite dalle rocce più antiche di tutta la regione berica. In tale regione sono molto evidenti i caratteri di submediterraneità, favoriti, oltre che dalle condizioni climatiche, dalla natura dei suoli, per lo più di scarso spessore e privi di apporti idrici diretti a causa dell’assenza di un reticolo idrico superficiale. I boschi di Carpino nero occupano i versanti solatii e più ripidi della fascia Collinare, su terreni poco evoluti o regrediti, caratterizzati dalla 37 presenza del Carpino nero, e della Roverella. Entrambe le specie sono trattate a ceduo. Le specie erbacee ed arbustive più interessanti del sottobosco sono il Pero corvino (Amelanchier ovalis), il Pungitopo (Ruscus aculeatus), la Pervinca (Vinca minor) e l'Elleboro odoroso (Helleborus niger). Presentano un certo interesse naturalistico le formazioni più termofile con Scotano (Cotinus coggygria) e quelle con forte presenza di Roverella. Sui versanti a nord, dove la minore assolazione e la ridotta pendenza consentono una maggiore potenza del suolo, troviamo assai diffusi i castagneti trattati a ceduo e a fustaia da frutto, questi ultimi caratterizzati da piante lasciate allo sviluppo naturale. I castagneti sono stati ampiamente favoriti dall'uomo per la loro particolare produzione a scapito delle formazioni forestali originarie. I querceti a Rovere (Quercus petraea) rappresentano il bosco climax su terreni freschi e profondi. Purtroppo questi boschi sono stati notevolmente ridotti in estensione, per lasciare posto ai prati e ai castagneti da frutto o, in caso di regressione del suolo, a cedui di Carpino nero. Le formazioni erbacee di limitata estensione e localizzate in luoghi scoscesi ed assolati, spesso tra rocce affioranti, sono rappresentate per lo più da prati aridi xerofili. Pur configurandosi come gli ambienti di maggior interesse naturalistico della zona, queste particolari associazioni vegetali stanno scomparendo progressivamente, in seguito all'abbandono degli interventi di manutenzione. In tal modo, si ha la colonizzazione da parte del bosco di Orniello e Carpino nero, ma spesso ad essi si accompagna la Robinia, specie non indigene ed infestante. Sono presenti, inoltre, alcune zone umide che ospitano interessanti associazioni vegetali ed animali e che pertanto costituiscono ambienti di 38 elevata ricchezza biologica. Fra esse certamente la più importante è rappresentata dal lago di Fimon la cui origine è dovuta alla formazione di uno sbarramento alluvionale provocato dai fiumi Brenta e Astico. Il lago di Fimon, un tempo molto più esteso, riveste un notevole pregio per le sue componenti naturalistico-ambientali. 39 Risultati e criticità – Indirizzi per la progettazione e l’attuazione della rete ecologica a scala comunale Dalle analisi è emerso che la provincia è sostanzialmente dotata di una buona struttura ecosistemica nelle zone montane dove tuttavia l’avanzare dei boschi e la riduzione dei prati determina una diminuzione di biodiversità. Il territorio di montagna ed in particolare i relativi Siti d’Importanza Comunitaria necessitano di interventi di conservazione per garantire la permanenza di habitat utili a un vasto numero di specie animali e vegetali. La bassa densità umana ha permesso alle specie animali e vegetali di trovare autonomi corridoi di movimento e quindi in quest’area le indicazioni di tutela che emergono sono sostanzialmente: 1. mantenimento dei biotopi esistenti. 2. valorizzazione del ruolo ecologico dei boschi con interventi che devono tendere al mantenimento o alla creazione di una elevata diversità ambientale tramite in particolare il miglioramento strutturale del bosco e l’incremento della sua funzione trofica e di rifugio. 3. conservazione dei pascoli incentivando l’attività agricola tradizionale ecocompatibile. La zona di pianura della Provincia, a seguito della forte urbanizzazione possiede invece elementi isolati di naturalità. Vi è quindi un’urgente necessità di creare connessioni tra le varie aree. Questo si può realizzare utilizzando in particolare i corsi d’acqua quali collegamenti naturali. Vi è quindi la necessità di ampliarne le funzioni ecologiche, nel rispetto di quelle idrauliche, richiamando gli attori (in particolari quelli pubblici) alla tutela 40 degli ecosistemi fluviali e delle relative fasce di rispetto, prevedendone anche la valorizzazione fruitiva con percorsi ciclo-pedonali sugli argini. La Rete ecologica ha lo scopo, inoltre, tramite il grande corrridoio naturale costituito dal Fiume Brenta (ad est della provincia) e dalle colline di Montecchio-Monti Berici e Colli Euganei (ad ovest) di consentire il flusso di biodiversità nella direzione nord-sud. Per garantire la funzionalità strutturale del Brenta nella Rete ecologica provinciale, si ritiene debba essere conservato il territorio che dalla destra Brenta (comune di Pozzoleone) arriva al Bosco di Dueville (comuni di Bressanvido, Sandrigo, Dueville). Tale zona comprende gran parte delle risorgive della provincia e