La posa in opera
Supporto
È fondamentale, quando ci si appresta ad intervenire per la formazione di una pavimentazione o di un rivestimento, avere una perfetta conoscenza della struttura, orizzontale o verticale, da rivestire. Essa può essere costituita da soli elementi portanti o
da altri strati aventi diverse funzioni (strato impermeabilizzante, isolamento termico). I diversi tipi di supporto e la composizione degli strati che lo possono comporre
determinano comportamenti diversi della pavimentazione e l’insorgere di particolarità e problemi che devono essere considerati e risolti.
Le principali tipologie di supporti strutturali orizzontali presenti nell’edilizia attuale
sono:
per gli interni • pannelli prefabbricati in cemento anche alleggeriti (tipo “predal”);
• elementi prefabbricati precompressi e laterizio;
• solaio misto in latero-cemento;
• solaio in acciaio;
• solaio misto in acciaio e laterizio;
• solaio in getto di calcestruzzo in opera;
• solaio ligneo;
per gli esterni • massicciata;
• terreno stabilizzato;
• getto in calcestruzzo armato.
Particolari di pavimentazioni in Porfido Trentino Lastrificato
Pavimentazione in lastre di Rosso Trento
e Porfido Trentino Lastrificato, centro storico di Trento
Inoltre, facendo riferimento alla norme UNI 7998:1979 “Edilizia. Pavimentazioni.
Terminologia.” e UNI 8381:1982 “Edilizia. Strati del supporto di pavimentazione.
Istruzioni per la progettazione e l’esecuzione.” che trattano questi temi, bisogna considerare la presenza funzionale degli strati interposti tra la struttura portante (solaio
o substrato) ed il piano di calpestio che possono essere:
• strato portante o supporto: costituisce il piano di appoggio di tutto il pacchetto
della pavimentazione. Le sue prestazioni strutturali (portata, rigidità e stabilità)
determinano la scelta ed il comportamento di tutti gli strati sovrastanti della pavimentazione. Ha la funzione di resistere alle sollecitazioni meccaniche impresse
dai carichi alla pavimentazione, trasferendole assieme al peso proprio agli elementi strutturali verticali;
• strato drenante: negli esterni o in presenza di acqua, si dovrà prima di tutto eliminare qualsiasi contatto della stessa con il pacchetto della pavimentazione;
• strato di regolarizzazione: livella, aggiungendo o eliminando, piccole differenze
di quota;
• strato di livellamento: ricopre o incorpora elementi tecnici di impianto (tubazioni);
• strato di pendenza: si forma quasi sempre in interventi esterni ed ha la funzione
di conferire alla superficie le pendenze necessarie per lo smaltimento delle acque
meteoriche;
• strato di integrazione degli impianti: è quella parte destinata ad alloggiare le
reti impiantistiche e varia secondo il tipo di prestazioni tecnologiche richieste
all’oggetto edilizio. Esso può avere un valore molto diverso secondo le dimensioni dell’intervento edilizio; può essere per esempio compreso nello strato di
209
Pavimentazione in Porfido Trentino Lastrificato di viale
pedonale, Parco “Gardaland” in provincia di Verona
livellamento oppure richiedere diverse decine di centimetri come nei pavimenti
galleggianti;
• strato di scorrimento o di separazione: ha la funzione di separare tra loro singoli
strati al fine di evitare, compensare o rendere compatibili eventuali scorrimenti
differenziali. A questo scopo sono utilizzati fogli di polietilene, carta catramata,
talora un sottile strato di sabbia asciutta;
• strato di irrigidimento e ripartizione: qualora sussistano dei comportamenti diversificati negli strati costituenti la pavimentazione, oppure alla presenza di strati
troppo deboli (coibentazione) o in corrispondenza di tubazioni o qualora il tipo di
elementi della pavimentazione lo richieda, sarà necessario interporre uno strato
che trasmetta a quello portante le sollecitazioni meccaniche impresse dai carichi
esterni, evitando che gli elementi in superficie possano subire fessurazioni. Questo
strato è composto di solito da una gettata di calcestruzzo armato con rete elettrosaldata;
• strato impermeabilizzante: ha la funzione di rendere impermeabili ai corpi liquidi e gassosi le parti sottostanti della pavimentazione. Generalmente è costituito da
guaine bituminose o polimeriche, talora anche da vernici da stendere a pennello
o da spruzzare con appositi strumenti;
• strato impermeabilizzante al vapore (barriera al vapore): ha la funzione di proteggere altri strati della pavimentazione o della struttura dall’azione di alterazione
che può essere causata dai vapori. Esso è costituito da un foglio impermeabile
(talora in parte traspirante) giustapposto tra i vari strati e talora protetto da danni
derivanti dallo scorrimento;
• strato di isolamento termico: ha la funzione di ridurre le escursioni termiche,
secondo il materiale impiegato e lo spessore dello strato;
• strato di isolamento acustico: serve a ridurre, in relazione al materiale impiegato
ed allo spessore dello strato, le immissioni/emissioni acustiche;
• intercapedine: sempre più spesso, soprattutto per utilizzi in edifici ad elevate
prestazioni tecnologiche, è ricavata un’intercapedine all’interno del sistema pavimentazione. Una struttura metallica autolivellante, formata da diverse componenti verticali e orizzontali, che appoggia sulla struttura resistente, fa da supporto alle
lastre su cui sono posizionati gli elementi di finitura;
• strato di allettamento di posa: collocato in posizione immediatamente sottostante
agli elementi della pavimentazione, ha la funzione di legare questi ultimi allo strato sottostante; può essere composto di malta cementizia con uno spessore di qualche centimetro, oppure da collanti di varia natura per uno spessore non superiore
ad un centimetro;
• strato di collante di posa: strato aderente a spessore molto basso, avente la
funzione di collegare gli elementi di finitura con l’ultimo strato del pacchetto di
pavimentazione;
• strato di finitura e rivestimento: strato di finitura superficiale, costituito nel nostro
caso da elementi lapidei; nella posa di questo strato deve essere posta la massima
cura, poiché si opera su ciò che il fruitore finale vede e/o calpesta.
Le prestazioni di una pavimentazione derivano dal comportamento di ogni singolo
strato, dalle interazioni d’insieme di tutti gli strati e degli elementi che la compongono. Le funzioni svolte da questi strati sono molto spesso accorpate in pochi strati,
210
per ridurre la complessità di realizzazione, senza compromettere i requisiti delle
prestazioni.
