TRE PUNTI PIÙ UNO Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Ente Formatore per Docenti Accreditato MIUR Questa pubblicazione è il prodotto dell’attività in situazione svolta in seno al Percorso di Formazione denominato “Scrittura, Regole, Musica, Armonia, Cittadinanza” II annualità Partendo dall’incipit di Andrea Valente e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate: Istituto Comprensivo di Serre - Scuola Secondaria di primo grado di Serre - Classi II/III B Istituto Comprensivo di Siano - Scuola Secondaria di primo grado “Mons. S. M. Corvino” di Siano – Classe II A Scuola Secondaria di primo grado “E. Iaccarino” di Ercolano - Classe II E Scuola Secondaria di primo grado “E. Iaccarino” di Ercolano - Classe I I Istituto Comprensivo Sicignano degli Alburni - Sede di Petina - Classi II/III C Istituto Comprensivo di Siano - Classe II B Istituto Comprensivo “Amedeo Maiuri” di Pompei - Classi I/III G Istituto Comprensivo “Amedeo Maiuri” di Pompei - Classi I/II I Istituto Comprensivo “Mazzini - Don Milani” San Valentino Torio - Classe II C Istituto Comprensivo “Mazzini - Don Milani” San Valentino Torio - Classe III D Editing a cura del tutor: Stefano Delprete Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Ente Formatore per Docenti accreditato Ministero dell’Istruzione La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “Scrittura, regole, musica, armonia cittadinanza” II annualità. Il Percorso di Formazione è promosso dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio VI e si organizza in interazione con il Liceo Alfano I di Salerno Direzione e progetto scientifico Andrea Iovino Responsabile per l’impianto editoriale Marisa Coraggio Coordinamento Scientifico Maurizio Spaccazocchi Grafica di copertina: l’Istituto Europeo di Design, Torino Docente: Sandra Raffini Coadiuzione nella redazione del progetto e monitoraggio dell’azione Ermelinda Garofano Maurizio Ugo Parascandolo Impaginazione Tullio Rinaldi Francesco Rossi Ermanno Villari Segreteria di Redazione e Responsabile delle procedure Valentina Landolfi Margherita Pasquale Relazioni Istituzionali Nicoletta Antoniello Staff di Direzione e gestione delle procedure Angelo Di Maso Adele Spagnuolo Amministrazione Rosanna Crupi Annarita Cuozzo Franco Giugliano Piattaforma BIMEDESCRIBA Gennaro Coppola Angelo De Martino I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale I Docenti e le classi che hanno operato per la composizione del racconto si sono potuti avvelere del contributo di: Responsabili d’area del percorso di formazione Ermelinda Garofano Adele Spagnuolo Maria Belato Docenti Tutor Scrittura Pino Pace Stefano Delprete Annamaria Piccione Docenti Tutor Musica Giorgio Dellepiane Garabello Tullio Visioli Carlo Pestelli By Bimed Edizioni Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo (Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura) Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected] La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2014 viene stampata in parte su carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi… Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero e riciclo di materiali di scarto. La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola 2013/2014 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero. Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed. RINGRAZIAMENTI Ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2014 e l’azione formativa con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot. SCA/GN/1047-1 del 12/09/2013. Si ringraziano per l’impagabile apporto fornito alla Staffetta 2014: i Partner tecnici: UNISA – Salerno, Dip. di Informatica; Ambasciata Italiana il Libano Istituto Europeo di Design - Torino; Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly Company; Ringraziamenti particolari vanno agli scrittori redattori degli incipit, a Elisabetta Barone Dirigente del Liceo Alfano I partner istituzionale della Staffetta e delle attività di formazione, a Claudia Enrico Dirigente della Scuola Primaria Michele Coppino di Torino e a Filippo Gervasi Dirigente dell’Istituto Comprensivo E. De Amicis di Enna per aver concesso la propria scuola in funzione delle attività in presenza dell’azione formativa collegata. La Staffetta 2013/14 riceve: Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana Patrocini: Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia, Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dell’Ambiente PRESENTAZIONE Il Percorso di Formazione da cui scaturisce la presente pubblicazione ci ha consentito, quest’anno, di dimostrare come attraverso l’ottimismo della volontà sia possibile organizzare buone prassi tali da rideterminare motivazione e nel contempo, dare alla scuola italiana gli strumenti necessari a affrontare le sfide sempre più complesse che abbiamo davanti a noi. Attraverso un lavoro rilevante sulla scrittura e sulla musica abbiamo verificato come sia possibile coinvolgere gli studenti nelle pratiche che attraverso i saperi, le conoscenze e le competenze determinano cittadinanza. Abbiamo fatto di più nel momento in cui siamo riusciti a sancire un’idea comune di cittadinanza che si connota dei principi costituzionali su cui poggia la nostra Repubblica. Il percorso di formazione che si è svolto per una parte in presenza e per un’altra parte on-line ha il suo valore aggiunto proprio per la fase in situazione che è, in buona sostanza, il momento in cui quanto ci trasmettiamo durante le lezioni de visu e quanto assumiamo attraverso la Piattaforma web può essere provato e testato nel rapporto con i nostri giovani, quegli studenti italiani che abbiamo il dovere di ringraziare per il contributo che hanno messo in campo in favore dell’azione. Il racconto che a seguire avrete il bene di leggere è il frutto di un lavoro complesso di un insieme di docenti e studenti che prima sono entrati in relazione con lo scrittore redattore dell’incipit, poi hanno scritto insieme il proprio capitolo, poi hanno seguito la storia e, infine, hanno tradotto il lavoro di scrittura in altro linguaggio creativo documentato dal DVD che è accluso al volume. Tutto questo è stato fatto in interazione diretta dei docenti fruitori del percorso con il Comitato Tecnico Scientifico, gli esperti, i docenti tutor e le tante, diverse, figure che hanno contribuito a determinare un risultato assolutamente unico per le attività di formazione che è, poi, questa pubblicazione e gli altri prodotti che attestano quanto possa essere possibile determinare una scuola stimolante e partecipata in cui la Cittadinanza viene affermata come obiettivo primario per il contesto formativo del nostro Paese. Andrea Iovino INCIPIT ANDREA VALENTE Tre punti più uno Fuori dalla finestra c’era tutto ciò che non avevo lì con me, sotto il banco. C’era un bel cielo terso, come piace alla nonna per le sue passeggiate all’aria aperta; c’era un sole piuttosto forte, ma comunque meglio della pioggia o di una tempesta tropicale. A esser lì fuori mi sarei divertito in mille modi, a dar colpi di pedale alla bicicletta, a tirare una pedata al pallone, o un colpo di tacco, o anche solo a starmene seduta sullo schienale della panchina, come non si può. Lo so che non si può: per questo è divertente. Invece di qua dal vetro il tempo non passa mai e non c’è orologiaio che possa farci alcunché. L’unica concessione alla primavera era di aprirla, quella maledetta finestra, togliendo quel vetro tra me e il resto del mondo, per poi tornarmene al posto. Con un po’ d’aria fresca entrarono pure gli strilli dei ragazzi al campo di pallacanestro, evidentemente impegnati in una partita, beati loro. Facendo attenzione si sentiva distintamente ogni rimbalzo del pal- 14 lone, ma anche le suole delle scarpe correre o fermarsi, a seconda dell’azione. Per poter vedere qualcosa avrei dovuto sporgermi un po’ ed era difficile pensare di non esser visti, però cominciai a muovermi, un millimetro alla volta, come quando si prova a fare una mezza infrazione di passi, senza che gli arbitri se ne accorgano. Ecco che, con la coda dell’occhio, vedevo dall’alto del mio terzo piano il campo e i canestri. Giocare in una qualsiasi delle due squadre sarebbe stato il massimo, ma far da spettatore poteva essere comunque accettabile. D’un tratto un lancio sbilenco rimbalzò chissà come e chissà dove e, con forza inattesa, decollò verso l’alto, finendomi tra le mani senza che quasi me ne rendessi conto. Impossibile passare inosservati e, prima che qualsiasi rimprovero mi potesse raggiungere, con un agile colpo di polso rilanciai il pallone giù, nel rettangolo di gioco. Questo rimbalzò su un ramo del tiglio qui di fronte, poi su un trespolo per la ginnastica e se ne finì bel bello sul cerchio del canestro, che percorse in senso orario fino a infilarsi proprio nel mezzo. Nessuno osava parlare. I difensori mi guardavano di laggiù, come per dire cos’hai fatto. Gli attaccanti pensarono la stessa cosa, ma con tono decisamente diverso, finché un arbitro non indicò il canestro valido e dalla tribuna ci scappò persino un applauso. CAPITOLO PRIMO La gabbia di cristallo Fino a un minuto prima non lo avrei detto, ma difficilmente avrei più dimenticato quel pomeriggio di primavera, tra la noia e l’impresa di un tiro che nemmeno Karen Abdul Jabbar avrebbe osato fare. Ho realizzato i primi tre punti nella mia nuova vita. Dentro di me avrei la forza per continuare a vincere, lo farei ogni volta se non fosse per la mia gamba che mi impedisce di correre. E se papà la smettesse di proteggermi e di trattarmi come una bambina malata. «Voglio uscire da questa gabbia di cristalloooooo» grido arrabbiata. Arriva il bidello trafelato: «Chi schiamazza! Questa è una scuola, qui non si grida! Alessia, chi c’è con te? Chi ha gridato?» Mentre sto per rispondere, ecco entrare in aula uno sconosciuto. Davanti a me un ragazzo bellissimo: ha una crestaccia alta dodici centimetri, metà nera e metà verde, occhi verdi e un sorriso… un sorriso che mi fa diventare rossa all’improvviso. Sul viso ha alcuni piercing e indossa un favoloso giubbino pieno di borchie. 