IL PROCESSO
TRIBUTARIO
Premessa
La tutela giurisdizionale dei diritti del
contribuente rappresenta uno dei temi
fondamentali del diritto tributario.
Attraverso lo studio del processo tributario
(tradizionalmente definito contenzioso
tributario) è possibile da un lato, verificare le
impostazioni teoriche poste a base del diritto
sostanziale e dall’atro, concorrere alla
fissazione dei canoni ermeneutici del diritto
sostanziale.
L’importanza dello studio del
contenzioso tributario è altresì
ascrivibile alla rilevanza degli interessi
pubblici e privati coinvolti nel prelievo
tributario.
LE FONTI E GLI ORGANI DEL
PROCESSO TRIBUTARIO
Profili storico-evolutivi del giudizio
davanti alle commissioni tributarie
L’evoluzione storica del contenzioso
tributario è intimamente connessa agli
sviluppi degli istituti di giustizia
amministrativa nel nostro ordinamento
ed è contrassegnata dalla disputa
relativa all’appartenenza o meno delle
commissioni tributarie al novero degli
organi amministrativi o giurisdizionali.
Tale disputa è il riflesso delle divergenze
esistenti in ordine alla natura del processo
tributario, da alcuni concepito come processo
di accertamento del rapporto
obbligatorio di imposta, e da altri come
processo di impugnazioneannullamento degli atti impositivi
promananti dall’amministrazione finanziaria o
da chi ne esercita le funzioni in sede di
attuazione della pretesa impositiva.
Tipi e forme di tutela: la tutela
di accertamento negativo

Secondo la tesi sostenuta dal prof. Russo, il
giudizio che si instaura davanti le commissioni
tributarie è un giudizio di impugnazionemerito.
Sotto il profilo formale, esso si atteggia come
un giudizio di impugnazione: il giudizio deve
essere introdotto con l’impugnazione di atti
tassativamente elencati nell’art. 19, dlgs
546/92.
Segue...

Sotto il profilo sostanziale (contenuto della
tutela) va rilevato che il giudice tributario non
si limita a dichiarare legittimi o ad annullare
gli atti dell’ente impositore, ma emette
pronunce che attengono al merito del
rapporto di imposta: giudizio di accertamento
negativo della pretesa avanzata con l’atto
investito dal ricorso e della correlata
obbligazione.
Critica a tale tesi
Tale ricostruzione non sarebbe convincente in
riferimento ai casi in cui il ricorso sia fondato
sui vizi meramente formali dell’atto
impugnato. Il giudice non emetterebbe, nel
caso in parola, una pronuncia di
accertamento attinente al merito della
pretesa tributaria, ma si limiterebbe ad
annullare o meno l’atto, a seconda che reputi
sussistenti o meno i vizi dedotti dal
ricorrente: giudizio di impugnazioneannullamento e non di impugnazione-merito.
La critica innanzi esposta è fondata sulla
premessa, che i vizi dell’atto impugnato siano
qualificabili come vizi di annullabilità e non di
nullità. Ciò sulla base dei principi generali
secondo i quali: l’azione di annullamento è
soggetta a prescrizione e l’inutile decorso del
termine prescrizionale determina la sanatoria
del vizio, mentre l’azione di nullità è
imprescrittibile, e non è possibile sanatoria
alcuna.
Per il prof. Russo, invece, i vizi in questiono
sono configurabili come cause di nullità,
nonostante che essi debbano essere dedotti
entro i termini perentori previsti per la
proposizione del ricorso.
Si deve infatti tener conto del particolarismo
del diritto tributario che giustifica
l’apposizione di rigidi termini di decadenza sia
a carico dell’ente impositore che a carico del
soggetto passivo dell’obbligazione tributaria.
Nel primo caso, invece, l’A.F. non avrà
la possibilità di emettere un nuovo atto
contenete la medesima pretesa, in
quanto il rapporto tributario resta
definito nel merito per effetto della
sentenza emessa dal giudice.
L. 14 luglio 1864, n. 1830
L’istituzione delle commissioni tributarie
(commissioni comunali o consorziali e
provinciali) risale alla legge 14 luglio
1864, n. 1830, sull’imposta di ricchezza
mobile, che non prevedeva
l’ammissibilità dell’azione giudiziaria,
inducendo a ritenere che questa non
fosse consentita.
Le prime leggi di imposta dello Stato unitario
prevedevano la separazione della disciplina
del processo tributario in materia di imposte
dirette da quella prevista per le imposte
indirette, separazione sopravvissuta alla legge
abolitrice dei tribunali del contenzioso
amministrativo (l. 20 marzo 1865 n. 2248 all.
E) e giunta sostanzialmente immutata alla
riforma tributaria degli anni settanta.
Tutela giurisdizionale in materia
di tributi erariali – Imposte dirette
Il giudice ordinario aveva piena
cognizione sulla lite dopo l’esaurimento
di una fase contenziosa in sede
amministrativa.
Tutela giurisdizionale in materia di
tributi erariali – Imposte indirette
Disciplina processuale mista: la competenza
del giudice ordinario era riconosciuta, con la
sola esclusione delle questioni attinenti alla
estimazione semplice (questioni di mera
quantificazione o misurazione della base
imponibile attraverso il ricorso a regole di
esperienza o tecniche, che non richiedono
l’applicazione di alcuna norma giuridica),
dopo l’espletamento di una fase davanti al
giudice speciale.