Spazi esterni pavimentati in cubetti di Porfido Trentino
Lastrificato, Teatro Kursaal (Merano)
Sottofondo di posa
Il termine sottofondo di posa è comunemente inteso quale superficie dello strato immediatamente sottostante lo strato di allettamento o di collante che fa aderire gli elementi lapidei alle parti resistenti della pavimentazione e del rivestimento. Esso può
essere costituito da tutti o soltanto da qualcuno degli strati premenzionati, secondo
il tipo di utilizzo e la destinazione finale del manufatto. In taluni casi è costituito ad
esempio dalla superficie della soletta dello strato portante o dallo strato di ripartizione o di livellamento, oppure, nel caso di esterni, dalla gettata in calcestruzzo o da uno
strato di massicciata stabilizzata.
È necessario pertanto adeguare il sistema di posa in opera degli elementi lapidei al
tipo di sottofondo esistente, scegliendo la tecnica più opportuna.
In particolare, i requisiti e le prestazioni di un sottofondo di posa possono essere così
schematizzati:
• conformità alle quote di progetto: la quota del sottofondo deve essere tale da
permettere senza forzature la perfetta esecuzione della posa degli elementi della pavimentazione allettati nel proprio strato. Con la posa a colla questo requisito è fondamentale, poiché avendo lo strato collante uno spessore molto basso, le opportunità di
correzione delle quote sono normalmente ristrette;
• resistenza fisico-meccanica e staticità: il sottofondo deve resistere a tutti i carichi
e le sollecitazioni gravanti sugli strati della pavimentazione e trasmetterli alle parti
strutturali; eventuali movimenti o sollecitazioni della struttura invece dovrebbero
essere fortemente contenuti e pervenire allo strato di finitura in modo controllato.
Questo comporta una particolare attenzione nella preparazione delle malte e delle
armature ed un puntuale rispetto dei tempi di esecuzione e di maturazione delle
opere. È importante inoltre interporre uno strato di scorrimento, prima di realizzare il sottofondo, quando si intravede la possibilità che le parti strutturali possano
trasmettere movimenti di qualsiasi natura. Nei rivestimenti il sottofondo deve essere
compatto, l’eventuale intonaco ben aderente al supporto, che deve essere dimensionato per sopportare i tipi di carico e le sollecitazioni che le varie tecniche di fissaggio
comportano;
• pulizia della superficie: per evitare che gli strati di finitura lapidea possano sconnettersi o assumere macchie od aloni deturpanti, la superficie del sottofondo deve essere solida, priva di sconnessioni e parti asportabili ed immune da residui di vernici,
additivi, oli, cere, segatura, mozziconi di sigaretta, elementi metallici (chiodi, pezzi di
filo di ferro, segatura di ferro ed elementi ossidanti), scarti di cantiere. Per consentire
una maggiore aderenza, occorre anche rimuovere la polvere e bagnare moderatamente con acqua pulita.
Giunti tecnici
In relazione ai rapporti con le altre parti strutturali ed alle condizioni ambientali, le
pavimentazioni ed i rivestimenti possono risentire di tensioni di vario genere. Tensioni che possono provocare nelle lastre fessurazioni, rotture, fuoriuscita dalla propria
sede, con grave danno sia funzionale sia estetico. Per eliminare queste tensioni si
211
Arredo urbano in Porfido Trentino Lastrificato e Verdello
(Strembo)
Spazi estrerni pavimentati in Porfido Trentino Lastrificato di
edificio commerciale (Porto Mantovano)
devono predisporre dei giunti speciali, di tipologia variabile in base alla funzione, che
permettono un limitato movimento tra le diverse parti dell’edificio.
I principali tipi di giunto possono così essere suddivisi:
• giunti strutturali: sono quelli che ripetono, su tutti gli strati della pavimentazione,
il giunto presente nel sottostante supporto strutturale; devono essere studiati ed eseguiti con particolare cura e richiedono quasi sempre pezzi speciali;
• giunti desolidarizzanti (di separazione): separano la pavimentazione (intesa come
finitura ed allettamento) dalle parti che la delimitano o la attraversano, quali pareti,
colonne. Possono essere costituiti da una striscia di materiale comprimibile ma non
deteriorabile (polistirene, polistirolo espanso), lungo le connessioni perimetrali con le
pareti. In corrispondenza della superficie devono essere impiegati materiali compatibili con gli elementi della pavimentazione, sicuri e non danneggiabili al calpestio, né
che possano macchiare o sporcare;
• giunti di dilatazione: permettono al pacchetto della pavimentazione (allettamento
e finitura) di dilatarsi al variare delle condizioni di temperatura e di umidità; devono
essere predisposti per contenere pavimentazioni non superiori ai 25 m² nel caso di
interni e di 16 m² per gli esterni. Devono inoltre essere scelti tenendo presente la
tecnica di posa, la tessitura, il colore ed il disegno della superficie, nonché gli aspetti
legati alla durevolezza ed alla manutenzione;
• giunti di flessione: permettono la compensazione delle variazioni dimensionali
dovute ad alterazioni morfologiche, quali vibrazioni e deflessioni;
• giunti di ritiro: nascondono le fessurazioni dovute al ritiro dei massetti di calcestruzzo.
Si deve inoltre prestare un’attenzione particolare nel predisporre opportuni giunti
nei pavimenti con dimensioni superiori a 7 m quando è presente il riscaldamento a
pavimento o una forte insolazione, come nel caso di ampie superfici finestrate.
In commercio si possono trovare essenzialmente due grandi famiglie di giunti elastici:
quelli sotto forma di profilati e quelli sotto forma di materiale sigillante.
Tecniche di posa in opera
La qualità di un’opera eseguita in materiale lapideo dipende in modo determinante,
oltre che da una buona progettazione e da un’accurata lavorazione dei materiali,
anche da una corretta messa in opera. La grande esperienza, la mano e l’occhio di
un buon posatore possono valorizzare, talora in maniera determinante, il risultato di
un’opera.
In questa parte saranno trattate le diverse tecniche di posa in opera maggiormente in
uso per l’installazione di pavimenti e rivestimenti in materiale lapideo.
È importante che l’operatore sia perfettamente a conoscenza dei disegni esecutivi
complessivi, del tipo di finiture superficiali, delle quote, degli allineamenti, delle
tolleranze di posa, delle distinte di taglio e lavorazione che devono accompagnare i
lavorati provenienti dal laboratorio.
Chi esegue la posa in opera dovrebbe possedere, oltre all’esperienza necessaria,
anche tutta la strumentazione tecnica indispensabile; si devono inoltre seguire dettagliatamente le disposizioni della direzione lavori e, nell’uso dei materiali occorrenti
sia lapidei sia di altro genere, seguire scrupolosamente le indicazioni del produttore.
