LA FORZA DI DIO NELLA
CULTURA ROMANA

Chi sono i Romani?
Quando parliamo di Roma pensiamo di
sapere di chi stiamo parlando. Dagli scavi
archeologici conosciamo la presenza di
primi insediamenti sul colle Palatino fin
dall’VIII-IX secolo circa, sappiamo di
Romolo e Remo, dei sette re, della cacciata
dei Tarquini e della fondazione della Res
Publica, delle guerre di conquista, di
Augusto e della fondazione dell’Impero.

Ma chi sono veramente i romani? E come si
inseriscono nella storia di un uomo in cerca
di risposte sul senso della propria esistenza
ed in perenne ricerca di una relazione con
un trascendente, che a volte desidera ed
altre rifiuta in nome della libertà del
proprio pensiero?
L’identità dei romani
Gli studiosi di storia romana hanno molte difficoltà ad
individuare chi siano stati veramente i Romani e quando
tentano di studiarne gli usi, i costumi, le istituzioni, i culti
e le feste nel tentativo di arrivare ad un nucleo
propriamente romano, restano delusi.
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Di “romano” non trovano nulla, trovano piuttosto quanto
costoro hanno fatto proprio acquisendolo da altri popoli,
prima da quelli che vivevano sul loro stesso territorio
(latini, sabini, etruschi, equi, volsci), poi da quelli con cui
venivano in contatto durante le guerre di espansioni
(grecia e oriente).

