INDUSTRIA VICENTINA
Associazione Industriali
della Provincia di Vicenza
DICEMBRE 2000 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia
4/00
L’ANNO
IL
PAESE DI
DEI
BACCO
BALOCCHI
GIOCHI, GIOSTRE,
UN’ANNATA
ECCEZIONALE,
TRENINI,
ILPELUCHE
2000, PER
E GIOCATTOLI:
IL VINO: UVE SANE,
ECCO
VINI
DI L’INDUSTRIA
PREGIO. ECCO COME
DEL
È
ANDATA
DIVERTIMENTO
NEL VICENTINO
ROSSANO,
LA
VALLE TUTTA
INCANTATA
LA VERITÀ
C’È UN POLO
ROSSANO
VENETO
DELLE FORGE
È STATO
DENTRO PER
DIPINTO
LA VAL
ANNI
D’ASTICO
COL CLICHÉ
E UN’INDUSTRIA
DEL
PAESE “TUTTOCHE
LAVORO
VIVE E
PROTETTA
POCA
CULTURA”.
DAI MONTI
È PROPRIO VERO?
PICCOLO BELLE
QUANTE
È SNELLO
ITALIE
IILVO
RISULTATI
DIAMANTI
DI UNA
COMMENTA
RICERCA
LA MAPPA
SULLA
RISPOSTA
DI UN’ITALIA
DELLE
CHE GIRAALLE
IMPRESE
A PIÙ
SFIDE
VELOCITÀ
FUTURE
MEMORIE DI GUERRA
NOVECENTO
VICENTINO
UN SECOLO
MARIO
RIGONI
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ARTE HA
IN MOSTRA
CURATO
UN GRAZIE
LIBRO SULLA GRANDE
ALLE COLLEZIONI
GUERRA.
PER NONPRIVATE
DIMENTICARE
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Se anche Ciampi
parla di competitività
CORSIVO
N
el suo discorso di fine anno, e di fi- grandi “rivoluzioni” del decennio appene millennio, il presidente della Re- na concluso: globalizzazione, Internet e
pubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha in- moneta unica europea. Questi tre camtrodotto un concetto chiave: competiti- biamenti hanno reso più trasparente il
vità. “Le cose – ha detto – andranno mondo nel quale viviamo e nello stesso
tanto meglio per tutti noi quanto più sa- tempo hanno facilitato il confronto. Ogremo competitivi. Questo vuol dire pro- gi le differenze di cultura, di capacità
gredire più in fretta degli altri in tutti i innovativa, di flessibilità, di organizzacampi: nell’intuire gli orientamenti dei zione, di efficienza, e così via, si vedono
mercati, nell’ammodernare i metodi di e hanno degli effetti molto concreti. Ad
produzione con un personale più prepa- esempio, sulla predisposizione ad inverato e con tecnologie più avanzate, nel stire in un luogo piuttosto che in un altro. Il richiamo del
potenziare le infraLo
ha
evidenziato
anche
presidente della Restrutture e nel mipubblica giunge
gliorare i servizi.
il presidente della
quindi a proposito,
Sono in gara non
Repubblica Ciampi:
e serve a convincersolo le imprese, ma
ci della validità del
tutto il paese, il sila competitività è una
lavoro fatto dall’Asstema Italia”.
questione
nazionale.
sociazione induLe parole del presidente Ciampi sono Sono in gioco gli interessi striali e da Confindustria.
consolanti. Per anni
di tutti, non soltanto
Gli obiettivi sono
le nostre organizzaquelli
delle
imprese.
quelli indicati da
zioni hanno insistito
tempo: ridurre i cosulla necessità di esEssere più competitivi
sti di sistema per la
sere più competitivi
come paese significa
crescita delle impree di costruire un
ambiente favorevole
progredire più in fretta. se; semplificare e
rendere più efficace
alle attività imprenditoriali. Per anni abbiamo sottolineato la pubblica amministrazione; creare veri
le carenze infrastrutturali, l’inefficienza mercati tramite privatizzazioni e liberadella burocrazia, le rigidità del mercato lizzazioni; investire nell’economia della
del lavoro, le debolezze del sistema for- conoscenza, che vuol dire formazione,
mativo. Sembrava che tutto questo in ma anche flessibilità e un sistema di
fondo riguardasse solo le imprese, che welfare che incentivi il lavoro. L’augurio
fosse un discorso fatto per difendere i è che, grazie anche al sostegno morale
nostri interessi. Senza vedere quanto in di una personalità come Ciampi, questi
realtà fossero in gioco gli interessi di obiettivi diventino parte integrante delle
tutti. Come ha invece giustamente evi- prossime politiche di governo.
denziato Ciampi, la competitività è una
Valentino Ziche
questione nazionale.
Questa è una conseguenza delle tre
Presidente Associazione industriali di Vicenza
1
SOMMARIO
INDUSTRIA VICENTINA
Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola
industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza.
Direttore responsabile
Stefano Pernigotti
Caporedattore
Stefano Tomasoni
Hanno collaborato
Antonio Di Lorenzo, Eros
Maccioni, Anna Madron,
Maurizio Mascarin, Enzo
Rullani
Progetto grafico
Patrizia Peruffo
Stampa
Tipografia Rumor S.p.A.,
Vicenza
Pubblicità
Oepi, Verona
Editore
Istituto promozionale
per l’industria srl
Piazza Castello, 3 - Vicenza
Anno diciottesimo Numero 4.
Dicembre 2000
Una copia L. 8.000.
Registrazione Tribunale di
Vicenza n. 431 del 23.2.1982
Questo numero è stato stampato
e diffuso in 4.900 copie.
È vietata la riproduzione anche
parziale di articoli e illustrazioni
senza autorizzazione e senza
citare la fonte.
Archivio Associazione industriali di
Vicenza pag. 8, 14 in alto, 15, 16,
54, 55; Archivio Artel 39 in alto;
Archivio Bdf 46 in basso; Archivio
Cantina Beato Bartolomeo da Breganze 25; Archivio Cantina sociale
dei Colli Vicentini 21 a dx, 23 in
basso; Archivio Caoduro 46 in alto;
Archivio Casa vinicola Zonin
18/19, 21 a sin., 22, 23 in alto,
24; Archivio Ceis 34, 35; Archivio
consorzio Vicenza Export 47; Archivio Esse Solai 56 in basso; Archivio Gruppo Mastrotto 38 in basso;
Archivio Fiam Utensili pneumatici 5,
10, 12; Archivio Flavio Albanese
40, 41, 42, 43; Archivio Foc Ciscato 7; Archivio Franco Ziche 56 in alto; Archivio Marelli motori 14 in
basso; Archivio Pfm 36; Archivio Rigoni di Asiago 39 in basso; Archivio Taplast 38 a dx; Cesare Gerolimetto 26, 28, 30, 31, 32, 33; Gabriella Bernardotto 44; Volume
"1915-1918. La guerra sugli altipiani", ed. Neri Pozza, a cura di M.
Rigoni Stern, 48, 49, 50, 51, 52.
Copertina: Archivio Cantina sociale
dei Colli Vicentini e Casa vinicola
Zonin.
CORSIVO
1 Se anche Ciampi parla di competitività
di Valentino Ziche
FOCUS
5 Piccolo è snello
In che modo le imprese vicentine stanno affrontando le sfide e i problemi del mercato
globale? Una ricerca commissionata da Assindustria a Icon Intermatrix fornisce risposte rivelatrici per capire il nostro modo di competere e delinea un quadro nel contempo prevedibile e sconcertante.
di Enzo Rullani
ARGOMENTI
12 Professione uomo
Dalla scuola non esce un’offerta di professionalità in linea con i reali bisogni del mondo
produttivo. Investire in formazione diventa
perciò un imperativo per le aziende, che hanno
il compito di formare non solo dei professionisti, ma anche degli uomini. Ecco alcune testimonianze aziendali.
di Stefano Tomasoni
VICENZA PRODUCE
18 L’anno di Bacco
Il 2000 verrà ricordato come un’annata eccezionale, per i produttori di vino. Vendemmia
perfetta, produzione un po’ inferiore alla norma, ma qualità assai superiore: risultato, uve
sane e mature, vini di gran pregio. Nostra inchiesta tra le case vinicole vicentine per raccontare un’annata da incorniciare.
di Anna Madron
ITINERARI INDUSTRIALI
26 Tutta la verità sul caso Rossano
Rossano Veneto, piccolo comune del Bassanese
pieno di imprese e di partite Iva, è diventato
negli ultimi anni l’emblema di un certo Nordest, dipinto dalla stampa e dalle tivù nazionali
come lo stereotipo e il cliché del paese “tutto
lavoro, soldi e poca cultura”. Vero? Falso?
Siamo andati a controllare.
di Stefano Tomasoni
IMPRESE
34 Calpestati e contenti
La Ceis di Romano d’Ezzelino realizza da quarant’anni in tutta Italia e anche all’estero campi da calcio, da rugby, e da golf, e poi piste di
atletica e campi da tennis. È il punto di appoggio di mille imprese sportive.
di Eros Maccioni
36 Se l’azienda mette la città nella rete
È partita dalla Pfm di Torrebelvicino un’iniziativa nuova per il web vicentino: un portale
locale, dedicato a Schio, per informare su una
specifica realtà territoriale attraverso la rete.
38 Impresaflash
PERSONAGGI
40 Un uomo da raccontare
Flavio Albanese ha aperto cantieri in mezzo
mondo, frequenta e ospita personaggi e artisti
tra i più famosi e prestigiosi, ha interessi sempre nuovi. E ha una sua idea del fare impresa:
“un’azienda deve puntare a redistribuire benessere dentro e attorno a sè, come fossero spore”.
di Antonio Di Lorenzo
GIRO DEL MONDO
44 Il risveglio del gigante
Dopo le traversie finanziarie e la crisi economica degli ultimi anni, la Russia sta riprendendo
ad essere un mercato interessante e in crescita.
Su cui già più di qualche azienda vicentina,
con le dovute attenzioni, sta puntando.
di Maurizio Mascarin e Stefano Tomasoni
SOCIETÀ E CULTURA
48 La guerra e la memoria
Arriva opportuno e tempestivo, al momento di
salutare il secolo delle due guerre mondiali, il
libro “1915-1918. La guerra sugli altipiani”,
curato da Mario Rigoni Stern. Un’occasione
per rinsaldare la memoria di ciò che quel conflitto, deciso sulla linea dal Pasubio al Brenta,
ha significato per la nostra terra.
di Mario Rigoni Stern
RUBRICHE
54 Assoflash
58 Osservatorio
Piccolo
è snello
FOCUS
L’Associazione
industriali ha
commissionato
una ricerca per
verificare come
le imprese
vicentine stanno
affrontando le
sfide e i
problemi del
mercato globale.
Enzo Rullani,
autorevole
osservatore
della realtà
industriale
del Nordest,
spiega in
questo articolo
perché il quadro
che emerge
è insieme
prevedibile e
sconcertante.
5
L
’Associazione industriali di Vicenza
ha commissionato a Icon Intermatrix
una ricerca su come le imprese della provincia si pongono alle frontiere del mercato globale.
Il quadro che emerge dalla ricerca è, insieme, prevedibile e sconcertante.
Prevedibile perché conferma ancora una
volta, se ce ne fosse bisogno, le caratteristiche portanti del modello di industrializzazione vicentino: imprese di nicchia
(o comunque product oriented) che rispondono in modo flessibile alle esigenze
del cliente (servizio al cliente) badando
però ai costi, in modo da avere un moderato vantaggio di prezzo rispetto a concorrenti più grandi e consolidati.
È anche un quadro sconcertante perché
la formula di business collaudata ha ancora oggi un tale appeal, nelle valutazioni
strategiche degli imprenditori, da mettere
in secondo piano altre sfide e possibilità.
È come se la forza di una continuità “vincente” fosse diventata alla fine sottilmente auto-referente, gettando un cono d’ombra sui cambiamenti che stanno maturando altrove e che qui arrivano sotto forma di echi sfumati, assai meno perentori
di quanto appaiono ai maggiori osservatori e operatori dell’economia mondiale.
Per capire il significato di questo paradosso – il senso acuto di continuità che
allontana psicologicamente da noi una
rivoluzione a cui non potremo in alcun
modo sottrarci – bisogna avere presente
la “specialità” del modello vicentino di
industrializzazione. Un modello che è basato sul principio chiave del capitalismo
familiare: contare sulle proprie forze e
sulle proprie capacità di relazione. Corollario: meglio lasciar perdere i fenomeni
che si verificano troppo lontano, o che
sono fuori scala rispetto alla propria nicchia e alla propria dimensione.
FOCUS
6
Intendiamoci: osservare, discutere, monitorare quello che sta succedendo nel
mondo, va bene. Ma quando si tratta di
agire e di investire soldi, meglio andare
sul sicuro e fidarsi del già noto.
In altre parole: pensare in grande è bene, ma agire in piccolo è anche meglio.
Un modo di vivere e competere che rende vincente il piccolo se rimane leggero,
capace di penetrare negli interstizi, di
aderire all’imprevisto, di galleggiare
nella tempesta, restando ben attenti ad
approfittare delle opportunità che possono capitare.
L’impresa snella? Abita già qui
Vent’anni fa i giapponesi hanno trasformato in mito la produzione snella (lean
production), fatta just in time con molti
fornitori e pochissime scorte. A loro volta, gli americani, sedotti da questa parola d’ordine, hanno cominciato ad alleggerire i costi generali e le pesanti bardature organizzative delle loro corporations, per avere imprese maggiormente
agili e dinamiche. A forza di innovazioni
(e cure dimagranti) sembra che ci siano
riusciti egregiamente.
Del resto, non c’è alternativa. La storia
ha imboccato decisamente la strada di
un’economia sempre più basata sulla
mobilità e la velocità. Oggi, al tempo dell’Internet, l’impresa – grande o piccola
che sia – deve per forza mantenersi leggera: il primo imperativo è infatti quello
di muoversi in velocità, passando agilmente da un mercato all’altro, da un fornitore all’altro.
Se questo – della leggerezza – è il requisito essenziale del business dei nostri
tempi, possiamo dire che le aziende vicentine hanno imparato la lezione da
tempo e anzi, possono, su certi aspetti,
far scuola ad altri.
I giapponesi hanno trovato come essere
snelli nelle scorte. Gli americani come
tornare ad essere agili comprimendo i costi generali. Le imprese vicentine sanno
invece, da sempre, come economizzare
sulle scorte, sui costi generali e anche su
tutto il resto. Risparmiano capitale, com-
Una ricerca per capire il nuovo mondo dell’impresa
“Le imprese vicentine alle frontiere del mercato
globale”. È questo il titolo del progetto di ricerca sul quale nel 2000 si è concentrata l’attenzione dell’Associazione. Un tema affrontato per
favorire un ripensamento critico, all’alba del
ventunesimo secolo, sul nostro modo di produrre e di competere.
La base sociale ed economica che ha sorretto il
modello di sviluppo delle origini tende a scomparire, mentre l’accelerazione imposta dalle
nuove tecnologie di comunicazione, in partico-
lare da Internet, comporta effetti sul modo tradizionale di gestire, produrre, vendere, comunicare. La somma di queste trasformazioni può
cogliere impreparate le aziende vicentine? C’è
il pericolo di un loro ritardo, di uno spiazzamento rispetto ai concorrenti? Sono alcune delle domande alle quali il progetto di ricerca ha
cercato di dare una risposta. Su questi temi
pubblichiamo in queste pagine un intervento
di Enzo Rullani, docente di strategia d’impresa
all’Università di Padova.
petenze, costi fissi ricorrendo al terzismo
e all’outsourcing, specializzandosi in segmenti molto specifici del business, cercando di copiare, imitare e imparare tutto il possibile dalle esperienze altrui, utilizzando reti commerciali ridotte all’osso
e contando molto sull’apporto di altre
imprese (i buyers stranieri, i licenziatari,
i dettaglianti in franchising). Insomma
moltiplicano, attraverso il rapporto con
gli altri, la massa di risorse messa in moto da ogni lira di capitale investito nel
business, da ogni conoscenza posseduta o
sviluppata in proprio.
La grande impresa fordista usava il leverage finanziario per espandere, attraverso gli azionisti di minoranza e il capitale
di credito, la massa di risorse messa in
movimento dal capitale di proprietà. Per
le piccole imprese vicentine è invece importante un altro tipo di leva: la rete, che
espande la propria capacità operativa
usando le relazioni con altre imprese. La
rete funziona come leva relazionale perché moltiplica la massa di risorse messa
in movimento dalle decisioni dell’impresa e consente dunque di espandere i profitti, se i prezzi di scambio con fornitori e
clienti della filiera risultano favorevoli.
La piccola impresa vicentina non ha
complessi di inferiorità rispetto a concorrenti di maggiore dimensione e tradizione se riesce a correggere il suo difetto di
scala con un leverage di rete, mettendo al
lavoro il capitale, le conoscenze, i costi
fissi degli altri. È questa la sua “specialità”, il suo tratto distintivo. Che va capito, nel bene e nel male.
