Il libro Dopo essere stata liberata dalla tirannia del padre, lord Welton, che la teneva in pugno per ricattare la sorella, Amelia Benbridge può riprendere a condurre una vita normale. Ma sebbene siano trascorsi sei anni, il suo cuore appartiene ancora al primo amore, Colin Mitchell, morto nel tentativo di trarla in salvo. Neppure la lunga amicizia che la lega al conte di Ware sembra lenire pena e malinconia, né la sua allettante proposta di matrimonio. Amelia continua a struggersi, finché, a un ballo mascherato, il misterioso conte Montoya risveglia i suoi sensi con un bacio, fino a trascinarla in un vortice di passione. E lei non saprà darsi pace, continuando a ignorare chi si cela dietro la maschera dell’irresistibile ed esotico conte... L’autore Sylvia Day, pubblicata anche con lo pseudonimo Livia Dare, è ora una tranquilla madre di famiglia, scrittrice a tempo pieno che frequenta parecchi generi ed è tradotta in molte lingue. In precedenza ha però avuto un’esperienza del tutto particolare: linguista russa per l’intelligence dell’Esercito americano. Di padre americano e madre giapponese, Sylvia è nata a Los Angeles e risiede nel Sud della California, dove ama seguire tutti gli eventi legati alla cultura nipponica non meno delle gite a Disneyworld. Da bambina aveva poche aspirazioni ma chiare: diventare istruttrice di delfini oppure scrittrice di bestseller. Ora sappiamo come è andata a finire. Sylvia è felice di www.sylviaday.com. ricevere visite al suo sito, all’indirizzo Sylvia Day SOLTANTO PER TE Traduzione Chiara Borello di Ai miei cari amici Shelley Bradley e Annette McCleave. Grazie per avermi regalato la vostra amicizia, per avermi sostenuta e aiutata con le vostre idee mentre scrivevo il libro. L’ho apprezzato davvero molto e i vostri suggerimenti sono stati preziosi. 1 Londra, 1780 L’uomo con la maschera bianca la stava seguendo. Amelia Benbridge non sapeva dire da quanto tempo sgusciasse furtivamente dietro di lei, ma ormai ne era certa. Costeggiò con circospezione la sala da ballo dei Langston, prestando attenzione a ogni suo movimento, simulando interesse alle cose intorno soltanto per poterlo studiare meglio. A ogni occhiata, le toglieva il fiato. In una tale confusione, qualunque altra donna non avrebbe notato quell’avido interesse: era fin troppo facile lasciarsi trasportare dai suoni e dai profumi del ballo in maschera. Tutti quegli abiti sfolgoranti, quei tessuti sgargianti e i pizzi spumosi, la moltitudine di voci che cercavano di farsi udire sopra la musica della solerte orchestra, le svariate essenze che si mischiavano con l’odore di cera fusa proveniente dai sontuosi candelabri. Amelia, però, non era come tutte le altre: aveva vissuto sedici anni sotto scorta, con persone che la controllavano a vista. Era una sensazione davvero unica essere tenuti d’occhio in quel modo, e lei di certo non s’ingannava. Tuttavia, poteva affermare con una certa sicurezza di non essere mai stata esaminata da un uomo così... irresistibile. Nonostante la distanza che li separava e la maschera che gli copriva metà del volto, era davvero affascinante. La sola sua presenza era stata sufficiente a incuriosirla: era alto e ben proporzionato, indossava abiti 7/325 di ottima fattura che gli stavano a pennello e che mettevano in risalto le cosce muscolose e le spalle larghe. Amelia arrivò in un angolo della sala, si voltò per poterlo osservare da una prospettiva migliore e si sollevò la maschera quel tanto che bastava per lasciargli intravedere gli occhi, con i nastri colorati che adornavano il bastone che le ricadevano giù dalla mano guantata. Faceva finta di osservare le persone che ballavano, ma in realtà guardava lui e cercava di identificarlo. In fondo, era giusto: se quell’uomo disponeva di una visuale libera, anche lei doveva poter fare altrettanto. Era tutto vestito di nero, a eccezione delle calze candide, del foulard, della camicia e della maschera molto semplice, priva di piume e ornamenti, assicurata alla testa da un nastro di satin nero. Mentre tutti gli altri uomini indossavano abiti dai colori vivaci per attirare l’attenzione, la forte austerità di quell’individuo sembrava pensata per confondersi tra le ombre e passare inosservato, cosa ovviamente impossibile. Sotto la luce di tutte quelle candele, i suoi capelli neri rilucevano di vitalità e sembravano invitare una donna a passare le dita tra quelle ciocche. E poi c’era la sua bocca... Amelia inspirò a fondo, quando la notò: era davvero peccaminosa. Scolpita da una mano esperta, le labbra non troppo carnose né troppo sottili, ma ferme. Sfacciatamente sensuali. Erano incorniciate da una mascella virile e pronunciata e accentuate dalla carnagione scura. Forse era un forestiero. Immaginava che dovesse avere un effetto devastante sulla serenità d’animo di una donna, ma non lo trovava intrigante solo per i suoi attributi fisici: c’era qualcosa nei suoi movimenti felini, in quell’andatura decisa e calibrata, eppure seducente. Non procedeva a piccoli passi né ostentava quell’aria annoiata tanto 8/325 apprezzata dall’alta società. Quell’uomo sapeva cosa voleva e mancava della pazienza necessaria per far credere