ESERCIZI SPIRITUALI ANNO 2014 con suor Silvia Levorato e suor Adriana Tarraran “I frutti dello Spirito Santo” Canto allo Spirito http://www.youtube.com/watch?v=7pmeNQW1pYw Rit. Riempici di Te Padre Creatore Riempici di Te Te Figlio Salvatore Riempici di Te Spirito d’Amore Riempici di Te 1 Sciogli il cuore dei tuoi figli Dalle catene dell’inganno Dalla cieca indifferenza, dalla vanità del mondo. 2 Sciogli il cuore dei tuoi figli Con la vera libertà, con la dolcezza del perdono con la lieta povertà. Gli esercizi spirituali ci hanno portati a parlare del Padre, tre anni fa, del Figlio lo scorso anno e dello Spirito Santo quest’anno. Per capire lo Spirito bisogna saper entrare in Lui attraverso i suoi Frutti. Tutti noi possediamo lo Spirito Santo. Ci è stato dato con il Battesimo, era già presente con la Creazione quando il Padre alitò sulla sua creatura, ma il vero innesto in ciascuno di noi, è stato fatto con il Battesimo. S. Paolo ai Galati 5,22 “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.” Cominciamo dall’ultimo e poi capiremo perché. DOMINIO DI SE’: il saper porsi dei freni, l’acquisire potere su sé stessi, ma non in modo autoreferenziale. I no che mi devo dire devono essere i no che mi aiutano a non perdere Dio nella mia vita, quelli che mi fanno assomigliare a Gesù, i no che non mi fanno perdere la relazione coi fratelli. Ad esempio. Se vengo invitata a casa di qualcuno che ha preparato per me qualcosa di speciale, in tempo quaresimale, gli dovrò dire: “No questo non lo mangio, no nemmeno quello, no anche quel dolce no perché sono in Quaresima” , oppure sarà più importante che, in nome della nostra relazione e dell’amore che mi ha dimostrato cucinando per me, io accetti e anzi dimostri di apprezzare le cose che ha fatto per me? Dire dei no perché si riveli il Padre in me. Sono i no che mi dico per custodire una relazione, un amore, qualche volta possono trasformarsi in pazienza e anche in sacrificio. Non è un dominio che mi permetta un “quieto vivere”senza troppe preoccupazioni, ma più importante di questo “quieto vivere” diventa l’amore che mi permette di vivere alla “Gesùmaniera”, gli stessi no che Gesù dice per non perdere la relazione con Dio Padre e con noi. MITEZZA: in noi la mitezza richiama dolcezza, assenza di violenza. In ebraico possiede la stessa radice di povertà. Il povero è mite, che strano, il povero dovrebbe essere il più arrabbiato! In realtà anche il Vangelo dice: “Beati i miti perché avranno in eredità la terra” Mt 5,5 dove la terra è Amore, Relazione, Nostalgia di Dio. Quando facciamo qualcosa malamente, stiamo male, perché noi siamo fatti per quella Terra. Spesso siamo posseduti dalle cose, che in realtà passano e intanto perdiamo Dio. Il mite non si arrabbia per quelle cose, per i soldi, per l’eredità, per il futile, perché nulla è più importante per lui della relazione con il fratello e quindi con Dio. Il mite non è il “bonaccione” debole, ma in realtà il mite è forte, perché è da forti saper stare in piedi per custodire una relazione. Il mite non sta né in prima fila, né nell’ultima, il mite sta al centro della vita! Ha intuito che la cosa più importante della sua vita è la relazione con Dio e con il fratello. Null’altro è più importante. FEDELTA’: La radice della parola è fede. I sinonimi sono tanti : lealtà, schiettezza, sincerità, costanza, rettitudine, onestà, tenacia, rispetto, puntualità, autenticità. Se pensiamo a tutti questi sinonimi non ci possiamo fermare alla sola fedeltà di coppia che spesso ci fa dire: “Ma