I GIOVANI
ANNI ’50/’60:
NASCONO I GIOVANI
 La gioventù come "soggetto sociale" irrompe sulla scena nel
corso degli anni '50, la visibilità di questa nuova condizione
si manifesta con modalità e tempi diversi nei paesi
industrializzati: i nuovi tratti del fenomeno giovanile
prendono corpo in primo luogo negli Stati Uniti e via via
negli altri paesi occidentali.
Rivoluzione dei costumi
 Gli anni sessanta sono un periodo di grande rivoluzione dei
costumi in tutto il mondo occidentale.
 Dagli Stati Uniti all‘Europa le giovani generazioni rifiutano
totalmente i modelli esistenti e cercano forme nuove che
rompano con il passato: il movimento Modernista (più
comunemente definito Mod) e, contrapposto a
quest’ultimo, il fenomeno Rockers (i cui componenti erano i
Teddy Boys), il movimento Hippies.
 Molti altri stili si diffondono in quel periodo.
 E' un fenomeno di massa che contamina ogni settore della
vita quotidiana: dai rapporti fra i sessi, alla concezione del
lavoro e del tempo libero.
 Alla base di questi fenomeni possiamo individuare una
tendenza generale: la contestazione.
 All'origine della rabbia giovanile e del
violento scontro
generazionale stava la contestazione del sistema borghese
capitalistico, l'ansia per un futuro su cui pesava il pericolo
di una guerra atomica.
 Essi accusavano la loro società di appiattire l'uomo,
dequalificare l'intellettuale e mercificare tutto, anche l'arte
e il pensiero.
Lo stile Mod
 Lo stile mod nasce sul finire degli anni Cinquanta a
Londra, quando giovani ragazzi e ragazze cominciarono a
usare questo termine per descrivere la loro scena.
 La parola è una abbreviazione di modernists, ovvero i fan
del modern jazz, che nei primi anni Cinquanta avevano
sviluppato uno stile nel vestire sobrio, raramente sgargiante
e fortemente elegante fino all'ultimo dettaglio, ispirato al
modo di vestire nelle più prestigiose università americane.
Lo stile Mod
 Camicie bottom-down, giacche tre bottoni con reveres
stretti, pantaloni senza pences, cravattini fini, mocassini,
scooters, tagli di capelli erano tutti mezzi per creare il
cosiddetto "total look", ovvero un'immagine nel
complesso coerente ed elegante, del tutto distinta dal modo
di vestire della massa omologata, ma non per questo
sgargiante o di cattivo gusto.
 Il tentativo di differenziarsi dagli altri era continuo e come
conseguenza, il look dei mods era in continua evoluzione.
 Seguendo il paradigma "Adotta, Adatta, Migliora” ("Adopt,
Adapt, Improve”), i mods prendevano spunto dai diversi
input che la società consumistica del periodo gli offriva e li
facevano propri reinterpretandoli in modo personale senza
mai essere troppo influenzati da mode effimere, ma al
contrario creandole.
 I capi d'abbigliamento cambiavano in maniera vertigionosa,
mantenendo comunque sempre un ottica minimalista:
indumenti funzionali all'uso (ad esempio il parka usato
esclusivamente per proteggersi dall' intemperie nel
viaggiare in scooter) e colori poco sgargianti.
 La filosofia mod era proprio questo: prendere il meglio che
la società offriva, non per seguire passivamente una moda,
ma per puntare alla continua ricerca di una perfezione
estetica e comportamentale individuale.
 Il fenomeno mod nacque subito come stile elitario; solo
coloro che possedevano doti di originalità, gusto e
inventiva, erano accettati nel ristretto mondo underground
dei mods, costituito da un circuito di locali dove si
ascoltava un certo tipo di musica non ancora commerciale:
jazz, soul, R&B e ska jamaicano sconosciuto ai più.
 Il fenomeno mod fu trasversale alla società londinese,
tradizionalmente molto chiusa tra le diverse classi sociali.
 Essendo una questione di stile, esponenti della working
class non avevano niente da invidiare ai loro corrispettivi
dell' upper class ed il rispetto degli altri mods si
acquisiva indipendentemente dal proprio conto in banca.