il contrario. Al momento, sembrava che l’unica cosa che gli interessasse fosse seguirla. La guardava con una tale intensità che Amelia riusciva a sentire il suo sguardo percorrerle il corpo, passarle tra i capelli per poi solleticarle la nuca. Lo sentiva scivolare sulle spalle nude e giù lungo la schiena, carico di bramosia. Non riusciva a capire che cosa l’avesse attirato tanto in lei. Anche se sapeva di essere abbastanza carina, in fondo non era più attraente di molte delle donne presenti quella sera. Il suo abito, benché delizioso, con le sottogonne di spumeggiante pizzo argentato e i delicati laccetti rosa e verdi, non era comunque il più appariscente. Inoltre, coloro che cercavano solo un’avventura in genere non la degnavano nemmeno di uno sguardo, data la lunga amicizia che la legava al famoso conte di Ware; molti infatti presumevano che sarebbe diventato il suo futuro sposo, anche se non nell’immediato. Allora cosa voleva quell’uomo da lei? Perché non le si avvicinava? Amelia si girò, abbassò la maschera e lo fissò dritto negli occhi in modo tale che lui non avesse dubbi sul fatto che lo stesse guardando. Non gli lasciò alcun dubbio, nella speranza che le sue lunghe gambe si rimettessero in moto e lo portassero da lei. Voleva conoscere ogni particolare di lui: il suono della sua voce, il suo profumo; voleva sapere che effetto faceva avere accanto quel corpo possente. D’altro canto, però, voleva anche capire quali erano le sue intenzioni. Amelia aveva trascorso tutta la sua infanzia senza la mamma, spostandosi da un posto all’altro, cambiando governante così sovente da non poter stabilire alcun legame affettivo con nessuno; era stata separata 9/325 dalla sorella e da chiunque potesse volerle bene. L’interesse di quell’uomo era un’anomalia a cui bisognava trovare una spiegazione. Quella muta sfida causò una tensione improvvisa ed evidente in lui, che sostenne il suo sguardo con gli occhi che brillavano dietro la maschera. Passò un istante che gli sembrò eterno, ma Amelia quasi non se ne accorse, tanto era intenta a osservare la sua reazione. Alcuni ospiti le sfilarono davanti, bloccandole momentaneamente la visuale. Vide il suo petto gonfiarsi mentre prendeva un profondo respiro, ma proprio in quel momento qualcuno alle sue spalle la urtò. — Domando scusa, signorina Benbridge. Amelia si voltò di scatto per vedere chi l’aveva colpita e si ritrovò davanti un uomo con la parrucca, vestito di satin color pulce. Farfugliò qualcosa per tranquillizzarlo e abbozzò un sorriso, poi tornò a cercare con lo sguardo l’uomo misterioso. Accidenti, era scomparso! Sbatté le palpebre, incredula. Si alzò in punta di piedi per passare in rassegna quel mare di gente. Lui era alto, con le spalle larghe, e non indossava la parrucca: quindi, avrebbe dovuto individuarlo con facilità, e invece non riusciva a vederlo da nessuna parte. Dov’era finito? — Amelia. Quella voce leggermente strascicata le era familiare; gettò una rapida occhiata distratta al bell’uomo che le si era messo al fianco. — Sì, milord? 10/325 — Che cosa state cercando? — le chiese il conte di Ware, imitandola e muovendo il collo quasi allo stesso modo. Chiunque altro sarebbe apparso ridicolo, ma non lui. Era sempre impeccabile, dalla punta dei capelli fino ai tacchi tempestati di diamanti. — È troppo sperare che fossi io l’oggetto della vostra ricerca? Amelia accennò un sorriso imbarazzato e abbandonò la ricerca, prendendolo sottobraccio. — Stavo cercando un fantasma. — Un fantasma? — Attraverso i fori della maschera dipinta, i suoi occhi blu la canzonavano. Lord Ware aveva solo due espressioni: una di noia mortale, l’altra di tiepido divertimento. Lei era l’unica a suscitare in lui quest’ultima. — Si tratta di uno spettro spaventoso o di qualcosa di più interessante? — Non saprei. Mi stava venendo dietro. — Tutti gli uomini vi vengono dietro, mia amata — disse lui, increspando leggermente le labbra. — Quantomeno vi seguono con gli occhi, se non possono farlo diversamente. Amelia gli strinse delicatamente il braccio, come a volerlo rimproverare. — Non prendetevi gioco di me. — Niente affatto — la rassicurò lui, sollevando un sopracciglio con aria arrogante. — Spesso mi sembra che siate persa nei vostri pensieri, che viviate in un altro mondo. Per un uomo, vedere una donna soddisfatta di se stessa è estremamente affascinante. Ci fa venire voglia di penetrare la sua mente e di entrare in sintonia con lei. Amelia colse una nota d’intimità nella voce di Ware, così sollevò gli occhi. — Razza di un malandrino... 