IO FOTOGRAFA
Fissa o variabile?
no dei blablabla più ricorrenti tra fotoamatori “nati imparati” riguarda il
confronto di prestazioni tra
obiettivi a focale fissa e obiettivi
zoom, quasi fosse una gara. Se ne
parla prevalentemente per fattori
qualitativi, con opinioni basate su
parametri quali nitidezza, luminosità, velocità di messa a fuoco, distorsioni eccetera. Più raramente si
discute di modalità compositive e
relative differenze, se non in termini negativi riferiti ai presunti limiti
di composizione degli obiettivi fissi, e le osservazioni più frequenti in
merito tipo “Sono troppo lungo o
troppo corto” oppure “I fissi danno
più soddisfazioni in termini di qualità, ma
tocca muoversi per ottenere l’inquadratura
giusta” non sono quasi mai accompagnate
da riferimenti sulle condizioni di ripresa,
l’unica discriminante che forse potrebbe
giustificare affermazioni così categoriche.
Per discutere con cognizione di causa si
dovrebbe specificare di quale genere fotografico si sta parlando e in quale situazione
ci si trova perché cambia molto sapere se si
è in montagna sull’orlo di un burrone (e
dunque limitati nei movimenti) oppure se si
U
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di Claudia Rocchini
moltissimi casi gli obiettivi zoom vengono
considerati solo ed esclusivamente in base
al fattore di ingrandimento senza
che ci si ponga il problema di come
funzionino tecnicamente né di conseguenza il loro corretto utilizzo.
Durante una recente escursione
naturalistica, un ragazzo con attrezzatura professionale, una reflex full
frame con un tele da 300mm fisso
luminosità f/2.8, era molto interessato alla mia attrezzatura, soprattutto all’obiettivo (un 70-200mm con
duplicatore di focale): “Volevo
prenderlo, ho scelto il 300mm per la
qualità, ma lo voglio vendere perché con i fissi non mi trovo bene a
comporre. Lo zoom è più comodo, non mi
devo muovere e i risultati non cambiano”.
Di fronte a simili castronerie, dette con molta convinzione, è inutile discutere. E poi
avevo voglia di provare il suo obiettivo, così gli ho proposto di fare uno scambio con il
mio e di valutare sul campo la resa.
Mi sono molto divertita a osservarlo fotografare perché già immaginavo il comportamento: infatti, anche in presenza di soggetti
statici e con possibilità di avvicinarsi considerevolmente, si limitava a maneggiare il
Parliamo di lunghezza
focale degli obiettivi. Cosa
cambia fra uno zoom e
un’ottica a focale fissa?
Quali sono le differenze
di prospettiva e
composizione?
AGOSTO 2010 FOTOGRAFIA REFLEX
è in un prato alpino con infinite possibilità
di azione. L’argomento principe a sostegno
degli obiettivi zoom è che essendo dotati di
molteplici escursioni focali vengono ritenuti più comodi perché “permettono di avvicinare e allontanare il soggetto inquadrato”.
Punto.
Ciò che stupisce è che quasi mai si parla
di come cambia la prospettiva a seconda del
tipo di focale scelta o subìta, come se questa variabile fosse ininfluente per la resa finale dello scatto. Da ciò si deduce che in
barilotto dello zoom alla ricerca della giusta
inquadratura, senza mai muoversi dal punto
in cui era: “Caspita quanto è comodo lo
zoom! E se anche tu l’hai preferito al fisso
un motivo ci sarà”. Il motivo, avrei potuto
rispondere, è solo la comodità di non dover
portare con me troppi obiettivi, ma quando
e se possibile uso lo zoom come se fosse un
fisso.
Invece ho preferito stimolarlo con domande ad hoc: “Ti sei mai chiesto perché
sugli zoom sono riportate le lunghezze focali? A cosa dovrebbero servire visto che
secondo te il barilotto serve solo per ingrandire o rimpicciolire i soggetti?”. E ancora: “Lo sai che zoomando cambia non solo l’inquadratura ma anche la focale e, di
conseguenza, tutta la prospettiva?” E infine: “Non ti sfiora il dubbio che uno zoom,
fermo restando che ci siano le condizioni di
ripresa adatte, andrebbe usato come se fosse un fisso e l’unica differenza è che non sei
costretto a cambiare obiettivo?”.