io sono fedele, perché non tradisco mia moglie/marito!” Se l’altro mi sta veramente a cuore e mi sembra che sbagli io non devo prendere un’altra strada, stargli alla larga, ma dirglielo, contestarlo, parlargli in sincerità, mettermi in gioco. Il fedele non è un eroe, ma è uno che ha fatto memoria di un momento di verità, è uno che lascia agire lo Spirito che è in lui. Gesù in croce è fedele al Padre e a noi. Con questa fedeltà la nostra vita diventa corposa, bella, piena, perché magari qualcuno attraverso i miei atti, impara a conoscere meglio Dio. http://www.youtube.com/watch?v=SzguvCryZEE video de “Il circo della farfalla” per chi volesse poi conoscere meglio la vita del protagonista (Will in realtà si chiama Nick Vujicic, nato il 4 dicembre 1982 e gira per le scuole a parlare della sua esperienza di vita) consiglio di vedere https://www.youtube.com/watch?v=fA_hb-ZDNs8 BONTA’: anche la bontà non va confusa con il buonismo: “Io sono buono, basta che nessuno mi tocchi!!”. In verità è una conseguenza, un frutto dello Spirito Santo. Indica la qualità migliore di una cosa, un bene portato a compimento. Io, per far venir fuori la bontà che è in me, devo saper tirar fuori il meglio che è in me, ma non per me, ma per l’altro. Dobbiamo diventare cercatori del meglio che c’è nell’altro e non fermarci ai suoi difetti, ai suoi limiti, non fermarci a ciò che l’altro non ha, ma cercare ciò che possiede. E’ sempre una questione di abbandonare il nostro “Io, Io, Io….” per guardare l’altro e il meglio dell’altro. Così riesco a scegliere ciò che è meglio non “oggettivamente” ma ciò che è meglio per l’altro. Ad esempio io so che fa molto bene andare a piedi nel paese vicino, è salutare, ma se so che mio fratello ha dei problemi alla gamba, io sceglierò di andarci in auto. Può accadere, anzi accade anche spesso di pensare che mentre io sono impegnata/o ad occuparmi dell’uno e dell’altro, nessuno pensi a me…E io rimango solo/a con il mio dolore. Ma se il Signore avesse nascosto un dono dentro a questa sofferenza? Suor Silvia ha fatto un esempio personale: “Quando ero giovane, persi due sorelle, un grande dolore e un grande vuoto che non potevo più colmare. Ventuno anni esatti da quelle morti, la scelta di farmi suora e…il ritrovarmi non due ma ben 400 sorelle intorno!!” A volte questo male che soffro può diventare l’occasione perché un bene che è in me venga fuori. La bontà permette a Dio di tirar fuori dalle mie perdite qualcosa di grande, così come dai miei fratelli. Non dobbiamo mai pensare “Ma da Tizio o Caio cosa vuoi che venga di buono?!” Dobbiamo crederci, sempre, come Dio crede in ognuno di noi. BENEVOLENZA: la benevolenza , molto vicina alla bontà, è l’apertura degli occhi e del cuore a un bene possibile. Lo Spirito Santo ti mette un dubbio: “Ma sei sicuro che da quella persona non possa venire niente di buono?” La benevolenza ci aiuta ad arrivare al compimento di quella Parola: “E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (Mt.5, 43) del Discorso della montagna. Ci spinge verso lo straordinario. Ad andare incontro al nemico, a quello che mi fa del male, anche al marito che tutti i giorni mi lascia per terra i suoi calzini puzzolenti! Ma per riuscire ad andare incontro a chi mi sta antipatico, a chi mi ha fatto del male, ho bisogno di Dio, di quel Dio che si faccia tramite tra me e l’altro. Solo allora, a piccoli passi riuscirò ad avvicinarmi, e senza attendere ricompensa. Questo cammino può costare anche ferite, ma l’amore senza ferite è pura estetica. Quanto