 Quando verso il 1964 i media scoprirono questo fenomeno
sotterraneo, il fenomeno perse molte delle sue
caratteristiche fondamentali, soprattutto la sua qualità di
fenomeno elitario.
 I mods divennero un fenomeno nazionale con programmi
televisivi (Ready, Steady, Go!), gruppi musicali mod
(Who, Small Faces, Action) e soprattutto con gli scontri
nelle località marittime contro i rockers, considerati da
questi giovani mods diversi e troppo lontani da quell'ideale
di stile (estetico e comportamentale) a cui loro tendevano.
I Rockers
 L'atto di nascita dei Teddy boys può essere fatto risalire al
1953.
 Fu in quell'anno, infatti, che l'esistenza dei teds divenne
nota al grande pubblico, in
cronaca avvenuto nell'area
in una rissa tra una banda
scoppiata quando uno dei
rimase ucciso.
occasione di un tragico fatto di
di Clepham Common, Londra:
di teds e un gruppo di ragazzi,
teddy fu insultato, un giovane
 L'episodio sancì l'inizio in Gran Bretagna di una vera e
propria ondata di "moral panic": autorità, stampa e
opinione pubblica indicarono unanimi nei Teddy boys il
simbolo e al tempo stesso il capro espiatorio della
decadenza dell'Inghilterra, nonché l'incarnazione di quella
nuova devianza e "delinquenza" giovanile che esplodeva
contemporaneamente nelle metropoli di molti paesi.
 Quell'evento mortale del 1953, da cui prende spunto
l'allarme sulla delinquenza giovanile, rappresenta infatti
soltanto uno dei tanti episodi, in questo caso dagli esiti
particolarmente tragici, della violenza che continuò a
segnare i rapporti di vaste fasce giovanili delle classi
subalterne.
 Al di
là delle valenze più prettamente stilistiche e
simboliche, lo stile ted sembra insomma voler ricalcare le
caratteristiche storiche dell'approccio del sottoproletariato
giovanile alle attività legate al tempo libero.
 Pur se principalmente mirato verso forme di divertimento
quali la musica rock'n'roll, l'abbigliamento e il ballo, lo stile
ted è invece pienamente partecipe dei tradizionali
comportamenti del sottoproletariato giovanile, tra cui
spicca il rito della partita del sabato pomeriggio.
La gioventù Americana ed Europea nel
secondo dopoguerra
 Negli Stati Uniti la realtà giovanile non aveva visto nulla
della guerra e godeva dello sviluppo economico e della
piena fiducia nel sogno americano.
 I giovani americani attivi nei consumi erano perlopiù
studenti della middle class, ricchi e senza remore.
 Quelli
Europei si distinsero principalmente in due
categorie: quelli appartenenti agli strati abbienti,
culturalmente educati e tradizionalisti; e quelli lavoratori,
cresciuti nelle strade e nei sobborghi.
 I primi ammiccarono alla trasgressione, ma di fatto furono
vincolati dalla scarsezza di denaro, in quanto pur facendo
parte di famiglie agiate, i genitori non vedevano di buon
occhio lo stile di vita da loro intrapreso e non elargivano
loro, quindi denaro. Mentre i secondi, non avendo tali limiti
e avendo un lavoro con cui sostenersi, abbracciarono più
consistentemente il consumo moderno.
 Quest'ultimi,
grazie alla disponibilità di un salario
consistente, che si accompagnò al boom economico
(attivato grazie al piano Marshall), si emanciparono in
senso filo-americano: poterono cioè permettersi uno stile di
vita simile a quello dei coetanei d'oltre oceano.
 Dunque, la sottocultura giovanile inglese degli anni '50 non
fu tanto associata ad un'adolescenza scandita dalla vita
scolastica, quanto agli immutabili ritmi settimanali del
sabato sera e del lunedì mattina.
 Era prevalentemente cultura della classe operaia, di giovani
che lasciavano la scuola a quindici anni per andare a
lavorare.