Sappiano che gli Etruschi hanno avuto una grandissima
influenza su Roma e che da loro i Romani hanno appreso
tecniche architettoniche come la costruzione dell’arco, la
struttura del tempio e le decorazioni scultoree e
pittoriche, alcune divinità come Giunone, Quirino,
Minerva. Il culto di Giove e la duplicità delle
magistrature, invece, lo fanno proprio dai Latini, il dio
Marte lo acquisiscono dagli Aborigeni.
La maggior parte poi di ciò che siamo abituati a
considerare proprio della cultura romana, la letteratura,
l’arte, la filosofia, l’oratoria, il teatro, la poesia, fioriscono
successivamente al III sec a.c. quando l’influsso della
Grecia sarà così forte e la soggezione culturale di Roma
così grande da indurla a far propria tutta la produzione
letteraria greca e su imitazione di questa cercare una
propria espressione artistica.
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Senza identità
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Roma ed i Romani sono un’idea costruita pazientemente nel tempo
attraverso un atteggiamento apparentemente positivo di fronte ai
popoli stranieri, dai quali si poteva prendere, per farlo proprio, tutto
ciò che si riteneva buono ed utile per Roma, ( divinità, leggi,
magistrature, monumenti, tecniche di costruzione,) ma che
nasconde la costruzione di un meccanismo di potere, forte ed
autoritario, in mano di pochi, al funzionamento del quale tutto
deve essere sottomesso, la religione, la storia, il diritto, la stessa
identità.
Infatti questa accondiscendenza e tolleranza di Roma nei confronti
del diverso pur avendole permesso di progredire rapidamente in
molti campi e di apparire non ostile nei confronti di ciò che era
nuovo, mascherava in realtà una violenza: accettare il diverso solo a
patto che divenisse romano e quindi utile e funzionale allo sviluppo
dello Stato.
Privando però l’altro della propria identità, perdevano nello stesso
tempo la propria; questa infatti è ancora oggi la domanda degli
storici: cosa è veramente romano?
Quale religione romana?
Gli storici delle religioni ritengono la
religione romana un caso particolare ed
unico:
I Romani sembrerebbe un popolo
politeista, che vive in un territorio
circondato da popoli politeisti che
avevano miti e che dunque vivevano una
dimensione del sacro ridotta ma viva e
comunque in relazione con l’inconscio.
Perché allora non hanno racconti mitici che
parlino della loro concezione del mondo
e degli dei, perché venerano gli dei,
hanno culti e celebrano feste, ma non
hanno miti? Cosa ne hanno fatto?
Dal mito alla storia
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Esistono pochi documenti di età arcaica ed anche questi ci parlano
di culti, usi e costumi non veramente romani, quanto piuttosto dei
popoli che vivevano in queste terre prima dei romani, i Siculi, gli
Aborigeni, i Latini le cui tracce sono riscontrabili nei più antichi
racconti che conducono fino alla vicenda di Romolo e Remo ed alla
fondazione di Roma.
Il nucleo del problema appare essere proprio questo. La vicenda di
Romolo e Remo si colloca in punto di incontro e di passaggio tra
racconti evidentemente mitici appartenenti alla tradizione religiosa di
questi antichi popoli e la fondazione di Roma che viene presentata
come vicenda storica.
Gli antichi dei di questi popoli Giano, Saturno, Pico, Fauno e Latino si
saldano con le vicende che portano alla fondazione di Alba Longa e
ai due famosi gemelli, realizzando un passaggio ricco di
conseguente, quello dal mito alla storia.
Quale storia?
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Roma non possiede racconti riguardanti la
nascita dell’universo, degli dei o degli
uomini, non si chiede quale sia l’origine del
mondo e se gli dei siano i creatori della
terra e del cielo, si concentra invece
esclusivamente su se stessa, sulla sua
nascita, sulla sua storia, che assume le
caratteristiche di una narrazione mitica che
parla però di politica ed è sempre relativa
alla vita della città stessa e delle sue
istituzioni ed è, quindi, anche giuridica.
La storia per Roma è res, fatti concreti e la
storia di Roma è la storia della Res Publica,
molto lontana dalla nostra concezione di
storia, lontana dalla ricerca del vero e
dell’oggettività, delle cause e degli effetti
degli avvenimenti.
Nasce l’ideologia
Se i Greci avevano rifiutato il divino perdendosi in
speculazioni filosofiche prive di consistenza, i Romani
concentrano ogni loro attenzione sui fatti e sulle azioni,
non degli dei ma degli uomini che hanno fatto e fanno
continuamente grande Roma. A questo si può sacrificare
tutto, la verità, la giustizia, l’umanità, Dio stesso, perché
dietro c’è il desiderio di ottenere potere e denaro.
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La religione attraverso il mito trasformato in storia viene
messo nelle mani dei Pontefici Massimi, che la
sottomettono alla necessità apparente della grandezza
della res Publica, ma che poi nasconde le necessità dei
detentori del potere.
I sacerdoti
La più alta carica sacerdotale presso i Romani era il Pontefice Massimo,
ma i suoi compiti più importanti erano :
1.
scrivere gli Annales, le cronache degli avvenimenti dell’anno in
corso, regolarmente manipolati a vantaggio della gens a cui
appartenevano o comunque di Roma,
custodire le norme, inizialmente orali, secondo le quali
amministravano la giustizia, a vantaggio della propria gens o del
proprio ceto gentilizio.
2.
Il Pontificato era la carica più alta che un romano potesse ricoprire al
termine della sua carriera politica. Ma la religione che c’entra?
Se i Greci avevano teorizzato del relativismo, facendo dell’uomo la
misura di ogni cosa, i Romani lo mettono in pratica, in nome della
ragione di stato.
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I sacerdoti, custodi della storia e nello stesso
tempo del diritto, compiono lo svuotamento della
religione da ogni anelito trascendente di ricerca
del divino ed attribuiscono invece valore religioso
alla storia ed al diritto di cui si fanno custodi, in
nome di Roma e del potere delle gentes.
Fortemente calati nella realtà, concreti e decisi ad
agire in essa per ottenerne il massimo vantaggio
personale e di casta, tesi a proteggere la
costruzione di un’idea di Stato, al di là della verità
e della fede, procedono nella storia senza
lasciarsi fermare od ostacolare da difficoltà e
pericoli.
Lo stesso concetto di sacro perde il senso che gli
è proprio, ovvero di relazione con il divino, per
andare ad indicare la perdita della condizione di
cittadino soggetto alle leggi, in quanto
appartenente al dio si è sottratti alla normale
giurisdizione civile. E’ l’aspetto giuridico che
balza in primo piano, non quello religioso, ma il
diritto è emanazione dello Stato e ad esso
sottomesso.
Sacro e profano
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La parola sacro (lt. Sacer = dedicato al dio) indica tutto
ciò che è pubblicamente sottratto all’azione giuridica
degli uomini, mediante legislazione o senatoconsulto per
iniziativa del popolo romano.
L’Homo sacer è un uomo che il popolo giudica colpevole
di un misfatto e che può essere ucciso da chiunque
impunemente, in quanto perde la condizione di cittadino
e non è più protetto dalle leggi della città.
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Profano è ciò che, sottratto all’ambito divino, è degli
uomini ( pro= davanti Fanum= tempio) e quindi
soggetto all’azione civile e giuridica.
La religione ed il rito
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Aspetto peculiare dei collegi sacerdotali romani che erano molto
numerosi, non era la ricerca di una relazione con la divinità, ma di
custodire il rito con cui si celebravano le feste più importanti della
città, per es. i Lupercalia, oppure con cui si agiva correttamente in
alcune circostanze politiche e civili, per esempio nella dichiarazione
di guerra presieduta ed officiata dal collegio sacerdotale dei Feziali.
In realtà non vi era molta differenza tra azione festiva e politica,
perché entrambe avevano risvolti civili e servivano a ristabilire e
riconfermare la costituzione dello Stato romano.
Ancora una volta religione, diritto e storia appaiono strettamente
correlate e le figure dei sacerdoti sono addetti alla gestione del
potere attraverso la custodia della storia, del diritto e della religione
quale strumento di questo potere.
Dalla fede al rito
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Rito è una parola che deriva dal sanscrito (rtà) e che indica per gli
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Ritus per i romani diviene azione sacra, ovvero esecuzione di atti
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indiani l’ordine del cosmo, della società e dell’uomo, stabilito dagli
dei.
che debbono essere svolti secondo un preciso ordine, accompagnati
da formule anch’esse rituali, esaurendo in questa procedura la
sacralità di gesti che non tendono ad un fine, il collegamento con il
divino, ma che sono fine essi stessi. Deviando o sbagliando la
procedura si rompe l’ordine e si possono generare conseguenze
dannose per tutti.
Trattandosi della salute della res publica, la non corretta esecuzione
di un rito poteva procurare la rovina o la sconfitta di Roma.
Si più ricordare come esempio la sconfitta di Canne attribuita ad un
errore rituale commesso da uno dei consoli prima della battaglia.
Dal rito alla superstizione
In realtà non è la corretta esecuzione di una procedura a conferire
efficacia ad un rito, ma i suoi contenuti profondi, la fede di chi lo celebra,
il senso ed il fine trascendente a cui esso tende.