possiede un territorio agricolo che va preservato da colture intensive che impoverirebbero la biodiversità. Devono essere incentivate pratiche agricole a basso impatto ambientale che conservino la struttura del territorio ed i suoi elementi fondamentali (siepi, prati stabili, risorgive). La realizzazione in quest’area di infrastrutture viarie dovrà prevedere, anche in fase progettuale, il posizionamento di sottopassi o sovrappassi per animali corredati di elementi utili al loro funzionamento. Dovranno essere previste ampie fasce boscate lungo l’infrastruttura. Come emerge dall’analisi delle tavole, il maggiore ostacolo per la funzionalità reticolare nel senso nord-sud della provincia è costituito dal corridoio infrastrutturale Verona – Padova (autostrada-TAV- ferrovia, ecc.). Data l’evidente impossibilità di assicurare continuità strutturale e funzionale ai sistemi naturali e seminaturali coinvolti, si considera comunque molto importante ripristinare il collegamento Colli di Montecchio – Monti Berici con l’indicazione agli attori pubblici e privati di prevedere e realizzare opportune 41 mitigazioni e compensazioni (es. sottopassi e sovrappassi) al sistema infrastrutturale ed insediativo. In generale dall’analisi emergono le seguenti indicazioni che si ritengono elementi necessari per la fase di realizzazione della Rete ecologica provinciale. Nelle aree boscate deve essere favorito il potenziamento naturalistico dell’ambiente esistente con una priorità relativa al mantenimento dei biotopi esistenti. In particolare l’obiettivo principale da perseguire è quello di ampliare il ruolo ecologico dei boschi con interventi che devono tendere al mantenimento o alla creazione di una elevata diversità ambientale tramite in particolare di miglioramento strutturale del bosco e l’incremento della sua funzionalità ecologica. La pianificazione locale dovrà a tal fine indicare le aree maggiormente vocate alla realizzazione o al miglioramento di impianti boscati. Nelle fasce di pertinenza fluviale individuate, in particolare per i maggiori fiumi del territorio provinciale sedi di promozione delle aree di valorizzazione degli ambiti fluviali, ma più in generale per tutte le fasce ripariali, l’obiettivo è il mantenimento e il recupero dell’ambiente fluviale e la conservazione dei suoi valori paesaggistici. A tale scopo gli interventi di rinaturazione da attuare a scala locale devono essere: mantenimento e potenziamento delle funzionalità delle zone umide, recuperando anche le aree oggetto di attività 42 estrattive e introducendo nuovi ecosistemi filtro di tipo palustre tra gli scarichi dei depuratori e il fiume; per quanto riguarda le aree delle risorgive, vanno previste azioni di rinaturazione e gestione delle polle sorgentize e di riqualificazione delle aree contermini; miglioramento, e dove possibile ricostruzione, dei boschi igrofili, e degli ambienti di ripa, garantendo fasce di rispetto che consentano la loro naturale evoluzione; incremento delle siepi e dei filari nei terreni agricoli e lungo le strade rurali presenti nelle fasce di pertinenza fluviale allo scopo di creare una contiguità con il territorio agricolo circostante. Poiché la seriazione delle fitocenosi arboree legate all’ambiente fluviale risulta essere incompleta per l’assenza degli stadi ecologicamente più maturi, la presenza di ampie superfici investite da seminativo o da incolto all’interno delle fasce di pertinenza fluviale, può offrire la concreta possibilità di ricostruire le cenosi vegetali mancanti, accelerando l’opera di ricostruzione naturale attraverso interventi mirati allo scopo quali ad esempio l’adozione di criteri di manutenzione idraulica nel massimo rispetto dei valori ambientali (cfr. Legge 19 luglio 1993 n.236 ed il relativo DPR 14/4/1993), la tutela delle aree di esondazione e la adozione sistematica di criteri di ingegneria naturalistica per gli interventi di sistemazione degli alvei. Tra gli interventi di rinaturalizzazione assumono inoltre particolare importanza quelli finalizzati al recupero delle cave localizzate nelle vicinanze dei corsi d’acqua. 43 Nelle aree agricole si propone di avviare a livello locale progetti di riqualificazione paesistica da attuare mediante la diffusione di elementi paranaturali (siepi-macchie boscate) e di rinaturalizzazione di sponde ed argini del reticolo idrografico minore (rii e scoli). Questi interventi svolgono anche una funzione di filtro nei confronti dell’inquinamento diffuso di provenienza esterna in particolare di origine agricola. In ogni caso la pianificazione locale dovrà pervenire alla definizione di sistemi reticolari locali coerenti con il progetto della Rete ecologica provinciale avendo presente che l’efficacia di un sistema ecorelazionale necessita di: adeguamento delle conoscenze delle specie e degli habitat locali significativi ai fini della biodiversità; monitoraggio e controllo sulla qualità dei risultati. Si ritiene utile inoltre che vengano attuati i seguenti