IX CONVEGNO NAZIONALE BIODIVERSITÀ Atti del convegno Vol. 2 Biodiversità, Alimenti e Salute A cura di: Generosa Calabrese Carmela Pacucci Wanda Occhialini Girolamo Russo 5-7 settembre 2012 Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari Valenzano, Bari (Italia) CIHEAM-IAMB, 2013 ORGANIZZATORI CIGM Centro Interuniversitario del Germoplasma Mediterraneo Uni Ba Università di Bari CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari CON IL PATROCINIO DI Uni Ba Università di Bari CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari UniBas Università della Basilicata CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche SISA Società Italiana di Scienza dell‟Alimentazione AISSA Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie Regione Puglia Assessorato alle Risorse Agroalimentari Consiglio Regionale della Puglia MiPAAF Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali CON IL CONTRIBUTO DI Uni Ba Università di Bari CIHEAM- IAMB Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari Life + Dinamo Villafrut Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia Banca Carime (Cassa di Risparmio Meridionale) Regione Puglia Assessorato alle Risorse Agroalimentari COMITATO SCIENTIFICO Elio ALBA Università della Basilicata Antonio BLANCO Università di Bari “Aldo Moro” Ferdinando BRANCA Università di Catania Generosa CALABRESE CIHEAM IAMB Tiziano CARUSO Università di Palermo Innocenza CHESSA Università di Sassari Luigi DE BELLIS Università del Salento Stefania DE PASCALE Università di Napoli “Federico II” Antonio ELIA Università di Foggia Cosimo LACIRIGNOLA CIHEAM IAMB Claudio LETO Università di Palermo Silvano MARCHIORI Università del Salento Vito MICCOLIS Università della Basilicata Giambattista POLIGNANO CNR-IGV - Bari Francesco SUNSERI Università di Reggio Calabria Angelo TURSI Università di Bari “Aldo Moro” COMITATO ORGANIZZATORE Girolamo RUSSO (Presidente) Università di Bari “Aldo Moro” Claudia BAUBLYS CIHEAM IAMB Venturino BISIGNANO CNR-IGV - Bari Laura D‟ANDREA Università di Bari “Aldo Moro” Giuseppe FERRARA Università di Bari “Aldo Moro” Mario GALANTE Università della Basilicata Angela Maria Stella MATARRESE Università di Bari “Aldo Moro” Carmela PACUCCI Università di Bari “Aldo Moro” Anna Rita SOMMA Biblioteca Consiglio Regione Puglia SEGRETERIA ORGANIZZATIVA DEL CONVEGNO Carmela PACUCCI (Segretaria) Università di Bari “Aldo Moro” Laura D‟ANDREA Università di Bari “Aldo Moro” Angela Maria Stella MATARRESE Università di Bari “Aldo Moro” © CIHEAM-IAMB, VALENZANO, 2013 SOMMARIO VOLUME II BIODIVERSITÀ ALIMENTI E SALUTE INTRODUZIONE COSIMO LACIRIGNOLA XI PRESENTAZIONE GIROLAMO RUSSO XIII CIBO, TERRITORIO, IDENTITÀ: LA VALORIZZAZIONE SOSTENIBILE CINZIA SCAFFIDI XIV RISORSE NATURALI E DIETE SOSTENIBILI ROBERTO CAPONE XVI 2.1. RISORSE ALIMENTARI E DIETA MEDITERRANEA GIUSEPPE MAIANI, ANGELA POLITO, ELENA AZZINI, DONATELLA CIARAPICA, ALESSANDRA DURAZZO, MARIA STELLA FODDAI, FEDERICA INTORRE, BEATRICE MAURO, LARA PALOMBA, EUGENIA VENNERIA, MARIA ZACCARIA 3 2.2. RACCOLTA DI SPECIE ORTICOLE NELLE AREE INTERNE DELLA BASILICATA VINCENZO MONTESANO, GIULIO SARLI, D. NEGRO, G. LOGOZZO, P. SPAGNOLETTI ZEULI 11 2.3. CARATTERIZZAZIONE BIO-AGRONOMICA E MOLECOLARE DEL GERMOPLASMA FRUTTICOLO CAMPANO MILENA PETRICCIONE, TERESA MIGLIOZZI, MARIA SILVIA PASQUARIELLO, LAURA RITA CAPUANO, ILARIA DI CECCO, DONATELLA DI PATRE, GIOVANNI SCOGNAMIGLIO, PIETRO REGA, GIUSEPPE CAPRIOLO, MARCO SCORTICHINI 17 2.4. RECUPERO DI ECOTIPI LOCALI DI ALBICOCCO (PRUNUS ARMENIACA L.) IN PUGLIA GIROLAMO RUSSO, LAURA D’ANDREA, VENTURINO BISIGNANO, GIAMBATTISTA POLIGNANO 25 2.5. MARCATORI DI QUALITÀ NUTRIZIONALE PER LA VALORIZZAZIONE DI LEGUMINOSE NAZIONALI TIPICHE MARINA CARBONARO, MIRELLA NARDINI, PAOLA MASELLI, ALESSANDRO NUCARA 34 2.6. BIODIVERSITÀ TRA RAZZE OVINE PER LA PRODUZIONE DELL’AGNELLO DA LATTE. 2. CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELLE CARNI FRANCESCO DIPALO, MARCO RAGNI, MASSIMO LACITIGNOLA, GIUSEPPE MARSICO, ARCANGELO VICENTI 40 2.7. LA BIODIVERSITÀ AGRARIA NELLE MARCHE: VALORIZZAZIONE NUTRIZIONALE DI LEGUMINOSE E CEREALI TIPICI GIANNA FERRETTI, TIZIANA BACCHETTI, SIMONA MASCIANGELO, AMBRA MICHELETTI 48 V 2.8. LA VITAMINA “C” NEI FRUTTI DI AGRUMI COME VALORE NUTRACEUTICO GIROLAMO RUSSO, LAURA D’ANDREA, TEODORA BASILE 55 2.9. CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E MORFOPOMOLOGICA DI GENOTIPI DI MELOGRANO (PUNICA GRANATUM L.) IN PUGLIA GIUSEPPE FERRARA, ANGELA MARIA STELLA MATARRESE, ANDREA MAZZEO, ANDREA PACIFICO, CARMELA PACUCCI, VITO GALLO, ISABELLA CAFAGNA, PIERO MASTRORILLI 59 2.10. VARIAZIONE DEI LIVELLI DI ALCUNI COMPOSTI A VALENZA NUTRACEUTICA E SALUTISTICA DURANTE LA MATURAZIONE IN BIOTIPI DI CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.) GIUSEPPE MENNELLA, GIANLUCA FRANCESE, ANTONIETTA D’ALESSANDRO, FRANCESCO RAIMO 69 2.11. PSR PUGLIA 2007-2013 E RECUPERO DI ORTAGGI A RISCHIO DI EROSIONE GENETICA ANGELO SIGNORE, ROCCO MARIANI, PIETRO SANTAMARIA 78 2.12. COMPOSIZIONE FENOLICA E VOLATILE DI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA MONOVARIETALI DELLE CVS CORATINA, FRANTOIO, LECCINO E PERANZANA DEL TERRITORIO DAUNO ANTONIO TRANI, MICHELE FACCIA, ROSSANA PUNZI, PASQUA LOIZZO, ANGELA CASSONE, EMIDIO ALVISI, GIUSEPPE GAMBACORTA 84 2.13. EFFETTI DEL DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI E DELLA DISPONIBILITÀ IDRICA SULLA QUALITÀ DELL'UVA E DEL VINO IN AMBIENTE CALDO-ARIDO DONATO ANTONACCI, ROSALINDA GENGHI, ENNIO LA NOTTE, ANTONIO COLETTA, SANDRA PATI 91 2.14. PROFILO ENZIMATICO DI ALCUNE ACCESSIONI DI POMODORO DA SERBO COLTIVATE IN SICILIA RICCARDO N. BARBAGALLO, CRISTINA PATANÈ, ISABELLA DI SILVESTRO, MARCO CHISARI 98 2.15. CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL PECORINO DI LATICAUDA A DIVERSI PERIODI DI MATURAZIONE CARMELA MARIA ASSUNTA BARONE, ROBERTO DI MATTEO, ANTONIO COPPOLA, ANTONIO ZULLO, FILOMENA INGLESE 106 2.16. RECUPERO E VALORIZZAZIONE DI VARIETÀ DI FRUTTIFERI E USI TRADIZIONALI NELL’APPENNINO REGGIANO CRISTINA BIGNAMI, ALBERTO BARONI, CRISTINA BARBIERI, SERENA ANNA IMAZIO, GIUSEPPE MONTEVECCHI 111 2.17. IL PROGETTO ESPLORA: RISULTATI PRELIMINARI IN FRAGOLA OTTOPLOIDE FEDERICA BRANDI, GIANLUCA BARUZZI, GUIDO CIPRIANI, WALTHER FAEDI 119 2.18. TRATTAMENTO DELLA PASTA DI OLIVE CON UN METODO AD ULTRASUONI E INFLUENZA SULLA QUALITÀ DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA OTTENUTO DA DUE DIFFERENTI CULTIVAR PUGLIESI (CORATINA E PARANZANA) MARIA LISA CLODOVEO, DOMENICO LA NOTTE, VIVIANA DURANTE, GIUSEPPE GAMBACORTA 124 2.19. VALORIZZARE I PRODOTTI DELLA BIODIVERSITÀ: IL PACKAGING NELL’ORIENTAMENTO DI ACQUISTO CARLO COSENTINO, ROSANNA PAOLINO, SEVERINO ROMANO, ANNA CHIARA BLASI, PIERANGELO FRESCHI 131 VI 2.20. EFFETTO DI DIFFERENTI PRATICHE AGRICOLE SULLA CAPACITÀ ANTIOSSIDANTE TOTALE IN DUE VARIETÀ DI INSALATA MARIA STELLA FODDAI, IRENE BAIAMONTE, NICOLETTA NARDO, FEDERICA INTORRE, SANDRA DI FERDINANDO, GIUSEPPE MAIANI, FLAVIO PAOLETTI 137 2.21. VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ VITICOLA: CARATTERIZZAZIONE AGRONOMICA ED ENOLOGICA DI ALCUNI VITIGNI AUTOCTONI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA MASSIMO GARDIMAN, MIRELLA GIUST, MARINA NIERO, ANNARITA PANIGHEL, FABIOLA DE MARCHI, MIRKO DE ROSSO, ANTONIO DALLA VEDOVA, RICCARDO FLAMINI 142 2.22. INFLUENZA DEL TRATTAMENTO DOMESTICO DI COTTURA SULLA QUALITÀ NUTRIZIONALE IN CAMPIONI DI RADICCHIO ROSSO DI TREVISO FEDERICA INTORRE, SIMONA VALENTINI, MARIA STELLA FODDAI, ELENA AZZINI, FRANCESCA IOANNONE, GIUSEPPE MAIANI 149 2.23. CARATTERIZZAZIONE QUALITATIVA DI FRUTTI DI FRAGARIA A DIVERSA PLOIDIA MARIA LUIGIA MALTONI, DANIELA GIOVANNINI, IRENE QUACQUARELLI, WALTHER FAEDI 155 2.24. BETALAINE E ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE IN OPUNTIA TUNA E CONFRONTI CON OPUNTIA FICUS-INDICA CARMINE NEGRO, ALESSIO APRILE, ERIKA SABELLA, LUIGI DE BELLIS, ANTONIO MICELI 161 2.25. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE SULLA COMPONENTE VOLATILE DI VINI BIANCHI DELLA REGIONE PUGLIA SANDRA PATI, DOMENICO LA NOTTE, MARIA LISA CLODOVEO, MARIAGIOVANNA FRAGASSO, BARBARA LA GATTA, DONATO ANTONACCI 168 2.26. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE SULLA COMPONENTE VOLATILE DI VINI ROSSI DELLA REGIONE PUGLIA SANDRA PATI, DOMENICO LA NOTTE, MARIA LISA CLODOVEO, MARIAGIOVANNA FRAGASSO, BARBARA LA GATTA, ANTONIO COLETTA 173 2.27. RECUPERO E CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA, PRODUTTIVA E QUALITATIVA DELLA PATATA “RICCIONA DI NAPOLI” ALFONSO PENTANGELO, BRUNO PARISI, ERNESTO LAHOZ, MARCO IANNUCCI, GERARDO GAUDIANO, ASSUNTA DI MAURO 178 2.28. CARATTERIZZAZIONE DI POPOLAZIONI LOCALI DI CATALOGNA PUNTARELLE (CHICORIUM INTYBUS L.) E ATTITUDINE ALLA TRASFORMAZIONE IN PRODOTTI PRONTI AL CONSUMO MARIA GONNELLA, MASSIMILIANO RENNA, DONATO GIANNINO, PIETRO SANTAMARIA 186 2.29. PROFILO POLIFENOLICO IN ECOTIPI DI POMODORO DA SERBO DI ORIGINE SICILIANA LAURA SIRACUSA, CRISTINA PATANÈ, GIUSEPPE RUBERTO 193 2.30. I FRUMENTI SICILIANI: IL CASO RUSSELLO ALFIO SPINA, FABIOLA SCIACCA, NINO VIRZÌ, MICHELE CAMBREA, STEFANIA LICCIARDELLO, MASSIMO PALUMBO 199 2.31. VARIABILITÀ DEL CONTENUTO DI ARBUTINA IN UVA URSINA (ARCTOSTAPHYLOS UVA-URSI (L.) SPRENG.) IN RELAZIONE AL BIOTIPO E ALL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE SILVIA TAVARINI, BENEDETTA CESTONE, LUCIANA GABRIELLA ANGELINI 206 VII 2.32. VALORIZZAZIONE DI SPECIE SPONTANEE PER LA PRODUZIONE DI COLORANTI VEGETALI PER PRODUZIONI INNOVATIVE DI NICCHIA E LO SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE SILVIA TAVARINI, EDOARDO BIONDI, LUCIANA GABRIELLA ANGELINI 212 2.33. VALUTAZIONE BIOAGRONOMICA DI ECOTIPI LOCALI DI FAVA CARLO TROCCOLI, BENIAMINO LEONI 218 2.34. PRODUTTIVITÀ DI ECOTIPI LOCALI DI CECE CARLO TROCCOLI, BENIAMINO LEONI 224 2.35. INDAGINE CHIMICO FISICA DELL’UVA PER LA VALORIZZAZIONE E CONSERVAZIONE DEI VITIGNI AUTOCTONI DELL'EMILIA ROMAGNA FRANCESCA MASINO, ANDREA ANTONELLI, SERENA ANNA IMAZIO, VALENTINA MATRELLA, GIUSEPPE MONTEVECCHI, ELISABETTA SGARBI, GIUSEPPE VASILE SIMONE, CRISTINA BIGNAMI 230 2.36. CONFRONTO DEI PARAMETRI QUANTITATIVI DELLE PRODUZIONI DI CARNE DI BOVINI DI CEPPO PODOLICO ALLEVATI IN PUGLIA (ITALIA) ED IN THESSALIA (GRECIA) DESPOINA KARATOSIDI, MARCO RAGNI, ANTONIO DOMENICO MARSICO, DONATELLA COLANGELO, ANGELA GABRIELLA D’ALESSANDRO, LIBORIO MELODIA, SIMONA TARRICONE 238 2.37. RISULTATI DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ NELL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE PER LA TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ DEL LAZIO (L.R. N. 15, 1 MARZO 2000) MARIATERESA COSTANZA, IMMACOLATA BARBAGIOVANNI M., GIORGIO CASADEI, SALVATORE DE ANGELIS, FRANCO PAOLETTI 245 2.38. RISULTATI DEL PROGRAMMA OPERATIVO SEMENTIERO DEL LAZIO IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE A TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ (L.R. N.15 1/03/2000) MARIATERESA COSTANZA, PIERFRANCESCO NARDI, STEFANO PAOLETTI, PAOLA TAVIANI, ROBERTO REA, LINO LELLI, LUCIANO MONTI, MAURIZIO MARCHETTI, MARIO BRANCALEONE, MASSIMO TANCA, ROMANA BRAVI, ELISABETTA FRUSCIANTE, FRANCESCO SACCARDO, ORIANA PORFIRI 252 2.39. “LENTICCHIA DI SOLETO”: STORIA LOCALE DI UN LEGUME MINORE RITA ACCOGLI, GINO DI MITRI, SILVANO MARCHIORI 262 INDICE DEGLI AUTORI 267 VIII IX X INTRODUZIONE La valorizzazione delle risorse genetiche, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico e la conservazione dell‟agro-biodiversità sono tematiche strettamente interconnesse e costituiscono sfide strategiche nello scenario futuro dell‟agricoltura mediterranea. La biodiversità del territorio e del paesaggio ed i servizi eco-sistemici che ne derivano sono temi da sempre al centro delle analisi di sistema e della ricerca, al fine di promuovere la gestione sostenibile delle risorse e del territorio, la tutela del paesaggio autoctono e degli habitat, mediante pratiche agricole sostenibili, pur mantenendo, al tempo stesso, uno sguardo lucido e attento alle esigenze produttive del settore primario. In merito a tali tematiche, l‟Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari (CIHEAM - IAMB), in collaborazione con il Centro Interuniversitario per il Germoplasma Mediterraneo (CIGM) e l‟Università degli Studi di Bari, ha avuto l‟onore di organizzare ed ospitare il IX Convegno Nazionale sulla Biodiversità, tenutosi dal 5 al 7 settembre 2012. L‟evento, articolato in tre giornate, ha visto a confronto scienziati, referenti istituzionali e politici, su tematiche relative alla tutela e valorizzazione della biodiversità, quale valida risorsa economica per lo sviluppo sostenibile dei territori. Il Convegno ha inteso declinare la tematica della biodiversità nei diversi e complementari ambiti delle risorse naturali, delle risorse genetiche, della pianificazione territoriale e del rapporto con il mondo dell‟agricoltura, favorendo il dialogo tra istituzioni e ricerca, per contribuire alla nascita di azioni coordinate rispetto alle necessità derivanti dalle più recenti analisi di scenario. Tale meeting ha rappresentato un‟utile occasione per riflettere sui nuovi indirizzi della politica di settore e le necessità della ricerca scientifica in considerazione degli scenari -nazionale e internazionale- delineati dalla Strategia Nazionale sulla Diversità Biologica, dall‟implementazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità Agraria e dalla nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC). Proprio muovendo dalla Strategia Nazionale sulla Biodiversità del Ministero dell‟Ambiente e grazie all‟implementazione del Trattato FAO sulle Risorse genetiche delle piante per l‟alimentazione e l‟agricoltura (PGRFA), numerosi relatori hanno sottolineato la valenza economica della biodiversità, risorsa da recuperare e conservare, in quanto binomio inscindibile con la sostenibilità. Uno spazio a parte è stato rivolto al rapporto tra biodiversità, alimenti e salute con riferimento allo stretto rapporto tra cibo e identità, diete sostenibili, territorio e valorizzazione dei prodotti tipici. Inoltre, particolare attenzione è stata dedicata all‟analisi del contesto relativo all‟interazione tra risorse naturali, pianificazione territoriale e rapporto con il mondo dell‟agricoltura. Tali tematiche, sviluppate nel corso di tre sessioni di studio, sono presentate nei tre volumi che costituiscono gli Atti. Il CIHEAM – IAMB è da tempo impegnato a vario titolo su tali tematiche, in quanto l‟agrobiodiversità e la caratterizzazione delle risorse genetiche sono alla base della valorizzazione del territorio mediterraneo, che passa anche attraverso la salvaguardia del germoplasma di alberi da frutto autoctoni, di cui gli olivi monumentali pugliesi sono prestigiosi ambasciatori. Inoltre, la biodiversità gioca un ruolo chiave in tema di alimentazione sostenibile ed in tale ottica si inserisce l‟impegno dello IAMB per promuovere un sistema regionale di produzione alimentare sano e sostenibile, secondo gli standard della dieta mediterranea e per favorire il consumo di prodotti locali e stagionali, in particolare incoraggiando le reti regionali a XI supporto delle decisioni pubbliche per la protezione, promozione e commercializzazione di prodotti mediterranei e lo sviluppo di sistemi produttivi sostenibili. Come Direttore dell‟Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, sono, pertanto, particolarmente lieto che gli Atti di questo Convegno possano arricchire e promuovere ulteriormente il dibattito tecnico tra le istituzioni, il mondo della ricerca scientifica, la società civile e tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta. Cosimo Lacirignola Direttore CIHEAM - IAMB XII PRESENTAZIONE Biodiversità e Sostenibilità formano un binomio inscindibile per la salvaguardia e la valorizzazione delle specie viventi. Nel 1992, dopo la Conferenza di Rio sulla Biodiversità che ha sottolineato l‟urgenza e la necessità della tematica, è nato il Centro Interuniversitario per le Ricerche Conservazione ed Utilizzazione del Germoplasma Mediterraneo (CIGM), con la finalità di agire soprattutto in relazione al difficile rapporto tra agricoltura e ambiente. A partire dalla metà del secolo scorso grazie a nuove tecniche e tecnologie, oggi anche nanotecnologie, il settore agro-alimentare-ambientale ha subìto molte trasformazioni. Tra le conseguenze di tali cambiamenti c‟è anche l‟abbandono dei sistemi produttivi ecocompatibili e la diffusione di sistemi prevalentemente monocolturali. Pertanto un gran numero di specie con potenzialità sconosciute si è estinto o ha subito gravi impoverimenti dei pool genici. D‟altro canto la diffusione delle abitudini alimentari dei Paesi industrializzati, con l‟eccessivo ricorso a prodotti alimentari sofisticati ma spesso qualitativamente poveri, ha determinato l‟insorgenza di malattie degenerative che oggi rappresentano gli aspetti fondamentali della problematica agro-alimentare-nutraceutica. Il recupero, la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione della Biodiversità facilitano la sostenibilità dell‟ecosistema, in quanto essa annovera aspetti ambientali, tecnologici, economici e sociali che favoriscono il recupero dei sistemi produttivi ecocompatibili ed il superamento del modello produttivo intensivo/superintensivo. In questo Convegno, giunto alla sua IX edizione, organizzato dall‟Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dal CIHEAM - IAMB e dal CIGM, che segue quelli svoltisi a Massafra (1995), Matera (1996), Reggio Calabria (1997), Alghero (1998), Caserta (1999), Bari (2001), Catania (2005) e Lecce (2008), verranno illustrati lo stato dell‟arte della ricerca in Italia, il suo grado di applicabilità per la valorizzazione dei sistemi produttivi nell‟ambito di uno sviluppo sostenibile. Come già avvenuto nelle edizioni precedenti, sarà un‟occasione di incontro tra ricercatori e studiosi del settore per stimolare ricerche innovative mirate alla riconciliazione del rapporto fra natura e umanità per lungo tempo conflittuale, in un percorso multidisciplinare in cui si possa trovare l‟essenza dell‟eco-sostenibilità. Infine colgo l‟occasione di ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti nell‟organizzazione di questo Convegno, come pure tutte le Istituzioni e gli Enti pubblici e privati che hanno concesso un supporto finanziario senza il quale questa manifestazione non si sarebbe potuta realizzare. Girolamo Russo Il Presidente del Comitato Organizzatore XIII CIBO, TERRITORIO, IDENTITÀ: LA VALORIZZAZIONE SOSTENIBILE L'idea di valorizzazione si situa su un crinale un po' pericoloso, per via della tentazione – quasi un automatismo – di collegare l'idea di valore all'idea del denaro, e quindi l'idea della valorizzazione ad attività che abbiano come obiettivo il profitto. Questo ha portato spesso ad iniziative quantomeno opinabili, a sbandieramenti di tipicità improvvisate e di tradizioni che le comunità locali non avevano mai nemmeno sentito nominare. E altrettanto spesso ha portato a concentrarsi su un prodotto, magari anche effettivamente radicato su quel territorio, ma che veniva comunicato senza considerare la rete delle competenze, delle conoscenze, delle condizioni e – quasi sempre – di ulteriori prodotti, che quella tipicità portava con sé, o di cui era – più correttamente – il risultato. Se il successo si misura in numero di turisti, in introiti per gli esercenti locali e quantità di citazioni sulla stampa di zona, sicuramente quelle operazioni sono anche state – e continuano ad essere – di successo. Se invece il successo si misura in grado di consapevolezza tra le comunità locali, in capacità di disseminare le informazioni, in robustezza di un tessuto culturale che intreccia in sé fili che arrivano da tante sorgenti diverse, allora le esperienze di successo sono sicuramente di meno, e soprattutto ci accorgiamo di quanta riflessione sia ancora necessaria, e di quanta formazione, affinché quella che chiamiamo valorizzazione assomigli più a una riconquista di senso (che prima o poi certamente si accompagnerà anche a benefici economici) che a una conquista di fette di mercato. Il caso della dieta mediterranea ci può essere d'aiuto, perché ha avuto, tra i suoi pregi, quello di stimolare riflessioni importanti e profonde. La dieta mediterranea è stata dichiarata dall'Unesco “Patrimonio immateriale dell'umanità”, il che per un verso riconosce la saggezza di un atteggiamento culturale complessivo che riguarda le relazioni sociali, il senso del tempo, del bello, il rapporto uomo-natura e molto altro ancora. È di questa cultura che siamo figli, noi donne e uomini del Mediterraneo, anzi di queste culture, perché il Mediterraneo è un luogo plurale (il vino o la pasta, appartengono solo a un pezzetto di Mediterraneo, per esempio) e dunque abbiamo accolto con soddisfazione questo riconoscimento. Tuttavia in quella parola – immateriale – si celava anche un pericolo: considerare la dieta mediterranea come un fatto puramente formale, mentre stiamo parlando di un regime alimentare basato su prodotti dell'agricoltura: riuscite ad immaginare qualcosa di più materiale? Nel secondo dopoguerra, quando Ancel Keys codificò la dieta mediterranea, il problema dell'alimentazione non si poneva in termini di sicurezza, né termini di qualità. Oggi, con un mercato globalizzato e la cultura alimentare ridotta a livelli di guardia, rischiamo che le regole auree della dieta mediterranea (prevalenza di cereali, frutta e verdura, moderato consumo di prodotti animali, rari dolci, presenza di olio di oliva) divengano scatole vuote: quale frutta e quale verdura mangeremo, coltivata come, quanto raffinati saranno i cereali (che più sono raffinati e più assomigliano a zuccheri semplici per il nostro organismo) e da che allevamenti provengono i prodotti animali? Se non riportiamo l'attenzione sulla produzione, anche la dieta mediterranea perderà significato e valore, e seguirla non sarà garanzia di salute. Così come occorre riportare l'attenzione su quando NON si mangia: quanto ci si muove, come ci si sposta, che tipo di qualità dell'esistenza abbiamo. XIV Riportare l'attenzione sulla produzione significa necessariamente riportarla sulla cultura, sugli stili di vita (a loro volta risultato di geografie e storie, ma anche di scelte politiche e intellettuali) che generano un determinato tipo di produzione. Ai tempi di Ancel Keys in qualche modo la sostenibilità non richiedeva scelte. Oggi siamo in una situazione completamente diversa: il ventaglio delle opzioni produttive e dunque alimentari che ci viene offerto è amplissimo, ma solo le scelte orientate alla sostenibilità sono scelte che riguardano, nella sua complessità, tutto un territorio e tutta una comunità. Bisogna stare attenti a non far diventare le idee delle etichette: le etichette servono per vendere e se questo è l'obiettivo possono funzionare; ma le idee servono per vivere, per crescere, e si possono semplificare ma solo fino al un certo punto, oltre il quale si tradiscono. Un esempio operativo di quanto detto finora ci viene dal progetto dei presidi di Slow Food. Dal punto di vista formale un Presidio è un'attività di valorizzazione di un territorio. La cosa più importante è che un Presidio inizia da un'esigenza di quel territorio e da un elemento di realtà di una comunità. Un prodotto a rischio di scomparsa che ha intorno un gruppo di produttori che pensano di poterlo salvare. Da lì muove i primi passi ogni progetto di Presidio Slow Food. Coinvolgendo le comunità, le istituzioni, le risorse del territorio e comunicando il senso di quel prodotto e il significato complessivo della sua scomparsa o della sua ripresa. Occorre dunque riconsiderare la nostra idea di benessere, di successo, di salute e di crescita per comprendere che portare a valore tutto questo è una delle sfide più importanti che oggi i territori sono chiamati a raccogliere. Cinzia Scaffidi Università di Scienze Gastronomiche – Bra (CN) XV RISORSE NATURALI E DIETE SOSTENIBILI L'agricoltura negli ultimi decenni ha fatto registrare notevoli passi avanti, anche se è evidente a tutti che gli attuali sistemi alimentari e le diete continuano a non essere sostenibili. Essi purtroppo hanno dimostrato per differenti motivi di essere inadeguati e non solo non hanno risolto il problema della fame e della malnutrizione nel mondo, ma hanno generato problemi di sovrappeso ed obesità che non hanno risparmiato nemmeno i paesi del sud dove è in corso una vera e propria deriva alimentare. Questo perché i meccanismi che regolano l'alimentazione seguono sempre più il criterio della quantità piuttosto che quello della qualità. L'industrializzazione dell‟agricoltura ed i trasporti su lunghe distanze, inoltre, hanno contribuito a far sì che la dieta che oggi la maggior parte del mondo moderno segue sia ricca di carne, prodotti caseari, grassi e zuccheri. Ma produrre della carne ha un impatto ambientale molto più alto rispetto alla produzione di vegetali e dunque il regime alimentare che noi tutti seguiamo ha inevitabili conseguenze sulle Risorse Naturali in termini di consumi idrici, emissioni di gas serra, perdita di biodiversità, etc. La produzione ed il consumo di cibo, infatti, generano un impatto ambientale in termini di emissioni di CO2, di consumo di terra e di risorse idriche. Se associamo questi elementi all‟allarmante rapidità con cui la biodiversità agricola si sta riducendo e con cui gli ecosistemi si stanno deteriorando, un riesame dei sistemi alimentari e delle diete risulta quindi assolutamente imprescindibile. È necessario promuovere e diffondere il concetto di Diete Sostenibili (DS) sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Le DS raccomandano stili alimentari più sani per l‟ambiente e per i consumatori, qualità del cibo, sicurezza qualitativa e quantitativa degli alimenti, in un contesto di globalizzazione e crescente industrializzazione che non pone alcuna attenzione alla biodiversità ed alla sostenibilità degli ecosistemi alimentari. Roberto Capone Amministratore principale - CIHEAM-Bari XVI II SESSIONE BIODIVERSITÀ, ALIMENTI E SALUTE 2.1. RISORSE ALIMENTARI E DIETA MEDITERRANEA FOOD RESOURCES AND MEDITERRANEAN DIET Giuseppe MAIANI, Angela POLITO, Elena AZZINI, Donatella CIARAPICA, Alessandra DURAZZO, Maria Stella FODDAI, Federica INTORRE, Beatrice MAURO, Lara PALOMBA, Eugenia VENNERIA, Maria ZACCARIA Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Via Ardeatina 546, 00178, Roma, [email protected] Riassunto Il cibo, sano e vario è garanzia di buona salute e rappresenta un elemento di identità sociale e culturale di un popolo. Nell‟ambito della popolazione italiana dal 1930 sino ad oggi, da paese agricolo a paese industrializzato, si riscontra una forte disponibilità alimentare, tuttavia oggi, si nota una forte diminuzione nel consumo di cereali, un aumento del consumo di frutta e vegetali e un aumento nel consumo di latte e derivati. In Italia, come nel resto dei paesi industrializzati, le strategie di marketing scoraggiano i produttori agricoli a coltivare ciò che il mercato non richiede spesso a scapito della qualità favorendo la riduzione della biodiversità. Inoltre, i flussi migratori in continua crescita, implicano delle modifiche nello stato sociale ed economico, nello stile di vita e nelle abitudini alimentari dell‟intera popolazione. Infatti, alimenti che provengono da una produzione agricola industriale e alimenti etnici sono divenuti sempre più popolari e facilmente disponibili in molti supermarket, ristoranti e negozi ciò a causa di una distribuzione a largo raggio e costi minori. L‟Italia, per la singolare conformazione geomorfologica, per le molteplici tipologie ambientali e per la diversità climatica, è il paese europeo più ricco di biodiversità e la conservazione del patrimonio biologico agroalimentare tradizionale per preservare le varietà locali andrebbe incentivata. I nostri risultati ottenuti nell‟espletamento di diversi progetti di ricerca hanno evidenziato una stretta correlazione tra il potenziale salutistico, la possibile “funzionalità” di un alimento e il territorio. Il territorio sta diventando un importante “fattore strategico di produzione e di mercato”: la promozione dei prodotti dovrebbe essere indirizzata verso un sistema di produzione sostenibile, che rispetti l‟ambiente e i principi di tracciabilità/rintracciabilità a partire dalla reintroduzione e dalla valorizzazione di specie locali coltivate in passato e ora trascurate, tutelando le scelte del consumatore. La dieta mediterranea, che si caratterizza come vero e proprio stile di vita, è un modello nutrizionale caratteristico rimasto pressoché inalterato nel tempo, basato sul consumo di prodotti strettamente connessi con il territorio di produzione, spesso consumati in un ambiente conviviale dopo preparazioni culinarie tradizionali. Dati di letteratura hanno evidenziato che gruppi di popolazione che vivono nell‟area mediterranea hanno una bassa incidenza di malattie CVD e delle cosiddette malattie del benessere (arteriosclerosi, ipertensione, diabete, obesità). Le nostre ricerche hanno dimostrano che soggetti sani in regime alimentare abituale mediterraneo presentano un aumento dei livelli plasmatici di composti antiossidanti e della capacità antiossidante plasmatica totale associati a una diminuzione di indicatori dello stato infiammatorio. In conclusione occorre studiare e preservare i prodotti tipici, specchio fedele delle tradizioni di un popolo, e il modello alimentare mediterraneo per sfruttarne al meglio le potenzialità 3 benefiche e salutistiche e sostenere le istituzioni locali dell‟agrobiodiversità. Parole chiave: Prodotti tradizionali, biodiversità, dieta mediterranea, antiossidanti, proprietà benefiche QUESTO LAVORO DI RICERCA È “BIODIVERSITÀ E AGROALIMENTARE: BIOVITA” FINANZIATO DAL MIPAAF. STATO REALIZZATO NELL‟AMBITO DEL PROGETTO STRUMENTI PER DESCRIVERE LA REALTÀ ITALIANA“ Abstract The food is an element of social and cultural identity of a people. Nowadays, there is a sharp decline in cereal consumption, increased consumption of fruits and vegetables and an increase consumption of milk and dairy products. In Italy, as in the rest of the industrialized countries, the marketing strategies discourage farmers to grow what the market does not require, and this may lead to the loss of quality and biodiversity. In addition, migration continues to grow and this involves changes in social and economic status, lifestyle and food habits of the population. In fact, foods that come from industrial production and ethnic foods have become increasingly popular and easily available in many supermarkets, restaurants and shops so because of a wide-ranging distribution and lower costs. Italy is Europe's richest country in biodiversity for its unique geomorphological configuration, for different types of environment or ecosystem and climatic conditions, and the preservation of traditional local varieties should be encouraged. Our results obtained in carrying out several research projects have shown a close correlation between the potential health benefit and the territory; the territory is becoming an important "strategic factor of production system and market": the promotion of products should be aimed at a sustainable production system based on the environment‟ preservation, on the reintroduction and valorization of local species and varieties, on the principles of traceability and by taking into account the consumer choices. The Mediterranean diet is a nutritional model, remained almost unchanged over time, based on the consumption of products closely related to the production area and often consumed in a convivial atmosphere after traditional culinary preparations. Literature data have shown that people living in the Mediterranean area have a low incidence of CVD disease and the so-called "diseases of affluence" (atherosclerosis, hypertension, diabetes, obesity). Our studies show that healthy subjects in normal Mediterranean diet exhibited increased plasma levels of antioxidant compounds and total plasma antioxidant capacity associated with a decrease in markers of inflammation. In conclusion, it is important the investigation and valorization of traditional products and the Mediterranean diet model for the optimization of their potential beneficial and healthy properties and for the preservation of agro biodiversity. Keywords: traditional products, biodiversity, Mediterranean diet, antioxidants, beneficial properties Introduzione La qualità dei prodotti agroalimentari si colloca all‟interno di un nuovo modo di fare agricoltura e di un mercato dei prodotti alimentari diversamente connotato e regolamentato. I 4 cambiamenti dei prodotti mediterranei riflettono l‟evoluzione del contesto produttivo delle filiere agricole e sono connessi alle dinamiche economiche e sociali che interessano le aree agricole e rurali mediterranee. Proprio il territorio e le risorse ambientali dei Paesi del bacino mediterraneo consentono di praticare l‟attività agricola secondo un‟ottica multifunzionale. Oggi si tende ad un‟agricoltura sostenibile, competitiva e multifunzionale attraverso l‟utilizzo di risorse naturali e l‟attenzione alle esigenze del consumatore. Alla sostenibilità ambientale viene così associata, di riflesso, quella economica (alti livelli occupazionali, bassi tassi di inflazione e stabilità nel commercio internazionale) e sociale (equità dei diritti umani e civili, immigrazione, rapporti tra le nazioni). Attualmente, la ricerca italiana del settore agro-alimentare è finalizzata alla valorizzazione della biodiversità per ottimizzare e promuovere il consumo delle varietà minori la cui scomparsa porterebbe ad una ulteriore riduzione di biodiversità. Un‟analisi comprensiva della relazione tra il consumo e la produzione alimentare è necessaria per incoraggiare patterns di consumi alimentari equilibrati che garantiscano sicurezza ed alta qualità nutrizionale e nel contempo un basso impatto ambientale. Tra gli alimenti peculiari del modello alimentare mediterraneo che si possono consumare crudi troviamo la frutta e la verdura, evidenziati da diversi studi (Vioque et al., 2008) come punto focale della qualità della dieta mediterranea, grazie alla presenza e all‟azione sinergica dei composti fitochimici. Queste componenti, che includono vitamine, polifenoli, glucosinolati e carotenoidi, pur presenti in piccole quantità giocano, nell'alimentazione umana, un ruolo fondamentale nell‟assicurare una migliore qualità e una maggiore durata della vita (Trichopolou e Vasilopoulou, 2000; Shahar e Grotto, 2006; Perez-Lopez et al., 2009). Oggi la dieta mediterranea si presenta come un valido modello di sostenibilità dal punto di vista salutistico, ambientale ed economico, contribuendo a preservare la qualità, la sicurezza alimentare e nel contempo a promuovere la gestione delle risorse ambientali attraverso sistemi di produzione agricola legati al territorio ed al patrimonio locale culturale. La dieta mediterranea appare una dieta sana, universalmente riconosciuta come un modello alimentare capace di garantire al nostro organismo salute e benessere. Una corretta alimentazione dovrebbe permettere un adeguato contributo di nutrienti per soddisfare le esigenze metaboliche dell‟organismo e garantire al consumatore sicurezza, qualità e varietà. Il regime alimentare mediterraneo sembra in grado di fornire una dieta equilibrata, adatta per tutte le età e si pensa possa ridurre significativamente il rischio di malattie croniche (WHO/FAO, 2003). La dieta mediterranea, che si caratterizza come vero e proprio stile di vita, è un modello nutrizionale caratteristico rimasto pressoché inalterato nel tempo, basato sul consumo di prodotti strettamente connessi con il territorio di produzione, spesso consumati in un ambiente conviviale dopo preparazioni culinarie tradizionali. Con l‟occidentalizzazione del regime alimentare, soprattutto tra le giovani generazioni, caratterizzato dal consumo di grandi quantità di carne, alimenti altamente trasformati e dolci, diventato molto più comune in Italia, la peculiarità di questo modello nutrizionale si va perdendo. Lo stile alimentare mediterraneo tradizionale che garantisce un adeguato apporto di carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali, antiossidanti e fibre, può essere identificato in un elevato consumo di frutta, verdura e cereali, olio d'oliva come principale fonte di grassi, basso consumo di carne e prodotti lattiero-caseari e il moderato consumo di vino. Negli ultimi anni, studi condotti sulla biodisponibilità dei composti fitochimici presenti in varie matrici alimentari, principalmente frutta e verdura, sia in modelli animali che nell‟uomo 5 hanno dimostrato come l‟apporto adeguato di molecole bioattive introdotte con la dieta, rappresenti una dose efficace, capace cioè di esplicare un effetto protettivo. È chiaro quindi come sia stretto il rapporto tra l‟effetto benefico delle molecole naturali, che coincide con il loro status di biologicamente attive, la loro biodisponibilità (Linos et al., 1999). Materiali e metodi Sono presentati in questo lavoro dati svolti nell‟ambito del progetto “Biodiversità e agroalimentare: strumenti per descrivere la realtà italiana“ BIOVITA” finanziato dal Mipaaf. Le proprietà antiossidanti sono state studiate tramite i saggi FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) e TRAP (Total radical-trapping antioxidant potential). Il saggio FRAP è stato effettuato mediante tecnica spettrofotometrica secondo il metodo di Benzie e Strain (1996). Il saggio TRAP è stato effettuato secondo il metodo di Ghiselli et al. (2000). La valutazione dei carotenoidi è stata effettuata mediante tecnica di cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC) applicando la metodologia descritta da Maiani et al. (1995). Il laboratorio è inserito a livello internazionale nel Quality Control del National Institute Tecnology USA ed è considerato laboratorio di riferimento. La vitamina C è stata valutata mediante tecniche di cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC) secondo il metodo di Margolis (1997), con alcune modifiche (Serafini et al., 2002). Risultati Nell‟ultimo decennio c‟è stata un‟estensione ed un arricchimento del concetto di qualità alimentare. La qualità sta diventando un parametro soggettivo, che differisce da individuo ad individuo e dipende dai punti di vista del consumatore: “la qualità dipende dalla persona, dal luogo e dal tempo” (Kapsak et al., 2008); il Libro Verde la Commissione Europea indica la qualità alimentare come “soddisfacimento delle aspettative dei consumatori” (Germanò, 2008). Oggi per i consumatori e i produttori la “tradizionalità” rappresenta un prerequisito di qualità alimentare. Dati reali sulla composizione nutrizionale degli alimenti di “nicchia e/o tipici” stanno diventando essenziali nel contesto della globalizzazione di mercato e di produzione per la formulazione delle qualità nutrizionali e c‟è un numero sempre maggiore di alimenti resi “interessanti” dalle loro proprietà preventive e terapeutiche. Risultati di ricerche condotte sui prodotti tipici/tradizionali hanno evidenziato una stretta correlazione tra il potenziale salutistico, la possibile “funzionalità” di un alimento e il territorio. In Tab. 1 è mostrato il contenuto in molecole bioattive in prugne coltivate e selvatiche (Tab. 1): le prugne selvatiche presentano un profilo in antiossidanti migliore rispetto al prodotto coltivato. La cicoria selvatica calabrese rappresenta un‟importante fonte di antiossidanti (Tab. 2). Il contenuto dei singoli antiossidanti sembra indicare un “miglior potenziale salutistico” di questi alimenti rispetto ai corrispettivi commerciali. Uno studio condotto su campioni di cicoria coltivata e selvatica ha evidenziato come la bollitura incrementi la quantità dei carotenoidi (luteina e β-carotene) presenti e come aumenti la loro concentrazione ripassando l‟alimento in padella, probabilmente per una migliore e facilitata estrazione di tali composti dalla parete cellulare vegetale per l‟aggiunta di olio (Fig. 1). Per contro la cottura causava la totale scomparsa della vitamina C, che persisteva nel prodotto fresco. Vari studi epidemiologici ed evidenze sperimentali hanno mostrato il ruolo preventivo di una corretta alimentazione verso carenze alimentari, disordini comportamentali e malattie 6 degenerative; tale legame sembra essere connesso al contenuto di nutrienti e non, di composti bioattivi, e quindi alla qualità alimentare (Dragsted et al., 2004; Halliwell et al., 2005). In uno studio condotto nell‟ambito del progetto Biovita, è stato valutato l‟effetto della qualità della dieta, principalmente sullo stato nutrizionale antiossidante, sullo stato infiammatorio e lo stress ossidativo in un gruppo di popolazione sana. In Tab. 3 sono riportati i consumi medi dei gruppi di alimenti tipici e non della dieta mediterranea per classi di MDS. Il 26% dei soggetti ha una bassa qualità della dieta (MDS ≤3), nel 45% del campione la qualità della dieta è media (MDS=4-5), mentre il 29% presenta un‟elevata qualità della dieta (MDS ≥6). Come atteso è possibile osservare un aumento nei consumi degli alimenti tipici della dieta mediterranea, ritenuti protettivi, ed una diminuzione negli apporti di alimenti considerati non tipici, all‟aumentare delle classi di MDS. In particolare nel campione esaminato una maggior aderenza alla tradizionale dieta mediterranea (MDS ≥6) è significativamente associata ad un maggior consumo di verdura (P<0.0008),di frutta (P<0.0000) e pesce (P<0.005) e un minor consumo di carne (P<0.02), di latte e derivati (P<0.002), di alcool, sebbene non statisticamente significativo ed un miglior rapporto tra MUFA e PUFA (P<0.00003) (Azzini et al., 2011). Da questo studio risulta che i soggetti con una maggior aderenza alla dieta mediterranea (MDS ≥6) sono significativamente associati a livelli plasmatici circolanti di luteina plus criptoxantina, α-carotene, β-carotene, vitamina E e lo stato degli antiossidanti endogeni risulta migliorato (Azzini et al., 2011). Conclusioni I risultati ottenuti evidenziano come il contenuto dei singoli antiossidanti è indice di un “miglior potenziale salutistico” degli alimenti, mostrando, in particolare, come i prodotti tipici presentino dei valori del potenziale antiossidante nettamente più alti rispetto ai prodotti commerciali. Gli effetti di abitudini alimentari salutari sono correlate alla qualità della dieta. Le abitudini alimentari e gli stili di vita sono determinate da fattori economici, sociali e personali e dall‟ambiente. La disponibilità e l‟accesso agli alimenti rappresenta un elemento chiave nella determinazione delle abitudini alimentari, così come la cultura, la tradizione, la modalità di consumo e la preparazione e cottura dei cibi. Bibliografia AZZINI E., POLITO A., FUMAGALLI A., INTORRE F., VENNERIA E., DURAZZO A., ZACCARIA M., CIARAPICA D., FODDAI M.S., MAURO B., RAGUZZINI A., PALOMBA L., MAIANI G., 2011. Mediterranean diet effect: an Italian picture. Nutrition Journal, 10: 125. 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WHO/FAO, 2003. Diet, nutrition and the prevention of chronic diseases. Technical Report, 916, Geneva, Switzerland. 8 Tab.1. Molecole bioattive in prugne coltivate e selvatiche Tab. 1. Bioactive compounds in cultivated and wild plums Prugne Luteina +Zeaxantina (mg/Kg) β-carotene (mg/Kg) Vitamina C (mg/100g) Coltivate 1.48±0.08 5.28±1.02 3.41±0.44 Selvatiche ** 1.38±0.22 7.54±1.11 ** 5.70±0.27 ** P<0.01 Tab. 2. Confronto tra le proprietà antiossidanti della cicoria selvatica e della cicoria commerciale (prodotto cotto). Tab. 2. Comparison of the antioxidant properties of wild and commercial chicory (cooked product). Provenienza del prodotto Cicoria di Pascolo Calabria Cicoria Commerciale *** FRAP (mmol/kg) TRAP(mmol/kg) 20.36±0.08*** 26.71±1.04*** 8.04±0.033 10.60±0.06 P<0.001 9 * nel prodotto bollito e cotto in padella la vitamina C non è rilevabile Fig. 1. Contenuto molecole bioattive di cicoria coltivata e selvatica cruda, bollita e ripassata in padella. Fig. 1. Content of bioactive molecules of cultivated and wild chicory raw and boiled. Tab. 3. Consumi medi delle classi alimentari* (g/die) in base alle classi MDS. Tab. 3. Average consumption of food classes * (g/die) based on MDS classes. % Cereali (g/die) Verdura (g/die) Legumi (g/die) Frutta (g/die) Pesce (g/die) Carne (g/die) Latte e derivati (g/die) Alcool(g/die) Rapporto MUFA/SFA Bassa (MDS≤3) Qualità della dieta Media Alta (MDS 4-5) (MDS≥6) Valori P 26 225 ± 53 167 ± 113 7 ± 19 162 ± 162 39 ± 40 161 ± 112 305 ± 160 9 ± 11 1.8 ± 0.4 45 248 ± 71 225 ± 127 18 ± 27 209 ± 188 61 ± 62 119 ± 65 227 ± 128 8 ± 12 2 ± 0.5 0.02 0.0008 0.02 0.00000 0.005 0.02 0.002 n.s. 0.00003 29 267 ± 76 261 ± 97 22 ± 23 389 ± 238 88 ± 96 114 ± 90 195 ± 170 5 ± 10 2.3 ± 0.6 *Food groups were adjusted to 2500 kcal for men and 2000 kcal for women Statistica: Anova. Fonte: Azzini et al., 2011 10 2.2. RACCOLTA DI SPECIE ORTICOLE NELLE AREE INTERNE DELLA BASILICATA COLLECTING VEGETABLE CROP GERMPLASM IN INLAND AREAS OF BASILICATA REGION Vincenzo MONTESANO1, Giulio SARLI1, D. NEGRO1, G. LOGOZZO2, P. SPAGNOLETTI ZEULI2 1 Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Genetica Vegetale - Centro Tematico per la Conservazione della Biodiversità Vegetale Mediterranea - Policoro (MT) 2 Università degli Studi della Basilicata - Dipartimento di Biologia, Difesa e Biotecnologie Agro-Forestali - Potenza Email: [email protected] Riassunto Al fine di salvaguardare la diversità biologica del germoplasma vegetale ortivo della Regione Basilicata, e per monitorare lo stato attuale dell‟erosione genetica, è stata condotta una missione di raccolta delle landraces e/o vecchie varietà conservate nelle aree interne. Per l‟identificazione dei siti da esplorare in ciascuno dei quattordici comuni individuati è stata adottata una strategia di campionamento basata sulla stratificazione del territorio sulla base della distribuzione della popolazione, tenuto conto anche della configurazione orografica; tramite software GIS, ogni territorio comunale è stato suddiviso in tre strata: 1. centri abitati, 2. gruppo di case, 3. casa isolata; per ognuna di queste tipologie sono stati individuati cinque siti da esplorare per un totale di 185. In 101 siti è stato possibile reperire germoplasma di specie orticole e gli „agricoltori-custodi‟ sono stati intervistati. In totale sono state raccolte 350 accessioni appartenenti prevalentemente ai generi Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon. La ricerca ha evidenziato che le landraces sono conservate da agricoltori anziani (età media di 60 anni), che conducono aziende agricole isolate e che utilizzano sistemi produttivi tradizionali. Il 12% delle accessioni sono state raccolte nei „centri abitati‟. Per salvaguardare questo ricco patrimonio genetico è ipotizzabile sviluppare una strategia di conservazione “on farm”. Parole chiave: raccolta di germoplasma, conservazione on farm, landraces di specie orticole Abstract To collect vegetable crop germplasm of Basilicata, South Italy, and to monitor the present risk of genetic erosion an expedition has been carried out in the inland areas. The whole territory of each selected town, by means of GIS software, was subdivided in three strata, based on the geographical distribution of population and on the orography and five sites were selected within: 1. city boundaries, 2. group of country houses, 3. isolated farm houses for a total of 185 sites. In 101 sites germplasm of vegetable crop species was gathered and the farmers-maintainers were interviewed. Altogether 348 vegetable crop accessions were collected, mainly of Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon genus. Our research shows that landraces are mostly grown by elderly farmers (average age of 60 years), running isolated farms, using traditional farming systems; only 12% of the collected landraces was found in the groups of country houses. Keywords: germplasm collecting, on farm conservation, vegetable crop species landraces 11 Introduzione Le specie vegetali coltivate, nel corso dei millenni, si sono evolute in una grande molteplicità di forme che soddisfano le esigenze dell‟uomo-agricoltore. L‟adattamento ai molteplici ambienti di coltivazione ha determinato la costituzione di “landraces” spesso geneticamente eterogenee e differenziate, la cui distribuzione geografica è strettamente legata alle tradizioni culturali delle popolazioni che le coltivano (Frankel et al., 1995). In Basilicata i mutamenti sociali e tecnologici del secolo scorso hanno determinato una forte erosione di questo patrimonio genetico e landraces di molte specie sono sopravvissute prevalentemente in aree isolate geograficamente dove sono ancora praticate forme tradizionali di agricoltura. La Regione si caratterizza per un elevato livello di agro-biodiversità ancora presente sul suo territorio, specialmente nelle aree interne centro-occidentali (Piergiovanni e Laghetti, 1999). Per salvaguardare questo ricco patrimonio genetico è stato avviato un programma di ricerca e raccolta di germoplasma orticolo nelle aree interne regionali, con lo scopo di determinare la possibilità di conservazione “on farm” dell‟agrobiodiversità. Materiali e metodi Sulla base di precedenti missioni esplorative di raccolta nel Sud Italia, anche elencati in una checklist (Hammer et al., 1990), di ricerche bibliografiche (Laghetti et al., 1993, 1995, 2003; Masi et al., 1999; Figliuolo et al., 2001; Logozzo et al., 2001; Piergiovanni et al., 2000; Polignano et al., 2001a, 2001b) e di comunicazioni personali da ricercatori ed agricoltori esperti del posto sono stati individuati quattordici Comuni nelle province di Potenza e Matera dei quali nove della Basilicata Occidentale, mediamente ad altimetria più elevata e caratterizzati da una maggiore quantità di precipitazioni e con un‟agricoltura meno sviluppata, e cinque della Basilicata Centrale (Petrarca et al., 1999). Complessivamente i 14 Comuni individuati occupano una superficie di 1.268,75 km2 e quasi tutti sono classificati nella zona altimetrica “Montagna”. La popolazione totale è 68.784 abitanti, la densità media oscilla da 13,3 a 252,7 abitanti per km2 e l‟indice di vecchiaia medio è di 150,9 % (Istat, 2001). Sono stati visitati i territori dei Comuni di: Atella, Baragiano, Cersosimo, Marsico Nuovo, Paterno, Rapone, Rionero in Vulture, Rotonda, Senise, Terranova del Pollino e Venosa per quanto riguarda la provincia di Potenza e Aliano, Stigliano e Tricarico per la provincia di Matera (Fig.1). Per l‟identificazione dei siti da esplorare in ciascun comune è stata adottata una strategia di campionamento basata sulla stratificazione del territorio comunale in base alla distribuzione della popolazione, tenuto conto anche della configurazione orografica. Il territorio di ciascun Comune è stato suddiviso, sulla base della concentrazione di abitanti, in tre strata: 1. centro abitato, 2. gruppo di case, 3. casa isolata. Per ogni tipologia, utilizzando il software GvSig 1.1, sono stati individuati cinque siti rappresentativi da esplorare. In ogni sito esplorato sono stati intervistati gli agricoltori e le informazioni raccolte sono state inserite in un database appositamente disegnato. Risultati e discussione Sul totale dei 210 siti previsti ne sono stati esplorati in totale 185 poiché in cinque Comuni non sono presenti siti del tipo "2. gruppo di case". In totale sono state raccolte 350 accessioni rappresentative di 10 famiglie botaniche (Cucurbitaceae, Leguminosae e Solanaceae in prevalenza, con valori del 20%, 15% e 10% rispettivamente), 28 generi (in prevalenza Phaseolus, Capsicum e Lycopersicon) e 38 specie (Tab. 1). 12 In media sono state reperite venticinque accessioni e nove specie per Comune (Tab. 2), in prevalenza conservate da agricoltori anziani (età media di 60 anni) che vivono nelle case isolate delle zone rurali. Pomodoro (Lycopersicon esculentum Mill.) e peperone (Capsicum annum L.) sono stati raccolti in quasi tutte le località tranne che nel territorio di Cersosimo. Altra specie molto diffusa è la zucca che non è stata trovata solamente a Paterno. Landraces di melanzana (Solanum melongena L.) sono state raccolte solo nei paesi situati nell‟area Sud-Ovest della Regione (Senise e Paterno). Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) è risultato presente solo nella Basilicata occidentale ed in territori tra di loro vicini (Terranova del Pollino - Cersosimo Rotonda, Marsico Nuovo - Paterno e Atella - Rionero in Vulture), facendo presupporre una diffusione della specie facilitata dalla contiguità territoriale e similarità degli ambienti di coltivazione. La maggior parte degli ecotipi sono stati reperiti in aziende agricole isolate (3. casa isolata) (47% delle accessioni raccolte e 45% delle specie) e che utilizzano sistemi produttivi tradizionali. Il 12% delle accessioni sono state raccolte nei „centri abitati‟ (Fig. 2). Dato che la persistenza nel tempo delle landraces è attribuibile al loro valore culturale, alle condizioni di isolamento geografico, alle preferenze estetiche ed organolettiche degli "agricoltori-custodi" (Brush e Meng, 1998), nonostante la loro più ridotta produttività rispetto alle varietà moderne, e dato che la conservazione on farm degli agricoltori non garantisce la loro stessa conservazione nel tempo, si potrebbe ipotizzare l'incentivazione economica degli agricoltori-custodi, al fine di sopperire la perdita economica che ne deriverebbe rispetto alla coltivazione delle più produttive varietà moderne. Bibliografia BRUSH S.B., MENG E., 1998. Farmers‟ valuation and conservation of crop genetic resources. Genetic Resources and Crop Evolution, 45: 139-150. FIGLIUOLO G., CANDIDO V., LOGOZZO G., MICCOLIS V., SPAGNOLETTI ZEULI, P.L., 2001. Genetic evaluation of cultivated garlic germplasm (Allium sativum L. and A. ampeloprasum L.). Euphytica, 121(3): 325-334. 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Vegetable crop germplasm collected in 14 Cities in internal areas of Basilicata Region Nome comune Specie Pomodoro Fagiolo Peperone /Peperoncino Zucca Mais Cima di rapa Lycopersicon esculentum Phaseolus vulgaris Capsicum annum Zucchino Melone Prezzemolo Sedano Lattuga Cipolla Scarola Rucola Senape Cetriolo Fava Melanzana rossa Finocchio Girasole Cavolo Lagenaria Basilico Bietola Zucca Cece Melanzana Porro Aglio Cicoria catalogna Cavolo broccolo Cavolo verza Anguria Frumento Origano Cicerchia Lenticchia Pisello Totale Cucurbita spp. Zea mays Brassica campestris subsp.oleifera Cucurbita pepo Cucumis melo Petroselinum sativum Apium graveolens Lactuca sativa Allium cepa Cichorium endivia Eruca sativa Sinapis alba spp. alba Cucumis sativus Vicia faba Solanum aethiopicum Foeniculum vulgare Helianthus annuus Brassica oleracea var. capitata Lagenaria siceraria Ocimum basilicum subsp. minimum Beta vulgaris Cucurbita pepo Cicer arietinum Solanum melongena Allium ascalonicum Allium sativum Cichorium intybus Brassica oleracea var. italica Brassica oleracea var. sabauda Citrullus lanatus Triticum durum Origanum vulgare Lathyrus sativus Lens culinaris Pisum sativum 38 15 Accessioni raccolte (n°) (%) 69 19,71 66 18,86 58 16,57 36 15 9 10,29 4,29 2,57 9 8 7 6 5 4 4 4 4 4 4 4 3 3 3 2,57 2,29 2,00 1,71 1,43 1,14 1,14 1,14 1,14 1,14 1,14 1,14 0,86 0,86 0,86 3 3 0,86 0,86 2 2 2 2 1 1 1 1 0,57 0,57 0,57 0,57 0,29 0,29 0,29 0,29 1 0,29 1 1 1 1 1 1 350 0,29 0,29 0,29 0,29 0,29 0,29 100 Tab. 2. Numero di accessioni raccolte e specie rinvenute nei 14 Comuni esplorati della Regione Basilicata Tab. 2. Accession number and species collected in the 14 explored Cities of Basilicata Region Basilicata Occidentale Basilicata Centrale Accessioni (n) Specie (n) Rionero in vulture Atella Rapone Baragiano Marsico nuovo Paterno Rotonda Terranova del pollino Cersosimo 32 25 12 19 40 28 34 41 11 15 11 3 10 11 6 6 9 6 Totale 242 77 Comune Comune Venosa Tricarico Stigliano Aliano Senise Accessioni (n) Specie (n) 11 28 25 16 26 5 8 15 9 15 106 52 Fig. 2. Frequenza delle accessioni raccolte (raggruppate per classi di specie) per tipo di insediamento. Fig. 2. Frequency of the collected accessions grouped for class of species. 16 2.3. CARATTERIZZAZIONE BIO-AGRONOMICA GERMOPLASMA FRUTTICOLO CAMPANO E MOLECOLARE DEL BIO-AGRONOMIC AND MOLECULAR CHARACTERIZATION OF FRUIT TREES GERMPLASM OF CAMPANIA REGION (ITALY) Milena PETRICCIONE, Teresa MIGLIOZZI, Maria Silvia PASQUARIELLO, Laura Rita CAPUANO, Ilaria DI CECCO, Donatella DI PATRE, Giovanni SCOGNAMIGLIO, Pietro REGA, Giuseppe CAPRIOLO, Marco SCORTICHINI C.R.A. - Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Via Torrino, 3, 81100 Caserta, [email protected] Riassunto Le particolari condizioni geo-pedologiche e climatiche della Campania hanno consentito lo sviluppo di una frutticoltura estremamente varia con la coltivazione di un‟ampia gamma di specie anche con esigenze termiche molto diverse tra loro. La riscoperta e lo studio di varietà frutticole locali, oltre a rappresentare un mezzo di salvaguardia di cultivar locali a rischio di erosione genetica, consente di arricchire l‟offerta del panorama varietale esistente, ampliando la gamma con varietà autoctone, potenzialmente caratterizzate da proprietà nutrizionali e salutistiche specifiche e non livellate su standard organolettici comuni. Nell‟ambito del progetto “Network per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche agro-alimentari (AGRIGENET)”, finanziato dalla Regione Campania nell‟ambito del PSR misura 214-azione f2, l‟Unità di Ricerca per la Frutticoltura si sta occupando del reperimento e della caratterizzazione bio-agronomica e molecolare di accessioni locali del germoplasma frutticolo di melo, ciliegio e pesco. In particolare, in questa prima fase del progetto, l‟attività di reperimento delle accessioni delle diverse specie frutticole, svolta nei diversi areali campani, ha consentito il recupero di buona parte del patrimonio varietale autoctono di melo e di ciliegio. Le metodiche di identificazione varietale comunemente utilizzate nelle specie frutticole, si basano sulle valutazioni delle caratteristiche fenologiche, agronomiche, biometriche e pomologiche che possono essere influenzate da condizioni ambientali e di coltivazione richiedendo, conseguentemente, numerosi anni di osservazioni e valutazioni per ottenere un giudizio definitivo. Il lavoro di reperimento e di caratterizzazione su base bio-agronomica appare pertanto importante e permette già di fornire alcune indicazioni utili sul comportamento di alcune delle accessioni portando all‟acquisizione di un considerevole numero di dati che si rivelano utili come descrittori del materiale in esame. A supporto di queste metodiche, le tecniche di marcatura del DNA rappresentato una valida alternativa per l‟identificazione varietale sia per il loro notevole potenziale discriminante fra genotipi, sia per la loro “neutralità” rispetto alle condizioni ambientali. L‟integrazione tra i dati bio-agronomici e molecolari consente di caratterizzare le diverse accessioni frutticole campane rispetto alle cultivar standard e mettere in evidenza, in maniera inequivocabile, casi di sinonimia ed omonimia tra le accessioni individuate. Parole chiave: melo, ciliegio, germoplasma, conservazione ex situ Abstract In Campania region (southern Italy), the particular soil and climatic conditions affect the cultivation of a wide range of fruit tree species with different requirements. The study and 17 possible valorization of local fruit crops, often including rare varieties/ecotypes, is an effective way for the preservation of germplasm under the risk of genetic erosion. At the same time, it allows to potentially increase the offer if particular traits such as organoleptic, nutritional an safe benefits are pointed out. Within the project "Network for the protection and management of genetic resources, agrofood (AGRIGENET)", financed by Campania Region (Italy) PSR 214-f2 action, the research unit for Fruit Trees (CRA) of Caserta, aims to carry out bio-agronomic and molecular characterization of the local germplasm of apple, sweet cherry and peach. In the first phase of the project, it was performed a survey of germplasm in different areas of Campania, mainly concerning apple and sweet cherry. The identification of cultivars/ecotypes is commonly based on the evaluations of phenological, agronomic, pomological and biometrics characters that, however, can be influenced by cultivation and environmental conditions and many years of observation and assessment are required to provide a definitive characterization. The bio-agronomic characterization appears important and can provide some useful information on the behavior of some of the varieties/ecotypes, and it also allows the acquisition of an relevant number of data that are useful in the cultivar descriptions. In support of these methods, the genetic characterization represents a valid alternative for the identification of varieties/ecotypes both for their great potential of discrimination between genotypes and for its “neutrality” with respect to environmental conditions. The integration of bio-agronomic and molecular data allows to characterize different cultivars/ecotypes and discover cases of synonymy and homonymy. Keywords: apple, sweet cherry, germplasm, ex situ conservation Introduzione In Campania la secolare forte vocazione frutticola è stata sempre basata su un vasto numero di varietà tradizionali adatte a precise condizioni pedoclimatiche e particolari tecniche colturali. Negli ultimi anni in risposta alle richieste di mercato, le vecchie cultivar sono state gradualmente sostituite da cultivar migliorate con una conseguente riduzione della variabilità genetica. Nonostante ciò alcuni studi dimostrano che molte cultivar tradizionali continuano a sopravvivere, spesso in aree marginali della nostra penisola (Moccia et al., 2004; Cavanna, 2008). La necessità di conservare l‟agrobiodiversità è ormai avvertita da tempo, e oggi ha assunto un significato più ampio che comprende la valorizzazione dei territori e lo sviluppo economico degli stessi. Conservare le risorse genetiche agrarie significa non solo salvaguardare alcune coltivazioni che caratterizzano un territorio ma anche il patrimonio culturale e l‟assetto paesaggistico e ecologico ad esse legate (FAO, 2001). L‟interesse per le antiche varietà frutticole è da metter in relazione alla necessità di conservare un patrimonio genetico unico, derivato dalla secolare saggezza dei coltivatori e selezionatori nazionali e locali. Le cultivar antiche a distribuzione locale costituiscono importanti risorse genetiche per incroci, in particolare al fine di conferire resistenza a parassiti e malattie, di migliorare l‟adattamento agli ambienti locali e di prevenire i rischi coinvolti nella monocultura di individui geneticamente identici (Harris et al., 2002). Esse possono infatti rappresentare una fonte di caratteri utili ai fini del miglioramento genetico; inoltre alcune sono incluse nei disciplinari per l‟ottenimento di produzioni tipiche protette dai marchi europei IGP e DOP. Una strategia di conservazione affidabile per il recupero delle vecchie cultivar è necessariamente conseguente ad un‟accurata individuazione delle stesse, che se affidata 18 esclusivamente alla morfologia, risente di svariati problemi. In primo luogo, vi è la difficoltà di distinguere cultivar pomologicamente molto simili; in secondo luogo, le antiche varietà possono avere elevata eterogeneità genetica, cui corrisponde elevata variabilità nelle caratteristiche agronomiche e pomologiche come forma, colore e tessitura dei frutti. Si rende pertanto indispensabile, affiancare alla caratterizzane bio-agronomica, una caratterizzazione mediante l‟uso di marcatori molecolari. Oltre a quanto appena sottolineato, i marcatori molecolari hanno, come vantaggi rispetto alle metodiche di altro tipo, elevata sensibilità, maggiore velocità e riproducibilità delle analisi (Guilford et al., 1997). Tra la grande quantità di marcatori molecolari disponibili, sono stati scelti i microsatelliti (Simple Sequence Repeat-SSR), che hanno già dimostrato la loro utilità nella discriminazione di cultivar commerciali di melo (Guilford et al., 1997; Liebhard et al., 2002). Materiali e metodi Analisi bio-agronomiche e pomologiche - Il reperimento delle accessioni è stato effettuato per le accessioni di ciliegio presso il campo di conservazione del germoplasma presso l‟Azienda Sperimentale Improsta di Eboli (SA) della Regione Campania, per le accessioni di melo presso il campo collezione del germoplasma della Regione Campania presso il vivaio forestale Fizzo di Airola-Bucciano (BN) oppure presso agricoltori custodi. Tutti i rilievi sono stati effettuati utilizzando descriptor list elaborati dai principali enti preposti alla caratterizzazione e conservazione del materiale vegetale (UPOV, IPGRI), adeguata alle principali caratteristiche pomologiche (forma e dimensione del frutto, peso unitario, colore della polpa e grado di succulenza, forma e dimensioni dei semi, lunghezza del peduncolo e facilità al distacco), dei caratteri della foglia e del fiore, delle caratteristiche dell‟habitus e di quelle fenologiche e di produttività delle piante. I frutti raccolti, di ogni varietà, sono stati trasferiti nel laboratorio di pomologia dell‟Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Caserta e sottoposti ad analisi distruttive. Sono stati determinati i parametri fisico-chimici quali durezza, contenuto di solidi solubili espressi come °Brix (mediante rifrattometro digitale Kruss), pH del succo e contenuto di acidi totali espressi come grammi/litro di acido malico, mediante titolazione con NaOH 0,1N. I dati rilevati sono stati sottoposti ad analisi statistica. Analisi molecolari - Il DNA è stato estratto da 0.2 g di giovani foglie di melo usando la procedura modificata descritta da Thomas e collaboratori (1993). Le analisi molecolari sono state condotte utilizzando cinque loci SSR riportati in Tab.1. La miscela di PCR, per l‟amplificazione è stata realizzata in un volume di 20 μL contenente 50 ng di DNA, 0.5 U di Taq-DNA polimerasi (AmpliTaq Gold, Applied Biosystems Inc., Foster City, Calif.), 2 μL di buffer PCR 10X (100 mM Tris-HCl, pH 8.3, 500 mM KCl), 2 mM MgCl2, 200 μM dNTPs e 0.5 μM di ogni primer. Le condizioni di PCR prevedevano: una fase iniziale di denaturazione a 95°C per 9 min seguita da 26 cicli ripetuti comprendenti: una fase di denaturazione (30 sec at 95 °C), una fase di appaiamento dei primers ai due filamenti di DNA (annealing) (variabile a seconda del primer), e l‟ultima fase di estensione (90 sec at 72 °C). Al termine dell‟ultimo ciclo è stata effettuata una fase finale di allungamento a 72 °C per 30 min. I primers forward erano marcati con un fluorocromo (6FAM o HEX), i prodotti di amplificazione sono stati analizzati usando un sequenziatore capillare ABI-PRISM 3130 (Applied Biosystems). I risultati della corsa sono stati processati con il software GeneMapper e la lunghezza degli alleli è stata stimata usando GeneScan-500 LIZ (Applied Biosystems). 19 Il dendrogramma, che rappresenta graficamente le similarità genetiche calcolate utilizzando l‟indice di Jaccard (Jaccard, 1908), è stato costruito mediante il metodo UPGMA (Unweighted Pair Group Method with Arithmetic average; Sneath e Sokal, 1973). Risultati e discussioni Melo - Complessivamente sono state individuate 39 vecchie cultivar di melo, 18 delle quali sono state caratterizzate dal punto di vista pomologico (Tab. 2) e su 7 sono state effettuate le prime analisi molecolari. I risultati ottenuti mettono in evidenza che in Campania si è differenziato un patrimonio genetico molto ricco e variegato. Le cultivar Austegna ed Agostinella Rossa sono le uniche due mele a maturazione estiva, mentre tutte le altre sono mele a maturazione autunnale ad eccezione di Bianca di Grottolella che risulta a maturazione invernale. Una notevole variabilità è stata analizzata tra le diverse cultivar in termini di dimensioni e forma del frutto. Molte delle accessioni hanno frutti piccoli con pesi medi inferiori ai 110 g, ad eccezione di Zampa di Cavallo e Trumuntana che presentano frutti molto grossi con pesi medi rispettivamente di 210±12 g e 260±15 g. La forma è appiattita nella cultivar Fierro mentre nelle altre è ellissoidale, sferoidale o tronco-conico breve. Molte delle accessioni presentano colore di fondo verde o giallo-verde e poche accessioni mostrano sovraccolore rosso. Zampa di Cavallo e Trumuntana, inoltre, presentano rugginosità diffusa e lenticelle grandi e rugginose sui frutti. La polpa è generalmente biancastra ad eccezione di Arito che presenta una colorazione verdognola. Nell‟ambito del progetto sono stati valutati anche su 4 ecotipi di Limoncella reperiti in diversi comuni della Campania. La Limoncella è una vecchia cultivar italiana che veniva coltivata diffusamente nell‟Italia centro Meridionale, i diversi ecotipi analizzati non mostrano differenze in termini di produttività, pezzatura e morfologia del frutto. Essi sono caratterizzati da un gusto acidulo infatti il contenuto di acidi titolabili risulta essere mediamente di 11,8±1,7 g/l acido malico. Le primi analisi molecolari sono state condotte su 7 delle cultivar identificate. Il dendrogramma (Fig. 1) ottenuto dalla cluster analisi mostra ampie differenze genetiche fra le accessioni di melo individuate, con due principali raggruppamenti “A” e “B”. Il cluster “A” è a sua volta articolato in 2 sub-cluster, il primo con molte delle cultivar analizzate e il secondo contenente la cultivar Sergente e alcune delle cultivar prese come riferimento (Renetta di Champagne, Red Chief). Il cluster “B” contenente le altre cultivar prese come riferimento (Renetta Grigia, Renetta del Canada e Golden B) e un caso di sinonimia. Dalle analisi molecolari, infatti, è emerso che la cultivar Zampa di Cavallo è triploide ed è un sinonimo della “Renetta del Canada” avvalorando quanto già emerso dalle osservazioni pomologiche. Ciliegio - Complessivamente sono state individuate 50 vecchie cultivar di melo, 27 delle quali sono state caratterizzate già dal punto di vista pomologico (Tab. 2). Il calendario di maturazione di queste accessioni ha un‟estensione non superiore alle cinque settimane. La dimensione dei frutti è variabile la maggior parte delle accessioni ha frutti medio-piccoli e medi. I valori medi oscillano da 3.73 ± 0.78 g per Corvina che è la cultivar con peso medio inferiore a Nera dura di Mugnano e Patanara con valori medi più elevati rispettivamente di 9.67 ± 0.95 g e 9.93 ± 0.81 g. La forma dei frutti più ricorrente è quella cordiforme seguita da quella reniforme. Nella maggior parte dei casi i frutti presentano una cicatrice stilare media o meio-piccola e peduncoli di lunghezza media o corta. Peduncoli lunghi sono stati riscontrati soltanto in 4 delle cultivar analizzate: Marfatana, Zuccarenella, Mulegnana Nera e Lauretana. Lo spessore del peduncolo è elevato in Bologna con valori di 2,7±0,8 m mentre nelle altre cultivar risulta di medio spessore con valori compresi tra 1,31±0,6 e 0,75±0,2 mm. Una notevole variabilità si riscontra nella colorazione della buccia con colorazioni che vanno dal 20 giallo-rosso al rosso scuro. Il colore della polpa varia dal giallo al rosso scuro. La consistenza della polpa è media o medio-elevata, ad eccezione delle cultivar Zuccarenella, Ciauzara e Lattacci dove la consistenza è scarsa. Conclusioni Nel complesso i primi risultati sulle caratteristiche bio-agronomiche e molecolari sono particolarmente interessanti in quanto hanno permesso di valutare la grande variabilità di caratteri esistenti tra le diverse cultivar analizzate sia di melo che di ciliegio. Dal punto di vista pomologico, dalle prime osservazioni sono apparse interessanti per il melo le cultivar Bianca di Grottolella (Fig. 2) e Zampa di Cavallo che potrebbero essere oggetto di riconsiderazione per incrementare la produzione da destinare al mercato locale che ancora apprezza notevolmente la tipicità dei prodotti dell‟agricoltura. Numerose le cultivar di ciliegio analizzate, alcune hanno buone caratteristiche organolettiche come Montenero, Nera di Mugnano (Fig. 3) e Bertiello. Nell‟ambito delle osservazioni effettuate alcuni caratteri, come la resistenza ai parassiti e alle manipolazioni, appaiono interessanti per poter utilizzare le accessioni in programmi di miglioramento genetico. Inoltre, per l‟importanza dei risultati ottenuti, sarebbe auspicabile estendere le osservazioni anche su altre caratteristiche della pianta come la produttività, la vigoria e l‟autocompatibilità. Le cultivar con particolari caratteri di pregio potranno essere valorizzate e reintrodotte in coltivazione, nell‟ambito di programmi di tutela dell‟agrobiodiversità e di valorizzazione del territorio. Bibliografia CAVANNA M., TORELLO MARINONI D., BOUNOUS G, BOTTA R. 2008. Genetic diversity in ancient germplasm from northwest Italy. Journal of of Horticultural Science and Biotechnology, 83 (5): 549-554. FOOD AND AGRICULTURE ORGANISATION 2001. International treaty on plant genetic resources for food and agriculture. Food and Agriculture Organisation of the United Nations, Rome, Italy. 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Repetitive DNA of grapevine: classes present and sequences suitable for cultivar identification. Theoretical and Applied Genetics, 86:173-180. 21 Tab. 1. Caratteristiche dei microsatelliti utilizzati (Gianfranceshi et al., 1998; Liebard et al., 2002). Tab. 1. Microsatellite loci and primer information (Gianfranceshi et al., 1998; Liebard et al., 2002). Locus SSR Sequenze 5’-3’ CH01d08 F: TCCGCCGCTATAACACTTC R: ACTCTGGAGGGTATGTCAAAG F: ACCACATTAGAGCAGTTGAGG R: CTGGTTTGTTTTCCTCCAGC F:CCCTACACAGTTTCTCAACCC R: CGTTTTTGGAGCGTAGGAAC F:TCAGACAGAAGAGGAACTGTAT TTG R: CAAACAAACCAGTACCGCAA F: GACGCATAACTTCTCTTCCACC R: TCAAGGTGTGCTAGACAAGGAG CH01f02 CH01f07 CH02g09 CH03a04 Tipo di ripet. Perfetta Perfetta Perfetta Range (bp) 238290 174206 174206 N° di alleli Eterozigosità (H) Gruppo di linkage 6 0,77 15 7 0,79 12 6 0,75 14 Perfetta 98-138 8 0,78 08 Perfetta 92-124 11 0,89 05 Tab. 2. Elenco delle cultivar di melo e ciliegio dolce caratterizzate. Tab. 2. List of apple and sweet cherry cultivars characterized. Melo Apple 1) Agostinella Rossa 2) Arancio 3) Arito 4) Austegna 5) Bianca di Grottolella 6) Fierro 7) Latte 8) Limoncella 02 9) Limoncella 05 10) Limoncella 06 11) Limoncella 10 12) Martina 13) Monaca 14) S. Francesco 15) Sergente 04 16) Tenerella 17) Trumuntana 18) Zampa di Cavallo Ciliegio dolce Sweet cherry 1) Antuono 2) Bertiello 3) Bologna 4) Camponica 5) Cannamela 6) Cervone 7) Ciauzara 8) Cornaiola 9) Corvina 10) Della Calce 11) Don Vincenzo 12) Imperatore 13) Lattacci 14) Lauretana 15) Maiatica di Taurasi 16) Marfatana 17) Montenero 18) Mulegnana Nera 19) Mulegnana Riccia 20) Nera Dura di Mugnano 21) Paesanella 22) Pagliarella 23) Patanara 24) Pomella 25) S. Anna 26) Silvestre 27) Zuccarenella 22 Fig. 1. Dendrogramma, ottenuto mediante il metodo UPGMA usando il coefficiente di similarità di Jaccard, per le relazioni genetiche tra le cultivar e accessioni di melo analizzate. Fig. 1. Dendrogram showing genotypic similarities of local and commercial apple cultivar (UPGMA method and Jaccard coefficient). 23 Fig. 2. Bianca di Grottolella. Fig.2. Bianca di Grottolella (apple genotype). Fig. 3. Nera Dura di Mugnano. Fig.3. Nera Dura di Mugnano (sweet cherry genotype). 24 2.4. RECUPERO DI ECOTIPI LOCALI DI ALBICOCCO (PRUNUS ARMENIACA L.) IN PUGLIA GENETIC RESOURCES ECOTYPE OF PRUNUS ARMENIACA L. IN APULIA Girolamo RUSSO1, Laura D’ANDREA1, Venturino BISIGNANO2, Giambattista POLIGNANO2 1 Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali - Università degli Studi di Bari Aldo Moro, via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia 2 Istituto di Genetica Vegetale, C. N. R., Via Amendola 165/A, 70126, Bari Riassunto L‟albicocco (Prunus armeniaca L.) è ampiamente coltivato nei paesi del Mediterraneo e in particolar modo in Italia rappresenta una delle colture frutticole più diffuse. Tra le regioni del Sud, particolarmente vocata alla coltivazione di tale specie è la Regione Puglia, in cui sono presenti molti ecotipi locali sia negli ambienti collinari che nelle zone costiere. Essi sono rappresentati il più delle volte da pochi individui che testimoniano un progressivo depauperamento del patrimonio genetico autoctono della specie, da ciò la necessità di salvaguardare il germoplasma attualmente presente in Puglia caratterizzato da una buona capacità di adattamento alle specifiche condizioni pedo-climatiche della regione. Tale specificità non è riscontrabile nelle cultivars oggi maggiormente utilizzate in Italia e provenienti da paesi esteri in cui sono state selezionate (USA, Francia, Nuova Zelanda, ecc.). Al fine di salvaguardare le risorse genetiche autoctone di questa specie, si è eseguita un‟accurata indagine regionale per individuare, reperire e .caratterizzare gli ecotipi raccolti. Successivamente è stata effettuata una selezione dei fenotipi più interessanti per descrittori agronomici e con frutti di potenziale interesse per caratteristiche organolettiche e commerciali di pregio. Nelle provincie di Bari, Brindisi e Taranto sono stati reperiti 25 ecotipi. Per ogni sito di campionamento i caratteri rilevati hanno riguardato una sola pianta al momento di piena maturazione con la raccolta di 20 frutti posizionati all‟altezza media della chioma ed orientati a Nord, Sud, Est ed Ovest. I caratteri rilevati sul frutto sono stati : forma, lunghezza, larghezza, spessore, colore della buccia, forma dell'apice ed aspetto della linea di sutura; in aggiunta sono stati misurati lo spessore della buccia, la resa e i solidi solubili totali della polpa e l‟aderenza della stessa al nocciolo. I dati sono stati sottoposti all'analisi univariata e multivariata: componenti principali e cluster analisi. Dall'analisi complessiva dei risultati è emersa una elevata variabilità per numerosi caratteri osservati. Le componenti principali hanno permesso un‟analisi della variazione totale concentrata per un valore superiore al 70% nelle prime tre componenti. Gruppi omogenei degli ecotipi ono stati identificati con l‟analisi a grappolo. Una rappresentazione sintetica della variazione complessiva stimata è stata ottenuta combinando l‟analisi delle componenti principali con la cluster analisi. In conclusione gli ecotipi studiati sparsi per il territorio pugliese, hanno evidenziato un elevato polimorfismo così come riportato per altre regioni italiane e che l'areale considerato costituisce una fonte ricca di germoplasma autoctono di albicocco con caratteristiche di pregio poco valorizzate e di potenziale interesse per i diversi utilizzatori. Parole chiave: albicocco, germoplasma, ecotipi, caratteri morfo-qualitativi Abstract In Apulia an immense one germplasm of apricot tree (Prunus armeniaca L.) is present often constituted from subjects selected and introduced in cultivation from the man in remote times, 25 than with passing of the time, but, it has been lost weight, as the traditional agricultural areas, have gone reshuffle. Pure of it is consolidated and unquestionable scientific relief, the germplasm of Apulia apricot tree is a patrimony however complex, of which it is known still little, in how much up to now it is proceeded to only estimate a part of it. Very many genotypes have gone lost, in how much hastily abandoned without to have been described do not give the prelocated scientific institutions; moreover, many areas of the area regional never have not been object of taken care of surveying. The conservation of the biodiversity has various objectives which: that one to avoid the loss, irreversible, of a genetic patrimony of assessed value, also scientific; to recover and to value ecotype that they could have commercial interest or to be in possession of interesting genetic characters (resistance to biotic and abiotic stresses). The scope of the search is that one to determine the bioagronomic value of the ecotype of apricot characterized, the quota existing variability for the observed parameters. Keywords: germplasm, ecotype, apricot, defence, morphological traits Introduzione L‟albicocco (Prunus armeniaca L.) è ampiamente coltivato nei paesi del Mediterraneo e in particolar modo in Italia rappresenta una delle colture frutticole più diffuse. Tra le regioni del Sud, particolarmente vocata alla coltivazione di tale specie è la Regione Puglia, in cui sono presenti molti ecotipi locali sia negli ambienti collinari che nelle zone costiere. Essi sono rappresentati il più delle volte da pochi individui che testimoniano un progressivo depauperamento del patrimonio genetico autoctono della specie, da ciò la necessità di salvaguardare il germoplasma attualmente presente in Puglia caratterizzato da una buona capacità di adattamento alle specifiche condizioni pedo-climatiche della regione. Tale specificità non è riscontrabile nelle cultivars oggi maggiormente utilizzate in Italia e provenienti da paesi esteri in cui sono state selezionate (USA, Francia, Nuova Zelanda, ecc.). Al fine di salvaguardare le risorse genetiche autoctone di questa specie, si è eseguita un‟accurata indagine regionale per individuare, reperire e caratterizzare gli ecotipi raccolti. Successivamente è stata effettuata una selezione dei fenotipi più interessanti per descrittori agronomici e con frutti di potenziale interesse per caratteristiche organolettiche e commerciali di pregio. Materiali e metodi Nelle provincie di Bari, Brindisi e Taranto sono stati reperiti 25 ecotipi. Per ogni sito di campionamento i caratteri rilevati hanno riguardato una sola pianta al momento di piena maturazione con la raccolta di 20 frutti posizionati all‟altezza media della chioma ed orientati a Nord, Sud, Est ed Ovest. I caratteri rilevati sul frutto sono stati : forma, lunghezza, larghezza, spessore, colore della buccia, forma dell'apice ed aspetto della linea di sutura; in aggiunta sono stati misurati lo spessore della buccia, la resa e i solidi solubili totali della polpa e l‟aderenza della stessa al nocciolo. Utilizzando le medie di 9 descrittori quantitativi del frutto è stata effettuata un‟analisi multivariata allo scopo di accertare e sintetizzare la diversità fenotipica totale presente negli ecotipi in collezione ed esaminare le relazioni tra le stesse. Le analisi sono state effettuate utilizzando le specifiche procedure (Principal components e cluster analysis) del programma SAS (1989). Per la cluster analysis è stato utuilizzato il metodo „Ward‟s minimum variance‟ ed il numero di gruppi più significativo è stato individuato attraverso un consenso mediato tra 26 i parametri statistici: R-squared (RSQ), pseudo-F (PSF) e pseudo-t2 (PST2). I risultati della cluster analysis sono stati combinati con l‟analisi delle componenti principali. Risultati e discussione La provenienza degli ecotipi e l‟epoca di maturazione, dalla 1° decade di giugno alla 3° decade di luglio, sono riportati nella Tab. 1. Le caratteristiche dei frutti, riportate in Tab. 2, evidenziano dimensioni differenti: piccoli (48%), medi (20%) e grandi (32%); la lunghezza varia da 49.5 mm nell‟ecotipo 3 a 23.6 mm nell‟ecotipo 12; la larghezza varia da 48.1 mm nell‟ecotipo 3 a 25.0 mm nell‟ecotipo 12; lo spessore varia da 45.0 mm nell‟ecotipo 2 a 21.7 mm nell‟ecotipo 7; il rapporto medio lunghezza/spessore è 1.1 e Il rapporto medio lunghezza/larghezza è 1.0; il colore della buccia è per lo più giallo o arancione; la forma del frutto in sezione frontale è per il 36% rotondo allungata e 32% oblunga. Le caratteristiche della polpa, riportate in Tab. 3, con lo spessore della polpa risulta in media 9.5 mm con oscillazioni da 13.7 mm nell‟ecotipo 3 a 4.1 mm nell‟ecotipo 18; i solidi solubili totali variano da 24.8 °Brix nell‟ecotipo 15 a 11.2 °Brix nell‟ecotopo 8; la resa in polpa espressa in percentuale è risultata massima con il 93.7 %. Le caratteristiche del nocciolo, riportate in Tab. 4, con le dimensioni: piccole (12%), medie (52%) e grandi (36%); la lunghezza varia da 30.4 mm nell‟ecotipo 24 a 17.0 mm nell‟ecotipo 12; la larghezza varia da 24.3 mm nell‟ecotipo 24 a 14.9 mm nell‟ecotipo 12; lo spessore varia da 15.3 mm nell‟ecotipo 24 a 10.0 mm nell‟ecotipo 12; il rapporto medio lunghezza/spessore è 2.0 e Il rapporto medio lunghezza/larghezza è 1.2; il gusto della mandorla e per il 32% dolce, 64% amaro e 4% neutro; la forma del nocciolo in sezione laterale è per il 40% ellittico-allargata. Per quanto riguarda l‟analisi delle componenti principali (Tab. 5) le prime tre componenti assommano una elevata quota di variazione (96%) con una netta prevalenza della prima (72%). In particolare, se consideriamo i coefficienti di associazione tra le variabili originali e quelle trasformate („eigenvectors‟) la prima componente indica differenze per lunghezza, larghezza e spessore del frutto, lunghezza del nocciuolo e spessore della polpa; la seconda componente evidenzia differenze per spessore e larghezza del nocciuolo e per la resa in polpa; Il contenuto in zuccheri è fortemente associato alla terza componente. In Tab. 6 sono stati riportati i parametri statistici ottenuti dalla cluster analysis. Il numero di gruppi più appropriato è stato individuato mediando tra i valori più alti ottenuti per l‟RSQ, il PSFR, e PST2 e quello più basso del CCC. In corrispondenza di quattro gruppi la quota di varianza ad essi attribuibile è stata del 70% che rappresenta una quota sufficientemente alta. In Fig. 1 è riportato il pattern distributivo dei 25 ecotipi di albicocco rispetto alle prime tre componenti principali. Le distanze tra gli ecotipi riflettono la somma delle differenze basate sui nove descrittori utilizzati. Nella figura vengono indicati anche i cluster di appartenenza per meglio definire i singoli gruppi. I risultati dell‟analisi a grappolo effettuata sull‟intero set delle componenti principali ha determinato raggruppamenti la cui composizione e struttura viene riportata in Fig. 1 insieme ad una rappresentazione grafica delle distanze tra gli ecotipi studiati rispetto alle prime tre componenti principali (PRIN 1, PRIN 2 e PRIN 3). Sono stati identificati 4 gruppi significativi i quali da soli giustificano il 70% della variazione stimata tra i gruppi (R2). La seconda componente evidenzia un pattern distributivo ridotto rispetto alle altre due. Il gruppo I include 6 ecotipi di cui 5 raccolti nella provincia di Bari e uno in quella di Taranto. Gli stessi sono risultati ben differenziati lungo le componenti principali 2 e 3 includendo due ecotipi (15 e 17) con elevato grado zuccherino. Il gruppo II è risultato costituito da 7 ecotipi provenienti dalla provincia di Taranto (n. 4) e di Bari (n. 3). Per questo gruppo le maggiori differenze sono associate alla terza componente principale. Nel III gruppo sono rappresentate le tre provincie Bari (13 - 14), Taranto (3 -10) e Brindisi (2) con una distribuzione piuttosto 27 ravvicinata rispetto alle tre componenti principali. Similmente il IV gruppo è risultato costituito da 7 ecotipi di cui 5 provenienti dalla provincia di Taranto ed ha mostrato una differenziazione maggiore lungo la prima componente. Infine i descrittori qualitativi (dimensione, sapore ed epoca di maturazione) sono stati utilizzati come variabili di classificazione allo scopo di evidenziare le relazioni tra essi ed i descrittori quantitativi del frutto. L‟epoca di maturazione intermedia è prevalsa nel trend distributivo degli ecotipi. Al contrario la dimensione del frutto ha visto prevalere le classi piccolo e grande. Infine una più ampia e diversificata distribuzione è stata osservata per il sapore del frutto. Conclusioni Da un punto di vista pratico, e quale risultato atteso, la presente analisi ha dato ulteriore conferma dell‟ampia variazione presente nel germoplasma di albicocco in Puglia. Per tutti i caratteri stimati è stata osservata un‟ampia variazione, ma solo alcuni di essi hanno mostrato un significativo potere discriminante nel differenziare gli ecotipi. In particolare ricordiamo le dimensioni della drupa e il grado zuccherino. L‟analisi ha evidenziato la necessità di una più mirata valutazione con l‟inclusione di ulteriori descrittori ed una più ampia collezione onde poter tracciare un pattern distributivo sufficientemente attendibile della variazione disponibile. L‟analisi multivariata ha permesso con successo di quantificare e sintetizzare i livelli di similarità e dissimilarità tra gli ecotipi studiati. Tuttavia le informazioni ottenute, di certo non esaustive, risulteranno utili nel programmare le future indagini. Bibliografia BASSI D., PRONI L., MARTELLI S., PIRAZZINI P., 1992. Difesa e valorizzazione del germoplasma di albicocco in Emilia-Romagna. In: Congresso su "Germoplasma frutticolo. Salvagurdia e valorizzazione delle risorse genetiche", Alghero, 21-25 settembre 1992. Carlo Delfino, Sassari : 311-320. CHESSA I., NIEDDU G., MULAS M., 1992. Valutazione delle risorse genetiche in popolazioni locali di albicocco, ciliegio, mandorlo e susino. In: Congresso su "Germoplasma frutticolo. Salvagurdia e valorizzazione delle risorse genetiche", Alghero, 21-25 settembre 1992. Carlo Delfino, Sassari: 417-422. DELLA STRADA G., PENNONE F., FIDEGHELLI C., MONASTA F., COBIANCHI D., 1989. Monografia di cultivar di albicocco. Ministero dell‟Agricoltura e delle Foreste, Roma. FIDEGHELLI C., DELLA STRADA G., GRASSI F., SARTORI A., VITELLOZZI F., 1999. 