E’ andato in crisi, senza sapere cosa rispondere. Gli ho proposto alcuni esercizi,
basati sul cambio di focale e di distanza dal
soggetto, adatti a verificare le variazioni
della prospettiva. Tenendo come riferimento la stessa scena che aveva fotografato fino
Nella pagina a fianco e sopra, un Girifalco (Falco rusticolus), nato in cattività e ripreso alle Oasi di Sant’Alessio (PV) durante una sessione di falconeria condotta da Roberto Mazzetti, maestro falconiere. In priorità di diaframma, l’obiettivo fisso a 180mm con duplicatore mi è stato
molto utile nella composizione d’istinto sia nella fase di stallo sia durante la picchiata del falco. Sotto, un Pellicano riccio (Pelecanus crispus) durante una planata prevista. E’ una foto sbagliata: la scelta della modalità manuale e lo zoom 70-300mm a 170mm, utilizzato per il solo fattore di ingradimento, hanno portato a evidenti errori compositivi e di esposizione.
FOTOGRAFIA REFLEX AGOSTO 2010
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Tre esempi di scatti ottenuti utilizzando
lo zoom alla massima escursione focale,
300mm, in tre modalità differenti:
manuale, priorità di tempi e priorità di
diaframma. Nelle foto dei martin
pescatori e degli aironi (a sinistra) non
avevo possibilità di avvicinarmi né di
pensare alla composizione, dunque la
scelta è stata obbligata. Viceversa nella
foto del pappagallo in acrobazia a testa
in giù (sopra), ho avuto sia il tempo di
gestire in manuale le impostazioni della
fotocamera sia di comporre la
fotografia: mi è bastato attendere il
momento giusto.
a quel momento (soggetto statico su sfondo
distante) gli ho detto di ribaltare il suo approccio comportamentale, facendogli selezionare la focale desiderata prima di scattare e partendo da 70mm. Poi gli ho fatto impostare la focale a 135mm e visto che si voleva mantenere la stessa inquadratura e dimensione del soggetto, l’ho costretto ad allontanarsi. Infine, stesso procedimento a
200mm. Visionando i tre scatti, si è accorto
che a 70mm era presente maggiore sfondo a
una determinata prospettiva, a 135mm lo
sfondo era più vicino e sembrava essercene
di meno (effetto causato dall’inizio di compressione della prospettiva) mentre a
200mm addirittura sembrava essere tutt’uno con il soggetto perché la prospettiva veniva notevolmente compressa.
Vedendolo ancora perplesso e poco con-
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AGOSTO 2010 FOTOGRAFIA REFLEX
vinto, gli ho fatto l’esempio di quanto succede con le riprese cinematografiche: è la
stessa differenza tra carrellata e zoomata,
nel primo caso (obiettivo fisso) si ha sempre la stessa focale ma avvicinandosi e allontanandosi cambia la prospettiva; nel secondo caso (obiettivo zoom) si ingrandisce
via via l’immagine che si ha nel mirino perché variando la focale cambia anche la prospettiva. Lo stesso discorso vale per gli
zoom grandangolari, l’unica differenza è
che con focali corte avremo più soggetti
nella scena con sfondo più visibile, ma il
meccanismo non cambia. “Esistono zoom
grandangolari?”, ha candidamente replicato
il ragazzo, dimostrando la purtroppo diffusa equazione “zoom uguale ingrandimento
uguale teleobiettivo”. Incuriosita, gli ho
chiesto come mai, essendo palesemente agli
inizi, avesse scelto un corredo professionale: “Mi permette di ottenere fotografie da
urlo e di imparare strada facendo con la miglior attrezzatura a disposizione”. Sigh.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza,
proviamo a individuare alcuni dei più diffusi luoghi comuni legati alle prestazioni e all’utilizzo di obiettivi fissi e zoom. Partiamo
da un semplice assunto: non si può dire cosa è meglio o cosa è peggio, perché la scelta dell’obiettivo è o dovrebbe essere un mero fattore espressivo, legato alla predisposizione personale e al genere fotografico preferito. L’importante è conoscere peculiarità
e caratteristiche degli obiettivi in base a ciò
che si vuole raccontare fotograficamente:
sapere come si comportano in differenti situazioni (per esempio come varia la prospettiva) permette di previsualizzare l’im-
magine, e abbiamo già detto come la previsualizzazione si rivela fondamentale per
“giocare” anche con l’impatto emotivo di
una fotografia.
