Galileo Galilei Il metodo della nuova scienza Biografia (1564-1642) e opere principali 1564 1592 1604 1609 1610 1616 1623 1632 1633 1638 Nasce a Pisa. Il padre è musico e matematico. Inizia a studiare medicina, poi si dedica alla matematica (Firenze, Pisa, Padova) Insegna matematica presso l’Università di Padova Nei cieli appare una supernova (osservata e studiata da molti astronomi, fra i quali Galilei e Keplero) Impiego del cannocchiale Sidereus Nuncius. Si trasferisce a Firenze come matematico di corte su invito di Cosimo II de’ Medici Condanna del copernicanesimo e primo richiamo del Santo Uffizio Il Saggiatore Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano Processo e abiura. Condanna al domicilio coatto e al divieto di pubblicare nuove opere Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (opera stampata in Olanda) Sidereus Nuncius ANNUNCIO ASTRONOMICO CHE CONTIENE E SPIEGA OSSERVAZIONI DI RECENTE CONDOTTE CON L'AIUTO DI UN NUOVO OCCHIALE SULLA FACCIA DELLA LUNA, SULLA VIA LATTEA E LE NEBULOSE, SU INNUMEREVOLI STELLE FISSE, E SU QUATTRO PIANETI DETTI ASTRI MEDICEI NON MAI FINORA VEDUTI La “invenzione” del cannocchiale «Sono dieci mesi incirca, che pervenne a’ nostri orecchi un certo grido, esser stato fabricato da un tal Fiamingo uno occhiale, per mezzo del quale gli oggetti, benché assai distanti dall’occhio, si vedevan distintamente come se fussero vicini; e di questo effetto invero ammirabile si raccontavano alcune esperienze, le quali altri credevano, altri negavano. L’istesso pochi giorni dopo fu confermato a me per lettera di Parigi da un tal Iacopo Badovero, nobil francese; il qual avviso fu cagione che io mi applicai tutto a ricercar le ragioni ed i mezzi per i quali io potessi arrivare all’invenzione di un simile instrumento: la quale conseguii poco appresso, fondato sopra la dottrina delle refrazioni. E mi preparai primieramente un cannone di piombo, nelle estremità del quale accomodai due vetri da occhiali, amendue piani da una parte, ma uno dall’altra convesso e l’altro concavo: al quale accostando l’occhio, veddi gli oggetti assai prossimi ed accresciuti; poi ché apparivano tre volte piú vicini, e nove volte maggiori, di quello che si scorgevano con la sola vista naturale. Dopo mi apparecchiai un altro strumento piú esatto, che rappresentava gli oggetti piú di sessanta volte maggiori. Finalmente, non perdonando a fatica né a spesa alcuna, pervenni a tal segno, che me ne fabbricai uno così eccellente, che le cose vedute con quello apparivano quasi mille volte maggiori, e piú che trenta volte piú prossime, che vedute dall’occhio libero. Quali e quanti siano i commodi ed usi di questo instrumento, cosí in terra che in mare, sarebbe affatto superfluo il registrargli. Di che accortomi allora, lasciando le cose terrene, mi rivolsi alle speculazioni celesti». (Sidereus Nuncius) Il cannocchiale strumento scientifico «Ben è vero che le loro ragioni di dubitare sono molto frivole e puerili, potendosi persuadere che io sia tanto insensato, che con lo sperimentare centomila volte in centomila stelle e altri oggetti il mio strumento, non vi abbia potuto o saputo conoscere quegl’inganni che essi, senza averlo mai veduto, stimano avervi conosciuto; o pure che io sia cosí stolido, che senza necessità alcuna abbia voluto mettere la mia reputazione in compromesso e burlare il mio Principe. L’occhiale è arciveridico, e i Pianeti Medicei sono pianeti, e saranno sempre, come gli altri: hanno i loro moti velocissimi intorno a Giove, sì che il più tardo fa il suo cerchio in 15 giorni incirca. Ho seguitato di osservargli, e séguito ancora, se bene oramai per la vicinanza dei raggi del sole cominceranno a non si poter vedere più per qualche mese. Questi che parlano, doveriano (per fare il giuoco del pari) mettersi come ho fatto io, cioè scrivere, e non commettere le parole al vento. Qua ancora