La devoluzione delle controversie
tributarie al giudice ordinario era
subordinata:
alla pubblicazione dei ruoli dell’imposta;
al pagamento dell’imposta (regola del
solve et repete), costituente un
presupposto processuale necessario per
la regolare instaurazione del processo.
Ratio della previsione
L’azione amministrativa non doveva
essere intralciata, durante il suo
svolgimento, dal sindacato
giurisdizionale, salvo dar luogo ad una
pretesa restitutoria una volta concluso
l’iter impositivo.
La regola del solve et repete e la
prescritta pubblicazione dei ruoli, sono
state dichiarate incostituzionali negli
anni sessanta, in quanto lesive del
diritto di difesa.
1936-1937



Il sistema misto di tutela
giurisdizionale in materia tributaria fu
esteso a tutte le imposte dirette, con
esclusione delle imposte :
sul reddito dominicale dei terreni
sul reddito agrario
sul reddito dei fabbricati.
Segue…


Furono devolute alle commissioni anche
le controversie relative ad alcune
imposte indirette:
Imposta di registro
Imposta di successione ed altre.
Articolazione della giustizia
tributaria



Commissioni distrettuali, competenti a conoscere,
in prima istanza, di tutte le controversie, con
esclusione di quelle relative a questioni di diritto
attinenti le imposte indirette.
Commissioni provinciali, giudici di appello
relativamente alle decisioni delle commissioni
distrettuali e di prima istanza per le controversie di
diritto in materia di imposte indirette.
Commissione centrale, giudice di seconda o di
terza istanza, escluse le questioni di estimazione
semplice.
Segue...
Esaurita la fase davanti le commissioni
tributarie, si apriva la via della tutela
giurisdizionale innanzi al giudice ordinario,
invocabile sia dal contribuente che dall’A.F.,
che si svolgeva avanti al tribunale civile e, in
sede di gravame, avanti la Corte d’Appello e
la Corte di Cassazione.
Era escluso il riesame in sede di giurisdizione
ordinaria delle questioni di estimazione
semplice.
A partire dal 1936 comincia un processo
di giurisdizionalizzazione delle
commissioni tributarie, fino ad allora
considerate, in virtù della composizione
e del modo in cui operavano, organi di
contenzioso amministrativo piuttosto
che giurisdizionali.
A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione
repubblicana, si pose il problema della verifica della
coerenza costituzionale della disciplina del processo
tributario, con riferimento alle imposte diverse da
quelle per le quali era prevista una generale tutela
davanti al giudice ordinario - indipendentemente
dall’evoluzione della fase in sede amministrativa -,
che valeva ad assicurare il rispetto dei principi
costituzionali sia in tema di unità della giurisdizione
(art. 102 Cost.), che di garanzia dell’imparzialità del
giudizio (art.108 Cost.).
Il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali
espresso nell’art. 102 Cost., integrato dalla previsione
(art. 103 Cost.) circa la conservazione di alcuni
giudici speciali amministrativi espressamente
individuati, rendeva applicabile alla disciplina del
contenzioso tributario la VI disposizione transitoria,
che prevedeva l’obbligo di provvedere entro cinque
anni alla revisione degli organi di giurisdizione
speciale esistenti al momento dell’entrata in vigore
della Costituzione, al fine di conformarli ai principi
costituzionali ed in particolare a quello di
indipendenza sancito dall’art. 108, comma 2.
L’inerzia del legislatore ordinario indusse la
Corte costituzionale a qualificare (sentenze
nn. 6 e 10 del 1969) le commissioni tributarie
come organi amministrativi e non
giurisdizionali. Con tali pronunce la Corte
lanciava un ultimatum al legislatore, senza
tuttavia dichiarare l’illegittimità costituzionale
del sistema del contenzioso tributario, così
evitando di creare un vuoto
nell’amministrazione della giustizia e di
ingolfare la giurisdizione ordinaria.
La Corte di cassazione continuò a
considerare le Commissioni tributarie
organi giurisdizionali.
L. n. 825 del 1971
Il contrasto interpretativo tra i massimi
organi giudiziari fu sanato con
l’emanazione della L. n. 825 del 1971,
che attribuiva delega al governo per
l’attuazione della riforma del
contenzioso tributario.

Due furono i punti salienti della riforma
delineata dalla legge delega (attuata con
dpr n. 636/1972):
Riconoscimento alle commissioni della
natura di organi giurisdizionali, stante il
richiamo espresso al principio di
indipendenza, che la Costituzione prescrive
per l’esercizio della funzione giurisdizionale;
Segue…

1.
2.
3.
4.
Articolazione del processo tributario
nel seguente modo:
Commissioni di primo grado
Commissioni di secondo grado
Commissione Centrale o,
alternativamente, Corte d’Appello
controllo di legittimità innanzi alla
Corte di Cassazione
Dubbi suscitati dal Dpr n.
636/1972


Dubbi di legittimità costituzionale con riferimento al
profilo della costituzione e composizione delle
commissioni. Si era imboccata la strada del giudice
speciale tributario non togato (né professionale né
a tempo pieno). Dubbi superati, stante il
riconoscimento da parte della Corte costituzionale
della adeguatezza ai precetti costituzionali (artt.
101 e 108 Cost.) del sistema tributario delineatosi a
seguito della riforma.
Dubbi in merito alla idoneità tecnica dei giudici
tributari all’espletamento di una funzione tanto
importante e delicata.
Segue…

Dubbi in ordine alla previsione di
quattro gradi di giudizio, che rendevano
troppo lunghi i tempi di definizione delle
controversie tributarie, ma che
rispondevano alla opportunità di
mantenere almeno un grado di tutela
davanti al giudice ordinario.
Vantaggi della riforma



Giudizio unitario
Semplificazione del sistema
Conformità ai principi generali.
La riforma conseguente alla L. n. 413
del 1991 e i decreti legislativi nn. 545
e 546 del 1992
Il dlgs 545/1992 reca la disciplina
dell’ordinamento degli organi speciali di
giurisdizione tributaria.
Esso ha istituito il Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria, organo di vertice,
di autogoverno dell’ordinamento processuale
tributario, che costituisce una delle maggiori
novità della riforma.
Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria



Costituito con decreto del Presidente della Repubblica
su proposta del Ministro dell’Economia e delle
Finanze ed ha sede in Roma presso quest’ultimo
Resta in carica per 4 anni
E’ composto da 11 membri eletti dai giudici tributari e
da 4 membri eletti dal Parlamento (2 dalla Camera e
2 dal Senato) a maggioranza assoluta, tra professori
universitari in materie giuridiche o tra soggetti
abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie,
che risultino iscritti ai rispettivi albi almeno da 12
anni.
Funzioni del Consiglio di
presidenza




Nomina e altri provvedimenti riguardanti i
giudici tributari
Pareri per la determinazione dei compensi
fissi ed aggiuntivi ai componenti delle
commissioni tributarie
Organizzazione interna delle commissioni
(poteri di vigilanza e ispezione)
Coordinamento con l’attività del Ministero
dell’Economia e Finanze
Organi della giurisdizione
tributaria


Commissioni tributarie provinciali:
hanno sede nel capoluogo di ciascuna
provincia.
Commissioni tributarie regionali: hanno
sede in ogni capoluogo di regione. Sezioni
staccate possono essere istituite nei comuni
sedi di Corte di appello o di sezioni staccate di
Corte di Appello o di sezioni staccate di TAR;
nei capoluoghi di provincia con oltre 120 mila
abitanti distanti non meno di 100 Km dal
comune capoluogo di regione.
Organizzazione delle
Commissioni



Ad ogni commissione è preposto un
presidente, il quale presiede anche la prima
sezione.
Ogni sezione è composta da un presidente,
da un vicepresidente e da altri 4 giudici.
Ogni collegio giudicante deve essere
presieduto dal presidente o dal vicepresidente
della sezione e si pronuncia con il numero
invariabile di tre votanti.
Nomina dei giudici tributari
I giudici vengono nominati con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta del
Ministero dell’Economia e finanze, previa
deliberazione del Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria, secondo l’ordine risultante
dagli elenchi formati per ciascuna
commissione. Tali elenchi comprendono tutti i
soggetti che, in possesso dei requisiti
prescritti, hanno comunicato la propria
disponibilità ad assumere l’incarico.
Requisiti dei presidenti
I presidenti delle commissioni provinciali
e regionali sono nominati tra i
magistrati ordinari, amministrativi o
militari, in servizio o a riposo, secondo
la graduatoria redatta in base a due
tabelle allegate al dlgs 545/92.
Anche i presidenti di sezione sono
nominati tra i magistrati predetti.
Requisiti dei vicepresidenti


Si deve trattare di magistrati o di soggetti
che:
abbiano ricoperto almeno per 5 anni
(commissioni provinciali) o 10 anni
(commissioni regionali) l’incarico di giudici
tributari
siano in possesso della laurea in
giurisprudenza o in economia
nel rispetto delle graduatorie formate
secondo le tabelle di cui sopra.
Requisiti degli altri giudici
tributari
I requisiti dei giudici tributari sono elencati
negli artt. 4 (per i giudici delle
commissioni provinciali) e 5 (per i
giudici delle commissioni regionali) del
dlgs 545/92.
Risulta evidente come il legislatore nel dare
attuazione alla delega per la riforma del
contenzioso tributario non abbia rispettato i
limiti da essa posti.
Segue…
La legge delega imponeva di garantire la
qualificazione professionale dei giudici
tributari in modo che venga assicurata
preparazione nelle discipline giuridiche ed
economiche, acquisita anche con l’esercizio
protrattosi per almeno dieci anni di attività
professionali.
La nomina a giudice tributario non poteva
pertanto discendere dal mero possesso di un
titolo.
Segue…
L’art. 4 del dlgs 545 si accontenta,
invece, per alcune delle categorie
elencate, di una esperienza
professionale non altamente qualificata,
né decennale (ad es., coloro che hanno
conseguito da almeno due anni il
diploma di laurea in giurisprudenza o in
economia e commercio).
Segue…
Medesime riserve suscita l’art. 5 nel caso, ad
esempio, in cui prevede che possano essere
nominati giudici tributari coloro che sono
iscritti negli albi professionali (notai, avvocati,
procuratori, dottori commercialisti, ragionieri)
ed hanno esercitato attività di amministratori,
sindaci, dirigenti in società di capitali o di
revisori di conti, senza richiedere una
esperienza professionale almeno decennale.
Appare così violato il criterio direttivo
contenuto nella legge delega (eccesso di
delega).
Dubbi di legittimità
costituzionale
Risulta inspiegabile e contrario al disposto
dell’art. 107 Cost. (secondo il quale i giudici si
distinguono solo per l’esercizio delle funzioni
in concreto svolte e non per il loro diverso
grado di preparazione) il divario di requisiti
richiesti per assumere la carica di giudice
tributario nelle commissioni regionali rispetto
a quelli richiesti per la nomina a membri delle
commissioni provinciali.
Incompatibilità (art. 8)





Dipendenti dell’amministrazione finanziaria che
prestano servizio presso gli uffici incaricati
dell’accertamento dei tributi
Appartenenti al corpo della G. di F.
Soci, amministratori e dipendenti delle società
concessionarie del servizio di riscossione o preposte
alla gestione dell’anagrafe tributaria
Coloro che esercitano, seppur occasionalmente, la
consulenza tributaria o l’assistenza o la
rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’A.F.
Etc.
Durata del mandato (art. 11)



Cessano dall’incarico al compimento dei 75
anni
La nomina a componente delle commissioni
tributarie non costituisce rapporto di pubblico
impiego
Meccanismo di rotazione quinquennale da
una sezione all’altra della stessa commissione
(è venuto meno il limite decennale del
mandato presso una medesima commissione)
Procedimento disciplinare
Promosso dal Ministro delle finanze o
dal presidente della commissione
regionale nella cui circoscrizione presta
servizio il giudice sottoposto a
procedimento disciplinare.
Il giudice ha facoltà di difendersi dinanzi
al Consiglio di presidenza.
Trattamento economico
Ai giudici spetta un compenso fisso
mensile ed un compenso per ogni
ricorso definito (giudici a “cottimo”).
Novità della riforma operata
con dlgs 546/92


