principali cause di morte nel mondo occidentale - malattie cardiache (31,4%) neoplasie (23,3%) malattie cerebrovascolari (6,9%) malattie polmonari (5%) incidenti (4%) altre cause (29,4%) mortalità per neoplasia Dal dopoguerra alla fine degli anni ‘80 si è registrato un progressivo e costante aumento della mortalità per neoplasia Secondo i dati del Department of Epidemiology and Surveillance Research e del National Cancer Institute (NCI) dell’ American Cancer Society (ACS), nel quinquennio 1991/1995 per la prima volta dal dopoguerra si è assistito ad un assestamento degli indici di mortalità per neoplasia, che hanno addirittura iniziato a scendere nel quinquennio 1996/2000 inversione del “trend” L’inversione del trend è iniziata negli anni 1996 e 1997: da quella data infatti il tasso di mortalità (cioè il numero annuale di morti per cancro per ogni 100.000 abitanti) ha iniziato a diminuire di un valore medio di 0,8 In particolare in Italia, secondo i dati Istat resi noti dal Ministero della Salute nel settembre 2005, la mortalità per tumore diminuisce al ritmo di circa il 2% l’anno; vale a dire che ogni anno le statistiche registrano circa 2.300 decessi in meno (1.300 per gli uomini e 930 per le donne) dovuti a neoplasie rapporto uomo / donna Il sesso maschile ha sempre avuto una mortalità per cancro superiore a quella del sesso femminile, e l’attuale diminuzione dei tassi di mortalità complessivi è da attribuire soprattutto ad una diminuzione di mortalità (e di incidenza) nel sesso maschile; in particolare negli uomini si registra una diminuzione dell’incidenza dei tumori del cavo orale, dell’esofago, della vescica e del polmone, mentre nelle donne si osserva un incremento di mortalità sia per il cancro al cavo orale (praticamente raddoppiato tra il 1970 e il 1999) che per il tumore al polmone: tale incremento è tanto significativo da poter parlare, specialmente per le ragazze più giovani, di “epidemia” di cancro polmonare, con un incremento spiccato al Centro-sud rapporto Sud / Nord La diminuzione della forbice di incidenza dei tumori tra Sud e Nord è ormai un dato ampiamente confermato; mentre negli anni Settanta il rischio tumore al Nord era quasi doppio, ora si va verso l’omogeneità La spiegazione di tale fenomeno sembra dovuta soprattutto al cambiamento degli stili di vita: al Nord diminuisce, in particolare per gli uomini, l’abitudine al fumo di sigaretta, ma non per le donne, che continuano ad essere forti fumatrici; al Sud aumentano, invece, i tumori relativi alle abitudini alimentari (mammella, tumori digestivi e prostata) neoplasie per le quali si riscontra una mortalità in riduzione A diminuire in maniera sistematica, ovvero secondo un trend deciso e consolidato negli anni, è la mortalità per tumori dello stomaco, del testicolo, dell’utero, e per linfoma di Hodgkin Altri tumori (neoplasie del cavo orale, della laringe, della mammella, dell’ovaio, della vescica, dell’encefalo, del rene e leucemie) fanno registrare una diminuzione della mortalità a partire dagli anni recenti Per polmone e fegato il decremento riguarda solo gli uomini ed è pari rispettivamente, all’1,8% e al 2,6% Per altri tipi di neoplasie, quali le neoplasie del pancreas e della prostata, invece, la diminuzione della mortalità è iniziata da poco e solo nei soggetti più giovani neoplasie per le quali si riscontra una mortalità in aumento Vi sono, invece, tumori per i quali si osserva un incremento generalizzato della mortalità; è il caso del: - cancro ai polmoni e di quello al cavo orale nelle donne, tra cui i decessi aumentano, rispettivamente, dell’1% e dell’1,8% - melanoma della