La superficie di posa deve essere nelle condizioni ottimali relativamente alla tecnica
212
Piazza centrale pavimentata in Porfido Trentino Lastrificato
(Travagliato-Brescia)
arch. Mario Botta
Lungolago realizzato con cubetti e lastre di Porfido Trentino
Lastrificato, copertine in Verdello (Riva del Garda)
adottata. Tutti i materiali impiegati nel ciclo di posa in opera non devono in alcun
modo essere causa di macchie, ossidazioni, efflorescenze. In particolare l’acqua deve
essere usata nelle giuste dosi, onde evitare ristagni, affioramenti e la sfarinatura
dei materiali di allettamento. L’acqua inoltre deve essere pulita, priva di ossidi di
ferro, sali e di qualsiasi altra impurità o sostanza in grado di causare irregolarità nel
processo di presa o efflorescenze di ogni natura. Anche gli inerti ed i leganti devono
essere esenti da sostanze terrose ed argillose, da sali ed ossidi di qualsiasi natura e
da sostanze organiche. In cantiere tutti i materiali necessari alla posa devono essere
stoccati, movimentati e trattati in modo tale da non subire danneggiamenti o alterazioni di sorta e conservati in luoghi idonei e puliti. Le aree sottoposte a lavorazione
ed i prodotti devono essere protetti da possibili urti e contatti derivanti da altre lavorazioni di cantiere. Le operazioni di sigillatura devono essere iniziate dopo l’asciugatura dello strato di allettamento ed essere ultimate, anche per settori, senza riprese
e rispettando i tempi di presa dei materiali impiegati. Essendo la sigillatura una
finitura particolarmente importante per la riuscita dell’opera, deve essere eseguita a
regola d’arte sulla superficie perfettamente pulita e protetta da possibili danneggiamenti. Nel caso di pavimentazioni esterne, la sigillatura ha la funzione di riempire
tutti i possibili vuoti tra un elemento e l’altro, in modo tale da impedire la possibilità
di infiltrazioni d’acqua. Infatti l’acqua, tramutata in ghiaccio dai rigori invernali, potrebbe provocare il distacco degli elementi ed il dissesto dell’intera pavimentazione.
Inoltre l’esperienza insegna che il tempo intercorrente tra la fine delle operazioni di
posa e la fine del cantiere è molto delicato, a causa di operazioni eseguite sulla superficie finita senza le cautele necessarie ad evitare rotture, graffi, macchie e quant’altro.
È perciò sempre consigliabile che la posa degli elementi lapidei (pavimentazioni e
scale soprattutto), specie all’esterno, sia eseguita quando tutti o quasi gli altri lavori
di finitura, quali intonaci, sono stati ultimati. Nel caso inoltre di interventi sulla superficie finita, quali l’asportazione di aloni o il trattamento con materiali impregnanti,
è assolutamente necessario che ogni prodotto impiegato (segatura, acidi, oli) non sia
causa né presente, né futura di danni alla finitura della superficie.
Tecniche di posa in opera tradizionali
Si considerano tradizionali quelle tecniche di posa in opera ormai in uso da diversi
decenni che si basano sulla giustapposizione degli elementi lapidei tramite uno strato
legante costituito da malta o colla e/o di zanche o grappe di ancoraggio.
La tecnica di posa deve essere scelta tenendo conto di diversi aspetti, quali:
• quote del sottofondo e di finitura: ogni tecnica abbisogna di uno spessore minimo
e massimo per essere eseguita correttamente, per cui lo strato di franco disponibile determina la scelta della tecnica;
• litotipo utilizzato: la tecnica di posa può essere determinata dalle caratteristiche
fisico-meccaniche della pietra impiegata (nel caso si utilizzino materiali igroscopici, per esempio, va evitata la malta);
• tipo di utilizzo della superficie: se lo strato di finitura deve supportare carichi su
ruote in movimento, il grado di adesione allo strato sottostante deve essere massimo;
• spessore del litotipo e relative tolleranze: con spessori superiori a 2 cm è meglio
utilizzare una delle tecniche a malta, mentre con spessori fino a 2 cm, specialmen213
214
•
•
te se con tolleranze dimensionali minime, si hanno ottimi risultati posando con lo
strato collante;
tempi di esecuzione: i tempi di cantiere possono talora determinare la scelta di
un metodo piuttosto di un altro; se, ad esempio, devono intercorrere tempi molto
rapidi tra l’esecuzione e l’utilizzo operativo delle superfici, è meglio utilizzare la
posa con collanti;
livello qualitativo e grado di esperienza della manodopera.
Le tecniche di posa in opera tradizionali più diffuse possono essere così distinte:
pavimenti:
• malta con spolvero di cemento;
• malta semisecca con boiacca di cemento;
• malta da muratura;
pavimenti e rivestimenti:
• collanti;
rivestimenti:
• imbottitura e zanche di ancoraggio.
Finestra e mascherone in Verdello
di palazzo Malfatti (Trento)
Malta con spolvero di cemento
Lo spessore necessario per la posa di questo tipo di strato di allettamento deve essere
variabile tra 3 e 6 cm.
Questo sistema di posa è applicato soprattutto quando occorre inglobare nello strato
di allettamento le tubazioni degli impianti, adattare le quote di cantiere a quelle di
progetto, compensare forti differenze di spessore (ad esempio porfido), pavimenti
prelucidati.
Non indicato con materiali lapidei assorbenti, soprattutto se di colore chiaro e spessore contenuto.
I materiali occorrenti per la formazione di questo strato sono: cemento Portland 325,
acqua, sabbia da muratura di granulometria 0 - 4 mm, cemento bianco ed eventuale
calce idrata.
Per la composizione della malta si miscela il cemento in dosi di 300 kg ogni m³ di
inerte con l’apporto di acqua fino ad ottenere una malta di consistenza simile alla terra umida. Si può aggiungere calce idrata per migliorare la lavorabilità dell’impasto.
Per le operazioni di sigillatura si adopera una boiacca molto densa, formata da un
impasto di cemento bianco (o Portland per prodotti di colore grigio o scuro) allo stato
puro, miscelato con acqua.
Il sottofondo di posa deve essere il più possibile livellato e seguire le pendenze della
pavimentazione finita; la superficie deve essere pulita, anche da polvere e residui di
lavorazioni. La superficie va poi bagnata bene con acqua pulita, possibilmente con un
getto tipo “annaffiatoio” evitando qualsiasi ristagno.
Dopo aver controllato i livelli, si procede alla formazione delle fasce di riferimento,
posizionando poi con velocità e precisione della malta tra le fasce stesse. Si livella
la malta con una staggia e si spolvera la superficie di posa con cemento (bianco o
Portland secondo il litotipo). La superficie inferiore dell’elemento lapideo deve essere
perfettamente pulita e bagnata per consentire una perfetta presa. Le lastre devono
essere sistemate secondo i disegni e le figure indicate dalla direzione lavori ed es215
sere battute con martelli di gomma fino alla loro sistemazione complanare a quelle
adiacenti. Durante tutte le fasi di lavorazione si deve operare con cura affinché la
pavimentazione risulti pulita.