16 La gabbia di cristallo Il bidello fa una faccia che mi fa scoppiare dal ridere, come se avesse visto un extraterrestre: «Ma… sono arrivati i dark, i punk, gli emo, gli svalvolati in questa scuola e nessuno ha chiamato la polizia?» Lui mi guarda con quei suo occhi verdi e mi sussurra: «Sono Mark, il figlio del nuovo dirigente». Il bidello, intanto, corre nell’ufficio del capo esclamando «Dirigente, sono arrivati gli svalvolati, c’è uno tutto borchie e orecchini. Anche nella nostra scuola, ma dove andremo a finire?» Io, piano piano, gamba permettendo, lo seguo divertita e vedo che, all’improvviso, diventa tutto bianco in volto ed esclama: «Ma lei chi è?» Guardo al di là della porta e al posto del dirigente con il doppiopetto blu, sempre ordinato e austero, vedo un signore senza giacca, con le maniche della camicia arrotolate, che si muove veloce nella stanza, spostando oggetti e libri. La finestra insolitamente spalancata, lascia entrare il sole primaverile e le grida dei miei compagni che, ignari di quanto sta succedendo, continuano a giocare e a divertirsi. Beati loro. Mark mi sussurra: «È mio padre». Il signore, sorridendo risponde: «Buongiorno signor Gerardo, sono il nuovo dirigente». Capitolo primo 17 Gerardo il bidello, balbettando e traballando: «Dov’è il vero dirigente? Chi ha aperto le tende? Lui non vuole assolutamente che entri il sole nel suo ufficio. Chi lo sente adesso, se la prenderà con me». «Il vostro ex dirigente è andato in pensione, ma non ha voluto dire niente a nessuno. Da oggi ci sarò io». E mentre pronuncia queste parole mi guarda con occhi sorridenti, quasi volesse dirmi: «Non preoccuparti, io sto dalla tua parte». Sono felice, solo io sono stata testimone di questo evento e potrò raccontarlo a tutti. Anche Marisa e Letizia verranno a chiedere a me cosa è successo. All’improvviso suona la campanella e torno nella mia aula perché se il professore di educazione motoria non mi trova lì, sono guai. Vorrei tanto avere una vita nomale come le altre ragazze, invece, sono costretta a stare in questa scuola passando la maggior parte del tempo su una sedia. Mi sento esclusa dal mondo perché nessuna ragazza vuole stare con me a causa di questa gamba che mi rende diversa dalle altre. Ma io non sono diversa. Certo, sono sempre triste e arrabbiata perché i miei genitori sono troppo oppressivi, soprattutto mio padre che è molto asfissiante e preoccupato per il mio futuro. Durante le ore di educazione fisica sto con Gerardo, il bidello, che entra ed esce dalla mia classe 18 La gabbia di cristallo perché si scoccia di guardarmi e io rimango sempre sola. Vorrei andare in palestra e al campo ma non posso. Papà non vuole perché dice che potrei farmi male. Mentre fantastico, rabbiosa, Mark mi guarda sorridendo: «A che pensa una ragazzina della tua età?» Lo fulmino con lo sguardo: «Non sono una ragazzina, non mi piacciono le cose da ragazze. Io sono una giocatrice di pallacanestro. Ho appena fatto un tiro che avrebbe fatto impallidire Lew Alcindor. Sai chi è?» «Anche io gioco a basket, conosco bene il grande Lew Alcindor e conosco il nome che ha preso dopo la conversione: Kareem Abdul-Jabbar. Un gigante… 218 centimetri di potenza!» Rido felice: abbiamo qualcosa in comune. Intanto miei compagni rientrano in classe. Marisa e Letizia, sempre insieme, esclamano in coro: «Alessia, ma come hai fatto? Un tiro da campionessa. I maschi non volevano crederci». Soddisfatta guardo Mark che non riesce a nascondere la sua meraviglia. «Ma come può una come te essere una campionessa?» dice e poi arrossisce per le sue parole perché ha capito quanto possono ferirmi. Capitolo primo 19 In classe cala un silenzio di tomba. Tutti mi guardano. Io abbasso gli occhi per non far vedere che sto per piangere, mi giro. Vorrei correre ma non posso. Avanzo un po’ traballante. Le mie scarpe che stridono sul pavimento fanno un rumore fastidioso. Mi fermo, lo guardo negli occhi e dico: «Io uscirò da questa gabbia di cristallo. Correrò nel campo di pallacanestro e sarò di nuovo una campionessa». Scappo via e nessuno ha il coraggio di fermarmi. Quando arrivo a casa mi rinchiudo nella mia stanza, mi stendo sul letto e nascondo la faccia nel cuscino. Posso finalmente piangere, come sempre, qui nessuno mi sente. Il giorno dopo il bidello entra in classe trafelato: «Professore, il dirigente vuole parlare con Alessia». Il professore mi guarda distratto e accenna: «Vai, vai». Mi alzo e attraverso il corridoio. Cosa vorrà da me, neanche mi conosce? Entro. Non ho mai visto l’ufficio così luminoso, mi sembra quasi bello. Dall’altra parte della scrivania un uomo sui cinquant’anni mi accoglie sorridendo: «Vieni Alessia. Sei molto alta. Mio figlio non ha esagerato ieri sera dicendomi che hai un fisico da sportiva». 20 La gabbia di cristallo «Signore, io non posso neanche uscire dall’aula. Da quando ho avuto quel brutto incidente, il dirigente e mio padre mi hanno impedito ogni attività fisica!» «Tu cosa vorresti?» Mi chiede cosa vorrei? Lui a me? Finalmente posso rispondere a quella domanda che aspetto da quando ho avuto l’incidente! Non me lo faccio ripetere due volte: «Signore, non so se potrò mai tornare a giocare. Ho tredici anni e non so quando potranno operarmi. Nel frattempo mi piacerebbe fare tutto quello che fanno le mie amiche. Correre, cadere, ridere. Non mi sento affatto diversa dalle altre». «Alessia, in questa scuola c’è bisogno di nuove regole… Parlerò con tuo padre e da domani parteciperai a tutte le attività didattiche». «Non sarò più affidata al bidello? Potrò scendere in cortile?» «Dovrai giocare come gli altri e se per ora non sarai una campionessa, non importa». All’improvviso mi vedo distesa a terra, con la gamba piegata in modo insolito. Mia madre in lacrime. Accanto mio padre disperato che prova a dire qualcosa… Da quel giorno l’ho visto sempre così: disperato, con occhi tristi, pieni di pietà per me. Capitolo primo 21 Mi alzo dalla sedia, saluto il dirigente e vado in classe. Le mie compagne mi guardano meravigliate. Io sorrido e quasi saltello. Mark che è in classe con me, mi fa un cenno di intesa. Mi siedo e sul banco vedo un biglietto piegato. Lo apro e leggo: “Venerdì sera verrai alla mia festa? Ti prego, solo se ci sarai per me sarà davvero FESTA. Mark”. 22 La gabbia di cristallo CAPITOLO SECONDO Farò nuovamente canestro Leggo il biglietto: sento che il cuore sta per fermarsi, mentre nella mente mi si affollano mille domande. Perché ha invitato proprio me? Sono davvero importante per lui? Sarò in grado di partecipare a una festa così speciale? E se poi mi prenderanno in giro? Ma risposte non ne trovo. Penso al tiro perfetto che ho fatto, all’emozione provata, all’orgoglio per aver fatto canestro. Basta questo a rincuorarmi. So che andare alla festa è una prova che devo affrontare per dimostrare di essere una ragazza come tutte le altre. O mi sbaglio? Prendo il biglietto e scrivo: “Caro Mark, accetto volentieri il tuo invito alla festa”. Piego il biglietto e, facendo finta di andare in bagno, lo appoggio sul suo banco. Quando suona la campanella della ricreazione, Gerardo mi viene a chiamare. Il Dirigente mi vuole nel suo ufficio. Ritorno alla realtà ed è un bene perché il Dirigente mi riferisce che ha parlato con mio padre e mi racconta il loro dialogo: «Da oggi 24 Farò nuovamente canestro in poi, in questa scuola, si adotteranno nuove regole; sua figlia, come tutti gli altri ragazzi, parteciperà alle attività sportive» gli ha detto. E mio padre: «Io non voglio che mia figlia si faccia male». Il Dirigente con fermezza: «Sua figlia ha il diritto di sentirsi una ragazza completa. Capisco che ha avuto l’incidente alla gamba, ma voi genitori siete troppo protettivi con lei; l’avete richiusa in una gabbia di cristallo». Mio padre è stato molto brusco e, prima di uscire dalla stanza, sbattendo la porta, gli ha detto: «Come educare mia figlia lo decido io!» Voglio molto bene ai miei genitori, soprattutto a mio padre, ma a volte non vuole ragionare. Forse si sente un po’ in colpa per ciò che mi è accaduto. Non ne parla, ma sarebbe meglio per lui e per me se un giorno, non troppo lontano, riuscissimo a parlarne senza nasconderci nulla. Sono contenta che il Dirigente sia dalla mia parte e che ci sia almeno una persona che non mi considera diversa. Usciamo da scuola. Mark, di corsa, si dirige verso di me. Mi giro dall’altra parte perché arriva mio padre in macchina per riportarmi a casa e non voglio che mi veda con un ragazzo. Capitolo secondo 25 Lui è sempre così sospettoso. Durante il tragitto sento il desiderio di parlargli della festa; prendo coraggio e, con sicurezza solo apparente, gli chiedo se posso andarci. Lui mi risponde di sì; mi insospettisco perché lo conosco e sono sicura che invece quello che avrebbe voluto dirmi sarebbe stato un no. Per tutto il tempo cerco di distrarmi e non pensarci, ma non ci riesco. Siamo finalmente a casa e la prima cosa che faccio è chiudermi in camera mia. Dopo un po’ sento mio padre e mia madre che litigano. Poi, mio padre bussa alla porta della camera ed entra: «Alessia che stai facendo? Sei impazzita?» Sto mettendo a soqquadro l’armadio: per cercare un vestito, una gonna, dei pantaloni… qualcosa che possa andare bene per la festa. Mi giro e gli urlo: «Io sono una ragazza, papà, come tutte le altre e venerdì andrò alla festa!» Mio padre non reagisce; si calma, ma vedo quanto è preoccupato e arrabbiato. Mi lascia senza dire una parola. Nonostante tutto sono indecisa: andare alla festa oppure rinunciarci? Ho avuto così tante delusioni che non mi va di vivere un’altra brutta esperienza. 