pelle, per il quale la mortalità cresce dell’1,5% - linfomi non Hodgkin (associati spesso all’infezione da HIV), per i quali l’aumento di mortalità è quasi del 2% principali fattori che hanno determinato la riduzione della mortalità per neoplasia - prevenzione: fumo, abitudini alimentari, esercizio fisico, chemioprofilassi (?) - diagnosi precoce: Pap-test, mammografia, esplorazione rettale, sangue occulto nelle feci - miglioramento delle terapie: ottimizzazione delle tecniche diagnostiche di stadiazione, ottimizzazione dei protocolli terapeutici convenzionali, introduzione di strategie terapeutiche innovative (terapia genica, endocrina, anti-angiogeniche) marcatori tumorali All’inizio degli anni ‘90 i marcatori tumorali sono stati introdotti con grande entusiasmo nella diagnostica di laboratorio per favorire la diagnosi precoce delle neoplasie Nel corso degli anni successivi, l’effettiva utilità diagnostica dei marcatori tumorali è stata notevolmente ridimensionata, mentre sono emerse altre importanti applicazioni cliniche, probabilmente destinate ad estendersi grazie all’impiego delle più recenti tecniche molecolari marcatori tumorali I marcatori tumorali possono essere definiti come segnali biochimici presenti nei fluidi biologici di soggetti affetti da neoplasia maligna e/o in cellule o tessuti che sono in corso di trasformazione maligna o già trasformati Nel caso specifico delle neoplasie, per segnale biochimico si intende un composto chimico, o una serie di essi, la cui presenza o quantità può essere posta in relazione con la presenza della neoplasia classificazione: - marcatori tumorali presenti nei fluidi biologici, distinti in marcatori prodotti dalle cellule neoplastiche e marcatori prodotti dall’ospite (elevata accessibilità) - marcatori tumorali espressi sulle cellule neoplastiche, distinti topograficamente in nucleari, citoplasmatici e di superficie (scarsa accessibilità) marcatori tumorali “ umorali ” marcatori prodotti dalla neoplasia: - prodotti oncofetali - enzimi - ormoni o loro metaboliti - proteine plasmatiche - antigeni tumore-associati marcatori prodotti dall’ospite: - fosfatasi alcalina - idrossiprolina urinaria prodotti oncofetali: - CEA - AFP CEA Il CEA (antigene carcinoembrionale) è prodotto durante le prime 6 settimane di vita embrionale dalle cellule del tratto intestinale, dal fegato e dal pancreas: è un complesso di diverse glicoproteine appartenenti alla superfamiglia delle immunoglobuline ed, in particolare, a quelle coinvolte nel processo di riconoscimento cellulare; a livello embrionale tali proteine svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione della crescita e del differenziamento cellulare La produzione del CEA è comunque continua (anche se in misura minima) durante tutta la vita, per cui bassi livelli di questa proteina possono essere riscontrati anche in soggetti sani; può aumentare soprattutto nel siero di pazienti con carcinomi del colon, della mammella, del polmone e degli organi urogenitali AFP La AFP (1-fetoproteina) è una 1-globulina sintetizzata nel sacco vitellino e, a partire dal 4°mese, dal fegato fetale; dall’8° mese la sua concentrazione sierica decresce rapidamente, consensualmente ad una aumenta produzione di albumina; i valori continuano a diminuire dopo la nascita fino ad assestarsi intorno ai 20 ng/ml a partire dal primo anno di vita L’AFP può aumentare soprattutto nel siero dei pazienti con epatocarcinomi, tumori germinali del testicolo e dell’ovaio, carcinomi embrionali del testicolo, teratomi e teratocarcinomi del testicolo e dell’ovaio enzimi - NSE (enolase neurono specifica) enzima