Superstizione è attribuire efficacia ad una sequenza di azioni di per sé,
privi di senso e senza un fine, ai quali si associa un esito positivo o
negativo e, stabilendo un nesso causa-effetto, si cerca la ripetizione dei
gesti per ottenere il medesimo effetto.
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La magia stessa presume di poter manipolare le forze presenti nella
natura e la volontà delle persone eseguendo riti che debbono essere
ripetuti alla perfezione per avere efficacia, accompagnati da formule
precise, che escludono l’intervento divino e che spesso sono contro
l’uomo ed il suo benessere.
Il pensiero magico e la superstizione caratterizzano alcune forme di
disturbi mentali quali la schizofrenia ed il disturbo ossessivo compulsivo

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Noti sono la molteplicità di incantesimi ed anche di
maledizioni che comunemente si facevano a Roma,
per le più diverse necessità, dal favorire un amore,
a nuocere ad un nemico, contro la fecondità.
Quanti oggi si rivolgono a maghi e stregoni?
La superstizione e la magia presuppongono un rito
che è negazione di Dio, lasciano l’uomo in balia di
forze senza nome che lo travolgono, lo lasciano
preda del diavolo che vuole la sua distruzione e
non la sua salvezza, fino a condurlo alla follia ed
alla perdita della ragione.
I disturbi mentali che sono caratterizzati da
superstizione e dal pensiero magico sono tra i più
gravi, spesso causati da traumi molto forti proprio
nelle relazioni, dovuti ad una mancanza totale di
amore e quindi di assenza di Dio, che è Amore e
Vita.
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Dal rito alla legge
Svincolato il rito dalla tensione al divino, vincolato invece a logiche
economiche e di potere, esso assume da subito e proprio attraverso
le figure dei sacerdoti che ne erano i garanti, i caratteri fortemente
vincolanti della legge, che si può dire nasca a Roma, ma che
confonde le sue origini proprio con il rito e nel rito.

I Pontefici erano i detentori delle norme (i mores), delle formule
giuridiche cioè che saranno poi pubblicate nelle XII Tavole, ma che
dovevano essere pronunciate davanti alla figura del pretore secondo
un procedimento che vedeva strettamente connesso azione e diritto;
questo procedimento chiamato legis actiones, consisteva nella
pronunzia di un formulario che variava col variare delle circostanze e
che consentiva il pronunciamento del giudizio solo se le formule
erano enunciate correttamente.