si aspettavano 25 che mi volevano scrivere contro; ma finalmente sinora non si è veduto altro che una scrittura del Keplero, Mattematico Cesareo, in confirmazione di tutto quello che ho scritto io, senza pur repugnare a un iota: la quale scrittura si ristampa ora in Venezia, e in breve V.S. la vedrà, sicome ancora vedrà le mie osservazioni molto più ampliate e con le soluzioni di mille instanze». Lettera a Matteo Carosi, 24 maggio 1610 La “verifica sperimentale” del copernicanesimo (1) Grazie al cannocchiale, Galilei può osservare (e annunciare nel Sidereus Nuncius): • stelle più numerose e più lontane delle stelle fisse (visibili ad occhio nudo) • superficie lunare irregolare e scabra • nebulose (non singole stelle ma “greggi di stelle”) • satelliti di Giove (“pianeti medicei)… La “verifica sperimentale” del copernicanesimo (2) … e ancora, subito dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius (1611-1612): • aspetto tricorporeo di Saturno (l’anello, non distinguibile con il cannocchiale di Galileo) • fasi di Venere (che dunque riceve luce dal Sole come la Luna) • macchie solari («il funerale o più tosto l’estremo e ultimo giudizio della pseudo filosofia») Nuove stelle «Ma poi, al di là delle stelle di sesta grandezza, si scorgerà con il cannocchiale un così numeroso gregge di altre, sfuggenti alla vista naturale, che appena è credibile; è dato infatti di vederne di più di quante ne comprendono le altre sei differenti grandezze». Sidereus Nuncius, 41 Le nebulose «Inoltre (meraviglia ancor più grande) le Stelle chiamate fino ad oggi dai singoli astronomi Nebulose, sono greggi di piccole Stelle disseminate, in modo mirabile, e mentre ciascuna di esse, per la sua esilità, ossia per la grandisima distanza da noi sfugge alla nostra vista, dall’intreccio dei loro raggi si genera quel candore, che è stato creduto finora essere una parte più densa del cielo capace di riflettere i raggi delle Stelle e del Sole». Sidereus Nuncius, 43 La Via Lattea «È infatti la Galassia niente altro che una congerie di innumerevoli stelle disseminate a mucchi; chè in qualunque regione di essa si diriga il cannocchiale, subito una ingente folla di Stelle si presenta alla vista, delle quali parecchie si vedono abbastanza grandi e molto distinte, ma la moltitudine delle piccole è del tutto inesplorabile». Sidereus Nuncius, 43 La Via Lattea nel Sagittario Confronto fra il disegno di Galileo della cintura di Orione ed una fotografia La Luna (1) «Già nel quarto o quinto giorno dopo la congiunzione, quando la Luna ci si mostra con i corni splendenti, il termine che divide la parte oscura dalla luminosa non si stende uniformemente secondo una linea ovale, come in un solido perfettamente sferico dovrebbe accadere, ma è segnato da una linea diseguale, aspra e notevolmente sinuosa». Sidereus Nuncius, 11 La Luna (2) «Ma poi, non solo i confini fra le tenebre e la luce si vedono nella Luna ineguali e sinuosi, ma, ciò che induce a maggior meraviglia, nella parte tenebrosa della Luna, appaiono moltissime punte lucenti, totalmente divise e staccate dalla regione illuminata, e da esse non di breve intervallo distanti; le quali a poco a poco, trascorso un certo tempo, aumentano di grandezza e di luce, poi, dopo due o tre ore, si congiungono con la restante parte lucida, già fattasi più ampia». Sidereus Nuncius, 13 Luna Crateri lunari zona centro-sud Disegni della Luna di Galileo Giove (1) «il giorno 7 gennaio 1610, alla prima ora della notte seguente, mentre guardavo gli astri celesti con il canochiale, mi si presentò Giove; e poichè mi ero preparato uno strumento proprio eccellente, m’accorsi, [...] che gli stavano accanto tre Stelline piccole invero, ma pur lucentissime; le quali per quanto fossero da me credute del numero delle fisse, tuttavia mi destarono qualche meraviglia, per il fatto che apparivan disposte secondo un’esatta