Le icone fluttuanti: una riflessione su cinema video e arte contemporanea Alcune premesse • L’affermazione della designazione “Cinema d’artista” si realizza nei primi anni ‘70 del Novecento nell’intento di arrivare a una radicale riformulazione dello “stato dell’arte” dovuta al fatto che tra gli artisti è forte l’urgenza di “uscire dal campo del quadro” senza tuttavia rinunciare a decise specificazioni visuali Alcune premesse • L’influenza di questa nuova dimensione performativa delle espressioni artistiche nel clima degli anni ‘70 è più forte negli Stati Uniti ma presto si afferma anche in Europa dove le possibili articolazioni del nuovo medium diventano in grado di coinvolgere presenza e continuità della dimensione del tempo per giungere abbattendo la divisione canonica tra arti dello spazio e arti del tempo a quelle aperture di orizzonte che la scena contemporanea ha potuto progressivamente registrare Video e cinema d’artista • Spesso siamo portati a fare confusione tra video e cinema d’artista per evitarlo bisogna ricordare che lo scarto fondamentale tra video e cinema d’artista è la possibilità di monitorarsi durante la ripresa • Con il video è infatti possibile vedere la registrazione in tempo reale il montaggio video inoltre è nei casi riguardanti l’ambito artistico più sofisticato rispetto al montaggio cinematografico Video e cinema d’artista • Il problema è fortemente legato al mezzo e infatti poiché il cinema è un mezzo visivo che dà vita a un linguaggio determinato bisogna distinguere e non confondere gli artisti che hanno usato la macchina da presa cinematografica e i cui lavori sono stati riversati recentemente per comodità d’uso in video e coloro che invece hanno veramente utilizzato il video usando dunque per riprendere la videocamera Gli anni sessanta e settanta: il cinema • Il ‘68 è stato un momento fondamentale un crocevia ideologico e intellettuale che ha spinto gli artisti in direzione del cinema e del video ritenuti strumenti oggettivi per eccellenza • Molti sono gli artisti che in quegli anni danno vita a una cinematografia impegnata primo fra tutti Mario Schifano che dopo una prima apparenza politica e sociologica che rimanda alla costruzione documentaristica svela rispetto al cinema il suo interesse pittorico e spaziale Gli anni sessanta e settanta: il cinema • Quella di Schifano è un’operazione complessa assai articolata che combina un interesse nei confronti dei media con quello legato all’interesse pittorico e spaziale • In tal senso come osserva Maurizio Calvesi Schifano riesce con il cinema a riportare tutto un repertorio di immagini di massa e di strumenti tecnicistici a quella misura individuale e artigianale che è sempre stata la misura dell’arte Gli anni sessanta e settanta: il cinema • Anche la cinematografia di Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian si muove in tal senso. Nelle loro opere uno degli elementi portanti è la memoria articolata in rapporto ai sensi. Per esempio nei primi lavori muti importante e originale è la presenza del profumo (“Erat/Sorat” del 1975 presenta il mese di maggio profumato di rosa mentre invece “Cesare Lombroso sull’odore del garofano” gioca sull’assenza dell’olfatto nei criminali Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian Gli anni sessanta e settanta: il cinema • Altra tipologia portante del lavoro di Ricci Lucchi e Gianikian è il concetto di catalogo in cui il tema della memoria si interseca con discorsi legati alla realtà e alla storia • Il cinema di Ricci Lucchi e Gianikian è fortemente riconoscibile e i due artisti coerenti con se stessi lo usano ancora oggi benché fin dagli anni ‘80 gli artisti non usino più lavorare su questo linguaggio • “Dal Polo all’Equatore” che rielaborandone l’archivio fotografico si relaziona con la memoria di Luca Comerio è del 1981 Dal Polo all’Equatore (1981) Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 • NON NON NON all’Hangar Bicocca di Milano è la prima retrospettiva in Italia dedicata alla coppia di artisti Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. • NON NON NON riprende il testo-manifesto redatto in uno degli acquerelli di Ricci Lucchi, nel quale, rifuggendo da categorizzazioni semplicistiche del loro lavoro gli artisti sottolineano la loro urgenza primaria a riflettere sulla contemporaneità. Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 • Può sembrare una contraddizione, ma è proprio il desiderio di riflettere sulla contemporaneità che spinge Gianikian e Ricci Lucchi a collezionare, scandagliare, catalogare, ri-fotografare e manipolare centinaia di pellicole di archivi abbandonati della prima metà del XX secolo. Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 • Il dispositivo della "Camera Analitica" inventato dagli artisti permette di riproiettare, ri-fotografare e rimontare i delicati fotogrammi originali collezionati e farli diventare matrici dei loro film. • Analizzati uno per uno, i singoli fotogrammi compongono film che ricorrono alle tecniche del cinema sperimentale: ingrandimento di sezioni specifiche del fotogramma colorazione diretta del film, cambio di velocità dello scorrere della pellicola ecc. • Dall'analisi del materiale storico inizia la comprensione del presente. Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 • NON NON NON è una mostra potente, che inserisce definitivamente l'opera di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi tra le pietre miliari dell'arte del nostro tempo ed è proprio perché i singoli fotogrammi vengono analizzati uno per uno approfittando anche dello spazio in cui sono installati che si può parlare non solo di cinema ma anche di video-arte Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 Angela Ricci Lucchi Yervant Gianikian Non Non Non 2012 Il video • Sin da subito il video è stato investito di un’aura particolare che trasformandolo quasi immediatamente in “video-arte” ha tradito un po’ l’aspetto di effimero e di fragile che inizialmente ha costituito la sua differenza rispetto al più nobile cinema • Il video forse proprio per questo suo aspetto effimero e per la velocità con cui viene prodotto è lo strumento tecnico più vicino all’uomo contemporaneo Il video • Rosalind Krauss ha definito l’estetica del video come l’estetica del narcisismo infatti è ovvio che in una società in cui l’elaborazione dell’immagine e il suo controllo diventano la preoccupazione fondamentale il narcisismo si riveli come il paradigma teorico più adeguato per interpretare la cultura del video Il video • Non a caso secondo Raymond Bellour il passaggio dall’autobiografia all’autoritratto che costituisce il significato estetico della video-arte segna anche una frattura profonda nell’esperienza della soggettività infatti l’io che si specchia nel monitor non è certo la coscienza intesa come interiorità ma piuttosto il risultato del lavoro svolto dalla personalità narcisistica nell’elaborazione della propria immagine Il video • La classificazione dei metodi di impiego del video si basa su due ipotesi fondamentali: nella prima l’artista ha un rapporto diretto con lo strumento che usa per scopi creativi e nella seconda invece ha un rapporto mediato con lo strumento che viene usato da altri sulla sua opera creativa con finalità prevalentemente documentative o didattiche Il video • Quando l’artista usa il video direttamente e autonomamente avviene una identificaziuone tra il mezzo e l’opera perciò il nastro magnetico così come la tela la pietra la foto o il film costituisce il supporto materiale dell’opera stessa Il video • Videoperformance e Videoenvironment rientrano sempre nell’ipotesi dell’uso diretto del video da parte dell’artista e consistono in azioni o allestimenti creati con l’ausilio di circuiti chiusi televisivi in diretta e/o con nastri registrati • Nel caso della videoperformance si ha la presenza al vivo dell’artista invece nel caso della videoinstallazione l’artista è assente Il video • Per distinguere video d’artista e video documentativo tra il 1972 e il 1973 entra in vigore la distinzione tra “video caldo” ovvero il video creativo il video d’artista e “video freddo” ovvero quello documentativo che