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Clinica e ricerca
PARODONTOLOGIA
TEMPO MEDIO DI LETTURA
15 minuti
Lembo singolo posizionato
coronalmente in chirurgia parodontale
ricostruttiva
L. Checchi, M. Montevecchi, V. Checchi, *G. Laino
Università degli Studi di Bologna - Alma Mater Studiorum - Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche
Reparto di Parodontologia e Implantologia - Titolare: prof. L. Checchi
*Seconda Università degli Studi di Napoli - Dipartimento di Discipline Odontostomatologiche Ortodontiche
e Chirurgiche - Titolare: prof. G. Laino
1. Introduzione
L’estetica nelle sue diverse componenti chirurgiche e odontoiatriche ha negli ultimi anni coinvolto
e influito notevolmente sulla
mentalità dell’odontoiatra, per il
quale il bel sorriso è stato associato alla salute orale e al succes-
so professionale, rischiando di
trascurare le patologie eventualmente presenti. Anche il paziente
ha contribuito a questo cambiamento d’atteggiamento richiedendo, a volte forzatamente, una fase
terapeutica prettamente estetica.
L’odontoiatria è così bersagliata
da numerosi input a partire dai
Riassunto
Il presente contributo ha l’obiettivo di mostrare, attraverso
l’analisi critica di due casi clinici, una nuova tecnica chirurgica per il trattamento dei difetti infraossei parodontali; tecnica innovativa in quanto unisce e sovrappone le caratteristiche della chirurgia ricostruttiva a quella muco-gengivale.
Le peculiarità del lembo singolo posizionato coronalmente (CP-SFA) sono quelle di poter scollare un lembo da un
solo versante e di utilizzare un ancoraggio coronale stabile grazie alle papille disepitelizzate. I vantaggi derivanti
da questa tecnica chirurgica sono il miglioramento dell’estetica parodontale, grazie alla limitazione della contrazione post-chirurgica, e un minor disagio postoperatorio
da parte del paziente, grazie alla riduzione dell’area chirurgica. Questo tecnicismo può essere utilizzato quando
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mass media per finire alle case
produttrici di materiali, tutti concentrati sullo slogan “il bello è
sano, il sorriso è successo”. Purtroppo non sempre esiste questa
corrispondenza tra l’armonia
estetica e lo stato di salute. A
conferma di ciò basti osservare
come, in ambito parodontale, a
l’estensione del o dei difetti infraossei sia confinata su di
un unico versante, quando è presente un’area interprossimale integra adiacente a ogni difetto e quando la visibilità permette un’adeguata detersione del difetto e della
superficie radicolare interessata.
Nonostante gli ottimi esiti preliminari qui illustrati solamente un’ulteriore e rigorosa analisi scientifica potrà validare la tecnica proposta.
Parole chiave
odontoconsult.it
Lembo posizionato coronalmente
Chirurgia muco-gengivale
Difetti ossei
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L. Checchi et al.
Abstract
A coronally positioned single flap approach
in periodontal reconstructive surgery
AIM OF WORK. The goal of this article is to describe an innovative surgical technique for the treatment of periodontal
bony defects that combines the characteristics of both reconstructive and mucogingival techniques.
METHOD. The special features of this technique, named
Coronally Positioned Single Flap Approach (CP-SFA),
consist in a surgical flap elevated just on one side (buccal
or lingual/palatal), and in its coronal reposition that is stabilized thanks to interdental papillae whose epithelium
has been removed. CLINICAL IMPLICATIONS. This surgical technique has many advantages, for instance the improvement of periodontal aesthetics due to reduced post surgical contraction and discomfort for the patient because of
una papilla interdentale esteticamente corretta possa corrispondere una profondità di tasca
(PPD) patologica. Da qui il dilemma: “se opero perdo attacco e
causo un danno estetico (e probabilmente perdo il paziente), se
non opero perdo nel tempo l’elemento dentario oggetto di tale
patologia”.
In risposta a tale problematica nel
settore parodontale si assiste da
alcuni anni a un processo di riduzione e limitazione dell’accesso
chirurgico. Tale tendenza mira infatti, assieme alla diminuzione
degli esiti post-chirurgici per il
paziente, a una limitazione delle
modifiche tissutali e conseguenti
alterazioni estetiche associate alla
chirurgia stessa.