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Provenience and time of ripening. ecotipi provincia città epoca di maturazione anno 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 BR BR TA TA TA TA TA TA TA TA TA BA BA BA BA BA BA BA BA TA BA TA TA BA TA Oria Oria Palagiano Martina Franca Massafra Gioia del Colle Massafra Massafra Massafra Massafra Martina Franca Altamura Altamura Altamura Altamura Sammichele Sammichele Altamura Sammichele Crispiano Sammichele Massafra Massafra Sammichele Palagiano 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 3° decade di giugno 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 1° decade di luglio 2° decade di luglio 1° decade di luglio 3° decade di luglio 3° decade di giugno 1° decade di luglio 1° decade di giugno 1° decade di giugno 2° decade di giugno 3° decade di giugno 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 Tab. 2. Caratteristiche morfologiche del frutto di 25 ecotipi. Tab. 2. Characteristcs morphologicals of fruit the 25 ecotypes. ecotipi dimensione (g) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 media piccolo grosso grosso piccolo piccolo piccolo piccolo medio piccolo medio medio piccolo grosso grosso piccolo medio piccolo piccolo piccolo grosso piccolo grosso medio grosso grosso lunghezza larghezza spessore (mm) (mm) (mm) 43.1 48.3 49.5 33.9 38.5 42.2 26.9 41.5 39.3 49.2 43.6 23.6 46.8 47.9 26.4 43.9 35.1 23.8 40.1 47.0 31.0 42.9 38.7 44.5 47.1 39.8 DE A A HI G D-F J D-G FG A CD J A-C A J B-D H J E-G AB I DE G B-D AB 40.0 47.2 48.1 30.6 37.2 37.0 27.3 39.1 40.6 46.6 44.2 25.0 43.3 45.1 27.3 41.3 34.7 25.4 39.4 44.0 34.1 46.4 39.6 45.6 46.2 39.0 E-G AB A IJ GH GH JK FG D-G AB A-D K BE A-C JK C-F H K E-G A-D HI AB E-G AB AB 36.4 45.0 44.0 29.4 34.1 33.5 21.7 32.5 36.7 41.4 38.6 22.5 39.5 40.6 26.5 39.8 31.5 22.4 34.3 41.8 32.6 44.0 39.3 42.5 38.4 F-H A AB JK G-I G-I L H-J E-G A-D C-F L C-F B-E K C-F IJ L G-I A-D H-J AB C-F A-C D-F 35.6 rapporto lunghezza/ spessore rapporto lunghezza/ larghezza 1.19 1.08 1.13 1.15 1.13 1.26 1.24 1.28 1.07 1.19 1.14 1.05 1.19 1.18 1.00 1.11 1.12 1.07 1.17 1.12 0.95 0.98 0.99 1.05 1.23 1.08 1.03 1.03 1.11 1.04 1.14 0.98 1.06 0.97 1.06 0.99 0.94 1.08 1.06 0.97 1.06 1.01 0.94 1.02 1.07 0.91 0.93 0.98 0.98 1.02 1.1 30 A-F E-I C-G B-G C-G AB A-C A E-J A-E C-G G-J A-F A-F H-J D-H D-H F-J A-G C-G J IJ IJ G-J A-D 1.0 A-C B-G B-F AB B-F A D-I A-E F-I A-E D-I G-I A-C A-E F-I A-E C-H HI C-H A-D I I E-I E-I C-H colore buccia arancione arancione giallo-arancione arancione giallo-arancione giallo-arancione giallo-arancione arancione intenso arancione chiaro arancione giallo-arancione giallo arancione intenso arancione giallo chiaro giallo arancio arancione giallo giallo arancio giallo arancio arancione intenso giallo arancione chiaro arancione arancione intenso arancione -verde Tab. 3. Caratteristiche morfologiche della polpa del frutto. Tab. 3. Characteristcs morphologicals of pulp fruit. ecotipi spessore zuccheri (mm) (°Brix) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 10.4 12.5 13.7 6.7 9.7 9.4 4.9 7.7 10.1 13.0 11.7 4.9 10.5 11.7 4.8 10.9 7.9 4.1 9.7 12.2 7.3 12.4 9.9 10.4 11.6 media 9.5 D-F A-C A H F FG I H EF AB B-E I D-F B-E I C-F GH I F A-D H A-C EF D-F B-E 15.0 14.0 14.0 17.1 21.0 15.0 14.9 11.2 13.2 18.0 14.0 18.1 13.0 16.0 24.8 20.2 23.2 17.3 19.4 16.0 16.9 16.0 14.2 18.2 19.3 J L L H C J JK N M FG L F M I A D B GH E I H I KL F E 16.8 resa in polpa (%) 90.5 91.1 93.7 83.2 90.8 88.8 78.7 81.9 90.3 93.0 92.2 81.0 88.1 90.3 74.5 89.9 86.2 72.4 89.4 92.0 84.3 92.0 89.3 86.8 90.4 A-D A-D A F-H A-D A-E HI F-H A-D AB AB GH B-E A-D IJ A-D D-F J A-D A-C E-G A-C A-E C-F A-D 87.2 Tab. 4. Caratteristiche morfologiche del nocciolo del frutto. Tab. 4. Characteristcs morphologicals of stone fruit. ecotipi dimensione (g) 1 medio 2 grosso 3 grosso 4 medio 5 medio 6 medio 7 piccolo 8 grosso 9 medio 10 piccolo-medio 11 medio 12 piccolo 13 grosso 14 grosso 15 medio 16 grosso 17 medio 18 piccolo 19 medio 20 medio 21 medio 22 grosso 23 medio 24 grosso 25 grosso media lunghezza larghezza spessore (mm) (mm) (mm) 26.0 28.9 26.4 24.7 23.0 26.3 20.1 29.6 23.8 26.6 24.0 17.0 30.0 28.4 20.3 25.6 22.3 18.9 24.4 25.9 21.4 23.6 24.7 30.4 26.5 24.7 C-E A BC C-G G-I B-D KL A E-H BC D-H M A AB J-L C-F H-J LM C-H C-E I-K F-H C-G A BC 18.4 23.6 21.2 17.3 17.7 17.9 16.2 23.9 20.4 20.8 20.4 14.9 23.7 22.0 19.1 20.8 20.1 17.3 19.4 21.4 20.1 21.8 21.1 24.3 22.2 20.3 H-J A-C D-F JK I-K I-K KL AB D-H D-G D-H L A-C B-E G-J D-G E-H JK F-I D-F E-H C-E D-G A B-D 12.4 13.2 11.8 11.9 10.9 12.3 10.4 13.5 11.6 12.0 11.6 10.0 12.9 13.1 12.3 13.5 11.7 11.0 12.1 12.6 12.4 13.6 12.2 15.3 13.2 12.3 31 B-F B-D D-F D-F F-H B-F GH BC E-G C-F E-G H B-E B-D B-F BC D-G F-H C-F B-E B-F B B-F A B-D rapporto lunghezza/ spessore rapporto lunghezza/ larghezza 2.11 2.19 2.23 2.08 2.11 2.13 1.94 2.20 2.05 2.21 2.07 1.71 2.37 2.18 1.66 1.89 1.90 1.73 2.02 2.08 1.73 1.75 2.03 1.99 2.00 1.42 1.23 1.24 1.43 1.30 1.47 1.24 1.24 1.16 1.28 1.18 1.14 1.26 1.29 1.06 1.23 1.11 1.09 1.26 1.22 1.07 1.09 1.17 1.26 1.19 2.0 B-D A-C AB B-D B-D A-D C-E AB B-D AB B-D EF A A-C F D-F D-F EF B-D B-D EF EF B-D B-D B-D 1.2 A B-E B-E A B A B-E B-E D-H BC C-G E-H B-D B H B-E F-H GH B-D B-E H GH C-G B-D B-F sapore della mandorla dolce amaro amaro amaro amaro amaro dolce amaro amaro amaro amaro dolce dolce dolce dolce amaro dolce amaro amaro amaro dolce amaro amaro neutro amaro Tab. 5. Autovalori, autovettori e percento di variazione delle prime tre componenti principali stimati in 25 ecotipi di albicocco. Tab. 5. Eigenvalues, eigenvesctors and percent of variation accounted by the first three PCs. Descrittore PRIN 1 PRIN 2 PRIN 3 eigenvectors Lunghezza frutto Larghezza frutto Spessore frutto Lunghezza nocciuolo Larghezza nocciuolo Spessore nocciuolo Spessore della polpa Zuccheri Resa in polpa 0.38 0.39 0.37 0.34 0.32 0.27 0.37 -.15 0.33 -.08 -.07 -.27 0.31 0.45 0.60 0.20 0.05 -.43 0.02 0.06 0.11 -.14 -.01 0.18 0.10 0.95 0.11 eigenvalues Variation (%) Variation cum. (%) 6.48 0.72 1.19 0.13 0.85 0.93 0.10 0.96 Tab. 6. Parametri statistici della cluster analysis. Metodo della varianza minima di Ward. Tab. 6. Statistical parameters of Cluster analysis according Ward‟s minimum variance metod. CLUSTER RSQ CCC PSF PST2 1 0.76 -1.0 15.7 2.6 4 0.70 -1.1 16.2 5.4 3 0.62 -.99 17.9 8.1 2 0.46 -.65 19.9 9.6 1 0.00 0.00 19.9 32 15 17 24 16 25 5 18 12 19 21 10 22 4 20 2 61 7 9 11 14 23 13 3 8 Cluster 1 Cluster 2 Cluster 3 Cluster 4 Fig. 1. Rappresentazione grafica dei 25 ecotipi di albicocco rispetto alle prime tre componenti principali e identificazione dei gruppi. Fig. 1. A graphic representation of the 25 ecotypes according the first three principal component (PCs) and identification of clusters. 33 2.5. MARCATORI DI QUALITÀ NUTRIZIONALE PER LA VALORIZZAZIONE DI LEGUMINOSE NAZIONALI TIPICHE MARKERS OF NUTRITIONAL QUALITY FOR THE VALORIZATION OF TYPICAL ITALIAN LEGUMES Marina CARBONARO1, Mirella NARDINI1, Paola MASELLI2, Alessandro NUCARA2 1 Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) - Via Ardeatina, 546 00178 Roma, [email protected] 2 Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza - P.le Aldo Moro 2 - 00185 Roma Riassunto La valenza nutrizionale delle leguminose è primariamente legata all‟elevato contenuto di proteine del seme (20-45% del peso secco), accumulate grazie alla capacità di batteri simbionti del genere Rhizobium, presenti nelle radici, di fissare l‟azoto atmosferico. A questa caratteristica si deve anche la capacità delle leguminose di potenziare la fertilità del suolo e la sostenibilità degli ecosistemi. Nonostante il riconosciuto ruolo nutrizionale e l‟importanza di queste colture nei sistemi di produzione ecocompatibile, in Italia le leguminose da granella hanno subito una costante riduzione delle superfici coltivate a vantaggio di colture più redditizie. È pertanto sempre più elevato il rischio di perdita di numerosi agroecotipi, con descritte caratteristiche di pregio, legati a forme tradizionali di agricoltura praticate essenzialmente in aree marginali. Numerosi progetti sono stati finanziati recentemente in ambito nazionale, finalizzati ad una migliore conoscenza delle proprietà distintive di alimenti tradizionali. La salvaguardia di ecotipi locali di leguminose a rischio di estinzione, fondamentale per la tutela della biodiversità, necessita di opportuni descrittori di qualità nutrizionale che possano differenziare questi prodotti da altri maggiormente consolidati sul mercato o di importazione. Si riportano, in particolare, alcuni risultati ottenuti dallo studio di ecotipi locali di lenticchie (Lens culinaris L.), coltivati in aree parco selezionate nell‟Italia centro-meridionale. La caratterizzazione chimico-nutrizionale ha preso in esame specifici marcatori di qualità, messi a punto nell‟ambito di ricerche svolte precedentemente su leguminose di diverse specie e volti a definirne non soltanto il profilo compositivo, ma anche la disponibilità all‟assorbimento di nutrienti e composti bioattivi - proteine, minerali, oligoelementi, composti fenolici - con potenziali effetti benefici sulla salute umana. I risultati ottenuti su lenticchie tradizionali provenienti dall‟area del Parco di Colfiorito (Perugia) e dal Parco Nazionale delle Alte Murge (Altamura, Bari), sono stati confrontati con quelli relativi alla lenticchia di Castelluccio di Norcia (Perugia) a marchio IGP (indicazione geografica protetta) e a varietà di lenticchie comuni reperite dal commercio. I risultati indicano che gli ecotipi locali possiedono caratteristiche nutrizionali distinte rispetto alla varietà commerciale della stessa specie. Tali proprietà sono evidenziabili mediante l‟analisi di specifici parametri chimico-fisici delle proteine del seme e dalla composizione in composti fenolici, correlati alle rispettive biodisponibilità. Parole chiave: legumi, prodotti tipici, qualità nutrizionale, proteine, composti fenolici Abstract Nutritional value of legumes is mainly related to their high seed protein content (20-45% on a dry weight basis), accumulated as a result of nitrogen fixation by Rhizobium symbiotic bacteria in the roots. This feature is also responsible for legume capacity to potentiate soil 34 fertility and sustainability of ecosystems. Despite nutritional role of legumes and their importance for eco-sustainable productions have been widely recognized, in Italy in the last decades cultivation areas have suffered a constant reduction because of switching towards more profitable crops. Therefore, the risk of loss of several local ecotypes with known valuable properties, that are essentially grown in marginal areas where traditional agricultural is practised, is increasing. Several national projects have recently been funded, aimed at increasing knowledge about peculiar properties of traditional foods. Safeguard of local legume ecotypes in danger of extinction, that are essential for biodiversity preservation, needs suitable markers of nutritional quality able to distinguish between these products and others that are more diffused on the market or imported. Results concerning local ecotypes of lentil (Lens culinaris L.), cultivated in Park areas in Central and Southern Italy are reported here. Chemical and nutritional characterization was carried out by using specific quality markers that have been set up during previous research on different legume species. These markers are aimed at evaluating not only compositional profile but also bioavailability of nutrient and bioactive compounds -proteins, minerals, trace elements, phenolics- with potential beneficial effect on human health. Nutritional properties of traditional lentils cultivated in Colfiorito Park (Perugia) and in National Park of Alte Murge (Altamura, Bari) were compared with those of both Castelluccio di Norcia (Perugia) lentil with PGI (Protected Geographical Indication) denomination and commercial common lentil varieties. Results indicated that traditional lentils show nutritional properties that are different from those of the commercial common lentil. These properties can be pointed out through analysis of specific chemico-physical parameters of seeed proteins and composition in phenolic compounds, related to their bioavailability. Keywords: legumes, typical products, nutritional quality, protein, phenolic compounds Introduzione Il consumo di alimenti vegetali ad alto contenuto proteico, tra cui numerose specie di leguminose da granella (fagiolo, pisello, cece, lenticchia), rappresenta una caratteristica distintiva di tutti i modelli alimentari dell‟area mediterranea. Numerosi effetti benefici sono stati recentemente associati a diverse frazioni proteiche contenute nel seme, nonché ai peptidi derivanti dalla digestione gastro-intestinale: prevenzione delle malattie dell‟apparato cardiocircolatorio e del diabete, ridotto rischio di contrarre neoplasie, generale aumento dello stato di benessere (Carbonaro, 2011; Rosa Lovati et al., 2012). A livello nazionale, negli ultimi decenni, si è assistito ad una drastica riduzione delle aree destinate alla coltivazione delle leguminose, soprattutto delle lenticchie (da 25000 a circa 2000 ettari), non compensato dall‟aumento delle rese, con conseguente incremento delle importazioni. È tuttavia aumentato, negli ultimi anni, l‟interesse verso le fonti vegetali proteiche in quanto essenziali nell‟agricoltura biologica e ben adattabili ad aree marginali dell‟Italia meridionale. È inoltre sempre crescente la domanda dei consumatori verso prodotti nazionali garantiti, soprattutto prodotti tipici, tradizionali e biologici. La salvaguardia dei numerosi ecotipi locali di leguminose ad elevato rischio di estinzione, essenziali per la conservazione della biodiversità, può avvalersi del riconoscimento della superiore qualità nutrizionale di tali prodotti rispetto ad altri coltivati su più ampia scala o di importazione. In questo contesto, lo sviluppo di strumenti volti alla certificazione congiunta di origine e di qualità di ecotipi di leguminose, nonché l‟applicazione di strategie di monitoraggio del mantenimento delle proprietà nutrizionali peculiari dei prodotti durante i 35 trattamenti precedenti il consumo, costituisce elemento essenziale per la promozione del patrimonio nazionale dei prodotti tradizionali. Vengono riportati alcuni risultati particolarmente significativi relativi alla caratterizzazione chimico-nutrizionale, realizzata mediante l‟utilizzo di marcatori specifici di qualità nutrizionale, di lenticchie (Lens culinaris L.) tradizionali provenienti dall‟area del Parco Regionale di Colfiorito (Perugia), dal Parco Nazionale delle Alte Murge (Altamura, Bari), a confronto con la lenticchia di Castelluccio di Norcia (Perugia) a marchio IGP (indicazione geografica protetta) e con varietà di lenticchie comuni reperite dal commercio. Materiali e metodi Lenticchie tradizionali provenienti dal Parco di Colfiorito (Perugia), dal Parco delle Alte Murge (Altamura, Bari) e lenticchie di Castelluccio di Norcia (Perugia) IGP sono state reperite presso aziende locali. La varietà di lenticchia comune commerciale è stata acquistata presso la grande distribuzione. Il contenuto in proteine totali (Nx6,25) è stato misurato con il metodo Kjeldahl (AOAC, 2005). La composizione in aminoacidi è stata ottenuta come descritto da Moore et al. (1958). Gli aminoacidi solforati e il triptofano sono stati quantificati seguendo le procedure di Schram et al. (1954) e Nielsen e Hurrell (1985), rispettivamente. Le determinazioni di struttura secondaria delle proteine sono state effettuate mediante spettroscopia a riflettanza diffusa nel medio infrarosso (DRIFT), tra 500 e 5000 cm-1. Dalla riflettanza diffusa sono stati ottenuti gli spettri di assorbimento, che sono stati poi analizzati mediante procedure di deconvoluzione e fitting (Fourier Self Deconvolution e multipeak fitting) (Kaupinnen et al., 1981). Il contenuto in polifenoli totali, disponibili e legati a proteine è stato misurato come descritto in Carbonaro et al. (2000) ed espresso in g equivalenti di acido tannico/100 g di peso secco. Il contenuto in acidi fenolici (vanillico, caffeico, p-cumarico e ferulico) è stato ottenuto come descritto in Nardini et al. (2002). Risultati e discussione Il contenuto in proteine totali delle varietà di lenticchie esaminate è risultato compreso tra 26,5 e 27,5% (p.s.). Non sono state riscontrate differenze significative tra gli ecotipi locali di lenticchie. Il valore più basso veniva osservato in corrispondenza della varietà di lenticchia comune commerciale. È stato quindi esaminato il contenuto in aminoacidi con differenti proprietà (basici, acidi, idrofobici e polari carichi), in quanto tale parametro, da studi eseguiti in precedenza, è risultato correlato alla funzionalità e alla biodisponibilità delle proteine di diverse specie di legumi, incluse le lenticchie (Carbonaro et al., 1997). Si può osservare un maggior contenuto in aminoacidi acidi e un minor contenuto in quelli idrofobici nel caso degli ecotipi Colfiorito e Castelluccio IGP rispetto alla lenticchia comune, con conseguente incremento della proporzione di residui carichi (CHGS) (Tab. 1). Gli ecotipi locali analizzati presentano quindi migliori proprietà funzionali e, di conseguenza, una maggiore biodisponibilità degli aminoacidi, rispetto alla varietà di lenticchia comune reperita dal commercio. In tutti gli ecotipi analizzati è stato possibile evidenziare un contenuto elevato di struttura a foglietto b (1630-1638 cm-1) (30-34%), caratteristica distintiva delle proteine del seme dei vegetali (Carbonaro et al., 2008). Sono state inoltre misurate quantità variabili (10-15%) dei componenti a bassa frequenza (1610-1615 cm-1) e di quelli ad alta frequenza (1690-1695 cm-1), rappresentativi di complessi proteici a diverso grado di stabilità. La caratterizzazione di tali complessi sarà oggetto di ulteriori studi. 36 I risultati di studi recenti sulla biodisponiblità di composti fenolici hanno indicato che le interazioni tra le proteine di alimenti vegetali (legumi, cereali) e composti fenolici a diverso peso molecolare contenuti nel seme hanno profonde conseguenze sulla bioefficacia di questi ultimi (D‟Archivio et al., 2010). È stato pertanto quantificato il contenuto in polifenoli totali, disponibili e legati a proteine degli ecotipi di lenticchie e i risultati sono presentati nella fig. 1. Il contenuto in polifenoli totali è risultato maggiore negli ecotipi locali (Castelluccio IGP>Colfiorito/Altamura) rispetto alla varietà di lenticchia comune commerciale. Sono state inoltre evidenziate differenze significative nel contenuto in polifenoli disponibili e in quelli legati. In particolare, il contenuto in polifenoli legati è risultato inferiore nell‟ecotipo di Altamura rispetto agli altri ecotipi locali (Castelluccio IGP, Colfiorito). I risultati ottenuti dall‟analisi di specifici acidi fenolici - vanillico, caffeico, p-cumarico e ferulico - indicano marcate differenze tra gli ecotipi e, in particolare, una più alta concentrazione in acidi fenolici totali e disponibili nell‟ecotipo di Castelluccio IGP rispetto a quello di Colfiorito. Conclusioni Gli ecotipi locali di lenticchie analizzati (Colfiorito, Castelluccio IGP, Altamura) possiedono caratteristiche nutrizionali distinte rispetto alla varietà commerciale della stessa specie. Si riscontrano inoltre differenze tra le proprietà nutrizionali dei tre ecotipi esaminati. Tali proprietà sono evidenziabili mediante l‟analisi di specifici parametri chimico-fisici e strutturali delle proteine del seme, nonché dalla composizione in composti fenolici, correlati alle rispettive biodisponibilità. Ringraziamenti La ricerca è stata svolta in parte nell‟ambito del Progetto MiPAAF “TERRAVITABiodiversità, Territorio e Nutrizione: la sostenibilità dell‟agroalimentare italiano”. Bibliografia AOAC INTERNATIONAL, 2005. Official Methods of Analysis of AOAC International. 18th ed., Gaithersburg, MD, USA. CARBONARO M., 2011. Role of pulses in nutraceuticals. In: Pulse Foods. Processing, quality and nutraceutical applications. Academic Press (Oxford): 385-418. CARBONARO M., CAPPELLONI M., NICOLI S., LUCARINI M., CARNOVALE E., 1997. Solubility-digestibility relationship of legume proteins. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 45: 3387-3394. CARBONARO M., GRANT G., CAPPELLONI M., PUSZTAI A., 2000. Perspectives into factors limiting in vivo digestion of legume proteins: antinutritional compounds or storage proteins? Journal of Agricultural and Food Chemistry, 48: 742-749. CARBONARO M., MASELLI P., DORE P., NUCARA A., 2008. Application of Fourier transform infrared spectroscopy to legume seed flour analysis. Food Chemistry, 108: 361368. D‟ARCHIVIO M., FILESI C., VARÌ R., SCAZZOCCHIO B., MASELLA R., 2010. Bioavailability of the polyphenols: status and controversies. International Journal of Molecular Sciences, 11: 1321-1342. KAUPINNEN J.K., MOFFATT D.J., MANTSCH H.H., CAMERON D.G., 1981. Fourier self deconvolution: a method for resolving intrinsically overlapped bands. 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Percentuale di aminoacidi con differente carattere e proporzione di residui carichi (CHGS) della lenticchia di Colfiorito, lenticchia di Castelluccio IGP e lenticchia comune commerciale (CV<7%). Aminoacidi basici: Lys, Arg, His. Acidi: Asp, Glu. Idrofobici: Ala, Leu, Ile, Met, Phe, Pro, Val, Trp. Polari non carichi: Gly, Ser, Thr, Tyr, Cys. Ecotipo Basici Colfiorito Castelluccio IGP Lenticchia comune 19,0 17,9 17,3 Aminoacidi (%) Idrofobici 31,8 31,4 32,8 Acidi 30,3 30,0 28,0 38 Polari 17,5 17,2 17,0 CHGS 47,4 46,0 43,4 1,2 g/100 g p.s. 1,0 0,8 Totali Disponibili Legati 0,6 0,4 0,2 0,0 Colfiorito Castelluccio Altamura Lenticchia comune Fig. 1. Contenuto in polifenoli totali, disponibili e legati a proteine della lenticchia di Colfiorito, lenticchia di Castelluccio IGP, lenticchia di Altamura e lenticchia comune commerciale (media di almeno tre determinazioni, CV<8%). 39 2.6. BIODIVERSITÀ TRA RAZZE OVINE PER LA PRODUZIONE DELL’AGNELLO DA LATTE. 2. CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELLE CARNI BIODIVERSITY AMONG SHEEP BREEDS TO PRODUCE SUCKLING LAMB. 2. MEAT QUALITY CHARACTERISTICS Francesco DIPALO2, Marco RAGNI1, Massimo LACITIGNOLA1, Giuseppe MARSICO1, Arcangelo VICENTI1 1 Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali - Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, [email protected] 2 Dipartimento di Produzione Animale - Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari Riassunto L‟obiettivo della ricerca è stato rivolto a valutare le caratteristiche fisiche e chimiche delle carni di 24 agnelli, 12 Leccesi (LEC) e 12 Comisani (COM) alimentati con latte materno (NAT) e latte artificiale (ART) sino all‟età di 35 giorni circa. Le carni degli agnelli Leccesi sono risultate essere più ricche in acqua (74,91% vs 73,76%) e meno in grasso (2,86% vs 3,75%). Relativamente alla tenerezza delle carni gli agnelli Leccesi hanno fornito carni più tenere quando provenivano dall‟allattamento artificiale (2,02 vs 2,60, kg/cm2). Nei riguardi delle caratteristiche colorimetriche la luminosità, relativamente alla razza Leccese è risultata superiore alla Comisana (42,03 vs 41,29; P<0,05). Le carni provenienti della razza Leccese sono risultate meno rosse (a*) rispetto a quelle della Comisana (8,02 vs 8,53; P<0,05). Dal confronto tra le razze è emerso che gli agnelli Leccesi forniscono un Longissimus Lumborum con un indice del giallo (b*) superiore (P<0.05) a quello dei soggetti Comisani (8,83 vs 8,56). Gli agnelli alimentati con il latte artificiale hanno fornito carni con un valore di b* superiore (P<0,01) rispetto a quelli che poppavano latte materno (8,87 vs 8,51). Relativamente al profilo acidico rilevato nelle carni, la percentuale di acidi grassi saturi è risultata significativamente (P<0,01) più elevata nella dieta Naturale (43,72%) rispetto a quella Artificiale (35,83%). I valori dei monoinsaturi sono risultati più elevati nella dieta artificiale rispetto alla naturale (54,40% vs 46,79% ); quelli della Comisana (P>0,05) nei confronti della Leccese (51,45% vs 49,74%). I migliori gli indici salutistici di aterogenicità e trombogenicità sono stati forniti dai soggetti alimentati con allattamento artificiale (P<0,01). L‟allattamento naturale, rispetto all‟artificiale, determina nelle carni di agnelli Leccesi il miglior rapporto ω6/ω3 (4,01 vs 5,50; P<0,05). Il contenuto in colesterolo totale rilevato nel sangue e nel fegato degli agnelli alimentati con latte artificiale è risultato più contenuto (P<0,01) in entrambe le razze. Parole chiave: biodiversità, agnello leccese, allattamento, qualità della carne Abstract The aim of the present research was to evaluate the physical and chemical characteristics of meat of twenty-four suckling lambs, 12 Leccese lambs (LEC) and 12 Comisana lambs (COM) fed with ewe milk from mothers (NAT) or artificial milk (ART) and slaughtered at 35 days of age. Leccese meat from suckling lamb was significantly higher in water content (74.91% vs 73.76%) and lower in fat content (2.86% vs 3.75%). No significant differences were observed between the two breeds and feeding system on meat tenderness, but Leccese lambs, fed with 40 artificial milk, gave more tender meat (2.02 kg/cm2 vs 2.60, kg/cm2). Regarding the colour characteristics differences on Longissimus lumborum muscle were observed on lightness (L*) resulting significantly higher in suckling Leccese lambs compared to Comisana lambs (42.03 vs 41.29; P<0.05). A lower red index (a*) (8.02 vs 8.53; P<0.05) and a higher yellow index (b*) (8.83 vs 8.56; P<0.01) were found in Leccese breed lambs comparing to Comisana. Fatty acid profile of the meat showed a significant (P<0.05) higher incidence of saturated fatty acid in Naturale group (43.72%) comparing with Artificiale group (35.83%). Monounsaturated fatty acids in artificial diet compared to natural (54.40% vs 46.79%) and those of Comisana breed (P<0.05) comparing to Leccese (51.45% vs 49.74%) were higher. Atherogenicity and thrombogenicity indexes were better in suckling lamb fed with artificial milk (P<0.01). In Leccese lambs the better ratio ω6/ω3 was obtained when lambs were fed with ewe milk comparing to artificial (4.01 vs 5.50; P<0,05). Cholesterol content in the blood and liver was lower (P<0.01) in lambs fed with artificial milk in both breeds. Keywords: biodiversity, Leccese lamb, suckling, meat quality Introduzione L‟importanza della tutela della biodiversità animale è oggi ampiamente riconosciuta come dimostrano i programmi di conservazione messi in atto dai diversi Paesi, non ultimo la Misura 214 - Azione 7 per la "Tutela delle Biodiversità animale" pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.° 53 del 12/04/2012 con cui si prevede un premio per coloro che allevano razze autoctone e tra le quali è annoverata la pecora Moscia Leccese. Secondo il rapporto FAO The State of the World's Animal Genetic Resources 2007 circa il 20% delle razze bovine, ovine, suine, equine e avicole del pianeta sono attualmente a rischio d‟estinzione determinando una riduzione di variabilità genetica entro le popolazioni. I consumi domestici delle carni ovi-caprine fresche manifestano una considerevole propensione degli italiani all‟acquisto di carne di agnello (89%) rispetto a quella di capretto (11%) (ISMEA, 2011). Attualmente i consumi di carne rivenienti dalla specie suina, bovina ed avicola sono da considerare, in termini sia quantitativi che di valore economico, più rilevanti rispetto a quella ovi-caprina che si concentra principalmente in occasione delle festività natalizie e pasquali. Nel 2010, relativamente alla quantità di carni ovi-caprine fresche acquistate, il Meridione ha concentrato il 46% delle quantità acquistate, seguito dal Centro, inclusa la Sardegna (pari al 29% degli acquisti totali), dal Nord-Ovest (14%) e dall‟area del Nord-Est (11%) (ISMEA, 2011). In Italia e nell‟area mediterranea si è consolidata la produzione dell‟agnello da latte (Cianci et al., 1971), macellato con un peso vivo di circa di 812 kg, proveniente soprattutto da razze ovine a prevalente produzione di latte (Lanza e Biondi, 1990). Tale tendenza deriva da diversi fattori, tra cui principalmente il regime dei prezzi che privilegia nettamente la carne dell‟agnello da latte che viene precocemente macellato destinando il prezioso latte alla caseificazione. La moscia Leccese è una razza ovina autoctona pugliese originaria del Salento che fino ai primi anni ‟80 rappresentava una delle popolazioni di maggiore interesse nell‟Italia meridionale peninsulare; è da ritenersi a buona attitudine lattifera (Cianci et al., 1968), ma è stata anche migliorata incrociandola con razze autoctone ottenendo un tipo morfo-funzionale a taglia grande (detto Leccese del Capo o Capuana) che, se pur garantiva un agnello allo svezzamento di maggior peso e una maggior produzione di latte, mostrava una minore capacità di adattamento alle ridotte disponibilità delle essenze pabulari dei pascoli. Gli allevatori, spinti dall‟impulso della competizione commerciale, hanno cominciato ad introdurre progressivamente nei propri allevamenti 41 soggetti di altre razze di varia provenienza (Sarda e Comisana) a più spiccata vocazione lattifera, con buone doti di adattabilità ai diversi ambienti di allevamento e più remunerative dal punto di vista economico (Ambrosini et al., 2000; Cianci et al., 1971; Dario et al., 1991, Pinto et al., 1979-80; Gallo et al., 1979-80) fino quasi alla totale sostituzione della razza ovina Leccese. Secondo le classificazioni internazionali, la razza ovina Leccese rientrerebbe nella watchlist delle razze vulnerabili annoverando un numero di 653 capi di femmine adulte registrate al Libro Genialogico su tutto il territorio nazionale (ASSONAPA, 2011). La Comisana è una razza ovina la cui attitudine preminente è quella della produzione del latte e con buone rese in carne (Pino e Portolano, 1962). La scomparsa di una razza implica la perdita definitiva di quelle peculiarità tipiche dei prodotti ottenibili esclusivamente dalla razza stessa. Attualmente la sopravvivenza delle razze locali, dove ancora esistono, è legata a diverse motivazioni quali la loro rusticità cioè la migliore adattabilità a condizioni pedoambientali difficili ed a un più elevato valore di mercato delle loro produzioni tipiche (carne e prodotti caseari). Numerosi lavori scientifici mostrano come l‟effetto razza influisca sulle performance produttive e sulle caratteristiche qualitative delle carni degli animali da reddito (Marsico et al., 1995; Ragni et al., 1997; Vicenti et al., 1998; Ragni et al., 2001; Caputi Jambrenghi et al., 2001; Santos-Silva et al., 2002; Russo et al., 2003; Marino et al., 2008; Bulent et al., 2010;) e il tipo di allattamento (Rodriguez et al., 2008; Lanza et al., 2006; Napolitano et al., 2002). Inoltre gli agnelli da latte sono considerati alla stregua dei monogastrici, pertanto la composizione degli acidi grassi del grasso del latte materno assunto in fase di allattamento influenza fortemente la composizione acidica delle loro carni (Lane et al., 2000; Vicenti et al., 2001). I mercati alimentari sono diventati più globalizzati, con il risultato che i consumatori sono più attenti alla propria alimentazione ed apprezzano alimenti di più alta qualità e con una chiara identità regionale. La certificazione di provenienza della carne potrebbe consentire un maggiore aumento nel valore commerciale degli agnelli da latte prodotti in Italia, soprattutto quando provengono da razze autoctone, allevati al pascolo con sistemi tradizionali (Martini et al., 2009). Infatti gli agnelli da latte alimentati con latte materno di pecore allevate al pascolo (Scerra et al., 2006; Vicenti et al., 2004) hanno fornito carcasse meno grasse e di qualità migliore da un punto di vista nutrizionale. Le razze autoctone costituiscono un prezioso serbatoio genetico nelle singole aree geografiche in cui si sono selezionate garantendo la produzione di molti prodotti tipici sia sotto il profilo edonistico e della qualità delle produzioni e sia per lo sfruttamento di molte aree marginali. Lo scopo di tale lavoro è stato quello di mettere a confronto gli aspetti qualitativi delle carni ottenute da agnelli da latte di razza Leccese e Comisana alimentati con due sistemi di allattamento (naturale vs latte ricostituito) ed allevati nella zona murgiana del nord-ovest barese, zona tra le più vocate all‟allevamento ovino della Puglia. Materiali e metodi La prova è stata effettuata sulle carni prelevate da 12 agnelli Leccesi (6 allattati artificialmente e 6 allattati dalle madri) e da 12 Comisani (6 allattati artificialmente e 6 allattati dalle madri). Dalla lombata è stato prelevato il muscolo Longissimus lumborum (Ll) su cui sono stati determinati, in accordo con le indicazioni ASPA (1996), i parametri colorimetrici, mediante spettrofotometro HunterLab con illuminatore D65, e la resistenza al taglio, misurata con il test del Warner Bratzler Shear Force (WBS) mediante apparecchio Instron 5544. Dal muscolo, previa omogeneizzazione, sono stati prelevati campioni per la determinazione chimica centesimale (ASPA, 1996). Sul grasso estratto dai campioni di carne è stata eseguita l‟analisi degli acidi grassi. La frazione lipidica è stata estratta con cloroformio-metanolo 2:1 (Folch et al., 1957). Gli esteri metilici degli acidi grassi sono stati 42 preparati con BF3-metanolo al 12% ed analizzati con gascromatografia utilizzando una colonna capillare di vetro silicato (lunghezza 50 m, diametro interno 0,25 mm, spessore film 0,25 μm) operante a temperatura programmata da 140°C a 210°C con gascromatografo Chromopack, modello CP 9000. Sono stati inoltre calcolati gli indici di aterogenicità e di trombogenicità (Ulbricht e Southgate, 1991). Infine è stato determinato il colesterolo ematico e del tessuto epatico. I dati ottenuti sono stati elaborati con l‟analisi della varianza mediante procedura GLM (SAS, 1991) confrontando i valori medi stimati con il “t” di Student, valutando l‟effetto razza e dieta e la loro interazione. Risultati e discussione La composizione chimica del muscolo Longissimus lumborum (Tab. 1) ha fatto osservare nella Leccese una maggior umidità (P<0,05) rispetto alla Comisana (74,91% vs 73,76%). Il grasso intramuscolare nelle carni della Comisana è risultato significativamente più elevato rispetto a quello della Leccese (3,75% vs 2,86%; P<0,01) confermando quanto riscontrato nei rilievi alla macellazione (Ragni et al., 2012). Nessuna differenza è stata osservata relativamente ai due sistemi di alimentazione. Lo sforzo al taglio (Tab. 2), ha fatto registrare una maggiore e significativa (P<0,05) tenerezza delle carni di agnelli Leccesi alimentati con latte artificiale rispetto agli stessi alimentati con latte naturale (2,02 kg/cm 2 vs 2,60, kg/cm2). Nei riguardi delle caratteristiche colorimetriche la luminosità delle carni della Leccese è risultata superiore alla Comisana (42,03 vs 41,29; P<0,05). I campioni della razza Leccese sono risultati meno rossi (a*) rispetto a quelli della Comisana (8,02 vs 8,53; P<0,05). Sono state evidenziate differenze significative nell‟indice b* nei riguardi degli effetti principali, razza e dieta, la Comisana rispetto alla Leccese ha presentato valori di 8,56 vs 8,83, mentre l‟allattamento artificiale ha determinato valori di 8,87 vs 8,51 del naturale. Il latte artificiale rispetto a quello prodotto dalla pecora Leccese e Comisana (Tab. 3), contiene una minore percentuale di acidi grassi saturi (56.27% vs 69.55% vs 73.05%) ed un più elevato contenuto in polinsaturi (7.39% vs 5.57% vs 4.33%). Questo risultato non è stato sorprendente, dal momento che i lipidi del latte artificiale provengono da grassi vegetali caratterizzati da una inferiore saturazione rispetto ai grassi animali (Napolitano et al., 2002). Relativamente al profilo acidico rilevato nelle carni (Tab. 4), la percentuale di acidi grassi saturi è risultata significativamente (P<0,01) più elevata nella dieta Naturale (43,72%) rispetto al quella Artificiale (35,83%). I valori dei monoinsaturi sono risultati più elevati nella dieta artificiale rispetto al naturale (54,40% vs 46,79%) quelli della Comisana (P>0,01) nei confronti della Leccese (51,45% vs 49,74%); In accordo con quanto rilevato da Lanza et al. (2006), Napolitano et al. (2002) la maggior presenza della componente satura nelle carni di agnelli da latte alimentati con latte materno potrebbe essere attribuita ad una maggiore presenza di acidi grassi saturi nel latte materno, rispetto al latte artificiale, probabilmente dovuto all‟attività di bio-idrogenazione ruminale da parte della pecora. Inoltre negli agnelli il rumine non è ancora funzionale e gli acidi grassi insaturi somministrati con la dieta non subiscono alcuna alterazione di bio-idrogenazione. In uno studio precedente (Cifuni et al., 2000) hanno riscontrato un crescente grado di saturazione delle carni in funzione della maggiore età di macellazione degli agnelli in conseguenza del progressivo sviluppo del rumine. Pertanto, il profilo acidico delle carni degli agnelli da latte può riflettere la composizione del latte ingerito (Kuhne, et al., 1986; Zygoyannis et al., 1992). Di conseguenza risultano migliori gli indici salutistici di aterogenicità e trombogenicità nei soggetti alimentati con allattamento artificiale (P<0,01). Per contro l‟allattamento naturale, rispetto all‟artificiale determina nelle carni di agnelli Leccesi il miglior rapporto ω6/ω3 (4,01 vs 5,50; P<0,05) i cui valori sono prossimi ai quelli 43 consigliati per la salute umana (Galli, 1999). Positivi infine i riscontri ottenuti sul colesterolo totale rilevato nel sangue e nel tessuto epatico (Tab. 5) degli agnelli alimentati con latte artificiale, risultato significativamente più contenuto (P<0,01) in entrambe le razze. Conclusioni I risultati ottenuti dalla presente prova permettono di aumentare le conoscenze sulla qualità delle carni ottenute da agnelli di razza Leccese. Le carni di agnelli Leccesi sono risultate più luminose, meno rosse e con un indice del giallo superiore ai soggetti Comisani. L‟allattamento artificiale determina nella razza Leccese una maggiore tenerezza delle carni ed un minore contenuto in grasso. La composizione acidica delle carni riflette quella del latte ingerito, infatti le carni degli agnelli alimentati con latte artificiale, rispetto al naturale, in ambedue i genotipi manifestano un maggior contenuto di acidi grassi insaturi. In entrambe le razze, l‟allattamento con latte ricostituito consente di ottenere carni di agnello dieteticamente più salutari per il consumatore potendo destinare maggiori quantità del prezioso latte ovino alla produzione di prodotti tipici locali. Bibliografia AMBROSINI F., CIANCI D., 2000. La resistenza genetica alle parassitosi gastro-intestinali nell‟allevamento ovino con particolare riferimento alla situazione in Italia. Obiettivi e Documenti Veterinari, 21 (2): 7-9. ASPA, 1996. Commissione di studio valutazione quanti-qualitativa della carne. Metodiche per la valutazione delle caratteristiche qualitative della carne. 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Fatty acid composition of carcass fat of indigenous (Capra Prisca) suckled Greek kids and milk of their does. Small Ruminant Research, 8: 83-95. Tab. 1. Composizione chimica del Longissimus Lumborum (%). Tab. 1. Chemical characteristics of Longissimus Lumborum (%). DIETA Campioni n° Umidità Proteine Grassi Ceneri RAZZA ART NAT COM LEC ART COM 12 74,69 20,13 3,10 1,22 12 73,97 20,30 3,51 1,18 12 73,76 b 20,04 3,75 A 1,27 a 12 74,91 a 20,38 2,86 B 1,14 b 6 73,94 20,06 3,66 A 1,30 A RAZZA X DIETA NAT LEC COM LEC 6 75,44 a 20,20 2,53 B 1,13 B 6 73,58 b 20,03 3,84 A 1,22 6 74,37 20,57 3,18 1,14 B D.S.E. G.L. = 20 1,343 1,008 0,646 0,087 A, B: P<0,01; a, b: P<0,05 Tab. 2. Caratteristiche fisiche del Longissimus Lumborum. Tab. 2. Physical characteristics s of Longissimus Lumborum. ART NAT COM LEC RAZZA X DIETA ART NAT COM LEC COM LEC WBS Kg/cm2 2,13 2,33 2,15 2,30 2,25 L* 41,81 41,50 41,29 b 42,03 a a* 8,27 8,28 8,53 a 8,02 b 42,97 A 40,65 B 39,60 B 8,47 8,07 BC AB 8,99 A b* 8,87 A 8,51 B 8,56 b 8,83 a 9,24 A DIETA RAZZA A, B, C: P<0,01; a, b: P<0,05 46 2,02 b 8,51 B 2,07 7,89 C 2,60 a 43,40 A 7,56 C D.S.E. G.L. = 20 0,458 0,901 0,505 9,14 A 0,244 Tab. 3. Composizione acidica (%) del latte naturale ed artificiale. Tab. 3. Fatty acid composition (%) of natural and artificial milk. SATURI INSATURI MUFA PUFA ω3 ω6 COM 73,05 26,95 22,62 4,33 0,90 3,10 LEC 69,55 30,45 24,88 5,57 1,30 3,98 ART 56,27 43,73 36,34 7,39 1,23 5,46 Tab. 4. Composizione acidica (%) del Longissismus Lumborum. Tab. 4. Fatty acid composition (%) of Longissimus Lumborum. RAZZA X DIETA ART NAT ART NAT COM LEC COM LEC COM LEC 35,67 35,99 42,34 45,11 SATURI 35,83 B 43,72 A 39,01 40,55 B B Ab Aa 54,78 54,02 45,46 MUFA 54,40 A 46,79 B 51,45 a 49,74 b A A 48,12 Ba Bb PUFA 10,38 9,54 9,58 10,35 9,62 11,14 9,53 9,55 64,40 65,16 INSATURI 64,78 A 56,33 B 61,03 60,09 A A 57,66 B 55,00 B ω3 1,72 1,79 1,74 1,77 1,85 1,59 1,63 1,95 ω6 7,71 7,14 7,16 7,70 7,37 8,05 6,95 7,34 ω6/ω3 4,77 4,38 4,40 4,76 4,05 5,50 a 4,75 4,01 b I.A. 0,58 B 1,11 A 0,72 B 0,98 A 0,56 C 0,61 C 0,88 B 1,35 A I.T. 0,92 B 1,27 A 1,05 1,13 0,91 B 0,93 B 1,20 A 1,33 A DIETA RAZZA D.S.E. G.L. = 20 2,126 1,821 1,913 2,342 0,579 1,255 1,281 0,120 0,154 A, B, C: P<0,01; a, b: P<0,05 Tab. 5. Contenuto di colesterolo. Tab. 5. Cholesterol content. RAZZA X DIETA D.S.E. ART NAT G.L. = 20 ART NAT COM LEC COM LEC COM LEC 58,72 82,66 58,78 82,72 B A 70,73 70,65 58,75 B B A 82,61 A 12,31 300,25 353,08 309,33 291,16 357,50 348,66 B A 333,41 319,91 Bb B A Aa 26,91 DIETA Colest. Tot. mg/dl Colest. Fegato mg/100gr RAZZA A, B: P<0,01; a, b: P<0,05 . 47 2.7. LA BIODIVERSITÀ AGRARIA NELLE MARCHE: VALORIZZAZIONE NUTRIZIONALE DI LEGUMINOSE E CEREALI TIPICI BIODIVERSITY IN MARCHE: NUTRITIONAL QUALITY OF TYPICAL LEGUMES AND CEREALS Gianna FERRETTI1, Tiziana BACCHETTI1, Simona MASCIANGELO², Ambra MICHELETTI2 1 Dipartimento di Scienze Specialisteche ed Odontostomatologiche, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italia, [email protected] 2 Dipartimento di Scienze della Vita e dell‟Ambiente, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italia, [email protected] 3 A.S.S.A.M. - Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche, Osimo (AN), Italia, [email protected] Riassunto La Regione Marche, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e protezione degli agro-ecosistemi e delle produzioni di qualità, ha approvato la Legge Regionale 3 giugno 2003 n.12 “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”. La legge difende le risorse genetiche non più coltivate o allevate sul territorio regionale ma attualmente conservate presso Istituti sperimentali, Orti botanici, Banche del Germoplasma, Università e Centri di ricerca anche di altre Regioni o Paesi, per le quali esista un interesse economico, scientifico, ambientale, paesaggistico o culturale. L‟ASSAM (Agenzia per i Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche) cura l‟attuazione dei programmi pluriennali e annui in materia di tutela della biodiversità per il settore agricolo e gestisce i due strumenti operativi della Legge cioè il Repertorio Regionale e la Rete di Conservazione e Sicurezza. Nel Repertorio Regionale vengono iscritte le risorse genetiche autoctone a rischio di erosione. Lo studio si è prefisso di valorizzare da un punto di vista nutrizionale di legumi e cereali inseriti nel Repertorio Regionale. La ricerca è stata condotta sui seguenti prodotti : Cicerchia (Serra de‟ Conti); Fagioli (Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (Appignano), Cece "Quercia" (Appignano); Fava (Fratte Rosa); Mais ottofile (Treia, Pollenza, Roccacontrada tipologia rosso e giallo). L‟analisi dei principali nutrienti ha confermato che i legumi e i cereali inclusi nello studio rappresentano una buona fonte di proteine e di carboidrati soprattutto complessi e di fibra alimentare. La valorizzazione nutrizionale dei legumi e cerali ha incluso anche la valutazione dei livelli di alcuni fitonutrienti come polifenoli e carotenoidi e delle loro proprietà antiossidanti. Infatti questi fitonutrienti oltre a conferire colore e proprietà organolettiche ai vegetali, hanno anche un interesse nutrizionale. I risultati hanno evidenziato una variabilità nei livelli di fitonutrienti nelle diverse varietà di legumi e cereali inclusi nello studio e hanno dimostrato che la maggior parte di essi rappresentano una buona fonte di fitonutrienti. In conclusione i risultati ottenuti dimostrano che gli alimenti tipici della nostra regione, oltre a costituire un patrimonio culturale di notevole importanza, hanno una elevata qualità nutrizionale e pertanto il loro consumo potrebbe avere ricadute positive per l‟ambiente, per il mantenimento della biodiversità e per la salute. Parole chiave : biodiversità, proprietà nutrizionali, antiossidanti, cereali, legumi 48 Abstract Marche Region, as part of development policies, promotion and protection of agroecosystems and production of quality, approved June 3, 2003 the Regional Law No. 12 "Protection of animal and plant genetic resources of the Marche". The law protects the genetic resources that are no longer grown or reared within the region and that now are preserved by experimental institutes, botanical gardens, gene banks, universities and research centers also of other regions or countries, for which there is an economic, scientific, environmental, landscaping or cultural interest. A.S.S.A.M. (Agency for Food Service Industry in the Marche) is involved in the implementation of programs for the protection of biodiversity for agriculture and manages two instruments: the Regional Repertory and the Network of Regional Conservation and Safety. Aim of the study was to investigate the nutritional qualities of legumes and cereals included in the Regional Repertory. The research was conducted on the following products: Cicerchia (Serra de‟Conti), Beans (Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (Appignano), Cece " Querchia" (Appignano), Fava (Fratte Rosa) and Corn (Treia, Pollenza, Roccacontrada type red and yellow). The analysis of macronutrients confirmes that legumes and cereals included in the study represent a good source of protein and complex carbohydrates and dietary fiber. The study has also included the evaluation of the levels of phytonutrients such as polyphenols and carotenoids and their antioxidant properties. The results show a variability in the levels of phytonutrients in the different varieties of legumes and cereals included in the study and have shown that most of them represent a good source of phytonutrients. In conclusion, the results demonstrate that the typical food of Marche, besides being a very important cultural heritage, have a high nutritional quality, and therefore their consumption may have positive consequences for the environment, for the maintenance of biodiversity and health. Keywords: biodiversity, nutritional properties, antioxidants, cereals, legumes Introduzione La Regione Marche, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e protezione degli agro-ecosistemi e delle produzioni di qualità, ha approvato la Legge Regionale 3 giugno 2003 n.12 “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano”. La legge difende le risorse genetiche non più coltivate o allevate sul territorio regionale ma attualmente conservate presso Istituti sperimentali, Orti botanici, Banche del Germoplasma, Università e Centri di ricerca anche di altre Regioni o Paesi, per le quali esista un interesse economico, scientifico, ambientale, paesaggistico o culturale. L‟ASSAM (Agenzia per i Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche) cura l‟attuazione dei programmi pluriennali e annui in materia di tutela della biodiversità per il settore agricolo e gestisce i due strumenti operativi della Legge cioè il Repertorio Regionale e la Rete di Conservazione e Sicurezza. Nel Repertorio Regionale vengono iscritte le risorse genetiche autoctone a rischio di erosione. In tale ambito lo studio si è prefisso di valorizzare da un punto di vista nutrizionale una serie di legumi e cereali inseriti nel Repertorio Regionale. La ricerca è stata condotta sui seguenti prodotti : Cicerchia (accessione di Serra de‟ Conti); Fagioli (Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (accessione di Appignano), Cece "Quercia" (accessione di Appignano); Fava (accessione di Fratte Rosa); 4 tipologie di Mais ottofile (accessioni di Treia, Pollenza, Roccacontrada tipologia rosso, arancio e giallo). 49 La valorizzazione nutrizionale di questi prodotti tipici ha incluso la valutazione dei livelli dei principali nutrienti (carboidrati, lipidi, proteine) e dei livelli di alcuni fitonutrienti. Con questo termine ci riferiamo a sostanze sintetizzate nelle piante e presenti in quantità e qualità diverse nei vari alimenti. Alcuni di questi fitonutrienti tra cui i polifenoli e carotenoidi, infatti, oltre a conferire colore e proprietà organolettiche ai vegetali, hanno anche un interesse nutrizionale poiché sono sostanze biologicamente attive e svolgono ruoli regolatori del metabolismo e di funzioni cellulari (Kriushnapriya et al., 2012; Vasanthi et al., 2012) . Numerosi studi hanno investigato i meccanismi molecolari con cui i fitonutrienti esercitano il loro effetto protettivo ed antiossidante ed è stato dimostrato che la maggior parte di essi è biodisponibile cioè viene assorbito dopo l‟assunzione con i pasti. Infatti studi condotti in vivo hanno dimostrato un aumento dei livelli di antiossidanti dopo un pasto contenente frutta o verdura (Polidori et al., 2009) ed è emersa una relazione inversa tra consumo di fitonutrienti (polifenoli e carotenoidi) e markers di danno ossidativo e di infiammazione (Holt et al., 2009; Martínez-Tomas et al., 2012). Pertanto lo studio delle proprietà nutrizionali e del contenuto in antiossidanti permette quindi di caratterizzare in modo completo le proprietà nutrizionali di un alimento. Materiali e metodi Descrizione dei campioni inclusi nello studio - La ricerca è stata condotta sui seguenti legumi inseriti nel Repertorio Regionale: Cicerchia (accessione di Serra de‟ Conti); Fagioli (Monachello, Solfino, Occhio di capra, Americano); Roveja (accessione di Appignano), Cece "Quercia" (accessione di Appignano); Fava (accessione di Fratte Rosa). Inoltre sono state considerate alcune varietà di mais iscritte nel Repertorio Regionale: il mais ottofile di Treia, il mais ottofile Pollenza, il mais ottofile di Roccacontrada tipologia rosso e giallo. Ciascun prodotto è stato caratterizzato dal punto di vista della composizione in carboidrati, proteine, lipidi e fibra. Per quanto riguarda i lipidi, lo studio ha previsto anche una dettagliata analisi della composizione in acidi grassi. Preparazione del campione - I campioni (circa 0.5g) sono stati ridotti a farina e incubati in presenza di acetone 50% per 20 ore e successivamente centrifugati a 3000 rpm a 4C° per 20 minuti. Gli estratti sono stati diluiti in modo da ottenere le condizioni ottimali per il dosaggio dei fenoli totali e delle proprietà antiossidanti. Determinazione del contenuto totale dei fenoli - Il contenuto dei fenoli nei diversi campioni di mais e legumi è stato determinato mediante Folin-Ciocalteu assay. In particolare 25µl di estratto vengono aggiunti a 1,5 ml di acqua distillata, 0,125ml di reagente Folin-Ciocalteu e 0,350ml di NaCO3 20%. L‟assorbanza è stata valutata a 765 nm dopo 2 ore di incubazione. Il contenuto totale di fenoli è espresso come equivalenti di acido gallico su 100 grammi di campione (Xu et al., 2007). Valutazione potenziale antiossidante totale - La valutazione del potenziale antiossidante totale degli estratti di legumi e di mais è stata effettuata mediante Orac (Oxygen radical absorbance capacity) assay come riportato da Gillespie et al. I risultati sono espressi in µmoli di equivalenti Trolox (Gillespie et al., 2007). Determinazione della capacità antiossidante nei confronti delle LDL - La valutazione della capacità antiossidante degli estratti di mais e dei legumi è stata condotta utilizzando la cinetica di perossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL) isolate da plasma umano (Ferretti et al., 2010). Le incubazioni sono state condotte a 37°C in presenza di ioni rame (5M). Nelle LDL ossidate in assenza (controllo) o in presenza di estratti, la cinetica è stata eseguita mediante le valutazione della formazione dei dieni coniugati e calcolo della lag-time (Esterbauer et al., 1989). 50 Carotenoidi - La caratterizzazione e la quantificazione dei carotenoidi presenti nei diversi campioni mais sono stati identificati quantificati mediante il metodo HPLC-UV detection come riportato da Scott et al. (2005). Risultati Caratteristiche composizionali e nutrizionali - Come riassunto nella Tab. 1 nei legumi inclusi nello studio (Fagioli, Roveja, Cicerchia, Fava e Cece), i carboidrati costituiscono circa il 60% del loro peso secco, mentre nel mais essi rappresentano circa 75% del loro peso secco. Le proteine sono presenti con una percentuale, rispettivamente, di circa 25% e 8 % nei legumi e nel mais. Nel mais i lipidi costituiscono circa il 3-5% del peso secco. Il contenuto di fibra nei legumi inclusi nello studio è circa il 25%, mentre nei campioni di mais il contenuto è compreso tra 7-8%. Livelli di polifenoli e carotenoidi - I livelli di composti fenolici totali nelle diverse varietà di fagioli inclusi nello studio mostrano una elevata variabilità con valori compresi tra 300-700 mg/100gr. Nella Cicerchia e nel Cece Quercia i livelli di fenoli sono 121±21 mg GAE/ 100g e 15026 mg GAE/100g, rispettivamente. Elevati livelli di fenoli si sono osservati nella Roveja. (Tab. 2) I livelli di composti fenolici totali nei campioni di mais inclusi nello studio sono compresi tra 18834 mg GAE/100g del Mais Pollenza e 30925 mg GAE/100g del Mais Roccacontrada varietà rossa. Nella Tab. 2 sono indicati i livelli di carotenoidi valutati in diverse varietà di mais. Il contenuto di carotenoidi totali nelle varietà di mais incluse è circa 3mg/Kg (Tab. 3). La caratterizzazione più dettagliata della composizione dei carotenoidi nelle diverse varietà di mais emerge che la zeaxantina, l‟alfa criptoxantina, la luteina e il beta carotene sono i principali rappresentanti (Tab. 3). Potere antiossidante - Come mostrato nella Fig. 2, le diverse varietà di fagioli inclusi nello studio mostrano valori di potenziale antiossidante totale (PAT) compresi tra i 77571±256mol TE/100g del fagiolo Americano e i 3761±321 del fagiolo Solfino (Tab. 2). La Roveja presenta un potere antiossidante simile a quelli dei fagioli (Tab. 2). Valori inferiori si sono osservati nella Cicerchia e nel Cece Quercia. (Tab. 2). Allo scopo di indagare il ruolo protettivo degli estratti ottenuti dalle diverse varietà di legumi e di mais, è stata studiata la cinetica di formazione dei dieni coniugati nelle LDL ossidate in presenza o in assenza degli estratti. Il valore della lag-time nelle LDL ossidate (ox-LDL) in assenza degli estratti era di 69±12minuti. Valori della lag-time significativamente più elevati sono stati ottenuti nelle LDL ossidate in presenza degli estratti (Fig. 1). La significativa correlazione positiva stabilita tra i livelli di composti fenolici e i valori di PAT (r=0.93, n=12, p<0,001) e la durata della lag-time delle LDL ossidate in presenza degli estratti (r=0.88, n=12, p<0,001) dimostra che i composti fenolici svolgono un ruolo importante nelle capacità antiossidanti dei campioni analizzati ed esercitano un ruolo protettivo contro la perossidazione lipidica delle lipoproteine. Conclusioni Fino ad oggi non è stata effettuata un‟analisi dettagliata della loro composizione nutrizionale di leguminose e cereali tipici della Regione Marche. Dallo studio condotto emerge che i prodotti Marchigiani si contraddistinguono per le caratteristiche nutrizionali sia per il contenuto in macro e in micronutrienti. In particolare, essi risultano essere particolarmente ricchi di composti antiossidanti quali polifenoli e carotenoidi che conferiscono ai prodotti un elevato potere antiossidante totale. L‟analisi del potere antiossidante ha evidenziato la maggior parte dei prodotti inclusi nello studio si colloca tra gli alimenti vegetali con un 51 elevato potere antiossidante. In particolare i dati dimostrano che in tutti gli estratti sono presenti molecole che rallentano la perossidazione lipidica delle LDL. Studi precedenti hanno dimostrato che la perossidazione delle LDL avviene in vivo. Le LDL-ox esercitano un ruolo citotossico, pro-infiammatorio e sono coinvolte nei meccanismi molecolari alla base della formazione della placca aterosclerotica (Grundy, 1995). Pertanto i dati ottenuti potrebbero avere una rilevanza fisiologica poiché è noto che parte dei fitonutrienti sono biodisponibili (Polidori et al., 2009). I dati ottenuti dallo studio riguardanti la caratterizzazione delle proprietà nutrizionali e del potere antiossidante dei prodotti può rappresentare un elemento importante nella valorizzazione di questi prodotti tipici delle Marche. Tali informazioni sulla qualità nutrizionale possono essere utilizzate in campagne di valorizzazione nutrizionale di prodotti tipici con l‟obiettivo di incentivarne la conoscenza e il consumo soprattutto tra i più giovani oltre al loro possibile utilizzo come ingrediente funzionale in alimenti salutistici. In conclusione, gli alimenti tipici della nostra regione, come quelli inclusi nello studio, oltre a costituire un patrimonio culturale di notevole importanza, hanno evidenziato una elevata qualità nutrizionale, pertanto il loro consumo potrebbe avere ricadute positive per la salute, per l‟ambiente e per il mantenimento della biodiversità. Bibliografia ESTERBAUER H., STRIEGL G., PUHL H., ROTHENEDER M. 1989. Continuous monitoring of in vitro oxidation of human low density lipoprotein. Free Radical Research, 6:67-75. FERRETTI G., BACCHETTI T., MASCIANGELO S., BICCHIEGA V. 2010. Effect of phytosterols on copper lipid peroxidation of human low-density lipoproteins. Nutrition, 26(3): 296-304. GILLESPIE K.M., CHAE J.M., AINSWORTH E.A. 2007. Rapid measurement of total antioxidant capacity in plants. Nature Protocols, 2: 867-70. GRUNDY S.M., 1995. Role of low-density lipoproteins in atherogenesis and development of coronary heart disease. Clinical Chemistry, 41: 139-46. HOLT E.M., STEFFEN L.M., MORAN A., BASU S., STEINBERGER J., ROSS J.A., HONG C.P., SINAIKO A.R. 2009. Fruit and vegetable consumption and its relation to markers of inflammation and oxidative stress in adolescents. Journal of the American Dietetic Association, 109(3): 414-21. KRIUSHNAPRIYA S., DHINAGAR K., MALATHY S., MANI K., 2012. Database for vegetable phytochemicals and their mechanism of action. Bioinformation, 8(10): 492-5. MARTÍNEZ-TOMÁS R., LARQUÉ E., GONZÁLEZ-SILVERA D., SÁNCHEZCAMPILLO M., BURGOS M.I., WELLNER A., PARRA S., BIALEK L., ALMINGER M., PÉREZ-LLAMAS F., 2012 Effect of the consumption of a fruit and vegetable soup with high in vitro carotenoid bioaccessibility on serum carotenoid concentrations and markers of oxidative stress in young men. European Journal of Nutrition, 51(2): 231-9. POLIDORI M.C, CARRILLO J.C., VERDE P.E., SIES H., SIEGRIST J., STAHL W., 2009 Plasma micronutrient status is improved after a 3-month dietary intervention with 5 daily portions of fruits and vegetables: implications for optimal antioxidant levels. Nutrition Journal, 8: 10. SCOTT C.E., ELDRIDGE A.L., 2005. Comparison of carotenoid content in fresh, frozen and canned corn. Journal of Food Composition and Analysis, 18: 551-559 VASANTHI H.R., SHRISHRIMAL N., DAS D.K., 2012. Phytochemicals from plants to combat cardiovascular disease. Current Medicinal Chemistry, 19 (14): 2242-51. 52 XU B.J., YUAN S.H., CHANG S.K.C., 2007. Comparative analyses of phenolic composition, antioxidant capacity and color of cool season legumes and other selectes food legumes. Journal of Food Science, 72: S167-77. Tab. 1. Caratteristiche composizionali dei legumi e cereali inclusi nello studio Tab. 1. Chemical composition of legumes and cereals included in the study Fenoli (mg/100g) 70088 31265 68059 40455 12121 52322 15023 14033 269 32 18834 12215 30925 Fagiolo Monachello Fagiolo Solfino Fagiolo Americano Fagiolo Occhio di capra Cicerchia “Serra de‟ Conti” Roveja “Appignano” Cece “Quercia “ Fava di Fratte Rosa Mais ottofile Treia Mais ottofile Pollenza Mais ottofile Roccacontrada giallo Mais ottofile Roccacontrada rosso PAT (molTE/100g) 5900244 3761321 7571256 5424200 101979 4653200 1314189 1890121 2022 325 1836169 1850134 2206274 Tab. 2. Livelli di polifenoli totali e potere antiossidante totale (PAT) nelle diverse varietà di legumi e mais inclusi nello studio. Tab. 2. Levels of total polyphenols and total antioxidant potential (PAT) in the different varieties of legumes and maize included in the study. Fagiolo Monachello Fagiolo Solfino Fagiolo Americano Fagiolo Occhio di capra Cicerchia “Serra de‟ Conti” Roveja “Appignano” Cece “Quercia “ Fava di Fratte Rosa Mais ottofile Treia Mais ottofile Pollenza Mais ottofile Roccacontrada giallo Mais ottofile Roccacontrada rosso Proteine g/100g 23 22 19 22 24 27 20 21 Lipidi g/100g 1,9 1,4 1,4 1,4 1,3 2,1 2,1 2,3 Carboidrati g/100g 62 64 68 65 63 62 61 62 Fibra g/100g 23 27 26 24 24 23 25 17 8,1 7,8 9,1 8,8 3,77 4,89 5,46 4,25 76 77 77 78 8,1 7,2 8,3 7,5 53 Tab. 3. Livelli di carotenoidi nelle diverse varietà di mais incluse nello studio Tab. 3. Levels of carotenoids in the different varieties of maize included in the study Mais Treia 3066 310 1830 530 40 56 300 <20 <20 Carotenoids (g/Kg) Carotenoidi totali Luteina Zeaxantina Alfa-Criptoxantina Beta-Criptoxantina Alfa-Carotene Beta-Carotene Violaxantina Licopene * 180 * Mais Pollenza 3523 320 2150 710 35 38 270 <20 <20 Mais Roccacontrada giallo 3044 230 1760 660 45 49 300 <20 <20 Mais Roccacontrada rosso 3434 260 1940 750 41 53 390 <20 <20 * Lag-time (minuti) 160 * 140 120 * * * * * * * * 100 80 60 40 Mais Roccacontrada giallo Mais Pollenza Mais Treia Mais Roccacontrada rosso Ox-LDL+ estratto Fava di Fratte Rosa Cicerchia Roveja Cece Quercia Fagiolo Solfino Fagiolo occhio di capra Fagiolo Monachello Fagiolo Americano 0 ox-LDL 20 Fig. 1. Durata della lag-time nelle LDL ossidante in assenza (ox-LDL) o in presenza di estratti ottenuti dalle diverse varietà di legumi e mais inclusi nello studio Fig. 1. Duration of the lag-time in LDL oxidized in the absence (ox-LDL) or in the presence of extracts obtained from different varieties of legumes and maize included in the study . 54 2.8. LA VITAMINA NUTRACEUTICO “C” NEI FRUTTI DI AGRUMI COME VALORE VITAMIN C IN CITRUS FRUITS AS A NUTRACEUTICAL VALUE Girolamo RUSSO1, Laura D’ANDREA2, Teodora BASILE1 1 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie, Università degli Studi di Bari, via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italy, [email protected] 2 CRA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi (SCA), via Celso Ulpiani 5, Bari, [email protected] Riassunto In questo lavoro è stato determinato il contenuto di acido ascorbico o vitamina C nei frutti di una collezione di agrumi coltivati nell‟arco Ionico Pugliese. Sono stati messi a confronto 10 cv di arancio dolce, 10 cv di mandarino e mandarino-simili e 2 cv di pompelmo, piante ubicate tutte nello stesso campo di orientamento varietale, realizzato in provincia di Taranto. I risultati ottenuti hanno mostrato valori equilibrati di vitamina C nell‟ambito delle cultivar dello stesso agrume, arancio, pompelmo, clementina, mandarino e mandarino-simile. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza l‟elevato contenuto in vitamina C di alcune delle cultivar esaminate. I valori della vitamina C (mg/l) sono risultati però diversi: nelle arance variavano da 67,6 a 101,1 nei mandarini e mandarino simili da 45,5 a 75,5 e nei pompelmi da 74,1 a 76,5. Parole chiave: vitamina C, arancio, mandarino, clementina, pompelmo Summary In this work the ascorbic acid, i.e. vitamin C, content in a collection of citrus fruits grown in Ionic area of Apulia region has been determined. Ten cv of sweet orange, ten cv of mandarin and mandarin-like fruits and two cv of grapefruit, from plants all located in the same field in the province of Taranto were compared. The results obtained showed balanced values of vitamin C in cultivars of the same citrus: orange, grapefruit, mandarin, mandarin-like, and clementine. The results obtained highlighted the high content of vitamin C in some of the examined cultivars. Anyway, the vitamin C values (mg/l) were different in different citrus fruits: in oranges ranged from 67.6 to 101.1 in mandarin and mandarin-like ranged from 45.5 to 75.5, and in grapefruits from 74.1 to 76.5. Keywords: vitamin C, orange, mandarin, clementine, grapefruit Introduzione Le vitamine sono sostanze necessarie all‟organismo umano in piccolissime quantità ma esso non è in grado di sintetizzare, da cui il bisogno di assumerle con l‟alimentazione. La vitamina C, il cui nome scientifico è acido L-ascorbico, è il lattone dell‟acido esuronico. L‟uomo, contrariamente alle altre specie animali e vegetali, non è in grado di sintetizzare l‟acido, ascorbico dal D-glucosio e quindi è indispensabile che lo ricavi dall‟alimentazione: frutta (ad esempio, fragole, arance, mele) e verdure (come cavoli, piselli, spinaci). Le vitamine fanno parte delle sostanze nutraceutiche, termine coniato nel 1989 da S.L. DeFelice, per quelle sostanze note per la loro comprovata azione benefica e protettiva nei confronti della salute 55 umana. È noto che il contenuto di vitamina C, la più notevole fra le vitamine contenute negli agrumi, è molto variabile da specie a specie e nell‟ambito delle specie fra le cultivar. Le differenze di quantità della vitamina C sono determinate anche dallo stadio di maturazione dei frutti, dall‟andamento climatico stagionale, dalle diverse condizioni pedo-climatiche, dai fattori agronomici e dalle modalità e tempi di conservazione del frutto (Gioffrè e Continella, 1973; Russo, 1984; Testoni et al., 1986). Tenuto presente questa variabilità e la sua importanza in quanto sostanza nutraceutica è stato ritenuto utile impostare la presente ricerca allo scopo di determinare il contenuto di vitamina C nei frutti di diversi agrumi coltivati su uno stesso terreno nell‟areale dell‟arco Ionico dove di recente è stato ottenuto anche il riconoscimento dell‟IGP “Clementine del Golfo di Taranto”. Materiali e metodi I campioni di frutti, dieci da ciascuna pianta, sono stati raccolti ad altezza d‟uomo, tenendo conto sia dell‟uniformità di pezzatura che del grado di maturazione. I campioni sono stati prelevati da ciascuna tesi di 10 cv di arancio dolce, 10 cv di mandarino e mandarino-simili e 2 cv di pompelmo, piante tutte ubicate nello stesso campo di orientamento varietale realizzato in provincia di Taranto. Ciascuna tesi, ripetuta tre volte, era costituita da quattro piante distribuite a caso e scelte considerando piante di sviluppo vegetativo simile. Le analisi per la determinazione chimica su campioni, raccolti direttamente in campo quando commercialmente pronti, sono state effettuate in laboratorio immediatamente dopo la raccolta per titolazione colorimetrica con il 2,6-diclorofenoloindofenolo. I dati sperimentali sono stati analizzati statisticamente. Risultati e discussione I risultati della presente ricerca, riportati nelle Tab. 1 e 2, fanno presumere che il biochimismo della formazione della Vitamina C sia alquanto più complesso di quanto si possa pensare e che, in qualche modo, dipenda anche dalla evoluzione dei contenuti di acidi, seppure con modalità variabile fra specie e cultivar e in probabile connessione con gli andamenti climatici stagionali. I valori di vitamina C determinati per arance e pompelmo, riportati in Tab 1, mostrano che è rilevante il contributo degli agrumi al fabbisogno giornaliero di vitamina C: 40 mg (bambino), 45 mg (adulto), 60 mg (donna in gravidanza), 80 mg (donna allattante). Inoltre, il loro consumo come frutta fresca, insieme agli ortaggi verdi, diminuisce il rischio di cancro dello stomaco (Haenszel et al., 1972, 1976; Kolonel et al., 1980). La vitamina C insieme alla vitamina E, delle quali i vegetali sono ricchi, inibiscono infatti la formazione di derivati nitrosanti, composti che possiedono azione cancerogena, associati a cancro dello stomaco (Schmahl, 1980). I valori di vitamina C anche per mandarino e mandarino-simili analizzati e riportati nella Tab. 2, riconfermano l‟importanza del consumo di agrumi per il notevole apporto di tale vitamina, specialmente da quando è stato sottolineato il suo ruolo chiave nell‟inibizione e nella prevenzione del cancro. La vitamina C in laboratorio, infatti, inibisce in vivo ed in vitro la formazione dei composti N-nitrosati (Mirvish, 1972). L‟aggiunta di acido ascorbico a colture di cellule umane (Park, 1980) previene la formazione chemio-indotta di queste cellule e in alcuni casi provoca la reversione delle cellule trasformate. Conclusioni Oltre a partecipare a numerose reazioni metaboliche e alla biosintesi di collagene, di alcuni aminoacidi ed ormoni, la vitamina C svolge numerosi effetti benefici: è un antiossidante, 56 interviene nelle reazioni allergiche potenziando la risposta immunitaria, neutralizza i radicali liberi e svolge una funzione protettiva a livello dello stomaco, inibendo la sintesi di sostanze cancerogene. La sua carenza provoca una malattia chiamata scorbuto, molto diffusa in passato tra i marinai che assumevano poca frutta e verdura fresca, i cui primi sintomi sono apatia, anemia e inappetenza e poi, proprio per la mancata sintesi di collagene, sanguinamento delle gengive, caduta dei denti, dolori muscolari, fragilità dei capillari e emorragie sottocutanee. La vitamina C è contenuta soprattutto negli alimenti freschi, come frutta e verdura, in particolare negli agrumi, fragole, cavolo (Tab. 3). La vitamina C viene però facilmente deteriorata durante i trattamenti di conservazione e cottura, si perde facilmente durante i lavaggi e la cottura in acqua viene danneggiata anche dall‟ossigeno e dal calore. Per assicurare un buon apporto di vitamina C, è quindi necessario consumare frutta e verdura freschissime, crude o poco cotte. I dati sperimentali ottenuti dimostrano il notevole contenuto di vitamina C nei frutti di diversi agrumi nell‟areale dell‟arco Jonico e costituiscono un tassello in più per la valutazione degli indici analitici caratterizzanti la tipicità per tracciabilità e rintracciabilità del prodotto agrume tipico delle Puglie - IGP “Clementine del Golfo di Taranto” . Bibliografia CARRERA G., 1988. I fabbisogni nutrizionali. Tossicologia e sicurezza degli alimenti: 9-40. Ed. Tecniche nuove-Milano. DEFELICE S. L., 1989. The nutricentral devolution: fueling a powerful. New International Market. GIOFFRÈ D., CONTINELLA G., 1983. Contenuti di vitamina “C” nei frutti delle cultivar di agrumi più diffuse in Calabria e Basilicata. In: Atti Convegno: “Recente contributo della ricerca allo sviluppo dell‟agrumicoltura italiana”. Cagliari 29 Aprile - 3 Maggio. HAENZEL W., KURIHARA M., SEGI M., LEE RKC.,1972. J. Natl. Cancer Inst., 49: 969. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. HAENZEL W., KURIHARA M., LOCKE F. B., SMIMUZU X., SEGI M., 1976. J. Natl. Cancer Inst., 52,265. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. KOLONEL L., N., 1980. J. Nath. Cancer Inst., 65: 1127. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. MIRVISH S.S., WALLCAVE L., EAGEN M., SHUBIK P., 1972. Science, 177,65. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. PARK C. H., AMARE M., SAVIN M. A., HOOGSTRATEN B., 1980. Cancer Res., 40, 1062. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. RUSSO G., 1984. Ripening process of two orange cultivars: “Washinton Navel” and “Navelina”. In: International Citrus Congress, July 15 to 20, Sao Paulo, Brasil. SCHMAHL D., 1980. Arch. Toxic. Suppl., 4,29. Alimentazione e cancro, 521-562. Ed. Tecniche nuove 1988- Milano. TESTORI A., ECCHER ZERBINI P., INTRIGLIOLO F., LANZA G., 1986. Influenza della concimazione azotata sulla qualità dell‟arancio “Tarocco” vecchia linea e “Tarocco” nucellare durante la conservazione frigorifera. In: Atti Convegno: “Recente contributo della ricerca allo sviluppo dell‟agrumicoltura italiana”. Cagliari 29 Aprile - 3 Maggio. 57 Tab. 1. Contenuto di vitamina C in 11 cultivar di arancio e in 2 di cultivar di pompelmo (media biennio 2004/05 e 2005/06). Tab. 1. Vitamin C content in 11 orange cultivar and 2 grapefruit cultivar (mean value for two year period 2004/05 and 2005/06). Cultivar Belladonna Biondo Moro Navelina Navelate Ovale Salustiana Staccia Tarocco Valencia Late Washinton N. Marsh Seedless Red Blush Valore medio di vitamina C (mg/l) E.S. 67,6 14,35 75,4 1 3,89 60, 5 1 2,59 82,8 14,12 67,6 15,23 77,4 1 3,76 77,1 15,12 77,9 14,78 101,1 1 6,54 81,1 14,76 75,0 13,89 76,5 1 6,76 74,1 1 5,54 Tab. 2. Contenuto di vitamina C in 10 cultivar di mandarino e mandarino-simili (media biennio 2004/05 e 2005/06). Tab. 2. Vitamin C content in 10 mandarin and mandarin-like cultivar (mean value for two year period 2004/05 and 2005/06). Cultivar Clementine Comune Clementine Nules Clementine Monreal Clementine Oroval Mandarino Avana Mandarino Avana Apirno Nuc. Mandarino ibrido Palazzelli Mandarino tardivo di Ciaculli Satsuma Owari Tangelo Mapo Valore medio di vitamina C (mg/l) E.S. 75,8 12,4 74,5 15,3 70,4 13,7 72,6 14, 7 45,5 12,9 45,9 11,8 66,1 15,7 59,3 13,9 48,3 12,1 49,3 12,7 Tab. 3. Contenuto di vitamina C in alcuni frutti e verdura (mg/100g). Tab. 3. Vitamin C content in some fruits and vegetables (mg/100g). Frutta Fragola Agrumi Mele Pesche mg/100g 60 50 20 5 Verdura Cavolo Pisello Porro Spinaci (Dati ricavati da Carrera,1988). 58 mg/100g 50 20 20 25 2.9. CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E MORFOPOMOLOGICA DI GENOTIPI DI MELOGRANO (PUNICA GRANATUM L.) IN PUGLIA CHEMICAL AND MORPHO-POMOLOGICAL CHARACTERIZATION OF POMEGRANATE GENOTYPES (PUNICA GRANATUM L.) IN APULIA Giuseppe FERRARA1, Angela Maria Stella MATARRESE1, Andrea MAZZEO1, Andrea PACIFICO1, Carmela PACUCCI1, Vito GALLO2,3, Isabella CAFAGNA2, Piero MASTRORILLI2,3 1 Dipartimento di Scienze Agro-ambientali e Territoriali - University of Bari „Aldo Moro‟, via Amendola 165/A - 70126 Bari (Italy) 2 DICATECh - Politecnico di Bari, via Orabona 4 - 70125 Bari (Italy) 3 Innovative Solutions S.r.l. - Spin off del Politecnico di Bari, zona H - 70015 Noci (Bari, Italy) Riassunto In Puglia il melograno viene generalmente coltivato in piccoli frutteti familiari e le produzioni sono destinate ai mercati locali. L‟informazione sui genotipi locali è praticamente assente ed è per questo che da qualche anno sono in corso indagini per valutare le caratteristiche morfopomologiche e chimiche di diversi genotipi di melograno presenti nell‟areale regionale. Nel 2011 una indagine in diverse zone della Puglia ha portato alla individuazione e alla raccolta dei campioni di frutti da diversi genotipi. Sui frutti, raccolti alla maturazione commerciale, tra fine settembre e metà ottobre, sono state determinate le caratteristiche morfologiche e chimiche. Differenze significative sono emerse tra i genotipi e, in particolare, una grossa variazione si è osservata per alcuni parametri morfologici tra cui il peso, il diametro, la lunghezza del frutto e lo spessore della buccia. I Brix sono variati da 14,6 a 18,3, mentre l‟acidità titolabile (espressa in acido citrico) da 5.2 a 29.6 g/L per la presenza di genotipi dolci ed acidi. La resa in succo (cm3/100 arilli) non ha mostrato differenze significative ad eccezione di un genotipo acido che ha presentato una resa nettamente più bassa. Le caratteristiche chimiche dei campioni sono state studiate anche con un approccio metabolomico mediante l‟impiego della spettroscopia 1H NMR. I risultati hanno indicato in glucosio, fruttosio e acido citrico i metaboliti maggiormente presenti nel succo. Il contenuto di glutammina e treonina è alla base della differenziazione di alcuni genotipi, mentre la componente fenolica del succo è risultata molto variabile dal punto di vista qualitativo. Parole chiave: Punica granatum L., caratteri organolettici, composti fenolici, metabolomica, spettroscopia 1H NMR Abstract Pomegranate in Apulia region is generally cultivated in small home orchards and the limited production is generally consumed by the families or in local fruit markets. No information is available about the local pomegranate genotypes and few years ago we started morphopomological and chemical analyses of some pomegranate genotypes localized in the region. In 2011, a survey in several areas of the region allowed the localization of various genotypes and the collection of fruit samples. These fruits were harvested at commercial ripening, from the end of September to mid October, for the subsequent morphological and chemical analyses. 59 The genotypes showed significant differences, in particular for some morphological parameters such as fruit weight, diameter and length, and skin thickness. Total soluble solids ranged from 14.6 to 18.3 °Brix and titratable acidity (as citric acid) ranged from 5.2 to 29.6 g/L because of the presence of both sweet and sour genotypes. The juice yield (cm3/100 arils) did not show significant differences, with the exception of an acid genotype with a significantly lower juice yield. Chemical characteristics of the samples have been studied with a metabolomic approach, through the use of 1H NMR spectroscopy. Results showed that glucose, fructose and citric acid were the most abundant metabolites in the juice. The content of glutamine and threonine and the phenolic components were variable among the genotypes. Keywords: Punica granatum L., organolectic metabolomic analysis, spectroscopy 1H NMR characteristics, fenolic compounds, Introduzione Il melograno è generalmente coltivato nel bacino del Mediterraneo, nelle regioni dell‟Asia meridionale, India, Nord e Sud America, in ambienti dove le alte temperature permettono una buona maturazione del frutto. In particolare, il suo adattamento al clima Mediterraneo ha favorito una larga diffusione in diversi Paesi dando origine, nell‟arco di secoli, a una variegata produzione di genotipi locali. Le parti commestibili del frutto sono gli arilli, che costituiscono dal 45 al 60% del peso totale del frutto (Kulkarni e Aradhya, 2005; Sarkosh et al., 2009;. Tehranifar et al., 2010). Gli arilli comprendono due parti: la testa e il seme al cui interno vi è l‟embrione. La testa, che è polposa e ricca di succo, può essere dolce, agrodolce o acida, di colore bianco, rosa o rosso ed è ricca di acidi organici e composti fenolici. L‟embrione contenuto nel seme, invece, contiene sostanze nutritive come gli acidi grassi presenti in gran quantità nell‟olio di semi di melograno (Sarkosh et al., 2009). Il melograno è stato sempre prioritariamente utilizzato per il consumo fresco, ma è anche impiegato, in seguito a separazione dei semi, per la preparazione di succhi di frutta, marmellate, sciroppi, bevande, coloranti e altri prodotti (Stover e Mercure, 2007; Magerramov et al., 2008). Come per molte specie da frutto, le varietà di melograno si differenziano per il loro gusto, variando dal dolce all‟acido (Holland et al., 2008) e ciò è legato direttamente alla qualità e quantità degli acidi organici e zuccheri presenti nel frutto. Un recente aumento nella domanda di prodotti a base di melograno da parte dei consumatori nei Paesi occidentali è imputabile alle sue caratteristiche nutrizionali e medicinali (Lansky e Newman, 2007). Queste attività sono principalmente attribuite ai livelli elevati di attività antiossidante ed all‟alto contenuto in polifenoli totali (Gil et al., 2000;. Tzulker et al., 2007). Il succo di melograno ha dimostrato di possedere un‟attività antiossidante 3 volte maggiore di quella del vino rosso o del tè verde (Gil et al., 2000), e rispettivamente due, sei e otto volte più alta delle attività rilevate in uva/mirtillo, pompelmo e succo d'arancia (Rosenblat e Aviram, 2006). Alcuni studi sulle caratteristiche morfologiche e chimiche del melograno si basano su analisi di genotipi presenti in alcuni Paesi del Mediterraneo (Baroni et al., 2001; Drogoudi et al., 2005; Tzulker et al., 2007; Martínez et al., 2006), ma non ci sono informazioni disponibili circa i genotipi presenti in Puglia. In particolare, in Italia i dati del 2011 indicano 60 ettari coltivati a melograno e 24 ettari risultano ufficialmente coltivati in Puglia (ISTAT, 2011). In questa regione le principali colture sono vite, olivo e ciliegio ma, considerando le condizioni pedoclimatiche, anche il melograno potrebbe essere una interessante e promettente coltura. 60 L'obiettivo del presente lavoro è quello di studiare e confrontare le caratteristiche morfopomologiche e chimiche di alcuni genotipi di melograno localizzati in Puglia. In particolare, le caratteristiche chimiche sono valutate mediante l‟impiego della spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) al fine di apprezzare il profilo metabolico del succo nella sua interezza. In tal modo, è possibile caratterizzare genotipi che potranno essere utilizzati in futuro per la coltivazione o per programmi di miglioramento genetico. Materiali e metodi Raccolta dei frutti - Nel 2011 una indagine in diverse zone della Puglia ha portato alla raccolta di frutti di 17 genotipi (Tab. 1). I frutti sono stati raccolti da alberi adulti siti in piccoli frutteti privati. Tutti i genotipi selezionati hanno una data di maturazione simile in base al loro colore interno ed esterno. Sui frutti, raccolti alla maturazione commerciale, tra fine settembre e metà ottobre, sono state determinate le caratteristiche morfologiche e chimiche. Caratteristiche morfo-pomologiche e organolettiche dei frutti - Su 15 campioni di frutti maturi raccolti per ciascun genotipo sono state effettuate misurazioni morfo-pomologiche (Mars e Marrakchi, 1999), misure delle caratteristiche di arilli e semi (Martínez et al., 2006) e analisi chimiche (Sarkhosh et al., 2009). Sui frutti sono stati misurati i seguenti tratti morfo-pomologici: peso del frutto (g), lunghezza (mm) e diametro (mm), numero di sepali (n.), lunghezza del calice (mm) e diametro (mm), spessore della buccia (mm). Sono state analizzate le seguenti caratteristiche degli arilli: larghezza massima (mm) e lunghezza (mm), peso dell‟arillo (mg), volume di succo (cm3/100 g di arilli). Il succo è stato preparato schiacciando gli arilli attraverso un setaccio di metallo, quindi è stato filtrato e separato in due aliquote, una delle quali è stata immediatamente congelata a -20°C per l‟analisi 1H NMR mentre l‟altra è stata utilizzata per la determinazione dei solidi solubili (°Brix), pH ed acidità titolabile. L‟acidità titolabile è stata calcolata come g di acido citrico /1000 mL di succo. Analisi 1H NMR - La registrazione degli spettri NMR è stata effettuata con uno spettrometro Bruker Avance 400 seguendo una procedura automatizzata. Il succo di melograno sottoposto all‟analisi 1H NMR è stato conservato a –20 °C fino al momento della preparazione del campione che consiste nell‟aggiunta di 200 μL di soluzione tampone ([C2O42–] + [HC2O4–] = 0.28 M, pH = 4.2) contenente NaN3 (2.8·10–3 M) e 300 μL di (trimetilsilil)tetradeuteropropionato sodico (TSP) in acqua deuterata ([TSP] = 1.0·10–2 M) a 500 μL di succo di melograno. L‟esperimento NMR impiegato è un esperimento NOESY monodimensionale con presaturazione del segnale dell‟acqua. Analisi statistica - I dati sono stati analizzati utilizzando il software XLSTAT-Pro (Addinsoft, Francia). Prima dell'analisi, i dati sono stati sottoposti al test di Levene (omogeneità della varianza) che a quello di Lilliefors (distribuzione normale). Successivamente, l‟analisi della varianza (ANOVA) è stata eseguita a livello 0.01 P e i valori medi ottenuti per i diversi trattamenti sono stati separati utilizzando il test di Tukey. Gli spettri 1H NMR sono stati sottoposti ad analisi statistica multivariata utilizzando il software AMIX 3.9.7 (Bruker BioSpin GmbH, Rheinstetten, Germany). Gli spettri sono stati suddivisi in piccole regioni (bucket) dall‟ampiezza di 0.04 ppm. Al fine di apprezzare il naturale raggruppamento dei campioni, le bucket sono state elaborate mediante Analisi delle Componenti Principali (PCA), un metodo statistico multivariato non supervisionato che consente di ridurre la dimensionalità dei dati ad un sottospazio costituito da un numero limitato di componenti principali. Tali componenti principali rappresentano le direzioni lungo le quali è possibile apprezzare in ordine decrescente i maggiori gradi di varianza. 61 Risultati e discussione Caratteristiche morfo-pomologiche e organolettiche - Il peso ed il volume medio del frutto sono risultati, rispettivamente, di 344,8 g e 349,5 cm3. Il peso dei frutti è variato notevolmente tra i genotipi, da un minimo di 127,8 g (Acido Molfetta) ad un massimo di 665,1 g (Tardivo acido), come mostrato nella tab. 2. Risultati simili al peso si sono avuti anche per il volume (da 127,8 a 665,1 cm3), diametro dei frutti (valore medio 89,6 mm) variato da un minimo di 66,3 mm (Acido Molfetta) ad un massimo di 109,2 mm (Tardivo acido) e per la lunghezza (valore medio 74,1 mm) con un minimo di 52,7 mm (Acido Molfetta) ed un massimo di 95,8 mm (Tardivo acido). Le dimensioni minime e massime sono state riscontrate in 2 genotipi con arilli dal sapore acido anche se di località diverse (Tab. 2). Il peso medio dei frutti è risultato simile a quello misurato per alcune cultivar spagnole (Martínez et al., 2006) e più alto del valore misurato in cultivar iraniane (Sarkhosh et al., 2009) e comunque simile a valori riportati in una precedente ricerca in Puglia (Ferrara et al., 2011). La dimensione del frutto è un‟importante caratteristica che attrae i consumatori per il mercato fresco ed è quindi un parametro da tenere in debita considerazione per la scelta del genotipo per un impianto commerciale. Per quanto riguarda le altre caratteristiche morfologiche del frutto, i valori del diametro del frutto e del calice sono stati superiori ai valori iraniani, mentre le lunghezze di frutto e calice sono risultate minori (Sarkhosh et al., 2009). Il numero medio di sepali è risultato pari a 6,4 e non significativamente differente tra i vari genotipi. Le dimensioni del calice sono invece risultate diverse tra i genotipi solo per il diametro, con il valore più alto (21,3 mm) per l‟Acido Torrelonga ed il valore più basso (13,8 mm) per i genotipi Comune e Giardino; la lunghezza del calice ha presentato un valore medio di 12,2 mm senza differenze tra i genotipi. Una notevole variabilità si è invece osservata per lo spessore della buccia (Tab. 2) con valori oscillanti da 1,3 mm (Giardino) a 3,5 mm (Ninetta). Anche il peso totale degli arilli ha mostrato significative differenze tra i genotipi esaminati, con il valore più elevato (358,3 g) per il Tardivo acido ed il più basso (78,4 g) per l‟Acido Molfetta. La resa in succo (cm3/100 arilli) non ha mostrato differenze significative (75-65 cm3/100), ad eccezione dell‟Acido Molfetta che ha presentato una resa nettamente più bassa (53 cm3/100). Passando alle analisi chimiche, i °Brix sono variati da 14,6 a 18,3 mentre l‟acidità titolabile da 5.2 a 29.6 g/L. Il valore medio dei °Brix dei genotipi è stato 16.4, molto simile a quello riportato per alcune varietà spagnole (Martinez et al., 2006) ed a dati ottenuti in Grecia, 14.4 17,0 Brix (Drogoudi et al., 2005), in Cile 15.2 - 17,8 °Brix (Sepúlveda et al., 2010), in Turchia 14,7 - 19,0 Brix (Ozgen et al., 2008;. Poyrazoğlu et al., 2002) ed in Puglia (Ferrara et al., 2011). Per quanto riguarda invece l‟acidità, i valori sono risultati simili a quelli ottenuti in Spagna, da 2,2 a 29,2 g/L (Melgarejo et al., 2000) e in Cile, da 4,2 a 29,0 g/L (Sepúlveda et al., 2010). Risulta evidente come i genotipi con arilli dal sapore acido si distinguano nettamente dai genotipi dolci, mentre due genotipi acidi (Acido Molfetta e Acido Torrelonga) presentano i valori più elevati di solidi solubili (Tab. 2). Analisi metabolomica mediante spettroscopia 1H NMR - La spettroscopia NMR è una tecnica analitica che fornisce informazioni sull‟identità e la quantità dei metaboliti presenti in un alimento ed è ormai tra le tecniche di elezione per determinare il contenuto di metaboliti primari e secondari presenti in un prodotto agroalimentare (Kim et al., 2010; Colquhoun, 2007; Wishart, 2008; Pereira et al., 2006). Dall‟analisi dello spettro è possibile identificare i metaboliti (in base alla posizione e alla molteplicità dei segnali) e determinare la loro quantità (mediante opportune tecniche di quantificazione). Nella fig. 1 è riportato un tipico spettro 1H 62 NMR di succo di melograno dal quale si può notare che i segnali più intensi sono quelli generati da glucosio e fruttosio (regione compresa tra 6.0 e 3.0 ppm) e dall‟acido citrico (sistema di spin AB a 2.82 e 2.72 ppm). Nella regione compresa tra 3.0 e 0.5 ppm sono presenti in maniera distinta anche i segnali dell‟acido malico (doppietti di doppietti centrati a 2.85 e 2.75 ppm) e di un limitato numero di amminoacidi quali la glutammina (multipletti centrati a 2.45 e 2.13 ppm), l‟alanina (doppietto a 1.47 ppm), la treonina (doppietto a 1.32 ppm) e la valina (doppietto di doppietti a 1.00 ppm). Nella regione compresa tra 10 e 6 ppm sono presenti segnali di scarsa intensità attribuibili a varie tipologie di composti fenolici. È importante precisare che le caratteristiche dei segnali NMR di tali composti, e di conseguenza la loro struttura chimica, differiscono al variare del campione. I metaboliti primari maggiormente presenti, cioè il glucosio, il fruttosio e l‟acido citrico, sono stati quantificati e le loro concentrazioni sono riportate nella tab. 3. Il contenuto di glucosio varia tra 4.92 g/100 mL per il Maddaloni dolce e 7.45 g/100mL per l‟acido di Molfetta e quello di fruttosio varia tra 6.41 e 9.97 g/100 mL nuovamente per il Maddaloni dolce e l‟acido di Molfetta. La concentrazione di acido citrico è compresa tra 0.39 g/100mL per il Maddaloni dolce e 2.56 g/100mL per il Maddaloni acido. Dalla valutazione dei dati riportati in Tab. è possibile affermare che il carattere dolce o acido del melograno non è legato alla quantità assoluta di zuccheri, perché tra i genotipi acidi vi sono alcuni (acido di Torrelonga, tardivo acido, acido di Molfetta) che presentano un contenuto di zuccheri superiore alla media (15.10 g/100mL). Poiché il rapporto glucosio/fruttosio risulta piuttosto costante con variazioni comprese tra 0.74 e 0.81, le differenze in termini di carattere dolce o acido non possono essere attribuite ad una netta prevalenza del fruttosio ma al rapporto tra zuccheri e acido citrico. Infatti, tale rapporto è sempre inferiore alla media (22.24 g/100mL) per i genotipi acidi ed è sempre superiore alla media per i genotipi dolci. Gli spettri NMR sono stati sottoposti, a seguito di bucketing, ad analisi delle componenti principali. La PCA è stata eseguita sulla regione spettrale dei composti fenolici (10.0 - 6.0 ppm) e su quella degli amminoacidi (2.5-0.5 ppm). Nel primo caso non sono stati apprezzati raggruppamenti spontanei tra i campioni, molto probabilmente a causa della grande variabilità di composti fenolici in termini di identità chimica. Per quanto riguarda, invece, il secondo caso, è stata apprezzata la separazione dei campioni in due gruppi nello scores plot PC1/PC3 (Fig. 2). Dall‟analisi dei loadings è emerso che i genotipi Dente di cavallo, Acido Molfetta, Comune e Pianta C (ovale blu) si differenziano dagli altri per un maggiore contenuto di treonina. I genotipi raggruppati nell‟ovale rosso, invece, presentano un contenuto maggiore di glutammina. Conclusioni Lo studio ha evidenziato una notevole variabilità esistente per molti dei parametri indagati nel pool genetico di melograni della regione Puglia. Considerando tutti i parametri valutati, e in particolare quelli riferiti alle caratteristiche organolettiche ed al contenuto di antiossidanti, è stato constatato che i genotipi più promettenti da un punto di vista agronomico ed industriale sono stati il Dolce, il Dente di cavallo e A dente per il mercato fresco e il Tardivo acido per l'industria del succo. Tuttavia, ci sono molti altri genotipi in Puglia che meritano di essere indagati sia per gli aspetti morfo-pomologici che per quelli chimici. Bibliografia COLQUHOUN, I. J., 2007. Use of NMR for metabolic profiling in plant systems. Journal of Pesticide Science, 32, 200-212. 63 DROGOUDI P.D., TSIPOURIDIS C., MICHAILIDIS Z., 2005. Physical and chemical characteristics of pomegranates. Horticulture Science, 40: 1200-1203. FERRARA G., CAVOSKI I., PACIFICO A., TEDONE L., MONDELLI D., 2011. Morphopomological and chemical characterization of pomegranate (Punica granatum L.) genotypes in Apulia region, Southeastern Italy. 