linea retta parallela all’Eclittica, e più splendide delle altre loro pari di grandezza, dalla parte orientale c’erano due stelle, una sola invece verso occidente» Sidereus Nuncius, 45 Giove (2) «essendo io tornato, non so da quale fatto condotto, alla medesima indagine il giorno 8, trovai una disposizione molto diversa; erano infatti le tre Stelline tutte occidentali rispetto a Giove, e fra di loro più vicine che nella notte antecedente, e da uguali intervalli separate». Sidereus Nuncius, 45 Giove Satellite Io Satellite Callisto Satellite Europa Satellite Ganimede Macchie solari Valore dell’osservazione «Io scopersi pochi anni a dietro, come ben sa l’Altezza Vostra Serenissima, molti particolari nel cielo, stati invisibili sino a questa età; li quali, sí per la novità, sí per alcune consequenze che da essi dependono, contrarianti ad alcune proposizioni naturali comunemente ricevute dalle scuole dei filosofi, mi eccitorno contro non piccol numero di tali professori; quasi che io di mia mano avessi tali cose collocate in cielo, per intorbidar la natura e le scienze. E scordatisi in certo modo che la moltitudine de’ veri concorre all’investigazione, accrescimento e stabilimento delle discipline, e non alla diminuzione o destruzione, e dimostrandosi nell’istesso tempo piú affezzionati alle proprie opinioni che alle vere, scorsero a negare a far prova d’annullare quelle novità, delle quali il senso istesso, quando avessero voluto con attenzione riguardarle, gli averebbe potuti render sicuri» Lettera a Cristina di Lorena Granduchessa di Toscana, 1615 Galilei e Aristotele «io internamente sono ammiratore di un tanto uomo, quale è Aristotile. [..] Io stimo che l’esser veramente Peripatetico consista principalissimamente nel filosofare conforme alli aristotelici insegnamenti, procedendo con quei metodi e con quelle mere supposizioni e principii sopra i quali si fonda lo scientifico discorso. […] Tra queste supposizioni è tutto quello che Aristotile ci insegna nella sua Dialettica, attenente al farci cauti nello sfuggire le fallacie del discorso. […] Se Aristotele tornasse al mondo, egli riceverebbe me tra i suoi seguaci, in virtù delle mie poche contradizioni, ma ben concludenti, molto più che moltissimi altri che, per sostenere ogni suo detto per vero, vanno espiscando dai suoi testi concetti che mai non li sariano caduti in mente». Aristotele… e gli aristotelici Galilei critica coloro che «vogliono che il ben filosofare sia il ricevere e sostenere qual si voglia detto e proposizione scritta da Aristotele, alla cui assoluta autorità si sottopongono, e per mantenimento della quale si inducono a negare esperienze sensate o a dare strane interpretazioni a’ testi di Aristotele». Contro il principio di autorità (ipse dixit) Galilei – distingue l’atteggiamento originario di Aristotele e quello della tradizione degli aristotelici suoi seguaci, condannando il cieco dogmatismo della scuola – smaschera l’aristotelismo contemporaneo che aveva stravolto l’empirismo di fondo del pensiero del maestro – si riconosce peripatetico nella misura in cui aderisce all’esigenza di un metodo – critica la tortuosa verbosità e la preconcetta apologetica della tradizione peripatetica Le due rivelazioni: il “realismo” galileiano… «[…] procedendo di pari dal Verbo divino la Sacra Scrittura e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal vero assoluto; ma all’incontro, essendo la natura inesorabile e immutabile, e […] nulla curante che le sue recondite ragioni e modi di operare sieno e non sieno esposti alla capacità degli uomini… … e la natura “inesorabile esecutrice” … pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio, non che condannato, per luoghi della Scrittura che avessero nelle parole diverso sembiante; poi che non ogni detto della Scrittura è legato ad obblighi così severi com’ogni effetto di natura […]». Lettera a don Benedetto Castelli, 1613 Le due rivelazioni e il rapporto ragione/fede Galilei sostiene una dottrina che, in un certo senso, è paragonabile al concordismo tomista. Non può esservi un conflitto tra la verità della Scrittura e la verità della scienza, discendendo entrambe dal Verbo divino. Secondo Galilei, quindi, non ci sono doppie verità, come invece si credeva in ambiente aristotelico-padovano. «Intenzione dello Spirito Santo essere di insegnarci come si vadia in cielo, e non come vadia il cielo» Linguaggio della scrittura, linguaggio della natura Dio - Verbo Linguaggio della Scrittura Linguaggio della Natura Convenzionale Inesorabile e immutabile Serve a persuadere gli uomini e indurli alla fede mediante un linguaggio figurato e allegorico In caso di apparente conflitto tra le parole della Bibbia e la verità scientifica occorre mettere in dubbio il senso della Scrittura (i cui interpreti possono errare) Il gran libro della natura Il mondo fisico – è intrinsecamente razionale – è strutturato secondo schemi matematici immanenti – non rinvia ad archetipi trascendenti – è ordinato – è labirintico solo se si ignora il linguaggio matematico-geometrico La natura e il suo alfabeto «La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua e a conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto». Il Saggiatore Le male interpretationi della Sacra Scrittura «Stante questo, ed essendo di più manifesto che due verità non posson mai contrariarsi, è offizio de’ saggi espositori affaticarsi per trovare i veri sensi de’ luoghi sacri, concordanti con quelle conclusioni naturali delle quali prima il senso manifesto o le dimostrazioni necessarie ci avesser resi certi e sicuri. Anzi, essendo, come ho detto, che le Scritture, ben che dettate dallo Spirito Santo, per l’addotte cagioni ammetton in molti luoghi esposizioni lontane del suono litterale, […] crederei che fusse prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno l’impegnar i luoghi della Scrittura e obbligargli in certo modo a dover sostenere per vere alcune conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario» Lettera a don Benedetto Castelli, 1613 Galilei: “matematico” e “meccanico” La nuova scienza nasce anche grazie al fecondo connubio con la tecnica (cfr. Alexandre Koyré, Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione, 1950, trad. it.: 1967): • cannocchiale • saggiatore (bilancino di precisione degli orafi) • piano inclinato • orologio ad acqua NB: Newton, per la stessa esigenza, perfezionerà il telescopio (da sistema a rifrazione a sistema a riflessione) / Bacon esalta la tecnologia (New Atlantis, 1627) La meccanica La meccanica per Galilei assicura un ponte tra il mondo degli enti naturali ed artificiali e la razionalità dei modelli matematici; la macchina si dispone nella natura sfruttandone l’ordine a vantaggio dell’uomo; essa è costruita conformemente ad un progetto meccanico che ha i suoi fondamenti nella geometria. Per evitare gli impacci accidentali della materia si deve fare astrazione così da concepirla perfetta e inalterabile e passibile di una elaborazione matematica rigorosa. Rendendo via via più complesso l’universo astratto della fisica matematica si giunge per approssimazione all’universo effettivo. La macchina La macchina si presenta come materializzazione fisica del disegno matematico. L’idealizzazione del fenomeno fisico e la sua riduzione allo schematismo geometrico garantiscono la sua intelligibilità. Della matematica si accentua l’impronta ingegneristica eliminandone i tratti mistici che ancora conservata in contemporanei come Keplero. Galilei è innovativo perché favorisce: – – – – una maggiore sensibilità per il progresso una superiore disponibilità alla revisione una prospettiva ad una concorso cooperativo tra ricercatori una valutazione della scienza in chiave pratico-trasformativa