sana e guarisce l’amore dato gratuitamente: quanto perdi (o credi di perdere ) della tua vita per amore degli altri, invece lo salverai. “Chi vuol salvare la sua vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.” Mc 8,35 PAZIENZA: è la capacità di donare all’altro tempo, spazio e possibilità. Dio ha tanta pazienza con noi… se pensiamo a quante Quaresime, quante Messe, quanti esercizi spirituali abbiamo vissuto e ci troviamo ancora così lontani da Dio… La prima possibilità ce l’ha offerta alla nascita e da allora è stato un continuo lunghissimo elenco di possibilità che ci ha offerto, basterebbe che esaminassimo la nostra vita. Se riesco a fare memoria di quanta pazienza Dio ha avuto con me, io almeno in briciole posso donare pazienza all’altro che vive accanto a me, trovare il modo di offrirgli tempo, spazio e possibilità. http://www.youtube.com/watch?v=AhBI1z_HlNQ video del cieco in cerca di elemosina S. Paolo ai Romani 5,5 “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” Se l’Amore di Dio è stato riversato (non a piccole gocce, ma a cascata, in gran quantità) nei nostri cuori, allora dove ci sono io, c’è tutto l’Amore di Dio. Facciamo spesso l’esperienza della solitudine, di tutti i mali del nostro tempo forse questo è il male più grande. Ecco allora una spasmodica ricerca di riempire questo vuoto: distrazioni, gioco, sesso ecc. Ma Dio? Quell’Amore di Dio in noi dove è finito? Siamo vuoti o siamo pieni? S. Agostino, dopo un cammino pieno di errori e anche di peccati, arrivò proprio a dire: “ Ti cercavo fuori di me e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio cuore. Ormai avevo raggiunto il fondo del mare… Cercavo avidamente onori, guadagni, nozze, e tu ne ridevi. Per colpa di queste passioni soffrivo disagi amarissimi, ma la tua benignità era tanto più grande…” Confessioni (parte II°) E da allora S. Agostino ha cominciato a divorare la Parola. Mentre leggo la Parola di Dio mi accorgo di quanto quella Parola è vita che entra dentro di me e mi riempie e mi sazia. PACE: quando pensiamo alla pace subito ci viene in mente “assenza di conflitto”. Quando siamo “quieti”, e non siamo in conflitto con nessuno siamo “in pace”. In ebraico la parola che significa pace è “shalom” che significa anche abbondanza, pienezza, completezza, prosperità. Gesù ci dice che è venuto a portarci la pace ma non nel senso dell’uomo (ognuno a casa sua, facciamoci i fatti nostri, tranquilli, senza pensare a niente…) ma la pace che nasce dalla relazione con Lui. Dovrebbe allora sorgermi spontanea la domanda: “Gesù nella mia vita che posto ha?” Suor Silvia ci racconta che quando sua madre sente bussare i Testimoni di Geova alla porta e li caccia via immediatamente” alla domanda “perché?” la mamma risponde: “Non so dire altro!” Troppo poco “non sapere dire altro” del nostro essere cristiani. Abbiamo un momento, anche uno solo nella nostra vita in cui abbiamo veramente incontrato Gesù? In cui sentiamo che Gesù ci ha salvato? O abbiamo assistito a 40/50 Quaresime e 40/50 esercizi spirituali e migliaia di messe senza mai averLo veramente incontrato?! La pace figlia di questo vero incontro è quella che mi fa stare bene pienamente, anche dentro i conflitti, anche dentro la povertà o nella guerra, perché tutto mi possono togliere, anche il corpo, ma non Cristo che è in me. L’Amore fa nuove tutte le cose, il cieco torna a vedere (e non si tratta di cecità solo fisica). Trascorriamo il nostro tempo a “tappare buchi”, ad affannarci , arriviamo a fidarci di più del nostro cane o del nostro gatto (“Lui sì che mi ama!”) piuttosto che di Dio. Permettiamo l’aborto… ma che il nostro cagnolino stia al caldo, seguiamo gli intrecci di relazioni di Beautiful…ma non sappiamo affrontare una relazione in casa nostra. Solo il rapporto con Dio crea la pace vera, anche dentro la malattia. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. (Salmo 23) “Non avrò paura, Signore, purchè mi possa abbandonare su di Te.” Ma abbandonarsi a Dio come si fa? Si fa provandoci, ogni giorno un passo in più. “Questa situazione, Signore l’affido a Te! Io no so come risolverla, pensaci Tu! Fai Tu! Tu saprai pensarci ,Signore!” GIOIA: “Quanto sono contento oggi perché tutto mi va bene!” Questa è quasi sempre una gioia che dura poco; ed è questa la gioia che sappiamo darci tra noi uomini. Ma le difficoltà arrivano, lo sappiamo bene, e infatti è difficile trovare la gioia intorno a noi. La gioia che promette Cristo è nel Vangelo delle Beatitudini: “Beati quelli che sono nel pianto perché saranno consolati.” Mt 5,4 È una gioia che porterà frutto domani, non è quella gioia frizzante del momento ma è la gioia del donare giorno per giorno. E’ pietra accanto a pietra che crea il mosaico, è pietra su pietra che crea la casa. Beati voi che siete nella mancanza…perché domani… Noi invece vorremmo tutto e subito. A noi piace poi anche fare le vittime, piangerci addosso, mentre ci piace meno elencare i doni che abbiamo in noi. Dobbiamo imparare a fidarci veramente della Promessa di Dio. Racconta Papa Francesco “ Dobbiamo vivere e testimoniare la gioia. La maggiore testimonianza che possiamo dare della nostra fede è proprio la gioia. Un ateo dichiarava: “Io ho bisogno di vedervi sempre tristi. Allora mi sento tranquillo e mi convinco una volta di più che Dio non esiste. L’unico momento in cui nutro dei dubbi sull’esistenza di Dio è quando vi vedo contenti”. S. Paolo esortava i primi cristiani dicendo: “Fratelli siate lieti … ve lo ripeto ancora siate lieti” (Fil 4,4). Si tratta evidentemente non di una gioia esterna, rumorosa … che spesso è una maschera che nasconde situazione di vuoti, di tristezza o di fallimenti, ma di una gioia intima e profonda di chi si sente amato da Dio. Questa gioia non si improvvisa ma è il frutto dello Spirito che regna dentro di noi. Una gioia che illumina anche la sofferenza accolta come volontà di Dio. “Sono pervaso di gioia in ogni mia tribolazione“(2 Cor 7,4). AMORE: Abbiamo letto all’inizio le parole di S.Paolo “IL frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza ecc”, non è un errore quel singolare, perché nell’Amore ci sono tutti gli altri frutti. L’Amore lo contempleremo nella Settimana Santa. Cristo prima di morire ci regala l’aria dei suoi polmoni. Quel respiro da Dio esce per arrivare a me. Il regalo più grande, sublime che possiamo fare all’altro è donare l’Amore di Dio che è in noi, cioè la carità. S.Paolo ai Corinzi (Corinti 1-13) “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine… Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” Non IO ma DIO. Io mi svuoto perché tu sia nell’abbondanza. Allora lo Spirito Santo è il respiro di Dio in noi, ma non solo del Dio Crocifisso, noi spesso ci fermiamo alla Croce, ma del Dio Risorto. Noi siamo abitati dal Vivente e non dal Morto! http://www.famigliacristiana.it/video/il-video-sulla-carita-che-spopola-in-rete.aspx Ricordo che nel sito qui di seguito sono riportate le parole di Papa Francesco sui frutti dello Spirito Santo. http://www.spiritosanto.org/mensile/363/maggio.html