citoplasmatico della glicolisi prodotto dalle cellule nervose e neuroendocrine; può aumentare nel siero di pazienti con neuroblastoma o con carcinoma polmonari a piccole cellule - PAP (fosfatasi acida prostatica) forma isoenzimatica della fosfatasi acida prodotta specificatamente dalla prostata - LDH (lattico deidrogenasi) gli isoenzimi 2 e 3 possono aumentare nel siero di pazienti con LAL ad alto grado di malignità, sarcomi di Ewing, carcinomi del testicolo e neuroblastomi LDH L’LDH catalizza la conversione reversibile del lattato in piruvato ed è virtualmente ubiquitaria; l’enzima è costituito una molecola tetramerica formata da 2 subunità (H: heart e M: muscle) dalla cui diversa combinazione derivano 5 forme isoenzimatiche (LD1 – LD5); le diverse forme enzimatiche della LDH hanno una distribuzione caratteristica nei vari tessuti, in relazione alla prevalenza di un metabolismo glucidico aerobio o anaerobio: così, miocardio ed eritrociti sono ricchi delle isoforme LD1 e LD2 in cui prevale la subunità H, mentre fegato e muscolo scheletrico sono ricchi delle isoforme 4 e 5 in cui prevale la subunità M - le isoforme LD1 e LD2 aumentano caratteristicamente nell’ infarto del miocardio (LD1/LD2 > 1) e nelle anemie emolitiche (LD1/LD2 < 1) - le isoforme LD3 e LD4 risultano frequentemente aumentate in soggetti affetti da tumore in stadio avanzato - le isoforme LD4 e soprattutto LD5 aumentano nel corso di numerose epatopatie ormoni e loro metaboliti - HCG (gonadotropina corionica): ormone prodotto durante la gravidanza dal tessuto sinciziotrofoblastico ed utilizzato come test di gravidanza; può aumentare nel siero di pazienti con corioncarcinoma o con tumori delle cellule germinali del testicolo e dell’ovaio - CT (calcitonina): ormone prodotto dalle cellule C (parafollicolari) della tiroide; può aumentare nel siero di pazienti con carcinoma midollare della tiroide - VMA (acido vanilmandelico) e OVA (acido omovanillico): sono i metaboliti urinari delle catecolamine, prodotte caratteristicamente dai tumori della midollare del surrene (feocromocitomi e neuroblastomi) - 5-HIAA (acido 5-idrossi-indolacetico): metabolita urinario della serotonina, prodotta dai tumori carcinoidi sindromi paraneoplastiche Le sindromi paraneoplastiche comprendono tutti quei complessi quadri sintomatologici dei pazienti affetti da neoplasie maligne che non possono essere semplicemente spiegati sulla base della localizzazione del tumore, della formazione di metastasi a distanza o della elaborazione di ormoni normalmente prodotti dal tessuto da cui la neoplasia origina manifestazioni cliniche Le sindromi paraneoplastiche si osservano nel 10% circa dei pazienti con tumori maligni e possono causare sintomi sistemici, endocrini, neuromiopatici, cutanei, osteoraticolari, vascolari e ematologici; le sindromi paraneoplastiche più frequenti sono comunque quelle dovute alla produzione di ormoni ectopici Sindromi cliniche Principali forme di tumore ormoni coinvolti Ipercalcemia - - Sindrome di Cushing - Microcitoma polmonare - Carcinoma del pancreas - Tumori di origine neuroepiteliale - ACTH o sostanze ATCH-simili Sindrome da carcinoide: (flushing cutaneo, ipotensione, diarrea) - Adenoma bronchiale - Carcinoma pancreatico - Carcinoma gastrico - serotonina - bradichinina - istamina? Sindrome da inappropriata secrezione di ADH - Microcitoma polmonare - Tumori endocranici - ADH Ipoglicemia - Fibrosarcoma - Altri sarcomi mesenchimali - Carcinoma epatocellulare - Insulina o sostanze insulino-simili Policitemia - Carcinoma renale - Emangioma cerebellare - Carcinoma epatocellulare - Eritropoietina Carcinoma