Essenze e fenomeni «perché o noi vogliamo specolando tentar di penetrar l’essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in notizia d’alcune loro affezioni. Il tentar l’essenza, l’ho per impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti». Galilei rinuncia alla presunzione di conoscere l’essenza degli enti naturali riconoscendo come campo adeguato di indagine quello fenomenico, nel dominio delle affezioni. Affezioni passibili di misurazione e quindi di elaborazione matematica Qualità oggettive e qualità soggettive Ne Il Saggiatore Galilei esibisce il suo orientamento riduzionista concentrandosi sui fenomeni registrabili e facendo astrazione da tutti gli aspetti soggettivi per fissare gli elementi di oggettività. Qualità primarie Qualità secondarie Figura, grandezza, posizione, quantità di moto Colore, sapore, odore Intendere umano e intendere divino «Il modo col quale Iddio conosce le infinite proposizioni, delle quali noi conosciamo alcune poche, è sommamente più eccellente del nostro, il quale procede con discorsi e con passaggi di conclusione in conclusione, dove il suo è di un semplice intuito: e dove noi per esempio per guadagnar la scienza d’alcune passioni del cerchio, che ne ha infinite, cominciando da una delle più semplici e quella pigliando per sua definizione, passiamo con discorso ad un’altra, e da questa alla terza, e poi alla quarta, ecc, l’intelletto divino, con la semplice apprensione della sua essenza comprende, senza temporaneo discorso, tutta l’infinità delle passioni». Conoscere intensive ed extensive Salviati: «Convien ricorrere a una distinzione filosofica, dicendo che l’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero extensive: e che extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto all’infinità è come uno zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune così perfettamente, e ne ha così assoluta certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura; e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di più, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore». (Dialogo sopra i due massimi sistemi) L’assenza di un abisso tra uomo e Dio «Or questi passaggi, che l’intelletto nostro fa con tempo e con moto di passo in passo, l’intelletto divino, a guisa di luce, trascorrere in un istante, che è l’istesso che dire, gli ha sempre tutti presenti. Concludo per tanto, l’intender nostro, e quanto al modo e quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d’infinito intervallo superato dal divino; ma non però l’avvilisco tanto, ch’io lo reputi assolutamente nullo; anzi, quando io vo considerando quante e quanto maravigliose cose hanno intese investigate ed operate gli uomini, purtroppo chiaramente conosco io ed intendo, esser la mente umana opera di Dio, e delle più eccellenti» (Dialogo sopra i due massimi sistemi) Coincidenza di intensive ed extensive in Dio Intendere divino Dio abbraccia in un solo sguardo istantaneo tutte le verità Verità 1 Verità 2 Verità 3 Verità n La mente umana coglie un numero finito di verità in successione Intendere umano Il metodo resolutivo Simplicio: Aristotele fece il principal suo fondamento sul discorso a priori, mostrando la necessità dell’inalterabilità del cielo per i suoi principi naturali, manifesti e chiari; e la medesima stabilì dopo a posteriori, per il senso e per le tradizioni de gli antichi. Salviati: Cotesto è il metodo col quale egli ha scritta la sua dottrina, ma non credo già che e’ sia quello col quale egli la investigò, perché io tengo per fermo ch’e’ procurasse prima, per via de’ sensi, dell’esperienze e delle osservazioni, di assicurarsi quanto fusse possibile della conclusione, e che dopo andasse ricercando i mezi da poterla dimostrare, perché così si fa per lo più nelle scienze dimostrative; e questo avviene perché, quando la conclusione è vera, servendosi del metodo