11/325 Lui scoppiò a ridere sonoramente e tutti si girarono. Anche Amelia si unì alla risata: il divertimento trasformava il conte dalla personificazione dell’aristocratico afflitto dalla noia in un uomo incredibilmente attraente. Ware cominciò a passeggiare, allontanandosi insieme a lei. La loro amicizia durava ormai da sei anni; quando l’aveva conosciuto, Amelia aveva diciotto anni. L’aveva visto crescere e diventare l’uomo che era oggi, l’aveva osservato mutare a mano a mano che intratteneva delle relazioni amorose, anche se perdeva subito interesse per le sue innamorate, dato che erano più attratte dalla contea che avrebbe ereditato dopo il trapasso del padre che da lui. Forse si sarebbe anche accontentato di quelle relazioni superficiali se il destino non li avesse fatti incontrare. Erano diventati subito grandi amici e ora qualunque rapporto meno intenso del loro non gli interessava. Si teneva qualche amante giusto per soddisfare i propri bisogni fisici, ma per le questioni emotive ricorreva sempre ad Amelia. Si sarebbero sposati, lei lo sapeva. Non se l’erano mai detto, ma di sicuro era così. Ware stava semplicemente aspettando che fosse pronta per scavalcare i confini dell’amicizia e saltare nel suo letto. Lei lo stimava molto per la pazienza che dimostrava, ma non era innamorata di lui. Avrebbe tanto voluto esserlo, ci pensava tutti i giorni. Eppure il suo cuore apparteneva a un altro e anche se la morte gliel’aveva portato via, lei continuava a rimanergli fedele. — Dove siete con la testa? — le domandò Ware, salutando con un cenno del capo uno degli ospiti. — Con voi. — Ah, superbo — sussurrò lui, con gli occhi che gli brillavano di contentezza. — Raccontatemi tutto. 12/325 — Stavo pensando che magari potrebbe piacermi diventare vostra moglie. — È una proposta? — Non saprei. — Uhm... Be’, ultimamente ci siamo avvicinati parecchio, e questo non mi dispiace. — State perdendo la pazienza? — domandò lei, studiandolo attentamente. — No, posso aspettare. Quella risposta le parve vaga, e aggrottò la fronte. — Non mettetevi in agitazione — la tranquillizzò Ware, conducendola fuori attraverso la portafinestra che dava su un’affollata terrazza. — Per ora sono soddisfatto... se lo siete anche voi. La fresca brezza serale le accarezzò la pelle. Fece un profondo respiro. — Non siete del tutto sincero. Si fermò davanti alla grande balaustrata in marmo e lo guardò negli occhi. Lì accanto c’erano diverse coppie che discorrevano, e tutte gettavano occhiate curiose verso di loro. Nonostante le nuvole che oscuravano parzialmente la luna, la giacca e i calzoni color crema di Ware rilucevano come madreperla, suscitando sguardi di ammirazione. — Questo non è il luogo adatto per parlare di qualcosa di tanto lieto come il nostro futuro — osservò Ware, togliendosi la maschera e 13/325 rivelando un profilo così nobile che sarebbe stato perfetto per una moneta. — Sapete che non riuscirete a dissuadermi. — E voi sapete che questo è proprio il motivo per cui mi piacete molto — rispose lui, con un sorriso così dolce da farla arrossire. — La mia vita è programmata nei minimi dettagli. Tutto deve restare ordinato e al proprio posto. Io so qual è la mia posizione e intendo soddisfare appieno le aspettative della società. — A eccezione di una cosa: corteggiare me. — A eccezione di questo — convenne lui, prendendole la mano guantata, stringendola tra le sue e sistemandosi in modo tale da non essere raggiunti da sguardi indiscreti. — Voi siete la mia principessa che un infame pirata ha salvato dalla torre in cui era imprigionata; la figlia di un visconte finito sulla forca per tradimento e la sorella di una femme fatale, una donna che si ritiene abbia assassinato due consorti, prima di sposarne un terzo troppo pericoloso per essere eliminato. Voi siete la mia follia, la mia aberrazione, la mia trasgressione. — Fece una pausa per sfregare il pollice nel palmo della sua mano, facendole venire i brividi. — Per voi, invece, io rappresento un elemento ben diverso nella vostra vita: sono la vostra ancora; voi vi attaccate a me perché vi ispiro sicurezza e tranquillità. — Alzò gli occhi e guardò oltre la sua testa, verso le altre persone che condividevano quello spazio all’aperto con loro. Poi riprese, chinandosi per poterle sussurrare le parole all’orecchio. — Di tanto in tanto mi sovviene il ricordo di quella fanciulla che con tanta spavalderia mi aveva chiesto un bacio, il suo primo bacio, e adesso vorrei averle dato una risposta diversa. — Davvero? Ware annuì. 14/325 — Sono cambiata così tanto da allora? Lui si voltò di scatto e la trascinò giù per gli scalini, verso il giardino, con la maschera che penzolava da una mano. Un sentiero inghiaiato costeggiava una bassa siepe di tasso, che a sua volta circondava una rigogliosa aiuola con al centro un’enorme fontana. — Il tempo ci cambia tutti. Ma credo che la morte del vostro amato Colin abbia giocato un ruolo decisivo nel vostro cambiamento. Amelia rimase profondamente turbata udendo quel nome e si sentì assalire dalla tristezza e dai rimpianti. Lui era stato il suo più caro amico, e poi l’amore della sua vita. Era un gitano, nonché nipote del cocchiere, ma per lei erano allo stesso livello. Da piccoli erano stati compagni di gioco e poi pian piano avevano scoperto un crescente interesse reciproco, che negli anni era diventato via via meno innocente. Colin si era trasformato in un giovanotto i cui tratti esotici e la forza di carattere l’avevano colpita in maniera sorprendente. Il pensiero di lui dominava le sue giornate, mentre sogni di baci rubati la tormentavano nel sonno. Colin era stato più saggio e aveva capito subito che la figlia di un nobile e un povero stalliere non avrebbero mai potuto stare insieme. Così l’aveva allontanata facendo finta di non