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Nuovi affreschi del Parmigianino
in S. Giovanni Evangelista a Parma
Le prime pagine del Parmigianino nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a
Parma sono ancora in parte ignote cosÌ
al pubblico come a quei descrittori che
non ne seppero leggere la paternità senza
il sussidio di stipule contrattuali o note
di pagamento mai trovate nelle vecchie
carte della chiesa.
Seduti entro nicchie impreziosite di
perline ai due lati del sottarco dipinto
nella IV cappella a sinistra due santi
vescovi, Nicola di Bari (fig. 1) e Ilario
di Poitiers (fig. 2), ripetono l'impostazione scorciata delle lunette nella Camera
di S. Paolo in uno sviluppo maggiore
che allude, non per accrescimento formale, ma per ampiezza e saldezza di volumi,
alla monumentalità degli Apostoli nella
cupola di S. Giovanni; del pari correggesco è il colore e il fluente e massivo panneggiare delle vesti, gialle, rosse e violacee
- colori cari al maestro - nel S. Nicola (dal
pensoso volto in profilo come il Filosofo
o Allegoria della vecchiezza della lunetta in
S. Paolo) e nel S. Ilario, che sembra esemplato per la dolcezza dello sguardo e la
duttile sensibilità delle mani sul S. Antonio abate nella Pinacoteca del Museo N azionale di Napoli.
Anche i classici rilievi sul fronte delle
cattedre e lo scorcio dei piedi sull'orlo
marmoreo della cornice trovano riferimento in S. Paolo, cui è pure ispirata
la pergola d'uva al sommo del sottarco.
N ella derivazione, come anche nei due
santi vescovi, è ben chiara però la diversa espressività del Mazzola che, se sÌ
conforma al maestro nelle maggiori concezioni, ne assimila e ne traduce gli schemi in modo affatto personale, alle volte
alquanto ingenuo e contenuto, altre eccessivo nella resa spontanea degli scorci,
nella torsione degli atteggiamenti, nell'esaltazione delle masse pittoriche ove
raggiunge, sia pure con mezzi correggeschi, rari equilibri e preziosismi decorativi assolutamente estranei all'Allegri; cosÌ nella decorazione della ghiera dell'arco
a grottesche bianche su fondo blu concluse da due tondi con lo stemma di Nicolò Zangrandi patrono della cappella e
pausate da tre cammei monocromi, dei
quali si intravedono lo scorcio ardito di
un angiolo tibicine (?) tratto dalla cupola, la maestosa figura di un vegliardo seduto con vicino . un'aquila (Giove?) per
la quale è forse il disegno n. 9231 nel
Gabinetto Disegni e Stampe della Galleria degli Uffizi, ed il profilo grifagno di
un guerrIero.
Per le grottesche il riferimento è evidentemente più antico, forse all'Araldi
della volta adiacente alla Camera del
Correggio in S. Paolo (1514), o anche a
quel Giovanni Antonio da Parma 1) che
nel 1514 firmava e datava la decorazione
della volta nei due bracci del transetto
in S. Giovanni Evangelista; ma tanto
più qui il prototipo non è che un punto
di partenza per giungere a risultati del
l) Lo SCARABELLI ZUNTI nella sua «nota manoscritta» al BERTOLUZZI, Guida di Parma, 1830 (esemplare nel
R. Museo di Antichità di Parma, p. 131), pensa che questa
fascia a grottesche e monocromi sia dello stesso autore
che decorò le crociere delle navi minori, forse quello stesso
«Jo. Ato: PP.)) (Joannes Antonius parmensis pinxit) che
ripetè più volte la sua sigla e la data M/CC/CCCjXIIII nel
transetto a sinistra, identi1Ìcato a torto dal TESTI (Bernardino Zaccagni e l'Architettura del Rinascimento a Par-
ma, in Archivio Storico per le province parmensi, XVIII,
[1918], p. 205, n. 4) con un Giacomo Antonio da Reggio o Giacomo Antonio Morozzi, che avrebbe dipinto
anche in S. Pietro Martire e nella chiesa di S. Alessandro. Ad ogni modo è certo che l'autore del fregio del
transetto, creduto dal Salmi l'Araldi, è stilisticamente
vicino a questo pittore e non è identificabile con l'autore della ghiera della IV cappella a sinistra, di tutt'altro stile.
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LE ARTI --------------------------------------------- 309-----tutto personali, chiari anche in questo
ritmico fogliame metallicamente modellato, e nei rovinati cammei, riecheggianti
atteggiamenti e schemi michelangioleschi
e raffaelleschi che il Mazzola amò intercalare anche nella decorazione delle altre
cappelle, ove tornano peculiarità qui per
la prima volta rilevate: la decorazione
scolpita delle cattedre, l'atteggiamento
dei rappresentati, la prospettiva dei piedi, ecc.
Prima che ai documenti storici che,
male interpretati, possono come vedremo
indurre facilmente in errore, o alla tradizione che vale, quando non si abbiano
dati sicuri, anche nei sensi più opposti,
è logico attenersi al fatto artistico che
c};liaramente ci dice la genesi del pittore
rivolto senz'altro al Correggio, per nulla
intralciato da ricordi e da tradizioni ritardatarie locali; un artista, insomma, sul
quale non poteva gravitare il mediocre
ambiente pittorico di Parma prima dell'avvento del Correggio: non il Loschi che
traduce in forme rozze e ritardatarie l'arte cremonese, e nel quale inutilmente il
Tinti I) ricerca «qualche timido accenno
alla forma conica delle dita ed all'allungamento delle mani»; non il Caselli, ispirato soprattutto ai veneti; non l'Araldi
che degrada in forme scialbe e grame di
colore elementi tratti dal Costa e dal
Francia, nonchè dal Pinturicchio che forse vide a Siena; e tanto meno i modesti
fratelli Mazzola, dei quali Filippo, padre
del Parmigianino, morto quando questi
aveva solo due anni, attinge mediatamente all'arte belliniana e antonellesca, mentre gli zii Michele e Pier Ilario non fanno
che ripetere infiacchiti e ottusi schemi
quattrocenteschi in opere datate nel nuovo secolo 3).
Da questi che, come ricorda il Vasari,
« l'allevarono con grandissimo amo:r.e» ')
dopo la morte del padre avvenuta nel
1505, il precoce giovinetto non può avere appreso che la semplice meccanica
della pittura. La prima luce, il primo
2) M. TINTI, Il Parmigianino, in Dedalo, IV (1923),
pp. 220-221.
3) G. COPERTINI (Il Parmigianino, 1932, voI. I,
pp. 14-16) uguaglia addirittura l'influsso dell'Araldi sul
Pannigianino a quello del Perugino su Raffaello, di J acopo della Quercia su Michelangiolo, del Verrocchio su
Leonardo - si licet parva componere magnis - e considera grandissimo anche l'apporto del padre Filippo cc per
un certo aspetto nordico nei tipi in specie maschili, la
rigidezza un po' lignea nelle figure, l'incredibile diligenza
di esecuzione» (p. 16); ma conclude poi col ritenere il
Parmigianino ispirato genericamente a tutti i pittori pervenuti a Parma agli inizì del '500, dai Mazzola, al Caselli, al Francia, al Cima, opinione che non suffraga però
con alcun dato di fatto o con paralleli convincenti. Al
contrario la FROHLICH BUM (Parmigianino und der manierismus, 1921, pp. 6 e 8) ritiene che il Parmigianino
sia stato iniziato ai primi rudimenti dell'arte da Pier Ilario e Michele Mazzola e che i pittori parmensi del '400
non abbiano avuto alcuna influenza decisiva sulla sua
formazione artistica; non si preoccupa però di ricercarne
!e fonti stilistiche. Ai presunti maestri del Parmigianino,
In Sketches of the lives of Correggio and Parmegiano, Londra, 1823, p. 231, è aggiunto un Taddeo Ugoleto che
l'autore crede sia stato un pittore importante a Parma
e che è invece noto solo come letterato; mentre per le
Gallerie di Vienna, 1858, p. 333, il Parmigianino cc apprese probabilmente i principì dell'arte dal Marmitta».