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La rigidità di questo sistema era quella propria del rito e la sua
efficacia risiedeva non solo nel corretto pronunciamento delle
formule, ma anche nella loro conoscenza.
Il nostro diritto deriva dal diritto romano, i nostri
processi hanno le loro origini nelle legis actiones,
il malfunzionamento della nostra giustizia risiede
anche nell’eccessivo peso attribuito alle
procedure, ai vizi di forma e non alla sostanza,
alla burocrazia che da qui trae la sua origine e
che rende lo Stato una struttura ed
un’organizzazione impossibile da fermare, che
non guarda mai alla persona, ma solo ai
regolamenti ed alle leggi, che diventano non
uguali per tutti.
La religione di Stato
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Il mito dunque trasformato in storia, la storia sottomessa all’azione
dei Pontefici, l’amministrazione della giustizia rituale e rigida
anch’essa strettamente in mano delle autorità “religiose”, tutto
apparentemente per la grandezza di Roma, tutto invece per il
mantenimento del governo nelle mani dei pochi che amministrano
veramente lo stato e che alla fine utilizzano religione, storia e diritto
per la salvaguardia dei propri privilegi, ma in nome di un ideale più
alto: la Res Publica.
A questo i Romani, i “pochi” Romani che avevano veramente il
potere, erano disposti a sacrificare tutto anche la propria identità,
purchè fossero chiare tre cose: il potere era di Roma, il denaro
andava a Roma attraverso la riscossione delle tasse e gli uomini abili
entravano nelle legioni romane, unica forza in grado di proteggere
questo sistema politico.

Chi era la Res Publica?
La città è sempre stata governata dai più ricchi, che costituivano
l’assemblea più importante della città: il Senato; costoro prendevano
le decisioni più importanti ed i Senatori venivano mandati nelle
regioni conquistate per amministrarle, cosa che molto spesso
significava depredarle di ogni bene e ricchezza, naturale, economica
ed artistica, sia attraverso la riscossione delle imposte che attraverso
veri e propri furti e rapine. Del resto lo stesso esercito romano
aveva la sua primaria fonte di guadagno nelle ruberie che era
autorizzato a compiere ovunque arrivasse come vincitore.
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
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Chi si opponeva al potere del Senato trovava la morte: quando i
famosi fratelli Caio e Tiberio Gracco ( II sec a.c.) cercarono di
ottenere una più equa ridistribuzione delle terre pubbliche di
proprietà dello Stato, date in affitto per pochi soldi ai Senatori, essi
furono uccisi, da sicari incaricati dal Senato.
Grandi personaggi come Silla e Pompeo, che detengono un potere
simile all’assoluto, in realtà governano sostenuti dal Senato e grazie
al favore del Senato.
Dalla Res Publica all’Impero: cosa
cambia?
Cesare conquista per primo il potere senza
l’appoggio del Senato, anzi sostanzialmente
contro i senatori e Pompeo, fidandosi del favore
della plebe e verrà tradito e ucciso dagli
esponenti di una aristocrazia senatoria che non
intendeva cedere i propri privilegi ad uno solo.


Augusto trasformerà la Res Publica in Impero
senza farlo sapere al Senato, anestetizzandolo
con una ulteriore serie di favori, ricchezze e
privilegi, amministrando di fatto da solo lo stato
ed aprendo il via ad una trasformazione in realtà
solo apparente, perché nell’impero potere
ricchezze e privilegi resteranno sempre alla
famiglia dell’imperatore, al suo entourage ed ai
senatori che a lui saranno asserviti.
Religione ed inconscio
In tutti i popoli che abbiamo incontrato vi è uno spazio
riservato all’inconscio come modalità privilegiata di
avvicinamento al divino ed al trascendente, che
ovviamente risente dei limiti e delle difficoltà di
queste popolazioni politeiste di percepire la Verità di
Dio, ma che comunque testimonia una tensione ed
un desiderio di Dio, più o meno ampio, ma
presente, nel mito, nella scrittura, nella funzione
sacerdotale potenziata dall’uso di sostanze
psicotrope, negli oracoli e nei culti misterici molto
diffusi nelle aree mediterranee.
A Roma invece l’inconscio viene
bandito dall’ufficialità religiosa e
tutte quelle forme di divinazione
che ne prevedevano l’utilizzo, sia
pure inconsapevole, (oracoli,
sogni, incubazione) vengono
esclusi dalla pratica religiosa
ufficiale e relegati, anche se non
vietati, all’uso privato.
Le uniche pratiche divinatorie
ammesse ed utilizzate
esclusivamente dai magistrati
erano gli auspici ed il pullarium,
ovvero la lettura del volo delgi
uccelli (Romolo e Remo) e
l’osservazione del
comportamento delle oche
custodite in Campidoglio
(invasione dei Galli)
La forza dei Romani
Essere così concreti e calati nella realtà, saper affrontare e
gestire rischi e difficoltà e creare da un villaggio di pastori un
impero, sapendo volgere di volta in volta gli avvenimenti a
proprio vantaggio, tenendo saldo anche con la violenza il potere
conquistato, senza cedere mai neanche di fronte a ciò che a
volte è parso loro irrecuperabile, è certamente il nucleo della
forza dei Romani e certamente molto più efficace e positivo della
mente greca staccata da Dio e dall’anima che si perde nei
discorsi e nelle parole.
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La forza però, esercitata ed anche rafforzata in questo modo, se
è svincolata da Dio e dall’anima produce molta sofferenza,
perché non vede l’altro, non lo rispetta, non tiene conto della
dignità della persona e del suo valore
La condizione delle donne
Le donne erano trattate alla stregua di oggetti,
venivano letteralmente comprate.
Secondo la legge delle XII Tavole, uno dei modi per
acquistare una cosa era l’uso della stessa per un
anno se era una cosa mobile, di due anni se era
cosa immobile; così era anche per le donne,
tanto che spesso, per non cadere in possesso
del marito, si allontanavano per tre giorni prima
dello scadere dell’anno, evitando l’acquisto.
Una simile azione era in genere decisa dal padre
per ragioni patrimoniali. Se si atteneva a tutte le
regole pensate per lei, aveva alti riconoscimenti
pubblici: era la matrona, la moglie fedele che
alleva i figli, futuri cittadini romani, che resta in
casa e fila la lana ed è degna di grandissimo
rispetto da parte di tutti.
Comunque il marito poteva decidere
in qualunque momento di restituirla
al padre e se si era resa colpevole di
adulterio poteva essere uccisa dal
padre stesso e dai fratelli o dal
marito.