Quando il pavimento ha raggiunto la compattezza necessaria (di solito dopo 24 ore
dalla posa), si può procedere alla sigillatura delle fughe. Prima si inumidisce la superficie quanto basta (senza creare ristagni e tenendo conto delle condizioni atmosferiche e del tipo di materiale lapideo); quindi, sopra tutta la superficie, si versa la
boiacca stendendola con spatoloni di gomma direzionati a 45 gradi rispetto alle fughe
fino a completa saturazione di tutti i vuoti presenti. Si procede ad un’accurata pulizia
finale ottenuta con spatoloni gommati, spugne inumidite, trucioli o segatura di legno
di essenze e consistenza adatte.
Pavimento interno realizzato con Granito dell’Adamello
(Tonalite) e Porfido Trentino a Blocchi (Mezzana)
Pavimentazione e gradini in Porfido Trentino Lastrificato
(Livo)
Malta semisecca con boiacca di cemento
Questo sistema, molto simile al precedente, si differenzia per le indicazioni di utilizzo: garantendo una totale adesione della superficie inferiore delle lastre allo strato
di allettamento, è più indicato nei casi di posa di elementi di grande formato, oppure
sottoposti a particolari sollecitazioni, come ad esempio quelle date da ruote od oggetti
in movimento, oppure nella posa di materiali poco porosi.
Nelle operazioni di posa si procede in maniera analoga al metodo precedente per
quanto riguarda il tipo di materiali occorrenti e la formazione degli impasti. Una volta però giustapposto l’elemento da posare sul letto definitivo, ottenuto battendo con
appositi strumenti la lastra nell’allettamento, esso dovrà essere tolto delicatamente e
la sua superficie inferiore totalmente cosparsa di boiacca cementizia allo stato liquido
con l’eventuale aggiunta di lattice. L’elemento andrà riposizionato tramite battitura
nella sua sede definitiva in modo complanare ed allineato con gli altri.
Le operazioni di sigillatura sono svolte in modo identico al caso precedente.
Malta da muratura
Molto simile a quelli già visti, questo metodo utilizza un impasto più grasso, miscelando circa 400 kg di cemento Portland 325 per ogni m³ di sabbia e circa 80 kg di
calce idrata. L’impasto è poi steso in modo sufficiente per allettare uno o due pezzi e
ulteriormente inumidito con acqua pulita. L’elemento lapideo trova quindi la sua collocazione definitiva tramite battitura con martello di gomma. Tutte le altre operazioni
si svolgono in maniera analoga ai metodi precedentemente illustrati.
Collanti
Questa tecnica di posa consiste nell’applicare in opera gli elementi di pavimentazione
o di rivestimento tramite uno strato collante steso sulla superficie di posa. Si tratta di
una tecnica sviluppatasi soprattutto nel campo della ceramica, ma che in questi ultimi
decenni, visti i notevoli progressi dei materiali adesivi, sta incontrando sempre maggior successo anche nella posa dei prodotti lapidei. Infatti, le ditte produttrici sono
presenti sul mercato con prodotti che garantiscono una sempre maggior durata della
presa nel tempo, elasticità, impermeabilità e resistenza agli sbalzi termici, nonché
con valori rassicuranti di resistenza allo strappo.
Questa tecnica abbisogna di sottofondi di posa particolarmente accurati, sia per quanto
riguarda le quote ed i livelli, sia per la loro consistenza e regolarità: lo strato di alletta216
mento in materiale collante, infatti, consente delle compensazioni minime. D’altro canto, oltre a quelli già accennati, esistono altri vantaggi in questo metodo, quali la rapidità
di esecuzione, visti anche i limitati tempi di presa, la possibilità di impiegare elementi
di pavimentazione o rivestimento di spessore molto sottile (fino ad 1 cm) e l’opportunità di incollare gli elementi lapidei direttamente su un altro pavimento. Si possono
distinguere allo stato attuale tre grandi famiglie tra i materiali collanti maggiormente
impiegati nelle pavimentazioni e nei rivestimenti in materiale lapideo:
• cemento - colla: si tratta di un adesivo a base di cemento ed inerti particolari,
preconfezionato dalle ditte produttrici e miscelato al momento dell’uso con acqua ed
eventuali resine nelle dosi indicate dai produttori;
• cemento - lattice: si tratta di un impasto adesivo costituito da cemento, sabbie
particolarmente selezionate con l’aggiunta di lattice. Esistono impasti già preconfezionati, oppure da mescolare in cantiere nelle dosi fissate dai produttori;
• adesivi speciali: sono prodotti ad elevato potere adesivo, composti da uno, due o tre
componenti a base di resine o composti similari. Sono utilizzati soprattutto quando è
richiesta grande velocità nelle operazioni di posa e nell’utilizzo della pavimentazione
finita.
Negli ultimi anni sono proliferati molti prodotti studiati per i materiali lapidei. Essendo impossibile fornire indicazioni valide per tutti, è opportuno che i tecnici interessati
consultino direttamente la documentazione delle ditte produttrici, onde poter conoscere i tipi di prodotto, i campi di applicazione e le modalità d’uso.
È buona norma inoltre nell’esecuzione della stessa opera ricorrere a prodotti quali
colle, adesivi chimici, malte premiscelate della stessa ditta produttrice, per evitare
casi di incompatibilità tra i vari componenti, come pure utilizzare attrezzatura appropriata nell’applicazione degli strati adesivi. La superficie in vista già pavimentata
deve essere tenuta perfettamente pulita da eventuali residui di adesivo tramite l’uso
di una spugna umida. È chiaro che bisognerà prestare particolare attenzione, nella
posa e soprattutto nella sigillatura, a sostanze che possano contenere ossidi o coloranti e che anche nel tempo possano provocare alterazioni cromatiche o macchie
sulla superficie.
Fase di lavorazione ed opera finita di elementi architettonici
di Granito Rosa di Predazzo (Predazzo)
217
Esempi possibili di soluzioni tecniche per la realizzazione del sottofondo di posa per
pavimenti (*)
Metodo di posa con strato
di allettamento
Metodo di posa con strato
collante
Soletta in c.a. dello strato portante
priva di tensioni, movimenti e
vibrazioni;
Strato di ripartizione completamente maturato;
Strato di livellamento completamente maturato, privo di tensioni,
movimenti e vibrazioni.
La superficie deve essere il più
possibile livellata.
La superficie deve essere perfettamente livellata e priva di
asperità.
Se necessario procedere con uno
strato di regolarizzazione a base
di malta.