Ma questi che era già morto nel 1505, non potè essere
suo maestro, come del resto riconosce anche il TESTI
~Una gran pala di Gerolamo Bedoli, in Bollettino d'Arte,
bI, P?08], p. 377), che fa anche delle riserve sulla proabIlItà che Michele e Pier Ilario Mazzola abbiano po-
tuto insegnare qualcosa al Parmigianino, ma ricorda
come possibili suoi educatori il Caselli, Simone dei Martinazzi, Giampietro Zarotti, l'Araldi, l'Anselmi, il Rondani, e cioè cc tutti maestri di quando il Parmigianino
era giovane». Il VENTURI (Enciclopedia italiana, XXVI,
[1935], pp. 392-397) giustamente nega ogni traccia di
ricordi paterni, mentre il TINTI (Il Parmigianino cit.,
pp. 220-221) ritiene che si sia ispirato all'arte loc~le ed
accenna oltre agli influssi ricordati del Loschi, a quelli
dell'Araldi ed agli affreschi, forse, di Giovanni da Parma
nella cappella Ravacaldi in Duomo, che gli avrebbero
rivelato cc come un olezzo un po' svanito» la grazia e la
soavità di Gentile e del Pisanello; ma i maggiori influssi
rimangono quelli del Correggio, le cui forme però sarebbero meno strettamente legate di quelle del nostro pittore alla cultura ed alla civiltà emiliano-ferrarese, e concluderebbero le plastiche eleganze del Mantegna.
4) G. VASARI, Vite, ed. Milanesi, V, pp. 218-219.
È detto anche che « non mancarono con ogni accuratezza
di farlo attendere a disegnare sotto la disciplina di eccellenti maestri acciò pigliasse buona maniera»; mentre
nella prima edizione (G. V ASARI, Vite, ed. Torrentino,
1550, ristampate da C. Ricci, voI. IV, pp. 283-298) lo
dice allevato da unq zio e cresciuto poi sotto la disciplina
del Correggio; e seguace del Correggio è detto pure da
BONAVENTURA ANGELI (La Historia della città di Parma, 1590, Libro I, p. 20); F. SCANNELLI (Il Microcosmo della pittura, 1657, p. 48); L. LANZI (Storia pittorica
dell'Italia, VI, ed. 1828, pp. 105-110); L . SANVITALE
(Memorie intorno alla Rocca di Fontanellato, 1857, p. 14);
P. SELVATICO (Storia delle Arti del disegno, 1852-56, voI. II,
p. 758), ecc. Tale conseguenza deve essere sempre intesa
non come un vero e proprio rapporto di alunnato.
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orientamento è per lui quindicenne 5) la
Camera di S. Paolo, cosi come non ancora ventenne è soggiogato dalla corale policromia di S. Giovanni Evangelista che
nota per nota si andava componendo dinanzi ai suoi occhi. Questa sua prima
ispirazione risulta evidente dagli affreschi
della IV cappella a sinistra che la critica
attuale ha finora ignorato, lasciandola an-
cora a Michele e Pier Ilario Mazzola 6)
per la valutazione non più che letterale
di una «nota» privata del 27 febbraio
1515 con la quale i due pittori ricevono
dal proprietario della cappella, Nicolò
Zangrandi, « una chastelata di vino » corrispondente a lire lO imperiali per parziale pagamento della cappella che SI Impegnano a dipingere 7).
5) Il Parmigianino nacque 1'11 gennaio 1503. Così
risulta dal registro dei battesimi nell'Archivio del Battistero di Parma (vol. dal 1487 al 1504, p. 256 v., righe 11-12): « Jeronimus Franciscus Maria filius philipi
de Mazolis natus II et baptezatus 13 Januarii Compatres ipolitus de Lalata et petrus de Arzonis et Angela
de bilianis ll. Secondo il SANVITALE (La Rocca di Fontanellato, p. 22), poichè il primo nome era Gerolamo, il
Parmigianino si sarebbe fatto chiamare col secondo solo
dopo che il Bedoli, sposando una figlia di Pier Ilario,
avrebbe assunto il nome di Mazzola; ma risulta da contratti anteriori a questa data che il Parmigianino si faceva già chiamare Francesco: vedi ad esempio la nota
autografa firmata e datata al 1522 in cui si impegna a
dipingere in Duomo. Quanto all'ascendenza del Parmigianino, il padre Filippo e gli zii Michele e Pier Ilario
erano figli di un Bartolomeo, di una famiglia, secondo
l'AFFò (Vita del Parmigianino, 1784, p. 7), proveniente
da Pontremoli e stabilita a Parma fin dal 1305.
6) C. RATTI, Notizie storiche del Correggio, 1788,
pp. 147-148; R. BAISTROCCHI, Guida di .Parma, ms. del
1780, pp. 56-58; GARBI, Chiese di Parma, 1840, ms. nel
R. Archivio di Stato di Parma, n. 137; E. SCARABELLI
ZUNTI, Note manoscritte alla «Guida di Parma JJ di G. BERTOLUZZI, cit., in Museo di Antichità di Parma; L. TESTI,
Pier Ilario e Michele Mazzola, in Bollettino d'Arte, IV,
(1910), p. 102. Solo in Pitture diverse della città di Parma,
ms. del secolo XVII nel Museo di Antichità di Parma, si
accenna èome opera del Parmigianino alla cappella di
S. Nicola; e G. BERTOLUZZI, Guida di Parma, 1830, p. 131,
dice che gli affreschi di questa cappella furono allogati
a Michele e Pier Ilario Mazzola, « ma gli intelligenti vi
scorgono artista di ben altra lena JJ senza precisare quale;
anche P. MARTINI, Guida di Parma, 1871, pp. 117-118,
dice che gli affreschi allogati a Pier Ilario Mazzola sono
di un artista più valente e pensa che « il buon vecchio JJ
cedesse ad altri la commissione, ma non dice a chi. Quanto
ai critici più recenti, neppure uno accenna, sia pure come
ipotesi, al Parmigianino per questi affreschi.
7) Il documento conservato nelle carte del monastero
di S. Giovanni Evangelista, libro n. 118, del 27 febbraio
1515 (ora nel R. Archivio di Stato di Parma) è il seguente:
«Nota como mi petro Ilario et Michael frateli di Mazzolla
habiamo habuto una chastelata da m. Nicolò di Zangrandi di vino zove (cioè)' misure sei per precio di Il. lO, videlicet libre lO de imperiali, qual dicta chastelada ne a
dato per parte de pagamento de una capela che habiamo
a dipingere nel monasterio de S. Jo. Evangelista de lordine de S. Benedetto de Parma, quale capela se obligamo
a dipingere ad oni sua perticione e in fede di questo o
scripto e soscripto. Presente ms. Domenico Amlaredo
et Andrea suo fiolo mi Antonio de Luca. E mi Petro
Ilario de Mazolla o scripto. Et io Michael Mazolla fratelo provato ut supra. Ego Andreas de Milano notarius
partis praesens fui idem voluntate ipsarum partium sue
subscripsi. Ego Antonius de Lucha notarius praedictus
praesens fui de volumptate ipsarum partium. Ego Dominus Antonius .... JJ .
