INDUSTRIA VICENTINA Associazione Industriali della Provincia di Vicenza DICEMBRE 2000 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia 4/00 L’ANNO IL PAESE DI DEI BACCO BALOCCHI GIOCHI, GIOSTRE, UN’ANNATA ECCEZIONALE, TRENINI, ILPELUCHE 2000, PER E GIOCATTOLI: IL VINO: UVE SANE, ECCO VINI DI L’INDUSTRIA PREGIO. ECCO COME DEL È ANDATA DIVERTIMENTO NEL VICENTINO ROSSANO, LA VALLE TUTTA INCANTATA LA VERITÀ C’È UN POLO ROSSANO VENETO DELLE FORGE È STATO DENTRO PER DIPINTO LA VAL ANNI D’ASTICO COL CLICHÉ E UN’INDUSTRIA DEL PAESE “TUTTOCHE LAVORO VIVE E PROTETTA POCA CULTURA”. DAI MONTI È PROPRIO VERO? PICCOLO BELLE QUANTE È SNELLO ITALIE IILVO RISULTATI DIAMANTI DI UNA COMMENTA RICERCA LA MAPPA SULLA RISPOSTA DI UN’ITALIA DELLE CHE GIRAALLE IMPRESE A PIÙ SFIDE VELOCITÀ FUTURE MEMORIE DI GUERRA NOVECENTO VICENTINO UN SECOLO MARIO RIGONI DISTERN ARTE HA IN MOSTRA CURATO UN GRAZIE LIBRO SULLA GRANDE ALLE COLLEZIONI GUERRA. PER NONPRIVATE DIMENTICARE 1 8 8 1 c e n t o v e 2 0 0 1 n t i a n n i d t i p o g r a f i a @ r u m o r . i t i q u a l i t à Se anche Ciampi parla di competitività CORSIVO N el suo discorso di fine anno, e di fi- grandi “rivoluzioni” del decennio appene millennio, il presidente della Re- na concluso: globalizzazione, Internet e pubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha in- moneta unica europea. Questi tre camtrodotto un concetto chiave: competiti- biamenti hanno reso più trasparente il vità. “Le cose – ha detto – andranno mondo nel quale viviamo e nello stesso tanto meglio per tutti noi quanto più sa- tempo hanno facilitato il confronto. Ogremo competitivi. Questo vuol dire pro- gi le differenze di cultura, di capacità gredire più in fretta degli altri in tutti i innovativa, di flessibilità, di organizzacampi: nell’intuire gli orientamenti dei zione, di efficienza, e così via, si vedono mercati, nell’ammodernare i metodi di e hanno degli effetti molto concreti. Ad produzione con un personale più prepa- esempio, sulla predisposizione ad inverato e con tecnologie più avanzate, nel stire in un luogo piuttosto che in un altro. Il richiamo del potenziare le infraLo ha evidenziato anche presidente della Restrutture e nel mipubblica giunge gliorare i servizi. il presidente della quindi a proposito, Sono in gara non Repubblica Ciampi: e serve a convincersolo le imprese, ma ci della validità del tutto il paese, il sila competitività è una lavoro fatto dall’Asstema Italia”. questione nazionale. sociazione induLe parole del presidente Ciampi sono Sono in gioco gli interessi striali e da Confindustria. consolanti. Per anni di tutti, non soltanto Gli obiettivi sono le nostre organizzaquelli delle imprese. quelli indicati da zioni hanno insistito tempo: ridurre i cosulla necessità di esEssere più competitivi sti di sistema per la sere più competitivi come paese significa crescita delle impree di costruire un ambiente favorevole progredire più in fretta. se; semplificare e rendere più efficace alle attività imprenditoriali. Per anni abbiamo sottolineato la pubblica amministrazione; creare veri le carenze infrastrutturali, l’inefficienza mercati tramite privatizzazioni e liberadella burocrazia, le rigidità del mercato lizzazioni; investire nell’economia della del lavoro, le debolezze del sistema for- conoscenza, che vuol dire formazione, mativo. Sembrava che tutto questo in ma anche flessibilità e un sistema di fondo riguardasse solo le imprese, che welfare che incentivi il lavoro. L’augurio fosse un discorso fatto per difendere i è che, grazie anche al sostegno morale nostri interessi. Senza vedere quanto in di una personalità come Ciampi, questi realtà fossero in gioco gli interessi di obiettivi diventino parte integrante delle tutti. Come ha invece giustamente evi- prossime politiche di governo. denziato Ciampi, la competitività è una Valentino Ziche questione nazionale. Questa è una conseguenza delle tre Presidente Associazione industriali di Vicenza 1 SOMMARIO INDUSTRIA VICENTINA Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza. Direttore responsabile Stefano Pernigotti Caporedattore Stefano Tomasoni Hanno collaborato Antonio Di Lorenzo, Eros Maccioni, Anna Madron, Maurizio Mascarin, Enzo Rullani Progetto grafico Patrizia Peruffo Stampa Tipografia Rumor S.p.A., Vicenza Pubblicità Oepi, Verona Editore Istituto promozionale per l’industria srl Piazza Castello, 3 - Vicenza Anno diciottesimo Numero 4. Dicembre 2000 Una copia L. 8.000. Registrazione Tribunale di Vicenza n. 431 del 23.2.1982 Questo numero è stato stampato e diffuso in 4.900 copie. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni senza autorizzazione e senza citare la fonte. Archivio Associazione industriali di Vicenza pag. 8, 14 in alto, 15, 16, 54, 55; Archivio Artel 39 in alto; Archivio Bdf 46 in basso; Archivio Cantina Beato Bartolomeo da Breganze 25; Archivio Cantina sociale dei Colli Vicentini 21 a dx, 23 in basso; Archivio Caoduro 46 in alto; Archivio Casa vinicola Zonin 18/19, 21 a sin., 22, 23 in alto, 24; Archivio Ceis 34, 35; Archivio consorzio Vicenza Export 47; Archivio Esse Solai 56 in basso; Archivio Gruppo Mastrotto 38 in basso; Archivio Fiam Utensili pneumatici 5, 10, 12; Archivio Flavio Albanese 40, 41, 42, 43; Archivio Foc Ciscato 7; Archivio Franco Ziche 56 in alto; Archivio Marelli motori 14 in basso; Archivio Pfm 36; Archivio Rigoni di Asiago 39 in basso; Archivio Taplast 38 a dx; Cesare Gerolimetto 26, 28, 30, 31, 32, 33; Gabriella Bernardotto 44; Volume "1915-1918. La guerra sugli altipiani", ed. Neri Pozza, a cura di M. Rigoni Stern, 48, 49, 50, 51, 52. Copertina: Archivio Cantina sociale dei Colli Vicentini e Casa vinicola Zonin. CORSIVO 1 Se anche Ciampi parla di competitività di Valentino Ziche FOCUS 5 Piccolo è snello In che modo le imprese vicentine stanno affrontando le sfide e i problemi del mercato globale? Una ricerca commissionata da Assindustria a Icon Intermatrix fornisce risposte rivelatrici per capire il nostro modo di competere e delinea un quadro nel contempo prevedibile e sconcertante. di Enzo Rullani ARGOMENTI 12 Professione uomo Dalla scuola non esce un’offerta di professionalità in linea con i reali bisogni del mondo produttivo. Investire in formazione diventa perciò un imperativo per le aziende, che hanno il compito di formare non solo dei professionisti, ma anche degli uomini. Ecco alcune testimonianze aziendali. di Stefano Tomasoni VICENZA PRODUCE 18 L’anno di Bacco Il 2000 verrà ricordato come un’annata eccezionale, per i produttori di vino. Vendemmia perfetta, produzione un po’ inferiore alla norma, ma qualità assai superiore: risultato, uve sane e mature, vini di gran pregio. Nostra inchiesta tra le case vinicole vicentine per raccontare un’annata da incorniciare. di Anna Madron ITINERARI INDUSTRIALI 26 Tutta la verità sul caso Rossano Rossano Veneto, piccolo comune del Bassanese pieno di imprese e di partite Iva, è diventato negli ultimi anni l’emblema di un certo Nordest, dipinto dalla stampa e dalle tivù nazionali come lo stereotipo e il cliché del paese “tutto lavoro, soldi e poca cultura”. Vero? Falso? Siamo andati a controllare. di Stefano Tomasoni IMPRESE 34 Calpestati e contenti La Ceis di Romano d’Ezzelino realizza da quarant’anni in tutta Italia e anche all’estero campi da calcio, da rugby, e da golf, e poi piste di atletica e campi da tennis. È il punto di appoggio di mille imprese sportive. di Eros Maccioni 36 Se l’azienda mette la città nella rete È partita dalla Pfm di Torrebelvicino un’iniziativa nuova per il web vicentino: un portale locale, dedicato a Schio, per informare su una specifica realtà territoriale attraverso la rete. 38 Impresaflash PERSONAGGI 40 Un uomo da raccontare Flavio Albanese ha aperto cantieri in mezzo mondo, frequenta e ospita personaggi e artisti tra i più famosi e prestigiosi, ha interessi sempre nuovi. E ha una sua idea del fare impresa: “un’azienda deve puntare a redistribuire benessere dentro e attorno a sè, come fossero spore”. di Antonio Di Lorenzo GIRO DEL MONDO 44 Il risveglio del gigante Dopo le traversie finanziarie e la crisi economica degli ultimi anni, la Russia sta riprendendo ad essere un mercato interessante e in crescita. Su cui già più di qualche azienda vicentina, con le dovute attenzioni, sta puntando. di Maurizio Mascarin e Stefano Tomasoni SOCIETÀ E CULTURA 48 La guerra e la memoria Arriva opportuno e tempestivo, al momento di salutare il secolo delle due guerre mondiali, il libro “1915-1918. La guerra sugli altipiani”, curato da Mario Rigoni Stern. Un’occasione per rinsaldare la memoria di ciò che quel conflitto, deciso sulla linea dal Pasubio al Brenta, ha significato per la nostra terra. di Mario Rigoni Stern RUBRICHE 54 Assoflash 58 Osservatorio Piccolo è snello FOCUS L’Associazione industriali ha commissionato una ricerca per verificare come le imprese vicentine stanno affrontando le sfide e i problemi del mercato globale. Enzo Rullani, autorevole osservatore della realtà industriale del Nordest, spiega in questo articolo perché il quadro che emerge è insieme prevedibile e sconcertante. 5 L ’Associazione industriali di Vicenza ha commissionato a Icon Intermatrix una ricerca su come le imprese della provincia si pongono alle frontiere del mercato globale. Il quadro che emerge dalla ricerca è, insieme, prevedibile e sconcertante. Prevedibile perché conferma ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, le caratteristiche portanti del modello di industrializzazione vicentino: imprese di nicchia (o comunque product oriented) che rispondono in modo flessibile alle esigenze del cliente (servizio al cliente) badando però ai costi, in modo da avere un moderato vantaggio di prezzo rispetto a concorrenti più grandi e consolidati. È anche un quadro sconcertante perché la formula di business collaudata ha ancora oggi un tale appeal, nelle valutazioni strategiche degli imprenditori, da mettere in secondo piano altre sfide e possibilità. È come se la forza di una continuità “vincente” fosse diventata alla fine sottilmente auto-referente, gettando un cono d’ombra sui cambiamenti che stanno maturando altrove e che qui arrivano sotto forma di echi sfumati, assai meno perentori di quanto appaiono ai maggiori osservatori e operatori dell’economia mondiale. Per capire il significato di questo paradosso – il senso acuto di continuità che allontana psicologicamente da noi una rivoluzione a cui non potremo in alcun modo sottrarci – bisogna avere presente la “specialità” del modello vicentino di industrializzazione. Un modello che è basato sul principio chiave del capitalismo familiare: contare sulle proprie forze e sulle proprie capacità di relazione. Corollario: meglio lasciar perdere i fenomeni che si verificano troppo lontano, o che sono fuori scala rispetto alla propria nicchia e alla propria dimensione. FOCUS 6 Intendiamoci: osservare, discutere, monitorare quello che sta succedendo nel mondo, va bene. Ma quando si tratta di agire e di investire soldi, meglio andare sul sicuro e fidarsi del già noto. In altre parole: pensare in grande è bene, ma agire in piccolo è anche meglio. Un modo di vivere e competere che rende vincente il piccolo se rimane leggero, capace di penetrare negli interstizi, di aderire all’imprevisto, di galleggiare nella tempesta, restando ben attenti ad approfittare delle opportunità che possono capitare. L’impresa snella? Abita già qui Vent’anni fa i giapponesi hanno trasformato in mito la produzione snella (lean production), fatta just in time con molti fornitori e pochissime scorte. A loro volta, gli americani, sedotti da questa parola d’ordine, hanno cominciato ad alleggerire i costi generali e le pesanti bardature organizzative delle loro corporations, per avere imprese maggiormente agili e dinamiche. A forza di innovazioni (e cure dimagranti) sembra che ci siano riusciti egregiamente. Del resto, non c’è alternativa. La storia ha imboccato decisamente la strada di un’economia sempre più basata sulla mobilità e la velocità. Oggi, al tempo dell’Internet, l’impresa – grande o piccola che sia – deve per forza mantenersi leggera: il primo imperativo è infatti quello di muoversi in velocità, passando agilmente da un mercato all’altro, da un fornitore all’altro. Se questo – della leggerezza – è il requisito essenziale del business dei nostri tempi, possiamo dire che le aziende vicentine hanno imparato la lezione da tempo e anzi, possono, su certi aspetti, far scuola ad altri. I giapponesi hanno trovato come essere snelli nelle scorte. Gli americani come tornare ad essere agili comprimendo i costi generali. Le imprese vicentine sanno invece, da sempre, come economizzare sulle scorte, sui costi generali e anche su tutto il resto. Risparmiano capitale, com- Una ricerca per capire il nuovo mondo dell’impresa “Le imprese vicentine alle frontiere del mercato globale”. È questo il titolo del progetto di ricerca sul quale nel 2000 si è concentrata l’attenzione dell’Associazione. Un tema affrontato per favorire un ripensamento critico, all’alba del ventunesimo secolo, sul nostro modo di produrre e di competere. La base sociale ed economica che ha sorretto il modello di sviluppo delle origini tende a scomparire, mentre l’accelerazione imposta dalle nuove tecnologie di comunicazione, in partico- lare da Internet, comporta effetti sul modo tradizionale di gestire, produrre, vendere, comunicare. La somma di queste trasformazioni può cogliere impreparate le aziende vicentine? C’è il pericolo di un loro ritardo, di uno spiazzamento rispetto ai concorrenti? Sono alcune delle domande alle quali il progetto di ricerca ha cercato di dare una risposta. Su questi temi pubblichiamo in queste pagine un intervento di Enzo Rullani, docente di strategia d’impresa all’Università di Padova. petenze, costi fissi ricorrendo al terzismo e all’outsourcing, specializzandosi in segmenti molto specifici del business, cercando di copiare, imitare e imparare tutto il possibile dalle esperienze altrui, utilizzando reti commerciali ridotte all’osso e contando molto sull’apporto di altre imprese (i buyers stranieri, i licenziatari, i dettaglianti in franchising). Insomma moltiplicano, attraverso il rapporto con gli altri, la massa di risorse messa in moto da ogni lira di capitale investito nel business, da ogni conoscenza posseduta o sviluppata in proprio. La grande impresa fordista usava il leverage finanziario per espandere, attraverso gli azionisti di minoranza e il capitale di credito, la massa di risorse messa in movimento dal capitale di proprietà. Per le piccole imprese vicentine è invece importante un altro tipo di leva: la rete, che espande la propria capacità operativa usando le relazioni con altre imprese. La rete funziona come leva relazionale perché moltiplica la massa di risorse messa in movimento dalle decisioni dell’impresa e consente dunque di espandere i profitti, se i prezzi di scambio con fornitori e clienti della filiera risultano favorevoli. La piccola impresa vicentina non ha complessi di inferiorità rispetto a concorrenti di maggiore dimensione e tradizione se riesce a correggere il suo difetto di scala con un leverage di rete, mettendo al lavoro il capitale, le conoscenze, i costi fissi degli altri. È questa la sua “specialità”, il suo tratto distintivo. Che va capito, nel bene e nel male. Perché, ovviamente, avere la leggerezza iscritta nel proprio Dna non è sempre un vantaggio. Certo, lo è stato finora e i dati della storia recente lo dimostrano senza ombra di dubbio. Ma, quando ci sono cambiamenti “pesanti” da fare, il rischio è che i sistemi leggeri – per rimanere tali – puntino tutte le loro carte sul galleggiamento, rinviando le innovazioni più difficili a domani, a dopodomani, a quando