Questo nuovo orientamento trova
la sua massima espressione nella
cosiddetta “Minimally Invasive
Surgery” nella quale l’estensione
del lembo e il disegno dell’incisione mirano a minimizzare la
perdita tissutale conseguente alla
chirurgia (1-3).
Sicuramente le recenti e raffinate
acquisizioni ottenute nella chirurgia muco-gengivale possono, a
nostro parere, essere mutuate
dalla chirurgia ricostruttivo-rigenerativa.
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a smaller surgical field. The site selected for this technique must meet several demands: intrabony defects localized only on buccal or lingual/palatal side, healthy and intact interproximal areas close to bony defect and the possibility of adequately cleansing of bone defects and root
surfaces.
CONCLUSIONS. Short term results confirm the utility of the
CP-SFA; further and meticulous investigations are however needed.
Key words
Coronally positioned flap
Mucogingival surgeous
Intrabony lesions
In particolare la possibilità di
un’estensione e stabilizzazione in
senso coronale del lembo, come
per il trattamento di recessioni
parodontali, può portare a notevoli vantaggi anche per la stabilizzazione e copertura d’eventuali
riempitivi (4).
raggiunta da entrambi i versanti,
si privilegia l’accesso vestibolare
per l’insita migliore visibilità. La
particolarità del tecnicismo proposto risiede nello sfruttamento
dello stabile ancoraggio coronale
ottenuto grazie alla disepitelizzazione delle papille precedentemente preservate.
Obiettivo del lavoro
Indicazioni
Intenzione di questo lavoro è
quella di illustrare e applicare, in
casi selezionati, una chirurgia ricostruttiva e nel contempo mucogengivale, al fine di trattare i difetti ossei preservando nel contempo l’estetica.
2. Materiali e metodi
2.1 Lembo singolo posizionato
coronalmente (Coronally
Positioned - Single Flap Approach)
Il lembo singolo posizionato coronalmente (CP-SFA) è un’opzione terapeutica che prevede lo
scollamento di un lembo a spessore totale da un unico versante
(vestibolare o linguale) dettato
dalla posizione anatomica del difetto osseo. Nel caso in cui l’estensione del difetto possa essere
L’applicazione del lembo singolo
posizionato coronalmente è indicata quando sono soddisfatte tutte
le seguenti condizioni:
1) l’estensione del o dei difetti infraossei è caratterizzata da una
maggior estensione su di un unico versante;
2) quando sia presente un’area
interprossimale integra adiacente
a ogni difetto;
3) la visibilità sia tale da consentire un’adeguata detersione chirurgica della lesione infraossea e della superficie radicolare interessata
dal difetto.
Vantaggi
L’utilizzo del lembo singolo posizionato coronalmente consente:
- la conservazione e il miglioramento dell’estetica parodontale
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Lembo singolo posizionato coronalmente in chirurgia parodontale ricostruttiva
grazie al posizionamento coronale
sulle papille interprossimali sane.
Vengono a essere infatti limitati
tutti quei processi di contrazione
post-chirurgica che avvengono invece allorquando lo scollamento
del lembo sia eseguito su entrambi i versanti (5, 6);
- una maggior facilità nel posizionare coronalmente il lembo grazie
al tessuto interprossimale mantenuto in situ;
- una miglior stabilizzazione del
lembo grazie al sostegno dato dal
tessuto interdentale mantenuto in
situ che evita il collasso dei tessuti molli nell’area del difetto;
- un miglioramento del processo
di rivascolarizzazione grazie all’interruzione della sola parte ematica
relativa all’unico lembo sollevato
(7);
- un minor disagio postoperatorio
per il paziente grazie alla riduzione dell’area chirurgica e alla diminuzione della durata dell’intervento (8).
Procedure preoperatorie
Per la migliore riuscita della chirurgia è necessario che il paziente
in fase di terapia iniziale, oltre alla rimozione dei fattori causali, riceva e acquisisca i due seguenti
punti:
- istruzioni d’igiene orale in modo
che il paziente possa mantenere
un elevato controllo di placca prima e dopo la fase chirurgica;
- terapia igienica domiciliare per
indurre una zona di cheratinizzazione dei tessuti interprossimali
con stimolazione delle defensine
(9).