Perché, ovviamente, avere la leggerezza
iscritta nel proprio Dna non è sempre un
vantaggio. Certo, lo è stato finora e i dati
della storia recente lo dimostrano senza
ombra di dubbio. Ma, quando ci sono
cambiamenti “pesanti” da fare, il rischio
è che i sistemi leggeri – per rimanere tali
– puntino tutte le loro carte sul galleggiamento, rinviando le innovazioni più difficili a domani, a dopodomani, a quando
non si potrà fare a meno di prenderle in
considerazione. Niente garantisce però
che, restando nelle retrovie dei grandi
mutamenti, non si finisca per capire in
ritardo quanto sta per avvenire.
Le formule imprenditoriali che sono prevalenti nelle imprese vicentine vanno
dunque viste nella loro ambivalenza: insuperabili nella navigazione a vista,
adatte a venti che cambiano senza preavviso, possono tuttavia accumulare ritardi
importanti sulle rotte di lungo corso.
La formula del successo
In un sistema nato dal lavoro duro e dall’investimento personale, conoscenze e
capitali sono sempre stati scarsi. Il piccolo imprenditore che si metteva in proprio
aveva un capitale di partenza assai limitato, rispetto al fabbisogno, e uno spettro di competenze ugualmente circoscritto, focalizzato com’era su professionalità
e settori ben precisi. Con questa base di
partenza, le imprese vicentine hanno imparato col tempo a fare di necessità
virtù, ossia a valorizzare al massimo le
scarse risorse interne, sia in termini di
uomini che di capitale.
L’ambizione individuale è stata la forza
che ha trasformato quelli che in altri sistemi sarebbero stati lavoratori dipendenti o risparmiatori in artigiani o piccoli
imprenditori, che prestano il proprio lavoro (e investono il proprio capitale) a rischio. Ma, da sola, l’ambizione indivi-
FOCUS
8
duale non sarebbe bastata. Per produrre
in modo moderno bisogna infatti mettere
in moto capitali, conoscenze, prestazioni
che eccedono, talvolta di molto, le disponibilità del singolo. Di conseguenza, il
singolo individuo può diventare imprenditore solo perché trova il modo di far leva sul capitale, sulle conoscenze, sui servizi forniti dagli altri.
Lavorare in rete con altri – fornitori e
clienti – che contribuiscono ad investire
propri capitali, ad assumere rischi, a sviluppare competenze, a mettere la propria
ambizione al servizio del business significa avere tante piccole imprese che, nel loro insieme, danno vita ad una grande or-
ganizzazione. Un’organizzazione altrettanto grande di quella realizzata secondo
i moduli fordisti: solo che il capitale, il rischio, le competenze e il potere sono diffusi, a volte dispersi e incredibilmente intrecciati, invece che concentrato. Non c’è
un vertice, una master mind che fissa le
regole del gioco e traccia la rotta per tutti. Eppure, grazie a pesi e contrappesi
che maturano nell’apprendimento evolutivo, il sistema funziona.
Ecco il segreto, la miscela che ha reso diversa l’impresa vicentina (o veneta) dagli
stereotipi classici del capitalismo industriale: l’ambizione personale, con la sua
carica di individualismo, si appoggia alle
Spesso per spiegare il successo dell’industria vicentina e in generale del Nordest
si parla di “modello a rete”. Per superare le frontiere del mercato globale,però,
immobilizzare capitali rilevanti in competenze e possibilità che non sono di uso
immediato può di conseguenza produrre
visioni miopi e strategie di inseguimento,
invece che di anticipazione.
Luci e ombre del sistema
Non c’è dunque da meravigliarsi se, codi imprese vicentino
me abbiamo visto, l’attenzione strategica
Nel bene e nel male, la pratica del terzi- delle imprese è assorbita dalla ben colsmo, l’abitudine all’outsourcing, il conti- laudata triade prodotto-flessibilità-costi,
e se c’è ancora un
nuo lavoro a rete
con i fornitori e la
“Ecco la miscela che ha po’ di diffidenza per
altri temi, di cui
proliferazione delle
reso diversa l’impresa
molto si parla, ma
aziende nei distretti
vicentina
e
veneta
dagli
di cui si ha poca
hanno lasciato il loro
esperienza.
inprinting nel modo
stereotipi classici del
Inoltre, bisogna condi produrre delle
capitalismo industriale: siderare anche un
imprese vicentine.
In positivo, si tratta
l’ambizione personale, altro limite di questo
tipo di sistema, che
di un sistema in cui
con
la
sua
carica
è culturale e antrole imprese che hanpologico insieme. La
no buone idee riedi individualismo, si
preferenza per le rescono a crescere, riappoggia ai distretti
lazioni dirette e permanendo allo stesso
locali
e
ai
circuiti
della
sonali tende a rintempo flessibili, grazie al retroterra dei
fornitura per condividere chiudere la divisione
del lavoro e la cultuterzisti, degli speciarisorse, rischi, successi ra delle imprese in
listi, dei rincalzi forun orizzonte prevaniti dal sistema loe insuccessi”.
lentemente locale:
cale e dalle reti di
nel reclutamento, negli affari e nella consubfornitura.
In negativo, tuttavia, bisogna mettere in divisione di strategie e rischi conta il reconto una strutturale preferenza di que- troterra garantito dalla famiglia, dai rapsto tipo di settore per l’adattamento e la porti amicali e personali, dalla società lomicroinnovazione, piuttosto che per i cale, dalla filiera dei fornitori e dei clienti
trend di lungo periodo o i grandi cam- abituali. In effetti, abbiamo a che fare
biamenti. La gestione “in presa diretta” con un’economia formata in prevalenza
degli avvenimenti giorno per giorno (che da imprese familiari (70%), con un maè l’altra faccia della flessibilità), rende nagement allevato all’interno dell’azienmeno sensibili ai fenomeni che sembrano da (78%) o comunque della provincia
lontani e alle discontinuità che maturano (90%). I subfornitori, che sono usati dal
lentamente nel tempo, accelerandosi poi 65% delle imprese (grandi o piccole non
d’improvviso. La grande riluttanza ad fa differenza), sono scelti per l’84% in
reti – ai distretti locali, ai circuiti della
fornitura – per condividere, in un certo
senso, risorse, rischi, successi e insuccessi.
questo modello non basta
più: bisogna fare un salto
di qualità. Ampliare la rete
e aggiungervi intelligenza.
Questo il parere di Valentino Ziche, presidente dell’Assindustria.
“La mia idea è considerare
Internet come il nuovo modello di riferimento – dice
–. Senza contrapporre new
e old economy. Dobbiamo
continuare a fare ciò che
sappiamo fare bene: produrre beni di elevata qualità. Ma dobbiamo cambiare il modo di organizzare e
gestire i processi aziendali:
dallo sviluppo dei prodotti
alla distribuzione e vendita. Dobbiamo diventare
una new-old economy”.
FOCUS
10
provincia e per il 29% nel Veneto. Solo
l’8% di essi è localizzato all’estero. Inoltre, nell’89% dei casi si tratta di fornitori
stabili, con cui si intrattiene un rapporto
ricorrente.
Insomma, abbiamo a che fare con un sistema che, pur esportando quello che
esporta, si fida soprattutto di se stesso. E
ciò vale anche all’interno delle imprese.
Nel 46% dei casi l’imprenditore dichiara
di identificarsi con l’impresa, lasciando
poco o pochissimo spazio ad altri contributi e poteri. L’identificazione imprenditore-impresa è una regola che si applica,
ovviamente, nelle piccole e piccolissime
imprese, ma (sorpresa) essa vale anche,
con percentuali del tutto simili, anche
per le medie aziende, almeno fino alla soglia dei 250 addetti (oltre la quale si
scende al 22% dei casi). Anche questa è
una delle ragioni di difficoltà delle medie
aziende: anche se la complessità dei pro-
blemi e delle competenze richieste suggerirebbe – o imporrebbe – un maggiore
distanziamento, l’imprenditore non riesce a fare a meno di identificarsi con l’azienda, l’azienda non riesca a fare a meno di identificarsi con l’imprenditore. È
una transizione da fare, ma anche qui è
difficile sottrarsi al fascino del già noto.
La delega di funzioni e di poteri al management è comune nelle grandi aziende
(94% dei casi), ma ancora minoritaria
nelle piccole (44% dei casi).
Nel complesso, possiamo dire che, se le
merci circolano vorticosamente nel grande mercato globale, gli uomini stanno invece fermi, fermissimi. Ben piantati nelle
fabbriche, negli uffici, nel territorio. E di
conseguenza, commerciano soprattutto
tra loro, seguendo l’aurea massima: fidarsi è bene, ma...
Enzo Rullani
ARGOMENTI
Professione
uomo
12
Un’azienda-tipo
vicentina è
fatta per il 70%
di produzione,
per il 25%
di commerciale
e per il 5% di
amministrazione.
Oggi, però,
dalla scuola
escono
proporzioni
assai diverse.
Occorre dunque
“tarare” meglio
l’offerta
formativa
sulla base dei
reali bisogni
del territorio.
E tener conto
che l’azienda
ha il compito
di formare
non solo dei
professionisti,
ma anche
degli uomini.
I
rapporti con il mondo della formazione, dalla scuola all’Università fino alla formazione professionale, rappresentano per gli imprenditori un
campo d’azione di fondamentale importanza. Alla base di tutto c’è la piena
consapevolezza che la “risorsa giovani”
vada valorizzata al meglio e preparata
per proporsi nel mondo del lavoro,
qualsiasi esso sia, con gli strumenti più
adeguati al mondo che evolve.
Ma come si muove l’imprenditoria vicentina in questo campo? Con quali
obiettivi e con quali strumenti? Un’occasione per verificarlo è stata la “due giorni” dell’orientamento promossa dall’Amministrazione provinciale in Fiera
con l’incontro “Aziende-Studenti”. Un
momento importante per mettere a disposizione dei giovani in un’unica occasione una parte sostanziale dell’offerta
formativa e professionale che si può ave-
re nel Vicentino, sia da parte delle aziende che degli enti e delle istituzioni che
fanno formazione.
L’Assindustria ha partecipato a questa
piccola “fiera dell’orientamento” con
uno stand nel quale sono state presentate tra l’altro tutte le attività di Cuoa Impresa. Quanto alle aziende, quelle associate che hanno allestito uno stand sono
state una dozzina: Estel Office, Fro, Jolly
Hotels, LEGO Legatoria Editoriale Giovanni Olivotto, Lowara, Marzotto, Marelli Motori, Montebello, Marchi Group,
Sicon, Studio Centro Veneto, Vimar,
Zambon Group.
“La formazione è il più valido
investimento per il futuro”
“È importante sensibilizzare i ragazzi, e
i loro genitori, sul fatto che esiste già da
alcuni anni grande richiesta per profes-
sioni che permettono di trovare lavori aziende l’investimento diretto in formaqualificati e ben retribuiti in brevissimo zione assume rilevanza strategica.
tempo – dice Giuseppe Zigliotto, coordinatore dell’Area scuola dell’Assindu- Far conoscere le potenzialità
stria –. Spesso invece vengono scelti in- delle professioni aziendali
dirizzi ‘prestigiosi’ che però comportano
tempi scolastici lunghi e poi lunghe at- Spesso, peraltro, l’attività di orientatese o tirocinii mal retribuiti. Problemi mento si scontra con la tendenza da
più complessi riguardano le scuole su- parte dei giovani a disdegnare il lavoro
periori e le università, che devono inve- in azienda. La fabbrica viene vista coce recuperare un gap di aggiornamento me un luogo non appetibile, poco inteformativo e di mezzi che comporta un ressante, nell’errata convinzione che
ritardo di preparazione rispetto alle ne- chiunque vi lavori sia addetto ad un
impiego manuale di
cessità della società
basso profilo. Una
moderna”.
Per le aziende
sorpassata:
Le carenze che gli
l'investimento diretto in visione
la realtà di oggi è
imprenditori vicenformazione assume
diversa, visto che le
tini rilevano nei gioaziende hanno sovani appena assunti
sempre
più
una
rilevanza
prattutto bisogno di
sono quelle di una
strategica. Spesso,
tecnici preparati e
formazione generica
specializzati per soe poco flessibile,
peraltro, l’attività di
vrintendere al funnon supportata da
orientamento
si
scontra
zionamento di macuna qualche espechinari e processi
rienza lavorativa
con la tendenza dei
produttivi molto
svolta prima della
giovani a disdegnare
avanzati. Ciononoconclusione del ciil lavoro in fabbrica.
stante, la “cattiva
clo scolastico.
immagine” del la“Questo per l’azienda comporta tempi lunghi di inserimen- voro in fabbrica è dura a morire.
to e costi alti di formazione – sottolinea “I ragazzi vicentini che vogliono venire a
Zigliotto –. Occorre puntare su una for- fare gli operatori o i tecnici da noi, dimazione professionale specifica. Diventa sponibili quindi ad entrare in fabbrica,
fondamentale la pratica, il fatto che il sono pochissimi – conferma Andrea
ragazzo, mentre ancora sta compiendo Guglielmi, assistente di direzione alla
gli studi, passi un certo periodo di tem- LEGO (Legatoria Editoriale Giovanni
po all’interno di un’azienda. Chi potrà Olivotto) di Vicenza –. Quelle che servomettere in gioco una specializzazione no ad un’azienda come la nostra, in efnelle aree più richieste dal mondo del- fetti, sono professionalità che si trovano
l’impresa troverà più facilmente uno difficilmente sul mercato del lavoro. Per
noi diventa importante, dunque, far cosbocco professionale”.
È chiaro, insomma, che per le stesse noscere ai ragazzi la nostra realtà, la
13
14
possibilità di venire a lavorare anche per
un periodo di tempo limitato, stagionale.
L’obiettivo è farci conoscere, far sapere
che nella legatoria non ci sono soltanto
attività artigianali, come spesso si pensa,
ma anche realtà industriali di rilievo”.
La LEGO svolge un’ampia attività di
formazione attraverso la gestione della
scuola di legatoria “Olivotto”, che organizza un corso gratuito per formare
operatori di legatoria industriale; il
corso è finalizzato all’assunzione e
dura sei mesi, compreso un
periodo di stage in
azienda.
“Per un’azienda che punta sulla risorsa
giovani – osserva Guglielmi – è fondamentale mantenere attivo il contatto
con la scuola, con i ragazzi e con gli insegnanti, che hanno un ruolo di primo
piano nel determinare l’orientamento
professionale”.
Puntare sui giovani
e sulle scuole
La pensano così anche alla Vimar, l’azienda di Marostica leader nella produzione di materiale elettrico per usi civili e
industriali, che con i suoi 820 dipendenti
non può che considerare strategica la risorsa umana e la sua formazione.
“Per l’assunzione del personale l’azienda si è sempre rivolta soprattutto alle risorse disponibili in loco, ma
da qualche tempo ci stiamo muovendo
per guardare più spesso anche al di
fuori, per ampliare l’orizzonte – spiega
Ettore Munaron, responsabile del personale alla Vimar –. Abbiamo instaurato rapporti costanti con gli istituti pro-
fessionali del luogo e abbiamo incrementato i rapporti anche con gli enti di
formazione presenti in provincia. Garantiamo ampia disponibilità ad ospitare giovani in stage aziendale. Abbiamo incrementato i rapporti anche con
la Fondazione Cuoa, entrando nel consiglio e attivando anche una borsa di
studio per laureati in materie tecniche
finalizzata alla frequenza di un master
Cuoa. Insomma, abbiamo messo in
campo tutta una serie di azioni per favorire la conoscenza della nostra azienda all’esterno”.
Grandi o piccole che siano, dunque, le
aziende hanno tutte la necessità di poter contare sui giovani, risorsa umana
del futuro. Ciò che spesso caratterizza
l’impresa di grandi dimensioni o quella
che fa parte di multinazionali è la scelta di mettere in campo programmi formativi mirati sulle proprie esigenze. È il
caso del Gruppo FKI e quindi della
Marelli Motori, l’azienda di Arzignano
che del gruppo inglese fa parte. Marelli
Motori partecipa da qualche anno ad
un programma di formazione internazionale per neolaureati, soprattutto in
discipline tecniche, adottato all’interno
del Gruppo FKI.
“Il programma è stato istituito per assicurare che le società del gruppo continuino a ricevere un apporto vivificante di abili ingegneri con le loro idee
nuove – osserva Raffaele Ferrio, direttore delle risorse umane dell’azienda
di Arzignano –. Si tratta di un programma ampio e rigoroso che coinvolge ogni anno venticinque neolaureati
in tutto il mondo. Quest’anno, tra i
venticinque c’è anche un italiano. Questi giovani hanno uno stage retribuito
15
per due anni, seguito dall’Università di
Birmingham, con stage in varie società
del gruppo e possibilità di affrontare
tutte le tematiche dell’organizzazione
aziendale”.
Tutti i neolaureati passano attraverso un
periodo di collocamento all’estero in
un’azienda del gruppo la cui lingua non
è quella madre.
In queste pagine,
alcuni stand di aziende
all’incontro
“Aziende-Studenti”.
In basso a sinistra,
i 25 neo-laureati
che hanno partecipato
nel 2000 al programma
formativo di Marelli Motori.