documenta teatro danza performance e qualsiasi altra manifestazione di tipo artistico Il video • E’ importante chiarire che il video non è un nuovo genere bensì un nuovo strumento un nuovo mezzo che come tale può essere utilizzato da qualsiasi artista ne avverta il bisogno o l’esigenza • Quando nel 1954 arriva nelle case italiane la televisione gli artisti la guardano con un certo disprezzo ritenendola foriera di un appiattimento intellettuale e culturale per i cervelli e gli occhi di tutti. Solo Lucio Fontana avrà fiducia chiarissima in questo mezzo Il video • A partire dalla fine degli anni ‘60 il video assorbendo molte delle pulsioni che sono state tipiche del cinema sperimentale e d’avanguardia e questo avviene per la maggiore agibilità e immediatezza del nuovo mezzo e per la particolare dimensione che in esso assumono la luce (nella quale è possibile inscrivere un’immagine) e il tempo (con la singolare dimensione di continuità di riproduzione della realtà nel tempo reale) Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • Dopo la lunga stagione concettuale nel corso degli anni ‘70 durante la quale molti artisti utilizzano fotografia cinema e video il decennio successivo registra un ritorno alla pittura con esperienze che vanno dalla transavanguardia al neoespressionismo alla nuova astrazione e altro • Anche nei confronti del video si sviluppa una rinnovata attenzione che registra da un punto di vista tecnologico importanti mutamenti e rinnovamenti Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • La videocamera subisce grandi mutamenti e alla fine del decennio divenendo un oggetto quasi tascabile (negli ammi ‘70 girare un video significava usare una apparecchiatura che andava controllata da almeno due persone) permette al video di diffondersi anche al di fuori di un universo specificatamente artistico Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • E’ come se l’intellettualismo rigoroso e le ricerche elitarie dell’arte degli anni ‘70 avessero aperto la porta a linguaggi più semplici divenuti in breve strumenti della comunicazione • Si pensi in questo senso all’ampliamento dell’universo pubblicitario che si espande come una piovra dalla carta stampata alla televisione Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • L’onnipresenza pervasiva del messaggio pubblicitario provoca fenomeni di contatto e influenza con l’area estetica aprendo a una dimensione di nuovo protagonismo (basti pensare alla pubblicità per Benettono fatta da Oliviero Toscani) Oliviero Toscani per Benetton • Toscani per Benetton lavora sulla “decostruzione” della funzione pubblicitaria e unisce il messaggio pubblicitario con campagne di impegno civile o immagini d’urto tipiche delle tattiche provocatorie delle avanguardie Oliviero Toscani per Benetton Oliviero Toscani per Benetton Oliviero Toscani per Benetton Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • Sono questi gli anni dei primi videoclip musicali una vera e propria rivoluzione una conquista indiscussa del mondo giovanile • Le proiezioni di questi video si trovano soprattutto all’interno di palinsesti di emittenti quali Mtv che in Italia prende piede proprio durante questo periodo Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • In questo particolare momento la cultura del video è una cultura del presente tesa a eliminare il problema della memoria che aveva invece contraddistinto il video negli anni ‘70 • C’è chi usa questa tecnologia in modo acritico e toccando punte di fanatismo tuttavia gli artisti migliori mantengono un sano distacco nei confronti del “mezzo” agendo spesso con consapevole trasgressione per ottenere risultati estetici il più possibile al di fuori delle regole date Gli anni ‘80: la rivoluzione del video • Fra le tappe che hanno segnato più fortemente il decennio c’è la nascita a Milano nel 1982 di Studio Azzurro • La prima esperienza di Studio Azzurro nasce quando Ettore Sottsass chiede loro un allestimento per i piccoli oggetti della collezione Memphis che stavano per essere presentati Studio Azzurro • Il lavoro per Sottsass permette