Articolazione del processo in tre gradi (due di
merito e uno di legittimità).
Adeguamento del contenzioso ai principi del
processo civile.
L’art. 1 opera un rinvio generalizzato alle
disposizioni del codice di procedura civile, a
differenza di quanto avveniva sotto il vigore
del dpr 636/1972), purché le norme in esso
contenute siano compatibili con le specificità
del contenzioso tributario. La verifica di
compatibilità non è sempre agevole.
Altre novità



Obbligo delle parti (diverse dagli uffici
dell’A.F. e dell’ente locale) di farsi assistere in
giudizio da un difensore abilitato, tranne che
per le controversie di importo contenuto.
Principio victus victori: condanna delle parte
soccombente al rimborso delle spese, salvo il
potere della commissione di dichiarare la
compensazione delle stesse.
Tutela cautelare.
Segue…


Conciliazione giudiziale (strumento
deflattivo del contenzioso).
Giudizio di ottemperanza.
I principi costituzionali in tema
di esercizio della giurisdizione
La riforma del 1992 ha rappresentato
una tappa fondamentale per rendere il
processo tributario conforme ai principi
costituzionali in tema di esercizio della
funzione giurisdizionale.
Art. 111 Cost.
La giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra
le parti, in condizioni di parità,davanti a
giudice terzo e imparziale.
Questo articolo delinea il modello al quale
deve uniformarsi qualsiasi processo, quale
che sia il giudice, ordinario o speciale.
Il principio di imparzialità dei
giudici
L’imparzialità giurisdizionale non va confusa
con quella amministrativa di cui all’art. 97
Cost.
L’amministrazione agisce per la cura dei
propri interessi (interessi pubblici generali pur
sempre di parte).
Il giudice agisce per fini esclusivi di giustizia.
La sua imparzialità attiene ai criteri di
giudizio, che non devono essere criteri di
parte, ma quelli desumibili dalle norme
dell’ordinamento.
Terzietà e indipendenza


Due sono le garanzie poste a tutela della
imparzialità del giudice e della sua obiettività
di giudizio:
Terzietà, intesa come estraneità del giudice
rispetto alle parti e agli interessi della causa.
Indipendenza, che attiene alla struttura
organizzativa dell’organo giurisdizionale e si
risolve nell’assenza di vincoli di soggezione sia
interni che esterni.
Gli istituti della astensione e della
ricusazione possono considerarsi
strumenti posti a tutela della terzietà
del giudice tributario.
Rilievi critici
Se si considera che la terzietà, l’indipendenza
e l’imparzialità del giudice ordinario (che può
assumersi come modello di riferimento per le
commissioni tributarie) sono garantiti dal
reclutamento mediante concorso, dallo status
professionale dei giudici e dalla istituzione di
un organo di autogoverno, è possibile
evidenziare come, in riferimento ai giudici
tributari, sussista qualche elemento di
perplessità.
I limiti dell’imparzialità dei
giudici tributari
Il dlgs 545/92 ha istituito un organo di
autogoverno (Consiglio di presidenza),
senza tuttavia prevedere il concorso
come strumento di reclutamento dei
giudici tributari e continuando a
configurarli come giudici onorari (non
togati), non sempre dotati di adeguata
preparazione.
Altri problemi di legittimità
costituzionale



Limitazioni della tutela cautelare
(esperibile solo in primo grado)
Esclusione della prova testimoniale
Non esecutività delle sentenze di
condanna a favore del contribuente fino
a quando non siano passate in giudicato
LA GIURISDIZIONE E LA
COMPETENZA
La giurisdizione
L’art. 2 del dlgs 546/92 disciplina l’oggetto
della giurisdizione delle commissioni
tributarie.
Fino al 31 dicembre del 2001, la giurisdizione
delle commissioni tributarie aveva per
oggetto solamente le liti relative ad un
elenco di tributi (imposte sui redditi, Iva,
imposte sui trasferimenti, tributi locali, etc.).
Le liti relative ai tributi diversi da quelli
elencati appartenevano alla giurisdizione del
giudice ordinario.
Art. 12 legge finanziaria 2002
Dal 1° gennaio 2002 la giurisdizione delle
commissioni tributarie comprende:
tutte le controversie aventi ad oggetto i
tributi di ogni genere e specie tra cui quelli
regionali, provinciali e comunali e il contributo
per il Servizio sanitario nazionale, nonché le
sovrimposte e le addizionali, le sanzioni
amministrative, comunque irrogate da uffici
finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio.
La giurisdizione delle commissioni riguarda
tutte le liti tributarie (aventi ad oggetto i
tributi e i rapporti consequenziali come
sovrimposte, addizionali, interessi, sanzioni
amministrative), con esclusione delle liti
relative all’esecuzione forzata che
appartengono al giudice ordinario e delle liti
che appartengono al giudice amministrativo.
Liti tributarie
Le liti tributarie sono quelle che hanno
ad oggetto prestazioni tributarie.
Le prestazioni tributarie non vanno
confuse con quelle coattive. Le prime
rappresentano solo una parte, anche se
la più rilevante delle seconde, che
formano oggetto della riserva di cui
all’art. 23 Cost.
Natura generale della
giurisdizione
La modifica introdotta dal 1° gennaio 2002
non ha solamente valore quantitativo, non
essendosi limitata ad estendere l’elenco dei
tributi oggetto della giurisdizione delle
commissioni, ma è una modifica qualitativa
che segna il passaggio da una definizione
della giurisdizione basata sulla enumerazione
tassativa di tributi ad una previsione
generale (tributi di ogni genere e specie).
Sono state attratte nella
giurisdizione delle commissioni:
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
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I dazi doganali
Le accise
L’Iva sull’importazione
I prelievi agricoli
Le tasse automobilistiche
L’imposta di bollo
Le tasse sulle concessioni governative
Le sovrimposte e le addizionali
Tributi regionali
Non esclusività della
giurisdizione
La giurisdizione sulle controversie tributarie
viene attribuita quasi completamente alle
commissioni tributarie.
La giurisdizione delle commissioni è allo stato
una giurisdizione generale, anche se non
esclusiva (vi sono ancora controversie
devolute al giudice ordinario e al giudice
amministrativo).
Sono pertanto venuti meno i limiti esterni
ed orizzontali della giurisdizione delle
commissioni (attinenti all’oggetto delle liti,
rappresentato dai tributi espressamente
enumerati).
Permangono i limiti interni: limiti
individuabili in funzione del disposto dell’art.
19 dlgs 546/92.
Si ritiene che l’ampliamento della
giurisdizione delle commissioni
tributarie sia stata rispettosa dei limiti
imposti dalla Costituzione, che vieta
l’istituzione di nuovi giudici speciali (art.
102).
La Corte costituzionale ha riconosciuto
che il legislatore tributario è pienamente
legittimato ad ampliare i confini della
giurisdizione tributaria, salvo il limite
rappresentato dal non snaturamento
delle materie ad essa attribuite quale
elemento essenziale e caratterizzante
della medesima.
L. 248/2005