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Tab. 1. Genotypes analyzed in the trial. Località Identificativo del genotipo Bari S. Giorgio Ostuni S. Pietro in Lama Bari S. Giorgio Palo del Colle 1D Triggiano Bari S. Giorgio Palo del Colle 2 Molfetta Bitonto S. Pietro in Lama Molfetta Bari S Giorgio S. Pietro in Lama Palo del Colle 2D Palo del Colle 1 Molfetta Tardivo acido Ninetta Maddaloni dolce Dolce Pianta A Acido Torrelonga Dente di cavallo Pianta D A dente Giardino Giardino chiuso dolce Locale Comune Maddaloni acido Pianta B Pianta C Acido Molfetta 65 Tab. 2. Valori medi delle caratteristiche pomologiche dei frutti e chimiche del succo. Tab. 2. mean values of fruit pomological characteristics and juice chemical characteristics. Peso frutto (g) Volume (cm3) Diametro (mm) Lunghezza (mm) Spessore buccia (mm) Peso arilli (g) °Brix Acidità (g/L) Tardivo acido 665,1 A 665,1 A 109,2 A 95,8 A 2,5 AB 358,3 A 16,1 BE 24,8 A Ninetta 513,7 AB 513,7 AB 104,8 AB 89,3 AB 3,5 A 200,0 BC 16,5 AE 24,8 A Maddaloni dolce 457,8 BC 457,8 BC 99,9 AC 83,6 AC 2,8 AB 247,7 AC 14,6 E 5,8 B Dolce 456,9 BC 456,9 BC 97,9 AC 84,1 AB 2,1 AB 298,3 AB n.d. n.d. Pianta A 404,2 BD 404,2 BD 98,0 AC 74,1 BE 2,0 AB 264,1 AC 16,6 AE 5,5 B Acido Torrelonga 361,0 BE 361,0 BE 93,3 BC 71,5 CE 3,2 A 160,5 CD 17,5 AB 25,6 A Dente di cavallo 331,7 CE 331,7 CE 88,5 BD 76,6 BD 2,0 AB 220,8 BC 16,7 AD 7,2 B Pianta D 328,6 CE 328,6 CE 89,8 BD 75,2 BE 2,1 AB 187,4 BC 17,0 AD 5,9 B A dente 328,3 CE 328,3 CE 89,8 BD 72,2 CE 1,9 B 210,2 BC 14,8 E 5,2 B Giardino 312,0 CE 312,0 CE 88,0 BD 75,2 BE 1,3 B 229,4 AC 14,9 DE 6,1 B Giardino chiuso dolce 307,0 CE 307,0 CE 85,4 CD 75,6 BD 3,2 A 183,1 C n.d. n.d. Locale 277,7 DE 277,7 DE 84,1 CD 68,3 DE 2,8 AB 163,7 CD 16,3 BE 6,0 B Comune 273,8 DE 273,8 DE 84,9 CD 71,9 CE 2,5 AB 172,0 CD 16,8 AD 6,6 B Maddaloni acido 269,6 DE 269,6 DE 84,4 CD 69,8 CE 1,9 B 168,6 CD 15,6 CE 29,6 A Pianta B 253,2 DF 253,2 DF 82,9 CD 65,1 DF 1,5 B 168,6 CD 17,4 AC 8,5 B Pianta C 193,0 EF 193,0 EF 75,7 DE 59,6 EF 1,7 B 126,3 CD 17,1 AD 6,8 B Acido Molfetta 127,8 F 127,8 F 66,3 E 52,7 F 1,9 B 78,4 D 18,3 A 27,8 A Genotipo 66 Tab. 3. Quantificazione mediante spettroscopia 1H NMR di glucosio, fruttosio e acido citrico presenti nei succhi di melograno (concentrazione deviazione standard [g/100 mL]; 3 repliche). Tab. 3. Glucose, fructose and citric acid quantification through spectroscopy 1H NMR in pomegranate juice (concentration standard deviation [g/100 mL]; 3 replications). Identificativo Genotipo Glucosio Fruttosio Acido Citrico Glucosio Glucosio/ + Fruttosio Fruttosio (Glucosio+ Fruttosio)/ (Ac. Citrico) Maddaloni dolce 4,92 ± 0,25 6,41 ± 0,36 0,39 ± 0,05 11,33 0,77 28,96 Acido Torrelonga 6,85 ± 0,23 9,29 ± 0,31 2,14 ± 0,15 16,14 0,74 7,53 Pianta A 6,31 ± 0,57 8,43 ± 0,77 0,42 ± 0,02 14,73 0,75 35,05 Tardivo acido 6,54 ± 0,03 8,62 ± 0,09 1,19 ± 0,04 15,16 0,76 12,74 Giardino 6,23 ± 0,13 7,74 ± 0,24 0,49 ± 0,02 13,97 0,80 28,36 Dente di Cavallo 6,83 ± 0,20 8,67 ± 0,19 0,58 ± 0,03 15,50 0,79 26,49 Locale 6,63 ± 0,47 8,45 ± 0,80 0,53 ± 0,02 15,07 0,78 28,63 Pianta C 6,82 ± 0,41 8,73 ± 0,74 0,52 ± 0,02 15,54 0,78 29,64 Maddaloni acido 5,99 ± 0,46 8,09 ± 0,58 2,56 ± 0,55 14,08 0,74 5,50 Comune 6,80 ± 0,25 8,74 ± 0,32 0,57 ± 0,04 15,54 0,78 27,47 Ninetta 5,91 ± 0,46 8,00 ± 0,71 1,91 ± 0,66 13,92 0,74 7,29 Acido Molfetta 7,45 ± 0,41 9,97 ± 0,46 2,33 ± 0,52 17,42 0,75 7,47 Pianta B 7,32 ± 0,84 9,43 ± 1,33 0,70 ± 0,02 16,75 0,78 24,00 Pianta D A Dente 7,18 ± 0,81 9,48 ± 1,26 0,51 6,54 ± 0,55 8,08 ± 0,74 0,46 ± 0,05 ± 0,04 16,66 14,63 0,76 0,81 32,80 31,70 67 Fig. 1. Tipico spettro 1H NMR di succo di melograno. Fig. 1. Typical spectrum 1H NMR of pomegranate juice. 0,25 PC3 A 0,2 B 0,15 C D 0,1 E 0,05 F PC1 0 -0,4 -0,2 -0,05 0 0,2 0,4 0,6 G H I -0,1 L -0,15 M N -0,2 O P -0,25 Fig. 2. PC1/PC3 scores plot ottenuto dalla regione spettrale compresa tra 2.5 e 0.5 ppm. Fig. 2. PC1/PC3 scores plot obtained from the spectral region included between 2.5 and 0.5 ppm. 68 2.10. VARIAZIONE DEI LIVELLI DI ALCUNI COMPOSTI A VALENZA NUTRACEUTICA E SALUTISTICA DURANTE LA MATURAZIONE IN BIOTIPI DI CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.) EVOLUTION OF THE CONTENT OF SOME NUTRACEUTICAL AND HEALTH-PROMOTING COMPOUNDS DURING THE RIPENING IN CIPOLLA BIANCA DI POMPEI (ALLIUM CEPA L.) ACCESSIONS Giuseppe MENNELLA1, Gianluca FRANCESE1, Antonietta D’ALESSANDRO1, Francesco RAIMO2 1 CRA-Centro di Ricerca per l‟Orticoltura (CRA-ORT), via Cavalleggeri, 25 PontecagnanoFaiano (SA), [email protected] 2 CRA-Unità di Ricerca per le Colture Alternative al Tabacco (CRA-CAT), via P. Vitiello, 108 Scafati (SA), [email protected] Riassunto Al fine di valutare le influenze dello stadio di maturazione del bulbo sui livelli di alcune sostanze che esibiscono proprietà nutrizionali ed antiossidanti, sono state analizzate undici accessioni di cipolla bianca di Pompei. I biotipi sono stati allevati in campo secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre repliche. La raccolta dei bulbi è avvenuta tra la terza decade di dicembre 2011 e la prima decade di aprile 2012; i bulbi di ciascun biotipo sono stati raccolti tre volte in corrispondenza di tre diversi stadi di maturazione commerciale: A) diametro ~ 2 cm; B) diametro 2,5-4 cm; C) a completa maturazione (diametro 6-8 cm). Sono state effettuate determinazioni spettrofotometriche della pungenza e dei flavonoidi totali rispettivamente su estratti acquosi e alcoolici dei bulbi; inoltre, sugli estratti alcoolici è stata effettuata analisi dei flavonoidi differenziali mediante cromatografia liquida ad alta risoluzione (HPLC). Per quanto riguarda la pungenza, i biotipi “febbrarese” (C13), “marzatica precoce” (C4), “marzatica tardiva” (C5) e “maggiaiola” (C10) hanno mostrato differenze statisticamente significative (p ≤ 0,05) al test di Tukey tra i tre stadi di maturazione; gli altri sette biotipi o non hanno mostrato differenze o queste non erano significative. Differenze significative sono state anche rilevate tra gli undici biotipi, nei differenti stadi di maturazione del bulbo: nello stadio A, il valore max è risultato 16,36 µmoli di piruvato/g di peso fresco per il biotipo C10, il valore min è stato 8,08 µmoli di piruvato/g di peso fresco per il biotipo C13; nello stadio B, valore max 14,21 per C10, valore min 8,60 per C12, nello stadio C, 13,55 per C5 e 8,07 per C9. Per quanto riguarda i flavonoidi totali, i valori più elevati sono stati riscontrati nello stadio A con una generale tendenza a ridursi con l‟aumentare del diametro del bulbo. Differenze statisticamente significative (p ≤ 0,05) al test di Tukey sono state riscontrate per diversi biotipi nei tre stadi di maturazione commerciale del bulbo (A, B, C). In accordo con i dati presenti in letteratura anche le cipolle bianche da noi analizzate hanno mostrato valori dei flavonoidi totali e differenziali sensibilmente più bassi rispetto a quelli rilevati in cipolle dorate o rosse. I flavonoidi principali, identificati negli estratti alcoolici dei biotipi di cipolla bianca di Pompei analizzati, sono stati: quercetina 3,4ʹdiglucoside (tempo di ritenzione 6,8 minuti) e quercetina 4ʹ-glucoside (tempo di ritenzione 16,4 minuti); flavonoidi minori, non facilmente identificabili, sono stati anche evidenziati nei cromatogrammi a 362 nm. I bulbi di questa orticola, prodotti nell‟agro Pompeiano-Stabiese e Nocerino-Sarnese con ciclo vernino-primaverile, rappresentano una fonte di flavonoidi antiossidanti che tanti benefici sembrano apportare nella prevenzione di importanti malattie croniche nell‟uomo. 69 Parole chiave: pungenza, flavonoidi, bulbi, ecotipo, accessioni Abstract The influence of the ripening stage on the content of nutraceutical and health-promoting compounds was evaluated in 11 “cipolla Bianca di Pompei” biotypes. The bulbs, grown in an experimental field located in Scafati (Salerno, Italy) at the research unit for Tobacco alternative crops of Agricultural Research Council (CRA), were collected three times in correspondence to three commercial ripening stages (named A, B and C, characterized by increasing diameter), from December 2011 to April 2012. Spectrophotometric analyses of water and alcohol extracts were carried out in order to evaluate the pungency and the content of total flavonoids of the eleven white onion accessions; moreover, a differential analysis of the flavonoids was also performed in alcohol extracts through Reversed Phase-High Performance Liquid Chromatography (RP-HPLC) at 362 nm. The pungency of the biotypes “febbrarese” (C13) “marzatica precoce” (C4), “marzatica tardiva” (C5) and “maggiaiola” (C10) resulted significantly different (Tukey test, p ≤ 0.05) among the three ripening stages. Significant differences were also detected among the eleven accessions in each ripening stage: in the A stage, the higher value was achieved by C10 biotype (16.37 µmoles pyruvate /g fw), the minimum value by C13 (8,08 µmoles pyruvate /g fw); in the B stage, the higher value was achieved by C10 (12.88 µmoles pyruvate /g fw), the minimum value by C12 (8.60 µmoles pyruvate /g fw); in the C stage, the values being 13,5 µmoles pyruvate /g fw for C5 and 8,07 µmoles pyruvate /g fw for C9. The higher values of total flavonoids were observed in the A stage for all the biotypes analyzed, on the contrary during the ripening these values decreased. According to several authors, our white onion accessions showed a lower content of differential and total flavonoids than red and golden ones. Flavonoid differential analysis, performed by RP-HPLC at 362 nm, of alcohol extracts from “cipolla Bianca di Pompei” showed two main flavonoids: Quercetin 3-4‟ di-O-glucoside (retention time 6.8 min) and Quercetin 4-O-glucoside (retention time 16.4 min). Other minor flavonoids were also detected but not identified. The bulbs of “cipolla Bianca di Pompei”, cultivated during the winter-spring season, represent, in the cultivation area, an important source of antioxidant flavonoids which play an essential role in the prevention of human chronic diseases. Keywords: pungency, flavonoids, bulbs, biotypes Introduzione La cipolla bianca (Allium cepa L.) è uno degli ortaggi più conosciuti e diffusi non solo in Italia e nel resto del bacino del Mediterraneo, ma un po‟ in tutti i continenti. In particolare, la cipolla bianca di Pompei, con un ciclo vernino-primaverile, rappresenta un‟orticola tipica del sud Italia e soprattutto della Campania, sia nell‟agro Pompeiano-Stabiese che in quello Nocerino-Sarnese. Questa liliacea presenta una spiccata precocità: seminata in agostosettembre produce un bulbo globoso-appiattito nella primavera successiva; tuttavia, il suo consumo parte già dal periodo invernale (dicembre-gennaio) quando viene raccolto in uno stadio di precoce maturazione (noto come cipollotto) e quindi ricopre un importante ruolo nell‟economia agricola anche durante i mesi invernali. La cipolla bianca di Pompei, per l‟importanza economica che riveste, è stata oggetto di numerosi lavori di caratterizzazione agronomica volti all‟ottenimento del riconoscimento da parte della Comunità Europea della Denominazione di Origine Protetta (DOP) e/o 70 dell‟Indicazione Geografica Protetta (IGP). Infatti, la DOP è stata riconosciuta al Cipollotto Nocerino con regolamento C.E. n° 656 del 10 Luglio 2008. Alcuni precedenti studi biochimici si sono focalizzati sulla possibilità di caratterizzare alcune accessioni di cipolla bianca di Pompei mediante metodiche cromatografiche in HPLC. Così, lo studio differenziale delle proteine estratte dall‟endosperma del seme di cipolla bianca di Pompei ha evidenziato diversità nel pattern della frazione globulinica utile per la caratterizzazione ed il recupero dei biotipi presenti nell‟areale di coltivazione campano (Mennella et al., 2005). Dal punto di vista nutrizionale, la cipolla contribuisce all‟intake di carboidrati, vitamine, minerali ma anche di composti fenolici importanti, quali i flavonoidi. Studi epidemiologici hanno evidenziato il possibile ruolo che questi composti hanno nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e del cancro (Chu et al., 2000; Hertog et al., 1992, 1993). La Quercetina è il maggior flavonoide presente in cipolla, di cui sono state riscontrate tre forme predominanti: quercetina aglicone, quercetina 3,4‟-O-diglucoside e la quercetina 4‟-Oglucoside (Leighton et al., 1992; Price e Rhodes, 1997). La quantificazione di questi flavonoidi è stata condotta sia su varietà di cipolla rossa che di cipolla bianca o dorata e diverse evidenze confermano il maggior contenuto di tali composti nelle cipolle a bulbo colorato (Lombard et al., 2002; Mariotti e Piccaglia, 2002; Lee et al., 2008; Rodriguez et al., 2008). Lo scopo del presente studio è stato l‟identificazione e la determinazione di composti ad elevato valore nutraceutico e salutistico, quali i flavonoidi, presenti in 11 biotipi di cipolla bianca di Pompei. In particolare, sono state valutate sia le differenze quali-quantitative nei diversi biotipi studiati che le variazioni dei loro livelli durante la fase di maturazione dei bulbi. Inoltre, sugli stessi campioni è stata valutata anche la variazione temporale della pungenza, un carattere organolettico molto apprezzato dai consumatori. Materiali e metodi Materiale vegetale - Undici biotipi appartenenti all‟ecotipo cipolla bianca di Pompei (Allium cepa L.) sono stati allevati presso l‟azienda sperimentale dell‟Unità di Ricerca per le Colture Alternative al Tabacco del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA-CAT) di Scafati (SA). Il germoplasma, raccolto presso diverse aziende agricole dell‟areale di produzione e già sottoposto a precedente caratterizzazione morfo-fisiologica ed agronomica, era costituito da 4 biotipi febbraresi (denominati C1, C3, C7 e C13), 3 biotipi marzatici precoci (C4, C6 e C8), 2 biotipi marzatici (C9 e C12), un biotipo marzatico tardivo (C5) e un biotipo maggiaiolo (C10). I biotipi sono stati allevati in campo secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre repliche. La semina dei biotipi, avvenuta ad agosto 2011, è stata seguita da un trapianto in pieno campo nel mese di settembre. La raccolta dei bulbi è avvenuta tra la terza decade di dicembre 2011 e la prima decade di aprile 2012. I bulbi di ciascun biotipo sono stati raccolti tre volte in corrispondenza di tre diversi stadi di maturazione commerciale: stadio A, diametro ~ 2 cm; stadio B, diametro 2,5-4 cm; stadio C, a completa maturazione (diametro 6-8 cm). 100 g di prodotto fresco, prelevato da 4 differenti bulbi appartenenti alla stessa replica di ciascuna accessione, sono stati congelati in azoto liquido, conservati a -80 °C e in seguito liofilizzati per le successive determinazioni dei flavonoidi totali e differenziali. Analisi spettrofotometrica - Pungenza. Per ciascuna replica di ogni accessione, sono stati prelevati, da 4 bulbi, circa 3 g di prodotto fresco per la determinazione spettrofotometrica della pungenza, ad una lunghezza d‟onda di 420 nm, secondo la metodica di Schwimmer e Wenston (1961). Ogni estratto è stato sottoposto a lettura spettrofotometrica e i risultati sono 71 stati espressi come µmoli di piruvato/g di peso fresco. Flavonoidi totali. Per ciascuna replica di ogni accessione, 1 grammo di liofilo è stato omogenato in un becker con 10 ml di una soluzione di etanolo all‟80%, successivamente sonicato per 60 minuti in un bagno ad ultrasuoni e poi ulteriormente omogeneizzato. L‟omogenato è stato centrifugato a 15000g per 10 minuti a 10°C, il surnatante è stato centrifugato a 3000g per 5 minuti. L‟estratto ottenuto è stato sottoposto a lettura allo spettrofotometro ad un lunghezza d‟onda di 362 nm secondo la metodica di Lombard et al. (2002). È stata utilizzata una curva di calibrazione ottenuta diluendo una soluzione standard di isoquercetina (quercetina 3-O-β-glucopiranoside, Extrasynthese Genay France) in etanolo all‟80%. I risultati sono stati espressi come mg/kg di peso fresco. Analisi cromatografica - L‟estrazione dei flavonoidi per l‟analisi differenziale è stata effettuata secondo la stessa metodica utilizzata per l‟analisi dei flavonoidi totali. Essendo nota in letteratura la bassa concentrazione di questi composti in cipolla bianca, l‟estratto ottenuto dopo centrifugazione è stato concentrato circa 10 volte mediante rotavaporazione. L‟estratto concentrato è stato filtrato mediante filtri Millex-FG (Merck Millipore, Billerica MA, USA) da 0.2 µm prima dell‟analisi in HPLC. Per l‟analisi cromatografica è stata utilizzata la metodologia riportata in Lee et al. (2008). L‟analisi RP-HPLC è stata effettuata mediante un sistema E-Alliance (Waters, Milford MA, USA) costituito da un‟unità di separazione con una pompa quaternaria mod. 2695, un autocampionatore e un rivelatore a fotodiodi mod. 2996; i dati sono stati acquisiti utilizzando il software Empower. Per la separazione dei flavonoidi è stata utilizzata una colonna Luna C18(2) 5µ, 100 Å, (250 x 4,6 mm, Phenomenex Inc., USA) a 30°C. L‟analisi è stata condotta secondo il seguente gradiente lineare di Acetonitrile (A) e 0.5% di Acido Formico (B): 18% (A) e 82% (B) → 40% (A) e 60% (B) in 40 minuti → 90% (A) e 10% (B) in 10 minuti, 5 minuti in 90% (A) e 10% (B) → 18% (A) e 82% (B) in 10 minuti e riequilibrazione della colonna per altri 5 minuti, prima della successiva iniezione. Il flusso è stato di 0.8 ml/min e il volume di iniezione di 20 µl. I profili di eluizione dei cromatogrammi sono stati risolti alla lunghezza d‟onda (λ) di 362 nm; i tempi di ritenzione dei due principali flavonoidi analizzati sono stati: quercetina 3,4ʹdiglucoside, 6,8 minuti e quercetina 4ʹ-glucoside, 16,4 minuti. Sono stati utilizzati standard esterni, a concentrazione nota, dei due flavonoidi (Extrasynthese Genay France). Tutte le determinazioni sono state effettuate in triplo. Sui dati ottenuti è stata effettuata l‟analisi della varianza utilizzando il software JMP (SAS Institute, Cary, NC, USA); le medie sono state comparate mediante il test di Tukey HSD (p ≤ 0.05). Risultati e discussione Per quanto riguarda la pungenza, solo i biotipi “febbrarese” (C13), “marzatica precoce” (C4), “marzatica tardiva” (C5) e “maggiaiola” (C10) hanno mostrato differenze statisticamente significative al test di Tukey HSD (p ≤ 0,05) tra i tre stadi di maturazione (Tab. 1). Differenze significative sono state anche rilevate tra gli undici biotipi, in ciascuno stadio di maturazione del bulbo. Nello stadio A, il valore massimo (significativamente più elevato rispetto a tutti gli altri) è risultato di 16,36 µmoli di piruvato/g di peso fresco per il biotipo C10; differenze significative sono state rilevate anche tra il biotipo C6 e i biotipi C10 e C13, quest‟ultimo ha evidenziato il valore minimo di 8,08 µmoli di piruvato/g di peso fresco. Nello stadio B, il valore max di 14,21 riscontrato nel biotipo C10 è risultato non significativamente differente rispetto a C1, C4, C8 e C13; il valore min per questo stadio di maturazione è stato 8,60 nel biotipo C12 (Tab. 1). Nello stadio C, il valore max di 13,55 per C5 è risultato 72 significativamente più elevato rispetto a quello degli altri biotipi, eccetto C1, laddove quest‟ultimo è risultato significativamente più elevato rispetto a C9 che ha mostrato il valore minimo (8,07 µmoli di piruvato/g di peso fresco). I valori dei flavonoidi totali degli 11 biotipi di cipolla bianca di Pompei, misurati in tre successivi stadi di maturazione, sono riportati in Fig. 1. I risultati ottenuti indicano una marcata riduzione dei livelli di flavonoidi totali con la maturazione. Lo stadio A ha evidenziato i valori più elevati per tutti i biotipi e in particolare il C7 ha raggiunto il valore massimo con 51,21 mg/kg di peso fresco, mentre il valore minimo è stato del C8 con 34,94 mg/kg di peso fresco. In questo stadio è risultato evidente un notevole polimorfismo tra i biotipi, sottolineato da un range di valori abbastanza ampio (34,94-51,21) oltre che da differenze significative tra molti di essi (Fig. 1). Lo stadio B ha evidenziato un range di valori più ristretto (22,86-31,93), un minore polimorfismo con il valore più elevato e quello più basso esibiti rispettivamente dai biotipi C10 e C13. Lo stadio C (range 11,99-21,27) ha fatto registrare il valore più elevato nel biotipo C7 e quello più basso nel biotipo C4; rispetto ai due stadi di maturazione precedenti, lo stadio C è caratterizzato da una maggiore uniformità dei biotipi per quanto riguarda i contenuti di flavonoidi totali. Tutti i biotipi, eccetto C13 (stadio B e C), hanno mostrato differenze significative (p ≤ 0,05) nei livelli di flavonoidi totali tra i tre stadi di maturazione (dati non riportati). In Fig. 2 sono riportati i valori della quercetina 3,4‟-diglucoside, il principale flavonoide della cipolla, ottenuti dall‟analisi dei profili cromatografici RP-HPLC degli undici biotipi, valutati nei tre stadi di maturazione. Come per i flavonoidi totali, è stata evidenziata una netta riduzione dei livelli del flavonoide diglucoside durante la maturazione, per tutti i biotipi analizzati. In tutti e tre gli stadi di maturazione è stato riscontrato un buon grado di polimorfismo oltre che differenze significative (p ≤ 0,05) tra i biotipi (Fig. 2); inoltre, lo stadio A ha mostrato un range di valori più ampio (1,04-6,39 mg/kg di peso fresco) rispetto agli stadi B (0,27-2,72) e C (0,22-1,45). Lo stadio A ha evidenziato i livelli più elevati del flavonoide ed in particolare il C7 è risultato il biotipo con valore massimo mentre il C9 quello con valore più basso. Per lo stadio B il valore più alto è stato raggiunto dal C3, mentre il livello più basso è stato misurato nel biotipo C13. Nello stadio C, invece, il C4 ed il C13 hanno mostrato rispettivamente il livello più alto e più basso del flavonoide (Fig. 2). Per i livelli di quercetina 3,4‟-diglucoside tutti i biotipi, eccetto il C13 (stadio B e C), hanno mostrato differenze significative (p ≤ 0,05) tra i tre stadi di maturazione (dati non riportati). I livelli di quercetina 4‟-glucoside, un altro dei più rappresentativi glucosidi della quercetina presenti in cipolla, hanno mostrato lo stesso andamento dei flavonoidi totali e della quercetina 3,4‟-diglucoside, con una netta riduzione dallo stadio A allo stadio C (dati non riportati). Il valore massimo per questo flavonoide è stato rilevato nello stadio A del biotipo C7 (1,19 mg/kg di peso fresco), mentre nello stadio C i livelli del flavonoide, troppo bassi, sono risultati non misurabili per i biotipi C1, C9, C10, C12 e C13 (dati non mostrati). Altri flavonoidi minori, non facilmente identificabili, sono stati evidenziati nei cromatogrammi a 362 nm. Il biotipo C7 (febbrarese) ha evidenziato, allo stadio di cipollotto (stadio A), i livelli più elevati di flavonoidi totali e differenziali e un valore di pungenza tra i più bassi per questo stadio, risultando perciò tra i biotipi più interessanti nel presente studio, per quanto riguarda le proprietà nutraceutiche e salutistiche. 73 Conclusioni I biotipi di cipolla analizzati hanno evidenziato una riduzione graduale e significativa dei livelli di flavonoidi con la maturazione. La quercetina 3,4‟-diglucoside è risultata il flavonoide più rappresentativo tra quelli presenti nel bulbo di cipolla bianca di Pompei. Un andamento biotipo-dipendente è stato rilevato, invece, per la pungenza nei diversi stadi di maturazione del bulbo. Alcuni dei biotipi studiati hanno mostrato livelli interessanti di flavonoidi totali e differenziali insieme a buoni valori di pungenza. La cipolla bianca di Pompei, per le sue peculiari caratteristiche, è una delle ortive più coltivate nell‟Agro Pompeiano-Stabiese e Nocerino-Sarnese; non di minore importanza, a differenza delle altre varietà di cipolla, è la sua presenza per molti mesi sulle tavole italiane, da fine dicembre a giugno. Inoltre, la sua elevata duttilità culinaria fa si che i bulbi possano essere consumati sia crudi freschi che in seguito a diverse preparazioni, rappresentando, in tal modo, un‟importante e alternativa fonte di composti ad elevata attività antiossidante. Bibliografia CHU Y.H., CHANG C.L., HSU H.F., 2000. Flavonoids content of several vegetables and their antioxidant activity. Journal of the Science of Food and Agriculture, 80: 561-566. HERTOG M.G.L., HOLLMAN P.C.H., KATAN M.B., 1992. Content of potentially anticarcinogenic flavonoids of 28 vegetables and 9 fruit commonly consumed in the Netherlands. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 40: 2379-2383. 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Tab. 1. Pungency values (µmoles of pyruvate/g of fresh weight) in eleven cipolla bianca di Pompei biotypes. Le medie seguite da lettere minuscole differenti indicano valori significativamente differenti in ciascuno stadio di maturazione; a lettere maiuscole differenti corrispondono valori significativamente differenti tra i tre stadi di maturazione di ciascun biotipo (p ≤ 0,05, test di Tukey HSD). Means followed by different lowercase letters indicate significantly different pungency values for each ripening stage; different capital letters correspond to significantly different pungency values among the three ripening stages of each biotype (p ≤ 0.05, Tukey HSD test). Accessione C1 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 C 10 C 12 C 13 Stadio A 10,66 bc 9,57 bc 8,49 bc 11,05 bc 11,73 b 8,96 bc 9,45 bc 10,52 bc 16,36 a 10,57 bc 8,08 c B AB A B Stadio B 10,33 a-c 8,72 c 11,46 a-c 8,69 c 9,44 bc 9,08 bc 10,53 a-c 8,69 c 14,21 a 8,60 c 12,78 ab 75 A B A A Stadio C 11,13 ab 9,56 bc 10,02 bc 13,55 a 9,27 bc 9,99 bc 10,14 bc 8,07 c 8,42 bc 10,28 bc 10,11 bc AB A B AB Stadio A Flavonoidi totali 60 Stadio B a Stadio C b 50 c mg/kg di peso fresco d e 40 ef g fg fg h i a 30 20 d cd de b a c c e fg ab a d de f g a bc e a e f 10 0 C1 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 C10 C12 C13 Accessione Fig. 1. Livelli di flavonoidi totali in 11 biotipi di cipolla Bianca di Pompei misurati in tre diversi stadi di maturazione. Fig. 1. Total flavonoids content measured in three different ripening stages of 11 cipolla bianca di Pompei biotypes. Per ciascuno stadio di maturazione, biotipi contrassegnati da lettere differenti esibiscono valori di flavonoidi totali significativamente differenti (p ≤ 0,05) al test di Tukey HSD. For each ripening stage, biotypes with different letters are significantly different (p ≤ 0.05, Tukey HSD test). 76 Quercetina 3,4'- diglucoside Stadio A Stadio B 7 b 6 mg/kg di peso fresco 5 4 c d d e a 3 a g g h c b fe f b 2 1 Stadio C a d c d ed i e f g gh g e h g hh 0 C1 C3 C4 C5 C6 C7 C8 C9 C10 C12 C13 Accessione Fig. 2. Livelli di quercetina 3,4‟-diglucoside in 11 biotipi di cipolla Bianca di Pompei misurati in tre diversi stadi di maturazione. Fig. 2. Quercetin 3,4‟-diglucoside amount measured in three different ripening stages of 11 cipolla bianca di Pompei biotypes. Per ciascuno stadio di maturazione, biotipi contrassegnati da lettere differenti esibiscono valori di quercetina 3,4‟-diglucoside significativamente differenti (p ≤ 0,05) al test di Tukey HSD. For each ripening stage, biotypes with different letters are significantly different (p ≤ 0.05, Tukey HSD test). 77 2.11. PSR PUGLIA 2007-2013 E RECUPERO DI ORTAGGI A RISCHIO DI EROSIONE GENETICA THE “RURAL DEVELOPMENT PROGRAMME 2007-2013” OF APULIA REGION AND THE RECOVERY OF VEGETABLES AT RISK OF GENETIC EROSION Angelo SIGNORE*, Rocco MARIANI, Pietro SANTAMARIA Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, via Amendola 165/A, 70126, Bari Università degli Studi di Bari Aldo Moro * Autore corrispondente: [email protected] Riassunto La Regione Puglia, all‟interno del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013, ha emanato una serie di misure per la tutela della biodiversità. In particolare la misura 214, attraverso l‟azione 3, prevede la conservazione della diversità genetica mediante la promozione della coltivazione delle varietà/accessioni riportate nell‟elenco delle risorse genetiche autoctone regionali a rischio di erosione genetica (allegato 8) del PSR. Tale documento comprende quattordici varietà/accessioni appartenenti a nove specie orticole. Lo scopo di questo studio è stato duplice: 1) individuare sul territorio pugliese le varietà/accessioni orticole dell‟allegato 8 del PSR Puglia e 2) compilare una scheda descrittiva per ciascuna delle varietà coltivate. Dopo la coltivazione, le varietà/accessioni reperite sono state caratterizzate con alcuni descrittori, essenzialmente morfologici, che ne consentiranno l‟individuazione in maniera univoca. Le schede così ottenute sono state successivamente inserite nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 47 del 31/03/2011, con lo scopo di illustrare, anche con l‟ausilio di foto, le principali caratteristiche morfologiche delle varietà coltivate al fine di riconoscere un premio agli “agricoltori custodi”. Parole chiave: Programma Sviluppo Rurale, ortaggi, varietà orticole coltivate, erosione genetica, schede descrittive Abstract Italy is the European country with the greatest biodiversity, hosting about half of the plant species and almost one third of all animal species. The Apulia Region, through the Rural Development Programme (RDP) 2007-2013, has issued a series of measures for the protection of biodiversity. In particular the action 3 of the measure 214 contemplate the conservation of genetic diversity by promoting the recovery and the cultivation of some species/landraces at risk of genetic erosion which are reported in a list (named annex 8) contained in the RDP. This document contains, among others, fourteen species/landraces belonging to nine vegetable crops, which are: cabbage, cauliflower, broccoli, artichoke, carrot, tomato, sweet potato, chicory, melon. The purpose of this research was twofold: 1) identify the germplasm of these species/landraces; 2) compile a sheet for each of these species/landraces. The species/landraces were first located within the territory of Apulia region, and cultivated with the intent to define some morphological descriptors and the aim to allow the identification of such landrace in a univocal way. The definition of morphological descriptors was made possible with the help of the material freely available inside the site Biodiversity International. 78 For all species/landraces considered, were prepared fact sheets that were later incorporated in the Official Bulletin of the Apulia Region in order to illustrate, with the aid of photos, the main morphological characteristics of the landraces included in Annex 8 of the PSR. Keywords: Rural Development Programme, vegetables, horticultural varieties cultivated, genetic erosion, fact sheets Introduzione L‟Italia è il Paese europeo con il maggiore grado di biodiversità vegetale. Blasi et al. (2005), riprendendo dati del World Conservation Monitoring Centre (1992), riportano che la flora italiana consta di oltre 6.700 piante superiori le quali, anche se non si considerano le circa 1.000 esotiche naturalizzate, costituiscono la metà delle 12.500 specie stimate per l‟intera Europa. Il motivo di un così ampio patrimonio di biodiversità in Italia è da ricercare nell‟elevata eterogeneità ambientale del territorio e nella sua storia, nel corso della quale si sono succedute varie dominazioni e diversi popoli, spesso depositari di lontane civiltà agricole (Blasi et al., 2005). Nel corso dei secoli la continua pressione antropica e l‟interazione con fattori ambientali portarono l‟uomo ad operare una spinta selezione nei confronti di molte specie, con il risultato di “creare” numerose varietà che sono state coltivate e migliorate per motivi diversi, tra cui: i) un migliore adattamento alle condizioni pedo-climatiche; ii) le esigenze dei mercati locali; iii) le necessità di sussistenza. Tali varietà presentavano un‟elevata variabilità intraspecifica la quale ha permesso l‟evoluzione di genotipi con caratteristiche tali da renderle idonee alla coltivazione in un particolare ambiente, resistenti agli stress ambientali ed alle fitopatie, dotate di caratteri nutrizionali e/o aspetti qualitativi di pregio, idonee ai bisogni dei mercati, ecc. Queste peculiarità hanno consentito la loro diffusione nello spazio e nel tempo. Da diversi anni però la variabilità intraspecifica di numerose specie è soggetta a processi degradativi, indicati come “erosione genetica”. Tali processi sono determinati da diversi fattori: i) diffusione di sistemi monocolturali; ii) richieste del mercato (in particolare strategie commerciali che puntano verso l‟uniformità del prodotto); iii) comparsa di nuove tipologie di prodotto come, per esempio, la IV gamma: un caso tipico è quello del pomodoro, per il quale sono state introdotte varietà più serbevoli, di ricorrendo sempre meno al materiale genetico tradizionale (La Malfa e Bianco, 2006); iv) esigenze del settore vivaistico (principalmente ragioni organizzative collegate alla propagazione del materiale genetico), (Blasi et al., 2005); v) riduzione del tempo libero, o il suo impiego alternativo, che provoca il consumo di ortaggi che non comportino particolari difficoltà nella fase di preparazione della pietanza (La Malfa e Bianco, 2006). Inoltre, gli agricoltori, per meglio collocare il loro prodotto sui mercati, sono spinti a scegliere varietà più produttive, standardizzate e omogenee, ma proprio per questo, a stretta base genetica. Le ragioni su menzionate, unitamente a metodi di coltivazione intensivi, hanno contribuito a creare in Puglia un'emergenza ambientale riguardante il tema dell‟erosione genetica. La consapevolezza che la diversità genetica rappresenta una risorsa che deve essere preservata per le generazioni future e che gli agricoltori possono svolgere il ruolo di custodi di tale biodiversità, è alla base della definizione di azioni finalizzate al recupero ed alla conservazione di specie vegetali a rischio di erosione genetica. Tali evidenze hanno portato la Regione Puglia a varare, nell‟ambito del PSR 2007-2013, una serie di misure volte alla protezione della biodiversità vegetale regionale. Più in particolare la misura 214 (Pagamenti agroambientali) contiene l‟azione 3 (Tutela della biodiversità), strumento operativo attraverso il quale la Regione Puglia garantisce un contributo agli agricoltori i quali, in cambio, si 79 impegnano a conservare in situ le risorse genetiche vegetali indicate nell'allegato 8 contenuto nella misura suddetta e, pertanto, vengono qualificati come “coltivatori custodi”. Il presente lavoro ha avuto come obiettivi il recupero delle informazioni circa la presenza di germoplasma orticolo a rischio di erosione genetica e, successivamente, la preparazione di schede tecniche contenenti i descrittori, essenzialmente di tipo morfologico, riguardanti le specie ed accessioni orticole contenute nell‟allegato 8 (Tab. 1), con il fine di supportare sia gli agricoltori, per ciò che riguarda la loro richiesta di contributo, sia i tecnici della Regione Puglia nell‟attività di verifica della corrispondenza fra le specie/accessioni per le quali gli agricoltori hanno chiesto il sostegno e quelle inserite nel suddetto elenco. Materiali e metodi La fase iniziale ha riguardato la localizzazione e il recupero del germoplasma a rischio di erosione genetica. Sul territorio regionale sono stati individuati i soggetti (agricoltori, vivai, privati cittadini, ecc.) in possesso del materiale necessario per la riproduzione/propagazione delle specie/accessioni (S/A) inserite nel suddetto allegato. La ricerca di tale materiale ha presentato diversi gradi di difficoltà in funzione della S/A considerata. Per alcune di esse (batata leccese, carota di Polignano, cavolo da foglia e pomodoro Mandurese) sono stati gli stessi agricoltori a fornire il germoplasma, attingendo dal materiale che loro stessi selezionano e conservano per il reimpianto della coltura. Per quanto riguarda il cavolo broccolo e la cicoria (nello specifico i “mùgnuli” e la “cicoria all‟acqua” o “otrantina”), il materiale di propagazione (le piantine per il trapianto) è stato recuperato da alcuni vivai, che le producono in quantità relativamente limitate per alcuni agricoltori che ancora seminano queste S/A. Per altre S/A (melone di Gallipoli, melone di Morciano di Leuca e carciofo - verde e violetto, bianco e centofoglie) la ricerca del germoplasma è stata notevolmente più complessa a causa della limitata diffusione e della carenza di germoplasma di questi ecotipi. Per il melone, per esempio, l‟unico riferimento in nostro possesso è una tesi di laurea del 1975 nella quale sono riportati i principali caratteri del frutto (peso, colore, dimensioni, ecc.). Dopo innumerevoli ricerche nelle zone di produzione, il germoplasma è stato reperito confermando quindi il rischio di estinzione per questo ecotipo e sottolineando l‟importanza del suo recupero. Nella fase successiva le S/A sono state messe a coltura presso l‟Azienda sperimentale “La Noria” dell‟Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA) del CNR di Bari, in modo da poterne studiare la morfologia e definire i principali descrittori, essenzialmente di tipo morfologico, che ne consentissero l‟individuazione in maniera univoca. La coltivazione delle S/A è stata realizzata in pieno campo seguendo le norme di buona pratica agricola per ciascuna delle S/A considerate. Per la definizione dei descrittori morfologici è stato svolto un lavoro preliminare incentrato sulla ricerca bibliografica di tali descrittori, con particolare riferimento alle specie orticole presenti nell‟allegato 8. La ricerca è stata svolta avendo come punto di partenza il sito di Biodiversity International (http://www.bioversityinternational.org/), nel quale sono disponibili pubblicazioni contenenti i descrittori di varie specie in formato .pdf. In alcuni casi (per esempio melone e carota) i descrittori della specie sono contenuti in una pubblicazione dedicata, mentre per altre (per esempio il cavolo da foglia), non è stata ancora realizzata una pubblicazione specifica. In quest‟ultimo caso i descrittori sono stati definiti a partire da quelli del genere. Nel caso specifico del cavolo da foglia, per esempio, i descrittori sono contenuti in una pubblicazione dal titolo Descriptors for brassica and raphanus la quale riporta quelli generici per il genere Brassica 80 (http://www.bioversityinternational.org/nc/publications/publication/issue/descriptors_for_bras sica_and_raphanus.html - ultimo accesso 12/07/2012). Per la compilazione delle schede descrittive relative alle diverse S/A sono stati presi in considerazione solo alcuni descrittori concernenti l‟aspetto morfologico della pianta (quali, per esempio, colore delle foglie, margine delle stesse, portamento della pianta, tipologia di frutto, ecc.), mentre altri (dati relativi al sito di raccolta, suscettibilità agli stress abiotici, ecc.) non sono stati considerati in quanto non pertinenti con le finalità delle schede descrittive. Risultati Per ciascuna accessione riconducibile ad una delle nove specie presenti nell‟allegato 8, il germoplasma è stato recuperato per consentirne la coltivazione e caratterizzazione. Il recupero del germoplasma è avvenuto attraverso l‟individuazione dei soggetti (agricoltori, vivai, semplici cittadini) attraverso conoscenza diretta o tramite altri soggetti (consorzi agrari, associazioni, segnalazioni da parte di enti legati al territorio, ecc.). Il risultato finale è stato la realizzazione della scheda descrittiva, contenente i descrittori morfologici utili per l‟identificazione della S/A, che la Regione Puglia ha inserito nel suo Bollettino Ufficiale - n. 47 del 31/03/2011. Ciascuna scheda è composta da un codice che permette di identificare la S/A in maniera univoca, dai descrittori con i relativi valori e da una foto che rappresenta l‟organo o la parte di pianta commestibile (Fig. 1). Il codice è formato da un numero progressivo e dalla tipologia di specie, del tipo “SCHEDA n. ORT. X”, dove ORT. indica che si tratta di orticole, X è un numero progressivo da 1 a 14, che sta ad indicare la specie/accessione, mentre i descrittori rappresentano il parametro discriminante della S/A. Discussione La produzione delle schede per le S/A comprese nell‟allegato 8 rappresenta uno dei punti fondamentali nell‟ambito del PSR Puglia 2007-2013, e il suo uso rappresenta un valido strumento sia per il potenziale agricoltore custode che ha richiesto il contributo, il quale può verificare se effettivamente la specie è meritevole di premio, sia per i tecnici della Regione Puglia, i quali possono verificare l‟effettiva corrispondenza fra la varietà coltivata per la quale è stato chiesto il premio e quella riportata nell‟allegato 8. Inoltre, le schede sono state realizzate in maniera che i vari descrittori possano essere facilmente intellegibili per chiunque, senza ricorrere all‟uso di codici, e della rispettiva legenda, per la loro comprensione. Infatti, i descrittori che vengono normalmente utilizzati, compresi quelli contenuti nelle pubblicazioni di Biodiversity International, associano un carattere, sia esso quantitativo che qualitativo, ad un numero crescente da 1 a 9 o, in alternativa, prevedono il valore “0” o “1” per indicare l‟assenza o la presenza di un determinato carattere. Tale modo di descrivere i caratteri, anche se più “preciso”, avrebbe diminuito la leggibilità delle schede, per cui si è scelto di “tradurre” il valore numerico in un elemento descrittivo. Conclusioni Il PSR Puglia 2007-2013 rappresenta un passo importante riguardo la difesa ed il recupero delle S/A coltivate ma a rischio di erosione genetica in Puglia. La sua attuazione ha permesso, seppur in maniera non ancora esaustiva, di individuare buona parte del germoplasma vegetale a rischio di erosione e di mettere in atto una serie di misure relative alla sua difesa e valorizzazione. La realizzazione delle schede descrittive ha quindi permesso di stabilire un punto fermo nel percorso di recupero e valorizzazione di tali risorse genetiche, indicando le S/A che entrano in questo percorso, lasciando aperta la possibilità all‟inserimento di nuove S/A, e gettando le basi per la formazione di network (con la misura 214, subazioni 4a e 4b) 81 per la raccolta di altro materiale a rischio di erosione e la realizzazione di basi di dati che consentano la facile individuazione di tali S/A sul territorio. La bontà nel recupero di tali S/A è corroborata da quanto affermano Rubatzky e Yamaguchi (1997) secondo i quali, fra le fonti cui attingere per le esigenze di nuova biodiversità, rientrano le cultivar primitive di specie coltivate e le specie coltivate su piccole superfici. Bibliografia BLASI C., BOITANI L., LA POSTA S., MANES F., MARCHETTI M., 2005. Stato della biodiversità in Italia. Contributo alla strategia nazionale per la biodiversità. Palombi editori, Roma. LA MALFA, G., BIANCO, V.V., 2006. Agrobiodiversità nel settore agricolo: espressioni e nuove esigenze. Italus Hortus. 13 (2): 31-44. RUBATZKY, V. E., YAMAGUCHI, M., 1997. World vegetables: principles, production, and nutritive values. Ed. Chapman & Hall, London. WORLD CONSERVATION MONITORING CENTRE, 1992. Global Biodiversity: Status of the Earth's living resources. Chapman & Hall, London. Tab. 1. Elenco delle specie ortive a rischio di erosione genetica (allegato 8) contenuto nel Programma di Sviluppo Rurale Puglia 2007-2013. Tab. 1. List of vegetable species at risk of genetic erosion (annex 8) included into the “Rural Development Programme 2007-2013” of Apulia region. Ortaggio Cavolo Cavolfiore Cavolo broccolo Carota Carciofo Pomodoro Batata Cicoria Melone Nome accessione Da foglia, a foglia riccia e liscia Barese „cima di cola‟ Cima nera Mugnoli Violetto, gialla (Di Polignano) Verde di Putignano Violetto di Putignano Bianco di Taranto Centofoglie Manduriese Batata leccese Cicoria all‟acqua Di Gallipoli Morciano di Leuca 82 Provincia di riferimento Bari Bari Bari Foggia, Lecce, Brindisi Bari Bari Bari Taranto Bari, Brindisi Taranto Lecce Lecce Lecce Lecce Fig. 1. Esempio di scheda con descrittori del pomodoro di Manduria. Fig. 1. An example of a fact sheet with descriptors concerning the Tomato of Manduria landrace. 83 2.12. COMPOSIZIONE FENOLICA E VOLATILE DI OLI EXTRA VERGINI DI OLIVA MONOVARIETALI DELLE CVS CORATINA, FRANTOIO, LECCINO E PERANZANA DEL TERRITORIO DAUNO PHENOLIC AND VOLATILE COMPOSITION OF CORATINA, FRANTOIO, LECCINO AND PERANZANA MONOVARIETAL EXTRAVIRGIN OLIVE OILS FROM APULIA Antonio TRANI1*, Michele FACCIA1, Rossana PUNZI1, Pasqua LOIZZO1, Angela CASSONE1, Emidio ALVISI2, Giuseppe GAMBACORTA1 1 Dipartimento di Scienze del Suolo delle Piante e degli Alimenti, Università di Bari Aldo Moro, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia 2 Azienda Agricola Villa Uva, Contrada Cruste, 71036 Lucera, Italia *Autore corrispondente: [email protected] Riassunto In questo lavoro è stata studiata la composizione fenolica e volatile di oli extra vergini di oliva monovarietali delle cvs Coratina, Frantoio, Leccino e Peranzana, prodotti nel territorio Dauno. Gli oli sono stati sottoposti alle seguenti determinazioni: i) analisi qualitative di base, al fine di determinarne la categoria merceologica; ii) composizione fenolica mediante cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata ad un rivelatore a serie di diodi (HPLCDAD); iii) composizione volatile mediante microestrazione in fase solida seguita da gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (SPME-GC-MS). I risultati hanno mostrato che tutti gli oli rientravano nella categoria merceologica degli “extra vergine”. Tra le quattro cultivar, la Coratina è risultata la più ricca in polifenoli totali e nelle forme dialdeidiche dell‟acido elenolico, seguita da Frantoio, Peranzana e Leccino. I profili dei composti volatili hanno mostrato la predominante presenza nello spazio di testa di tutti gli oli analizzati,delle aldeidi a 6 atomi di carbonio, in particolare della trans-2-esenale. La Coratina si è contraddistinta per la presenza di due terpeni, α-Copaene and α-Muurolene, presenti solo in tracce negli oli delle altre cultivar. Parole chiave: composti volatili, oli monovarietali, polifenoli Abstract In this work the phenolic and volatile composition of four monovarietal extravirgin olive oil from north Apulia region was investigated. The cvs considered were Coratina, Frantoio, Leccino and Peranzana. The samples were submitted to the following analysis: i) chemical analysis for quality assessment; ii) determination of polyphenols by high performance liquid chromatography and UV detection; iii) characterization of volatiles of head space by solid phase micro-extraction and gas-chromatography coupled with mass spectrometry. Results shown that all olive oil considered were belonging to the extravirgin category. The oil of Coratina shown the highest concentration of total polyphenols and di-aldehydic forms of elenolic acid, followed in decreasing order by Frantoio, Peranzana and Leccino. The head space of all oil analyzed were meanly constituted by C6 aldehydes, the more abundant compound was trans-2-hexenal. The Coratina oil was characterized by the presence of αCopaene and α-Muurolene, that were present only in trace in the others oils. Keywords: volatile compounds, monovarietal olive oil, polyphenols 84 Introduzione Gli effetti benefici del consumo dell‟olio extravergine di oliva sulla salute umana sono ben conosciuti ed attribuiti alla composizione in acidi grassi ed alla presenza di costituenti minori quali lo squalene, i fitosteroli ed i polifenoli (Owen et al., 2000). Le caratteristiche sensoriali di un olio extravergine di oliva sono fortemente influenzate dal contenuto quanti-qualitativo di composti polifenolici e dai composti volatili che ne caratterizzano lo spazio di testa. I composti fenolici più rappresentativi riscontrabili in un olio di oliva sono: derivati dell‟acido benzoico ed idrossi-benzoico (acido vanillico, siringico, gallico e gentisico); derivati dell‟acido cinnamico (acido orto- e para- cumarico, ferulico e sinapico); derivati dell‟alcol feniletilico (tirosolo ed idrossi-tirosolo); altri acidi fenolici (3,4-idrossifenilacetico); forme dialdeidiche dei secoricoidi (decarbossimetil oleouropeina [3,4-DHPEA-EDA]e decarbossimetil ligustroside [p-HPEA-EDA] agliconi); secoricoidi (oleuropeina e ligustroside aglicone [3,4-DHPEA-EA; p-HPEA-EA]); flavoni (apigenina e luteolina); lignani ((+)pinoresinolo e (+)-1-acetossipinoresinolo) (Bendini ed altri, 2007). I composti volatili dello spazio di testa di un alimento comprendono molecole anche molto diverse dal punto di vista chimico e biochimico, derivando da differenti vie biosintetiche, seppur strettamente interconnesse. I composti volatili che caratterizzano lo spazio di testa degli oli di oliva appartengono in gran parte alle categorie delle aldeidi, alcoli, esteri e chetoni a 6 o 5 atomi di carbonio. Esenale, trans-2-esenale, esanolo, 3-metilbutan-1-olo, sono stati ritrovati in oli di oliva europei (Angerosa, 2002). I composti volatili presenti in maggiori concentrazioni non sono necessariamente i responsabili delle caratteristiche aromatiche di un alimento. Infatti, Reiners e Grosch (1998) riportano che il trans-2-esenale presente in concentrazioni di 6mg/g ha solo un terzo dell‟impatto sull‟aroma dell‟ 1-penten-3-one presente in pochi μg/g. A tal proposito una categoria di composti volatili molto importante, in quanto caratterizzata da basse soglie di percezione, è quella dei composti terpenici, responsabili delle fragranze di molti frutti e la cui biosintesi è strettamente legata a quella dei composti fenolici. Cultivar (Benincasa et al., 2003), regioni geografiche (Angerosa et al., 1999), stadio di maturazione (Aparicio e Morales, 1998), metodi di trasformazione (Ranalli et al., 2003) sono tutti fattori in grado di influenzare in modo determinante la frazione volatile e polifenolica degli oli. In questo lavoro sono stati realizzati quattro oli monovarietali, nel territorio dauno e nelle medesime condizioni colturali, indagando le differenze tra di essi riguardanti i composti polifenolici e volatili. Materiali e metodi Caratteristiche degli oliveti e analisi qualitative - Sono stati considerati degli uliveti estesi su 30 ha in agro di Lucera (FG), con alberi di età compresa tra 10 e 50 anni, appartenenti alla cvs Coratina, Frantoio, Leccino e Peranzana. Il sesto d‟impianto era regolare, mediamente 8 m sulle file e 10 m tra le file, allevati in biologico, non irriguo. Le olive sono state raccolte a maturazione tecnologica ed avviate all‟estrazione dell‟olio entro le 12 ore utilizzando un impianto continuo a 3 fasi. Sugli oli sono state condotte le analisi di base secondo i metodi ufficiali di analisi (Reg. UE 61/2011). Estrazione della frazione fenolica e analisi dei polifenoli totali - L‟estrazione dei composti fenolici è stata effettuata secondo la procedura riportata da Gambacorta et al. (2009). Il contenuto dei polifenoli totali è stato determinato per spettrofotometria dopo reazione con il reattivo di Folin-Ciocalteu, esprimendo i risultati in mg equivalenti di acido gallico per kg di olio. 85 Determinazione del profilo fenolico - Il profilo fenolico è stato determinato iniettando l‟estratto metanolico in un cromatografo liquido WATERS serie 600E con rivelatore a serie di diodi ed equipaggiato di iniettore Reodyne 7725i con loop da 20 μl. La separazione dei componenti fenolici è stata effettuata utilizzando una colonna Nova-Pack C18 (3,9 x 150 mm, 4 µm) (Waters, USA) ed una fase mobile composta da acqua/acido acetico 98:2 (v/v) (A) e metanolo/acetonitrile 1:1 (v/v) (B), secondo il seguente gradiente: 0-30 min, 100-70% A; 3045 min, 70-50% A; 45-55 min, 50-40% A; 55-65 min, 40-0% A; 65-70 min, 0% A; 70-75 min, 0-100 % A. L‟acquisizione ed elaborazione dei dati cromatografici è stata realizzata utilizzando il data-station “Millenium” (Waters, Milford, U.S.A.). L‟identificazione dei composti fenolici è stata effettuata mediante l‟uso di standard puri, mentre la loro quantificazione è avvenuta impiegando l‟acido gallico come standard interno aggiunto in fase di estrazione. Estrazione dei composti volatili - Per l‟estrazione dei composti volatili sono state utilizzate delle vials per SPME da 12 ml (Supelco, USA), munite di tappo a vite e setto in teflon. In ogni vial sono stati posti 2 ml di campione e sottoposti ad agitazione mediante ancoretta magnetica a temperatura di 37°C costanti. Il rapporto tra volume e spazio di testa era pertanto 0,17, il tempo di equilibrazione 10 minuti. L‟estrazione è stata realizzata esponendo per 20 minuti, nello spazio di testa, una fibra 50/30µm DVB/CAR/PDMS, il desorbimento è avvenuto esponendo la fibra in un iniettore split a 230°C per 3 min. Analisi HRGC/MS - La separazione ed identificazione dei composti volatili è stata realizzata su gascromatografo Agilent 6890 interfacciato con uno spettrometro di massa Agilent 5975C, equipaggiato con colonna capillare DBwax della J&W, fase stazionaria polare (polietilenglicole) lunga 60 m, 0,25 mm i.d., spessore del film 0,25 m. Le condizioni cromatografiche erano: 10 min a 50°C ed incremento di 3°C/min fino a 160°C, successivo incremento di 10°C/min fino a 240°C/min e stazionamento finale per 10 min; gas di trasporto elio alla velocità lineare di 16,7 cm/sec misurato a 50°C; iniettore: split/splitless, modalità split, rapporto di splittaggio 40:1, temperatura 230°C; MSD detector: temperatura interfaccia 240°C, temperatura sorgente 240°C, temperatura detector 150°C. Energia di frammentazione 70 eV, modalità scan da 20 a 250 uma. Analisi statistica Tutti gli oli considerati sono stati sottoposti al campionamento diretto in serbatoio alla fine della campagna olivicola e conducendo almeno 4 repliche per determinazione, per campione. Tutti i dati sono stati espressi come valore medio. Il confronto dei singoli valori analitici è stato condotto mediante ANOVA ad una via su Microsoft Excel 2010. Risultati e discussione Caratteristiche qualitative - Nella Tab. 1 sono riportate le analisi qualitative di base e dei polifenoli totali. Tutti gli oli hanno presentato caratteristiche proprie della categoria commerciale degli extra vergini. I valori di acidità libera erano compresi tra 0,13 g/100g della Leccino e 0,31 g/100g della Coratina (< 0,8 % secondo norma). Il numero di perossidi era compreso tra 2,6 meq O2/kg della Coratina e 8,71 meq O2/kg della Frantoio ( ≤ 20 meqO2/kg per l‟extra vergine), indicativi di una potenziale lunga shelf life. Il K232 è risultato compreso tra 1,78 della Coratina e 2,17 della Frantoio (limite Comunitario per l‟extra ≤ 2,50), il K270 è risultato molto più basso del limite dell‟extra ( ≤ 0,22) con valori inferiori a 0,14. Il contenuto in polifenoli totali, parametro indicativo delle caratteristiche nutraceutiche dell‟olio, della resistenza all‟ossidazione e delle note sensoriali di amaro e piccante, è risultato particolarmente legato alla cultivar. Infatti, la Coratina è risultata essere la cv in grado di 86 produrre oli con il più alto valore in polifenoli totali (979 mg/kg) seguita da Frantoio (723 mg/kg), Peranzana (489 mg/kg) e Leccino (383 mg/kg), differenze significative ad un valore di p<0.01. Profilo fenolico - La Tab. 2 riporta la composizione fenolica degli oli determinata per HPLCDAD. Confermando quanto sopra riportato il contenuto in polifenoli, così determinati, mostrava il seguente ordine: Coratina > Frantoio > Peranzana > Leccino. La Coratina pertanto presentava il contenuto più alto in tutti i composti identificati ed in particolar modo dei secoricoidi e relative forme dialdeidiche (p-HPEA-EA e 3,4-DHPEA-EA; p-HPEA-EDA e 3,4-DHPEA-EDA) e dei due lignani (+)-pinoresinolo e (+)-1-acetossipinoresinolo. L‟olio della Frantoio ha presentato un profilo relativamente simile a quello della Coratina da cui si differenziava per la maggior presenza della 3,4-DHPEA-EA e di luteolina, differenze queste ultime statisticamente non significative. Gli oli di Peranzana e di Leccino hanno mostrato un profilo tra loro simile ma differente da quello della Coratina e della Frantoio per una bassa concentrazione di lignani, con completa assenza del pinoresinolo, e da una netta minor presenza di 3,4-DHPEA-EA. Profilo volatile - Nell‟olio, la via enzimatica che porta alla degradazione ossidativa degli acidi grassi, detta via della lipossigenasi (LOX), è ritenuta responsabile della produzione dei principali composti aromatici volatili, quali aldeidi ed alcoli C6. La Tab. 3 riporta la composizione volatile degli oli determinata per SPME-HRGC-MS. Sono stati identificati 30 componenti per la Coratina, 31 per la Frantoio, 27 per la Leccino e 26 per la Peranzana. Tutti gli oli sono risultati caratterizzati dalla predominante presenza della trans-2-esenale con percentuali oscillanti dal 34,8% della Peranzana al 57,6% della Leccino. La trans-2-esenale è un‟adeide a 6 atomi di carbonio che conferisce all‟olio delle note di amaro, mandorle ed erba appena tagliata e la sua presenza in alte percentuali è indicativa dell‟ottima qualità della materia prima, dell‟ottima gestione del processo di estrazione, nonché delle ottime modalità di conservazione dell‟olio. La freschezza e la qualità olfattiva degli oli è confermata dalla bassa presenza dell‟esanale, che è stata riscontrata in percentuali variabili dall‟1,7% della Coratina al 3,9% della Frantoio e dalla quasi assenza della nonanale. Al fine di mettere in luce differenze importanti attribuibili al fattore varietale è stata ricercata la presenza di terpeni, essendo la biosintesi di questi ultimi caratterizzata dall‟intervento di numerosi enzimi alcuni dei quali inclusi nella biosintesi dei polifenoli. Negli oli di Coratina è stata ritrovata la presenza dell‟α-Copaene e dell‟α-Muurolene, presenti solo in tracce negli altri oli analizzati. Conclusioni I profili dei composti fenolici sono risultati ricchi in fenoli ad alto peso molecolare (secoiridoidi e lignani), indicativo di prodotti freschi e potenzialmente con un positivo impatto sulle caratteristiche sensoriali (amaro e piccante) e nutraceutiche (capacità antiossidante). I profili dei composti volatili sono risultati caratteristici di prodotti di alta qualità, per la predominante presenza delle aldeidi a 6 atomi di carbonio, in particolare della trans-2-esenale, freschi per il favorevole rapporto trans-2-esenale/esanale e ad impatto olfattivo positivo per il favorevole rapporto esanale/nonanale. Tutti gli oli realizzati sono risultati pertanto di ottima qualità e dotati di caratteristiche proprie nettamente distinguibili. Il contenuto complessivo in polifenoli totali, determinato per via spettrofotometrica, la determinazione quanti-qualitativa per HPLC dei singoli fenoli e la caratterizzazione dei composti volatili hanno messo in evidenza differenze importanti attribuibili al fattore varietale. Tali interessanti risultati richiedono una conferma mediante uno studio ripetuto per più anni, ed eventualmente sulle stesse varietà allevate in differenti aree geografiche. 87 Bibliografia ANGEROSA F., 2002. 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Journal of Agricultural and Food Chemistry, 46: 2754-2763. 88 Tab. 1. Caratteristiche qualitative di base degli oli. Tab. 1. Chemical characteristics related to quality evaluation of monocultivar oliveoil. Acidità (g/100g) NP (meqO2/kg) K232 K270 K *Polifenoli totali (mg/kg) Coratina 0,31 ± 0,04 2,60 ± 0,39 1,78 ± 0,05 0,14 ± 0,00 0,00 979 ± 4 Frantoio 0,23 ± 0,02 8,71 ± 0,41 2,17 ± 0,03 0,13 ± 0,01 0,00 723 ± 28 Leccino 0,13 ± 0,01 8,70 ± 0,67 1,82 ± 0,05 0,12 ± 0,00 0,00 383 ± 18 Peranzana 0,29 ± 0,02 6,39 ± 0,87 1,86 ± 0,01 0,13 ± 0,00 0,00 489 ± 11 Campione * Espressi in equivalenti di acido gallico Tab. 2. Composizione fenolica degli oli determinata mediante HPLC. Tab. 2. Phenol composition assesd by HPLC of monocultivar olive oil. Componente (mg/kg) Coratina Frantoio Leccino Peranzana Idrossitirosolo Tirosolo Acido vanillico 3,4-DHPEA-EDA p-HPEA-EDA Pinoresinolo Acetossipinoresinolo Luteolina 3,4-DHPEA-EA p-HPEA-EA Fenoli non identificati Fenoli totali 3,3 4,0 1,1 22,1 40,3 7,4 10,6 4,1 18,5 8,3 30,1 149,8 1,2 1,2 0,2 8,8 27,0 3,9 8,3 5,2 21,4 1,6 20,8 99,6 0,8 1,7 0,7 13,1 21,8 1,6 0,2 4,2 1,1 14,2 59,5 0,5 0,5 0,5 18,6 26,0 1,8 0,8 3,7 2,2 21,8 76,2 89 Tab. 3. Composizione volatile dello spazio di testa degli oli monovarietali. Tab. 3. Volatile compounds identified in the head space of the monocultivar olive oil. Componente (%) Solfuro di metile Propanale Acetato di metile Acetato di etile 2-metilbutanale 3-metilbutanale Etanolo 2-propenilciclopentano 4-metil-5-etil-3-eptanone Trans-2-butenale 3-etil-1,5-octadiene Esanale 2-metil-1-propanolo 3-pentanolo Trans-2-pentenale 1-butanolo 1-penten-3-olo Trans-2-esenale 3-metil-1-esene 3,7-dimetil-cis-1,3,6octatriene Acetato di esile Acetato di cis-esen-1-olo Cis-2-penten-1-olo 1-esanolo Cis-3-esen-1-olo Nonanale Cis-2-esen-1-olo 2,4-esadienale Acido acetico -Copaene Benzaldeide Dimetilsolfossido Benzoato di metile Alfa-muurolene Esanale/nonanale t-2-esenale/esanale Coratina Frantoio Leccino Peranzana 0,4 0,5 1,0 1,3 0,5 0,7 19,7 0,9 3,8 0,1 0,6 1,7 0,3 0,1 0,6 0,4 4,8 47,3 - 0,4 1,7 0,6 0,5 0,7 1,0 11,2 0,9 2,3 0,4 0,6 3,9 0,1 0,9 0,4 6,1 53,6 0,5 0,5 2,3 0,5 0,9 1,4 5,6 0,9 1,9 0,4 0,5 3,8 1,1 1,0 0,3 4,1 57,6 0,4 0,4 1,3 1,2 1,4 0,6 0,7 15,7 2,2 4,4 0,4 3,1 0,1 1,3 1,1 11,0 34,8 - 0,7 0,5 0,6 0,1 1,8 2,2 1,7 0,1 1,5 0,4 4,9 0,8 0,2 0,7 0,1 12,6 28,6 0,4 0,5 2,4 2,8 1,5 0,1 1,5 0,7 3,6 0,1 0,1 0,1 27,3 18,1 0 1,9 2,5 1,7 0,2 1,5 0,9 7,0 0,1 0,2 27,9 13,9 0,5 3,7 3,8 1,3 3,4 1,6 1,9 4,0 0,2 22,6 15,3 90 Caratteristiche sensoriali dolce, pungente, floreale estereo dolce, aromatico malto dolce, fruttato, malto alcolico verde, mela, erba tagliata come acetato di etile verde, mela, floreale terra bagnata amaro, mandorle, erba verde, dolce, fruttato banana fruttato, banana, fruttato grasso, cera frutta verde erba tagliata pungente mandorla 2.13. EFFETTI DEL DIRADAMENTO DEI GRAPPOLI E DELLA DISPONIBILITÀ IDRICA SULLA QUALITÀ DELL'UVA E DEL VINO IN AMBIENTE CALDO-ARIDO Donato ANTONACCI1, Rosalinda GENGHI1, Ennio LA NOTTE2, Antonio COLETTA1, Sandra PATI2 (1) CRA-UTV Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo. Via Casamassima, 148 - 70010 Turi BA (Italia), [email protected] (2) Bioagromed-Università degli Studi - Via Napoli, 25- Foggia (Italia) Riassunto Le pratiche colturali adottate per la gestione del vigneto influenzano fortemente il comportamento vegeto-produttivo delle piante, modificando le rese, la composizione delle uve, dei mosti e dei vini. La composizione fenolica delle uve al momento della vendemmia e quella dei rispettivi vini risulta particolarmente influenzata dalle pratiche viticole impiegate. Nell‟ambiente caldo-arido dell'Italia Meridionale, nel biennio 2007-2008, è stata condotta una ricerca sul vitigno maggiormente coltivato in Italia, il Sangiovese n., il quale è stato sottoposto a diradamento dei grappoli in fase di invaiatura e a differente integrazione dell‟ETc a partire dall‟allegagione. L‟obiettivo della sperimentazione è stato quello di ottenere una differenziazione della risposta produttiva del vitigno Sangiovese n. che, in seguito a trasformazione enologica, consentisse di individuare le migliori pratiche colturali per migliorare, differenziare e valorizzare le possibilità di espressione varietale enologica, nella regione Puglia. In entrambe le annate la tesi C2V0 (non diradata e non irrigata) ha registrato il più basso peso bacca e peso grappolo. Nelle tesi diradate sono stati registrati i valori più alti. La maggiore produzione di uva per ceppo, di uva per ettaro è stata riscontrata nelle tesi non diradate. Una migliore qualità fenolica dei vini è stata riscontrata nei vini provenienti dalle tesi diradate e sottoposte a stress idrico. Parole chiave: uva da vino, diradamento dei grappoli, stress idrico, composizione fenolica Abstract Cultural practices applied to vineyard management strongly affect the behavior of vegetation and vines production, modifying crop yields, grapes, musts and wines composition. At harvest time, grapes and wines phenolic composition is particularly influenced by the viticultural practices used. In 2007-2008, in the dry-hot environment of Southern Italy, a research on the Sangiovese n. vine variety, mostly cultivated in Italy, was conducted; at veraison it was subjected to cluster thinning and to different integration of the ETc from setting. The purpose of the experiment was to obtain a differentiated yield response of Sangiovese n. that, after wine processing, allows to identify the best cultural practices to improve, differentiate and enhance the wine variety expression, in Apulean region. In both years, the C2V0 thesis (nonthinned and non-irrigated) recorded the lowest bunch weight and berry weight. In thinned theses the highest values were recorded. In non-thinned theses, increased yield per vine and yield per hectare were found. A better phenolic composition was found in wines from thinned theses and subjected to water stress. Keywords: wine grape, cluster thinning, water supply, phenolic composition 91 Introduzione La qualità delle produzioni vitivinicole è fortemente influenzata dalle pratiche colturali adottate per la gestione del vigneto. Per conseguire una differenziazione produttiva dell‟uva è necessario realizzare nel vigneto diversi equilibri vegeto-produttivi. Questi possono essere conseguiti attraverso diverse tecniche colturali quali disponibilità idrica, carico di gemme, concimazione azotata, inerbimento e tipo di portainnesto. Uno degli aspetti della qualità dell‟uva più sensibile a queste pratiche colturali risulta essere la composizione fenolica delle bacche al momento della vendemmia. In particolare il contenuto degli antociani della buccia viene influenzato significativamente dallo stato idrico delle viti durante il periodo di maturazione (Castellarin et al., 2011). Gli antociani sono composti molto importanti per la qualità, poiché sono direttamente responsabili della colorazione delle bucce e quindi del vino (Ghiselli et al., 1998). Il diradamento dei grappoli viene considerato un mezzo indispensabile per il miglioramento qualitativo dell‟uva, ma i risultati ottenibili con questa tecnica sono talora contrastanti. Essi dipendono, infatti, dal carico produttivo iniziale (Campostrini et al., 1991), dall‟epoca e dall‟intensità dell‟intervento (Di Collalto et al., 1991; Valenti et al., 1991), dalle condizioni climatiche (Morando et al., 1991; Bertamini et al., 1991) e dalle tecniche colturali in senso lato. Il diradamento dei grappoli, effettuato durante l‟invaiatura, determina variazioni nel comportamento vegeto-produttivo delle piante, modificando le rese e la composizione delle uve, dei mosti e dei vini. L‟effetto del diradamento dei grappoli si riflette sulla maturità fenolica delle uve, incrementando gli antociani ed i flavonoidi delle bacche e la loro estraibilità, con conseguente aumento dell‟intensità colorante e della stabilità di colore dei vini. Questi ultimi sono, inoltre, risultati migliori per profumi e persistenza gusto-olfattiva e complessivamente più tipici, aromaticamente più complessi e più strutturati (Intrieri et al., 2005). Nell‟ambito del Progetto PS_042 “Miglioramento e valorizzazione dell‟espressione varietale della produzione enologica pugliese” (finanziato dalla Regione Puglia) è stato preso in considerazione uno dei vitigni più coltivati in Puglia, il Sangiovese n., il quale è stato sottoposto a diradamento dei grappoli in fase di invaiatura e a differente integrazione dell‟ETc a partire dall‟allegagione. L‟obiettivo della sperimentazione è stato quello di ottenere una differenziazione della risposta produttiva del vitigno Sangiovese n. che, in seguito a trasformazione enologica, consentisse di individuare le migliori pratiche colturali per migliorare e valorizzare l‟espressione varietale nella regione Puglia. Materiali e metodi La sperimentazione è stata condotta nel biennio 2007-2008 in un vigneto di Sangiovese n, vitigno da vino a bacca nera, situato in Puglia nella zona pianeggiante dell‟agro di San Severo (FG). L‟ambiente climatico nel quale è stata condotta la ricerca, è stato caratterizzato nel 2007 da una temperatura minima di 3,5°C (media di dicembre) ed una temperatura massima di 36,1°C (media di luglio); nel 2008 i valori sono stati rispettivamente pari a 3,7°C (media di dicembre) e 35,2°C (media di agosto). Le precipitazioni medie annue sono state pari a circa 400 mm nel biennio 2007-2008, distribuite principalmente in autunno-inverno con valori ridotti nel periodo estivo (luglio-agosto-settembre). Il vigneto, con sistema di allevamento a tendone è innestato su 140 Ru ed adotta un sesto d‟impianto di 2,50 x 2,50 m., con una densità di impianto di 1.600 ceppi per ettaro ed ha un‟età di 9 anni. È inoltre dotato di impianto di irrigazione a microportata di erogazione con ali adacquatrici posti nell‟interfila e gocciolatori da 8 L/h disposti uno per vite. Lo schema sperimentale adottato è stato a split-plot, con tre repliche, nel quale sono state impostate due parcelle in cui sono stati messi a confronto due livelli produttivi: il primo (C1) in cui si è proceduto, in fase di invaiatura, al diradamento del 30% del numero dei grappoli 92 per vite; il secondo (C2), in cui non è stata effettuata nessuna riduzione del numero dei grappoli per vite. Ogni parcella è stata sottoposta a due diversi regimi irrigui (V2 e V1) messi a confronto con una gestione viticola senza alcun apporto irriguo (V0). La distribuzione dell‟acqua è avvenuta secondo turni settimanali nel periodo allegagione-maturazione. Il volume irriguo stagionale (m3/ha) adottato nelle tesi V2 e V1 ha tenuto conto dell‟evapotraspirazione colturale (ETc) e delle precipitazioni superiori a 10 mm durante il periodo di accrescimento e maturazione della bacca (luglio-settembre). Le tesi sono state così caratterizzate: C2V0: nessuna integrazione dell‟ETc e nessuna riduzione del numero dei grappoli per ceppo; C1V0: nessuna integrazione dell‟ETc e riduzione del 30% del numero dei grappoli per ceppo; C2V1: integrazione del 24% dell‟ ETc (640 m3/ha) e nessuna riduzione del numero dei grappoli per ceppo; C1V1: integrazione del 24% dell‟ ETc (640 m3/ha) e riduzione del 30% del numero dei grappoli per ceppo; C2V2: integrazione del 36% dell‟ ETc (960 m3/ha) e nessuna riduzione del numero dei grappoli per ceppo; C1V2: integrazione del 36% dell‟ ETc (960 m3/ha) e riduzione del 30% del numero dei grappoli per ceppo. I rilievi viticoli sono stati effettuati in campo sulle file centrali di ogni parcella, considerando 10 viti per ognuna delle tre repliche, per un totale di 30 viti per tesi. A partire dall‟invaiatura e fino alla vendemmia, per ogni tesi, sono stati raccolti settimanalmente campioni di 100 acini per seguire l‟evoluzione della loro maturazione (peso della bacca, acidità titolabile, solidi solubili totali, pH). Alla raccolta commerciale, su un campione di dieci acini per ripetizione (3 ripetizioni/tesi) sono state prelevate le bucce per l‟estrazione dei polifenoli e per la determinazione del contenuto in antociani secondo quanto previsto da Di Stefano et al. (1991). La composizione antocianica è stata valutata in HPLC (Revilla et al., 2000). Al momento della vendemmia sono stati effettuati i rilievi produttivi, determinando: produzione per pianta, produzione per ettaro, peso medio grappolo, peso medio bacca, produzione zucchero/pianta. Le uve vendemmiate sono state sottoposte a vinificazione tradizionale in rosso con 5 giorni di macerazione e senza altri trattamenti enologici. Il contenuto polifenolico ed antocianico dei vini è stato valutato secondo quanto previsto da Di Stefano et al. (1989). Per ogni parametro, i dati ottenuti sono stati sottoposti ad elaborazione statistica utilizzando il test Anova (“one-way variance analysis”) per la separazione delle medie. Le differenze sono state confrontate con un post-hoc test (Tukey HSD test) e sono state considerate significative con p ≤ 0,05. Risultati e discussione Parametri produttivi - Nel 2007, la tesi C2V0 ha registrato il più basso peso medio bacca ed il più basso peso medio grappolo; i valori più alti sono stati registrati nella tesi C1V1 (Tab. 1). Nelle tesi C2V1 e C2V2 si è registrata la più alta produzione di uva per ceppo, produzione di uva per ettaro e produzione di zucchero per ettaro. Nella tesi C1V0 la mancata integrazione dell‟ETc combinata al diradamento dei grappoli ha fatto registrare la più bassa produzione ceppo, produzione ettaro e zucchero ettaro. 93 Tab. 1. Dati produttivi rilevati nelle tesi alla vendemmia. Tab. 1. Yield parameters measured at harvest time. Tesi-Theses C2V0 C1V0 C2V1 C1V1 C2V2 C1V2 Vendemmia del 14.09.2007 Peso medio bacca (g) 1,5 b Peso medio grappolo (g) 424 c N°grappoli/ceppo 49 a Produzione ceppo (kg) 20,8 bc Produzione ettaro (t) 33,3 bc Zucchero ettaro (t) 5,99 b 2,1 516 34,5 17,8 28,5 5,19 a abc b c c b 2,2 504 51,2 25,8 41,3 7,93 a bc a a a a 2,3 621 34,6 21,5 34,40 6,96 a a b abc abc ab 2,1 554 45,7 25,3 40,5 7,46 a ab a a a a 2,4 585 38,8 22,7 36,3 6,74 a ab b abc abc ab Vendemmia del 10.09.2008 Peso medio bacca (g) Peso medio grappolo (g) N°grappoli/ceppo Produzione ceppo (kg) Produzione ettaro (t) Zucchero ettaro (t) 2,9 557 31,3 17,4 27,9 6,81 bc ab b b b abc 2,9 505 43,7 22,1 35,3 7,94 bc b a a a ab 3,1 603 31,9 19,2 30,8 6,71 abc ab b ab ab bc 3,4 493 45,3 22,3 35,7 7,86 a b a a a ab 3,2 697 31,4 21,9 35,0 8,23 ab a b a a a 2,8 442 44,5 19,7 31,5 5,98 c b a ab ab c In riga, a lettere diverse corrisponde una differenza statisticamente significativa per P≤0,05. In rows, different letters indicate means significantly different at P<0,05. Anche nel 2008, la tesi C2V0 ha registrato sia il più basso peso medio bacca che il più basso peso medio grappolo. Il peso medio grappolo maggiore si è registrato nella tesi C1V2. In quest‟ultima è stata registrata la più alta produzione ceppo, produzione ettaro e zucchero ettaro. Risultati simili sono stati osservati nelle tesi C2V1 e C2V2 ad eccezione della produzione di zucchero ettaro. La minore produzione di uva per ceppo si è riscontrata nella tesi C1V0. La tesi C2V0 ha riportato la più bassa produzione di zucchero per ettaro. Parametri analitici - Nella vendemmia 2007, la tesi C1V1 ha registrato il più alto contenuto in solidi solubili totali (SST). A parità di integrazione del 36% dell‟ETc, la tesi con riduzione del numero di grappoli per ceppo (C1V2) ha riportato, per il rapporto tra il contenuto in solidi solubili totali e acidità titolabile (SST/AT), il valore più elevato; la tesi senza riduzione del numero di grappoli per ceppo (C2V2) ha riportato il valore più basso. Rispetto al 2007, le uve vendemmiate nel 2008 hanno mostrato, in linea di massima, un maggior livello di maturazione, come evidenziato dal rapporto SST/AT (Tab. 2). La tesi C1V0 avente la più bassa produzione di uva per ceppo ha riportato il più alto valore di SST/AT. 94 Tab. 2. Dati analitici rilevati nelle tesi. Tab. 2. Analitycal parameters measured at harvest time. Tesi-Theses C2V0 C1V0 C2V1 C1V1 C2V2 Vendemmia del 14.09.2007 SST (°Brix) pH AT (g/L) SST/AT 18,0 3,78 4,7 38,6 b a b cd 18,2 3,64 4,7 39,2 b b b bc 19,2 3,62 4,8 39,8 ab b b ab 20,2 3,62 5,3 38,4 a b a cd 18,4 3,62 4,9 37,5 b b ab d C1V2 18,6 3,77 4,6 40,4 Vendemmia del 10.09.2008 SST (°Brix) 19,0 d 24,4 a 22,5 bc 21,8 c 22,0 c 23,5 pH 3,53 e 3,87 a 3,66 d 3,78 bc 3,75 c 3,52 AT (g/L) 5,3 b 4,4 d 4,8 c 4,6 cd 4,3 d 6,0 SST/AT 35,6 e 56,0 a 46,6 c 47,5 c 51,3 b 39,2 In riga, a lettere diverse corrisponde una differenza statisticamente significativa per P≤0,05. In rows, different letters indicate means significantly different at P<0,05. b a b a ab e a d Contenuto polifenolico e forme antocianiche delle uve Sangiovese n. 500 450 Il contenuto in polifenoli totali, di flavani 400 350 reagenti alla vanillina e delle 300 250 200 proantocianidine è variato in maniera 150 100 differente a seconda dell‟annata ed è stato 50 0 maggiore soltanto per le uve vendemmiate nel 2007. In particolare la tesi C1V1 ha comportato un maggior accumulo di composti fenolici. Le uve vendemmiate nel 2007 hanno riportato Fig. 1: Forme antocianiche libere presenti nelle uve Sangiovese n. alla anche una maggiore quantità di antociani vendemmia. I valori sono espressi in mg/kg di peso di uva fresca. totali (delfinidina (Df), cianidina (Cy), Antocianin free forms in Sangiovese n. grapes at the harvest. The values are expressed in mg/kg fresh grapes weight. petunidina (Pt), peonidina (Pn), malvidina (Mv) espresse come somma delle forme glucosilate non aciliche, cumaroilglucosilate e acetilglucosilate) nelle bucce rispetto alle uve vendemmiate nel 2008 (Fig. 1). Nella tesi C1V1 si è registrato il contenuto più alto pari a 1.400 mg/kg; le malvidine e le peonidine sono risultate le forme antocianiche maggiormente presenti. Nel 2008 i valori delle tesi hanno evidenziato che non ci sono state influenze delle pratiche viticole applicate. In entrambe le annate, le forme glucosidiche non aciliche sono risultate superiori al 98%. C2V2 2008 C2V1 C2V0 C2V0 C2V1 C2V2 2007 95 Analisi dei vini - Come ci si aspettava, i vini ottenuti dalle uve vendemmiate nel 2008 140 hanno riportato una maggiore gradazione 120 100 alcolica rispetto ai vini del 2007 perché 80 60 ottenuti da uve che presentavano una 40 20 maggiore concentrazione in solidi solubili 0 totali. Nel 2007, i vini ottenuti dalle uve delle tesi C2V0 e C1V2 hanno registrato il più alto contenuto in polifenoli totali. Nel 2008 le differenze tra le tesi sono risultate meno Fig. 2: Forme antocianiche libere presenti nei vini ottenuti da uve marcate evidenziando come non siano state Sangiovese n. I valori sono espressi in mg/l di vino. Antocianin free forms present in wines made from Sangiovese n. grapes. influenzate dalle pratiche viticole applicate The values are expressed in mg/l of wine. anche se nelle tesi con un leggero deficit idrico e minor numero di grappoli/ceppo c‟è stata la tendenza ad un maggior contenuto di polifenoli totali. In entrambe le annate, i vini derivanti dalla tesi C2V2 hanno riportato il minor contenuto in polifenoli totali.Sia nel 2007 che nel 2008 i vini ottenuti dalle tesi condotte senza integrazione dell‟ETc hanno presentato un maggior contenuto in antociani totali (delfinidina (Df), cianidina (Cy), petunidina (Pt), peonidina (Pn), malvidina (Mv) espresse come somma delle forme glucosilate non aciliche, cumaroilglucosilate e acetilglucosilate). Anche nei vini le malvidine sono state le forme antocianiche maggiormente presenti. In entrambe le annate, le forme glucosidiche non aciliche sono risultate superiori al 98% (Fig. 2). Dall‟analisi della frazione volatile libera del vino Sangiovese ottenuto dalle uve 600 vendemmiate nel 2008 emerge come gli 400 alcoli siano stati i composti maggiormente 200 C1V2 C2V2 presenti, seguiti dagli esteri e dagli acidi 0 C1V1 C2V1 C1V0 (Fig. 3). Le pratiche viticole considerate C2V0 hanno influenzato la qualità delle uve e dei relativi vini. In particolare, il diradamento associato a stress idrico (C2V0) sembra causare un generale miglioramento della Fig. 3: Distribuzione delle classi di molecole volatili libere (mg/L), nei vini qualità aromatica dell‟uva che si ripercuote ottenuti da uve Sangiovese n. vendemmiate nel 2008. Distribution of free volatile molecules (mg/L) in wines made from sui vini corrispondenti. I vini derivanti da Sangiovese n. grapes harvested in 2008. uve sottoposte a stress idrico hanno presentato un contenuto in sostanze volatili del 30% superiore agli altri vini. C1V2 C1V1 2008 C1V0 C1V0 C1V1 C1V2 2007 Conclusioni La ricerca biennale sulla risposta del vitigno Sangiovese n. al diradamento dei grappoli e alla differente integrazione dell‟Etc ha evidenziato un effetto sulla produttività delle piante, sulla qualità delle uve e di conseguenza dei vini. In entrambe le annate, la tesi C2V0 ha presentato il più basso peso medio bacca e peso medio grappolo. I valori più alti sono stati invece registrati nelle tesi i cui grappoli sono stati diradati del 30% (C1V1 e C1V2). Sebbene in queste tesi sia stata differenziata l‟integrazione dell‟Etc, essa è stata minima (24% ETc contro 36% ETc) e tale da non evidenziare differenze significative tra le tesi per il peso bacca ed il peso grappolo. La tesi C1V0 ha riportato in entrambe le annate le più basse produzioni di uva 96 per ceppo e di uva per ettaro dovute al minor numero di grappoli per ceppo ed al più basso peso medio grappolo. In generale le uve vendemmiate nel 2008 hanno presentato un maggior livello di maturazione rispetto a quelle raccolte nel 2007: ciò ha portato ad una maggiore gradazione alcolica dei vini. Il contenuto in polifenoli ed antociani totali delle forme libere delle uve Sangiovese n. è variato in maniera differente a seconda dell‟annata: nel 2007 la tesi C1V1, caratterizzata da un leggero deficit irriguo in combinazione con il diradamento dei grappoli, ha riportato il maggior contenuto di composti fenolici e di antociani totali. Nel 2008 le differenze tra le tesi non sono state influenzate dalle pratiche viticole applicate. Lo stress idrico ha migliorato la qualità dei vini: le tesi senza integrazione dell‟ETc hanno riportato il più alto contenuto in polifenoli totali ed in antociani dimostrando come il deficit idrico è uno strumento importante per affinare la qualità delle produzioni pur inducendo effetti negativi sulla produttività. In generale una migliore qualità fenolica è stata notata nelle tesi diradate. Inoltre, i vini derivanti da uve sottoposte a stress idrico hanno presentato un contenuto in sostanze volatili del 30% superiore agli altri vini. Bibliografia BERTAMINI M., IACONO F., SCIENZA A., 1991. Manipolazione dei rapporti sink-source mediante diradamento dei grappoli e riflessi sulla qualità (cv Cabernet sauvignon). Vignevini, 18, 10: 41-48. CASTELLARIN S.D., BUCCHETTI B., FALGINELLA L., PETERLUNGER E., 2011. Influenza del deficit idrico sulla qualità delle uve: aspetti fisiologici e molecolari. Italus Hortus, 18: 61-78. DI COLLALTO G., FERRINI F., BIRICOLTI S., 1991. Risultati di ricerche sul diradamento dei grappoli della vite in ambiente toscano. Vignevini, 18 (7-8): 39-42. GHISELLI A., NARDINI M., BALDINI A., SCACCINI C., 1998. Antioxidant activity of different phenolic fractions separated from an italian red wine. Journal of Food and Agricultural Chemistry, 46: 361-367. HARMON, F. N., AND E. SNYDER., 1944. Effect of cluster removal upon fruit of Vinifera grapes. Proceedings of the American Society For Horticultural Science, 44: 309-311. INTRIERI C., FILIPPETTI I., VALENTINI G., SEGHETTI L., 2005. Il diradamento migliora la qualità del Montepulciano a pergola. L‟Informatore agrario, 44: 59-64. MORANDO A., GERBI V., MINATI J.L., EYNARD I., ARNULFO C., TARETTO E., MINETTI G.,1991. Confronto tra interventi di diradamento e spuntatura dei grappoli all‟allegagione e all‟invaiatura. Vignevini, 18 (7-8): 43-50. VALENTI L., BRANCADORO L., MASTROMAURO F., FAILLA O., GIONGO A., BOGONI M., SCIENZA A., 1991. Il controllo della maturazione dell‟uva Chardonnay e Riesling renano in Oltrepo Pavese ottenuto attraverso il diradamento dei grappoli. Vignevini, 18 (7-8): 63-70. 97 2.14. PROFILO ENZIMATICO DI ALCUNE ACCESSIONI DI POMODORO DA SERBO COLTIVATE IN SICILIA ENZYMATIC TRAITS IN SOME LONG STORAGE SICILIAN TOMATO FRUITS Riccardo N. BARBAGALLO1, Cristina PATANÈ2, Isabella DI SILVESTRO2, Marco CHISARI1 1 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA) - Università di Catania, Via S. Sofia 98, 95123 Catania (Italia), [email protected] 2 Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (ISAFoM) - Str.le V. Lancia, Zona Industriale, Blocco Palma I, 95121 Catania (Italia), [email protected] Riassunto Sono stati valutati 3 genotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese'), coltivati “in seccagno” e confrontati con l‟ibrido commerciale 'Brigade‟ di pomodoro da industria, testando gli enzimi ad azione “elicitaria antiossidante”, ascorbato perossidasi, catalasi e superossido dismutasi, insieme con il contenuto di vitamina C che contrasta l‟imbrunimento da polifenolossidasi, nonché le attività pectinmetilesterasi e poligalatturonasi, responsabili del rammollimento dei frutti. La buona rispondenza tra i risultati delle attività enzimatiche ed i parametri a supporto, evidenziava il ruolo strategico dell'indagine enzimatica per la selezione degli ecotipi di pomodoro da serbo presenti in Sicilia. Parole chiave: stress irriguo, vitamina C, sistema antiossidante, polifenolossidasi, pectin metilesterasi, poligalacturonasi Abstract The activities of some enzymes with “antioxidant extracting” properties, namely ascorbate peroxidase (APX, E.C. 1.11.1.11), catalase (CAT, E.C. 1.11.1.6) and superoxide dismutase (SOD, E.C. 1.15.1.1) were evaluated, together with the vitamin C content that may contribute to enhance the antioxidant pattern of tomato fruits and act against browning reactions due to polyphenol oxidase (PPO, E.C. 1.14.18.1) which, together with pectinase, pectin methylesterase (PME, E.C. 3.1.1.11) and polygalacturonase (PG, EC 3.2.1.15) responsible for cell wall softening, negatively affect their shelf life. Three different long-storage tomato genotypes ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese'), were tested in comparison with the widespread hybrid 'Brigade‟ cultivated in dry conditions in typical semi-arid Mediterranean environment (Sicily, Italy). The positive compliance between results of enzymes activities and the parameters evidenced the strategic role of enzymatic investigation which could represent a useful tool for the selection of long-storage tomato ecotypes present in Sicily, much requested by the market due to their storage properties and nutraceutical quality. Keywords: water stress, vitamin C, antioxidative system, polyphenol oxidase, pectin methylesterase, polygalacturonase Introduzione La salvaguardia e la valorizzazione di ecotipi caratterizzati da una elevata concentrazione di molecole ad acclarato effetto nutraceutico (Pernice et al., 2010) e da una prolungata conservabilità nel tempo, rappresentano le principali tendenze attuali della ricerca sul 98 pomodoro (Lycopersicum esculentum Mill.). In particolare, l'individuazione e la quantificazione di enzimi endogeni possono rappresentare degli strumenti per la valutazione del prodotto conservato dopo la raccolta e/o trasformato. Infatti, alcune attività enzimatiche costituiscono dei potenziali indici di degradazione dei frutti, mentre altre contribuiscono, insieme a composti chimici ad effetto nutraceutico (la vitamina C, ad esempio), a contrastarne la perdita di qualità. Nell‟ambito delle prime, un ruolo rilevante svolgono gli enzimi intracellulari degradativi, polifenolossidasi (PPO, E.C. 1.14.18.1), pectinmetilesterasi (PE, E.C. 3.1.1.11) e poligalatturonasi (PG, E.C. 3.2.1.15) (Barbagallo et al., 2009), mentre tra le seconde, ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11), catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6) e superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1), contribuiscono al potenziamento del “sistema elicitario antiossidante” dei frutti (Vranová et al., 2002). Nella presente ricerca sono stati testati per le citate attività enzimatiche 3 genotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese'), posti a confronto con l‟ibrido commerciale da industria „Brigade‟ e coltivati “in seccagno”, in un ambiente tipicamente semi-arido della Sicilia, in cui la ridotta disponibilità di acqua svolge un positivo ruolo nell‟attivazione di meccanismi di difesa (Barbagallo et al., 2008; Patané e Cosentino, 2010). Materiali e metodi Esperimenti in campo - La Sede di Catania del CNR-ISAFoM ha in atto una collezione di ecotipi di pomodoro da serbo, reperiti in aree diverse del Meridione d‟Italia, sui quali è in itinere una intensa attività di ricerca rivolta alla caratterizzazione fisiologica, agronomica, produttiva e qualitativa finalizzata ad una loro classificazione e ad una selezione dei tipi più interessanti. Le prove sono state condotte presso l‟Azienda Sperimentale della Facoltà di Agraria di Catania, impiegando 3 genotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese') posti a confronto con l‟ibrido commerciale da industria 'Brigade‟ (Asgrow Italia Vegetable Seeds, Italia), coltivati “in seccagno” (irrigazione soltanto al trapianto, circa 400 m3/ha), in un ambiente della piana di Catania. Il trapianto in pieno campo è avvenuto il 23 Aprile 2010 e la raccolta eseguita il 14 Luglio, allorché i frutti si presentavano maturi su oltre il 90% della parcella. Trenta pomodori per replica sono stati scelti a random, lavati con acqua di rubinetto per eliminare le impurità presenti, poi con acqua distillata e lasciati asciugare. Su tre pomodori per replica è stato valutato l‟indice di consistenza, mediante penetrometro (Bertuzzi FT011, Alfonsine, Italia) ed espresso in kg/cm2. La restante parte dei frutti è stata omogeneizzata in Ultraturrax T25 (Janke & Kunkel, Staufen, Germania) in bagno di ghiaccio per 3 min e utilizzata per le determinazioni dei componenti antiossidanti e delle attività enzimatiche. Determinazione della Vitamina C - Acido ascorbico e deidroascobico sono stati determinati secondo il metodo riportato da Kampfenkel et al. (1995) a partire da una sospensione omogeneizzata (0.1 g) impiegando 60 g kg-1 di acido metafosforico ed effettuando le misure spettrofotometriche a 525 nm. Il saggio si basa sulla riduzione da parte dell‟acido ascorbico del Fe3+ a Fe2+ e sulla misura spettrofotometrica del Fe2+ complessato con 2,2‟-dipiridile. L‟acido deidroascorbico è ridotto ad acido ascorbico per preincubazione del campione con ditiotreitolo (DTT) e l‟eccesso rimosso con N-etilmaleimide. Il contenuto totale di vitamina C è stato calcolato come somma del contenuto di acido ascorbico e deidroascorbico ed espresso in mg kg-1 di sostanza fresca (s.f.). Determinazione degli enzimi degradativi (PME, PG, PPO) - Gli enzimi degradativi pectinmetilesterasi (PME, E.C. 3.1.1.11), poligalatturonasi (PG, EC 3.2.1.15) sono stati estratti secondo il metodo proposto da Stevens et al. (2004) opportunamente modificato. 