a Studio Azzurro di scoprire due cose ovvero la grande capacità plastica del video che consente di rimodellare continuamente l’immagine mentre la fai e che l’insieme dell’opera formata da un percorso di piccole postazioni genera un ambiente con forti caratteristiche narrative e una grande capacità di coinvolgimento Studio Azzurro • Nasce quindi la necessità di coniugare più sistematicamente spazio e video dando vita a videoambientazioni che coniugando ambienti reali e elementi immateriali compongono uno scenario con un forte carattere narrativo e relazionale nei confronti degli spettatori Studio Azzurro • Definendo le sue opere videoambienti Studio Azzurro segna una distanza dalla video-arte e dalle videoinstallazioni infatti non considerandole semplicemente segmento interno alle arti visive sottolinea come l’immissione di queste nuove tecnologie nel mondo dell’arte crei un presupposto più ampio rispetto al formarsi di una ulteriore corrente al pari delle altre Studio Azzurro • Il videoambiente di Studio Azzurro genera una condizione nuova trasversale in grado di coinvolgere sia più generalmente il pensiero dell’arte sia di rappresentare il grande rivolgimento della nostra epoca Studio Azzurro • Il videoambiente di Studio Azzurro dunque coniugandosi con cose e ambienti e mescolando vari livelli di percezione del reale da una parte mette in evidenza il valore della curatela perché il videoambiente diventi narrativo e dall’altra trascina con sé quell’universo della comunicazione mediatica che è uno dei grandi fenomeni dell’ultimo secolo Studio Azzurro Il nuotatore 1984 • E’ un videoambiente pensato per Palazzo Fortuny a Venezia in coincidenza con la Biennale che per la prima volta se pure molto limitato aveva un settore di videoinstallazioni • E’ un’opera centrata come tutte quelle di Studio Azzurro sul dialogo tra monitor ambienti e spettatori Studio Azzurro Il nuotatore 1984 Studio Azzurro Il nuotatore 1984 Studio Azzurro Il nuotatore 1984 Studio Azzurro Il nuotatore 1984 Studio Azzurro Il nuotatore 1984 Studio Azzurro • Studio Azzurro va avanti con opere simili a “Il nuotatore” e quindi centrate sul dialogo tra monitor ambienti e spettatori fino al 19921993 • Nel 1995 entra nel videoambiente anche l’interattività con una serie di installazioni che hanno spianato la strada che Studio Azzurro tuttora prosegue Studio Azzurro • Essere interattivi significa abbandonare la parte espressiva legata al monitor sostituendola con videoproiezioni che consentono di generare un dialogo molto fitto e ricercato con il pubblico • Ultimamente Studio Azzurro ha aggiunto all’interattività esperimenti di connessione in Internet: cinque grandi tamburi percossi dagli spettatori riecheggiano il loro tam tam in rete inviando piccole icone sulla posta elettronica di qualche casuale malcapitato che può rispondere se vuole con un messaggio Studio Azzurro Fabrizio De André 2008 Studio Azzurro Fabrizio De André 2008 Studio Azzurro Fabrizio De André 2008 Studio Azzurro Fabrizio De André 2008 Studio Azzurro Fabrizio De André 2008 Il video negli anni ‘90 • Negli anni ‘90 la risposta principale che si dà alla domanda: in quale luogo della storia dell’arte può essere collocata l’esperienza del video? Sembra concentrarsi soprattutto sullo stile dell’autore e dunque ciò che conta è la tenuta interna di ogni singolo lavoro sia esso il risultato di una interazione individuale o collettiva Il video negli anni ‘90 • Il video dunque pur strumento regolato dalla tecnologia non è privo automaticamente di artisticità anche se negli anni ‘90 la piega che prende il discorso si occupa soprattutto del linguaggio del mezzo ovvero ragiona e studia tutto quello che concerne quello che potremmo definire “metavideo” Bibliografia • Angela Madesani, “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia” Mondadori Milano 2002 • R. Krauss, “Il video, l’estetica del narcisismo” in V. Valentini (a cura di) “Allo specchio” Roma Lithos 1998 pp. 50-58 • S. Lischi “Dallo specchio al discorso. Video e autobiografia” in “Bianco e Nero” n. 1/2 anno 2001 pp. 73 - 85