E’ stato precisato che spettano alla cognizione del
giudice tributario le controversie sui tributi di ogni
genere e specie comunque denominati, aggiungendo
che appartengono alla giurisdizione tributaria anche
le controversie relative al:
Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche
Canone per lo scarico e la depurazione delle acque
reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani
Imposta e canone comunale sulla pubblicità e al
diritto sulle pubbliche affissioni.
La Costituzione non consente, però, che siano
attribuite alle commissioni tributarie controversie non
tributarie.
Sicché, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo
l’art. 2, comma 2, secondo periodo, dlgs 546/92,
nella parte in cui attribuisce alle commissioni
tributarie le liti relative al canone per l’occupazione di
spazi ed aree pubbliche (sent. 14 marzo 2008, n. 64),
e nella parte concernente le sanzioni comunque
irrogate da uffici finanziari, se non tributarie (sent. 14
maggio 2008, n. 130).
Controversie tributarie
Alla luce di quanto detto, sono devolute
alla cognizione delle commissioni
tributarie le controversie instaurate nei
confronti dell’ente impositore
(elemento soggettivo)…
Segue…




E concernenti (elemento oggettivo) l’an e il
quantum delle:
obbligazioni facenti capo ai soggetti passivi del
tributo, della sovrimposta e dell’addizionale
obbligazioni tributarie facenti capo ai sostituti e ai
responsabili di imposta
obbligazioni accessorie alle precedenti (interessi
moratori e sanzioni amministrative)
obbligazioni a carico dell’A.F. aventi ad oggetto il
rimborso di somme indebitamente corrisposte a titolo
di tributo dai soggetti passivi
Controversie escluse dalla
giurisdizione tributaria per difetto
dell’elemento soggettivo
Non rientrano nella giurisdizione delle
commissioni, per difetto dell’elemento
soggettivo, le controversie
oggettivamente tributarie le cui parti
sono soggetti privati.
Esempio: liti tra contribuente di diritto
(che ha un diritto di rivalsa) e
contribuente di fatto.
Discutibilmente e contrariamente a
quanto detto, la giurisprudenza fa
rientrare nella giurisdizione
tributaria le controversie in tema di
rivalsa tra sostituto e sostituito,
ritenendo che a queste liti debba
partecipare in veste di litisconsorte
anche l’A.F. (il che non farebbe venir
meno l’elemento soggettivo).
La dottrina non è concorde,
ritenendo che:


non sussista un rapporto plurisoggettivo
unico intercorrente tra sostituto,
sostituito e A.F., tale da giustificare una
situazione di litisconsorzio necessario
manchi uno degli atti impugnabili, ex
art. 19 dlgs 546/92
Controversie relative al risarcimento
dei danni (assenza elemento
oggettivo)
Non rientrano nella giurisdizione tributaria,
ma in quella del giudice ordinario, le liti
promosse dai privati nei confronti dell’A.F.
aventi ad oggetto il risarcimento dei danni
cagionati da comportamenti illeciti
commessi da funzionari dell’A.F., che
risultano fondate sull’art. 2043 c.c. (che
restano escluse dalla nozione di controversia
tributaria).
Segue…
Rientra nella giurisdizione delle
commissioni tributarie la domanda di
risarcimento danni derivanti da
responsabilità aggravata ex art. 96,
comma 1 c.p.c., in quanto essa va
proposta davanti al giudice al quale
spetta la cognizione e la decisione della
lite temeraria che ne costituisce il
presupposto.
Controversie in tema di legittimità degli
atti amministrativi generali e individuali
(assenza elemento oggettivo)