provare nulla per lei e le aveva spezzato il cuore, anche se, alla fine, aveva dato la vita per salvarla. Il respiro affannoso di Amelia riempiva il silenzio intorno. A volte, poco prima di addormentarsi, si concedeva di pensare a lui. Apriva il proprio cuore e lasciava fluire i ricordi: quei baci rubati nel bosco, il desiderio struggente e la bramosia. Da allora, non aveva più provato quelle sensazioni e sapeva che non ne sarebbe più stata capace. L’infatuazione giovanile era svanita, mentre l’amore per Colin era cresciuto sempre più e non l’aveva mai abbandonata. Non era un fuoco 15/325 ardente, ma qualcosa di più soave: una sorta di adorazione accentuata dalla gratitudine per essersi sacrificato per lei. Intrappolata tra gli scagnozzi del padre e gli agenti della Corona, Amelia sarebbe potuta morire, se Colin non l’avesse portata via, spinto dall’amore al punto da azzardare quella mossa sconsiderata che gli era costata la vita. — State di nuovo pensando a lui — sussurrò Ware. — Sono così trasparente? — Come il vetro — rispose lui, le strinse la mano e lei gli rivolse un sorriso affettuoso. — Forse credete che la mia reticenza nasca dall’affetto che ancora provo per Colin, mentre invece è l’affetto che provo per voi a trattenermi. — Ah, sì? Amelia sapeva di averlo stupito. Si avviarono nuovamente verso la tenuta, seguendo il sentiero. Dalle porte aperte giungevano un bagliore sfolgorante e le meravigliose note di strumenti a corda, invogliando gli ospiti che passeggiavano all’aperto a unirsi ai festeggiamenti. Alcuni si dirigevano verso il giardino sul retro, proprio come avevano fatto loro, ma nessuno si allontanava troppo. — Sì, milord. Temo di potervi sottrarre al vostro grande amore. Ware sogghignò. — Come siete buffa — osservò, con un sorriso sghembo. Era così bello che lei si soffermò un attimo a guardarlo, ammirata. — Quando avete quello sguardo sognante mi perdo in riflessioni curiose, ma questo è il massimo dell’interesse che riservo agli affari di cuore. 16/325 — Non sapete cosa perdete. — Perdonatemi se posso apparire insensibile, ma se quel che mi perdo è la malinconia che vi attanaglia, preferisco farne a meno. Su di voi è attraente e vi conferisce un alone di mistero che trovo irresistibile. Temo che invece su di me non sortirebbe lo stesso effetto; anzi, sospetto che sembrerei un povero disgraziato, cosa che non mi posso permettere. — Il conte di Ware in disgrazia? Lui alzò le spalle in gesto di scherno. — Lo so, è quasi impossibile. — Già, quasi. — Capite, Amelia? Voi siete perfetta per me. Gioisco della vostra compagnia, della vostra sincerità e della possibilità di poter conversare liberamente di tutto. Non esiste incertezza o paura di un litigio per un nonnulla. Voi non potete ferirmi e io non posso ferire voi, perché non associamo le azioni ai sentimenti. Se posso agire senza pensare non lo faccio perché voglio farvi del male, e voi lo sapete bene. Terrò in estrema considerazione il nostro legame finché vivrò. Ware si fermò un istante quando raggiunsero l’ultimo scalino che li avrebbe portati di nuovo in terrazza. La loro piccola parentesi di magica intimità era quasi terminata. Il fatto che Amelia volesse trascorrere del tempo da sola con lui era un ulteriore impulso al matrimonio. L’unica cosa che continuava a negargli era un incontro carnale. Lei era perseguitata dal ricordo dei baci appassionati scambiati con Colin, ma al contempo non poteva rischiare di compromettere il suo rapporto con Ware. Temeva che qualcosa tra loro potesse rompersi. Il conte era intelligente, affascinante, perfetto. Che aspetto avrebbe 17/325 avuto, tutto paonazzo e scompigliato? Avrebbe gridato di piacere? Come si sarebbe mosso? Cosa si sarebbe aspettato da lei? Era l’apprensione a suscitare quelle paure, non certo l’aspettativa. — E il sesso? — domandò, con un filo di voce. Ware girò la testa di scatto e si fermò con il piede a mezz’aria: i suoi profondi occhi azzurri brillavano di divertimento. Poi ridiscese sul gradino sottostante e la guardò negli occhi. — Cosa intendete dire? — Non avete paura che sarà... — S’interruppe, mentre tentava di trovare le parole giuste. — No — rispose il conte. Quella negazione era colma di rassicurazioni. — No? — ripeté Amelia, incredula. — Il sesso non desta alcuna preoccupazione in me. Impazienza, sì. Ansia, no — le spiegò il conte, avvicinandosi e chinandosi su di lei, mentre la sua voce diventava un sussurro intimo. — Se il motivo è questo, non abbiate esitazioni. Siamo giovani, possiamo sposarci e aspettare, oppure aspettare e poi sposarci. Anche quando avrete l’anello al dito, non vi chiederò di fare nulla se non lo vorrete. — Fece una smorfia. — Fra qualche anno, tuttavia, potrei non essere più tanto indulgente. Prima o poi dovrò generare la mia prole, e vi trovo estremamente adatta per questo compito. Amelia inclinò la testa di lato con aria pensierosa, poi annuì. — Bene — disse Ware con evidente soddisfazione. — I progressi, per quanto piccoli, sono pur sempre progressi. — Forse è ora di fare le pubblicazioni. 