interventi: mantenimento di radure con prati polifiti naturali o a pascolo; formazione di siepi alto-arbustive nelle aree rurali; mantenimento di coltivazioni arboree di cultivar tradizionali; mantenimento dei terrazzamenti e delle colture tradizionali connesse Concludendo, si dovranno indirizzare i comuni in sede di stesura dei propri strumenti urbanistici, in particolare con i PAT, anche in concerto con la provincia, a definire puntualmente il progetto di Rete ecologica contenuta nel PTCP (approfondirne l’articolazione funzionale ed ambientale secondo diversi gradi di valorizzazione) e a predisporre una specifica fase di studio e 44 progettazione che preveda la formazione di una Rete ecologica, nel territorio comunale, coerente con quella provinciale. A tale scopo nel paragrafo successivo si sono formulati degli indirizzi per la redazione delle reti ecologiche a scala comunale. 45 Indirizzi progettuali per le reti a scala comunale L’elaborazione dei piani urbanistici locali costituisce un’opportunità per dare attuazione alla progettazione esecutiva di una rete ecologica coerente con il sistema ecorelazionale d’area vasta, ma tuttavia in grado di legarsi in maniera compiuta alle specificità locali. I contenuti progettuali dovranno ad un tempo relazionarsi e condizionare la pianificazione comunale. In particolare dovranno essere considerati prioritariamente i seguenti aspetti: – dimensionamento degli insediamenti: insediamenti le previsioni di espansione del piano dovranno essere rivolte ad un più generale controllo delle pressioni antropiche sull’ecosistema urbano nel suo complesso, in funzione della conservazione del patrimonio naturale residuo. Di conseguenza diviene prioritario che il piano definisca e promuova azioni di riuso e riqualificazione del patrimonio edilizio dismesso, e di tutela degli spazi non urbanizzati interclusi nella trama dell’edificato, attraverso il controllo del tipo di vegetazione, delle aree permeabili e il rafforzamento del verde urbano in un sistema interconnesso volto alla tutela e al ripristino del sistema paranaturale presente ed alla creazione di nuovi habitat. - controllo della distribuzione spaziale e della qualità tipo tipo– – morfologica dei nuovi insediamenti, insediamenti con l’obiettivo di evitare che l’aggiunta di quote marginali di urbanizzazione possano generare effetti diffusivi e destrutturanti sul patrimonio ecologico e paesaggistico, con l’aggiunta di fattori di disturbo legati al consumo di territorio ed all’aumento della pressione antropica come conseguenza dell’effetto margine particolarmente 46 accentuato. Lo sviluppo urbano di tipo diffuso è identificato come uno dei principali fattori di insostenibilità ambientale, a causa dell’eccessivo aumento delle pressioni che questa tipologia insediativa può determinare su vaste porzioni di territorio. -controllo controllo e mantenimento della permeabilità dei suoli pubblici e privati privati, vati con lo scopo di controllare il funzionamento degli ecosistemi urbanizzati attraverso una mitigazione dell’artificializzazione – rinaturalizzazione rinaturalizzazione delle reti di viabilità e delle grandi infrastrutture tecnologiche che possono, con modalità differenti, intervenire sulle dinamiche di dispersione delle specie, soprattutto faunistiche. Occorre quindi progettare specifici interventi di mitigazione degli impatti determinati da tali opere. Dal punto di vista operativo, la rete ecologica a scala comunale dovrà prevedere le seguenti azioni progettuali: 1. analisi puntuale dell’assetto agrovegetazionale locale, mediante elaborazione di cartografie frutto anche di rilievi diretti; 2. analisi e valutazione della frammentazione attuale; 3. progettazione di interventi mirati alla integrazione dei tratti di rete mancanti, anche mediante riqualificazione di aree degradate (ad es. cave dimesse); 4. monitoraggio sistematico del sistema ecorelazionale locale, mediante verifica ed aggiornamento agrovegetazionale. 47 della cartografia Elementi di mitigazione e compensazione degli impatti puntuali Il disegno della rete ecologica provinciale (Tav. 3), costituisce uno schema direttore di invarianti da sottoporre a forme diversificate di tutela. Come detto precedentemente, spetta alla pianificazione comunale pervenire ad una progettazione di maggior dettaglio. In ogni caso ogni elemento della rete, ove interessato da un’opera ritenuta compatibile con le esigenze di funzionalità ecologica, dovrà essere oggetto di opportune misure di mitigazione degli impatti residui. Sono allegate alla presente relazione alcune schede progettuali esemplificative utili per singole tipologie di interventi. 48 SCHEDA 1 SCHEDA 2 SCHEDA 3 49 SCHEDA 4 SCHEDA 5 SCHEDA 6 50 SCHEDA 7 SCHEDA 8 SCHEDA 9 51 SCHEDA 10 SCHEDA 11 SCHEDA 12 52 SCHEDA 13 SCHEDA 14 SCHEDA 15 53 SCHEDA 16 SCHEDA 17 SCHEDA 18 54 SCHEDA 19 SCHEDA 20 SCHEDA 21 55 SCHEDA 22 SCHEDA 23 SCHEDA 24 56 SCHEDA 25 SCHEDA 26 SCHEDA 27 57 SCHEDA 28 SCHEDA 29 SCHEDA 30 58