non si potrà fare a meno di prenderle in considerazione. Niente garantisce però che, restando nelle retrovie dei grandi mutamenti, non si finisca per capire in ritardo quanto sta per avvenire. Le formule imprenditoriali che sono prevalenti nelle imprese vicentine vanno dunque viste nella loro ambivalenza: insuperabili nella navigazione a vista, adatte a venti che cambiano senza preavviso, possono tuttavia accumulare ritardi importanti sulle rotte di lungo corso. La formula del successo In un sistema nato dal lavoro duro e dall’investimento personale, conoscenze e capitali sono sempre stati scarsi. Il piccolo imprenditore che si metteva in proprio aveva un capitale di partenza assai limitato, rispetto al fabbisogno, e uno spettro di competenze ugualmente circoscritto, focalizzato com’era su professionalità e settori ben precisi. Con questa base di partenza, le imprese vicentine hanno imparato col tempo a fare di necessità virtù, ossia a valorizzare al massimo le scarse risorse interne, sia in termini di uomini che di capitale. L’ambizione individuale è stata la forza che ha trasformato quelli che in altri sistemi sarebbero stati lavoratori dipendenti o risparmiatori in artigiani o piccoli imprenditori, che prestano il proprio lavoro (e investono il proprio capitale) a rischio. Ma, da sola, l’ambizione indivi- FOCUS 8 duale non sarebbe bastata. Per produrre in modo moderno bisogna infatti mettere in moto capitali, conoscenze, prestazioni che eccedono, talvolta di molto, le disponibilità del singolo. Di conseguenza, il singolo individuo può diventare imprenditore solo perché trova il modo di far leva sul capitale, sulle conoscenze, sui servizi forniti dagli altri. Lavorare in rete con altri – fornitori e clienti – che contribuiscono ad investire propri capitali, ad assumere rischi, a sviluppare competenze, a mettere la propria ambizione al servizio del business significa avere tante piccole imprese che, nel loro insieme, danno vita ad una grande or- ganizzazione. Un’organizzazione altrettanto grande di quella realizzata secondo i moduli fordisti: solo che il capitale, il rischio, le competenze e il potere sono diffusi, a volte dispersi e incredibilmente intrecciati, invece che concentrato. Non c’è un vertice, una master mind che fissa le regole del gioco e traccia la rotta per tutti. Eppure, grazie a pesi e contrappesi che maturano nell’apprendimento evolutivo, il sistema funziona. Ecco il segreto, la miscela che ha reso diversa l’impresa vicentina (o veneta) dagli stereotipi classici del capitalismo industriale: l’ambizione personale, con la sua carica di individualismo, si appoggia alle Spesso per spiegare il successo dell’industria vicentina e in generale del Nordest si parla di “modello a rete”. Per superare le frontiere del mercato globale,però, immobilizzare capitali rilevanti in competenze e possibilità che non sono di uso immediato può di conseguenza produrre visioni miopi e strategie di inseguimento, invece che di anticipazione. Luci e ombre del sistema Non c’è dunque da meravigliarsi se, codi imprese vicentino me abbiamo visto, l’attenzione strategica Nel bene e nel male, la pratica del terzi- delle imprese è assorbita dalla ben colsmo, l’abitudine all’outsourcing, il conti- laudata triade prodotto-flessibilità-costi, e se c’è ancora un nuo lavoro a rete con i fornitori e la “Ecco la miscela che ha po’ di diffidenza per altri temi, di cui proliferazione delle reso diversa l’impresa molto si parla, ma aziende nei distretti vicentina e veneta dagli di cui si ha poca hanno lasciato il loro esperienza. inprinting nel modo stereotipi classici del Inoltre, bisogna condi produrre delle capitalismo industriale: siderare anche un imprese vicentine. In positivo, si tratta l’ambizione personale, altro limite di questo tipo di sistema, che di un sistema in cui con la sua carica è culturale e antrole imprese che hanpologico insieme. La no buone idee riedi individualismo, si preferenza per le rescono a crescere, riappoggia ai distretti lazioni dirette e permanendo allo stesso locali e ai circuiti della sonali tende a rintempo flessibili, grazie al retroterra dei fornitura per condividere chiudere la divisione del lavoro e la cultuterzisti, degli speciarisorse, rischi, successi ra delle imprese in listi, dei rincalzi forun orizzonte prevaniti dal sistema loe insuccessi”. lentemente locale: cale e dalle reti di nel reclutamento, negli affari e nella consubfornitura. In negativo, tuttavia, bisogna mettere in divisione di strategie e rischi conta il reconto una strutturale preferenza di que- troterra garantito dalla famiglia, dai rapsto tipo di settore per l’adattamento e la porti amicali e personali, dalla società lomicroinnovazione, piuttosto che per i cale, dalla filiera dei fornitori e dei clienti trend di lungo periodo o i grandi cam- abituali. In effetti, abbiamo a che fare biamenti. La gestione “in presa diretta” con un’economia formata in prevalenza degli avvenimenti giorno per giorno (che da imprese familiari (70%), con un maè l’altra faccia della flessibilità), rende nagement allevato all’interno dell’azienmeno sensibili ai fenomeni che sembrano da (78%) o comunque della provincia lontani e alle discontinuità che maturano (90%). I subfornitori, che sono usati dal lentamente nel tempo, accelerandosi poi 65% delle imprese (grandi o piccole non d’improvviso. La grande riluttanza ad fa differenza), sono scelti per l’84% in reti – ai distretti locali, ai circuiti della fornitura – per condividere, in un certo senso, risorse, rischi, successi e insuccessi. questo modello non basta più: bisogna fare un salto di qualità. Ampliare la rete e aggiungervi intelligenza. Questo il parere di Valentino Ziche, presidente dell’Assindustria. “La mia idea è considerare Internet come il nuovo modello di riferimento – dice –. Senza contrapporre new e old economy. Dobbiamo continuare a fare ciò che sappiamo fare bene: produrre beni di elevata qualità. Ma dobbiamo cambiare il modo di organizzare e gestire i processi aziendali: dallo sviluppo dei prodotti alla distribuzione e vendita. Dobbiamo diventare una new-old economy”. FOCUS 10 provincia e per il 29% nel Veneto. Solo l’8% di essi è localizzato all’estero. Inoltre, nell’89% dei casi si tratta di fornitori stabili, con cui si intrattiene un rapporto ricorrente. Insomma, abbiamo a che fare con un sistema che, pur esportando quello che esporta, si fida soprattutto di se stesso. E ciò vale anche all’interno delle imprese. Nel 46% dei casi l’imprenditore dichiara di identificarsi con l’impresa, lasciando poco o pochissimo spazio ad altri contributi e poteri. L’identificazione imprenditore-impresa è una regola che si applica, ovviamente, nelle piccole e piccolissime imprese, ma (sorpresa) essa vale anche, con percentuali del tutto simili, anche per le medie aziende, almeno fino alla soglia dei 250 addetti (oltre la quale si scende al 22% dei casi). Anche questa è una delle ragioni di difficoltà delle medie aziende: anche se la complessità dei pro- blemi e delle competenze richieste suggerirebbe – o imporrebbe – un maggiore distanziamento, l’imprenditore non riesce a fare a meno di identificarsi con l’azienda, l’azienda non riesca a fare a meno di identificarsi con l’imprenditore. È una transizione da fare, ma anche qui è difficile sottrarsi al fascino del già noto. La delega di funzioni e di poteri al management è comune nelle grandi aziende (94% dei casi), ma ancora minoritaria nelle piccole (44% dei casi). Nel complesso, possiamo dire che, se le merci circolano vorticosamente nel grande mercato globale, gli uomini stanno invece fermi, fermissimi. Ben piantati nelle fabbriche, negli uffici, nel territorio. E di conseguenza, commerciano soprattutto tra loro, seguendo l’aurea massima: fidarsi è bene, ma... Enzo Rullani ARGOMENTI Professione uomo 12 Un’azienda-tipo vicentina è fatta per il 70% di produzione, per il 25% di commerciale e per il 5% di amministrazione. Oggi, però, dalla scuola escono proporzioni assai diverse. Occorre dunque “tarare” meglio l’offerta formativa sulla base dei reali bisogni del territorio. E tener conto che l’azienda ha il compito di formare non solo dei professionisti, ma anche degli uomini. I rapporti con il mondo della formazione, dalla scuola all’Università fino alla formazione professionale, rappresentano per gli imprenditori un campo d’azione di fondamentale importanza. Alla base di tutto c’è la piena consapevolezza che la “risorsa giovani” vada valorizzata al meglio e preparata per proporsi nel mondo del lavoro, qualsiasi esso sia, con gli strumenti più adeguati al mondo che evolve. Ma come si muove l’imprenditoria vicentina in questo campo? Con quali obiettivi e con quali strumenti? Un’occasione per verificarlo è stata la “due giorni” dell’orientamento promossa dall’Amministrazione provinciale in Fiera con l’incontro “Aziende-Studenti”. Un momento importante per mettere a disposizione dei giovani in un’unica occasione una parte sostanziale dell’offerta formativa e professionale che si può ave- re nel Vicentino, sia da parte delle aziende che degli enti e delle istituzioni che fanno formazione. L’Assindustria ha partecipato a questa piccola “fiera dell’orientamento” con uno stand nel quale sono state presentate tra l’altro tutte le attività di Cuoa Impresa. Quanto alle aziende, quelle associate che hanno allestito uno stand sono state una dozzina: Estel Office, Fro, Jolly Hotels, LEGO Legatoria Editoriale Giovanni Olivotto, Lowara, Marzotto, Marelli Motori, Montebello, Marchi Group, Sicon, Studio Centro Veneto, Vimar, Zambon Group. “La formazione è il più valido investimento per il futuro” “È importante sensibilizzare i ragazzi, e i loro genitori, sul fatto che esiste già da alcuni anni grande richiesta per profes- sioni che permettono di trovare lavori aziende l’investimento diretto in formaqualificati e ben retribuiti in brevissimo zione assume rilevanza strategica. tempo – dice Giuseppe Zigliotto, coordinatore dell’Area scuola dell’Assindu- Far conoscere le potenzialità stria –. Spesso invece vengono scelti in- delle professioni aziendali dirizzi ‘prestigiosi’ che però comportano tempi scolastici lunghi e poi lunghe at- Spesso, peraltro, l’attività di orientatese o tirocinii mal retribuiti. Problemi mento si scontra con la tendenza da più complessi riguardano le scuole su- parte dei giovani a disdegnare il lavoro periori e le università, che devono inve- in azienda. La fabbrica viene vista coce recuperare un gap di aggiornamento me un luogo non appetibile, poco inteformativo e di mezzi che comporta un ressante, nell’errata convinzione che ritardo di preparazione rispetto alle ne- chiunque vi lavori sia addetto ad un impiego manuale di cessità della società basso profilo. Una moderna”. Per le aziende sorpassata: Le carenze che gli l'investimento diretto in visione la realtà di oggi è imprenditori vicenformazione assume diversa, visto che le tini rilevano nei gioaziende hanno sovani appena assunti sempre più una rilevanza prattutto bisogno di sono quelle di una strategica. Spesso, tecnici preparati e formazione generica specializzati per soe poco flessibile, peraltro, l’attività di vrintendere al funnon supportata da orientamento si scontra zionamento di macuna qualche espechinari e processi rienza lavorativa con la tendenza dei produttivi molto svolta prima della giovani a disdegnare avanzati. Ciononoconclusione del ciil lavoro in fabbrica. stante, la “cattiva clo scolastico. immagine” del la“Questo per l’azienda comporta tempi lunghi di inserimen- voro in fabbrica è dura a morire. to e costi alti di formazione – sottolinea “I ragazzi vicentini che vogliono venire a Zigliotto –. Occorre puntare su una for- fare gli operatori o i tecnici da noi, dimazione professionale specifica. Diventa sponibili quindi ad entrare in fabbrica, fondamentale la pratica, il fatto che il sono pochissimi – conferma Andrea ragazzo, mentre ancora sta compiendo Guglielmi, assistente di direzione alla gli studi, passi un certo periodo di tem- LEGO (Legatoria Editoriale Giovanni po all’interno di un’azienda. Chi potrà Olivotto) di Vicenza –. Quelle che servomettere in gioco una specializzazione no ad un’azienda come la nostra, in efnelle aree più richieste dal mondo del- fetti, sono professionalità che si trovano l’impresa troverà più facilmente uno difficilmente sul mercato del lavoro. Per noi diventa importante, dunque, far cosbocco professionale”. È chiaro, insomma, che per le stesse noscere ai ragazzi la nostra realtà, la 13 14 possibilità di venire a lavorare anche per un periodo di tempo limitato, stagionale. L’obiettivo è farci conoscere, far sapere che nella legatoria non ci sono soltanto attività artigianali, come spesso si pensa, ma anche realtà industriali di rilievo”. La LEGO svolge un’ampia attività di formazione attraverso la gestione della scuola di legatoria “Olivotto”, che organizza un corso gratuito per formare operatori di legatoria industriale; il corso è finalizzato all’assunzione e dura sei mesi, compreso un periodo di stage in azienda. “Per un’azienda che punta sulla risorsa giovani – osserva Guglielmi – è fondamentale mantenere attivo il contatto con la scuola, con i ragazzi e con gli insegnanti, che hanno un ruolo di primo piano nel determinare l’orientamento professionale”. Puntare sui giovani e sulle scuole La pensano così anche alla Vimar, l’azienda di Marostica leader nella produzione di materiale elettrico per usi civili e industriali, che con i suoi 820 dipendenti non può che considerare strategica la risorsa umana e la sua formazione. “Per l’assunzione del personale l’azienda si è sempre rivolta soprattutto alle risorse disponibili in loco, ma da qualche tempo ci stiamo muovendo per guardare più spesso anche al di fuori, per ampliare l’orizzonte – spiega Ettore Munaron, responsabile del personale alla Vimar –. Abbiamo instaurato rapporti costanti con gli istituti pro- fessionali del luogo e abbiamo incrementato i rapporti anche con gli enti di formazione presenti in provincia. Garantiamo ampia disponibilità ad ospitare giovani in stage aziendale. Abbiamo incrementato i rapporti anche con la Fondazione Cuoa, entrando nel consiglio e attivando anche una borsa di studio per laureati in materie tecniche finalizzata alla frequenza di un master Cuoa. Insomma, abbiamo messo in campo tutta una serie di azioni per favorire la conoscenza della nostra azienda all’esterno”. Grandi o piccole che siano, dunque, le aziende hanno tutte la necessità di poter contare sui giovani, risorsa umana del futuro. Ciò che spesso caratterizza l’impresa di grandi dimensioni o quella che fa parte di multinazionali è la scelta di mettere in campo programmi formativi mirati sulle proprie esigenze. È il caso del Gruppo FKI e quindi della Marelli Motori, l’azienda di Arzignano che del gruppo inglese fa parte. Marelli Motori partecipa da qualche anno ad un programma di formazione internazionale per neolaureati, soprattutto in discipline tecniche, adottato all’interno del Gruppo FKI. “Il programma è stato istituito per assicurare che le società del gruppo continuino a ricevere un apporto vivificante di abili ingegneri con le loro idee nuove – osserva Raffaele Ferrio, direttore delle risorse umane dell’azienda di Arzignano –. Si tratta di un programma ampio e rigoroso che coinvolge ogni anno venticinque neolaureati in tutto il mondo. Quest’anno, tra i venticinque c’è anche un italiano. Questi giovani hanno uno stage retribuito 15 per due anni, seguito dall’Università di Birmingham, con stage in varie società del gruppo e possibilità di affrontare tutte le tematiche dell’organizzazione aziendale”. Tutti i neolaureati passano attraverso un periodo di collocamento all’estero