Allo stesso impegno si riferisce un'altro documento
riportato dall'AFFò (Notizie intorno agli artisti parmigiani: Notizie dei vari artefici di Belle Arti che operarono pel
Monastero e per la chiesa di S. Giovanni Evangelista in
Parma, p. l, ms. n. 1599 nella Biblioteca Palatina di
Parma), tratto dai libri di quel monastero, non dice
però da quali: « Quetanza Illarii et Michaelis de Mazzollis pro pictura Capellae S. Nicolai de Zangrandis pro
solutione castelate vini 1515-17 SetteIubre .... JJ . Ancora
un'altra notizia ma evidentemente inesatta trovo nel
BAISTROCCHI (Notizie di pittori che lavorarono a Parma,
ms. n. 1106 presso la Biblioteca Palatina di Parma)
che a p. 63 dice che per principio di pagamento furono
versate a P. I. e M. Mazzola lire 22 imperiali; e, altrove
(Spoglio dei libri di conti del Monastero di S. Giovanni
Evangelista, ms. n.ll06 nella Biblioteca Palatina, p. ]0 v.),
ripete: «trovo pagate H. 22 ad Ilario e Michele Mazzola
per la detta cappella JJ (libro G, p. 197). Invece, a p. 197
del «libro G di S. Giovanni Ev. JJ, conservato nel detto
Archivio di Stato, è riportato il documento con cui il
28 maggio 1513 « Nicolò Zangrandi cittadino di Parma»
si impegnava a dare «11. 600 imperiali per una cappella
quale il monastero nostro gli ha concesso nella nostra
ecclesia lI, cioè, la cappella di S. Nicola sopra detta. In
quel tempo il monastero per alleviarsi delle spese di decorazione della cbiesa concedeva in patronato le sue
cappelle a signori cittadini, a patto che essi le facessero
completare, decorare e arricchire delle pale d'altare a
proprie spese, come risulta dal contratto del 28 maggio 1513 (doc. in Archivio di Stato, libro D, n. 313, p. 19):
«Nota como a di sopraditto il Monasterio et capitulo
nostro ha data et venduta a messer Nicolò Giangrando
citadino in Parma una capella ne la nostra ecclesia, quale
la guarda verso il nostro claustro, commenciando a la
porta de dicta ecclesia, per libre seicento, H. 600 imperiales, la qual capella dicto msr. Nicolò a tutte sue spese
in termino di cinque anni proximi avenire debet fare
finire de una beHa aD cona a lo altare, una ferrata vedriata, et salegare et pingere le volte et stabilire de tutto
punto a tutte sue spese ut supra come staranno le altre
capelle in dicta nostra ecclesia; perchè il monasterio
nostro gli dà dicta capella per precio di· II. 600 como la
se ritrova de presente et lui la deve finire ut supra: et
dicto messer Nicolò ha numerati a me domno Lazaro
H. 100 imperiali et de presente debet dare a Petro Joanne da Piaza nostro fornaxaro tanti fasci de montano
Il. 30 imperiales a nome nostro per parte de pagamento
de dicta sua capeHa; le altre II. 470 debet lui pagare.
monasterio nostro in camino de anni quattro proxJlDl
avenire pagando ogni anno pro rata, come appare per
in strumento rogato per Gaspare Ranuccio notaio in P~r­
ma, a di ut sopra JJ . Ancora nei libri di S. Giovanni è
a!
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~
CJ
Fig. 1. PAIlMA : Chi eEa di S. Giovanni E,·angelista, l;' ca ppella a sinistra, so ttarco.
Pnrmi!(ianino: S. Nicola di Bari (prima del restauroy.'"
(Fol. CI, i"ppa ri"i)
Fig. 2. P A IlMA : Chiesa di S. Giovanni Eva ngelista. IV ca ppella a sini stra , so lla rco.
P armigia nino: S. Ilario di Poitiers (prima d el restauro).
(Fol. CI,i appa ri" i)
<:
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TAV.
F ig. 3.
C BA O IN
CXXVI.
Chiesa dei S. Ippolito c Cas iano. iichele e Pier Ilario Mazzol,,: Pre·
della di pala d'altare con la atività della Vergine (particolare).
(Fot .. Pisse,i)
' EVIA ' O DEGLI ABDUl I (PAmIA):
l-'ig . .~. PAlUIA:
illesa di . Giovanni Evangelista, I cappella" sini tra , so ttarco. l'arUli·
giallino: Dottori della Cillesu (prima del restauro).
(Fol. Pisscri)
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Fig. 7.
Chiesa di S. Gio\'anni E \'angcl isl a, absid e nel lranse llo di d eslra. M. AnAppa rizione d ella Vergi ne col B. e sa nle ( pa rtico lare; prima d el restauro).
(Fot. Chiappa,illi)
PARAIA:
~e lmi:
~
("")
:x:.
Figg. 5 e 6. PARMA: Chi e~a di S. Gio\'a nni E\·nngelisla. VI cappella a sinislra ,
ghiera dell'arco. Parmigianino: .\fonocro ma ti (pr im a del reslauro). (Fot. Pisse,i)
Fil-'. 8.
P A R)IA :
Calledrale . .\1. Anselmi : Apparizione di S. Agnese (particolare).
(Fot. Vaghi)
~I
~.
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Fi". 9.
PARMA :
Chiesa di S. Giova nni ' :Evange lista , so llarco n ell a ca ppell a a sinistr a del tran etto . . L
c S. Agnese (prima del res tauro).
.-
'.i'A .
c
nse lmi:
VIU.
Ca terina
(Fol. Chiapparini)
Fig. IO . PAllMA: Chi psa di S. Giova nni Evangel ist a, ca tin o dell 'abs id e nel transetto d i SlI11str a. M. Ansclmi :
. F lav ia c S. Pla cido (parti co lare; prima del rest auro) .
(Fol. Chiapparini)
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""3
;..
~
Ci
F ig. 11 . P ARM A: Chi esa di S. Giova nni Eva ngelista , II cappell a a sinistra, p a rte centrale d el sottarco.
(Fot. Pisseri)
P armigia nin o: Pulti.
Fi gg. 12 e 13. P ARM A: Chi esa di S. Giova nni Evan gelist a , I e II
ca ppell a a sini stra , ghi era d ell'ar co. P armigianino: Putto l eggifest one e grottesche.
(F ot. Pisseri)
x
....
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>'
l.>
Figg. 14 e 15. PAll\lA : Chiesa di 5. Giovanni E \'angelista , I ca ppella a slIn stra, so ttarco. Parmigiani<lo: 5 . Agata e il ca rn efi ce e le 55. Lu cia rd Apollonia.
Fig. 16 . PAll\IA: Chies" di 5. Giovanni Evangeli.ta, II cappella a sini stra , so llarco. Parmig ianiuo: Di aconi .
(Fot. Pisseri)
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LE ARTI
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Ma il documento non è affatto probatorio in quanto non v' è che la promessa di esecuzione di un lavoro e la
riscossione del consueto anticipo sul compenso; molte cause possono, ovviamente,
averne ritardato o impedito l'effettuazione, com'è evidente quando si confrontino
queste pitture con opere certe dei fratelli
Mazzola, ad esempio le tavole firmate
con la Madonna col Bambino e santi nella
Pinacoteca di Parma, o la Pala della
chiesa di Scurano (fig. 3), quest' ultima
del 1514, anteriore quindi di un solo anno alla commissione data da Nicolò Zangrandi. E invero la distanza fra queste
pitture non è cronologicamente misurabile, chè la pala scuranese, malgrado la
datazione, è ancora rigidamente quattrocentesca, nè vi si riscontrano accenni
che lascino prevedere uno sviluppo sÌ rapido da posizioni tanto arretrate; mentre
del tutto nuova e grandiosamente cinquecentesca, come si è visto, è l'impostazione degli affreschi parmensi ai quali
neppure lontanamente possono essere paragonati i legnosi e arcaici santi di Michele e Pier Ilario ,c he evidentemente, per
cause che non è dato precisare, in luogo
di adempiere personalmente all'incarico,
l'affidarono al giovane ma precoce nipote
loro associato il quale, data la minore età,
non compariva nei contratti 8).
Che l'affresco non sia stato eseguito
nel 1515 è ovvio in quanto indubbi e
molteplici sono i riferimenti alla Camera
di S. Paolo ed alla cupola della stessa
chiesa di S. Giovanni Evangelista (151819 e 1520-23), mentre il Correggio nel '15
era ancora lontano da Parma. In quanto
al Parmigianino, che in quest'anno era
appena dodicenne, non può aver affrescata la cappella se non nella primavera
del '22, in quanto lo sappiamo a Viadana
dal 1520 alla fine del '21 o agli inizÌ del '22.