Le donne non avevano diritti, non
disponevano di sostanze e non
potevano ricevere eredità. Non
avevano diritto neanche ad un nome,
infatti venivano chiamate con il
nome della gens al femminile e se
erano più di una si aggiungeva un
soprannome, Maggiore, Minore,
Prima.

Le donne cominciano un loro percorso di emancipazione,
quando di fronte all’impoverimento della popolazione
maschile, per necessità, cominciarono a ricevere le
eredità delle loro ricchissime famiglie decimate dalle
guerre civili.
Alcune di loro cercarono di usare il sesso ed il denaro per
ottenere potere ed influire sulla vita politica romana
attraverso relazioni o matrimoni utili e convenienti. E’ il
caso di Clodia, famosa amante del poeta Catullo, che
tradisce più volte e che si vociferava fosse l’amante
incestuosa del fratello.
Di altre abbiamo notizie pungenti ed ironiche da Marziale e
Giovenale che le descrivono come adultere, corrotte,
frivole ed ormai senza più alcun pudore
Per le altre ancora rimane il silenzio di sempre e l’epigrafe
funebre che dice: domi mansi, lanam fecit, perché la
società degli uomini non le accetta se non così, oggetti
silenziosi di cui disporre.
Le conseguenze sulla sessualità
Anche in questo periodo di maggiore libertà e
affrancamento soprattutto dai padri ( I sec. d.c), le
donne restano comunque oggetti di compravendita.
Infatti Roma aveva dei grandissimi problemi demografici
legati a problemi di fertilità delle donne e all’alto tasso di
mortalità infantile.
In questa nuova e più grande libertà le donne romane
facevano largo uso di contraccettivi trasmessi
segretamente di generazione in generazione, abortivano
e quando si sposavano non sempre avevano figli.
Avere una moglie che sapesse generare era considerata una
fortuna invidiabile ed accadeva spesso che gli uomini ne
ripudiassero una sterile per chiedere ad un marito
fortunato di concedergli la propria moglie feconda in
sposa. La compravendita continua comunque.
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E’ nota la vicenda della moglie di Catone,
Marzia, richiesta per avere dei figli dal noto
avvocato Ortensio e la più nota vicenda di
Livia, moglie di Augusto, che viene richiesta
al marito, Tiberio Claudio Nerone, mentre
era incinta del suo secondo figlio, che
nascerà quando ormai era diventata sposa
di Augusto.
Oltre alle donne si compravano e vendevano
anche i figli, che in tali circostanze erano
considerati beni preziosi necessari per la
prosecuzione di una gens, a patto che
avessero superato infanzia e adolescenza.
La pratica dell’adozione era una necessità e
si adottavano giovani adulti quando non si
avevano discendenti legittimi. Ancora
Ottaviano è un esempio di tale pratica,
adottato da Cesare due anni prima della
sua morte.
La compravendita degli dei
Anche le divinità venivano in qualche
modo acquistate da Roma e questo
spiega come in questa città vi fossero un
altissimo numero di divinità straniere,
anzi possiamo dire che per quel
meccanismo di cui abbiamo detto, non vi
sono divinità che non siano straniere.
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Era previsto anche uno specifico rito, l’
”evocatio”, con il quale si invitava il dio
straniero a passare a Roma, dove
avrebbe trovato sacrifici e ricche offerte,
dopo questo rito in genere la città veniva
conquistata e la divinità straniera veniva
portata con solenne cerimonia a Roma.
Tutto è acquistabile a Roma, purchè sia
efficace alla politica espansionistica della
res publica e purchè preveda la corretta
esecuzione del rito di acquisizione.
La compravendita degli uomini
Tutto il sistema economico romano era basato sulla schiavitù.
Si diveniva schiavi per debiti o attraverso le guerre e si perdeva oltre
alla libertà la legittimità della propria dignità umana. Gli schiavi
erano considerati cose e non persone, oggetti in balia dell’arbitrio
del proprio padrone. Quando i senatori diventano sempre più ricchi
e si appropriano di un numero sempre maggiore di territori, solo il
lavoro degli schiavi è in grado di assicurare la coltivazione dei campi
e tutta l’attività produttiva delle ville, mentre i signori sono in città a
fare politica.
Si poteva essere liberati, ma questo accadeva raramente in epoca
arcaica, accadrà più di frequente in epoca imperiale quando
l’inflazione riguarderà anche gli schiavi, talmente numerosi, da
potersi permettere di liberarne alcuni per acquistarne di nuovi.
I divertimenti
I Ludi erano necessari per intrattenere la
plebe di Roma ed il loro allestimento
diviene ben presto parte integrante della
carriera politica, più i giochi organizzati
erano grandiosi più ci si procurava il
favore della plebe alle successive
elezioni.