 È in quest'ottica che va collocata la possibilità di costruire
uno stile generazionale cosa che, in precedenza, era
impedito dalla mancanza di strumenti economici e culturali
.
 Nel dopoguerra le paghe degli operai si quintuplicarono.
 Questo voleva dire che, se il mondo degli adulti si
indirizzava sempre più verso acquisti domestici (tv,
elettrodomestici, auto), che le economie di scala rendevano
progressivamente più accessibili, quello dei giovani
lavoratori si destinò ad un consumo di diverso genere
(abbigliamento, divertimenti,ecc.).
 Verso i tardi anni cinquanta e primi sessanta, molti figli del
baby-boom erano diventati teenager e si preparavano al
R'n'R, erano quasi tutti figli della working class e fu
naturale per loro unirsi in gangs.
Il Rock’n’Roll
 C'erano disoccupazione e grandi speranze, le rivalità tra
bande contrapposte costituivano i riflessi materiali di una
contraddittoria realtà: da una parte più denaro da spendere
in famiglia e tempo libero, dall'altra disoccupazione e
degrado della vita suburbana.
 Questo, in definitiva, lo scenario economico-sociale che
caratterizza fortemente lo scostamento culturale tra il
movimento britannico e quello americano nella pur
comune matrice ideologico-generazionale del Rock'n'Roll.
 Questa struttura sociale fu l'"impalcatura materiale" sulla
quale il R'n'R espresse con i testi, e con il ritmo, l'idea di
una cultura alternativa a quella ufficiale fatta di vestiti,
films, ballo e, soprattutto, divertimento.
Anni Sessanta
 Gli stili prevalenti
YE-YE’
 Movimento giovanile e moda degli anni '60, segnati
dall'esplosione dei fenomeni massivi nel consumo di moda.
 I giovani possono scegliere in negozi a loro rivolti, quindi si
assiste ad un declino dell'haute couture mentre
l'abbigliamento maschile opta per colori più accesi rispetto
agli anni precedenti, seguendo lo stile dei Beatles, leaders
incontrastati del campo musicale e del costume di quel
decennio.
 Lo stile d'abbigliamento di quel periodo è caratterizzato da
un trionfo di stampati d'ispirazione optical e di minigonne.
Surfers
 Movimento giovanile e moda spontanea, dotato di una
mitologia propria di eroi e racconti, nonché di riti di
iniziazione.
 All'inizio degli anni '60 si diffonde tra gli adolescenti
californiani, quasi a compendiare l'edonismo dell'epoca con
feste sulla spiaggia con ragazze e corse in auto. Lo stile
d'abbigliamento subisce un'evoluzione dal preppy look
attraverso la contaminazione dello stile hawaiano verso un
look sempre più rilassato, nel quale prevalgono calzoni
ampi, felpe con o senza cappuccio, magliette dai colori
vivaci e dalla grafica abbagliante.
Hippies
 Movimento culturale nato intorno agli anni 1966-67 a San
Francisco nel quartiere bohèmien di Height Ashbury, dove
si origina il primo nucleo dei Figli dei fiori.
 La
cultura hippy fu la massima espressione del
cambiamento sociale negli Stati Uniti degli anni sessanta.
 Pacifisti e dediti all'amore libero, gli hippy furono anche la
prima componente sociale a far uso costante di
stupefacenti. L'uso di sostanze stupefacenti non rispondeva
solo a una necessità di rottura con la cultura dominante, ma
arrivò a diventare una vera e propria religione.
 Nel decennio successivo va sviluppando l'idea di dare vita
ad una società parallela a quella borghese, nella quale si
possa vivere senza tabù, assecondando ispirazioni e
desideri propri e attuando un comportamento totalmente
libero anche nella sfera sessuale.
 Lo stile hippie si contrappone al modello borghese ed è
costituito dall'essenzialità: jeans, tuniche in cotone
naturale, gonne e pantaloni a vita bassa, sandali, assenza di
trucco e capelli lunghi.
 Volkswagen Transporter
 I capelli, che a quel tempo sembravano scandalosi quando
coprivano le orecchie e la fronte, diventarono sempre più
lunghi.