18/325 — Accipicchia, questo è un progresso enorme! — esclamò Ware, con eccessivo brio. — Di questo passo, arriveremo sicuramente da qualche parte. Amelia scoppiò a ridere e lui le fece l’occhiolino con uno sguardo malandrino. — Vedrete, saremo felici insieme — le promise. — Lo so. Ware si aggiustò di nuovo la maschera sul viso; Amelia nel frattempo si guardò intorno, seguendo la linea della balaustrata in marmo, e notò una pianta d’edera che si arrampicava su per la parete in mattoni. Questo percorso visivo la condusse verso un’altra terrazza più in basso che non era illuminata, probabilmente per dissuadere gli ospiti dall’allontanarsi troppo dalla sala da ballo. Pareva però che quell’escamotage non avesse funzionato con almeno due persone, o forse non se ne curavano. In ogni caso, ad Amelia non importava sapere perché si trovavano lì, ma piuttosto chi erano. Nonostante il buio, riconobbe il fantasma dalla maschera bianca dal modo in cui i suoi capelli e i suoi abiti si fondevano con l’ambiente circostante. — Milord — sussurrò, allungando una mano alla cieca e afferrando Ware per un braccio. — Vedete quei gentiluomini laggiù? — Sì. — Il gentiluomo con il mantello nero è quello che era tanto interessato a me poco fa. 19/325 Il conte la guardò con estrema serietà. — Avete fatto luce sulla questione, ma ora sono davvero preoccupato. Quell’uomo vi ha importunata? — No — rispose lei, stringendo le palpebre mentre i due uomini si separavano e prendevano direzioni opposte: il fantasma si stava allontanando mentre l’altro veniva verso di loro. — Eppure c’è qualcosa in lui che vi turba — aggiunse Ware, prendendole la mano tesa e sistemandosela sull’avambraccio. — E la sua presenza qui è davvero curiosa. — Sì, concordo. — Nonostante siano ormai passati anni da quando siete stata liberata dalla prigionia impostavi da vostro padre, ritengo che sia saggio rimanere in guardia. Quando si è imparentati con un infame criminale, qualunque sconosciuto è sospetto. Non possiamo accettare strani personaggi che vi ronzano intorno. — Ware si avviò rapidamente verso la sala. — Forse è meglio che rimaniate vicina a me per il resto della serata. — Non ho motivo di temerlo — ribatté fiaccamente Amelia. — Credo che sia stata più la mia reazione ad avermi stupita, piuttosto che il suo interesse verso di me. — Avete reagito? — chiese Ware, fermandosi di colpo sulla porta e tirandola di lato. — In che senso? Amelia si posò la maschera sul viso. Come poteva spiegargli che era rimasta ammirata dalla sua stazza possente e dalla sua presenza senza dare molto peso a cosa stava facendo? — M’intrigava. Volevo che si avvicinasse per vedere chi era. 20/325 — Devo preoccuparmi se un altro uomo è riuscito a catturare la vostra immaginazione così in fretta? — chiese il conte con una punta di divertimento nella voce. — No — rispose lei con un sorriso. La serenità che le trasmetteva la loro amicizia era davvero impagabile. — Proprio come io non mi preoccupo quando voi siete interessato ad altre donne. — Lord Ware! Si voltarono entrambi verso il gentiluomo che si avvicinava, facilmente riconoscibile per la statura e la corporatura massiccia: quello era sir Harold Bingham, un magistrato di Bow Street. — Sir Harold — lo salutò Ware. — Buonasera signorina Benbridge — disse il magistrato, rivolgendole un sorriso gentile. Si diceva che avesse il pugno di ferro, ma era considerato anche equo e saggio. Ad Amelia piaceva abbastanza. Ware accostò la bocca al suo orecchio e parlò a bassa voce. — Volete scusarmi un istante? Vorrei parlare del vostro ammiratore con lui. Magari riusciamo a scoprire la sua identità. — Certo, milord. I due uomini si appartarono in un angolo a poca distanza e Amelia lasciò vagare lo sguardo per la sala alla ricerca di qualche volto familiare. Individuò un gruppo di conoscenti proprio lì accanto e si avviò verso di loro. Dopo alcuni passi, si fermò e aggrottò la fronte. 21/325 Doveva assolutamente sapere chi si celava dietro la maschera bianca. La curiosità la stava divorando e il dubbio continuava a ronzarle in testa, rendendola irrequieta. Quell’uomo l’aveva guardata con grande intensità, e lei non riusciva a scacciare il pensiero della sensazione che aveva provato quando i loro occhi si erano incontrati. Così, girò sui tacchi e si diresse fuori, scendendo di nuovo la scalinata fino al giardino sul retro, dove c’erano altri ospiti in cerca di un attimo di sollievo dalla calca. Invece di prendere il sentiero che aveva percorso con Ware o di andare sulla terrazza buia, Amelia svoltò a sinistra e si ritrovò in uno spazio semicircolare bordato da una siepe di tasso, al centro del quale campeggiavano una statua di Venere e una panca a forma di mezzaluna. Si fermò accanto alla statua ed emise un fischio simile al verso di un uccello: era il richiamo per gli scagnozzi di suo cognato. Era sorvegliata a vista e temeva che lo sarebbe stata per sempre. Quella era l’inevitabile conseguenza dell’essere imparentata con un pirata e un contrabbandiere del calibro di Christopher St John. A volte non sopportava la mancanza di intimità che ciò comportava: avrebbe tanto voluto poter condurre una vita semplice, ma in alcune occasioni, come quella sera, era felice di godere di una protezione invisibile. Sapere di non essere mai esposta ad alcun pericolo le faceva vedere il suo fantasma sotto un’altra luce. Inoltre, avere accanto gli uomini di St John le concedeva anche l’opportunità di ottenere un aiuto ulteriore per togliersi quella curiosità. Prese a battere i piedi con impazienza sulla ghiaia mentre aspettava e così non sentì l’uomo avvicinarsi, ma si accorse della sua presenza perché le si rizzarono i capelli sulla nuca. Si voltò di scatto, trattenendo a stento un grido di sorpresa. 