Obiettivo di queste procedure iniziali è quello di ottenere tessuti
interprossimali tonici e privi d’infiammazione. In base all’esperienza clinica della nostra Scuola,
questa condizione permette di ottenere un miglior scollamento dei
tessuti, un minor sanguinamento
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intraoperatorio e una maggior tenuta della sutura.
niche, quella rigenerativa e quella muco-gengivale.
Procedure operatorie
Procedure postoperatorie
Dopo aver effettuato l’anestesia
plessica o tronculare associata a
quella intrapapillare, viene eseguito un sondaggio intratissutale
del difetto in esame per visualizzare la topografia ossea presente.
Si procede poi con l’incisione dal
versante prescelto comprendendo sempre almeno un dente mesiale e uno distale all’area da trattare. L’incisione è intrasulculare
su tutti gli elementi coinvolti,
mentre a livello interdentale sarà
alla base della papilla. Quest’ultimo tecnicismo permetterà la preservazione di quel tessuto coronale interprossimale che dopo disepitelizzazione servirà da ancoraggio per il lembo (10).
A questo punto si solleva un lembo a spessore totale evitando per
quanto possibile l’utilizzo d’incisioni di rilascio verticali per preservare al massimo l’apporto
ematico. Vengono sollevate e
spinte in direzione opposta a
quella del sollevamento del lembo le sole papille associate al difetto osseo (11).
Dopo accurata pulizia con strumenti manuali, meccanici e ultrasonici, si osserva l’anatomia del
difetto osseo al fine di ottimizzare la scelta del materiale riempitivo.
Si procede quindi all’inserimento
del materiale riempitivo con
eventuale membrana riassorbibile, previo controllo della passivazione del lembo. Conclusa questa fase, si disepitalizzano le papille delle aree interprossimali
sane, si posiziona il lembo vestibolare coronalmente e si effettua
la sutura in gengiva cheratinizzata con tecnica interrotta.
Questa metodica permette di
sfruttare i vantaggi delle due tec-
Sono consigliate le seguenti
istruzioni postoperatorie:
- applicazione di ghiaccio per le
ore successive all’intervento in
modo da ridurre il gonfiore postoperatorio (12);
- somministrazione d’analgesici;
- astensione completa dal fumo
per almeno 48 ore dopo l’intervento (13, 14);
- astensione dalle manovre d’igiene orale nella sola zona oggetto della chirurgia;
- controllo chimico di placca
mediante collutori/gel alla clorexidina 0,12%, due volte al giorno per 14 giorni (15);
- regolare controllo di placca
mediante richiami igienici professionali ogni 3 mesi (16).
3. Casi clinici
Caso n. 1
Una paziente di 73 anni giunge
alla fase chirurgica presentando
dei difetti ossei mesialmente al
#44 (PPD 8 mm) e distalmente al
#45 (PPD 8 mm), dall’analisi clinica e radiografica apparentemente limitati alla sola componente interprossimale e vestibolare (figg. 1, 2). Dopo anestesia
dell’area viene eseguito un sondaggio dei difetti ossei in esame
e così delineata la topografia in
due emisetti (18-20). Viene conseguentemente eseguita un’incisione vestibolare, sollevato un
lembo omolaterale a spessore totale e spinte in direzione linguale
le sole papille che sovrastano i
due difetti (tra #46 e 45 e tra #44
e 43) (fig. 3). L’accesso chirurgico
così creato permette una completa visione dei difetti ossei che ri-
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Caso n. 1
Fig. 1 Aspetto clinico iniziale dei tessuti molli dei
premolari inferiori di destra, fase prechirugica
Fig. 2 Aspetto radiografico preoperatorio dei difetti
infraossei a carico dei premolari inferiori di destra
Fig. 3 Elevazione del CP-SFA (coronally positioned single flap approach) vestibolare: si osservino le due
papille sovrastanti i difetti spostate lingualmente
Fig. 4 La papilla in sede #44-45 viene disepitelizzata nel
versante vestibolare
Fig. 5 Posizionamento di biomateriale a base di
idrossiapatite a riempimento della componente infraossea
dei due difetti
Fig. 6 Esecuzione delle suture con filo 6/0 in acido
polilattico-poliglicolico: si noti il posizionamento coronale
del lembo
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sultano così descrivibili: quello
distale al #45 è un difetto osseo
che inizia a tre pareti apicalmente per trasformarsi in un emisetto
con un’estensione vestibolare,
mentre quello mesiale al #44 è
un emisetto puro. Dopo accurata
detersione dei difetti e delle superfici radicolari, si disepitelizzano le papille tra i due premolari
trattati e il #42 e 43 (fig. 4), si verifica la passività del lembo e si
procede poi con il riempimento
dei due difetti ossei con materiale di sintesi a base di idrossiapatite biomimetica drogata con ioni
magnesio (SINTLife®, Fin-Ceramica Faenza Spa) (fig. 5). Il lembo vestibolare viene posizionato
coronalmente e stabilizzato con
punti semplici in sutura 6/0 (Vicryl®, Johnson & Johnson) (fig.