Altra caratteristica che, se presa da sola, è
decisamente poco utile per una corretta
scelta è quando si valuta l’apertura come discriminante, vedi il mito dello zoom a f/2.8
(con il risultato che uno zoom con questa
luminosità, alla massima focale costerà
molto di più del fisso corrispondente). Perché prima non proviamo a chiederci come
siamo predisposti nei confronti delle varie
lunghezze focali? Come pensiamo di utilizzare lo zoom? Lo useremo prevalentemente
per il suo fattore di ingrandimento rimanendo fissi in una postazione, oppure lo considereremo come una serie di ottiche fisse,
impostando di volta in volta la focale che ci
interessa e muovendoci per comporre?
E qui diventa discriminante non tanto la
luminosità e/o la focale ma il genere fotografico che prediligiamo perché è chiaro
che se per esempio ci dedichiamo prevalentemente alla fotografia sportiva (vedi fotografie a bordo campo durante una partita di
calcio) sarà corretto utilizzare lo zoom per
il fattore di ingrandimento: a priori non
possiamo sapere dove si svolgerà l’azione e
non possiamo di certo utilizzare più fotocamere con differenti obiettivi, così dovremo
sfruttare lo zoom per arrivare proprio lì dove c’è l’azione per poterla raccontare. Ma
se ci dedichiamo per esempio alla macro o
alla paesaggistica, generi in cui si utilizzano prevalentemente diaframmi chiusi e si ha
tutto il tempo per muoversi e pensare a come comporre, a cosa ci servirà uno zoom
con quella luminosità?
Riguardo la composizione, la teoria insegna come “gli elementi che contribuiscono
alla corretta composizione sono le linee, le
forme, i colori o le aree bianche, nere e grigie nelle immagini bianconero. Essi devono
essere in relazione l’uno con l’altro all’interno della fotografia per creare una disposizione armoniosa e mantenere lo sguardo
all’interno della cornice”. (Dalla visione all’inquadratura – Come trasformare in fotografia la vostra intuizione visiva, di Ernst
Wildi per La Biblioteca del fotografo, Editrice Reflex). Questi principi si assorbono
molto meglio quando si inizia a fotografare
utilizzando obiettivi fissi e non si è ancora
scelto un genere fotografico preferito, perché si è costretti a pensare alla composizione fino a quando non diverrà automatica, e
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A lato, due oche
selvatiche sulla riva
di una torbiera.
Nonostante avessi
il tempo di studiare
la composizione,
sono stata costretta
a utilizzare lo zoom
per il fattore di
ingrandimento, non
era il caso di
affrontare un
bagno fuori
stagione (Nikon
D700, 70-300mm Vr
a185mm, modalità
manuale, 1/320, f/5,
1600 ISO). Sotto, un
esemplare di aquila
reale (Aquila
chrysaetos): avrei
potuto scegliere la
focale e muovermi
per comporre, ma la
pigrizia ha avuto la
meglio (Nikon D700,
70-300mm Vr a
210mm, modalità
manuale, 1/640,
f/5.6, 1000 ISO)
solo a quel punto, a mio avviso, potremo
passare agli zoom. Invece oggigiorno si
parte con gli obiettivi zoom per arrivare ai
fissi convinti che “la qualità dei fissi sia
molto superiore rispetto agli zoom”. Ciò
può essere vero se parliamo di zoom standard o di medio livello, ma con gli zoom
professionali, a sentire i professionisti, le
differenze non sono poi così notevoli figuriamoci dunque per noi “semplici” fotoamatori. Per non parlare dei costi, (un obiettivo fisso che apre a f/2.8 costa di meno rispetto allo zoom corrispondente, dotato
cioè di quell’apertura alla massima focale),
del minor peso, della maggior velocità di
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messa a fuoco e delle maggiori aperture disponibili.