polmonare epidermoide Carcinoma della mammella Carcinoma renale Leucemie/linfomi a cellule T nell'adulto Carcinoma ovarico PTH-rH TGF- TNF- IL1 proteine plasmatiche - ferritina; può aumentare nei linfomi e nei carcinomi del tratto gastroenterico, della mammella e del testicolo - 2 microglobulina; può aumentare nei mielomi - TG (tireoglobulina); può aumentare nei carcinomi follicolari della tiroide - paraproteine (immunoglobuline monoclonali); possono aumentare nei mielomi, linfomi, leucemia linfatica cronica - citocheratine; filamenti intermedi delle cellule epiteliali: possono aumentare nei tumori di origine epiteliale (TPA; TPS, CYFRA 21-1) antigeni tumore-associati - PSA (antigene prostatico specifico): glicoproteina prodotta esclusivamente dalle cellule epiteliali della prostata; mantiene solubile il liquido seminale - CA-125: aumenta preferenzialmente nei carcinomi dell’ovaio, della cervice, della tube, del pancreas, della mammella e del polmone - CA-15.3: aumenta preferenzialmente nelle neoplasie della mammella, del polmone, gastrointestinali, della prostata, dell’endometrio e della cervice - CA-19.9 (GICA): aumenta preferenzialmente nei carcinomi del colon, del pancreas e dello stomaco - MCA (mucinous-like carcinoma-associated antigen): aumenta preferenzialmente nelle neoplasie della mammella, del rene e del polmone marcatori prodotti dall’ospite - fosfatasi alcalina (ALP) Si distinguono 4 forme isoenzimatiche organo specifiche: epatica, ossea, placentare ed intestinale; la forma ossea aumenta in tutte le lesioni ossee che producono uno stimolo riparativo e quindi una attivazione degli osteoblasti - idrossiprolina urinaria un aumento dell’idrossiprolinuria si associa a qualunque processo sia in grado di stimolare il turnover del collageno (osteopatia, collagenopatia, metastasi ossee); dato che l’escrezione urinaria di idrossiprolina dipende dalla funzionalità renale, per una diagnosi corretta l’idrossiprolinuria dovrebbe essere valutata assieme alla creatininemia la storia Nel 1847 Sir Bence Jones descrivendo una proteina urinaria in pazienti con mieloma identificò il primo marcatore tumorale. In realtà, lo studio dei marcatori tumorali è iniziato solo oltre un secolo più tardi con l’avvento delle tecniche immunometriche, capaci di rivelare nei liquidi biologici concentrazioni anche molto basse di analiti. I primi studi suscitarono grande interesse e fecero nascere grosse aspettative sulla possibilità di identificare marcatori tumorespecifici che consentissero la diagnosi precoce delle neoplasie. Purtroppo però i marcatori tumorali non hanno soddisfatto queste aspettative, in quanto si sono dimostrati indici diagnostici caratterizzati da bassa specificità e bassa sensibilità. marcatore ideale per la discriminazione dei soggetti sani da quelli malati livello soglia o decisionale salute malattia valore crescente del marcatore marcatore inutile per la discriminazione dei soggetti sani da quelli malati salute malattia valore crescente del marcatore livelli di fosfatasi alcalina in soggetti in buono stato di salute ed in pazienti con tumori metastatici epatici o ossei livello soglia o decisionale salute malattia veri negativi falsi negativi veri positivi falsi positivi valore crescente di ALP sensibilità diagnostica Si definisce sensibilità diagnostica la % di individui malati che risultano positivi al test (veri positivi, VP) rispetto a tutti gli individui effettivamente ammalati, siano essi positivi (veri positivi, VP) o negativi (falsi negativi, FN) al test sensibilità = VP/(VP+FN) x 100 In pratica la sensibilità di un test diagnostico dipende dalla sua