Intorno a questo tempo sono da collocarsi
gli affreschi della VI cappella a sinistra
anch'essa data in patronato ad un nobile
cittadino parmense, l'avvocato Melchiorre de' Bergonzi, il quale, acquistatala fin
dal 1515 9), solo il 21 marzo 1522 disponeva nel suo testamento che essa venisse
dipinta 10). Sebbene non specifichi il nome
del pittore questo documento da me ritrovato è importante per la datazione
ricordato il pagamento non completato della cappella
nel 1519 (libro H, n. 306, nel detto Archivio di Stato,
anno 1519, p. l v.): « Messer Nicolò Zangrandi cittadino
di Parma deve dare per resto de una capella posta nella
chiesa del nostro monastero Il. 139 ». E, di nuovo, a p. 2 r.,
all'anno 1522, il saldo di ogni suo debito.
8) Altre volte, oltre che per la cappella Zangrandi,
compare il nome dei fratelli Mazzola per lavori fatti in
chiesa ed in monastero, ed è probabile che con loro abbia lavorato anche il nipote. Il 7 settembre 1519 erano
date lire 14 imperiali a Michele Mazzola per la pittura
dell'ultima cappella verso il cimitero di patronato di
Gerolamo Baiardi; e il 17 ottobre 1522 il priore LuciaDO da Parma pagava i due fratelli per le opere di pittura e di doratura fatte in monastero (vedi I. AFFò, Artisti parmigiani: Notizie tratte dai libri di spese di S. Giovanni Evangelista, cit.).
9) R. BAISTROCCHI, Spoglio di libri di conti di S. Giovanni Evangelista, m s. 1106 nella Biblioteca Palatina di
Parma, p. 152 (tratto dal libro E di S. Giovanni Evangelista, p. 8, che fu venduto per lO zecchini nel 1812 dopo
la soppressione conventuale a Sir Francis Egerton, raccoglitore di scritture autografe di celebri italiani, in
quanto conteneva. la ricevuta del Correggio p er 'la cupola di S. Giovanni): « 1515. M. Bergonzi, avocato del
~onastero, cominciò a pagare la sua capella d. 72 che
II fu data per 25 scudi d'oro del sole che a Il. 4,25 sono
~. 118,15 l> ; vedi anche libro H di S. Giovanni EvangelISta, n. 306, in Ar('hivio di Stato, p. 2: « 1519. Messer Mar-
chio (marchese) Bergonzio doctori in Parma dee dare
per resto di una sua capella posta nella chiesa del monastero nostro n. 133 soldi 5 l).
l0) Vedi la minuta originale nella filza del notaio
Gerolamo Balestra nel R. Archivio Notarile di Parma:
(( In Xristi nomine amen. Anno a N ativitate eiusdem
millesimo quingentesimo vigesimo secundo indictione decima die vigesimo primo Martii. Licet incerta mortis
hominum semper debeat in animo prudentis esse.... id·
circo praedictus attendens et conservans, nobilis vir dolDÌnus Melchior de Bergonzi filius quondam dni Illarii
civis parmensis viciniae Sti J oannis pro burgo Riollo
sanus per grati a Dei Dni nostri J esu Christi mente et
intellectu licet corpore languens volens et intendens nuncupative idest sine scriptis testari et more prudentis
viri posteritate sua providere .... i1;l primis namque testator ipse animam suam altissimo Creatori commendavit
et commendat, cadaver vero suum sepeliri voluit et mandavit in Ecclesia Sancti Joannis Evangelistae de Parma
in capella ipsius testatoris quam abet in dicta ecclesia.
Item legavit infrascripti sui heredes teneantur et obligati
sint dictam capellam [omari et] (cancellato con un tratto
di penna nella minuta originale) pingi facere ac unam
anconam in ea facere frexi [paramentis et aliis ornament is solarii] (cancellato nella minuta originale) prout et
sicut eisdem heredibus ordinabitur et declarabitur per
r everendum patrem dominum Placidum de Bono parmensem monacum in eodem monasterio dictae E cclesiae
Sancti Johannis. Qui de eius mente ad plenum instructus
4
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dell'affresco che, assegnato tradizionalmente all'Anselmi 11), del quale è la pala
d'altare con Gesù portacroce 12), è stato
anche attribuito, se pure con incertezza,
al Parmigianino da alcuni descrittori e,
rec~ntemente, dal Copertini 13) che però,
oltre a ritenerlo anteriore al soggiorno di
Viadana (1520-22), lo vede inferiore alle
altre cappelle e pieno di incertezze e difetti; giudizio in assoluto contrasto con
la grandiosa realizzazione del Parmigianino, cosi possente e vicina al Correggio
nella composizione binata dei Quattro Dottori della chiesa (fig. 4) e nella salda e
vasta struttura formale.
Il modello ai vegliardi in ricchi paramenti gialli, rossi, violacei e verdi, assorti nei sacri comenti è nella chiesa stessa, nei pennacchi della cupola, ove seggo no vicini Dottori ed Evangelisti negli
stessi atteggiamenti discorsivi e del pari
incisi di nobiltà nelle figure e nei volti;
e coerenti ne sono i rapporti anche con
la IV cappella, nella accentuata assimilazione correggesca, nell'atteggiarsi sempre più sciolto delle figure parimente intense di colore e, soprattutto, nel rapido
potenziamento formale che è davvero, come dice il Vas ari a proposito dei dipinti
di Viadana, «non da principiante e giovane, ma da maestro e vecchio ». Tali
caratteri sono evidenti anche nei bellissimi monocromi del sottarco (figg. 5 e 6)
ove ~ oltre gli stemmi dei patroni della
cappella, Melchiorre de' Bergonzi e Cafuit et est ». Lascia inoltre un legato di lire 500 imperiali
per far celebrare una messa nella cappella ad ogni anniversario (Documento letto col Prof. S. Drei).
Nonostante le più accurate ricerche nessuna lapide
che ricordi il Bergonzi si è potuta trovare nella cappella
o in chiesa.
11) M. ODDI, Nota delle pitture di Parma, cit.; R. BAISTROCCHI, Guida di Parma, ms. del 1780, presso il R. Museo di Antichità di Parma, pp. 56-58; M. ZAPPATA, Notitiae ecclesiarum in civitate Parmae nunc existentium,
ms. del 1700 c. nella Biblioteca Palatina di Parma, c. 26;
GABBI, Chiese di Parma, cit.; G. M. CASAPINI, Il Parmigiano osservatore delle bellezze della sua patria, ms. del
1826, presso la Biblioteca Palatina di Parma, p. 13 v.;
A. SANTANGELO, Inventario degli oggetti della provincia di
Parma, 1934, p. 40; M. G. RATTI, Notizie storiche del Cor-
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milla di Mateleto sua moglie, retti da
putti, sono le allegorie abbinate della
Fortezza e della Giustizia, della Prudenza
e della Temperanza, e due episodi della
Genesi: Adamo ed Eva presso l'albero del
peccato e l'Angiolo che li caccia dal Paradiso, alternati a cammei di cui si Scorge bene solo un S. Giorgio e il drago, ed
un ovato centrale con un vegliardo disteso.
Ancora è il ricordo del Correggio nella
flessuosa figura di Eva del primo peccato,
prossima alle Tre Grazie della Camera di
S. Paolo, mentre in tutta la composizione
e particolarmente nell'« Adamo» seduto
è presente 1'analogo affresco nella volta
della Stanza della Segnatura di Raffaello, come nella Cacciata dal Paradiso - ove
tornano nello scorcio dei piedi forme analoghe a quelle della IV cappella - i nudi
ispirati al Correggio sono di un plasticismo di mediata derivazione michelangiolesca. Chiaro anche nelle allegorie e nei
putti reggifestone appare sul1' impianto
correggesco un orientamento tosco-romano con accentuazioni e ricordi di Raffaello, ma soprattutto suggerimenti e risoluzioni d'origine senese, specie "del Sodoma,
finora mai rilevati in questo primo periodo del Parmigianino, e che suggeriscono
domande affatto nuove sulla sua prima
formazione.