26 Farò nuovamente canestro Ma ecco mia madre, come sempre, correre in mio aiuto: «Domani, dopo le lezioni, verrai a casa con Mark; ce lo presenterai, così papà capirà e ti darà il permesso. E poi, andremo insieme a comprare un vestito per la festa e vedrai che sarai bellissima». Mi sento sollevata, ma poi penso al look di Mark, con la sua crestaccia, i suoi piercing e le sue borchie… Impallidisco. Il giorno dopo vado a scuola e invito Mark e quando lui mi chiede il perché, resto muta, non so cosa dirgli. Mi sento un tantino sciocca, ma per fortuna lui accetta. Quando esco da scuola torno a casa con lui. Lo presento ai miei: «Questo è Mark il mio nuovo compagno di classe». Mia madre lo vede e sta per scoppiare a ridere, ma per fortuna si trattiene e gli offre qualcosa. Quando rientra mio padre vede Mark e mi chiama in disparte: «Ma sei sicura che quello è un ragazzo per bene? È tutto pieno di buchi». «Papà, le persone non si giudicano dall’aspetto, si devono frequentare per capire come sono. Dai, papà, lascia stare le battute e dimmi se posso andare alla sua festa». Mio padre è irremovibile; Mark non gli è piaciuto e poi c’è mia madre che è passata dalla sua parte: «È preoccupato per te, solo per te» mi dice. Capitolo secondo 27 Io sono molto arrabbiata e non rivolgo loro la parola. Non so se è per questo motivo o se c’è qualcos’altro, ma il giorno dopo i miei genitori cambiano idea: è tipico dei grandi… mi danno il permesso a condizione che non vada da sola. Intanto, io avevo già pronto un piano alternativo: avrei chiesto di andare a dormire da Letizia, la mia migliore amica, mi sarei preparata da lei e insieme saremmo andate alla festa. Meglio così, non mi sarebbe piaciuto dire bugie ai miei genitori perché non ho mai tradito la loro fiducia. Dimentico… non ho un regalo per Mark: sono indecisa su cosa comprargli e poi non ho molti soldi; gli scriverò un biglietto personalizzato. Mi sentirò a disagio senza un regalo. Anche uno piccolo, un orecchino, o una sciarpa arancione, che è il suo colore preferito, basterebbe. Poi all’improvviso ricordo! Avevo lasciato qualcosa nel cassetto della mia scrivania, nascosto sotto alcune lettere mai spedite. Apro subito, infilo la mano ed eccola, la busta bianca da cui spuntano le due banconote che avevo nascosto. Per ogni emergenza, avevo pensato allora, e adesso è davvero un’emergenza… È la sera della festa. Mi preparo: indosso una salopette corta, con una magliettina azzurra, calze bianche con alcuni brillantini, tra i 28 Farò nuovamente canestro capelli metto una treccia colorata che fa da cerchietto e… ai piedi: ho già tutta la mia imbracatura preferita. Sono pronta? Manca solo un filo di trucco. Adesso sì che sono davvero pronta! Arrivano Letizia e Marisa. I miei genitori mi fanno almeno mille raccomandazioni, ma io non li sento più. Senza accorgerci siamo arrivate davanti a una casa stupenda: qui abita Mark. La casa, come il giardino intorno, è immensa: da un lato, poco più dietro all’abitazione, c’è addirittura un campo di basket. È tutto perfetto! Viene ad aprirci uno dei custodi della villa e, dopo aver sentito i nostri nomi, ci fa entrare. Gli invitati sono tantissimi. Mark viene a salutarci; mi dà un bacio sulla guancia e mi sussurra in un orecchio: «Sei venuta! Sono felice… Grazie!» Io sono tutta rossa per la vergogna perché mi guardano tutti! Sarà per la mia gamba! Mi giro e vedo una ragazza che mi guarda e ride. Alle sue vicine, indicando la mia gamba, sento che dice: «Non capisco come Mark l’abbia invitata…» Mi guardo intorno e ho l’impressione che anche altri presenti stiano ridendo di me e stiano facendo commenti più o meno pesanti. Capitolo secondo 29 Consegno a Mark il suo regalo e scappo via piangendo. Forse i miei avevano ragione! Mark mi segue e, quando mi raggiunge, mi costringe a guardarlo negli occhi: «Perché scappi? Voglio che tu stia con me alla festa». Mi stringe forte e mi bacia. Nello stomaco sento alzarsi in volo un milione di farfalle… Mi riprendo e decido di divertirmi a dispetto di tutti. Ma le sorprese non sono finite e purtroppo non sono di quelle piacevoli. Mi si avvicina un ragazzo, dopo aver lasciato un gruppo di amici. Ha un fare gentile e mi offre da bere. Non so cosa fare, ma non voglio essere scortese. Esco con lui sul terrazzo e bevo. Dopo pochi istanti mi sento male. Il ragazzo mi afferra e sottovoce mi sussurra: «Vedrai che starai meglio perché le mie pillole fanno miracoli. Ne vorrai sicuramente delle altre; potranno risolvere i tuoi problemi. Farai di nuovo canestro!» «Ma dove è finita Alessia?» mi sembra di sentire. Non ho la forza di rispondere e cado sul pavimento. Mark si accorge che manco dalla festa; comincia a cercarmi con Letizia e Marisa. 30 Farò nuovamente canestro Mi riprendo a fatica: tutto è confuso. Mi sembra di non sentire più la musica e al suo posto sento invece urla e proteste. Poi, la voce robusta di gente adulta che invita alla calma e quella di Mark che si difende: «Non sono miei amici… Si sono imbucati… Non li conosco. Non ho mai usato quelle pillole». Ora sì che tutto mi è più chiaro… Capitolo secondo 31 CAPITOLO TERZO L’incubo diventa realtà Il padre di Mark inginocchiato davanti a me, mi chiede se va tutto bene. «Come stai? Riesci ad alzarti?» Mi tiro su, sono confusa e intravedo Mark che risponde alle domande dei poliziotti. Arriva mamma che, vedendomi sconvolta, mi porta subito via mentre papà, apprensivo com’è, non risparmia il terzo grado al padre di Mark. A casa mi chiudo in camera, infilo le cuffie e mi addormento cercando di dimenticare l’accaduto. Nel sonno, ho gli incubi: Mark che viene seguito e picchiato dai ragazzi imboscati alla festa che lo deridono e lo prendono a calci. Mi sveglio impaurita con il cuore che batte a mille e scopro che è solo un brutto sogno, mi alzo e vado a scuola: ricomincia una nuova giornata. Arrivo a scuola con qualche minuto di ritardo, Gerardo il bidello mi accompagna in classe. 32 L’incubo diventa realtà «Buongiorno Alessia» mi dice il professore di matematica che sta spiegando il nuovo argomento di geometria. Rispondo al saluto, chinando la testa e, mentre prendo il libro, noto che l’insegnante mi guarda con quei suoi occhi indagatori che sembrano leggerti nel pensiero. Il professor Rossi è un uomo alto, magro, con una cicatrice sull’occhio sinistro dovuta a un incidente, di solito veste in modo sportivo, oggi, per esempio, indossa jeans e una bella camicia alla moda. È una persona che si fa voler bene da noi alunni, molto bravo nella sua materia, estroverso, ha sempre la battuta pronta, ma al momento opportuno sa essere anche molto severo. Terminata la lezione, il professor Rossi mi viene vicino e mi chiede: «Che cosa ti succede Alessia? È la prima volta che ti vedo così preoccupata, se vuoi confidarti sai che puoi farlo con me». Arrossisco e provo a spiegargli ciò che mi è capitato la sera prima alla festa. Il professore mi dice: «Cara Alessia la vita è piena di imprevisti e difficoltà. Non scoraggiarti, devi avere sempre la forza di reagire. Sii forte. E se ti serve parlarmi di qualcosa, o un consiglio, sono qui». Suona la campana della quinta ora e andiamo in palestra, mi sembra di non entrarci da anni: guardo le grandi finestre che la illumiCapitolo terzo 33 nano, le panche, i cesti con i palloni e i canestri da basket, in un attimo rivivo la mia vita di giocatrice, i canestri fatti, le gare vinte e quelle perse, il cuore mi batte forte. Poi, finalmente riprendo tra le mani uno di quei grossi palloni, palleggio e faccio canestro. Il professore Iengo di scienze mi ha visto mentre con la mia gamba lenta provavo qualche tiro, mi viene incontro e mi sorride, poi, vedendo sul mio viso comparire una piccola lacrima, mi dice: «Beh, la mano della tiratrice non l’hai persa… Lavoreremo un po’ anche sul resto d’ora in avanti». La lezione la passo facendo qualche tiro a canestro e muovendomi un po’, poco alla volta, cominciando sempre di più a riconoscere il mio corpo. Terminate le lezioni, torno a casa e all’improvviso vedo un ragazzo su un motorino che si accosta a me. Si sfila il casco e vedo un tipo pelato con gli occhi chiari, carnagione scura, che indossa un giubbino di pelle nero, aderente, con alcune borchie sulle maniche e il disegno di un teschio sulla spalla destra; non fatico a riconoscerlo: è il ragazzo della festa. «Vuoi un passaggio?» mi chiede; con il cuore in gola, balbettando, lo accuso di essere il responsabile di quello che mi è suc- 34 L’incubo diventa realtà cesso la sera precedente e lui, sorridendo, risponde: «Perché dici questo? Voglio solo esserti amico». Abbasso lo sguardo e continuo a camminare provando a ignorarlo, ma dopo la curva che precede il vialetto che porta a casa me lo ritrovo dritto davanti con le mani in tasca che mi guarda fisso negli occhi. Gli passo accanto fingendo di non notarlo. «Fermai, fermati» grida, mi trattiene per il braccio e mi dice «voglio solo conoscerti non faccio niente di male». Con la mano mi accarezza il viso. Impaurita mi guardo attorno cercando una via di fuga, un volto amico, ma non vedo niente e nessuno, e allora facendomi coraggio gli dico: «Non voglio avere nulla a che fare con gente come te». Non finisco di pronunciare queste parole che sento da lontano le voci familiari di Marisa e Letizia che mi vengono incontro. Entro nella mia stanza e, stremata mi stendo sul letto ripensando a tutto ciò che mi è capitato. A un tratto mi torna in mente il giubbino di pelle nero e ricordo che quello stesso giubbino l’avevo già visto da qualche parte… Infatti, giorni prima, fuori da scuola un gruppo di ragazzi, parlava con alcuni amici di Mark, tre di loro indossavano lo stesso giubCapitolo terzo 35 bino. Uno di loro, il più alto, aveva nella mano destra una bustina con dentro alcune caramelle colorate che, forse, non erano quello che sembravano, infatti le distribuiva quasi nascondendole ai ragazzi che gli stavano intorno. Chi sono quei ragazzi? Che cosa sono in realtà quelle strane caramelle? Che cosa devo fare? A chi posso chiedere aiuto? L’unica persona che mi viene in mente è il prof. Rossi, lui saprà consigliarmi. 36 L’incubo diventa realtà CAPITOLO QUARTO Un po’ di luce dopo tanto buio È quasi l’ora di cena e sono in camera ad aspettare che si cominci a mangiare; da sotto sento i miei genitori che mi chiamano: «Alessia vieni! Ci vogliamo scusare per essere stati troppo duri con te, così abbiamo deciso di portarti in un posto che ti è sempre piaciuto». «Dove?» chiedo con tono curioso ed eccitato. «Sorpresa…» Per tutto il viaggio non faccio altro che pensare a come chiedere a papà di poter tornare a giocare a pallacanestro. Che faccio? Vado diretta al sodo oppure ci giro intorno? Penso tra me e me. «Siamo arrivati!» esclama mamma, ansiosa di vedere la mia reazione. «È fantastico! Da tanto non mi portavate in pizzeria!» Arriviamo nel salone principale e ci sediamo al tavolo prenotato. «Mamma, papà, avrei una cosa da dirvi». Vengo interrotta dal cameriere: «Volete ordinare qualcosa?» «Sì, una bottiglia d’acqua e poi vediamo per le pizze» risponde mio padre. 