Non appartengono alla giurisdizione
tributaria, ma a quella del giudice
amministrativo, in quanto:
incidono su situazioni di interesse legittimo
non attengono all’an e al quantum di uno
specifico rapporto di imposta.
Il giudice tributario, può tuttavia conoscere in
via incidentale della legittimità degli atti in
parola ai fini della disapplicazione degli stessi
(art. 2, dlgs 546/92).
Controversie relative agli accessori
del tributo (interessi anatocistici)
Le liti relative ad interessi, anche quelli
anatocistici, sono devolute al giudice
tributario.
Controversie relative agli
accessori del tributo (sanzioni)
Prima che l’art. 12, comma 1, della
legge finanziaria 2002 lo riformulasse,
l’art. 2 dlgs 546/92 limitava la
giurisdizione delle commissioni alle
sanzioni tributarie non penali. Il testo
riformato comprende invece le sanzioni
comunque irrogate da uffici finanziari.
Segue…
La giurisprudenza aveva, erroneamente,
ritenuto che tale disposizione attribuisse alla
giurisdizione tributaria anche le controversie
concernenti le sanzioni irrogate per la
violazione di norme non tributarie.
La disposizione, così interpretata, è stata
dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale
(contraria al divieto di istituire nuovi giudici
tributari, sancito dall’art. 112 Cost.).
Segue…
La giurisdizione non comprende
pertanto qualsiasi sanzione
irrogata da un ufficio finanziario,
ma solo le sanzioni per la
violazione di norme tributarie.
Le liti di rimborso
Nel caso di domande, proposte dai
contribuenti, di rimborso di tributi
pagati ma non dovuti, la giurisdizione
delle commissioni tributarie si estende
agli interessi e al maggior danno da
svalutazione monetaria.
Le controversie in tema di
riscossione e di esecuzione
Si tratta di controversie aventi ad
oggetto il diritto del soggetto creditore
di agire per la realizzazione della
propria pretesa, anche attraverso
l’esecuzione forzata.
Esse rientrano nella giurisdizione delle
commissioni tributarie.
Restano escluse dalla giurisdizione delle
commissioni, per espressa disposizione
dell’art. 2, le controversie riguardanti gli atti
dell’esecuzione forzata tributaria successivi
alla notifica della cartella di pagamento e, ove
previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 del dpr
602/1973, per le quali continuano ad
applicarsi le medesime disposizioni del dpr
medesimo.
Perciò bisogna distinguere tra cause che
attengono al debito di imposta e cause
relative all’esecuzione. Le prime
ricadono sempre nella giurisdizione del
giudice tributario.
Pertanto…


Le questioni riguardanti il titolo esecutivo
(ossia il ruolo) vanno sollevate mediante
ricorso contro il ruolo, da proporre innanzi
alle commissioni tributarie
L’opposizione all’esecuzione, disciplinata
dall’art. 615 c.p.c., è proponibile dinanzi al
giudice ordinario solo quando concerne la
pignorabilità dei beni (art. 57, dpr 602/1973)
Segue…



L’opposizione agli atti esecutivi si propone al giudice
ordinario, ma non è ammessa quando concerne la
regolarità formale o la notificazione del titolo
esecutivo (posto che tali questioni attengono al ruolo
e quindi sono da proporre, con ricorso contro il ruolo,
alle commissioni tributarie)
Le cause di opposizione di terzo all’esecuzione
appartengono alla competenza del Tribunale, quali
cause di imposta, ai sensi dell’art. 9 c.p.c. i terzi che
assumono di avere la proprietà o altro diritto reale sui
beni pignorati possono proporre ricorso al giudice
dell’esecuzione, entro la data fissata per il primo
incanto
Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le
cause di danni contro l’agente di riscossione.
Cause di impugnazione del
fermo e dell’ipoteca
Come si è detto, la giurisdizione del giudice
tributario sussiste per i ricorsi contro il ruolo,
ma non per le cause di opposizione agli atti
esecutivi.
Peraltro, per espressa previsione dell’art. 19
(così come modificato dalla legge 248/2006),
il fermo amministrativo dei beni mobili
registrati e l’iscrizione di ipoteca sono
impugnabili dinanzi alle commissioni.
Questioni incidentali non tributarie
(art. 2, comma 3, dlgs 546/92)
Il giudice tributario ha il potere di
risolvere in via incidentale ogni
questione da cui dipende la decisione
delle controversie rientranti nella sua
giurisdizione, fatta eccezione per le
questioni in materia di querela di falso e
sullo stato e la capacità delle persone,
diverse dalla capacità di stare in
giudizio.
Come il giudice ordinario, nelle cause non
tributarie appartenenti alla sua giurisdizione,
risolve in via incidentale le questioni
tributarie, così il giudice tributario risolve
in via incidentale le questioni non
tributarie, su cui non è richiesta la
pronuncia con efficacia di giudicato.
Vale a dire che, la norma in esame legittima il
giudice tributario a conoscere incidentalmente
della questione pregiudiziale, decidendola
senza efficacia di giudicato, ossia ai soli e
limitati fini della decisione della questione
dipendente formante oggetto della
controversia radicata davanti a lui e
rientrante nella sua giurisdizione.