22/325 Eccolo lì, all’entrata dello spazio semicircolare: era alto e scuro di carnagione e vibrava di una potenza che sembrava quasi incontenibile. Sotto la fioca luce lunare, i suoi riccioli neri rilucevano come le piume di un corvo e i suoi occhi brillavano con la stessa intensità che l’aveva spinta ad andare a cercarlo. Indossava un mantello lungo fino ai piedi e la fodera in satin grigio creava un sorprendente contrasto con i suoi abiti neri, permettendole di apprezzare appieno la sua figura. — Vi stavo cercando — disse lei in un bisbiglio, sollevando il mento. — Lo so. 2 La voce del fantasma era profonda, e aveva uno strano accento. Doveva essere un forestiero, e questo spiegava anche la sua carnagione scura. — Non temete — le disse. — Volevo solo scusarmi per essere stato scortese. — Io non ho paura — ribatté Amelia gettando un’occhiata oltre la spalla, nel punto in cui si erano radunati altri ospiti. Lui fece un passo indietro e si produsse in un inchino elaborato. — Questo è tutto quello che avete da dirmi? — gli domandò lei quando capì che stava per andarsene. — Che altro dovrei fare? — Be’, io... — Amelia aggrottò la fronte e distolse un attimo lo sguardo, mentre tentava di mettere insieme le parole. Era difficile restare lucidi 23/325 con lui così vicino. Se da lontano le era sembrato affascinante, da vicino le toglieva il fiato. Era così tenebroso... — Non intendo trattenervi — le sussurrò lui in tono rassicurante. — Siete stato scortese. — Sì, lo so. Prima vi stavo fissando. — Me ne sono accorta. — Vi prego di perdonarmi. — Non ce n’è bisogno; non mi avete causato alcun turbamento. Amelia era in attesa che lui facesse qualcosa, e quando lo vide indicare il giardino sul retro, scosse il capo in segno di diniego e fece una smorfia, contrariata dalla sua apparente fretta di sbarazzarsi di lei. — Io sono Amelia Benbridge. L’uomo s’irrigidì visibilmente. Dopo un attimo di esitazione, allungò la gamba e le rivolse nuovamente un inchino. — Molto piacere, signorina Benbridge. Io sono il conte Reynaldo Montoya. — Montoya — bisbigliò lei, provando come suonava quel nome nella propria bocca. — Avete un cognome spagnolo, eppure il vostro accento è francese. Lui sollevò il capo e la studiò più attentamente, accarezzando con gli occhi il suo corpo, dalla sommità dell’elaborata acconciatura fino alle scarpette da bambina. — Il vostro cognome è inglese, eppure nelle vostre fattezze c’è un che di straniero — le fece notare a sua volta. 24/325 — Mia madre era spagnola. — E voi siete incantevole. Amelia inspirò a fondo, sorpresa di come quel semplice complimento l’avesse scossa. Sentiva certe frasi tutti i giorni e per lei avevano tanto valore quanto i commenti sul tempo, ma in bocca a Montoya quelle parole assumevano una sfumatura più sensuale e profonda. — Pare che debba di nuovo porgervi le mie scuse — osservò il conte, con un sorriso. — Permettetemi di accompagnarvi dentro, prima che mi copra nuovamente di ridicolo. Lei allungò istintivamente le braccia verso di lui, poi si ricompose e afferrò il manico della maschera con entrambe le mani. — State andando via? Lui annuì e la tensione nell’aria si fece ancora più palpabile. Non c’era motivo di indugiare, eppure Amelia percepiva che entrambi volevano restare. Era come se qualcosa li trattenesse. — Perché? — chiese Amelia dolcemente. — Non mi avete ancora chiesto di ballare, non avete ancora flirtato con me e non avete neanche fatto un accenno casuale a dove andrete in futuro, in modo che possiamo rivederci. Montoya si avvicinò. — Voi siete troppo sfacciata, signorina Benbridge — la ammonì in tono burbero. — E voi siete un codardo. Lui inspirò a fondo. 25/325 Una leggera brezza le accarezzò le spalle, sollevandole i ricci lunghi ed elaborati che le ricadevano sulla schiena. Il conte si soffermò un attimo sulla sua chioma lucente, per poi spostare lo sguardo sul suo seno. — Mi guardate come si guarda un’amante. — Davvero? — La sua voce si era fatta più bassa, e l’accento era diventato più marcato. Sembrava che volesse sedurla, oppure che si rivolgesse alla sua amata. Amelia si lasciò avvolgere dal calore di quel suono: le ricordava la sensazione che si prova in inverno, quando si rincasa da una fredda giornata e si gusta il tepore del camino acceso. L’effetto era davvero sconvolgente. — Voi sapete come si guarda un’amante? — Io so molte cose. Tuttavia, siccome avete deciso di non approfondire la nostra conoscenza, non le scoprirete mai. Lui incrociò le braccia sul petto: nonostante fosse un gesto di sfida, Amelia sorrise, perché in questo modo le stava manifestando la sua intenzione di rimanere, almeno per un altro po’. — E lord Ware? — le chiese. — E