risolutivo, agevolmente si incontra qualche proposizione già dimostrata o si arriva a qualche principio per sè noto; ma se la conclusione sia falsa, si può procedere in infinito senza incontrar mai verità alcuna conosciuta, se già altri non incontrasse alcun impossibile o assurdo manifesto. (Dialogo sopra i due massimi sistemi) Il metodo scientifico • sensate esperienze (induzione→ esperienza) • necessarie dimostrazioni (deduzione → matematica, logica) NB: Necessità della loro compresenza per avere una conoscenza scientifica… ecco perché si parla di metodo osservativosperimentale, ipotetico-deduttivo, resolutivo-compositivo… Il metodo: momento risolutivo-analitico… •osservazione di un fenomeno •scomposizione del fenomeno nei suoi elementi semplici/costitutivi •misurazione/matematizzazione di tali elementi •formulazione di un’ipotesi matematica esplicativa … e momento compositivo-sintetico • esperimento (riproduzione artificiale del fenomeno) • verifica dell’ipotesi formulata (→legge oppure →nuova ipotesi) NB: Differenza profonda fra esperienza ed esperimento! Gli esperimenti mentali • il corpo caduto dall’albero della nave in movimento cade alla sua base (il moto impresso appartiene al corpo, non al motore) • il piano inclinato (aiuta a dimostrare come si comporterebbe il corpo in movimento in assenza di attrito→ moto uniformemente accelerato) • il “gran naviglio” (principio della relatività galileiana) Il principio di relatività galileiana «rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco in gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto in basso […] voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di questi potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma» Dialogo sopra i due massimi sistemi Principio di relatività dei moti Osservatore A Osservatore B Il corpo si muove rispetto all’osservatore A, mentre B - che si trova all’interno del medesimo sistema e pure si muove - non riesce a percepirne il moto Corpo C Sistema di moto rettilineo uniforme in un tempo t1 Osservatore B Corpo C Sistema di moto rettilineo uniforme in un tempo t2 Il principio di inerzia Galilei neutralizza tutte le esperienze che vanno contro il sistema copernicano delineando una nuova configurazione della meccanica. Il principio della relatività dei moti infatti stabilisce che, sulla base di osservazioni meccaniche compiute all’interno di un determinato sistema, è impossibile asserire se tale sistema sia in quiete o in moto rettilineo uniforme. Tanto la quiete quanto il moto sono due stati dei corpi, sono cioè sullo stesso piano ontologico… NB: Nonostante questa intuizione, G. non arriverà a formulare in modo esplicito il principio d’inerzia (manca in lui la “teoria unificante” e, pensando solo alla Terra, non è concepibile un moto rettilineo che prosegua all’infinito…) La condanna di Galilei “con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore e eresia […] contraria alla Santa Chiesa”, e conseguente condanna “al carcere formale in questo Santo Offizio ad arbitro nostro” La villa “Il Gioiello” in Arcetri, Firenze Gli ultimi anni di Galileo L’addio di Galileo “Ma haimè, Signor mio, il Galileo, vostro caro amico e servitore, è fatto irreparabilmente da un mese in qua del tutto cieco. Or pensi V. S. in quale afflizione io mi ritrovo, mentre che vo considerando che quel cielo, quel mondo e quell’universo che io con le mie meravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni avevo ampliato e cento e mille volte di più del comunemente veduto dà sapienti di tutti i secoli passati, ora per me s’è diminuito e ristretto chè non è maggiore di quel che occupa la persona mia.” Una ferita solo in parte rimarginata Dopo la morte, Galilei è sepolto insieme agli altri grandi fiorentini nella Basilica di Santa Croce (Firenze), ma solo nel 1737 è eretto il solenne monumento funebre. Bertolt Brecht