in un’azienda del gruppo la cui lingua non è quella madre. In queste pagine, alcuni stand di aziende all’incontro “Aziende-Studenti”. In basso a sinistra, i 25 neo-laureati che hanno partecipato nel 2000 al programma formativo di Marelli Motori. ARGOMENTI 16 Interventi per esigenze aziendali specifiche “La funzione del reclutamento è oggi molto complessa, per il numero elevato di aziende e la limitata disponibilità di risorse. Servono quindi strumenti più evoluti per ‘allevare in casa’ il personale che al di fuori non si trova: uno di questi strumenti è la formazione”. A parlare è Romano Reffo, direttore del personale del Gruppo Estel di Thiene (mobili per l’ufficio e la casa). “Nella nostra azienda la formazione aziendale ha vissuto nel tempo alterne vicende, passando da strumento di gestione del personale a prodotto da utilizzare in maniera estemporanea – spiega Reffo –. Solo di recente le si è attribuita una funzione importante per il raggiungimento degli obiettivi d’impresa. Contemporaneamente a questa graduale presa di consapevolezza si è evoluto il nostro prodotto formativo: da corsi indistinti, siamo passati a interventi maggiormente rivolti ad esigenze aziendali specifiche, sia globali che del singolo gruppo di lavoro, se non del singolo individuo. In ogni caso il successo di un intervento formativo dipende dallo sviluppo delle singole fasi: dall’analisi dei bisogni fino alla valutazione dei risultati”. Un altro campo nel quale Estel interviene è la collaborazione con le scuole pubbliche, istituti privati, università, dove fin all’origine il personale può essere formato sulle richieste e le necessità imprenditoriali o può essere inviato, se già dipendente, per specifici programmi di formazione. In definitiva, si vede che le direzioni nelle quali le aziende si muovono per attrarre risorse occupazionali e per formarle sono le più varie. Comune a tutti è la consapevolezza di avere a che fare con persone che quando escono dalla scuola hanno bisogno di orientarsi e trovare la propria strada, nel lavoro e nelle vita. “I giovani oggi hanno un approccio al lavoro molto diverso rispetto a dieci anni fa – osserva Ettore Munaron –. L’unico aspetto sul quale sono deboli è quello delle regole: non sempre si rendono conto di cosa significhi vivere in un ambiente di lavoro con determinate regole da seguire”. Come dire che l’azienda ha il compito di formare dei professionisti, ma anche degli uomini. Stefano Tomasoni VICENZA PRODUCE L’anno di Bacco 18 Il 2000 verrà ricordato come un’annata eccezionale, per i produttori di vino. Vendemmia perfetta, produzione un po’ inferiore alla norma ma qualità assai superiore. Ecco come è andata nelle case vinicole vicentine. C he l’annata sarebbe stata buona non c’erano dubbi. Merito del tempo, condannato per i disastri ambientali che in autunno hanno messo in ginocchio intere regioni, assolto invece per aver assecondato, forse bruciando un po’ le tappe, la maturazione dell’uva, soprattutto quella nera. Il caldo intenso di agosto ha infatti accelerato i tempi al punto che nel Vicentino il decreto prefettizio che dà il via alla vendemmia ha indicato come data, per il 2000, il 21 agosto. Annata precoce, dunque. Grazie anche ad una primavera tiepida che ha accelerato le fasi di fioritura dei vitigni, alla piovosità ben distribuita durante la stagione primaverile e alla mancanza, fortunatamente, di quelle grandinate che in pochi minuti vanificano il lavoro di mesi degli agricoltori. Tutto è filato liscio, dunque, per le viti vicentine che hanno offerto una vendemmia qualitativamente superiore alla media, proprio perché precoce, con un alto contenuto zuccherino. Un dato, questo, che era emerso dalle prime curve di maturazione effettuate sui vigneti di tutto il territorio provinciale e che è perfettamente in linea con le nuove direttive dell’Unione Europea, sempre più orientate a diminuire la produzione favorendo un vino di qualità. Una vendemmia meno abbondante, ma vince la qualità La quantità inferiore dei raccolti diventa dunque sinonimo di un prodotto finito che risponde in pieno alle esigenze dei più attenti consumatori. Lo fa notare Gianni Zonin, presidente della Casa vinicola Zonin che quest’anno nel Vicentino ha prodotto 100 mila quintali di uve. “Sane e mature – precisa Zonin – grazie ad una stagione favorevolissima che ha contribuito ad elevare la qualità, offrendo anche un grado di alcol in più e una maggiore concentrazione di quelle sostanze che poi conferiscono al vino aromi e profumi”. Una vendemmia eccezionale, dunque, soprattutto a favore dei vini rossi verso i quali si orientano le preferenze dei consumatori. “Si sta verificando – spiega Zonin – uno spostamento del 10% dei consumi dai vini bianchi a quelli rossi. Motivo? I verdetti rassicuranti dei medici che sottolineano le proprietà benefiche del vino rosso. In particolare di una sostanza, chiamata rosveratrolo, che svolgerebbe un ruolo preventivo nei confronti dell’infarto, riuscendo addirittura a dimezzarne il rischio, ma anche nei confronti di malattie tumorali. Un buon bicchiere di vino rosso non solo fa bene allo spirito ma, e su questo la medicina è concorde, fa bene alla salute”. Il vino come toccasana insomma: a riscoprirlo sono anche i giovani tra cui stanno crescendo le conoscenze enologiche insieme alla cultura del bere sano. “Quest’anno abbiamo avuto ad esempio un’ottima annata di novello – fa notare Zonin – che è un vino dal gusto più fruttato, fragrante, un vino allegro che si as- 19 Nelle foto che corredano questo articolo: vini, uve, vigneti, cantine e barricherie di alcune delle case vinicole che contribuiscono a tenere alto il prestigio dei vini vicentini. PRODUCE VICENZA 20 socia bene ai giovani e al loro modo di questa parte – aggiunge – le condizioni essere”. Ma tra i fiori all’occhiello di casa climatiche sono buone e questo fa sì che Zonin nel Vicentino non possono non es- non si verifichino grossi cali di produziosere ricordati il Gambellara classico il ne. Quest’anno poi il tempo è stato così Giangio, vino dal caratteristico profumo clemente nei confronti dei vigneti che di mandorla e fiori di sambuco e il Re- potrebbe sembrare che qualcuno avesse cioto di Gambellara, uno spumante dal programmato al computer piogge e caldi profumo fruttato e dal sapore dolce di al momento giusto”. La calura di fine uva passa, che quest’anno è stato insi- agosto ha dunque ultimato l’opera sulgnito di ulteriori premi e di cui la Zonin l’uva gargànega, quella autoctona della produce un’edizione limitata di 5000 zona, che ha radici antiche. “Viene coltibottiglie all’anno. “È una produzione vata nella zona di Gambellara da circa contenuta –, spiega il presidente – del quattro secoli – spiega Luciana Zonin – e trova qui un habiresto il Recioto è un A riscoprire il piacere tat ottimale. Il terrevino “artigianale” e no è infatti di natucome tale comporta delle conoscenze ra vulcanica con tufi una lavorazione enologiche e la cultura terrosi ricchi di ferro lunga e paziente”. e sali minerali tra del “bere sano” sono cui il potassio, che Gambellara, molto spesso i giovani. favoriscono la fordove il vino mazione di quelle è una tradizione Che cercano quella aromatiche secolare qualità che è parametro sostanze così preziose per il fondamentale per chi vino”. Una terra Vini preziosi, dunnon solo fertile, que, che si affiancalavora nel settore. dunque, ma anche no ad altri più “normali”ma sempre nel segno della qualità, ricca, sulla quale il sole non si risparmia parametro fondamentale per chi lavora dal momento che le colline sono esposte in questo settore. Lo sottolinea Luciana a sud e sud est e disposte quasi a ferro di Zonin, presidente della Cantina sociale cavallo intorno a Gambellara. Ed è procooperativa di Gambellara, che spiega prio qui il regno del Gambellara doc, come quest’anno la produzione dell’a- che rappresenta circa il 60% della prozienda, complessivamente 110 mila duzione della Cantina sociale e che viene quintali, abbia subito una leggera fles- esportato anche in Canada e Giappone sione, pari al 15%. “Di conseguenza – oltre alle più vicine Germania, Inghilterprecisa Luciana Zonin – abbiamo potu- ra e Olanda. Dove vengono apprezzati to contare su una qualità superiore, ca- anche il Recioto e il Vin Santo. Bevande ratterizzata da un grado zuccherino in classiche, che sanno di tradizione, ma più”. Un bilancio positivo, dunque, e anche di genuinità. “Il vino è naturale – un’annata che Luciana Zonin definisce conclude Luciana Zonin –, se bevuto addirittura “ottima”. “Da tre anni a con moderazione aiuta la digestione e 21 contribuisce alla buona salute del cuore e della circolazione”. Oggi si beve meno ma si cerca il meglio Eppure, nonostante i verdetti dei medici siano favorevoli alla bevanda di Bacco, i consumi negli anni sono calati sensibilmente. Basta pensare che in Italia i 100 litri pro capite degli anni Ottanta oggi si sono dimezzati, stabilizzandosi a circa 50. “Fortunatamente da qualche tempo i consumi non sono diminuiti ulteriormente – interviene Graziano Marchioni, direttore della Cantina sociale dei colli Vicentini di Alte di Montecchio Maggiore – e nei confronti del vino si nota una maggiore sensibilità, specie tra i giovani. In particolare l’orientamento è quello di bere bene e di porre quindi attenzione alla scelta del vino che si vuole portare in tavola”. Alla ricerca della qualità, dunque, che si traduce nella bottiglia etichettata, nel vino che magari costa un po’ di più, ma che soddisfa anche il palato più esigente. “In generale si nota un certo “risveglio” da parte del consumatore – continua Marchioni – e di conseguenza un mercato più vivace che promette meglio dello scorso anno, quando si tocco il minimo storico dei prezzi”. Quanto alla produzione, che per la Cantina di Alte si è assestata intorno ad un 5% in meno rispetto all’annata precedente, il dato è di 290 mila quintali di uve (due terzi da vitigni di uva bianca e un terzo di uva rossa), raccolte tra una quarantina di comuni della provincia tra cui Montecchio, Brendola, Montebello e Creazzo. Tra i vini prodotti dalla Cantina sociale dei Colli Vicentini da ricordare il classicissimo Gambellara doc, il Durello, i vini doc dei Colli Berici, vale a dire Tocai rosso, Merlot e Cabernet e gli PRODUCE VICENZA intramontabili bianchi Sauvignon, Chardonnay, Tocai bianco e Garganego. Vini che in parte vengono anche esportati, soprattutto in Germania, e che rappresentano il fiore all’occhiello della produzione vicentina, che offre al consumatore un’ampia gamma di scelta. Un marchio di qualità per i vini doc vicentini 22 Il rosso domina, si è detto. “Anche se – fa notare Gian Carlo Prevarin, direttore generale delle Cantine dei Colli Berici di Lonigo che nell’ultima vendemmia hanno prodotto 550 mila quintali di uva di cui 100 mila quintali provenienti dai Colli Berici – il Veneto è terra di bianchi, contrariamente al Piemonte o alla Toscana”. Ma che il vino rosso mieta consensi sempre crescenti lo dimostra il fatto che anche sulle nostre colline i vigneti di uva bianca spesso vengono rinnovati proprio con vitigni rossi. Colore a parte, quello che conta ancora una volta è la qualità. “Che la gente cerca non solo nel vino – prosegue Prevarin – ma anche in tutti gli altri prodotti. Del resto un vino etichettato, diversamente da quello sfuso, riporta il nome del produttore e le caratteristiche tecniche, informazioni preziose che rappresentano una sorta di garanzia per chi acquista quella bottiglia”. E a proposito di qualità, i vini vicentini d’ora in poi potranno contare su un marchio in più che li distinguerà in tutto il mondo. Un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 settembre 2000 stabilisce infatti la nascita del marchio “Vicenza”, un ri- conoscimento in più per i vini a denominazione di origine controllata con il quale viene approvato anche il relativo disciplinare di produzione. “È un’ulteriore carta d’identità per i nostri vini – sottolinea Prevarin – e insieme un modo per distinguere e valorizzare la zona di produzione”. Che quest’anno ha dato buoni frutti. “La quantità inferiore di uve – aggiunge Prevarin –, nel nostro caso circa il 10% in meno rispetto allo scorso anno, ha prodotto una qualità che in tutto il Veneto è stata giudicata tra il buono e l’ottimo, con punte di eccellente”. Unico neo: un’acidità leggermente inferiore, dovuta alla maturazione precoce e rapida delle uve causata dall’ondata di caldo che in agosto non ha conosciuto tregua. E che rappresenta un punto a sfavore soprattutto dei vini bianchi, dal momento che è proprio la bassa acidità a determinarne la freschezza, gli aromi fruttati e i profumi. “I bianchi hanno sofferto un caldo eccessivo in agosto e un freddo insolito nel mese di giugno – sottolinea Renzo Cielo, vicepresidente dell’azienda vinicola Cielo di Montorso Vicentino –. Il risultato è stato quello di avere una maturazione precoce, con 15-20 giorni di anticipo sulla vendemmia e quantità inferiori: se In Italia lo scorso anno sono stati prodotti 56 milioni di ettolitri, quest’anno la raccolta dell’uva su tutto il territorio nazionale è scesa a 53 milioni”. Poco male, dal momento che è la qualità ciò che conta per soddisfare un consumatore che, da questo punto di vista, appare sempre più esigente. “Come azienda stiamo rilanciando l’esportazione – sottolinea Cielo – anche 23 se sono convinto che i mercati europei siano saturi e che si stiano aprendo, invece, nuove possibilità in paesi come il Giappone, dove il consumo di vino attualmente è pari a 0,5 litri pro capite, e soprattutto la Cina che si configura come uno dei mercati emergenti”. Ma quali sono i vini di punta dell’azienda di Montorso Vicentino? “Tra gli altri spicca tutta la gamma dei doc dei Colli Berici – precisa PRODUCE VICENZA 24 Cielo –, zona che intendiamo valorizzare proprio perché in grado di offrire ottimi vini rossi come i Cabernet, i Merlot e i Tocai”. Vini conosciuti e apprezzati anche se poco pubblicizzati. Del resto quello del marketing rappresenta per il vino un “anello debole”. “Inevitabile – fa notare Renzo Cielo – quando l’azienda agricola media in Italia è pari a 8 mila metri quadri, meno di un ettaro. Questo crea ovviamente un’estrema frammentazione, un po’ come accade per i partiti politici, con conseguenti difficoltà nella comunicazione e nel marketing”. L’Italia dice addio al Tocai che diventa “Barbarano” E a proposito di comunicazione, in materia di vini l’Italia avrà di che riflettere nei prossimi anni. Almeno per quanto riguarda il Tocai, vino noto quanto diffuso sia nella provincia di Vicenza, regno del rosso, sia in terra friulana dove il vitigno bianco produce qualità eccellenti. Entrambi i vini dovranno dire pero addio al nome “Tocai” dal momento che l’Italia qualche anno fa è uscita perdente nella causa con l’Ungheria che rivendicava proprio il Tocai come vino tipico nazionale, prodotto da uve bianche e di sapore passito. Un tipico vino da dessert, dunque, che poco ha a che fare con i Tocai made in Italy. “Per quello rosso – spiega Luciano Cielo, titolare dell’azienda vinicola San Matteo di Creazzo che produce circa 250 mila ettolitri all’anno – il nome è già pronto: il Consorzio vini doc dei Colli Berici lo battezzerà Barbarano, mentre per quello bianco ci penseranno i colleghi friulani”. Certo è che questo bisticcio sui nomi che ha visto fronteggiarsi Italia e Ungheria qualche danno lo causerà. “Perché‚ il Tocai è un vino molto diffuso tra i consumatori – aggiunge Cielo – cambiargli nome dopo tanti anni non è operazione semplice, anche se il provvedimento scatterà tra qualche tempo, visto che all’Italia è stata concessa una deroga di dieci anni dalla conclusione dell’iter giudiziario”. Anche con nome