Strato portante soggetto a movimenti strutturali, solai realizzati
in c.a., laterocemento, acciaio,
legno e misti.
Posa di uno strato di scorrimento
costituito ad esempio da un foglio
di polietilene. Si procede quindi
alla realizzazione di uno strato
di ripartizione dei carichi e di
irrigidimento del solaio, costituito
da un manto cementizio di 4 cm
di spessore minimo armato con
rete elettrosaldata; la superficie
deve risultare livellata. La posa
deve avvenire dopo la completa
maturazione del massetto.
Posa di uno strato di scorrimento
costituito ad esempio da un foglio
di polietilene. Si procede quindi
alla realizzazione di uno strato di
ripartizione dei carichi e di irrigidimento del solaio, costituito da
un manto cementizio di 4 cm di
spessore minimo armato con rete
elettrosaldata; la superficie dovrebbe risultare livellata. La posa
deve avvenire dopo la completa
maturazione del massetto.
Strato di impermeabilizzazione.
Si può procedere alla posa degli
elementi di pavimentazione con
uno strato di allettamento di
almeno 4 cm. È consigliata la tecnica di posa con malta cementizia
semisecca.
Se il sistema di impermeabilizzazione non consente di incollare
direttamente su di esso gli elementi di pavimentazione, si deve
realizzare un massetto cementizio
di almeno 4 cm armato con rete
elettrosaldata. La superficie deve
essere livellata e priva di asperità.
Strato di isolamento termico ed
acustico soggetto ad essere deformato sotto l’azione di carichi
concentrati applicati.
Posa di uno strato di scorrimento
costituito ad esempio da un foglio
di polietilene. Si procede quindi
alla realizzazione di uno strato
di ripartizione dei carichi e di
irrigidimento del solaio, costituito
da un manto cementizio minimo
di 4 cm di spessore armato con
rete elettrosaldata; la superficie
deve essere livellata. La posa
deve avvenire dopo la completa
maturazione del massetto.
La superficie deve essere perfettamente livellata e priva di
asperità.
Se necessario procedere con uno
strato di regolarizzazione a base
di malta.
Impianto radiante a pavimento
inglobato entro lo strato di ripartizione carichi gettato su strato
isolante protetto da barriera al
vapore.
Si può procedere alla posa degli
elementi della pavimentazione.
Posa di uno strato di scorrimento
costituito ad esempio da un foglio
di polietilene. Si procede quindi
alla realizzazione di uno strato
di ripartizione dei carichi e di
irrigidimento del solaio, costituito
da un manto cementizio minimo
di 4 cm di spessore armato con
rete elettrosaldata; la superficie
deve essere livellata. La posa
deve avvenire dopo la completa
maturazione del massetto.
Strati funzionali
Fase di posa in opera di gradini in Granito Rosa di Predazzo
(Predazzo)
218
Metodo di posa con strato
di allettamento
Metodo di posa con strato
collante
Elementi di pavimentazione in
legno (pavimento esistente) perfettamente ancorati al loro sottofondo di posa.
Posa di uno strato di scorrimento costituito ad esempio da un
foglio di polietilene. Si procede
quindi alla posa degli elementi di
pavimentazione con uno strato di
allettamento di almeno 4 cm.
Posa di uno strato di scorrimento
costituito ad esempio da un foglio
di polietilene. Si procede quindi
alla realizzazione di uno strato
di ripartizione dei carichi e di
irrigidimento del solaio, costituito
da un manto cementizio minimo
di 4 cm di spessore armato con
rete elettrosaldata; la superficie
deve essere livellata. La posa
deve avvenire dopo la completa
maturazione del massetto.
Ovvero strato di scorrimento a basso
spessore realizzato con reti sintetiche e malte additivate, su cui sono
poi posati gli elementi con collanti.
Elementi di pavimentazione in
ceramica, cemento, materiale
lapideo (pavimento esistente)
perfettamente ancorati al loro
sottofondo di posa.
Sottofondo pronto per la posa.
Il pavimento deve essere perfettamente lavato con acqua e soda
caustica in rapporto di circa 9 litri
per 1 kg di soda. Sciacquare bene
con acqua pulita. Il collante utilizzato deve essere compatibile con
la porosità del sottofondo.
Elemento
tessile.
Togliere completamente il rivestimento, eliminando eventuali residui di collante con idonei solventi,
spazzolare la superficie con acqua
e soda caustica in rapporto di circa
9 litri di acqua per 1 kg di soda.
Sciacquare bene con acqua pulita.
Togliere completamente il rivestimento, eliminando eventuali residui di collante con idonei solventi,
spazzolare la superficie con acqua
e soda caustica in rapporto di circa
9 litri di acqua per 1 kg di soda.
Sciacquare bene con acqua pulita.
Strati funzionali
Piazzale pensile pavimentato in lastre di Granito
dell’Adamello (Tonalite) e Porfido Trentino Lastrificato
(Mezzana)
di
pavimentazione
(*) Da “Tecniche di posa del marmo”, opera citata
Caratteristica posa in opera a cerchio di cubetti di Porfido
Trentino Lastrificato all’interno di riquadrature in lastre di
Granito dell’Adamello (Tonalite), piazza Benvenuti (Mezzana)
Imbottitura e zanche di ancoraggio
Riservata quasi esclusivamente agli interventi di rivestimento, questa tecnica si basa sulla
giustapposizione di ogni singolo elemento, fissato con zanche di ancoraggio di acciaio preferibilmente inox alla struttura di supporto ed imbottito con malta da muratura. La funzione portante è svolta quindi da elementi metallici, ma anche per adesione dall’imbottitura
stessa. Gli elementi, appoggiando gli uni sugli altri, obbligano in tal modo alla formazione di
giunti chiusi ed all’utilizzo di lastre con spessore sempre maggiore di tre centimetri, anche
per garantire una maggior resistenza allo strappo. Questo tipo di rivestimento per questioni
di sicurezza non dovrebbe superare l’altezza di 3,5 m, a meno che non si proceda ad una
progettazione dettagliata, configurando dei corsi lapidei a spessore maggiorato, aumentando il numero degli ancoraggi e sottoponendo ad accurata valutazione tutti i possibili fattori
di degrado, quali umidità, infiltrazioni, escursioni termiche, dilatazioni.
Pavimenti in porfido
Per quanto riguarda l’utilizzo e la posa dei materiali di porfido si rimanda alla bibliografia edita dall’E.S.Po - Ente Sviluppo Porfido - Albiano, che tratta in maniera molto
esauriente queste tematiche. In questo volume sono illustrate le peculiarità di alcuni
tra i più importanti prodotti dell’industria del porfido, ormai famosi in tutto il mondo,
quali i cubetti, le piastrelle ed il lastrame.