capacità di identificare i soggetti malati specificità diagnostica Si definisce specificità diagnostica la % di individui che risultano negativi al test (veri negativi, VN) rispetto a tutti gli individui non affetti dalla malattia, siano essi negativi (veri negativi, VN) o positivi (falsi positivi, FP) al test specificità = VN/(VN+FP) x 100 In pratica la specificità di un test diagnostico dipende dalla sua capacità di identificare i soggetti sani presenza assenza di malattia di malattia test positivi A (veri+) C (falsi+) test negativi B (falsi-) D (veri-) sensibilità: A/A+B % specificità: D/C+D % valore predittivo positivo: A/A+C % (probabilità di NON avere la malattia con negatività al test) valore predittivo negativo: D/B+D % (probabilità di avere la malattia con positività al test) efficacia diagnostica: A+D/A+B+C+D % sensibilità e specificità dei marcatori tumorali Un marcatore tumorale, per essere effettivamente applicato come test di screening, dovrebbe avere una sensibilità almeno superiore al 75% (capacità di identificare almeno 75 soggetti malati su 100) ed una specificità almeno del 95% (non più del 5% di falsi positivi) Attualmente, nessun marcatore tumorale possiede questi requisiti sensibilità e specificità dei marcatori tumorali La bassa sensibilità dei marcatori tumorali dipende dal fatto che una percentuale variabile di neoplasie (soprattutto quelle di minori dimensioni !) non li produce, almeno in quantità tali da potere essere rilevate La bassa specificità dei marcatori tumorali dipende invece dal fatto che questi possono essere prodotti, se pur transitoriamente ed in quantità variabili, anche in numerose altre condizioni patologiche non maligne condizioni benigne che possono determinare un innalzamento dei livelli ematici di alcuni marcatori tumorali (1) - gravidanza: AFP, HCG, MCA, CA-125 ciclo mestruale: CA-125 menopausa: HCG iperstimolazione ovarica: CA-125 alcool, fumo: CEA, TPA terapia marziale, emotrasfusioni: ferritina liposuzione: CA-19.9, CA-50 catetere vescicale: PAP, PSA epatopatia cronica: CEA, TPA, MCA, CA-125, CA-15.3, CA-19.9, CA-50 colangite acuta: CA-19.9 colestasi: CA-19.9 ittero: CEA, TPA, CA-19.9, ferritina affezioni dell’apparato respiratorio: CA-15.3, MCA, CEA, TPA ascite, versamenti pleurici: CA-125 endometriosi: CA-125 leiomioma: CA-125 pancreatite: CA-19.9, CA-50, CA-125 condizioni benigne che possono determinare un innalzamento dei livelli ematici di alcuni marcatori tumorali (2) - colite: CA-125, CA-15.3, CEA diverticolite: CA-125, CEA sindrome del colon irritabile: CA-125; CA-19.9., CEA peritonite: CA-125 nefropatia cronica: CEA, TPA insufficienza renale cronica: CA-125, CA-15.3, CEA, HCG ritenzione urinaria acuta: CA-125, PSA infezione delle vie urinarie: PSA tireopatie: TG ipertrofia prostatica: PSA, PAP psoriasi: SCC malattie reumatiche: CA19-9 artriti, osteoartriti, AR: CA-125 sarcoidosi: CA-125 LES: CA-125 diabete: CA19-9, CA-50 insufficienza cardiaca congestizia: CA-125 pericardite: CA-125 pertanto: al momento i marcatori tumorali non possono costituire elementi primari per la diagnosi di un tumore, ma la loro principale utilità nella medicina clinica consiste nel confermare il sospetto diagnostico; a questo scopo debbono essere valutati in termini quantitativi e in associazione a marcatori affini associazioni di marcatori tumorali con provata validità diagnostica • Carcinoma del polmone; non a piccole cellule: CEA, TPA, SCC; a piccole cellule NSE; epidermoide: CYFRA 21-1 • Carcinoma della mammella: CA-15.3, MCA, TPA, TPS • Carcinoma della prostata: PSA, PAP, TPA, TPS, CA-50 • Carcinoma del colon-retto: CEA, CA19-9, CA-242, TPA • Carcinoma del pancreas: CA-19.9, CA-195, CA-50 • Carcinoma dello stomaco: CEA, CA-19.9, CA-50, CA-72.4 • Carcinoma della tiroide: TG, CT, TPA • Carcinoma dell’ovaio: CA-125, AFP, HCG • Epatocarcinoma: AFP • Carcinoma della cervice: SCC • Carcinoma dell’utero: SCC, CEA, TPA • Carcinoma della vescica: TPA, CEA • Carcinoma del rene: TPA, MCA • Tumori germinali del testicolo e dell’ovaio: AFP, HCG • Feocromocitomi: catecolammine, VMA, HOV • Neuroblastomi: NSE • Mielomi: 2 microglobulina, proteina di Bence Jones • Linfomi: ferritina, paraproteine • Metastasi epatiche: CEA, ALP • Metastasi ossee: ALP, isrossiprolina urinaria, calciuria impiego dei marcatori tumorali per lo screening in gruppi di pazienti selezionati - AFP + ecografia epatica in pazienti cirrotici - CEA + ricerca di sangue occulto nelle feci in familiari di pazienti con carcinoma del colon - CT in familiari di pazienti con carcinoma midollare della tiroide - PSA + esplorazione rettale e/o ecografia transrettale in soggetti affetti da una sintomatologia riferibile alle basse vie urinarie (“prostatismo”) o con una familiarità per il carcinoma della prostata i marcatori tumorali nel “management” del paziente neoplastico Una interpretazione più moderna dei marcatori tumorali, condivisa ormai dalla maggior parte degli oncologi clinici, prevede il loro impiego non tanto nella diagnosi ma piuttosto nel management del paziente neoplastico; studi recenti hanno infatti dimostrato che la valutazione “dinamica” dei marcatori tumorali eseguita dopo l’atto terapeutico può offrire importanti informazioni sulla evoluzione della malattia, prima che questa si manifesti clinicamente quando debbono essere dosati i marcatori tumorali ? Prima di ogni atto terapeutico: - come dato di riferimento - per ausilio diagnostico - per ausilio alla stadiazione - come parametro prognostico Dopo l’atto terapeutico: - per lo studio della cinetica di scomparsa - per la diagnosi precoce di recidiva - per il monitoraggio della terapia nella malattia avanzata applicazioni future: 1. identificazione nei fluidi biologici di sequenze oncogeniche specifiche per la diagnosi di neoplasie occulte 2. identificazione nei fluidi biologici di anticorpi diretti contro prodotti di oncogeni o geni oncosoppressori per la diagnosi di neoplasie occulte 3. identificazione di cellule metastatiche circolanti mediante valutazione dell’espressione di geni che codificano per marcatori tumorali 4. identificazione di micrometastasi per una più corretta stadiazione della malattia marcatori tumorali “cellulari” I marcatori tumorali “cellulari” possono essere definiti come segnali biochimici presenti in cellule o tessuti che sono in corso di trasformazione maligna o già trasformati In base alla loro localizzazione i marcatori cellulari vengono classificati in nucleari, citoplasmatici e di superficie quesiti diagnostici in oncologia Quesiti diagnostici che si pongono al laboratorio a proposito di un particolare tipo di tumore: • quale è l’origine del tumore (diagnosi istogenetica) • quale sarà, presumibilmente, il comportamento del tumore (diagnosi di benignità / malignità) • quale è l’estensione del tumore (stadiazione patologica) i marcatori tumorali “cellulari” nella diagnosi istogenetica delle neoplasie indifferenziate Il principali impiego clinico dei marcatori tumorali “cellulari” consiste nella definizione della diagnosi istogenetica delle neoplasie indifferenziate La diagnosi istogenetica viene solitamente definita dal patologo sulla base delle caratteristiche morfologiche della neoplasia In una ristretta percentuale di casi (˜10%), la sola morfologia non consente di definire con certezza l’origine della neoplasia: in questi casi (neoplasie “indifferenziate”) può essere utile la ricerca di specifici marcatori tumorali cellulari mediante l’impiego di tecniche immunoistochimiche ed, in alcuni casi, della microscopia elettronica microscopia elettronica In alcuni dei casi (˜10%) di tumori indifferenziati, la microscopia elettronica è in grado di identificare caratteristiche ultrastrutturali specifiche (marcatori tumorali ultrastrutturali) che consentono di risolvere la diagnosi istogenetica In molti altri casi, tuttavia, le neoplasie indifferenziate non presentano organuli specifici e, pertanto, l’indagine ultrastrutturale non è in grado risolvere il problema diagnostico immunoistochimica L’immunoistochimca costituisce la tecnica di elezione per la localizzazione e quindi l’evidenziazione di sostanze e/o strutture intra- ed extra-cellulari in tessuti normali e patologici Tale tecnica si basa sull’utilizzo di anticorpi altamente specifici verso antigeni che si desiderano rivelare e di opportuni marcatori e sonde che agiscono da rivelatori dell’avvenuta reazione tra antigene ed anticorpo gli anticorpi nella diagnostica di laboratorio Gli anticorpi (Ab) sono immunoglobuline plasmatiche (Ig o -globuline) costituite da molecole glicoproteiche sintetizzate dai linfociti B in risposta e con reattività specifica verso un determinato antigene Gli anticorpi rappresentano strumenti fondamentali per la ricerca e la diagnosi clinica; essi vengono infatti ampiamente utilizzati come reagenti nella diagnostica di laboratorio in quanto hanno la capacità di legarsi a sostanze antigeniche con rapidità e specificità, e combinarsi con esse a formare immunocomplessi filamenti intermedi I filamenti intermedi sono, assieme ai microtubili e ai filamenti di actina, una delle tre componenti fondamentali del citoscheletro. Sono detti intermedi perché il loro diametro (˜10 nm) è a metà tra quello dei mictrotubuli e quello dei filamenti di actina. Per la loro specificità cellulare i filamenti intermedi sono considerati marcatori del differenziamento: la citocheratina è il filamento intermedio tipico delle cellule epiteliali; la vimentina è il filamento intermedio tipico delle cellule mesenchimali; la desmina è il filamento intermedio tipico delle cellule muscolari; i neurofilamenti sono i filamenti intermedi tipici dei neuroni, mentre la proteina acida gliale è il filamento intermedio tipico degli astrociti. marcatori epiteliali: - cheratine Presenti anche nei sarcomi sinoviali, sarcomi epiteliodi e leiomiosarcomi. - desmosomi Presenti anche nelle cellule delle memingi, nei dischi intercalari delle cellule cardiache e nelle cellule dendritiche dei linfonodi. - antigene della Presente nelle cellule di tutte le neoplasie che mostrano membrana differenziamente ghiandolare (adenocarcinomi) e nei carcinomi a epiteliale (EMA) cellule squamose dell’esofago, delle cervice e della cute. Presente anche nei mesoteliomi, nei sarcomi sinoviali, nei sarcomi epiteliodi e nei plasmacitomi e nei linfomi anaplastici. Assente negli epatocarcinomi, nei tumori neuroectodermici, nei carcinomi embrionali e nei sarcomi (a parte quelli sopramenzionati). - involucrina Presente nei cheratinociti (quindi negli epiteli a cellule squamose) ma assente negli epiteli ghiandolari. Assente nei mesoteliomi. - fosfatasi acida La PSAP è localizzata nei lisosomi mentre il PSA si localizza nel prostatica (PSAP) reticolo endoplasmatico e nel lume ghiandolare. Specifici dei - antigene prostatico tumori della prostata: almeno uno dei due è sempre presente