38 Un po’ di luce dopo tanto buio «Mamma, papà, stavo per dirvi una cosa importante!» Vengo di nuovo interrotta dal cameriere: «L’acqua la preferite gassata o naturale?» «Gassata» risponde mia madre. Sono stata interrotta già due volte! Non è che il destino mi sta suggerendo che è il momento sbagliato per parlare con i miei genitori? «Alessia, cosa dovevi dirci?» Prendo coraggio e mi metto in gioco: «Vi dovrei chiedere una cosa molto, ma molto importante! Il professore di Scienze motorie mi ha invitato a far parte della squadra di basket della scuola. Vi vorrei chiedere il permesso». Mia madre mi dice: «Alessia, noi ti vogliamo bene e se ti abbiamo impedito di giocare è solo perché non è la cosa più giusta per te adesso. Sei la persona più importante per noi, così pensavamo di proteggerti da ogni pericolo. Però forse non ci siamo comportati nel migliore dei modi, e forse ti abbiamo dato qualche problema in più… Ti autorizziamo a giocare, ma ciò non toglie che siamo preoccupati per te!» «Infatti io resto ancora molto perplesso» risponde mio padre. «Ma, papà, è il mio sogno tornare a giocare a pallacanestro! Ti prego!» Capitolo quarto 39 «Ok! Ma promettimi che farai attenzione alla gamba. Inoltre dovrai fissarmi un colloquio con il professor Iengo!» «Sì, certo!» rispondo, con tono esultante. Mi alzo per andare in bagno e vedo a un tavolo molto vicino al nostro, uno dei ragazzi con il giubbino nero dell’altro giorno. Lui mi fissa con occhi minacciosi: sembra voglia dirmi qualcosa! Provo una sensazione molto strana, di paura, ma anche di curiosità! Mi sento osservata e la pizza mi sembra interminabile. Così, trovo il pretesto per andar via subito: «Mamma, papà, sono stanca! Possiamo andare?» «Sì, certo» rispondono entrambi. Una volta a casa, ringrazio i miei e dico loro che fisserò l’incontro con il professore di Scienze motorie. Do loro la buona notte e mi chiudo in camera, ma il pensiero di quello sguardo minaccioso mi tiene sveglia a lungo. Sento il telefono squillare: «Pronto…» Nessuno risponde. Una seconda telefonata e nuovamente: «Pronto…» Una voce all’altro capo: «Ascolta, se proverai a parlare, non sai cosa ti accadrà…» Poi cade la linea. 40 Un po’ di luce dopo tanto buio Sto pensando a chi possa essere… Ma certo, come mai non l’ho capito subito? Si tratterà dello stesso ragazzo della pizzeria! Sono stanca e spaventata; per tutta la notte, non riesco a chiudere occhio. Una serata che poteva essere bella per la chiacchierata con i miei, si è trasformata in un inferno! Dopo un po’ cerco di appisolarmi… sogno che Mark viene picchiato da quei ragazzi. È lo stesso incubo dell’altra volta. Quando guardo l’orologio è ora di alzarsi. Cosa faccio? Se mi confido con il professore e lo vengono a sapere? Mi fermo a riflettere e vedo che sono già le 7:45. È il momento di uscire. Ho deciso, dirò tutto al professor Rossi! Appena arrivo a scuola lo vedo nei corridoi. «Per favore, le dovrei raccontare una cosa molto importante!» In breve, gli spiego ciò che è capitato. «Alessia, mi spiace per quello che ti sta succedendo, vedrai che riuscirò ad aiutarti: troveremo quei ragazzi! Forse li conosco. Potrebbero essere dei miei vecchi alunni. Cercheremo di individuarli!» Ci accordiamo per incontrarci alla fine delle lezioni nel giardinetto dell’istituto e giocare agli investigatori. Capitolo quarto 41 Suona la campanella: è l’ora di Scienze motorie! «Professore, mio padre ha accettato, ma vorrebbe avere un colloquio con lei». «Per me, non c’è problema! Se mi lasci il numero di casa, parlerò con il tuo papà e fisserò un appuntamento». Sono felice al pensiero di poter finalmente tornare a giocare con le mie amiche. Suona l’ultima campanella ed è il momento di incontrare il professor Rossi. Aspettiamo all’uscita, cerchiamo tra le facce, gli zaini, i motorini. Poi finalmente vedo i ragazzi. «Sono loro quelli di cui le ho parlato…» dico indicandoli. Il professore si rabbuia. «Lo sapevo… solo loro potevano essere! Sono stati miei alunni…» «Professore, vorrei denunciarli, ma sono preoccupata per la telefonata che ho ricevuto». «Tranquilla, un modo lo troveremo di sicuro!» Sono a casa. Verso le 16:00 ancora una telefonata. A rispondere al telefono è mio padre. «Pronto». Vedo che annuisce. 42 Un po’ di luce dopo tanto buio «Salve, professore, sì, avevo chiesto un colloquio con lei. Domani pomeriggio? Alle 17:00? Per me va bene, grazie» sento che dice. Mi chiudo in camera e in un’atmosfera di silenzio cerco di riflettere su quanto è accaduto. Ma non riesco a essere serena: è come una catena, ogni volta che risolvo un problema ne viene fuori un altro! «Devo andare alla polizia oppure no?» Il giorno dopo mio padre va al colloquio e, quando torna, mi racconta quello che si sono detti lui e il professore. «Alessia, abbiamo parlato a lungo. Per ora la tua gamba ancora non ti permette di giocare, ma vorrebbe che tu lo aiutassi in panchina, almeno per il momento. Potresti essere il vice allenatore. Che ne pensi?» Sul mio viso sento aprirsi un sorriso. Sì, sono contenta. Capitolo quarto 43 CAPITOLO QUINTO Una doppia delusione Per festeggiare il mio nuovo incarico, decido di concedermi un po’ di shopping, ho infatti bisogno di un nuovo paio di scarpe da ginnastica, quelle che usavo prima ormai non mi entrano più. Mi incammino piena di entusiasmo, da tanto tempo avevo perso la voglia di fare nuovi acquisti, da quando, a causa dell’incidente, il mio guardaroba si era ridotto a soli jeans e felpe extralarge. Lungo la strada intravedo un gruppo di ragazzi tra i quali riconosco gli imbucati della festa di Mark, alcuni però li vedo solo di spalle. La loro presenza mi spaventa un po’ perciò, tenendomi a distanza, prendo il cellulare e decido di chiamare Mark; se lui fosse con me mi sentirei senz’altro più sicura. Cerco il suo nome in rubrica, avvio la chiamata e sento che squilla il telefono di uno del gruppo, il quale si allontana per rispondere, si volta, lo riconosco, è Mark. «Pronto?» dice. Presa alla sprovvista non penso ad altro che a chiudere immediatamente la chiamata. Prima ancora di riuscire a elaborare delle ipotesi, ecco che mi squilla il telefono. È lui! Che faccio? Rispondo? Squilla ancora. Non riesco a decidermi… che ci faceva con 44 Una doppia delusione quelli? Non aveva detto di non conoscerli? Intanto il mio cellulare smette di squillare. Non riesco a trovare una risposta alle mie domande, di sicuro l’acquisto delle scarpe sarà rimandato: ora non ne ho più voglia. Torno a casa abbattuta, entro e corro direttamente in camera mia senza rivolgere la parola a nessuno, nonostante mia madre stesse per chiedermi qualcosa. Infatti di lì a poco mi raggiunge. Interrompendo il silenzio esordisce: «Che hai Alessia? Non hai trovato le scarpe che volevi? Come mai sei tornata così presto?» Il terzo grado di mia madre mi rende ancora più nervosa, perché non mi lascia in pace! «Ho mal di testa mamma, lasciami dormire!» «Ok, ti chiamo quando è pronta la cena» dice uscendo, ma so benissimo che la cosa non finisce così, perciò decido di andare a cenare appena mi chiamano, per evitare di scatenare altre tensioni. L’indomani a scuola rivedo Mark che mi viene incontro. Faccio finta di essere impegnata a parlare con Letizia e Marisa, ma non potrò evitarlo per tutta la mattinata! Infatti durante la ricreazione si avvicina e mi dice: «Mi hai chiamato ieri?» Rimango evasiva: «Boh… forse mi è partita una chiamata per sbaglio». Capitolo quinto 45 «Perché allora non mi hai risposto quando ti ho richiamato?» Non so cosa rispondergli. Mi salva il suono della campanella. «Ehm… è suonata, dobbiamo tornare in classe». Cerco di non incrociare il suo sguardo ma mi accorgo che lui non l’ha bevuta, non sono mai stata brava con le bugie. All’uscita di scuola scorgo il professor Rossi, il quale, appena mi vede, si avvicina e mi dice: «Senti Alessia, ci ho pensato bene e non credo sia il caso di sporgere denuncia, parlerò io con quei ragazzi». Rimango senza parole, perché il professore è arrivato a prendere questa decisione? Dipenderà dal fatto che anche il figlio del preside è coinvolto in questo gruppo? Deve essere senz’altro così. Mi sento tradita, ed è già la seconda volta in poche ore. «Ma perché? La denuncia non sarebbe la cosa migliore?» gli chiedo. «Non insistere, sei ancora una ragazzina, è normale che tu sia spaventata, ma lascia fare a me, si risolverà tutto facilmente». Aveva cercato di addolcire il tono ma si capiva perfettamente il suo stato d’animo. Resto impalata per qualche istante mentre il professore sale nella sua auto. Nel frattempo mi raggiunge Mark; come sospettavo è in cerca di una spiegazione. 