219
Tradizionale posa di cubetti secondo la tecnica ad archi
contrastanti
Selciato in cubetti
Considerata un’evoluzione tecnologica dell’acciottolato, la tecnica delle pavimentazioni realizzate in cubetti di pietra vanta tradizione ed esperienze ultrasecolari. Si
basa sulla giustapposizione degli elementi di pietra su uno strato di allettamento soffice composto da sola sabbia di granulometria piuttosto grossa (3-6 cm) o da sabbia
premiscelata con cemento nelle giuste dosi, disposto su un sottofondo resistente. Le
figurazioni di posa più utilizzate sono nell’ordine:
• ad archi contrastanti: la pavimentazione è posata in una serie successiva di archi
di cerchio;
• a file parallele (molto raramente ortogonali): quando gli elementi sono predisposti
in lunghe file diritte;
• a coda di pavone (od a ventaglio): gli elementi seguono una caratteristica figurazione;
• a cerchi concentrici: posta una lastra circolare nel centro, si formano cerchi in
consecuzione;
• ad archi alternati: gli archi cambiano continuamente direzione;
• secondo vari disegni e figurazioni: grazie alla grande versatilità formale ed alla
duttilità esecutiva.
Gli elementi, posizionati secondo il disegno prescelto sullo strato di allettamento, sono
livellati e compressi nella loro sede definitiva per mezzo di una compattatrice meccanica che svolge la cosiddetta battitura. Gli interstizi rimasti tra un cubetto e l’altro sono
poi costipati e sigillati tramite sabbia o boiacca di cemento composta in parti uguali da
cemento, sabbia fine ed acqua. Le operazioni di pulitura finale della superficie devono
lasciare gli elementi di pietra molto puliti e le fughe leggermente ribassate.
Grazie alla famosa resistenza del porfido ed alla ricca gamma di pezzature esistenti,
questo tipo di finitura può essere eseguito su ogni superficie esterna sottoposta a
qualsiasi tipo di utilizzo e di sollecitazione.
Piastrelle
Quasi tutti i prodotti realizzati con il porfido della Valle di Cembra sono ottenuti da
lastre a piano e spessore naturale, cerniti e separati in varie tolleranze dimensionali.
Come già evidenziato in altre parti di questa pubblicazione, le piastrelle di porfido
possono avere i lati segati oppure a spacco, ma non esiste alcuna differenza nel sistema di posa, se non per quanto riguarda la larghezza delle fughe: intorno ai 15
mm per le grezze e ai 5 mm per quelle fresate. Le piastrelle dunque devono essere
posate su uno strato di allettamento composto da malta cementizia e posizionate singolarmente tramite battitura con martelli di gomma nella loro sede definitiva, aggiustando, lastra per lastra, lo strato di allettamento. È buona regola cospargere l’intera
superficie inferiore della lastra con boiacca cementizia, onde garantire una perenne
adesione delle lastre agli strati sottostanti. Le fughe rimaste tra le lastre sono colmate
tramite boiacca allo stato semiliquido, composta da cemento, acqua e sabbia fine in
parti uguali. La superficie va perfettamente pulita con l’ausilio di spatoloni di gomma
e segatura di legno.
Fasi di posa in opera di piastrelle di Porfido Trentino
Lastrificato (Germania)
Lastrame
Prodotto anch’esso di ampissimo consumo e di lunghe tradizioni, sembra essere
penalizzato in questi ultimi tempi dalla fama di prodotto povero, non più all’altez220
za delle esigenze attuali. Al contrario questo versatile manufatto, se sapientemente
utilizzato, magari insieme con altri formati e tipologie di materiali, od utilizzando le
pezzature più grandi e soprattutto se posto in opera da operatori capaci e sensibili,
può riservare ancora delle piacevoli sorprese, considerato anche i costi estremamente concorrenziali.
Il lastrame di porfido, detto anche opera incerta, palladiana, mosaico, è posto in
opera come precedentemente descritto per le piastrelle. È necessario usare molta
accortezza nel posare i pezzi vicini gli uni agli altri per formare spazi di fuga il più
ristretti e regolari possibile.
Coronamento di laghetto con lastre e ciottoli di Porfido
Trentino Lastrificato (Laimburg)
Costruzione di murature rustiche con Porfido Trentino
Lastrificato, parco Baldessari (Albiano)
Acciottolato e pietrischi per pavimentazione e rivestimento
L’acciottolato è un tipo di pavimentazione adottato quasi esclusivamente in spazi
esterni adibiti al traffico pedonale e carrabile leggero. Si utilizzano pietre di forma
arrotondata provenienti dagli alvei dei fiumi, pulite e selezionate in base alle dimensioni. La pavimentazione in acciottolato si è diffusa nelle città europee in tempi
relativamente recenti, a partire dal XVIII secolo, per rendere più comode e salubri
le vie e le piazze a maggior traffico pedonale e di mezzi a trazione animale. La facile
reperibilità delle pietre e la rapidità di esecuzione, associati ad un rilevante contenuto
estetico delle superfici trattate, sta alla base del successo passato e presente di queste
pavimentazioni.
Dalle varie aree di produzione provengono ciottoli di rocce diverse (graniti, porfidi) e
quindi di caratteristiche fisico-meccaniche e cromatiche anche molto diverse. I produttori selezionano innanzitutto i sassi in base al loro colore ed alla loro pezzatura.
Per configurare un piano di calpestio più comodo in questi ultimi anni è iniziata
la produzione di ciottoli spaccati, che presentano cioè la faccia in vista spaccata a
compressione lungo la diagonale minore e quindi piuttosto piana. Anziché ciottoli
spaccati e quindi ancora piuttosto rustici, per ottenere un effetto ancora più pregiato,
adatto perfino per ambienti interni, si possono utilizzare ciottoli segati, praticamente levigati. I ciottoli più grossi possono essere adoperati per la formazione di muri,
oppure anche quali elementi di arredo per giardini. Sono commercializzati sfusi, in
cassoni di legno oppure in sacconi di plastica.