ARGOMENTI
16
Interventi per esigenze
aziendali specifiche
“La funzione del reclutamento è oggi
molto complessa, per il numero elevato
di aziende e la limitata disponibilità di
risorse. Servono quindi strumenti più
evoluti per ‘allevare in casa’ il personale
che al di fuori non si trova: uno di questi
strumenti è la formazione”.
A parlare è Romano Reffo, direttore del
personale del Gruppo Estel di Thiene
(mobili per l’ufficio e la casa).
“Nella nostra azienda la formazione
aziendale ha vissuto nel tempo alterne
vicende, passando da strumento di gestione del personale a prodotto da utilizzare in maniera estemporanea – spiega Reffo –. Solo di recente le si è attribuita una funzione importante per il
raggiungimento degli obiettivi d’impresa. Contemporaneamente a questa graduale presa di consapevolezza si è evoluto il nostro prodotto formativo: da
corsi indistinti, siamo passati a interventi maggiormente rivolti ad esigenze
aziendali specifiche, sia globali che del
singolo gruppo di lavoro, se non del
singolo individuo. In ogni caso il successo di un intervento formativo dipende dallo sviluppo delle singole fasi: dall’analisi dei bisogni fino alla valutazione dei risultati”.
Un altro campo nel quale Estel interviene è la collaborazione con le scuole pubbliche, istituti privati, università, dove
fin all’origine il personale può essere formato sulle richieste e le necessità imprenditoriali o può essere inviato, se già
dipendente, per specifici programmi di
formazione.
In definitiva, si vede che le direzioni
nelle quali le aziende si muovono per
attrarre risorse occupazionali e per formarle sono le più varie. Comune a tutti
è la consapevolezza di avere a che fare
con persone che quando escono dalla
scuola hanno bisogno di orientarsi e trovare la propria strada, nel lavoro e nelle
vita. “I giovani oggi hanno un approccio
al lavoro molto diverso rispetto a dieci
anni fa – osserva Ettore Munaron –.
L’unico aspetto sul quale sono deboli è
quello delle regole: non sempre si rendono conto di cosa significhi vivere in un
ambiente di lavoro con determinate regole da seguire”.
Come dire che l’azienda ha il compito di
formare dei professionisti, ma anche degli uomini.
Stefano Tomasoni
VICENZA
PRODUCE
L’anno
di Bacco
18
Il 2000 verrà
ricordato come
un’annata
eccezionale,
per i produttori
di vino.
Vendemmia
perfetta,
produzione un
po’ inferiore
alla norma ma
qualità assai
superiore.
Ecco come è
andata nelle
case vinicole
vicentine.
C
he l’annata sarebbe stata buona
non c’erano dubbi. Merito del
tempo, condannato per i disastri ambientali che in autunno hanno messo
in ginocchio intere regioni, assolto
invece per aver assecondato, forse
bruciando un po’ le tappe, la maturazione dell’uva, soprattutto quella
nera. Il caldo intenso di agosto ha infatti accelerato i tempi al punto che
nel Vicentino il decreto prefettizio
che dà il via alla vendemmia ha indicato come data, per il 2000, il 21 agosto. Annata precoce, dunque. Grazie
anche ad una primavera tiepida che
ha accelerato le fasi di fioritura dei
vitigni, alla piovosità ben distribuita
durante la stagione primaverile e alla
mancanza, fortunatamente, di quelle
grandinate che in pochi minuti vanificano il lavoro di mesi degli agricoltori. Tutto è filato liscio, dunque, per
le viti vicentine che hanno offerto una
vendemmia qualitativamente superiore alla media, proprio perché precoce, con un alto contenuto zuccherino. Un dato, questo, che era emerso
dalle prime curve di maturazione effettuate sui vigneti di tutto il territorio
provinciale e che è perfettamente in
linea con le nuove direttive dell’Unione Europea, sempre più orientate a
diminuire la produzione favorendo
un vino di qualità.
Una vendemmia meno
abbondante, ma vince la qualità
La quantità inferiore dei raccolti diventa dunque sinonimo di un prodotto finito che risponde in pieno alle esigenze
dei più attenti consumatori. Lo fa notare Gianni Zonin, presidente della Casa
vinicola Zonin che quest’anno nel Vicentino ha prodotto 100 mila quintali di
uve. “Sane e mature – precisa Zonin –
grazie ad una stagione favorevolissima
che ha contribuito ad elevare la qualità,
offrendo anche un grado di alcol in più
e una maggiore concentrazione di quelle
sostanze che poi conferiscono al vino
aromi e profumi”.
Una vendemmia eccezionale, dunque,
soprattutto a favore dei vini rossi verso i
quali si orientano le preferenze dei consumatori. “Si sta verificando – spiega
Zonin – uno spostamento del 10% dei
consumi dai vini bianchi a quelli rossi.
Motivo? I verdetti rassicuranti dei medici che sottolineano le proprietà benefiche
del vino rosso. In particolare di una sostanza, chiamata rosveratrolo, che svolgerebbe un ruolo preventivo nei confronti dell’infarto, riuscendo addirittura
a dimezzarne il rischio, ma anche nei
confronti di malattie tumorali. Un buon
bicchiere di vino rosso non solo fa bene
allo spirito ma, e su questo la medicina è
concorde, fa bene alla salute”.
Il vino come toccasana insomma: a riscoprirlo sono anche i giovani tra cui
stanno crescendo le conoscenze enologiche insieme alla cultura del bere sano.
“Quest’anno abbiamo avuto ad esempio
un’ottima annata di novello – fa notare
Zonin – che è un vino dal gusto più fruttato, fragrante, un vino allegro che si as-
19
Nelle foto che corredano
questo articolo:
vini, uve, vigneti,
cantine e barricherie
di alcune
delle case vinicole
che contribuiscono
a tenere alto
il prestigio
dei vini vicentini.
PRODUCE
VICENZA
20
socia bene ai giovani e al loro modo di questa parte – aggiunge – le condizioni
essere”. Ma tra i fiori all’occhiello di casa climatiche sono buone e questo fa sì che
Zonin nel Vicentino non possono non es- non si verifichino grossi cali di produziosere ricordati il Gambellara classico il ne. Quest’anno poi il tempo è stato così
Giangio, vino dal caratteristico profumo clemente nei confronti dei vigneti che
di mandorla e fiori di sambuco e il Re- potrebbe sembrare che qualcuno avesse
cioto di Gambellara, uno spumante dal programmato al computer piogge e caldi
profumo fruttato e dal sapore dolce di al momento giusto”. La calura di fine
uva passa, che quest’anno è stato insi- agosto ha dunque ultimato l’opera sulgnito di ulteriori premi e di cui la Zonin l’uva gargànega, quella autoctona della
produce un’edizione limitata di 5000 zona, che ha radici antiche. “Viene coltibottiglie all’anno. “È una produzione vata nella zona di Gambellara da circa
contenuta –, spiega il presidente – del quattro secoli – spiega Luciana Zonin –
e trova qui un habiresto il Recioto è un
A riscoprire il piacere
tat ottimale. Il terrevino “artigianale” e
no è infatti di natucome tale comporta
delle conoscenze
ra vulcanica con tufi
una lavorazione
enologiche
e
la
cultura
terrosi ricchi di ferro
lunga e paziente”.
e sali minerali tra
del “bere sano” sono
cui il potassio, che
Gambellara,
molto spesso i giovani. favoriscono la fordove il vino
mazione di quelle
è una tradizione
Che cercano quella
aromatiche
secolare
qualità che è parametro sostanze
così preziose per il
fondamentale per chi
vino”. Una terra
Vini preziosi, dunnon solo fertile,
que, che si affiancalavora nel settore.
dunque, ma anche
no ad altri più “normali”ma sempre nel segno della qualità, ricca, sulla quale il sole non si risparmia
parametro fondamentale per chi lavora dal momento che le colline sono esposte
in questo settore. Lo sottolinea Luciana a sud e sud est e disposte quasi a ferro di
Zonin, presidente della Cantina sociale cavallo intorno a Gambellara. Ed è procooperativa di Gambellara, che spiega prio qui il regno del Gambellara doc,
come quest’anno la produzione dell’a- che rappresenta circa il 60% della prozienda, complessivamente 110 mila duzione della Cantina sociale e che viene
quintali, abbia subito una leggera fles- esportato anche in Canada e Giappone
sione, pari al 15%. “Di conseguenza – oltre alle più vicine Germania, Inghilterprecisa Luciana Zonin – abbiamo potu- ra e Olanda. Dove vengono apprezzati
to contare su una qualità superiore, ca- anche il Recioto e il Vin Santo. Bevande
ratterizzata da un grado zuccherino in classiche, che sanno di tradizione, ma
più”. Un bilancio positivo, dunque, e anche di genuinità. “Il vino è naturale –
un’annata che Luciana Zonin definisce conclude Luciana Zonin –, se bevuto
addirittura “ottima”. “Da tre anni a con moderazione aiuta la digestione e
21
contribuisce alla buona salute del cuore
e della circolazione”.
Oggi si beve meno
ma si cerca il meglio
Eppure, nonostante i verdetti dei medici
siano favorevoli alla bevanda di Bacco, i
consumi negli anni sono calati sensibilmente. Basta pensare che in Italia i 100
litri pro capite degli anni Ottanta oggi si
sono dimezzati, stabilizzandosi a circa
50. “Fortunatamente da qualche tempo
i consumi non sono diminuiti ulteriormente – interviene Graziano Marchioni, direttore della Cantina sociale dei
colli Vicentini di Alte di Montecchio
Maggiore – e nei confronti del vino si nota una maggiore sensibilità, specie tra i
giovani. In particolare l’orientamento è
quello di bere bene e di porre quindi attenzione alla scelta del vino che si vuole
portare in tavola”.
Alla ricerca della qualità, dunque, che si
traduce nella bottiglia etichettata, nel vino che magari costa un po’ di più, ma
che soddisfa anche il palato più esigente.
“In generale si nota un certo “risveglio”
da parte del consumatore – continua
Marchioni – e di conseguenza un mercato più vivace che promette meglio dello
scorso anno, quando si tocco il minimo
storico dei prezzi”.
Quanto alla produzione, che per la Cantina di Alte si è assestata intorno ad un
5% in meno rispetto all’annata precedente, il dato è di 290 mila quintali di
uve (due terzi da vitigni di uva bianca e
un terzo di uva rossa), raccolte tra una
quarantina di comuni della provincia tra
cui Montecchio, Brendola, Montebello e
Creazzo. Tra i vini prodotti dalla Cantina sociale dei Colli Vicentini da ricordare il classicissimo Gambellara doc, il Durello, i vini doc dei Colli Berici, vale a dire Tocai rosso, Merlot e Cabernet e gli
PRODUCE
VICENZA
intramontabili bianchi Sauvignon,
Chardonnay, Tocai bianco e Garganego.
Vini che in parte vengono anche esportati, soprattutto in Germania, e che rappresentano il fiore all’occhiello della produzione vicentina, che offre al consumatore un’ampia gamma di scelta.
Un marchio di qualità
per i vini doc vicentini
22
Il rosso domina, si è detto. “Anche se –
fa notare Gian Carlo Prevarin, direttore generale delle Cantine dei Colli Berici
di Lonigo che nell’ultima vendemmia
hanno prodotto 550 mila quintali di uva
di cui 100 mila quintali provenienti dai
Colli Berici – il Veneto è terra di bianchi,
contrariamente al Piemonte o alla Toscana”. Ma che il vino rosso mieta consensi sempre crescenti lo dimostra il fatto che anche sulle nostre colline i vigneti
di uva bianca spesso vengono rinnovati
proprio con vitigni rossi.
Colore a parte, quello che conta ancora
una volta è la qualità. “Che la gente cerca non solo nel vino – prosegue Prevarin
– ma anche in tutti gli altri prodotti. Del
resto un vino etichettato, diversamente
da quello sfuso, riporta il nome del produttore e le caratteristiche tecniche,
informazioni preziose che rappresentano
una sorta di garanzia per chi acquista
quella bottiglia”.
E a proposito di qualità, i vini vicentini
d’ora in poi potranno contare su un
marchio in più che li distinguerà in
tutto il mondo. Un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del
26 settembre 2000 stabilisce infatti la
nascita del marchio “Vicenza”, un ri-
conoscimento in più per i vini a denominazione di origine controllata con il
quale viene approvato anche il relativo
disciplinare di produzione. “È un’ulteriore carta d’identità per i nostri vini –
sottolinea Prevarin – e insieme un modo per distinguere e valorizzare la zona
di produzione”. Che quest’anno ha dato buoni frutti. “La quantità inferiore
di uve – aggiunge Prevarin –, nel nostro caso circa il 10% in meno rispetto
allo scorso anno, ha prodotto una qualità che in tutto il Veneto è stata giudicata tra il buono e l’ottimo, con punte
di eccellente”. Unico neo: un’acidità
leggermente inferiore, dovuta alla maturazione precoce e rapida delle uve
causata dall’ondata di caldo che in
agosto non ha conosciuto tregua. E che
rappresenta un punto a sfavore soprattutto dei vini bianchi, dal momento
che è proprio la bassa acidità a determinarne la freschezza, gli aromi fruttati e i profumi.
“I bianchi hanno sofferto un caldo eccessivo in agosto e un freddo insolito
nel mese di giugno – sottolinea Renzo
Cielo, vicepresidente dell’azienda vinicola Cielo di Montorso Vicentino –. Il
risultato è stato quello di avere una
maturazione precoce, con 15-20 giorni
di anticipo sulla vendemmia e quantità
inferiori: se In Italia lo scorso anno sono stati prodotti 56 milioni di ettolitri,
quest’anno la raccolta dell’uva su tutto
il territorio nazionale è scesa a 53 milioni”. Poco male, dal momento che è
la qualità ciò che conta per soddisfare
un consumatore che, da questo punto
di vista, appare sempre più esigente.
“Come azienda stiamo rilanciando l’esportazione – sottolinea Cielo – anche
23
se sono convinto che i mercati europei
siano saturi e che si stiano aprendo,
invece, nuove possibilità in paesi
come il Giappone, dove il consumo di vino attualmente è pari a
0,5 litri pro capite, e soprattutto la Cina che si configura come uno dei mercati emergenti”.
Ma quali sono i vini di
punta dell’azienda di
Montorso Vicentino? “Tra gli altri
spicca tutta la
gamma dei doc
dei Colli Berici – precisa
PRODUCE
VICENZA
24
Cielo –, zona che intendiamo valorizzare proprio perché in grado di offrire ottimi vini rossi come i Cabernet, i Merlot
e i Tocai”. Vini conosciuti e apprezzati
anche se poco pubblicizzati. Del resto
quello del marketing rappresenta per il
vino un “anello debole”. “Inevitabile –
fa notare Renzo Cielo – quando l’azienda agricola media in Italia è pari a 8
mila metri quadri, meno di un ettaro.
Questo crea ovviamente un’estrema
frammentazione, un po’ come accade
per i partiti politici, con conseguenti
difficoltà nella comunicazione e nel
marketing”.
L’Italia dice addio al Tocai
che diventa “Barbarano”
E a proposito di comunicazione, in materia di vini l’Italia avrà di che riflettere
nei prossimi anni. Almeno per quanto
riguarda il Tocai, vino noto quanto diffuso sia nella provincia di Vicenza, regno del rosso, sia in terra friulana dove
il vitigno bianco produce qualità eccellenti. Entrambi i vini dovranno dire pero addio al nome “Tocai” dal momento
che l’Italia qualche anno fa è uscita
perdente nella causa con l’Ungheria che
rivendicava proprio il Tocai come vino
tipico nazionale, prodotto da uve bianche e di sapore passito. Un tipico vino
da dessert, dunque, che poco ha a che
fare con i Tocai made in Italy.
“Per quello rosso – spiega Luciano
Cielo, titolare dell’azienda vinicola San
Matteo di Creazzo che produce circa
250 mila ettolitri all’anno – il nome è
già pronto: il Consorzio vini doc dei
Colli Berici lo battezzerà Barbarano,
mentre per quello bianco ci penseranno
i colleghi friulani”. Certo è che questo
bisticcio sui nomi che ha visto fronteggiarsi Italia e Ungheria qualche danno
lo causerà. “Perché‚ il Tocai è un vino
molto diffuso tra i consumatori – aggiunge Cielo – cambiargli nome dopo
tanti anni non è operazione semplice,
anche se il provvedimento scatterà tra
qualche tempo, visto che all’Italia è stata concessa una deroga di dieci anni
dalla conclusione dell’iter giudiziario”.
Anche con nome diverso la qualità resterà comunque il fiore all’occhiello di
questo vino molto apprezzato da un
consumatore attento e sensibile. Aumenta, tra l’altro, soprattutto tra i giovani, la sete di informazioni nei confronti del vino. “Nelle serate gastronomiche in cui vengono presentati i vini
in associazione alle pietanze – spiega
Andrea Bottaro, direttore della Cantina Beato Bartolomeo da Breganze – la
presenza dei giovani è forte e si nota
una maggiore curiosità, anche nei confronti del prodotto locale. Il Vicentino è
sempre stato molto aperto alle proposte che provengono da fuori, ma ultimamente c’è maggiore attenzione verso i nostri vini, riscoperti e valorizzati.