6). Vengono infine date istruzioni
postoperatorie associate ad analgesici e clorexidina. Il controllo a
20 giorni (figg. 7, 8) e a 3 mesi
(fig. 9) rivela una buona risposta
dei tessuti con preservazione della componente estetica. L’analisi
radiografica sempre a 3 mesi mostra un riempimento dei difetti
ossei (fig. 10).
Caso n. 2
Un paziente di 50 anni giunge alla terapia chirurgica con una lesione ossea di Sibley-Prichard (17)
in sede #32-33 (un ampio setto
osseo tra l’incisivo laterale e il canino derivante alla posizione del
canino). In sede mesio-vestibolare
del #33 si registra una profondità
di tasca di 5 mm e la presenza di
una recessione vestibolare pari a
5 mm (fig. 11). L’analisi radiografica del difetto, poi confermata
dall’analisi clinica, evidenzia la
presenza di un emisetto nella par-
Fig. 7 Aspetto dei tessuti molli a 20 giorni dall’intervento
Fig. 8 Aspetto radiografico a 20 giorni dall’intervento
Fig. 9 Guarigione tissutale a 3 mesi: si osservi l’aspetto
di salute parodontale con preservazione dell’estetica
iniziale
Fig. 10 Esame radiografico a 3 mesi: si osserva una
leggera esfoliazione del biomateriale in sede #45 distale, al
contempo i difetti infraossei appaiono perfettamente riempiti
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Caso n. 2
Fig. 12 Aspetto
radiografico iniziale:
si noti il difetto osseo
verticale mesiale al
#33
Fig. 11 Aspetto clinico dei tessuti molli in fase
prechirugica
Fig. 14 Particolare
del difetto osseo
classificabile come
lesione di
Sibley-Prichard
Fig. 13 Aspetto chirurgico dopo sollevamento del lembo,
pulizia del difetto e disepitelizzazione delle papille: si noti
come la papilla tra #33 e #32 sia l’unica a essere
sollevata lingualmente
Fig. 15 Inserimento del biomateriale a base di
idrossiapatite a riempimento della componente infraossea
del difetto
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Fig. 16 Riposizionamento coronale del lembo mediante
punti staccati semplici
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te coronale mesiale e una minima
componente a tre pareti in quella
apico-vestibolare (fig. 12). Viene
eseguita un’incisione nel solo versante vestibolare con parziale
conservazione delle papille tra
#31 e 32, #33 e 34, #34 e 35; tali
aree così preservate vengono successivamente disepitelizzate per
costituire in fase di sutura il punto
nutrizionale e di ancoraggio del
lembo riposizionato coronalmente (fig. 13). La papilla tra #32 e 33
viene sollevata integra e spostata
verso linguale, il difetto viene accuratamente ripulito, rivelandosi
come un difetto a 3 pareti (fig.
14). Inserita nel difetto un’idrossiapatite nanocristallina in forma
pastosa (Ostim, Heraeus Kulzer
GmbH & Co.), viene quindi riposizionato il lembo coronalmente
mediante suture interrotte semplici (figg. 15, 16).