(ad esempio)
Pertanto:
In una causa in materia di Tosap, il giudice accerta
incidentalmente se un terreno ha natura demaniale
(Cass. Sez. Un., 23 maggio 2003, n. 8130)
Spetta alle commissioni il potere di accertare in via
incidentale lo status di coltivatore diretto del
ricorrente, nel giudizio di impugnazione del diniego
delle agevolazioni previste a favore della piccola
proprietà contadina (Cass. 28 luglio 2003, n. 11610)
Il difetto di giurisdizione e il
regolamento preventivo di cui all’art.
41, comma 1 del c.p.c.
L’art. 3 dlgs 546/1992 prevede:
 Il difetto di giurisdizione delle
commissioni è rilevabile, anche d’ufficio,
in ogni stato e grado del processo
 È ammesso il regolamento preventivo di
giurisdizione ai sensi dell’art. 41,
comma 1 del c.p.c.:
Regolamento preventivo di
giurisdizione
Nel corso del giudizio di primo grado,
può essere chiesto alla Corte di
cassazione di stabilire a quale giudice
spetta la giurisdizione.
Si applica anche l’art. 367 c.p.c.:
qualsiasi decisione emessa dal giudice
di primo grado preclude il regolamento
di giurisdizione.
Segue...
La proposizione del ricorso per regolamento
di giurisdizione non produce automaticamente
la sospensione del processo tributario (ai
sensi dell’art. 367 c.p.c.).
La sospensione è disposta con ordinanza del
giudice a quo se la richiesta di regolamento
non è ritenuta inammissibile e non è
manifestamente infondata (ciò al fine di
evitare che il regolamento di giurisdizione
venga chiesto solo per prolungare la durata
del processo).
Tale disputa è il riflesso delle divergenze
esistenti in ordine alla natura del processo
tributario, da alcuni concepito come processo
di accertamento del rapporto
obbligatorio di imposta, e da altri come
processo di impugnazioneannullamento degli atti impositivi
promananti dall’amministrazione finanziaria o
da chi ne esercita le funzioni in sede di
attuazione della pretesa impositiva.
Tipi e forme di tutela: la tutela
di condanna
Avanti alle commissioni tributarie è
esperibile la tutela di condanna dell’ente
impositore al rimborso delle somme
indebitamente corrisposte dal
contribuente (art. 69, dlgs 546/92).
Molto spesso è espressamente previsto
un onere di presentazione (entro un
termine perentorio) di un’apposita
domanda in via amministrativa quale
presupposto processuale per
l’esperimento dell’azione di rimborso
(artt. 37 e 38, dpr 602/1973).
Istanza di rimborso
È prevista in generale la necessità della
previa presentazione della domanda di
rimborso.
Si ritiene, tuttavia, che sia possibile
prescindere dalla proposizione dell’istanza di
rimborso quando non solo la norma contempli
l’obbligo per l’A.F. di provvedere d’ufficio al
rimborso, ma ne imponga l’adempimento
entro un termine ben preciso.
Esempio
Ai sensi dell’art. 68, comma 2, dlgs 546/92, se il ricorso viene
accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto
statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale
con i relativi interessi deve essere rimborsato d’ufficio entro 90
giorni dalla notificazione della sentenza.
Il che comporta che il contribuente , ove abbia ottenuto una
sentenza passata in giudicato, non possa agire in via esecutiva
se non dopo che siano decorsi i 90 giorni dalla notificazione
della sentenza.
Egli non è tenuto a formulare una preventiva domanda di
rimborso in sede amministrativa, nel caso che l’A.F. non abbia
provveduto ad adempiere nel termine stabilito, e potrà
promuovere un’autonoma azione di rimborso ex art. 21, dlgs
546/92, avverso il comportamento inerte dell’A.F.
(inadempimento) qualificabile come silenzio-rifiuto.
Tipi e forme di tutela: la tutela
cautelare
Una delle novità della riforma del
processo tributario attuata con i dlgs.
545 e 546 del 1992 consiste della
ammissibilità della tutela cautelare,
precedentemente esclusa dall’ambito
del contenzioso tributario.
E’ infatti previsto che il ricorrente, se
dall’atto impugnato può derivargli un
danno grave ed irreparabile, può
chiedere alla commissione provinciale
competente la sospensione dell’atto
stesso con istanza motivata proposta
nel ricorso o con atto separato
notificato alle altre parti e depositato in
segreteria (art.47).
Misure cautelari a favore
dell’ente impositore
Art. 22 del dlgs 472/1997: in base all’atto di
contestazione, al provvedimento di irrogazione della
sanzione o al processo verbale di constatazione, e
dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando hanno
fondato timore di perdere la garanzia del proprio
credito, può chiedere, con istanza motivata, al
Presidente della commissione tributaria provinciale
l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei
soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a
procedere, a mezzo ufficiale giudiziario, al sequestro
conservativo dei loro beni, compresa l’azienda.
La competenza territoriale
delle commissioni tributarie
Nel processo tributario la distribuzione
della competenza è operata
esclusivamente sulla base del criterio
territoriale; non vi è distribuzione di
competenza per materia o per valore.
Commissioni tributarie
provinciali
La competenza territoriale delle
commissioni tributarie provinciali è
determinata dalla sede dell’ufficio o
ente che ha emesso l’atto oggetto di
impugnazione e contro cui si propone il
ricorso.
I ricorsi contro le società concessionarie del
servizio di accertamento e riscossione dei
tributi locali appartengono alla competenza
della commissione tributaria provinciale nella
cui circoscrizione ha sede il concessionario, e
non a quella della Provincia in cui è ubicato il
Comune concedente (Cass., 13 agosto 2004,
n. 15864).
Commissione tributaria
regionale
Anche per l’individuazione della
commissione regionale competente si
segue il criterio territoriale: è
competente la commissione nella cui
Regione ha sede la commissione
provinciale che ha pronunciato la
sentenza appellata.
La presentazione di un ricorso ad un giudice
territorialmente non competente è un errore
cui si pone rimedio riassumendo la causa
dinanzi al giudice competente, dopo che la
commissione adita si è dichiarata
incompetente.
Se la riassunzione non è eseguita nei termini,
il processo si estingue e l’atto impugnato
diviene definitivo: non è più possibile
riproporre il ricorso, essendo decorso il
termine per impugnare.



La competenza delle commissioni tributarie è
inderogabile.
L’incompetenza è rilevabile anche d’ufficio,
ma solo nel grado al quale il vizio si riferisce.
Contro la sentenza della commissione
tributaria provinciale che dichiara la propria
incompetenza non è proponibile il
regolamento di competenza, ma l’appello.
Se una commissione si dichiara
incompetente ed il processo è riassunto
dinanzi alla commissione dichiarata
competente, non può essere più messa
in discussione la competenza della
commissione adita.
La commissione indicata come
competente da altra commissione,
dinanzi alla quale il processo sia
tempestivamente riassunto, non può a
sua volta dichiararsi incompetente, né
promuovere d’ufficio il regolamento di
competenza dinanzi alla Corte di
cassazione.
Il ricorrente ha l’onere di riassumere il
processo nel termine fissato nella
sentenza o, in mancanza, nel termine di
sei mesi dalla comunicazione, a cura
della segreteria, della sentenza stessa,
diversamente il processo si estingue.
Se la sentenza di primo grado è
appellata, la commissione tributaria
regionale, quando dichiara la
competenza negata dal primo giudice,
deve rimettere la causa alla
commissione provinciale che ha emesso
la sentenza impugnata.
Se la sentenza della regionale non è
impugnata per cassazione, il processo
prosegue in primo grado, senza
necessità di riassunzione ad istanza di
parte.
IL GIUDICE ED I SUOI
AUSILIARI
La ricusazione e l’astensione in
generale
Si tratta di due istituti, intimamente
connessi, attraverso i quali si tenta di
realizzare il valore costituzionale
dell’imparzialità del giudice sotto il
profilo della terzietà, ossia della sua
estraneità rispetto alla controversia che
è chiamato a conoscere e risolvere.
La disciplina della astensione e della
ricusazione è dettata dall’art. 6 del dlgs
546/1992, che rinvia alle norme del
codice di procedura civile; ciò vale a
sottolineare la omogeneità della
disciplina in esame con quella
processualcivilistica.
Sembra non potersi accogliere la tesi di quella
parte della dottrina secondo la quale il rinvio
espresso dell’art. 6 al c.p.c. valga a limitare
l’applicabilità della disciplina della astensione
e della ricusazione ai soli membri delle
commissioni tributarie, escludendone
l’operatività in riferimento ai consulenti
tecnici, secondo quanto previsto dall’art. 63
c.p.c.
Del resto, proprio per effetto della
mancanza di una specifica disciplina per
le ipotesi in cui il consulente tecnico
non si trovi in una condizione di
imparzialità, si determina una lacuna
colmabile facendo leva sul rinvio
generale al c.p.c. contenuto nell’art. 1,
comma 2.
L’astensione