Del resto un Cabernet di Breganze non
ha nulla da invidiare a un Brunello di
Montalcino. Il punto è che, come in
tutte le cose, l’erba del vicino è sempre
più verde”.
In realtà il Vicentino può andare a testa
alta. “Ne sono esempio e in qualche
modo anche biglietto da visita vini come il Torcolato – continua Bottaro –
che stiamo valorizzando sempre di più,
il Vespaiolo, che si ricava da vitigni
bianchi e che viene proposto in associazione ad un piatto tipico come il bac-
25
calà alla vicentina e ancora l’inedito
“Kilo”, selezione da un Cabernet riserva ‘98. Tutti prodotti di qualità
che esprimono in pieno le potenzialità e le risorse di questa zona così generosa”. Dove la
vendemmia 2000 è stata
più abbondante per una
ragione molto semplice.
“Sono entrati in produzione – spiega il
direttore della
cantina Beato
Bartolomeo da Breganze – vigneti di nuovo
impianto e questo ha fatto sì
che la produzione sia cresciuta di circa il 5%”.
Per il vino di casa nostra, isomma, è
stata davvero un’annata da incorniciare. Con un bel brindisi.
Anna Madron
INDUSTRIALI
ITINERARI
26
Rossano
Veneto è
davvero
il paese dove
le imprese
pullulano,
i soldi
abbondano
nelle tasche
di tutti
e la cultura
è quasi
assente?
O questo
è il cliché
creato dai
mass-media?
N
e sono passate di troupe televisive, se ne sono visti di inviati dei
grandi giornali, in questi ultimi anni,
a Rossano Veneto. È arrivata la Rai
con Gad Lerner e Michele Santoro, è
francobollo, sia nella forma che nella sostanza), diventare la culla di
centinaia di imprese, di una valanga
di partite Iva, di un tasso di imprenditorialità da record. Sono arrivati
Tutta la verità
sul caso Rossano
arrivato il Corriere della Sera, il Sole
24 Ore, e chi più ne ha più ne metta.
Tutti per capire come abbia potuto,
un paesino di seimilaseicento abitanti e dieci chilometri quadrati (un
un po’ tutti, hanno intervistato, sondato, guardato in giro, e hanno raccontato. Così, su Rossano si sono accesi per un po’ di tempo i riflettori
della ribalta nazionale. Bene, bello,
per carità. Ma fino ad un certo punto. portò su scala nazionale (vedere il riPoi i rossanesi hanno cominciato a stan- quadro alle pagine seguenti). In alcucarsi, e anche ad arrabbiarsi. Sì, perché ni punti non fu molto tenero con il
l’immagine di Rossano che ha finito con paese: “Novecento industrie, tante
il diffondersi in giro per l’Italia è diven- Mercedes, tanti investimenti su cavalli
tata uno stereotipo, basato su qualche di razza, tanti giovanotti annoiati che
esagerazione: Rossano paese tutto fab- vanno in vacanza ai tropici tornandobriche, Rossano paese dove tutti sono sene talvolta con una bambola thaipieni di soldi e vuoti di cultura, Rossano landese o domenicana da rispedire al
mittente
dopo
paradigma di un
Negli ultimi anni
averla spupazzata
certo Nordest pocon gli amici. E inlentone e accecato
Rossano Veneto
tanto in paese non
dal lavoro.
è diventato l’emblema c’è una piscina,
non c’è un campo
Dal libro “Schei”
di un certo Nordest,
da tennis, non c’è
di Stella
dipinto dalla stampa
un campo sportivo
è partito
degno di questo
il “fenomeno
e dalle Tivù nazionali
nome, non c’è una
Rossano”
con lo stereotipo
libreria e neppure
del paese “tutto lavoro un cinema”.
Ad accendere per
Tutta realtà o un
primo i riflettori su
e poca cultura”.
po’ di iperbole?
Rossano Veneto è
Vero?
Falso?
Siamo
Mercedes, in giro
stato Gian Antonio
per Rossano e dinStella, il giornaliandati a controllare.
torni, se ne vedono
sta del Corriere
della Sera, con il suo libro ormai fa- effettivamente parecchie. Ed è vero che
moso, “Schei”, uscito nel ‘96 e dedi- le strutture sportive e le occasioni di
cato al “mitico Nordest”, al suo boom svago non siano molte. Dopodiché, peeconomico e al suo travaglio politico. raltro, questo piccolo comune al confine
A dirla tutta, già nel ‘90 fu questa ri- tra Vicentino e Trevigiano non appare
vista a dedicare un’inchiesta al pro- tanto diverso dal resto della provincia.
cesso di sviluppo che stava avendo Siamo tornati dunque a Rossano, a diRossano. In quell’articolo, intitolato stanza di dieci anni dal precedente arti“Rossano, il modello del modello”, colo su “Industria Vicentina”, di quattro
questo paese emergeva non solo come anni dal libro di Stella, di due dal boom
il polo mondiale dei produttori di selle televisivo e massmediologico di Rossano
per biciclette, ma in generale come un e di pochi giorni dalla visita dell’ultima
comune dove l’imprenditorialità era troupe televisiva Rai. Ci siamo tornati
esplosa con dati statistici esaltanti. per provare a capire qual è, oggi, la
Stella con il suo fortunato libro am- realtà di questo paesino piccolo e solo
plificò il “fenomeno Rossano” e lo esteriormente anonimo.
27
In apertura,
lo stemma del comune
di Rossano Veneto.
INDUSTRIALI
ITINERARI
28
Ma Rossano non è diverso
da tanta parte del Nordest
Intanto balza agli occhi un dato, quello
della popolazione. Negli ultimi dieci anni
non è successo quasi nulla, sotto il profilo demografico. È appunto almeno un
decennio che gli abitanti di Rossano
continuano ad aggirarsi sulla stessa cifra, 6.550, 6.600. È la famosa crescita
zero, quando il saldo tra nati, morti,
emigrati ed immigrati si equilibria e una
comunità rimane su dimensioni ormai
stabili. Le imprese presenti in comune,
intendendo non soltanto le aziende industriali, ma anche quelle artigianali, commerciali e quant’altro, sono più di 720
con oltre 800 unità locali. La forza lavoro locale supera nel complesso le 3.000
unità, che non è poco considerate le dimensioni demografiche e geografiche del
comune.
“Che ci sia un’elevata concentrazione di
piccoli imprenditori è un dato di fatto,
ma bisogna anche guardare alla ristrettezza territoriale e demografica del nostro comune – osserva in tutta sincerità
Riccardo Bigolin, vicepresidente e amministratore delegato della Selle Italia –.
Un elevato numero di aziende in una
realtà dai confini ristretti risalta più dello stesso numero di aziende distribuito in
un’area più ampia e quindi con un più
ampio bacino demografico”.
“È francamente un po’ deviante l’immagine che si è data in questi anni di Rossano, soprattutto nel momento in cui la
si distingue da quella del Nordest in generale – osserva il sindaco del paese,
Giuseppe Comotti –. Non credo che
Rossano sia diversa dalle altre realtà della provincia e del Veneto, si ritrova nella
stessa situazione. L’elevata concentrazione di aziende che qui si riscontra è sin-
golare, ma non è certo un’eccezione nel
panorama del Nordest industrializzato.
Pensare ad una ‘anomalia rossanese’ significa esasperare talune caratteristiche
della nostra zona, e correre il rischio di
non focalizzare nemmeno la vera realtà
di Rossano”.
Anche Luigi Girardi, amministratore
delegato della Selle San Marco, difende
l’immagine di Rossano, pur rilevandone
gli aspetti ancora critici.
“I problemi ci sono, e sono più che altro di natura sociale, dovuti all’esplosione di benessere, all’aver concentrato
gran parte delle forze sullo sviluppo
economico, sulla cultura del lavoro –
osserva –. Questo fenomeno, di conseguenza, non ha permesso uno sviluppo
analogo in ambito sociale. È anche vero, tuttavia, che questa realtà è apparsa
all’esterno spesso in senso distruttivo.
In realtà a me pare che anche qui,
quanto a strutture e servizi, siamo ormai ad un buon livello. Rossano è un
paese molto cresciuto, non solo da un
punto di vista industriale. Rimane forse
ancora una certa chiusura nella mentalità della gente, ma anche questa è meno evidente di una volta. Credo che sia
passata all’esterno un’immagine di
Rossano piuttosto falsata. Quella di essere un po’ chiusi è una caratteristiche
tipiche dei paesi veneti, ma non va esasperata, altrimenti si disegna un Veneto
diverso da quello che è”.
della pagina a fianco:
in alto,
uno scorcio sul Duomo
e sul suo campanile;
sotto,
la piazza su cui
si affaccia la chiesa
e un particolare
della facciata
Non è migliorata a sufficienza
la vivibilità del territorio
Tutti concordi, dunque: Rossano non è
una realtà anomala. L’unico ad essere
un po’ anomalo, nel panorama dei sindaci di piccoli paesi, è proprio Comotti.
Di professione, infatti, è docente universitario, e insegna nientemeno che diritto
canonico ed ecclesiastico all’ateneo di
Verona. Dopo anni passati all’opposizione, è stato eletto nel ‘99 alla guida di
una lista civica all’insegna della trasversalità politica. Si è scelto anche, come
assessore esterno ai lavori pubblici uno
degli imprenditori più noti del posto,
Stella: “Un contachilometri che segna velocità massima”
Gian Antonio Stella, giornalista-scrittore, inviato del Corriere della Sera, ha dedicato a
Rossano Veneto intere pagine e il titolo (“Il
paese con più fabbriche del mondo”) di un capitolo del suo libro “Schei”. Ecco un paio di
passi tratti dal volume.
“Prendete un paesotto di campagna, riempite
le stalle di macchine, tirate su più capannoni
che potete e cacciate nelle tasche degli abitanti
tanti bigliettoni da farle scoppiare. Fatto? Ecco
Rossano Veneto, 6.532 abitanti, un passato
Nella foto
millenario con nome romano di Fundus Ruscianus, un paio di splendide ville patrizie,
qualche antica filanda abbandonata e un’indigestione di imprese”.
“Se il ‘modello veneto’ rappresenta tutti i pregi
e tutti i difetti dell’economia italiana, Rossano
è il modello del modello, l’esasperazione massima dei pregi e dei difetti. Se il Nordest è oggi la
locomotiva del paese, Rossano è il contachilometri con la lancetta fissa sulla massima velocità”.
del Duomo stesso.
29
INDUSTRIALI
ITINERARI
30
Il municipio di Rossano,
edificio appena finito
di costruire
nella piazza del paese.
Nell’altra pagina,
sopra
villa Comello
e sotto
villa Paccagnella,
i due edifici
residenziali storici
di maggior pregio
architettonico.
Giorgio Stragliotto, titolare dell’omonima azienda di cofani funebri.
Comotti non nasconde i problemi che
Rossano ancora si porta dietro. “Questo
è un territorio nel quale l’attività imprenditoriale ha dato ricchezza alla popolazione, senza trovare però un analogo
riscontro nella crescita della vivibilità del
territorio – afferma senza giri di parole
–. Non abbiamo strutture adeguate per
la vita sociale, come centri sportivi, cinema, manifestazioni culturali. La parrocchia, che pure resta un momento importante di aggregazione sociale, non è più
per i giovani un punto di riferimento
forte come una volta”.
Ed è sufficiente girare un po’ per il paese e per le due o tre strade principali
del comune per avere conferma che nel
corso degli anni non c’è stata, parallela
allo sviluppo delle industrie, una pianificazione territoriale adeguata. Un
esempio arriva dalla viabilità. Rossano,
con i suoi dieci chilometri quadrati, ha
sostenuto in questi anni un notevole
aumento del traffico in assenza di una
rete viaria adeguata, ma mantenendo
un assetto stradale proprio di un paese
agricolo.
Fatta l’analisi, Comotti introduce anche
un elemento su cui lavorare per migliorare la situazione di partenza.
“Non dimentichiamo che da Rossano è
partita, all’inizio degli anni Ottanta, una
delle operazioni culturali di più grosso
spessore per il nostro territorio. Parlo
della rassegna Operaestate, un progetto
che ha preso le mosse appunto da qui e
che solo in un secondo momento è
approdata a Bassano. Anche sotto
il profilo culturale, dunque, questo paese ha qualcosa da dire. Si
tratta di offrire ai rossanesi stimoli
culturali adeguati. Non credo che
Rossano abbia esaurito la sua capacità di essere originale e creativo anche al di fuori della sfera
produttiva. Certo, per anni sono
mancati gli stimoli giusti, si è gestito l’esistente, ma ci sono ancora
energie giuste che covano sotto la
cenere”.
E ci sono sfide e opportunità nuove da cogliere anche per l’apparato produttivo che ha portato Rossano alla ribalta.
“Il boom economico di Rossano è
stato legato, inizialmente e per
molto tempo, alla voglia di lavorare – dice il sindaco –. Adesso,
con l’entrata in gioco di molti
paesi dell’est, occorre programmare anche l’attività industriale
con criteri nuovi, che non puntino
sulla semplice capacità e voglia di
lavorare. L’attività delle imprese
locali si va dunque qualificando
di più come attività imprenditoriale. Non potrebbe essere altrimenti, di fronte ai cambiamenti
degli scenari economici”.
E continuavano a chiamarlo
il paese delle selle
Tra le imprese che hanno fatto la
fortuna di Rossano, ci sono quelle
delle selle per biciclette. Anche loro fanno parte ormai dell’immagine di Rossano Veneto. In questi
anni quando si è parlato di Rossano la definizione standard è stata
quella di “polo mondiale delle selle”. Anche questo, per certi versi,
un cliché. È vero che Rossano è la
capitale europea e forse mondiale
di questo particolare prodotto, se
non altro perché da qui esce la
metà della produzione europea di
selle per bicicletta, qualcosa come
sette-otto milioni di sellini l’anno
in totale. Sono però gli stessi imprenditori a invitare a non fare
troppe iperboli.
“Rossano non è più il paese delle
selle – afferma quasi controcorrente Giuseppe Bigolin, presidente della Selle Italia –. Si sono
trasferite altrove la Isca Selle, la
Selle Royal, e forse anche noi ci
sposteremo, guardiamo con interesse all’estero. Qui del resto c’è
un grosso problema nel trovare
manodopera, c’è poco spazio e ci
sono costi di produzione molto
elevati”.
L’affermazione iniziale di Bigolin
colpisce: questa non è più la patria delle selle. “Però non è colpa
di Rossano – aggiunge Luigi Girardi –. L’imprenditore si sente
tradito dalle istituzioni, è massacrato di tasse e adempimenti. Una
volta un’azienda per fare utile doveva fare un certo fatturato; oggi
deve fare quel fatturato più un
40%”.
Le due aziende di selle oggi più
importanti di Rossano sono la
Selle Italia e la Selle San Marco.
La Selle Italia, azienda sorta nel
1897 nel milanese, mette casa a
Rossano nel ‘68, quando Giuseppe e Riccardo Bigolin la rilevano
dalla famiglia Aliprandi, i proprietari storici. Quasi subito Riccardo cede la sua parte al fratello
Giuseppe che all’inizio, con un
solo operaio, produceva una cinquantina di selle al giorno. Oggi
tra addetti diretti e indotto lavorano qui circa duecento persone,
senza contare i fornitori. Dallo
stabilimento di Rossano escono
due milioni di pezzi l’anno, di alta e altissima gamma; altri 2 milioni e mezzo di selle, di media
qualità, arrivano dall’altra azienda controllata, la Bassano Selle.
E siccome il settore tira, nel
2000 sono state superate le
INDUSTRIALI
ITINERARI
32
Qui sopra,
il monumento ai caduti
davanti al municipio.
Nella pagina a fianco,
due giardini
che impreziosiscono
Rossano:
il parco comunale
e il parco Serbellin.
aspettative e il fatturato è cresciuto del
15% sul ‘99. L’azienda è sponsor ufficiale di 45 team ciclistici italiani e stranieri. I Bigolin da qualche anno hanno
puntato anche sulla Romania, dove
hanno avviato un laboratorio produttivo autonomo.
“Siamo stati i primi, già quindici anni
fa, ad impiegare il gel nell’imbottitura
della sella, grazie ad una nostra formula chimica – spiega Riccardo Bigolin, figlio di Giuseppe, 29 anni ma in azien-
da già da dieci –. Abbiamo anticipato
tutti anche nel lancio della sella antiprostata, fatta con un’apertura al centro per diminuire la pressione sulla prostata. L’ultimo prodotto è la sella più
leggera del mondo: imbottita, pesa appena 135 grammi”.
Insomma, è una lotta continua per puntare sulla ricerca e sulla tecnologia. È così anche alla Selle San Marco.
Fondata nel 1953 da Luigi Girardi, è
stata dunque la prima azienda del settore a Rossano. Oggi ha una cinquantina
di dipendenti, che arrivano a 90 con
l’indotto locale. Produce un milione e
800 mila selle l’anno di media e alta
qualità, esporta il 75% della produzione
e nel 2000 ha raggiunto i 14 miliardi di
fatturato, con un aumento del 22% rispetto all’anno precedente. Sponsorizza
una dozzina di squadre ciclistiche professionistiche in tutto il mondo.
Design, ricerca, tecnologia sono anche
qui parole essenziali. E anche la San
Marco ha dei primati da mettere in
vetrina.