99 Un‟aliquota di omogeneizzato di pomodoro (10 g) è stato addizionato con 50 mL di soluzione estraente (0.1 mol L-1 di sodio acetato, 1.3 mol L-1 di NaCl and 40 mmol L-1 di 2mercaptoetanolo a pH 7). La miscela è stata omogeneizzata in Ultraturrax T25 per 10 minuti e centrifugata a 12.000 x g per 20 min at 4 °C. Il surnatante è stato filtrato sottovuoto e utilizzato come estratto enzimatico. Pectinmetilesterasi (PME, E.C. 3.1.1.11). È stata saggiata in accordo al metodo proposto da Fachin et al. (2002) ed espressa in unità (U), definite in μmoli di acido rilasciati al min a 22 °C per kg di prodotto fresco. Poligalatturonasi (PG, E.C. 3.2.1.15). Il saggio si basa sul rilascio dei gruppi riducenti prodotti dall‟enzima, secondo il metodo proposto da Gross (1982). L'attività enzimatica (U) è stata espressa in μmoli di equivalenti di acido D-galatturonico ridotti al min a 25 °C per kg di prodotto fresco. Polifenolossidasi (PPO, E.C. 1.14.18.1). L‟attività catecolasica dell‟enzima è stata estratta da 20 g di omogeneizzato a cui sono stati aggiunti a 40 mL di acetone a freddo (-20 °C) continuamente sotto agitazione per 10 min. La miscela è stata filtrata sottovuoto in imbuto separatore e la polvere acetonica ottenuta, raccolta e sospesa in 30 mL di tampone citratefosfato 0.1 mol L-1 a pH 7.5, mantenuta “over-night” a 4 °C prima di essere nuovamente filtrata. La soluzione limpida è stata poi ultrafiltrata in cella equipaggiata di membrana da 50 kDa (Millipore, Milano, Italia) e utilizzata come estratto enzimatico. Il saggio è stato condotto spettrofotometricamente a 505 nm impiegando acido 3,4-diidrossifenilacetico DOPAC come substrato e MBTH (3-metil-2-benzotiazolinone idrazone) come agente cromoforo, secondo il metodo proposto da Spagna et al. (2005). Una unità di attività (U) è definita come la quantità di enzima che produce un incremento di assorbanza pari a 0.001 al min a 25 °C nelle condizioni sopra descritte. I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco. Determinazione degli enzimi antiossidanti (APX, CAT, SOD) - L‟estrazione dei tre enzimi antiossidanti, ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11), catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6) e superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1) è stata condotta ponendo a contatto un‟aliquota di omogeneizzato di pomodoro (1 g) con 10 mL di etanolo assoluto freddo per 30 min. La sospensione è stata centrifugata a 10.000 x g a 4 °C e il surnatante scartato. L‟estrazione in etanolo è stata ripetuta due volte. Il pellet è stato in seguito sospeso in 3 mL di tampone sodio-fosfato 50 mmol L-1 a pH 7.0 contenente 0.1 mL di acido etilendiamminotetracetico (EDTA) e 3% di polivinilpirrolidone (p/v). Dopo centrifugazione a 10.000 x g per 20 min a 4 °C, i surnatanti sono stati raccolti e utilizzati per i successivi saggi enzimatici. Ascorbato perossidasi (APX, E.C. 1.11.1.11). L‟attività enzimatica è stata saggiata registrando per via spettrofotometrica la diminuzione del contenuto in ascorbato a 290 nm, secondo il metodo proposto da Ushimaru et al. (1997). Una unità enzimatica (U) è definita come la quantità di enzima in grado di ossidare 1 μmol di ascorbato al minuto a 20 °C. I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco. Superossido dismutasi (SOD, E.C. 1.15.1.1). L‟attività enzimatica è stata saggiata misurando la sua capacità ad inibire la fotoriduzione del blu di tetrazolio (NBT), incolore, in formazano di colore blu, in accordo al metodo proposto da Masia (1998). Una unità enzimatica (U) è definita come la quantità di enzima in grado di inibire il 50% di fotoriduzione dell‟NBT a 560 nm. I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco. Catalasi (CAT, E.C. 1.11.1.6). L‟attività enzimatica è stata saggiata misurando per via spettrofotometrica la decomposizione di H2O2, in seguito all‟azione dell‟enzima, mediante diminuzione dell‟assorbanza a 240 nm, in accordo al metodo proposto da Aebi (1984). Una unità enzimatica (U) è definita come la quantità di enzima in grado di decomporre 1 μmol di H2O2 al minuto. Per evitare una rapida diminuzione della velocità iniziale della reazione, il 100 saggio è stato condotto usando basse concentrazioni di H2O2 (< 0.05 M). I risultati sono stati espressi in U kg-1 di peso fresco. Reagenti - Reagenti e solventi erano di grado analitico ed acquistati presso Sigma-FlukaAldrich Chemicals Co. (Milan, Italy). Analisi statistica - I dati sono stati analizzati statisticamente mediante analisi della varianza a 1 via (ANOVA) utilizzando CoStat version 6.003 (CoHort Software). Le differenze tra le medie sono state valutate ai fini della significatività applicando il test di Tukey-Kramer. Risultati e discussione Vitamina C - I pomodori testati si sono caratterizzati per elevati livelli vitamina C (Tab. 1), in grado di conferire ai frutti un‟azione bioprotettiva nei confronti dell‟insorgenza di patologie legate a processi degenerativi (Pernice et al., 2010). In dettaglio, i tre ecotipi di pomodoro da serbo ('Montallegro', 'Filicudi', 'Principe Borghese') posti a confronto con l‟ibrido commerciale da industria 'Brigade‟, hanno mostrato una concentrazione significativamente più elevata di vitamina C. Come noto, la vitamina C può prevenire i danni ossidativi dei frutti prolungandone la shelf life (Slimestad e Verheul, 2009). Dumas et al. (2003) hanno inoltre riportato come il contenuto di vitamina C può essere potenziato da una limitata disponibilità irrigua, benché tale effetto sia anche cultivar-dipendente. Attività degli enzimi degradativi (PME, PG, PPO) - Gli enzimi degradativi PME e PG sono i principali responsabili della perdita di turgore delle bacche di pomodoro (softening), a seguito di fenomeni di autolisi delle cellule e decompartimentalizzazione di alcuni componenti cellulari delle pareti, le sostanze pectiche che sono i loro costituenti principali (Barbagallo et al., 2009). Si ritiene tuttavia che ciò avvenga soprattutto in post-raccolta (Chung et al., 2006), con la PME che innesca la degradazione della parete cellulare e le PG che in successione agiscono con azione depolimerizzante sulla lamella mediana (Abeles e Takeda, 1990). Le attività PME e PG sono risultate significativamente più elevate nell‟ecotipo „Filicudi‟, in accordo con i modesti valori di resistenza allo schiacciamento riscontrati, presentando una maggiore suscettibilità al rammollimento rispetto agli altri pomodori testati (Tab. 2). Gli ecotipi „Montallegro‟ e „Principe Borghese‟, caratterizzati da attività PME e PG intermedie hanno mostrato una consistenza dei frutti maggiore rispetto a „Filicudi‟. Il testimone „Brigade‟, pur presentando attività pectinasiche elevate, per quanto inferiori rispetto a „Filicudi‟, si è distinto per la notevole consistenza dei frutti, come probabile risultato del programma di miglioramento genetico a cui è stato sottoposto, rivolto ad una minore incidenza di altre attività degradative correlabili con la perdita di consistenza quali, ad esempio, cellulasi delle pareti cellulari. Di norma la coltivazione in condizioni di stress irriguo determina un effetto positivo sulla consistenza dei frutti, associata ad una diminuzione del turgore interno delle bacche e conseguentemente ad una pressione inferiore sulle pareti cellulari, caratterizzate da una maggiore elasticità epidermica (Guichard et al., 2011). L‟attività polifenolossidasica è risultata elevata in „Principe Borghese‟ e „Montallegro e più contenuta nell‟ecotipo „Filicudi‟ e nel testimone „Brigade‟. Tale enzima svolge un‟azione negativa nei confronti della stabilità dei polifenoli che consiste nella idrossilazione dei monofenoli a o-difenoli (attività cresolasica) e nell‟ossidazione degli o-difenoli ai correspondienti o-chinoni (attività catecolasica) che sono i principali prodotti della reazione. Gli o-chinoni sono altamente reattivi per cui possono subire polimerizzazione radicalica che ha come risultato la formazione di colorazioni indesiderate dei frutti (browning) e la perdita del valore nutrizionale per il coinvolgimento nelle reazioni di proteine e alcuni amminoacidi (Barbagallo et al., 2009). 101 Attività degli enzimi antiossidanti (APX, CAT, SOD) - È stato accertato il ruolo delle AOS (active oxygen species), e in particolare dell‟ H2O2, nell‟attivazione delle risposte di difesa a stress abiotici e biotici, benché i dettagli dei segnali di trasduzione che mediano le risposte di difesa rimangano ancora poco chiari (Vranová et al., 2002). Quando l‟accumulo delle AOS supera la capacità del “sistema antiossidante” endogeno del vegetale di rimuoverle, insorge il danno ossidativo che può colpire il sistema delle membrane cellulari. Contenuti idrici molto bassi agiscono come molecole segnale che attivano le risposte di difesa con un incremento degli enzimi ad azione antiossidante. Il sistema ad azione protettiva include superossido dismutasi, in grado di eliminare molto efficacemente O2- catalizzando la reazione di dismutazione di tale radicale anionico a O2 e H2O2; catalasi, che eliminano H2O2 generato dalle ossidasi, nonché ascorbato perossidasi, uno degli enzimi del ciclo ascorbato-glutatione, anch‟esso coinvolto nella detossificazione da H2O2, ma piuttosto labile ed inattivato ad alte concentrazioni di perossido. Il coinvolgimento e il ruolo di tali enzimi nella protezione contro lo stress ossidativo sono stati dimostrati in piante transgeniche che esprimono livelli maggiori di alcuni essi (Allen et al., 1997). Il testimone „Brigade‟ ha mostrato una maggiore concentrazione di APX e SOD. L‟attività CAT non si è distinta tra „Brigade‟, „Filicudi‟ e „Principe Borghese‟, mentre l‟ecotipo „Montallegro‟ ha mostrato una maggiore concentrazione dei 3 enzimi elicitari antiossidanti (Tab. 3). È ipotizzabile che la maggiore concentrazione degli enzimi antiossidanti nel testimone „Brigade‟ rispetto agli altri campioni testati possa giocare un ruolo finora sottovalutato nella definizione dell‟equilibrio dinamico fra componenti ad azione antiossidante e attività PPO. Ciò risulta nel genotipo „Filicudi‟ che ha presentato una bassa attività PPO, in accordo con l‟elevata concentrazione dei tre enzimi antiossidanti e la più elevata concentrazione di vitamina C. La cultivar „Principe Borghese‟ e soprattutto l‟ecotipo „Montallegro‟, caratterizzati da una minore disponibilità degli enzimi antiossidanti, hanno mostrato una potenziale maggiore tendenza all‟imbrunimento, presumibilmente manifesta qualora i frutti siano sottoposti a danni di diversa natura (es. produzione fresh-cut). Conclusioni L‟indagine su alcune accessioni di pomodoro da serbo coltivate in condizioni di spinto deficit idrico del terreno, ha evidenziato il ruolo strategico dell'indagine enzimatica nella selezione di tali produzioni per le quali il mercato manifesta un crescente interesse dovuto alla loro elevata qualità nutraceutica e prolungata shelf life. Tali caratteristiche dipendono, oltre che da un elevato contenuto di componenti chimici nutraceutici, anche dal livello di alcune attività enzimatiche (APX, CAT, SOD) ad azione elicitaria antiossidante, antagoniste dell‟azione della PPO responsabile del browning dei frutti. Anche i valori dell‟indice di consistenza dei frutti hanno trovato un ottimo riscontro nella concentrazione di due attività enzimatiche degradative, PME e PG responsabili del softening dei frutti. In particolare, il testimone „Brigade‟ ha mostrato un elevato standard qualitativo per l‟elevata resistenza al rammollimento e all‟imbrunimento. L‟ecotipo „Filicudi‟ sembrerebbe particolarmente adatto alla trasformazione industriale per la minore suscettibilità all‟imbrunimento e la maggiore tendenza alla depolimerizzazione. Bibliografia ABELES F.B., TAKEDA F., 1990. Cellulase activity and ethylene in ripening strawberry and apple fruits. Scientia Horticulturae, 42: 269-275. ALLEN R.D., WEBB R.P., SCHAKE S.A., 1997. Use of transgenic plants to study antioxidant defenses. Free Radical Biology & Medicine, 23: 473-479. 102 Aebi H., 1984. Catalase in vitro. Methods in Enzymology, 105: 121-126. BARBAGALLO R.N., CHISARI M., SPAGNA G., 2009. Enzymatic browning and softening in vegetable crops: studies and experiences. Italian Journal of Food Science, 21: 3-16. BARBAGALLO R.N., CHISARI M., BRANCA F., SPAGNA G., 2008. Pectin methylesterase, polyphenol oxidase and physicochemical properties of typical longstorage cherry tomatoes cultivated under water stress regime. Journal of the Science of Food and Agriculture, 88: 389-396. CHUNG T.T., WEST G., TUCKER G.A., 2006. Effect of wounding on cell wall hydrolase activity in tomato fruit. Postharvest Biology and Technology, 40: 250-255. DUMAS Y., DADOMO M., DI LUCCA G., GROLIER P., 2003. Effects of environmental factors and agricultural techniques on antioxidant content of tomatoes. Journal of the Science of Food and Agriculture, 83: 369-382. GROSS K.C., 1982. A rapid and sensitive spectrophotometric method for assaying polygalacturonase using 2-cyanoacetamide. HortScience, 17: 922-934. GUICHARD S., BERTIN N., LEONARDI C., GARY C., 2011. Tomato fruit quality in relation to water and carbon fluxes. Agronomie, 21: 385-392. KAMPFENKEL K., VAN MONTAGU M., INZÉ D., 1995. Extraction and determination of ascorbate and dehydroascorbate from plant tissue. Analytical Biochemistry, 225: 165-167. MASIA A., 1998. Superoxide dismutase and catalase activities in apple fruit during ripening and post-harvest and with special reference to ethylene. 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Induction of enzymes involved in the ascorbate-dependent antioxidative system, namely, ascorbate peroxidase, monodehydroascorbate reductase and dehydroascorbate reductase, after exposure to air of rice (Oriza sativa) seedlings germinated under water. Plant Cell Physiology, 38: 541-549. VRANOVÁ E., INZÉ D., VAN BREUSEGEM F., 2002. Signal transduction during oxidative stress. Journal of Experimental Botany, 53: 1227-1236. 103 Tab.1. Contenuto di vitamina C e consistenza delle bacche. Tab. 1. Vitamin C content and fruit firmness. Montallegro Vitamina C (mg kg-1 s.f.) 585.0 c Vitamina C (mg kg-1 s.f.) 585.0 c Filicudi 742.0 a 742.0 a Principe Borghese 601.0 b 601.0 b Brigade 417.1 d 417.1 d Significatività *** *** Cultivar I valori indicano la media di 3 repliche. **, *** significativo rispettivamente per P ≤ 0.01 e 0.001. Tab. 2. Attività enzimatiche degradative, PME (pectinmetilesterasi), PG (poligalatturonasi) e PPO (polifenolossidasi). Tab. 2. Enzyme activities, pectin methylesterase (PME), polygalacturonase (PG) and polyphenol oxidase (PPO). Cultivar PME (U kg-1 s.f.) PG (U kg-1 s.f.) Montallegro 54.8 c 531.6 c PPO (U kg-1 s.f.) substrato L-DOPA 50.5 a Filicudi 99.4 a 871.5 a 33.6 c Principe Borghese 58.9 c 463.6 d 51.8 a Brigade 73.4 b 678.2 b 36.3 b Significatività *** *** *** I valori indicano la media di 3 repliche. *** significativo per P ≤ 0.001. 104 Tab. 3. Attività enzimatiche, APX (ascorbato perossidasi), catalasi (CAT) e superossido dismutasi (SOD). Tab. 3. Enzyme activities, ascorbate peroxidase (APX), catalase (CAT) e superoxide dismutase (SOD). Montallegro APX (U kg-1 s.f.) 159.0 d CAT (U kg-1 s.f.) 190.7 b SOD (U kg-1 s.f.) 452.0 c Filicudi 181.1 b 222.8 a 592.1 b Principe Borghese 170.3 c 226.0 a 587.1 b Brigade 197.2 a 217.4 a 612.8 a Significatività *** *** *** Cultivar I valori indicano la media di 3 repliche. *** significativo per P ≤ 0.001. 105 2.15. CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL PECORINO DI LATICAUDA A DIVERSI PERIODI DI MATURAZIONE SENSORIAL CHARACTERISTICS OF LATICAUDA CHEESE AT DIFFERENT AGING PERIODS Carmela Maria Assunta BARONE1, Roberto DI MATTEO1, Antonio COPPOLA1, Antonio ZULLO1, Filomena INGLESE2 1 DiSSPAPA-Facoltà Agraria-Università degli Studi di Napoli Federico II -80055 Portici, Napoli, Italia 2 ConSDABI- Sub National Focal Point italiano FAO - Biodiversità mediterranea, Contrada Piano Cappelle, 82100 Benevento, Italia, [email protected] Autore corrispondente: [email protected] Riassunto In Campania gli ovini di razza Laticauda sono circa 3550, distribuiti in allevamenti di ridotta consistenza (mediamente 20 capi). Il latte prodotto viene destinato alla caseificazione e il relativo formaggio è commercializzato a diversi periodi di maturazione (da 3 a 15 mesi) riscontrando il gradimento di molti consumatori. Come è ben noto, le caratteristiche sensoriali di un formaggio evolvono con la maturazione; la diminuzione dell‟umidità e l‟intensificazione della proteolisi e della lipolisi, con il progredire della stagionatura, modificano complessivamente la tessitura del prodotto, migliorandone, in alcuni casi, le caratteristiche organolettiche. Nel caso di prodotti non caratterizzati da marchi di origine, le caratteristiche sensoriali mostrano un‟ampia variabilità legata al bioterritorio di produzione e alle fasi del diagramma di flusso non standardizzate. Al fine di contribuire alla individuazione del periodo ottimale di maturazione e alla definizione di un disciplinare di tipicità del pecorino di Laticauda, sono state valutate le caratteristiche sensoriali del prodotto a 4 periodi di stagionatura: 3-9-12-15 mesi. I formaggi sono stati ottenuti dal latte di 30 pecore munte meccanicamente; sia la caseificazione che la stagionatura sono state effettuate presso la stessa azienda, la quale alleva circa 300 ovini. Una giuria di degustazione, costituita da 8 assaggiatori addestrati, ha valutato su scala strutturata le caratteristiche della pasta (colore, dimensione dell‟occhiatura, consistenza al tatto) e gli indicatori olfattivi (odore pungente, stagionato, acido) e gustativi (dolce, salato, amaro, acido, piccante) di 20 forme. Dalla elaborazione statistica (ANOVA) sono risultati significativi: (a) il fattore giudice per tutti i parametri considerati; (b) il periodo di maturazione per il colore della pasta (P<0.001), più scura a 12 mesi, per l'odore e la persistenza del gusto, entrambi più accentuati a 12 mesi (P<0,05-0,01). Il pecorino di 3 e 9 mesi è risultato equilibrato per i sentori di acido e di amaro, con un gusto meno persistente, rispetto al valore assegnato al formaggio di 12 mesi. Complessivamente, ovvero come accettabilità globale, il panel di valutazione non ha individuato differenze significative tra i diversi periodi, pur dando al pecorino di 12 mesi il miglior punteggio. Parole chiave: formaggio, analisi sensoriale, laticauda, stagionatura Abstract In Campania region Laticauda sheep breed are about 3550, distributed in small farms (average 20 units). The milk produced is used to make cheese that is sold at different aging periods (from 3 to 15 months) meeting consumer‟s satisfaction. As is well known, the sensory characteristics of cheese evolve with the maturation; the decrease of humidity and 106 intensification of proteolysis and lipolysis, with the progress of the aging, change the overall texture of the product, improving, in some cases, organoleptic characteristics. In the case of products not characterized by protected designation of origin (PDO) marks the sensory characteristics show a large variability due to “bio-land” production and to not standardized phases of the flowchart. In order to contribute to the identification of the optimal period of maturation and the definition of a specification of the typical Laticauda cheese, we evaluated the sensory characteristics of the product to 3-9-12-15 months of aging. The cheeses were obtained from 30 ewes milked mechanically; both the cheese making and ripening were obtained on the same farm, which rears about 300 sheep. The sensory evaluation was carried out with a panel of 8 trained assessors that evaluated the characteristics of the dough (color, hole size, texture to the touch) and olfactory (pungent, cheese, sour) and taste (sweet, salty, bitter, sour, spicy) indicators of 20 cheese forms. Statistical analysis (ANOVA) shows significant effect for: (a) factor judge for all parameters, (b) aging period for the color of the dough (P <0.001), darker at12 months, for the persistence of odor and taste, both more pronounced at 12 months (P <0.05 to 0.01). The cheese aged 3 and 9 months was balanced by hints of sour and bitter taste with less persistent than the value assigned to the cheese of 12 months. Overall, the evaluation panel did not identify significant differences in acceptability between considered periods, while giving the cheese of 12 months the best score. Keywords: cheese, sensory evaluation, laticauda, aging Introduzione Il pecorino di razza Laticauda in Campania è commercializzato a diversi periodi di maturazione (da 3 a 15 mesi) riscontrando il gradimento di molti consumatori. È un prodotto le cui proprietà sensoriali evidenziano un‟ampia variabilità legata al bioterritorio di produzione e alle diverse fasi non standardizzate del processo produttivo e che evolvono con la maturazione; la diminuzione dell‟umidità e l‟intensificazione della proteolisi e della lipolisi, con il progredire della maturazione, modificano complessivamente il prodotto (Irigoyen et al., 2001), migliorandone, in alcuni casi, le caratteristiche organolettiche. Come è noto, qualsiasi prodotto, soprattutto se di nicchia, per poter essere accettato e valorizzato deve essere disciplinato in base a norme ben precise e per poterlo fare è necessaria un‟approfondita conoscenza delle sue caratteristiche organolettiche. L‟analisi sensoriale è impiegata per misurare, analizzare ed interpretare la qualità percepita di un alimento da parte del consumatore, concetto dinamico nel tempo e nello spazio. Se è vero che le proprietà reologiche possono essere valutate strumentalmente, attraverso metodi di compressione (singola o doppia), di compressione-penetrazione, di compressionerilassamento e di compressione-taglio-estrusione, il giudizio fornito dall‟uomo, pur essendo soggettivo, è più completo e complesso, rispetto a quello della macchina. La consistenza di un formaggio per esempio, che è un elemento di primaria importanza per il regolare svolgimento del processo di maturazione, è anche un parametro determinante nella formulazione del giudizio di qualità da parte del consumatore che esso valuta attraverso la sensazione percepita durante la masticazione. Al fine di contribuire alla individuazione del periodo ottimale di maturazione del pecorino di Laticauda e giungere alla definizione di un disciplinare di tipicità dello stesso, sono state intraprese attività di ricerca specifiche. In questo articolo sono presentati i risultati relativi alle caratteristiche sensoriali del prodotto a 4 periodi di stagionatura: 3-9-12-15 mesi. 107 Materiali e metodi La caseificazione e la stagionatura del formaggio sono state effettuate presso un‟unica azienda, la quale alleva circa 300 ovini. I formaggi sono stati ottenuti dal latte di massa di 30 pecore, munte meccanicamente, unendo il latte della sera e quello della mattina successiva. Le pecore, dopo la mungitura del mattino, venivano portate al pascolo per ritornare all‟ovile il tardo pomeriggio per la seconda mungitura. Le caseificazioni sono state effettuate nei mesi di giugno (5 caseificazioni a distanza di 2-3 giorni) e luglio (4 caseificazioni). Alla fine del periodo di stagionatura, 3-9-12-15 mesi, da ciascuna delle 20 forme in esperimento sono stati preparati i campioni per la valutazione sensoriale e strumentale (colore e compressione). La giuria di degustazione, costituita da 8 giudici addestrati, ha valutato su una scala strutturata le caratteristiche della pasta (colore, dimensione dell‟occhiatura, consistenza al tatto) e gli indicatori olfattivi (odore pungente, stagionato, acido) e gustativi (dolce, salato, amaro, acido, piccante) su 3 campioni per ogni forma. I dati sono stati elaborati con procedura GLM (SAS, 2002) utilizzando un modello di ANOVA in cui il giudice e il periodo di maturazione sono stati considerati fattori fissi. La significatività dei confronti tra le medie stimate è stata valutata con il t di Student. Risultati e discussione Il latte utilizzato per le caseificazioni è risultato avere mediamente l‟8.29% di grasso, il 6,70 % di proteine e il 4,19% di lattosio. Tale composizione chimica evidenzia, rispetto a quanto rilevato da Matassino e Zullo (1991) sulla stessa razza, un maggior contenuto proteico (+1.3%) e una percentuale lipidica simile (-0,3%). I risultati della ANOVA hanno evidenziato la significatività del fattore giudice per tutti i parametri considerati e del periodo di maturazione per il colore della pasta (P<0,001), più scura a 12 mesi, nonché per l'odore e la persistenza del gusto, entrambi più accentuati a 12 mesi (P<0,05-0,01) (Fig. 1 e Tab. 1). Il pecorino fresco di 3 mesi e quello stagionato 9 mesi sono risultati equilibrati per i sentori di acido e di amaro e con un gusto meno persistente, rispetto al formaggio maturato 12 mesi. Complessivamente, ovvero come accettabilità globale, il panel di valutazione non ha individuato differenze significative tra i diversi periodi, pur assegnando al pecorino di 12 mesi il miglior punteggio. In una precedente sperimentazione, sempre su pecorino di Laticauda (dati non pubblicati), la valutazione strumentale dei parametri colorimetrici e reologici ha evidenziato che da 3 a 9 mesi aumenta l‟indice del giallo (b*) mentre diminuiscono durezza, gommosità e masticabilità; da 9 a 12 mesi aumenta significativamente (P<0,05) la masticabilità e restano invarianti i parametri colorimetrici. Alla luce dei risultati ottenuti si può concludere che non conviene prolungare la stagionatura oltre i 12 mesi in quanto le caratteristiche sensoriali non migliorano e già dopo 9 mesi il pecorino manifesta buoni caratteri organolettici. Bibliografia IRIGOYEN A., IZCO J.M., IBANEZ F.C., TORRE P., 2001. Influence of rennet milk clotting activity on the proteolitic and sensory characteristics of an ovine cheese. Food Chemistry, 72: 137-144. MATASSINO D., ZULLO A., 1991. Alcuni risultati preliminari conseguiti dal primo programma di selezione della Laticauda. In: Atti Conv. Valorizzazione e miglioramento della razza ovina Laticauda. Benevento, Dicembre 1991. SAS/STAT, 2002. User‟s guide: Statistic. Version 9.1 Edition. SAS Inst. Inc., Ary, NC, USA. 108 Fig 1. Profilo sensoriale dei formaggi ai diversi periodi di stagionatura (*P < 0,05, **P < 0,01, ***P < 0,001). Fig. 2. Quantitative sensory profile of the cheeses at different aging periods (*P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001). 109 Tab. 1. Significatività delle differenze fra periodi di stagionatura (*=P<0,05; **=P<0,01; ***=P<0,001) Tab. 1. Significance of comparison between aging periods (*P < 0.05, **P < 0.01, ***P < 0.001). 110 2.16. RECUPERO E VALORIZZAZIONE DI VARIETÀ DI FRUTTIFERI E USI TRADIZIONALI NELL’APPENNINO REGGIANO RECOVERY AND EXPLOTATION OF FRUIT TREE CULTIVARS AND TRADITIONAL USES IN THE REGGIO EMILIA APPENNINES Cristina BIGNAMI1-2, Alberto BARONI1, Cristina BARBIERI1, Serena Anna IMAZIO1-2, Giuseppe MONTEVECCHI2 1 Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Scienze della Vita, Via Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia. 2 Università di Modena e Reggio Emilia - Centro Interdipartimentale BIOGEST -SITEIA, Via Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia E-mail: [email protected] Riassunto Nelle aree collinari e montane della provincia di Reggio Emilia, la riscoperta del “savurett”, una tradizionale confettura ottenuta da antiche varietà locali, rappresenta un caso di valorizzazione di risorse genetiche a rischio, che può contribuire alla loro salvaguardia e al miglioramento dell‟economia locale. La disponibilità di materia prima e la conoscenza delle sue caratteristiche sono fattori determinanti per garantire continuità di produzione e peculiarità qualitative del prodotto. Dal 2010 è stata quindi avviata un‟indagine su presenza, condizioni delle piante, caratteri pomologici e qualitativi del frutto e usi tradizionali di varietà di pero e melo da “savurett”. Le principali varietà impiegate, secondo ricette variabili da zona a zona in dipendenza dei frutti disponibili, sono le pere Spalèr, Nobile (Baraban), ingredienti fondamentali del savurett di Carpineti, e, talora, Aval, Trentonce, Fradel; le mele Campanino, Ferro, Limone. Le indagini hanno evidenziato che per alcune varietà (Spalèr, Aval, Nobile) sono presenti piante sparse, spesso in condizioni precarie e poco favorevoli ad un‟agevole gestione della produzione e della raccolta. Di recente sono stati effettuati nuovi impianti di limitata estensione. Altre varietà sono rare (Trentonce, Fradel, tra le pere; Limone, tra le mele). Le varietà utilizzate sono a maturazione invernale e con caratteristiche di elevata serbevolezza. Per il pero, la consistenza e presenza di sclereidi le rende utilizzabili prevalentemente o esclusivamente per la cottura. L‟analisi dei frutti campionati ha rivelato notevoli differenze tra varietà, come l‟elevato grado zuccherino di Spalér e Nobile, l‟acidità molto bassa e l‟elevata consistenza della polpa della pera Nobile. Parole chiave: Pyrus communis L., Malus domestica Borkh, savurett, zuccheri, acidi organic Abstract In mountainous and hilly areas of Reggio Emilia province, the rediscovery of “savurett”, a traditional confiture obtained by old local cultivars (cvs), represents an example of exploitation of threatened genetic resources, which can contribute to their safeguard and to the enhancement of local economy. Availability and characterization of the raw material are important to ensure continuity in production and product quality. From 2010, an investigation on pear and apple cvs once used to make “savurett” has started. The presence and conditions of trees and the fruit traits and quality have been considered. Different cvs are used, depending on area of production and fruit availability. Main ingredients are the pears cv Spalér and Nobile (Baraban); sometimes 111 other pear (Aval, Trentonce, Fradel) and apple (Campanino, Ferro, Limone) are used. Surveys showed the presence of some cv (Spalèr, Aval, Nobile) as sparse plants, sometimes very old and difficult to harvest. Recently new small orchards have been established. Other cvs are more rare (Trentonce, Fradel, among pears, Limone, among apples). These are late ripening cvs with long storability. The hardness and the graininess of the pulp make these pears mainly or exclusively suitable for cooking. Fruit analysis revealed the high sugar content of Spalér and Nobile, and the low acidity and high pulp hardness of Nobile. Keywords: Pyrus communis L., Malus domestica Borkh, savurett, sugars, organic acids Introduzione Le iniziative di valorizzazione di vecchie varietà locali da frutto e dei prodotti derivati possono contribuire, se oculatamente gestite, a garantirne la sopravvivenza, con ricadute positive sulle economie locali, sulla conservazione degli agroecosistemi e sulla salvaguardia di risorse genetiche a rischio. Il territorio reggiano conserva in molte aree caratteri di tradizionalità del paesaggio rurale e usi alimentari che si basano su materie prime locali. Nelle aree montane della provincia, un caso rappresentativo è costituito dal “savurett”, un concentrato di frutta prodotto da secoli nelle montagne reggiane, che è da qualche anno oggetto di valorizzazione ed è stato recentemente inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali dell‟Emilia Romagna riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Le pere ne sono l‟ingrediente principale e tra le varietà locali di pero cui il disciplinare di produzione fa riferimento vengono citati Pèr Spalèr, Pèr Nobel o Baraban, Pèr Aval e “altre varietà autoctone della Provincia di Reggio Emilia” (Con, 2011). Per quanto riguarda le mele, il disciplinare fa riferimento a mele autoctone quali Campanina, Sangue di Bue, Ferro. Non viene esclusa la possibilità di utilizzare varietà cosmopolite come Passa Crassana, per il pero, e Abbondanza, per il melo, come effettuato localmente nei decenni passati. Per quanto riguarda le varietà locali, tuttavia, la conoscenza sulle caratteristiche e sulla disponibilità di frutti sono carenti. Questa base di informazioni è indispensabile per la produzione e la riproposta di prodotti tradizionali poco noti, in quanto dalla disponibilità di materia prima e dalla conoscenza delle sue caratteristiche dipende la possibilità di produrre con sufficiente continuità negli anni e una buona costanza delle peculiarità qualitative del prodotto finale. Per questo motivo, nell‟ambito di progetti indirizzati al reperimento, alla caratterizzazione e alla valorizzazione di varietà da frutto della provincia di Reggio Emilia è stata avviata una indagine sugli usi tradizionali, sulla presenza, distribuzione e stato di conservazione delle piante e sulle caratteristiche pomologiche e qualitative del frutto di varietà di pero e melo dell‟area collinare e di media montagna dove il “savurett” viene prodotto. In questo lavoro sono riportati i primi risultati relativi alla attività di reperimento e alle caratteristiche delle principali varietà di pero e melo impiegati per questo prodotto, oltre a quelle di alcune varietà utilizzate più raramente. Materiali e metodi Le indagini sono state condotte nel 2010 e 2011 e sono tuttora in corso. Sono stati effettuati sopralluoghi nei territori collinari e montani della provincia di Reggio Emilia e interpellati conoscitori e proprietari delle piante segnalate o individuate per acquisire notizie sulle denominazioni varietali, sulla loro storia e sull‟uso del frutto. È stata quindi avviata la caratterizzazione in situ e il prelievo di campioni di frutti per l‟analisi delle caratteristiche pomologiche e compositive. In questa nota si riportano, con diverso grado di 112 approfondimento, i risultati relativi alle varietà di pero Spalér, Nobile e Aval e di melo Campanino, Melo ferro, Mela francese, Rosone e Limone. Della pera Nobile sono state esaminate tre accessioni, provenienti da diverse località e prodotte in diverse condizioni colturali: Nobile F, coltivata in frutteto familiare in area collinare; Nobile LG e Nobile LV, provenienti da coltura specializzata in un‟area della pianura reggiana. Sono stati rilevati il grado rifrattometrico, con rifrattometro manuale TR, l‟acidità titolabile, espressa come percentuale di acido malico, attraverso titolazione a pH 8,1 con NaOH 0,1 N; il pH, la durezza della polpa, con penetrometro Effegi FT327. Di alcune cultivar (cv) (pere Aval, Nobile e Spalèr; mele Campanino, Francese, Ferro, Rosa, Rosone) è stato analizzato il contenuto dei principali zuccheri e acidi organici. Gli estratti etanolici diluiti sono stati filtrati con filtri a trottola (nylon, 0,45 μm) ed iniettati in un sistema HPLC collegato ad un rivelatore a serie di diodi (DAD) ed in serie ad un rivelatore ad indice di rifrazione (IR). Zuccheri ed acidi organici sono stati simultaneamente determinati utilizzando una colonna Aminex HPX-87H (300 × 7,8-mm i.d.) termostatata a 50 °C, ed un fase mobile costituita da 93 % H2SO4 (pH = 2,0) e 7 % CH3CN ad un flusso di 0,4 mL/min. Risultati Sopralluoghi, reperimento delle piante, usi dei frutti - L‟esplorazione del territorio e i contatti diretti con i proprietari delle piante e con conoscitori locali hanno consentito di raccogliere informazioni sugli usi tradizionali dei frutti. Per quanto riguarda le ricette per la preparazione del savurett, le testimonianze raccolte e la documentazione disponibile (Istituto comprensivo Carpineti, Comune di Carpineti, 2004) riportano diverse varianti in funzione della località e della disponibilità locale di frutta. In particolare, il “savurett di Carpineti” è ottenuto da cottura prolungata di succo di pera Spalèr, con aggiunta, nella fase finale della cottura, di fette di pera Nobile (Baraban) che, non disfacendosi nel corso della cottura, conferiscono una particolare consistenza al preparato. In alcune località vengono utilizzate anche altre varietà di pere (Aval, Trentonce) o mele (Mela rosa, Limone, Campanino). Sono state individuate piante delle varietà indicate nel disciplinare di produzione del savurett e di altre varietà locali a maturazione autunnale o invernale i cui frutti venivano utilizzati per preparazioni tradizionali della collina e montagna reggiana, come l‟essiccazione, la cottura al forno o con le castagne, i “savor” e le marmellate (Canovi et al., 2008) e, talora, per la produzione di savurett; esse possono quindi rientrare tra le „varietà autoctone‟ cui il disciplinare fa riferimento. Tra esse, Fradel, Trentonce, Durello, Pirlein, per il pero, mela Francese, Ruggine, di Sologno, Ciocarumela, per il melo. Per alcune piante non è stato ancora possibile giungere a un‟identificazione. I sopralluoghi effettuati hanno evidenziato per alcune varietà (Spalér, Aval, Nobile) la presenza di piante sparse, spesso centenarie, in condizioni talora precarie e comunque con dimensioni e struttura della pianta poco favorevoli ad un‟agevole gestione della produzione e della raccolta, che, in caso di piante di grande taglia, viene spesso effettuata sui frutti a terra, con effetti negativi sulla qualità, o ricorrendo a carrelli, con costi elevati. Solo in tempi recenti sono stati effettuati nuovi impianti specializzati di limitata estensione. Altre varietà sono rare e a rischio di scomparsa (Trentonce, tra le pere; Limone, tra le mele). Si riportano di seguito informazioni specifiche su origine, diffusione e caratteristiche delle varietà più utilizzate come ingredienti del savurett. Le varietà di pero da savurett: notizie storiche e caratteri pomologici - Aval. Varietà invernale ancora presente nel territorio collinare e montano di Reggio Emilia, con piante sparse, generalmente non più oggetto di raccolta del frutto. Le notizie storiche sono scarse, ma testimoniano una presenza antica. Filippo Re, nei racconti di viaggio nelle montagne 113 reggiane (1800), inserisce la “Avalla acida” tra le 23 “pere da autunno e da inverno” elencate. Casali, nel suo „dizionario‟ dei nomi dialettali delle piante presenti nel Reggiano (1915), riporta solo il nome dialettale “Pèir Aval”, che attribuisce esclusivamente alle zone montane, a testimonianza della prevalete diffusione in quell‟area. Aval ha caratteristiche „primitive‟, per la pezzatura piccola del frutto (Tab. 1), la durezza della polpa sino a epoca molto avanzata (fine ottobre-novembre), l‟astringenza, l‟alta presenza di sclereidi, la vigoria dell‟albero. Si tratta di un frutto da cuocere; tradizionalmente, veniva cotto con le castagne o usato per la produzione di savurett; per questo è stata inserito tra i principali ingredienti nel disciplinare di produzione. Nobile o Baraban. Citata da Filippo Re (1800) con il nome Barabana, dal Gallesio, che la ritiene sinonimo del pero Lauro, e da Casali (1915), che distingue i nomi dialettali „Peir Nobil‟ e „Peir Baraban‟, quest‟ultimo solo utilizzato nelle zone montane, la Nobile è la pera più diffusa delle vecchie cv in tutto il territorio reggiano, dove è anche coltivata in piccoli impianti specializzati. Nella tradizione reggiana, la pera Nobile era cotta al forno o in acqua con le castagne. Ingrediente fondamentale del savurett, è anche utilizzata nelle aree di pianura per la preparazione della mostarda. Ad epoca di maturazione invernale, ha pezzatura mediopiccola e forma variabile da cidoniforme a turbinata o ovoidale, variabilità che dipende anche dall‟origine, da fecondazione o da partenocarpia; buccia liscia, di colore verde, con sovracolore rosso o rosa all‟insolazione. Spalèr. Le notizie storiche sull‟origine di questa varietà sono estremamente scarse, ma la sua presenza antica è testimoniata da alcuni esemplari plurisecolari (Regione Emilia Romagna, 2009 a). Campioni di frutti erano presenti in una mostra campionaria a Reggio Emilia agli inizi del ‟900 (Consorzio agricolo e cattedra ambulante d‟agricoltura, 1901). Nel corso dell‟indagine, un buon numero di piante è stato individuato in Comune di Carpineti, nelle zone di Marola e Pantano, ma la cv è presente anche in altre aree (Castelnovo ne‟ Monti, Casina, Viano). Il frutto ha pezzatura medio-grossa, forma sferica o ovoidale; buccia dal colore di fondo verde-giallo, con sovracolore rosso e zone rugginose (Tab. 1 e 2). Le principali varietà di melo da savurett: notizie storiche e caratteri pomologici Campanino. Di origini non note, questa varietà contribuiva alla produzione provinciale di mele per il 55%, nel 1929, e per il 50% nel 1948 (Breviglieri, 1949), ma ha poi subito un forte declino con l‟affermarsi delle varietà internazionali introdotte. Oggi resta la mela locale più diffusa in tutto il territorio reggiano, dalla pianura alla montagna, con piante sparse e qualche frutteto specializzato, non avendo mai perso una sua collocazione sul mercato locale (Roversi e Valli, 1996). Da qualche anno il Campanino è oggetto di iniziative di valorizzazione basate su tradizioni gastronomiche (mostarde, dolci). È iscritta con la sigla RER VO19 al Repertorio di razze e varietà locali della Regione Emilia Romagna (LR 1/2008), dove viene indicata come varietà esposta a medio rischio di erosione genetica (Regione Emilia Romagna, 2009 b). Il frutto è piccolo, di forma appiattita o globosa, circolare in sezione trasversale, con buccia giallo-verde, con sovracolore rosso (Tab. 1 e 2). Melo Ferro. La varietà è sicuramente presente nel Reggiano almeno dagIi inizi del „900: il Pòm Ferr è infatti citato da Casali nel 1915 e nel 1929 rappresentava il 20% delle mele prodotte in provincia di Reggio Emilia, quantità che diveniva poi il 4% nel 1948 (Breviglieri, 1949). Attualmente è poco diffuso nel territorio reggiano, ma ha un posto importante tra i frutti usati tradizionalmente. Veniva infatti cotta al forno o impiegata per preparare confetture, savor e savurett, o essiccata a fette („flépi‟ o „s‟ciapèli‟) e conservata per l‟inverno, per gli usi culinari e alimentari delle famiglie (Bagnoli, 2008). Entra nel disciplinare di produzione del savurett. Il frutto è medio-piccolo, appiattito, leggermente asimmetrico in sezione 114 longitudinale, con buccia cerosa, di colore verde, con sovracolore rosso sfumato sul 10-20% della superficie. Le mele „Rosa‟. Nel territorio reggiano sono presenti diverse varietà che vanno sotto la generica denominazione di „Rosa‟: Rosa romana, Rosa mantovana, Rosa gentile. Tra esse, le più frequenti erano nel secolo scorso Rosa romana e Rosa mantovana, che fornivano nel 1948 il 10% delle mele della provincia reggiana (Breviglieri, 1949). Pum ròs, Pum ròs capolegh, Pum roset e Pum rosoun sono stati inseriti da Casali tra i nomi dialettali reggiani di meli nel 1915. Il frutto è di pezzatura media, appiattito, simmetrico, in sezione trasversale circolare. La cavità calicina è ampia e mediamente profonda, con solchi. La buccia verde, che diviene gialla all‟avanzare della maturazione, con sovracolore rosso; Rosone è adatto alla cottura al forno, e alla preparazione di savor, savurett e mostarde. Le caratteristiche qualitative e compositive - La durezza della polpa è notevolmente più elevata in pera Nobile e Aval rispetto a Spalèr, per le pere, mentre tra le mele, i frutti di Rosona erano caratterizzati dalla polpa meno consistente (Tab. 2). L‟analisi delle pere campionate ha rivelato un elevato di grado rifrattometrico sia nella pera Spalèr che in tutte le accessioni di Nobile, mentre Aval era caratterizzata dai valori più bassi (Tab. 2). Tra le due varietà esaminate, sono state riscontrate differenze rilevanti di acidità titolabile, che è risultata molto più bassa nei frutti delle due accessioni di pera Nobile rispetto a Spalèr. Questa bassa acidità è probabilmente il motivo della percezione di spiccata dolcezza all‟assaggio di pera Nobile, che non sarebbe giustificata dai valori del grado rifrattometrico, più bassi di quelli di Spalèr, che ha sapore dolce-acidulo. L‟acidità, infatti, influenza la dolcezza della frutta, mascherando il sapore degli zuccheri (Lobit et al., 2006), come confermato anche da panel test su cv di melo, da cui è emerso come la percezione della dolcezza sia influenzata dall‟acidità soprattutto in presenza di squilibrio tra questi due componenti (Bignami et al., 2003). Nelle pere, il fruttosio è lo zucchero prevalente, seguito da glucosio e saccarosio (Tab. 3). Nella pera Spalèr il contenuto di fruttosio, zucchero ad elevato potere dolcificante, è più elevato rispetto alle altre varietà, mentre glucosio e saccarosio si attestano a valori inferiori. Nelle mele, il fruttosio è lo zucchero più abbondante, ma anche il saccarosio è presente in apprezzabili quantità. Tuttavia nella mela Rosa il tenore di saccarosio è inferiore al glucosio. Tra gli acidi organici rilevati, l‟acido malico è prevalente in entrambe le specie, seguito dall‟acido chinico per le pere (Tab. 4). Per le mele si osservano invece differenze tra le varietà per il rapporto tra acidi chinico e citrico; in particolare, i frutti di Campanino sono risultati caratterizzati da un contenuto più che doppio di acido citrico rispetto al chinico, mentre nelle altre cv i contenuti dei due acidi erano simili. Il rapporto tra i singoli acidi influisce sulla percezione della dolcezza al consumo; l‟acido citrico maschera la percezione di saccarosio e fruttosio, mentre l‟acido malico aumenta la percezione del saccarosio (Lobit et al., 2006). Conclusioni Le indagini e le interviste effettuate hanno consentito di evidenziare la presenza nel territorio reggiano di diverse varietà di pero e melo che vi erano coltivate almeno dagli inizi del XIX secolo e i cui frutti sono entrati nella tradizionale preparazione di concentrati di frutta. Molte delle denominazioni riportate nei documenti dei secoli passati consultati non risultano però più presenti, attestando le condizioni di rischio a cui le varietà più rare sono attualmente esposte. Nell‟ambito delle cv esaminate più approfonditamente, sono emerse caratteristiche qualitative del frutto peculiari, che possono motivare gli usi tradizionali e la particolare qualità dei prodotti. 115 Ringraziamenti La presente ricerca è parte del Progetto “Caratterizzazione e valutazione di varietà locali da frutto del territorio reggiano” finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio “Pietro Manodori” di Reggio Emilia. Bibliografia BAGNOLI G., 2008. Frutti e vegetali nell‟uso alimentare occasionale e nelle merende dei fanciulli nella tradizione popolare reggiana. In: I frutti della nostra terra. Guastalla Ambiente: 25-48. BIGNAMI C., SCOSSA A., VAGNONI G., 2003. Evaluation of old apple cultivars by means of sensory analysis. Acta Horticulturae, 598: 85-90. BREVIGLIERI N., 1949. Elenco per provincia delle varietà di melo diffuse fino al 1929, in produzione o non in produzione nel 1948 e preferite nei nuovi impianti. In: Atti del III Congresso Nazionale di Frutticoltura; Ferrara, 9-14 ottobre 1949. Vallecchi editore, Firenze: 3-17. CANOVI E., MONTECCHI A., VALENTINI G., 2008. Frutta antica nel reggiano. In: I frutti della nostra terra. Guastalla Ambiente. CASALI C., 1915. I nomi delle piante nel dialetto reggiano. In: Atti del Consorzio di Reggio Emilia, n.1. Tipografia Bondavalli, Reggio nell‟Emilia. CONSORZIO AGRICOLO E CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA, 1901. Mostra campionaria di frutti invernali. Agricoltore reggiano, n. 38(S). CON V.A., 2011. Disciplinare Savurett. http://www.buonappennino.it/?page_id=100 GALLESIO G., 1839. I giornali di viaggi. Trascrizioni, note e commento di Enrico BALDINI, Accademia dei Georgofili, 1995. Firenze, Nuova stamperia Parenti. ISTITUTO COMPRENSIVO CARPINETI, COMUNE DI CARPINETI, 2004. Pèr Spalèr. Guida al saporetto e all‟aceto, alla loro degustazione e utilizzazione. 15 pp. LOBIT P., GENARD M., SOING P., HABIB R., 2006. Modelling malic acid accumulation in fruits: relationships with organic acids, potassium, and temperature. Journal of Experimental Botany, 57 (6): 1471-1483. RE F., 1800. Viaggio agronomico per la montagna reggiana e dei mezzi di migliorare l‟agricoltura delle montagne reggiane; manoscritto edito a cura di Carlo CASALI, 1927. Officine grafiche reggiane, Reggio nell‟Emilia. REGIONE EMILIA ROMAGNA, 2009a. I patriarchi da frutto dell‟Emilia Romagna. Ermes Agricoltura, Bologna. I libri di Agricoltura, 4. REGIONE EMILIA ROMAGNA, 2009b. Determinazione 13829 del 31/12/2009. All. 3., L.R. N. 1/2008 Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo. Allegato 3. Campanino RER VO19. Scheda tecnica per l‟iscrizione al repertorio: 21-29. ROVERSI A., VALLI R., 1996. Valorizzazione di germoplasma locale di melo e pero in frutteti da reddito della provincia di Reggio Emilia. In: Atti del Congresso Nazionale sulla Biodiversità: Germoplasma locale e sua valorizzazione. Alghero: 313-315. 116 Tab. 1. Caratteristiche del frutto di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino reggiano (media±deviazione standard). Tab. 1. Fruit characteristics of pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines (mean values±standard deviation). Peso (g) PERO Aval Nobile F Nobile LV Nobile LG Spalèr MELO Campanino Mela francese Mela Limone Rosona Altezza (cm) Diametro (cm) Altezza/Diametro 44,1 107,0 122,8 134,2 132,3 ±15,5 ±11,5 ±19,6 ±25,1 ±47,0 4,1 7,1 7, 9 7,9 6,3 ±0,5 ±0,5 ±0,6 ±0,7 ±0,9 4,2 5,2 5,5 6,0 5,9 ±0,5 ±0,3 ±0,3 ±0,3 ±0,7 1,0 1,5 1,4 1,4 1,1 ±0,1 ±0,1 ±0,1 ±0,1 ±0,1 116,1 64,2 55,5 165,7 ±21,5 ±17,3 ±31,3 ±28,2 5,5 4,4 5,9 5,4 ±0,5 ±0,4 ±0,8 ±0,4 6,1 5,1 4,0 7, 5 ±0,3 ±0,5 ±1,1 ±0,5 0,9 0,9 1,5 0,7 ±0,0 ±0,1 ±0,2 ±0,1 Tab. 2. Caratteristiche qualitative del frutto di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino reggiano (media±deviazione standard). Tab. 2. Qualitative characteristics of pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines (mean values±standard deviation). Sovracolore (%) PERO Aval Nobile F Nobile LV Nobile LG Spalèr MELO Campanino Mela francese Mela Limone Rosona Durezza (kg/cm2) Brix° Acidità titolabile (‰) 0 41 51 46 32 ±0 ±16 ±16 ±13 ±25 8,2 8,2 7,4 9,4 6,3 ±1,4 ±1,0 ±0,5 ±0,7 ±0,9 13,3 16,2 15,5 14,7 17,1 ±1,6 ±0,8 ±1,1 ±0,9 ±1,7 0,8 1,1 7,4 40 55 0 15 ±13 ±19 ±0 ±11 7,4 9,0 7,0 3,8 ±0,8 ±0,9 ±0,5 ±0,2 13,3 15,3 14,2 16,0 ±1,1 ±1,5 ±1,3 ±0,7 6,7 7,9 117 ±0,1 ±0,2 ±0,1 ±0,02 ±0,1 pH 4,50 4,55 2,80 3,04 3,20 ±0,02 ±0,06 ±0,01 ±0,01 ±0,03 Tab. 3. Principali zuccheri (g/100 g) e sorbitolo rilevati nei frutti di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino reggiano (media±deviazione standard). Tab. 3. Main sugars (g/100 g) and sorbitol determined in pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines (mean values±standard deviation). Fruttosio PERO Aval Nobile L G Nobile LV Nobile F Spalèr MELO Campanino Mela Ferro Mela Francese Mela Rosa Mela Rosona Glucosio Saccarosio Sorbitolo 6024,9 6122,6 6690,1 6892,2 8306,9 ±724,4 ±247,7 ±303,6 ±541,8 ±1257,3 1589,1 1664,6 1523,1 1588,4 1104,9 ±155,2 ±372,8 ±667,8 ±254,2 ±582,8 580,3 1357,0 1639,6 1089,6 694,9 ±166,5 ±31,6 ±377,7 ±345,1 ±468,7 2042,8 1554,0 1510,6 1800,6 1842,1 ±257,9 ±300,7 ±225,9 ±81,5 ±1020,2 4881,3 5510,1 6014,8 5613,3 6000,3 ±461,6 ±221,6 ±556,4 ±626,1 ±419,36 1552,0 1133,1 1681,5 2258,7 1633,6 ±603,1 ±163,1 ±239,3 ±264,3 ±105,5 3258,9 2229,0 2661,7 1475,1 3507,1 ±230,8 ±225,4 ±770,1 ±875,9 ±488,8 972,2 530,7 922,5 607,2 785,7 ±324,0 ±21,6 ±523,8 ±72,3 ±41,4 Tab. 4. Principali acidi organici (g/100 g) rilevati nei frutti di antiche varietà invernali di pero e melo dell‟Appennino reggiano (media ± deviazione standard). Tab. 4. Main organic acids (g/100 g) determined in pear and apple old winter varieties of Reggio Emilia Appennines (mean values±standard deviation). Ac citrico PERO Aval Nobile L G Nobile LV Nobile F Spalèr MELO Campanino Mela Ferro Mela Francese Mela Rosa Mela Rosona Ac malico Ac chinico 117,9 25,1 111,4 96,3 80,0 ±56,6 ±2,0 ±15,9 ±7,6 ±59,6 524,3 171,8 304,8 210,3 549,6 ±7,5 ±39,9 ±15,7 ±23,5 ±129,8 149,1 164,4 134,9 169,7 149,4 ±29,7 ±12,2 ±11,5 ±17,2 ±20,6 189,0 83,7 91,8 100,0 138,1 ±63,9 ±12,3 ±34,7 ±13,2 ±28,4 941,1 791,6 705,9 718,6 1093,4 ±84,3 ±85,3 ±64,7 ±115,9 ±27,8 92,3 109,8 207,0 151,8 122,2 ±2,8 ±12,7 ±13,5 ±21,7 ±12,5 118 2.17. IL PROGETTO ESPLORA: RISULTATI PRELIMINARI IN FRAGOLA OTTOPLOIDE THE ESPLORA PROJECT: PRELIMINARY RESULTS IN OCTOPLOID STRAWBERRY Federica BRANDI1, Gianluca BARUZZI1, Guido CIPRIANI2, Walther FAEDI1 1 2 CRA, Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì (CRA-FRF), [email protected] CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Ciampino Italia (CRA-FRU) Riassunto La fragola coltivata Fragaria × ananassa è una specie frutticola di grande interesse economico, nel ventennio 1980-2000 la produzione mondiale è aumentata dell‟83% fino ad oltrepassare i 3 milioni di tonnellate; dal 2000 al 2008 si è registrato un ulteriore aumento del 24%; la superficie coltivata a fragola, stimata nel 2008 in circa 255.000 ettari, ha subito, come la produzione, un trend positivo ma con valori meno significativi (Faedi et al., 2010). L‟interesse economico giustifica pienamente i numerosi programmi di ”breeding”, privati e pubblici, in atto in Italia su questa specie. I principali obiettivi di questa intensa attività di ricerca genetica mirano al miglioramento dell‟adattabilità e del comportamento agronomico delle piante e della consistenza, dolcezza e qualità organolettica dei frutti. F. × ananassa, è una specie allo-octoploide (2n = 8x = 56) derivata dall‟ibridazione di due progenitori ottoploidi (F. chiloensis e F. virginiana). Negli ultimi anni la specie diploide F. vesca è stata oggetto di intensa ricerca scientifica che ha portato allo sviluppo, di importanti strumenti di genetica e genomica, come le mappe genetiche. Il successivo trasferimento dei risultati ottenuti a F. × ananassa è stato possibile grazie all‟elevato grado di omologia e collinearità esistente fra il genoma della fragola coltivata e quello della specie diploide. Nell‟ambito del progetto ESPLORA, finanziato dal MiPAAF, il CRA-FRF ha l‟obiettivo di costruire una mappa di linkage della fragola ottoploide. Su una progenie di semenzali ottenuta dall‟incrocio Alba x un clone di F. chiloensis si sono stati impiegati circa 180 coppie di marcatori micro satelliti “SSR” (Simple sequence repeat) disegnati prevedendo l‟aggiunta della sequenza del primer universale M13 all‟estremità 5‟ del forward di tutti i microsatelliti (“tgtaaaacgacggccagt”). Sono inoltre stati utilizzati 86 ulteriori microsatelliti, distribuiti lungo tutti i “Linkage Group”. Gli alleli sono stati separati tramite ABI 3130. I risultati iniziali mostrano una elevata percentuale di alleli nulli, insieme all‟identificazione di diversi rapporti di segregazione. Parole chiave: Fragaria × ananassa, microsatelliti, mapping, marcatori molecolari Abstract The cultivated strawberry (Fragaria × ananassa) is the most economically important soft fruit species and, hence, numerous breeding programs earmarked for superior commercial varieties aimed at specific requirements of regional markets have been established virtually in every corner of the world where strawberries are grown as a cash crop. As part of the ESPLORA project financed by Italy‟s Agriculture Ministry, CRA-FRF is building a map of the cultivated octoploid F. x ananassa using a population of 66 individuals from the cross of Alba x F. chiloensis clone (characterized by white fruit). The nearly 180 primer pairs developed in the genus Fragaria (vesca, chiloensis, ananassa species) that were used in parental screens, we added a “tgtaaaacgacggccagt” motif to each oligonucleotide in a primer pair to reduce 119 PCR amplification costs („PIGtailing‟). Another 86 primer pairs distributed in all LG were also used. Each primer was fluorescently labelled with FAM, HEX and NED and genotype detection subsequently performed. Keywords: Fragaria × ananassa, octoploid mapping, molecular markers, SSR Introduzione La fragola a frutto grosso (Fragaria x ananassa) è oggetto da circa due secoli di un‟intensa attività di miglioramento genetico finalizzata alla costituzione di nuove varietà. L‟elevato livello di ploidia (ottoploide) e l‟interazione con l‟ambiente, particolarmente accentuata, consentono un‟ampia variabilità fenotipica anche se si parte da una base genetica piuttosto ristretta. Fragaria x ananassa deriva dall‟ibridazione fra due specie ottoploidi americane F. chiloensis e F. virginiana e solo poche piante ottenute originariamente da questo incrocio sono i progenitori di tutte le attuali varietà coltivate (Faedi et al., 2010). Le prime attività di miglioramento genetico della fragola in Italia furono avviate nel 1960 e condotte, in Emilia Romagna, dall‟Istituto di Coltivazione Arboree dell‟Università di Bologna (ICA). Alla fine degli anni „70 l‟attività di ricerca dell‟ICA si unì a quella dell‟allora Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Forlì, oggi CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura (CRA-FRF) questa collaborazione diede un forte impulso all‟attività di breeding che mirava a raggiungere ambiziosi obiettivi sanitari, qualitativi ed estetici tuttora validi. Da alcuni anni l‟attività di breeding tradizionale può sfruttare gli strumenti messi a disposizione dalle tecniche di biologia molecolare. Infatti, negli ultimi dieci anni, la fragola è stata al centro di un‟intensa attività di studi biomolecolari tanto che, nel 2010, il genoma della fragola diploide (F. vesca) è stato completamente sequenziato (Shulaev et al., 2010) e si è arrivati a sviluppare marcatori molecolari associati con tratti fenotipici e impiegati per caratterizzare germoplasma di interesse (Ashley et al., 2003; James et al., 2003; Lewers et al., 2005; Deng, 2001). L‟elevato livello di colinearità fra la specie diploide e quella ottoploide fa si che molti degli strumenti sviluppati sulla prima siano impiegati sulla seconda. In uno sforzo che fa parte del progetto ESPLORA finanziato dal MIPAAF, CRA-FRF sta costruendo una mappa di linkage in F. x ananassa di cui qui si riportano i primissimi risultati. Materiali e metodi Lo studio è stato condotto su 66 semenzali ottoploidi ottenuti da un incrocio fra la varietà Alba (F. x ananassa) e un clone di F. chiloensis caratterizzato da frutti colorati di bianco a maturazione e coltivati presso l‟azienda sperimentale del CRA-FRF. Il DNA è stato isolato da foglie giovani impiegando DNease plant minikit (Qiagen), seguendo le istruzioni della ditta e diluito a 1-10 ng/ul per le successive amplificazioni tramite PCR (Polymerase chain reaction) con protocollo “touchdown”, come indicato da Sargent et al. (2003). Sono stati individuate circa 180 coppie di primer, sviluppate all‟interno del genere Fragaria (specie: vesca chiloensis, ananassa), ad ogni coppia di primer è stata aggiunta la sequenza universale: “tgtaaaacgacggccagt utilizzando così la tecnica del „PIGtailing‟. Con questa metodologia è stato fatto un primo screening sui parentali e 6 semenzali. Visto la complessità dei profili ottenuti con molti di questi 180 primer si è ritenuto opportuno concentrare l‟attività progettuale su un ulteriore pool di primer, già testati su fragola ottoploide.e risultati estremamente polimorfici Le 86 coppie di primer, marcati con i fluorofori FAM, HEX e NED, sono stati testati sui due parentali e su 14 individui della progenie per verificarne i polimorfismi, quindi l‟analisi è stata estesa a tutta la popolazione ad oggi disponibile. I prodotti PCR sono stati frazionati tramite elettroforesi capillare (3130 120 genetic analyzer Applied Biosystem), i dati così generati sono stati elaborati utilizzando il software Gene Mapper (Applied Biosystem). Risultati e discussioni L‟analisi, effettuata finora, utilizzando gli 86 primer maggiormente polimorfici, ha interessato il 50% dei marcatori su circa il 70% della popolazione. I risultati, finora ottenuti, evidenziano che il 68% dei genotipi amplificano prodotti PCR con i primer testati. Di questi, 23 primer amplificano da due a otto prodotti PCR, con una media di 6 per coppia di primer: questo risultato va tenuto in considerazione dato che l‟analisi è condotta su una specie ottoploide altamente eterozigote dalla quale ci si aspetta una diversità allelica quattro volte superiore rispetto ad una diploide. Inoltre, alcune coppie di primer sono derivate da geni espressi, molti dei quali sono noti per esistere in cluster anche in genomi diploidi e di conseguenza è plausibile aspettarsi un più alto numero di prodotti di PCR rispetto a quelli teorici per un individuo ottoploide. Lo studio dei picchi allelici ha consentito l‟identificazione di diversi rapporti di segregazione: bb x ab, aa x ab, aa x bb, ab x aa, ab x ab, ab x an, ab x bb, ab x bn, ab x nn, an x ab, an x an, ab x bb, an x bn, and an x nn, dove ad ogni lettera corrisponde una lunghezza allelica e dove con la lettera „n‟ è indicato un allele nullo. L‟elevata percentuale di alleli nulli (circa il 64%) è dovuto all'impiego di SSR sviluppati in specie diverse F. chiloensis e F. x ananassa. Nel complesso, il profilo allelico del clone di F. chiloensisis a frutto bianco è sempre stato più semplice di quello di F. x ananassa (Fig.1). Conclusioni La costruzione di mappe genetiche in specie poliploidi incontra difficoltà pratiche legate essenzialmente all‟origine genetica della specie ed alla ridondanza dei genomi che determinano la ploidia stessa. Nell‟immediato l‟attività prevede l‟analisi della separazione allelica e solo gli alleli monodose verranno impiegati per la costruzione della mappa di linkage. I possibili legami in “coupling” o “repulsion” verranno presi in esame in una fase successiva, seguendo l‟approccio suggerito per il raggiungimento del medesimo obiettivo nella canna da zucchero (Da Silva et al., 1995;. Grivet et al., 1996; Aitken et al., 2005) e applicato anche per fragola ottoploide da Lerceteau et al. (2003) e Rousseau-Gueutin et al. (2008). Bibliografia AITKEN K. S., JACKSON P. A., MCINTYRE C. L., 2005. A combination of AFLP and SSR markers provides extensive map coverage and identification of homo(eo)logous linkage groups in a sugarcane cultivar. Theoretical and Applied Genetics, 110: 789-801. ASHLEY MV., WILK JA., STYAN SMN., CRAFT KJ., JONES KL., FELDHEIM KA., LEWERS KS., ASHMAN TL., 2003. High variability and disomic segregation of microsatellites in octoploid Fragaria virginiana Mill (Rosaceae). Theoretical and Applied Genetics, 107: 1201-1207. DA SILVA J., HONEYCUTT R. J., BURNQUIST W., AL-JANABI S.M., SORRELLS M. E., 1995. Saccharum spontaneum L Ses 208 genetic linkage map combining RFLP-based and PCR-based markers. Molecular Breeding, 1: 165-179. DAVIS T. M., YU H., 1997. A linkage map of the diploid strawberry, Fragaria vesca. Journal of Heredity, 88: 215-221. 121 DENG C., DAVIS TM., 2001. 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Profilo allelico dei due parentali clone di F. chiloensis (sopra) e varietà di F. x ananassa (sotto) Fig. 1. Allelic profile of F. chiloensis (top) and F. x ananassa (bottom). 123 2.18. TRATTAMENTO DELLA PASTA DI OLIVE CON UN METODO AD ULTRASUONI E INFLUENZA SULLA QUALITÀ DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA OTTENUTO DA DUE DIFFERENTI CULTIVAR PUGLIESI (CORATINA E PARANZANA) HIGH-POWER ULTRASOUND IN OLIVE PASTE PRETREATMENT. EFFECT ON VIRGIN OLIVE OIL CHARACTERISTICS OF TWO APULIAN VARIETIES (CORATINA AND PARANZANA) Maria Lisa CLODOVEO1, Domenico LA NOTTE2, Viviana DURANTE1, Giuseppe GAMBACORTA3 1 DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari. 2Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni biotecnologiche per la sicurezza e la valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università di Foggia, via Napoli 25, 71100 Foggia, Italia. 3Dipartimento di Biologia e Chimica Agro Forestale ed Ambientale Università, di Bari Aldo Moro, via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia Riassunto Il mercato delle macchine ed impianti per l‟estrazione dell‟olio vergine dalle olive richiede innovazioni che consentano di incrementare le rese e nel contempo di preservare la qualità dell‟olio presente nel frutto. Nel processo di estrazione dell'olio di oliva è noto che per estrarre un surplus di olio è necessario prolungare i tempi di gramolazione o, in alternativa, incrementare le temperature di processo. Tuttavia tale scelta tecnologica può compromettere la qualità del prodotto soprattutto se lo spazio di testa della gramola non è saturato con gas inerte: possono infatti innescarsi processi di ossidazione a carico degli acidi grassi insaturi con conseguente diminuzione nel contenuto di sostanze polifenoliche e riduzione delle caratteristiche organolettiche e salutistiche del prodotto. La gramola da un punto di vista impiantistico non è uno scambiatore termico efficiente a causa della limitata superficie di scambio tra fluido riscaldante e pasta di olive. Lo scopo di questo lavoro è mostrare i risultati ottenuti impiegando gli ultrasuoni in fase di gramolazione evidenziando gli effetti sulle caratteristiche dell'olio e sulle rese di estrazione. Gli ultrasuoni sono onde meccaniche sonore. L‟applicazione degli ultrasuoni alla pasta di olive determina effetti termici, meccanici, biologici, biochimici e di cavitazione. Le onde penetrando nei tessuti vegetali, cedono parte della loro energia sotto forma di calore (effetto termico). La forza esercitata dalle onde sonore sulle cellule vegetali determina fenomeni di vibrazione delle strutture cellulari che causano variazioni di pressione all‟interno dei compartimenti . Le variazioni di pressione prodotte alterano la permeabilità della membrana cellulare liberando così i lipidi contenuti all‟interno della cellula (effetto biologico e biochimico). Infine il passaggio di ultrasuoni attraverso i tessuti vegetali determina ciclicamente la formazione di onde depressorie e pressorie ad altissima velocità. Durante la prima fase di depressione si ha lo sviluppo di microbolle all‟interno della cellula, mentre durante la fase di compressione si ha l‟implosione delle microbolle. Questo fenomeno fisico è chiamato cavitazione e determina la rottura dei tessuti vegetali (effetto meccanico). Questo evento causa la rottura della membrana cellulare: il grasso contenuto nella cellula si libera dalle forze interne presenti nell‟oliva. L‟applicazione degli ultrasuoni sulla pasta di olive, impiegando drupe sia della cv. Coratina che della cv. Paranzana, ha dimostrato un effetto positivo sulla fase di gramolazione. I tempi di riscaldamento della pasta si riducono e possono essere estratti quantitativi maggiori di sostanze nutrizionali e funzionali, quali clorofille, carotenoidi e tocoferoli. 124 Parole chiave: olio vergine di oliva, gramolazione, ultrasuoni, qualità Abstract A large increase in the demand for high-quality virgin olive oil continuously stimulating the search for new technologies. In olive oil extraction process, is known that to extract greater oil amount longer kneading time at optimal temperature is needed or, alternatively, higher process temperature. However, both high temperature and longtime of malaxation goes in damage of oil quality, oxidation processes are enhanced and losses in sensory characteristics take place. The malaxer is a heat exchanger characterized by a low overall heat transfer coefficient. At industry scale, extra malaxation time is required to reach the optimal paste temperature, usually around 15- 20 minutes for 30°C. The aim of this work is to show the results obtained from experiments carried out, at laboratory scale, applying high-power ultrasounds during the malaxation step and its effect on oil characteristics. High-power ultrasound application on olive paste has shown a positive effect on length of malaxation step. It provides a quick-heating of olive paste without alteration of olive oil composition. Two main mechanisms are involved in the ultrasonic treatment on olives and on olive paste: a thermal effect and a mechanical effect. The thermal effect was due to the attenuation characteristics of the medium. The mechanical effect is due to cavitation or particulate streaming which cause violent movement of the particles of the medium. Sound waves, which have frequencies higher than 20 kHz, are mechanical vibrations in a solid, liquid and gas. Unlike electromagnetic waves, sound waves must travel in a matter and they involve expansion and compression cycles during travel in the medium. Expansion pulls molecules apart and compression pushes them together. The expansion can create bubbles in a liquid and produce negative pressure. The bubbles form, grow and finally collapse. Close to a solid boundary, cavity collapse is asymmetric and produces high-speed jets of liquid that have strong impact on the solid surface and can disrupt biological cell walls. The mechanical effect of ultrasounds promotes the release of soluble compounds from the plant body by disrupting cell walls and improves mass transfer also in the olive tissues. The ultrasound technology provides a reduction of malaxing time improving extractability of oil and its antioxidant content both of Coratina and Paranzana variety. Keywords: virgin olive oil, malaxing, ultrasound, quality Introduzione Il settore dell‟olio di oliva è una realtà molto importante nel comparto agroalimentare italiano. I tre quarti della produzione nazionale si concentra nelle regioni meridionali quali Puglia, Calabria, Sicilia e Campania. La produzione nazionale è in genere di qualità medio-alta e la sua risonanza in termini di immagine a livello internazionale è molto forte. Tuttavia negli ultimi anni il prezzo dell‟olio d‟oliva è notevolmente diminuito: analizzando gli andamenti produttivi degli ultimi 5 anni si rileva un incremento medio della produzione mondiale del 18% per anno. Tale incremento è stato determinato dalla razionalizzazione produttiva nei tradizionali paesi della UE (Spagna, Italia, Grecia), dall‟intensificarsi delle esportazioni di paesi terzi (Tunisia, Turchia) e dall‟emersione di nuovi paesi produttori (Argentina, Australia e Sud). Questo fenomeno ha generato un surplus produttivo. Tale surplus ha condizionato i mercati continuamente al ribasso al di là di ogni considerazione sul valore intrinseco del prodotto e della qualità. Per uscire dalla crisi l‟olivicoltura italiana deve orientarsi verso produzioni di alta gamma che soddisfino le aspettative del consumatore offrendo un prodotto 125 di qualità che si distingua per le caratteristiche organolettiche e salutistiche. In quest‟ottica nasce l'idea di individuare nuove strategie tecnologiche mirate ad incrementare la quantità e la qualità degli oli vergini. Gli ultrasuoni sono già stati applicati con successo su altre matrici alimentari. Il loro impiego si è dimostrato efficace nella disintegrazione delle cellule, nei processi di estrazione di biomolecole, nell‟attivazione o accelerazione di reazioni enzimatiche, nelle operazioni di miscelazione, omogeneizzazione, dispersione di polveri in liquidi. Gli ultrasuoni favoriscono inoltre il degassamento di soluzioni, la disattivazione di enzimi e l‟inattivazione microbica. Il mercato delle macchine ed impianti per l‟industria alimentare è un settore dinamico ed investe energia nello sviluppo di innovazioni impiantistiche in grado di semplificare i processi di trasformazione [1]. La sfida attuale riguarda la fase di gramolazione. Questa fase consiste in un lento rimescolamento della pasta di olive a temperature controllate per tempi che oscillano dai 45 ai 60 minuti a seconda delle caratteristiche della materia prima. Lo scopo della gramolazione è quello di favorire la coalescenza delle minuscole goccioline di olio, liberate dai tessuti vegetali durante la frangitura, in gocce di dimensioni superiori più facilmente separabili durante la successiva fase di centrifugazione [2; 3; 4]. Questa operazione avviene in “batch” ed è l‟unico punto di discontinuità all‟interno di un processo continuo. Per incrementare la capacità lavorativa dell‟impianto, e per consentire alle macchine poste a monte ed a valle della gramola di lavorare in modo continuo, si collocano diverse gramole in parallelo con un aggravio di un investimento impiantistico che si ripercuote sui costi di produzione [5]. Per determinare se il trattamento di sonicazione può ridurre il tempo di gramolazione e migliorare la qualità complessiva del VOO risultante, sono state eseguite prove sperimentali applicando il trattamento di sonicazione [6] alla pasta di olive prima della gramolazione. I risultati di questa ricerca possono portare a significativi progressi tecnologici nella produzione di olio vergine di oliva. Materiali e metodi Materiale vegetale - Olive delle varietà Coratina e Paranzana sono state raccolte in un uliveto nei pressi di Bari (Puglia-Italia) nella stagione 2011/2012. Le drupe sono state raccolte in modo casuale e in fase di maturazione ottimale. La raccolta è stata fatta a mano, utilizzando rastrelli. Le olive sono state messe in contenitori fenestrati da 30 kg e subito trasportate all‟impianto pilota [7]. La figura 1 mostra il diagramma di flusso del piano sperimentale. Apparato ad ultrasuoni - Elmasonic S60H: Frequenza - 35 kHz; volume - 4,25 l; dimensioni 240x137x150 mm – potenza - 150 W. Analisi chimiche - La determinazione dell‟acidità, dei perossidi e dei coefficienti di assorbimento specifico nell‟UV (K270 e K232) sono state effettuate secondo i metodi analitici descritti nel regolamento EEC/2568/91 e successive modifiche ed integrazioni [8; 9]. I contenuti di carotenoidi e di clorofilla sono stati determinati colorimetricamente secondo il metodo di Minguez et al. (1991) [10]. Il contenuto di fenoli totali è stato valutato seguendo la procedura riportata da Montedoro et al. [11]. Il contenuto fenolico totale è stato espresso come mg di equivalenti di acido gallico per kg di olio. I tocoferoli sono stati determinati mediante HPLC secondo il metodo riportato da Psomiadou e altri (2000) [12].,Gli esperimenti sono stati eseguiti in triplicato e i risultati sono stati espressi come media ± SD (deviazione standard). L'analisi statistica è stata effettuata utilizzando il software Microsoft Excel. Differenze significative tra i trattamenti sono stati determinati usando l‟ ANOVA ad una via seguita da'' t-test''. 126 Risultati e discussione La Figura 2 mostra i profili di temperatura della pasta di olive (Paranzana) sottoposta prima a trattamento di sonicazione per diversi intervalli di tempo e successivamente gramolata. I tempi di gramolazione sono stati standardizzati in tutte le prove misurando esattamente 30 minuti a patire dal momento in cui la pasta ha raggiunto i 30°C. Dall‟analisi dei risultati si evince che la temperatura della pasta di olive aumenta all‟aumentare del tempo di sonicazione. Nel campione non trattato (A) la temperatura della pasta di olive misurata dopo frantumazione era di circa 21°C (±0,5). La temperatura della pasta di olive dopo il trattamento di sonicazione era di circa 23°C (± 0,5), 25,5° C (± 0,5 ), 27 ° C (± 0,5), 29 ° C (± 0,5) e 30 ° C (± 0,5) utilizzando 2 (B), 4 (C), 6 (D), 8 (E) e 10 (F) minuti di sonicazione, rispettivamente. I profili di temperatura ottenuti con la cultivar Coratina hanno un andamento simile. Tutti i campioni estratti erano classificabili come oli extra vergine di oliva. Nessuna differenza significativa era attribuibile al trattamento ad ultrasuoni. In generale, carotenoidi, clorofille e tocoferoli aumentano all‟aumentare del tempo di sonicazione (Fig. 3a, 3b e 3d). La cultivar Coratina mostrava un contenuto in clorofille superiore alla Paranzana in quanto le olive avevano un grado di invaiatura inferiore; al contrario il contenuto in carotenoidi risultava superiore nella cultivar Paranzana. I polifenoli, invece, diminuivano all‟aumentare del tempo di sonicazione in entrambe le varietà considerate. Questo effetto era probabilmente dovuto all'azione dell'ossigeno, infatti tale gas agisce sia come cofattore in molte reazioni enzimatiche, sia come promotore di ossidazioni non enzimatiche, e la sua attività ossidativa aumenta all‟aumentare della temperatura. Conclusioni L‟applicazione degli ultrasuoni può migliorare il processo di gramolazione in quanto comporta il riscaldamento della pasta di olive, effetto utile a contrarre i tempi morti della gramolazione. Infatti circa il 30% del tempo totale di gramolazione è impiegato per portare la pasta di olive dalla temperatura ambiente di 15-18°C alla temperatura di processo di 27-32°C. L‟incremento della temperatura si traduce in una riduzione della viscosità della pasta di olive. Sul piano impiantistico la viscosità della pasta rappresenta un termine chiave dell‟efficienza del processo di separazione centrifuga della fase oleosa. Infatti, dopo la gramolazione, l‟olio viene separato dalla sansa e dalle acque di vegetazione per mezzo del decanter. Il processo di separazione si basa sulla legge di Stokes dalla quale si evince che la velocità di sedimentazione di una particella sottoposta ad una forza centrifuga è inversamente proporzionale alla viscosità del fluido. Pertanto al diminuire del valore di viscosità aumenta la velocità di sedimentazione e quindi l‟efficienza del processo di estrazione centrifuga dell‟olio dalle paste di oliva. Attraverso l‟applicazione di questa tecnologia innovativa si può ottenere una riduzione dei tempi di gramolazione e di conseguenza dei costi di investimento. Inoltre, l‟applicazione degli ultrasuoni sulla pasta di olive, impiegando olive sia della cv. Coratina che della cv. Paranzana, ha dimostrato un effetto positivo sulla qualità degli oli estratti: l‟azione meccanica degli ultrasuoni determina quantitativi maggiori di sostanze nutrizionali e funzionali, quali clorofille, carotenoidi e tocoferoli rispetto al metodo tradizionale. Bibliografia [1] AMIRANTE P., CLODOVEO M.L., DUGO G., LEONE A., TAMBORRINO A., 2005. Advance technology in virgin olive oil production from traditional and de-stoned pastes: influence of the introduction of a heat exchanger on oil quality. Food Chemistry, 98: 797805. 127 [2] AMIRANTE R., CATALANO P., 2000. Fluid dynamic analysis of the solid-liquid separation process by centrifugation. Journal of Agricultural Engineering Research, 77 (2): 193-201. [3] AMIRANTE R., CINI E., MONTEL G.L., PASQUALONE A., 2001. Influence of mixing and extraction parameters on virgin olive oil quality. Grasas Aceites, 52: 198-201. [4] AMIRANTE P., CLODOVEO M.L., LEONE A., TAMBORRINO A., 2010. Influence of different centrifugal extraction systems on antioxidant content and stability of virgin olive oil. In: PREEDY V. R. and WATSON R. R. (a cura di). Olives and olive oil in health and disease prevention. Oxford: Academic Press: 85-93. [5] CLODOVEO M.L., 2012. Malaxation: Influence on virgin olive oil quality. Past, present and future - An overview. Trends in Food Science & Technology, 25(1): 13-23. [6] FENG H., BARBOSA-CANOVAS G., WEISS J. (a cura di). 2011. Ultrasound Technologies for Food and Bioprocessing, Springer, Food Engineering Series. [7] CLODOVEO M.L., DELCURATOLO D., GOMES T., COLELLI G., 2007. Effect of different temperatures and storage atmospheres on Coratina olive oil quality, Food Chemistry, 102(3): 571-576. [8] EU REGULATION 2568. 1991. Off J Eur Com, L248: 6-36. [9] EU REGULATION 1989. 2003. Off J Eur Com, L295: 57-77. [10] AMIRANTE P., CLODOVEO M.L., TAMBORRINO A., LEONE A., 2010. Influence of the crushing system: phenol content in virgin olive oil produced from whole and destoned pastes. In: PREEDY V. R. and WATSON R. R. (a cura di). Olives and olive oil in health and disease prevention. Oxford: Academic Press, 2010: 69-76. [11] O'BRIEN W.D. jr, 2007. Ultrasound-biophysics mechanisms. Progress in Biophysics and Molecular Biology, 93(1-3): 212-255. 128 Fig. 1. Diagramma di flusso della prova sperimentale. Fig. 2. Profilo delle temperature della pasta di olive ottenuta impiegando la tecnologia tradizionale (A) e un trattamento ad ultrasuoni prima della gramolazione per tempi crescenti (B, C, D, E, F). 129 a b c d Fig. 3. Variazioni nel contenuto in Carotenoidi totali (mg/kg) (a), Clorofille (mg/kg) (b), Fenoli totali (mg/kg) (c) and Tocoferoli (mg/kg) (d) negli oli vergini di oliva ottenuti impiegando la tecnologia tradizionale (A) e un trattamento ad ultrasuoni prima della gramolazione per tempi crescenti (B, C, D, E, F). 130 2.19. VALORIZZARE I PRODOTTI DELLA BIODIVERSITÀ: IL PACKAGING NELL’ORIENTAMENTO DI ACQUISTO VALORIZE THE PRODUCTS OF BIODIVERSITY: THE PACKAGING IN PURCHASE WILLINGNESS Carlo COSENTINO1*, Rosanna PAOLINO1, Severino ROMANO2, Anna Chiara BLASI1, Pierangelo FRESCHI1 1 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Animali - Università Degli Studi Della Basilicata Viale dell‟Ateneo lucano, 10 - 85100 Potenza 2 Dipartimento Tecnico-Economico Gestione Territorio - Università Degli Studi Della Basilicata - Viale dell‟Ateneo lucano, 10 - 85100 Potenza * Autore corrispondente: [email protected] Riassunto Il presente lavoro ha valutato in una crema viso prodotta con latte di asina l‟influenza del packaging sulle scelte del consumatore. La ricerca è stata condotta su un focus group di 300 persone (48% uomini e 52% donne) a cui è stata somministrata una scheda valutativa composta da 10 domande suddivise in quattro aree in cui erano valutati i seguenti aspetti: profilo del consumatore e abitudini di consumo; percezione del prodotto; percezione della carta di confezionamento; percezione degli elementi comunicativi. Il panel ha valutato separatamente prima tre packaging differenti per tipo di carta da confezione (opaca, lucida, lucida con trama in rilievo) e, successivamente, tre packaging differenti per l‟informazione: A) solo naming Asinella; B) naming Asinella più dicitura prodotto naturale; C) naming Asinella più dicitura prodotto naturale più Made in Basilicata. Per il prodotto confezionato in carta opaca si è evidenziata una propensione all‟acquisto (4,1) significativamente più elevata (P<0,05) rispetto agli altri due imballaggi (2,56 e 2,94, rispettivamente per la carta lucida e lucida con trama in rilievo). Inoltre, il packaging B ha invogliato maggiormente all‟acquisto (4,09; P<0,05) e ha fatto percepire il prodotto come più affidabile (3,89; P<0,05). Parole chiave: latte di asina, packaging, naming, cosmetici Abstract The present study evaluated the role of packaging on customer preferences on a face cream produced with jennet milk. The research was conducted by survey on a panel of 300 persons (48% men and 52% women). Panel evaluated the effect of two aspects of packaging design on purchase willingness: type of paper (matte, glossy, and glossy with relief texture); type of product communication (A only naming Asinella, B Asinella and wording natural product, C Asinella and wording natural product and Made in Basilicata). Panel showed the highest purchase willingness (4.1, P<0.05) toward product packaged with matte paper (2.56 and 2.94 in glossy and in glossy with relief texture, respectively). Furthermore, type B was elected as the most compelling information that determines more buy willingness (4.09; P<0,05) and that inspires greater reliability of product (3.89; P<0,05). Keywords: jenny milk, packaging, naming, cosmetics 131 Introduzione Il presente lavoro è stato sviluppato nell‟ambito di una più ampia ricerca finalizzata alla salvaguardardia della specie asinina attraverso la valorizzazione del latte come alimento e come materia prima nella produzione di cosmetici (Cosentino et al., 2011, 2012a). I cosmetici derivati dal latte d‟asina prevengono l‟invecchiamento contrastano la disidratazione e la perdita di elasticità della cute soprattutto nelle parti più esposte del corpo (Orsingher, 2011). Altre proprietà del latte d‟asina sono ascrivibili al suo elevato contenuto in lisozima, che attenua gli stati flogistici della cute, e all‟azione antiossidante degli acidi grassi in esso contenuti, capaci di ripristinare e proteggere le membrane delle cellule cutanee (Polidori et al., 2007, 2008a; Tesse et al., 2009; Paolino et al., 2011; Simos et al., 2011; Cosentino et al., 2012b). D‟altro canto, anche l‟industria cosmetica, così come accaduto per quella alimentare, negli ultimi anni sta subendo un‟evidente modifica strutturale suggerita da una quota crescente di consumatori che sceglie prodotti realizzati con processi/sostanze naturali (Power, 2010; Khraim, 2011). La domanda di cosmetici naturali si concentra prevalentemente nel Nord-America ed in Europa. I consumatori, di questo segmento definiti Lohas (Lifestyle of Health and Sustainability), hanno un livello di istruzione medio-alto, forte propensione all‟acquisto e preferenza per prodotti naturali e di basso impatto ambientale. Per questi consumatori risulta fondamentale il packaging che, espressione del concetto di marchio e delle caratteristiche del prodotto, ha un impatto diretto sugli acquisti. La funzione del packaging è di esaltare le qualità, trasmettere l‟informazione del prodotto, facilitare l‟uso, il trasporto, promuovere l‟acquisto, aumentarne il valore aggiunto (Taskin et al., 2011; Qing et al., 2012). La commercializzazione di prodotti cosmetici a base di latte di asina, congiuntamente ad un valido packaging e ad azioni di marketing in grado di esaltare la qualità anche in funzione del suo contesto produttivo, potrebbe contribuire a valorizzare questa specie e a salvaguardare la conservazione dei diversi tipi genetici asinini. Il presente lavoro ha valutato, in una crema viso prodotta con latte di asina, l‟influenza del packaging sulle scelte del consumatore. Materiali e metodi Panel - Il panel è stato selezionato inviando un questionario a 3400 persone che dovevano indicare il numero di confezioni acquistate in un anno dei seguenti cosmetici: crema viso, crema corpo, crema mani, crema idratante per labbra, crema doposole o crema solare. Gli intervistati che hanno acquistato, di tutti i prodotti sopra riportati, almeno 2 confezioni in un anno sono stati selezionati come focus group. Nello specifico, nel panel, il numero medio di acquisti per prodotto/anno è risultato: crema viso 3,21; crema corpo 2,9, crema mani 3,29, crema idratante labbra 2,76, crema solare 2,83. Sono state così selezionate 300 persone. Il panel costituto per il 48% da uomini e per il 52% da donne, aveva un‟età media di 33 anni (± 11,14 d.s.). Naming - La funzione comunicativa del packaging è sostenuta dagli elementi iconici e testuali rappresentati dal logotipo e dal naming di prodotto. Il logotipo è stato sviluppato partendo dagli elementi più rappresentativi del prodotto, esprimendo la “delicatezza” associata al latte d‟asina con uno specifico schema cromatico basato su un morbido tono di marrone, e rafforzando il concetto di “naturalezza” preferendo a un‟iconografia concettuale e astratta (che dà l‟idea di “artificiale”), la rappresentazione diretta della fonte del prodotto: l‟asino. Il naming Asinella, sebbene individuato come miglior scelta anche dagli allevatori, è stato tuttavia sottoposto a un test su 50 soggetti rappresentanti il consumatore-tipo. Il panel ha individuato il naming esprimendo la preferenza fra una terna di nomi commerciali reputati idonei (Asinus, Asinella, Donkey). 132 Test - Il questionario somministrato è stato sudiviso nelle seguenti aree di analisi: I) profilo del consumatore e abitudini di consumo; II) percezione del prodotto; III) percezione della carta di confezionamento; IV) percezione del packaging. Le domande delle aree I e II hanno consentito di individuare il profilo del consumatore e i suoi orientamenti rispetto alla provenienza geografica e ad altre informazioni riportate nel packaging del prodotto. Nell‟area III abbiamo esaminato l‟effetto di tre tipologie di packaging (carta da imballaggio) sulle scelte del consumatore e sulla percezione di “naturale” del prodotto. Le domande dell‟area IV hanno permesso di verificare tutti gli aspetti comunicativi delle tre proposte oggetto del test: A) solo naming Asinella; B) naming Asinella più dicitura prodotto naturale; C) naming Asinella più dicitura prodotto naturale più Made in Basilicata. Il questionario è stato pre-validato attraverso un pilot test su un panel di 15 persone. I risultati relativi alle risposte multiple delle prime due aree del formulario, percezione e orientamento all‟acquisto di un prodotto, che hanno un carattere esclusivamente descrittivo sono riportati in forma di semplice incidenza percentuale. Le domande a risposta multipla in cui si articolano le aree II, III e IV sono riportate come didascalia nei grafici 1-3. Analisi statistica - I dati relativi alle aree “percezione della carta di imballaggio” e “percezione del packaging” sono stati sottoposti al test di Turkey (α = 0,05). Risultati Percezione del prodotto - Si è evidenziata una propensione all‟acquisto per i cosmetici italiani a base di sostanze naturali, con una chiara informazione sulla etichetta. In particolare, il panel ha espresso un elevato grado di preferenza per i cosmetici naturali rispetto a quelli ordinari (64 %, grafico 1-A) e per i cosmetici italiani rispetto a quelli internazionali (55%, grafico 1-B). Inoltre, il panel ha considerato importante la chiarezza dell‟informazione riportata sull‟etichetta (91%, grafico 1-C) e il tipo di confezione (43%, grafico 1-D). Percezione della carta da „imballaggio‟- La carta opaca è risultata significativamente la più gradita (P<0,05) in quanto, secondo il panel, evoca la percezione di “naturale” più efficacemente della carta lucida (simile ai competitor) e della carta lucida e con trama in rilievo (grafico 2). Conseguentemente, la propensione all‟acquisto per la confezione in carta opaca (4,1) è risultata significativamente più elevata (P<0.05) rispetto a quella per gli altri due imballaggi (2.56 carta lucida e 2.94 carta lucida con trama in rilievo, grafico 2). Percezione del packaging - In questa sezione il panel ha giudicato il messaggio della tipologia B più „convincente‟ sull‟acquisto (4,09, P<0,05) e sull‟affidabilità del prodotto (3,89, P<0,05) (grafico 3). Conclusioni La tipicità di un prodotto si riferisce a caratteristiche qualitative che traggono origine dal legame che esso ha con il territorio; tale legame diventa elemento determinante per la sua differenziazione da altri prodotti, con la possibilità di conferire allo stesso una posizione di vantaggio competitivo sul mercato. È anche vero però, che un‟eccessiva presenza di prodotti tipici provenienti da una stessa area o regione, si può tradurre per il consumatore in un messaggio non chiaro circa il legame tra prodotto e territorio. Diventa quindi necessario governare il sistema delle produzioni tipiche in modo tale che tipologia di prodotto e regione di origine siano tra loro coerenti (Polidori et al., 2008b). In questo ambito risulta evidente come “un‟appropriata comunicazione collettiva su una determinata regione come luogo della 133 tipicità potrebbe costituire un‟importante base per il processo di costruzione/ricostruzione dell‟immagine dei singoli territori e della promessa di qualità che essi portano” (Rocchi et al., 2006). Dal lavoro svolto emerge che anche per i prodotti onocosmetici naturali le scelte del consumatore sono significativamente influenzate dal packaging che, nello specifico, era orientato a esaltare il concetto di un prodotto naturale realizzato con processi a basso impatto in una regione, la Basilicata, in cui le attività agricole e zootecniche estensive rappresentano ancora un importante uso della risorsa terra. Tuttavia, nel presente lavoro il naming “Made in Basilicata” non ha influenzato in maniera significativa l‟accettabilità del campione sottoposto all‟indagine. Tale fatto probabilmente è attribuibile alla scarsa notorietà della regione e del proprio territorio presso i consumatori. Probabilmente il brand “Made in Basilicata” non è ancora percepito come rappresentativo di un territorio incontaminato, naturale e direttamente collegabile alla salubrità e naturalezza di un prodotto, come quello oggetto di studio, che su tali qualità fonda la propria posizione di vantaggio competitivo. Si pone, quindi, alle istituzioni un problema di governance per una efficiente utilizzazione delle differenti forme di certificazione e comunicazione. Pertanto, ulteriori prove dovranno valutare come apportare un plusvalore al prodotto derivante dall‟indicazione dell‟area geografica di produzione. Bibliografia COSENTINO C., VALENTINI V., FRESCHI P., PAOLINO R., 2011. Il latte di asina nella cosmesi. Indagine conoscitiva tra innovazione e tradizione. Cosmetic Technology, 14 (3): 21-24. COSENTINO C., PAOLINO R., FRESCHI P., CALLUSO A. M., 2012a. Jenny milk production and qualitative characteristics. Journal of Dairy Science, 95 (6): 2910-2915. COSENTINO, C., PAOLINO, R., 2012b. Il latte di Asina uno stabilizzante naturale per i formaggi a pasta dura. Puntare su allevamenti. ALSIA „Agrifoglio‟, 41: 32-33. KHRAIM H. S., 2011. The influence of brand loyalty on cosmetics buying behavior of UAE female consumers. Inter. J. of Marketing Studies, 3 (2): 123-133. ORSINGHER A., 2011. Latte di asina, elisir di lunga vita per la pelle. In: Fondazione iniziative zooprofilattiche e zootecniche (ed). Latte di asina produzione, caratteristiche e gestione dell‟azienda asinina (Brescia), 82: 227-237. PAOLINO R., COSENTINO C., 2011. Andamento qualitativo e attività antiossidante del latte di asine derivate Martina Franca a diversi stadi di lattazione. Scienza e Tecnica LattieroCasearia, 62 (6): 455-459. POLIDORI P., BEGHELLI D., MARIANI P., VINCENZETTI S., 2008a. Donkey milk production: state of the art. Italian Journal of Animal Science, 8(2): 677-683. POLIDORI R., MARANGON F., ROMANO S., 2008b. 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B Preferisco i prodotti cosmetici italiani ai prodotti cosmetici internazionali A Preferisco i prodotti cosmetici naturali ai prodotti cosmetici ordinari 7% 12% 29% 34% 64% C Preferisco i prodotti cosmetici con un'etichetta che mi informi in modo chiaro sul loro contenuto 54% D La confezione di un prodotto cosmetico incide sulla mia preferenza d'acquisto 16% 6% 3% 43% 91% molto 41% poco 135 non so Graf. 2. Area III, Percezione della carta. Graph. 2. Area III, Perception of paper type. 5 4 4 3 3 2 2 1 1 0 a b a b La tipologia di carta aggiunge valore al concetto di "prodotto naturale" opaca lucida b b La tipologia di carta influenza la propensione all'acquisto lucida e con trama in rilievo *A lettere diverse corrispondono differenze statisticamente significative (P<0.05) Graf. 3. Area IV, Percezione del packaging. Graph. 