46 Una doppia delusione «Sbaglio, o mi stai evitando?» mi dice con un sorriso, che mi avrebbe messo di buon umore se non fossi stata ancora arrabbiata con lui. Decido di parlargli apertamente. «Che ci facevi ieri pomeriggio con quelli?» Lui, cercando di giustificarsi, dice: «Di che stai parlando?» Ma lo incalzo: «Non far finta di niente! Ti ho visto ieri insieme a loro, non è vero che non li conoscevi, che bisogno avevi di dirmi cavolate?» Urlo quasi con le lacrime agli occhi: «Allora è per questo che non mi hai risposto ieri?» continua lui con l’aria di chi è stato scoperto. «Che c’entra?» grido io. Mark capisce che pretendo la verità e che non mi sarei fermata fino a quando non l’avessi ottenuta e, finalmente, si decide a confessare. «Sì, ok, hai ragione, ho mentito alla mia festa quando ho detto di non conoscerli, non volevo avere problemi perché ho deciso di allontanarmi da loro quando mio padre ha avuto il trasferimento come preside qui, ma quelli non l’hanno presa bene, non sopportano che abbia voltato loro le spalle, perciò hanno deciso di mettermi nei guai imbucandosi alla mia festa, è così credimi!» Vorrei credergli davvero, ma sono ancora troppo risentita. Capitolo quinto 47 «E da me che cosa vogliono? Perché mi hanno seguita e hanno cercato di farmi del male?» Mark diventa rosso, per la prima volta mi sembra un po’ in difficoltà, anzi più che altro imbarazzato e non mi risponde. Il suo silenzio mi delude, così mi allontano; in realtà non so bene cosa avrei voluto sentirmi dire. Per fortuna Mark mi raggiunge e mi tira leggermente per un braccio. «Dai Alessia, non fare così, non l’hai ancora capito?» Guardando i suoi occhi verdi non riesco più a mantenere l’atteggiamento arrabbiato che avevo avuto fino a quel momento, ma mi sforzo di dire: «Che cosa avrei dovuto capire?» Allora lui mi fa con un lieve sorriso: «Lo hanno capito persino loro, come hai fatto a non accorgertene?!» Potrei rispondere in tanti modi ma non so perché scelgo di non dire nulla, forse voglio solo sentirmi dire quelle parole che alla fine lui dice: «Ci tengo a te Alessia, lo vuoi capire?» Quando fantasticavo su un momento come questo non potevo prevedere che sarebbe stato tutto così difficile, perché tutto deve essere sempre complicato nella mia vita?! 48 Una doppia delusione CAPITOLO SESTO Il buon giorno si vede dal mattino Dalla finestra della mia camera guardo il cielo, piango. A un tratto il fragore di un tuono annuncia l’arrivo di un forte temporale. Comincio a sentire ticchettii regolari poi vedo gocce d’acqua cadere, come lacrime, sembrano le mie. Il rumore della pioggia accompagna i miei pensieri che rimbalzano qua e là. Perché Mark mi ha mentito? Che legame ha con quei ragazzi? Che sentimenti prova davvero per me? Non riesco a non pensare a lui: la sua cresta, i suoi occhi verdi, quel suo sorriso coinvolgente. «Ci tengo a te, Alessia, lo vuoi capire?» Quelle parole di Mark non posso dimenticarle. Mi sento confusa. E poi il professor Rossi perché improvvisamente non vuole sporgere denuncia contro quei ragazzi ? Il rumore della pioggia incessante e il susseguirsi di tutti quei pensieri mi turbano. Decido di ascoltare un po’ di musica, indosso il pigiama, mi infilo le cuffie e vado a letto. Mi faccio cullare dalla musica di Alessandra Amoroso, la mia cantante preferita, e presto mi addormento… 50 Il buon giorno si vede dal mattino «Alessia, è pronta la colazione!» sento mia madre che dalla cucina mi chiama. Mi rigiro nel letto e con la mano afferro le cuffie. Mi saranno scivolate durante la notte! «Alessia, vieni, altrimenti farai tardi a scuola!» «Arrivo subito» rispondo con una voce ancora assonnata. Sono pronta per andare a scuola, esco di casa, sento un odore di terra bagnata che mi inebria. Il mio sguardo viene catturato da uno spettacolare arcobaleno che avvolge e saluta la città, al momento del risveglio. Mi sento pervasa da una sensazione piacevole. Quando arrivo a scuola prendo posto e cerco di seguire la lezione di italiano. Non riesco a concentrarmi, rivolgo uno sguardo furtivo a Mark; vorrei parlargli, vorrei aprirgli il mio cuore, ma non ne ho il coraggio. «Alessia, sapresti individuarmi la figura retorica che compare al verso dodici?» Assorta nei miei pensieri non avevo seguito la spiegazione della professoressa. In maniera quasi provvidenziale sento una voce che mi suggerisce: «Metafora… è una metafora». Capitolo sesto 51 Ed io: « Si tratta di una metafora». «Brava Alessia». Poi, finalmente suona la campanella. Mi rivolgo a Letizia: «Non ne potevo più! Per fortuna che è finita l’ora!» le dico. «Per fortuna adesso andiamo in palestra a fare allenamento» risponde lei. “Cosa darei per giocare anch’io!” penso fra me e me. Insieme ci dirigiamo verso la palestra e, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con Marisa e Letizia, vedo arrivare il professor Iengo. Si avvicina a me e dice: «Alessia, il preside mi ha chiamato d’urgenza, mi devo assentare, non posso occuparmi degli allenamenti, sarai tu a prendere il mio posto». L’emozione mi travolge, le parole non mi escono dalla bocca, mi sento quasi immobilizzata. Alle parole del professor Iengo segue un forte applauso che arriva dalle mie spalle. «Brava Alessia… Brava!» sono i miei compagni. Con una voce segnata dall’emozione mi rivolgo a loro: «Grazie» dico un poco imbarazzata «spero di essere all’altezza di questo ruolo». 52 Il buon giorno si vede dal mattino Il prof. Iengo mi stringe la mano e, con un sorriso, si allontana. Entro subito nel ruolo dell’allenatrice: «Ragazzi, oggi ci alleniamo un po’ sul contropiede: rimbalzo, apertura, tiro in corsa...» Mi ricordo alcuni esercizi che il mio allenatore mi faceva fare quando ero in palestra, divido i miei compagni su tre file e organizzo l’allenamento. «Due passaggi e andiamo a tirare in terzo tempo, dopo faremo un po’ di arresto e tiro. Cominciamo» dico ormai sentendomi un’allenatrice. L’ora scorre tra tiri, esercizi e una piccola partita negli ultimi minuti, ma proprio nel mezzo di un’azione, in seguito a un brusco passaggio, la palla si dirige verso di me. Per scansarla mi tiro indietro, sto per rovinare a terra, ma vengo miracolosamente sorretta da Mark che si trovava al mio fianco. Mi afferra al volo e mi prende praticamente tra le sue braccia. Un brivido mi avvolge, mi sembra di sognare, mi vedo su un arcobaleno, a un passo dal cielo! Vedo che vorrebbe dirmi qualcosa, ma di nuovo, la campanella interrompe tutto… «DRIN!» Perché i momenti belli durano pochi istanti? Avrei voluto fermare il tempo, avrei voluto catturare quel momento di felicità! Capitolo sesto 53 Mando i ragazzi negli spogliatoi, davanti a me c’è Mark, lo osservo mentre cammina, il mio sguardo si posa sulla maglietta che indossa, la riconosco è il completino che gli avevo regalato! In basso sulla maglietta è stampigliata la firma di Karen Abdul Jabbar. Avevo attraversato l’intera città per acquistare quel completino firmato dal grande giocatore! Che emozione vederglielo addosso! Lasciamo la palestra e ci dirigiamo verso la nostra aula. Percorriamo il lungo corridoio; arrivati nei pressi della segreteria sento una voce, mi pare di riconoscerla, sì ne sono certa, è la voce del prof Rossi. «Cosa. Come? Che mi chiedete? Non lo so se sarà possibile… ci proverò!» La porta è semichiusa, non riesco a vederlo. Non sento altre voci, sarà al telefono. Non voglio che altri pensieri e altre ipotesi rovinino questa meravigliosa giornata annunciata stamattina da quello splendido arcobaleno. E così proseguo verso la classe, contenta di quello che mi è successo. 54 Il buon giorno si vede dal mattino CAPITOLO SETTIMO Fra sogno e realtà Le ore successive volano! All’uscita della scuola Mark mi raggiunge, sembra voler dire qualcosa, esita e poi, facendosi coraggio, mi invita ad andare a mangiare un gelato con lui nel pomeriggio al Princess. Il cielo diventa ancora più blu, tutto intorno a me sembra sorridere e vorrei saltare dalla gioia. Non riesco quasi a parlare, annuisco e vado via. Entro in casa e mi scontro con mia madre che sembra più euforica di me. Che sia capace di leggere il pensiero!?! Ma no! È solo felice perché stasera arriva la nonna, che non vediamo da mesi, e vuole preparare una cena particolare con i miei zii. Faccio un po’ fatica a capire, mi rabbuio, mi sembra di cadere improvvisamente dalla nuvola rosa su cui mi ero adagiata dalla mattina e mi avvio nella mia stanza, sentendo appena le parole di mia madre: «Oggi pomeriggio mi accompagni a fare la spesa?» Chiudo rumorosamente la porta alle mie spalle, mi butto sul letto e piango… Proprio oggi deve arrivare la nonna? Non che non abbia voglia di vederla… ma un altro giorno! Come farò? Cosa inventerò? 56 Fra sogno e realtà In un attimo provo a pensare a mille possibili soluzioni, finché la porta si apre e mia madre mi chiede cosa succede. Le dico che devo andare a casa di Marisa per un compito importante da finire entro stasera. Lei mi dice che può fare da sola la spesa basta che torni per cena. Contenta, mi alzo e la bacio lasciandola senza parole. Dopo un pranzo veloce, torno in camera e assalto il guardaroba: questa no, questo no, questo no… Aiuto cosa mi metto??? Mi accorgo di non avere abiti particolari perché dal momento dell’incidente mi ero chiusa in me stessa rifiutando anche gli inviti di mia madre a fare shopping con lei. Alla fine indosso i jeans, una t-shirt bianca e una camicia a quadretti bianca e rossa che mi sta particolarmente bene. Passo sulle guance un po’ di fard e lo specchio mi rimanda l’immagine di una ragazza davvero graziosa. Alle 16.00 esco seguita dagli sguardi curiosi di mia madre che pensa che mi sia truccata un po’ troppo per un pomeriggio di studio. Sbuffo e mi interrogo ancora sulle doti… paranormali delle madri, sembra che leggano nei pensieri. Uffà… Bando ai sensi di colpa, in fondo non faccio niente di male. Immersa nei miei pensieri arrivo al bar dove Mark mi accoglie con un sorriso smagliante. Prendiamo un cono gigante e decidiamo di non consumarlo lì, ma ci avviamo al parco vicino. Seduti su una panchina chiacchieriamo guardanCapitolo settimo 57 doci negli occhi. Come sono belli gli occhi di Mark! Verdi come l’acqua del mare! Mi ci perdo! L’incantesimo però è rotto dal sopraggiungere di ragazzi che parlano anzi urlano, direi. Mi giro e il sorriso si spegne sulle mie labbra: riconosco gli amici (o ex amici) di Mark che si stanno dirigendo verso di noi. Mi alzo mentre Mark, accorgendosi del loro arrivo, mi cinge le spalle e incomincia a parlare, ma io cerco di allontanarmi e lui mi accompagna. I ragazzi ridono rivolgendoci parole di scherno. La giornata speciale è irrimediabilmente rovinata, anche se al momento di salutarmi, Mark mi dà un bacio che mi fa, per un attimo, dimenticare tutto e la cui dolcezza mi accompagna fino a casa perché, appena entro, mia madre mi chiede cosa mi sia accaduto di tanto bello da farmi sorridere da sola. Dopo una risposta vaga mi dirigo verso la mia camera per cercare di mettere un po’ d’ordine nel caos di sentimenti che si agitano o, meglio, fanno a pugni dentro di me: gioia, rabbia, felicità dolore! Non faccio in tempo a richiudere la porta che squilla il cellulare: è un numero sconosciuto, rispondo e sento la voce del professor Rossi che mi chiede se possiamo vederci la mattina dopo, prima delle lezioni perché ha cose importanti da riferirmi. Mentre rispondo positivamente, ripenso a ciò che ho sentito la mattina a scuola. C’entra forse con quanto mi deve dire? 58 Fra sogno e realtà