“Siamo stati i primi al mondo a rivoluzionare la linea delle selle, con il modello
‘Concor’, nato già nel 1980 – ricorda
Luigi Girardi, amministratore delegato e
nipote del fondatore –. Un altra tappa
importante è stata quella di due anni fa,
quando è nata la sella ‘Era’, con scafo in
bicomponente con una linguella che permette la deformazione progressiva del
materiale sotto il peso del ciclista, per
prevenire i problemi di prostata.
Ricerche scientifiche vengono condotte
da anni in collaborazione con il prof.
Ruggero Mele, urologo e docente universitario, per lo studio della superficie utile
di una sella.
33
Rossano oggi può crescere
più nel sociale che nell’economia
In quale direzione si muoverà Rossano
per il prossimo futuro? Sicuramente
più in quella sociale che in quella produttiva. Se non altro perché spazi fisici
per chissà quali ulteriori sviluppi imprenditoriali non ce ne sono quasi più.
Il comune è troppo piccolo, e di conseguenza occupato.
“C’è sicuramente spazio per crescere
sotto il profilo sociale, più che sotto
quello economico – conferma Giorgio
Stragliotto –. Il territorio, qui, in
questi anni è stato per certi versi compromesso: oggi si tratta di gestire lo
sviluppo in modo compatibile con il
territorio”.
Insomma, Rossano è un paese ricco, di
industrie e di benessere, che però ha
ampi spazi di miglioramento quanto a
servizi e strutture sociali. Un miglioramento al quale può contribuire, fa notare Stragliotto, anche l’elevato tenore
di vita medio dei rossanesi.
“Una delle questioni da porsi – osserva
l’imprenditore-assessore – è quanta
della ricchezza che vediamo è reale. Mi
spiego: se, poniamo, io creo ricchezza e
poi la uso per comprarmi settanta case
e venti macchine, alla fine ho creato solo ricchezza personale. Ciò che davvero
conta, però, è creare ricchezza non solo
per se stessi, ma per tutti”.
Un'osservazione che vale in senso generale. Ancora una volta, Rossano è un
esempio, un “francobollo” di Nordest
messo all'incrocio di tre province strategiche, Vicenza, Treviso e Padova. Di
questo Veneto-locomotiva Rossano non
fa che riassumere pregi e difetti, senza
essere un concentrato né degli uni, né
degli altri. Questo rettangolino di terra,
sfrangiato a sud est da una cucchiaiata
inghiottita dai trevigiani, ha un desiderio da esprimere: liberarsi finalmente
dai cliché e dai luoghi comuni che si è
ritrovato stampati in faccia in questi
anni. Ciò vorrà dire non far più notizia
e far parlare meno di sè. Ed è proprio
quello che qui vorrebbero.
Stefano Tomasoni
IMPRESE
Calpestati
e contenti
34
Ceis
L’azienda
di Romano
d’Ezzelino
è specializzata
da quarant’anni
nella
realizzazione
di campi
da calcio,
piste di atletica,
campi da
tennis, rugby,
golf e altro.
Suo anche
il campo
del “Tardini”
di Parma.
E adesso
prenderà
in cura anche
gli stadi
di Tripoli.
C
apita che la soddisfazione più grande sia vedere il proprio lavoro calpestato. Per chiarimenti rivolgersi alla Ceis
di Romano d’Ezzelino, da quarant’anni
specializzata nella realizzazione delle
opere orizzontali degli impianti sportivi.
Piste da atletica, campi da calcio, da
rugby, da tennis, da golf, da bocce, polivalenti e indoor, palestre comprese, sono
il pane quotidiano di un’azienda che,
pur conservando un assetto dirigenziale
d’impronta familiare, è stata ed è il punto d’appoggio di mille imprese sportive,
anche di livello internazionale.
L’avventura è iniziata giusto quarant’anni fa, nel 1960, quando Oscar
Sandro Pozzobon, che già lavorava nel
settore impianti sportivi di una grande
impresa di costruzioni, decise di prendere la propria strada e dedicarsi autonomamente a questa branca dell’edilizia. Il
primo lavoro commissionato fu il campo
di atletica di Padova, subito dopo venne
il centro sportivo del Centro Giovanile di
Bassano, poi lo stadio di Montebelluna.
Per la Ceis le piste di atletica leggera sono sempre state il filone più importante
e allo stesso tempo un modo per confrontarsi con l’evoluzione ai tempi, se
non addirittura per precorrerli. Proprio
nell’anno della sua fondazione a Roma si
svolgevano le Olimpiadi.
Pozzobon capì che il futuro dell’atletica
leggera, in quegli anni in grande sviluppo,
stava nella rivoluzione dei materiali. Nacque una collaborazione con la Bayer e in
breve tempo la Ceis fu in grado di proporre formulazioni di resine e gomme innovative di pari passo con adeguati sistemi di
posa. Nel frattempo l’azienda era già diventata fornitrice di fiducia del Coni. Il
momento per compiere il salto di qualità
era arrivato. Non fu un caso se alla fine
degli anni Sessanta alla Ceis furono affidati i lavori al centro Coni di Tirrenia.
In casa Pozzobon la messa a punto di
prodotti e tecnologie sempre più specifici
è tuttora un motivo di orgoglio. Sono
marchi registrati e universalmente noti
nell’atletica leggera i manti sintetici Rubtan e Azzurro 2000, così come nel calcio e
nel rugby i sistemi drenanti EvergreenDraingazon-Vacudrain, nel tennis e polivalenti l’erba sintetica Sinten-grass e i pavimenti Sinten-lan. E siccome un prodotto innovativo richiede tecniche di realizzazione inedite, alla Ceis si sono fatti da
sé anche macchine di nuova concezione
come le impastatrici di gomma e resina.
Fra i principali impianti di atletica realizzati e ristrutturati negli ultimi dieci anni ci
sono quelli di Spilimbergo, Cortina, Forlì,
Siena, Calenzano (Firenze), Livorno, Abano, Treviso. Passando alle superfici verdi, si
possono nominare stadi come il Provinciale di Trapani, il “Bentegodi” di Verona, il
“Briamasco” di Trento, il “Nereo Rocco”
di Trieste e il “Tardini” di Parma.
Oltre alla installazione degli impianti
orizzontali, vengono messi a dimora i
tappeti erbosi tramite semine naturali
oppure utilizzando zolle precoltivate. Si
tratta di interventi estremamente delicati
per i quali ci si avvale delle consulenze di
affermati agronomi, così da svolgere con
la massima scientificità ogni passaggio,
dalle analisi dei materiali sino all’impo-
stazione del piano di lavoro.
Un’abilità che ha portato la Ceis sino in Libia.
Vent’anni fa vi aveva costruito un paio
di piste, ora c’è tornata per realizzare lo
stadio della capitale, comprensivo di pista da atletica e campo da calcio. A chiederlo è stato Al Saedi Gheddafi, proprio
il figlio del colonnello. Recentemente,
quando la nazionale della Libia è venuta
in Italia e ha incontrato il Parma, Gheddafi junior è rimasto impressionato dalla
qualità del terreno di gioco del “Tardini”, da poco rimesso in sesto dalla Ceis.
Siccome allo stadio di Tripoli l’erba verde è un vago ricordo, Gheddafi ha chiesto che la Ceis porti nel suo paese il
know-how e la tecnologia di cui dispone.
Nell’ultimo decennio la Ceis si è dedicata
anche alle coperture per impianti sportivi di piccole e medie dimensioni e poi,
più in generale, all’arredo urbano, con
ovvia inclinazione per la riqualificazione
del verde pubblico.
Insomma, non sia mai detto che alla
Ceis si lavora solo...per sport.
In queste pagine,
alcune delle superfici
di stadi realizzati
dalla Ceis:
in apertura
il “Rocco” di Trieste;
qui sopra il “Tardini”
di Parma e sotto
lo stadio di Mogliano
(Treviso).
Oggi la Ceis
è guidata ancora
dal fondatore,
Oscar Pozzobon,
affiancato dei figli
Enrico e Carla,
responsabili
del settore commerciale
Eros Maccioni
e della qualità.
35
IMPRESE
Se l’azienda mette
la città nella rete
36
PFM
È partita
dall’azienda di
Torrebelvicino,
una iniziativa
particolare su
Internet:
un portale
dedicato a
Schio, di livello
nazionale,
ma declinato
in dimensione
locale, per
informare su
una specifica
realtà territoriale
attraverso
la rete”.
In alto, il sito
di “Schioperte.it”.
Sotto, l’esterno
del PFM di Torrebelvicino.
D
a una solida esperienza nel settore
dell’imballaggio la Pfm di Torrebelvicino si affaccia nel mondo della new economy in maniera nuova: “www.schioperte.it” è il nome del portale Internet di proprietà Pfm, nato dall’idea di un imprenditore, Andrea Fioravanti, figlio del fondatore dell’azienda, Pietro Fioravanti, e in Pfm
responsabile di web development.
Il portale contiene notizie, curiosità, link,
forum e quant’altro ci si può aspettare da
un portale di livello nazionale, il tutto però
declinato anche in dimensione locale. Ecco quindi che accanto ai suggerimenti dei
siti più interessanti, si trova la programmazione del cinema sotto casa; accanto alle agenzie di stampa nazionali ed internazionali si legge cos’è successo dietro l’angolo; dopo un collegamento con la borsa si
può dare un’occhiata agli annunci economici in chiave altovicentina. “Schioperte”
offre la possibilità al visitatore di intervenire con il proprio contributo: chi naviga
può suggerire un sito interessante, scrivere
una notizia, commentare le news pubblicate, utilizzare lo spazio annunci per cercare, vendere, acquistare...
“Può sembrare curioso – dice Andrea
Fioravanti – che un’azienda come la
Pfm, che opera nel confezionamento e
nell’imballaggio, decida di intraprendere
un’avventura di questo tipo sul web. In
realtà i percorsi che ci hanno portato fin
qui sono per noi assolutamente naturali:
siamo stati in Italia tra i pionieri di Internet, con un sito aziendale utilizzato fin
dall’inizio come prezioso strumento di lavoro. Con Internet abbiamo reso capillare
la nostra presenza in tutto il mondo, abbiamo abbattuto drasticamente alcune
voci di costo, infranto frontiere, sperimentato l’ubiquità. Se uniamo queste esperienze alla conoscenza della terra in cui
sono nato e cresciuto, il passo è obbligatorio: Schio e dintorni on line”.
Alla Pfm si sono ispirati ai portali di
città come Milano, Verona, Ferrara,
mettendo in primo piano la volontà di
rendere partecipe la gente, di fare in modo che i visitatori non siano semplici
spettatori, ma generatori di informazioni, di commenti, di notizie.
“Ci siamo impegnati al massimo per trovare anche un ‘applicativo’ che fosse interattivo in tutte le sue parti – spiega Fioravanti –. È questo il modo più efficace
per coinvolgere il pubblico e per dare al
portale nuova vita, ogni giorno. Un intenso lavoro di redazione e l’apporto
quotidiano dall’esterno consente a
‘Schioperte’ di rinnovarsi in continuo, di
proporsi sempre rigenerato, cambiato”.
“Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti,
ma siamo anche consapevoli di aver mosso soltanto i primi passi – conclude l’imprenditore scledense –. Da qui ci aspettano obiettivi di crescita e sviluppo impegnativi. Ma in Pfm siamo abituati alle sfide. ‘Schioperte’ è una delle tante”.
IMPRESE
IMPRESAFLASH
38
Il Gruppo Mastrotto investe
in Brasile e Croazia
Il governatore dello Stato brasiliano di Bahia, Cesar Augusto
Rabello Borges, è stato in visita
al Gruppo Mastrotto di Arzignano. Una presenza legata ai programmi di investimento che il
Gruppo Mastrotto sta realizzando proprio nello stato di Bahia e
precisamente nella città di Cachoeira, situata a 110 chilometri
dal porto di Salvador Bahia, capitale dello Stato. Qui il colosso
conciario di Arzignano renderà
operativa entro la primavera del
2001 la “Mastrotto Reichert
S.A.”, una joint venture costituita con un grosso partner brasiliano nel settore calzaturiero. Per
questa joint venture, il Gruppo
Mastrotto ha investito 25 milioni
di dollari in macchinari e strutture. La nuova azienda brasiliana produrrà pelle per i settori
dell’arredamento e delle calzature e a regime produrrà 6.000
pelli al giorno e darà lavoro a
circa 700 persone.
Per preparare al meglio le maestranze che opereranno nella
nuova azienda, il Gruppo Mastrotto ha ospitato nelle proprie
aziende una cinquantina di operai brasiliani in stage formativo.
All’attenzione verso il Brasile si
accompagna altrettanta attenzione anche agli altri mercati
emergenti. La Croazia, ad esempio: il Gruppo Mastrotto
ha acquisito di recente
una conceria a Zagabria,
che a regime produrrà
3.000 pelli al giorno con 50
dipendenti.
(Nella foto, la famiglia Mastrotto con il governatore
Rabello Borges, al centro, e
l’ex prefetto di Vicenza Giovannucci).
to paesi, è stato esposto un innovativo soffietto Taplast.
Il soffietto è stato selezionato
dagli organizzatori della Biennale per l’elevato interesse suscitato e il potenziale percepito (ad
esempio anche per lo sviluppo di
oggetti per la terapia di handicap fisici).
Taplast alla Biennale
Internazionale
Design 2000
Arroweld Italia
si allea con Said
Taplast, l’azienda di Dueville
che produce tappi, dispenser e
dosatori, ha partecipato alla
Biennale Internazionale Design
2000 che si è
svolta nell’ottobre scorso a
Sant Etienne
(Francia).
Alla mostra,
che ha selezionato le
opere di design più innovativo provenienti da cen-
La Arroweld Italia di Zanè
(distribuzione industriale) e la
bergamasca Siad (gas tecnici)
hanno siglato un accordo di
partnership, un’alleanza strategica per rafforzarsi sul mercato italiano ed europeo. Attraverso una partecipazione di
collegamento, l’intesa ha lo
scopo di valorizzare le sinergie dei due gruppi, creando
un’alleanza commerciale e distributiva che può contare su
un bacino di oltre 70 mila
clienti in Italia.
Arroweld Italia (300 addetti,
11 filiali nel nord Italia, un
fatturato vicino ai 100 miliardi) è una delle maggiori realtà
nel segmento della distribuzione industriale: tecnologie di
saldatura, articoli tecnici,
strumenti di misura, utensileria. A sua volta la Siad (Società Italiana Acetilene & Derivati) è uno dei più importanti gruppi italiani nella produzione e commercializzazione
di gas tecnici.
“Assieme a Siad – spiega Mirco
Gasparotto, amministratore delegato di Arroweld Italia – abbiamo elaborato un piano a medio e
lungo termine che ci porrà in
evidenza sul panorama europeo
della distribuzione industriale”.
Il miele di Asiago
alla tavola della
Regina d’Inghilterra
Nel corso della visita in Italia
compiuta in ottobre, la Regina
d’Inghilterra, Elisabetta II, ha
avuto un pranzo ufficiale a Milano, all’hotel Principe di Savoia. Il dolce servito in quell’occasione è stato decorato con il
miele prodotto dalla Rigoni di
Asiago, azienda leader nazionale
nella produzione di miele e confettura biologici.
“Sappiamo che il cuoco del
‘Principe di Savoia’ ha scelto il
nostro miele perché lo ritiene il
migliore – ha detto Andrea Rigoni, amministratore delegato dell’azienda –. Fa piacere che la
scelta abbia avuto motivi dettati
esclusivamente dalla qualità”.
Artel, nuovo stabilimento
in Brasile
Il Premio “Qualità
e ambiente” dell’Icec
a Rino Mastrotto
avvierà un nuovo stabilimento in
Brasile, nello stato di Rio Grande
do Sul (nella foto). L’azienda ha
stanziato un investimento di tre
miliardi di lire per avviare la
produzione dei suoi climatizzatori nello Stato di Serafina Correa, tra i più industrializzati del
paese. L’inaugurazione della
nuova unità produttiva è un
nuovo passo verso il mercato sudamericano, dove dal ‘98 l’azienda è presente con “Artel do
Brasil”, società di importazione
che punta ai dieci miliardi di faturato entro il 2001.
La Artel, sorta nel 1981, ha oggi
320 dipendenti complessivi ed è
arrivata ad un fatturato di 50
miliardi, che punta a raddoppiare in tempi molto stretti; conta
22 filiali in Italia e 7 in Brasile;
sono poi 150 i centri di assistenza tecnica nel nostro paese.
Il premio “Qualità e Ambiente” promosso dall’Icec (Istituto di certificazione per l’industria conciaria) è stato assegnato quest’anno a Rino Mastrotto, presidente del Rino
Mastrotto Group di Arzignano. Il riconoscimento viene attribuito annualmente agli imprenditori che hanno saputo
maggiormente distinguersi nel
settore conciario in materia di
qualità, tutela ambientale e
certificazione. La motivazione
del premio attribuito a Rino
Mastrotto parla di “costante
impegno allo sviluppo del settore conciario, al miglioramento della qualità e della tutela ambientale”.