3. Area IV, Perception of packaging. 5 4 4 3 3 2 2 1 1 0 a b b a L'informazione della confezione invoglia maggiormente all'acquisto Packaging A b b L'informazione della confezione riporta elementi sufficienti a risultare affidabile Packaging B Packaging C *A lettere diverse corrispondono differenze statisticamente significative (P<0.05) 136 2.20. EFFETTO DI DIFFERENTI PRATICHE AGRICOLE SULLA CAPACITÀ ANTIOSSIDANTE TOTALE IN DUE VARIETÀ DI INSALATA EFFECT OF DIFFERENT AGRICULTURAL PRACTICES ON TOTAL ANTIOXIDANT CAPACITY IN TWO VARIETIES OF SALAD Maria Stella FODDAI1*, Irene BAIAMONTE1, Nicoletta NARDO1, Federica INTORRE1, Sandra DI FERDINANDO2, Giuseppe MAIANI1, Flavio PAOLETTI1 1 Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, via Ardeatina 546, 00178 Roma 2 Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio, Via R. Lanciani 38, 00162 Roma *Autore corrispondente: [email protected] Riassunto La qualità nutrizionale di un alimento è influenzata da numerosi fattori, quali le condizioni pedoclimatiche, le differenze genotipiche, le pratiche agricole, il grado di maturazione, l‟esposizione alla luce del sole. L‟obiettivo del nostro lavoro di ricerca è quello di studiare la variazione della qualità nutrizionale in due varietà di insalata, lattuga romana (Lactuca sativa var. longifolia cv Integral) e lattuga foglia di quercia (Lactuca sativa var. capitata cv Naturel), provenienti da due aziende site nella regione Lazio, una con i campi di coltivazione in conversione da convenzionale a biologico (tesi A) e l‟altra da biologico a biodinamico (tesi B) con trattamenti di varia formulazione o senza trattamenti. Questo lavoro nasce da un progetto di ricerca della durata triennale sulla “Valutazione di schemi di conversione all‟agricoltura biologica e biodinamica in aziende tipo della Regione Lazio”, finanziato e coordinato dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio, e si trova nella seconda annualità progettuale. Come indice di qualità nutrizionale è stato scelto di valutare la capacità antiossidante totale (TAC), parametro che indica l‟azione sinergica tra gli antiossidanti presenti nell‟alimento. Le due varietà di insalata sono state analizzate con due diversi metodi analitici, il FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) ed il TEAC (Trolox Equivalent Antioxidant Capacity). I risultati ottenuti dalla tesi A mostrano che la TAC, misurata con entrambi i metodi, è significativamente maggiore (P<0.05) a favore del prodotto biologico rispetto al convenzionale per entrambe le varietà di insalata. Inoltre, per il biologico, la lattuga romana presenta valori medi di FRAP significativamente maggiori (P<0.05) rispetto alla lattuga foglia di quercia (4.55 mmol Fe2+/kg vs 4.19 mmol Fe2+/kg); il contrario si verifica con il convenzionale, dove la lattuga foglia di quercia presenta valori medi di FRAP significativamente maggiori (P<0.05) rispetto alla lattuga romana (2.14 mmol Fe2+/kg vs 1.90 mmol Fe2+/kg). Lo stesso andamento si osserva per il TEAC. Per quanto concerne il confronto delle insalate del campo con la tesi B (biologico vs biodinamico con o senza trattamenti), le due varietà di lattuga si comportano in modo diverso. La lattuga romana ottenuta dalla coltivazione biodinamica trattata ha un valore di TAC significativamente maggiore (P<0.05) della lattuga coltivata con tecnica sia biologica che biodinamica non trattata, con valori medi di FRAP di 2.15 mmol Fe2+/kg, 1.89 mmol Fe2+/kg e 1.72 mmol Fe2+/kg; per la lattuga varietà foglia di quercia differenze significative (P<0.05) si osservano fra il prodotto biologico e biodinamico trattato e il prodotto biodinamico non trattato con valori medi di FRAP rispettivamente di 3.62 mmol Fe2+/kg, 3.20 mmol Fe2+/kg e 3.16 mmol Fe2+/kg. Il confronto fra le due varietà della tesi B mostra un valore della TAC significativamente maggiore a favore della varietà foglia di quercia verso la varietà romana 137 per tutte le pratiche agricole. In conclusione i risultati ottenuti sia per la tesi A che per la tesi B, anche se preliminari, dimostrano che, malgrado le simili condizioni pedoclimatiche e la stessa area geografica di produzione, la pratica agricola influenza la qualità nutrizionale. Parole chiave: pratiche agricole, lattuga, capacità antiossidante totale Abstract The nutritional quality of food is influenced by many factors, such as pedo-climatic conditions, genetic differences, agricultural practices, degree of maturation, exposure to sunlight. The aim of our research is to study the variation of the nutritional quality of two varieties of lettuce, romaine lettuce (Lactuca sativa var. longifolia cv Integral) and oak leaf lettuce (Lactuca sativa var. capitata cv Naturel), coming from two farms in the Lazio region, one having growing fields in conversion from conventional to organic (thesis A) and the other from organic to biodynamic (thesis B), the latter following two types of manuring, with or without treatments. This work belongs to a three-year research project on "Evaluation of patterns of conversion to organic and biodynamic farms in the Lazio Region", funded and coordinated by the Regional Agency for the Development and the Innovation of the Agriculture of Lazio, and it is in the second year. As index of nutritional quality, it was evaluated the total antioxidant capacity (TAC), which indicates the synergistic action of antioxidants in the food matrix. The two varieties of lettuce were analyzed by two different analytical methods, FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) and TEAC (Trolox Equivalent Antioxidant Capacity). The results obtained from the thesis A show that the TAC values, measured by both methods, are significantly higher (P<0.05) in the organic product compared to the conventional one for both varieties of lettuce. Moreover, the organic romaine lettuce has significantly higher mean values (P<0.05) of FRAP respect to oak leaf lettuce (4.55 mmol Fe2+/kg vs 4.19 mmol Fe2+/kg); on the contrary the conventional oak leaf lettuce has mean FRAP values significantly higher (P<0.05) than romaine lettuce (2.14 mmol Fe2+/kg vs 1.90 mmol Fe2+/kg). The same trend is observed for TEAC values. Regarding the thesis B (organic vs biodynamic with or without treatments), the two varieties of lettuce present a different trend. The treated biodynamic romaine lettuce has TAC values significantly (P<0.05) higher than organic and not treated biodynamic one, with mean FRAP values of 2.15 mmol Fe2+/kg, 1.89 mmol Fe2+/kg and 1.72 mmol Fe2+/kg; for oak leaf lettuce significant (P<0.05) differences are observed between both the organic and the treated biodynamic product and the untreated biodynamic product, with mean FRAP values of 3.62 mmol Fe2+/kg, 3.20 mmol Fe2+/kg and 3.16 mmol Fe2+/kg respectively. The comparison between the two varieties of the thesis B shows a significantly higher values of the TAC for the oak leaf lettuce for all agricultural practices. In conclusion, these preliminary results show that, despite similar pedo-climatic conditions and the same geographical area of production, the agricultural practices affect the nutritional quality of food. Keywords: agricultural practices, lettuce, total antioxidant capacity Introduzione La qualità nutrizionale di un alimento è influenzata da numerosi fattori, quali le condizioni pedoclimatiche, le differenze genotipiche, le pratiche agricole, il grado di maturazione, l‟esposizione alla luce del sole. Come parametro di qualità nutrizionale è stato scelto di valutare la capacità antiossidante totale (TAC), che considera l‟azione cumulativa e sinergica 138 di tutti gli antiossidanti presenti nella matrice, fornendo un parametro completo piuttosto che la semplice somma dei singoli antiossidanti. L‟obiettivo di questo studio è quello di valutare la variazione della TAC in due varietà di insalata, lattuga romana (Lactuca sativa var. longifolia cv Integral) e lattuga foglia di quercia (Lactuca sativa var. capitata cv Naturel), provenienti da due aziende site nella regione Lazio, una con i campi di coltivazione in conversione da convenzionale a biologico (tesi A) e l‟altra da biologico a biodinamico (tesi B). Questo lavoro nasce da un progetto di ricerca della durata triennale sulla “Valutazione di schemi di conversione all‟agricoltura biologica e biodinamica in aziende tipo della Regione Lazio”, finanziato e coordinato dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio, e si trova nella seconda annualità progettuale. Materiali e metodi Campionamento del materiale vegetale - Per la tesi A (campo in conversione da convenzionale a biologico), i campioni di lattuga romana e di lattuga foglia di quercia sono stati forniti dall‟azienda Rattoniz. Per la tesi B (campo in conversione da biologico a biodinamico), i campioni di lattuga romana e lattuga foglia di quercia sono stati forniti dall‟azienda Agricoltura Nuova. In questo campo sono previste due modalità di applicazione del metodo biodinamico, una che prevede dei trattamenti dati sotto forma di preparati: fertilizzazione con 500p (corno letame), 501 (corno silice), compost e miscela multifloreale Arcoiris; l‟altra modalità senza trattamenti utilizza solo il compost e la miscela multifloreale Arcoiris. Determinazione della Capacità Antiossidante Totale (TAC) - Le insalate sono state campionate ed omogeneizzate al fine di procedere all‟estrazione in triplicato degli antiossidanti idrosolubili e liposolubili secondo la metodica descritta da Pellegrini et al. (2003). La Capacità Antiossidante Totale (TAC) dei campioni è stata valutata mediante il metodo FRAP (Ferric Reducing Antioxidant Power) (Benzie e Strain, 1996) ed il metodo TEAC (Trolox Antioxidant Capacity) (Re et al., 1999). Il metodo FRAP si basa sulla capacità degli antiossidanti di ridurre un complesso incolore tripiridilitriazinico ferrico (TPTZ-Fe3+) nella sua forma ferrosa di intenso colore blu (TPTZFe2+). Questa reazione è seguita spettrofotometricamente a 593 nm. La variazione di assorbanza è proporzionale al potere riducente degli antiossidanti presenti nella soluzione. Il metodo TEAC si basa sulla capacità delle molecole antiossidanti di catturare radicali liberi; viene utilizzato il radicale ABTS•+, un cromoforo verde-blu con assorbimento caratteristico a 734 nm. L‟aggiunta di antiossidanti al radicale cationico preformato comporta la sua riduzione a ABTS, determinando una decolorazione che può essere misurata spettrofotometricamente e che è proporzionale alla presenza di antiossidanti nel campione (Re et al., 1999). Analisi statistica - I valori sono presentati come valori medi±deviazione standard (n=6). Le differenze tra le pratiche agricole e tra le due varietà di lattuga sono state testate mediante il ttest di Student. P<0.05 è il livello di significatività usato. Risultati e discussione Nella Tab. 1 sono riportati i valori di FRAP e TEAC (mediadeviazione standard) per la tesi A. I risultati mostrano che la TAC misurata sia con il metodo FRAP che con il metodo TEAC è significativamente (P<0.05) maggiore a favore del prodotto biologico rispetto al prodotto convenzionale per entrambe le varietà di insalata. Inoltre per il prodotto biologico, la lattuga romana presenta valori significativamente maggiori di FRAP rispetto alla lattuga foglia di 139 quercia; il contrario si verifica invece con il prodotto convenzionale. Anche nel caso del metodo TEAC si osserva lo stesso andamento. Nella Tab. 2 sono riportati i valori di FRAP e TEAC (mediadeviazione standard) per la tesi B. I risultati mostrano che le due varietà di insalata si comportano in modo diverso. La lattuga romana ottenuta dalla coltivazione biodinamica trattata ha un valore della TAC misurata sia con il metodo FRAP che con il metodo TEAC significativamente maggiore della lattuga romana coltivata con tecnica sia biologica che biodinamica non trattata, mentre per la lattuga foglia di quercia differenze significative si osservano fra il prodotto biologico e biodinamico trattato e il prodotto biodinamico non trattato. Il confronto delle due varietà mostra un valore della TAC significativamente maggiore a favore della varietà foglia di quercia verso la varietà romana per tutte le pratiche agricole. Conclusioni I risultati ottenuti sia per la tesi A che per la tesi B anche se preliminari, dimostrano che malgrado le simili condizioni pedoclimatiche e la stessa area geografica di produzione, la pratica agricola influenza la qualità nutrizionale. Bibliografia PELLEGRINI N., SERAFINI M., COLOMBI B., DEL RIO D., SALVATORE S., BIANCHI M., BRIGHENTI F., 2003. Total antioxidant capacity of plant foods, beverages and oils consumed in Italy assessed by three different in vitro assays. Journal of Nutrition, 133 (9): 2812-2819. BENZIE I.F.F., STRAIN J.J., 1996. The ferric reducing ability of plasma (FRAP) as a measure of “antioxidant power”: The FRAP assay. Analytical Biochemistry, 239: 70-76. RE R., PELLEGRINI N., PROTTEGENTE A., PANNALA A., YANG M., RICE-EVANS C., 1999. Antioxidant activity applying an improved abts radical cation decolorization assay. Free Radical Biology & Medicine, 26: 1231-1237. 140 Tab. 1. Valori medi e deviazione standard della capacità antiossidante totale: confronto tra varietà e tra pratiche agricole (Tesi A) Analisi statistica: t-test. Apici diversi nella stessa riga indicano differenze significative (P<0.05) Tab. 1. Mean values and standard deviation of total antioxidant capacity: comparison between varieties and between agricultural practices (Thesis A). Statistical analysis: Student t-test. Different superscript letters in the same row indicate statistically significant differences (P<0.05). Varietà Lattuga romana Foglia di quercia P Lattuga romana Foglia di quercia P Biologica FRAP (mmol Fe2+/kg) 4.55 0.24a 4.19 0.15c < 0.05 TEAC (mmol Trolox/kg) 2.65 0.08a 2.16 0.10c <0.05 Convenzionale 1.90 0.08b 2.14 0.09d < 0.05 1.49 0.05b 1.76 0.08d <0.05 Tab. 2. Valori medi e deviazione standard della capacità antiossidante totale: confronto tra varietà e tra pratiche agricole. (tesi B) Analisi statistica: t-test. Apici diversi nella stessa riga indicano differenze significative (P<0.05) Tab. 2. Mean values and standard deviation of total antioxidant capacity: comparison between varieties and among agricultural practices (thesis B). Statistical analysis: Student t-test. Different superscript letters in the same row indicate statistically significant differences (P<0.05). Varietà Lattuga romana Foglia di quercia P Lattuga romana Foglia di quercia P Biologica Biodinamica trattata FRAP (mmol Fe2+/kg) 1.89 0.15a 2.15 0.09b c 3.62 0.20 3.20 0.18d <0.05 <0.05 TEAC (mmol Trolox/kg) 1.04 0.10a 1.30 0.10b 1.64 0.08c 1.68 0.14d <0.05 <0.05 141 Biodinamica non trattata 1.72 0.25a 3.16 0.16d <0.05 1.03 0.09a 1.82 0.06d <0.05 2.21. VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ VITICOLA: CARATTERIZZAZIONE AGRONOMICA ED ENOLOGICA DI ALCUNI VITIGNI AUTOCTONI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA EXPLOITATION OF THE GRAPEVINE BIODIVERSITY: AGRONOMIC AND OENOLOGICAL CHARACTERIZATION OF SOME AUTOCHTHONOUS GRAPEVINE VARIETIES FROM FRIULI VENEZIA GIULIA Massimo GARDIMAN, Mirella GIUST, Marina NIERO, Annarita PANIGHEL, Fabiola DE MARCHI, Mirko DE ROSSO, Antonio DALLA VEDOVA, Riccardo FLAMINI Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per la viticoltura (CRA-VIT). Viale XXVIII aprile, 26 Conegliano (TV), [email protected] Riassunto Il mantenimento della biodiversità viticola va perseguito, oltre che attraverso la conservazione ex situ del germoplasma nelle collezioni ampelografiche, anche con la valorizzazione dei vitigni autoctoni che nell‟evoluzione della viticoltura sono stati soppiantati dalla diffusione di quelli internazionali, purché dotati di buone potenzialità enologiche. La coltivazione di queste varietà può rappresentare fonte di ottime opportunità di valorizzazione economica, storica e culturale di prodotti tradizionali legati al territorio. Con questo obiettivo sono state approfondire le conoscenze sulle potenzialità viticole ed enologiche di cinque varietà autoctone e di antica coltivazione, caratteristiche del patrimonio viticolo friulano: Cividin e Sagrestana a bacca bianca, Cjanorie, Fumat e Pignolo a bacca nera. Ciascuno dei cinque vitigni è stato seguito per un triennio (2008-2010). Sono stati effettuati i rilievi delle epoche fenologiche di germogliamento, fioritura, invaiatura e maturazione, dei principali parametri produttivi del vigneto (fertilità, produzione uva per ceppo, peso medio grappolo ed acino, peso legno potatura) e dell‟uva alla raccolta (zuccheri, acidità, pH, acido tartarico ed acido malico, indici di antociani totali ed estraibili). Nelle bucce sono stati determinati i profili degli acidi idrossicinnamiltartarici e dei flavonoli, e gli indici di flavonoidi e di antociani totali. Inoltre, negli estratti delle varietà a bacca rossa sono stati determinati i profili degli antociani delle bucce, e su tutti i campioni i flavan-3-oli monomeri e l‟indice di polifenoli totali dei vinaccioli. L'uva raccolta è stata sottoposta a micro vinificazione seguendo un protocollo standardizzato e sui vini ottenuti sono state effettuate le analisi chimico-fisiche dei principali parametri enologici e sono stati determinati i profili organolettici, mediante degustazione svolta da panel di assaggiatori addestrati. L‟analisi complessiva dei dati rilevati sulle cinque varietà durante il triennio ha permesso di effettuare una dettagliata valutazione del loro comportamento vegeto-produttivo e di approfondirne la caratterizzazione qualitativa dell‟uva. Sostanzialmente tutte le varietà allo studio si sono dimostrate in grado di fornire interessanti prodotti da un punto di vista dei principali parametri analitici ed alla degustazione. Parole chiave: vitis, germoplasma, vino Abstract The grapevine biodiversity protection should be fostered not only through the ex-situ conservation in germplasm collections, but also through the exploitation of old and neglected local varieties that, during the evolution of viticulture, have been replaced by international ones. Furthermore, the diffusion of typical products, historically and culturally related to the 142 territory, can be a source of great economic opportunities. This work had the main goal to deepen the knowledge on viticultural and wine-making potential of five native varieties part of the wine heritage of Friuli Venezia Giulia: Cividin and Sagrestana (white), Cjanorie, Fumat and Pignolo (red). Each of the five varieties was followed for three years (2008-2010). Main phenological stages (budbreak, flowering, veraison and ripening) and productive characters (bud fertility, yield per vine, average cluster and berry weight, weight of pruning wood, were recorded. The main parameters of the berry at the harvest were assessed: sugar, acidity, pH, tartaric and malic acids, total and extractable anthocyanin indexes. Hydroxycinnamyltartaric acid and flavonol profiles and total flavonoid and anthocyanin contents of skins, were determined. The anthocyanin profile of red grapes, was studied. Moreover, the seeds flavan-3-ol monomers content and total polyphenols were determined in all samples. The corresponding wines were produced by performing standard microvinification techniques. The main oenological parameters of wines were determined, and sensory analysis was performed by a trained panel. The data collected allowed detailed assessment of the vegetative and productive behavior, and to perform qualitative characterization of the grape. All the varieties studied showed interesting oenological characteristics. Keywords : vitis, germplasm, wine Introduzione Il mantenimento della biodiversità viticola deve essere perseguito, oltre che attraverso la conservazione ex situ del germoplasma nelle collezioni ampelografiche, anche con la valorizzazione dei vitigni autoctoni, purché dotati di buone potenzialità enologiche, che nell‟evoluzione della viticoltura sono stati relegati in secondo piano. La coltivazione di queste varietà può rappresentare fonte di ottime opportunità di valorizzazione economica, storica e culturale di prodotti tradizionali strettamente legati al territorio. Nell‟ambito delle attività previste dal “Progetto per l‟attuazione delle attività contenute nel programma per la conservazione, caratterizzazione, uso e valorizzazione delle risorse genetiche vegetali per l‟alimentazione e l‟agricoltura” (RGV-FAO), è stata condotta una ricerca su alcuni vitigni autoctoni e di antica coltivazione nella regione Friuli Venezia Giulia: Cividin e Sagrestana a bacca bianca, Cjanorie, Fumat e Pignolo a bacca nera. Queste varietà nel passato erano relativamente diffuse ed apprezzate, ma nel corso del tempo la loro area di coltivazione si è progressivamente ridotta principalmente a causa della loro scarsa resistenza alla fitopatie (in particolare per quanto riguarda il Cividin nei confronti dell‟oidio) ed alla grande diffusione dei vitigni “internazionali” (Marzotto, 1923; Calò e Costacurta, 1991; Costantini et al., 1997; De Zan et al., 2009). Alcuni di questi vitigni sono già iscritti al Registo Nazionale delle Varietà di Vite (Pignolo dal 1977, Cividin e Cjanorie dal 2006) ma sono coltivati su superfici molto ridotte, anche se recentemente alcune aziende vitivinicole hanno iniziato ad utilizzarli ed impiegarli in produzioni enologiche singolari ed apprezzate. L‟obiettivo di questa ricerca è l‟approfondimento delle conoscenze sulle potenzialità viticole ed enologiche di questi cinque interessanti vitigni, caratteristici del patrimonio viticolo friulano, al fine di una loro maggiore valorizzazione e diffusione in coltura. Materiali e metodi Tutti i vitigni sono stati valutati presso la collezione dell‟Azienda Pantianicco dell‟ERSA, a Beano di Codroipo (UD). La località è situata in pianura, 65 m s.l.m., il terreno è ricco di scheletro, e la forma di allevamento delle viti è a “Guyot”. Durante le annate 2008, 2009 e 143 2010 per ciascun vitigno sono stati effettuati i rilievi delle epoche fenologiche, dei principali parametri produttivi quantitativi e qualitativi della bacca alla raccolta. In particolare durante la stagione vegetativa sono state rilevate le principali fasi fenologiche (Lorenz et al., 1994): germogliamento (BBCH 08), fioritura (BBCH 65), invaiatura (BBCH 83) e maturazione (BBCH 89). Per la caratterizzazione produttiva sono state rilevate la fertilità reale, potenziale e quella delle prime tre gemme basali, il peso medio di uva per ceppo ed peso medio di grappolo ed acino. Sul mosto fiore alla raccolta sono stati determinati contenuto in zuccheri (Brix), acidità totale, pH, acido tartarico e malico. Sulle varietà a bacca nera sono stati determinati i contenuti in antociani totali ed estraibili. Alla potatura è stato misurato il peso del legno asportato. Campioni delle uve raccolte alla vendemmia sono stati sottoposti a microvinificazione e sul vino ottenuto sono state effettuate le analisi chimico-fisiche dei principali parametri enologici (alcool, zuccheri riduttori, estratto netto, pH, acidità totale e volatile, polifenoli totali per le varietà a bacca rossa) e i profili organolettici sono stati determinati mediante degustazione svolta da panel di assaggiatori addestrati. Per approfondire le conoscenze sulle potenzialità enologiche delle cinque varietà è stato condotto lo studio chimico degli estratti delle bucce e dei vinaccioli delle uve vendemmiate nel 2009 e 2010 con i metodi già proposti (Di Stefano e Cravero, 1991; Flamini e Di Stefano, 2008). Negli estratti delle bucce sono stati determinati i profili dei flavonoli glicosidi, degli antociani e degli acidi idrossicinnamiltartarici, e gli indici di flavonoidi e di antociani totali. Negli estratti dei vinaccioli sono stati determinati i flavan-3-oli monomeri (catechina ed epicatechina) e l‟indice di polifenoli totali. Risultati e conclusioni Per quanto riguarda le epoche fenologiche (Tab. 1) tutte le varietà germogliano nella prima metà di aprile, la fioritura avviene pressoché contemporaneamente a fine maggio, mentre maggiori differenze si sono notate all‟invaiatura: Pignolo e Sagrestana sono decisamente più precoci delle altre. Fumat è il vitigno più tardivo, e la sua raccolta è stata effettuata mediamente a inizio ottobre. Per quanto riguarda gli aspetti produttivi (Tab. 2), tutte le varietà hanno dimostrate di raggiungere mediamente buoni livelli zuccherini (20-21 Brix) e di acidità (7-9 g/L), tranne Cjanorie che ha avuto accumuli di zucchero leggermente minori delle altre. La produzione di uva per ceppo è generalmente buona (3-4 kg/ceppo). Molto ricche di antociani si sono rivelate le uve di Fumat. In relazione alla composizione chimica dell‟uva sono stati riscontrati maggiori contenuti di flavonoli nel Pignolo, mentre nel Cjanorie sono stati riscontrati contenuti molto bassi di miricetina pur essendo una varietà a bacca rossa. Nelle bucce di Cividin sono stati riscontrati maggiori livelli di acido trans-caffeiltartarico ed acido glutationil-caffeiltartarico, due composti antiossidanti di rilevante importanza. Nella fig. 1 è riportata la composizione percentuale degli antociani nelle bucce delle tre varietà a bacca rossa studiate. Il Cjanorie è caratterizzato da maggiori contenuti di cianina e peonina, mentre per il Fumat ed il Pignolo l‟antociano principale risulta la malvina. Il Fumat è risultato il vitigno caratterizzato dai maggiori indici di antociani e di flavonoidi totali nelle bucce, e da maggiori contenuti di antociani acilati (acetati e paracumarati) coinvolti nella stabilità del colore dei vini. Lo studio dei vinaccioli ha evidenziato livelli tendenzialmente più elevati di (+)-catechina e (-)-epicatechina nel Cividin, ed un maggior indice di polifenoli totali. I vini ottenuti (Tab. 3) dalle uve di tutte le varietà presentano una buona gradazione alcolica naturale, normalmente superiore al 12 % accompagnata da una acidità importante nelle varietà a bacca bianca Le due varietà rosse Fumat e Pignolo hanno fornito vini ricchi in polifenoli totali (oltre 1500 mg/L) e, nel caso di Fumat, anche di antociani (655 mg/L). Alla degustazione il vino di Sagrestana si è rivelato dotato di una buona intensità, tipicità e finezza 144 olfattiva, odori positivi, con sentori di frutta matura e floreale; sapido e strutturato. Il Cividin è risultato avere una buona intensità e tipicità olfattiva, ed odori positivi con sentori di frutta matura, con una buona acidità, sapido e strutturato, molto piacevole (Fig. 2). Il Pignolo è risultato avere una elevata intensità del colore, una buona intensità e tipicità olfattiva, ed odori positivi con sentori di frutta rossa e confettura, piuttosto astringente al gusto. Il Fumat è risultato caratterizzato da una ottima intensità e piacevolezza nel colore, buona intensità, tipicità e finezza olfattiva, odori positivi con sentore di frutta rossa e confettura, buona struttura, con una rilevante acidità. Il Cjanorie ha espresso un colore non molto intenso, ma buona intensità olfattiva ed odori positivi, sentore di confettura; buona struttura, con una buona acidità (Fig. 3). Nel complesso i risultati chimici e sensoriali indicano che i vini ottenuti da queste varietà sono dei prodotti con interessanti caratteristiche tipiche. Ringraziamenti Si ringraziano A. Fabbro, F. Bregant e S. Fontanot dell‟ERSA-FVG per la preziosa collaborazione prestata. Bibliografia CALÒ A., COSTACURTA A., 1991. Delle viti in Friuli. Ed Arti Grafiche Friulane, Udine. COSTANTINI E., MATTALONI C., PETRUSSI C., 2007. La vite nella storia e nella cultura del Friuli. Forum Editrice, Udine. DEL ZAN F., FAILLA O., SCIENZA A., 2009. La vite e l'uomo. Dal rompicapo delle origini al salvataggio delle reliquie. Ed. ERSA. DI STEFANO R., CRAVERO M.C., 1991. Metodi per lo studio dei polifenoli dell‟uva. Rivista di Viticoltura ed Enologia, 2: 37- 45. FLAMINI R., DI STEFANO R., 2008. High performance liquid chromatography analysis of grape and wine polyphenols. In: Hyphenated techniques in grape & wine chemistry. John Wiley & Sons: 33-80. LORENZ D.H., EICHHORN K. W., BLEI-HOLDER H., KLOSE R., MEIER U., WEBER E., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien der Weinrebe (Vitis vinifera L. ssp. vinifera). Vitic. Enol. Sci., 49: 66-70. MARZOTTO N., 1923. Ampelografia del Friuli contenente la descrizione di 42 vitigni con notizie sulla loro importanza viticola ed enologica. Tip. Domenico Del Bianco e Figlio, Udine. 145 Tab. 1. Epoca delle fasi fenologiche rilevate (media triennio 2008-2010). Tab. 1.- Main phenological phases of the five varieties (three year average 2008-2010). varietà colore Cjanorie Cividin Fumat Sagrestana Pignolo N B N B N germogliamento (BBCH 08) 12-apr 9-apr 8-apr 14-apr 9-apr fioritura (BBCH 65) 28-mag 29-mag 26-mag 29-mag 28-mag invaiatura (BBCH 83) 11-ago 14-ago 16-ago 4-ago 1-ago maturazione (BBCH 89) 14-set 21-set 4-ott 9-set 16-set Tab. 2. Parametri produttivi e qualitativi delle varietà (media triennio 2008-2010). Tab. 2. Productive and qualitative characteristics of the five grape varieties (three year average 2008-2010). Peso medio Fertilit uva Varietà à reale per grappolo acino ceppo (g) (g) (kg) 1,52 3,68 225 2,27 Cjanorie 2,08 4,28 231 1,76 Cividin 1,49 2,96 154 1,93 Fumat 245 1,36 Sagrestana 1,71 4,49 0,99 3,09 273 1,83 Pignolo Antociani (mg/kg) Mosto alla raccolta Peso legno Acidità Acido Acido potatura brix totale pH tartarico malico Tot. Estraib. (kg) (g/L) (mg/L) (g/L) 18,7 20,2 21,0 21,2 19,9 7,0 9,0 9,8 8,3 6,7 3,1 3,1 3,0 3,0 3,5 4,70 5,87 5,27 5,00 3,45 3,70 5,03 5,87 5,07 5,10 614 -1797 -665 358 -768 -400 1,02 1,21 0,74 0,96 0,96 Tab. 3. Principali parametri rilevati nei vini ottenuto dalla cinque varietà (media triennio 2008-2010). Tab. 3. Main parameters of the wines obtained from the five grape varieties (three year average 2008-2010). Varietà Cjanorie Cividin Fumat Sagrestana Pignolo Alcol (% vol) 12,15 12,88 12,87 13,00 12,91 Estratto Acidità (g/L) netto (g/l) volatile totale 26,2 0,48 4,65 22,1 0,27 8,75 29,2 0,50 5,35 19,8 0,30 7,10 34,6 0,56 4,20 146 Ac. Polifenoli Antociani pH tartarico totali (mg/L) (g/L) (mg/L) 3,66 2,91 3,80 3,20 4,48 1,77 2,64 1,50 2,41 2,98 792 223 1581 264 1985 168 -655 -365 Fig. 1. Profilo degli antociani delle tre diverse varietà a bacca rossa studiate nelle annate 2009 e 2010. Sono riportati i cinque antociani monoglucosidi (delfinidina-3-O-monoglucoside: Dp3G; cianidina-3O-monoglucoside: Cy3G; petunidina-3-O-monoglucoside: Pt3G; peonidina-3-O-monoglucoside: Pn3G; malvidina-3-O-monoglucoside: Mv3G), le somme degli antociani acetati e paracumarati, la malvidina-3-O-(6-O-caffeoil) monoglucoside (Mv3G6cf). Le barre indicano le semidispersioni per due campioni ripetuti. Fig. 1. Anthocyanin profiles of the three red grape varieties (harvests 2009 and 2010). The five anthocyanin monoglucosides (delphinidin-3-O-monoglucoside: Dp3G; cyanidin-3-O-monoglucoside: Cy3G; petunidin-3-O-monoglucoside: Pt3G; peonidin-3-O-monoglucoside: Pn3G; malvidin-3-Omonoglucoside: Mv3G), sum of acylated and p-coumarated anthocyanins, and malvidin-3-O-(6-Ocaffeoyl) monoglucoside (Mv3G6cf), are reported. Bars show differences between data for two replicate samples. 147 Fig. 2. Profilo sensoriale dei vini ottenuti dalle varietà a bacca bianca. Fig. 2. Sensory profiles of Cividin and Sagrestana white wines. Fig. 3. Profilo sensoriale dei vini ottenuti dalle varietà a bacca nera. Fig. 3. Sensory profile of Fumat, Pignolo and Cjanorie red wines. 148 2.22. INFLUENZA DEL TRATTAMENTO DOMESTICO DI COTTURA SULLA QUALITÀ NUTRIZIONALE IN CAMPIONI DI RADICCHIO ROSSO DI TREVISO INFLUENCE OF DOMESTIC COOKING ON NUTRITIONAL QUALITY OF RED CHICORY (RADICCHIO ROSSO DI TREVISO) Federica INTORRE*, Simona VALENTINI, Maria Stella FODDAI, Elena AZZINI, Francesca IOANNONE, Giuseppe MAIANI Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, via Ardeatina 546, 00178 Roma * e-mail: [email protected] Riassunto La qualità di un alimento dipende dalle sue caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed igienico-sanitarie che, a loro volta, sono funzione non solo di una serie di fattori pre-raccolto, quali il tipo di cultivar, le condizioni geografiche e pedoclimatiche e le pratiche agronomiche, ma anche di fattori post-raccolto di trasformazione e conservazione che mirano innanzitutto al miglioramento delle caratteristiche organolettiche ed alla tutela della sicurezza igienica, ma inevitabilmente modificano la qualità nutrizionale. In particolare, il trattamento domestico di cottura comporta un cambiamento nel contenuto in nutrienti e non nutrienti di importanza biologica, in modo essenzialmente dipendente dalla tecnica utilizzata e dalla sua durata così come dallo stato fisico, forma e dimensione dell‟alimento. Scopo di questo lavoro è l‟identificazione e la quantificazione di alcune molecole naturali ad azione antiossidante (carotenoidi e polifenoli) in campioni di radicchio rosso di Treviso tardivo (Cichorium intybus L. var. Silvestre) e la valutazione dell‟impatto della cottura sul contenuto di tali molecole. In particolare il radicchio è stato analizzato non cotto, cotto al forno a tre diverse temperature (150°C, 170°C, 190°C), cotto alla griglia (150°C) o bollito (100°C); ogni trattamento è stato effettuato per due diversi tempi, scelti in seguito a test preliminari finalizzati a definire una combinazione ottimale tempo-temperatura. I carotenoidi identificati nel radicchio sono la luteina ed il beta-carotene, con concentrazioni rispettivamente di 0.31±0.03 mg/100g e 0.04±0.01 mg/100g nel campione non cotto. La cottura alla griglia non ha determinato differenze nel contenuto in carotenoidi rispetto al radicchio non cotto, mentre in seguito alla bollitura si sono osservate diminuzioni significative (P<0.05); la cottura al forno ha comportato invece andamenti diversi a seconda della combinazione tempo-temperatura di cottura (150°C per 8 e 10 minuti, 170°C per 6 e 8 minuti, 190°C per 6 e 7,5 minuti). I polifenoli maggiormente presenti nei campioni analizzati sono l‟acido clorogenico, la quercetina e la quercetina-3-glucoside, con concentrazioni rispettivamente di 0.92±0.07 mg/100g, 6.12±0.78 mg/100g e 0.13±0.12 mg/100g nei campioni di radicchio non cotto. La concentrazione di acido clorogenico significativamente (P<0.05) è aumentata a seguito della cottura al forno indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata (fino a 2.49±0.09 mg/100g per la cottura a 190°C per 7,5 minuti) ed è diminuita con la bollitura (fino a 0.39±0.35 mg/100g). La quercetina e il suo derivato glucosidico hanno subito cambiamenti significativi solamente a seguito della cottura alla griglia a 150°C per 20 minuti: mentre la concentrazione della quercetina è raddoppiata (P<0.05), la quercetina-3-glucoside si è ridotta notevolmente in seguito allo stesso trattamento, anche se in modo non significativo. In conclusione, i risultati dimostrano che la cottura influenza la qualità nutrizionale dell‟alimento, in modo dipendente dal processo utilizzato. Di conseguenza, è importante quantificare sia i nutrienti che le molecole non nutrienti di importanza biologica nell‟alimento 149 di partenza ma anche seguire il loro destino fino al consumo per verificarne effettivamente la quantità ingerita e quindi i loro potenziali effetti sullo stato di salute. Questo lavoro di ricerca è stato realizzato nell‟ambito del progetto “QUalità ALImentare e FUnzionale” (QUALIFU) finanziato dal MiPAAF Parole chiave: Radicchio, cottura, molecole bioattive Abstract Food quality depends on organoleptic, nutritional and hygienic-sanitary characteristics which in turn are related to both pre-harvest (type of cultivar, geographic and pedo-climatic conditions, agricultural practices) and post-harvest factors (technological processes and domestic treatments) aiming to improve the organoleptic and hygienic-sanitary properties but inevitably changing the nutritional quality. In particular, domestic cooking affects food nutrient and non-nutrient content, depending on the type and the length of treatment as well as the type of food and its physical status. The aim of this work was to identify and quantify in late red chicory samples (Cichorium intybus L. var. silvestre) the antioxidant compounds (carotenoids and phenolic compounds) and to evaluate the effect of domestic cooking on their content. In particular, the red chicory was analyzed as raw product, oven-cooked (150°C, 170°C, 190°C), grilled (150°C) and boiled (100°C); each cooking process was performed at two different temperatures, following preliminary tests for the identification of the best heating conditions (time-temperature). The HPLC analysis of the red chicory extracts revealed the presence of lutein and betacarotene, whose concentrations were respectively 0.31±0.03 mg/100g and 0.04±0.01 mg/100g in the raw sample. Whereas the grilled samples were not significantly different from the raw ones, both lutein and beta-carotene content significantly (P<0.05) decreased after boiling; oven cooking implied significant differences depending on the different heating conditions (150°C for 8 and 10 minutes, 170°C for 6 and 8 minutes, 190°C for 6 and 7,5 minutes). Chlorogenic acid, quercetin and quercetin-3-glucoside were the most representative phenolic compounds, whose concentrations were respectively 0.92±0.07 mg/100g, 6.12±0.78 mg/100g e 0.13±0.12 mg/100g in raw samples. Chlorogenic acid concentration significantly (P<0.05) increased with oven cooking, regardless the heating condition (up to 2.49±0.09 mg/100g at 190°C for 7,5 minutes) and decreased with boiling (up to 0.39±0.35 mg/100g). Both quercetin and quercetin-3-glucoside changed in grilled samples at 150°C for 20 minutes: quercetin levels doubled in values (P<0.05), while quercetin-3-glucoside levels considerably diminished, although not to a statistical significant level. In conclusion, the results show that domestic cooking influences the food content of carotenoids and polyphenols, changing the nutritional quality. Consequently, it is necessary to quantify both nutrient and non-nutrient compounds non only in raw but also in cooked food, in order to verify their fate during processing and their potential health effects. Sponsorship: This research was supported by the Italian Ministry of Agricultural, Food and Forestry Policies “QUalità ALImentare e FUnzionale” (QUALIFU)” Project Keywords red chicory, cooking, bioactive compounds 150 Introduzione Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che un elevato consumo di alimenti di origine vegetale contribuisce a prevenire malattie cronico-degenerative, quali malattie cardiovascolari (Rimm et al., 1996) e alcune forme di cancro (Williams e Hord, 2005). Alla base dell‟effetto protettivo di tali alimenti è la presenza di molecole bioattive nutrienti (quali carotenoidi e vitamina C) e non-nutrienti (quali ad esempio molecole fenoliche), coinvolte in una serie di meccanismi biologici che sono alla base dei processi degenerativi. Tali molecole sono metaboliti secondari delle piante e la loro presenza dipende dalla varietà, dalle pratiche agronomiche e dalle condizioni geografiche e pedoclimatiche ma anche da una serie di trattamenti post-raccolto di trasformazione e conservazione che mirano innanzitutto al miglioramento delle caratteristiche organolettiche ed alla tutela della sicurezza igienica dell‟alimento, ma che inevitabilmente influenzano la qualità nutrizionale. In particolare, il trattamento domestico di cottura modifica in modo significativo il contenuto in nutrienti e non nutrienti di importanza biologica, in modo essenzialmente dipendente dal trattamento utilizzato e dalle condizioni di cottura applicate (tempo e temperatura) (Miglio et al., 2008; Pellegrini et al., 2009). Obiettivo di questo lavoro è stata l‟identificazione e la quantificazione di alcune molecole naturali ad azione antiossidante (carotenoidi e polifenoli) in campioni di radicchio rosso di Treviso tardivo (Cichorium intybus L. var. Silvestre) e la valutazione dell‟impatto della cottura sul contenuto di tali molecole. Materiali e metodi Campionamento del materiale vegetale - 20 Kg di radicchio rosso di Treviso tardivo (Cichorium intybus L. var. Silvestre) di pezzatura standard (20-25 cm) provenienti dallo stesso lotto sono stati tagliati a metà verticalmente, lavati sotto acqua corrente, asciugati per 30 minuti ed infine divisi in 4 parti, ognuna da destinarsi ad un tipo di trattamento: tal quale (nessuna cottura), cottura al forno a tre diverse temperature (150°C, 170°C, 190°C), cottura alla griglia (150°C) e bollitura (100°C); ogni trattamento di cottura è stato effettuato per due diversi tempi, scelti a seguito di test preliminari finalizzati a definire una combinazione ottimale tempo-temperatura. Al termine della cottura, i campioni sono stati raffreddati a temperatura ambiente (22±2°C) ed è stata effettuata la valutazione delle proprietà meccaniche e del grado di cottura; in seguito sono stati congelati rapidamente a -45°C ed infine liofilizzati. Estrazione e quantificazione dei carotenoidi - I carotenoidi sono stati estratti utilizzando la metodica descritta da Sharpless et al. (1999) e analizzati tramite un sistema HPLC PerkinElmer ISS 200 (Maiani et al., 1995). Estrazione e quantificazione dei polifenoli - I polifenoli sono stati estratti in acqua e acetone 70%; gli estratti sono stati analizzati tramite un sistema HPLC ESA modello 580 (Azzini et al., 2010). Analisi statistica - I valori sono presentati come valori medi±deviazione standard (n=4). Le differenze tra campione non cotto e cotto sono state testate mediante il t-test per dati appaiati. P<0.05 è il livello di significatività usato. Risultati e discussione Nella Tab. 1 è riportato il contenuto in carotenoidi nei campioni di radicchio analizzati. La cottura alla griglia non ha determinato differenze significative nella concentrazione di luteina e beta-carotene rispetto al campione non cotto, mentre con la bollitura si sono osservate diminuzioni significative (P<0.05) di entrambi i composti. La cottura al forno ha comportato 151 un andamento diverso a seconda della combinazione tempo-temperatura: a seguito di 10 minuti di cottura, anche se alla temperatura più bassa (150°C), si è osservata una significativa diminuzione (P<0.05) dei valori di luteina, diminuzione che è avvenuta anche a seguito della cottura a 190°C; inoltre la cottura al forno ha determinato sempre un aumento dei livelli di beta-carotene, indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata. Nella Tab. 2 è riportato il contenuto in polifenoli nei campioni di radicchio. La concentrazione di acido clorogenico è significativamente (P<0.05) aumentata con la cottura al forno, indipendentemente dalla combinazione tempo-temperatura utilizzata e raggiungendo comunque il valore più alto con la cottura a 190°C per 7,5 minuti; inoltre è tendenzialmente aumentata con la grigliatura mentre è diminuita significativamente (P<0.05) con la bollitura. La quercetina e il suo derivato 3-glucoside non hanno subito variazioni significative di concentrazione con la cottura, eccetto che nella cottura alla griglia a 150°C per 20 minuti. Si osserva però un andamento opposto; la concentrazione della quercetina è significativamente (P<0.05) raddoppiata, mentre il suo derivato 3-glucoside si è ridotto notevolmente in seguito allo stesso trattamento, anche se in modo non significativo. Sebbene la cottura sia generalmente associata ad una ridotta qualità nutrizionale dell‟alimento a causa della perdita di nutrienti e non-nutrienti dovuta fondamentalmente al riscaldamento che può comportare processi di ossidazione e degradazione termica (Kalt, 2005), i risultati ottenuti dimostrano che la cottura non ha sempre un effetto negativo, in quanto una combinazione ottimale tempo-temperatura, che risulta essere diversa a seconda del trattamento di cottura utilizzato, può promuovere la destrutturazione della matrice cellulare e il conseguente aumento della estraibilità e disponibilità dei composti analizzati; infatti sia i carotenoidi, che si trovano in associazione a complessi proteici di membrana nei cloroplasti o cromoplasti, che i polifenoli, associati a componenti della parete cellulare e accumulati nei vacuoli e negli apoplasti, vengono rilasciati con il calore da tali compartimenti (Kalt, 2005; Bernhardt e Schlich, 2006). Conclusioni In conclusione, i risultati dimostrano che la cottura influenza la qualità nutrizionale dell‟alimento, in modo dipendente dalle condizioni impiegate. Di conseguenza, è importante quantificare sia i nutrienti che le molecole non nutrienti di importanza biologica nell‟alimento di partenza ma anche seguire il loro destino fino al consumo per verificarne effettivamente la quantità ingerita e quindi i loro potenziali effetti sullo stato di salute. Bibliografia AZZINI E., INTORRE F., VITAGLIONE P., NAPOLITANO A., FODDAI M.S., DURAZZO A., FUMAGALLI A., CATASTA G., ROSSI L., VENNERIA E., TESTA M.F., RAGUZZINI A., PALOMBA L., FOGLIANO V., MAIANI G., 2010. Absorption of strawberry phytochemicals and antioxidant status changes in humans. Journal of Berry Research, 1: 81-89 BERNHARDT S., SCHLICH E., 2006. Impact of different cooking methods on food quality: Retention of lipophilic vitamins in fresh and frozen vegetables. Journal of Food Engineering, 77: 327-333. MAIANI G., PAPPALARDO G., FERRO-LUZZI A., RAGUZZINI A., AZZINI E., GUADALAXARA A., TRIFERO M., FROMMEL T., MOBARHAN S., 1995. Accumulation of beta-carotene in normal colorectal mucosa and colonic neoplastic lesions in humans. Nutrition & Cancer, 24: 23-31. 152 MIGLIO C., CHIAVARO E., VISCONTI A., FOGLIANO V., PELLEGRINI N., 2008. Effects of different cooking methods on nutritional and physicochemical characteristics of selected vegetables. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 56: 139-147. KALT W., 2005. Effects of production and processing factors on major fruit and vegetable antioxidants. Journal of Food Science, 70: R11-R19. PELLEGRINI N., MIGLIO C., DEL RIO D., SALVATORE S., SERAFINI M., BRIGHENTI F., 2009. Effect of domestic cooking methods on the total antioxidant capacity of vegetables. International Journal of Food Sciences and Nutrition, 60 (Suppl 2): 12-22. RIMM E.B., ASCHERIO A., GIOVANNUCCI E., SPIEGELMAN D., STAMPFER M.J., WILLETT W.C., 1996. Vegetable, fruit, and cereal fiber intake and risk of coronary heart disease among men. Journal of the American Medical Association, 275: 447-451. SHARPLESS K.E., ARCE-OSUNA M., BROWN-THOMAS J., GIL L.M., 1999. Value assignment of retinol, retinyl palmitate, tocopherol and carotenoid concentrations in standard references material 2383 (baby food composite). Journal of AOAC International, 82: 288-296. WILLIAMS M.T., HORD N.G., 2005. The role of dietary factors in cancer prevention: Beyond fruits and vegetables. Nutrition in Clinical Practice, 20: 451-459. Tab. 1. Contenuto in carotenoidi nei campioni di radicchio (valori medi±deviazione standard) (n=4). Analisi statistica: t-test per dati appaiati. *=P<0.05 rispetto al non cotto Tab. 1. Carotenoid content in red chicory samples (mean±standard deviation) (n=4) Statistical analysis: paired t-test. *=P<0.05 compared to raw sample. Trattamento Temperatura Tempo Luteina Beta-carotene (°C) (minuti) (mg/100g peso fresco) (mg/100g peso fresco) Non cotto Forno Forno Forno Forno Forno Forno Griglia Griglia Bollitura Bollitura 150 150 170 170 190 190 150 150 100 100 0.31±0.03 0.58±0.15* 0.21±0.02* 0.49±0.22* 0.58±0.24* 0.22±0.06* 0.27±0.07 0.27±0.09 0.25±0.11 0.19±0.02* 0.21±0.06* 8 10 6 8 6 7,5 16 20 8 11 153 0.04±0.01 0.05±0.01* 0.04±0.01 0.05±0.01* 0.08±0.02* 0.04±0.01 0.06±0.01* 0.04±0.01 0.04±0.01 0.03±0.00* 0.02±0.00* Tab. 2. Contenuto in polifenoli nei campioni di radicchio (valori medi±deviazione standard) (n=4) Analisi statistica: t-test per dati appaiati. *=P<0.05 rispetto al non cotto Tab. 2. Polyphenol content in red chicory samples (mean±standard deviation) (n=4) Statistical analysis: paired t-test. *=P<0.05 compared to raw sample Trattamento Temperatura Tempo Acido clorogenico (°C) (minuti) (mg/100g) Quercetina (mg/100g) Non cotto Forno Forno Forno Forno Forno Forno Griglia Griglia Bollitura Bollitura 6.12±0.68 6.06±0.29 6.00±0.68 6.31±1.03 7.53±1.37 7.52±0.87 8.75±2.22 10.00±4.11 13.00±0.66* 5.62±0.37 6.94±1.30 150 150 170 170 190 190 150 150 100 100 8 10 6 8 6 7,5 16 20 8 11 0.92±0.07 1.52±0.58* 2.15±0.16* 1.19±0.70 2.25±0.39* 2.00±0.23* 2.49±0.09* 1.01±0.37 1.29±0.06* 0.69±0.09* 0.39±0.35* 154 Quercetina-3glucoside (mg/100g) 0.13±0.12 0.24±0.03 0.26±0.02 0.21±0.03 0.30±0.01 0.28±0.06 0.23±0.14 0.09±0.03 0.03±0.01 0.18±0.02 0.10±0.07 2.23. CARATTERIZZAZIONE QUALITATIVA DI FRUTTI DI FRAGARIA A DIVERSA PLOIDIA FRUIT QUALITY IN FRAGARIA GENOTYPES WITH DIFFERENT PLOIDY Maria Luigia MALTONI, Daniela GIOVANNINI, Irene QUACQUARELLI, Walther FAEDI Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura -Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì (CRA-FRF) -Via la Canapona, 1 bis - 47121 Forlì - Italy [email protected] Riassunto Numerosi studi hanno evidenziato l‟elevato valore nutraceutico delle fragole (Fragaria × ananassa) rispetto ai frutti di altre specie della famiglia delle Rosacee. Al contrario, pochissime sono ancora le conoscenze sulla qualità dei frutti di altre specie o ibridi del genere Fragaria. Nel 2010, l‟Unità di Ricerca per la Frutticoltura di Forlì del CRA ha avviato uno studio finalizzato quantificare, ai fini del breeding, il range di variabilità qualitativa dei frutti in Fragaria. Frutti maturi di 28 accessioni diverse per specie di appartenenza e caratteristiche agro-pomologiche (12 F. vesca; 7 F. moschata; 6 F.×ananassa; 1 ibrido F. chiloensis × F.×ananassa e 2 ibridi di origine sconosciuta) sono stati caratterizzati per numerosi tratti qualitativi. Il range di variazione di ciascun carattere easminato è risultato ampio all‟interno della medesima specie e, soprattutto, tra specie/ibridi diversi. L‟applicazione della tecnica statistica della cluster analysis al set di dati rilevati ha consentito di suddividere in gruppi le 28 accessioni sulla base della similarità qualitativa dei frutti. Parole chiave: fragola, germoplasma, variabilità genetica, polifenoli totali Abstract Octoploid F.×ananassa strawberries are known as being highly endowed with nutritional and protective compounds in comparison to other fruits. However, information about the fruit quality of other Fragaria species or hybrids is still limited. The CRA-FRF of Forlì has started a study to investigate the range of variation of important fruit traits in its rich Fragaria spp. germplasm collection for breeding purposes. In 2010, ripe fruits of 28 Fragaria accessions, inlcuding 12 diploid (F. Vesca); 7 hexaploid (F. Moschata); 6 octoploid (F.×ananassa) and 1 octoploid hybrid (F. chiloensis × F.×ananassa); and 2 hybrids of unknown ploidy, were sampled and the most important quality traits of each measured. The range of variation of each qualitative trait was large within and among ploidy groups. Multivariate cluster analysis was applied to the dataset of qualitative measures to discover natural groupings in the 28 accessions based on the similarity of their fruit traits. Keywords: strawberry, germplasm, variability exploitation, total polyphenols Introduzione Il genere Fragaria comprende numerose specie, diverse tra loro per caratteristiche agronomiche e pomologiche (Bucci et al., 2010). Alcune di queste sono di origine europea, come la diploide F. vesca (2n=2x=14), più comunemente conosciuta come fragolina di bosco, caratterizzata da frutti piccoli, in genere molto aromatici e poco sodi, e l‟esaploide F. moschata (2n=6x=42), caratterizzata da frutti rotondi, di pezzatura di poco superiore a quella delle fragole diploidi, di colore variabile dal rosso chiaro al violaceo e dal tipico aroma 155 moscato. La quasi totalità delle cultivar di fragola oggi commercializzate appartengono alla specie F.× ananassa, ottoploide (2n=8x=56), che deriva da un incrocio interspecifico casualmente avvenuto nel 1766 tra due specie ottoploidi, F. chiloensis e F. virginiana. Questo incrocio ha generato un ibrido fertile con frutti molto più grossi rispetto a quelli delle due specie di origine. Numerosi studi hanno dimostrato che i frutti di F.×ananassa sono dotati di elevato valore nutrizionale, soprattutto se comparati con quelli di altri fruttiferi della famiglia delle Rosacee (Tulipani et al., 2008; Carkeet et al., 2008). Sono invece ancora molto limitate le conoscenze sulle caratteristiche qualitative dei frutti delle altre specie o ibridi appartenenti al genere Fragaria. L‟accurata caratterizzazione genetica e fenotipica del germoplasma è la premessa indispensabile per valorizzare al meglio le potenzialità delle risorse genetiche attraverso specifiche azioni di breeding. Nell‟ambito del progetto „Risorse Genetiche Vegetali‟ del MiPAAF, finalizzato alla salvaguardia ed alla valorizzazione del germoplasma vegetale, il CRA-FRF ha avviato un‟indagine sulla composizione qualitativa dei frutti di Fragaria spp. presenti nella collezione costituita presso la propria azienda sperimentale di Magliano-Forlì, di cui vengono qui riportati i primi risultati. Materiali e metodi Lo studio è stato condotto nel 2010 su 28 accessioni (Tab.1) di Fragaria spp.. Per ogni accessione, in corrispondenza della raccolta principale, sono stati prelevati 3 campioni di frutti maturi, per un totale di 500 g. Di ogni campione sono stati rilevati singolarmente il peso ed il colore dell‟epidermide (coordinate colorimetriche L*, a*, b*); sul succo ottenuto da più frutti sono stati determinati il contenuto di solidi solubili (SSC), con rifrattometro digitale; l‟acidità titolabile (AT), con titolature automatico; l‟acido L-ascorbico (AA), con l‟RQflex Merck; il contenuto dei principali zuccheri (saccarosio, glucosio e fruttosio) e dei principali acidi organici (acido citrico, malico e quinico) mediante HPLC dotato, rispettivamente, di rilevatore IR e detector a diodi; su una ulteriore quota di frutti liofilizzati si è rilevato per via spettrofotometrica il contenuto di polifenoli totali (PHT), secondo il metodo proposto da Proteggente et al. (2002); la capacità antiossidante totale (CAT), col biosaggio descritto da Gao et al. (2000) ed il contenuto di antociani totali (ACYT) col metodo proposto da Wrolstad et al. (2005). Per ogni variabile e accessione sono stati calcolati la media e l‟errore standard (ES). Sui dati normalizzati è stata applicata la cluster analysis con il software SYSTAT ® 11. Risultati e discussione Le diverse specie e ibridi di Fragaria hanno mostrato un‟ampia variabilità per molte delle variabili qualitative analizzate. Il gruppo delle accessioni diploidi (F. vesca) si è contraddistinto per l‟elevato contenuto di SSC e di zuccheri solubili, di AT e di acidi organici, di PHT e CAT (tabb. 2 e 3). Le accessioni esaploidi di F. moschata si sono differenziate per il colore scuro dell‟epidermide, riportando i valori più bassi delle coordinate colorimetriche L*, a* e b*, per l‟elevato contenuto di antociani e zuccheri, per i bassi livelli di AT e AA. Le ottoploidi (F. × ananassa e F. chiloensis × F.× ananassa), infine, hanno evidenziato i livelli più bassi di SSC, dei singoli zuccheri, di ACYT (risultati superiori soltanto a quelli delle diploidi cv Snovit e Yellow wonder, che avendo il frutto bianco sono prive di antociani) ed il più alto contenuto di AA. Tra i gruppi sono state riscontrate differenze di rilievo anche nella composizione percentuale dei singoli zuccheri ed acidi organici: le ottoploidi, in particolare, si sono distinte per un basso contenuto di fruttosio (44% a fronte del 52-55% degli altri due gruppi) ed elevato di saccarosio (15% rispetto al 10% delle esaploidi e 7% delle diploidi). 156 L‟acido malico, inoltre, è risultato percentualmente molto più rappresentato (23% del totale) nelle fragole ottoploidi rispetto alle altre (circa 10%), al contrario del quinico (7% contro il 16%). La cluster analysis, effettuata sui dati delle sole variabili biochimiche e di colore ha separato le accessioni di Fragaria in 3 gruppi distinti corrispondenti al livello di ploidia, suggerendo che questa influisca significativamente sulle componenti legate al gusto ed alla salubrità del frutto. Le selezioni Sel 4 e Sel 7, ibridi interspecifici a corredo cromosomico sconosciuto, si sono collocate nel raggruppamento di F. moschata, nonostante, dal punto di vista fenotipico, entrambe le selezioni mostrino caratteri comuni a F.×ananassa e F.moschata. Nel raggruppamento delle diploidi (F. vesca), i genotipi rifiorenti si sono collocati in un sottogruppo distinto rispetto alle unifere (con l‟unica eccezione della cv Minja), suggerendo che anche questo carattere possa influenzare la composizione qualitativa dei frutti. Conclusioni Il presente studio, ancorché preliminare, ha già rivelato l‟esistenza di una ampia variabilità nella qualità dei frutti nel genere Fragaria. Se confermata su un più ampio numero di genotipi e per più anni, da questa variabilità il breeding potrà certamente attingere importanti informazioni per azioni più mirate al miglioramento del sapore e della salubrità delle fragole. Bibliografia BUCCI A., FAEDI W., BARUZZI G., 2010. Origine and evoluzione. In: La fragola. Bayer CropScience: 2-11. CARKEET C., CLEVIDENCE B.A., NOVOTNY J.A., 2008. Anthocyanin excretion by humans increases linearly with increasing strawberry dose. The Journal of Nutrition, 138 (5): 897-902. GAO, X., OHLANDER, M., TEPPSSON, N., BJORK, L., TRAJKOVSKI, V., 2000. Changes in antioxidant effects and their relationship to phytonutrients in fruits of sea buckthorn (Hippophae rhamnoides L.) during maturation. Journal of Agricultural Food Chemistry, 48 (5):1485-1490. WROLSTAD R.E., ACREE T.E., DECKER E.A., PENNER M.H., REID D.S., SCHWARTZ S.J., SHOEMAKER C.F., SMITH D.M., SPORNS P., 2005. Characterization and measurement of anthocyanins by UV-Visible spectroscopy. In: Handbook of food analytical chemistry, Wiley press: 19-24. PROTEGGENTE R., PANNALA A. S., PAGANA G., VAN BUREN L., WAGNER E., WISEMAN S., VAN DE PUT F., DACOMBE C., RICE-EVANS C. A., 2002. The antioxidant activity of regularly consumed fruit and vegetable reflects their phenolic and vitamin C composition. Free Radical Research, 36 (2): 217-233. TULIPANI S.,MEZZETTI B.,CAPOCASA F., BOMPADRE S., BEEKWILDERJ., RIC DE VOS C.H., CAPANOGLU E., BOVY A., BATTINO M., 2008. Antioxidants, phenolic compounds, and nutritional quality of different strawberry genotypes. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 56 (3): 696-704. 157 Tab.1. Elenco, pedigree e livello di ploidia delle 28 accessioni di Fragaria caratterizzate per la qualità dei frutti nel presente studio Tab.1. List, pedigree and ploidy of the 28 Fragaria accessions whose fruit quality was assessed in the present study Accessione Pedigree Ploidia Sel 06.027.10 Sel 06.233.21 Sel 07.143.41 Alpine1 Frana di Mezzo2 Frana Torrente Sotto2 Minja Norrlands Regina delle Valli1 Sara Snovit Yellow wonder1 Sel 02.277.9 Sel 06.257.9 Sel 07.218.1 Sel 07.218.3 Sel 98.129.1 Sel 4 Sel 7 Capron Royal Profumata di Tortona Sel 04.055.1 Alba Onda Unica Zeta Sel TN1.48.1 Sel 99.136.7 Sara x Alpine Snovit x Regina delle Valli Elba x Norrlands Sconosciuto accessione autoctona accessione autoctona Sconosciuto Sconosciuto Sconosciuto Norrlands x Minja Sconosciuto Sconosciuto Profumata di Tortona x op Profumata di Tortona x Capron Royal Profumata di Tortona x op Profumata di Tortona x op Profumata di Tortona x op Profumata di Tortona x F. × ananassa Profumata di Tortona x F. × ananassa vecchia varietà francese vecchia varietà italiana (F. chiloensis x op) x F. × ananassa Sconosciuto (Sel 78.65.1 x Honeoye) x Marmolada Sel 91.143.5 x Miss Sel 92.427.6 x Miss Queen Elisa x 93.451.5 Onda x Camarosa 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 2x=14 6x=42 6x=42 6x=42 6x=42 6x=42 incerta incerta 6x=42 6x=42 8x=56 8x=56 8x=56 8x=56 8x=56 8x=56 8x=56 =rifiorente; 2 accessioni spontanee di F. vesca provenienti dall‟Appennino Tosco-Emiliano; Sel=accessioni ottenute dall‟attività di breeding del CRA-FRF 1 158 Tab. 2. Peso, contenuto di solidi solubili (SSC), acidità titolabile (AT), e coordinate colorimetriche L*, a*, b* dei frutti delle 28 accessioni di Fragaria raggruppate per il livello di ploidia. Tab. 2. Weight, soluble solids content (SSC), titratable acidity (AT), colour coordinates L*, a*, b* in the fruit of the 28 Fragaria accessions grouped according to their ploidy. Ploidia Diploide Diploide2 Esaploide Ottoploide Sel 43 Sel 73 1 Peso (g) 2,2±0,41 1,7±0,4 3,3±0,4 29,8±0,8 5,7±0,8 4,5±0,5 SSC (%) 10,7±0,2 12,4±0,8 11,5±0,2 7,2±0,2 8,8±0,1 10,0±0,1 AT (meq/100 g pf) 12,9±0,2 12,5±0,4 7,7±0,3 9,9±0,5 8,7±0,1 8,4±0,1 L* 36,5±0,5 68,1±0,4 32,2±0,9 41,5±1,7 37,8±0,3 34,7±0,4 a* 41,3±0,4 4,0±0,7 28,8±1,0 37,0±1,2 39,5±0,6 30,3±0,8 b* 22,9±0,4 42,7±0,7 12,8±0,8 23,5±0,6 21,2±0,3 14,6±0,2 media±errore standard; 2accessioni con frutto bianco; 3livello di ploidia sconosciuto Tab. 3. Contenuto dei principali zuccheri ed acidi, polifenoli totali (PHT), capacità antiossidante totale (CAT), antociani totali (ACYT) e contenuto di acido ascorbico (AA) nei frutti delle 28 accessioni di Fragaria raggruppate per il livello di ploidia. Tab. 3. Single sugars and organic acid content, total polyphenols (TPH), total antioxidant capacity (TAC), total anthocyanins (TACY) and ascorbic acid content (AA) in the fruit of the 28 Fragaria accessions grouped according to their ploidy. Ploidia Saccarosio g/100 pf Glucosio g/100 pf Fruttosio g/100 pf A.citrico g/100 pf Diploide 0,5±0,03 3,1±0,09 4,4±0,11 1,3±0,02 Diploide2 0,6±0,01 3,5±0,39 5,0±0,63 1,3±0,08 Esaploide 1,0±0,18 3,8±0,13 5,2±0,15 0,9±0,06 0,7±0,11 2,0±0,09 2,0±0,12 0,9±0,05 Ottoploide Sel 43 0,4±0,01 3,0±0,04 4,1±0,04 0,6±0,06 3 0,5±0,01 3,3±0,18 4,6±0,21 1,0±0,01 Sel 7 1 2 media±errore standard; accessioni con frutto bianco; 3livello di A.malico g/100 pf A.quinico g/100 pf PHT mg/g pf CAT µmol/g pf ACYT mg/100 g pf AA mg/100 g pf 0,2±0,01 0,2±0,01 0,1±0,01 0,3±0,03 0,3±0,04 0,1±0,01 0,3±0,02 0,3±0,07 0,2±0,02 0,1±0,01 0,1±0,02 0,2±0,01 3,2±0,1 2,6±0,2 2,1±0,1 2,1±0,2 1,6±0,2 2,5±0,2 26,2±0,4 22,3±0,6 20,4±0,7 12,6±0,9 14,4±0,3 24,9±0,4 9,4±0,8 0,2±0,1 13,0±1,2 7,1±0,8 18,7±5,7 5,3±0,6 32,0±1,6 28,5±1,0 19,2±0,8 42,0±1,7 11,2±0,7 28,0±2,3 ploidia sconosciuto 159 * = varietà/selezione rifiorente Fig. 1. Raggruppamento delle 28 accessioni di Fragaria sulla base della similarità (algoritmo di Ward) dei caratteri rilevati. Fig. 1. Dendrogram of 28 strawberry accessions grouped according to the similarity (Ward‟s algorithm) of their fruit traits. 160 2.24. BETALAINE E ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE IN OPUNTIA TUNA E CONFRONTI CON OPUNTIA FICUS-INDICA BETALAIN AND ANTIOXIDANT ACTIVITY IN OPUNTIA TUNA AND COMPARISONS WITH OPUNTIA FICUS-INDICA Carmine NEGRO, Alessio APRILE, Erika SABELLA, Luigi DE BELLIS, Antonio MICELI 1 Università del Salento, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Via Prov.le Lecce - Monteroni, 73100 Lecce, Italy [email protected], [email protected], [email protected], [email protected], [email protected] Riassunto L‟Opuntia tuna (L.) Miller è una piante morfologicamente e fisiologicamente molto vicina alla specie coltivata Opuntia ficus-indica (L.) Miller. A differenza del comune fico d‟india, l‟Opuntia tuna presenta un‟ampia variabilità fenotipica evidenziabile nella struttura dei cladodi e nelle dimensioni e composizioni dei frutti. In Italia la distribuzione di Opuntia tuna è limitata al sud Italia e la coltivazione ha uno scopo puramente ornamentale. Tuttavia, in Messico, centro di origine del genere Opuntia, queste piante sono molto apprezzate, sia per i frutti che per i cladodi. Recentemente gli interessi scientifici sul genere Opuntia sono notevolmente aumentati a seguito di scoperte che hanno evidenziato un loro possibile ruolo nella riduzione dei livelli di colesterolo totale nel sangue (Wolfram et al., 2003). I fichi d‟india rientrano tra le specie vegetali contenenti betalaine. In questo lavoro sono state prese in considerazione due specie di fico d‟india (O.ficus-indica e O.tuna) e confrontati tra loro cinque campioni caratterizzati da differenti livelli di colorazione viola dei frutti. Estratti contenenti i metaboliti secondari in fase acquosa sono stati analizzati mediante sistema HPLC/DAD/MS che ha consentito di rilevare la presenza di betanina e di isobetanina e di quantificarne il contenuto. Il quantitativo di betanina ritrovato nei diversi campioni varia sino a 0,84 g/Kg peso fresco, mentre quello di betalaine totali sino a 1,85 g/Kg peso fresco; campioni con colorazione gialla della polpa sono risultati privi di tali molecole, mentre i campioni viola hanno mostrato elevate concentrazioni. Sono stati valutati il contenuto fenolico negli estratti, così come l‟attività antiossidante. I risultati hanno evidenziato che il potere antiossidante dei campioni sembra dipendere dalla somma di fenoli e betalaine; è stata messa in evidenza una corrispondenza diretta tra attività antiossidante e componente fenolica, mentre è assente una correlazione diretta tra attività antiossidante e contenuto in betalaine totali e betanine. Parole chiave: Opuntia, attività antiossidante, betalaine, HPLC/MS Abstract Elephantear pricklypear (Opuntia tuna (L.) Miller) plants are morphologically and physiologically very close to the widely cultivated Opuntia ficus-indica (L.) Miller. In Italy, its distribution is limited to Southern Italy and the cultivation has a merely decorative purpose. However, in Mexico, its center of origin, they are appreciated both for fruit as for cladods. Recently the scientific interests on Opuntia have greatly increased since evidences in reducing blood lipid and total cholesterol (Wolfram et al., 2003). 161 In this work two species of prickly pear (O.ficus-indica and O.tuna) were compared. Extracts containing the secondary metabolites were analyzed by HPLC/DAD/MS system allowing to measure betanin and isobetanin contents. The highest betanin value among samples was 0.84 g / kg fresh weight, while highest betacyanin value was 1.85 g / kg fresh weight. Phenolic contents were quantified as well as antioxidant activity. The results showed that the antioxidant activity is correlated with phenol and betalain amount; moreover it was highlighted a direct correlation between antioxidant activity and phenolic compounds, while no direct correlation between antioxidant activity and total content of betacyanins and betanin was reported . Keywords: Opuntia, Spectrometry Antioxidant activity, betalain, Liquid Chromatography-Mass Introduzione Le betalaine sono pigmenti vegetali prodotti da un ristretto numero di specie vegetali che non producono antocianine ed hanno sviluppato vie biosintetiche alternative per la produzione di sostanze in grado di imprimere colorazioni viola a frutti, fiori e porzioni di pianta. Molte piante dell‟ordine delle Caryophyllales hanno la capacità di accumulare betalaine, così come le piante del genere Opuntia oggetto di questo studio. Le betalaine sono pigmenti idrosolubili contenenti azoto, localizzate nei vacuoli, e presentano un forte potere riducente, proteggendo le piante dal danno ossidativo. Le betalaine sono state isolate per la prima volta dalla barbabietola rossa, Beta vulgaris L., da cui deriva il nome (Castellanos-Santiago e Yahia, 2008). Le betalaine nelle piante svolgono un ruolo attrattivo per gli animali pronubi, agiscono contro le specie reattive dell‟ossigeno (ROS), proteggono le parti ferite, intervengono in presenza di infezioni fungine e possono anche proteggere dai dannosi raggi UV-B (XiaoHong, et al., 2009) . Negli ultimi anni diversi studi hanno cercato di fare chiarezza sulla composizione della via biosintetica delle betalaine; si è scoperto che possono esserci due percorsi differenti, caratterizzati da due diverse molecole di partenza: tirosina e tiramina. La sintesi delle betalaine prevede il coinvolgimento di numerosi enzimi che non sono ancora stati totalmente caratterizzati, ma pare siano condizionati dai cambiamenti di luce e dalla presenza di citochinine (Hinz et al., 1997). La classificazione delle betalaine dipende dal colore dei pigmenti: le betacianine che sono rosso-viola (comprendono quattro sottogruppi tra cui le betanine e amarantine) e le betaxantine che sono giallo-arancio (comprendono tre sottogruppi). A livello commerciale le betalaine destano grande interesse poiché possono costituire coloranti alimentari naturali (per conferire al cibo un migliore aspetto evitando l‟utilizzo di coloranti sintetici), ed essere usati come additivi alimentari. Grazie alle loro proprietà antiossidanti possono svolgere un ruolo attivo contro l‟insorgenza di patologie degenerative e disturbi legati allo stress ossidativo. Lo stress ossidativo porta modificazioni biochimiche che possono causare malattie degenerative, cardiopatie ed alcune forme di cancro. Studi recenti hanno dimostrato i benefici che questi pigmenti possono avere sulla salute umana (Azaredo, 2006). Le betalaine vengono assorbite nell‟intestino umano e successivamente arrivano nel circolo sanguigno dove si trovano incorporate nelle lipoproteine LDL e nelle membrane cellulari dei globuli rossi; LDL e globuli rossi arricchiti di betalaine risultano, rispettivamente, più resistenti all‟ossidazione e meno sensibili all‟emolisi. In Messico vengono utilizzate come trattamento per la tosse, come antivirale e antimicrobico. 162 Lo scopo di questo lavoro è la caratterizzazione biochimica di diversi campioni di fico d‟india e valutarne la qualità sulla base della quantità in fenoli, betalaine e attività antiossidante. Materiali e metodi Materiale vegetale - Il materiale vegetale utilizzato è costituito da 3 campioni di acrosarchi di Opuntia tuna (L.) Miller e 2 campioni di Opuntia ficus-indica (L.) Mill, provenienti dall‟Orto Botanico dell‟Università del Salento e campionati nel 2010, nel mese di ottobre. In particolare i tre campioni di Opuntia tuna presentavano una polpa con diverse gradazioni del colore viola (nominati in seguito Campione 1, 2, 3), un campione di Opuntia ficus-indica aveva anch‟esso polpa di colore viola (Campione 4), mentre un campione di Opuntia ficus-indica aveva polpa di colore bianco-verde (Campione 5). Estrazione betalaine e sostanze ad attività antiossidante - I campioni di acrosarchi di Opuntia sono stati prelevati dal sito ed immediatamente congelati ad una temperatura di -20 °C, dopo rapido congelamento in azoto liquido. 25 g di polpa sono stati opportunamente omogeneizzati in 50 ml di metanolo freddo acidulato allo 0,1%, successivamente evaporato a pressione ridotta a freddo ed il contenuto risospeso in acqua acidulata. Analisi lc/ms su estratti di polpa di fichi d‟india - L‟analisi di spettrometria di massa accoppiata alla cromatografia liquida è stata realizzata seguendo il protocollo descritto da Castellanos-Santiago e Yahia (2008). Determinazione delle sostanze fenoliche totali - La determinazione delle sostanze fenoliche totali è stata condotta tramite metodo di Folin-Ciocalteau. Questo metodo si basa sulla reazione redox che si instaura tra i composti fenolici ed il complesso formato dagli acidi fosfotungstenico e fosfomolibdico. A 0,5 ml di campione diluito 1:10, si aggiungono 2,5 ml di acqua, 0,5 ml di reattivo di Folin e si agita per 4 minuti. Successivamente si aggiungono 2 ml di Na2CO3 e 4,5 ml di acqua. Dopo 60 minuti si effettua una lettura allo spettrofotometro ad una lunghezza d‟onda di 765nm. La quantificazione è effettuata utilizzando la curva di taratura dell‟acido gallico ed i risultati sono espressi in acido gallico equivalenti (GAE). Determinazione attività antiossidante con metodo orac (Oxygen Radical Absorbance Capacity) - Per la determinazione dell‟attività antiossidante sono state eseguite analisi in coerenza con il protocollo descritto da Ou et al. (2001) Risultati e discussione Analisi hplc/ms degli estratti di O. tuna e O. ficus-indica - La caratterizzazione biochimica dei composti presenti in O. tuna ed O. ficus-indica è stata condotta mediante HPLC/MS ed ha consentito di identificare le betalaine contenute negli estratti e, utilizzando la retta di taratura per la betanina, di quantificarne i livelli nei vari campioni. In Fig. 1 è riportato il profilo UV a 540 nm relativo ad un campione di Opuntia tuna caratterizzato da frutti con polpa viola. La quantificazione dei contenuti in betalaine ha evidenziato una certa variabilità nei campioni di Opuntia tuna con valori compresi tra 0,33 (Campione 3), 0,56 (Campione 2) e 1,85 g/kg di polpa fresca (Campione 3). Il campione viola di Opuntia ficus-indica (Campione 4) contiene 0,54 g/kg, mentre quello bianco-verde (Campione 5) non contiene betalaine (Tab. 1). I valori sono stati calcolati utilizzando come standard la molecola betanina. Tali risultati sono simili a quanto riportato da Stintzing e collaboratori, che, nel 2005, hanno evidenziato che i frutti viola posseggono il maggior contenuto in betalaine, mentre è minore nei frutti rossi e arancio e quasi nullo nei frutti verdi. Inoltre, i valori di betanine riscontrati nei frutti di fico d‟india sono simili e in un caso addirittura superiori a quelli ritrovati da Gasztonyi e collaboratori (2001) su campioni di diverse varietà di barbabietole rosse (Beta vulgaris L.), specie da cui 163 normalmente si estraggono per scopi commerciali queste sostanze. I valori ritrovati da Gasztonyi et al. nelle barbabietole rosse sono pari a circa 0,40-0,50 g/kg. I frutti di O. tuna possono rappresentare quindi una valida alternativa alla barbabietola rossa come fonte primaria di betanina. Fenoli totali in estratti di polpa di fichi d‟India - L‟estratto grezzo ottenuto dalla polpa di fico d‟india è stato anche analizzato mediante metodo di Folin-Ciocalteau per quantificare il contenuto di fenoli totali. Il quantitativo di sostanze fenoliche totali è molto variabile nei 5 campioni analizzati, ed oscillano tra un valore di 0,531 g/Kg di estratto di polpa nel campione di Opuntia ficus-indica di colore bianco-verde (Campione 5), sino ad un valore 1,265 g/Kg nel Campione 2 (Tab. 1). In generale i valori riscontrati sono in linea con la letteratura (Stintzing et al., 2005), sebbene il campione 2 abbia evidenziato un quantitativo significativamente superiore. Attività antiossidante - I risultati mostrano che l‟attività antiossidante è compresa tra 8000 e 11050 µmol di trolox equivalenti per kg di polpa rispettivamente per il campione 5 e il campione 2 (Tab. 1). Tali risultati sono in accordo con quanto riportato da Stintzing (2005) per alcune varietà di fico d‟india cresciute in Salinas, California, USA. L‟attività antiossidante non sembra correlata al contenuto di betalaine come dimostra il basso valore di regressione ottenuto (R2 = 0,37) tra i dati dell‟attività antiossidante e quelli del contenuto in betanine. È stata osservata, invece, correlazione tra i contenuti in sostanze fenoliche ed attività antiossidante (R2 = 0,84). L‟attività antiossidante osservata è il risultato, quindi, di un effetto sinergico dovuto alla presenza di più classi di composti biologicamente attivi (fenoli) e non di una singola classe (betalaine). Conclusioni L‟analisi LC/MS effettuata sui frutti di fico d‟india ha consentito di identificare la presenza di betalaine presenti nei 5 campioni, in particolar modo la presenza di betanina e isobetanina. Tramite quest‟analisi è stato possibile quantificare il contenuto di betanina e delle betalaine totali all‟interno dei diversi campioni. Nel campione 1, caratterizzato da un intenso colore viola, è stato ritrovato un quantitativo di betalaine totali pari a 1,85 g/Kg. Quantità minori di betalaine totali si ritrovano negli altri campioni; in particolar modo un valore relativamente basso si ritrova nel campione 3, colorato di rosso, dove il contenuto di betalaine totali è di 0,33 g/Kg. Il campione 5, di colore giallo, è totalmente privo di betalaine. Si è visto dunque che il quantitativo di betalaine totali è maggiore in frutti colorati di viola. Attraverso il metodo Folin-Ciocalteau è stato quantificato il contenuto fenolico dei 5 campioni, con valori che variano da 0,531 a 1,265 g/Kg di estratto di polpa, dove il valore più basso lo si ritrova nel campione 3, mentre il valore più alto è stato ritrovato nel campione 2. L‟attività antiossidante, effettuata col metodo ORAC, varia tra 8000 e 11050 µmol Trolox equivalenti/kg di polpa. La migliore attività antiossidante è data dal campione 2, mentre il campione 5 è quello che ha presentato minore potere antiossidante. Questi risultati dipendono anche dal quantitativo di betalaine presenti nel campione ma non esclusivamente: infatti, il campione 5 privo di tali molecole mostra attività antiossidante inferiore rispetto agli altri campioni ma rimane comunque una attività notevole dovuta alla presenza di altre molecole, mentre il campione 2 colorato di viola presenta maggiore potere antiossidante nonostante un valore relativamente basso di betalaine totali. Da questi risultati si può dedurre che non esiste una corrispondenza diretta tra la quantità di betalaine e attività antiossidante, come evidenziato dal basso valore del coefficiente di correlazione (R2 = 0,37) tra l‟attività 164 antiossidante e il quantitativo di betalaine totali. Esiste invece una buona correlazione (R2 = 0,84) tra quantità di fenoli totali e attività antiossidante. I dati riportati in questo lavoro ci consentono di affermare che l‟assunzione dei frutti di fico d‟india può portare notevoli benefici alla salute, poiché grazie al loro potere antiossidante possono svolgere azioni di prevenzione verso numerose patologie gravi dovute dalla liberazione dei radicali liberi. Inoltre, questi frutti se utilizzati come fonte primaria di coloranti naturali per prodotti alimentari a livello commerciale, possono rappresentare una importante alternativa a sostanze di sintesi, potenzialmente pericolose per l‟uomo. Bibliografia AZEREDO H.M.C., 2006, Betalains: properties, sources, applications, and stability-a review. International Journal of Food and Technology, 44, 2365-2376. CASTELLANOS-SANTIAGO E., YAHIA E.M., 2008; Identification and qualification of Betalains from the fruit oh 10 Mexican Prickly Pear Cultivars by High-Performance Liquid Chromatography and Electrospray Ionization Mass Spectrometry. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 56: 5758-5764. GASZTONYI M. N., DAOOD H., HÁJOS M.T., BIACS P., 2001, Comparison of red beet (Beta vulgaris var. conditiva) varieties on the basis of their pigment components. Journal of the Science of Food and Agriculture, 81: 932-933. HINZ U.G., FIVAZ J., GIROD P.A., ZYRD J.P., 1997. The gene coding for the DOPA dioxygenase involved in betalain biosynthesis in Amanita muscaria and its regulation. Molecular Genetics and Genomics, 256: 1-6. OU B., HAMPSCH-WOODILL M., PRIOR R.L., 2001, Development and validation of an improved oxygen radical absorbance capacity assay using fluorescein as the fluorescent probe. Journal of agricultural and food chemistry, 49, 4619-4626. STINTZING F.C., HERBACH K.M., MOSSHAMMER M.R., CARLE R., YI W., SELLAPPAN S., AKON C.C., BUNCH R., FELKER P., 2005, Color, betalain pattern, and antioxidant properties of cactus pear (Opuntia spp) clones. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 53, 442-451. XIAO-HONG H., ZHAO-JIAN G., XING-GUO X., 2009, Enzymes and genes involved in the betalain biosinthesis in higher plants. African Journal of Biotechnology, 8 (24): 67356744. WOLFRAM R., BUDINSKY A., EFTHIMIOU Y., STOMATOPOULOS J., OGUOGHO A., SINZINGER H. 2003; Daily prickly pear consumption improves platelet function. Prostaglandins, Leukotrienes and Essential Fatty Acids, 69: 61-66. 165 Tab. 1. Valori dei contenuti in betalaine, sostanze fenoliche e attività antiossidante relative ai cinque campioni di O. tuna e O. ficus-indica. I valori sono espressi in g per kg di polpa per le colonne relative al contenuto in betalaine ed in sostanze fenoliche totali. L‟attività antiossidante è espressa in µmol di trolox equivalenti per kg di polpa fresca. Tab. 1. Betalain, phenolic compounds and antioxidant activity of five samples of O. tuna and O. ficusindica. Values are reported as gram per kg of fresh weight in total phenolic and betalain columns. The antioxidant activity is reported as µmol of Trolox equivalent per kg of fresh pulp. Campione Betalaine totali (betanin, g/kg) 1 2 3 4 5 1,85 ± 0,21 0,56 ± 0,12 0,33 ± 0,09 0,54 ± 0,22 0,00 ± 0,00 Sostanze fenoliche totali (GAE, g/kg) 0,690 ± 0,030 1,265 ± 0,046 0,531 ± 0,027 0,733 ± 0,033 0,533 ± 0,061 166 Attività antiossidante (µmol Trolox equivalenti/kg) 9650 ± 50 11050 ± 170 8700 ± 220 9800 ± 290 8000 ± 270 Betanina Isobetanina Fig. 1. Cromatogramma UV/vis registrato a 540 nm di O.tuna (campione 1). Fig. 1. 540 nm UV/vis Chromatogram relative to O.tuna sample 1. 167 2.25. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE COMPONENTE VOLATILE DI VINI BIANCHI DELLA REGIONE PUGLIA SULLA INFLUENCE OF WINEMAKING TECHNIQUES ON VOLATILE COMPOUNDS OF APULIAN WHITE WINES Sandra PATI1, Domenico LA NOTTE1, Maria Lisa CLODOVEO2, Mariagiovanna FRAGASSO1, Barbara LA GATTA1, Donato ANTONACCI3 1 Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni biotecnologiche per la sicurezza e la valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università di Foggia, via Napoli 25, 71100 Foggia, Italia (Food Quality and Health Research Center, University of Foggia) 2 DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia (Department of Engineering and management of the agricultural, livestock and forest systems, University of Bari) 3 CRA-UTV, Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo (Turi BA) Via Casamassima, 148 - 70010 - Turi, Italia (CRA-UTV, Research Unit for table grape and wine growing and wine producing in Mediterranean environment) Riassunto Importanti innovazioni nelle tecniche di vinificazione in bianco hanno come obiettivo la produzione di vini con esaltate caratteristiche qualitative, in particolare dai tratti aromatici più spiccati. In questa nota è stata studiata l‟influenza sui componenti volatili di vini da uve Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano e Fiano, coltivate nella Regione Puglia, prodotti mediante macerazione pre-fermentativa a freddo del pigia-diraspato, e mediante fermentazione in ambiente ridotto per aggiunta di glutatione. La macerazione pre-fermentativa a freddo ha favorito un maggior arricchimento in sostanze volatili del vino da uva Falanghina, per una maggiore presenza di alcoli e di esteri. Nella frazione volatile libera dei vini da Bombino Bianco la criomacerazione ha permesso una maggiore estrazione dei composti varietali a 6 atomi di carbonio a note erbacee (1-esanolo, cis e trans 3-esen-1-olo). Le note fruttate hanno partecipato in modo significativo al profilo aromatico dei vini Trebbiano e tale aroma è stato apportato essenzialmente dagli esteri etilici degli acidi grassi a media e corta catena e da alcuni acetati, prodotti durante la fermentazione alcolica. La criomacerazione non ha incrementato la formazione di composti volatili, mentre la vinificazione con aggiunta di glutatione ha favorito una maggiore produzione di esteri, in particolare del decanoato di etile e dell‟etil-idrogeno succinato. Infine, l‟impiego del ghiaccio secco nel Fiano ha comportato una maggiore presenza di composti volatili, in particolare terpeni, rispetto al testimone e a quello ottenuto con aggiunta di glutatione. Parole chiave: vini bianchi, tecnologie di vinificazione, composti volatili Abstract Important innovations in white winemaking are aimed to the production of wines with enhanced quality, in particular with improved aroma characteristics. The influence of cold pre-fermentative maceration and of glutathione addition on volatile compounds of Apulian Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano and Fiano wines was reported in this study. The use of dry ice caused an enrichment of volatile compounds in Falanghina wine, due to alcohols and esters. Moreover, the cold pre-fermentative maceration allowed an enhanced 168 extraction of herbaceous C6 compounds (1-hexanol, cis and trans 3-hexen-1-ol) in Bombino Bianco wines. Fruity notes significantly contributed to the aroma profile of Trebbiano wines due to acetates and ethyl esters of medium and short chain fatty acids produced during alcoholic fermentation. The cold pre-fermentative maceration did not increase the formation of volatile compounds, whereas vinification by glutathione addition caused a major production of esters, particularly ethyl decanoate and ethyl hydrogen succinate. Finally, the use of dry ice for Fiano winemaking allowed a major presence of terpenes with respect to both the traditional and reductive vinification. Keywords: white wines, winemaking technologies, volatile compounds Introduzione L‟aroma dei vini mostra un profilo chimico estremamente complesso, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Diverse centinaia di composti aromatici sono stati identificati con concentrazioni che variano tra le centinaia di mg/L ai ng/L; inoltre sono coinvolte diverse classi di composti, che comprendono idrocarburi, alcoli, esteri, aldeidi, chetoni, acidi, eteri, lattoni, composti solforati e azotati. Diverse tecnologie di vinificazione, tra le quali la criomacerazione pre-fermentativa del pigiadiraspato con ghiaccio secco e la fermentazione in ambiente ridotto per aggiunta di glutatione, sono state proposte per favorire il potenziamento e la protezione della componente volatile. La macerazione a freddo delle bucce nella fase prefermentativa ottenuta mediante aggiunta di ghiaccio secco comporta infatti una maggiore estrazione di composti volatili e loro precursori, e la loro protezione per l‟azione inibente della bassa temperatura sulle reazioni di ossidazione dei componenti estratti (Álvarez et al., 2006). Per quanto riguarda l‟utilizzo di glutatione in vinificazione, i suoi effetti inibitori nei confronti del naturale decremento di alcuni composti volatili durante la conservazione del vino sono stati riportati da Papadopoulou e Roussis (2001), dimostrando la capacità del glutatione di proteggere l‟aroma dai processi ossidativi. Nel presente lavoro, è stata studiata la componente volatile di vini bianchi prodotti da uve di importanti cultivar, coltivate nella Regione Puglia, utilizzando tecnologie di vinificazione mediante criomacerazione pre-fermentativa e ambiente di iper-riduzione al fine di realizzare vini con miglioramenti nelle caratteristiche qualitative. Materiali e metodi Uve Falanghina, Bombino Bianco, Trebbiano e Fiano (100 Kg), dell‟Alto Tavoliere-FG, sono state sottoposte a vinificazione con macerazione prefermentativa a freddo, mediante ghiaccio secco, e a vinificazione in ambiente ridotto, mediante aggiunta di glutatione, in impianto pilota. Le uve controllo sono state vinificate con tecnologia di vinificazione in bianco. Dopo diraspapigiatura delle uve e sgrondatura del pigiato, il mosto è stato chiarificato a 8-10°C per 12 ore, previa addizione di 5g/hL di metabisolfito di potassio, e posto a fermentare, alla temperatura di 18°C, dopo ulteriore aggiunta di 5g/hL di metabisolfito di potassio, 15g/hL di lievito secco attivo opportunamente attivato (Saccharomices Cerevisiae), e 25 g/hL di attivatore di lievito (AEB Group SpA, Bologna). Al termine della fermentazione lenta e successivo deposito delle fecce, il vino è stato sottoposto a successivi travasi fino all‟illimpidimento completo, ed imbottigliato. 