 Personaggi carismatici come i Rolling Stones, ostentano
jabots, velluti, lamé, pellicce, calzamaglie, stivali alla
moschettiera, vestiti in tessuto da tappezzeria,
accompagnati da collane, orecchini ed alla più sfrenata
libertà di accostamenti di colori, materiali e stili.
La moda
 Per tenere il passo, la donna dovette giocare le stesse carte:
trucco molto marcato, capelli lunghi e cotonati, pantaloni
attillati, golf e magliette aderentissime, stivali sopra il
ginocchio, calze a rete e in fine la rivoluzionaria minigonna.
 La moda si concentrò principalmente sui giovani. Londra
era la città che maggiormente interpretava questa richiesta
giovanile. La minigonna diventò la protagonista assoluta
della moda di quell’epoca. Il suo ingresso fu dato dalla
stilista di successo Mary Quant.
 La donna proposta sulle passerelle era la classica ragazza
dalle caratteristiche adolescenziali: la famosa Twiggy,
modella magrissima.
 I motivi fantasia che si ritrovarono sui mini-abiti, furono
dati dall’influenza della pop-art. Furono utilizzati anche
nuovi materiali come il vinile lucente, con effetto bagnato e
tessuti acrilici e poliesteri di facile manutenzione.
 Esplode il colore e la moda diventa sempre più unisex.
 Esplode il prét – a porter.
 Furono anni in cui ci si aprì al pluralismo degli stili e
all’espressione della propria personalità. Così accadde
anche nella moda.
 Gli stilisti traggono stimoli e idee per la moda guardando
cosa accade nelle strade.
In Italia
 «Sono musicomani incalliti – si leggeva nel giugno del ’67
sulla rivista «Vie Nuove» descrivendo i giovani italiani –
conoscono ogni mistero del Juke box. […] Il loro bagaglio
culturale è ricco di canzoni, di nomi di cantanti, di
espressioni di libri beatnik».
 E infatti, secondo un’indagine Doxa, nell’Italia del 1965, i
circa sei milioni di giovani di età compresa tra i 13 e i 19
anni, ciascuno dei quali aveva acquistato nel 1964 almeno
un 45 giri a settimana e 22 milioni di dischi, per un totale di
16 miliardi. «Contemporaneamente» - riferiva «Panorama»
nell’ottobre del ’66 - «i 20 mila jukebox, funzionanti un po’
dovunque, hanno ingoiato monete da 50 e da 100 lire per
complessivi 5 miliardi».
 Altrettanti soldi erano stati spesi dai giovanissimi per
correre in go-kart, bere al bar, andare a ballare e al cinema,
abitudini e passatempi vivacemente deplorati dagli adulti.
 Il Cantagiro, la manifestazione canora itinerante ideata
da Ezio Radaelli nel 1962, nella seconda metà degli anni
Sessanta fu un formidabile strumento di diffusione della
musica beat, dei suoi contenuti, dei capelli lunghi e della
minigonna.
 Gli anni Sessanta non sono solo il decennio dei diritti civili
e della guerra del Vietnam, delle rivolte di strada e degli
assassinii politici, ma anche dei Beatles e dei Rolling
Stones, di Bob Dylan e Janis Joplin, di Jimi Hendrix e Jim
Morrison.
 La musica e il suo linguaggio universale univa i giovani di
Paesi diversi, che iniziarono a viaggiare in autostop e in
compagnia di un sacco a pelo dando vita alla generazione
dei «giovani che vanno».
 I Rockes, I Corvi, I Nomadi, Francesco Guccini, L’Equipe
84, I New Dada e tanti altri, inserirono nel contesto
musicale italiano oltre ai capelli lunghi, ai jeans e
all’abbigliamento stravagante, anche i temi della rivolta
sociale.
 Nelle canzoni beat l’antimilitarismo dava il ben servito alla
tematica amorosa, il pacifismo, la protesta contro la guerra
del Vietnam e la paura della bomba sostituivano il binomio
cuore/amore.