Agli inizi del 2001 la Artel,
azienda di S.Vito di Leguzzano
che produce condizionatori d’aria e depuratori (e che quest’anno è sponsor del Vicenza Calcio),
PERSONAGGI
Un uomo
da raccontare
40
Flavio Albanese
ha aperto
cantieri ovunque,
ospita vip tra i
più famosi del
mondo e ha una
sua idea del
fare impresa:
“un’azienda deve
redistribuire
benessere”.
P
oteva vivere cinquecento anni fa, in
pieno Rinascimento. Avrebbe stupito
con i progetti di macchine innovative o di
raffinate architetture per il Principe del
tempo, immaginato monumenti e opere
d’arte. Poteva vivere trecento anni fa, ai
tempi dell’Illuminismo. Il suo gusto enciclopedico lo avrebbe portato a discutere
con filosofi, incontrare poeti, ospitare
musici e attori. E invece Flavio Albanese
concentra tutte queste sue esperienze e
qualità in un altra fetta dello spazio tempo disegnato da Einstein. Ma non
vuol dire niente. A cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo la sua inesauribile curiosità per il mondo, la sua poliedrica professionalità, la sua acuta capacità di vedere
lontano (che
vuol dire dare risposte innovative ai problemi di
sempre) hanno
lo stesso imprinting genetico che
ammiriamo in
un genio del Rinascimento o in
un letterato scienziato del
Secolo dei Lumi.
“Del resto - spiega lui - ho avuto
anche la fortuna
che una persona
straordinaria come Battista Meneguzzo a
sedici anni mi portasse in giro per l’Italia
ad ammirare opere di Grotowski e Tinguely”. Lui accumula conoscenze, assetato di sapere: “Ho conosciuto tutti - dice
- Da Dino Buzzati, incrociato in libreria,
a James Stirling. Da Hans Magnus Enzsenberger a Gualtiero Marchesi, da Arrigo Cipriani a Jasper Jones, da Jorge Luis
Borges a Riccardo Muti”. Tutto questo
patrimonio di informazioni, cultura e conoscenza poi lo riversa, con generosità,
nei suoi lavori e nei suoi incontri.
Provare per credere. Potete chiedergli un
consiglio su un tappeto persiano da acquistare o discutere dei quintetti di Mozart; farvi commentare le poesie di Franco Fortini o le architetture del suo amico
Rafael Moneo, “nobel” dell’architettura.
Resterete incantati. Perché ha un cromosoma in più: quello della profondità di
campo nel fotografare la vita. E la coglie
sempre da un angolo visuale inaspettato.
Un esempio? Provate a chiedergli: cosa
stai facendo? Vi meraviglierà: “Studio. In
questo momento, principalmente filosofia”. Non è snobismo, preché, come ama
ricordare, “l’architettura risolve sempre
altri problemi all’uomo, non quelli di
spazio”. “E prima di tutto nel lavoro bisogna pensare a questo, all’uomo che deve star bene. Questo dev’essere l’obiettivo
dell’impresa”. In realtà ha aperto cantieri
in mezzo mondo. Si alza a progettare (e
disegna di tutto: dalla fabbrica agli anelli) alle cinque di mattina. Ma lui non è
mai contento: “Sono un bon da gnente”,
minimizza socraticamente in dialetto.
A sentire lui, di 30 anni di lavoro salva
due realizzazioni: la sua casa a Pantelleria, finita su tutte le più prestigiose riviste del settore, e l’azienda che sta costruendo a 21 metri sottoterra a Schio,
per Ambrogio Dalla Rovere.
Naturalmente c’è molto di più. Basti
pensare al progetto per la nuova sede
dell’Assindustria, che sta realizzando assieme a Rafael Moneo ai Giardini Salvi.
Se andrà in porto (“e il Comune sarebbe
sciocco a perdere questa occasione”)
sarà uno dei pochissimi segni di architettura contemporanea a Vicenza, forse
il primo da mezzo secolo a questa parte.
La verità è lui e il suo lavoro sono una
cosa sola: ha fondato il suo studio che
era appena divenuto maggiorenne. Ma,
attenzione: la voglia di vivere era tale
che lo è diventato a 20 anni, con l’emancipazione legale, quando la maggiore età arrivava solo a ventuno. Oggi, dopo aver toccato i territori della grafica e
dell’arredamento, da 13 anni dello studio è contitolare assieme al fratello
Franco, architetto. Quindici dipendenti
a Vicenza, sei a Milano. Presto dall’oasi
di contrà S. Marco si sposterà nella sede
dell’ex tipografia Rumor, a ponte Pusterla. E Albanese ha già pensato a uno
“studio aperto” a tutti: agli studenti, prima di tutto, per mettere a disposizione la
sua biblioteca di ottomila volumi.
“Non ho mai considerato la mia professione qualcosa di diverso da un’impresa”, dice. Ma lui sull’impresa ha idee un
po’ diverse dal comune sentire: “Non è
importante far numeri e fatturati, ma
creare una qualità alta”. Come? La ricetta si chiama “ricaduta di benessere”.
“La competizione non è solo la capacità
In apertura,
un interno e uno
scorcio dell’esterno
della residenza
che Flavio Albanese
ha realizzato a Pantelleria
ristrutturando
dei “dammusi”,
tipiche costruzioni
del posto.
Qui a fianco,
Flavio Albanese.
41
PERSONAGGI
42
di fare bilanci. Un’azienda deve puntare
a redistribuire un diffuso benessere dentro e attorno a sé, come fossero spore.
Altrimenti diventa solo narcisismo”.
Sarà anche per questa sua capacità innovativa che Flavio Albanese è stato eletto
presidente della sezione Terziario Avanzato dell’Assindustria vicentina. Ma la
sua bandiera l’ha piantata... a 21 metri
sottoterra, a Schio: “Sette piani di fabbrica interrata, completamente automatiz-
to e Paola di Liegi (che una volta, per restare nel suo dammuso si sono dimenticati perfino di andare a cena da Amedeo
di Savoia) e una schiera infinita di personaggi: Megan Gale, Sting, Eric Clapton, Monica Bellucci, i Benetton, Deborah Compagnoni, Gerard Depardieu,
Carole Boquet, Giorgio Armani, Ornella
Muti, Rupert Everett, Claudia Cardinale,
Leopoldo Pirelli, Gae Aulenti, il ministro
Vincenzo Visco, Achille Bonito Oliva,
zata. Non c’era da risolvere un problema
architettonico, ma di sviluppo sostenibile. L’idea me l’ha data Andrea Zanzotto,
qaundo ha denunciato l’occupazione del
Montello da parte delle industrie Benetton. Lembi vivi di pelle sottratti al territorio. Mi sono detto: bisogna pensare a
un altro modo di costruire fabbriche”. Il
suo orgoglio è già remunerato: un altro
industriale, Vicentini, ha deciso di seguire la stessa strada… sotterranea per realizzare una nuova fonderia a Schio.
Dal profondo Nord al profondo Sud. A
Pantelleria Albanese non è andato a far
sfoggio di ricchezza o a organizzare feste
per il jet - set. Certo, a casa sua sono
ospiti abituali i sovrani del Belgio, Alber-
Madonna. E via elencando all’infinito,
con feste da 300 persone a botta.
Ma a Pantelleria Albanese ha fatto un
investimento per tutta la comunità. A
Gelkhammar ha costruito un teatro dove
si svolgono spettacoli teatrali e ogni estate un festival di cinema. Tutte anteprime, tutto gratis. Non c’è una sedia, solo
tappeti. Giorgio Armani, che credeva di
avere un posto riservato in prima fila,
quando s’è trovato in fondo a tutti perché è arrivato in ritardo, se n’è andato
piccato. Hanno anche litigato, i due:
“Ma nel mio teatro non ci sono privilegi”, ricorda Albanese.
Può succedere perfino che Gerard Depardieu in quel teatro o a cena a casa
sua improvvisi per tutti il monologo del
“Cyrano”, oppure che Jo Fennis
(“Shakespeare in love”) organizzi un
estemporaneo “Romeo e Giulietta”.
“Merito mio? Certo che no – glissa Alba-
nese – Sono i luoghi che suggeriscono le
opere”. E ricorda la lezione dell’architetto greco Eupalinos: “Ci sono edifici che
cantano, altri che parlano, altri ancora
che ragliano, perché possono avere dentro l’anima, il pensiero o il nulla”.
E Vicenza? La palladiana, immobile Vicenza? “Ha un ego grande come quello
suggerito dalle opere di Nietzsche o Wagner – risponde Albanese – Ma poi fa i
conti della serva. Il suo errore maggiore è
quello di ritenere che il passato sia il capitale più importante che abbia. Ma non
si può vivere capitalizzando il passato. È
come il dio Kronos che mangia i figli per
paura che diventino grandi e importanti.
A ragionare così, Vicenza diventa solo
una città impotente a produrre il nuovo.
E confonde la contemporaneità con il
piccolo colonialismo che arriva da fuori”.
Albanese ricorda ancora i fasti del Festi-
val Mozart: “L’unico investimento culturale della città in questi anni. È stato l’unico momento in cui, ogni giorno, il Festival Mozart e Vicenza avevano un bollo
su “Repubblica”. Non lo dice, ma è successo anche per merito suo, che aveva
aperto le porte di casa agli incontri più
vari: “Un giorno c’erano la Zimmermann, la Gasdia e la Ricciarelli che provavano assieme, ognuna in un angolo
diverso. Celestiale”.
Dica la verità, ma a uno come lei, che gira abitualmente dalla Mauritania ad organizzare opere di Enzsemberger fino a
New York ad incontrare uno dei guru
In queste pagine, una serie di
istantanee con alcuni dei
personaggi e degli artisti
frequentati da Albanese
e ospitati a Pantelleria.
Da sinistra verso destra:
della beat generation, non pesa non essere chiamato architetto? Albanese sorride
e alza le spalle: “L’importante è lavorare
bene. E poi non sono l’unico a non avere
quel pezzo di carta…”. Già, è in buona
compagnia. Lui non lo dice, ma anche
Frank Lloyd Wright, Carlo Scarpa e Le
Corbusier non erano laureati….
Flavio Albanese con Monica
Bellucci; Alessandra e Fabrizio
Ferri; il cantante Sting con
tutta la famiglia; Albanese e
Deborah Compagnoni
con i cuochi della casa;
Gerard Depardieu e Carole
Bouquet; Albanese con
Claudia Cardinale (qui sopra)
Antonio Di Lorenzo
e con Eric Clapton (sotto).
Il risveglio
del gigante
GIRO
DEL MONDO
Un mercato caratterizzato
da alti e bassi
44
Vicentini
con la valigia.
La Russia sta
riprendendo
ad essere
un mercato
interessante
e in crescita.
Su cui già più di
qualche azienda
vicentina
sta puntando.
S
i dice Russia, s’intende Mosca.
Passano i secoli, cambia la storia,
ma quella città sulla Moscova fondata
nel 1156 dal principe Suzdal’ Juri
Dolgorukij, è sempre protagonista.
Mosca la Santa, Mosca la Bianca, Mosca la Rossa. Quella del socialismo
reale e della Perestroijka: sempre lei a
scrivere la storia russa, poiché è in
questa città che si respira la cultura
della russia eterna, che si concentra il
mondo degli affari.
È di fronte al Museo Puskin, a pochi
minuti dalla mitica Piazza Rossa, che
la Caoduro, l’azienda di Monticello
Conte Otto che produce lucernari, ha il
suo ufficio di rappresentanza. Una
struttura leggera: quattro addetti in
grado di rispondere alle esigenze di un
mercato ancora in larga parte concentrato su Mosca.
I primi contatti dell’azienda con il mercato russo risalgono alla fine degli anni
Ottanta. Ricorda Carlo Caoduro, amministratore delegato dell’azienda: “Allora si andava a Mosca per far fronte a
commesse spot; poi, sull’onda di queste
singole esperienze, abbiamo maturato
l’idea di insediare a Mosca una nostra
struttura stabile, che ha iniziato ad
operare nel ‘98”.
L’attività della Caoduro in Russia è
centrata sulle coperture trasparenti di
moderni centri residenziali, di grandi
strutture commerciali (come il trade
center lungo la Moscova) e alberghiere.
“Un segmento, quest’ultimo, in espansione visto il trend crescente del flusso
turistico verso la Russia”. Quanto all’edilizia industriale, il mercato russo appare invece ancora bloccato: “Ma ritengo che questo sia uno step ragionevolmente ravvicinato – dice l’industriale
vicentino – e capace di aprire interessanti opportunità anche alle piccole e
medie imprese di casa nostra”.
Della stessa opinione è anche Adamo
Dalla Fontana, amministratore delegato della BDF, l’azienda di Vicenza
(190 dipendenti) leader nella produzione di macchine e impianti per ve-
tro cavo. “Ho conosciuto la vecchia
Unione Sovietica e conosco ora la
Russia, visto che operiamo in quel
paese da una ventina d’anni – dice
Dalla Fontana –. Certo, siamo di
fronte ad un mercato che ha vissuto e
vive alti e bassi: in alcuni momenti
premia e in altri frena qualsiasi entusiasmo. Ai periodi buoni, verso la fine
degli anni Ottanta, è seguito un lungo
periodo di stasi. Ma da quest’anno il
trend di commesse con la Russia è
nuovamente in crescita. Dopo la fase
delle privatizzazioni selvagge e incon-
cludenti, dopo il calvario del rublo,
credo che il sistema russo sia oggi
nuovamente pronto ad investire in beni strumentali, in tecnologia”.
Una prospettiva, questa, che la BDF intende cogliere appieno aumentando
l’organico del proprio ufficio di rappresentanza a Mosca, per ampliare gli
orizzonti sui quali muoversi. “La Russia degli affari oggi non è più solo Mosca – osserva Dalla Fontana –. San Pietroburgo e Rostov, per fare alcuni
esempi, sono aree di estremo interesse
che devono essere seguite da vicino. Da
Un dinosauro in un mondo di canguri
La domanda è: sta realmente cambiando, la
Russia? Sì e no. Non c’è dubbio che le grandi
città, Mosca e San Pietroburgo, si siano occidentalizzate nell’aspetto esteriore (recuperi edilizi,
vie e quartieri che sembrano mutuati dalle grandi capitali europee, maggiore pulizia ovunque,
supermercati forniti), ma all’interno, nelle piccole
città e soprattutto negli enormi territori di campagna, l’arretratezza è ancora tanta. Sotto il comunismo tutti avevano un minimo di disponibilità economica (tenuto conto che casa, scuola e
sanità erano garantiti dallo Stato) ma non avevano niente da comprare, tutto era tesserato.
Adesso le file sono sparite e i negozi sono pieni di
roba, però non ci sono i soldi. Un’incongruità.
La gente non è entusiasta del nuovo stato di
cose. Non arriva a dire che stava meglio quando stava peggio, ma qualche perplessità ce
l’ha. Gorbaciov in Russia è sempre stato malvisto: troppo occidentalizzato per un popolo comunque nazionalista. Eltsin, dicono in tanti,
ha lasciato solo danni. Ora Putin potrebbe
piacere con la sua scommessa politica, che
punta a ripristinare un potere forte centralizzato che diriga lo sviluppo del paese.
La Russia è in pieno guado verso il cambiamento. Ma quello che sta attraversando non è
un fiumiciattolo, è uno dei maestosi e lenti fiumi russi. Ci vorrà ancora tempo per arrivare
dall’altra parte.
Forse una democrazia compiuta, come la intendiamo noi, in quel paese non ci sarà mai,
per motivi storici, atavici. Così come atavica è
la lentezza con cui tutto accade e tutto si fa, in
Russia. Una cosa che non sta in valigia ma che
occorre portarsi dietro quando si va in Russia è
la pazienza. Bisogna adeguarsi ad un concetto
di tempo diverso dal nostro, dilatato, relativo.
La Russia cambierà davvero quando non sarà
più permeata a tutti i livelli (militare, politico,
economico, sociale) da quella mentalità fortemente burocratica che oggi ne fa un dinosauro
in un mondo di canguri.
Stefano Tomasoni
In apertura,
la chiesa
della Resurrezione,
detta anche
del Sangue Versato
o del Salvatore,
a San Pietroburgo
45
DEL MONDO
GIRO
46
qui il nostro impegno anche in termini
di personale addetto specificamente al
grande mercato russo”.
In questo inizio di millennio, dunque,
lo scenario russo che si configura dal
racconto di chi opera direttamente in
loco è positivo. Lontano è insomma il
ricordo di quel 17 agosto ‘98, che ha
minato la Borsa, impoverito il paese
con il tracollo del rublo, evidenziato i
limiti di un sistema politico ed economico incerto e complesso.
Un mercato in espansione
che apprezza il made in Italy
Molto attiva nel mercato russo, dove è
presente fin dai primi anni Novanta, è
anche la EffeBi-Barausse di Monticello
Conte Otto, azienda leader nella produzione di porte in legno.
“Dal ‘94 siamo presenti a Mosca con
una rete commerciale, che oltre alla
Russia copre l’area area della CSI –
afferma Nazareno Barausse, amministratore delegato dell’azienda –. La
nostra esperienza in questo mercato è
positiva, in termini di penetrazione
commerciale siamo in continua progressione”.