Tuttavia la risposta non sembra esigere lunga ricerca perchè, oltre la breve
permanenza a Viadana, il Mazzola non
s'era, per quel che se ne sa, mai mosso
reggio, pp. 147-148, che lo crede di Pier Ilario Mazzola.
12) L'attribuzione tradizionale è confortata dallo stile.
Vedi anche per la bibliografia precedente A. SANTANGELO,
Inventario cit., pp. 40-41.
18) L. BERTOLUZZI, Nuovissima Guida, 1830, p. 130:
« L'arco in cui sono espressi i quattro Dottori della Chiesa
si attribuisce da taluni al suddetto Anselmi, ma i più veggenti in pittura avvertono ivi trovarsi un carattere nelle
-forme e un tono nel colorito ben diverso dal suo e pendono ad assegnarlo al Parmigianino »; anche C. MALASPINA.
Nuova Guida di Parma, 1869, pp. 39-40, dice che i dipinti dell'arco attribuiti tradizionalmente all'Anselmi devono essere più giustamente ascritti al Parmigianino; e,
incerto tra l'Anselmi e il Parmigianino, è P. MAIlTINI,
Guida di Parma, 1871, p. 117; al Parmigianino lo assegDa
anche G. COPERTINI, Parmigianino, 1932, voI. I, pp. 36-43.
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da Parma ove, dai pittori locali, Rondani incluso, ben poco può avere appreso;
non cosÌ dall'Anselmi che dal 1518-19 circa
era quivj14) e che, figlio di parmensi, ma
nato a Lucca, aveva compiuta la sua
educazione artistica a Siena, sul Beccafumi, sul Sodoma e sul Peruzzi, ma specialmente sul primo. L'Anselmi era dunque non soltanto l'apporto di un'altra
pittura, ma la mediazione concreta di essa con il correggismo e nessuno più del
Parmigianino ne seppe approfittare - è la
tesi di R. Longhi 15) - risalendo a traverso l'Anselmi, al Beccafumi ed al Sodoma.
Al Beccafumi in particolar modo che, proprio negli anni immediatamente precedenti la partenza dell'Anselmi da Siena
(1518-19), dipingeva gli affreschi dell'Oratorio di S. Bernardino in quella città, cosÌ
determinanti per l'Anselmi del quale chiaramente si profila la complessa personalità nelle opere eseguite a Parma, ove fin
dagli iniZI del suo soggiorno ebbe buona
fama e, certo, commissioni di quadri e
di affreschi, come si può arguire dal contratto del 21 ,novembre 1522 coi Fabbriceri del Duomo 16) per la decorazione della
« cruxeria existente versus meridiem», la
crociera del transetto a destra, che non
fu poi eseguita, ma che documenta la sua
notorietà.
Certo a tempo anteriore e più precisamente al 1520-22 debbono appartenere
gli affreschi nei catini delle due absidi del
transetto nella chiesa di S. Giovanni Evangelista attribuitigli quasi concordemente
dai descrittori della città 17) e che sono, a
conferma della teoria del Longhi, quasi
il necessario presupposto ai dipinti del
Parmigianino. Nell'abside destra, tre episodi benedettini: un frate (S. Mauro?)
che si accomiata da un eremita' (S. Benedetto ?); lo stesso frate in estasi e come rapito dall'improvvisa visione della
Vergine in una nube di sante apparse al
sommo della lunetta (fig. 7); e semidisteso in un letto con baldacchino un benedettino con barba bianca e gli occhi
14) Certamente l'Anselmi era già a Parma da qualche tempo nel 1520, chè del 27 aprile di quell'anno è un
rogito notarile col quale Francesco Anselmi fa donazione'
dei suoi averi al nipote Michelangiolo abitante con lui
in Parma « et in vicini a S. Prosperi et in domo cum predicto D. Francisco .... »; mentre di un giorno dopo è un
altro rogito coi capitoli nuziali tra Michelangiolo e lppolita figlia di Polidoro de' Garbazzi (vedi rogiti di Giovanni Martino Garbazzi nel R. Archivio Notarile di Parma, trascritti in parte da E. SCARABELLI ZUNTI, Documenti e Memorie, III, alla voce « Anselmi »).
15) Già nel 1927, in una nota sulle affinità tra il
Rosso ed il Beccafumi, per uno studio sul manierismo
impreso dall'Antal, il LONGBI (Precisioni nelle Gallerie
italiane, in Vita artistica, II, (1927), p. 88) accenna al
maggiore apporto del maestro senese ed alle « conclusioni bellissime», cui si potrebbe giungere confrontando
le « pazzie» del Beccafumi con quelle del Rosso, evidentemente da lui derivate. La massima di tali « conclusioni» è indubbiamente questa, della formazione senese
del Parmigianino a traverso l'Anselmi, la cui influenza
a Parma, per quanto evidente e concordemente ammessa
da tutti i descrittori locali, non era stata vagliata in
tutte le sue conseguenze nei riguardi del Mazzola. Tale
nuova possibilità non prima intravista è stata oggetto
di un mio lungo colloquio col Prof. Longhi, quando gli
ho mostrato le fotografie degli affreschi del Parmigianino
da me scoperti con quelle dell'Anselmi, mai prima studiati, nella stessa chiesa di S. Gi,o vanni Evangelista, e
debbo a Lui la possibilità di condurre su via più
conclusiva queste ricerche che derivano dalla sua tesi
e dalle indicazioni che gentilmente si è compiaciuto
darmi.
18) Rogito di Galeazzo Piazza nel R. Archivio No~
tarile di Parma.
17) Le due absidi del transetto che il Longhi ha
pure confermate all'Anselmi, sono considerate di questo
pittore già nelle antiche guide: vedi Descrizione di 100 quadri della Galleria Farnese e nota ..•. delle pitture delle chiese
di Parma, 1725, p. 53; R. BAISTROCCBI, Guida di Parma, cit., pp. 55-58; M. ZAPPATA, Notitiae ecclesiarum cit.,
c. 26; P. GRASSI, Teatrum parmense, ms. del secolo XVIII,
pp. 126-127, riportato a p. 57 dal Baistrocchi; C. MALASPINA, Nuova guida di Parma, cit., pp. 39-40; E. SCARABELLI ZUNTI, Materiale per una Guida artistica di Parma,
ms. del secolo XIX nel Museo di Antichità di Parma,
p. 184; G. M. CASAPINI, Il Parmigiano psservatore delle
bellezze della sua patria, m~. del 1826 presso la Biblioteca
Palatina di Parma, p. 13 v. Però il RUTA (Guida di
Parma, 1780, pp. 52-53) pur dando all'Anselmi i catini
dell'abside a destra e a sinistra del transetto, dice per
quello di destra: « l'arco sul principio è dipinto, secondo
il parere di alcuni intendenti dell'arte, dal Parmigianino »,
opinione ripetuta dal DONATI, Nuova descrizione della
città di Parma, 1824, p. 40: «L'arco sopra l'ingresso ha
dei dipinti a fresco ch e da vari furono giudicati del Parmigianino, cosÌ pure nella simile dall'altra parte, ma non
so con quale fondamento». Inoltre P. MARTINI, GuicJa
di Parma, cit., pp. 117 e 119, ritiene dell'Anselmi solo
l'abside di sinistra e di Gerolamo Bedoli, non si sa perchè, quella di destra; recentemente il COPERTINI (Parmigianino, I, p. 53), seguendo il Ruta e il Donati, ritiene
dubitativamente del Parmigianino la parte esterna dell'arco col putto reggifestone e non fa cenno agli altri
affreschi; mentre L. TESTI, Parma, 1907, e Parma, Bergamo, 1932, li ritiene tutti del Parmigianino.