diverso la qualità resterà comunque il fiore all’occhiello di questo vino molto apprezzato da un consumatore attento e sensibile. Aumenta, tra l’altro, soprattutto tra i giovani, la sete di informazioni nei confronti del vino. “Nelle serate gastronomiche in cui vengono presentati i vini in associazione alle pietanze – spiega Andrea Bottaro, direttore della Cantina Beato Bartolomeo da Breganze – la presenza dei giovani è forte e si nota una maggiore curiosità, anche nei confronti del prodotto locale. Il Vicentino è sempre stato molto aperto alle proposte che provengono da fuori, ma ultimamente c’è maggiore attenzione verso i nostri vini, riscoperti e valorizzati. Del resto un Cabernet di Breganze non ha nulla da invidiare a un Brunello di Montalcino. Il punto è che, come in tutte le cose, l’erba del vicino è sempre più verde”. In realtà il Vicentino può andare a testa alta. “Ne sono esempio e in qualche modo anche biglietto da visita vini come il Torcolato – continua Bottaro – che stiamo valorizzando sempre di più, il Vespaiolo, che si ricava da vitigni bianchi e che viene proposto in associazione ad un piatto tipico come il bac- 25 calà alla vicentina e ancora l’inedito “Kilo”, selezione da un Cabernet riserva ‘98. Tutti prodotti di qualità che esprimono in pieno le potenzialità e le risorse di questa zona così generosa”. Dove la vendemmia 2000 è stata più abbondante per una ragione molto semplice. “Sono entrati in produzione – spiega il direttore della cantina Beato Bartolomeo da Breganze – vigneti di nuovo impianto e questo ha fatto sì che la produzione sia cresciuta di circa il 5%”. Per il vino di casa nostra, isomma, è stata davvero un’annata da incorniciare. Con un bel brindisi. Anna Madron INDUSTRIALI ITINERARI 26 Rossano Veneto è davvero il paese dove le imprese pullulano, i soldi abbondano nelle tasche di tutti e la cultura è quasi assente? O questo è il cliché creato dai mass-media? N e sono passate di troupe televisive, se ne sono visti di inviati dei grandi giornali, in questi ultimi anni, a Rossano Veneto. È arrivata la Rai con Gad Lerner e Michele Santoro, è francobollo, sia nella forma che nella sostanza), diventare la culla di centinaia di imprese, di una valanga di partite Iva, di un tasso di imprenditorialità da record. Sono arrivati Tutta la verità sul caso Rossano arrivato il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, e chi più ne ha più ne metta. Tutti per capire come abbia potuto, un paesino di seimilaseicento abitanti e dieci chilometri quadrati (un un po’ tutti, hanno intervistato, sondato, guardato in giro, e hanno raccontato. Così, su Rossano si sono accesi per un po’ di tempo i riflettori della ribalta nazionale. Bene, bello, per carità. Ma fino ad un certo punto. portò su scala nazionale (vedere il riPoi i rossanesi hanno cominciato a stan- quadro alle pagine seguenti). In alcucarsi, e anche ad arrabbiarsi. Sì, perché ni punti non fu molto tenero con il l’immagine di Rossano che ha finito con paese: “Novecento industrie, tante il diffondersi in giro per l’Italia è diven- Mercedes, tanti investimenti su cavalli tata uno stereotipo, basato su qualche di razza, tanti giovanotti annoiati che esagerazione: Rossano paese tutto fab- vanno in vacanza ai tropici tornandobriche, Rossano paese dove tutti sono sene talvolta con una bambola thaipieni di soldi e vuoti di cultura, Rossano landese o domenicana da rispedire al mittente dopo paradigma di un Negli ultimi anni averla spupazzata certo Nordest pocon gli amici. E inlentone e accecato Rossano Veneto tanto in paese non dal lavoro. è diventato l’emblema c’è una piscina, non c’è un campo Dal libro “Schei” di un certo Nordest, da tennis, non c’è di Stella dipinto dalla stampa un campo sportivo è partito degno di questo il “fenomeno e dalle Tivù nazionali nome, non c’è una Rossano” con lo stereotipo libreria e neppure del paese “tutto lavoro un cinema”. Ad accendere per Tutta realtà o un primo i riflettori su e poca cultura”. po’ di iperbole? Rossano Veneto è Vero? Falso? Siamo Mercedes, in giro stato Gian Antonio per Rossano e dinStella, il giornaliandati a controllare. torni, se ne vedono sta del Corriere della Sera, con il suo libro ormai fa- effettivamente parecchie. Ed è vero che moso, “Schei”, uscito nel ‘96 e dedi- le strutture sportive e le occasioni di cato al “mitico Nordest”, al suo boom svago non siano molte. Dopodiché, peeconomico e al suo travaglio politico. raltro, questo piccolo comune al confine A dirla tutta, già nel ‘90 fu questa ri- tra Vicentino e Trevigiano non appare vista a dedicare un’inchiesta al pro- tanto diverso dal resto della provincia. cesso di sviluppo che stava avendo Siamo tornati dunque a Rossano, a diRossano. In quell’articolo, intitolato stanza di dieci anni dal precedente arti“Rossano, il modello del modello”, colo su “Industria Vicentina”, di quattro questo paese emergeva non solo come anni dal libro di Stella, di due dal boom il polo mondiale dei produttori di selle televisivo e massmediologico di Rossano per biciclette, ma in generale come un e di pochi giorni dalla visita dell’ultima comune dove l’imprenditorialità era troupe televisiva Rai. Ci siamo tornati esplosa con dati statistici esaltanti. per provare a capire qual è, oggi, la Stella con il suo fortunato libro am- realtà di questo paesino piccolo e solo plificò il “fenomeno Rossano” e lo esteriormente anonimo. 27 In apertura, lo stemma del comune di Rossano Veneto. INDUSTRIALI ITINERARI 28 Ma Rossano non è diverso da tanta parte del Nordest Intanto balza agli occhi un dato, quello della popolazione. Negli ultimi dieci anni non è successo quasi nulla, sotto il profilo demografico. È appunto almeno un decennio che gli abitanti di Rossano continuano ad aggirarsi sulla stessa cifra, 6.550, 6.600. È la famosa crescita zero, quando il saldo tra nati, morti, emigrati ed immigrati si equilibria e una comunità rimane su dimensioni ormai stabili. Le imprese presenti in comune, intendendo non soltanto le aziende industriali, ma anche quelle artigianali, commerciali e quant’altro, sono più di 720 con oltre 800 unità locali. La forza lavoro locale supera nel complesso le 3.000 unità, che non è poco considerate le dimensioni demografiche e geografiche del comune. “Che ci sia un’elevata concentrazione di piccoli imprenditori è un dato di fatto, ma bisogna anche guardare alla ristrettezza territoriale e demografica del nostro comune – osserva in tutta sincerità Riccardo Bigolin, vicepresidente e amministratore delegato della Selle Italia –. Un elevato numero di aziende in una realtà dai confini ristretti risalta più dello stesso numero di aziende distribuito in un’area più ampia e quindi con un più ampio bacino demografico”. “È francamente un po’ deviante l’immagine che si è data in questi anni di Rossano, soprattutto nel momento in cui la si distingue da quella del Nordest in generale – osserva il sindaco del paese, Giuseppe Comotti –. Non credo che Rossano sia diversa dalle altre realtà della provincia e del Veneto, si ritrova nella stessa situazione. L’elevata concentrazione di aziende che qui si riscontra è sin- golare, ma non è certo un’eccezione nel panorama del Nordest industrializzato. Pensare ad una ‘anomalia rossanese’ significa esasperare talune caratteristiche della nostra zona, e correre il rischio di non focalizzare nemmeno la vera realtà di Rossano”. Anche Luigi Girardi, amministratore delegato della Selle San Marco, difende l’immagine di Rossano, pur rilevandone gli aspetti ancora critici. “I problemi ci sono, e sono più che altro di natura sociale, dovuti all’esplosione di benessere, all’aver concentrato gran parte delle forze sullo sviluppo economico, sulla cultura del lavoro – osserva –. Questo fenomeno, di conseguenza, non ha permesso uno sviluppo analogo in ambito sociale. È anche vero, tuttavia, che questa realtà è apparsa all’esterno spesso in senso distruttivo. In realtà a me pare che anche qui, quanto a strutture e servizi, siamo ormai ad un buon livello. Rossano è un paese molto cresciuto, non solo da un punto di vista industriale. Rimane forse ancora una certa chiusura nella mentalità della gente, ma anche questa è meno evidente di una volta. Credo che sia passata all’esterno un’immagine di Rossano piuttosto falsata. Quella di essere un po’ chiusi è una caratteristiche tipiche dei paesi veneti, ma non va esasperata, altrimenti si disegna un Veneto diverso da quello che è”. della pagina a fianco: in alto, uno scorcio sul Duomo e sul suo campanile; sotto, la piazza su cui si affaccia la chiesa e un particolare della facciata Non è migliorata a sufficienza la vivibilità del territorio Tutti concordi, dunque: Rossano non è una realtà anomala. L’unico ad essere un po’ anomalo, nel panorama dei sindaci di piccoli paesi, è proprio Comotti. Di professione, infatti, è docente universitario, e insegna nientemeno che diritto canonico ed ecclesiastico all’ateneo di Verona. Dopo anni passati all’opposizione, è stato eletto nel ‘99 alla guida di una lista civica all’insegna della trasversalità politica. Si è scelto anche, come assessore esterno ai lavori pubblici uno degli imprenditori più noti del posto, Stella: “Un contachilometri che segna velocità massima” Gian Antonio Stella, giornalista-scrittore, inviato del Corriere della Sera, ha dedicato a Rossano Veneto intere pagine e il titolo (“Il paese con più fabbriche del mondo”) di un capitolo del suo libro “Schei”. Ecco un paio di passi tratti dal volume. “Prendete un paesotto di campagna, riempite le stalle di macchine, tirate su più capannoni che potete e cacciate nelle tasche degli abitanti tanti bigliettoni da farle scoppiare. Fatto? Ecco Rossano Veneto, 6.532 abitanti, un passato Nella foto millenario con nome romano di Fundus Ruscianus, un paio di splendide ville patrizie, qualche antica filanda abbandonata e un’indigestione di imprese”. “Se il ‘modello veneto’ rappresenta tutti i pregi e tutti i difetti dell’economia italiana, Rossano è il modello del modello, l’esasperazione massima dei pregi e dei difetti. Se il Nordest è oggi la locomotiva del paese, Rossano è il contachilometri con la lancetta fissa sulla massima velocità”. del Duomo stesso. 29 INDUSTRIALI ITINERARI 30 Il municipio di Rossano, edificio appena finito di costruire nella piazza del paese. Nell’altra pagina, sopra villa Comello e sotto villa Paccagnella, i due edifici residenziali storici di maggior pregio architettonico. Giorgio Stragliotto, titolare dell’omonima azienda di cofani funebri. Comotti non nasconde i problemi che Rossano ancora si porta dietro. “Questo è un territorio nel quale l’attività imprenditoriale ha dato ricchezza alla popolazione, senza trovare però un analogo riscontro nella crescita della vivibilità del territorio – afferma senza giri di parole –. Non abbiamo strutture adeguate per la vita sociale, come centri sportivi, cinema, manifestazioni culturali. La parrocchia, che pure resta un momento importante di aggregazione sociale, non è più per i giovani un punto di riferimento forte come una volta”. Ed è sufficiente girare un po’ per il paese e per le due o tre strade principali del comune per avere conferma che nel corso degli anni non c’è stata, parallela allo sviluppo delle industrie, una pianificazione territoriale adeguata. Un esempio arriva dalla viabilità. Rossano, con i suoi dieci chilometri quadrati, ha sostenuto in questi anni un notevole aumento del traffico in assenza di una rete viaria adeguata, ma mantenendo un assetto stradale proprio di un paese agricolo. Fatta l’analisi, Comotti introduce anche un elemento su cui lavorare per migliorare la situazione di partenza. “Non dimentichiamo che da Rossano è partita, all’inizio degli anni Ottanta, una delle operazioni culturali di più grosso spessore per il nostro territorio. Parlo della rassegna Operaestate, un progetto che ha preso le mosse appunto da qui e che solo in un secondo momento è approdata a Bassano. Anche sotto il profilo culturale, dunque, questo paese ha qualcosa da dire. Si tratta di offrire ai rossanesi stimoli culturali adeguati. Non credo che Rossano abbia esaurito la sua capacità di essere originale e creativo anche al di fuori della sfera produttiva. Certo, per anni sono mancati gli stimoli giusti, si è gestito l’esistente, ma ci sono ancora energie giuste che covano sotto la cenere”. E ci sono sfide e opportunità nuove da cogliere anche per l’apparato produttivo che ha portato Rossano alla ribalta. “Il boom economico di Rossano è stato legato, inizialmente e per molto tempo, alla voglia di lavorare – dice il sindaco –. Adesso, con l’entrata in gioco di molti paesi dell’est, occorre programmare anche l’attività industriale con criteri nuovi, che non puntino sulla semplice capacità e voglia di lavorare. L’attività delle imprese locali si va dunque qualificando di più come attività imprenditoriale. Non potrebbe essere altrimenti, di fronte ai cambiamenti degli scenari economici”. E continuavano a chiamarlo il paese delle selle Tra le imprese che hanno fatto la fortuna di Rossano, ci sono quelle delle selle per biciclette. Anche loro fanno parte ormai dell’immagine di Rossano Veneto. In questi anni quando si è parlato di Rossano la definizione standard è stata quella di “polo mondiale delle selle”. Anche questo, per certi versi, un cliché. È vero che Rossano è la capitale europea e forse mondiale di questo particolare prodotto, se non altro perché da qui esce la metà della produzione europea di selle per bicicletta, qualcosa come sette-otto milioni di sellini l’anno in totale. Sono però gli stessi imprenditori a invitare a non fare troppe iperboli. “Rossano non è più il paese delle selle – afferma quasi controcorrente Giuseppe Bigolin, presidente della Selle Italia –. Si sono trasferite altrove la Isca Selle, la Selle Royal, e forse anche noi ci sposteremo, guardiamo con interesse all’estero. Qui del resto c’è un grosso problema nel trovare manodopera, c’è poco spazio e ci sono costi di produzione molto elevati”. L’affermazione iniziale di Bigolin colpisce: questa non è più la patria delle selle. “Però non è colpa di Rossano – aggiunge Luigi Girardi –. L’imprenditore si sente tradito dalle istituzioni, è massacrato di tasse e adempimenti. Una volta un’azienda per fare utile doveva fare un certo fatturato; oggi deve fare quel fatturato più un 40%”. Le due aziende di selle oggi più importanti di Rossano sono la Selle Italia e la Selle San Marco. La Selle Italia, azienda sorta nel 1897 nel milanese, mette casa a Rossano nel ‘68, quando Giuseppe e Riccardo Bigolin la rilevano dalla famiglia Aliprandi, i proprietari storici. Quasi subito Riccardo cede la sua parte al fratello Giuseppe che all’inizio, con un solo operaio, produceva una cinquantina di selle al giorno. Oggi tra addetti diretti e indotto lavorano qui circa duecento persone, senza contare i fornitori. Dallo stabilimento di Rossano escono due milioni di pezzi l’anno, di alta e altissima gamma; altri 2 milioni e mezzo di selle, di media qualità, arrivano dall’altra azienda controllata, la Bassano Selle. E siccome il settore tira, nel 2000 sono state superate le INDUSTRIALI ITINERARI 32 Qui sopra, il monumento ai caduti davanti al municipio. Nella pagina a fianco, due giardini che impreziosiscono Rossano: il parco comunale e il parco Serbellin. aspettative e il fatturato è cresciuto del 15% sul ‘99. L’azienda è sponsor ufficiale di 45 team ciclistici italiani e stranieri. I Bigolin da qualche anno hanno puntato anche sulla Romania, dove hanno avviato un laboratorio produttivo autonomo. “Siamo stati i primi, già quindici anni fa, ad impiegare il gel nell’imbottitura della sella, grazie ad una nostra formula chimica – spiega Riccardo Bigolin, figlio di Giuseppe, 29 anni ma in azien- da già da dieci –. Abbiamo anticipato tutti anche nel lancio della sella antiprostata, fatta con un’apertura al centro per diminuire la pressione sulla prostata. L’ultimo prodotto è la sella più leggera del mondo: imbottita, pesa appena 135 grammi”. Insomma, è una lotta continua per puntare sulla ricerca e sulla tecnologia. È così anche alla Selle San Marco. Fondata nel 1953 da Luigi Girardi, è stata dunque la prima azienda del settore a Rossano. Oggi ha una cinquantina di dipendenti, che arrivano a 90 con l’indotto locale. Produce un milione e 800 mila selle l’anno di media e alta qualità, esporta il 75% della produzione e nel 2000 ha raggiunto i 14 miliardi di fatturato, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Sponsorizza una dozzina di squadre ciclistiche professionistiche in tutto il mondo. Design, ricerca, tecnologia sono anche qui parole essenziali. E anche la San Marco ha dei primati da mettere in vetrina. “Siamo stati i primi al mondo a rivoluzionare la linea delle selle, con il modello ‘Concor’, nato già nel 1980 – ricorda Luigi Girardi, amministratore delegato e nipote del fondatore –. Un altra tappa importante è stata quella di due anni fa, quando è nata la sella ‘Era’, con scafo in bicomponente con una linguella che permette la deformazione progressiva del materiale sotto il peso del ciclista, per prevenire i problemi di prostata. Ricerche scientifiche vengono condotte da anni in collaborazione con il prof. Ruggero Mele, urologo e docente universitario, per lo studio della superficie utile di una sella. 