Le corse delle quadrighe, le cacce, le
naumachie, fino al grande successo dei
giochi gladiatori, tutte prevedevano un
certo spargimento di sangue e alti premi
in denaro per i vincitori. Già dal I sec.
d.c. nel Colosseo i combattimenti di
animali e le battute di caccia erano
intervallate dall’esecuzione di schiavi e
criminali che avevano tentato la fuga e
che potevano essere sbranati dagli
animali feroci, crocifissi o arsi vivi.
Per riflettere…
Molti di questi comportamenti ci appartengono, sono i nostri.
Governanti che ascoltano inni nazionali davanti a bandiere che
sventolano, parlano del bene e della grandezza del proprio paese,
mentre in realtà pensano al proprio, chiamano in causa valori
religiosi solo quando sono loro utili, usano la legge, che non è
uguale per tutti, fanno esperimenti e provano armi chimiche e
nucleari a danno dei propri soldati, uccidendoli o menomandoli.
La violenza è anche da noi divertimento ed intrattenimento, abbiamo
problemi demografici, di fertilità e fecondità, usiamo contraccezione
ed aborto e li chiamiamo emancipazione.
La forza dei romani senza scrupoli, reale e concreta, ma senza Dio e
senza anima, tutta tesa alla conquista di potere e denaro, è quella
delle multinazionali e delle organizzazioni che per interessi
economici distruggono la produttività del suolo nel sud del mondo,
che creano OGM, che abbattono le foreste ed inquinano le acque,
che si oppongono al contenimento delle emissioni inquinanti, causa
dell’effetto serra…
La conquista della Grecia

Quando Roma sconfigge Cartagine e nello stesso anno
(146 a.c.) conquista definitivamente la Grecia, si avvia
un processo lento ma irreversibile, che porterà ad un
indebolimento sempre più evidente della forza romana,
minata dalla speculazione teorica che Roma non aveva
mai conosciuto.
 La filosofia, l’omosessualità, il culto per una bellezza
esteriore priva di contenuti e di sostanza sia nella poesia
che nell’arte si coniugheranno per un po’ ancora con
l’ideologia del potere e con la forza rappresentata
sempre più soltanto dagli eserciti e dalla violenza, per
poi lasciare definitivamente il posto ai barbari, gli unici in
grado di sostenere un impero così strutturato.
Adriano può essere un esempio
dell’ellenizzazione dell’Impero e
nello stesso tempo dello
svuotamento dell’ideologia che
dietro vi risiedeva, grande
cultore della grecità, è famoso
per aver abbellito Roma di edifici
e per essersi perdutamente
innamorato di un giovinetto al
quale dedicò numerose statue .
Il cristianesimo
Sotto la dominazione Romana della Galilea nasce Gesù Cristo, ma
passeranno diversi decenni prima che l’Impero si accorga dei
cristiani e anche quando se ne accorgerà in realtà li ignorerà.