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affissati al cielo che ha da presso il pastorale e un altarolo col Crocifisso (il
Trapasso di S. Mauro ?). Nel catino opposto, una gloria di angioli con cartiglio
nel quale si legge tra l'altro «Benedictus» e, in basso, «S. Benedetto seduto
rigidamente in trono tra Mauro, Scolastica, Placido e Flavia ».
L'artista che li ha eseguiti ha di certo
visto il Correggio, del quale sono evidenti
gli influssi, ma ha visto pure il Sodoma
ed il Beccafumi, che ripete negli atteggiamenti e negli schemi commisti a riflessi
raffaelleschi, in una particolare concezione
formale che non ha riscontro con la pittura parmense coeva. Il gruppo della Vergine con le sante nel sommo dell'abside
di destra, cui si ispira il Parmigianino
nello Sposalizio di S. Caterina della R. Galleria di Parma, riecheggia il Sodoma nella
S. Agnese dal sorriso leonardesco e nella
Santa monaca, cosÌ prossima alla S. Caterina che riceve le stigmate, mentre nella
Madonna in profilo sullo sfondo di cielo
si nota il nesso col Beccafumi. Anche nei
frati della parte inferiore è ancora Siena
che domina sui recenti influssi parmensi,
sia nello spartimento a grottesche dell'abside di destra echeggiante gli affreschi
del Sodoma nel Palazzo Pubblico di Siena, o quelli con Storie di S. Caterina
nella chiesa di S. Domenico della stessa
città, e anche gli affreschi del Beccafumi
nell'Oratorio di S. Bernardino ivi, e sia
nelle maestose figure di santi, e particolarmente in quella centrale riferibile « nella costruzione rigorosamente geometrica »,
nella espressione intensa e nel potente
scorcio della mano, alla S. Caterina che
riceve le stigmate del Beccafumi nella R. Pinacoteca di Siena, che è del 1514-15.
Anche nell'abside della parte opposta
si scorgono gli stessi influssi, prevalente-
mente del Sodoma nella S. Scolastica genuflessa in estasi, e del Correggio p.ei putti
al sommo dell'abside, come nel S. Placido,
esemplato sullo stesso santo del dipinto
del . Martirio eseguito in quegli anni per
questa chiesa, e nella S. Flavia con la
spada confitta nel seno e la palma nella
mano (fig. lO), prossima tipologicamente
al S. Giovanni scrivente della vicina lunetta correggesca. Ma nel rigido S. Benedetto troneggiante al centro dell'abside riecheggia di nuovo l'arte toscana e
più specificatamente quella di Fra Bartolomeo nella pala con L'Eterno e le
SS. Maddalena e Caterina del 1509 (Pinacoteca di Lucca), ben nota certo all'Anselmi per la sua prima residenza; mentre
l'angiolo genuflesso tra i SS. Mauro e
Scolastica che stringe al petto u'n a starnazzante colomba, e l'altro in atto di
danza che chiude a destra la ghiera esterna dell' arco a festoni di frutta, commiste
a forme correggesche rivelano, come gli
angioli sui pilastri del citato quadro del
Beccafumi con S. Caterina che riceve le
stigmate, una chiara assimilazione di elementi raffaelleschi, sicura fonte di influssi
tosco-romani per il Parmigianino, che vi
ha evidentemente attinto la sodomesca
Prudenza con lo specchio (fig. 6) tipologicamente vicina alla S. Agnese dell'abside di
destra, ed i putti reggistemma come quelli
dell'abside di sinistra, ai quali ha aggiunto
correggeschi nodi di nastri.
Che le due absidi del transetto siano
poi sicuramente d~ll'Anselmi risulta pure,
oltre che da tutti i retaggi senesi rilevati
e che non si potrebbero diversamente
spiegare in questo tempo a Parma, dal
confronto con gli altri dipinti parmensi
del pittore, affreschi compresi 18), per quanto posteriori e, specie quelli della Steccata, in parte condotti su disegni di Giulio
18) I due maggiori cicli di affreschi dell'Anselmi a
noi pervenuti sono quelli con una serie di maestosi santi
dipinti nel 1538-39 nella cappella della Concezione della
chiesa di S. Bartolomeo a Busseto (Parma) che sembrano
ispir~ti alle pitture del Parmigianino nella IV e VI cap-
pella di S. Giovanni Evangelista, e le due absidi del presbiterio e dell'ingresso nella chiesa della Steccata a Parma, per le quali rimangono contratti con i fabbrici~
dal 1541 al '49 (vedi Atti nel R. Archivio Notarile di
Parma e nell'Archivio della chiesa della Steccata).
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Romano e alterati da rifacimenti anche di
mano dello stesso Anselmi. CosÌ nella tavola con l'Apparizione di S. Agnese (fig. 8)
nella cripta del Duomo di Parma databile al 1527-28 19 ), il raggruppamento delle
figure, come l'espressione assorta della
monaca che regge la candida pecora del~
la santa, simile all'altra nel gruppo in
alto all'abside di destra, i gesti curati
delle mani e perfino l'acconciatura coi
capelli cadenti in molle nodo sulla nuca,
confermano l'identità del pittore ancora
spicc~tamente senese, come appare anche
nell'altro quadro della stessa chiesa, databile circa nello ste&so anno, con la Madonna col Bambino tra i SS. Sebastiano,
Rocco, Ilario e Biagio o in quello con la
Madonna in gloria tra i SS. Rocco e Sebastiano nella Pinacoteca di Parma e,
ancora, nel Battesimo di Gesù del Duomo
di Reggio Emilia, ove l'angiolo in primo
piano che porge le vesti al Redentore
ha l'allungamento e la grazia ·di quello
sulla sommità dell'abside nel transetto a
sinistra di S. Giovanni. Ma sempre più
l'Anselmi si lasciò guadagnare dal fàscino
del Correggio per il colore nel quale però
non trovava luogo il suo forte disegno
toscano, ed è forse per questa ragione,
oltre che per il comune orientamento manieristico, che si accostò in un secondo
tempo al Parmigianino, al quale molto
aveva dato e nel quale individuava ora
una deduttiva coerenza alla propria formazione senese. Lo dimostrano l'altro suo
dipinto nella Galleria di Parma con la
Madonna col Bimbo, S. Barbara, S. Giu-
seppe e S. Giovannino e gli affreschi con
le SS. Caterina e Agnese (fig. 9), Cecilia
e Margherita nelle cappelle laterali al presbiterio di S. Giovanni Evangelista, che
gli antichi descrittori davano prevalentemente al Parmigianino 20) e dove, pur
attraverso le ridipinture e le abrasioni, si
scorgono chiari i caratteri dell'Anselmi
anche nello sfondo senese di paesaggio
cui il Parmigianino del primo tempo preferisce, come abbiamo visto nelle cappelle di S. Giovanni, concave nicchie o nitide zone di cielo.
-Si può fare quindi, come dice il Longhi per il Rosso ed il Beccafumi, un vero
bilancio di dare e avere anche tra l'Anselmi ed il Parmigianino, che è però in
un primo tempo quasi del tutto deficitario per quest'ultimo; il pittore giovanetto,
per quanto soggiogato dalla grandiosa melopea correggesca, ebbe chiara l'intuizione
del mondo cui attingeva l'Anselmi e vi
si accostò avido, senza reticenze e prevenzioni di scuola, guardando a Raffaello, Sodoma, Baldassarre Peruzzi e Becc.afumi, soprattutto a questo che « nel colore
cangiante a contrasti acidi e freddi.... nel
dissolvente sfumato.... nella luce corrosiva.... nel lirico, ininterrotto ritmo delle
sue figure.... indipendentemente e prima
del Rosso, del Pontormo e del Parmigianino stesso inaugura il grande mani erismo »21). Mi valgo della definizione del
Brandi, col quale concordo in quanto
molte soluzioni chiaramente beccafumesche si riscontrano poi nel Parmigianino
manierista, mentre è indubbio, data la
19) Da un atto dell'8 novembre 1527 nel R. Archivio
Notarile di Parma col quale i confr-a telli del Sodalizio
di S. Agnese di Parma lo incaricano di dipingere l'ancona
della santa.