allora? — Voi siete sua promessa sposa a tutti gli effetti. — È vero — convenne lei, serrando la mascella. — Serbate vecchi rancori nei confronti di lord Ware? — Il conte non rispose e lei prese di nuovo a battere il piede sul terreno. — Proviamo una strana attrazione reciproca, conte Montoya; oserei definirla viscerale. Siete molto attraente e direi che siete abituato a suscitare l’interesse delle donne. Da parte mia, posso affermare con assoluta certezza che una cosa simile 26/325 non mi è mai capitata. In genere non vengo corteggiata da uomini così belli... — Mi ricordate una persona che conoscevo — la interruppe lui. — Una donna alla quale tenevo molto. — Ah. — Amelia non riuscì a nascondere la delusione nell’apprendere che l’aveva scambiata per un’altra. In realtà non era interessato a lei, ma a una donna che le somigliava. Voltandosi, si lasciò cadere sulla piccola panca e prese a sistemarsi le sottane con aria assente, poi a rigirarsi la maschera tra le dita. — Ora tocca a me porgervi le mie scuse — disse, inclinando la testa per incontrare il suo sguardo. — Vi ho messo in una strana posizione e vi ho indotto a restare, mentre voi desideravate andare via. Ora che era messa di sbieco, Amelia sperava di riuscire a intravedere il suo volto oltre la maschera. Nonostante le mancasse quel particolare, c’era qualcosa che l’attirava in lui: il suono della sua voce, la forma maliziosa delle sue labbra, l’incrollabile fermezza del suo portamento... ma forse non era davvero incrollabile. Anche lui pareva turbato dalla sua presenza, e questo era alquanto insolito per due sconosciuti. — Forse non era questo che desideravate sentirvi dire — osservò lui, avvicinandosi ancora un po’. Amelia abbassò gli occhi e guardò gli stivali e la cappa che gli fluttuava intorno alle gambe. Vestito così era davvero inquietante, eppure non le incuteva alcun timore. Fece un gesto noncurante, come a voler chiudere un discorso che non sapeva più portare avanti. Il conte aveva ragione: era troppo sfacciata, ma non tanto spudorata da ammettere apertamente che trovava esaltante il pensiero che nutrisse un qualche interesse verso di lei. 27/325 — Spero che riuscirete a trovare la donna che state cercando — disse infine. — Temo che non sarà possibile. — E perché? — L’ho perduta molti anni or sono. Percependo una nota struggente nelle sue parole, lei tentò di consolarlo. — La vostra perdita mi addolora. Anch’io ho perso una persona cara e so come ci si sente. Il conte sedette accanto a lei; la panca era piccola ed erano costretti a stare così vicini che le sottane di Amelia toccavano la sua cappa. Quella situazione era molto inopportuna, eppure lei non protestò. Al contrario, inspirò a fondo e scoprì che lui sapeva di sandalo e agrumi. Era un odore intenso e virile e gli si addiceva. — Siete troppo giovane per poter condividere il mio dolore — le sussurrò. — Voi sottovalutate la morte. Non si fa scrupoli e non guarda in faccia nessuno, non importa quanti anni abbiano le persone che si porta via. I fiocchetti che decoravano il manico della maschera danzarono, trasportati da un leggero soffio di vento, e si posarono sulla mano del conte. La vista di quei piccoli scampoli di satin color lavanda, rosa e azzurro sul nero profondo colpirono l’attenzione di Amelia: chissà cos’avrebbero pensato i passanti vedendo il voluminoso abito di pizzo argentato decorato con fiorellini multicolori vicino a quella totale assenza di colore. 28/325 — Voi non dovreste stare qui fuori da sola — disse lui, passandosi i fiocchi tra il pollice e l’indice. Non riusciva a sentirli, attraverso i guanti, e questo caricava di sensualità quel gesto, come se il desiderio di accarezzare qualcosa di suo fosse irresistibile. — Io sono abituata alla solitudine. — E vi piace? — È una cosa familiare. — Questa non è una risposta. Amelia lo osservò e notò tutta una serie di piccoli particolari visibili solo da molto vicino: le ciglia lunghe e folte incorniciavano due occhi dal taglio a mandorla bellissimi ed esotici, che celavano uno sguardo carico di ombre. — Com’era la donna per la quale mi avete scambiata? — gli domandò a un tratto. Montoya abbozzò un sorriso, e sul suo volto comparvero per un attimo due fossette. — Vi ho fatto prima io una domanda — disse in tutta risposta. Lei emise un profondo sospiro soltanto per poter rimirare ancora un po’ l’increspatura bellissima delle sue labbra. Amelia non capiva perché non si abbandonasse mai a un sorriso aperto, e si domandava al contempo come fare per strappargliene uno. — Molto bene, conte. In risposta alla vostra domanda, ebbene sì, mi piace stare da sola. — Molte persone trovano insopportabile la solitudine. — Perché non hanno immaginazione. Io, invece, ne ho fin troppa. 