Roma era abituata ai culti stranieri, alle divinità straniere, alla
diversità dei costumi. Sono due mondi che apparentemente
corrono paralleli, indisturbati, fino a quando con le persecuzioni
sarà necessario imporre l’autorità politica e ormai divina
dell’imperatore, messa in discussione dal cristianesimo.
Saranno però le persone ad accorgersi di Cristo, quelle persone
comprate e vendute, le donne e gli schiavi innanzitutto, quelle
considerate senza dignità e libertà, le cui anime erano però meno
condizionate dal potere e dal denaro. Queste persone troveranno
in Cristo la gioia della propria anima e spesso prenderanno la
croce del martirio cantando davanti ai ricchi e potenti attoniti e
sempre insoddisfatti.
Le persone convertite in Gesù riacquistavano dignità e
identità, indipendentemente dalle leggi, dai riti e dalle religioni
degli uomini.

Un’umanità sofferente, ferita ed oppressa da guerre,
distruzioni, torture e uccisioni di ogni tipo, ritrovava attraverso
il Figlio, il proprio Padre, un Dio Unico e Vero, il nutrimento
per la propria anima e la forza di una sessualità per l’amore
fuori da tutte le deviazioni


Nell’immagine e somiglianza a Dio, tutti gli uomini e le donne,
liberi e schiavi, ricchi e poveri potevano sperimentare una
comunione che univa tutti al di là delle culture, delle varie
religioni e dei vari costumi; chiamava gli uni alla solidarietà
verso gli altri, restituendo umanità ad un mondo che stava
annegando nella violenza e nel sangue.
 La persona, ritrovando la Forza e l’Amore di Dio, rimetteva
l’anima nell’Albero della Vita, e formava famiglie e comunità
nell’Amore, solidali e sussistenti.
Le radici cristiane dell’Europa
Il cristianesimo
costituisce una svolta determinante nella storia dell’occidente;
silenzioso arriva nella profondità del cuore dell’uomo e lo
cambia radicalmente, entra nel territorio dell’impero romano e
piano piano si afferma anche a livello di amministrazioni locali,
creando comunità attente ai bisogni le une degli altri, unica
realtà che sopravvivrà alla caduta dell’impero e che riuscirà ad
arginare la violenza dei nuovi invasori che, dal nord e dall’est,
scenderanno distruggendo ed uccidendo, realizzando
conversioni e nascita di nuove civiltà.

I primi cristiani però non nascevano cristiani: erano chiamati
ad un profondo cammino per liberarsi dai condizionamenti di
quel mondo corrotto. Per dirsi convertiti dovevano
testimoniare la fede con la loro vita e, al di là dei riti, essere
incarnati, crocifissi, risorti e in comunione come Cristo.
Il battesimo
Prima di ricevere i battesimo il candidato veniva introdotto nella
comunità da un fideiussore e dopo l'esame delle sue
condizioni di vita veniva avviato alla preghiera, al digiuno
ed alla penitenza.
Di regola seguiva una formazione triennale da parte di un
maestro per lo più laico; la contemporanea partecipazione
alla preghiera ed al culto divino comunitario della parola gli
dava modo di sperimentare la vita spirituale della comunità.
Un nuovo esame della condotta di vita introduceva alla
preparazione immediata degli eletti, detti catecumeni, per i
quali l'istruzione scritturale quotidiana come la vita di
preghiera, penitenza e testimonianza era accompagnata da
imposizioni delle mani di carattere esorcistico.
In questo ultimo periodo di preparazione, che
durava alcune settimane prima della data
pasquale del battesimo, entrava sempre più
in scena il vescovo come guida dei
catecumeni.
Ricevendo il battesimo il credente si
impegnava a vivere nel mondo, ma a non
essere di questo mondo (Gv 7, 14-16). Il
digiuno, come rinuncia al cibo, o
l'elemosina, come distacco dai beni,
rappresentavano una richiesta proposta a
tutti i cristiani. Un dono particolare di grazia
presupponeva invece la forma di vita
verginale.
Molti hanno testimoniato il battesimo nel
martirio, quando nei periodi delle
persecuzioni i cristiani erano catturati,
torturati nelle arene dei circhi, lapidati ed
uccisi.


I governanti ed i potenti, gli stati e le nazioni però non si
convertono, sono gli uomini che singolarmente decidono
di iniziare un percorso di conversione, accogliendo Cristo.
 Gesù chiama ogni persona ad una relazione personale
con Lui, accogliendo ciascuno la propria croce per
cercare la libertà dai condizionamenti che impediscono di
vivere una vera relazione con Dio. Per questo lo Stato,
l’Impero non possono accorgersi di Lui.
Con le parole si può anche affermare di credere, come si
può proclamare ad alta voce la supremazia dei diritti
umani, della giustizia, della dignità umana e poi di fatto
si può vivere come se non ci fossero.