Non mi resta che aspettare domani. Poco dopo arriva la nonna accompagnata dagli zii. Ceniamo insieme e su tutti domina la nonna che ci racconta mille cose. Intorno a me ci sono gioia e allegria ma io non riesco a godere in pieno la serata perché mi assilla il dubbio su ciò che verrò a sapere la mattina seguente. La notte, infatti, sogno cose inquietanti; mostri a tre teste, scrigni segreti da trovare, un cavaliere biondo con gli occhi verdi che cerca di strapparmi dalle braccia del mostro che indossa un giubbino nero pieno di borchie e… «Che c’entra Mark? Perché lo chiamavi?» La voce di mia madre mi sveglia. Oddio! E ora cosa le dico!?! Capitolo settimo 59 CAPITOLO OTTAVO Che delusione! Fingo di dormire, così prendo tempo per riflettere; intanto mia mamma si avvicina, si siede sul lettino e mi dà un bacio, ma questo non mi tranquillizza, infatti subito riprende con il suo martellante interrogatorio. Mi rigiro nelle coperte, mi stropiccio gli occhi, mi stiracchio e poi, contenendo l’agitazione, dico: «Mamma, non vedi che stavo dormendo! Cosa vuoi?» «Ho sentito che parlavi. Anzi hai urlato “Mark! Mark!”» Non so cosa dirle, cosa inventare, ma soprattutto non capisco perché quel nome la renda così inquieta. Dopo un attimo di silenzio, riprende con maggiore insistenza: «Perché hai urlato quel nome? Ti perseguita anche nel sonno? Ti sta dando fastidio?» E io, fingendo di essere distaccata da quella situazione: «Ma no, mamma! È stato solo un sogno, non ricordo niente. Non preoccuparti, va tutto bene!» Le mie parole non la tranquillizzano. Mi conosce fin troppo bene. Sembra che riesca a leggere i miei pensieri e a vedere i miei sen- 60 Che delusione! timenti, così mi afferra le mani, che sono fredde e sudaticce, le stringe e inducendomi a guardarla, con tono pacato e grave mi ricorda che al mondo, lei e papà, hanno solo me e non si perdonerebbero se mi accadesse qualcosa di brutto. Poi aggiunge: «Mica lo stai ancora frequentando?» Il mio secco «No» vorrebbe troncare ogni ulteriore intrusione nella mia vita sentimentale, invece, imperterrita, lei continua blaterando che sa come ci si sente, ma poi con il tempo capirò che hanno agito per il mio bene, che un giorno arriverà l’amore, quello vero. Bla, bla, bla… DRIN! DRIN! DRIN!! La dannata sveglia mattutina mi viene in soccorso e per la prima volta l’accolgo con piacere perché, almeno momentaneamente, il terzo grado finisce; infatti è tardi, devo ancora prepararmi per andare a scuola e rischio di saltare la colazione. Mia madre, accortasi che non l’ascolto più, si alza e si allontana dicendomi: «Va bene! Se non vuoi confidarti, non fa niente, ma ricordati che per qualsiasi cosa ci sono e ci sarò sempre». E se ne va. Mi sento sollevata; mi preparo, mangio al volo due biscotti e mi avvio verso scuola. Il sole mattutino mi mette di buon umore, ripenso al bacio ricevuto da Mark, all’emozione di quel momento e agli altri istanti di infiCapitolo ottavo 61 nita dolcezza che, sicuramente, mi regalerà la mia amicizia con Mark. Assorta nei miei pensieri, non mi rendo conto che quei ragazzi con i giubbotti neri sono a breve distanza da me. L’angoscia e la paura mi assalgono. Che fare? Tornare indietro o rimanere e affrontarli? Scappare significa scatenarmeli contro. L’unica soluzione è fare l’indifferente, ma la situazione va di male in peggio: il ragazzo con la testa rasata si toglie il berretto e, mostrando l’enorme teschio che ha tatuato sul capo, mi dice: «Oggi ondeggi in modo ancora più sgraziato» e l’amico di rimando: «Sembri proprio una papera». E continua: «Ieri, te la spassavi con il tuo amichetto!» «Vero!» e un terzo aggiunge: «Oggi, vogliamo divertirci un po’ noi». Una risata sguaiata e di sfida si leva dal gruppo, mi sento come se fossi in bilico su un burrone, vorrei gridare, ma la voce fa fatica a uscire; intanto mi hanno circondato, sento uno spintone, mi ritrovo per terra e uno di loro mi insulta, dice cose orrende e poi: «Chi ti salverà ora? Il tuo principe azzurro non arriva!? Ma guardati, è possibile che tu possa piacere a Mark! Non ti sei mai chiesta se lo faccia per gioco? Sai che esistono anche le scommesse?!» Le lacrime mi soffocano, non riesco più a trattenerle, mi sento umiliata, vorrei sparire nel nulla, vorrei non essere nata, ma a un 62 Che delusione! tratto intravedo Mark che corre in verso di noi e urla contro i ragazzi: «Lasciatela stare, lei non vi ha fatto niente, ma se proprio ci tenete prendetevela con me!» I ragazzi scappano urlando vendetta contro Mark che, intanto, mi porge una mano per aiutarmi e, mentre ancora piango, come in una favola, mi bacia. Io arrossisco e lui mi dice: «Sono degli idioti, dei vigliacchi. Non ascoltarli, non ne vale la pena». Io asciugo le lacrime, lui mi abbraccia e ci avviamo verso scuola dove mi attende il professor Rossi con il quale mi accomodo in presidenza dove possiamo discutere tranquillamente. «Ho riflettuto a lungo su ciò che mi ha detto, professore e sono convintissima di volerli denunciare». Noto il professore turbato. «Alessia, non essere troppo frettolosa. Denunciarli non penso sia una mossa astuta, perché ci vogliono delle prove». Mi arrabbio e dico: «Prove!? E cos’altro mi devono fare? Oggi, se non fosse arrivato Mark, sicuramente sarei finita in ospedale. Devo aspettare che mi facciano del male?» «Ma no!» attacca il professore «Penso che se te ne starai un po’ tranquilla, dico, in disparte…» Capitolo ottavo 63 Sento che è imbarazzato e che sta per dire qualcosa che potrebbe ferirmi più di quanto abbiano fatto i suoi ex alunni. «C’entra qualcosa la telefonata che per caso ho ascoltato ieri?» sbotto indignata; non aspettando risposta, sbatto la porta e vado via. 64 Che delusione! CAPITOLO NONO Il momento della verità 66 Mi dirigo in palestra, l’unico posto che può darmi un minimo di serenità. Per dar sfogo al mio nervosismo prendo un pallone e inizio a palleggiare ma dopo pochi minuti il professor Rossi mi chiama e mi chiede si seguirlo di nuovo in presidenza. Ho il cuore in gola, cosa vorrà dirmi? Scoprirò qualcosa di brutto o metterò fine a questa storia? Raccolgo tutto il coraggio che ho dentro di me e sono pronta ad ascoltare… Rossi comincia il suo discorso con una similitudine della quale non capisco il significato, mi dice: «Vedi Alessia la vita è come il cubo di Rubik c’è chi lo sa costruire con successo e chi si ferma a metà dell’opera, non perché non ci riesce ma semplicemente perché si arrende». Poi continua: «Nonostante questo io credo fermamente che per quei ragazzi può ancora fiorire tanta felicità, dobbiamo aiutarli a guardare in alto, a spingersi avanti perché il senso della vita è viverla il meglio possibile». Il momento della verità Lo interrompo: «Professore ma cosa sta cercando di dirmi, io dovrei aiutare quei ragazzi che stanno rendendo la mia vita un inferno e stanno rovinando il mio rapporto con Mark?» Continua con un tono pacato, calmo che mi infonde un’inaspettata serenità: «Calmati Alessia, voglio solo farti riflettere: quei ragazzi non hanno avuto la fortuna di avere una famiglia pronta a proteggerli e per questo motivo scaricano la loro rabbia, il loro dolore su altre persone. Tu e Mark siete stati fortunati, avete dei genitori che vi guidano con amore dolce, paziente e generoso, per quei ragazzi nessuno muove un dito, nessuno si chiede il perché di atteggiamenti così aggressivi, nessuno cerca di capire che cosa provano. Loro non hanno mai potuto avere una mamma che gli rimboccava le coperte con un dolce bacio o una bella fiaba. Anche io da ragazzo ho dovuto combattere con situazioni dolorose, sono cresciuto in un orfanotrofio non ho mai conosciuto i miei genitori e quindi so cosa significa». Per più di dieci minuti non riesco a parlare, poi mi alzo e lo abbraccio dicendogli: «Professore parli lei con quei ragazzi e gli faccia capire che non li denuncerò e che sono disposta a diventare loro amica. Ora vado, altrimenti perdo la lezione». Capitolo nono 67 68 Mi dirigo in classe, il cuore mi batte ancora forte. Aspetto la fine delle lezioni per scambiare quattro chiacchiere con Mark. La campanella suona, i nostri sguardi si incrociano e poi ci fermiamo a parlare, decido di raccontare quello che il professor Rossi mi ha detto. «Mark ho parlato con il professore Rossi di quei ragazzi. Mi ha fatto capire che non serve denunciarli, parleremo con loro cercando di diventare amici». «Alessia, io non lo so. Ci devo pensare». Questa risposta mi turba, perché non vuole mettere fine a questa storia? Dentro di me sento un vuoto e questa volta sento che neanche la musica riuscirà a colmarlo… mi dirigo verso casa, pranzo in fretta con i miei genitori e mi chiudo in camera per riposarmi. Non ci voglio più pensare sarà il professor Rossi a risolvere questa brutta storia. All’improvviso il citofono, la voce di mia madre: «Sì, chi è? Alessia è qui. Sali». Scendo dal letto, infilo le pantofole nuove e vado in cucina. C’è Mark! «Sono qui per darti una risposta definitiva, ho parlato con mio padre e ho riflettuto su quanto ti ha raccontato il professor Rossi; Il momento della verità verrò anch’io a parlare con quei ragazzi per mettere fine a questa brutta situazione che si è creata e per dar loro la possibilità di farsi dei veri amici con i quali condividere gioie e dolori». Squilla il cellulare, sono i suoi genitori, deve andare; mentre gli apro la porta mi ringrazia, mi bacia e scappa via. Sono felice… corro in camera, mi infilo nel letto e metto le cuffie, inizio a cantare a squarciagola fino a stancarmi e ad addormentarmi. Il mattino seguente, appena sveglia, la prima cosa che noto sono i raggi di sole luminosi che fanno risplendere il pupazzo che mi ha regalato Mark pochi giorni dopo che ci siamo conosciuti. Mi vesto e scendo in cucina, mangio in fretta uno dei buonissimi croissant, che mia madre prepara la mattina; li mangerei tutti sono davvero squisiti ma è meglio che mi sbrighi, altrimenti faccio tardi a scuola. Davanti al cancello della scuola intravedo Mark, il professor Rossi e i ragazzi della banda. Mi fermo e il professore comincia: «Ciao Alessia, come stai? Stavamo aspettando te per chiarire questa brutta storia». Rivolgendosi ai ragazzi dice: «Io