169 Per le vinificazioni con tecnologie differenti si è proceduto a modifiche rispetto al precedente protocollo, come di seguito indicato: - la macerazione prefermentativa a freddo è stata realizzata addizionando direttamente al pigiato anidride carbonica in forma solida (12 kg/q di pigiato) fino a raggiungere la temperatura di 5°C. Il pigiato è stato mantenuto a tale temperatura per circa 16 ore. - la vinificazione in ambiente ridotto è stata effettuata mediante aggiunta sul pigiato di 5g/hL di glutatione (AEB) e 20g/hL di un preparato a base di potassio pirosolfato, acido ascorbico e tannino puro (Fermoplus Energy Glu, AEB). La frazione volatile libera dei vini (3 repliche) è stata determinata mediante estrazione in fase solida e successiva analisi GC/MS (Piñeiro et al., 2004), dopo 6 mesi di conservazione. I componenti volatili sono stati identificati mediante confronto degli spettri sperimentali con quelli riportati nella libreria NIST02 e con quelli ottenuti iniettando standard puri. L‟analisi quantitativa dei componenti volatili è stata eseguita mediante allestimento di rette di taratura. Il range di concentrazione considerato per la retta di calibrazione di ciascuna molecola includeva i valori tipicamente riscontrati nei vini. I valori di R2 ottenuti sono risultati superiori a 0.99. I dati sperimentali sono stati sottoposti all'analisi della varianza ad una via (ANOVA, test di Duncan) attraverso il software STATISTICA 6.0, con l'obiettivo di evidenziare le differenze statisticamente significative. Risultati e discussione I componenti volatili derivanti dalla fermentazione alcolica, quali alcoli, esteri etilici, acetati e acidi grassi, costituiscono la frazione volatile principale dei vini analizzati. Le note fruttate tipiche del profilo aromatico dei vini bianchi sono essenzialmente dovute agli esteri etilici degli acidi grassi a media e corta catena e ad alcuni acetati, prodotti durante la fermentazione alcolica. La macerazione prefermentativa a freddo si è dimostrata efficace per l‟esaltazione della componente volatile dei vini Falanghina e Fiano, come evidenziato nel grafico 1a,c. I vini Falanghina ottenuti con questa tecnologia infatti hanno evidenziato una maggiore concentrazione di alcoli (22,8% rispetto al test) ed esteri (43,7% rispetto al test). Tra gli alcoli i principali sono stati l‟1-butanolo, l‟1-propanolo, gli alcoli isoamilici e il feniletilalcol, questi ultimi due largamente superiori alle proprie concentrazioni soglia; tra gli esteri, il butanoato, l‟esilacetato, l‟ottanoato e il decanoato di etile, con odori piacevoli di cera e di miele, sono risultati presenti in concentrazioni superiori alle rispettive soglie di percezione olfattiva. Tale risultato è confermato da quanto riportato da Selli et al. (2004) dove la macerazione prefermentativa a freddo ha permesso una migliore estrazione di terpeni ed esteri etilici, con conseguente aumento delle note floreali e fruttate nel corrispondente vino. Nei vini Fiano ottenuti dalla macerazione prefermentativa a freddo i risultati ottenuti hanno confermato le note potenzialità aromatiche delle uve. Infatti, oltre ad un incremento del 32,4% di esteri (esanoato, lattato, ottanoato e decanoato di etile) e del 6,7% di alcol, è stato osservato un incremento pari al 40,2 % di composti varietali, in particolare terpeni (citronellolo, linalolo, α-terpineolo, nerolo e geraniolo) ed alcoli a 6 atomi di carbonio (1-esanolo, cis e trans 3-esen-1-olo). Ciò è confermato da quanto riportato da Esti and Tamborra (2006) sull‟influenza di questa pratica enologica nell‟aumentare considerevolmente i precursori d‟aroma. Inoltre, si è evidenziato un incremento degli acidi grassi, i quali nonostante sia noto apportino note sgradevoli descritte come formaggio e/o rancido, sono ritenuti essere correlati positivamente alla qualità dei vini (Marais e Pool, 1980) in quanto correlati al contenuto in esteri etilici. La criomacerazione ne ha comportato un maggior contenuto, soprattutto dell‟acido decanoico. Per quanto riguarda i vini Bombino Bianco e Trebbiano ottenuti con 170 criomacerazione, i primi non hanno evidenziato variazioni significative nel profilo volatile (+6,1%), mentre i secondi hanno mostrato un leggero decremento degli stessi rispetto al test (14,8%). Questi ultimi due vini hanno evidenziato miglioramenti per quanto riguarda il contenuto di alcuni esteri etilici e acetati e acidi grassi quando prodotti in ambiente ridotto mediante glutatione. Tali incrementi però non hanno comportato complessivamente un aumento del contenuto totale di acidi, esteri ed alcoli (Fig. 1b, 1d) per i vini dei due vitigni. In particolare il Bombino ha evidenziato un aumento del contenuto di isoamilacetato e 2feniletilacetato. Interessanti sono stati i dati relativi ad alcuni composti varietali dalle note erbacee, quali gli alcoli a 6 atomi di carbonio (1-esanolo, cis e trans 3-esen-1-olo), determinati in quantità di poco inferiori alle proprie soglie di percezione. Per il Trebbiano, è stato osservato un incremento degli acidi e degli esteri butanoato di etile, isoamil acetato, decanoato di etile ed etil idrogeno succinato con concentrazioni superiori alle rispettive soglie di percezione. Nel caso del Fiano e Falanghina, i vini quando prodotti in ambiente ridotto mediante glutatione non hanno evidenziato differenze significative rispetto al test, ad eccezione di un decremento degli alcoli verificato per i vini Fiano (- 12,1%). Conclusioni La criomacerazione ha favorito un maggior arricchimento in sostanze volatili nei vini Falanghina e Fiano, mentre i vini Trebbiano hanno mostrato un leggero decremento ed i vini Bombino Bianco non hanno evidenziato variazioni significative. Per quanto riguarda l‟effetto dell‟aggiunta di glutatione i vini delle quattro cultivar studiate non hanno evidenziato differenze significative nel contenuto totale di acidi, esteri ed alcoli rispetto al test, anche se è stato osservata una maggiore formazione di alcuni esteri per i vini Bombino bianco e Trebbiano. L‟impiego di questo antiossidante naturale dell‟uva, e quindi anche il suo incremento può contribuire a diminuire le dosi di antiossidanti aggiunti, come l‟anidride solforosa, utilizzata nella normale pratica di cantina. Ringraziamenti La ricerca è stata finanziata dal Ministero dell‟Economia e delle Finanze, Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e l‟Assessorato Bilancio e Programmazione Regione Puglia dal programma „„Accordo di Programma Quadro in Materia di Ricerca Scientifica della Regione Puglia - Progetto Strategico PS 042 dal titolo „„Miglioramento e valorizzazione dell‟espressione varietale della produzione enologica della Puglia‟‟. Bibliografia ÁLVAREZ I., ALEIXANDRE J.L., GARCIA M.J., LIZAMA V., 2006. Impact of prefermentative maceration on the phenolic and volatile compounds in Monastrell red wines. Analytica Chimica Acta, 563: 109-115. ESTI M., TAMBORRA P., 2006. Influence of winemaking techniques on aroma precursors. Analytica Chimica Acta, 563: 173-179. PAPADOPOULOU D., ROUSSIS I.G., 2001. Inhibition of the decline of linalool and aterpineol in Muscat wines by glutathione and N-acetyl-cysteine. Italian Journal of Food Science, 4: 413-419. PIÑEIRO Z., PALMA M., BARROSO C.G., 2004. Determination of terpenoids in wines by solid phase extraction and gas chromatography. Analytica Chimica Acta, 513: 209-214. SELLI S., CABAROGLU T., CANBAS A., ERTEN H., NURGEL C., LEPOUTRE J.P., 171 GUNATA Z. 2004. Volatile composition of red wine from cv. Kalecik Karasi grown in central Anatolia. Food Chemistry, 85: 207-213. a) b) 500 350 300 400 250 300 200 200 150 100 100 50 0 0 Altri test Acidi Esteri ghiaccio secco Alcoli Altri glutatione test Acidi ghiaccio secco Esteri Alcoli glutatione 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 500 400 300 200 100 0 Altri Acidi Esteri test ghiaccio secco Alcoli Altri Terpeni test glutatione Acidi ghiaccio secco Esteri Alcoli glutatione Fig. 1a-c. Composti volatili determinati nei vini Falanghina (a), Bombino Bianco (b), Fiano (c) e Trebbiano (d) ottenuti con diverse tecnologie di vinificazione. Fig. 1a-c. Volatile compounds determined in Falanghina (a), Bombino Bianco (b), Fiano (c) and Trebbiano (d) wines obtained by different winemaking technologies. 172 2.26. INFLUENZA DI ALCUNE TECNOLOGIE ENOLOGICHE COMPONENTE VOLATILE DI VINI ROSSI DELLA REGIONE PUGLIA SULLA INFLUENCE OF WINEMAKING TECHNIQUES ON VOLATILE COMPOUNDS OF APULIAN RED WINES Sandra PATI1, Domenico LA NOTTE1, Maria Lisa CLODOVEO2, Mariagiovanna FRAGASSO1, Barbara LA GATTA1, Antonio COLETTA3 1 Bioagromed: Istituto per la ricerca e le applicazioni biotecnologiche per la sicurezza e la valorizzazione dei prodotti tipici e di qualità Università di Foggia, via Napoli 25, 71100 Foggia, Italia (Food Quality and Health Research Center, University of Foggia) 2 DISAAT- Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari, Via Amendola 165/A, 70126 Bari, Italia (Department of Engineering and management of the agricultural, livestock and forest systems, University of Bari) 3 CRA-UTV, Unità di ricerca per l‟uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo (Turi BA) Via Casamassima, 148 - 70010 - Turi, Italia (CRA-UTV, Research Unit for table grape and wine growing and wine producing in Mediterranean environment) Riassunto Le tecnologie di vinificazione influenzano l‟estrazione e l‟evoluzione dei composti fenolici e volatili, incidendo di conseguenza sulle caratteristiche qualitative dei vini. È stata studiata l‟influenza di diverse variabili tecnologiche (macerazione pre-fermentativa a freddo del pigiadiraspato, utilizzo di coadiuvanti tannici, prolungamento dei tempi di macerazione), sulla vinificazione di uve Aglianico, Uva di Troia, e Montepulciano, coltivate nella Regione Puglia. In questa nota sono riportati i principali risultati evidenziati dallo studio dei componenti volatili rilevati nei vini prodotti con i diversi sistemi di vinificazione. Sono stati determinati numerosi composti, quali alcoli, acidi, esteri, aldeidi, chetoni, fenoli volatili che costituiscono la frazione volatile preponderante del flavour di vini giovani, svolgendo un ruolo primario nella definizione delle tipiche note fruttate. Per tutti i vini oggetto di studio, in particolare per quello ottenuto da Uva di Troia, la tecnologia di vinificazione che ha permesso di ottenere i migliori risultati sui componenti volatili è stata la macerazione pre-fermentativa a freddo, effettuata con l‟utilizzo di ghiaccio secco, che ha determinato un significativo aumento di alcoli ed esteri, con concentrazioni superiori alle soglie di percezione olfattiva. Parole chiave: vini rossi, tecnologie di vinificazione, composti volatili Abstract Winemaking techniques are well-known to influence extraction and evolution of phenolics and volatile compounds, affecting in turn on the wine quality. The influence of several technological variables (cold pre-fermentative maceration, addition of tannins, long maceration) on the vinification of Apulian Aglianico, Uva di Troia, and Montepulciano grapes was studied. The main results regarding volatile compounds as affected by the several vinification parameters were here reported. Numerous compounds were determined, including alcohols, acids, esters, aldehydes, ketones, volatile phenols, which constitute the main components of flavour of young wines contributing with typical fruity notes. For all wines, especially the one obtained from Uva di Troia, cold 173 pre-fermentative maceration with the use of dry ice was the technology which caused the most enrichment of alcohols and esters, at a concentration higher than the sensory thresholds. Keywords: red wines, winemaking technologies, volatile compounds Introduzione Le tecnologie di vinificazione, sia quelle prefermentative che quelle condotte nel corso della fermentazione e quelle nel corso dell‟elaborazione ed invecchiamento del vino, favorendo l‟estrazione dalle parti solide di molecole e/o agendo sul loro biochimismo influenzano la composizione dei diversi costituenti ed in particolare la frazione volatile del vino, responsabile di note sensoriali (Piñeiro et al., 2006). La criomacerazione in ambiente di CO2 può facilitare l‟estrazione di molecole volatili e loro precursori dalle parti solide, e la loro protezione per l‟azione inibente della bassa temperatura sulle reazioni di ossidazione dei componenti estratti (Álvarez et al., 2006). Anche il prolungarsi della macerazione o le aggiunte di costituenti tannici, che predispongono il vino all‟invecchiamento, possono consentire miglioramenti nella composizione del prodotto finito (Gambacorta et al., 2011). Tali tecnologie, oltre che influenzare la frazione fenolica, possono favorire la presenza di molecole odorose o potenzialmente odorose (precursori), provenienti dall‟uva, oppure formate nel corso della fermentazione, o della elaborazione ed invecchiamento, e quindi possono essere responsabili di fondamentali caratteristiche chimiche e sensoriali dei vini. In questa nota sono riportati i risultati rilevati sulla componente volatile di vini rossi prodotti da uve di importanti cultivar, coltivate nella Regione Puglia, con tecnologie di vinificazione differenti, realizzate per verificare la loro influenza sulle caratteristiche qualitative del vino. Materiali e metodi Uve delle cv Aglianico (Alta Murgia-BA), Uva di Troia (Alta Murgia-BA), e Montepulciano dell‟Alto Tavoliere-FG sono state vinificate sperimentando la criomacerazione, l‟aggiunta di tannini ellagici e l‟utilizzo di macerazioni prolungate (10 giorni). Le uve (100 Kg) sono state vinificate, in impianto pilota, con tecnologia standard di vinificazione in rosso, secondo il seguente protocollo. Dopo pigiadiraspatura dell‟uva, il pigiato è stato addizionato di 10 g/hL di metabisolfito di potassio, 15 g/hL di lievito secco opportunamente attivato, (Saccharomices Cerevisiae), e 25 g/hL di attivatore di lievito (preparazione a base di fosfato di ammonio bibasico, tiamina cloridrata, pareti delle cellule di lievito e cellulosa). La macerazione/fermentazione è stata condotta a 25°C per 5 giorni effettuando 2 follature/giorno. Il mosto-vino ottenuto per sgrondatura, dopo fermentazione lenta e successivo deposito delle fecce, è stato travasato e conservato a temperatura ambiente. Dopo una serie di altri opportuni travasi per eliminare le fecce leggere, il vino è stato imbottigliato. Le vinificazioni con tecnologie differenti sono state effettuate, con modifiche rispetto al precedente protocollo come di seguito riportato: - utilizzo della criomacerazione, effettuata addizionando al pigia-diraspato CO2 in forma solida, (circa 12 kg/q di pigiato) fino al raggiungimento della temperatura di 5°C, e mantenendo tale temperatura per circa 24 ore, in serbatoio termo-condizionato; - aggiunta di coadiuvanti tannici (tannini ellagici) al pigiato, in quantità pari a 10 g/q; - prolungamento del tempo di macerazione da 5 a 10 giorni. La valutazione dell‟idoneità delle diverse tecnologie enologiche applicate alle diverse cultivar è stata effettuata mediante la caratterizzazione del vino dopo 8 mesi di conservazione. 174 La frazione volatile libera dei vini (3 repliche) è stata determinata mediante estrazione in fase solida e successiva analisi GC/MS (Piñeiro et al., 2004). I componenti volatili sono stati identificati mediante confronto degli spettri sperimentali con quelli riportati nella libreria NIST02 e con quelli ottenuti iniettando standard puri. L‟analisi quantitativa dei componenti volatili è stata eseguita mediante allestimento di rette di taratura. Il range di concentrazione considerato per la retta di calibrazione di ciascuna molecola includeva i valori tipicamente riscontrati nei vini. I valori di R2 ottenuti sono risultati superiori a 0.99. I dati sperimentali sono stati sottoposti all'analisi della varianza ad una via (ANOVA, test di Duncan) attraverso il software STATISTICA 6.0, con l'obiettivo di evidenziare le differenze statisticamente significative. Risultati e discussione Sono stati rilevati numerosi componenti volatili, quali alcoli alifatici e aromatici, acidi grassi, esteri etilici ed acetati, aldeidi/chetoni, fenoli, derivanti dalla fermentazione, che costituiscono comunemente la frazione volatile preponderante del flavour di vini giovani, e svolgono un ruolo fondamentale nella definizione delle tipiche note fruttate di tali vini. I vini Aglianico ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato un contenuto di alcoli pari all‟80,3% dei componenti volatili, di esteri pari all‟11,9 e di acidi pari al 7,7 % (Fig.1). Si è riscontrato un significativo ammontare di composti aromatici (feniletilalcol, butanoato, esanoato e decanoato di etile) dalle note fruttate, con concentrazioni superiori alle soglie di percezione olfattiva. Nei vini prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo, rispetto a quelli prodotti con le altre tecnologie, si è osservato una più alta presenza di composti volatili. Rispetto al test nei vini prodotti con la criomacerazione a freddo i composti volatili sono aumentati complessivamente del 3,1%, tra i quali gli esteri hanno presentato un incremento del 4,9% per un incremento di butanoato di etile, isoamilacetato, esanoato di etile, etilacetato, lattato di etile, ottanoato di etile, ac. 3-idrossibutan-etilestere, decanoato di etile e ac. acetico-2-feniletilestere; gli alcoli del 4,4% con incremento di alcoli isoamilici, 1pentanolo, 4-metil-1-pentanolo, esanolo, 3-esenolo(E), 2,3-butandiolo e feniletilalcol, mentre gli acidi sono diminuiti dell‟1,0%. I vini da Uva di Troia ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato che gli alcoli sono risultati l‟82,8 % dei componenti volatili, gli esteri l‟11,6 % e gli acidi il 5,6 %. Anche per tali vini si è osservato una più alta presenza di composti volatili in quelli prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo, rispetto a quelli prodotti con le altre tecnologie. Nei vini prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo, rispetto al test si è evidenziato un incremento di alcoli del 22,4% con incremento di 1-propanolo, 2-metil-1-propanolo, alcoli isoamilici, 3-esen-1-olo(Z), 2,3-butandiolo, metionolo, benzilalcol e feniletilalcol, una maggiore formazione di esteri pari all‟11,8% con incremento di lattato di etile, decanoato di etile, acido butandioico dietilestere, etil-9-decenoato ed etil-idrogeno succinato, ed una diminuzione degli acidi del 10,8%, con un incremento complessivo di composti volatili del 19,3% (Fig. 2) . I vini Montepulciano ottenuti mediante vinificazione tradizionale hanno mostrato che gli alcoli sono risultati l‟ 85,0 % dei componenti volatili, gli esteri il 7,4% e gli acidi il 7,5 %. Anche per tali vini, si è osservato una più alta presenza di composti volatili in quelli prodotti con la macerazione prefermentativa a freddo (Fig. 3). L‟impiego del ghiaccio secco ha comportato una maggiore formazione di composti volatili (10,2%) rispetto al test. In particolare gli alcol sono aumentati del 10,3% per incremento di 1-butanolo, alcoli isoamilici, esanolo, 3-esen-1-olo(Z), 2,3-butandiolo, metionolo, benzilalcol e feniletilalcol e gli esteri del 175 9,3% con incremento di lattato di etile, ottanoato di etile, ac. 3-idrossibutan-etilestere, decanoato di etile, dietilsuccinato, l‟ac.acetico-2-feniletilestere e il dietilmalato. Le tecnologie di vinificazione con aggiunta di tannini e macerazione prolungata hanno comportato tenori superiori in alcoli rispetto al test, ma comunque inferiori rispetto al criomacerato. In particolare per quanto riguarda gli esteri, i vini ottenuti con le diverse pratiche enologiche, eccetto la criomacerazione, hanno presentato valori inferiori al testimone. È da osservare, infine, che in nessun vino si è riscontrata la presenza di aromi primari essendo noto che le uve oggetto di studio sono a carattere neutro. Conclusioni Tra le diverse tecnologie sperimentate riguardanti la condotta della macerazione e vinificazione di uve a bacca nera Aglianico, Uva di Troia, Montepulciano si evince che la macerazione pre-fermentativa a freddo si è dimostrata quella più efficace per favorire l‟espressione aromatica dei vini, soprattutto nel caso dell‟Uva di Troia. La decomposizione delle bucce dell‟uva, prodotta dall‟impiego del ghiaccio secco, infatti, ha presumibilmente incrementato la presenza di molecole responsabili della formazione di composti volatili, e di conseguenza ha causato un significativo aumento dei composti ad impatto odoroso, in particolare di alcoli ed esteri. Ringraziamenti La ricerca è stata finanziata dal Ministero dell‟Economia e delle Finanze, Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e l‟Assessorato Bilancio e Programmazione Regione Puglia dal programma „„Accordo di Programma Quadro in Materia di Ricerca Scientifica della Regione Puglia - Progetto Strategico PS 042 dal titolo „„Miglioramento e valorizzazione dell‟espressione varietale della produzione enologica della Puglia‟‟ Bibliografia ÁLVAREZ I., ALEIXANDRE J.L., GARCIA M.J., LIZAMA V., 2006. Impact of prefermentative maceration on the phenolic and volatile compounds in Monastrell red wines. Analytica Chimica Acta, 563: 109-115. GAMBACORTA G., ANTONACCI D., PATI S., LA GATTA M., FACCIA M., COLETTA A., LA NOTTE E. 2011. Influence of winemaking technologies on phenolic composition of Italian red wines. European Food Research and Technology, 233: 1057-1066. PIÑEIRO Z., PALMA M., BARROSO C.G., 2004. Determination of terpenoids in wines by solid phase extraction and gas chromatography. Analytica Chimica Acta, 513: 209-214. PIÑEIRO Z., NATERA R., CASTRO R., PALMA M., PUERTAS B., BARROSO C.G., 2006. Characterisation of volatile fraction of monovarietal wines: Influence of winemaking practices. Analytica Chimica Acta, 563: 165-172. 176 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 Altri test Acidi ghiaccio secco Esteri Alcoli coadiuvanti tannici mac prolungata Fig.1. Composti volatili determinati nei vini Aglianico ottenuti con le diverse tecnologie. Fig. 1. Volatile compounds determined in Aglianico wines obtained by different winemaking technologies. 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 test Acidi ghiaccio secco Esteri Alcoli coadiuvanti tannici mac prolungata Fig. 2. Composti volatili determinati nei vini Uva di Troia ottenuti con le diverse tecnologie. Fig. 2. Volatile compounds determined in Uva di Troia wines obtained by different winemaking technologies. 600 500 400 300 200 100 0 Altri test ghiaccio secco Acidi Esteri coadiuvanti tannici Alcoli mac prolungata Fig. 3. Composti volatili determinati nei vini Montepulciano ottenuti con le diverse tecnologie. Fig. 3. Volatile compounds determined in Montepulciano wines obtained by different winemaking technologies. 177 2.27. RECUPERO E CARATTERIZZAZIONE MORFOLOGICA, PRODUTTIVA E QUALITATIVA DELLA PATATA “RICCIONA DI NAPOLI” RECOVERY AND MORPHOLOGICAL, PRODUCTIVE AND QUALITATIVE CHARACTERISATION OF “RICCIONA DI NAPOLI” AN ANCIENT POTATO CULTIVAR Alfonso PENTANGELO1, Bruno PARISI2, Ernesto LAHOZ1, Marco IANNUCCI2, Gerardo GAUDIANO3, Assunta DI MAURO4 1 Unità di Ricerca per le Colture Alternative al Tabacco (CRA-CAT), via P. Vitiello, 108 84014 Scafati (SA), [email protected] 2 Centro di Ricerca per le Colture Industriali (CRA-CIN), via di Corticella, 133 - 40128 Bologna 3 OP Campania Patate scarl, Via dei Goti, 408 - 84012 Angri (SA) 4 Assessorato Agricoltura, Giunta Regionale della Campania, Settore SIRCA, Centro Direzionale Isola A6 - 80143 Napoli Riassunto La patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata una delle varietà locali di patata più coltivata in Campania fino agli anni ‟30; attualmente la sua coltivazione è limitata a qualche orto familiare dove viene ancora conservata e moltiplicata da agricoltori-custodi. Il recupero dei tuberi di Ricciona è avvenuto nel comprensorio della Penisola Sorrentina. Una prima fase di questa attività ha previsto il risanamento del materiale, completamente infetto dai principali fitovirus della patata, presso il SASA (Science and Advice for Scottish Agriculture) e l‟avvio di un preliminare programma di moltiplicazione di tuberi-seme in un areale di montagna italiano vocato alla produzione di patata da seme (Val Pulsteria, BZ). Nel biennio 2011-12, la Ricciona è stata confrontata con quattro storiche varietà di patata (Draga, Eigenheimer, Kennebec e Allerfrüheste Gelbe) alquanto diffuse in Campania nel passato. Le prove, condotte nell‟agro Nocerino-Sarnese, hanno previsto la caratterizzazione morfologica della Ricciona effettuata secondo il protocollo CPVO (TP 023/2) per la distinguibilità, uniformità e stabilità della patata (DUS test). Le osservazioni sulle varietà a confronto hanno riguardato anche la produttività, i principali aspetti qualitativi dei tuberi, la valutazione culinaria e l‟evoluzione del germogliamento dei tuberi durante la conservazione. La Ricciona si è nettamente distinta dalle altre varietà a confronto evidenziando piante molto alte, a portamento eretto, con fioritura copiosa e prolungata, caratterizzate da epoca di maturazione molto tardiva (fine luglio); i tuberi di forma arrotondata con periderma di colore giallo e pasta bianco-crema, presentano occhi molto profondi ed elevato periodo di dormienza (>3 mesi, in assenza di frigostoccaggio e trattamento antigermogliante post-raccolta). La produttività è risultata buona anche se significativamente più bassa della migliore varietà di riferimento (Kennebec). Elevato è risultato il tasso di tuberizzazione (poco meno di 20 tuberi/pianta), mentre la pezzatura dei tuberi si è mantenuta contenuta nella classe di calibro commerciale (40-75 mm). Il contenuto di sostanza secca dei tuberi è risultato abbastanza elevato (intorno al 19%), mentre la polpa è apparsa di media consistenza, debolmente farinosa, struttura fine e poco umida, assimilabile alla tipologia culinaria di classe B, ovvero tuberi adatti a tutti gli usi. I tuberi di Ricciona sono caratterizzati da elevata dormienza. La patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata iscritta nel Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione con DM 11/4/2012, pubblicato nella GU n. 101 del 2/5/2012. Parole chiave: patata, germoplasma, varietà locale, salvaguardia biodiversità 178 Abstract The ancient potato variety locally named “Ricciona di Napoli” was one of the most cutivated in Campania up to the „30s. Currently, its cropping is confined in some kitchen gardens where it is preserved and multiplied by farmers custodian. The recovery of the tubers of Ricciona happened in Penisola Sorrentina. In a first phase it was carried out at SASA (Science and Advice for Scottish Agriculture) the eradication of the main potato viruses from the recovered tubers. Successively, a multiplication program of seed potatoes started in a suitable Italian mountain area (Val Pusteria, Bolzano). In the period 2011-2012, the potato Ricciona was compared to four old potato varieties (Draga, Eigenheimer, Kennebec, Tonda di Berlino) well known and cropped in Campania in the past years. Trials were conducted in Agro Nocerino-Sarnese with the aim to describe the morphological characteristics of Ricciona for DUS testing according to descriptors list by CPVO-TP 023/2 protocol. The compared varieties were also looked for the yield, the main qualitative traits of tubers and their culinary assessment. A clear distinctness was made between Ricciona and the other varieties. Indeed, Ricciona showed very high and erected plants, with abundant and prolonged flowering period, very late ripening (end of July). Tubers have a round shape with yellow skin and cream-white flesh, very deep eyes with a long dormancy period (> 3 months without refrigeration and postharvest chemical suppressant treatment to control sprouting). Potato yield was good but significantly lower than Kennebec. The average number of tubers per plant was about 20 while their main size was in the class 40 -75 mm. Tubers dry matter content was quite high (around 19%), while flesh was of medium texture, weakly mealy, scored as B cooking type and adapted to all the uses. “Ricciona (o Riccia) di Napoli” was entered in the National Register of Conservation Varieties (DM 11/4/2012 in GU n. 101, 2/5/2012). Keywords: potato, germplasm, landrace, biodiversity safeguard Introduzione Le prime varietà di patata ottenute in Europa già a partire dalla fine del XVIII secolo si diffusero anche in Italia, soprattutto negli areali settentrionali, agli inizi del secolo successivo. Molte di queste varietà, definite “locali” perché perfettamente adattate alle condizioni pedoclimatiche delle varie zone di diffusione furono poi coltivate per decenni in sufficiente purezza attingendo il “seme” dalle contrade che davano maggiore sicurezza fitosanitaria (altopiani, vallate isolate). Queste varietà, spesso con origine ignota, assumevano nomi legati alla forma del tubero, al colore della pasta e, soprattutto, alla zona di maggiore coltivazione e diffusione (De Cillis, 1937; Avanzi, 1956; Biadene, 1996). La Ricciona di Napoli è stata una delle varietà “locali” di patata più coltivata in Campania fino agli anni ‟30; in seguito, come per la maggior parte delle altre vecchie varietà, iniziò ad essere sostituita con nuove cultivar commerciali di provenienza estera caratterizzate da tuberi dotati di migliore aspetto visivo e maggiore precocità di maturazione (Fornaci, 1935; Fabiani, 1958; Benvenuti, 1965). Attualmente in Campania la sua coltivazione rimane solo sporadica e limitata a qualche orto dove viene conservata e moltiplicata da agricoltori-custodi locali. Allo scopo di salvaguardare un rinomato genotipo del germoplasma orticolo campano e favorirne la reintroduzione negli areali pataticoli tradizionali di coltivazione, agli inizi del 2000 è stata avviata un‟attività articolata che ha visto coinvolti soggetti privati (Organizzazione di Produttori) e pubblici (Enti di Ricerca e Regione Campania) e che ha 179 previsto il recupero, il risanamento, la caratterizzazione morfologica e produttiva nonché la valutazione dei principali aspetti culinari dei tuberi di patata Ricciona (o Riccia) di Napoli. Materiali e metodi Il ritrovamento dei tuberi è avvenuto, ad opera della OP Campania Patate, sull‟altopiano di Agerola (630 m s.l.m.) in provincia di Napoli; questo territorio, ricadente nel comprensorio della Penisola Sorrentina è situato all‟interno del Parco dei Monti Lattari, a ridosso dei comuni di Amalfi e Positano (Costiera Amalfitana). In quest‟areale la produzione di patata è stata sempre molto rinomata non solo per le caratteristiche organolettiche dei tuberi ma anche per la qualità sanitaria dei tuberi (con terreni coltivati fino a 800 m s.l.m.) frequentemente utilizzati come tuberi-seme per le coltivazioni nelle aree pataticole delle pianure limitrofe (Stabiese e Nocerino-sarnese). Una prima fase dell‟attività ha previsto la moltiplicazione, in pianura, del poco materiale reperito allo scopo di effettuare le prime osservazioni sui tuberi e assicurarne il mantenimento. Da una prima indagine fitosanitaria (ELISA test) il materiale vegetativo è risultato affetto da infezioni virali multiple di PVY (Potato Virus Y), PLRV (Potato Leafroll Virus), PVX (Potato Virus X), PVS (Potato Virus S), PVM (Potato Virus M) e PVA (Potato Virus A). Per questo motivo, l‟attività ha previsto il coinvolgimento del SASA (Science and Advice for Scottish Agriculture, UK) per il risanamento e l‟espletamento delle procedure di EU Plant Quarantine. L‟attività di risanamento in Scozia ha previsto ulteriori accertamenti sierologici mediante ELISA test nonché l‟utilizzo di biosaggi con piante indicatrici (Chenopodium quinoa, Datura stramonium, Nicotiana tabacum, Physalis pubescens) allo scopo di identificare anche i ceppi virali dei singoli virus coinvolti nell‟infezione mista. Espianti di germogli di tubero sono stati utilizzati per ottenere vitropiante sottoposte poi a più cicli di termoterapia, con regimi termici differenziati in base ai virus da eradicare volta per volta, e chemioterapia con ribavirina. A risanamento avvenuto, la Ricciona è stata inserita nella collezione di germoplasma presente al SASA dove sono tenute in conservazione oltre 3.000 cv vetuste e moderne al fine della salvaguardia della biodiversità. Sul materiale risanato si è proceduto alla caratterizzazione morfologica, produttiva e qualitativa. A tale scopo i tuberi-seme di Ricciona sono stati impiantati nell‟Agro NocerinoSarnese (Angri nel 2011 e Scafati nel 2012), zona particolarmente vocata alla produzione pataticola; i terreni pianeggianti (circa 20 m s.l.m.) sono molto leggeri (60% sabbia, 35% limo e 5% argilla), caratterizzati da una buona dotazione di sostanza organica (circa 2%) e di azoto totale (poco più dell‟1‰) ed elevate quantità di fosforo e potassio assimilabile (80 ppm di P2O5 e 250 ppm di K2O), reazione sub-alcalina. In entrambi gli anni di osservazione la Ricciona è stata confrontata con quattro storiche varietà di patata: Draga (1970), Eigenheimer (1893), Kennebec (1948) ed Allerfrüheste Gelbe (1922, più nota come Tonda di Berlino); tutte hanno avuto in passato una certa diffusione in Campania. In ciascun anno, le cinque varietà sono state disposte in campo applicando uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre repliche. Ogni parcella, della dimensione di 14,4 m2 era costituita da 60 piante disposte su quattro file lunghe 4,5 m e distanti 80 cm tra loro. La “semina” è stata eseguita il 26 febbraio nel 2011 e il 5 marzo nel 2012. La tecnica colturale ha rispettato l‟ordinarietà per la patata nella zona considerata. Per la caratterizzazione fenotipica si è ricorso ai descrittori previsti nel protocollo tecnico TP/023/2-1/12/2005 dell‟Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (CPVO). I rilievi hanno riguardato la pianta in generale e la descrizione del livello di espressione dei principali caratteri morfologici della foglia, del fusto, del fiore, del tubero e del germoglio. 180 L‟accertamento dei caratteri è avvenuto in corrispondenza dello stadio di sviluppo della pianta e con il metodo di osservazione riportati nel suddetto protocollo tecnico. Per valutare il livello di precocità e il ritmo di accrescimento dei tuberi, in entrambi gli anni sono state eseguite raccolte successive (10 tuberi/parcella) sulle cinque varietà a confronto, a partire dall‟inizio della tuberizzazione della Ricciona (avvenuta in entrambi gli anni a metà maggio) e ad intervallo di 20 giorni fino a metà luglio (in totale sono state realizzate quattro raccolte). A quest‟ultima raccolta, oltre alla produzione di tuberi, sono state determinate le principali caratteristiche della pianta (biomassa epigeica, steli/cespo) e dei tuberi (peso medio unitario, contenuto di sostanza secca, grado di maturazione). I dati rilevati sono stati sottoposti ad ANOVA e le medie sono state separate mediante Tukey HSD test. Sulla produzione ottenuta nell‟ultima raccolta del 2011 è stato determinato il profilo gustativo dei tuberi cotti a vapore. La valutazione sensoriale è stata realizzata col metodo QDA (analisi quantitativa descrittiva) secondo la metodica proposta dall‟Associazione Europea di Ricerca sulla Patata (EAPR) (Bohler et al., 1986). Il panel era costituito da 15 giudici assaggiatori addestrati, docenti dell‟AIS (Associazione Italiana Sommeliers), mentre i descrittori per le sensazioni gustativo-tattili utilizzati sul prodotto cotto a vapore sono stati: consistenza (durezza della pasta); umidità (presenza di liquido sulla superficie di taglio e al palato); granulazione (presenza di granuli alla masticazione della polpa); gusto tipico di patata (presenza); dolcezza (sensazione di dolcezza percepita alla masticazione). Nel 2011, un campione di 100 tuberi/varietà è stato sottoposto a conservazione in un magazzino di stoccaggio non termoregolato caratterizzato da scarsa illuminazione naturale (<100 lux), da umidità relativa e temperatura piuttosto costanti (oscillanti tra 60-70% e 20-25 °C, rispettivamente) per valutare l‟inizio e l‟evoluzione del germogliamento dei tuberi. Risultati Il risanamento dei tuberi avvenuto presso il SASA in Scozia ha permesso di avviare nel 2011 un preliminare programma di moltiplicazione in un areale di montagna italiano (Val Pusteria, in provincia di Bolzano) rinomato per la produzione di patata da seme. Già nel primo anno di moltiplicazione sono stati ottenuti 2,5 t di tuberi-seme. Dall‟osservazione dei principali caratteri morfologici (Tab. 1) si è evidenziato che la Ricciona è nettamente distinguibile dalle altre varietà. Le principali differenze hanno riguardato la pianta risultata ampiamente più alta (nel 2011 ha raggiunto anche 2 m), con un‟elevatissima frequenza di fiori (il periodo di fioritura si protrae per circa due mesi) ed un‟epoca di maturazione decisamente più tardiva. La foglia composta della Ricciona si presenta molto piccola (circa 120 cm2 vs i 300 di Kennebec e Draga), mentre le foglioline appaiono molto strette. La parte interna della corolla del fiore è caratterizzata da presenza uniforme di pigmentazione antocianica, di media intensità e proporzione nel blu. I tuberi presentano una forma arrotondata con occhi ampi e molto profondi che fanno apparire il tubero accartocciato, quasi arricciato (da cui, probabilmente, il nome). Il colore esterno del tubero è giallo, così pure la base degli occhi, mentre la polpa appare bianco-crema. Anche i germogli dei tuberi presentano una pigmentazione antocianica di media intensità. Dalla Fig. 1 si evidenzia che la Ricciona ha un inizio di tuberizzazione decisamente tardivo (a circa 75 giorni dalla semina), con una tasso di accrescimento dei tuberi più sostenuto nell‟ultima parte del ciclo colturale, evidenziando quindi un comportamento opposto alle varietà più precoci (Draga, Tonda di Berlino ed Eigenheimer). Nella Tab. 2 sono riportati le principali caratteristiche della pianta e dei tuberi (valori medi dei due anni di prova) riscontrati alla raccolta di metà luglio. Le piante di Ricciona hanno mostrato una massa epigeica significativamente più elevata delle varietà di riferimento, con 181 valori molto elevati di steli/cespo (4,5) e tuberi/pianta (19,3). La produzione per pianta (1.182 g) si è differenziata solo da Kennebec, risultata la migliore varietà di riferimento. I tuberi, non ancora completamente maturi, hanno evidenziato una pezzatura di poco superiore ai 60 g con elevata incidenza (86%) nella classe di calibro commerciale (40-75 mm) e un contenuto di sostanza secca molto elevato (19,2%), superiore alla maggior parte delle varietà a confronto. Le valutazioni sensoriali sui tuberi cotti a vapore (Tab. 3) hanno permesso di determinare la tipologia culinaria (EAPR) della Ricciona risultata essere di classe B; ovvero tuberi con polpa di media consistenza, debolmente farinosa, struttura fine e poco umida, sapore delicato. Con questa classe vengono designate le patate adatte a tutti gli usi (buona per patata da insalata, gratinata; abbastanza buona per purè, frittura, gnocchi e preparazioni al forno). In fase di conservazione, i tuberi di Ricciona hanno evidenziato, infine, un elevato periodo di dormienza. Come si evidenzia nella Fig. 2, solo dopo 3 mesi di conservazione in ambiente non termo-regolato, è iniziata la comparsa dei primi germogli; a 4 mesi dalla raccolta appena il 55% dei tuberi di Ricciona presentavano un solo germoglio evidente (lunghezza >2 mm). Conclusioni L‟attività ha permesso di recuperare una vera icona rappresentante il germoplasma vegetale campano, destinata altrimenti alla definitiva scomparsa. La definizione delle principali caratteristiche morfologiche, produttive e qualitative ha reso possibile mettere in risalto alcuni requisiti di pregio riguardanti la pianta e i tuberi della patata Ricciona quali: ciclo colturale molto tardivo e lunga conservazione dei tuberi. L‟utilizzo della Ricciona negli ambienti pataticoli campani assicurerebbe raccolte tra la fine di luglio e agosto rendendo quindi disponibile prodotto fresco di elevata qualità da destinare al consumo fresco subito dopo la raccolta o dopo un lungo periodo di conservazione senza ausilio né delle basse temperature (che provocano fenomeni di addolcimento e imbrunimento nel caso di frittura) né di prodotti chimici (antigermoglianti) in post-raccolta. Per favorire la sua reintroduzione, la patata Ricciona (o Riccia) di Napoli è stata iscritta nel Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione, istituito ai sensi della legge 46/2007. Su richiesta della OP Campania Patate, l‟Assessorato all‟Agricoltura della Regione Campania, ne ha avviato la pratica di iscrizione nel 2011. Recentemente (DM 11/4/2012, in G.U. - Serie Generale - n. 101 del 2/5/2012), l‟iter si è concluso con successo: la Ricciona è divenuta così il primo ecotipo italiano di patata ad essere iscritto in questo specifico Registro. Bibliografia AVANZI E., 1956. Appunti sulla coltivazione della patata in Italia, Firenze. BENVENUTI A., 1966. Aspetti e problemi della coltivazione della patata in Italia. In: Atti Convegno nazionale per l‟incremento della produzione della patata (Castellammare di Stabia, NA 26-28 aprile 1965), Pisa 1966: 15-27. BIADENE G., 1996. Storia della patata in Italia, dagli scritti dei Georgici (1625-1900). Bologna. DE CILLIS E., 1937. Trattato delle coltivazioni. Vol. 3. Parte Speciale. Portici. ESCHER F., SOLMS J., 1986. Evaluation of cooking quality of potatoes using sensory and instrumental methods. 1. Sensory evaluation. Lebensmittel-Wissenschaft und Technologie, 19: 338-343. FABIANI L., 1958. Considerazioni sulle “varietà locali” di patata. Sementi Elette, SettembreOttobre: 28-31. FORNACI C., 1939. La coltivazione della patata. In: Atti Convegno nazionale per l‟incremento della produzione delle patate (Como, 29-30 settembre 1935). Roma 1939. 182 Tab. 1. Livello di espressione dei caratteri morfologici rilevati nei due anni di prova. Tab. 1. Expression level of the main morphological characters recorded in the two years. Carattere morfologico/ Codice CPVO Varietà Ricciona Draga Eigenheimer Kennebec Tonda di Berlino Molto alta Media Molto alta Assente o molto bassa Molto Media tardiva Alta Bassa Media Assente o molto bassa Medio tardiva Bassa Bassa Pianta Altezza Frequenza dei fiori 23 24 Epoca di maturazione 31 Foglia Taglia del contorno 15 Piccola Medio grande Media Grande Media 20 Stretta Media Media Larga Media 28 Media - Assente o molto lieve Assente o molto lieve Proporzione blu pigment. antocianica Tubero Forma 29 Media - Nullo o bassa Nullo o bassa Assente o molto lieve Nullo o bassa 32 Allungata Profondità occhi 33 Superficiali Ovale allungata Medi Ovale allungata Superficiali Ovale corta Medi Colore epidermide Colore base occhi Colore della polpa Germoglio Intensità pigmentazione antocianica 34 35 36 Arrotondata Molto profondi Giallo Giallo Crema Giallo Giallo Bianco Giallo Giallo Giallo chiaro Giallo Giallo Giallo chiaro Giallo Giallo Giallo 3 Media Media Forte Assente o molto lieve Lieve Fogliolina Larghezza/lunghezza Corolla del fiore Intensità pigmentazione antocianica 183 Media Medio precoce Tab. 2. Principali caratteristiche della pianta e dei tuberi rilevati alla raccolta di metà luglio (media dei due anni di prova). Tab. 2. Main plants and tubers characteristics recorded at the mid-July harvesting (average of the two years of trials). Caratteristiche della pianta e dei tuberi Ricciona Draga Varietà Eigenheimer Kennebec Massa epigeica/pianta (g s.s.) Steli/cespo (n) Tuberi/pianta (n) Produzione tuberi/ pianta (g) Produzione commerciale (%) Peso medio tuberi (g) Maturazione tuberi (*) Sostanza secca tuberi (%) 211,7 a 4,5 a 19,3 a 1.182 b 86,0 a 64,0 c 3,8 c 19,2 b 62,4 c 3,2 b 11,6 b 1.119 b 86,0 a 97,1 b 4,8 a 17,0 d 130,0 b 4,6 a 21,3 a 1.300 ab 84,0 a 61,5 c 4,4 b 20,2 a 107,3 b 3,4 b 11,6 b 1.514 a 81,2 a 132,5 a 4,3 b 18,2 bc Tonda di Berlino 60,1 c 3,4 b 17,9 a 1.311 ab 88,3 a 74,0 bc 4,8 a 17,5 cd I valori su ciascuna riga contrassegnati con la stessa lettera non differiscono statisticamente per P≤0,05 (Test HSD Tukey). (*) valori compresi tra 1 (tuberi completamente immaturi) e 5 (tuberi non più spellabili). Tab. 3. Principali descrittori per la valutazione culinaria (valori medi e deviazioni standard). Tab. 3. Main descriptors used to evaluate cooking types (mean values, standard deviations, n=15). Varietà Consistenza (1) Umidità (2) Descrittori Granulazione (3) Gusto tipico (4) Ricciona Draga Eigenheimer Kennebec Tonda di Berlino 3,3 1,0 3,2 1,2 3,8 0,7 3,5 1,2 3,4 0,6 2,4 0,7 3,0 1,1 2,4 0,9 2,8 1,1 2,9 0,9 2,9 0,8 3,1 1,2 2,9 0,8 2,8 0,9 3,2 0,8 2,5 0,9 2,5 1,0 2,8 1,2 2,6 1,0 2,7 1,0 Dolce (5) 1,8 0,9 2,1 1,0 1,9 0,9 2,1 0,9 2,2 1,0 (1) 1=molto tenera, 2=abbastanza tenera, 3=abbastanza soda, 4=soda, 5=molto soda; (2) 1=molto secca, 2=abbastanza secca, 3=abbastanza umida, 4=umida, 5=molto umida; (3) 1=molto grossolana, 2=abbastanza grossolana, 3=abbastanza fine, 4=fine, 5=molto fine; (4) valori compresi tra 1 (senza gusto) e 5 (gusto tipico molto pronunciato); (5) valori compresi tra 1 (non dolce) e 5 (molto dolce) 184 Fig. 1. Andamento della produzione di tuberi/pianta (media dei due anni di prova). Fig. 1. Trend of the potato yield per plant (average of two years of trial). La barra sugli istogrammi rappresenta l‟errore standard Fig. 2. Incidenza (%) di tuberi con almeno 1 germoglio > 2 mm durante la fase di conservazione. Fig. 2. Percentage of tubers with at least one bud longer than 2 mm during storage period. 185 2.28. CARATTERIZZAZIONE DI POPOLAZIONI LOCALI DI CATALOGNA PUNTARELLE (CHICORIUM INTYBUS L.) E ATTITUDINE ALLA TRASFORMAZIONE IN PRODOTTI PRONTI AL CONSUMO CHARACTERIZATION OF LOCAL POPULATIONS OF CATALOGNA CHICORY (CICHORIUM INTYBUS L.) AND SUITABILITY AS READY TO USE PRODUCTS Maria GONNELLA1, Massimiliano RENNA2*, Donato GIANNINO3, Pietro SANTAMARIA2 1 Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, CNR-ISPA, Bari Dipartimento di Scienze agro-ambientali e territoriali, Università degli Studi di Bari (BA) 3 Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria,CNR- IBBA, Roma * Autore corrispondente: [email protected] 2 Riassunto La cicoria catalogna (Cichorium intybus L., gruppo catalogna), indicata anche come cicoria “asparago” o “puntarelle”, è un prodotto agroalimentare tradizionale pugliese. Popolazioni simili si trovano anche nel Lazio (“Cicoria di catalogna frastagliata di Gaeta”) e in Veneto (“Cicoria Catalogna Gigante di Chioggia”). Si tratta di popolazioni locali, di diffusione molto limitata, il cui consumo riguarda ambiti regionali circoscritti, come ortaggio crudo o in insalata con olio, aglio e acciughe (nella più famosa versione laziale) o cotto. Le popolazioni coltivate in Puglia rientrano nei due principali raggruppamenti della Catalogna puntarelle di Molfetta e Catalogna puntarelle di Galatina. La coltura, invernale, prevede un ciclo piuttosto lungo che dalla semina (o trapianto) alla raccolta interessa un periodo fino a nove mesi, con raccolte che iniziano a novembre e terminano a fine aprile. Il lungo periodo colturale è assicurato da trapianti scalari, maturazione scalare (all‟interno della stesso appezzamento) e dall‟impiego in successione della popolazione Molfettese (più rustica e resistente al freddo) seguita dalla Galatina (più sensibile al freddo, per la consistenza più croccante e tenera dei germogli). Le due popolazioni sono state valutate e descritte dal punto di vista morfologico ed agronomico, in rapporto alle caratteristiche produttive e alla qualità del prodotto edule. L‟impiego di descrittori e la caratterizzazione alla raccolta del prodotto edule hanno consentito di evidenziare le differenze tra le due popolazioni. La caratterizzazione organolettica e nutrizionale dei prodotti eduli sarà effettuata nell‟ambito del progetto di ricerca del CNR “Identità, tracciabilità e valorizzazione di indivia, scarola e puntarelle (Cichorium spp.) del Lazio e della Puglia mediante tecnologie „olistiche‟ e funzionali per tratti di interesse nutrizionale ed economico”. In questo progetto si stanno studiando i contenuti di diverse sostanze di rilevanza nutrizionale (inulina, brassinosteroidi, sesquiterpeni, fitine e fitochelatine, citochinine, nonché metalli pesanti e nitrati). L‟obiettivo generale dell‟attività è quello di valorizzare e promuovere il consumo di questa specie orticola. Parole chiave: Cichorium intybus L. gruppo catalogna, descrittori morfologici, trasformazione industriale, prodotti pronti al consumo Abstract The Catalogna chicory (Cichorium intybus L., catalogna group), also referred as chicory "asparagus" or "puntarelle", is a traditional product in the Puglia region (Italy), both for cultivation and consumption as raw or cooked. There are similar populations in Lazio (Catalogna chicory “Frastagliata di Gaeta”) and in Veneto (Catalogna chicory “Gigante di Chioggia”). These chicory groups are very limited in diffusion, and are eaten above all as 186 raw vegetables or in salads mixed with oil, garlic and anchovies (typical recipe of Lazio region). For the Puglia cultivation of chicory asparagus are primarily used both Molfetta and Galatina types. The crop grows during a winter cycle of nine months from seed or transplant (in November) to harvest (in April). This is allowed by scalar transplant and ripening (inside the same plot); Molfetta population (more resistant to cold) is cultivated before Galatina (more susceptible to cold). These populations were evaluated and described in terms of morphological and agronomic characteristics in relation to production and quality of the edible portion. The use of descriptors and the characterization of the edible portion at harvest made it possible to highlight the differences, where existing, between these two populations. The sensorial and nutritional characterization of the edible part will be made during the CNR research project "Identity, traceability and enhancement of endive, escarole and chicory (Cichorium spp.) of Lazio and Puglia by „holistic‟ and functional technologies for nutritional and economic interest traits". In this project the contents of several important nutritional compounds will be studied (inulin, brassinosteroids, sesquiterpenes, phytins and phytochelatins, cytokinins, as well as heavy metals and nitrates). The general goal is to enhance and promote the consumption of this vegetable. Keywords: Cichorium intybus L., catalogna group, morphological descriptors, industrial processing, ready to eat products Introduzione Con il termine “cicorie” (Cichorium intybus L.) vengono indicati numerosi ortaggi coltivati, o piante spontanee, utilizzati crudi per la preparazione di insalate, o cotti per la realizzazione di antipasti, primi piatti e contorni. Le diverse tipologie sembrano essersi originate da C. intybus var. silvestre Bischoff, una cicoria spontanea con radice sottile, a cui si ascriverebbero gli attuali ortaggi coltivati per le radici (C. intybus var. sativus) o per le foglie (C. intybus var. foliosum) (Tesi, 1990). Tra le varie tipologie, differenti per caratteristiche biologiche e morfologiche, il gruppo “catalogna” comprende svariate popolazioni che presentano una “testa” costituita da numerosi germogli, simili per aspetto ai turioni dell‟asparago, donde anche la denominazione di “cicoria asparago” (Lucchin et al., 2008; Calabrese et al., 2009). Le foglie presentano un lembo di forma e colore diverso a seconda della popolazione o delle caratteristiche pedo-climatiche, manifestando una frequente eterofillia. Le piante del gruppo “catalogna”, come le altre tipologie di C. intybus, sembrano provenire dall‟Asia occidentale (Lucchin et al., 2008; Bianco e Calabrese, 2011); una delle aree di domesticazione pare sia la Puglia, con particolare riferimento alle province di Lecce e Brindisi. Nelle varie località del territorio pugliese vengono indicate con diversi nomi, tra cui “catalogna puntarelle”, “Brindisina”, “di Galatina”, “pugliese” e “Molfettese”; una popolazione tipica, coltivata soprattutto in estate, la cosiddetta “cicoria all‟acqua” o “otrantina”, produce ricacci dopo i ripetuti tagli a cui è sottoposta (Bianco e Calabrese, 2011). Popolazioni simili si trovano anche in Lazio (“cicoria catalogna frastagliata di Gaeta”) e in Veneto (“cicoria catalogna Gigante di Chioggia”). Si tratta di popolazioni locali, di diffusione molto limitata, il cui seme è spesso autoprodotto dagli agricoltori, attraverso la selezione morfologica e fisiologica dei genotipi. La diffusione e il consumo delle “puntarelle” riguarda ambiti regionali circoscritti, e l‟impiego avviene prevalentemente come ortaggio crudo, anche condito in insalata con olio, aglio e acciughe (nella più famosa versione laziale) o cotto (in Puglia). La coltura, prevalentemente invernale, prevede un ciclo piuttosto lungo che dalla semina (o trapianto) alla raccolta interessa un periodo fino a nove mesi, con raccolte che iniziano a 187 novembre e terminano a fine aprile. Il lungo periodo colturale è assicurato da trapianti scalari, maturazione scalare (all‟interno della stesso appezzamento) e dall‟impiego in successione della popolazione Molfettese (più rustica e resistente al freddo) seguita dalla Galatina (più sensibile al freddo, per la consistenza più croccante e tenera dei germogli). Con il ciclo di produzione invernale la semina in semenzaio si esegue da giugno a ottobre. Quando le piantine hanno raggiunto 8-10 foglie viene effettuato il trapianto su file distanti 40-50 cm, in modo tale da ottenere una densità colturale di 8-10 piante/m2. Le piante vengono raccolte senza la radice con cespi che, recisi al colletto e ripuliti dalle foglie esterne, raggiungono pesi a volte superiori a 1 kg, con una media di 600-700 g, permettendo di ottenere una produzione di circa 50-70 t (Tesi, 1990). Al genere Cichorium sono attribuite proprietà nutrizionali e salutistiche importanti, determinate da numerose sostanze chimiche, di cui le foglie e le altre porzioni di pianta sono ricche. Recentemente, queste proprietà sono diventate oggetto di studio rilevante ai fini della caratterizzazione biochimica e nutrizionale dei prodotti eduli. Le eccellenti proprietà nutrizionali e la scarsa diffusione extra-regionale di questo prodotto suggeriscono alcune modalità di trasformazione atte a promuoverne il consumo al di fuori della tradizione regionale, ad ampliarne la destinazione culinaria e a valorizzarne le proprietà nutrizionali. Da una parte, si ipotizza di ampliare il consumo di prodotto crudo attraverso una minima lavorazione di IV gamma che consenta l‟impiego immediato del prodotto acquistato e ne faciliti il trasporto; dall‟altra, si propone una trasformazione più elaborata allo scopo di promuovere un prodotto cotto di V gamma, da consumare tal quale o come ingrediente di piatti più complessi. Nell‟ambito del progetto di ricerca del CNR “Identità, tracciabilità e valorizzazione di indivia, scarola e puntarelle (Cichorium spp.) del Lazio e della Puglia mediante tecnologie „olistiche‟ e funzionali per tratti di interesse nutrizionale ed economico” sono oggetto di valutazione i contenuti di diverse sostanze (inulina, brassinosteroidi, sesquiterpeni, fitine e fitochelatine, citochinine, nonché metalli pesanti e nitrati). Lo scopo del presente lavoro consiste nell‟analisi dei parametri morfologici, qualitativi e produttivi di due popolazioni di cicoria puntarelle, al fine di valutare l‟attitudine alla trasformazione in prodotti di IV e V gamma. I parametri morfologici, inoltre, potrebbero essere utilizzati per la codifica di descrittori fenotipici finalizzati alla creazione di profili intraspecifici/intravarietali. Tali profili risulterebbero utili per un‟analisi di correlazione tra fenotipo e variabilità dei livelli metabolici, di trascrizione e diversità allelica mediante matrici statistiche. L‟obiettivo generale dell‟attività è quello di ampliare le conoscenze della cicoria puntarelle, al fine di promuovere e valorizzare il consumo di questa specie orticola dalle interessanti caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Materiali e metodi Due popolazioni di cicoria catalogna Puntarelle (Galatina e Molfettese) sono state coltivate presso aziende orticole in provincia di Bari. Il trapianto è avvenuto il 3 ottobre 2011 con piantine distanti 50 cm tra le file e 40 cm sulla fila. A partire da un mese dopo il trapianto sono stati eseguiti quattro rilievi negli stadi fenologici corrispondenti a 15-20, 30 e 50 foglie e alla maturazione commerciale. Ad ogni rilievo sono stati esaminati 31 parametri morfologici sia sulla pianta intera sia su porzioni di pianta (foglie e germogli, quando presenti) (Tab. 1). I parametri considerati sono in gran parte quelli previsti dall‟ENSE (Quaderno n. 45), mentre altri sono stati codificati in modo specifico per le tipologie di cicoria esaminate, soprattutto in relazione alla descrizione dei germogli. In entrambe le popolazioni la formazione dei germogli è iniziata circa due mesi dopo il trapianto, ma la maturazione commerciale è stata 188 raggiunta non prima della fine di gennaio. In questo periodo sono iniziate le raccolte in campo, effettuate con successivi ripassi a cadenza di 3-5 giorni a seconda dell‟andamento termico del periodo. Il rilievo allo stadio di raccolta commerciale è stato eseguito il 17 ed il 23 febbraio 2012, rispettivamente, per Galatina e Molfettese. Alla raccolta commerciale sono stati misurati alcuni parametri biometrici-produttivi, relativi alla produzione (commerciabile ed edule), peso fresco delle foglie, altezza, numero e peso dei germogli, contenuto di sostanza secca dei germogli. I germogli eduli (privati della parte basale fibrosa non commestibile) liofilizzati sono stati sottoposti ad analisi del contenuto di nitrati mediante cromatografia ionica (Bonasia et al., 2008). I dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi della varianza. Risultati e discussione Dall‟analisi dei parametri morfologici si evince che le due popolazioni si differenziano per pochi caratteri (Tab. 1). La cicoria Puntarelle di Galatina risulta di taglia tendenzialmente maggiore della Molfettese, con foglie che in prossimità della raccolta (stadio di 50 foglie) sono più larghe e lunghe. In entrambe le popolazioni è stato evidenziato uno spiccato polimorfismo fogliare tra foglie giovani e adulte e tra foglie della fase vegetativa e foglie inserite sui germogli fiorali (porzione edule). In particolare, nel rilievo eseguito alla maturazione commerciale è stata osservata la presenza più abbondante di foglioline (tendenzialmente più incise) sui germogli della Molfettese rispetto alla Galatina. Inoltre, la colorazione dei germogli eduli risulta bianco-verdastra nella Molfettese e bianco-giallastra nella Puntarelle di Galatina. Per quanto concerne i parametri produttivi, la cicoria Molfettese produce dei “cespi” con un peso medio superiore di circa il 31% rispetto alla Galatina, considerando sia la pianta commerciabile sia la parte risultante a seguito dell‟eliminazione delle foglie più esterne non consumabili crude (pianta pre-lavorata) (Tab. 2). Tuttavia, andando a considerare i germogli eduli utilizzabili per il confezionamento in IV e V gamma, si evince come tra le due popolazioni non ci siano differenze significative in termini di resa del prodotto (Tab. 2); da ciascuna pianta si possono ricavare mediamente 300 g di germogli eduli, che rappresentano poco più di 1/3 dell‟intera pianta commerciabile. Di notevole interesse appare l‟aliquota di foglie consumabili crude, che rappresenta circa l‟8% in peso della pianta commerciabile. Tale materia prima potrebbe essere potenzialmente utilizzata per ampliare l‟offerta delle insalate di IV gamma, andando ad integrarsi soprattutto con i mix che prevedono l‟utilizzo delle lattughe baby leaf e della rucola. L‟analisi dei parametri biometrici non mostra differenze significative fra le due popolazioni, con una media di 21,5 germogli/pianta ed un‟altezza media della pianta e dei germogli, rispettivamente, di 43,8 e 17,3 cm. Al fine di garantire il recupero della biomassa di scarto delle piante lavorate nell‟industria di IV o V gamma, si potrà ipotizzare l‟impiego delle foglie e di altre porzioni di pianta per l‟estrazione di composti utili, qualora gli studi previsti nel progetto di ricerca citato ne evidenzino contenuti particolarmente interessanti. Inoltre, lo scarto può essere utilizzato nei processi di compostaggio come componente verde, ricca di umidità e a basso rapporto C/N (Cocozza et al., 2009). Infine, il contenuto di sostanza secca dei germogli è risultato leggermente maggiore nella Puntarelle di Galatina, mentre il contenuto di nitrato risulta sensibilmente più alto nella Molfettese (Tab. 3). In base alla classificazione proposta da Santamaria (2006), i germogli della Molfettese rientrerebbero nel gruppo di ortaggi a “basso” contenuto di nitrati, mentre quelli della Galatina potrebbero essere assimilati alla tipologia a contenuto “molto basso” di nitrati. Tuttavia, considerando l‟intensa attività metabolica dei germogli, si può comunque 189 indicare come modesto il contenuto medio di nitrato nelle due tipologie di cicoria puntarelle esaminate. Inoltre, secondo quanto riportato dal Regolamento (UE) n. 1258/2011, i germogli della Puntarelle di Galatina avrebbero i requisiti per poter essere impiegati come ingrediente per la preparazione di alimenti destinati a lattanti e bambini (come ad esempio i preparati a base di ortaggi liofilizzati per la preparazione di minestre e brodi), avendo un contenuto minore di 200 mg/kg di prodotto fresco. Conclusioni In generale, la popolazione di cicoria catalogna Molfettese ha permesso di evidenziare una produzione lorda vendibile sensibilmente superiore rispetto alla cicoria Galatina. Tuttavia, in termini di resa alla lavorazione non sono state riscontrate differenze statisticamente significative. Anche l‟analisi dei descrittori non mostra particolari differenze morfologiche, confermando il risultato dei rilievi biometrici da cui si evince che per entrambe le popolazioni risulta simile sia la taglia della pianta, ovvero quella dei germogli, sia il numero medio di quest‟ultimi per pianta. In base a tali considerazioni, per entrambe le popolazioni è possibile valutare positivamente l‟attitudine alla trasformazione in prodotti pronti al consumo. Adottando, quindi, il metodo della coltura in successione della cicoria catalogna Molfettese seguita della Puntarelle di Galatina e sfruttando i trapianti scalari, nonché l‟intrinseca maturazione scalare (all‟interno dello stesso appezzamento), è possibile ipotizzare un lungo periodo di approvvigionamento di prodotto da parte dell‟industria alimentare di IV e V gamma. Inoltre, le trascurabili differenze esistenti tra le due popolazioni permetterebbero di essere presenti sul mercato del ready to use, con caratteristiche produttive e qualitative piuttosto omogenee durante tutto il periodo di produzione in campo. Quindi, l‟assenza di forti differenze fra le due popolazioni, favorirebbe una più semplice standardizzazione sia del prodotto finito da offrire al consumatore sia dei processi produttivi industriali: cominciando dall‟accettazione della materia prima in ingresso fino alla realizzazione del prodotto finito in uscita. Bibliografia BIANCO V. V., CALABRESE N., 2011. Origine ed evoluzione, morfologia e fisiologia. In: Le insalate, Bayer CropScience, Ed. Script, Bologna: 2-23. BONASIA A., CONVERSA G., GONNELLA M., SERIO F., SANTAMARIA P., 2008. Effects of ammonium and nitrate nutrition on yield and quality in endive. Journal of Horticultural Science & Biotechnology, 83(1): 64-70. CALABRESE N., PACE B., CANTORE V., CARITO A., DAMATO G., 2009. Epoche di raccolta, produzione e qualità di cicoria catalogna per la surgelazione e la IV gamma. Rivista di Agronomia, 4 (suppl.): 559-564. COCOZZA C., MININNI C., ZACCONE C., MIANO T., SANTAMARIA P., PARENTE A., 2009. Il processo di compostaggio applicato ai residui di posidonia spiaggiata. In: Il caso dei residui spiaggiati di Posidonia oceanica: da rifiuto a risorsa, Levante Editori, Bari: 121-139. LUCCHIN M., VAROTTO S., BARCACCIA G., PARINI P., 2008. Chicory and Endive. In: Vegetables I: Asteraceae, Brassicaceae, Chenopodiaceae and Cucurbitaceae, Springer (US): 3-48. SANTAMARIA P., 2006. Nitrate in vegetables: toxicity, content, intake and EC regulation. Journal of the Science of Food and Agriculture, 86 (1): 10-17. TESI R., 1990. Cicoria (Cichorium intybus L.). In: Orticoltura, Patron, Bologna: 259-267. 190 Tab. 1. Descrittori morfologici e discriminazione delle classi osservate per le due popolazioni di cicoria Puntarelle esaminate. Tab. 1. Morphological descriptors and discrimination of the observed classes for both populations of Puntarelle chicory studied. Descrittori morfologici Taglia della pianta Pigmentazione antocianica della foglia Lunghezza della foglia Larghezza della foglia Portamento della foglia Colore della foglia Intensità del colore fogliare Colore della nervatura centrale della foglia Pigmentazione antocianica della fogliare a maturazione Distribuzione degli antociani sulla foglia Forma delle foglie Profilo della pagina superiore fogliare Bollosità della foglia Ondulazione del margine fogliare Incisione del margine fogliare Tipologia di incisione del margine fogliare Formazione della testa Intensita di formazione della testa Forma della sezione longitudinale della testa Colore principale delle foglie esterne Pigmentazione antocianica delle foglie esterne Diametro della testa Lunghezza della testa Tipologia colturale della pianta Fasciazione dello stelo Epoca di fasciazione dello stelo Compattezza di fasciazione dello stelo Epoca di maturazione commerciale Colore dei germogli Presenza di foglioline sui germogli Incisione delle foglioline sui germogli Classi dei descrittori morfologici 1: molto piccola; 3: piccola; 5: media; 7: grande; 9: molto grande 1: assente; 9: presente 1: molto corta; 3: corta; 5: media; 7: lunga; 9: molto lunga 1: molto stretta; 3: stretta; 5: media; 7: larga; 9: molto larga 3: eretto; 5: semi-eretto; 7: orizzontale 1: giallo; 2: verde; 3: rosso 3: chiaro; 5: medio; 7: scuro 1: biancasta; 2: verde; 3: rossa 1: assente; 9: presente 1: localizzati; 2: su tutta la superficie 1: ellittica stretta; 2: ellittica; 3: ellittica larga 3: concava; 5: piana; 7: convessa 1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte 1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte 1: assente o molto lieve; 3: lieve; 5: media; 7: forte; 9: molto forte 1: sinuoso; 2: dentato; 3: roncinato 1: assente; 9: presente 3: lieve; 5: media; 7: forte 1: ellittica; 2: ovale; 3: obovale; 4: circolare; 5: trasversale 1: giallo; 2: verde; 3: rosso 1: assente; 9: presente 3: piccola; 5: media; 7: grande 3: corta; 5: media; 7: lunga 1: da taglio e cespo; 2: da cespo; 3: da foglie e steli 1: assente; 9: presente 3: precoce; 5: media; 7: tardiva 3: lasca; 5: media; 7: compatta 3: precoce; 5: media; 7: tardiva 1: bianco-giallo; 2: bianco-verde; 3: verde; 4: verde scuro 1: assenti; 2: presenti internedie; 3: presenti abbondanti 1: intere; 2: poco incise; 3: molto incise Valori riscontrati Molfettese Galatina 6,8 6,2 1,0 1,3 7,0 6,5 3,0 3,3 3,0 3,0 2,0 2,0 4,8 5,3 1,0 1,0 1,0 1,2 0,0 0,2 2,5 2,8 3,0 3,0 3,2 3,0 3,0 2,8 8,8 8,8 3,0 3,0 1,0 1,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,0 1,0 0,0 0,0 0,0 0,0 3,0 3,0 8,0 8,0 5,0 5,0 7,0 7,0 5,0 5,0 1,0 1,7 2,3 3,0 1,3 2,5 Significatività n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. * * ** Significatività: n.s., non significativo per P > 0,05; * e ** rispettivamente significativo per P ≤ 0,05 e 0,01. Significance: n.s. = not significant for P > 0,05; * and ** = significant at P ≤ 0,05 and 0,01, respectively. 191 Tab. 2. Parametri produttivi di cicoria Puntarelle alla maturazione commerciale. Tab. 2. Production parameters of Puntarelle chicory at commercial ripening. pianta commerciabile pianta (1) pre-lavorata germogli eduli foglie eduli scarto (2) totale Resa di (3) lavorazione (%) Galatina 721 513 264 59 398 37 Molfettese 949 672 331 78 541 35 Significatività ** ** n.s. n.s. ** n.s. Peso (g) Popolazioni : porzione risultante dalla pianta commerciabile dopo l‟eliminazione delle foglie non consumabili crude con annessa porzione di torsolo. (1) : portion resulting from marketable plant after the elimination of non-edible leaves as raw with adjacent portion of core. (2) : porzione risultante sottraendo il peso delle foglie eduli e dei singoli germogli dal peso dell‟intera pianta commerciabile. (2) : portion resulting after removing the edible leaves as raw and stems from the marketable plant. (3) : ottenuta dal rapporto germogli eduli/pianta commerciabile. (3) : obtained by relationship edible stems/marketable plant. Significatività: n.s., non significativo per P > 0,05; ** significativo per P ≤ 0,01. Significance: n.s., not significant for P > 0,05; ** significant for P ≤ 0,01. (1) Tab. 3. Contenuto di nitrato e sostanza secca in germogli di cicoria Puntarelle alla maturazione commerciale. Tab. 3. Nitrate content and dry matter of Puntarelle chicory stems at commercial ripening. NO3 Popolazioni Sostanza secca (%) g/100 g ps mg/kg pf Galatina 0,25 182 7,3 Molfettese 0,63 420 6,7 Significatività *** *** * Significatività: * e *** significativo rispettivamente per P ≤ 0,05 e 0,001. Significance: * and *** significant for P ≤ 0,05 ≤ 0,001 respectively. . 192 2.29. PROFILO POLIFENOLICO IN ECOTIPI DI POMODORO DA SERBO DI ORIGINE SICILIANA POLIPHENOLIC PROFILE IN LONG STORAGE TOMATOES ORIGINATING FROM SICILY Laura SIRACUSA1, Cristina PATANÈ2, Giuseppe RUBERTO1 1 Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto di Chimica Biomolecolare (ICB), UOS di Catania, via P. Gaifami 18, 95126 Catania, [email protected] 2 Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (ISAFoM), UOS di Catania, Str.le V. Lancia, Zona Industriale, Blocco Palma I, 95121 Catania, [email protected] Riassunto Il pomodoro da serbo, specie tipica del Meridione d‟Italia, rappresenta una coltura sulla quale di recente si è rivolto un rinnovato interesse, anche in virtù delle proprietà nutraceutiche delle bacche. Obiettivo del presente studio è stato quello di analizzare il profilo polifenolico dei frutti di 10 ecotipi di pomodoro da serbo, appartenenti alla collezione in atto presso la sede di Catania del CNR-ISAFoM, identificando alcuni composti fenolici come marcatori biomolecolari utili per la tracciabilità del prodotto. Gli ecotipi sono stati riprodotti nell‟anno 2010 nelle medesime condizioni pedoclimatiche, al fine di disporre di materiale omogeneo sul quale effettuare le analisi di laboratorio. Per individuare le differenze composizionali tra i diversi ecotipi è stata scelta una tecnica analitica esaustiva quale la cromatografia liquida (LC) associata sia alla spettrometria di massa (MS) e alla spettrofotometria ultravioletto-visibile (UV-vis). Si sono ottenuti così due set di dati analitici indipendenti (spettri UV-vis e spettri di massa) che hanno fornito indicazioni fondamentali sulla natura chimica dei composti in esame, permettendo di mettere in risalto le differenze composizionali tra i diversi ecotipi analizzati. Parole chiave: Lycopersicon esculentum Mill., polifenoli, tracciabilità Abstract “Long storage” tomato (Lycopersicon esculentum Mill.) is a niche product typical of the Mediterranean area, traditionally cultivated under no water supply, whose fruits combine a good taste to excellent nutritional properties. High-performance liquid chromatography coupled with diode array detection and electron spray-mass spectrometry (HPLC/DAD/ESIMS) was used to identify the phenolic profile in ten landraces of long storage tomato, grown under a typical semi-arid climate, as compared to a processing tomato hybrid cultivated in the same environment, under both well irrigated and unirrigated conditions. Quantitative analyses were also performed to monitor the changes in the phenolic content along the batch. The results highlighted that landraces originating from the same area exhibit a different fruit morphology but own a similar biochemical profile. Moreover, the two controls (well irrigated and unirrigated) are placed into the same cluster, suggesting that these secondary metabolites in tomato fruits may be more genetics-dependent than environment-dependent. Keywords: Lycopersicon esculentum Mill., polyphenols, traceability 193 Introduzione Gli antiossidanti rappresentano una categoria di composti naturali importanti nella prevenzione di malattie sia nelle piante che nell‟uomo. Gli ortaggi contengono numerosi composti ad attività antiossidante, quali l‟acido ascorbico, i carotenoidi, e un‟ampia gamma di composti fenolici. Il pomodoro, in particolare, largamente consumato sia allo stato fresco che dopo la trasformazione industriale, può fornire una quota rilevante degli antiossidanti totali indicati nella dieta alimentare. Esso contiene, infatti, oltre ad elevate quantità di carotenoidi e di vitamina C, anche numerosi composti fenolici quali la naringenina, la rutina, l‟acido clorogenico, presenti nelle bacche in cospicue quantità (Frusciante et al., 2004; Ahmed et al., 2011). Il pomodoro da serbo, specie tipica del Meridione d‟Italia, tradizionalmente coltivato senza apporto irriguo, rappresenta una coltura sulla quale di recente si è rivolto un rinnovato interesse, anche in virtù delle peculiari caratteristiche delle bacche, particolarmente sapide e serbevoli (Patanè, 2008). Presso la sede di Catania del CNR-ISAFoM è presente una collezione di oltre 30 ecotipi, provenienti da diverse regioni dell‟Italia meridionale, sui quali è in atto una caratterizzazione fisiologica, morfologica ed agronomica ai fini di una selezione dei tipi più interessanti. Allo scopo di allargare la base della caratterizzazione verso una natura interdisciplinare, è stata effettuata, presso l‟istituto del CNR di Chimica Biomolecolare (ICB), su parte degli ecotipi menzionati anche un‟analisi di tipo composizionale, alla ricerca dei metaboliti secondari di natura polifenolica da poter utilizzare come markers chemotassonomici e di tracciabilità. È noto infatti che il contenuto in polifenoli all‟interno della stessa specie è soggetto a grosse variazioni che dipendono sia da fattori agronomici (area di coltivazione, varietà, fertilizzanti utilizzati, stadio di maturazione alla raccolta, etc.) ma anche da fattori genetici e di risposta a stimoli esterni (ambientali, incluso l‟inquinamento) (Incerti et al., 2009; Pernice et al., 2010). All‟interno dell‟ampia classe dei polifenoli, il pomodoro contiene flavonoidi come la rutina, la naringenina, la quercitrina, ma anche il kaempferolo, l‟eriodictiolo, la calconarigenina (Slimestad e Verheul, 2009); la subclasse degli acidi organici di tipo cinnamico è anch‟essa ampiamente rappresentata da molecole come l‟acido caffeico, ferulico, cumarico, così‟ come i loro corrispondenti derivati con zuccheri ed acido chinico (l‟acido 5 caffeoil-chinico, meglio noto come acido cloro genico, è uno dei principali polifenoli di natura non flavonoidica presenti nei pomodori) (Slimestad e Verheul, 2009; Vallverdú-Queralt et al., 2010) Dato il legame di natura biunivoca tra contenuto qualiquantitativo di polifenoli e fattori esterni (risposta eco fisiologica nelle piante), di recente essi sono stati utilizzati come marker chemotassonomici (Li et al., 2010), a scopi di classificazione (Boro et al., 2010) e di differenzazione tra diversi ecotipi. (Slimestad e Verheul, 2009; Vallverdú-Queralt et al., 2010). L‟obiettivo del presente studio si pone all‟interno di questo contesto ed è stato quello di analizzare il profilo polifenolico dei frutti di alcuni ecotipi di pomodoro da serbo, identificando alcuni composti fenolici come marcatori biomolecolari utili per la tracciabilità del prodotto e per la differenziazione tra ecotipi differenti. Materiali e metodi Materiale vegetale - Lo studio è stato condotto su 10 diversi ecotipi di pomodoro da serbo, tutti di origine siciliana, appartenenti alla collezione in atto presso la sede di Catania del CNR-ISAFoM e opportunamente selezionati sulla base della diversa provenienza geografica, e reperiti nei territori di Messina, Agrigento e Trapani. La varietà commerciale „Principe Borghese‟ (SAIS Sementi s.p.a., Cesena) è stata inclusa nello studio in quanto rappresenta l‟unico genotipo di pomodoro da serbo attualmente disponibile in commercio. Gli ecotipi sono stati riprodotti nell‟anno 2010 nelle medesime condizioni pedoclimatiche (Piana di Catania, 10 m s.l.m, 37°25‟ Lat N, 15°30‟ Long E), al fine di disporre di materiale omogeneo 194 sul quale effettuare le analisi di laboratorio. Gli ecotipi in campo sono stati replicati tre volte. Le piante sono state coltivate in regime asciutto; solo al trapianto sono stati distribuiti circa 400 m3 ha-1 al fine di garantire l‟affrancamento delle piantine. La raccolta è avvenuta allorché i frutti maturi rappresentavano il 95% circa dell‟intera produzione (metà luglio). Alla raccolta, è stato prelevato un campione di frutti maturi del I e II palco (2 kg circa per ecotipo) per le analisi di laboratorio. Reagenti e solventi - I solventi utilizzati in questo lavoro sono di grado HPLC forniti da Carlo Erba (Milano, Italy). Gli standard analitici utilizzati (acido clorogenico, rutina, quercetina e naringenina) sono stati acquistati da Fluka (Sigma-Aldrich s.r.l., Milano, Italy). Preparazione dei campioni per le analisi - Circa 50 g di pomodori precedentemente lavati con acqua corrente ed asciugati sono stati frullati con un frullatore ad immersione fino ad ottenere una purea omogenea. Piccole aliquote di questa purea, del peso di 1 grammo ciascuna, sono state addizionate di 2mL di una soluzione idroalcolica (80% metanolo in acqua ) in vials da 8 mL e mantenute sotto agitazione (350 rpm) in uno shaker a temperatura ambiente (20 °C), al riparo da fonti di luce e di calore per circa 10 ore. Le miscele eterogenee risultanti sono state filtrate accuratamente con filtri di teflon (diametro 15 mm, dimensione dei pori 0.45 µm, Chemtek Analytica) e le soluzioni ottenute (1,4 - 1,7 mL) divise ulteriormente in due aliquote, per le determinazioni qualitative e quantitative. Analisi composizionale mediante HPLC/DAD/ESI-MS - Aliquote variabili (0,6-0,9 mL) delle già citate soluzioni idroalcoliche sono state trasferite in vials da laboratorio e portate a secco con un evaporatore rotante (Heidolph Laborota 400). I residui sono stati quindi ri-dissolti in 250 µL della soluzione idroalcolica originale e sottoposti alle analisi qualitative. Gli estratti concentrati così ottenuti sono stati analizzati con la tecnica HPLC/DAD/ESI-MS utilizzando uno strumento Waters (Waters Italia S.p.A., Milano) formato da una pompa HPLC binaria 1525, un rivelatore a serie di diodi (DAD) PDA 996 e un analizzatore di massa Micromass ZQ equipaggiato con una sorgente elettrospray (ESI). Le analisi DAD sono state acquisite nel range tra 600 e 190 nm, e registrate a 280 nm per i flavanoni (naringenina e derivati), 330 nm per gli acidi mono e di cinnamoilchinici, 350 nm per i flavonoidi glicosilati, e 370 nm per la quercetina. Le correnti ioniche totali (TIC) sono state acquisite in modalità negativa, con un voltaggio di cono di -30 V nell‟intervallo di massa tra 80 e 1200 unità m/z . Le analisi cromatografiche sono state effettuate con una colonna in fase inversa (Inertsil ODS-3, 100 x 3.0 mm, 3 μm, Alltech, Italy); i polifenoli sono stati eluiti con il seguente gradiente di B (soluzione di acido formico in aceto nitrile all‟ 1% ) in A (soluzione di acido formico in acqua all‟1% ): t = 0 minuti, B = 5%; t = 10 min, B = 10%; t = 15 min, B = 20%; t = 25 min, B= 35%, quindi a t = 35 minuti: B= 60%, per un tempo di analisi totale di 45 minuti. Il flusso di solvente utilizzato è stato 0,7 mL min-1, ed il volume di iniezione 20 μL. I dati provenienti dall‟apparato LC/MS sono stati analizzati e processati mediante un software Mass Lynx v. 4.0 (Waters). Analisi quantitative tramite HPLC-DAD - Aliquote delle già citate soluzioni idroalcoliche (0,8 mL) contenenti i metaboliti polari del pomodoro sono stati trasferite in vials ambrate coniche da 2 mL e sottoposte direttamente alle analisi HPLC-UV-vis-DAD. Le analisi quantitative sono state effettuate su uno strumento Dionex composto da pompa binaria ad alta pressione P580, rivelatore a fotodiodi PDA-100, fornetto per il controllo della temperatura TCC-100 ed autocampionatore ASI-100. I dati ottenuti sono stati processati mediante un software specifico (Chromeleon Chromatography Information Management System v. 6.70). Le analisi cromatografiche sono state eseguite utilizzando gli stessi paramenti analitici descritti nel paragrafo precedente. La quantificazione dei diversi metaboliti è stata effettuata a 280 nm per la naringenin e a 330 nm per gli acidi mono e di cinnamoilchinici. Naringenina ed 195 acido clorogenico sono stati utilizzati come standards per le rette di calibrazione. Rutina e flavonoli glicosilati sono stati quantificati a 350 nm, mentre la quercetina è stata quantificata a 370nm. Ogni analisi è stata ripetuta tre volte. Risultati e discussione Analisi dei dati HPLC/Uv-vis /ESI-MS - Come accennato, insieme ai carotenoidi, i composti polifenolici rappresentano la classe di metaboliti secondari più importante presente nei pomodori, per un numero totale di più di 100 metaboliti (Slimestad et al., 2009). Rutina, narigenina, calconarigenina, narirutina e quercetina sono i principali flavonoidi trovati nelle bacche di pomodoro, seguiti dagli acidi cinnamici (caffeico, ferulico, cumarico) e dai loro derivati con molecole di zucchero o con l‟acido chinico (Fig. 1). La molecola più rappresentativa di quest‟ultima classe di composti è senz‟altro l‟acido 5-caffeoilchinico, noto a tutti come acido clorogenico. L‟analisi qualitativa effettuata sui campioni di pomodoro da serbo in esame ha rivelato la presenza, infatti, di acido clorogenico, rutina, quercetina e naringenina come composti principali. L‟analisi quantitativa degli stessi campioni, d‟altra parte, ha messo in evidenza una grande variazione genetica nel contenuto di polifenoli totali (da 0,212 mg g-1 del “Pizzutello di Sciacca” fino al 0,095 mg g-1 del “locale di Salina 6”, con valori più di 10 volte maggiori del testimone “Brigade”) (Fig. 2). Questo fenomeno può essere considerato un risultato della pressione ambientale, che ha esercitato una selezione naturale verso i pomodori da serbo a contenuto più alto in polifenoli, poiché ricordiamo che questo particolare ecotipo viene in genere coltivato senza apporto di acqua irriguo. Infatti, è stato largamente dimostrato in letteratura la funzione difensiva di questi particolari metaboliti secondari contro stress biotici ed abiotici, compresa la siccità (Dixon e Paiva, 1995; Reyes e Cisneros-Zevallos, 2003; Atkinson et al., 2011). Conclusioni Dai risultati della ricerca emerge come il contenuto di polifenoli delle bacche rappresenti un carattere altamente discriminante tra le varietà di pomodoro da serbo e altre cultivar di pomodoro disponibili sul mercato, allorché poste nel medesimo ambiente di coltivazione. Tali risultati suggeriscono inoltre come tali metaboliti secondari possano essere sotto stretto controllo genetico. Bibliografia AHMED L., MARTIN-DIANA A.B., RICO D., BARRY-RYAN C., 2011. The antioxidant properties of whey permeate treated fresh-cut tomatoes. Food Chemistry, 124: 14511457. ATKINSON N.J., DEW T.P., ORFILA C., URWIN P.E., 201. Influence of combined biotic and abiotic stress on nutritional quality parameters in tomato (Solanum lycopersicum). Journal of Agricultural and Food Chemistry, 59: 9673-9682. BOROS B., JAKABOVA S., DÖRNYEI A ., HORVATH G., PLUHAR Z., KILAR F., FELINGER A., 2010. Determination of polyphenolic compounds by liquid chromatography-mass spectrometry in Thymus species. Journal of Chromatography A, 1217: 7931−8072. DIXON R.A., PAIVA N.L. 1995. Stress-induced phenylpropanoid metabolism. Plant Cell, 7: 1085-1097. FRUSCIANTE L., CARLI P., ERCOLANO M.R., PERNICE R., DI MATTEO A., FOGLIANO V., PELLEGRINI N., 2007. Antioxidant nutritional quality of tomato. Molecular Nutrition & Food Research, 51: 609−617. 196 INCERTI A., NAVARI-IZZO F., PAROSSI A., IZZO R., 2009. Seasonal variations in polyphenols and lipoic acid in fruits of tomato irrigated with sea water. Journal of the Science of Food and Agriculture, 89: 1326−1331. LI J.H., NESUMI A., SHIMIZU K., SAKATA Y., LIANG M.Z., HE Q.Y., ZHOU H.J., HASHIMOTO F., 2010. Chemosystematics of tea trees based on tea leaf polyphenols as phenetic markers. Phytochemistry, 71: 1342-1349. PATANÈ C., 2008. Pomodoro da serbo, opportunità per le zone aride. L‟Informatore Agrario, 35(suppl.),: 29-32. PERNICE R., PARISI M., GIORDANO I., PENTANGELO A., GRAZIANO G., GALLO M., FOGLIANO V., RITIENI A., 2010. Antioxidants profile of small tomato fruits: effects of irrigation and industrial processes. Scientia Horticulturae, 126: 156-163. REYES L.F., CISNEROS-ZEVALLOS L., 2003. Wounding stress increases the phenolic content and antioxidant capacity of purple-flesh potatoes. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 51: 5296−5300. SLIMESTAD R., VERHEUL M., 2009. Review of flavonoids and other phenolics from fruits of different tomato (Lycopesicon esculentum Mill.) cultivars. Journal of the Science of Food and Agriculture, 89: 1255−1270. VALLVERDÚ-QUERALT A., JAUREGUI O., MEDINA-REMÓN A ., ANDRESLACUEVA C., LAMUELA-RAVENTOS R.M., 2010. Improved characterization of tomato polyphenols using liquid chromatography/electrospray ionization linear ion trap quadrupole Orbitrap mass spectrometry and liquid chromatography/electrospray ionization tandem mass spctrometry. Rapid Communicaton in Mass Spectrometry, 24: 2986−2992. Tab. 1. Elenco degli ecotipi di pomodoro da serbo esaminati. Tab. 1. List of long storage genotypes examined and their provenance. Ecotipo Pizzutello di Sciacca Pizzottello di Montallegro Locale di Custonaci Locale Giallo di Basicò Locale di Salina 2 Locale di Filicudi Locale di Salina 6 Principe Borghese Locale di Pollara (Salina) Ruccaloru codice PS PM C G S2 F S6 PB P R 197 Provenienza Sciacca (AG) Montallegro (AG) Grotte di Custonaci (TP) Basicò (ME) Isole Eolie (ME) Isole Eolie (ME) Isole Eolie (ME) Selezione SAIS (FC) Isole Eolie (ME) San Pierniceto (ME) Fig. 1. Cromatogramma rappresentativo di estratti idroalcolici da pomodoro da serbo siciliano. B irr B no irr PB R P S6 F S2 G C PM PS 0 0,05 0,1 0,15 0,2 Fig. 2. Contenuto di polifenoli (mg g-1) in diversi ecotipi di pomodoro da serbo siciliano. 198 0,25 2.30. I FRUMENTI SICILIANI: IL CASO RUSSELLO ‘RUSSELLO’, A SICILIAN DURUM WHEAT LANDRACE Alfio SPINA, Fabiola SCIACCA, Nino VIRZÌ, Michele CAMBREA, Stefania LICCIARDELLO, Massimo PALUMBO CRA - Centro di ricerca per l‟Agrumicoltura e le Colture Mediterranee, Corso Savoia, 190 95024 - Acireale (CT), [email protected] Riassunto Nell‟ambito di un‟ampia collezione di popolazioni siciliane di frumento duro è stata realizzata la caratterizzazione della landrace Russello. Il germoplasma oggetto di studio è rappresentato da nove accessioni, di cui sette reperite in aziende cerealicole dell‟altopiano ibleo e due biotipi presenti nella collezione mantenuta presso il CRA-ACM di Acireale. Allo scopo di valutare la biodiversità presente fra le diverse accessioni è stata effettuata una caratterizzazione biochimica, molecolare e qualitativa del germoplasma in studio. La caratterizzazione biochimica delle proteine di riserva della cariosside è stata condotta mediante elettroforesi su gel di poliacrilamide (SDS-PAGE) per l‟identificazione delle subunità gluteniniche ad alto (HMW-GS) e a basso peso molecolare (LMW-GS). La caratterizzazione molecolare è stata effettuata mediante analisi SSR (Simple Sequence Repeat) ed ha evidenziato polimorfismi fra le accessioni di Russello in studio. Le accessioni sono state caratterizzate anche dal punto di vista qualitativo, mediante la determinazione del contenuto proteico, del contenuto e qualità del glutine, l‟esecuzione dell‟analisi mixografica e del test di sedimentazione in SDS. Su una accessione, selezionata sulla base dei principali caratteri bio-agronomici e qualitativi, è stata effettuata anche una caratterizzazione reologica e tecnologica, mediante l‟esecuzione dell‟analisi alveografica, farinografica, del baking test e di una prova di panificazione artigianale. I risultati dell‟elettroforesi hanno evidenziato variabilità per quanto riguarda la composizione delle proteine di riserva della cariosside. Le analisi molecolari hanno permesso di determinare il caratteristico fingerprinting delle accessioni di Russello testate. Relativamente agli aspetti qualitativi, le accessioni di Russello allo studio, pur riportando elevati contenuti in proteine, presentano un glutine scarsamente tenace e molto elastico. Inoltre, rispetto alle moderne cultivar migliorate, sono stati formulati giudizi mixografici mediocri. Tuttavia sull‟accessione selezionata, ad eccezione del W alveografico, sono stati accertati dei parametri tecnologici soddisfacenti. I risultati del baking test e della panificazione artigianale hanno dimostrato che la popolazione Russello è particolarmente adatta alla produzione del tipico pane a pasta dura degli Iblei. Parole chiave: frumento duro, popolazioni, caratterizzazione, qualità panificatoria Abstract „Russello‟ is a Sicilian durum wheat landrace, included in a large germplasm collection kept in the Research Centre for citrus and Mediterranean crops of Italian Agricultural Research Council (CRA-ACM). Nine accessions of Russello were characterized: seven of them were collected from different cereal farms in South-East area of Sicily, and two biotypes were already present in the germplasm collection at the CRA-ACM. In order to assess the biodiversity among the different accessions a biochemical, molecular and quality characterization was carried out. The protein characterization was conducted by polyacrylamide gel electrophoresis (SDS-PAGE) for the identification of HMW-GS and 199 LMW-GS. The molecular characterization was performed by SSR (Simple Sequence Repeat). Quality characterization has concerned: protein content, gluten content and quality mixographic analysis, SDS test. One of the accessions, selected for the main bio-agronomic and quality parameters, was also characterized by rheological and technological analysis. The baking test and the artisan breadmaking were carried out. The results of electrophoresis analysis showed variability as regards the gluteninic composition. Molecular analyzes have identified the characteristic fingerprinting of Russello accessions. For regards the qualitative aspects, the accessions Russello have reported high protein content, weak gluten and low mixographic judgments. The selected accession showed low alveographic W but good technological parameters. The results of breadmaking tests have shown that the durum wheat landrace Russello is particularly suited to the production of a Sicilian typical bread. Keywords: durum wheat, landraces, characterization, breadmaking quality Introduzione In Sicilia vengono ancora oggi coltivate alcune antiche popolazioni locali di frumento duro caratterizzate da buona adattabilità alle condizioni pedo-climatiche delle regioni mediterranee e dotate di peculiari caratteristiche bio-morfologiche e qualitative (Palumbo et al., 2008). Una di esse, Russello (o Russeddu), è un esempio rappresentativo dell‟equilibrio che si può instaurare fra un genotipo e un ambiente particolare quale quello dell‟altopiano ibleo, caratterizzato da terreni con franco di coltivazione di appena 20-30 cm (Abbate et al., 1997). Russello, ancora oggi viene utilizzato per la produzione del tipico “pane a pasta dura”, molto diffuso e apprezzato nella Sicilia sud-orientale, ottenuto impastando la semola rimacinata con una ridotta quantità di acqua ed impiegando il “criscenti”, ossia la pasta acida (Spina e Palumbo, 2006; Spina et al., 2006). Essendo caratterizzato da taglia elevata (130-140 cm), il Russello svolge un ruolo importante nell‟azione di sostegno all‟attività zootecnica, in rapporto alla produzione di paglia ed alla funzione miglioratrice della coltura nei riguardi dei riposi pascolativi (Abbate et al., 1997). Secondo De Cillis (1942), la popolazione Russello è stata una delle popolazioni maggiormente coltivate nella Sicilia centro-occidentale agli inizi del secolo scorso. Da un‟indagine svolta dall‟Università di Catania è emerso, tra l‟altro, che con la denominazione “Russello” vengono indicate “varietà locali” che presentano caratteri agronomici e morfologici differenti (Lombardo, 1994), a conferma dell‟incerta origine di questo frumento nell‟area iblea. In un precedente lavoro è stata realizzata la caratterizzazione agronomica e bio-morfologica di diverse accessioni di Russello coltivate in Sicilia (Abbate et al., 1997). Materiali e metodi Il materiale genetico di partenza è rappresentato da sette accessioni di Russello, indicate con lettere maiuscole dalla A alla G, reperite in aziende cerealicole dell‟altopiano ibleo, a cui sono stati aggiunti due biotipi in collezione presso il CRA-ACM di Acireale. Caratterizzazione biochimica - La caratterizzazione delle proteine di riserva della cariosside delle nove accessioni è stata condotta su 26 cariossidi mediante elettroforesi su gel di poliacrilamide (SDS-PAGE) per l‟identificazione delle subunità gluteniniche ad alto (HMWGS) e a basso peso molecolare (LMW-GS), utilizzando il metodo descritto da Pogna et al., 1985. Analisi SSR (Simple Sequence Repeat) - Il DNA genomico, estratto mediante DNeasy Plant Mini Kit (Quiagen), è stato prelevato da epicotili di cariossidi messe a germinare in scatole Petri. Il protocollo prevede l‟utilizzo di primer co-dominanti, localizzati sui cromosomi dei 200 genomi A e B. In questo lavoro sono stati scelti 13 Xgwm primer ed è stato determinato il fingerprinting delle accessioni di Russello in studio. I prodotti di amplificazione ottenuti con primer marcati sono stati separati attraverso elettroforesi capillare eseguita con ABI Prism 3130 Genetic Analyzer (Applied Biosystems). La grandezza dei frammenti è stata calcolata usando il software GeneMapper v. 4.0. Caratterizzazione qualitativa - Ha riguardato la determinazione del contenuto proteico, secondo il metodo Kjeldhal, del contenuto e della qualità del glutine (metodo UNI 10690). È stata eseguita l‟analisi mixografica (metodo AACC 54-40) e il test di sedimentazione in SDS seguendo il metodo AACC 56-60. Su un biotipo selezionato (accessione F) sulla base dei principali caratteri agronomici, bio-morfologici e qualitativi, è stata effettuata una caratterizzazione tecnologica mediante l‟esecuzione dell‟analisi alveografica (metodo UNI n° 10453) e farinografica (metodo AACC n° 54-21). Con la stessa semola è stato condotto il test di panificazione sperimentale secondo il metodo AACC 10-10, modificato ed una prova di panificazione artigianale. Risultati e discussione L‟analisi elettroforetica delle proteine di riserva delle cariossidi delle nove accessioni della popolazione Russello ha confermato i risultati ottenuti in precedenza: tutte le accessioni in studio sono risultate “Nulli” per le subunità gluteniniche codificate dal locus Glu-A1, situato nel braccio lungo del cromosoma 1A, fatta eccezione per l‟accessione E, che è di tipo 1 (Fig.1). Relativamente alle subunità ad alto peso molecolare, codificate dal locus Glu-B1, i risultati della caratterizzazione hanno permesso di evidenziare una certa variabilità tra le diverse accessioni: ACM 1 e 2 hanno presentato la composizione “13+16” (Fig. 1), assente o poco presente nelle varietà italiane di frumento duro (Pogna et al., 1985). Tutte le altre accessioni di Russello hanno mostrato la composizione “20” (Fig. 2); nelle popolazioni C e D, invece, oltre alla banda “20” è stata evidenziata, in percentuale simile, anche la composizione “13+16”. Per quanto riguarda le subunità gluteniniche a basso peso molecolare, codificate dal locus Glu-B3, esse sono risultate per tutte le accessioni, di tipo “2” (Fig. 1 e 2). Le analisi molecolari hanno permesso di determinare il caratteristico fingerprinting delle accessioni di Russello testate. Attraverso la tecnica SSR microsatellite sono stati ottenuti prodotti di amplificazione compresi tra 120 e 270 bp, derivati da primers marcati e rilevati attraverso elettroforesi capillare. I primer Xgwm 153-1B e Xgwm 155-3A hanno fatto rilevare il più alto grado di polimorfismo intra popolazione (Fig.3). In particolare, mediante il primer Xgwm 153-1B è stato possibile discriminare il biotipo selezionato (accessione F), rispetto alle accessioni ACM 1 e 2. In Tab. 1 sono riportate le medie dei principali parametri qualitativi. Relativamente al contenuto proteico, il valore medio è stato elevato (16,7%). Notevoli differenze sono state registrate per quanto concerne il tempo d‟impasto al mixografo: da 96 s delle accessioni D ed E a 189 s dell‟accessione ACM 1. Anche per quanto riguarda il picco massimo del tracciato, parametro correlato al tempo d‟impasto, le altezze maggiori sono state riscontrate per le accessioni ACM 1 e 2, per le quali, pertanto è stato espresso il giudizio finale migliore. In Tab. 2 sono riportati i risultati dell‟analisi quali-quantitativa del glutine e del test di sedimentazione in SDS. Tutte le accessioni hanno mostrato un elevato contenuto in glutine secco (media 14,9%) e le accessioni ACM 2 e C hanno mostrato il tenore più elevato (15,4 e 15,3%, rispettivamente). Per quanto riguarda la qualità del glutine, le accessioni raccolte nell‟area iblea presentano valori di gluten index molto bassi (da 12,6 a 19,9). Le accessioni ACM 1 e 2 presentano, invece, un glutine mediamente tenace. Il test di sedimentazione in SDS ha confermato i risultati ottenuti dall‟indice di glutine. 