Questo è quanto accade all’impero dopo la nascita di
Cristo
Costantino

Quando l’Imperatore Costantino dichiarerà la
libertà di culto per i cristiani non cambierà
molto per l’impero, che continuerà ad inseguire
potere, conquiste, supremazia e che in realtà
sarà costretto a riconoscere l’importanza del
cristianesimo, non per il messaggio di salvezza
che portava, quanto piuttosto perché i cristiani
ricchi e potenti erano molti e le continue
donazioni alla Chiesa avevano reso i beni
ecclesiastici ambiti e necessari all’Impero.
Questo riconoscimento poi non farà bene
neanche alla Chiesa che comincerà a trovarsi
sempre più imbrigliata in questioni di beni
terreni e di possedimenti, iniziando il suo lungo
percorso di gestione di un potere non più
spirituale, ma temporale, sempre più Stato
invece che comunità di credenti.

I popoli antichi sentivano la presenza di Dio, ma non
riuscivano a riconoscerlo, i Greci ne negano l’esistenza in
nome della ragione e di una discussione sterile ed
inconcludente che li porterà ad una rapida fine, i Romani
possiedono una grande forza, sono nella realtà e
costruiscono un grande impero, ma non hanno Dio, lo
riducono, svuotano la fede per sottometterla alle loro
necessità.


Cristo nasce nella storia, si fa uomo-Dio per mostrarci la
Via, la verità e la Vita, nella realtà, ma strettamente uniti
al Padre, ma anche dopo la Sua venuta si può vivere
senza di Lui.
MESSAGGIO URBI ET ORBI DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
NATALE 2006
"Salvator noster natus est in mundo“
(…) ha ancora valore e significato un "Salvatore" per l’uomo del terzo
millennio?
Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo
tempo di abbondanza e di consumismo sfrenato.
C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è
vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolleranze e
discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali,
nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio
corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato
dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in
un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la
solidarietà e la pace per tutti.
Oggi, proprio oggi, Cristo viene nuovamente "fra la sua gente" e a
chi l’accoglie dà " il potere di diventare figlio di Dio"; offre cioè
l’opportunità di vedere la gloria divina e di condividere la gioia
dell’Amore, che a Betlemme si è fatta carne per noi.
Oggi, anche oggi, "il nostro Salvatore è nato nel mondo", perché sa che
abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso,
l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene
e male, tra vita e morte. E’ proprio lì, nel suo intimo, in quello
che la Bibbia chiama il "cuore", che egli ha sempre necessità
di essere "salvato". E nell’attuale epoca post moderna ha forse
ancora più bisogno di un Salvatore, perchè più complessa è
diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le
minacce per la sua integrità personale e morale.
Cristo è il Salvatore anche dell’uomo di oggi. Chi farà risuonare in
ogni angolo della Terra, in maniera credibile, questo
messaggio di speranza? Chi si adopererà perché sia
riconosciuto, tutelato e promosso il bene integrale della
persona umana, quale condizione della pace, rispettando
ogni uomo e ogni donna nella propria dignità? (…)
Una nuova cultura per incontrare Cristo
Tutti noi siamo chiamati a rispondere in prima persona agli
interrogativi aperti del Santo Padre, noi in particolare che
abbiamo avuto la Grazia di poter sperimentare questa
nuova cultura di cui padre Angelo ci ha voluto rendere
partecipi, dall’inconscio alla missione, per poter
sperimentare in noi stessi la Pace e l’Amore per i quali
siamo stati creati e vivere il nostro battesimo, incarnati
nella realtà, ma uniti al Padre, figli di Dio, con la nostra
croce unita alla Croce di Cristo, ma finalmente liberi e
capaci di portare Cristo agli uomini di oggi senza dignità e
senza pace.
Anche oggi è infatti necessaria una nuova cultura, un
cammino profondo che permetta alla persona di incontrare
Cristo nella libertà dai condizionamenti culturali che sono
ancora attuali a distanza di secoli
Benedetto XVI: La persona
umana è “il cuore della pace”
“Rispettando la persona umana si promuove la
pace e costruendo la pace si pongono le
premesse per un autentico umanesimo
integrale.(…) Il cristiano è chiamato ad
essere infaticabile operatore di pace e
strenuo difensore della dignità della
persona umana e dei suoi inalienabili diritti.
(…) La pace è insieme un dono ed un
compito, dono da invocare con la preghiera,
compito da realizzare con coraggio senza
mai stancarsi. In Cristo noi cristiani
riconosciamo il Principe della pace. Egli si è
fatto uomo, è nato nella grotta di Betlemme
per portare la sua pace agli uomini di
buona volontà, a coloro che lo accolgono
con fede e amore.”
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20070108_storia_III_3