33 Rossano oggi può crescere più nel sociale che nell’economia In quale direzione si muoverà Rossano per il prossimo futuro? Sicuramente più in quella sociale che in quella produttiva. Se non altro perché spazi fisici per chissà quali ulteriori sviluppi imprenditoriali non ce ne sono quasi più. Il comune è troppo piccolo, e di conseguenza occupato. “C’è sicuramente spazio per crescere sotto il profilo sociale, più che sotto quello economico – conferma Giorgio Stragliotto –. Il territorio, qui, in questi anni è stato per certi versi compromesso: oggi si tratta di gestire lo sviluppo in modo compatibile con il territorio”. Insomma, Rossano è un paese ricco, di industrie e di benessere, che però ha ampi spazi di miglioramento quanto a servizi e strutture sociali. Un miglioramento al quale può contribuire, fa notare Stragliotto, anche l’elevato tenore di vita medio dei rossanesi. “Una delle questioni da porsi – osserva l’imprenditore-assessore – è quanta della ricchezza che vediamo è reale. Mi spiego: se, poniamo, io creo ricchezza e poi la uso per comprarmi settanta case e venti macchine, alla fine ho creato solo ricchezza personale. Ciò che davvero conta, però, è creare ricchezza non solo per se stessi, ma per tutti”. Un'osservazione che vale in senso generale. Ancora una volta, Rossano è un esempio, un “francobollo” di Nordest messo all'incrocio di tre province strategiche, Vicenza, Treviso e Padova. Di questo Veneto-locomotiva Rossano non fa che riassumere pregi e difetti, senza essere un concentrato né degli uni, né degli altri. Questo rettangolino di terra, sfrangiato a sud est da una cucchiaiata inghiottita dai trevigiani, ha un desiderio da esprimere: liberarsi finalmente dai cliché e dai luoghi comuni che si è ritrovato stampati in faccia in questi anni. Ciò vorrà dire non far più notizia e far parlare meno di sè. Ed è proprio quello che qui vorrebbero. Stefano Tomasoni IMPRESE Calpestati e contenti 34 Ceis L’azienda di Romano d’Ezzelino è specializzata da quarant’anni nella realizzazione di campi da calcio, piste di atletica, campi da tennis, rugby, golf e altro. Suo anche il campo del “Tardini” di Parma. E adesso prenderà in cura anche gli stadi di Tripoli. C apita che la soddisfazione più grande sia vedere il proprio lavoro calpestato. Per chiarimenti rivolgersi alla Ceis di Romano d’Ezzelino, da quarant’anni specializzata nella realizzazione delle opere orizzontali degli impianti sportivi. Piste da atletica, campi da calcio, da rugby, da tennis, da golf, da bocce, polivalenti e indoor, palestre comprese, sono il pane quotidiano di un’azienda che, pur conservando un assetto dirigenziale d’impronta familiare, è stata ed è il punto d’appoggio di mille imprese sportive, anche di livello internazionale. L’avventura è iniziata giusto quarant’anni fa, nel 1960, quando Oscar Sandro Pozzobon, che già lavorava nel settore impianti sportivi di una grande impresa di costruzioni, decise di prendere la propria strada e dedicarsi autonomamente a questa branca dell’edilizia. Il primo lavoro commissionato fu il campo di atletica di Padova, subito dopo venne il centro sportivo del Centro Giovanile di Bassano, poi lo stadio di Montebelluna. Per la Ceis le piste di atletica leggera sono sempre state il filone più importante e allo stesso tempo un modo per confrontarsi con l’evoluzione ai tempi, se non addirittura per precorrerli. Proprio nell’anno della sua fondazione a Roma si svolgevano le Olimpiadi. Pozzobon capì che il futuro dell’atletica leggera, in quegli anni in grande sviluppo, stava nella rivoluzione dei materiali. Nacque una collaborazione con la Bayer e in breve tempo la Ceis fu in grado di proporre formulazioni di resine e gomme innovative di pari passo con adeguati sistemi di posa. Nel frattempo l’azienda era già diventata fornitrice di fiducia del Coni. Il momento per compiere il salto di qualità era arrivato. Non fu un caso se alla fine degli anni Sessanta alla Ceis furono affidati i lavori al centro Coni di Tirrenia. In casa Pozzobon la messa a punto di prodotti e tecnologie sempre più specifici è tuttora un motivo di orgoglio. Sono marchi registrati e universalmente noti nell’atletica leggera i manti sintetici Rubtan e Azzurro 2000, così come nel calcio e nel rugby i sistemi drenanti EvergreenDraingazon-Vacudrain, nel tennis e polivalenti l’erba sintetica Sinten-grass e i pavimenti Sinten-lan. E siccome un prodotto innovativo richiede tecniche di realizzazione inedite, alla Ceis si sono fatti da sé anche macchine di nuova concezione come le impastatrici di gomma e resina. Fra i principali impianti di atletica realizzati e ristrutturati negli ultimi dieci anni ci sono quelli di Spilimbergo, Cortina, Forlì, Siena, Calenzano (Firenze), Livorno, Abano, Treviso. Passando alle superfici verdi, si possono nominare stadi come il Provinciale di Trapani, il “Bentegodi” di Verona, il “Briamasco” di Trento, il “Nereo Rocco” di Trieste e il “Tardini” di Parma. Oltre alla installazione degli impianti orizzontali, vengono messi a dimora i tappeti erbosi tramite semine naturali oppure utilizzando zolle precoltivate. Si tratta di interventi estremamente delicati per i quali ci si avvale delle consulenze di affermati agronomi, così da svolgere con la massima scientificità ogni passaggio, dalle analisi dei materiali sino all’impo- stazione del piano di lavoro. Un’abilità che ha portato la Ceis sino in Libia. Vent’anni fa vi aveva costruito un paio di piste, ora c’è tornata per realizzare lo stadio della capitale, comprensivo di pista da atletica e campo da calcio. A chiederlo è stato Al Saedi Gheddafi, proprio il figlio del colonnello. Recentemente, quando la nazionale della Libia è venuta in Italia e ha incontrato il Parma, Gheddafi junior è rimasto impressionato dalla qualità del terreno di gioco del “Tardini”, da poco rimesso in sesto dalla Ceis. Siccome allo stadio di Tripoli l’erba verde è un vago ricordo, Gheddafi ha chiesto che la Ceis porti nel suo paese il know-how e la tecnologia di cui dispone. Nell’ultimo decennio la Ceis si è dedicata anche alle coperture per impianti sportivi di piccole e medie dimensioni e poi, più in generale, all’arredo urbano, con ovvia inclinazione per la riqualificazione del verde pubblico. Insomma, non sia mai detto che alla Ceis si lavora solo...per sport. In queste pagine, alcune delle superfici di stadi realizzati dalla Ceis: in apertura il “Rocco” di Trieste; qui sopra il “Tardini” di Parma e sotto lo stadio di Mogliano (Treviso). Oggi la Ceis è guidata ancora dal fondatore, Oscar Pozzobon, affiancato dei figli Enrico e Carla, responsabili del settore commerciale Eros Maccioni e della qualità. 35 IMPRESE Se l’azienda mette la città nella rete 36 PFM È partita dall’azienda di Torrebelvicino, una iniziativa particolare su Internet: un portale dedicato a Schio, di livello nazionale, ma declinato in dimensione locale, per informare su una specifica realtà territoriale attraverso la rete”. In alto, il sito di “Schioperte.it”. Sotto, l’esterno del PFM di Torrebelvicino. D a una solida esperienza nel settore dell’imballaggio la Pfm di Torrebelvicino si affaccia nel mondo della new economy in maniera nuova: “www.schioperte.it” è il nome del portale Internet di proprietà Pfm, nato dall’idea di un imprenditore, Andrea Fioravanti, figlio del fondatore dell’azienda, Pietro Fioravanti, e in Pfm responsabile di web development. Il portale contiene notizie, curiosità, link, forum e quant’altro ci si può aspettare da un portale di livello nazionale, il tutto però declinato anche in dimensione locale. Ecco quindi che accanto ai suggerimenti dei siti più interessanti, si trova la programmazione del cinema sotto casa; accanto alle agenzie di stampa nazionali ed internazionali si legge cos’è successo dietro l’angolo; dopo un collegamento con la borsa si può dare un’occhiata agli annunci economici in chiave altovicentina. “Schioperte” offre la possibilità al visitatore di intervenire con il proprio contributo: chi naviga può suggerire un sito interessante, scrivere una notizia, commentare le news pubblicate, utilizzare lo spazio annunci per cercare, vendere, acquistare... “Può sembrare curioso – dice Andrea Fioravanti – che un’azienda come la Pfm, che opera nel confezionamento e nell’imballaggio, decida di intraprendere un’avventura di questo tipo sul web. In realtà i percorsi che ci hanno portato fin qui sono per noi assolutamente naturali: siamo stati in Italia tra i pionieri di Internet, con un sito aziendale utilizzato fin dall’inizio come prezioso strumento di lavoro. Con Internet abbiamo reso capillare la nostra presenza in tutto il mondo, abbiamo abbattuto drasticamente alcune voci di costo, infranto frontiere, sperimentato l’ubiquità. Se uniamo queste esperienze alla conoscenza della terra in cui sono nato e cresciuto, il passo è obbligatorio: Schio e dintorni on line”. Alla Pfm si sono ispirati ai portali di città come Milano, Verona, Ferrara, mettendo in primo piano la volontà di rendere partecipe la gente, di fare in modo che i visitatori non siano semplici spettatori, ma generatori di informazioni, di commenti, di notizie. “Ci siamo impegnati al massimo per trovare anche un ‘applicativo’ che fosse interattivo in tutte le sue parti – spiega Fioravanti –. È questo il modo più efficace per coinvolgere il pubblico e per dare al portale nuova vita, ogni giorno. Un intenso lavoro di redazione e l’apporto quotidiano dall’esterno consente a ‘Schioperte’ di rinnovarsi in continuo, di proporsi sempre rigenerato, cambiato”. “Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti, ma siamo anche consapevoli di aver mosso soltanto i primi passi – conclude l’imprenditore scledense –. Da qui ci aspettano obiettivi di crescita e sviluppo impegnativi. Ma in Pfm siamo abituati alle sfide. ‘Schioperte’ è una delle tante”. IMPRESE IMPRESAFLASH 38 Il Gruppo Mastrotto investe in Brasile e Croazia Il governatore dello Stato brasiliano di Bahia, Cesar Augusto Rabello Borges, è stato in visita al Gruppo Mastrotto di Arzignano. Una presenza legata ai programmi di investimento che il Gruppo Mastrotto sta realizzando proprio nello stato di Bahia e precisamente nella città di Cachoeira, situata a 110 chilometri dal porto di Salvador Bahia, capitale dello Stato. Qui il colosso conciario di Arzignano renderà operativa entro la primavera del 2001 la “Mastrotto Reichert S.A.”, una joint venture costituita con un grosso partner brasiliano nel settore calzaturiero. Per questa joint venture, il Gruppo Mastrotto ha investito 25 milioni di dollari in macchinari e strutture. La nuova azienda brasiliana produrrà pelle per i settori dell’arredamento e delle calzature e a regime produrrà 6.000 pelli al giorno e darà lavoro a circa 700 persone. Per preparare al meglio le maestranze che opereranno nella nuova azienda, il Gruppo Mastrotto ha ospitato nelle proprie aziende una cinquantina di operai brasiliani in stage formativo. All’attenzione verso il Brasile si accompagna altrettanta attenzione anche agli altri mercati emergenti. La Croazia, ad esempio: il Gruppo Mastrotto ha acquisito di recente una conceria a Zagabria, che a regime produrrà 3.000 pelli al giorno con 50 dipendenti. (Nella foto, la famiglia Mastrotto con il governatore Rabello Borges, al centro, e l’ex prefetto di Vicenza Giovannucci). to paesi, è stato esposto un innovativo soffietto Taplast. Il soffietto è stato selezionato dagli organizzatori della Biennale per l’elevato interesse suscitato e il potenziale percepito (ad esempio anche per lo sviluppo di oggetti per la terapia di handicap fisici). Taplast alla Biennale Internazionale Design 2000 Arroweld Italia si allea con Said Taplast, l’azienda di Dueville che produce tappi, dispenser e dosatori, ha partecipato alla Biennale Internazionale Design 2000 che si è svolta nell’ottobre scorso a Sant Etienne (Francia). Alla mostra, che ha selezionato le opere di design più innovativo provenienti da cen- La Arroweld Italia di Zanè (distribuzione industriale) e la bergamasca Siad (gas tecnici) hanno siglato un accordo di partnership, un’alleanza strategica per rafforzarsi sul mercato italiano ed europeo. Attraverso una partecipazione di collegamento, l’intesa ha lo scopo di valorizzare le sinergie dei due gruppi, creando un’alleanza commerciale e distributiva che può contare su un bacino di oltre 70 mila clienti in Italia. Arroweld Italia (300 addetti, 11 filiali nel nord Italia, un fatturato vicino ai 100 miliardi) è una delle maggiori realtà nel segmento della distribuzione industriale: tecnologie di saldatura, articoli tecnici, strumenti di misura, utensileria. A sua volta la Siad (Società Italiana Acetilene & Derivati) è uno dei più importanti gruppi italiani nella produzione e commercializzazione di gas tecnici. “Assieme a Siad – spiega Mirco Gasparotto, amministratore delegato di Arroweld Italia – abbiamo elaborato un piano a medio e lungo termine che ci porrà in evidenza sul panorama europeo della distribuzione industriale”. Il miele di Asiago alla tavola della Regina d’Inghilterra Nel corso della visita in Italia compiuta in ottobre, la Regina d’Inghilterra, Elisabetta II, ha avuto un pranzo ufficiale a Milano, all’hotel Principe di Savoia. Il dolce servito in quell’occasione è stato decorato con il miele prodotto dalla Rigoni di Asiago, azienda leader nazionale nella produzione di miele e confettura biologici. “Sappiamo che il cuoco del ‘Principe di Savoia’ ha scelto il nostro miele perché lo ritiene il migliore – ha detto Andrea Rigoni, amministratore delegato dell’azienda –. Fa piacere che la scelta abbia avuto motivi dettati esclusivamente dalla qualità”. Artel, nuovo stabilimento in Brasile Il Premio “Qualità e ambiente” dell’Icec a Rino Mastrotto avvierà un nuovo stabilimento in Brasile, nello stato di Rio Grande do Sul (nella foto). L’azienda ha stanziato un investimento di tre miliardi di lire per avviare la produzione dei suoi climatizzatori nello Stato di Serafina Correa, tra i più industrializzati del paese. L’inaugurazione della nuova unità produttiva è un nuovo passo verso il mercato sudamericano, dove dal ‘98 l’azienda è presente con “Artel do Brasil”, società di importazione che punta ai dieci miliardi di faturato entro il 2001. La Artel, sorta nel 1981, ha oggi 320 dipendenti complessivi ed è arrivata ad un fatturato di 50 miliardi, che punta a raddoppiare in tempi molto stretti; conta 22 filiali in Italia e 7 in Brasile; sono poi 150 i centri di assistenza tecnica nel nostro paese. Il premio “Qualità e Ambiente” promosso dall’Icec (Istituto di certificazione per l’industria conciaria) è stato assegnato quest’anno a Rino Mastrotto, presidente del Rino Mastrotto Group di Arzignano. Il riconoscimento viene attribuito annualmente agli imprenditori che hanno saputo maggiormente distinguersi nel settore conciario in materia di qualità, tutela ambientale e certificazione. La motivazione del premio attribuito a Rino Mastrotto parla di “costante impegno allo sviluppo del settore conciario, al miglioramento della qualità e della tutela ambientale”. Agli inizi del 2001 la Artel, azienda di S.Vito di Leguzzano che produce condizionatori d’aria e depuratori (e che quest’anno è sponsor del Vicenza Calcio), PERSONAGGI Un uomo da raccontare 40 Flavio Albanese ha aperto cantieri ovunque, ospita vip tra i più famosi del mondo e ha una sua idea del fare impresa: “un’azienda deve redistribuire benessere”. P oteva vivere cinquecento anni fa, in pieno Rinascimento. Avrebbe stupito con i progetti di macchine innovative o di raffinate architetture per il Principe del tempo, immaginato monumenti e opere d’arte. Poteva vivere trecento anni fa, ai tempi dell’Illuminismo. Il suo gusto enciclopedico lo avrebbe portato a discutere con filosofi, incontrare poeti, ospitare musici e attori. E invece Flavio Albanese concentra tutte queste sue esperienze e qualità in un altra fetta dello spazio tempo disegnato da Einstein. Ma non vuol dire niente. A cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo la sua inesauribile curiosità per il mondo, la sua poliedrica professionalità, la sua acuta capacità di vedere lontano (che vuol dire dare risposte innovative ai problemi di sempre) hanno lo stesso imprinting genetico che ammiriamo in un genio del Rinascimento o in un letterato scienziato del Secolo dei Lumi. “Del resto - spiega lui - ho avuto anche la fortuna che una persona straordinaria come Battista Meneguzzo a sedici anni mi portasse in giro per l’Italia ad ammirare opere di Grotowski e Tinguely”. Lui accumula conoscenze, assetato di sapere: “Ho conosciuto tutti - dice - Da Dino Buzzati, incrociato in libreria, a James Stirling. Da Hans Magnus Enzsenberger a Gualtiero Marchesi, da Arrigo Cipriani a Jasper Jones, da Jorge Luis Borges a Riccardo Muti”. Tutto questo patrimonio di informazioni, cultura e conoscenza poi lo riversa, con generosità, nei suoi lavori e nei suoi incontri. Provare per credere. Potete chiedergli un consiglio su un tappeto persiano da acquistare o discutere dei quintetti di Mozart; farvi commentare le poesie di Franco Fortini o le architetture del suo amico Rafael Moneo, “nobel” dell’architettura. Resterete incantati. Perché ha un cromosoma in più: quello della profondità di campo nel fotografare la vita. E la coglie sempre da un angolo visuale inaspettato. Un esempio? Provate a chiedergli: cosa stai facendo? Vi meraviglierà: “Studio. In questo momento, principalmente filosofia”. Non è snobismo, preché, come ama ricordare, “l’architettura risolve sempre altri problemi all’uomo, non quelli di spazio”. “E prima di tutto nel lavoro bisogna pensare a questo, all’uomo che deve star bene. Questo dev’essere l’obiettivo dell’impresa”. In realtà ha aperto cantieri in mezzo mondo. Si alza a progettare (e disegna di tutto: dalla fabbrica agli anelli) alle cinque di mattina. Ma lui non è mai contento: “Sono un bon da gnente”, minimizza socraticamente in dialetto. A sentire lui, di 30 anni di lavoro salva due realizzazioni: la sua casa a Pantelleria, finita su tutte le più prestigiose riviste del settore, e l’azienda che sta costruendo a 21 metri sottoterra a Schio, per Ambrogio Dalla Rovere. Naturalmente c’è molto di più. Basti pensare al progetto per la nuova sede dell’Assindustria, che sta realizzando assieme a Rafael Moneo ai Giardini Salvi. Se andrà in porto (“e il Comune sarebbe sciocco a perdere questa occasione”) sarà uno dei pochissimi segni di architettura contemporanea a Vicenza, forse il primo da mezzo secolo a questa parte. La verità è lui e il suo lavoro sono una cosa sola: ha fondato il suo studio che era appena divenuto maggiorenne. Ma, attenzione: la voglia di vivere era tale che lo è diventato a 20 anni, con l’emancipazione legale, quando la maggiore età arrivava solo a ventuno. Oggi, dopo aver toccato i territori della grafica e dell’arredamento, da 13 anni dello studio è contitolare assieme al fratello Franco, architetto. Quindici dipendenti a Vicenza, sei a Milano. Presto dall’oasi di contrà S. Marco si sposterà nella sede dell’ex tipografia Rumor, a ponte Pusterla. E Albanese ha già pensato a uno “studio aperto” a tutti: agli studenti, prima di tutto, per mettere a disposizione la sua biblioteca di ottomila volumi. “Non ho mai considerato la mia professione qualcosa di diverso da un’impresa”, dice. Ma lui sull’impresa ha idee un po’ diverse dal comune sentire: “Non è importante far numeri e fatturati, ma creare una qualità alta”. Come? La ricetta si chiama “ricaduta di benessere”. “La competizione non è solo la capacità In apertura, un interno e uno scorcio dell’esterno della residenza che Flavio Albanese ha realizzato a Pantelleria ristrutturando dei “dammusi”, tipiche costruzioni del posto. Qui a fianco, Flavio Albanese. 41 PERSONAGGI 42 di fare bilanci. Un’azienda deve puntare a redistribuire un diffuso benessere dentro e attorno a sé, come fossero spore. Altrimenti diventa solo narcisismo”. Sarà anche per questa sua capacità innovativa che Flavio Albanese è stato eletto presidente della sezione Terziario Avanzato dell’Assindustria vicentina. Ma la sua bandiera l’ha piantata... a 21 metri sottoterra, a Schio: “Sette piani di fabbrica interrata, completamente automatiz- to e Paola di Liegi (che una volta, per restare nel suo dammuso si sono dimenticati perfino di andare a cena da Amedeo di Savoia) e una schiera infinita di personaggi: Megan Gale, Sting, Eric Clapton, Monica Bellucci, i Benetton, Deborah Compagnoni, Gerard Depardieu, Carole Boquet, Giorgio Armani, Ornella Muti, Rupert Everett, Claudia Cardinale, Leopoldo Pirelli, Gae Aulenti, il ministro Vincenzo Visco, Achille Bonito Oliva, zata. Non c’era da risolvere un problema architettonico, ma di sviluppo sostenibile. L’idea me l’ha data Andrea Zanzotto, qaundo ha denunciato l’occupazione del Montello da parte delle industrie Benetton. Lembi vivi di pelle sottratti al territorio. Mi sono detto: bisogna pensare a un altro modo di costruire fabbriche”. Il suo orgoglio è già remunerato: un altro industriale, Vicentini, ha deciso di seguire la stessa strada… sotterranea per realizzare una nuova fonderia a Schio. Dal profondo Nord al profondo Sud. A Pantelleria Albanese non è andato a far sfoggio di ricchezza o a organizzare feste per il jet - set. Certo, a casa sua sono ospiti abituali i sovrani del Belgio, Alber- Madonna. E via elencando all’infinito, con feste da 300 persone a botta. Ma a Pantelleria Albanese ha fatto un investimento per tutta la comunità. A Gelkhammar ha costruito un teatro dove si svolgono spettacoli teatrali e ogni estate un festival di cinema. Tutte anteprime, tutto gratis. Non c’è una sedia, solo tappeti. Giorgio Armani, che credeva di avere un posto riservato in prima fila, quando s’è trovato in fondo a tutti perché è arrivato in ritardo, se n’è andato piccato. Hanno anche litigato, i due: “Ma nel mio teatro non ci sono privilegi”, ricorda Albanese. Può succedere perfino che Gerard Depardieu in quel teatro o a cena a casa sua improvvisi per tutti il monologo del “Cyrano”, oppure che Jo Fennis (“Shakespeare in love”) organizzi un estemporaneo “Romeo e Giulietta”. “Merito mio? Certo che no – glissa Alba- nese – Sono i luoghi che suggeriscono le opere”. E ricorda la lezione dell’architetto greco Eupalinos: “Ci sono edifici che cantano, altri che parlano, altri ancora che ragliano, perché possono avere dentro l’anima, il pensiero o il nulla”. E Vicenza? La palladiana, immobile Vicenza? “Ha un ego grande come quello suggerito dalle opere di Nietzsche o Wagner – risponde Albanese – Ma poi fa i conti della serva. Il suo errore maggiore è quello di ritenere che il passato sia il capitale più importante che abbia. Ma non si può vivere capitalizzando il passato. È come il dio Kronos che mangia i figli per paura che diventino grandi e importanti. A ragionare così, Vicenza diventa solo una città impotente a produrre il nuovo. E confonde la contemporaneità con il piccolo colonialismo che arriva da fuori”. Albanese ricorda ancora i fasti del Festi- val Mozart: “L’unico investimento culturale della città in questi anni. È stato l’unico momento in cui, ogni giorno, il Festival Mozart e Vicenza avevano un bollo su “Repubblica”. Non lo dice, ma è successo anche per merito suo, che aveva aperto le porte di casa agli incontri più vari: “Un giorno c’erano la Zimmermann, la Gasdia e la Ricciarelli che provavano assieme, ognuna in un angolo diverso. Celestiale”. Dica la verità, ma a uno come lei, che gira abitualmente dalla Mauritania ad organizzare opere di Enzsemberger fino a New York ad incontrare uno dei guru In queste pagine, una serie di istantanee con alcuni dei personaggi e degli artisti frequentati da Albanese e ospitati a Pantelleria. Da sinistra verso destra: della beat generation, non pesa non essere chiamato architetto? Albanese sorride e alza le spalle: “L’importante è lavorare bene. E poi non sono l’unico a non avere quel pezzo di carta…”. Già, è in buona compagnia. Lui non lo dice, ma anche Frank Lloyd Wright, Carlo Scarpa e Le Corbusier non erano laureati…. Flavio Albanese con Monica Bellucci; Alessandra e Fabrizio Ferri; il cantante Sting con tutta la famiglia; Albanese e Deborah Compagnoni con i cuochi della casa; Gerard Depardieu e Carole Bouquet; Albanese con Claudia Cardinale (qui sopra) Antonio Di Lorenzo e con Eric Clapton (sotto). Il risveglio del gigante GIRO DEL MONDO Un mercato caratterizzato da alti e bassi 44 Vicentini con la valigia. La Russia sta riprendendo ad essere un mercato interessante e in crescita. Su cui già più di qualche azienda vicentina sta puntando. S i dice Russia, s’intende Mosca. Passano i secoli, cambia la storia, ma quella città sulla Moscova fondata nel 1156 dal principe Suzdal’ Juri Dolgorukij, è sempre protagonista. Mosca la Santa, Mosca la Bianca, Mosca la Rossa. Quella del socialismo reale e della Perestroijka: sempre lei a scrivere la storia russa, poiché è in questa città che si respira la cultura della russia eterna, che si concentra il mondo degli affari. È di fronte al Museo Puskin, a pochi minuti dalla mitica Piazza Rossa, che la Caoduro, l’azienda di Monticello Conte Otto che produce lucernari, ha il suo ufficio di rappresentanza. Una struttura leggera: quattro addetti in grado di rispondere alle esigenze di un mercato ancora in larga parte concentrato su Mosca. I primi contatti dell’azienda con il mercato russo risalgono alla fine degli anni Ottanta. Ricorda Carlo Caoduro, amministratore delegato dell’azienda: “Allora si andava a Mosca per far fronte a commesse spot; poi, sull’onda di queste singole esperienze, abbiamo maturato l’idea di insediare a Mosca una nostra struttura stabile, che ha iniziato ad operare nel ‘98”. L’attività della Caoduro in Russia è centrata sulle coperture trasparenti di moderni centri residenziali, di grandi strutture commerciali (come il trade center lungo la Moscova) e alberghiere. “Un segmento, quest’ultimo, in espansione visto il trend crescente del flusso turistico verso la Russia”. Quanto all’edilizia industriale, il mercato russo appare invece ancora bloccato: “Ma ritengo che questo sia uno step ragionevolmente ravvicinato – dice l’industriale vicentino – e capace di aprire interessanti opportunità anche alle piccole e medie imprese di casa nostra”. Della stessa opinione è anche Adamo Dalla Fontana, amministratore delegato della BDF, l’azienda di Vicenza (190 dipendenti) leader nella produzione di macchine e impianti per ve- tro cavo. “Ho conosciuto la vecchia Unione Sovietica e conosco ora la Russia, visto che operiamo in quel paese da una ventina d’anni – dice Dalla Fontana –. Certo, siamo di fronte ad un mercato che ha vissuto e vive alti e bassi: in alcuni momenti premia e in altri frena qualsiasi entusiasmo. Ai periodi buoni, verso la fine degli anni Ottanta, è seguito un lungo periodo di stasi. Ma da quest’anno il trend di commesse con la Russia è nuovamente in crescita. Dopo la fase delle privatizzazioni selvagge e incon- cludenti, dopo il calvario del rublo, credo che il sistema russo sia oggi nuovamente pronto ad investire in beni strumentali, in tecnologia”. Una prospettiva, questa, che la BDF intende cogliere appieno aumentando l’organico del proprio ufficio di rappresentanza a Mosca, per ampliare gli orizzonti sui quali muoversi. “La Russia degli affari oggi non è più solo Mosca – osserva Dalla Fontana –. San Pietroburgo e Rostov, per fare alcuni esempi, sono aree di estremo interesse che devono essere seguite da vicino. Da Un dinosauro in un mondo di canguri La domanda è: sta realmente cambiando, la Russia? Sì e no. Non c’è dubbio che le grandi città, Mosca e San Pietroburgo, si siano occidentalizzate nell’aspetto esteriore (recuperi edilizi, vie e quartieri che sembrano mutuati dalle grandi capitali europee, maggiore pulizia ovunque, supermercati forniti), ma all’interno, nelle piccole città e soprattutto negli enormi territori di campagna, l’arretratezza è ancora tanta. Sotto il comunismo tutti avevano un minimo di disponibilità economica (tenuto conto che casa, scuola e sanità erano garantiti dallo Stato) ma non avevano niente da comprare, tutto era tesserato. Adesso le file sono sparite e i negozi sono pieni di roba, però non ci sono i soldi. Un’incongruità. La gente non è entusiasta del nuovo stato di cose. Non arriva a dire che stava meglio quando stava peggio, ma qualche perplessità ce l’ha. Gorbaciov in Russia è sempre stato malvisto: troppo occidentalizzato per un popolo comunque nazionalista. Eltsin, dicono in tanti, ha lasciato solo danni. Ora Putin potrebbe piacere con la sua scommessa politica, che punta a ripristinare un potere forte centralizzato che diriga lo sviluppo del paese. La Russia è in pieno guado verso il cambiamento. Ma quello che sta attraversando non è un fiumiciattolo, è uno dei maestosi e lenti fiumi russi. Ci vorrà ancora tempo per arrivare dall’altra parte. Forse una democrazia compiuta, come la intendiamo noi, in quel paese non ci sarà mai, per motivi storici, atavici. Così come atavica è la lentezza con cui tutto accade e tutto si fa, in Russia. Una cosa che non sta in valigia ma che occorre portarsi dietro quando si va in Russia è la pazienza. Bisogna adeguarsi ad un concetto di tempo diverso dal nostro, dilatato, relativo. La Russia cambierà davvero quando non sarà più permeata a tutti i livelli (militare, politico, economico, sociale) da quella mentalità fortemente burocratica che oggi ne fa un dinosauro in un mondo di canguri. Stefano Tomasoni In apertura, la chiesa della Resurrezione, detta anche del Sangue Versato o del Salvatore, a San Pietroburgo 45 DEL MONDO GIRO 46 qui il nostro impegno anche in termini di personale addetto specificamente al grande mercato russo”. In questo inizio di millennio, dunque, lo scenario russo che si configura dal racconto di chi opera direttamente in loco è positivo. Lontano è insomma il