vorrei che lasciaste in pace Mark e Alessia, non hanno nessuna colpa e non potete prendervela con Capitolo nono 69 loro solo perché siete arrabbiati con il mondo intero, so perfettamente che vi sentite come alberi senza radici, noi siamo qui per questo, per crearvi delle radici cioè amici sinceri pronti ad ascoltarvi e ad aiutarvi. Ricordate sempre ragazzi: l’importante non è come si colpisce ma come si reagisce ai colpi della vita». I ragazzi abbassano il capo, quasi mortificati e senza avere il coraggio di rispondere. Intervengo io: «Ragazzi non denuncerò il vostro comportamento e sono pronta a diventare vostra amica. Anche Mark la pensa come me». La campanella suona, ci salutiamo e io, Mark e il professor Rossi ci dirigiamo in classe… Le ore scorrono veloci, torno a casa felicissima. I miei genitori mi vengono incontro e con un sorriso meraviglioso mi dicono: «Alessia abbiamo per te una bella notizia…» 70 Il momento della verità CAPITOLO DECIMO Una svolta alla mia vita Rimango un po’ sbigottita a sentire quelle parole, mi chiedo cosa vogliano comunicarmi e ricevo la notizia dell’intervento che da tanto stavo aspettando. Dentro di me sento un vulcano di emozioni pronte a esplodere. Sono ansiosa, felice, preoccupata, incoraggiata, ora tutto per me è in discesa. Quest’intervento rappresenta un cambiamento radicale. Per troppo tempo ho dovuto rinunciare alle mie passioni, ma non ho mai perso la speranza di trovare un giorno la soluzione. Sono stata sempre ottimista e questo mi ha aiutato ad andare avanti, anche se mio padre è stato troppo protettivo. Dopo aver abbracciato i miei genitori, chiedo: «Posso uscire con Mark?» e loro vedendomi felice non possono che dire di sì. Vado in camera mia, chiamo Mark e lui non risponde. Trascorro il pomeriggio a pensare cosa sia successo. Mi agito, sono confusa, guardo l’orologio, sono già le sette e lui non risponde ancora. Dopo un po’ ricevo un messaggio in cui mi spiega che non ha potuto rispondermi perché era in compagnia dei ragazzi della banda. Decido di chiamarlo, lui mi rassicura e deci- 72 Una svolta alla mia vita diamo di uscire. Mi devo muovere è quasi ora dell’arrivo di Mark e non so ancora cosa indossare, così chiedo aiuto alla mamma che arriva in camera con una scatola in mano e dice: «Alessia, questo è un regalo da parte mia e di tuo padre». La apro e vedo un vestitino rosso con degli stivaletti neri. Sorpresa, con gli occhi lucidi, abbraccio mia madre e la ringrazio. Finalmente arriva Mark, che mi guarda stupito. Ci incamminiamo verso una strada che conosco, mi guardo intorno e riconosco un viale alberato, dove trascorrevo le mie lunghe giornate a passeggiare con la nonna e come un lampo arriviamo nella mia pizzeria preferita. Racconto a Mark della bella notizia e gli viene in mente di formare una squadra di pallacanestro con quei ragazzi della banda e io, entusiasta subito accetto. Il giorno dopo, appena arrivati a scuola, andiamo dal professor Rossi e gli parliamo del nostro progetto. Si mostra molto disponibile e felice nei confronti della nostra iniziativa e decide di aiutarci, però, dobbiamo coinvolgere i ragazzi della banda. Il professore mi dice: «Non devi pensare tu a questo, ci pensiamo Mark ed io! Adesso, tu devi pensare a prepararti per l’intervento». L’intervento è previsto tra una settimana, devo stare tranquilla e non avere altri pensieri per la testa. Capitolo decimo 73 La settimana passa veloce e così anche l’operazione. Rimango in ospedale appena due giorni e anche la riabilitazione, per fortuna, procede nel migliore dei modi e senza nessuna complicazione. Sembrava un tempo lunghissimo e invece, dopo quindici giorni, sono già pronta a riprendere la mia vita; quando torno a scuola, faccio subito il mio ingresso in palestra. I ragazzi stanno giocando, ci sono tutti, anche il professore di ginnastica che mi accoglie con un sorriso e mi dice: «Bentornata! Avevamo proprio bisogno di te, di un buon aiuto allenatore che magari, tra un po’, potrà anche tornare in campo…» Anche i ragazzi si fermano a salutarmi interrompendo l’allenamento e quando Mark si avvicina sento il cuore battere fortissimo. Lui mi fa un sorriso, e mi dà il pallone: «Questo tiro è tuo, forza!» dice. Lo guardo sorridendo anch’io, vado verso il canestro e ci provo. Faccio un salto e la palla lascia le mie dita. Gli sguardi di tutti la seguono mentre fa la sua parabola verso la retìna, tutti con il fiato sospeso aspettano che il pallone ricada… E il pallone, preciso, entra frusciando nel canestro. L’entusiasmo è alle stelle, mi sento libera come una colomba, mi sento libera di fare e di sognare, adesso quel vetro che mi divi- 74 Una svolta alla mia vita deva dal mondo sembra non esistere più. La felicità mi riempie quasi fosse un brivido, non posso ancora credere a tutto quello che mi sta capitando, sembra un sogno in cui io sono la protagonista. Dopotutto una vita senza sogni è come un giardino senza fiori, mi tuffo nel mare della vita che è piena di cambiamenti inaspettati, per arrivare a toccare il cielo con un dito. Ora lo posso di nuovo fare. Capitolo decimo 75 APPENDICE 1. La gabbia di cristallo Istituto Comprensivo di Serre - Scuola Secondaria di primo grado di Serre - Classi II/III B Dirigente scolastico Michele Di Filippo Docenti responsabili dell’Azione Formativa Maria Cristina Morriello, Carmela De Vecchi Gli studenti/scrittori delle classi II/III B Francesca Antoniello, Luigi Carolino, Luca Cibelli, Giusy Carmelina Conte, Cosimo Coppola, Nadia Diana D’Auria, Gabriele De Angelis, Mirko Di Rosario, Anna Maria Georgieva, Antonietta Macellaro, Federica Magliano, Cristian Menza, Emiliana Mottola, Rossella Opramolla, Giuseppe Parra, Morena Salamone, Annalucia Sparviero, Maria Campagna, Angelica Cervino, Marianna Cornetta, Carmine Coviello, Arianna Del Sozzo, Antonio Gugliucciello, Eleonora Maratea, Anna Mazzella, Monia Morcaldi, Angelo Opramolla, Ilaria Opramolla, Miriam Paolino, Vincenzo Perillo, Maria Campagna, Angelica Cervino, Marianna Cornetta, Carmine Coviello, Arianna Del Sozzo, Antonio Gugliucciello, Anna Mazzella, Monia Morcaldi, Angelo Opramolla, Ilaria Opramolla, Miriam Paolino, Vincenzo Perillo, Carmine Potenza, Maria Giovanna Potenza, Gerardo Valente Hanno scritto dell’esperienza: “… Quest’anno la nostra scuola ha avuto la responsabilità di scrivere il primo capitolo e questo, anche dopo le numerose partecipazioni alla Staffetta, ci ha un po’ spiazzati, ma non scoraggiati. Dopo aver letto l’incipit, interessante e molto coinvolgente, abbiamo pensato di partire dalle loro esperienze reali. E’ stato quasi naturale, dopo discussioni e riflessioni collettive, immaginare nel ruolo principale una compagna di scuola che ci è sembrato avesse le caratteristiche del protagonista immaginato dallo scrittore Andrea Valente”. APPENDICE 2. Farò nuovamente canestro Istituto Comprensivo di Siano - Scuola Secondaria di primo grado “Mons. S. M. Corvino” di Siano – Classe II A Dirigente scolastico Eufrasia Lepore Docente responsabile dell’Azione Formativa Emilia Busiello Gli studenti /scrittori della classe II A Clelia Botta, Giovanni Buonocore, Clarissa Capuano, Sara Cerrato, Rocco Corridori, Roberto De Marco, Carmine Di Filippo, Palma Di Filippo, Alfonso Grimaldi, Salvatore Guida, Tommaso Iennaco, Annamaria Leo, Antonio Leo, Daniele Leo, Michele Leo, Veneranda Leo, Roberta Luciano, Federica Picciotto, Serena Fatima Rinaldi, Gennaro Russo, Giandomenico Sarno, Alfonso Francesco Scannella Il disegno è di Federica Picciotto Hanno scritto dell’esperienza: “… L’esperienza vissuta e condivisa del narrare ha coinvolto tutti, perché ciascuno ha trovato il modo giusto per esprimersi creativamente e liberare la fantasia, sia condividendo le proprie scelte con i compagni e con l’insegnante coordinatrice del lavoro, che condividendo la gratificazione per aver compiuto un buon lavoro”. APPENDICE 3. L’incubo diventa realtà Scuola Secondaria di primo grado “Ettore Iaccarino” di Ercolano (NA) – Classe II E Dirigente scolastico Letizia Spagnuolo Docente responsabile dell’Azione Formativa Antonella Borrelli Gli studenti/scrittori della classe II E Salvatore Asile, Pierpaolo Borrelli, Vincenzo Brisciano, Nicola Cozzolino, Vincenzo Di Giovanni, Ilenia De Gaetano, Rita Iacomino, Lucia Liberti, Giacomo Madonna, Luigi Madonna, Manuela Maffei, Martina Maffei, Mariagrazia Oliviero, Rosalba Oliviero, Stefania Omero, Gennaro Ruggiero, Anna Sannino, Giuseppe Scognamiglio, Carmine Siciliano, Pasquale Terracciano, Filippo Ugentini, Ilaria Vitiello Il disegno è di Martina Maffei Hanno scritto dell’esperienza: “… Per noi alunni è stato molto divertente lavorare in gruppo per continuare la storia di Alessia, creare il personaggio del professore di matematica, un insegnante più vicino a noi alunni sia nel modo di vestire che di comportarsi. E’ stata un’esperienza positiva, perché non è stato il solito compito scritto d’italiano: infatti, abbiamo chiesto alla nostra prof. di ripetere l’esperienza”. APPENDICE 4. Un po’ di luce dopo tanto buio Scuola Secondaria di primo grado “E. Iaccarino”di Ercolano - Classe I I Dirigente scolastico Letizia Spagnuolo Docente responsabile dell’Azione Formativa Santa Sannolo Gli studenti/scrittori della classe I I Francesca Aiena, Federica Maria Amendola, Sara Barbato, Antonietta Buonocore, Martina Cozzolino, Federico Cutolo, Giuseppe De Luca, Emanuele De Simone, Salvatore Gargiulo, Rosalia Imperato, Andrea La Ventura, Francesco Marino, Miriam Martucci, Martina Rota, Alessia Ruocco, Pasquale Saba, Gianluca Sangermano, Pietro Pio Scognamiglio, Roberto Stingone, Benedetta Vitale Il disegno è di Francesca Aiena Hanno scritto dell’esperienza: “… L’esperienza della Staffetta di Scrittura Creativa è stata molto entusiasmante. Aver creato un capitolo ha significato tanto: seguire un filo logico che legasse il prima e il dopo; rispettare una certa coerenza di fondo; curare la lingua scritta sul piano sintattico, grammaticale e lessicale; fare uso frequente del discorso diretto per rendere più vive e movimentate le diverse sequenze; dare spazio alla propria immaginazione. Ci siamo sentiti emotivamente coinvolti nella narrazione, e ciò ci ha consentito di far