Uno degli errori compositivi più frequenti quando si utilizza un teleobiettivo zoom
in prevalenza per il fattore di ingrandimento, cioè quando non si sceglie a priori la focale perché non si può oppure perché non si
ritiene sia importante, sono le composizioni
troppo strette con soggetto centrale. Così
facendo si finisce col dare troppa importanza al soggetto principale a scapito del corretto bilanciamento nella fotografia di tutti
gli elementi. Perché succede ciò? Per pigrizia e perché abbiamo assorbito abitudini errate: l’ansia di ingrandire per ottenere più
dettagli possibile ci fa trascurare quasi del
tutto gli altri elementi della scena, vedi la
fotografia del pellicano in planata sull’acqua. Suggestiva, certo, ma con composizione stretta, centrale e con l’aggiunta di errori espositivi dovuti a fretta e distrazione.
E questo ci porta direttamente a un altro
punto critico dell’utilizzo dello zoom, cioè
l’eccesso di possibilità compositive. Teniamo presente che appena prima di scattare
siamo costretti in pochi attimi a fare una serie di scelte: studio della composizione,
modalità di scatto, diaframma, sovra o sottoesposizione ed eventuale compensazioni,
bilanciamento del bianco, valori ISO, lunghezza focale eccetera. Con lo zoom la vita
si complica e se lo utilizziamo solo per il
fattore di ingrandimento ci dimenticheremo
molto di frequente che con il variare della
lunghezza focale varia anche la luminosità.
Molti sono convinti che basti lavorare a
priorità di diaframmi per non preoccuparsi
più, salvo poi stupirsi degli scatti mediocri
e sostenere nei casi più assurdi che “quell’obiettivo non è poi così luminoso come
credevo”.
Se poi si fotografa in manuale, che è
quanto stavo facendo con la fotografia del
pellicano, la questione si fa ancora più complessa, perché se varia l’apertura non interviene la fotocamera per le opportune modifiche degli altri parametri, ma dovremo
pensarci noi. Però nella maggior parte dei
casi o ce ne scordiamo o non ne abbiamo il
tempo. Se avessi avuto un obiettivo fisso o
se avessi utilizzato lo zoom in modo corretto scegliendo una focale e tenendola per tut-
Volevo esercitarmi sulla composizione di
soggetti in movimento e/o a rischio di
movimento diversamente dal mio solito
approccio. Ho così scelto di dedicarmi alle
riprese di frenetici gattini in un fienile, e per
non avere troppe cose cui pensare ho
lavorato in priorità di diaframma utilizzando
un 50mm a focale fissa col diaframma aperto
a f/1.4. Ottenere inquadrature suggestive è
stato più semplice di quanto pensassi.
ta la planata, non sarei caduta negli errori
fatti. Sarà anche vero, se si sbaglia poco
probabilmente non si sta facendo nulla di
interessante, ma questi errori capitano molto di meno con i fissi perché siamo costretti a calcolare in anticipo la composizione,
anche nel caso di soggetti in movimento.
E dunque, ciò detto, non vale forse la pena considerare le minor scelte compositive
degli obiettivi fissi come un vantaggio e
non un limite perché abbiamo una cosa in
meno cui pensare prima dello scatto? Ricordiamoci poi che quando avremo imparato la resa prospettica delle varie focali, arriveremo a sapere in automatico come verrà
una fotografia, ma se non sappiamo come si
comporta il nostro obiettivo a 18, 24, 35,
50, 70, 135, 200mm e via dicendo, perché
non ce ne preoccupiamo, nel tempo arriveremo a mettere in dubbio la nostra capacità
di previsualizzazione, un elemento, questo,
che andrebbe preservato molto di più di
mille tecnicismi.
Un ultimo punto, importante per capire
come mai la qualità fotografica amatoriale
sembra essere in generale piuttosto mediocre, è che l’avvento della tecnologia digitale con relative vendite di kit composti da
corpo macchina e obiettivi zoom, hanno involontariamente portato a una diseducazione alla corretta composizione. In passato i
corpi macchina venivano venduti con un
50mm a corredo, mentre oggi chi acquista
un kit entry level con zoom standard 18-
55mm sarà portato a scegliere, in aggiunta
al corredo di base, uno zoom più potente
che copre ulteriori lunghezze focali piuttosto che comprare un obiettivo fisso. Chiariamo: non necessariamente questo tipo di
approccio è scorretto, ma lo diventa nel momento in cui non ci si preoccupa di approfondire il funzionamento degli obiettivi,
per ritrovarsi con centinaia di fotografie
dozzinali e magari a dare pure la colpa all
l’attrezzatura.
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IO FOTOGRAFA Parliamo di lunghezza focale degli obiettivi. Cosa