ricordo di quel 17 agosto ‘98, che ha minato la Borsa, impoverito il paese con il tracollo del rublo, evidenziato i limiti di un sistema politico ed economico incerto e complesso. Un mercato in espansione che apprezza il made in Italy Molto attiva nel mercato russo, dove è presente fin dai primi anni Novanta, è anche la EffeBi-Barausse di Monticello Conte Otto, azienda leader nella produzione di porte in legno. “Dal ‘94 siamo presenti a Mosca con una rete commerciale, che oltre alla Russia copre l’area area della CSI – afferma Nazareno Barausse, amministratore delegato dell’azienda –. La nostra esperienza in questo mercato è positiva, in termini di penetrazione commerciale siamo in continua progressione”. Quest’anno l’azienda supererà il tetto delle dodicimila porte vendute in Russia, “ma il trend di crescita non si è certamente arrestato, a conferma che la Russia non solo è un mercato in forte espansione ma è anche sostanzialmente ricco, sa apprezzare il prodotto di firma made in Italy. In questo contesto – continua Barausse – dopo aver principalmente puntato sulla grande area metropolitana di Mosca, a partire dal 2001 investiremo su Anche Vicenza Export in prima fila sulla Piazza Rossa Sono già cinque anni che il consorzio Vicenza Export, sostenuto direttamente dall’Assindustria, ha aperto un suo ufficio di rappresentanza a Mosca. Una sede in pieno centro a Mosca, e con una dozzina di persone (tutte russe con padronanza di tre lingue) che vi lavorano a tempo pieno per supportare le aziende vicentine, sia quelle presenti in Russia con propri uffici, sia quelle che hanno specifiche necessità. “L’ufficio è diventato oggi una delle più significative presenze italiane organizzate nella capitale russa – dice Alberto Zamperla, presidente di Vicenza Export –. È una struttura che consente agli imprenditori di acquisire e ottimizzare conoscenze, competenze e servizi. La mia azienda (che produce attrazioni per parchi di divertimento, n.d.r.) aveva cercato di inserirsi nel mercato russo ancora ai tempi dell’ex Urss, ma gli inizi non erano stati facili. Dopo i primi tentativi il fatturato era nullo. Ma abbiamo continuato a lavorare, e dopo tre anni le vendite ammontavano già a due milioni e mezzo di dollari”. La scelta di sbarcare a Mosca, per Vicenza Export, fortemente voluta dall’allora presidente del consorzio, Artenio Fabris, si è rivelata giusta sia perché è cambiata radicalmente la situazione lavorativa e le grandi imprese statali stanno lasciando spazio alle piccole attività, sia perché i grandi gruppi stranieri hanno lentamente ridotto la loro rappresentanza e possono esserci così molte opportunità per le piccole imprese esportatrici. A patto che abbiano un minimo di supporto organizzativo. “Quello russo è dunque un mercato buono per l’economia produttiva vicentina, caratterizzata principalmente da piccole imprese – osserva Zamperla –. Grazie al consorzio, queste piccole imprese che da sole incontrerebbero difficoltà a muoversi e imporsi, riescono ad instaurare validi rapporti e a creare buone occasioni di scambio”. (s.t.) un’altra realtà importante, come è quella di San Pietroburgo”. A San Pietroburgo guarda anche la Pfm, azienda di Torrebelvicino specializzata nella produzione di macchine per imballaggio. Grazie ad un accordo con una ditta pietrobughese, la Pfm ha dato vita alla Merpasa, società che assembla macchinari destinati prevalentemente al settore alimentare. “Nella strategia dell’azienda, che già conta delle appendici estere in Gran Bretagna e Canada – sottolinea Daniele Fioravanti, responsabile dell’area Europa Centro orientale –, la presenza in Russia attraverso questa struttura di assemblaggio a San Pietroburgo è molto importante: in tempi rapidi e con costi doganali ridotti andiamo a soddisfare un mercato che sta attraversando un deciso trend favorevole. Con il rublo sostanzialmente stabile e i vantaggi scaturiti dalla vendita del petrolio, l’economia russa sta uscendo dal tunnel della crisi, con potenzialità enormi, strutturali e non effimere”. 47 Qui sopra, la sede moscovita di Vicenza Esport. Nella pagina a lato, sopra un intervento della Caoduro per la copertura di un centro commerciale a ponte sulla Moscova; sotto, un impianto dell’azienda avviata dalla BDF in Russia, a Novocherkassk, Maurizio Mascarin nella regione di Rostov. SOCIETÀ E CULTURA La guerra e la memoria 48 Ci siamo lasciati alle spalle il secolo delle due guerre mondiali. Arriva opportuno, in questa fase di passaggio, il volume “1915-1918. La guerra sugli altipiani. Testimonianze di soldati al fronte”, curato da Mario Rigoni Stern. Un’occasione per rinsaldare la memoria di ciò che quel conflitto significò per la nostra terra. F u, in principio, chiamata la Grande Guerra perché mai, prima di allora, un conflitto aveva raggiunto simile violenza, coinvolgendo nazioni e popoli. A mano a mano che si estendeva su tutta la Terra venne chiamata Guerra Mondiale, ora, dopo che dal settembre 1939 divampò un’altra gigantesca conflagrazione, Prima Guerra Mondiale. A ottantadue anni dalla sua conclusione gli storici ci presentano questi avvenimenti con maggiore chiarezza; molti documenti ritenuti prima segreti sono resi accessibili; sono pure scomparsi i grandi protagonisti che più o meno avevano qualcosa da celare, o esaltare fatti e avvenimenti a loro convenienti; valore storico nuovo hanno anche i diari, le corrispondenze, le testimonianze avute da coloro che la guerra l’avevano vista “dal basso” e che in quegli anni avevano pagato altissimo prezzo. Ora, per i luoghi dove la Grande Guerra e passata, sulle montagne disabitate specialmente, rimangono ancora i segni come profonde cicatrici che gli anni e le forze della natura non riescono a cancellare. Sono li, ben visibili, per ricordare e far riflettere. E ci sono gli ossari e i cimiteri dove sono raccolte le spoglie di milioni di soldati; sterminate pianure e remote montagne dove la terra ha accolto e dissolto nel tempo migliaia e migliaia di caduti. Non dimentichiamo tutto questo. […] Se due erano gli eserciti che si fronteggiavano, due erano anche le concezioni strategiche generali. Cadorna, il comandante supremo dell’Esercito Italiano, aveva deciso di sferrare il suo attacco sul fronte del medio e basso Isonzo e da qui aprirsi la strada verso Lubjana e il cuore dell’Austria. Il Maresciallo Conrad, capo di Stato Maggiore dell’Esercito Austro-Ungarico, secondo un suo vecchio progetto, voleva invece scendere dagli Altipiani nella pianura vicentina, dilagare, quindi prendere alle spalle la massa del nostro esercito schierata ad oriente costringendo l’Italia alla resa. Ma non si apriva “la porta” del Carso. Dal 1915 al 1917 brigate e brigate di fanteria italiane si dissanguavano contro le difese del Monte Sei Busi, del San Michele, Podgora, Sabotino e sulla Bainsizza in battaglie che non davano risultati confacenti allo sforzo, che richiedevano, invece, sacrifici e fatiche esasperanti che logoravano il morale delle truppe. Cadorna non aveva giocato sul tempo quando, appena dichiarata la guerra, quelle difese avversarie non erano ancora saldamente fortificate e guarnite. L’ostinazione degli attacchi frontali e il voler ignorare le nuove tattiche che sugli altri fronti europei gli eserciti avevano adottato, portarono a quell’assurdo delle “spallate sull’Isonzo”. Aldo Valori, nostro storico attento, nel suo importante saggio scritto nel 1920, La guerra italo-austriaca 19151918, così scrive: «...L’errore fondamentale era fortunatamente compensato dall’altro errore fondamentale del nemico, di applicare il principio “della resistenza per la resistenza” ed il risultato dei due errori era quello dell’assurdo strategico che prende il no- Memorie di guerra dal Pasubio al Brenta Mentre inizia (per davvero) il nuovo millennio, ci lasciamo alle spalle il secolo delle due guerre mondiali. Guerre che hanno segnato profondamente il pianeta, i suoi equilibri geopolitci, ma anche la storia dei popoli. Capita dunque più che opportuno, a chiusura del XX° secolo, il volume “1915-1918. La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati dal fronte”, curato dallo scrittore Mario Rigoni Stern per “dare memoria alle giovani generazioni di quanto accadde fra Pasubio e Valle del Brenta, i luoghi dove la Grande Guerra si è manifestata in tutta la sua asprezza”. L’opera, edita dalla casa editrice Neri Pozza e promossa dalla Banca popolare di Vicenza, è un ricco volume di oltre 700 pagine che raccoglie, come dice il titolo, una gran mole di testimonianze dirette dal fronte, scelte da Rigoni Stern. Si tratta di testi non solo di grandi scrittori, ma anche di semplici cittadini e soldati, di storici dell’epoca e di qualche generale che aveva responsabilità di comando. L’opera è arricchita da una prefazione del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. “Questa raccolta di scritti, scelti per la loro qualità di vivida, diretta testimonianza – dice Ciampi – indurrà i giovani di oggi a un’intensa riflessione. Colpisce, nel leggere queste testimonianze di sopravvissuti, la genuinità dei sentimenti patriottici da cui molti di quei giovani erano animati”. In queste pagine pubblichiamo ampi stralci della nota con la quale Mario Rigoni Stern apre l’antologia. 49 CULTURA E SOCIETÀ 50 Nella lunga foto che corre in queste e nelle pagine precedenti, l’intero panorama della conca di Asiago dall’osservatorio di Kaberlaba nel 1915. Nella pagina a lato, bersaglieri in trincea a Cima Echar, giugno 1918. A pag. 54, Asiago alla fine della guerra: si riprende a vivere. me di “guerra di logorio”, che richiedeva sacriflci e fatiche ben più esasperanti per la loro continuità e sterilità, che non esigesse qualsiasi guerra manovrata». […] Nel 1917 ripresero sul Carso le battaglie caparbie e inutili che, ormai, venivano numerate progressivamente. Eravamo giunti all’undicesima. Anche sull’Altipiano, in quell’anno, venne eseguita quell’azione offensiva che va sotto il nome di “Battaglia dell’Ortigara”. Furono sacrifici immensi sopportati dal soldato italiano, ma anche dagli avversari, senza giungere a nessun risultato. Pure sugli altri fronti europei, all’est dove si fronteggiavano gli Imperi Centrali e la Russia degli zar, all’ovest dove inglesi e francesi contrastavano l’esercito del kaiser Guglielmo I, la Grande Guerra mieteva vite a migliaia di migliaia. Il 15 agosto del 1917 il pontefice Benedetto XV faceva pervenire una Nota alle Potenze belligeranti dove con parole accorate le invitava a ritrovarsi per «un giusto accordo di tutti» e ragionare e discutere attorno a otto punti che proponeva, «...e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno di più apparisce inutile strage». Questo invito ebbe larga risonanza; ma più che nella mente dei governanti e dei generali giunse al cuore dei combattenti. Ebbero pure eco le voci di rivolta che giungevano dalla lontana Russia, dove era scoppiata la rivoluzione con la proclamazione dei Soviet e si invitavano i proletari di tutto il mondo a buttare le armi e i Governi alla cessazione immediata delle ostilità. Ma anche se gli eserciti erano fisicamente spossati, su tutti i fronti si continuava a combattere. Alla fine di ottobre, su quello italiano, vi fu il tragico “Caporetto”: il giorno 24 con violentissimo bombardamento e con immissione di gas mortali, ben preparate forze austro-tedesche sfondarono le nostre linee nell’Alto Isonzo e dilagarono, travolgendo le nostre difese. Fu una sconfitta che in pochi giorni portò tedeschi e austriaci a occupare Cividale e Udine: tutto il fronte dell’Isonzo crollò. Il nostro esercito perse quasi seicentomila uomini e quasi tutto il materiale. A episodi di cedimento e di sbandamento si accompagnarono altri di resistenza fino alla morte. Ma non fu una disfatta, fu una battaglia perduta e più che scaricare la colpa sui soldati per mancata volontà di battersi, la causa si dovrebbe imputare alla pochezza di certi comandi. La ritirata si fermerà al Piave dove, poi, comincerà la riscossa. Ma intanto cinquecentomila profughi dalle terre invase del Veneto furono costretti a lasciare case e beni per vagare in cerca di un tetto, ma anche di cibo e di un sorriso pietoso. Questa dei profughi è una storia apparentemente piccola e poco conosciuta nella storia della Grande Guerra, eppure dolorosa e dura: molti di questi profughi - donne, bambini, vecchi moriranno lontano dalle loro case per stenti e per l’epidemia di febbre spagnola che, nel 51 1918, imperverserà tra i più deboli e i più provati. Ma sorte ancora peggiore ebbero coloro che - per non abbandonare i loro focolari subirono l’occupazione del nemico. Già nel 1916, però, tutte le popolazioni dell’Altipiano dei Sette Comuni e delle valli confinanti dovettero abbandonare le loro case che stavano rovinando sotto i bombardamenti. Le strade dei profughi furono molto ama- SOCIETÀ E CULTURA “Sui vivi e sui morti cade la prima neve…” 52 Dal libro “1915-1915 La guerra sugli Altipiani”, ecco un brano tratto dal capitolo “La ricostruzione dell’Altipiano di Asiago” di Mario Rigoni Stern. “S ui vivi e sui morti cade la prima neve a coprire pietosamente le miserie della guerra che ancora, dopo un anno dalla fine, persistono sull’Altipiano. In questa atmosfera il 16 novembre ci sono le elezioni politiche. Con non poche difficoltà sono state rifatte le liste elettorali che l’incendio del 1916 aveva distrutte; con non poca fatica e tanta volontà è stato possibile allestire i quattro seggi nell’ex ospedale di via Cinque. Le schede arrivano poche ore prima dell’apertura dei seggi. Gli iscritti, nel Comune di Asiago, sono 2497 ma soltanto 901 saranno i votanti; alcuni erano già ritornati in pia- nura perché non si sentivano di trascorrere l’inverno in quelle condizioni, altri, i più, erano ancora profughi per l’Italia o soldati ancora in servizio. 