emergere il meglio di noi stessi, sia sul piano della creatività personale che su quello della collaborazione di gruppo. Inoltre, è risultata stimolante l’idea di lavorare in rete con i coetanei delle diverse scuole italiane. Insomma, l’esperienza, per noi, è stata “inebriante”. APPENDICE 5. Una doppia delusione Istituto Comprensivo “San Domenico Savio” di Sicignano degli Alburni - Sede di Petina - Classi II/III C Dirigente scolastico Felice Monaco Docenti responsabili dell’Azione Formativa Antonietta Casciano, Antonietta Caramante Gli studenti/scrittori della classi III C - Noemi Ceglia, Filomena D’Amato, Francesca Pia D’amato, Roberta D’Amato,Teresa Di Meo, PiaMaria Facenda, Romano Luisi, Michele Marchese, Pasquale Pio Martone, Pietro Mastrangelo (16/04/2000), Pietro Mastrangelo (13/05/2000), Romano Melillo, Maddalena Rufrano, Anita Saporito, Francesco Saporito, Giovanni Soldovieri, Ivan Valanzano, Maria Villani II C - Arianna Carleo, Domenico Coiro, Mario Di Poto, Umberto Maltempo, Rocco Marchese, Luigi Mastrangelo, Maria Luisa Matera, Gina Pagnani, Francesco Soldovieri Il disegno è di Anita Saporito, Pasquale Martone Hanno scritto dell’esperienza: “… L’esperienza della Staffetta di Scrittura Creativa è stata molto stimolante per noi studenti dell’Istituto di Petina, perché ci ha dato modo di confrontarci con altre scolaresche e di mettere alla prova le nostre capacità di scrivere, e soprattutto di creare una parte di una storia che, fin dalle prime pagine, ci ha subito interessato e incuriosito. Siamo stati davvero entusiasti di partecipare al progetto, e non vediamo l’ora di conoscere come gli altri studenti porteranno avanti la vicenda”. APPENDICE 6. Il buon giorno si vede dal mattino Istituto Comprensivo di Siano – Classe II B Dirigente scolastico Eufrasia Lepore Docente responsabile dell’Azione formativa Antonella Falbo Gli studenti/scrittori della classe II B Adriana Aliberti, Massimiliano Aliberti, Rita Aliberti, Sabato Aliberti, Ferdinando Bellini, Raffaele Caiazza, Rocco Caiazza, Luca Costabile, Federica De Marco, Gerardo Di Benedetto, Antonio Di Filippo, Maria Di Filippo, Noemi Di Filippo, Nicola Di Filippo, Maria Rosa Esposito, Syria Ferdani, Francesca Pia Loria, Pietro Noia, Francesca Paradiso, Alessandro Riccio, Simone Sorrentino, Virginia Tranzillo, Mario Trezza Il disegno è di Gerardo Di Benedetto Hanno scritto dell’esperienza: “… Entusiasmo, divertimento, impegno, condivisione e un pizzico di tensione sono stati gli ingredienti che hanno animato questo nostro percorso di scrittura creativa. Si è trattata di un’esperienza insolita e particolarmente entusiasmante. Anche se abbiamo prodotto diversi testi narrativi, l’idea di dover scrivere il capitolo di un libricino ci ha fatto sentire importanti. Ci siamo sentiti dei piccoli scrittori in erba super impegnati! Sì, l’impegno e la responsabilità sono stati tanti, ciascuno ha dato un contributo, abbiamo lavorato in sintonia, facendo gioco di squadra. Abbiamo seguito con attesa trepidante il susseguirsi dei vari capitoli e, arrivato il nostro turno, abbiamo dispiegato le ali della fantasia!”. APPENDICE 7. Fra sogno e realtà Istituto Comprensivo “Amedeo Maiuri” di Pompei – Classi I/III G Dirigente scolastico Fiorenzo Gargiulo Docente responsabile dell’Azione Formativa Giovanna Sorrentino Gli studenti/scrittori delle classi I G - Marinella Cirillo, Pia Martina Forte, Dario Langellotti, Lorena Amelia Lippoli, Francesca Maria Marinelli, Valeria Nina, Irene Raimo, Francesco Schettino III G - Giovanni Avino, Antonella Balzano, Carmine Brizio, Mariarosaria Carbone, Mariarosaria Cirillo, Valerio Costantino, Domenico De Martino, Claudia Iovene, Erika Langella, Marika Manco, Francesca Marano, Pasquale Milito, Maria Rosaria Nanni, Antonio Raimo, Alessia Scafarto, Vincenzo Scarfati, Hannora Somuah, Raffaele Staibano, Sara Ursini, Paolo Vitiello Il disegno è di Marinella Cirillo “… L’esperienza è stata molto interessante, in quanto due gruppi-classe si sono trovati a lavorare insieme, riuscendo alla fine a comporre un racconto in cui tutti si riconoscono, e al quale ciascuno ha dato il proprio contributo. Tutto si è svolto in un clima di serenità ed allegria, e i ragazzi hanno scritto senza pensare di fare un compito”. APPENDICE 8. Che delusione! Istituto Comprensivo “Amedeo Maiuri” di Pompei – Classi I/II I Dirigente scolastico Fiorenzo Gargiulo Docente responsabile dell’Azione Formativa Rosalba Palomba Gli studenti/scrittori delle classi I I - Tommaso Ambruoso, Francesco Aquino, Samuele Cascone,Vincenzo De Simone, Simone Manzo, Giovanna Mastroianni, Davide Minniti, Ludovica Nardone, Antonietta Pescina, Angela Pirone, Carmine Graziuso, Gaetano Longobardi II I - Ciro Aiello, Luigi Aquino, Anna Avvisati, Ilenia Bergonzini, Alessio Bianco, Maria Capoluongo, Marialuisa Cesarano, Antonio Cretella, Irina Curt, Catello D’Apice, Massimo D’Auria, Luigi De Simone, Raffaele Iervolino, Fatima Limelli, Gennaro Manfredi, Francesco Nanni, Matteo Rispoli, Giuseppe Severino, Amelia Tabacchino Il disegno è di Giovanna Mastroianni, Ludovica Nardone Hanno scritto dell’esperienza: “… Che dire! Ormai siamo dei veterani, questa è la nostra seconda staffetta. Ci piace essere, per un po’, scrittori in erba. Troviamo sempre interessante unire la nostra creatività con quella di altri ragazzi, e scoprire che dalla collaborazione nasce un piccolo capolavoro. E per smentire i luoghi comuni che a volte gli adulti attribuiscono a noi ragazzi, leggendo questi capitoli possiamo affermare che abbiamo una grande ricchezza: l’immaginazione, la fantasia. Amiamo la staffetta perché la consegna del testimone (il capitolo) da una squadra all’altra, crea lo spirito di collaborazione e non di rivalità, e ci fa appartenere ad un’unica realtà: l’adolescenza”. APPENDICE 9. Il momento della verità Istituto Comprensivo “Mazzini - Don Milani” di San Valentino Torio - Classe II C Dirigente scolastico Mariagrazia Gervilli Docente responsabile dell’Azione Formativa Arianna Botta Gli studenti/scrittori della classe II C Pasquale Accardo, Immacolata Arpino, Simone Auricchio, Graziano Barretta Pio, Angela Califano, Ernesto Carbone, Valeriano Comunale, Gaetano Coppola, Antonietta D’Ambrosi, Giulia Esposito Giudice, Christian Franza, Francesca Longobardi, Francesco Martorelli, Luigi Migliaro, Mirchev David Dimitrov, Simona Mosca, Alfonso Napoletano, Biagio Oliva, Carmine Qaissi, Rosamaria Ruggiero, Rosaria Ruggiero, Carlo Sirica, Dorapia Strianese, Vincenzo Aniello Tortora Il disegno è di Christian Franza Hanno scritto dell’esperienza: “… Stimolante opportunità di confronto tra i ragazzi, che offre la possibilità concreta di imparare a gestire le diverse personalità in un gruppo che si è responsabilizzato sempre di più lungo il percorso. Ma c’è di più: la possibilità di vivere un testo dall’interno, partecipando alle diverse fasi di elaborazione della storia, ha incuriosito fortemente i ragazzi che, sentendosi artefici attivi di un libro, hanno indirettamente imparato cosa significhi mettere ordine ai propri pensieri, elaborando consapevolmente il rapporto causa/effetto degli avvenimenti, e capendo da vicino i problemi di stile e tecnica che di volta in volta sono emersi”. APPENDICE 10. Una svolta alla mia vita Istituto Comprensivo “Mazzini - Don Milani” di San Valentino Torio - Classe III D Dirigente scolastico Mariagrazia Gervilli Docente responsabile dell’Azione Formativa Filomena D’avino Gli studenti/scrittori della classe III D Sara Adinolfi, Simone Artillo, Domenica Ascolese, Alessia Barbati, Margherita Baselice, Principio Belmonte, Alessandro Cavaliere, Michele Coppola, Armando D’Ambrosi, Biagio D’Ambrosi, Giuseppe De Filippo, Nicoletta Di Lorenzo, Pasquale Mancuso, Rosalba Miranda, Giuseppe Ruggiero, Maria Lisa Squitieri, Carmine Vastola, Giovan Battista Vastola, Giovanna Vastola, Salvatore Vergati Il disegno è di Alessia Barbati, Pasquale Mancuso, Giovan Battista Vastola Hanno scritto dell’esperienza: “… Per noi ragazzi partecipare alla Staffetta è stato un modo per ampliare il nostro bagaglio culturale. Inoltre, non solo abbiamo avuto l’occasione di dare sfogo alla nostra creatività, ma anche di confrontarci con altri nostri coetanei provenienti da un mondo scolastico diverso. La lettura dei capitoli precedenti ci ha fatto riflettere su differenti tematiche che colpiscono noi ragazzi, ma ha anche stimolato la nostra criticità. Certamente, possiamo concludere dicendo che sia stata un’esperienza costruttiva e al contempo formativa”. INDICE Incipit di Andrea Valente ................................................................................pag 14 Cap. 1 La gabbia di cristallo ..............................................................................» 16 Cap. 2 Farò nuovamente canestro ....................................................................» 24 Cap. 3 L’incubo diventa realtà ............................................................................» 32 Cap. 4 Un po’ di luce dopo tanto buio ............................................................» 38 Cap. 5 Una doppia delusione ............................................................................» 44 Cap. 6 Il buon giorno si vede dal mattino ........................................................» 50 Cap. 7 Fra sogno e realtà ....................................................................................» 56 Cap. 8 Che delusione! ............................................................................................» 60 Cap. 9 Il momento della verità ............................................................................» 66 Cap. 10 Una svolta alla mia vita ........................................................................» 72 Appendici ..................................................................................................................» 76 Finito di stampare nel mese di aprile 2014 da Tipografia Gutenberg, Fisciano (SA) La gabbia di cristallo Farò nuovamente canestro L’incubo diventa realtà Un po’ di luce dopo tanto buio Una doppia delusione Il buon giorno si vede dal mattino Fra sogno e realtà Che delusione! Il momento della verità Una svolta alla mia vita