20) M. ODDI, Nota delle pitture di Parma cito :« Le
d~e cappelle dall'una e dall'altra parte dell'altar maggIOre sono del Parmigianino »; Descrizione dei 100 quadri, cit., p. 53: « Tutti gli archi delle volte, delle cappelle
e delle porte della sagrestia del Parmigianino»; M. ZAPPATA, Notitiae ecclesiarum cit., C. 26 : « Duas pinxit aediculas (ai lati del presbiterio) Franciscus Mazzola, anno 1541 ». Il che era impossibile essendo in tale anno già
morto il pittore; L. BERTOLUZZI, Nuovissima guida cit.,
pp. 128-129: «i due archi delle cappelle laterali al san-
tuario sono di Francesco Mazzola »; C. MALAsPINA;. Nuova
guida di Parma cit., pp. 39-40, fa la stessa attribuzione,
così come P. MARTINI, Guida di Parma cit., pp. 117
e 119; ed E. SCARABELLI ZUNTI, Materiale per una guida
cit., p. 184. Invece tra gli altri descrittori il BAISTROCCHI,
Guida di Parma cit., pp. 56-58, nega l'attribuzione al
Parmigianino e così altri, come il RUTA, il SANVITALE,
il MORTARA e l'AFFò, che dice « nè l'occhio se ne persuade, nè alcun artefice li riconosce per tali ». Nessuno
di tali descrittori ha però fatto il nome dell'Anselmi,
cui li conferma anche il Longhi.
21) C. BRANDI, La R. Pinacoteca di Siena, 1933,
pp. 38-39.
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precedenza cronologica delle opére, tale
orientamento nel maestro senese che fin
dagli inizI, come ad esempio nel trittico
della Trinità e santi della Pinacoteca di
Siena datato al 1513, ne rivela i caratteri
distintivi: «la fluenza incorporea delle
figure, la indistinzione della materia, le
fratture hrusche dei piani, gli sfaldamen~
ti luminosi .... » e perfino una certa propensione per l'arte nordica.
.
Il Parmigianino di questo periodo è
invece ancora lontano dalla astrazione
formale e dalla stilizzazione e tutti gli
affreschi nelle cappelle di S. Giovanni
Evangelista appaiono perfettamente coerenti con le altre opere primitive - la pala
di Bardi, lo Sposalizio di S. Caterina della
Galleria di Parma, la Sacra Famiglia e
la S. Barbara al Prado .... - e si pongono
come anteriori alla sua andata a Roma,
non per le fonti cui si ispira che rimangono costanti per tutta la vita col predominio del Correggio, di Raffaello e dell'arte toscana, ma per il modo di interpretarle, che in questi affreschi è assai
diverso dal periodo successivo, in cui prevarranno, come giustamente rileva l'Antal,
({ la tendenza statuaria, la tendenza ritmica, il moto in superficie, il verticalismo,
le proporzioni slanciate ».
Riprovano ciò anche le due prime cappelle a sinistra, le sole che la tradizione
e la critica concordemente attribuivano
al Parmigianino 22) malgrado apparissero
come fuori o quasi avulse dalla sua for-
mazione storica per la quale non si era
dato peso all'apporto dell'Anselmi che
qui, come nella IV e VI cappella, spiega
l'interpolazione di elementi tosco-romani.
CosÌ nella prima cappella, ove i gruppi
con S. Agata e il carnefice (fig. 14) e le
SS. Lucia e Apollonia (fig. 15) frescati
ai due lati d el sottarco sono racchiusi,
come i santi della IV e VI, in semplici
nicchie monocrome, è ormai chiara la genesi d ella S. Agata con lo sguardo affissato al cielo che semhra alla Frohlich 23)
tanto strana ed eccezionale nell' arte del
Parmigianino e che deriva, tramite l'Anselmi, dal Sodoma, se anche su ggerisce il
raffronto con la Diana sul camino nella
Camera di S. Paolo. Ed elementi immediatamente anselmeschi sono le mani della santa con le palme dischiuse e rivolte
in alto, nella sapiente deformazione già
vista nello scomparto centrale dell'ahside
di destra del transetto con l'Estasi di
S. Mauro, e del pari il piede senesemente
poggiato sull'alluce; mentre sono comuni
con la IV e la VI cappella la salda struttura formale, il colore costruttivo, il largo panneggiare giallo e rosso delle vesti,
e financo le figurette scolpite della cattedra marmorea su cui siede la santa, prossime a quelle del gruppo opposto ed all'altra, volta di tergo, nella cattedra di
S. Nicola. Di un correggismo sempre più
sciolto ed audace appare poi il carnefice
in penomhra, vicino al Giacomo Minore
della cupola.
22) Il BARRI (Viaggio pittorico, 1671) dice senza specificare: « Si vedono pure le volte di alcune cappelle
dipinte dal Parmigianino »; le ricordano inoltre: M. ODDI, NQte delle pitture di Parma cit.; Pitture diverse della
città di Parma cit. ; M. ZAPPATA, Notitiae cit.; Descrizione dei 100 quadri cit. ; D'ARGENVILLE, Abrégé de la
vie des plus jameux peintres, 1745, voI. I, p . 223; R. BAISTROCCHI, Guida di Parma eit. ; C. RUTA, Guida cit. ;
A. CHIUSOLE, Itinerario delle pitture d'Italia, 1782, p. 129
(che però accenna ad una sola cappella senza specificare
quale sia); I. AFFò, Vita del Parmigianino cit., pp. 26-29;
DE LA LANDE, Voyage en Italie, 1786, voI. II, p . 115;
Le più insigni pitture parmensi, Bodoni, 1809; Sketches
oj the lives oj Correggio and Parmeggiano cit., p. 234;
P. DONATI, Nuova descrizione della città di Parma cit.,
pp. 40 e 44; G. M. CASAPINI, n Parmigiano osservatore
cit., p. 13 v . ; L. BERTOLUZZI, Nuovissima guida cit.,
pp. 128-131; GABBI, Chiese di Parma cit., c. 137; F. BELLINI, Cenni intorno alla vita ed alle opere di F. M., 1844,
p. 8; A. E. MORTARA, D ella vita e delle opere del Parmigianino cit., p. 47; C. MALASPINA, Nuova guida di Parma cit., pp. 39-40; GRAZIOLI, Cenni biografici sul Parmigianino, 1879, p . 6; E. SCARABELLI ZUNTI, Materiale
per una guida artistica di Parma cit., p. 184; L. TESTI,
Parma, 1907; L. FROHLICH, Parmigianino cit., pp. 11-12;
M. TINTI, Parmigianino, in Dedalo cit., pp. 224-225;
A. VENTURI, Storia dell'Arte, IX, II, 1926, p. 625; N. P!;JISNER, Barockmalerei, 1928, p. 50; A. SORRENTINO, Parmigianino, 1930, p . 4; ID ., Parma, restauro di affreschi Il di
quadri, in Bollettino d'Arte, 1931-32, pp. 181-183 (cronaca); G. COPERTINI, Parmigianino cit., I, pp. 36-43 e 53-55;
B. BERENSON, Italian pictures, 1932, p. 373; ed. it. (1936),
p.434 .
. 23) L. FROHLICH, Parmigianino cit., pp. 11-12.
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scoperto a Berlino il disegno originale
anche più intensamente correggesco 24), i
prototipi sono ancora, come per i santi
della VI cappella, i pennacchi della cupola con un Evangelista e un Dottore
della chiesa. Anche tipologicamente stretta è la parentela col Correggio in S. Agata col S. Giovanni scrivente della lunetta,
e in S. Lucia dal «profilo appuntito ed
esile» come i tipi primitivi d~ll' Allegri, la
Giuditta di Strasburgo e la Madonna di
Hellbrun ora nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Correggesca è pure la
decorazione della ghiera dell'arco (fig. 12)
(coi frutti, i nastri e le teste d'ariete rosate della Camera di S. Paolo, come il
coniglietto bianco che ricorda quelli nell'affresco di S. Quirino a Modena e nella
Zingarella di Napoli, ed il cestello di vimini della Madonna della cesta ora nella
Galleria N azionale di Londra), mentre
nei putti v'è commisto lo stile dell'Anselmi nella ghiera dell'abside sinistra.