859 voti andarono al liberale Brunialti, 29 ai popolari di don Sturzo, e 6 ai socialisti. Il dicembre si presenta molto freddo, secco e ventoso. Da Foza, quasi tutti i profughi che in primavera erano ritornati pieni di speranza, sono costretti a ridiscendere al piano. Anche i lavori che erano stati iniziati si fermano. Sul colmo del duomo di Asiago era stato issato l’abete augurale forse troppo in fretta: ora è lì, nel vuoto del cielo freddo che si intravvede tra le capriate del tetto. Anche se alla fine del 1919 sull’Altipiano sono duecento le baracche-osteria e solo quattro le baracche-scuola, anche se si spara non certamente a salve per festeggiare l’arrivo del 1920 (in tutti gli angoli si possono raccogliere armi efficienti), e molti (che magari la guerra non l’hanno fatta o profughi non sono) criticano quest’aria sregolata, festosa, confusa e di rivolta a una disciplina imposta che sempre ritroviamo nei dopoguerra, malgrado tutto questo, si vuole rinascere e ricostruire. […] Il 7 gennaio 1920, dopo che la Befana ha messo nella calza dei bambini una mela vizza, quattro castagne, due caramelle e un mandarino, si riprende l’istruzione elementare. Sono quattro classi che ad Asiago il direttore Carli e il maestro Andrea Pesavento riescono a far funzionare nell’edificio dell’ex ospedale civile, dove hanno pure trovato posto l’ufficio postale e un paio di uffici comunali. Coperti da indumenti militari riaccomodati dalle madri, con ai piedi scarponi spropositati o sgalmare, con i geloni alle mani e ai piedi, nelle aule malamente riscaldate con stufe da campo, con l’inchiostro che gela nei calamai, i primi ragazzi, quelli che avevano provato l’amarezza e la sofferenza dei profughi e superato l’epidemia di febbre spagnola, si ritrovano con allegro impegno a scrivere sui quadernetti che l’Eulalia Stern e Cristiano Fossa erano riusciti a far arrivare nelle loro baracche-bazar da Thiene o da Bassano”. re e dolorose e non sempre, non sempre, questi montanari vennero accolti con fraterna comprensione e pietà. La “Battaglia d’arresto” dall’Altipiano al Grappa e al Piave si prolungò per due mesi (novembre-dicembre) con alterne vicende. Le Armate degli Imperi Centrali non procedettero oltre, ma ottantadue anni fa, al principio dell’estate, dopo meticolosa preparazione, venne scagliata quell’offensiva che avrebbe dovuto porre fine all’ormai troppo lunga guerra con la vittoria definitiva avverso “la fedifraga Italia”. Dall’Altipiano al Grappa e sul Piave gli austroungarici avevano schierato divisioni e divisioni di truppe scelte e seimila cannoni, migliaia di lanciabombe e lanciafiamme. Ma dopo Caporetto l’esercito italiano era stato rinnovato; il generalissimo Cadorna venne sostituito con il generale Diaz; anche altri alti comandi cambiarono i generali; venne migliorato l’armamento e in particolare l’artiglieria. Ma soprattutto venne migliorato il trattamento ai soldati: non più visti come grandi masse da mandare all’assalto fino all’esaurimento dei reparti, come già sul Carso e sull’Ortigara, ma uomini, cittadini da trattare come tali. Mai, come avvenne in quella “Battaglia del solstizio” il morale dei nostri era così alto e i soldati aspettarono con serena fiducia il grande scontro: ora non c’erano terre da conquistare ma il suolo della patria da difendere. Per gli avversari fu la vera grande sconfitta. La “Battaglia di Vittorio Veneto” venne quattro mesi dopo ma, ormai, la tragica partita poteva dirsi decisa. Nella relazione dello Stato Maggiore austriaco si legge: «Colla fine così dolorosa della battaglia di giugno, comincia il crollo dell’Esercito austro-ungarico e della Monarchia danubiana». Poi, finalmente, venne la pace. Restarono i caduti da seppellire, paesi e città distrutte da ricostruire e se per i profughi fu doloroso l’abbandono, straziante fu il ritorno. Che non fu per tutti. Ora, i pronipoti di coloro che soffrirono il dramma di quegli anni, camminano gioiosi lungo “I sentieri della pace” che in molti Paesi d’Europa attraversano i campi di battaglia della Grande Guerra. Sui nostri monti ci sono molti luoghi dove ancora sono evidenti i lavori campali: trincee, gallerie, postazioni, camminamenti, mulattiere e strade. Ormai i residuati bellici sono stati raccolti dai recuperanti: i nostri montanari che dopo aver combattuto per vivere fecero quel drammatico mestiere che ci permette ora di andare senza pericolo sui campi di battaglia. Ogni tanto pezzi di reticolato o schegge di bombe, oggetti che furono dei soldati ma anche ossa di caduti riaffiorano dal terreno dopo i temporali e allo sciogliersi della neve a primavera. Lo scopo di questo libro è di dare memoria alle giovani generazioni di quanto accadde tra Pasubio e Valle del Brenta, i luoghi dove la Grande Guerra si è manifestata in tutta la sua asprezza dal 24 maggio del 1915 al 4 novembre 1918. Mario Rigoni Stern 53 RUBRICHE ASSOFLASH 54 Alvise Ziche presidente della sezione Moda Industria Cemento, gesso e prefabbicati: Gianluca Pertile presidente Alvise Ziche, consigliere della Franco Ziche di Thiene, azienda che produce maglieria esterna per uomo e donna, è il nuovo presidente della sezione Moda industria dell'Associazione industriali. Subentra a Giovanni Battista Guidolin. Ziche, esponente della nuova generazione della nota famiglia imprenditoriale thienese, potrà contare per il prossimo biennio sulla collaborazione del confermato vicepresidente Giuseppe Visonà Dalla Pozza (Vida, Valdagno) e dei consiglieri Paolo Bastianello (Marly’s, Arzignano), Fabio Bianco (Merilisa, Dueville), Giovanni Battista Guidolin (Guiconf, Mason vicentino), Francesco Pronio (Vera da Pozzo, Thiene), Silvano Ravazzolo (Confrav, Grumolo delle Abbadesse), Valeria Sartori (Maglificio Sartori, Schio), Silvia Stein Bocchese (Miles, Vicenza) e Francesco Viero (Marfur, Noventa Padovana). La sezione Moda industria unisce circa centocinquanta aziende vicentine associate – per lo più di piccole e medie dimensioni – appartenenti ai settori dell'abbigliamento e delle confezioni, della maglieria, della pelletteria e delle calzature. Un numero che ne fa la seconda sezione più numerosa dell'Associazione dopo quella delle industrie meccaniche. Gianluca Pertile è il nuovo presidente della sezione manufatti in cemento, gesso e prefabbricazione. Pertile, che è alla guida della Esse Solai di Dueville, succede a Luigi Sterchele, giunto a conclusione di mandato. Vicepresidente è stato nominato Renato Munaretto (F.lli Munaretto-Divisione Summania Beton, Zanè). A completare il consiglio direttivo sono Adriano Dal Santo (Dal Santo F.lli, Marano Vicentino), Giangiacomo Galuppo (Beton Rapid, Vicenza) e il past president Luigi Sterchele (Sterchele, Isola Vicentina). Conferma per Francesco Battistella a Valdagno Francesco Battistella, presidente della Amer di Valdagno, è stato confermato all’unanimità presidente del Raggruppamento di Valdagno dell’Associazione anche per il prossimo biennio. Intervenendo all’assemblea che lo ha rieletto, Battistella ha posto l’accento sull’importanza di lavorare in gruppo e in sinergia, non solo a livello di Raggruppamento, ma anche a livello di vallata, in uno spirito di collaborazione tra pubblico e privato. Nasce “La Bussola”, una guida all’istruzione vicentina Si chiama “La Bussola” ed è una vera e propria “guida Michelin” all’orientamento scolastico per tutti i ragazzi della provincia che finiscono la terza media e devono scegliere a quale scuola superiore iscriversi. La “Bussola” è stata voluta dall’Associazione industriali, che ha finanziato l’iniziativa insieme con Cariverona, Rotary club vicentini e Amministrazione provinciale, ed è stata realizzata concretamente da un gruppo di presidi che ha raccolto i dati, li ha organizzati e li ha proposti in questa nuova e originale pubblicazione. “La Bussola” è una guida ragionata e articolata su tutto il panorama dell’istruzione secondaria provinciale: non solo quali scuole ci sono e dove, ma anche quali sono le materie insegnate, quali i mezzi di trasporto per raggiungere i plessi scolastici, se c’è la mensa e altro ancora. La guida è stata stampata in diecimila co- pie, ottomila delle quali inviate a tutti i ragazzi che concludono la terza media e devono iscriversi alla scuola superiore. Tesi sull’economia vicentina: vince il lavoro interinale La 23°edizione del Premio per tesi di laurea sull’economia vicentina, organizzato dall’Associazione in collaborazione con la Fondazione Cariverona, ha assegnato il primo premio a Riccardo Novella, laureatosi con una tesi sul tema “Precario e flessibile il lavoro del futuro? Un’indagine nel mondo della cooperazione e del lavoro interinale”. La giuria ha assegnato poi tre secondi premi ex aequo, andati a Valter Antonello (“Il vantaggio competitivo sostenibile nel settore della pelletteria. Il caso Francesco Biasia Spa”), ad Alessandro Fogo (“LEGO Spa. La quotazione in borsa di una piccola e media impresa”) e a Martina Gianecchini (“Governance e sviluppo organizzativo nelle piccole e medie imprese”). Nella foto sotto, i vincitori dei premi. Il premio per tesi di laurea sull’economia vicentina viene organizzato dal 1978 per favorire gli studi sull’economia vicentina, favorire la qualificazione professionale dei giovani in materia economica e intrecciare un rapporto sempre più diretto tra scuola e industria. le quali hanno realizzato lo stage. Il corso di “laurea breve” in ingegneria chimica conciaria è stato avviato in questi anni all’interno del programma di corsi dell’Università di Vicenza ed è stato sostenuto attivamente dalla sezione concia dell’Associazione industriali con un cofinanziamento dell’Unic. Un “pacchetto” finanziario per lavoratori stranieri Ingegneria chimica conciaria: i primi diplomati Il corso di diploma (laurea breve) in ingegneria chimica ad indirizzo conciario ha “sfornato” i primi due diplomati. Sono Fabrizio Nicoletti, di Trissino, e Stefano Mantese, di Valdagno (nella foto insieme con la commissione esaminatrice all’Università di Padova). I due giovani neodiplomati sono già stati assunti dalle aziende presso Per favorire l’accesso dei lavoratori immigrati al credito e ai servizi bancari, l’Associazione industriali e la Banca Popolare di Vicenza hanno messo a punto un pacchetto di prodotti e servizi bancari specifici studiati proprio sulla base delle particolari esigenze dei lavoratori stranieri. Il pacchetto si chiama “Conto Country”. L’offerta comprende una serie di servizi finanziari a trecentosessanta gradi pensati per facilitare l’approccio e la soluzione dei diversi problemi concreti che si trova di fronte una persona che proviene da realtà molto diversi dalla nostra. Un programma ad ampio raggio che guarda sì alla soluzione del problema abitativo degli immigrati, ma anche a tutti gli altri problemi quotidiani tipici della condizione dell’immigrato. 55 RUBRICHE 56 Nuovo servizio per la contrattualistica on line L’Associazione ha lanciato un nuovo servizio on-line dedicato alla contrattualistica internazionale. Entrando nel sito www.assind.vi.it si trova un banner specifico chiamato “contrattualistica on-line” attraverso il quale si ha accesso ad una fonte di informazioni ad ampio raggio: la documentazione legale in linea, le domande e risposte più frequenti sul tema, le pubblicazioni scaricabili. Questo servizio telematico si aggiunge al servizio telefonico già attivo (0444 232609), nel quale una segreteria telefonica attiva 24 ore su 24 raccoglie quesiti sui contratti internazionali. Un progetto di benchmarking imprenditoriale L’Associazione industriali ha partecipato ad un progetto di benchmarking imprenditoriale, collaborando ad un programma formativo realizzato da Isvor Fiat che ha previsto tra l’altro un seminario per analizzare metodologie e strumenti del benchmarking. Al progetto hanno partecipato sedici aziende dell’Italia centromeridionale, che hanno visitato tre aziende vicentine (la Calearo di Isola Vicentina, la Fiamm di Montecchio Maggiore e la Taplast di Dueville). RUBRICHE Osservatorio 58 S ituazione stabile per l’industria vicentina. La seconda parte del 2000 non ha riservato sorprese rispetto al bilancio sostanzialmente positivo con il quale si era chiuso il primo semestre. Gli indici fondamentali dell’economia, produzione ed export, sono rimasti pressoché inalterati, mantenendosi su livelli confortanti e consentendo di mandare in archivio un anno nel complesso positivo. Circa metà delle aziende che hanno risposto all’ultima indagine congiunturale dell’Associazione, ha dichiarato aumenti di produzione, mentre il 13% ha segnalato cali. In leggero aumento è risultato l’andamento delle esportazioni. Anche le indicazioni sul portafoglio ordini confermano il positivo momento congiunturale: prosegue la tendenza alla riduzione della percentuale di aziende con lavoro assicurato per periodi brevissimi (meno di un mese), e aumenta (di poco) il numero delle imprese che ha lavoro assicurato per almeno uno-tre mesi. Rimane stabile la quota di aziende che segnala ritardi negli incassi, mentre è in diminuzione il numero di imprese che denunciano tensioni di liquidità. Una nota bene augurante arriva anche dall’occupazione, il cui saldo rimane su valori positivi: un’azienda su quattro (il 26%) segnala incrementi nel numero degli addetti, a fronte del 13% Imprese operanti in provincia 1999 Attività connesse con l’agricoltura Estrazione di minerali Alimentare Tessile Abbigliamento Pelli e cuoio Legno Carta, stampa, editoria Chimica Gomma e materie plastiche Lav. minerali non metalliferi Metalmeccanico Altre industrie Energia Edilizia ed inst. impianti Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti Servizi finanziari Servizi Istruzione Altri servizi pubblici che dichiara diminuzioni. Una nota dolente arriva, per contro, dai prezzi delle materie prime e dei prodotti finiti, che nel terzo trimestre dell’anno sono risultati in sensibile incremento: tre aziende su quattro (75% contro il 56% di fine ‘99) hanno registrato aumenti nei costi delle materie prime, mentre quasi la metà (46%) ha segnalato prezzi in aumento 15.225 91 858 705 1.263 946 1.005 436 194 414 887 6.141 2.352 27 8.584 17.237 3.216 2.711 1.225 6.454 150 2.956 PRODUZIONE ed EXPORT Saldi di opinione 60 50 40 PRODUZ. 30 20 10 EXPORT 0 -10 -20 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 per i prodotti finiti. Le luci, in definitiva, prevalgono nel complesso sulle ombre. E consentono al mondo imprenditoriale vicentino di guardare avanti ancora con un certo ottimismo, temperato da qualche incertezza in più. I dati sulle previsioni di investimento per il 2001 dicono che in quattro aziende su dieci è previsto un incremento del livello degli investimenti. È peraltro in leggero aumento (al 21%) anche il numero di imprese che non ha in programma per i prossimi dodici mesi alcuna spesa. 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 PRODUZIONE 3º trimestre 2000 Saldi di opinione 32 Meccanico 35 Tessile 36 Conciario 65 Mat. plastiche 33 Mobile 14 Orafo 42 Alimentare 57 Abbigliamento 0 10 20 30 40 50 60 70 20 Il quadro dei conti economici Bilancio economico nazionale (variazioni % annue a prezzi costanti) 1995 Pil 1996 1997 1998 2,9 1,1 1,8 1,5 Importazioni 10,4 -0,3 10,2 Esportazioni 12,7 0,6 6,5 Consumi famiglie 1,7 1,2 Investimenti fissi lordi 6,0 3,6 TASSI UFFICIALI A CONFRONTO Tassi di sconto e/o d’intervento; valori % 1999 2000 (1) 2001 (1) 1,4 2,8 2,9 9,1 3,4 8,5 7,5 3,3 -0,4 9,5 6,8 3,0 2,3 1,7 2,1 2,5 1,2 4,1 4,4 7,0 7,0 Prezzi al consumo gen. 1999 dic. 2000 Usa 4,50 6,00 Giappone 0,50 0,50 Germania 5,4 (crescita% annua) 3,9 1,7 1,8 1,7 2,3 Francia 40,6 60,8 55,0 37,8 11,7 -3,1 3,00 4,75 (*) 3,00 4,75 (*) 3,00 4,75 1,7 Bilancia pagamenti (partite correnti, migliaia di miliardi di lire) (*) Italia 5,6 6,00 6,00 3,00 4,75 G. Bretagna Debito pubblico 123,2 (% sul Pil) 122,2 119,8 116,3 115,1 112,1 106,6 (1) Ministero del tesoro - Relazione previsionale e programmatica per il 2001, settembre 2000. Fonte: Istat. Spagna (*) 0 (*) tasso Bce TUTTO L’INTERSCAMBIO IN ITALIA Esportazioni e importazioni, migliaia di lire export import 2 4 6 8 Fonte: statistiche nazionali. Tassi e condizioni bancarie Mercato creditizio vicentino. I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio vicentino al 30 novembre 2000 su un campione di imprese con positivi indicatori economico-finanziari. 50 45 40 Conto corrente 34 30 Tasso franco commissione max scoperto 25 Spese per operazione Valuta per assegni fuori piazza 20 7,35% 1.920 2,5 gg. lav. Anticipi su fattura/contratti 15 M G 1999 L A S O N D G F 2000 M A M G L A S Tasso aperto O Fonte: Istat. PRODUZIONE INDUSTRIALE Variazioni % tendenziali calcolate sul nuovo indice generale grezzo con base 1995=100 Previsioni 12 Tasso sbf 5,20 % Commissione incasso effetti cartaceo 3.480 Commissione incasso effetti elettronico 3.740 Valuta portafoglio cartaceo 4,9 gg. lav. Valuta portafoglio elettronico 4,7 gg. lav. 10 Operazioni con l’estero 8 Tasso lire per anticipi export 5,20% 6 Spread a favore della banca su eurodivisa 0,30% Commissione valutaria 0,04 % 4 2 Crediti di firma 0 Fidejussione Italia -2 1,1 % Indicatori di riferimento -4 -6 -8 A S 1999 O N 10,3 -0,4 -1,1 3,0 Fonte: Istat 5,40% Smobilizzo Italia 34,5 37,3 40,9 25,7 35,8 39,4 37,7 35,8 29,1 37,5 43,3 37,3 43,4 42,3 46,1 34,0 45,6 47,7 32,3 34,0 33,3 22,2 36,5 36,6 35,8 36,0 31,3 37,5 41,8 38,0 44,6 42,2 40,2 31,8 47,8 46,9 D 8,5 G F M 2000 4,1 8,0 4,1 A M G -4,3 10,9 4,5 L 0 A 7,9 S 1,2 O 4,3 N 2,5 D -8,0 Previsioni Centro Studi Confinduatria Bce 4,75 % Prime rate ABI 8,00 % Euribor 3 mesi lettera 5,091 % Rendimento lordo titoli pubblici 5,446 % 59