201 La Tab. 3 riporta i parametri merceologici e reologici dell‟accessione selezionata (F). Il peso ettolitrico è risultato medio-alto mentre il peso delle 1000 cariossidi è apparso inferiore rispetto ai valori riscontrati nella maggior parte delle varietà di frumento duro. L‟analisi colorimetrica della semola ha evidenziato un buon valore dell‟indice di giallo. Rispetto alle moderne cultivar migliorate, è stata accertata una modesta forza dell‟impasto (W = 69 J x 10 4 ), ma un rapporto fra tenacità (P) ed estensibilità (L) equilibrato. L‟analisi farinografica ha accertato un buon assorbimento idrico, un discreto tempo d‟impasto ma una ridotta stabilità dell‟impasto associata a un elevato valore dell‟indice di caduta dell‟impasto. In Tab. 4 sono riportati i risultati ottenuti dal baking test, partendo da 100 g di semola, e i principali parametri rilevati sui pani ottenuti dalla panificazione artigianale, a partire da 400 g di semola. Il pane sperimentale prodotto con la semola dell‟accessione F ha mostrato un volume elevato e una buona resa in pane. L‟indice di giallo della mollica, rispetto a quello rilevato sulla semola, è stato leggermente più basso, verosimilmente a causa di una lieve attività lipossigenasica. Nella prova sperimentale di panificazione la mollica ha mostrato una alveolatura ben sviluppata (valore = 4). Per quanto riguarda i risultati della panificazione artigianale secondo la tradizione iblea, come atteso, sono stati ottenuti pani con crosta molto dura e mollica fitta, alti 55,5 mm, con un peso di 525,9 g, con elevato indice di giallo della mollica (24,3 b*) e con alveoli di piccolissima dimensione. La conservazione della biodiversità della popolazione locale Russello è importante, oltre che per consentire la coltivazione del grano duro in aree marginali, per garantire il mantenimento di tradizioni locali attraverso la produzione di prodotti con caratteristiche peculiari, quali il “pane a pasta dura”. In tale contesto, la caratterizzazione biochimica, molecolare, qualitativa e tecnologica di genotipi di Russello potrà favorire il mantenimento, la diffusione e la valorizzazione di questa antica popolazione siciliana di frumento duro. Bibliografia ABBATE V., BOGGINI G., COPPOLINO F., LOMBARDO G.M., 1997. Analisi della variabilità tra e dentro popolazioni di frumento duro Russello raccolte nell‟area iblea. In: Atti del 3° Convegno Nazionale Biodiversità: “Biodiversità- Tecnologia-Qualità”. Reggio Calabria, 16-17 giugno 1997. DE CILLIS U., 1942. I frumenti siciliani. Pubblicazione N. 9. Stazione Sperimentale di granicoltura per la Sicilia, Catania: 323. LOMBARDO G. M., 1994. La scelta della varietà ai fini della valorizzazione della qualità della granicoltura iblea. In: Atti del convegno “Il futuro della granicoltura Iblea”. Modica (RG), 11-17 dicembre 1994. PALUMBO M., SPINA A., VIRZÌ N., SCIACCA F., BLANCO C., 2008. Caratterizzazione qualitativa, bioagronomica e molecolare di antichi ecotipi mediterranei di grano duro. In: Atti del 2° Convegno Nazionale Piante Mediterranee: “Valorizzazione delle risorse e sviluppo sostenibile”. Agrigento, 7-8 ottobre 2004: 242-249. POGNA N.E., MELLINI F., DAL BELIN PERUFFO A., 1985. Il ruolo dell‟elettroforesi su gel di poliacrilamide nella identificazione varietale e nello sviluppo di nuove varietà di grano duro con buona qualità pastificatoria. Monografie di Genetica Agraria, 7: 199-212. SPINA A. e PALUMBO M., 2006. Prove sperimentali e artigianali per la produzione di un pane tipico di grano duro. Tecnica Molitoria, 2: 131-141. SPINA A., CAMBREA M., LICCIARDELLO S., CAMBREA A., PALUMBO M., 2006. Frumenti duri siciliani per la produzione di pani tipici. L‟Informatore Agrario, 13 (suppl.): 23-26. 202 Tab. 1. Principali parametri qualitativi delle accessioni in studio. Tab. 1. Main quality parameters of the accessions studied. Analisi mixografica Genotipi Proteine (% s.s.) Accessione A Accessione B Accessione C Accessione D Accessione E Accessione F Accessione G Accessione ACM 1 Accessione ACM 2 MEDIA DEV. ST. 16,5 16,1 16,5 15,4 17,0 15,9 16,3 18,0 18,4 16,7 1,0 Tempo d'impasto (s) 142,5 111,0 117,0 96,0 96,0 97,5 108,0 Altezza picco (mm) Giudizio (1-8) 55,5 55,0 50,0 54,0 53,5 48,5 47,0 65,0 64,0 54,7 6,3 4,0 3,5 3,5 4,0 3,5 3,0 3,0 5,0 5,0 3,8 0,8 189,0 186,0 127,0 37,2 Tab. 2. Parametri per la valutazione quali-quantitativa del glutine delle accessione in studio. Tab. 2. Parameters for the quantitative and qualitative evaluation of the gluten of the accessions studied. Genotipi Glutine secco (%) Gluten index Test in SDS (mL) Accessione A Accessione B Accessione C Accessione E Accessione F Accessione ACM 1 Accessione ACM 2 MEDIA DEV. ST. 14,7 14,5 15,3 14,4 15,0 15,0 15,4 14,9 0,4 19,9 12,6 17,9 16,8 16,3 58,1 52,3 27,7 19,0 24 24 25 24 23 30 29 25,6 2,8 203 Tab. 3. Principali parametri merceologici e reologici dell‟accessione selezionata. Table 3. Main rheological and commercial parameters of the accession selected. Parametri merceologici Peso ettolitrico (kg/hL) Peso 1000 semi (g) Indice di giallo semola (b*) Tab. 4. Risultati della panificazione sperimentale ed artigianale dell‟accessione selezionata. Tab. 4. Results of experimental and artisan baking of the accession selected. Valori 81,5 36,3 22,3 Parametri alveografici W (J x 10 -4) P/L Parametri farinografici Assorbimento idrico (%) Tempo d'impasto (s) Stabilità (s) Indice di caduta (U.B.) 69,0 1,3 62,1 162 198 105 204 Parametri baking test Valori Volume (cm3) Altezza (mm) Peso (g) Indice di giallo mollica (b*) Porosità (1-8) 445,0 79,0 157,9 21,8 4 Parametri panificazione artigianale "a pasta dura" Altezza (mm) Peso (g) Indice di giallo mollica (b*) Porosità (1-8) Valori 55,5 525,9 24,3 8 Fig. 1. SDS-PAGE di Russello ACM 1. Testimone 1: Creso (T. turgidum ssp. durum); Testimone 2: Centauro (T. aestivum). Fig. 1. SDS-PAGE of Russello ACM 1. Tester 1: Creso (T. turgidum ssp. durum). Tester 2: Centauro (T. aestivum) Fig. 2. SDS-PAGE di Russello E. Testimone 1: Colosseo (T. turgidum ssp. durum). Testimone 2: Latino (T. turgidum ssp. durum). Fig. 2. SDS-PAGE of Russello E. Tester 1: Colosseo (T. turgidum ssp durum). Tester 2: Latino (T. turgidum ssp durum). Fig. 3. Confronto fra tre accessioni di Russello con il primer Xgwm 1531B blue pick (orange pick GeneScan-500 LIZ size standard) Fig. 3. Comparison among Russello accessions by primer Xgwm 153-1B blue pick (orange pick GeneScan-500 LIZ size standard) 205 2.31. VARIABILITÀ DEL CONTENUTO DI ARBUTINA IN UVA URSINA (ARCTOSTAPHYLOS UVA-URSI (L.) SPRENG.) IN RELAZIONE AL BIOTIPO E ALL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE VARIABILITY OF ARBUTIN CONTENT IN BEARBERRY (ARCTOSTAPHYLOS UVAURSI (L.) SPRENG.) RELATED TO BIOTYPE AND GROWING ENVIRONMENT Silvia TAVARINI, Benedetta CESTONE, Luciana Gabriella ANGELINI Dipartimento di Agronomia e Gestione dell‟Agroecosistema, Università di Pisa, [email protected] Riassunto Nella presente ricerca, sono stati confrontati due genotipi di uva ursina in prove condotte in due ambienti collinari situati nel comune di Pitigliano (Grosseto, 650 m s.l.m.) e nel comune di Sorano nell‟area di Montevitozzo (Grosseto, 850 m s.l.m.). Oltre alla valutazione della capacità di adattamento e di accrescimento delle piante, è stato valutato il contenuto di arbutina, determinato mediante HPLC. I risultati ottenuti hanno evidenziato un discreto adattamento della specie alle zone collinari interne della Toscana, nonostante una scarsa resistenza allo stress idrico e alle alte temperature estive. Le piante, grazie al rapido insediamento e al portamento prostrato-tappezzante, possono svolgere in queste zone un importante ruolo di difesa del suolo dal rischio di erosione. È stato, inoltre, osservato che i genotipi utilizzati sono caratterizzati da un buon contenuto in arbutina, dell‟ordine di 60-70 mg g-1 peso secco, e che tale principio attivo varia in relazione alle condizioni pedoclimatiche del sito di coltivazione e all‟epoca di raccolta delle piantine. Parole chiave: arbutina, Arctostaphylos uva-ursi, HPLC, zone marginali Abstract In the present research two different genotypes of bearberry were compared in two hilly areas located in Pitigliano (Grosseto, 650 m a.s.l.) and Sorano (Grosseto; Montevitozzo, 850 m a.s.l.). The adaptation capacity and the growth development of the plants were evaluated together with the leaf arbutin content by HPLC analysis. The achieved results highlighted a good adaptation of this species to inland hills of Tuscany, in spite of its high sensitivity to water stress and summer high temperatures. In such hilly areas, the prostrate ground cover plants may play an important role by preserving soil from erosion risks. It was also observed that the tested genotypes were characterized by a good arbutin content, which was about 6070 mg g-1 dry weight, and that this active principle varied in relation to the pedo-climatic conditions of the growing site and to the harvest time. Keywords: arbutin, Arctostaphylos uva-ursi, HPLC, marginal areas Introduzione La maggior parte delle piante officinali ed aromatiche utilizzate dall‟industria farmaceutica, erboristica, liquoristica ed alimentare deriva dalla raccolta spontanea (Edwards, 2004). Il reperimento di materiale fresco tramite raccolta spontanea, oltre ad essere difficoltoso, non omogeneo e spesso soggetto ad inquinamento, può causare perdita di biodiversità vegetale e di diversità genetica, estinzione di specie locali e distruzione di habitat naturali (Canter et al., 2005). Le specie minacciate dalla raccolta spontanea sono tra le 4.000 e 10.000 (Edwards, 206 2004), tra cui l‟uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi L. Spreng.), appartenente alla famiglia delle Ericaceae ed originaria del nord America (Naczk et al., 2011). La droga grezza isolata dalle foglie di questa specie contiene composti farmacologicamente rilevanti, tra cui l‟arbutina (4-idrossifenil-orto--D-monoglucopiranoside), che rappresenta il principale costituente fenolico, formato da un idrochinone legato attraverso legame glucosidico ad una molecola di glucosio (Parejo et al., 2001). Gli estratti fogliari di uva ursina possiedono interessanti proprietà farmacologiche; svolgono, infatti, un‟azione antisettica ed astringente nella cura delle infezioni del basso tratto urinario (Capasso et al., 2006) ed un‟azione schiarente sulle macchie cutanee (Sugimoto et al., 2004). Recentemente è stato osservato che l‟arbutina è coinvolta nell‟inibizione della proliferazione di una linea cellulare responsabile di tumori del sangue (Li et al., 2011). Questo composto svolge, inoltre, un‟azione schermante nei confronti dei raggi UV, oltre ad essere un potente antiossidante naturale (Lamien-Meda et al., 2009), utilizzato anche nella conservazione degli alimenti (Amarowicz et al., 2004). Ad oggi, l‟uva ursina deriva soprattutto da raccolta delle piante presenti alla stato spontaneo, importata perlopiù da Paesi dell‟Europa dell‟Est (Turchia, Macedonia, Montenegro, Romania e Bulgaria). Questo arbusto sempreverde vegeta spontaneamente esclusivamente all‟interno di aree protette, come parchi nazionali e regionali, in forma di cespugli in zone aperte soleggiate, collinari e montane, preferenzialmente subalpine, dai 600 fino ai 2500 m. Sebbene un‟adeguata protezione di tale specie potrebbe essere ottenuta attraverso la regolazione e l‟introduzione di una raccolta spontanea sostenibile, una valida alternativa a lungo termine potrebbe essere l‟addomesticamento, vale a dire l‟introduzione in coltura della specie stessa. In questo modo si avrebbe l‟opportunità di salvaguardare la biodiversità e di migliorare la qualità delle droghe e degli estratti, superando i problemi legati ad errori nell‟identificazione, alla variabilità genetica e fenotipica delle piante, alla variabilità ed instabilità dell‟estratto, nonché alla eventuale presenza di composti tossici e contaminanti. La coltivazione offre, inoltre, l‟opportunità di ottimizzare la resa ed ottenere un prodotto standardizzato di alta qualità (Canter et al., 2005). Al tempo stesso l‟inserimento in coltura dell‟uva ursina potrebbe rappresentare uno strumento per la salvaguardia di aree terrazzate e a rischio idrogeologico, nonché contribuire alla riforestazione di zone degradate potendo costituire una macchia tappezzante da utilizzare come corridoio ecologico (Krpata et al., 2007). Il presente lavoro si inserisce in una politica di sviluppo sostenibile volta a limitare l‟importazione e la raccolta spontanea di A. uva-ursi. Allo scopo di studiare l‟adattabilità di questa ericacea ad ambienti collinari marginali e promuoverne l‟introduzione in coltura, sono state eseguite prove di coltivazione secondo il metodo organo-biologico in due siti collinari della provincia di Grosseto, valutando le potenzialità di accrescimento ed il contenuto di arbutina, al fine di ottenere un prodotto sicuro ed efficace per usi fitoterapici. Materiali e metodi Materiale vegetale - Sono state utilizzate piantine di uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi L. Spreng.) di 1-2 mesi di età, riprodotte agamicamente da talea apicale, appartenenti a due differenti genotipi: piante di origine olandese e piante dell‟Appennino emiliano. Le prove sperimentali sono state allestite in parallelo presso due siti di coltivazione: l‟Azienda agricola biologica “Il Ramerino”, sita nel comune di Pitigliano (GR), a 650 m s.l.m, e la zona collinare di Montevitozzo, nel comune di Sorano (GR), a 850 m s.l.m., sotto l‟Amministrazione Beni Separati Usi Civici. La prima azienda ha ospitato una piccola prova di coltivazione su un suolo franco-sabbioso esposto a sud-ovest, povero di sostanza organica, con una densità di impianto di 1,4 piante m-2 (120 cm nell‟interfila e 60 cm sulla fila) appartenenti al genotipo olandese. L‟impianto è stato realizzato secondo uno schema a blocchi randomizzati con tre 207 replicazioni (l‟area di una singola parcella era pari a 25 m2) il 5 febbraio 2011, quando le piante presentavano rametti di lunghezza variabile tra 21 e 41 cm. Il terreno è stato acidificato con torba e concimato con un concime organico a base di camola (prodotto di scarto che deriva dall‟allevamento delle camole da farina, tenebrionidi utilizzati come esche nella pesca), particolarmente ricco di fosforo. Inoltre, sul terreno è stato effettuato in precedenza un sovescio di leguminose e crucifere. La seconda prova è stata realizzata sull‟area di Montevitozzo, certificata biologica, dell‟estensione di circa 1000 m2, su un suolo francolimoso, ricco di sostanza organica, esposto ad ovest, valutando le piante appartenenti sia al genotipo olandese che quelle provenienti dall‟Appennino emiliano. La messa a dimora delle piantine di entrambi i genotipi è avvenuta il 6 febbraio 2011, adottando la stessa densità e lo stesso sesto d‟impianto visto in precedenza. Per ciascun genotipo, anche in questo caso è stato utilizzato uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre replicazioni (l‟area di una singola parcella era pari a 50 m2). Il contenimento delle principali infestanti (Tussillago farfara L., Arctium lappa L., Sambucus edulis L., Viola tricolor L., Cynodon dactylon L.) è avvenuto a mano. In Tab. 1 sono riportate le principali caratteristiche fisico-chimiche dei due tipi di suolo. Al fine di determinare il contenuto di arbutina nelle foglie, in entrambi i siti di coltivazione sono state realizzate due raccolte: la prima a fine primavera (14 giugno 2011), per entrambi i genotipi; la seconda alla fine di settembre (30 settembre 2011), solo per il genotipo olandese. Per entrambe le raccolte, sono state campionate casualmente 10 piante all‟interno di ogni parcella. Determinazione del contenuto di arbutina. Il contenuto di arbutina nelle foglie è stato determinato secondo il metodo proposto da Lukas et al. (2010), previa essiccazione dei campioni in stufa a 40°C. L‟identificazione dell‟arbutina è stata ottenuta confrontando i tempi di ritenzione degli estratti con quello dello standard esterno di arbutina (98% purezza). I risultati sono stati espressi in mg g-1 peso secco. Analisi statistica - Tutte le variabili sono state analizzate tramite l‟analisi della varianza a blocchi randomizzati, utilizzando il software statistico GraphPad PRISM V4.0 (2003). Le medie sono state separate sulla base del test della differenza minima significativa (DMS), in accordo all‟analisi della varianza, per P ≤ 0,05. Risultati e discussione Il ciclo ontogenetico dell‟uva ursina è caratterizzato da due periodi di crescita, uno primaverile e l‟altro estivo-autunnale (dalla fine di agosto all‟inizio dell‟autunno) interrotti da un periodo di dormienza estiva. In entrambi i siti di coltivazione le piante dei due genotipi hanno iniziato a vegetare a partire dalla seconda settimana di aprile, circa 60 giorni dopo il trapianto di febbraio. L‟attività vegetativa è durata fino a giugno, quando l‟accrescimento si è interrotto a causa delle temperature elevate e del periodo particolarmente siccitoso. Quest‟ultimo si è protratto fino a settembre-ottobre, compromettendo fortemente il secondo periodo di crescita. Nel periodo primaverile, le piante hanno mostrato una buona vitalità, differenziando nuovi e numerosi fusti striscianti dalla base delle piante e nuove ramificazioni all‟apice dei fusti. Nel mese di aprile circa il 4% delle piantine ha raggiunto la fioritura (il 3% di provenienza olandese, il 4% di provenienza dell‟Appennino emiliano). Nell‟anno dell‟impianto, tuttavia, le piantine erano ancora poco sviluppate e alla differenziazione dei fiori non è seguita la formazione dei frutti. Alla fine del mese di maggio, nella parcella di Montevitozzo, le piante in buono stato vegetativo ammontavano a circa il 72% del totale. Le piante provenienti dall‟Appennino emiliano hanno presentato maggiori difficoltà nell‟attecchimento rispetto a quelle di provenienza olandese che, invece, hanno mostrato un ottimo accrescimento con steli ben sviluppati in lunghezza e ben ramificati. I nuovi getti alla 208 base delle piante e all‟apice dei rametti sono stati numerosi, ma in media l‟allungamento del rametto primario è arrivato ad un massimo di 50 cm e per ogni rametto si è osservata una divisione in altri 6 rametti secondari per lato di 5-6 cm. Al momento del campionamento primaverile (14 giugno) a Montevitozzo, sono stati condotti dei rilievi sulle piante di provenienza olandese, le quali presentavano una lunghezza dei rametti primari in un intervallo compreso tra 22 e 58 cm, con nuove ramificazioni, in numero compreso tra 10 e 20 ciascuna, di lunghezza compresa tra i 4 e 7 cm. Le piantine provenienti dall‟Appennino emiliano presentavano un minore sviluppo vegetativo con una lunghezza degli steli principali non superiore ai 9 cm ed un numero ridotto (3-6 ramificazioni secondarie di lunghezza compresa tra 2-3 cm). Le piante campionate nell‟Azienda “Il Ramerino” di provenienza olandese mostravano un buon accrescimento, come del resto osservato nello stesso genotipo a Montevitozzo, con una lunghezza dei rametti primari compresa tra 45 e 36 cm, ognuno dei quali portava più di venti nuovi getti laterali. La stagione estiva particolarmente siccitosa tra luglio e settembre e le difficoltà che le piante hanno incontrato nello sviluppo e nell‟approfondimento dell‟apparato radicale hanno provocato una certa mortalità in entrambi i siti di coltivazione. Per far fronte alle problematiche legate allo stress idrico che si verifica in tali zone durante la stagione estiva, è infatti opportuno ricorrere all‟irrigazione di soccorso in modo da mantenere su livelli ottimali la capacità idrica del suolo. Tuttavia, se ciò si rende possibile presso l‟azienda “Il Ramerino”, più difficoltoso è allestire un impianto di irrigazione nell‟area degli Usi Civici di Montevitozzo. In Tab. 2 sono riportati i valori medi della concentrazione di arbutina determinata nel genotipo olandese di uva ursina, nei due siti di coltivazione e nelle due epoche di raccolta. La quantità di arbutina è stata influenzata significativamente dall‟epoca di raccolta (R) con una maggiore concentrazione durante la raccolta autunnale rispetto a quella primaverile (78,27 vs 67,59 mg g-1 PS), mentre il sito di coltivazione (S) e l‟interazione tra i due fattori (S x R) non hanno avuto alcun effetto significativo sulla concentrazione del principio attivo. Anche l‟effetto del genotipo (olandese e dell‟Appennino emiliano) sul contenuto di arbutina, valutato nella raccolta primaverile a Montevitozzo, non è risultato statisticamente significativo (Tab. 2). La concentrazione dell‟arbutina, principale metabolita presente nelle foglie dell‟uva ursina, dipende fortemente dall‟origine del genotipo ma può variare anche stagionalmente (Heroutová, 2012) in relazione alle condizioni di crescita delle piante, con particolare riferimento alle condizioni pedoclimatiche e geografiche (altitudine, latitudine, longitudine, ecc.) (Integrated Laboratory Systems, 2006), raggiungendo valori massimi dell‟8-9% (Parejo et al., 2001). In letteratura è riportato come il contenuto totale di arbutina sia compreso tra il 5,95 ed il 7,16%, con le più alte concentrazioni durante l‟autunno e soprattutto in piante resistenti alla siccità ed al gelo (Frías et al., 2006). I nostri risultati sono pienamente in linea con quelli riportati in letteratura, con valori compresi tra 6,4 e 8,0 g 100 g-1 peso secco e con valori massimi in autunno. La più elevata concentrazione di arbutina nelle foglie raccolte in autunno, al termine del periodo estivo particolarmente siccitoso, può essere messa in relazione ai meccanismi di risposta a fenomeni di stress messi in atto dalla pianta per superare stress abiotici in accordo anche con quanto riportato da Pop et al. (2009). Conclusioni Le prove di coltivazione hanno evidenziato la possibilità di adattamento di Arctostaphylos uva-ursi (L.) alle zone collinari interne della Toscana. Le piante hanno evidenziato una buona vitalità nel periodo primaverile, con la formazione di numerosi nuovi germogli alla base della pianta e nuove ramificazioni all‟apice dei rametti. I migliori risultati in termini di adattamento si sono ottenuti in piante appartenenti al genotipo olandese. Le giovani piante hanno mostrato 209 di essere particolarmente sensibili alla siccità estiva richiedendo temperature più miti e una maggiore disponibilità di acqua, per sopravvivere ed esplicare al meglio le proprie capacità produttive. È, inoltre, emerso come il genotipo olandese sia caratterizzato da un buon contenuto in arbutina (tra 6,75 e 7,82%), con un livello superiore durante il periodo autunnale. Futuri esperimenti saranno, comunque, necessari per valutare la risposta produttiva quantiqualitativa della specie e le variazioni nel contenuto di arbutina nelle foglie dopo il primo anno di impianto della coltura nell‟areale della collina interna della Provincia di Grosseto. Sarà, inoltre, importante migliorare il rifornimento idrico mediante irrigazione, al fine di mantenere la capacità idrica del suolo su livelli ottimali, soprattutto su terreni particolarmente sciolti e caratterizzati da una bassa capacità di ritenzione idrica, come quelli dell‟Azienda “Il Ramerino”. Questi dati preliminari hanno evidenziato come l‟introduzione in coltura di questa specie sia possibile, scegliendo in maniera oculata il sito di coltivazione ed il genotipo (privilegiando, se disponibili, quelli più resistenti alla siccità), tenendo soprattutto in considerazione la fase critica relativa al periodo estivo. La coltivazione offre, quindi, l‟opportunità di migliorare la qualità della droga, superando i problemi inerenti l‟identificazione botanica, la variabilità genetica e fenotipica delle piante, la variabilità ed instabilità dell‟estratto, nonché di salvaguardare la biodiversità degli habitat naturali. Bibliografia AMAROWICZ R., PEGG R.B., RAHIMI-MOGHADDAM P., BARL B., WEIL J.A, 2004. Free-radical scavenging capacity and antioxidant activity of selected plant species from the Canadian prairies. Food Chemistry, 84: 551-562. CANTER P.T., THOMAS H., ERNST E., 2005. Bringing medicinal plants into cultivation: opportunities and challenges for biotechnology. 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Caratteristiche fisico-chimiche Azienda ÒIl RamerinoÓ Montevitozzo 814,2 424,1 167 475,8 18,8 100,1 60,5 105,3 1,45 5,34 0,63 2,42 10,79 4,51 1041 194,38 6,6 5,84 -1 Sabbia (2Ğ0,05 mm, g kg ) -1 Limo (0,05Ğ0,002 mm, g kg ) -1 Argilla (<0,002 mm, g kg ) -1 Conducibilitˆ elettrica, CE (µS cm ) Sostanza organica, S.O. (%) -1 N totale (metodo di Kjeldhal, g kg ) -1 P assimilabile (metodo di Olsen, mg kg ) -1 K scambiabile (metodo di Thomas, mg kg ) pH (metodo di McLean) Tab. 2. Effetti del sito di coltivazione (S), dell‟epoca di raccolta (R), dell‟interazione S x R sul contenuto di arbutina (mg g-1 PS) in foglie di Arctostaphylos uva-ursi del genotipo olandese. Effetto del genotipo (G) sul contenuto di arbutina in foglie delle piante coltivate a Montevitozzo. Tab. 2. Effect of the cultivation site (S), harvest time (H), S x H interaction on the arbutin content (mg g-1 DW) in the leaves of Arctostaphylos uva-ursi of the Dutch genotype. Effect of genotype on the arbutin content in the leaves of the plant cultivated at Montevitozzo. Raccolta Primaverile Raccolta autunnale Media sito Azienda “Il Ramerino” 71,70 ± 6,17 a 77,09 ± 2,37 a 74,39 ± 3,81 A Montevitozzo 63,48 ± 4,73 a 79,46 ± 8,74 a 71,47 ± 11,30 A Media Epoca Montevitozzo 67,59 ± 5,81 B 78,27 ± 1,68 A Genotipo olandese Genotipo Appennino 63,48 ± 4,73 a 63,89 ± 10,75 a Media genotipo 63,69 ± 0,29 Valori medi (± deviazione standard) seguiti da lettere uguali non sono significativamente differenti per P = 0,05 in base al test della Differenza Minima Significativa (DMS). Mean values (± standard deviation) followed by the same letters are not significantly different at 0.05 probability level (LSD test). 211 2.32. VALORIZZAZIONE DI SPECIE SPONTANEE PER LA PRODUZIONE DI COLORANTI VEGETALI PER PRODUZIONI INNOVATIVE DI NICCHIA E LO SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE VALORIZATION OF WILD PLANT SPECIES FOR PRODUCTION OF NATURAL DYES FOR INNOVATIVE NICHE PRODUCTS AND LOCAL SUSTAINABLE DEVELOPMENT Silvia TAVARINI1, Edoardo BIONDI2, Luciana Gabriella ANGELINI1 1 Dipartimento di Agronomia e Gestione dell‟Agroecosistema, Università di Pisa, [email protected] 2 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università di Ancona Riassunto L‟obiettivo principale della ricerca è stato la valorizzazione di alcune specie tintorie presenti nella flora spontanea del territorio marchigiano e le conoscenze legate al loro uso nell‟antichità, al fine di ottenere produzioni innovative di nicchia, promuovendo lo sviluppo locale sostenibile e aggiungendo valore al processo produttivo. A tale proposito, partendo dalle conoscenze storiche sulle piante da coloranti, sono state selezionate alcune specie native del territorio di riferimento, sia dal punto di vista del loro potere tintorio, mediante test di tintura, che per il contenuto di principi attivi, valutato attraverso indagini spettrofotometriche. In particolare, sono state valutate specie da flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e specie da tannini (Pistacia lentiscus L:; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Lo scopo di tale attività è stato il recupero del patrimonio culturale, la conservazione e il mantenimento della biodiversità di alcune importanti specie impiegate per la produzione di coloranti e di ausiliari di tintura (mordenti) nella regione Marche. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come le specie analizzate possiedano interessanti caratteristiche tintorie, congiuntamente ad altrettante importanti proprietà antiossidanti e fitochimiche, tali da consentirne l‟applicazione nel settore tessile e cosmetico ed, in alcuni casi, fitoterapico. Parole chiave: capacità antiossidante, coloranti naturali, fenoli totali, flavonoidi, tannini, specie vegetali spontanee Abstract An important goal of this study was to individuate and valorise, through knowledge of local tradition, the wild dye plant species present in the flora of Marche region (Central Italy). The purpose was to obtain innovative niche products in order to promote the sustainable development of this territorial context and to add value to the productive process. For this reason, moving on the historical bases, native plant species of the Marche region were evaluated for their dye properties, through dyeing tests. At the same time, the content of different compounds responsible of the colour (phenols, flavonoids and tannins) was evaluated by spectrophotometric analysis. In particular flavonoid (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) and tannin plant species (Pistacia lentiscus L.; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.) were investigated. The final goal of this research was the recovery of the cultural heritage of Marche region and the preservation of biodiversity of some important 212 species, used for the dye production and dyeing auxiliaries (e.g. tannins as mordents). The results highlighted that the studied species were characterized by interesting dyeing properties together with important phytochemical and antioxidant characteristics. These findings suggest the possibility to use these plant species in textile, cosmetic and herbal industry. Keywords: antioxidant capacity, natural dyes, tannins, total flavonoids, total phenols, wild plant species Introduzione Le piante in grado di fornire coloranti naturali sono numerose e molto diversificate, sia per caratteristiche botaniche e biologiche, che per areale di origine e distribuzione. Secondo Vetter (1999), le piante tintorie presenti in natura sono oltre 1000, tuttavia, solo un numero più ristretto sono quelle storicamente più importanti, selezionate nel corso dei tempi per la tintura del tessile in base alle loro caratteristiche qualitative in termini di resa tintoriale e resistenza ai fattori di degrado (luce, lavaggio, sfregamento, traspirazione). I composti coloranti si accumulano nei tessuti vegetali durante lo sviluppo e la crescita delle piante, raggiungendo la concentrazione più elevata durante quello che viene definito “tempo balsamico”. Un‟importante distinzione tra i coloranti naturali si basa sulla classe chimica di appartenenza dei composti responsabili del colore. Si distinguono così le piante da flavonoidi, da antrachinoni, da coloranti indigoidi, da tannini, da carotenoidi. I coloranti naturali rappresentano una parte essenziale del patrimonio ecologico e culturale dell‟uomo e la loro selezione e uso sono fili conduttori ed elementi comuni a tutte le civiltà che si sono susseguite nel corso della storia, fino a quando, nel XIX secolo, l‟uso dei coloranti naturali venne quasi del tutto soppiantato dai coloranti sintetici, più economici e facili da utilizzare (Cardon, 2007; Angelini, 2008). Negli ultimi anni, a seguito della crescente consapevolezza delle problematiche d‟impatto ambientale e della necessità globale di politiche di sviluppo sostenibile, la ricerca sui biomateriali, ritenuti più sicuri e sostenibili rispetto a quelli di derivazione dalla petrolchimica, è diventata di estrema importanza. Si sta, perciò, assistendo ad una forte e crescente rivalutazione delle piante tintorie che si pongono, a pieno titolo, come valida alternativa all‟uso di prodotti chimici di sintesi rappresentando, al tempo stesso, un valido strumento in grado di mantenere, ravvivandolo e valorizzandolo, il secolare legame tra uomo e natura. Lo sviluppo sostenibile della produzione e dell‟uso dei coloranti naturali non può essere scollegato da importanti problematiche, quali la gestione responsabile delle risorse spontanee naturali, l'adozione di metodi di ricerca etici nel rispetto dei diritti delle popolazioni indigene e delle risorse, l'uso di tecnologie di produzione ecocompatibili (Angelini, 2008; Cardon, 2010). In particolare, estrema attenzione deve essere posta nella raccolta di piante spontanee, evitando lo sfruttamento sconsiderato delle risorse, in modo da salvaguardare la biodiversità floristica dei differenti areali. Ciò può essere realizzato attraverso l‟ottimizzazione della coltivazione delle piante da coloranti, soprattutto delle specie selvatiche che devono essere selezionate per il loro contenuto di composti coloranti e per il loro potenziale utilizzo su scala industriale. Nell‟ambito del progetto “Introduzione dei coloranti naturali nel settore industriale marchigiano dell'abbigliamento, POR Marche”, al fine di avviare una filiera produttiva locale basata su fibre e coloranti naturali nel settore tessile/abbigliamento, sono state selezionate un certo numero di specie spontanee tipiche del territorio marchigiano, sulla base di una serie di parametri quali: importanza storica, qualità delle tinture e disponibilità di conoscenze agronomiche per una loro possibile coltivazione. L‟obiettivo della ricerca è stato quello di valorizzare tali specie, al fine di ottenere produzioni 213 innovative di nicchia, promuovendo lo sviluppo locale sostenibile e aggiungendo valore al processo produttivo. Le specie tintorie selezionate sono state analizzate sia dal punto di vista del loro potere tintorio, mediante test di tintura su lana, che per il contenuto di principi attivi, valutato attraverso indagini spettrofotometriche. In particolare, sono state valutate specie da flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e specie da tannini (Pistacia lentiscus L.; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Lo scopo di tale attività è stato il recupero del patrimonio culturale, la conservazione e il mantenimento della biodiversità di alcune importanti specie impiegate per la produzione di coloranti e di ausiliari di tintura (mordenti) nella regione Marche. Materiali e metodi Materiale vegetale - Sono state selezionate e raccolte alcune delle specie officinali più diffuse nel territorio marchigiano, note per le loro proprietà tintorie. Le specie utilizzate nel presente studio sono descritte in Tab. 1. Le piante raccolte sono state essiccate in stufe a circolazione d‟aria forzata alla temperatura di 40°C, fino a raggiungimento del peso costante. Le parti utili delle piante da cui ricavare i principi coloranti sono state separate, finemente macinate e conservate in contenitori di plastica sigillati fino al momento delle analisi. Le droghe così ottenute sono state utilizzate per la realizzazione dei test di tintura e per le analisi relative al contenuto di fenoli totali, flavonoidi totali, tannini totali e capacità antiossidante. Le piante sono state suddivise in piante da flavonoidi (Anthemis tinctoria L.; Cotinus coggygria Scop.; Pistacia lentiscus L.; Inula viscosa (L.) Alton; Hypericum perforatum L.; Spartium junceum L.; Genista tinctoria L.; Reseda luteola L.; Rhamnus alaternus L.) e piante da tannini (Pistacia lentiscus L.; Pistacia terebinthus L.; Viburnum tinus L.). Il contenuto di fenoli totali e la capacità antiossidante sono stati determinati su tutte le specie vegetali selezionate. Preparazione degli estratti per la determinazione delle caratteristiche fitochimiche - La procedura utilizzata ha previsto un‟estrazione assistita con ultrasuoni, per 15 minuti alla temperatura di 60°C con etanolo al 50%. Il rapporto droga:solvente è stato di 1:100. L‟estratto ottenuto, dopo filtrazione con filtri carta, è stato utilizzato per le successive analisi (contenuto in fenoli, flavonoidi, tannini e capacità anti-radicalica). Fenoli totali - È stato utilizzato il metodo colorimetrico del Folin-Ciocalteu. L‟acido gallico è stato utilizzato come standard ed i risultati sono stati espressi come mg acido gallico equivalenti per grammo di peso secco (PS) della droga (mg GAE/g PS). Flavonoidi totali - Il contenuto totale di flavonoidi è stato determinato con il metodo spettrofotometrico proposto da Jia et al. (1999) basato sulla formazione del complesso flavonoide-alluminio, con opportune modifiche (Barros et al., 2010). La rutina è stata utilizzata come standard esterno e i risultati sono stati espressi come mg rutina equivalenti / g PS. Tannini totali - Il contenuto in tannini totali è stato determinato in accordo con Schanderl (1970) e Rasineni et al. (2008). L‟acido tannico è tato utilizzato come standard ed i risultati espressi come mg di acido tannico equivalenti/g PS. Determinazione dell‟attività anti-radicalica - L‟attività anti-radicalica è stata determinata attraverso il saggio del DPPH, in accordo con quanto proposto da Tadhani et al. (2007). Tale test valuta la capacità degli estratti in esame di agire da scavenger di radicali liberi, utilizzando la reazione con il radicale stabile DPPH (2,2-difenil-1-picrilidrazile). Le percentuali d‟inibizione dei differenti estratti sono state calcolate secondo la seguente formula: 214 % Inibizione = [(A0 - Ac) / A0] x 100; dove: A0 = assorbanza a 517 nm della soluzione di DPPH e Ac = assorbanza del campione a 517 nm. Test di tintura - Le tinture sono state condotte utilizzando un rapporto di 1:50 tra il filato e il bagno di tintura. Il bagno di tintura è stato ottenuto per decozione della droga in acqua distillata con un rapporto di 1:100. La lana è stata precedentemente mordenzata con KAl(SO4)2.12 H2O al 20% e cremor tartaro (6%). Il bagno di tintura contenente il filato è stato portato ad ebollizione per circa 1 ora, rimescolando ripetutamente il filato. Al termine, il filato è stato lasciato raffreddare all‟interno del bagno e successivamente lavato con sapone di Marsiglia e risciacquato accuratamente. Analisi statistica - Le analisi sono state condotte in triplicato ed i risultati ottenuti sono stati sottoposti all‟analisi della varianza secondo uno schema sperimentale a randomizzazione completa al fine di evidenziare le differenze tra le specie. Le medie sono state comparate utilizzando il test della differenza minima significativa (DMS) per P ≤ 0,05 Risultati e discussione I risultati relativi al contenuto dei principali composti responsabili del colore (fenoli, flavonoidi e tannini) e all‟attività anti-radicalica delle differenti specie sono riportati in Tab. 2. Differenze statisticamente significative sono state osservate, tra le diverse specie, per ciascun parametro analizzato, mostrando un ampio range di variabilità per i diversi costituenti. Il maggior contenuto in fenoli totali è stato registrato in Pistacia lentiscus L., seguito da Cotinus coggygria Scop. (274,17 e 222,69 mg GAE/g PS, rispettivamente). Al contrario, Inula viscosa (L.) Alton e Spartium junceum L. erano caratterizzate dai valori più bassi (47,18 e 44,90 mg GAE/g PS). Parallelamente, Pistacia lentiscus L. si è dimostrata anche la specie più ricca in flavonoidi (61,09 mg rutina eq/g PS) seguita da Reseda luteola L. (45,78 mg rutina eq/g PS), mentre Spartium junceum L. ha mostrato i valori più bassi (8,96 mg rutina eq/g PS). I flavonoidi rappresentano le molecole responsabili della colorazione gialla, e tra le diverse specie vegetali da coloranti, le piante da flavonoidi hanno da sempre rivestito una notevole importanza storica ed economica per le loro elevate qualità tintoriali. A differenza di Reseda luteola, che rappresenta storicamente la più importante fonte di coloranti gialli, Pistacia lentiscus si è dimostrata una specie altrettanto interessante per l‟ottenimento del colore giallo, come dimostrato dall‟elevato contenuto in flavonoidi e dalle brillanti tinture ottenute su lana. Per quanto riguarda i tannini totali, le specie analizzate mostravano quantitativi piuttosto elevati con i valori più bassi registrati per Viburnum tinus L. (104,30 mg ac. tannico eq/g PS). I tannini naturali, oltre ad essere responsabili della colorazione bruna dei filati, possono essere efficacemente utilizzati come sostanze coadiuvanti la tintura, particolarmente utili nella mordenzatura del filato di cotone, per la loro maggior affinità di legarsi alle fibre cellulosiche. I risultati ottenuti in questo studio hanno messo in evidenza come la quantità di tali composti, distribuiti nei differenti organi della pianta, sia generalmente diversificata a seconda della specie vegetale. Inoltre, la presenza e la struttura chimica di tali composti sono responsabili dell‟attività antiossidante delle matrici vegetali. Infatti, i composti polifenolici, e i flavonoidi in particolare, oltre ad essere coinvolti nelle molteplici interazioni ecologiche tra le piante e l‟ambiente in cui esse vivono, mostrano un ampio spettro di attività biologiche e sono caratterizzati da interessanti proprietà redox, funzionando come “scavenger” nei confronti dei radicali liberi dell‟ossigeno. Le proprietà redox dei polifenoli permettono loro di agire come agenti riducenti, donatori di idrogeno e quencher dell‟ossigeno singoletto. Dal momento che, le specie vegetali testate in questo lavoro di ricerca hanno mostrato possedere interessanti contenuti di alcuni importanti metaboliti secondari, è stata valutata l‟attività anti-radicalica, in termini di percentuale di inibizione del radicale libero DPPH. I risultati hanno messo in 215 evidenza come Cotinus coggygria Scop. e, ancora una volta, Pistacia lentiscus L. mostrassero i valori maggiori di attività anti-radicalica (92,12 e 91,47%, rispettivamente). Contrariamente, i valori più bassi sono stati registrati per Spartium junceum L. (51,52%), in accordo anche ai più bassi contenuti di fenoli e flavonoidi totali, mettendo in evidenza la forte associazione tra il contenuto in metaboliti secondari (fenoli, flavonoidi e tannini) e l‟attività antiossidante delle matrici vegetali esaminate. Il presente studio suggerisce come l‟azione antiossidante che caratterizza le differenti specie vegetali sia dovuta ad un‟azione sinergica e/o competitiva tra i differenti composti bioattivi in esse presenti. Tuttavia, si rendono necessari ulteriori studi al fine di identificare la natura dei composti predominanti, soprattutto in relazione ai meccanismi d‟azione (riduzione e radical-scavenging) e alle possibili sinergie. Per quanto riguarda i test di tintura su lana, le prove realizzate hanno dimostrato come le specie spontanee selezionate del territorio marchigiano abbiano permesso di ottenere buoni risultati in termini di proprietà tintorie fornendo tinture molto intense e brillanti. Conclusioni I risultati ottenuti in questo studio hanno evidenziato come alcune delle specie spontanee del territorio marchigiano, possiedano interessanti caratteristiche tintorie, e a una buona attività antiossidante. Tra tutte, Pistacia lentiscus L. si è dimostrata particolarmente interessante per l‟alto contenuto di metaboliti secondari di interesse (fenoli e flavonoidi) e per l‟elevata attività anti-radicalica. Le interessanti proprietà tintorie e fitochimiche messe in evidenzia per la prima volta in alcune di queste specie, potrebbero consentire l‟applicazione degli estratti vegetali, nel settore tessile, cosmetico ed, in alcuni casi, fitoterapico. Bibliografia ANGELINI L.G., 2008. La riscoperta delle piante tintorie. Annali Accademia Nazionale di Agricoltura, 128: 123-158. BARROS N., HELENO S.A., CARVALHO A.M., FERREIRA I.C.F.R., 2010. Lamiaceae often used in Portuguese folk mnedicine as a source of powerful antioxidants: vitamins and phenolics. LWT. Food Science and Technology, 43: 544-550. CARDON D., 2007. Natural dyes. Sources, tradition, technology and science. Archetype, London. CARDON D., 2010. Natural dyes, our global heritage of colors. In: Proceedings of 12th Biennal Symposium. 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Piante tintorie spontanee del territorio marchigiano, selezionate per le loro proprietà tintorie. Tab. 1. Dye wild plant species of the Marche region, selected for their dyeing properties. Famiglia e nome scientifico binomiale Nome comune Parte utilizzata Colore Principio attivo Sommaco selvatico, scotano Foglie e rami Giallo-arancio Fisetina, fustina, sulfuretina, my ricetina, quercetina, canferolo e acidi tannici glucosidati Lentisco Foglie e rami Giallo Flavononi, quercitina, miricetina, kanferolo, tannini Terebinto Rami giovani Giallo-marrone tannini Camomilla dei tintori Infiorescenze Giallo Glicosidi dell'ap igenina e della luteolina, quercetagetina, p atuletina e miricetina Enula, erba p uzza Sommità fiorite Giallo Flavonoidi Laurotino, lentaggine bacche Verde (p oco stabile) Tannini Ip erico Parti aeree p rima della fioritura Giallo-giallo bruno, verde Ip ericina, flavonoidi 1) Anacardiaceae Cotinus coggygria Scop . (sin. Rhus cotinus L.) Pistacia lentiscus L. Pistacia terebinthus L. 2) Asteraceae Anthemis tinctoria L. Inula viscosa (L.) Alton 3) Caprifoliaceae Viburnum tinus L. 4) Guttiferaceae Hypericum perforatum L. 5) Leguminosae Spartium junceum L. Genista tinctoria L. Ginestra Vermene con fiori Giallo Flavonoidi Ginestra dei tintori, ginestrella Giovani rami, fiori e foglie Giallo Luteolina, genisteina, ap igenina Erba guada, reseda Pianta intera, foglie e sommità fiorite Giallo Luteolina, ap igenina e loro derivati glucosidici Legno p uzzo, alaterno Legno e bacche immature Giallo Glicosidi di idrossiantrachinoni (nel legno) e, nelle bacche, flavonoidi (ramnetina, canferolo, quercitina) 6) Resedaceae Reseda luteola L. 7) Rhamnaceae Rhamnus alaternus L. Tab. 2. Confronto tra il contenuto in fenoli, flavonoidi, tannini e attività anti-radicalica in alcune specie spontanee del territorio marchigiano selezionate in base alle proprietà tintorie. Tab. 2. Comparison among different plant species for their content of phenols, flavonoids and tannins and for their radical scavenging activity. Specie da flavonoidi Specie selezionate Fenoli totali (mg GAE/gPS) Capacità antiossidante Anthemis tinctoria L. 63,48 ± 9,05 de 88,08 ± 0,08 ab 34,80 ± 1,49 c Inula viscosa (L.) Alton 47,18 ± 0,53 e 72,89 ± 0,57 b 25,40 ± 0,92 d 36,92 ± 3,38 c Hypericum perforatum L. Flavonoidi totali (mg rutina eq/gPS) Tannini totali (mg ac. tannico eq/gPS) 55,83 ± 6,07 de 85,07 ± 0,76 ab Spartium junceum L. 44,90 ± 2,28 e 51,52 ± 3,29 c 8,96 ± 0,50 f Genista tinctoria L. 86,61 ± 12,04 de 70,23 ± 1,26 b 20,70 ± 0,36 de Reseda luteola L. 79,88 ± 2,66 de 84,45 ± 0,61 ab 45,78 ± 1,25 b Rhamnus alaternus L. 97,01 ± 14,23 d 71,10 ± 2,57 b 23,51 ± 0,87 d Specie da flavonoidi e tannini Cotinus coggygria Scop. 222,69 ± 0,52 b 91,47 ± 0,50 a 15,321 ± 1,52 e 176,65 ± 16,15 a Pistacia lentiscus L. 274,17 ± 74,09 a 92,12 ± 0,19 a 61,09 ± 6,41 a 168,29 ± 8,99 a Specie da tannini Pistacia terebinthus L. 176,99 ± 3,18 bc 87,68 ± 1,95 ab 174,66 ± 3,84 a Viburnum tinus L. 171,54 ± 5,41 c 88,22 ± 0,88 ab 104,30 ± 7,68 b *** * Significatività *** ** Valori medi (± deviazione standard) seguiti da lettere uguali in ciascuna colonna non sono significativamente differenti per P = 0,05 in base al test della Differenza Minima Significativa (DMS). Mean values (± standard deviation) followed by the same letters are not significantly different at 0.05 probability level (LSD test). 217 2.33. VALUTAZIONE BIOAGRONOMICA DI ECOTIPI LOCALI DI FAVA BIOAGRONOMIC EVALUATION OF FAB BEAN ECOTYPES Carlo TROCCOLI, Beniamino LEONI Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e-mail: [email protected] Riassunto In questi ultimi anni, l‟aumentata richiesta da parte dei consumatori di prodotti alimentari legati alla tradizione del territorio rurale, ha incoraggiato la ripresa della piantagione di quelle colture ed ecotipi cosiddetti di “nicchia”, che, molto spesso, grazie alle loro caratteristiche di rusticità, adattabilità e sostenibilità, sono in grado di raggiungere risultati produttivi ed economici rilevanti. Ciò premesso, in questo primo anno della presente ricerca, si è voluto valutare e caratterizzare, sotto il profilo agronomico, alcuni ecotipi di fava reperiti in ambienti della Puglia e Basilicata. La prova è stata condotta in agro di Policoro (MT) su terreno limoso-argilloso, con buona percentuale di azoto e fosforo, senza problemi di salinità. Sei sono stati gli ecotipi posti a confronto e precisamente: San Pietro in Lama, San Donato, Locale di Carovigno (ecotipi della penisola salentina pugliese), Locale di Castellana, Locale di Putignano (ecotipi della provincia di Bari), Locale di Matera (ovviamente della Basilicata) ed inoltre è stata anche seminata, come cultivar di riferimento, la Violetta di Policoro, varietà ampiamente diffusa e commercializzata nella zona della prova. I dati biometrici di routine sono stati rilevati sia durante il ciclo vegetativo della coltura che alla raccolta e per quanto riguarda la produzione dei semi gli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano hanno avuto una produzione significativamente maggiore rispetto a Violetta di Policoro, cultivar di riferimento. I risultati degli altri caratteri, se pur limitati ad un solo anno di prova, appaiono soddisfacenti ed incoraggiano il proseguimento della ricerca. Parole chiave: Vicia faba L. major, ecotipi, produzione granella Abstract Recently, consumers have reviewed the products that are related to the tradition, so it has begun the cultivation of crops called “niche”. These crops are able to achieve significant economics and productives results because they have characteristics of unicity, adaptability and sustainability. Therefore, in this first year of this research was aimed to evaluate and characterize, in terms of the agronomic, some bean landraces found in areas of Puglia and Basilicata. The test was conducted in the agro Policoro (MT) of silty-clayey soil, with a high percentage of nitrogen and phosphorus, without salinity problems. Six ecotypes were being compared, namely: San Pietro in Lama, San Donato, Carovigno Local (ecotypes of the Salentine peninsula of Puglia), Castellana Local, Putignano Local (ecotypes of the province of Bari), Matera Local (Basilicata course ) and also has also been sown, as cultivars of reference, the Violet Policoro variety widely grown and marketed in the area of the test. 218 The biometric data were routinely recorded during both the vegetative cycle of the crop to harvest and as for the production of seeds and landraces San Pietro in Lama have Putignano Local production was significantly greater than Violet Policoro reference cultivars. The results of the other characters though limited to one year of probation, appear to be satisfactory and encourage further research. Keywords: Vicia faba L. major, ecotypes, seed yield Introduzione Dagli anni sessanta in poi, si è assistito, negli ambienti dell‟Italia meridionale, ad un progressivo abbandono delle aree meno produttive, spesso coltivate con cultivar locali tipiche dell‟agricoltura tradizionale. Anche il cambiamento delle abitudini alimentari, da parte soprattutto delle generazioni più giovani, ha contribuito ad una costante e progressiva riduzione delle superfici agricole investite, un tempo, da cultivar locali tipiche come le leguminose da granella. Un numero sempre crescente di aziende si occupa di agricoltura biologica. I più recenti itinerari tecnici spingono verso scelte ecosostenibili, ponendo particolare attenzione al ripristino, e al successivo mantenimento, della fertilità in terreni biologicamente degradati. Anche la Green Economy, che tende, fra l‟altro, a favorire tecnologie più rispettose dell‟ambiente, promuove e sostiene l‟attuale tendenza alla riscoperta ed alla valorizzazione degli ecotipi locali. Essi, fino ad ora trascurati e, a volte dimenticati, sono meritevoli di un rilancio (Polignano et al., 2002; Uggenti e Polignano, 1998). Tra queste colture un ruolo particolarmente importante è rivestito dalle leguminose da granella. Infatti, a causa dell‟aumentata richiesta di proteine vegetali nell‟alimentazione umana, le leguminose da granella, e tra queste la fava (Vicia faba L. major) che ben si adatta alle condizioni del clima mediterraneo (Loss, 1997), assumono un ruolo di rilevante. Altresì, la rivalutazione della tecnica agronomica dell‟avvicendamento, che prevede l‟utilizzazione di colture capaci di arricchire il terreno di sostanza organica ed azoto, impiega le leguminose da granella poiché esse sono in grado di assicurare rese cospicue e con caratteristiche qualitative di pregio (Pacucci et al., 2009). In Italia, grazie al lavoro di miglioramento genetico, sono state costituite alcune nuove varietà (Caruso e D‟Anna, 1998; De Pace, 1994), senza però trascurare l‟uso di ecotipi locali, portatori di una variabilità che risulta essere una preziosa risorsa nei programmi di ricerca (Polignano et al., 1997; Polignano et al., 1999; Robertson et al., 2000). Ancor oggi, negli areali di coltivazione tradizionali, vengono impiegate popolazioni locali, nonostante la presenza in commercio di nuove varietà, che assicurano un incremento produttivo dell‟ordine del 20% ( Stringi et al., 1995). Materiali e metodi La ricerca è stata condotta nell‟annata agraria 2009-10 presso il Centro Didattico Sperimentale “E. Pantanelli” dell‟Università di Bari, in agro di Policoro (MT) (40° N, 17° E). L‟azienda è distante 3 km dal mare ed è situata a 15 m s.l.m., caratterizzata da clima subumido secondo la classificazione climatica di De Martonne (Cantore et al., 1987). Il terreno è di origine alluvionale, profondo, limoso-argilloso (sabbia 39,7%, limo 37,4%, argilla 22,9%), di buona fertilità: N totale (met. Kjeldhal) = 1,67‰; Fosforo tot. come P2O5 assimilabile, metodo Olsen, = 26,7 mg kg-1; Potassio tot. come K2O scambiabile, metodo acetato ammonico, = 227 mg kg-1) ben dotato di sostanza organica (3,6% metodo Walkley Black). Queste ed altre caratteristiche del terreno sono riportate nella Tab.1. 219 Sono stati seminati sei ecotipi, reperiti in Puglia ed in Basilicata, e precisamente: San Pietro in Lama, San Donato, Locale di Carovigno (ecotipi della penisola salentina pugliese), Locale di Castellana, Locale di Putignano (ecotipi della provincia di Bari), Locale di Matera (ovviamente della Basilicata). Come termine di paragone è stata seminata la cv Violetta di Policoro, varietà ampiamente diffusa e commercializzata nella zona della prova. Lo schema sperimentale adottato è stato il blocco randomizzato con quattro ripetizioni e con parcelle di 20 m2. È stata effettuata una concimazione fosfatica, con 80 kg ha-1 di P2O5, e, successivamente la semina, il 27-11-2009, data compresa nell‟epoca reputata ottimale per le regioni dell‟Italia meridionale ed evidenziata da numerosi studi scientifici (Foti, 1989; Stringi, 1994). La densità di semina è stata di 30 piante m2 (Pacucci et al., 2009), in file distanti 30 cm. La lotta alle malerbe è stata effettuata manualmente, data la loro trascurabile presenza. La raccolta è avvenuta il 06-07-2010. I rilievi hanno riguardato: l‟altezza delle piante, il numero di piante per m2, il peso delle piante, il numero ed il peso dei baccelli, la produzione di granella, il peso dei cento semi. Inoltre, sono stati considerati il contenuto in ceneri, determinato con incenerimento in muffola a 550°, ed il contenuto proteico, determinato col metodo Kjeldhal (N x 6,25). Risultati e discussione L‟andamento meteorico (Fig.1) non si è discostato di molto dalle medie pluriennali della zona oggetto di studio. Infatti, nei mesi da ottobre a giugno dell‟anno di prova, si è avuta una piovosità totale di poco inferiore (9%) alla media pluriennale (442 e 486 mm, rispettivamente). Tuttavia, la maggiore distribuzione della pioggia, nell‟anno di prova, si è avuto nei mesi di gennaio, febbraio, marzo ed aprile con circa 265 mm, contro i 148 mm dello stesso periodo della media pluriennale, con una maggiore piovosità pari ad oltre il 40%. L‟andamento della temperatura non si è discostata, in pratica, da quella pluriennale. La maggiore produzione di granella si è avuta con gli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano con un incremento produttivo del 15 e dell‟ 11% rispetto alla cultivar di riferimento, Violetta di Policoro, con produzioni di 5.91, 5.67 e 5.08 t/ha, rispettivamente. L‟ecotipo meno produttivo è risultato il Locale di Carovigno con 4.45 t/ha, circa 13 e 25% in meno rispetto alla cultivar di riferimento e all‟ecotipo più produttivo (San Pietro in Lama). Gli altri ecotipi hanno raggiunto produzioni intermedie, ma sempre al di sotto della cv Violetta di Policoro. Il peso dei 100 semi ha mostrato un range, tra gli ecotipi, compreso tra 200 e 175 g, rispettivamente con l‟ecotipo Locale di Carovigno e Locale di Matera, entrambi superiori, di circa il 15 ed il 2%, alla cultivar di riferimento. Il contenuto in ceneri e quello proteico degli ecotipi non mostrano differenze significative con la cv testimone, evidenziando come questi vecchi genotipi contengano caratteristiche qualitative di tutto rispetto, anche se confrontate con le nuove cultivar migliorate. Il peso delle piante degli ecotipi, San Pietro in Lama, Locale di Putignano e Locale di Castellana, è di circa il 20% superiore alla cv Violetta di Policoro; mentre San Donato, Locale di Matera e Locale di Carovigno hanno raggiunto, in media, un peso non significativamente diverso dal testimone. Il numero di baccelli degli ecotipi, con esclusione di Locale di Putignano, è risultato inferiore alla cultivar di riferimento. 220 Il peso dei baccelli degli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano è risultato superiore del 14% alla cultivar di riferimento; gli altri ecotipi hanno raggiunto una produzione media inferiore dell‟8% alla Violetta di Policoro. Per gli altri caratteri presi in considerazione, l‟altezza e il numero delle piante a m 2, non appaiono differenze significative. Conclusioni Dalla ricerca effettuata si evidenziano risultati interessanti che spingono ad un ulteriore approfondimento della ricerca. I dati produttivi, sia quantitativi che qualitativi, degli ecotipi risultano essere di tutto rispetto e meritevoli di essere presi in considerazione in futuri programmi di ricerca. In particolare, gli ecotipi San Pietro in Lama e Locale di Putignano hanno fatto registrare un miglior comportamento complessivo rispetto agli altri ecotipi, che tuttavia sono meritevoli di ulteriori approfondimenti. Bibliografia CANTORE V., IOVINO F., PONTECORVO G., 1987. Aspetti climatici e zone fitoclimatiche della Basilicata. C.N.R. IEIF, Cosenza: 2-49. CARUSO P., D‟ANNA F. 1998.”Castelnuovo”, una fava di qualità. L‟Informatore Agrario, 4: 89-91. DE PACE C. 1994. Miglioramento genetico della V. faba: costituzione di nuovi tipi varietali per la produzione di granella secca. Agricoltura e Ricerca, 155: 53-94. LOSS S.P., SIDDIQUE K.H.M., TENNANT D. 1997. Adaptation of faba bean (Vicia faba L.) to dryland Mediterranean-type environments III. Water use and water-use efficiency. Field Crops Research, 54: 153-162. PACUCCI G., TROCCOLI C., LEONI B. 2009. Influenza della densità di semina e dell‟irrigazione di soccorso sulla produttività di genotipi di fava. In: Atti XXXVIII Convegno SIA, Firenze: 202c-202d. POLIGANO G.B., UGGENTI P., SCARASCIA M., CATALDO P., BISIGNANO V. 1997. Potenzialità agroindustriali del germoplasma di fava. In: Atti 3° Convegno Nazionale Biodiversità -Tec-nologie - Qualità, (Reggio Calabria, Gallina): 265-269. POLIGANO G.B., ALBA E., UGGENTI P., SCIPPA G. 1999. Geographical patterns of variations in Bari faba bean germplasm collection. Genetic Resources and Crop Evaluation, 46: 183-192. POLIGANO G.B., UGGENTI P., FALCO V., MARTIGNANO F. 2002. Valutazione di popolazioni migliorate di fava (V. faba major) per il consumo fresco. In: Atti del Workshop: Lo stato dell‟arte nel miglioramento genetico delle principali specie ortoflorofrutticole d‟interesse mediterraneo, Bari, Valenzano: 229-233. ROBERTSON L.D., SADIKI M., MATIC R., LANG LI-JUAN. 2000. Vicia spp.: Conserved resources, priorities for collection and future prospects. In: Linking Research and Marketing Opportunities for Pulses in the 21st Century: 623-634. STRINGI L.1994. Acquisizioni e prospettive di sviluppo nella tecnica colturale della fava da granella (Vicia faba L.). Agricoltura e Ricerca, 155: 31-46. STRINGI L., GIAMBALVO D., ACCARDO A., AMATO G. 1995. Collaudo di un modello colturale a basso impiego di prodotti chimici per la fava da granella (Vicia faba L. var. equina). Rivista di Agronomia, 27 (4): 603-607. 221 UGGENTI P., POLIGANO G.B. 1998. Caratterizzazione bioagronomica di ecotipi locali di fava (Vicia faba L. tipo major) in Puglia e Basilicata. In: Atti 4° Convegno Nazionale Biodiversità: Germoplasma e sua valorizzazione, Alghero: 885-889. Fig. 1. Andamento della temperatura (---) e della pioggia (canne d‟organo) come media pluriennale (A) e nell‟anno di prova (B) Fig. 1. Monthly trends of temperature (---) and precipitation (vertical bars) for the 40-yrs average and for the grooving season 1999-2000 (A). 222 Tab. 1. Caratteristiche del terreno. Tab. 1. Soil properties. Sost.org. (%) (Walkley Black meth.) pH Conducibilità elettrica (mmhos cm-1) Capacità di campo (DW %) Punto di appassim. (-1.5 Mpa) (DW %) Peso specifico del terreno 3.61 7.82 1.97 31.50 15.00 1.30 Sabbia (%) Limo (%) Argilla (%) N totale (°/00) P assimilabile (ppm, Olsen meth.) K scamb.(ppm, ammon. acet. meth.) 39.66 37.43 22.91 1.67 26.70 227.03 Tab. 2. Caratteristiche produttive dei genotipi di fava. Tab. 2. Yielding ability of faba bean genotypes. Genotipi San Pietro in Lama Locale Putignano Locale di Castellana San Donato Locale di Matera Locale di Carovigno Violetta di Policoro media Produzione granella (t/ha) 5.91 5.67 4.87 4.65 4.57 4.45 5.08 5.02 Peso dei 100 semi (g) 197 179 199 191 175 200 171 188 Contenuto in ceneri (%) 3.62 3.51 3.44 3.64 3.54 3.45 3.49 3.53 Contenuto proteico (%) 26.69 27.04 25.66 27.25 26.21 26.08 26.60 26.50 Tab. 3. Caratteristiche bioagronomiche dei genotipi di fava. Tab. 3. Bioagronomic characteristics of faba bean genotypes. Genotipi San Pietro in Lama Locale di Putignano Locale di Castellana San Donato Locale di Matera Locale di Carovigno Violetta Policoro media Altezza (cm) 110 111 108 105 102 104 103 106 Piante (n°/m2) 30 28 30 29 30 27 30 29 223 Peso piante (g/ m2) 1313 1302 1287 1081 1089 1095 1065 1176 Baccelli (n°/m2) 100 136 105 73 103 93 130 105 Peso baccelli (g/m2) 751 739 628 584 578 587 646 644 2.34. PRODUTTIVITÀ DI ECOTIPI LOCALI DI CECE PRODUCTIVITY LOCAL ECOTYPES OF CHICKPEA Carlo TROCCOLI, Beniamino LEONI Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e-mail: [email protected] Riassunto Il cece (Cicer arietinum L.) è, con il fagiolo ed il pisello, tra le leguminose più importanti a livello mondiale per l‟alimentazione umana e per il bestiame. Rappresenta, infatti, una fonte di carboidrati e proteine che, se accompagnata con quelle dei cereali, costituisce una alimentazione di base completa. Dopo un lungo periodo di crisi, che ha visto ridurre sempre più la superficie investita da questa coltura, si sta assistendo ad un generale rilancio della stessa. Esso è dovuto al rinnovato interesse verso l‟ agricoltura ecosostenibile e al costante aumento di aziende che attuano pratiche biologiche. Infatti, numerosi studi hanno evidenziato che le caratteristiche quali-quantitative della produzione dipendono dall‟ecotipo, dall‟ambiente di coltivazione e dalla loro interazione (Frimpong et al., 2009). Con la presente ricerca, prosieguo di una precedente (Troccoli e Leoni 2010), si è voluto studiare, in un diverso ambiente, l‟effetto combinato della concimazione azotata e fosfatica su alcuni antichi genotipi (Rocca Imperiale, Locale di Grumo, Locale di Altamura) e due cultivar (Sultano e Otello), di più facile reperibilità commerciale, al fine di poter confrontare le rese produttive. Sono stati rilevati i dati biometrici di routine sia durante il ciclo vegetativo della coltura che alla raccolta e tutti sottoposti ad elaborazione statistica; il confronto tra le medie è stato effettuato con il Duncan test. Per la produzione della granella si può osservare, in media, un aumento della resa del 10% per le varietà ed i genotipi trattate con il solo concime fosfatico. Le varietà trattate con il concime azotato subiscono una riduzione di produzione di circa il 7%; tra i genotipi, Rocca Imperiale incrementa la propria produzione del 10%, Locale di Grumo del 5%, Locale di Altamura mantiene invariata la produzione. Interessanti appaiono anche i risultati degli altri caratteri rilevati. Parole chiave: Cicer arietinum, ecotipi, concimazione, produzione granella Abstract The chickpea is one of the most important legume for humans supply and animals feed. It could be a base of carbohydrates and proteins that combined with cereals, becomes a complete diet. After a long period of crisis, that the chickpea was grown less and less, Now there is renewed interest in this crop due to the increased bio companies and the results of some studies.These treaties say that the quality and quantity of production depend from the ecotype and the growing environment but also from their interactions. With this research that continues a previous one, we wanted to study in a different environment, the combined effect of phosphate and nitrogen fertilization on some older genotypes (Rocca Imperiale, Local Grumo, Local Altamura) and two cultivars (Sultan and Othello) more recently established, in order to compare the yields. Biometric data were collected routinely both during the vegetative cycle of the crop to harvest and all subjected to statistical analysis. The comparison between means was performed with the Duncan‟s test. For the production of grain can be observed, on average, a yield increase of 10% for theses treated with the only 224 phosphate fertilizer, while those treated with nitrogen as fertilize, seem to suffer a reduction of kind, but the local genotypes show an increase of production. There are also some interesting results on other characters measured. Keywords: Cicer arietinum, ecotypes, fertilization, seed yield Introduzione Le leguminose da granella, coltivate principalmente nelle zone interne dell‟Italia meridionale, hanno subìto dagli anni sessanta una costante riduzione della superficie agraria ad esse destinata, a causa della modesta produttività. In conseguenza di ciò, è mancata anche la ricerca di nuove e più produttive varietà e soprattutto le tecniche colturali non si sono evolute. Ciò ha condotto ad ottenere modeste rese unitari per ettaro, inadeguate a produrre un reddito soddisfacente per l‟agricoltore. L‟incentivazione comunitaria ha fornito una notevole spinta alla ricerca e all‟adozione di tecniche colturali a basso impatto ambientale. Infatti il cece, al pari di altre leguminose, esplica anche una azione favorevole sulla fertilità del suolo (Rupela e Saxena, 1987), avvantaggiando particolarmente le aree più marginali. Per il recupero di tali aree, è indubbio che le leguminose da granella possono svolgere un ruolo di preminente importanza non solo nell‟ottica di un‟agricoltura sostenibile e di recupero del territorio, ma anche nell‟assicurare un miglior reddito nell‟ambito dell‟ordinamento colturale aziendale, in considerazione del fatto che, in ambiente a clima Mediterraneo, il cece assicura una produzione costante indipendentemente dall‟andamento climatico dell‟anno di coltivazione (Saxena et al., 1990). Considerando che in tali aree, l‟attività economica maggiormente praticata, dopo la cerealicoltura, è la zootecnia, particolarmente opportuno e vantaggioso si palesa la tecnica dell‟avvicendamento delle leguminose da granella e delle foraggere con la pratica della granicoltura. È abbastanza diffusa, specialmente nelle aree collinari meridionali, la consuetudine di effettuare la coltura senza alcun apporto di fertilizzanti a causa dello scarso reddito conseguibile. L‟attuale tendenza a seguire una alimentazione vegetariana, per contrastare i danni provocati dall‟eccesso di cibi di origine animale, fa tornare l‟interesse per i legumi quali protagonisti di una dieta più equilibrata e più ricca di proteine vegetali e di fibre. Per soddisfare la domanda dei suddetti principi alimentari, l‟industria conserviera ha incrementato la produzione di prodotti surgelati e precotti di più facile fruizione anche da parte di quei consumatori che non possono dedicare molto tempo alla preparazione dei pasti. Particolare interesse assume lo studio di tecniche colturali atte a migliorare la produttività delle leguminose da granella in generale. Tra queste, specifico interesse nella tradizione culinaria rurale dell‟Italia meridionale riveste il cece, presente in un ragguardevole numero di ecotipi in pericolo di estinzione. Le leguminose da granella soddisfano autonomamente il loro notevole fabbisogno in azoto attraverso la simbiosi batterica. Tuttavia appare vantaggioso fornire un modesto apporto di concime azotato in presemina, per stimolare un più rapido e rigoglioso sviluppo della pianta nei suoi primi stadi di vita (Orsi e Casini, 1985; López-Bellido e López-Bellido, 2001), allorché non sono ancora ben formati i tubercoli radicali. Di contro dosi elevate di concimi fosfatici influiscono positivamente sulla produzione, anche se, in alcuni casi, non si sono avuti gli attesi aumenti produttivi (Abbate et al., 1994). Una delle componenti principali della produzione è rappresentata dal numero di baccelli per pianta che è uno dei caratteri più strettamente correlati con la produzione del seme (Maiti e Wesche-Ebeling, 2001). 225 Materiali e metodi La ricerca è stata condotta nell‟annata agraria 2010-11 presso il Centro Didattico Sperimentale “E. Pantanelli” dell‟Università di Bari, in agro di Policoro (MT) (40° N, 17° E). L‟azienda è distante 3 km dal mare ed è situata a 15 m s.l.m., caratterizzata da clima sub-umido secondo la classificazione climatica di De Martonne (Cantore et al., 1987). Il terreno è di origine alluvionale, profondo, limoso-argilloso (sabbia 39,7%, limo 37,4%, argilla 22,9%), di buona fertilità: N totale (met. Kjeldhal) = 1,67‰; Fosforo tot. come P2O5 assimilabile, metodo Olsen, = 26,7 mg kg-1; Potassio tot. come K2O scambiabile, metodo acetato ammonico, = 227 mg kg-1) ben dotato di sostanza organica (3,6% metodo Walkley Black). Queste ed altre caratteristiche del terreno sono riportate nella Tab.1. Sono state seminate due cv Sultano e Otello, facilmente reperibili in commercio, e tre genotipi locali, Locale di Altamura, Locale di Grumo e Rocca Imperiale, in parte utilizzati da agricoltori del posto, in ristrette aree di coltivazione. Come da precedente ricerca, sono state poste a confronto due concimazioni, azotata e fosfatica, alle dosi di 0 e 30 kg ha-1 di N, e 0 e 100 kg ha-1 di P2O5. La cv. Sultano è a seme chiaro liscio, Otello è nero liscio, le altre sono a seme scuro. Lo schema sperimentale è stato lo split-plot con quattro ripetizioni, dove nei parcelloni è stata posta la concimazione azotata, nelle parcelle la concimazione fosfatica e i genotipi nelle sub-parcelle, delle dimensioni di 20 m2. La semina è stata effettuata il 02-122010, dopo la concimazione. La densità di semina è stata di 30 piante m2 (Pacucci et al., 2009), in file distanti 30 cm. Il controllo delle malerbe è stato effettuato manualmente, data la scarsa presenza di erbe infestanti. La raccolta è stata eseguita il 28-06-2011. I rilievi hanno riguardato, oltre alla produzione del seme, anche il numero di branche, palchi e baccelli per pianta (espresso come valore medio su tre piante), il numero di semi per baccello, il peso della biomassa prodotta, nonché il peso dei cento semi. Tutti i dati raccolti sono stati sottoposti ad elaborazione statistica; il confronto tra le medie è stato effettuato con il Duncan test. Risultati e discussione L‟andamento meteorico (Fig. 1) non si è discostato di molto dalle medie pluriennali della zona oggetto di studio. Infatti, nei mesi da ottobre a giugno dell‟anno di prova, si è avuto una piovosità totale superiore del 12%, rispetto alla media pluriennale (547 e 486 mm, rispettivamente). La maggiore distribuzione della pioggia, nell‟anno di prova, si è avuto nei mesi di gennaio, febbraio, marzo ed aprile con circa 333 mm, contro i 211 mm dello stesso periodo della media pluriennale, con una maggiore piovosità di circa il 40%. L‟andamento della temperatura non si è discostata, in pratica, da quella pluriennale. Esaminando il comportamento delle cultivar e degli ecotipi con le concimazioni, con quella fosfatica si può osservare come il maggior aumento produttivo è stato ottenuto dalle cv Sultano ed Otello con un aumento produttivo di circa il 11%, passando dalla dose 0 a 100 kg ha-1 di P2O5, gli ecotipi invece attestano il loro aumento produttivo intorno all‟7%. Per quanto riguarda la concimazione azotata, alla dose di 30 kg ha-1, le cultivar presentano un calo produttivo intorno al 7%, gli ecotipi invece mostrano un comportamento non uniforme. Infatti, mentre l‟ecotipo Rocca Imperiale ha un incremento produttivo del 10% circa, l‟ecotipo Locale di Grumo del 5%, il Locale di Altamura mantiene invariata la produzione (Tab. 2). È risultata significativa l‟interazione tra i tipi di concime. Infatti, in assenza di concimazione azotata la produzione aumenta di circa il 9% (da 1.75 a 1.92 t ha-1) all‟aumentare della concimazione fosfatica; così pure con la dose di 30 kg ha-1 di N la produzione aumenta del 7% passando da 1, 67 a 1, 79 t ha-1 (Tab. 2). Dai dati della Tab. 3 si può rilevare, per la produzione del seme, una maggiore produttività delle cultivar commerciali, in media di circa il 12%, rispetto ai genotipi locali (da 1,92 a 1,69 226 t ha-1). Ciò è imputabile soprattutto al peso dei 100 semi, maggiore di circa il 29% nelle cultivar (in special modo Sultano), mentre il numero dei baccelli delle cultivar è, in media, inferiore del 12% rispetto a quello dei genotipi locali. Per la biomassa totale la cv. Sultano mostra una produzione più elevata del 20%, rispetto ai genotipi locali, e del 24% verso la cv. Otello. Il numero di semi per baccello è maggiore del 7% circa, in Sultano rispetto a Rocca Imperiale e Locale di Altamura, e del 17% verso Otello e Locale di Grumo. Per quanto riguarda il numero di branche e di palchi per pianta, le differenze sono minime e non significative. Conclusioni Le cultivar ed i genotipi hanno mostrato un incremento produttivo del 10 e 7%, rispettivamente, all‟aumentare della dose della concimazione fosfatica; questo risultato conferma i dati di una precedente ricerca, anche se effettuata in un altro ambiente. Interessante è poi il comportamento degli ecotipi alla somministrazione della concimazione azotata; infatti, a differenza delle cultivar in cui il fertilizzante ha un effetto deprimente sulla produzione granellare (-7%), si osserva come Rocca Imperiale risponda in maniera significativa all‟input energetico (+10%), apprezzabile è pure la risposta del Locale di Grumo (+5%), mentre Locale di Altamura, in questa esperienza, non si è avvantaggiato della somministrazione di azoto. La maggiore produzione delle due cultivar è dovuta al peso dei 100 semi di entrambe ed al numero dei semi per baccello (cv Sultano). Tali risultati spingono ad approfondire ricerche in tal senso, lasciando prevedere, con ricerche più mirate, buone prospettive per gli ecotipi saggiati ed altri che, al momento, non sono stati ancora presi in considerazione. Bibliografia ABBATE V. et al., 1994. Aspetti della tecnica colturale del cece. Agricoltura Ricerca, 155: 105-120. CANTORE V., IOVINO F., PONTECORVO G., 1987. Aspetti climatici e zone fitoclimatiche della Basilicata. C.N.R. IEIF, Cosenza. FRIMPONG A., SINHA A., TAR'AN B. WARKENTIN T.D., GOSSEN B.D., CHIBBAR R.N. 2009. Genotype and growing environment influence chickpea (Cicer arietinum L.) seed composition. Journal of the science of food & agriculture, 89 (12): 2052-2063. LÓPEZ-BELLIDO R.J., LÓPEZ-BELLIDO L., 2001. Effects of crop rotation and nitrogen fertilization on soil nitrate and wheat yield under rainfed Mediterranean conditions. Agronomie, 21, 509-516. MAITI, R.K., WESCHE-EBELING, P., 2001. Vegetative and reproductive growth and productivity. 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Andamento della temperatura (---) e della pioggia (canne d‟organo) come media pluriennale (A) e nell‟anno di prova (B). Fig. 1. Monthly trends of temperature (---) and precipitation (vertical bars) for the 40-yrs average (A) and for the grooving season (B). 228 Tab. 1. Caratteristiche del terreno. Tab. 1. Soil properties. Sost.org. (%) (Walkley Black meth.) pH Conducibilità elettrica (mmhos cm-1) Capacità di campo (DW %) Punto di appassim. (-1.5 Mpa) (DW %) Peso specifico del terreno 3.61 7.82 1.97 31.5 15.0 1.3 Sabbia (%) Limo (%) Argilla (%) N totale (°/00) P assimilabile (ppm, Olsen meth.) K scamb.(ppm, ammon. acet. meth.) 39.7 37.4 22.9 1.67 26.7 227.03 Tab. 2. Influenza della concimazione fosfo-azotata su genotipi di cece. Tab. 2. Influence of fertilization on chickpea genotypes. 0 Genotipi Sultano Otello R. Imperiale L. Grumo L. Altamura media 0 1.94 1.82 1.78 1.55 1.65 1.75 100 2.15 2.03 1.91 1.73 1.79 1.92 Concimazione azotata (kg ha-1 di N) 30 Concimazione fosfatica (kg ha-1 di P2O5) media 0 100 media 0 2.04 1.78 1.99 1.88 1.86 1.93 1.71 1.88 1.79 1.77 1.84 1.61 1.73 1.67 1.70 1.64 1.53 1.66 1.60 1.54 1.72 1.70 1.69 1.70 1.67 1.83 1.67 1.79 1.73 1.71 media 100 2.07 1.96 1.82 1.69 1.74 1.86 media 1.97 1.87 1.76 1.62 1.71 1.78 Tab. 3. Caratteristiche bio-agronomiche di genotipi di cece (medie delle concimazioni). Tab. 3. Bio-agronomic characteristics of chickpea genotypes (averages of fertilization). Genotipi Sultano Otello R. Imperiale L. Grumo L. Altamura Branche/ pianta (n°) 3.98 3.78 3.99 3.88 3.91 Palchi/ pianta (n°) 14.6 14.8 15.1 14.9 15.3 Baccelli/ pianta (n°) 14.6 C 16.2 B 17.9 A 16.4 B 18.0 A Semi/ baccello (n°) 0.99 a 0.81 c 0.91 b 0.83 c 0.93 b Biomassa (t ha-1) 4.03 A 3.08 C 3.24 B 3.35 B 3.32 B Produzione granella (t ha-1) 1.97 A 1.87 A 1.76 B 1.62 C 1.71 B I valori che non hanno alcuna lettera in comune, sono significativamente diversi tra loro per P ≤ 0,05 (lettere minuscole) e per P ≤ 0,01 (lettere maiuscole) (Duncan test). 229 Peso 100 semi (g) 54.0 A 39.3 B 31.4 C 33.2 C 34.1 C 2.35. INDAGINE CHIMICO FISICA DELL’UVA PER LA VALORIZZAZIONE E CONSERVAZIONE DEI VITIGNI AUTOCTONI DELL'EMILIA ROMAGNA PHYSICO-CHEMICAL INVESTIGATION ON GRAPES FOR VALORIZATION AND SAFEGUARD OF LOCAL GRAPEVINE CULTIVARS OF EMILIA ROMAGNA REGION Francesca MASINO1-2, Andrea ANTONELLI1-2, Serena Anna IMAZIO1-2, Valentina MATRELLA1, Giuseppe MONTEVECCHI2, Elisabetta SGARBI1-2, Giuseppe VASILE SIMONE1, Cristina BIGNAMI1-2 1 Università di Modena e Reggio Emilia - Dipartimento di Scienze della Vita, Via Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia 2 Università di Modena e Reggio Emilia - Centro Interdipartimentale BIOGEST -SITEIA, Via Amendola, 2 - Padiglione Besta, 42122 Reggio Emilia Email: [email protected] Riassunto Nell‟ambito di un ampio progetto per la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità della vite (AGER n. 2010-2014), è in corso uno studio per approfondire le conoscenze chimiche e chimico-fisiche di vitigni autoctoni dell‟Emilia Romagna. Il progetto si propone di attuare un‟approfondita caratterizzazione genetica e fenotipica dei vitigni in questione. In particolare, in questo lavoro sono state valutate venti cultivar (cv) di uve a bacca rossa attraverso descrittori ampelografici, parametri chimico-fisici (Brix, pH e acidità titolabile), contenuto totale di flavonoidi e antociani e contenuto percentuale delle principali antocianine. L‟analisi della varianza ha permesso di evidenziare differenze significative tra le differenti cv per tutti i parametri valutati. L‟analisi delle componenti principali si è rivelata un utile strumento per caratterizzare le cv sulla base del contenuto percentuale delle singole antocianine, evidenziando profili peculiari come nel caso di Lambrusco oliva, Lambrusco a foglia frastagliata e Lambrusco Barghi. Sono stati individuati, inoltre, alcuni cluster che racchiudono cv con profili antocianici similari. Parole chiave: vitigni autoctoni dell‟Emilia Romagna, caratterizzazione chimico-fisica, ampelografia, flavonoidi, profilo antocianinico Abstract Within a wider project on the safeguard and valorization of grape vine biodiversity (AGER n. 2010-2014), a study to deepen physico-chemical knowledge of Emilia Romagna autochthonous cultivated varieties (cvs) is in progress. In this work, twenty red berry grape cvs were evaluated by ampelographic descriptors, physic-chemical parameters (°Brix, pH, and titratable acidity), total anthocyanin and flavonoid content, and main anthocyanin percentage content. Analysis of variance showed statistically significant differences among the cvs for all the parameters. Principal component analysis was a useful statistical tool to characterize the cvs by the percentage content of the single anthocyanins, showing cvs with peculiar profiles such as Lambrusco oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, and Lambrusco Barghi. Some clusters encompassing cvs with similar profiles were also outlined. Keywords: Emilia Romagna autochthonous grapevines, physico-chemical characterization, ampelography, flavonoids, anthocyanin profile 230 Introduzione L‟Italia può vantare una delle realtà più importanti nel panorama viticolo mondiale sia in termini di superfici coltivate, sia di vino prodotto, con un patrimonio vitivinicolo notevolmente complesso. In considerazione della necessità di un‟ampia conoscenza sulla variabilità delle caratteristiche genetiche e fenotipiche dei vitigni è stato avviato un progetto (AGER n. 2010-2014) per la salvaguardia e valorizzazione della “biodiversità” dei vitigni di alcune regioni d‟Italia. In questo scenario, l‟Emilia Romagna occupa un posto di rilievo, contando molte varietà autoctone ed alloctone. Tutte le informazioni acquisite saranno inserite in un database viticolo italiano, la cui piattaforma è già stata realizzata (http://www.vitisdb.it). Tra le numerose caratteristiche chimico-fisiche delle uve è di grande importanza il contenuto in sostanze polifenoliche (Bonaga et al., 1990). La corretta valutazione della quantità di polifenoli totali dell‟uva potenzialmente estraibili durante la vinificazione, nonché la conoscenza della ripartizione di questi composti tra bucce e vinaccioli, sono di aiuto all‟enologo per impostare la vinificazione in maniera ottimale (Mattivi et al., 2002; Mattivi et al., 2003). Tra le diverse classi di polifenoli, gli antociani rivestono un ruolo fondamentale per le uve rosse, per le bevande alcoliche e non alcoliche e per altre applicazioni (Castañeda-Ovando et al., 2009). Gli antociani di Vitis vinifera L. sono stati ampiamente caratterizzati e si trovano principalmente sotto forma di derivati (antocianine) glucosidici, acetilglucosidici, cumaroilglucosidici e caffeoilglucosidici di cianidina, delfinidina, malvidina, peonidina e petunidina. Questi composti hanno un‟importanza cruciale nella definizione delle caratteristiche sensoriali dei vini (Arnold et al., 1980). La composizione antocianica è un carattere fenotipico distintivo delle cv e la sua determinazione può essere impiegata come marker per la valutazione dell‟autenticità delle uve (Hong e Wrolstad, 1990; Masino et al., 2010) e dell‟adulterazione dei vini (Castañeda-Ovando et al., 2009; de Villiers, 2004). Lo studio di coloranti naturali, inoltre, è un campo in forte ascesa vista la crescente domanda di sostanze naturali per sostituire quei coloranti sintetici cui sono associati effetti tossici nell‟uomo (Chou et al., 2007). Fra le uve impiegate per la produzione di enocianina ve ne sono diverse originarie delle province di Modena e Reggio Emilia, quali alcuni Lambruschi e Ancellotta (Bridle e Timberlake, 1996). Un‟altra significativa proprietà delle antocianine è legata alla loro attività antiossidante la cui applicazione nel campo nutraceutico è orientata alla prevenzione di patologie neuronali e cardiovascolari, neoplasie e diabete (Konczak e Zhang, 2004). Obiettivo di questo lavoro è stato quello di fornire i primi dati concernenti i principali descrittori ampelografici degli acini e dei grappoli e la caratterizzazione chimico-fisica e fenolica delle uve. Materiali e metodi Sono state selezionate venti varietà di uve a bacca rossa tipiche dell‟Emilia Romagna: Ancellotta, Covra, Fogarina, Lambrusco (L.) Barghi, L. di Fiorano, L. a foglia frastagliata, L. grasparossa, L. Maestri, L. Marani, L. Montanaro, L. Montericco, L. oliva, L. Picòl ross, L. salamino, L. di Sorbara, Malbo gentile, Marzemino, Marzemino passo, Sgavetta, Uva Tosca. Tutti i campioni sono stati prelevati secondo i protocolli di routine (Fregoni, 2005) durante la vendemmia 2011 presso il campo sperimentale dell‟Istituto A. Zanelli di Reggio Emilia. 231 Su grappoli ed acini sono state eseguite le seguenti misure ampelografiche (OIV, 2009): lunghezza grappolo escluso peduncolo (OIV 202), compattezza del grappolo (OIV 204), lunghezza del peduncolo del grappolo principale (OIV 206), lunghezza acino (OIV 220), larghezza acino (OIV 221), colore della buccia (OIV 225), sviluppo vinaccioli (OIV 241). I valori riportati sono le medie aritmetiche delle misure effettuate a maturità sui grappoli più grandi di 10 germogli e delle misure effettuate a maturità su 30 acini non deformati di normale dimensione prelevati nella parte centrale di 10 grappoli. Sul succo spremuto dalle bacche sono state eseguite le principali determinazioni analitiche, quali contenuto di solidi solubili (Brix), pH, acidità titolabile (AT) (EC European Community Official Journal, 1990). Il contenuto totale di flavonoidi e antociani è stato valutato sugli estratti delle bucce mediante lettura spettrofotometrica a 280 e 520 nm rispettivamente (Di Stefano et al., 1989; Di Stefano et al., 1991). Gli stessi estratti sono stati impiegati per la determinazione del profilo delle antocianine mediante metodo RP-HPLC/DAD (Chinnici et al., 2009). L‟identificazione dei picchi è stata effettuata mediante RP-HPLC/ESI-MS con analizzatore di massa a trappola ionica. Risultati e discussione I risultati delle analisi ampelografiche si sono concentrati prevalentemente sulla descrizione di caratteri legati alla struttura del grappolo e dell‟acino (Tab. 1). I grappoli sono stati valutati come corti (3) o di lunghezza media (5), eccezion fatta per Fogarina, Malbo gentile e Uva Tosca che hanno mostrato un grappolo lungo (7). Poco compatti (3) sono risultati i grappoli di Ancellotta, Fogarina e Malbo gentile, a differenza delle altre cv che hanno mostrato compattezza maggiore (5 e 7). Poca variabilità è stata osservata per la lunghezza dei peduncoli, valutati come molto corti o corti (1 e 3) per tutte le cv. Per quanto riguarda gli acini, circa la metà dei vitigni ha rivelato di possedere un acino corto (3), mentre la rimanente parte un acino di lunghezza media (5). La larghezza dell‟acino ha mostrato un‟ulteriore riduzione della variabilità, con quasi tutti i vitigni dotati di un acino stretto tranne L. Montanaro, L. Montericco e Sgavetta con un acino di larghezza media (5). Quasi tutti i vitigni hanno mostrato una colorazione blu-nera della buccia (6) ed uno sviluppo completo dei vinaccioli (3). I risultati riguardanti Brix, pH, AT sono riportati in Tab. 1 come media di tre repliche, insieme ai risultati dell‟analisi statistica, analisi della varianza (ANOVA) a una via e test di Tukey per confronti multipli. L‟elaborazione statistica dei dati permette di evidenziare differenze significative tra le cv per tutti i parametri valutati. Considerando il pH, i valori trovati sono risultati tutti maggiori di 3, con la sola eccezione di Fogarina. Questa cv presentava, inoltre, un valore di AT molto elevato (58,45 g/L). Anche L. di Fiorano mostrava un valore di AT più elevato rispetto alla media generale (33,09 g/L). Il contenuto di flavonoidi e antociani totali (Tab. 1) è alquanto variabile nelle diverse cv con Ancellotta, Lambrusco oliva, Malbo gentile e Sgavetta che presentano i valori più elevati. L‟analisi delle antocianine è ancora in corso ed i risultati espressi come media di due repliche del contenuto percentuale delle principali antocianine (dati non mostrati) sono stati utilizzati per l‟elaborazione dell‟analisi delle componenti principali (PCA), insieme con i dati dei flavonoidi e degli antociani totali (Fig. 1). Il grafico dei loading delle prime due componenti principali (PC1 e PC2) è mostrato nella fig. 2. Le prime quattro PC spiegano l‟82,50 % della variabilità totale. Il grafico della PC1 (40,42 %) contro quello della PC2 (22,76 %) mostra come la posizione delle due repliche per tutti i campioni sia molto ravvicinata a conferma di una buona ripetibilità dei dati e, suggerendo profili caratteristici per ogni cv. 232 Alcuni vitigni si discriminano nettamente dagli altri, quali L. oliva caratterizzato dalla presenza di elevate quantità relative di derivati di cianidina e delfinidina e relativamente basse di derivati malvidinici. L. Barghi e L. a foglia frastagliata presentano profili similari caratterizzati da elevate quantità relative di peonidina-3-glucoside e cianidina-3-glucoside. L. Montanaro si distingue per la bassa quantità relativa di malvidina-3-glucoside a favore di una più elevata quantità degli altri derivati malvidinici. Ancellotta e Sgavetta presentano elevati tenori relativi di derivati di delfinidina e petunidina. Sulla PC1, è possibile evidenziare una certa separazione tra Ancellotta, Malbo gentile, Sgavetta, e soprattutto L. oliva. Tale risultato risulta più netto sulla PC4 (dati non mostrati). Le restanti cv sono discriminate in maniera più marcata sulla PC2 ed è possibile in qualche caso confinare più cv all‟interno di cluster, come mostrato nella Fig. 1. Conclusioni Lo studio condotto ha consentito di sviluppare un primo approccio di caratterizzazione dei diversi vitigni, mettendo in evidenza una certa variabilità che dovrebbe contribuire a valorizzare i prodotti derivati, ma anche ad individuare eventuali artefatti del mercato. Giunto a completezza, il progetto fornirà un‟adeguata conoscenza delle caratteristiche dei vitigni, costituendo uno strumento per potenziare il sistema viticolo-enologico regionale ed italiano. La ricerca potrà rilevare, inoltre, la necessità di tutelare le risorse genetiche analizzate non solo come patrimonio culturale caratterizzante il territorio di provenienza e origine, ma anche per il valore salutistico dei prodotti ottenibili (non solo vino) ed estraibili, così da favorirne la coltivazione, allontanando il rischio di erosione e scomparsa dei vitigni a minore diffusione. Ricerca finanziata dal: Progetto AGER n° 2010-2014 Bibliografia ARNOLD R. M., NOBLE A. C., SINGLETON V. L., 1980. Bitterness and astringency of phenolic fractions in wine. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 28 (3): 675-678. BONAGA G., PALLOTTA U., SYRGHI K., 1990. Influenza delle sostanze polifenoliche sulla qualità dei vini bianchi. Vini d‟Italia, 32 (5): 13-38. BRIDLE P., TIMBERLAKE C. F., 1996. Anthocyanins as natural food colours-selected aspects. Food Chemistry, 58 (1-2): 103-109. CASTAÑEDA-OVANDO A., DE LOURDES PACHECO-HERNÁNDEZ M., ELENA PÁEZ-HERNÁNDEZ M., RODRÍGUEZ J. 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Ampelographic descriptors and physico-chemical parameters of the twenty cvs expressed as the mean values of three replicates (±DS - standard deviation). Results of one-way ANOVA and the Tukey test are reported as Fvalue and superscript letters, respectively. Different superscript letters identify samples that are significantly different. ***p ≤ 0,001; **p ≤ 0,01; *p ≤ 0,05. AT - Titratable acidity; FT -total flavonoid content; AT - total anthocyanin content. °Brix succo Ancellotta Covra Fogarina L. Barghi L. di Fiorano L. a foglia frastagliata L. grasparossa L. Maestri L. Marani L. Montanaro L. Montericco L. oliva L. Picòl ross L. salamino L.di Sorbara Malbo gentile Marzemino Marzemino passo Sgavetta 5 3 7 5 5 5 3 5 5 5 5 3 3 3 3 7 5 5 5 3 7 3 5 5 7 7 7 7 5 7 7 5 7 7 3 7 7 5 3 3 3 3 1 1 3 1 3 3 1 1 3 3 1 3 3 3 1 3 5 3 3 5 3 3 5 3 5 5 5 3 3 3 3 3 3 5 3 3 3 3 3 3 3 3 3 5 5 3 3 3 3 3 3 3 5 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 5 6 6 6 6 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 24,47g 20,87cdef 20,53cdef 20,80cdef 18,40abcde 19,60abcdef 18,13abcd 16,60ab 20,07bcdef 17,53abc 16,33efg 21,67defg 21,27abcde 18,27abcdef 19,47fg 22,53bcdef 20,07a 19,87defg 21,40cdef DS ±0,64 ±0,42 ±0,12 ±2,78 ±0,92 ±0,35 ±0,81 ±0,40 ±0,42 ±1,17 ±1,17 ±1,27 ±1,03 ±0,70 3,00 ±0,31 ±0,95 ±0,31 ±0,20 3,35cdefg 3,50g 2,89a 3,38defg 3,18bc 3,15bc 3,2bcde 3,14b 3,15bc 3,50g 3,26bcd 3,20g 3,46b 3,15efg 3,08ab 3,40fg 3,56bcdef 3,45bcde 3,22bcde DS ±0,03 ±0,04 ±0,06 ±0,19 ±0,06 ±0,04 ±0,07 ±0,03 ±0,06 ±0,10 ±0,03 ±0,02 ±0,05 ±0,03 ±0,08 ±0,02 ±0,07 ±0,01 ±0,03 g/L 7,28a 11,32ab 58,45l 14,9bcde 33,09i 17,17cdef 18,60defg 17,55def 26,65h 19,09efg 22,21bcd 14,46defg 18,41h 26,21fg 19,54ab 10,67b 9,66gh 12,22bc 12,80h Uva Tosca 7 5 3 5 3 5 3 18,80abcde ±0,20 3,20bcd ±0,03 12,38b Fvalue pH succo 9,46* 18,42** 235 AT succo 174,35*** FLT bucce ANT bucce DS ±0,10 ±0,75 ±1,98 ±1,27 ±2,20 ±1,09 ±3,37 ±1,09 ±1,69 ±0,53 ±0,25 ±0,65 ±1,40 ±1,74 ±1,43 ±0,36 ±0,53 ±0,38 ±0,59 g/kg 62,38fgh 35,33abc 49,06cdefg 54,43defg 33,42abc 56,79efgh 45,12cdef 66,37gh 49,62cdefg 48,60cdefg 24,73ab 65,21gh 39,04bcde 18,05a 45,86cdef 73,87h 36,95bcd 34,54abc 55,41efg DS ±1,35 ±8,06 ±5,37 ±5,77 ±4,03 ±0,96 ±8,13 ±7,95 ±3,62 ±4,42 ±3,52 ±5,58 ±1,99 ±3,43 ±3,04 ±7,06 ±14,5 ±1,27 ±5,37 g/kg 23,37ln 9,39cde 11,81ef 10,87e 5,95abc 15,81gh 9,31bcde 17,97ghi 10,40de 6,80abcd 3,98a 19,62hil 5,47ab 9,04bcde 8,17bcde 24,33n 14,77fg 8,24bcde 20,33il DS ±0,32 ±1,30 ±1,99 ±1,04 ±0,97 ±1,16 ±1,36 ±2,41 ±0,93 ±0,52 ±0,54 ±2,28 ±0,39 ±1,53 ±0,64 ±1,83 ±0,88 ±0,81 ±0,59 ±0,37 25,57ab ±4,11 3,09a ±0,10 19,94** 77,49*** LFF2 4 LFF1 LBA1 LBA2 LGR2 LGR1 3 LM A1 LM A2 PC2: 22,76 % 2 FOG1 LSA2 FOG2 COV2 LFI2 LSO2 LSA1 LFI1 LSO1 COV1 1 LOV1 0 LOV2 SGA1 ANC3 TOS2 M GE2 M GE1 TOS1 SGA2 -1 LM T2 LM T1 LMLM S1S2 M AR1 M AR2 ANC2 -2 LPR1LPR2 M RP2 M RP1 -3 LM O2 LM O1 -4 -6 -4 -2 0 PC1: 40,42 % 2 4 Fig. 1. Analisi delle componenti principali dei campioni replicati (ANC: Ancellotta; COV: Covra; FOG: Fogarina; LBA: L. Barghi; LFI: L. di Fiorano; LFF: L. a foglia frastagliata; LGR: L. grasparosssa; LMS: L. Maestri; LMA: L. Marani; LMO: L. Montanaro; LMT: L. Montericco; LOV: L. oliva; LPR: L. Picól ross; LSA: L. salamino; LSO: L. di Sorbara; MGE: Malbo gentile; MAR: Marzemino; MRP: Marzemino passo; SGA: Sgavetta; TOS: Uva Tosca). Grafico delle prime due componenti principali (PC1 e PC2) con la variabilità spiegata. Fig. 1. Principal component analysis of two-replicated samples (ANC: Ancellotta; COV: Covra; FOG: Fogarina; LBA: L. Barghi; LFI: L. di Fiorano; LFF: L. a foglia frastagliata; LGR: L. grasparosssa; LMS: L. Maestri; LMA: L. Marani; LMO: L. Montanaro; LMT: L. Montericco; LOV: L. oliva; LPR: L. Picól ross; LSA: L. salamino; LSO: L. di Sorbara; MGE: Malbo gentile; MAR: Marzemino; MRP: Marzemino passo; SGA: Sgavetta; TOS: Uva Tosca). Plot of the first two principal components (PC1 vs. PC2) with the explained variance. 236 1 Pn-g PC2: 22,76 % M v-g Cn-g Pt-g Df-g 0 ANT Cn-acg Pn-cg FLT M v-cg(iso) Df-acg Pt-acg M v-cg Cn-cg Pt-cgM v-acg Pn-acg + Df-cg M v-acg(iso) -1 -1 0 PC1: 40,42 % 1 Fig. 2. Grafico dei loading delle prime due componenti principali (PC1 e PC2) con la variabilità spiegata (Df-g: delfinidina-3-O-glucoside; Cn-3-glc: cianidina-3-O-glucoside; Pt-g: petunidina-3-Oglicoside; Pn-g: peonidina-3-O-glucoside; Mv-g: malvidina-3-O-glucoside; Df-acg: delfinidina-3-O(6-acetil)-glucoside; Mv-acg(iso): isomero della malvidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Cn-acg: cianidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Pt-acg: petunidina-3-O-(6-acetil)-glucoside; Pn-acg+Df-cg: peonidina-3-O-(6-acetil)-glucoside + delfinidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Mv-acg: malvidina-3O-(6-acetil)-glucoside; Cn-cg: cianidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Pt-cg: petunidina-3-O-(6-pcumaroil)-glucoside; Mv-cg(iso): isomero della malvidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Pn-cg: peonidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside; Mv-cg: malvidina-3-O-(6-p-cumaroil)-glucoside). Fig. 2 . Plot of the loading values loaded on the first and second principal component (PC1 vs. PC2) with the explained variance (Df-g: delphinidin-3-O-glucoside; Cn-3-glc: cyanidin-3-O-glucoside; Ptg: petunidin-3-O-glicoside; Pn-g: peonidin-3-O-glucoside; Mv-g: malvidin-3-O-glucoside; Df-acg: delphinidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Mv-acg(iso): malvidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside isomer; Cnacg: cyanidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Pt-acg: petunidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside; Pn-acg+Df-cg: peonidin-3-O-(6-acetyl)-glucoside + delphinidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Mv-acg: malvidin3-O-(6-acetyl)-glucoside; Cn-cg: cyanidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Pt-cg: petunidin-3-O-(6p-coumaroyl)-glucoside; Mv-cg(iso): malvidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside isomer; Pn-cg: peonidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside; Mv-cg: malvidin-3-O-(6-p-coumaroyl)-glucoside). 237 2.36. CONFRONTO DEI PARAMETRI QUANTITATIVI DELLE PRODUZIONI DI CARNE DI BOVINI DI CEPPO PODOLICO ALLEVATI IN PUGLIA (ITALIA) ED IN THESSALIA (GRECIA) COMPARISON OF THE QUANTITATIVE PARAMETERS OF MEAT PRODUCTION BETWEEN TWO PODOLIAN POPULATION, REARED IN APULIA (ITALY) AND IN THESSALIA (GREECE) Despoina KARATOSIDI1, Marco RAGNI1, Antonio Domenico MARSICO2, Donatella COLANGELO1, Angela Gabriella D’ALESSANDRO1, Liborio MELODIA1, Simona TARRICONE1 1 Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari, Via Amendola, 165/a, [email protected] 2 Agronomo Libero Professionista Riassunto Lo sviluppo della produzione zootecnica nei Paesi industriali, negli ultimi 30 anni, è diventato sinonimo di specializzazione dell‟allevamento di una sola razza e di conseguenza si è avuta la diffusione di Frisone Holstein per la produzione di latte e di razze continentali per la produzione di carne. Per questo, tante razze bovine hanno perso il loro valore, come il ceppo Podolico proveniente dal Bos primigenius. La diffusione e la persistenza di questo bovino nelle diverse aree dell‟Europa orientale è stata favorita dalla sua peculiare costituzione espressa da una spiccata attitudine al lavoro e da una notevole adattabilità. Oggigiorno, in Europa esistono diversi derivanti dal Bos primigenius, come la Podolica in Italia e la Katerini in Grecia. La ricerca ha inteso confrontare alcuni aspetti quantitativi della produzione della carne di questi due genotipi Mediterranei. All‟uopo, sono stati utilizzati 12 vitelloni di cui 6 Katerini greci e 6 Podolici italiani. Tutti i soggetti sono stati allevati allo stato brado, insieme alle madri, dalle quali sono stati svezzati intorno ai 10 mesi di età. Dopo lo svezzamento, sono stati tenuti sempre all‟aperto ma lontano dalla mandria. Alla fine della prova di campo, corrispondente con i 18 mesi di età dei vitelli, tutti i soggetti sono stati macellati in strutture autorizzate. Alla macellazione, eseguita secondo le direttive della Comunità Europea, sono stati rilevati i parametri di rito seguendo le indicazioni A.S.P.A.. Dai risultati ottenuti nelle nostre condizioni operative emerge che i vitelloni Podolici rispetto ai Katerini presentano mediamente superiori e significativi pesi vivi finali e di conseguenza superiori e significativi pesi delle mezzene sia calde sia fredde. Al contrario, però, i vitelloni Katerini, rispetto ai Podolici, forse a causa di una minore e significativa incidenza della pelle e della testa presentano migliori rese di macellazione sia a caldo sia a freddo. Nonostante gli stessi presentino una maggiore percentuale di corata, nel complesso questi bovini evidenziano minori perdite di refrigerazione. Per quanto concerne la composizione in tagli delle mezzene, si osserva che quella dei vitelloni Podolici è caratterizzata da una maggiore e significativa percentuale di coscio, di spalla e da una minore incidenza di grasso perirenale. Quest‟ultimo dato potrebbe essere dipendente dalle condizioni ambientali, forse più difficili, della Grecia che hanno favorito quei soggetti capaci di un maggior accumulo di grasso sia come riserva energetica dell‟organismo sia come fattore di termoregolazione per il filtro renale. Anche se i vitelloni Katerini presentano minori pesi vivi, attraverso la razionalizzazione degli allevamenti e l‟impiego di sistemi produttivi ecocompatibili; in relazione alla qualità della loro carne, sono capaci di fornire al consumatore un prodotto genuino, di qualità, sicuramente tracciabile all‟interno dell‟intera filiera produttiva. 238 Parole chiave: carne, podolica, Katerini, biodiversità Abstract The development of livestock production in industrial countries, over the last 30 years, was become synonymous of the specialization of single breeds like this of the Friesian Holstein for milk production and other continental breeds for meat production. For this reason, many breeds have lost their value like for example the Podolian, who derives from Bos primigenius. The spread and persistence of this cattle, in different areas of Europe, was favored by its peculiar constitution, expressed by a strong attitude to work and by a proper fit. Today, in east Europe, there are various derivatives from Bos primigenius like the Podolian in Italy and the Katerini in Greece. The research aimed to compare some aspects of meat production‟s quantities of these two Mediterranean genotypes. For this reason, 12 bulls were used, 6 Podolian and 6 Katerini. All animals were reared in the open sky, with their mothers, from which they were weaned at around 10 months of age. After weaning, they were held outdoors but away from the herd. At the end of the trial, corresponding with the age of 18 months, all animals were slaughtered in licensed slaughterhouses. During the slaughter, performed according to European Union‟s directives, there were taken all the parameters by following the indications of A.S.P.A. From the obtained results in our operating conditions, it was shown that Podolian bulls, in relationship with Katerini, present higher and significant final live weights and, consequently, higher and significant half- carcasses both hot and cold. On the contrary, the Katerini, compared to Podolian, maybe because of a minor and significant incidence of skin and head, present better yields of slaughter both hot and cold. Even if they present a greater percentage of pluck, the Katerini cattle show reduced losses of refrigeration. As far as regards the composition of the half-carcasses‟ cuts, it is noted that the this of the Podolian cattle is characterized by a major and significant percentage of leg, shoulder and a lower incidence of perirenal fat. This last result may be dependent by the environmental conditions, maybe more difficult in Greece, which have favored those individuals by making them capable to accumulate body fat or as a factor of thermoregulation for the renal filter. Even if the Katerini bulls have lower weights, through a rationalization of farms, the use of environmentally friendly production systems and in relation to meat quality, these cattle are able to provide consumers with a genuine, of high quality and definitely traceable product, within the entire chain of production. Keywords: meat, podolian, Katerini, biodiversity Introduzione Negli ultimi 50 anni, i progressi tecnologici e la crescita economica globale, accompagnata dalla crescita esponenziale della popolazione umana, hanno portato a molti gravi cambiamenti ambientali, tra cui la progressiva distruzione dell‟ambiente naturale, la scomparsa di specie vegetali e della fauna selvatica. Nel mondo oggigiorno ci sono oltre 15.500 specie minacciate di cui la metà, secondo la “Red List” dell‟IUCN (International Union for Conservation of Nature) (Baillie et al., 2004), è composta da animali (7.266). Globalmente sono minacciati il 23% dei mammiferi e il 12% degli uccelli mentre è molto forte l‟impatto delle attività umane sulle specie marine, infatti sono minacciate il 52% delle specie di squali e il 42% di quelle di altri pesci cartilaginei. Un primo rapporto pubblicato da FAO e UNEP (United Nations Environment Programme) dimostra che ogni settimana si perdono due specie animali allevate dall‟uomo (WWF, 2010). 239 Esso contiene una lista chiamata “Worldwatch List of Domestic Animal Diversity” che, nella sua quarta versione, indica che la percentuale di mammiferi allevati a rischio di estinzione è aumentata dal 23 al 35% (FAO, 2000). La biodiversità delle razze tradizionali è oggi un patrimonio quasi sconosciuto o gravemente trascurato; composto da animali utili per il nostro futuro economico, grazie alle loro caratteristiche come fertilità, aspettativa di vita e resistenza a condizioni meteorologiche avverse o addirittura a malattie. A discapito di queste razze, la selezione degli animali d‟allevamento è influenzata da fattori economici che stanno portando alla continua introduzione di animali alloctoni e all‟isolamento degli animali domestici meno produttivi. Tra queste razze autoctone si ritrova la Katerini, che presenta le caratteristiche del Bos primigenius, i cui primi riferimenti risalgono al 1930. Il nome deriva dalla regione nella quale furono trovati i primi soggetti riferibili a tale razza. Secondo Chatsiolos (1937), si tratta di una razza indigena appartenente al tipo greco Steppe, allevato in Grecia da migliaia di anni e sopravissuto grazie alla sua notevole adattabilità alle condizioni naturali e climatiche. Sono animali di piccola taglia, con un‟ altezza media al garrese di 110-115 cm per le vacche e 125 cm per i maschi. Il peso vivo della vacca è di circa 225-300 kg mentre raggiunge i 400 kg nel toro. La testa è lunga e tendenzialmente tondeggiante; le corna sono lunghe, a forma di lira, di colore chiaro alla base e più scuro verso la punta. Il colore di base del mantello è il grigio, ma questo può variare dal nero al marrone. La razza è caratterizzata da un anello bianco attorno al naso (musello). In generale la conformazione del corpo è quella di un robusto animale da tiro del tipo Steppe. La resa alla macellazione è in media del 40-50% mentre la produzione di latte è molto bassa 400-500 kg all‟anno, con un periodo di lattazione di 5-6 mesi. Era praticamente scomparsa, ma oggigiorno, nella zona di Kalabaka (regione di Trikala, Thessalia) si allevano 213 animali in purezza di cui 4 tori riproduttori. A Pieria (regione che ospita la città di Katerini, da cui la razza ha presso il nome) non esistono più allevamenti di questa razza (Minagric, 2007), completamente cancellati dall‟irrazionale uso delle razze estere. La razza italiana che deriva dal Bos primigeniuus è la Podolica, che si trova solamente nelle regioni appenniniche meridionali e registra una consistenza di circa 140.000 capi (compresi i derivati), dei quali più di 24.291 iscritti al Libro Genealogico Nazionale dell‟ANABIC. La Podolica presenta la conformazione rustica tipica dei bovini autoctoni (Cerrato, 2000), è energica e robusta pur mantenendo uno scheletro abbastanza leggero. L‟allevamento del bovino podolico per la produzione di carne si pratica essenzialmente in aree del sud d‟Italia dove il clima difficile, le scarse risorse idriche ed il degrado dei pascoli naturali fungono da fattori limitanti nell‟accrescimento dei vitelli di altre razze. Il sistema di allevamento determina l‟effetto più marcato sui dati di macellazione: la resa al macello si attesta mediamente intorno al 56,7% nei soggetti sottoposti ad integrazione alimentare e quasi del 55% in quelli alimentati con solo pascolo (Cosentino et al., 2005). Materiali e metodi La ricerca ha inteso confrontare alcuni aspetti quanti- qualitativi della produzione della carne bovina di due genotipi autoctoni Mediterranei. All‟uopo, sono stati utilizzati 12 vitelloni di cui 6 Katerini greci e 6 Podolici italiani tutti allevati allo stato brado. La prova sperimentale è stata effettuata in due allevamenti, uno italiano, “Az. Agr. Bramante” sito nel comune di Rignano Garganico (FG), e l‟altro greco “Az. Ark Dimou” sito nella regione di Thessalia e precisamente nel territorio della città di Trikala. 240 A 18 mesi di vita tutti i soggetti sono stati macellati e sono stati raccolti tutti i parametri di rito (Tab. 1) (ASPA, 1989). Le carcasse sono state suddivise in mezzene, conservate poi per 24 ore in cella frigo a 4° C e dopo circa 72 ore dalla macellazione, in due macellerie all‟uopo convenzionate (una italiana e una greca), la mezzena destra di ciascun vitellone è stata suddivisa in tagli. Da ciascuna è stato prelevato il Longissimus dorsi” che è stato sottoposto ad analisi chimico- fisiche (ASPA 1996; 1980) nei laboratori del Dipartimento di Produzione Animale di Bari. Tutti i dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi di varianza e la significatività tra le medie stimate valutate con “t” di Student (SAS, 1999). Risultati e discussione Performance in vita - Dai risultati ottenuti nelle nostre condizioni operative (Tab. 1) emerge che i vitelloni Podolici italiani rispetto ai Katerini greci presentano mediamente superiori e significativi (P<0,01) pesi vivi finali (334,85 kg vs 216,00 kg), ascrivibili con ogni probabilità sia alle diverse condizioni ambientali di allevamento sia al più avanzato grado di miglioramento genetico del ceppo italiano. Infatti, in Italia e più precisamente a Laurenzana (PZ) in Basilicata, da anni opera un centro di selezione in cui vengono selezionati ed avviati alla riproduzione solo torelli con precise caratteristiche produttive (migliori pesi vivi, migliori incrementi giornalieri, migliore conformazione, ecc…), operazione che difatti porta ad un lento e graduale miglioramento produttivo dell‟intera popolazione Podolica italiana, dovuto al diffondersi del migliore patrimonio genetico disponibile. Processi operativi, questi, assenti in Grecia per cui la popolazione Katerini è stata selezionata solo dall‟ambiente. Rilievi alla macellazione - In realtà i migliori pesi vivi dei Podolici italiani portano di conseguenza a superiori e significativi (P<0,01) pesi delle mezzene (Tab. 1) sia calde (82,57 kg vs 58,51 kg la destra e 81,40 kg vs 58,09 kg la sinistra) sia fredde (80,85 kg vs 57,56 kg la Dx e 80,07 kg vs 57,43 kg la Sx). Al contrario, però, i vitelloni Katerini (Tab. 1), rispetto ai Podolici, forse a causa di una minore e significativa (P<0,05) incidenza della pelle (6,49% vs 8,23%) e della testa (4,09% vs 4,76%) presentano certamente (P<0,01) migliori rese di macellazione sia a caldo (53,89% vs 48,91%) sia a freddo (53,15% vs 47,99%); nonostante gli stessi presentino una maggiore incidenza percentuale di corata, nel complesso questi bovini presentano minori (P<0,05) perdite di refrigerazione (1,41% vs 1,87%). Rilievi alla sezionatura - Per quanto concerne la composizione in tagli delle mezzene (Tab. 2), si osserva che quella dei vitelloni Podolici è caratterizzata da una maggiore e significativa (P<0,01 e/o P<0,05) incidenza percentuale di coscio (30,87% vs 25,96%), di spalla (16,46% vs 15,06%) e da una minore percentuale di grasso perirenale (0,34% vs 0,85%). Quest‟ultimo dato potrebbe essere dipendente dalle condizioni ambientali, forse più difficili, della Grecia che hanno favorito quei soggetti capaci di un maggior accumulo di grasso sia come riserva energetica dell‟organismo sia come fattore di protezione per il filtro renale, attese le rinomate proprietà di coibentazione e/o isolamento termico del grasso. Qualità delle carni - Per quanto riguarda la qualità delle carni (Tab. 3) si notano poche e significative (P<0,01 e/o P<0,05) differenze a carico dei parametri considerati ascrivibili ai due diversi genotipi, anche se i valori rilevati rientrano nell‟ambito di quello della specie riportati in precedenti lavori (Marsico et al., 2007; Barghieri et al., 2009; Karatosidi et al., 2010; Tarricone et al., 2011). Infatti, le carni dei vitelloni Podolici sono leggermente più acide (5,31 vs 5,56), meno dure (1,28 vs 2,29) e dotate di un superiore indice b* (13,90 vs 11,23) e comunque in linea con quanto trovato da Ragni et al. (2008). Per quanto riguarda la durezza della carne dei vitelloni Katerini che risulta più dura, oltre che dal genotipo, secondo alcuni 241 autori (Cifuni et al., 2004; Marino et al., 2006) potrebbe dipendere dall‟attività fisica di questi animali allevati in modo estensivo. Conclusioni Dai dati analizzati si nota una forte contrazione della biodiversità all‟interno degli allevamenti mondiali, ma in alcune aree si sta assistendo ad un‟inversione di tendenza: l‟uomo sta recuperando dei genotipi autoctoni per differenziare le produzioni. In Italia questi allevamenti sono ormai realtà, anche se non estremamente diffusi; in Grecia si sta iniziando a lavorare per la Katerini. Tutte queste attività mirano ad uno sviluppo razionale e sostenibile della regione, in quanto migliorando gli allevamenti e la conseguente produzione di carne bovina di qualità, si potrà spingere per la creazioni di attività collaterali (agriturismi, aziende faunistiche, ecc) che distribuiscano i redditi in maniera equilibrata a tutta la comunità. Bibliografia A.S.P.A., 1980. Valutazione degli alimenti di interesse zootecnico. I. Analisi chimica. Zootecnia e Nutrizione Animale, 6: 19-34. A.S.P.A., 1989. Metodologie relative alla macellazione, alla valutazione e dissezione della carcassa di animali di interesse zootecnico. Agricoltura e Ricerca, 11 (99-100): 39-45. A.S.P.A., 1996. Metodiche per la determinazione delle caratteristiche qualitative della carne. BAILLIE E.M., TAYLOR C.H., STUART S.N., 2004. A Global Species Assessment. The IUCN Species Survival Commission. IUCN Publications Services Unit. 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Living Planet, Report 2010. Biodiversità, biocapacità e sviluppo. Tab. 1. Rilievi alla macellazione. Tab. 1. Slaughtering reliefs. Katerini Podolica DSE Peso Vivo (kg) 216,00 B 334,85 A 18,611 Mezz.Dx calda (kg) 58,51 B 82,57 A 7,314 Mezz.Sx calda (kg) 58,09 B 81,40 A 7,141 Mezz.Dx fredda (kg) 57,56 B 80,85 A 7,185 Mezz.Sx fredda (kg) 57,43 B 80,07 A 6,976 Resa a caldo (%) 53,89 a 48,91 b 3,439 Resa a freddo (%) 53,15 A 47,99 B 3,491 Calo refriger.(%) 1,41 b 1,87 a 0,361 Pelle/ P.V. (%) 6,49 b 8,23 a 0,959 Testa/P.V. (%) 4,09 b 4,76 a 0,381 Corata/P.V.(%) 5,10 A 3,54 B 0,307 Stinchi/P.V.(%) 2,34 2,66 0,299 A, B = P≤ 0,01; a,b = P≤ 0,05 243 Tab 2. Composizione in tagli della mezzena (%). Tab. 2. Cuts compositions of half carcass (%). Tagli Katerini Podolica DSE Peso mezz. ricostr. (kg) 55,34 B 81,15 A 6,542 Coscio 25,96 B 30,87 A 1,919 Coda 1,4 1,34 0,249 Rene 0,96 A 0,44 B 0,098 Lombata+ filetto 11,76 10,64 1,508 Grasso perirenale 0,85 A 0,34 B 0,119 Pancetta 12,01 10,67 1,759 Collo 17,2 15,26 1,849 Petto 14,78 13,99 1,624 Spalla 15,06 b 16,46 a 0,786 Katerini Podolica DSE pH2 5,56 a 5,31 b 0,178 L* 38,64 b 41,04 a 1,795 a* 12,71 13,32 1,703 11,23 B 13,90 A 0,979 Durezza crudo (kg/cm ) 2,29 A 1,28 B 0,450 Resistenza crudo (cm) 2,77 3,08 0,539 2 Durezza cotto (kg/cm ) 4,99 7,02 2,752 Resistenza cotto (cm) 1,82 1,72 0,302 Perdite cottura (%) 23,00 28,98 6,081 A, B = P ≤ 0,01; a,b = P ≤ 0,05 Tab. 3. Parametri fisici dell‟L.D. Tab. 3. L.D. physical parameters. b* 2 A, B = P ≤ 0,01; a,b = P ≤ 0,05 244 2.37. RISULTATI DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ NELL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE PER LA TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ DEL LAZIO (L.R. N. 15, 1 MARZO 2000) RESULTS OF TEN YEARS OF EXPERIENCE IN REGIONAL ACT AGROBIODIVERSITY PROTECTION IN LAZIO REGION ENFORCEMENT FOR Mariateresa COSTANZA, M. Immacolata BARBAGIOVANNI , Giorgio CASADEI, Salvatore DE ANGELIS, Franco PAOLETTI Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio - Servizio Tutela Risorse, Vigilanza e Qualità Produzioni, Via Lanciani, 38 - 00162 Roma, [email protected] Riassunto Da oltre dieci anni l‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL), a seguito dell‟approvazione della Legge Regionale n. 15/2000 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario”, è impegnata in un‟attività di censimento, conservazione e valorizzazione dell‟agrobiodiversità laziale a rischio di erosione. Le risorse genetiche vengono tutelate tramite l‟iscrizione al Registro Volontario Regionale e conservate in situ/on farm mediante la Rete di Conservazione e Sicurezza gestita da ARSIAL e costituita da agricoltori e allevatori che le mantengono sul territorio. L‟azione di tutela delle risorse genetiche autoctone animali e vegetali, avviata attraverso una prima fase di individuazione e caratterizzazione, tuttora in corso, è stata condotta coinvolgendo di volta in volta e in base alle specifiche competenze, enti di ricerca, università e associazioni presenti su tutto il territorio nazionale. Il presente lavoro intende dimostrare come tutta l‟attività svolta dall‟Agenzia abbia avuto un approccio integrale e sistemico riguardo la tutela della biodiversità di interesse agrario unendo alla tutela delle semplici risorse genetiche animali e vegetali la difesa del territorio, del paesaggio, della cultura locale e della diversità biologica del suolo. Parole chiave: conservazione in situ/on farm, autoctono, varietà locali, razze locali, agricoltori Abstract For over ten years, the Regional Agency for Development and Innovation of Agriculture in Lazio (ARSIAL) following the approval of the Regional Act N. 15/2000 “Protection of authochtonous genetic resources of agricultural interest” is engaged in an activity of census, conservation and valorisation of Lazio Region agrobiodiversity at risk of erosion. The protected genetic resources are enroled in the Regional Voluntary Register and manteined in situ/on farm by the farmers through the Conservation and Safety Network managed by ARSIAL. The action for the protection of authochtonous genetic resources animals and plants, started through a first stage of identification and characterization and on going involvement, was conducted from time to time and in accordance with the specific skills of research institutions, universities and associations of these throughout the country. The present work aims to demonstrate how all the work done by agency had a full and systematic approach regarding the protection of biodiversity of agricultural interest by combining the simple protection of genetic resources of animals and plants, defense of the territory, the landscape, the local culture and soil biologic diversity. 245 Keywords: conservation in situ/on farm, autochtonous, landraces, animal local breeds, farmers Introduzione Da oltre dieci anni, nell‟ambito delle politiche di sviluppo, promozione e salvaguardia degli agroecosistemi e delle produzioni di qualità, l‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL), a seguito dell‟approvazione della Legge Regionale 1 marzo 2000 n. 15 “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario”, è impegnata in un‟attività di censimento, conservazione e valorizzazione dell‟agrobiodiversità laziale a rischio di estinzione. In questi anni sono stati posti sotto tutela le risorse autoctone aventi i seguenti requisiti: originarie del Lazio o introdotte e integrate nell‟agroecosistema laziale da almeno 50 anni, di interesse agrario, minacciate da erosione genetica e che abbiano interesse economico, scientifico, ambientale e culturale. Materiali e metodi Per poter definire il livello di rischio di erosione genetica a cui ogni risorsa tutelata è soggetta, per i vegetali sono stati fissati alcuni parametri (presenza sul mercato, presenza nei listini dei vivaisti, numero di agricoltori, superficie interessata, tendenza alla realizzazione di nuovi impianti) che permettono di calcolare il relativo grado di rischio di erosione genetica (alto, medio, basso). Il grado di rischio di erosione attribuito a ciascuna risorsa genetica è determinato dalla somma dei valori e classificato come basso se ≤ 9, medio se compreso tra 10-13, alto se ≥ 14. (Tab. 1). Per gli animali si è fatto riferimento alla soglia minima definita dal Reg. CE 1974/2006 calcolato in base al numero di femmine riproduttrici al di sotto della quale una razza locale è considerata minacciata di abbandono (Tab. 2). Risorse genetiche vegetali arboree - L‟attività di censimento, caratterizzazione e tutela riguardante le risorse genetiche vegetali arboree, ha riguardato nello specifico la salvaguardia di varietà locali di fruttiferi, olivo e vite. A tal fine sono state attivate negli anni collaborazioni con il CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura e con il Dipartimento di Produzione Vegetale dell‟Università degli Studi della Tuscia, con il CRA Centro di Ricerca per l‟Olivicoltura e l‟Industria Olearia, con il CNR Istituto Genetica Vegetale di Perugia e con il CRA Centro di Ricerca per la Viticoltura. Le varietà locali censite sul territorio regionale sono state caratterizzate sotto il profilo morfo-fisiologico, organolettico e genetico. Per la caratterizzazione morfo-fisiologica sono stati utilizzati descrittori UPOV (International Union for the Protection of New Varieties of Plants) ed IPGRI (ex International Plant Genetic Resources Institute oggi BIOVERSITY INTERNATIONAL) per i fruttiferi, UPOV per l‟olivo e OIV (Organisation Internazionale de la Vigne et du Vin) per la vite. Il lavoro di recupero delle risorse genetiche autoctone arboree è stato affiancato, grazie alla collaborazione col CRA Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale, a quello di valutazione dello stato fitosanitario delle stesse al fine di individuare, attraverso saggi specifici, o ottenere, attraverso tecniche di risanamento, materiale di propagazione rispondente alle normative fitosanitarie nazionali e renderlo pertanto disponibile per gli agricoltori. Risorse genetiche vegetali erbacee - L‟attività di censimento, caratterizzazione e tutela riguardante le risorse genetiche vegetali erbacee è stata potenziata con il Programma Operativo Sementiero finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF) e svolto in collaborazione con l‟ex Ente Nazionale Sementi Elette oggi INRAN settore Sementiero. Sono state individuate circa 600 segnalazioni relative a circa 50 specie erbacee. Attraverso le segnalazioni sono state collezionate 347 accessioni di risorse genetiche 246 erbacee appartenenti a 30 specie e di queste ne sono state caratterizzate morfofisiologicamente circa 200. Col Dipartimento di Biologia Applicata dell‟Università di Perugia e con la Stazione Consorziale Sperimentale per la Granicoltura della Sicilia è in corso una collaborazione rispettivamente per l‟analisi genetica e l‟analisi d‟immagine su leguminose da granella. Risorse genetiche animali - L‟attività di tutela e valorizzazione riguardante le risorse genetiche animali è stata condotta in collaborazione con il Consorzio per la Sperimentazione, Disseminazione, Applicazione Biotecniche Innovative (ConsDabi) per quanto riguarda la caratterizzazione genetica delle nuove popolazioni animali censite da ARSIAL sul territorio laziale e con il CRA Centro di Ricerca per la Produzione delle Carni ed il Miglioramento Genetico per quanto riguarda lo studio e la valorizzazione delle produzioni lattiero-casearie di popolazioni ovicaprine autoctone. Biomonitoraggio dei suoli - L‟Agenzia, in base a quanto previsto dalla strategia tematica per la protezione del suolo emanata dall‟U.E. nel 2006, ha inoltre incluso tra le proprie attività anche il biomonitoraggio dei suoli del Lazio per verificarne la fertilità biologica e la diversità microbica. Lo studio della biodiversità del suolo è fondamentale per comprendere la potenzialità di un terreno agrario, i relativi parametri per la determinazione sono ad oggi tra i meno conosciuti e monitorati. I risultati di tale studio, partito nel 2005 e tuttora in corso, porteranno al conseguimento dei seguenti obiettivi: a) costituzione di una Banca Dati sul biomonitoraggio dei suoli della regione Lazio; b) implementazione della carta “base” della fertilità biologica del suolo; c) biomonitoraggio dei siti interessati da colture e varietà locali; d) identificazione di comunità microbiche e ceppi batterici del suolo caratteristici delle colture locali; e) isolamento e collezione ex situ di ceppi di microrganismi autoctoni “tipici”. Ricerca storico-antropologica - A completamento di tutto il lavoro svolto, attraverso approfondite ricerche storiche ed antropologiche sulle comunità rurali del Lazio, particolare attenzione è stata rivolta anche alla salvaguardia delle pratiche e dei saperi locali legati alla biodiversità. L‟attività è stata svolta in collaborazione con la Cattedra di Antropologia Culturale del Dipartimento di Psicologia dell‟Università degli Studi La Sapienza di Roma. Il progetto, avente come oggetto di studio il Capitale Sociale in agricoltura, attraverso l‟analisi dei sistemi locali di produzione agricola e delle conoscenze tradizionali, si pone come obiettivo la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione delle pratiche e dei saperi locali legati alla biodiversità. Il Progetto REVERSE - INTERRG IVC - Dal 2010 l‟Agenzia è impegnata nel progetto REVERSE “REgional exchanges and policy making for protecting and valorising biodiVERSity in Europe” di durata triennale ed afferente al Programma INTERREG IV C. I 14 partner coinvolti nel progetto appartenenti a 7 paesi europei (Italia, Francia, Spagna, Grecia, Germania, Slovacchia ed Estonia) sono rappresentativi di autorità regionali ed istituzioni pubbliche coinvolte a vario titolo in attività di tutela e conservazione della biodiversità naturale e coltivata. Il loro lavoro si svolge attraverso iniziative diverse e complementari quali conservazione insitu/onfarm ed ex situ in campi catalogo o banche del germoplasma, gestione di aree naturali, applicazione di strategie e strumenti legislativi per la conservazione della biodiversità nella pianificazione del territorio. L‟obiettivo del progetto è l‟identificazione e lo scambio di “Buone Pratiche” per la tutela della biodiversità, ossia di quelle azioni che possano essere facilmente trasferite a livello regionale sul territorio europeo. Uno dei risultati finali sarà la stesura della Guida delle Buone Pratiche che conterrà 47 casi studio presentati dai partner riguardanti esperienze connesse ai tre temi chiave del progetto: a) Biodiversità agricoltura ed alimentazione, b) Biodiversità e turismo, c) Biodiversità e pianificazione del territorio. 247 Conclusioni Nel decennio di applicazione della L.R. n. 15/2000 ad oggi sono state iscritte al Registro Volontario Regionale (RVR), istituito dalla predetta legge (Art. 2 ), 186 risorse genetiche vegetali di cui 138 arboree e 48 erbacee e 27 risorse genetiche animali di interesse zootecnico (Tab. 3). Di queste ultime, ARSIAL ha censito, caratterizzato e iscritto ai rispettivi Registri Anagrafici di razze a limitata diffusione gestiti dall‟Associazione Italiana Allevatori (AIA), dall‟Associazione Nazionale Pastorizia (AssoNAPa) e dall‟ Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS) 7 nuove razze: Cavallo Romano della Maremma Laziale, Asino Viterbese, Suino Apulo-Calabrese Nero del Reatino e Nero dei Monti Lepini, Capra Bianca Monticellana, Capra Grigia Ciociara, Capra Capestrina. In base alle acquisizioni del Registro Volontario Regionale vengono annualmente aggiornati gli elenchi delle risorse genetiche autoctone del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lazio relativi alle Azioni 214.8 e 214.9 delle Misure Agroambientali che prevedono la corresponsione di aiuti economici agli agricoltori ed allevatori secondo i seguenti importi: a) cereali 250 €/ha, b) ortive 500 €/ha, c) arboree 800 €/ha, d) singola pianta arborea 70 €/ha, fino ad un massimo di 5 piante a varietà, e) animali 200€/UBA . La conservazione delle risorse genetiche iscritte al Registro Volontario Regionale, oltre che ex situ in campi catalogo e banca del germoplasma, viene effettuata soprattutto on farm attraverso la “Rete di Conservazione e Sicurezza” (Art. 4) degli agricoltori ed allevatori che oggi conta circa n. 400 adesioni per le risorse vegetali e circa 550 per le risorse animali. Bibliografia COSTANZA M.T., BARBAGIOVANNI M.I., CIRIONI P., CARUSI M.V., 2006. Recupero, caratterizzazione e tutela del germoplasma vegetale autoctono del Lazio a rischio di erosione genetica. In: Atti del VII Convegno Nazionale Biodiversità “L‟agrobiodiversità per la qualificazione delle filiere produttive” Catania 30 marzo - 2 aprile 2005. Italus Hortus, 13(2). COSTANZA M.T., BARBAGIOVANNI M.I., DI MARCO A., BRANCALEONE M., 2006. Recupero, caratterizzazione e tutela del germoplasma animale autoctono del Lazio a rischio di erosione genetica. In: Atti del VII Convegno Nazionale Biodiversità “L‟agrobiodiversità per la qualificazione delle filiere produttive” Catania 30 marzo - 2 aprile 2005. Italus Hortus, 13(2). COSTANZA M.T., BARBAGIOVANNI M.I., NARDI P., PAOLETTI S., 2008. Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario del Lazio: quadro delle attività svolte da Arsial nell‟ ambito delle L.R. 1 marzo 2000, n. 15. In: Atti del VIII Convegno Nazionale Biodiversità “La Biodiversità - una risorsa per sistemi multifunzionali”. Lecce, 21-23 Aprile 2008. COSTANZA M.T., BARBAGIOVANNI M. I., TAVIANI P., PAOLETTI S., REA R, LELLI L., GARZIA J.H., PORFIRI O., NARDI P., TANCA M., 2012. On-farm conservation of plant genetic resources in Lazio Region - Italy. Implementation of the Regional Act 1st March 2000 n°15 . In: Atti del Convegno “Towards the establishment of genetic reserves for crop wild relative conservation and landraces in Europe”. Madeira 13-16 Settembre 2010. CRISTOFORI V., MONTANINI D., CAMMILLI C., RUGINI E., MULEO R., BARBAGIOVANNI M.I., COSTANZA M.T., GASBARRA S., BIGNAMI C., 2011. Investigations of agronomic traits in italian sweet cherry cultivars. In: Proc. XXVIIIth IHC. IIIrd IS on Plant Genetic Resources. Acta Horticulturae: 918: 759-764. 248 MULEO R., CRISTOFORI V., CAMMILLI C., KECHAGIAS K., BIGNAMI C., MIANO D., RUGINI E., BARBAGIOVANNI M.I., COSTANZA M.T., 2008. Tutela e conservazione del germoplasma laziale: primo passo verso il recupero delle tradizioni agroalimentari. 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Valutazione del grado di rischio di erosione per le risorse genetiche vegetali. Tab. 1. Evaluation of plant genetic resources erosion treath. PARAMETRO Presenza del A prodotto sul mercato Presenza nei B listini Vivaisti Sementieri C Numero Agricoltori Superfice (% su sup. D regionale interessata) E Trend nuovi Impianti DESCRIZIONE Mercati e/o cooperative di produttori. Settore: varietà principali in qualche DOC, DOP, IGP, IGT. Nicchia: disponibile in piccole superfici a livello locale. Segmento: varietà secondarie in qualche DOC, DOP, IGP, IGT. Disponibilità di qualche frutto per autoconsumo o a scopo di studio. Non disponibile. Fruttiferi inseriti nelle liste di orientamento varietale dei fruttiferi. Ortive e altre piante agrarie iscritte al Catalago Nazionale delle Varietà. Varietà di vite iscritte all' Albo Regionale delle uve da vino. Varietà di vite in corso di iscrizione all' Albo Regionale delle uve da vino. Materiale disponibile presso pochi riproduttori e vivaisti. Fruttiferi non inseriti nelle liste di orientamento varietale dei fruttiferi. Orticole e piante agrarie non iscritte al Catalago Nazionale delle Varietà. Varietà di vite non iscritte all' Albo Regionale delle uve da vino. Nessuna moltiplicazione/riproduzione per distribuzione extraziendale Maggiore di 100 Compreso fra 30 e 100 Minore di 30 Superficie> 5% 5%>Superficie>1% Superficie <1% Presenza di impianti/colture segnalate dall'attività di censimento Piante isolate o coltivazioni in orti e giardini familiari Presenza nuovi impianti Assenza nuovi impianti GRADO DI RISCHIO VALORE Basso 1 Medio 2 Alto 3 Basso 1 Medio 2 Alto 3 Basso Medio Alto Basso Medio 1 2 3 1 2 Alto 3 Basso Alto 1 3 Dalla somma dei valori relativi ai diversi parametri si ottiene il valore complessivo attribuibile alla risorsa genetica. La presenza di un solo parametro con valore 3 giustifica l’iscrizione della risorsa genetica autoctona al RVR. Tab. 2. Valutazione del grado di rischio di erosione per le risorse genetiche animali. Tab. 2. Evaluation of animal genetic resources erosion treath. Specie Soglia al di sotto della quale animali una razza locale è considerata ammissibili minacciata di abbandono* Bovini 7.500 Ovini 10.000 Caprini 10.000 Equidi 5.000 Suini 15.000 Volatili 25.000 * Numero calcolato nell‟insieme degli Stati Membri di femmine riproduttrici di una stessa razza che si riproducono in purezza, iscritte ad un registro/albo tenuto da un'organizzazione di allevatori riconosciuta dallo Stato Membro in conformità con la normativa zootecnica comunitaria. Reg. CE 1974/2006 250 Tab. 3. Risorse genetiche autoctone tutelate dalla Legge Regionale n. 15/2000 e iscritte al Registro Volontario Regionale. Tab. 3. Autochtonous genetic resources protected by the Regional Act n. 15/2000 and enroled in the Regional Voluntary Register. Albicocco (Prunus armeniaca L.) Azzeruolo (Crataegus azarolus L.) Castagno (Castanea sativa Mill.) Ciliegio (Prunus avium L.) Melo (Malus domestica Bork) Melograno (Punica granatum L.) Nocciolo (Corylus avellana L.) Olivo (Olea europea L.) Pero (Pyrus communis L.) Pesco (Prunus persica L.) Susino (Prunus insisitia L.) Uva da Tavola (Vitis vinifera L.) Visciolo (Prunus cerasus L.) Vite da vino (Vitis vinifera L.) Aglio (Allium sativum L.) Carciofo (Cynara scolymus L.) Cavolo Broccolo (Brassica oleracea L.) Cece (Cicer arietinum L.) Cicerchia (Lathyrus sativus L.) Cima di Rapa (Brassica rapa L. var. silvestris) Fagiolo (Phaseolun vulgaris L.) Fagiolo di Spagna (Phaseolus coccineus L.) Farro (Triticum turgidum L. ssp. dicoccum Schubler) Finocchio (Foeniculum vulgare Mill.) Fragola (Fragaria vesca L.) Lenticchia (Lens culinaris Med.) Mais (Zea Mays L.) Peperone (Capsicum annum L.) Pomodoro (Lycopersicum esculentum Mill.) Sedano (Apium graveolens L.) Trifoglio pratense (Trifolium pratense L.) Zucchino (Cucurbita pepo L.) Animali da cortile Asino (Equus asinus L.) Bovino (Bos taurus L.) Capra (Capra hircus L.) Cavallo (Equus caballus L.) Fauna ittica Pecora (Ovis aries L.) Suino (Sus domestica L.) RISORSE GENETICHE ARBOREE A. di Monteporzio, Santa Maria in Gradi A. Rosso Marrone Premutico Bella di Pistoia, Biancona, Buonora, Core, Crognolo, Graffione, Maggiolina, Morona, Ravenna a gambo corto, Ravenna a gambo lungo, Ravenna precoce, Ravenna tardiva, Petrocca, Lingua de Fori TOTALE 2 1 1 14 Agre di Sezze, Agre di Viterbo, Appia, Bebè, Calvilla, Capo d’asino, Cerina, Cipolla, Cocoine, Dolce di Sezze, Fragola, Francesca, Francesca di Castelliri, Gaetana, Limoncella, Maiolina, 'Mbriachella, Nana, 36 Paoluccia, Paradisa, Pianella, Pontella, Prata, Rosa, Rosa gentile, Rosa piatta ciociara, Rosetta, San Giovanni, Sant' Agostino, Spugnaccia, Sublacense, Tonnorella, Velletrana, Verdona, Verdonica, Zuccherina M.di Gaeta MG1, M. di Gaeta MG2, M. di Formia MG3, M. di Formia MG4. 4 Barrettona, Casamale, Rosa. 3 Marina, Minutella Casarè, Oliva dei Monti, Palmuta, Rappaiana, Romana, Roscetta Gagliarda, 13 Rosciola Nostrana, Rotonda di Tivoli, Salvia cl. Montelibretti 6, Sbuciasacchi, Sirole cl. Soratte 1, Vallanella Abitir, Angina, Baccelli, Barocca, Biancona, Bottiglia, Campana, Cannella, Castrese, Cocozzola, P. de 23 lu Prete, P. del Principe, P.di Posta, P.di Santa Cristina, Fegatella, Monteleone, Pero-melo, Rossa di Maenza, Sellecca, Spadona di Castel Madama, Spina, Trentonce, Tunnella Ala, Reginella I, Reginella II, Tardiva di San Vittorino 4 Coscia di Monaca di Ponzano Romano, S. di Gallinaro, Recinella, San Giovanni 4 Pellegrina, Pizzutello bianco b., Pizzutello nero 3 Nana dei Castelli 1 Iscritti al Registro Nazionale delle varietà di vite da vino: Abbuoto n., Aleatico n., Bombino bianco b., Bombino nero n., Cannaiola di Marta n., Capolongo b., Greco b., Greco bianco b., Greco nero n., Lecinaro n., Maturano b., Moscato di Terracina, Nero Buono n., Olivella nera n., Pampanaro b., 29 Passerina b., Pecorino b., Rosciola r., Verdello b. In fase di iscrizione al Registro Nazionale delle varietà di vite da vino: Albarosa, Angelica, Cesanese di Castelfranco, Maturano n., Nerone, Nostrano, Pedino, Romanesco, Uva dei vecchi, Uva Mecella RISORSE GENETICHE ERBACEE TOTALE A. Rosso di Castelliri, A. Rosso di Proceno 2 C. Campagnano, C. Castellammare 2 Cavolo Rapa di Atina, Chiaccheteglio, Pastardone 3 C. di Canepina 1 C. di Campodimele 1 Broccoletto di Castelliri, Broccoletto di Priverno, Rapa Catalogna di Roccasecca 3 F. a Pisello, Borbontino, Cannellino di Atina, Cannellino grigio di Piumarola, Cannellino rosso di Piumarola, Cappellette di Vallepietra, Chiarinelli, Ciavattone piccolo, Cioncone, Fagiolina Arsolana, F. 19 di Gradoli, Gentile di Labro, Giallo, Mughetto, Pallino di Vallepietra, Regina di Marano Equo, Romanesco di Vallepietra, Solfarino, Verdolino Ciavattone di Grisciano, Fagiolone di Vallepietra 2 F. dell'Alta Valle del Tronto, F. dell'Alta Valle del Turano e della Valle dell'Aniene 2 F. di Tarquinia 1 Fragolina di Nemi 1 L. di Onano, L. di Rascino, L. di Ventotene 3 Agostinella. 1 Cornetto di Pontecorvo 1 P.da secca di Minturno, Scatolone di Bolsena, Spagnoletta di Formia e Gaeta 3 Bianco di Sperlonga 1 Bolognino dell'Alto Viterbese 1 Z. di Cerveteri tipo Romanesco 1 RISORSE GENETICHE ANIMALI TOTALE Pollo Ancona (Gallus gallus L.) , 1 Coniglio Leprino di Viterbo (Oryctolagus cuniculus L.) 1 A. dell'Amiata, A. dei Monti Lepini, A. di Martina Franca, A. Ragusano, A. Viterbese 5 B. Maremmano 1 C. Capestrina, C. Bianca Monticellana, C. Fulva, C. Grigia Ciociara 4 C. Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido (TPR), C. del Cicolano, C. Lipizzano, C. Maremmano, C. 7 Romano della Maremma Laziale, C. Tolfetano, Pony di Esperia Gambero Nostrano di fiume (Austropotamobius pallipes L.) 1 Carpione del Fibreno (Salmo fibreni L.) 1 Trota Macrostigma (Salmo macrostigma L.) 1 P. Quadricorna, P. Sopravvissana 2 S. Apulo-Calabrese Nero del Reatino, S. Apulo-Calabrese Nero dei Monti Lepini, S. Casertano 3 251 2.38. RISULTATI DEL PROGRAMMA OPERATIVO SEMENTIERO DEL LAZIO IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE A TUTELA DELL’AGROBIODIVERSITÀ (L.R. N.15 1/03/2000) RESULTS OF “SEEDS OPERATIVE PROGRAMME OF LAZIO REGION” IN APPLICATION OF AGROBIODIVERSITY CONSERVATION REGIONAL ACT (N° 15, 1ST MARCH 2000) Mariateresa COSTANZA1, Pierfrancesco NARDI1, Stefano PAOLETTI1, Paola TAVIANI1, Roberto REA1, Lino LELLI1, Luciano MONTI1, Maurizio MARCHETTI1, Mario BRANCALEONE1, Massimo TANCA1, Romana BRAVI2, Elisabetta FRUSCIANTE2, Francesco SACCARDO3, Oriana PORFIRI3 1 Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio Via Rodolfo Lanciani 38 00162 Roma, [email protected] 2 Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Loc. Corno D‟Oro - Ss 18 km 77,700 - 84091 Battipaglia (SA), [email protected] 3 Direzione scientifica Programma Operativo Sementiero - Regione Lazio (3), [email protected] Riassunto La Regione Lazio, con l‟obiettivo di censire e caratterizzare nuove risorse genetiche autoctone vegetali erbacee, ha approvato il Programma Operativo Sementiero che, avviato nel 2007, si è concluso nel 2011. Tale Programma ha consentito l‟integrazione e il potenziamento della pregressa attività di censimento svolta dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL) in applicazione della Legge Regionale “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario” (L.R. n. 15/2000). Le azioni del Programma, sotto la guida della direzione scientifica di due esperti del settore, sono state svolte da ARSIAL in collaborazione con l‟ex-ENSE (oggi Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) ed hanno riguardato: il monitoraggio sul territorio regionale, la caratterizzazione morfo-fisiologica, l‟archiviazione dati e la conservazione del seme delle accessioni censite e catalogate. L‟esperienza maturata nel Lazio ha contribuito alla stesura delle “Linee guida redatte dal Gruppo Interdisciplinare Biodiversità Agricola (GIIBA) costituito dal MIPAAF per la realizzazione della prima fase A del Piano Nazionale Biodiversità Agricola (PNBA)” che rappresenta un valido strumento sia per rispondere alle normative europee e nazionali, che per sviluppare l‟attività di coordinamento fra le diverse Regioni nella programmazione di una caratterizzazione varietale comparata del germoplasma e nella conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche di interesse agrario. Parole chiave: varietà locali, caratterizzazione, conservazione in situ/on farm, database, agricoltori, sementi Abstract Lazio Region approved the “Seeds Operative Regional Programme - Lazio” (2007-2011) in order to collect and characterize the autochthonous herbaceous genetic resources of agricultural interest. The Programme increase the activity executed by the Regional Agency for the Development and Innovation of Agriculture in Lazio (ARSIAL) in application of Regional Act “Protection of autochthonous genetic resources of agricultural interest” (n°15, dated 1st March 2000). The Programme‟s actions, with scientific direction, were carried out 252 by ARSIAL in collaboration with Italian Official Body for Seeds Control (ENSE, nowadays INRAN) and concerned: regional monitoring, morpho-physologic characterization, data record catalogued, seeds collection and implementation of in situ/on farm conservation of autochthonous genetic resources threatened by genetic erosion. The collection of seeds and propagation material allowed to check the 600 signalling arrived in ARSIAL related to 50 herbaceous species; 347 accessions were collected and classified to 30 species and currently ARSIAL ex situ conservation is based on 315 seed accessions, maintained at -20°C and 32 plant material accessions maintained in collection fields. Local knowledge linked to biodiversity, us practices and conservation strategies realized by each farmer, were registered with agronomical data and geographical location (GPS). In 2007-2011 years, 206 accessions of 23 species (17 vegetables, 4 cereals and 2 grass crops) were characterized in situ or ex situ experimental trials fields using morpho-physiologic UPOV-CPVO descriptors. Characterization‟s results permitted the registration of new 17 herbaceous landraces in the “Regional Voluntary Register” (RVR) provided for Lazio Regional Act 15/2000; currently there are 48 autochthonous herbaceous genetic resources registered in the RVR and they are coming from different district: Frosinone (9), Latina (7), Rieti (8), Roma (12) and Viterbo (12). In the future another 20 landraces will be register; sensory characterization of the samples of tomato‟s and pepper accessions were carried out in 2010 and 2011. Molecular characterization and an image analysis system are carried out to identify Lazio lentils landraces. In order to understand the complex system of on farm landraces conservation, ARSIAL started an anthropology investigation about traditional knowledge and social capital in agriculture. The guidelines defined by Italian Agricultural Biodiversity Interdisciplinary Group (GlBA), constituted by Ministry for Agriculture, Food and Forestry, to create the first step of the Italian National Plane Agriculture Biodiversity (PNBA) represent a helpful and valuable management tool to answer European and National seed regulation, and to develop, among Italian Regions, a coordinated activities for planning a compared characterization of landraces and an in situ/on farm conservation of genetic resources of agricultural interest. Keywords: landraces, characterization, in situ/on farm conservation, database, farmers, seeds Introduzione La Regione Lazio, con l‟obiettivo di censire e caratterizzare nuove risorse genetiche autoctone vegetali erbacee, ha approvato il Programma Operativo Sementiero che, avviato nel 2007, si è concluso nel 2011. Tale Programma ha consentito l‟integrazione e il potenziamento dell‟attività di censimento svolta dall‟Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l‟Innovazione dell‟Agricoltura del Lazio (ARSIAL) in applicazione della Legge Regionale “Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario” (L.R. n. 15/2000) al fine di conservare le varietà locali attraverso l‟iscrizione al Registro Volontario Regionale (RVR) e implementando la loro conservazione (sia ex situ che in situ/on farm) per renderle disponibili agli agricoltori attraverso la Rete di Conservazione e Sicurezza (Rete). Le attività del Programma, svolte sotto il coordinamento della Direzione Regionale Agricoltura, sono state realizzate da ARSIAL, in collaborazione con l‟ex-ENSE (oggi INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) e con la direzione scientifica del Programma affidata a qualificati esperti del settore. Le azioni del Programma hanno riguardato: il monitoraggio e il censimento sul territorio regionale, la caratterizzazione morfo-fisiologica, l‟archiviazione dati e la conservazione del seme delle accessioni censite e catalogate. 253 Materiali e metodi La pregressa attività di censimento di risorse genetiche autoctone erbacee è stata implementata al fine di verificare sia la permanenza in coltivazione di varietà locali già individuate da ARSIAL ampliando la collezione con l‟acquisizione di nuovi lotti di seme, sia le numerose segnalazioni relative a nuove varietà. Sono state raccolte informazioni sulla loro storia e rilevati gli areali di conservazione in situ/on farm. Per ogni sito di conservazione sono stati registrati i dati agronomici e la localizzazione geografica, rilevata anche a mezzo di GPS. I saperi legati alla coltivazione, come le pratiche e le strategie di conservazione messe in atto da ogni agricoltore, sono stati annotati utilizzando una specifica scheda sui “saper fare tradizionali” relativa alle risorse erbacee (ARSIAL, 2011). Inoltre per favorire la conoscenza del RVR e della Rete, strumenti di tutela delle varietà locali, istituiti dalla L.R. n.15/2000 (Costanza et al., 2012), sono stati organizzati incontri e giornate divulgative presso le comunità locali attivando relazioni dirette tra agricoltori ed in particolare tra quelli storici, spesso anziani, e quelli giovani. Relativamente alla ricerca storica, oltre all‟acquisizione di documentazione (bibliografia di storia locale, estratti degli archivi comunali, immagini e fotografie, ecc.) finalizzata a comprovare l‟autoctonia delle risorse genetiche individuate sul territorio, sono state effettuate interviste ad agricoltori storici o a dei testimoni chiave dei saperi legati ad una o più risorse. Per le specie erbacee a propagazione vegetativa il materiale riproduttivo di ogni risorsa è stato prelevato e viene conservato in campi catalogo ex situ presso le Aziende Dimostrative ARSIAL (Alvito, Cerveteri e Tarquinia), mentre per le sementi collezionate, parte dei lotti di seme è stata destinata alle prove di caratterizzazione e parte è crioconservata presso la banca del seme presente in ARSIAL. Per ogni campione di seme sono state effettuate le seguenti operazioni e valutazioni: pulizia del materiale, catalogazione, identificazione con codice, peso del lotto, peso 1000 semi, verifica e classificazione di duplicati dei lotti /annata di prelievo. Per la caratterizzazione morfo-fisiologica delle accessioni collezionate sono stati scelti i descrittori morfologici relativi ai protocolli internazionali CPVO/UPOV, in alcuni casi integrati, e i dati rilevati sono stati rappresentati con una scheda descrittiva per ogni varietà locale identificata (Bravi et al., 2011). Le prove di campo sono state effettuate in situ o ex situ; in alcuni casi le prove sono state condotte in situ/on farm, presso l‟azienda coltivatrice di una delle accessioni in analisi oppure ex situ presso le Aziende Dimostrative ARSIAL di Alvito (FR), di Cerveteri (RM) e di Tarquinia (VT), presso i campi sperimentali dell‟ENSE, a Battipaglia (SA), presso il Centro Appenninico “C. Jucci” dell‟Università degli Studi di Perugia e presso altri campi anche fuori regione. In ogni prova, organizzata per specie, sono state messe a confronto le accessioni delle diverse varietà collezionate con varietà commerciali simili per caratteri morfologici o per areale di coltivazione. Le prove di durata annuale sono state condotte con parcelle replicate, ciascuna di almeno 30 piante spaziate. Risultati Il territorio regionale, classificato come regione biogeografica mediterranea, è stato suddiviso in diverse aree affidate al controllo dei tecnici ARSIAL per la verifica delle 600 segnalazioni. Le visite presso le comunità di agricoltori hanno fatto emergere una moltitudine di piccole aziende, spesso costituite soprattutto da anziani o appassionati del territorio, presenti in zone di montagna o con sistemi di agricoltura familiare. La Fig. 1 riporta, sulla mappa geografica della regione Lazio, i siti dove sono state localizzate e collezionate 347 risorse genetiche erbacee appartenenti a 30 specie (22 orticole, 6 cerealicole e 2 foraggere), di cui 190 sono accessioni delle 48 varietà locali già iscritte al RVR (rappresentate con cerchi gialli di dimensioni variabili in relazione al numero e diffusione delle accessioni reperite in ogni 254 comune) e 157 (punti, triangoli e asterischi indicano la presenza di una o più risorse in uno stesso comune) sono accessioni appartenenti a 28 specie (Fig. 2) in corso di caratterizzazione o da caratterizzare. La diffusione sul territorio regionale dei siti di collezione delle erbacee mostra una relazione con ambienti non costieri, vicino a massicci montuosi e lontano dall‟area metropolitana di Roma, in particolare sembrano concentrarsi nelle zone più periferiche della regione, ma non necessariamente lontane dalle principali vie di comunicazione. Le specie di fagiolo, mais e pomodoro sono le maggiormente rappresentate (Fig. 2), infatti è molto frequente che il seme delle varietà locali si sia conservato in sistemi agricoli di piccola scala come gli orti familiari dove il mais è coltivato in consociazione con le altre orticole. Alcuni dei nomi delle risorse censite e non ancora caratterizzate sono di seguito riportati: aglio bianco di Montefiascone (VT), aglio di Grotte Santo Stefano (VT), broccolo nero di Sora (FR), cannellino con la mosca (FR), cannellino di S. Oliva (FR), cece del Solco dritto di Valentano (VT), cece di Orte (VT), cicerchia di Civita Castellana (VT), cipolla di Roccasecca (FR), fagiolo all'occhietto di Montefiascone (VT), fagiolo bottoncino bianco (FR), fagiolo bottoncino di Terelle (FR), fagiolo di Cinelli (FR), fagiolino “fascirieglie” (FR), fagiolo cerino (FR), fagiolo di San Pietro (FR), fagiolo di S.Anna (VT), fragola di S. Francesco (VT), lattuga “signorinella” (LT), lattuga di Orte (VT), ravizzone di Grotte S. Stefano (VT), scarola roscia (FR), sorgo da saggina (VT), insalata piccola (FR), scarola bianca (FR). Inoltre è stata collezionata una accesione di frumento duro dell‟antica varietà “Cappelli” presso un‟azienda di Veroli (FR) che continua a coltivarlo in piccole superfici a scopo ornamentale. La conservazione ex situ messa in atto da ARSIAL, ad oggi, è costituita da 315 accessioni di seme conservati a -20°C e da 32 accessioni a propagazione vegetativa (aglio, carciofo e fragola) mantenute nei campi catalogo. Dal 2007 al 2011, sono state caratterizzate 206 accessioni appartenenti a 23 specie; in alcuni casi si è trattato di una conferma delle risorse genetiche autoctone già iscritte al RVR, in altri casi ha riguardato varietà locali non ancora riconosciute come riportato nella Tab. 1. I primi risultati della caratterizzazione hanno permesso l‟iscrizione al RVR di 17 nuove varietà locali erbacee, portando a 48 le risorse genetiche autoctone erbacee del Lazio tutelate dalla L.R. n. 15/2000 appartenenti alle seguenti 18 specie: Phaseolus vulgaris L. (19), Lens culinaris Med. (3), Lycopersicum esculentum Mill. (3), Brassica rapa L. var. silvestris (3), Brassica oleracea L. (3), Triticum turgidum L. ssp. dicoccum Schubler (2), Cynara scolymus L. (2), Allium sativum L. (2), Phaseolus coccineus L. (2), Apium graveolens L. (1), Cucurbita pepo L. (1), Foenicum vulgare Mill. (1), Zea mays L. (1), Capsicum annum L. (1), Cicer arietinum L. (1), Fragaria vesca L. (1), Lathyrus sativus L. (1), Trifolium pratense L. (1). La Tab. 2 riporta l‟elenco delle 48 varietà locali iscritte al RVR e inserite nel PSR Lazio 20072013, per ognuna di esse è stato definito l‟areale di conservazione in situ ed è stato stimato il grado di rischio di erosione genetica secondo la metodologia messa a punto per le risorse genetiche vegetali del Lazio (Porfiri et al., 2009). In ogni provincia sono state riscontrate varietà locali autoctone e adattate a quell‟agro-ecosistema. Anche per le specie delle quali si ritrovano ancora numerose varietà locali, quali le leguminose da granella, si riscontra una elevata variabilità di adattamento ambientale. Ad esempio le 3 varietà locali laziali di lenticchia sono adattate ad ambienti completamente diversi: la Lenticchia di Onano coltivata in collina su terreno vulcanico, la Lenticchia di Rascino coltivata sulla omonima piana a 1300 m s.l.m. e la Lenticchia di Ventotene coltivata in ambiente costiero, al livello del mare. È grazie all‟attività di agricoltori e di comunità che hanno continuato a coltivare in diversi e molteplici contesti agricoli queste varietà locali, che oggi è possibile ancora avere la disponibilità di queste risorse. 255 Nella Tab. 2 è riportata, per ogni risorsa erbacea del RVR, la sua conservazione on farm con indicato il numero di siti visitati e di collezione (in totale 190), il numero di adesioni alla Rete (totale 157) e di adesioni all‟Azione 214.9 del PSR 2007-2013 del Lazio che prevede un sostegno finanziario a chi si impegna a coltivare la varietà locale nell‟ambiente di autoctonia (conservazione in situ/on farm). Le adesioni alla Rete in numero di siti di conservazione in situ per provincia mostrano una diversa risposta del territorio: Frosinone (53), Latina (25), Rieti (40), Roma (1) e Viterbo (38). Ciò si spiega considerando alcuni fattori: in primo luogo la recente iscrizione al RVR di 14 varietà locali, per le quali si prevedono nuove adesioni alla Rete in funzione della partecipazione all‟annualità 2012 del PSR; in secondo luogo la diversa dimensione aziendale dei detentori delle risorse. In provincia di Viterbo, infatti, le aziende, anche a gestione familiare, sono di dimensioni maggiori rispetto, ad esempio, agli orti familiari della Valle dell‟Aniene dove sono coltivate numerose varietà locali della provincia di Roma e che rappresentano un modello di rete ecologica tra le alte quote dei Monti Simbruini e il fondo valle del fiume Aniene (Alimonti et al., 2006), e i cui detentori non sono di certo attratti da aiuti basati unicamente sull‟estensione della superficie coltivata. In terzo luogo il disinteresse all‟adesione alla Rete è dovuto all‟avanzata età degli agricoltori. Sono in fase d‟iscrizione al RVR altre 20 varietà locali, per alcune di queste appartenenti al pomodoro è stata effettuata un‟analisi sensoriale su bacche raccolte dal campo di caratterizzazione morfo-fisiologica, ed effettuate dal Laboratorio di Analisi Merceologiche e Territoriali (Lamet dell‟Università degli Studi di Cassino, Rea et al., 2012). Inoltre è stata avviata una caratterizzazione con marcatori molecolari e analisi d‟immagine su accessioni di lenticchia del Lazio in collaborazione rispettivamente con il Dipartimento di Biologia Applicata dell‟Università degli Studi di Perugia e con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia per la realizzazione di un sistema esperto, LensInspector, per il riconoscimento di semi di diverse varietà (Torricelli et al., 2011). I descrittori messi a punto per ogni specie erbacea e l‟esperienza maturata nel Lazio hanno contribuito alla stesura delle “Linee guida redatte dal Gruppo Interdisciplinare Biodiversità Agricola (GIIBA) costituito dal MIPAAF per la realizzazione della prima fase A del Piano Nazionale Biodiversità Agricola”. Tali “Linee guida” (approvate il 10 maggio 2012 dalla Conferenza Permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano) rappresentano un valido strumento nella gestione delle risorse genetiche di interesse agrario, dando le indicazioni operative per tutte le fasi di lavoro, dalla identificazione sul territorio, alla caratterizzazione fino alla definizione delle strategie di conservazione, al fine di rispondere alle normative europee e nazionali, in un‟ottica di coordinamento fra le diverse regioni e province autonome. Conclusioni Le attività svolte dalla Regione Lazio nel decennio di attuazione della LR n. 15/2000 e integrate con quanto previsto dal Piano Sementiero regionale qui illustrato sono un valido esempio di tutela e conservazione delle risorse genetiche di interesse agrario che, partendo dall‟indagine sul territorio, attraverso la collezione e la caratterizzazione, arriva alla conservazione ex-situ e in situ/on farm, attraverso iniziative di valorizzazione sul territorio, che coinvolgono non solo l‟ambito agricolo, ma anche quello sociale, storico e culturale del territorio stesso. Ringraziamenti Elvira Cacciotti (SIT, ARSIAL), Monia Gabriele e Carlo Eramo (ASD, Alvito ARSIAL). 256 Bibliografia ALIMONTI M., SCARASCIA MUGNOZZA G., BERARDI M.A. E LAUTERI M., 2006. Produzioni di Nicchia in Val d'Aniene e Sviluppo Sostenibile del Territorio. Considerazioni di ecologia del paesaggio e caratterizzazione fisiologica di cultivar di fagiolo. Linea Ecologica EM: 10-23. ARSIAL, 2011. Capitale sociale in agricoltura: sistemi locali di produzione agricola e conoscenze tradizionali. In: Agrobiodiversità, una ricchezza da non perdere. Minerva, 304 (luglio-agosto): 20. BRAVI R., FRUSCIANTE E., OLIVIERO A. M., 2011. La caratterizzazione morfofisiologica delle varietà locali di specie erbacee della regione Lazio Programa Operativo Sementiero (2007-2011). In: Convegno “La biodiversità agricola del Lazio custodita dalle comunità locali e tutelata dalla LR n.15/2000” ARSIAL, 17 e 18 novembre 2011, Grottaferrata (RM). Poster. COSTANZA M.T., BARBAGIOVANNI MIRACOLO I., TAVIANI P., PAOLETTI S., REA R., LELLI L., GARZIA J.H., PORFIRI O., NARDI P. AND TANCA M., 2012. On farm conservation of plant genetic resources in Lazio Region, Italy. Implementation of the Regional Act 1st March 2000 N° 15”. In: MAXTED N., DULLOO E. M., FORD-LLOYD B. V., FRESE L., IRIONDO J. AND PINHEIRO DE CARVALHO M.A.A. (eds.). Agrobiodiversity conservation: securing the diversity of crop wild relatives and landraces. CABI:161-172. PORFIRI O., COSTANZA M., AND NEGRI V., 2009. Inventories in Italy and the Lazio Region Case Study. In: VETELÄINEN M., NEGRI V., MAXTED N. (eds.). European landraces: on-farm conservation management and use. Bioversity International, Rome. Bioversity Technical Bulletin, 15: 77-123. REA R., PAOLETTI S., TAVIANI P., LECCE M., FRUSCIANTE E., 2012. Tomato landraces collected in Lazio: morphological characteristics and sensory quality. In: SOLIBAM 1st Stakeholder congress, April 19th and 20th, 2012, Grottaferrata (Italy). TORRICELLI R., SILVERI D.D., FERRADINI N., VENORA G., VERONESI F., RUSSI L., 2012. Characterization of the lentil landrace Santo Stefano di Sessanio from Abruzzo, Italy. Genetic Resources and Crop Evolution, 59 (2): 261-276. 257 Tab. 1. Elenco delle 23 specie con indicato il numero di varietà locali caratterizzate. Tab. 1. List of 23 species with number of landraces characterized. Specie Numero varietà locali Specie Numero varietà locali Aglio 2 (RVR) Fagiolo comune 27 (11 tipologia Borlotto e 4 tipologia Peperone Cannellino) Specie Numero varietà locali 3 (1 RVR) Carciofo 2 (RVR) Fagiolo di 1 (RVR) Spagna Carota Cavolo broccolo 1 Farro 4 (2 RVR) 11 (4 tipologia bacca gialla di cui 1 RVR, 7 Pomodoro bacca rossa con diverse dimensioni di cui 2 RVR) Sedano 1 (RVR) 3 (RVR) Finocchio 1 (RVR) Segale 1 Trifoglio pratense 1 (RVR) Zucca 3 Zucchino 4 (1 RVR) Cece Cicerchia Cima di rapa Erba medica 2 (1 Fragola 1 (RVR) RVR) 3 (1 Frumento 3 RVR) tenero 5 (3 Lenticchia 5 (3 RVR) RVR) 1 (RVR) e 11 Mais 3 popolazioni 258 Tab. 2. Risorse genetiche autoctone erbacee iscritte al RVR del Lazio, conservazione in situ e on farm (dati aggiornati a marzo 2012). Tab. 2. Autochthonous genetic resources registered in RVR of Lazio, in situ and on farm conservation (dated on March 2012). COLTURA FAGIOLO Varietà locale Fagiolo a Pisello Fagiolina Arsolana Fagiolo Cioncone Fagiolo Regina di Marano Equo Fagiolo Cappellette di Vallepietra Fagiolo Romanesco di Vallepietra Pallino di Vallepietra Fagiolo Ciavattone piccolo Fagiolo di Gradoli o del Purgatorio Fagiolo Giallo Fagiolo Solfarino Fagiolo Verdolino LENTICCHIA 6 2 4 Adesioni alla Rete (in situ / on farm) Adesioni PSR 20072013 12 1 Grado di erosione genetica Areale di conservazione in situ, Comune / Provincia Alto Alto Alto Colle di Tora (RI) 3 Medio 3 Alto 5 Alto 4 2 2 7 9 1 2 3 1 1 3 1 1 2 Alto Alto Alto 19 31 2 Basso Fagiolo Borbontino Cannellino rosso di Piumarola* Cannellino grigio di Piumarola* Fagiolo Gentile di Labro* Fagiolo Mughetto* Fagiolo Chiarinelli* 5 8 4 Medio Medio 5 2 Medio 3 1 1 Medio Medio Medio Fagiolone di Vallepietra 5 Alto Ciavattone di Grisciano* Lenticchia di Onano 1 3 7 15 20 Medio 3 Medio Cannellino di Atina FAGIOLO DI SPAGNA N° siti di conservazione n farm Lenticchia di Rascino 1 4 1 Arsoli, Marano Equo, Vivaro Romano, Riofreddo, Vallinfreda e Vallepietra (RM) Alto Alto Medio Medio Medio Provincia di Viterbo Atina, Casalattico, Casalvieri, Gallinaro, Picinisco e Villa Latina (FR) Borbona (RI) Villa Santa Lucia e Piedimonte San Germano (FR) Labro (RI) Accumoli (RI) Arsoli, Marano Equo, Vivaro Romano, Riofreddo, Vallinfreda e Vallepietra (RM) Accumoli (RI ) Onano (VT) Fiamignano e Petrella SAlto (RI) Ventotene (LT) Lenticchia di Ventotene 2 CECE Cece di Canepina 1 Alto Canepina (VT) CICERCHIA Cicerchia di Campodimele* 2 Medio FRAGOLA Fragolina di Nemi 2 Campodimele (LT) Nemi e Comuni limitrofi (RM) Pomodoro Scatolone di Bolsena 4 Pomodoro Spagnoletta di Formia e Gaeta 4 Pomodoro da secca di Minturno 3 Peperone Cornetto di Pontecorvo 7 POMODORO PEPERONE 1 Alto Alto 2 Medio Alto 4 259 Basso Bolsena (VT) Itri, Gaeta, Formia, Minturno, Castelforte, Spigno Saturnia, SS Cosma e Damiano (LT) Minturno, Formia e Castelforte (LT) Pontecorvo, Esperia, S. Giorgio a Liri, Pignataro Interamna, Villa S. Lucia, Piedimonte S. Germano, Aquino, Castrocielo, Roccasecca, San Giovanni Incarico (FR) SEDANO Zucchino di Cerveteri tipo Romanesco Sedano Bianco di Sperlonga FINOCCHIO Finocchio di Tarquinia 3 Alto Carciofo di Campagnano 1 Medio Carciofo di Castellamare 1 Medio Rapa Catalogna di Roccasecca* 7 Broccoletto di Castelliri* Broccoletto di Priverno* 1 1 Cavolo Rapa di Atina* 1 Pastardone* 2 Alto Chiaccheteglio* 1 Alto ZUCCHINO 1 5 21 Alto Cerveteri (RM) Basso Alto Fondi e Sperlonga (LT) Tarquinia, Monte Romano, Montalto di Castro e Tuscania (VT), Allumiere e Civitavecchia (RM) Provincia di Roma, di Viterrbo e di Latina Provincia di Roma, di Viterrbo e di Latina Roccasecca, Pontecorvo, Castrocielo, San Giovanni in Carico, Col felice, Rocca d‟Arce, Colle S. Magno (FR). Castelliri (FR) Priverno (LT) Comuni della Val di Comino (FR) Atina e Villa Latina (FR) Priverno (LT) Castelliria e Isola Liri (FR) Proceno (VT) Cinto Romano, Riofreddo, Vallinfreda e Vivaro (RM) Leonessa e Amatrice (RI) Vallepietra (RI) Medio Provincia di Viterbo CARCIOFO CIMA DI RAPA CAVOLO BROCCOLO AGLIO 2 Medio Alto Alto 1 Alto Aglio Rosso di Castelliri 10 8 Aglio Rosso di Proceno 9 12 2 Medio Medio Farro della Valle dell‟Aniene 2 9 7 Medio FARRO MAIS TRIFOGLIO PRATENSE Farro dell‟Alta Valle del Tronto Mais Agostinella Trifoglio Bolognino dell‟Alto Viterbese* 6 5 1 1 * Risorse genetiche autoctone recentemente iscritte al RVR (Commissione Tecnico Scientifica del 12/10/2011). 260 Fig. 1. Mappa della regione Lazio dove sono indicati i siti del censimento delle risorse erbacee: 347 accessioni collezionate (190 iscritte RVR e 157 in caratterizzazione). Fig. 1. Lazio region map where herbaceous census sites are signed: 347 accessions collected (190 are registered in RVR and 157 are in characterization). Fig. 2. Accessioni collezionate (157) in fase di caratterizzazione o da caratterizzare divise per specie. Fig. 2. Accessions collected (157) on characterization or to characterize, grouped in species. 261 2.39. “LENTICCHIA DI SOLETO”: STORIA LOCALE DI UN LEGUME MINORE “LENTIL OF SOLETO”: LOCAL HISTORY OF A MINOR LEGUME Rita ACCOGLI1, Gino DI MITRI2, Silvano MARCHIORI1 1 Orto Botanico del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali (Di.S.Te.B.A.) - Università del Salento, Via Prov. le Lecce-Monteroni, Campus Ecotekne, 73100 Lecce 2 Via Umberto I, 73010 Soleto (LE) *Autore corrispondente: [email protected] Riassunto Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una rivalutazione dei prodotti tipici locali che, unitamente alla salvaguardia della biodiversità, hanno portato ad una maggiore sensibilizzazione verso il recupero di materiale genetico in via di estinzione. L‟Orto Botanico del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, è stato, nel Salento, una delle prime Istituzioni ad attivare programmi di recupero e di conservazione della biodiversità agraria, con indagini territoriali che hanno messo alla luce tradizioni e tecniche colturali che legavano l‟arte contadina all‟arte culinaria. Tra le leguminose da granella, è stata rilevata una leguminosa che viene coltivata nel comune di Soleto, dove viene denominata "lenticchia sulitana". Per meglio classificare tale leguminosa, è stata realizzata una piccola parcella colturale nel campo agrario dell‟Orto Botanico. I contadini custodi hanno fornito informazioni sulle tecniche colturali e sulla resa del prodotto. In realtà, non è una lenticchia ma una veccia, che solo pochi contadini continuano a coltivare per un uso familiare, anzi personale, perché particolarmente legati alla sua bontà. Parole chiave: biodiversità agraria, ecotipi, lenticchia, Salento Abstract Recent years have seen a local products reassessment, together with the biodiversity preservation, have led to greater awareness towards the recovery of endangered genetic material. In the Biological, Environmental and Technology Sciences Department, the Botanic Garden, was, in Salento, one of the first institutions to enable recovery conservation programs and agricultural biodiversity, with land surveys that have given birth to cultural practices and traditions that bound the rural art and culinary art. Among the pulses, was found a legume that is grown in Soleto land, which is called "Lentil sulitana". To better classify this legume, was conducted in a small plot crop agriculture in the Botanical Garden. Farmers guardians provided information on cultivation techniques and yield of the product. In reality, it isn‟t a lentil, but a vetch, and few farmers continue to cultivate for family use, indeed personal, as particularly related to his goodness. Keywords: agrarian biodiversity, land races, lentil, Salento Introduzione Si può affermare che l‟Orto Botanico è stato, nel Salento, una delle prime Istituzioni ad attivare programmi di recupero e di conservazione della biodiversità agraria, secondo una metodologia che mirava non solo all‟individuazione della varietà locale, ma anche alla conoscenza del contesto sociale che l‟ha preservata dall‟estinzione. In tal modo, le indagini 262 territoriali hanno messo alla luce usanze e tecniche colturali legate a tradizioni religiose, a saperi mai trascritti ma tramandati da padre in figlio, a sensazioni evocate dal sapore o dal profumo della varietà in questione, quindi, alle pietanze di un tempo, che legavano l‟arte contadina all‟arte culinaria (Accogli e Marchiori, 2009). In questo tentativo di riscoperta e di recupero, il valore d‟uso della biodiversità agraria locale si esprime in tutta la sua elevatezza, giacché propone varietà ben adattate alle esigenze pedoclimatiche del Salento, coltivabili con tecniche colturali a bassi input, rispettose dell‟ambiente; inoltre, il territorio viene ad essere connotato dalla tipicità dei suoi prodotti, dando la possibilità anche agli agriturismi ed al settore gastronomico di coordinarsi e di svilupparsi (Accogli et al., 2010 ). Il Salento agroalimentare si caratterizza, allo stesso modo dei quasi cento comuni che lo compongono, come un mosaico di specificità locali, un sistema di articolazioni identitarie che portano ciascuna comunità a distinguersi (anche da quella più vicina) per dialetto, tradizioni religiose e abitudini alimentari. In quest'ultimo caso, non si tratta solo di pietanze diversamente preparate, ma di un uso di varietà colturali che sono alla base dell‟alimentazione di un luogo piuttosto che di un altro, anche se le distanze sono solo di pochi chilometri. Questo fenomeno, da sempre indagato da discipline come l‟antropologia culturale e l‟etnologia, spiega come, ad esempio, solo a Corigliano d‟Otranto ed in nessun altro comune della provincia di Lecce c‟è l‟usanza di coltivare il topinambur (Helianthus tuberosus L.) ed il corinoli comune (Smyrnium olusatrum L.), localmente chiamato “svernì” o macerone. In questo sistema di tradizionale consumo delle piante spontanee che hanno subìto processi di domesticazione, si inserisce una specie erbacea, appartenente alla famiglia delle leguminose, ancora coltivata da qualche contadino del comune di Soleto. Volgarmente, tale leguminosa viene appellata in diversi modi: “lenticchia paesana”, “lenticchia sulitana”, “lenticchia de Sulito” e, in griko (idioma alloglotto locale), “facì” (cfr il neogreco “fakì”); ha un sapore dolce e delicato ma, soprattutto, tempi di cottura molto brevi (non più di 20 minuti in pentola a pressione). Gli agricoltori di Soleto della loro “lenticchia” vantano le maggiori dimensioni dei semi, oltre che un numero più elevato di essi nel baccello e la maggiore gustosità alimentare. Le tecniche colturali usuali, la inquadrano tra i legumi a semina autunnale, che necessita di un terreno sciolto e ricco di potassio. La raccolta del prodotto, può essere effettuata con una normale trebbiatrice. L‟epoca utile per la semina va da metà novembre a fine dicembre. La coltura non necessita di assistenza idrica ed arriva in produzione a fine maggio, primi di giugno. Recentemente, proprio per le peculiari caratteristiche presentate, la sua coltivazione è stata intrapresa da diversi agricoltori di Soleto (Di Mitri, 2005). Materiali e metodi Prospezioni territoriali - Il primo reperimento del germoplasma di questo legume risale alla fine degli anni '80, quando, nel corso di indagini su abitudini alimentari e produzioni alimentari del territorio della Grecìa Salentina, un contadino fece vedere una semente che richiamava, appunto, quella della lenticchia. Nel corso degli anni, sono stati conosciuti altri agricoltori che detengono questo legume e lo producono di anno in anno, senza però immetterlo sul mercato. Inquadramento tassonomico. Un piccolo quantitativo di granella è stato sottoposto a coltivazione, presso l‟Orto Botanico dell‟Università del Salento, al fine di individuare i caratteri botanici necessari alla determinazione della specie. Coltivazione - Contemporaneamente, presso l'azienda agricola “Masseria La Torre” di Maglie (LE), è stato realizzato un campo catalogo di circa 8 are per la sua coltivazione (Foto 1), adottando il seguente protocollo: lavorazione profonda e concimazione organica del terreno in 263 pre-impianto; semina a postarelle (5-7 semi per ognuna) su filari distanziati di 40 cm; concimazione in copertura con concimi azotati. Sono stati seminati 4 Kg di granella. Risultati Coltivazioni significative di questo legume per l‟agro di Soleto, sono state registrate in “Contrada Fontanelle”; altri comuni dove è stato rinvenuto in coltivazione sono: Caprarica di Lecce, presso “Masseria Stali” e Cutrofiano, presso l‟azienda agricola “Piccapane” (Graf. 1). Le piante in coltivazione presso l‟Orto Botanico del DiSTeBA, hanno permesso l‟inquadramento tassonomico della leguminosa nel genere Vicia e la sua determinazione come Vicia articulata Hornem., comunemente nota col nome di "veccia raggiante" (Pignatti, 1982). Rientra nel gruppo di Vicia cracca L. e si presenta con piante glabre, alte da 30 a 60 cm, con foglie di 5-6 cm a 12-14 segmenti lineari-spatolati e terminanti in uno o tre cirri prensili (foto 2). Le stipole sono diseguali, una lineare e intera, l‟altra semicircolare e con lacinie disposte a raggiera. I racemi fiorali, ad 1-2 fiori, sono più corti delle foglie. I fiori hanno un calice a fauce obliqua di 4-5 mm, con denti diseguali che raggiungono appena la metà della corolla; quest‟ultima, raggiunge appena i 6-8 mm di lunghezza ed è di colore bianco. Il legume, a maturità, si presenta di colore bruno-chiaro, di lunghezza pari a 2-4 cm e contiene in media 2 semi. Il tegumento dei semi è di colore bruno violaceo con maculature lineari e sinusoidali scure, quasi nerastre; la forma è discoidale, ma meno schiacciata rispetto a quella della lenticchia (foto 3, foto 4). Il peso di 100 semi è di 5,8 g. Per la coltivazione effettuata presso l‟azienda “Masseria La Torre” sono state registrate rese areiche che si attestano intorno a valori di circa 1,5 q/ha. Inoltre, grazie all‟altezza delle piante, è stato possibile meccanizzarne la raccolta, tramite trebbiatura. Conclusioni Ciò che la cultura contadina locale assimila ad una lenticchia, in realtà è una veccia (Vicia articulata) originaria del Bacino Mediterraneo, successivamente diffusa nel sud dell‟Europa ed in seguito in Asia Centrale ed in Australia, grazie alla possibilità di essere utilizzata come foraggio, per il sovescio ed anche nell‟alimentazione umana. Questa leguminosa è stata segnalata in tutte le regioni meridionali e centrali (escluso l‟Abruzzo) dell‟Italia continentale. Per l‟Italia insulare, è stata segnalata in Sardegna (Sant‟Antioco), Sicilia (Ustica), Isole Eoliche (isola del Giglio) e Ponza; anche in queste località i contadini l‟attribuivano al genere Lens, denominandola “lenticchia nera” (Laghetti et al., 2000; Perrino et al., 2004; Hammer e Laghetti, 2006). In Spagna, la sua coltivazione persiste ancora nell‟area centro-occidentale, al confine con il Portogallo; qui essa risulta essere una tra le leguminose più a rischio di erosione genetica a causa dell‟elevata diminuzione della superficie coltivata: negli ultimi decenni si è assistito alla scomparsa di un gran numero di varietà locali, quindi alla diminuzione della variabilità genetica intraspecifica (De La Rosa et al., 1999). La presenza di Vicia articulata nel Salento, quale specie ancora sottoposta a coltivazione, indica un suo più largo consumo nei secoli passati. La superficie agricola destinata alla coltivazione di questa leguminosa attualmente è fortemente ridotta e occupa la parte centrale della subregione, concentrandosi attorno a tre comuni, fra loro vicini, ma con identità territoriali molto differenti. La lenticchia di Soleto” potrebbe essere interessata dalle nuove strategie di politica agraria che tentano il rilancio del settore agricolo attraverso la promozione e la salvaguardia delle varietà locali; nel frattempo, mantenerne la variabilità intraspecifica significa poter programmare futuri interventi di miglioramento genetico e di miglioramento dei suoli agrari in erosione. 264 Bibliografia ACCOGLI R., MARCHIORI S., 2009. Germoplasma di specie coltivate: reperimento e conservazione nell‟Orto Botanico di Lecce. Italian Journal of Agronomy. Rivista di Agronomia, 4 (4 suppl.): 231-238 ACCOGLI R., IPPOLITO F., MARCHIORI S., 2010. Recovery and conservation of thr agricoltural genetic resources of Salento (Apulia-Italy). In: 4th Global Botanic Gardens Congress. 13-18 june 2010, Dublin, Ireland. DE LA ROSA L., MARTIN I., VARELA F., 1999. La coleccion del algarrobas (Vicia articulata Hormen) del Centro de Recursos Fitogeneticos del INIA. Invest. Agr.: Producción y protección vegetales, 14 (3): 367-381. DI MITRI G.L., 2005. I buoni legumi che parlano griko. Terra salentina, 33(5): 9. LAGHETTI G., PIERGIOVANNI A.R., GALASSO I., HAMMER K., PERRINO P., 2000. Single-flowered vetch (Vicia articulata Hornem.): A relic crop in Italy. Genetic Resources and Crop Evolution, 47(4): 461-465. HAMMER K., LAGHETTI G., 2006. Small agricultural islands and plant genetic resources. Le piccole isole rurali italiane. IGV-CNR (ed.) Bari, Italy. PERRINO P., LAGHETTI G., KNUPFFER H., HAMMER K., 2004. Semi dal passato. Catalogo del germoplasma agrario della Sicilia e e dell‟Italia meridionale. Istituto di Genetica Vegetale, C.N.R, Bari. Italia PIGNATTI S., 1982. Flora d‟Italia. Edagricole, Bologna. Foto 1. Coltivazione di “lenticchia di Soleto” presso “Masseria La Torre”. Photo 1. “Lentil Soleto” cultivation at “Masseria La Torre”. 265 Graf. 1. Localizzazione delle aziende Graph. 1. Firm location Foto 2. Vicia articulata (exiccata). Foto 3. Pulses. Foto 4. Granella di Vicia articulata – particolare dei semi. Photo 4. Grains of Vicia articulata – particularly the seed. 266 INDICE DEGLI AUTORI COSENTINO Carlo; 131 COSTANZA Mariateresa; 245; 252 A ACCOGLI Rita; 262 ALVISI Emidio; 84 ANGELINI Luciana Gabriella; 206; 212 ANTONACCI Donato; 91; 168 ANTONELLI Andrea; 230 APRILE Alessio; 161 AZZINI Elena; 3; 149 D D’ALESSANDRO Angela Gabriella; 238 D’ALESSANDRO Antonietta; 69 DALLA VEDOVA Antonio; 142 D’ANDREA Laura; 25; 55 DE ANGELIS Salvatore; 245 DE BELLIS Luigi; 161 DE MARCHI Fabiola; 142 DE ROSSO Mirko; 142 DI CECCO Ilaria; 17 DI FERDINANDO Sandra; 137 DI MATTEO Roberto; 106 DI MAURO Assunta; 178 DI MITRI Gino; 262 DIPALO Francesco; 40 DI PATRE Donatella; 17 DI SILVESTRO Isabella; 98 DURANTE Viviana; 124 DURAZZO Alessandra; 3 B BACCHETTI Tiziana; 48 BAIAMONTE Irene; 137 BARBAGALLO Riccardo N.; 98 BARBAGIOVANNI M. Immacolata; 245 BARBIERI Cristina; 111 BARONE Carmela Maria Assunta; 106 BARONI Alberto; 111 BARUZZI Gianluca; 119 BASILE Teodora; 55 BIGNAMI Cristina; 111; 230 BIONDI Edoardo; 212 BISIGNANO Venturino; 25 BLASI Anna Chiara; 131 BRANCALEONE Mario; 252 BRANDI Federica; 119 BRAVI Romana; 252 F FACCIA Michele; 84 FAEDI Walther; 119; 155 FERRARA Giuseppe; 59 FERRETTI Gianna; 48 FLAMINI Riccardo; 142 FODDAI Maria Stella; 3; 137; 149 FRAGASSO Mariagiovanna; 168; 173 FRANCESE Gianluca; 69 FRESCHI Pierangelo; 131 FRUSCIANTE Elisabetta; 252 C CAFAGNA Isabella; 59 CAMBREA Michele; 199 CAPONE Roberto; XVI CAPRIOLO Giuseppe; 17 CAPUANO Laura Rita; 17 CARBONARO Marina; 34 CASADEI Giorgio; 245 CASSONE Angela; 84 CESTONE Benedetta; 206 CHISARI Marco; 98 CIARAPICA Donatella; 3 CIPRIANI Guido; 119 CLODOVEO Maria Lisa; 124; 168; 173 COLANGELO Donatella; 238 COLETTA Antonio; 91; 173 COPPOLA Antonio; 106 G GALLO Vito; 59 GAMBACORTA Giuseppe; 84; 124 GARDIMAN Massimo; 142 GAUDIANO Gerardo; 178 GENGHI Rosalinda; 91 GIANNINO Donato; 186 GIOVANNINI Daniela; 155 GIUST Mirella; 142 267 GONNELLA Maria; 186 MONTI Luciano; 252 I N IANNUCCI Marco; 178 IMAZIO Serena Anna; 111, 230 INGLESE Filomena; 106 INTORRE Federica; 3; 137; 149 IOANNONE Francesca; 149 NARDI Pierfrancesco; 252 NARDINI Mirella; 34 NARDO Nicoletta; 137 NEGRO Carmine; 161 NEGRO D.; 11 NIERO Marina; 142 NUCARA Alessandro; 34 K KARATOSIDI Despoina; 238 P L PACIFICO Andrea; 59 PACUCCI Carmela; 59 PALOMBA Lara; 3 PALUMBO Massimo; 199 PANIGHEL Annarita; 142 PAOLETTI Flavio; 137 PAOLETTI Franco; 245 PAOLETTI Stefano; 252 PAOLINO Rosanna; 131 PARISI Bruno; 178 PASQUARIELLO Maria Silvia; 17 PATANÈ Cristina; 98; 193 PATI Sandra; 91; 168; 173 PENTANGELO Alfonso; 178 PETRICCIONE Milena; 17 POLIGNANO Giambattista; 25 POLITO Angela; 3 PORFIRI Oriana; 252 Progetto BIOVITA; 4 PUNZI Rossana; 84 LACIRIGNOLA Cosimo; XI LACITIGNOLA Massimo; 40 LA GATTA Barbara; 168; 173 LAHOZ Ernesto; 178 LA NOTTE Domenico; 124; 168; 173 LA NOTTE Ennio; 91 LELLI Lino; 252 LEONI Beniamino; 218; 224 LICCIARDELLO Stefania; 199 LOGOZZO G.; 11 LOIZZO Pasqua; 84 M MAIANI Giuseppe; 3; 137; 149 MALTONI Maria Luigia; 155 MARCHETTI Maurizio; 252 MARCHIORI Silvano; 262 MARIANI Rocco; 78 MARSICO Antonio Domenico; 238 MARSICO Giuseppe; 40 MASCIANGELO Simona; 48 MASELLI Paola; 34 MASINO Francesca; 230 MASTRORILLI Piero; 59 MATARRESE Angela Maria Stella; 59 MATRELLA Valentina; 230 MAURO Beatrice; 3 MAZZEO Andrea; 59 MELODIA Liborio; 238 MENNELLA Giuseppe; 69 MICELI Antonio; 161 MICHELETTI Ambra; 48 MIGLIOZZI Teresa; 17 MONTESANO Vincenzo; 11 MONTEVECCHI Giuseppe; 111; 230 Q QUACQUARELLI Irene; 155 R RAGNI Marco; 40; 238 RAIMO Francesco; 69 REA Roberto; 252 REGA Pietro; 17 RENNA Massimiliano; 186 ROMANO Severino; 131 RUBERTO Giuseppe; 193 RUSSO Girolamo; XIII; 25; 55 268 TAVARINI Silvia; 206; 212 TAVIANI Paola; 252 TRANI Antonio; 84 TROCCOLI Carlo; 218; 224 S SABELLA Erika; 161 SACCARDO Francesco; 252 SANTAMARIA Pietro; 78; 186 SARLI Giulio; 11 SCAFFIDI Cinzia; XIV SCIACCA Fabiola; 199 SCOGNAMIGLIO Giovanni; 17 SCORTICHINI Marco; 17 SGARBI Elisabetta; 230 SIGNORE Angelo; 78 SIRACUSA Laura; 193 SPAGNOLETTI ZEULI P.; 11 SPINA Alfio; 199 V VALENTINI Simona; 149 VASILE SIMONE Giuseppe; 230 VENNERIA Eugenia; 3 VICENTI Arcangelo; 40 VIRZÌ Nino; 199 Z ZACCARIA Maria; 3 ZULLO Antonio; 106 T TANCA Massimo; 252 TARRICONE Simona; 238 269 Finito di stampare nell’anno 2013 presso CIHEAM-IAMB Italy