Astensione obbligatoria: ipotesi tassative
indicate dall’art. 51, comma 1, c.p.c. e
dall’art. 6, comma 2, dlgs 546/1992
Astensione facoltativa: esistenza di gravi
ragioni di convenienza la cui verifica è
rimessa all’insindacabile giudizio del giudice
interessato e del giudice chiamato ad
autorizzare l’astensione.
Astensione obbligatoria


La compromissione della terzietà del
giudice può derivare:
dal rapporto tra il giudice e l’oggetto
della causa
dal rapporto tra il giudice e le parti
Rapporto tra il giudice e
l’oggetto della controversia


Interesse nella causa o in altra vertente
su identica questione di diritto: il
giudice può risentire degli effetti della
sentenza che è destinato ad emanare
Precedente consiglio o patrocinio in
causa e precedente cognizione in veste
di giudice o consulente tecnico
Segue…
Il consiglio è un qualsiasi parere dato
alla parte o al suo difensore riguardo al
caso concreto, non un parere proferito
in astratto su questioni generiche di
diritto.
Segue…
Il precedente patrocinio opera quale causa di
astensione solo con riguardo all’attività svolta
dal giudice prima che fosse nominato
membro della commissione tributaria, in
quanto l’art. 8, dlgs 545/92 annovera tra le
cause di incompatibilità del giudice proprio
l’esercizio delle professioni che abilitano al
patrocinio dinanzi le commissioni tributarie.
Segue…
L’obbligo di astensione derivante dalla
precedente cognizione ricorre nel caso
in cui il giudice abbia conosciuto la
stessa causa in un precedente grado di
giudizio.
Segue…
Il riferimento è alla identità di causa e non
alla identità dei fatti (ad es., medesimi fatti
conosciuti in un processo penale, comunanza
di fatti in rapporto a diverse annualità della
medesima imposta).
Questa interpretazione restrittiva si giustifica
con l’intento di circoscrivere al massimo le
cause di astensione.
Rapporto tra il giudice e le
parti

Il giudice o la moglie è parente fino al quarto
grado o è convivente o commensale abituale
di una delle parti o del difensore.
Si ritiene che la convivenza o la
commensualità debbano avere il carattere
della consuetudine di vita comune, tale che il
giudice senta la causa dell’amico come
propria.

Il giudice o la moglie hanno una causa
pendente o grave inimicizia o rapporti di
credito o debito con una delle parti o il
difensore.
Si vuole evitare che il giudice della
controversia sia parte in causa in un
altro procedimento la cui controparte
sia il ricorrente o l’Ufficio.
Segue…
La grave inimicizia (rapporto
particolarmente conflittuale) ricorre
secondo Russo anche quando la parte
sia un ente, non necessariamente tra il
giudice e le persone fisiche titolari di
specifici uffici all’interno dell’ente (come
invece sostiene altra parte della
dottrina).

Il giudice ha o ha avuto rapporti di
lavoro autonomo ovvero di
collaborazione con una delle parti
(ipotesi introdotta dall’art. 6, dlgs
546/1992).
Astensione facoltativa
L’astensione è facoltativa in presenza di
gravi ragioni di convenienza.
Si tratta di ipotesi in cui la scelta del
giudice è del tutto discrezionale.
La mancata astensione facoltativa non
può essere oggetto di ricusazione.
Dalla mancata astensione non derivano
conseguenze né in ordine alla validità o
efficacia degli atti processuali né sotto il
profilo disciplinare.
L’astensione facoltativa non è rimessa
all’esclusivo apprezzamento del giudice
interessato, il quale semplicemente
assume l’iniziativa.
L’astensione del giudice non determina
la sospensione del processo, che
prosegue regolarmente innanzi al
collegio integrato con un altro membro.
La ricusazione
Si tratta di uno strumento messo a
disposizione delle parti per rendere
effettivo e concreto l’obbligo di
astensione del giudice. Esso è l’unico
rimedio per le ipotesi in cui il giudice,
pur essendo obbligato, non si sia
astenuto.
Si tratta di un rimedio esclusivo, in
quanto la sentenza emessa da un
collegio composto da membri per i quali
sussisteva l’obbligo di astensione non
può essere impugnata per questo
motivo se non è stata proposta istanza
di ricusazione.
Duplice presupposto della
ricusazione


Esistenza di una causa di astensione
obbligatoria
Violazione del relativo obbligo
Il procedimento

La ricusazione è richiesta con ricorso
presentato alla commissione almeno
due giorni prima dell’udienza di
discussione, ovvero immediatamente
prima dell’udienza di trattazione
nell’ipotesi che la conoscenza della
composizione della commissione
sopravvenga in una data successiva.
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Il processo tributario - Università degli Studi di Foggia