 Nei testi, spesso tradotti e riarrangiati dall’inglese, si
raccontava il disagio esistenziale della condizione giovanile,
la necessità di credere «a un mondo nuovo e a una speranza
appena nata», la contrarietà alla guerra e il pacifismo, –
Guccini nel 1965 scrivendo Dio è morto immaginò una
«rivolta senza armi» - l’insofferenza del mondo giovanile
verso i genitori e il mondo degli adulti rivendicando il
diritto a vivere una vita diversa.
La gioventù come soggetto sociale
 Con la fine della guerra, ovunque si realizza una crescita
demografica per effetto di quello che sarà definito "baby
boom".
 In tutti i paesi occidentali, con la ricostruzione postbellica
riprende il processo di industrializzazione e di
urbanizzazione che innesca un imponente fenomeno
migratorio esterno ed interno.
 Chi si adatta alla nuova situazione sviluppa una presa di
distanza dai modi di vivere di chi è rimasto nella terra
natale. Sono soprattutto i giovani immigrati di seconda
generazione a sperimentare lo scarto maggiore con le
generazioni dei loro padri e madri, anche perché ricevono
nel frattempo una maggiore istruzione e vengono
socializzati al cosiddetto modo di vivere "urbano" e
"moderno".
 Anche tra le generazioni che vivono da tempo nelle grandi
città industriali le cose cominciano a cambiare per effetto
del crescente livello di istruzione; si può dire che le leve
generazionali post-belliche sono anche le prime che
superano in massa il livello medio d'istruzione dei loro
genitori.
 I più giovani iniziano così ad avvertire un senso di
indipendenza, se non proprio di superiorità ed avvertono
altresì la possibilità di migliorare il loro status socioeconomico di partenza proprio grazie all'istruzione.
 Per effetto del notevole prolungamento degli studi e della
relativa concentrazione-parcheggio di milioni di giovani
nelle scuole superiori e poi nell'università si creano le
condizioni per la formazione di un vero e proprio
"movimento giovanile", consapevole della sua tipicità
rispetto al mondo degli adulti e dotato di sufficiente
autonomia culturale per elaborare una propria "cultura
giovanile".
 Ai fini della ricostruzione storica della problematica
giovanile nel dopoguerra è possibile distinguere quattro
periodi:
 dagli anni '50 alla seconda metà degli anni '60, definibili
come età del decollo giovanile;
 dalla fine degli anni '60 alla fine degli anni '70, coincidenti
con la stagione della contestazione giovanile;
 gli anni '80, a lungo descritti come età del riflusso giovanile
dal primato della sfera politica al primato della sfera
privata;
 gli anni '90, identificati con l'età del simbolismo culturale
giovanilistico.
 Ciascuna
di queste fasi è rappresentata da gruppi,
movimenti ed aggregazioni giovanili emblematiche e da
risposte altrettanto tipiche da parte della società adulta, che
vanno:
 dalla reazione repressiva (connessa ad un aperto
dissenso e ad un altrettanto aperto tentativo di contrastare
e sanzionare negativamente le nuove tendenze)
 alla reazione adattiva (con forme più morbide di presa di
distanza e di contenimento)
 ad
una
vera
e
propria
accettazionestrumentalizzazione, riconoscibile dall'utilizzo a livello
commerciale degli atteggiamenti e dei comportamenti un
tempo considerati "trasgressivi".
 Nel corso delle quattro fasi sopra indicate, non sono
cambiate solo le singole forme, ma anche il senso di alcuni
concetti interpretativi utilizzati per "fissare" o "definire" il
posto dei giovani:
 in primo luogo il concetto di "generazione", con il quale si
è soliti indicare un'evidente "differenziazione" culturale di
certi gruppi di età rispetto al resto della società;
 in secondo luogo il concetto di "controcultura", che
indica la elaborazione di modelli culturali alternativi, talora
con forti connnotazioni ideologico-politiche, elaborati in
modo intenzionale e sistematico, in polemica con la cultura
che appare dominante nei rispettivi gruppi sociali di
provenienza;
 in terzo luogo il concetto di "subcultura", che viene usato
per indicare forme di reazione, che però non hanno
l'ambizione di costruire un diverso sistema sociale e restano
confinate per lo più "nell'area del tempo libero".
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