Quest’anno l’azienda supererà il tetto
delle dodicimila porte vendute in Russia, “ma il trend di crescita non si è
certamente arrestato, a conferma che
la Russia non solo è un mercato in
forte espansione ma è anche sostanzialmente ricco, sa apprezzare il prodotto di firma made in Italy. In questo
contesto – continua Barausse – dopo
aver principalmente puntato sulla
grande area metropolitana di Mosca,
a partire dal 2001 investiremo su
Anche Vicenza Export
in prima fila sulla Piazza Rossa
Sono già cinque anni che il consorzio Vicenza
Export, sostenuto direttamente dall’Assindustria, ha aperto un suo ufficio di rappresentanza a Mosca. Una sede in pieno centro a Mosca,
e con una dozzina di persone (tutte russe con
padronanza di tre lingue) che vi lavorano a
tempo pieno per supportare le aziende vicentine, sia quelle presenti in Russia con propri uffici, sia quelle che hanno specifiche necessità.
“L’ufficio è diventato oggi una delle più significative presenze italiane organizzate nella capitale russa – dice Alberto Zamperla, presidente
di Vicenza Export –. È una struttura che consente agli imprenditori di acquisire e ottimizzare conoscenze, competenze e servizi. La mia
azienda (che produce attrazioni per parchi di
divertimento, n.d.r.) aveva cercato di inserirsi
nel mercato russo ancora ai tempi dell’ex Urss,
ma gli inizi non erano stati facili. Dopo i primi
tentativi il fatturato era nullo. Ma abbiamo
continuato a lavorare, e dopo tre anni le vendite ammontavano già a due milioni e mezzo
di dollari”.
La scelta di sbarcare a Mosca, per Vicenza Export,
fortemente voluta dall’allora presidente del consorzio, Artenio Fabris, si è rivelata giusta sia perché è cambiata radicalmente la situazione lavorativa e le grandi imprese statali
stanno lasciando spazio alle piccole attività,
sia perché i grandi gruppi stranieri hanno lentamente ridotto la loro rappresentanza e possono esserci così molte opportunità per le piccole imprese esportatrici. A patto che abbiano
un minimo di supporto organizzativo.
“Quello russo è dunque un mercato buono per
l’economia produttiva vicentina, caratterizzata
principalmente da piccole imprese – osserva
Zamperla –. Grazie al consorzio, queste piccole imprese che da sole incontrerebbero difficoltà a muoversi e imporsi, riescono ad instaurare validi rapporti e a creare buone occasioni
di scambio”. (s.t.)
un’altra realtà importante, come è
quella di San Pietroburgo”.
A San Pietroburgo guarda anche la
Pfm, azienda di Torrebelvicino specializzata nella produzione di macchine
per imballaggio. Grazie ad un accordo
con una ditta pietrobughese, la Pfm ha
dato vita alla Merpasa, società che assembla macchinari destinati prevalentemente al settore alimentare.
“Nella strategia dell’azienda, che già
conta delle appendici estere in Gran
Bretagna e Canada – sottolinea Daniele Fioravanti, responsabile dell’area
Europa Centro orientale –, la presenza
in Russia attraverso questa struttura di
assemblaggio a San Pietroburgo è molto importante: in tempi rapidi e con costi doganali ridotti andiamo a soddisfare un mercato che sta attraversando un
deciso trend favorevole. Con il rublo
sostanzialmente stabile e i vantaggi
scaturiti dalla vendita del petrolio, l’economia russa sta uscendo dal tunnel
della crisi, con potenzialità enormi,
strutturali e non effimere”.
47
Qui sopra,
la sede moscovita
di Vicenza Esport.
Nella pagina a lato,
sopra un intervento
della Caoduro
per la copertura
di un centro commerciale
a ponte sulla Moscova;
sotto, un impianto
dell’azienda avviata
dalla BDF in Russia,
a Novocherkassk,
Maurizio Mascarin
nella regione di Rostov.
SOCIETÀ
E
CULTURA
La guerra
e la memoria
48
Ci siamo
lasciati
alle spalle
il secolo delle
due guerre
mondiali.
Arriva
opportuno,
in questa fase
di passaggio,
il volume
“1915-1918.
La guerra
sugli altipiani.
Testimonianze
di soldati
al fronte”,
curato
da Mario
Rigoni Stern.
Un’occasione
per rinsaldare
la memoria
di ciò che
quel conflitto
significò per
la nostra terra.
F
u, in principio, chiamata la Grande Guerra perché mai, prima di
allora, un conflitto aveva raggiunto simile violenza, coinvolgendo nazioni e
popoli. A mano a mano che si estendeva su tutta la Terra venne chiamata
Guerra Mondiale, ora, dopo che dal
settembre 1939 divampò un’altra gigantesca conflagrazione, Prima Guerra Mondiale. A ottantadue anni dalla
sua conclusione gli storici ci presentano questi avvenimenti con maggiore
chiarezza; molti documenti ritenuti
prima segreti sono resi accessibili; sono pure scomparsi i grandi protagonisti che più o meno avevano qualcosa
da celare, o esaltare fatti e avvenimenti a loro convenienti; valore storico
nuovo hanno anche i diari, le corrispondenze, le testimonianze avute da
coloro che la guerra l’avevano vista
“dal basso” e che in quegli anni avevano pagato altissimo prezzo.
Ora, per i luoghi dove la Grande
Guerra e passata, sulle montagne disabitate specialmente, rimangono ancora
i segni come profonde cicatrici che gli
anni e le forze della natura non riescono a cancellare. Sono li, ben visibili,
per ricordare e far riflettere. E ci sono
gli ossari e i cimiteri dove sono raccolte le spoglie di milioni di soldati; sterminate pianure e remote montagne
dove la terra ha accolto e dissolto nel
tempo migliaia e migliaia di caduti.
Non dimentichiamo tutto questo. […]
Se due erano gli eserciti che si fronteggiavano, due erano anche le concezioni strategiche generali. Cadorna, il comandante supremo dell’Esercito Italiano, aveva deciso di sferrare il suo
attacco sul fronte del medio e basso
Isonzo e da qui aprirsi la strada verso
Lubjana e il cuore dell’Austria. Il Maresciallo Conrad, capo di Stato Maggiore dell’Esercito Austro-Ungarico,
secondo un suo vecchio progetto, voleva invece scendere dagli Altipiani nella pianura vicentina, dilagare, quindi
prendere alle spalle la massa del nostro esercito schierata ad oriente costringendo l’Italia alla resa.
Ma non si apriva “la porta” del Carso.
Dal 1915 al 1917 brigate e brigate di
fanteria italiane si dissanguavano contro le difese del Monte Sei Busi, del
San Michele, Podgora, Sabotino e sulla Bainsizza in battaglie che non davano risultati confacenti allo sforzo, che
richiedevano, invece, sacrifici e fatiche
esasperanti che logoravano il morale
delle truppe. Cadorna non aveva giocato sul tempo quando, appena dichiarata la guerra, quelle difese avversarie non erano ancora saldamente
fortificate e guarnite.
L’ostinazione degli attacchi frontali e
il voler ignorare le nuove tattiche che
sugli altri fronti europei gli eserciti
avevano adottato, portarono a quell’assurdo delle “spallate sull’Isonzo”.
Aldo Valori, nostro storico attento, nel
suo importante saggio scritto nel
1920, La guerra italo-austriaca 19151918, così scrive: «...L’errore fondamentale era fortunatamente compensato dall’altro errore fondamentale del
nemico, di applicare il principio “della resistenza per la resistenza” ed il risultato dei due errori era quello dell’assurdo strategico che prende il no-
Memorie di guerra
dal Pasubio al Brenta
Mentre inizia (per davvero) il nuovo millennio, ci lasciamo alle spalle il
secolo delle due guerre mondiali. Guerre che hanno segnato profondamente il pianeta, i suoi equilibri geopolitci, ma anche la storia dei popoli.
Capita dunque più che opportuno, a chiusura del XX° secolo, il volume
“1915-1918. La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati dal
fronte”, curato dallo scrittore Mario Rigoni Stern per “dare memoria alle
giovani generazioni di quanto accadde fra Pasubio e Valle del Brenta, i
luoghi dove la Grande Guerra si è manifestata in tutta la sua asprezza”.
L’opera, edita dalla casa editrice Neri Pozza e promossa dalla Banca
popolare di Vicenza, è un ricco volume di oltre 700 pagine che raccoglie, come dice il titolo, una gran mole di testimonianze dirette dal
fronte, scelte da Rigoni Stern. Si tratta di testi non solo di grandi scrittori, ma anche di semplici cittadini e soldati, di storici dell’epoca e di
qualche generale che aveva responsabilità di comando.
L’opera è arricchita da una prefazione del presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi. “Questa raccolta di scritti, scelti per la loro qualità di vivida, diretta testimonianza – dice Ciampi – indurrà i giovani
di oggi a un’intensa riflessione. Colpisce, nel leggere queste testimonianze di sopravvissuti, la genuinità dei sentimenti patriottici da cui
molti di quei giovani erano animati”.
In queste pagine pubblichiamo ampi stralci della nota con la quale
Mario Rigoni Stern apre l’antologia.
49
CULTURA
E
SOCIETÀ
50
Nella lunga foto
che corre in queste
e nelle pagine precedenti,
l’intero panorama
della conca di Asiago
dall’osservatorio
di Kaberlaba nel 1915.
Nella pagina a lato,
bersaglieri in trincea
a Cima Echar,
giugno 1918.
A pag. 54,
Asiago alla fine
della guerra:
si riprende a vivere.
me di “guerra di logorio”, che richiedeva sacriflci e fatiche ben più esasperanti per la loro continuità e sterilità, che non esigesse qualsiasi guerra
manovrata». […]
Nel 1917 ripresero sul Carso le battaglie caparbie e inutili che, ormai, venivano numerate progressivamente.
Eravamo giunti all’undicesima. Anche
sull’Altipiano, in quell’anno, venne
eseguita quell’azione offensiva che va
sotto il nome di “Battaglia dell’Ortigara”. Furono sacrifici immensi sopportati dal soldato italiano, ma anche
dagli avversari, senza giungere a nessun risultato.
Pure sugli altri fronti europei, all’est
dove si fronteggiavano gli Imperi
Centrali e la Russia degli zar, all’ovest
dove inglesi e francesi contrastavano
l’esercito del kaiser Guglielmo I, la
Grande Guerra mieteva vite a migliaia di migliaia. Il 15 agosto del
1917 il pontefice Benedetto XV faceva pervenire una Nota alle Potenze
belligeranti dove con parole accorate
le invitava a ritrovarsi per «un giusto
accordo di tutti» e ragionare e discutere attorno a otto punti che proponeva, «...e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno di più
apparisce inutile strage».
Questo invito ebbe larga risonanza;
ma più che nella mente dei governanti e dei generali giunse al cuore
dei combattenti. Ebbero pure eco le
voci di rivolta che giungevano dalla
lontana Russia, dove era scoppiata la
rivoluzione con la proclamazione dei
Soviet e si invitavano i proletari di
tutto il mondo a buttare le armi e i
Governi alla cessazione immediata
delle ostilità.
Ma anche se gli eserciti erano fisicamente spossati, su tutti i fronti si continuava a combattere. Alla fine di ottobre, su quello italiano, vi fu il tragico “Caporetto”: il giorno 24 con violentissimo bombardamento e con immissione di gas mortali, ben preparate
forze austro-tedesche sfondarono le
nostre linee nell’Alto Isonzo e dilagarono, travolgendo le nostre difese. Fu
una sconfitta che in pochi giorni portò
tedeschi e austriaci a occupare Cividale e Udine: tutto il fronte dell’Isonzo
crollò. Il nostro esercito perse quasi
seicentomila uomini e quasi tutto il
materiale. A episodi di cedimento e di
sbandamento si accompagnarono altri
di resistenza fino alla morte. Ma non
fu una disfatta, fu una battaglia perduta e più che scaricare la colpa sui
soldati per mancata volontà di battersi, la causa si dovrebbe imputare alla
pochezza di certi comandi. La ritirata
si fermerà al Piave dove, poi, comincerà la riscossa.
Ma intanto cinquecentomila profughi
dalle terre invase del Veneto furono
costretti a lasciare case e beni per vagare in cerca di un tetto, ma anche di
cibo e di un sorriso pietoso. Questa dei
profughi è una storia apparentemente
piccola e poco conosciuta nella storia
della Grande Guerra, eppure dolorosa
e dura: molti di questi profughi - donne, bambini, vecchi moriranno lontano dalle loro case per stenti e per l’epidemia di febbre spagnola che, nel
51
1918, imperverserà tra i più deboli e i
più provati. Ma sorte ancora peggiore
ebbero coloro che - per non abbandonare i loro focolari subirono l’occupazione del nemico.
Già nel 1916, però, tutte le popolazioni dell’Altipiano dei Sette Comuni e
delle valli confinanti dovettero abbandonare le loro case che stavano rovinando sotto i bombardamenti. Le
strade dei profughi furono molto ama-
SOCIETÀ
E
CULTURA
“Sui vivi e sui morti cade la prima neve…”
52
Dal libro “1915-1915 La
guerra sugli Altipiani”, ecco
un brano tratto dal capitolo
“La ricostruzione dell’Altipiano di Asiago” di Mario
Rigoni Stern.
“S
ui vivi e sui morti cade
la prima neve a coprire
pietosamente le miserie della
guerra che ancora, dopo un anno dalla fine, persistono sull’Altipiano. In questa atmosfera il 16 novembre ci sono le
elezioni politiche. Con non poche difficoltà sono state rifatte
le liste elettorali che l’incendio
del 1916 aveva distrutte; con
non poca fatica e tanta volontà
è stato possibile allestire i quattro seggi nell’ex ospedale di via
Cinque. Le schede arrivano poche ore prima dell’apertura dei
seggi. Gli iscritti, nel Comune
di Asiago, sono 2497 ma soltanto 901 saranno i votanti; alcuni erano già ritornati in pia-
nura perché non si sentivano di
trascorrere l’inverno in quelle
condizioni, altri, i più, erano
ancora profughi per l’Italia o
soldati ancora in servizio. 859
voti andarono al liberale Brunialti, 29 ai popolari di don
Sturzo, e 6 ai socialisti.
Il dicembre si presenta molto
freddo, secco e ventoso. Da Foza, quasi tutti i profughi che in
primavera erano ritornati pieni
di speranza, sono costretti a ridiscendere al piano. Anche i lavori che erano stati iniziati si
fermano. Sul colmo del duomo
di Asiago era stato issato l’abete augurale forse troppo in fretta: ora è lì, nel vuoto del cielo
freddo che si intravvede tra le
capriate del tetto.
Anche se alla fine del 1919
sull’Altipiano sono duecento le
baracche-osteria e solo quattro
le baracche-scuola, anche se si
spara non certamente a salve
per festeggiare l’arrivo del
1920 (in tutti gli angoli si possono raccogliere armi efficienti), e molti (che magari la
guerra non l’hanno fatta o
profughi non sono) criticano
quest’aria sregolata, festosa,
confusa e di rivolta a una disciplina imposta che sempre
ritroviamo nei dopoguerra,
malgrado tutto questo, si vuole
rinascere e ricostruire. […]
Il 7 gennaio 1920, dopo che la
Befana ha messo nella calza
dei bambini una mela vizza,
quattro castagne, due caramelle e un mandarino, si riprende
l’istruzione elementare. Sono
quattro classi che ad Asiago il
direttore Carli e il maestro Andrea Pesavento riescono a far
funzionare nell’edificio dell’ex
ospedale civile, dove hanno
pure trovato posto l’ufficio postale e un paio di uffici comunali. Coperti da indumenti militari riaccomodati dalle madri, con ai piedi scarponi spropositati o sgalmare, con i geloni alle mani e ai piedi, nelle
aule malamente riscaldate con
stufe da campo, con l’inchiostro che gela nei calamai, i primi ragazzi, quelli che avevano
provato l’amarezza e la sofferenza dei profughi e superato
l’epidemia di febbre spagnola,
si ritrovano con allegro impegno a scrivere sui quadernetti
che l’Eulalia Stern e Cristiano
Fossa erano riusciti a far arrivare nelle loro baracche-bazar
da Thiene o da Bassano”.
re e dolorose e non sempre, non sempre, questi montanari vennero accolti
con fraterna comprensione e pietà.
La “Battaglia d’arresto” dall’Altipiano al Grappa e al Piave si prolungò
per due mesi (novembre-dicembre)
con alterne vicende. Le Armate degli
Imperi Centrali non procedettero oltre, ma ottantadue anni fa, al principio dell’estate, dopo meticolosa preparazione, venne scagliata quell’offensiva che avrebbe dovuto porre fine all’ormai troppo lunga guerra con
la vittoria definitiva avverso “la fedifraga Italia”.
Dall’Altipiano al Grappa e sul Piave
gli austroungarici avevano schierato
divisioni e divisioni di truppe scelte e
seimila cannoni, migliaia di lanciabombe e lanciafiamme. Ma dopo Caporetto l’esercito italiano era stato
rinnovato; il generalissimo Cadorna
venne sostituito con il generale Diaz;
anche altri alti comandi cambiarono
i generali; venne migliorato l’armamento e in particolare l’artiglieria.