Meglio se ne scorge la mediazione in
quelli al sommo della volta della II cappella (fig. 11) e particolarmente nel reggifestone a sinistra, prossimo all'altro di
Raffaello nell'Accademia di S. Luca a Roma. Tale mediazione è pure nei due freschi
laterali, ove nei due Diaconi (fig. 16) torna il raffaellismo di stampo senese delle
allegorie della Prudenza e della Temperanza nella VI cappella, mentre riappare
il Correggio nel S. Secondo che tiene strette in pugno le redini del cavallo impennato, balzante fuori dal chiuso della nicchia con realtà degna. del Pordenone, i cui
affreschi nel Duomo di Cremona compiuti
tra il 1520 ed il '22 non dovettero essere
ignoti al Mazzola 25), che li interpreta però, come rileva anche il Tinti, con novità
e arditezza di ritmi 26) e con ricerca di
profondità e di volume.
Anche per la complessa decorazione
della ghiera dell'arco (fig. 13), queste due
prime cappelle in cui più disinvolta è la
mano del Mazzola non si possono considerare un inizio della sua opera in S. Giovanni Evangelista, ma il logico progredire su tante attive premesse; e poichè
sappiamo con certezza che egli era a Roma nel '24, quando è stato ricevuto da
Clemente VII, non si può non assegnarle
perlomeno all'anno prima, al 1523, quando la decorazione delle altre due era già
terminata 27). Si dovrebbe pertanto ritenere che nel tempo, per vero non lungo,
intercorso fl'a la decorazione delle prime
due cappelle e di queste ultime, il pittore
abbia cessato ogni sua attività in S. Giovanni e sia stato intento ad altre opere;
ma anche pel' alcuni elementi nella III e
nella V cappella dello stesso lato della
chiesa che rivelano ancora, malgrado le
ridipinture barocche, lo schema e le nicchie dell'originario sottarco, nonchè per
la ghiera dipinta indubbiamente cinquecentesca dell'arco della In c.a ppella, conforme alle altre studiate, sono propenso
a credere che una tale sosta non ebbe
luogo e che l'opera del Parmigianino nella chiesa sia stata molto più vasta e~
quindi, possa aver ragione il Vas ari che
gli attribuisce «insino a sette cappelle
perchè quella sorta di lavoro gli riusciva » 28). Ma nulla è possibile affermare in
2') Disegno a sanguigna su carta, m. 0,25 X 0,14,
vedi L. FROHLICH, Parmigianino cit., pp. 13-14 ; vedi anche .G. COPERTINI, Parmigianino cit., II, p. 145.
25) L'influsso del Pordenone su questi affreschi
è già stato rilevato dal PEUSNER, Barockmalerei cit.,
p. 50; e quindi da A. SORRENTINO, Parma, restauri di
affreschi cit., p. 83; G. COPERTINI, Parmigianino cit.,
vol. I, pago 39; A. VENTURI, in Enciclopedia Italiana cito
28) M. TINTI, Parmigianino, in Dedalo cit., pp. 244-45,
17) Il VASARI (ediz. Milanesi, V, p. 220) li considera
eseguiti prima della partenza per Viadana, ·cioè prima
del 1520, mentre l'Affò giustamente li pone dopo il ritorno dal detto paese, seguito in genere da tutti i descrittori ed i critici che, ignorando le cappelle precedenti,
propendono a datarli nel 1522.
28) G. VASARI, ediz. Milanesi, V, p. 220. Epperò i
critici attuali non vi hanno prestato fede, considerando
l'asserto come una delle sue solite invenzioni. Così la
FROHLICH (Parmigianino cit., pp. 11-12) dice che se il
Vasari avesse osservato solo di sfuggita gli affreschi non
gli avrebbe attribuito sette cappelle.
Del gruppo opposto con le SS. Lucia
e Apollonia, per le quali la Frohlich ha
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restauri predisposti per le dette cappelle, così come per gli affreschi del parI
danneggiatissimi dell'Anselmi 29).
* * *
Tornato a Parma nel 1530 o nel '31,
dopo circa sette anni di intense ricerche
e vaste esperienze condotte sulle oper.e
dei più grandi artisti del tempo, il Parmigianino è ormai giunto ad una raffinata e definitiva visione in cui tutto,
uomini e cose, sono accomunati in una
stessa finalità ritmica, per la quale ha lo
stesso valore la elegante curva di un'anfora e l'agile grazia di un nudo femminile.
Dalla Visione del S. Gerolamo, al
S. Rocco, alla Madonna della Rosa, a
quella del Collo lungo, l'evoluzione si fa
sempre più chiara e conseguente, per sfociare in quegli affreschi della Steccata dei
quali ebbe incarico appena giunto da Bologna e che egli porta avanti a rilento,
ossessione e luce dei suoi ultimi anni.
N on dimentico della sua origine correggesca, egli dà ai quattro monocromi
dei pro genitori e dei patriarchi lo sfondo
dorato entro conchiglie di quelli dell' Allegri in S. Giovanni Evangelista, ma la
29) Per l'umidità assorbita in conseguenza di filtrazioni d'acqua, per le ridipinture, fortunatamente, a
tempera e, più ancora, per l'olio che vi è stato dato,
gli affreschi del Parmigianino della IV e VI cappella
sono in tutt'altro che buone condizioni conservative e
molto complesso ne è il restauro. Per quanto l'alterazione del colore possa sembrare estesa, sono certo che
togliendo il salnitro, l'asciugamento stesso ne ridurrà le
zone, così da permetterne un recupero molto più vasto
di quanto è possibile prevedere. Di tale opinione è anche il Prof. Armando Vené, Soprintendente ai Monumenti dell'Emilia, che ne ha impreso con me la bonifica,
LE ARTI
sostanza pittorica non è più la stessa:
alla . fl~da materia. del Correg~io, è qui
sostItUIta una consIstenza quasI metallica
nel tono grigio e oro e nelle asciutte e vive
muscolature dei rappresentati: così l'Eva,
magnifico modello di nudo per gli scultori
mani eristici dal Cellini al Giambologna, e
così l'Adamo del pari lontano dai progenitori correggesco-seneseggianti del Peccato e della Cacciata nella ghiera della VI
cappella in S. Giovanni, nei quali sarebhe
stato ben difficile prevedere una conclusione così statuaria.
Anche le Sei Vergini in vesti rosee,
bianche e gialline atteggiate come a danza nei due lati del sottarco, sul quale
tendono il festone modellato delle braccia, hanno la stessa consistenza appena
velata dai fluenti panneggi; e del pari
metalliche come i rosoni di rame shalzato
sono le agili figurette nei lacunari modellate con scattante plastica, come i fiori,
le colombe, i granchi marini, ed i mille
elementi animali e vegetali che si compongono in mirabile armonia di grigi e di
rosa sul fondo squillante rosso e oro per
dare una delle più splendenti e originali
decorazioni del nostro Cinquecento.
A. O.
QUINTAVALLE
come l'ottimo restauratore Enrico Podio cui è affidato
il lavoro.
Presso a poco nelle stesse condizioni sono i due catini absidali dell'Anselmi, ove però più vaste sono le
zone mancanti, dissimulate da rozze campiture che, dopo
il consolidamento generale, verranno, come è logico, rimosse e campite a tinte neutre. Sono stati inoltre disposti
vasti saggi nella III e nella V cappella a sinistra della
nave e nel fastigio delle due absidi del transetto, ove
appaiono ancora tracce indubbie di preesistenti pitture.
Anche nella chiesa della Steccata, nel sottarco dipinto
dal Parmigianino, saranno condotti importanti restauri.
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Armando O. Quintavalle