Pezzature tradizionali dei ciottoli
Pagina precedente
Rivestimento verticale in Porfido Trentino Lastrificato
(Albiano)
Pagina a fianco
Raffigurazione della rosa dei venti in ciottoli e cubetti
di Porfido Trentino Lastrificato, piazza Erbe (Rovereto)
223
Tipo
Diametro minore
(cm) circa
Altezza
(cm)
Massa per unità di superficie
(kg/m²) circa
3/5
da 3 a 6
superiore a 5
80
4/6
da 4 a 7
superiore a 6
105
6/8
da 6 a 9
superiore a 8
125
8/10
da 8 a 11
superiore a 11
145
10/12
da 10 a 14
superiore a 13
180
12/15
da 12 a 15
superiore a 15
220
15/30
da 15 a 30
da 14 a 20
30/150
da 30 a 150
da 30 a 150
Pezzature tradizionali dei ciottoli tranciati
Viale di accesso in Porfido Trentino Lastrificato,
Teatro Dal Verme (Milano)
Pavimentazione e rivestimenti in Porfido Trentino Lastrificato
e Verdello, parco Baldessari (Albiano)
Tipo
Diametro
(cm) circa
Altezza massima
(cm) circa
Massa per unità di superficie
(kg/m²) circa
4/6
da 4 a 7
da 4 a 6
70
6/8
da 6 a 9
da 5 a 8
85
110
8/10
da 8 a 11
da 7 a 11
10/12
da 10 a 12
da 10 a 13
160
12/15
da 12 a 15
da 10 a 15
210
15/30
da 15 a 30
da 14 a 20
330
La posa in opera tradizionale dell’acciottolato prevede che i ciottoli siano posati normalmente di punta, serrati gli uni accanto agli altri, secondo i disegni e le quote di
progetto. Si possono distinguere i seguenti principali tipi di posa in opera:
• posa su sola sabbia: adatta solo per superfici esterne e con ciottoli di pezzatura non
inferiore al tipo 6/8, prevede la stesura su un sottofondo resistente di uno strato di
allettamento di sola sabbia a granulometria idonea (vaglio 0,1 - 0,5 cm). Gli elementi
sono posati solo di punta ed infilati nella sabbia per più della metà dell’altezza o asse
maggiore ed in modo che le teste sporgano in modo uniforme. Si procede quindi ad
un primo intasamento con sabbia ed acqua degli interstizi ed alla battitura, onde
compattare e livellare lo strato posato. Si procede quindi alla sigillatura, ottenuta
semplicemente ricoprendo in tempi successivi ed in misura abbondante sempre con
sabbia l’intera superficie, in modo da chiudere ogni eventuale mancanza o vuoto
presenti. Nel tempo inoltre è necessario garantire una certa manutenzione consistente nel riportare la sabbia eliminata dal naturale dilavamento causato dagli eventi
atmosferici;
• posa su sabbia e legante: in questo caso lo strato di allettamento, posizionato sul
sottofondo resistente, è costituito da una miscela composta di sabbia a granulometria
idonea (vaglio 0,1 - 0,5 cm) e legante (cemento o calce) in percentuale del 3% allo
stato asciutto. Gli elementi sono posizionati quindi preferibilmente di punta (talora
e solo in caso di superfici esclusivamente pedonali anche di piatto) e posti nella loro
sede definitiva in maniera analoga alla precedente. Anche il materiale di intasamento
è composto da sabbia e legante: quest’ultimo, durante le operazioni di battitura in
seguito all’uso abbondante di acqua, inizierà il processo di presa interessando anche
lo strato di allettamento. La sigillatura si può eseguire principalmente in due modi:
il primo, definito “fugatura a secco”, consiste nel preparare una miscela asciutta di
sabbia piuttosto fine e legante (30 - 40% in peso rispetto alla sabbia). Questa miscela
deve essere stesa con scope sopra la pavimentazione in modo da lasciare sporgere
le teste dei ciottoli. Con un getto nebulizzato di acqua si provvede poi a bagnare la
miscela che cala alla quota giusta e contemporaneamente a lavare i sassi, conferendo
loro l’aspetto pulito e definitivo. Il secondo, definito “fugatura con boiacca”, consiste
nello spargere una miscela allo stato liquido di sabbia fine, cemento ed acqua in parti
uguali sopra la pavimentazione. Trascorso il tempo necessario, in funzione anche
delle condizioni atmosferiche, si procede ad una pulizia attenta e sollecita tramite
l’utilizzo di spatoloni di gomma e di spugna. Questo procedimento è molto delicato
perché, se non eseguito correttamente, tende a sporcare i ciottoli.
224
Piazza in cubetti di Porfido Trentino Lastrificato (Bologna)
Pavimenti con pietrischi
Il pietrisco a varie granulometrie è stato ampiamente utilizzato sia in epoca storica
che attuale per costituire il manto superficiale di molti spazi. Innanzitutto sono usate
ghiaie e pietrischi di granulometria elevata per la realizzazione di fondazioni e sottofondazioni. Ma attraverso la giustapposizione di successivi strati, progressivamente
ben compattati, aventi granulometria sempre più fine, si possono formare completi
percorsi stradali e camminamenti pedonali.
Per quanto riguarda le pavimentazioni ad uso civile, ne esistono di numerosi tipi
ottenuti mescolando pietrischi di piccola granulometria e conglomerato cementizio.
Generalmente si tratta di stendere uno strato di qualche centimetro di legante cementizio, su cui poi giustapporre uno strato costituito da elementi lapidei di piccole o
piccolissime dimensioni quasi sempre incorporati in un impasto aggregato al getto. Il
tutto è poi levigato e lucidato in opera. Si ricordano di seguito le principali tipologie:
• battuto di graniglia: finitura piuttosto economica, poiché utilizza anche gli scarti
dell’industria lapidea, aggregandoli nell’impasto legante, talora con l’aggiunta di pigmenti. Il tutto deve essere infine levigato e lucidato a piombo;
• pavimento alla palladiana (detto anche opus incertum, mosaico, bollettonato):
sopra un sottofondo ben disposto ed armato e su un letto di malta grassa, sono posizionati pezzi di “marmo” di singola o varia natura, aventi i lati tranciati ed una
sagomatura irregolare. Le dimensioni delle diagonali sono variabili tra 5 e 10 cm e
lo spessore è 2 - 3 cm. Gli elementi sono poi sigillati tramite annegamento in un impasto di cemento tipo 425 o cemento bianco. La superficie così composta deve essere
perfettamente complanare, pronta a subire le operazioni di levigatura e lucidatura
finale a piombo;
• battuto alla veneziana o alla genovese: questa tecnica, nata a Venezia nel secolo
XVII, è giunta con alterne fortune fino ai nostri giorni. Su un sottofondo armato con
rete elettrosaldata a maglia larga si procede allo spargimento uniforme di uno strato
di graniglia di granulometria prima più grossa (20 - 25 mm), poi più fine (4 - 7 mm),
che deve essere battuto e rullato sempre con l’ausilio di dosate bagnature. Si versa
poi una boiacca molto liquida di solo cemento tipo 425 oppure bianco, magari arricchito di pigmenti coloranti, sempre rullando fino ad ottenere una buona coesione tra
graniglia ed impasto. È importante predisporre giunti (di solito di ottone) in numero
sufficiente ad impedire la formazione di fessurazioni. Dopo i necessari tempi di presa
si procede alla levigatura ed alla lucidatura. Questo tipo di pavimento può essere realizzato in numerose differenti composizioni sia figurative che cromatiche, utilizzando
graniglie di pietre carbonatiche diverse aventi colore e dimensioni differenti. Anche i
leganti di fondo se colorati in maniera diversa possono contribuire in modo determinante alla resa estetica delle figurazioni delle pavimentazioni;
• pavimento a mosaico: di antichissima origine presenta numerose significative
varianti; si basa sull’uso sapiente di tessere quadrate di materiali lapidei di dimensioni ridotte (circa 10 mm). Queste tessere, secondo le varie tecniche adottate, sono
poste direttamente in opera (tecnica diretta), oppure, incollate su carta in modo da
comporre la figurazione in scala reale al rovescio e quindi fatte aderire al supporto
sottostante perfettamente piano e livellato. Si procede poi alla sigillatura eseguita con
leganti talora pigmentati e quindi, una volta trascorsi i tempi necessari per la presa,
alla levigatura e lucidatura.