Ma soprattutto venne migliorato il
trattamento ai soldati: non più visti
come grandi masse da mandare all’assalto fino all’esaurimento dei reparti, come già sul Carso e sull’Ortigara, ma uomini, cittadini da trattare come tali.
Mai, come avvenne in quella “Battaglia del solstizio” il morale dei nostri
era così alto e i soldati aspettarono con
serena fiducia il grande scontro: ora
non c’erano terre da conquistare ma il
suolo della patria da difendere.
Per gli avversari fu la vera grande
sconfitta. La “Battaglia di Vittorio
Veneto” venne quattro mesi dopo ma,
ormai, la tragica partita poteva dirsi
decisa. Nella relazione dello Stato
Maggiore austriaco si legge: «Colla fine così dolorosa della battaglia di
giugno, comincia il crollo dell’Esercito austro-ungarico e della Monarchia
danubiana».
Poi, finalmente, venne la pace. Restarono i caduti da seppellire, paesi e
città distrutte da ricostruire e se per i
profughi fu doloroso l’abbandono,
straziante fu il ritorno. Che non fu
per tutti.
Ora, i pronipoti di coloro che soffrirono il dramma di quegli anni, camminano gioiosi lungo “I sentieri della pace” che in molti Paesi d’Europa attraversano i campi di battaglia della
Grande Guerra. Sui nostri monti ci sono molti luoghi dove ancora sono evidenti i lavori campali: trincee, gallerie,
postazioni, camminamenti, mulattiere
e strade. Ormai i residuati bellici sono
stati raccolti dai recuperanti: i nostri
montanari che dopo aver combattuto
per vivere fecero quel drammatico mestiere che ci permette ora di andare
senza pericolo sui campi di battaglia.
Ogni tanto pezzi di reticolato o schegge di bombe, oggetti che furono dei
soldati ma anche ossa di caduti riaffiorano dal terreno dopo i temporali e
allo sciogliersi della neve a primavera.
Lo scopo di questo libro è di dare memoria alle giovani generazioni di
quanto accadde tra Pasubio e Valle del
Brenta, i luoghi dove la Grande Guerra si è manifestata in tutta la sua
asprezza dal 24 maggio del 1915 al 4
novembre 1918.
Mario Rigoni Stern
53
RUBRICHE
ASSOFLASH
54
Alvise Ziche presidente
della sezione Moda
Industria
Cemento, gesso
e prefabbicati:
Gianluca Pertile presidente
Alvise Ziche, consigliere della
Franco Ziche di Thiene, azienda
che produce maglieria esterna
per uomo e donna, è il nuovo
presidente della sezione Moda
industria dell'Associazione industriali. Subentra a Giovanni Battista Guidolin. Ziche, esponente
della nuova generazione della
nota famiglia imprenditoriale
thienese, potrà contare per il
prossimo biennio sulla collaborazione del confermato vicepresidente Giuseppe Visonà Dalla
Pozza (Vida, Valdagno) e dei
consiglieri Paolo Bastianello
(Marly’s, Arzignano), Fabio
Bianco (Merilisa, Dueville), Giovanni Battista Guidolin (Guiconf, Mason vicentino), Francesco Pronio (Vera da Pozzo, Thiene), Silvano Ravazzolo (Confrav,
Grumolo delle Abbadesse), Valeria Sartori (Maglificio Sartori,
Schio), Silvia Stein Bocchese
(Miles, Vicenza) e Francesco Viero (Marfur, Noventa Padovana).
La sezione Moda industria unisce
circa centocinquanta aziende vicentine associate – per lo più di
piccole e medie dimensioni – appartenenti ai settori dell'abbigliamento e delle confezioni, della
maglieria, della pelletteria e delle
calzature. Un numero che ne fa
la seconda sezione più numerosa
dell'Associazione dopo quella
delle industrie meccaniche.
Gianluca Pertile è il nuovo presidente della sezione manufatti in
cemento, gesso e prefabbricazione. Pertile, che è alla guida della
Esse Solai di Dueville, succede a
Luigi Sterchele, giunto a conclusione di mandato.
Vicepresidente è stato nominato
Renato Munaretto (F.lli Munaretto-Divisione Summania Beton, Zanè). A completare il consiglio direttivo sono Adriano Dal
Santo (Dal Santo F.lli, Marano
Vicentino), Giangiacomo Galuppo (Beton Rapid, Vicenza) e il
past president Luigi Sterchele
(Sterchele, Isola Vicentina).
Conferma per Francesco
Battistella a Valdagno
Francesco Battistella, presidente
della Amer di Valdagno, è stato
confermato all’unanimità presidente del Raggruppamento di
Valdagno dell’Associazione anche per il prossimo biennio.
Intervenendo all’assemblea che
lo ha rieletto, Battistella ha posto
l’accento sull’importanza di lavorare in gruppo e in sinergia,
non solo a livello di Raggruppamento, ma anche a livello di vallata, in uno spirito di collaborazione tra pubblico e privato.
Nasce “La Bussola”,
una guida all’istruzione
vicentina
Si chiama “La Bussola” ed è una
vera e propria “guida Michelin”
all’orientamento scolastico per
tutti i ragazzi della provincia che
finiscono la terza media e devono scegliere a quale scuola superiore iscriversi. La “Bussola” è
stata voluta dall’Associazione industriali, che ha finanziato l’iniziativa insieme con Cariverona,
Rotary club vicentini e Amministrazione provinciale, ed è stata
realizzata concretamente da un
gruppo di presidi che ha raccolto
i dati, li ha organizzati e li ha
proposti in questa nuova e originale pubblicazione.
“La Bussola” è una guida ragionata e articolata su tutto il panorama dell’istruzione secondaria
provinciale: non solo quali scuole
ci sono e dove, ma anche quali
sono le materie insegnate, quali i
mezzi di trasporto per raggiungere i plessi scolastici, se c’è la
mensa e altro ancora. La guida è
stata stampata in diecimila co-
pie, ottomila delle quali inviate a
tutti i ragazzi che concludono la
terza media e devono iscriversi
alla scuola superiore.
Tesi sull’economia
vicentina: vince il lavoro
interinale
La 23°edizione del Premio per
tesi di laurea sull’economia
vicentina, organizzato dall’Associazione in collaborazione con la Fondazione Cariverona, ha assegnato il primo premio a Riccardo Novella, laureatosi con una tesi sul
tema “Precario e flessibile il lavoro del futuro? Un’indagine
nel mondo della cooperazione e
del lavoro interinale”.
La giuria ha assegnato poi tre secondi premi ex aequo, andati a
Valter Antonello (“Il vantaggio
competitivo sostenibile nel settore
della pelletteria. Il caso Francesco
Biasia Spa”), ad Alessandro Fogo
(“LEGO Spa. La quotazione in
borsa di una piccola e media impresa”) e a Martina Gianecchini
(“Governance e sviluppo organizzativo nelle piccole e medie imprese”). Nella foto sotto, i
vincitori dei premi.
Il premio per tesi di laurea sull’economia vicentina viene organizzato dal 1978 per favorire gli studi sull’economia vicentina, favorire la qualificazione professionale
dei giovani in materia economica
e intrecciare un rapporto sempre
più diretto tra scuola e industria.
le quali hanno realizzato lo stage.
Il corso di “laurea breve” in ingegneria chimica conciaria è stato
avviato in questi anni all’interno
del programma di corsi dell’Università di Vicenza ed è stato sostenuto attivamente dalla sezione
concia dell’Associazione industriali con un cofinanziamento dell’Unic.
Un “pacchetto”
finanziario
per lavoratori
stranieri
Ingegneria chimica
conciaria: i primi diplomati
Il corso di diploma (laurea breve)
in ingegneria chimica ad indirizzo conciario ha “sfornato” i primi
due diplomati. Sono Fabrizio Nicoletti, di Trissino, e Stefano
Mantese, di Valdagno (nella foto
insieme con la commissione esaminatrice all’Università di Padova).
I due giovani
neodiplomati
sono già stati
assunti dalle
aziende presso
Per favorire l’accesso dei lavoratori
immigrati al credito e ai servizi bancari, l’Associazione industriali e la Banca Popolare
di Vicenza hanno messo a punto
un pacchetto di prodotti e servizi
bancari specifici studiati proprio
sulla base delle particolari esigenze
dei lavoratori stranieri. Il pacchetto
si chiama “Conto Country”.
L’offerta comprende una serie di
servizi finanziari a trecentosessanta gradi pensati per facilitare
l’approccio e la soluzione dei diversi problemi concreti che si
trova di fronte una persona che
proviene da realtà molto diversi
dalla nostra.
Un programma ad ampio raggio
che guarda sì alla soluzione del
problema abitativo degli immigrati, ma anche a tutti gli altri
problemi quotidiani tipici della
condizione dell’immigrato.
55
RUBRICHE
56
Nuovo servizio per la
contrattualistica on line
L’Associazione ha lanciato un
nuovo servizio on-line dedicato
alla contrattualistica internazionale. Entrando nel sito www.assind.vi.it si trova un banner specifico chiamato “contrattualistica
on-line” attraverso il quale si ha
accesso ad una fonte di informazioni ad ampio raggio: la documentazione legale in linea, le domande e risposte più frequenti
sul tema, le pubblicazioni scaricabili. Questo servizio telematico
si aggiunge al servizio telefonico
già attivo (0444 232609), nel
quale una segreteria telefonica
attiva 24 ore su 24 raccoglie quesiti sui contratti internazionali.
Un progetto
di benchmarking
imprenditoriale
L’Associazione industriali ha
partecipato ad un progetto di
benchmarking imprenditoriale, collaborando ad un programma formativo realizzato
da Isvor Fiat che ha previsto
tra l’altro un seminario per
analizzare metodologie e strumenti del benchmarking. Al
progetto hanno partecipato sedici aziende dell’Italia centromeridionale, che hanno visitato tre aziende vicentine (la Calearo di Isola Vicentina, la
Fiamm di Montecchio Maggiore e la Taplast di Dueville).
RUBRICHE
Osservatorio
58
S
ituazione stabile per l’industria vicentina. La seconda
parte del 2000 non ha riservato
sorprese rispetto al bilancio sostanzialmente positivo con il
quale si era chiuso il primo semestre. Gli indici fondamentali
dell’economia, produzione ed export, sono rimasti pressoché inalterati, mantenendosi su livelli
confortanti e consentendo di
mandare in archivio un anno nel
complesso positivo.
Circa metà delle aziende che hanno risposto all’ultima indagine
congiunturale dell’Associazione,
ha dichiarato aumenti di produzione, mentre il 13% ha segnalato
cali. In leggero aumento è risultato l’andamento delle esportazioni.
Anche le indicazioni sul portafoglio ordini confermano il positivo
momento congiunturale: prosegue la tendenza alla riduzione
della percentuale di aziende con
lavoro assicurato per periodi brevissimi (meno di un mese), e aumenta (di poco) il numero delle
imprese che ha lavoro assicurato
per almeno uno-tre mesi.
Rimane stabile la quota di aziende che segnala ritardi negli incassi, mentre è in diminuzione il numero di imprese che denunciano
tensioni di liquidità.
Una nota bene augurante arriva
anche dall’occupazione, il cui
saldo rimane su valori positivi:
un’azienda su quattro (il 26%)
segnala incrementi nel numero
degli addetti, a fronte del 13%
Imprese operanti in provincia 1999
Attività connesse con l’agricoltura
Estrazione di minerali
Alimentare
Tessile
Abbigliamento
Pelli e cuoio
Legno
Carta, stampa, editoria
Chimica
Gomma e materie plastiche
Lav. minerali non metalliferi
Metalmeccanico
Altre industrie
Energia
Edilizia ed inst. impianti
Commercio
Alberghi e ristoranti
Trasporti
Servizi finanziari
Servizi
Istruzione
Altri servizi pubblici
che dichiara diminuzioni.
Una nota dolente arriva, per contro, dai prezzi delle materie prime
e dei prodotti finiti, che nel terzo
trimestre dell’anno sono risultati
in sensibile incremento: tre aziende su quattro (75% contro il 56%
di fine ‘99) hanno registrato aumenti nei costi delle materie prime, mentre quasi la metà (46%)
ha segnalato prezzi in aumento
15.225
91
858
705
1.263
946
1.005
436
194
414
887
6.141
2.352
27
8.584
17.237
3.216
2.711
1.225
6.454
150
2.956
PRODUZIONE ed EXPORT
Saldi di opinione
60
50
40
PRODUZ.
30
20
10
EXPORT
0
-10
-20
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
per i prodotti finiti.
Le luci, in definitiva, prevalgono
nel complesso sulle ombre. E consentono al mondo imprenditoriale
vicentino di guardare avanti ancora con un certo ottimismo, temperato da qualche incertezza in
più. I dati sulle previsioni di investimento per il 2001 dicono che
in quattro aziende su dieci è previsto un incremento del livello degli investimenti. È peraltro in leggero aumento (al 21%) anche il
numero di imprese che non ha in
programma per i prossimi dodici
mesi alcuna spesa.
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
PRODUZIONE
3º trimestre 2000
Saldi di opinione
32
Meccanico
35
Tessile
36
Conciario
65
Mat. plastiche
33
Mobile
14
Orafo
42
Alimentare
57
Abbigliamento
0
10
20
30
40
50
60
70
20
Il quadro dei conti economici
Bilancio economico nazionale
(variazioni % annue a prezzi costanti)
1995
Pil
1996 1997
1998
2,9
1,1
1,8
1,5
Importazioni
10,4
-0,3
10,2
Esportazioni
12,7
0,6
6,5
Consumi famiglie
1,7
1,2
Investimenti fissi lordi
6,0
3,6
TASSI UFFICIALI A CONFRONTO
Tassi di sconto e/o d’intervento;
valori %
1999 2000
(1)
2001
(1)
1,4
2,8
2,9
9,1
3,4
8,5
7,5
3,3
-0,4
9,5
6,8
3,0
2,3
1,7
2,1
2,5
1,2
4,1
4,4
7,0
7,0
Prezzi al consumo
gen. 1999
dic. 2000
Usa
4,50
6,00
Giappone
0,50
0,50
Germania
5,4
(crescita% annua)
3,9
1,7
1,8
1,7
2,3
Francia
40,6
60,8
55,0
37,8
11,7
-3,1
3,00
4,75
(*)
3,00
4,75
(*)
3,00
4,75
1,7
Bilancia pagamenti
(partite correnti, migliaia
di miliardi di lire)
(*)
Italia
5,6
6,00
6,00
3,00
4,75
G. Bretagna
Debito pubblico
123,2
(% sul Pil)
122,2
119,8
116,3
115,1
112,1
106,6
(1) Ministero del tesoro - Relazione previsionale e programmatica per il 2001, settembre 2000.
Fonte: Istat.
Spagna
(*)
0
(*) tasso Bce
TUTTO L’INTERSCAMBIO IN ITALIA
Esportazioni e importazioni, migliaia di lire
export
import
2
4
6
8
Fonte: statistiche nazionali.
Tassi e condizioni bancarie
Mercato creditizio vicentino.
I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio
vicentino al 30 novembre 2000 su
un campione di imprese con positivi
indicatori economico-finanziari.
50
45
40
Conto corrente
34
30
Tasso franco commissione
max scoperto
25
Spese per operazione
Valuta per assegni fuori piazza
20
7,35%
1.920
2,5 gg. lav.
Anticipi su fattura/contratti
15
M G
1999
L
A
S
O
N
D
G F
2000
M
A
M
G
L
A
S
Tasso aperto
O
Fonte: Istat.
PRODUZIONE INDUSTRIALE
Variazioni % tendenziali calcolate sul nuovo
indice generale grezzo con base 1995=100
Previsioni
12
Tasso sbf
5,20 %
Commissione incasso effetti
cartaceo
3.480
Commissione incasso effetti
elettronico
3.740
Valuta portafoglio cartaceo
4,9 gg. lav.
Valuta portafoglio elettronico
4,7 gg. lav.
10
Operazioni con l’estero
8
Tasso lire per anticipi export
5,20%
6
Spread a favore della banca
su eurodivisa
0,30%
Commissione valutaria
0,04 %
4
2
Crediti di firma
0
Fidejussione Italia
-2
1,1 %
Indicatori di riferimento
-4
-6
-8
A S
1999
O
N
10,3 -0,4 -1,1 3,0
Fonte: Istat
5,40%
Smobilizzo Italia
34,5 37,3 40,9 25,7 35,8 39,4 37,7 35,8 29,1 37,5 43,3 37,3 43,4 42,3 46,1 34,0 45,6 47,7
32,3 34,0 33,3 22,2 36,5 36,6 35,8 36,0 31,3 37,5 41,8 38,0 44,6 42,2 40,2 31,8 47,8 46,9
D
8,5
G F M
2000
4,1
8,0
4,1
A
M
G
-4,3 10,9 4,5
L
0
A
7,9
S
1,2
O
4,3
N
2,5
D
-8,0
Previsioni Centro Studi Confinduatria
Bce
4,75 %
Prime rate ABI
8,00 %
Euribor 3 mesi lettera
5,091 %
Rendimento lordo titoli pubblici
5,446 %
59
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industria vicentina - Associazione Industriali della Provincia di Vicenza