I controlli a 2 settimane (fig. 17a,
b) e a 5 mesi (fig. 18a, b) evidenziano un buon recupero clinico
con diminuzione della profondità
di tasca da 5 a 3 mm e un risultato estetico soddisfacente senza accentuazione della recessione gengivale preesistente.
lo lembo linguale al fine di eseguire una chirurgia ossea di tipo
resettivo in difetti localizzati nei
settori posteriori mandibolari.
Con finalità invece di tipo ricostruttivo-rigenerative in difetti ossei verticali, è stato proposto recentemente da Trombelli et al.
(22) un tecnicismo definito Single
Flap Approach (SFA).
Tale metodica consiste nello scollamento di un singolo lembo sul
solo versante interessato dal difetto osseo. Come dichiarato dagli
Autori i vantaggi derivanti da tale
ridotto approccio chirurgico sono
molteplici. La minimizzazione del
trauma così ottenibile porta a una
riduzione dei tempi operatori e a
una maggior conservazione del
supporto nutrizionale, inducendo
in ultimo indubbi vantaggi in fase
di guarigione (4, 8). La ridotta dissezione dei tessuti in associazione alla limitata esposizione del
tessuto osseo consente inoltre un
contenimento del burst di rimodellamento dell’osso alveolare e
della mobilità dentaria postoperatoria (23, 24).
Conseguenza comunque particolarmente vantaggiosa dell’SFA è la
facilità di un riposizionamento
stabile dei tessuti molli. Tale possibilità permette una miglior chiusura primaria con più stabile contenimento e protezione del biomateriale inserito.
Rispetto all’SFA, il tecnicismo
proposto nel presente lavoro
4. Discussione
Fig. 17a, b Aspetto clinico e radiografico a 2 settimane dalla chirurgia
Il lembo singolo posizionato coronalmente deriva dall’associazione delle conoscenze acquisite negli ultimi anni da due distinte
branche parodontali: la tecnica rigenerativa e la tecnica muco-gengivale.
In letteratura pochi sono gli studi
in ambito parodontale che propongono un approccio ai tessuti
ossei mediante lo scollamento di
un lembo su un unico versante.
Il primo studio a documentare
una metodica con lembo singolo
è forse quello di Tibbetts et al.
(21) del 1976. In questo lavoro è
riportato il sollevamento di un so-
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Fig. 18a, b Aspetto clinico e radiografico a 5 mesi dalla chirurgia; la posizione
dei tessuti risulta invariata rispetto alla situazione iniziale e il difetto osseo
preesistente appare completamente riempito
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(CP-SFA) introduce un’importante miglioria. Sfruttando la preservazione delle papille interdentali, dopo opportuna disepitelizzazione, tale metodica ottiene in fase di chiusura un riposizionamento coronale del lembo.
Da tale accorgimento deriva un
aumento dello spazio riservato
al materiale riempitivo e quindi
la possibilità di un’ipercorrezione del difetto osseo. Tale stratagemma ambisce alla prevenzione se non alla miglioria del potenziale esito estetico derivante
dalla fisiologica contrazione post-chirurgica dei tessuti (25).
Come sopra elencato, l’applicazione del CP-SFA, almeno apparentemente, conduce a importanti vantaggi per il clinico. È
importante sottolineare che a
beneficiare di tale innovazione
non risulta comunque solamente
l’operatore. Riducendo infatti il
discomfort intra/postoperatorio
e mirando a una miglior resa
estetica finale, il CP-SFA sembra
poter ottenere anche una miglior
soddisfazione del paziente stesso.
In conclusione, nonostante i risultati clinici riportati tendano a
ipotizzare risultati a lungo termine ideali nel rispetto dell’estetica
e della risoluzione del difetto osseo, ulteriori approfondimenti e
studi clinici randomizzati sono
comunque necessari al fine di
confermare l’efficacia di tale metodica.
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Pervenuto in redazione nel mese
di marzo 2008
Luigi Checchi
Università degli Studi di Bologna
Alma Mater Studiorum
Dip. di Scienze Odontostomatologiche
via San Vitale 59
40125 Bologna
tel. e fax 051 2088112
[email protected]
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