225
Parete ventilata in Rosa di Terlago scuola elementare
di Marco (Rovereto)
Elemento architettonico a massello in Rosso Trento,
Municipio (Ragoli)
Pavimenti sopraelevati
Già in epoca etrusca abbiamo testimonianze di pavimentazioni sopraelevate per
consentire il passaggio di tubazioni di piombo o di aria riscaldata per climatizzare i
volumi sovrastanti. Ai nostri giorni questa tecnica è stata ripresa per facilitare l’installazione e le continue modifiche necessarie alle reti tecnologiche ed impiantistiche
presenti soprattutto negli edifici adibiti ad uffici, banche, centri direzionali. I vantaggi
di questo sistema di pavimentazione sono dati dalla grande flessibilità di utilizzo e
dalla possibilità di modificare, integrare e accedere a tutte le componenti impiantistiche con grande facilità. Come specificato nella norma UNI EN 12825:2003 “Pavimenti sopraelevati.”, una struttura di pavimentazione portante sopraelevata è costituita
da una struttura di supporto orizzontale e verticale, composta da colonne metalliche
regolabili e quindi semplificando, per quanto riguarda il nostro campo di utilizzo,
da un pannello costituito da metallo e truciolare di legno, sulla cui parte superiore è
incollata una lastra di copertura delle dimensioni di cm 60 x 60. Questa lastra di copertura è sempre più spesso realizzata utilizzando materiale lapideo, rivelatosi molto
più resistente e sicuro degli altri materiali concorrenti, nonché molto più interessante
dal punto di vista estetico.
Non essendo accettabili differenze di planarità e di dimensioni, le lastre di pietra
che costituiscono la parte sommitale del modulo di pavimentazione delle strutture
sopraelevate, aventi dimensioni di 60 x 60 cm e spessore di 1,5 o 2,0 cm, hanno delle
tolleranze dimensionali di 2 - 3 decimi di millimetro. Ciò obbliga a sottoporre gli elementi lapidei ad un processo di calibratura effettuato da macchine speciali. Il rispondere a questa sfida di carattere produttivo e tecnologico comporta per gli operatori
dell’industria lapidea la possibilità di poter intervenire in comparti e mercati nuovi.
Pareti ventilate
In questi ultimi decenni si è sviluppata soprattutto in Germania e negli Stati Uniti la
tecnica del rivestimento cosiddetta a “parete ventilata”. In pratica si basa sull’ancoraggio al supporto (travi o pilastri in cemento armato, metallo) tramite tasselli di tipo
meccanico o chimico, di una struttura metallica reticolare piuttosto complessa. Su
questa, le lastre lapidee, talora anche di grandi dimensioni, trovano autonoma collocazione e supporto. Alla fine, il pacchetto del rivestimento sarà composto, in successione, dalla struttura muraria regolarizzata, da uno strato di coibentazione (variabile
da 3 a 8 cm), da uno strato di ventilazione (variabile da 3 a 5 cm), dall’orditura di
ancoraggio e dallo strato di rivestimento lapideo. In questo modo si garantisce una
maggior sicurezza e celerità di esecuzione, nonché una migliore risposta dell’intero
involucro edilizio dal punto di vista energetico (migliore isolamento termico, eliminazione di ponti termici ed onde termiche), della tenuta all’acqua, dell’eliminazione
dei fenomeni di condensa. Ma il motivo principale del successo di questa tecnica è
sicuramente la valenza estetica che si riesce a conferire all’edificio tramite la costituzione di una “pelle” lapidea uniforme, avendo la possibilità di rivestire superfici
molto estese.
Gli elementi lapidei utilizzati per il rivestimento di pareti ventilate hanno dimensioni
piuttosto ragguardevoli (intorno al metro quadrato o superiori) ed uno spessore vario
in base al tipo di materiale lapideo, al sistema di ancoraggio ed alle dimensioni delle
lastre, che non deve mai essere inferiore a 3 cm per le rocce granitiche ed i porfidi
226
Tipica copertura in “laste” di Porfido Trentino Lastrificato
(Pergine Valsugana)
ed a 4 cm per gli altri materiali. I vari sistemi di ancoraggio presuppongono delle
lavorazioni specifiche sulle lastre, ma si possono generalizzare regole e processi di lavorazione validi per tutti. Innanzitutto le lastre devono essere di ottima qualità, esenti
da difetti strutturali ed il più possibile integre. Le lavorazioni si devono concentrare
sulle parti perimetrali delle lastre e non invadere con tagli od altro le parti centrali
resistenti. Le lavorazioni meno invasive sono rappresentate da fori per l’applicazione
di perni metallici e da tagli continui sulle teste delle lastre, di spessore adeguato, onde
lasciare comunque uno spessore residuo molto resistente. La formazione di fori per i
perni presuppone una precisione molto accurata in fase sia di lavorazione sia di posa
in opera, mentre la fresata continua permette una collocazione più facile, consentendo lo scorrimento delle lastre sui supporti.
La collocazione in opera di questi prodotti presuppone una ottima conoscenza della
tecnica e del sistema di ancoraggio adottato, nonché degli aspetti progettuali, quali la
definizione formale finale, il progetto esecutivo con le rilevazioni particolari per il sistema di posa, le istruzioni e le distinte dei laboratori. Una volta sistemata la struttura
di ancoraggio in modo perfetto, si collocano i singoli elementi nella loro sede tramite
l’inserimento di perni, linguette e quant’altro portandoli a piombo e perfettamente
complanari agli altri elementi. Particolare attenzione deve essere riservata alla formazione di giunti di dilatazione ed ai materiali impiegati, che devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-meccaniche della pietra, ed alla sigillatura, che deve
rendere perfettamente impermeabile il manto di rivestimento lapideo.
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