in specifico (PSA) cellule metastatiche di derivazione prostatica. - tireoglobulina Presente nel 92-98% dei tumori papilliferi o follicolari della tiroide, spesso assieme a cheratina e vimentina. Assente nei carcinomi midollari. marcatori mesenchimali: - vimentina marcatore specifico di: - tessuti molli - osso - linfomi - leucemie - melanomi marcatori per i melanomi: - proteina sS-100 poco specifica; presente anche in cellule nervose - antigeni di superficie dei melanomi (HMB 45 e HMB 50): poco specifici; inoltre non consentono di distinguere le lesioni melanocitiche benigne da quelle maligne marcatori di differenziamento muscolare: - desmina - actina - miosina - mioglobina marcatori nervosi e neuroendocrini: - neurofilamenti Tumori di origine neuronale: NF+ Cher- VimTumori di origine neuroendocrina: NF+ Cher+ VimCarcinoma midollare della tiroide: NF+ Cher+ Vim+ - sinaptofisina Presente nei neuroni (vescicole pre-sinaptiche), nelle cellule dell’adenoipofisi, nelle cellule C della tiroide, nelle cellule cromaffini della midollare del surrene, nelle cellule neuroendocrine dell’epitelio bronchiale e gastrointestinale e nelle cellule di Merkel della cute. Presente nei ganglioneuroblastomi, ganglioneuromi, medulloblastomi, neuroblastomi, paragangliomi e nei tumori di derivazione neuroendiocrina (foecromocitomi, carcinoidi e tumori neuroendocrini del pancreas). - cromogranina La cromogranine sono proteine anioniche contenute nei granuli di secrezione. - Leu 7 Riconosce linfociti NK, ma anche la componente di 75kDa dei granuli neuroendocrini. Presente nei carcinomi a piccole cellule del polmone, foecromocotomi ed altri tumori neuroendocrini. - NSE: enolase Dimero dell’enzima glicolitico enolasi, si localizza nel citoplasma neurono-specifica delle cellule a differenziazione neuroendocrina. Risulta però identificabile anche in neoplasie non neuroendocrine quali tumori solidi e cisti del pancreas, tumori renali e linfomi maligni. marcatori gliari: - proteina acidica fibrillare gliare (GFAP): presente negli astrocitomi, glioblastomi, oligodendrogliomi ma non nei meningioni o in tumori non-gliari marcatori leucocitari I diversi tipi cellulari che compongono la classe dei leucociti esprimono diversi antigeni in funzione del loro stato maturativo e di differenziamento; gli anticorpi diretti contro questi antigeni sono classificati in gruppi (Clusters) capaci di reagire contro lo stesso tipo di antigene di differenziamento (Differentiation) leucocitario: tale classificazione è detta appunto “CD” componenti di un citometro a flusso - sistema fluidico o idrodinamico: a circuito chiuso o a circuito aperto (FACS= fluorescence activated cell sorter) - sistema di eccitazione: (1) a lampade ad arco (a vapori di mercurio o di xenon) con emissione di fasci luminosi ad ampio spettro di lunghezze d'onda dai quali viene selezionata la banda di emissione desiderata con opportuni filtri; (2) a lampade laser, con emissione di un fascio luminoso di lunghezza d'onda specifica, di intensità variabile, con notevole stabilità di emissione ed elevata monocromaticità: i laser più impiegati sono quelli a ioni ARGON, con emissione a 488 nm, e a ioni ELIO/NEON con emissione a 640 nm - sistema ottico: costituito da lenti, specchi dicromatici (o dicroici) e filtri di eccitazione e di sbarramento - sistema di rivelazione: costituito da fotomoltiplicatori che raccolgono segnali luminosi e li trasformano in segnali elettrici - sistema elettronico: costituito da un computer che trasforma segnali analogici (cioè “in continuo”) in segnali digitali (separati in quanti o in classi, solitamente 256 o 1024)