29/325 — Ah, sì? — L’uomo si sporse verso di lei. Quella posa fece tendere i calzoni sui muscoli possenti delle sue cosce. La cappa di satin creava un forte contrasto, permettendole di cogliere ogni sfumatura. — E su cosa fantasticate? Amelia deglutì a fatica, rendendosi conto che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Il suo interesse verso di lui era più che mai carnale. — Uhm... — Amelia alzò gli occhi al cielo, confusa dalla direzione dei propri pensieri. — Invento delle storie. Favole e cose simili. Non ne aveva la certezza, dato che la mezza maschera gli copriva parte del volto, ma ebbe l’impressione che avesse sollevato un sopracciglio. — E le scrivete anche? — A volte. — E poi cosa ne fate? — Mi avete fatto fin troppe domande e non avete ancora risposto all’unico quesito che vi ho posto io. Gli occhi scuri di Montoya brillarono di divertimento. — Stiamo tenendo il conto? — Voi sì — lo accusò lei. — Io mi sto semplicemente attenendo alle vostre regole. “Eccola! Una fossetta!” — Lei era molto audace — mormorò lui. — Proprio come voi. Amelia arrossì e distolse lo sguardo, già follemente innamorata di quel piccolo solco sulla sua guancia. — E questo vi piaceva? 30/325 — Lo adoravo. Lei fu percorsa da un brivido a sentire il tono d’intimità nella sua voce; poi lui si alzò e allungò una mano. — Voi avete freddo, signorina Benbridge. Dovreste tornare dentro. — Verrete anche voi? — domandò Amelia, guardandolo dritto negli occhi. Il conte scosse il capo. Lei allungò il braccio e appoggiò le dita nel suo palmo affinché l’aiutasse ad alzarsi. La sua mano era grande e calda, la sua presa forte e sicura. Lei esitò un attimo prima di lasciarla andare e fu felice di percepire che lui condivideva la stessa emozione. Rimasero fermi per qualche secondo, in contatto; il solo rumore che riempiva l’aria era quello dei loro respiri, finché non giunsero alle loro orecchie le ammalianti note di un minuetto. Montoya strinse la presa e sussultò. Amelia sapeva che i loro pensieri viaggiavano nella stessa direzione, così, portandosi la maschera al volto, si produsse in una profonda riverenza. — Un ballo — disse quando vide che non si muoveva. — Danzate con me come se fossi la donna che avete perso. — No. — Il conte esitò giusto lo spazio di un battito del cuore, poi si sporse in avanti per farle il baciamano. — Preferisco ballare con voi. Amelia rimase toccata da quella risposta e le parole le morirono in gola, improvvisamente prosciugate da quel gesto. Ebbe soltanto la forza di alzarsi e cominciare a muovere i piedi, avvicinandosi e allontanandosi da lui, facendo delle piccole giravolte e poi girandogli attorno. La ghiaia scricchiolava e quasi copriva la musica, ma Amelia la 31/325 conosceva a memoria e si mise a canticchiarla a bocca chiusa. Presto lui la imitò, la sua voce profonda era un perfetto accompagnamento, tanto da rendere la melodia quasi magica. Le nuvole si aprirono e un brillante raggio di luna illuminò il loro piccolo universo, colorando la siepe di una tonalità argentea e facendo assumere una sfumatura madreperlacea alla maschera del conte. Il fiocco di satin nero che gli teneva legati i capelli si confondeva tra i riccioli scuri, talmente erano simili in colore e luminosità. Le sottane frusciarono contro la cappa fluttuante e l’odore di colonia si mescolò al suo profumo, mentre si lasciavano trasportare da quel meraviglioso momento. Amelia era come prigioniera di quell’incanto, e sperò che non finisse mai. Poi, l’inconfondibile verso di un uccello ruppe quel bozzolo di intimità: quelli erano gli uomini di St John che lanciavano un segnale di avvertimento. Amelia inciampò, ma il conte riuscì ad afferrarla. Lei abbassò un braccio, trascinando giù anche la maschera, e sentì l’alito caldo e profumato di brandy dell’uomo accarezzarle le labbra. La differenza di statura faceva sì che i suoi seni gli arrivassero al ventre; se voleva baciarla doveva piegarsi in avanti, e lei si ritrovò a desiderare che lo facesse, ansiosa di provare l’esperienza di incontrare quella bocca perfetta. — Lord Ware vi starà cercando — le sussurrò Montoya, senza toglierle gli occhi di dosso. Lei annuì senza fare alcuno sforzo per divincolarsi, guardandolo a sua volta negli occhi. Osservava e aspettava. Proprio quando ormai era quasi certa che non l’avrebbe baciata, Montoya accolse quel muto invito e sfregò le labbra contro le sue. Poi, le 32/325 loro bocche si incollarono, lui emise un gemito e Amelia si lasciò sfuggire di mano la maschera, che cadde a terra tintinnando. — Arrivederci — disse lui prima di scappare via in un turbinio di seta nera, sparendo oltre la siepe e confondendosi tra le ombre. Sbalordita da quell’improvvisa uscita di scena, Amelia girò lentamente la testa verso il giardino e vide Ware avvicinarsi a rapide falcate, seguito da alcuni gentiluomini. — Che cosa state facendo qui fuori? — le domandò in tono brusco, passando in rassegna con apprensione lo spazio circostante. — Mi stavo dannando a cercarvi. — Mi dispiace — fu tutto ciò che riuscì a dire lei. I suoi pensieri ormai erano tutti rivolti a Montoya, che aveva chiaramente riconosciuto quel fischio di avvertimento. Per un attimo era stato reale, ora invece era sfuggente, proprio come il fantasma a cui lei l’aveva associato. E molto sospetto. — Potreste spiegarmi cos’è successo l’altra notte, se non vi arreca troppo disturbo? Dentro di sé Amelia si struggeva, ma non lo diede a vedere e si produsse in un radioso sorriso. — Spiegarvi cosa? Christopher St John, pirata, assassino e contrabbandiere famoso, contraccambiò il sorriso, mentre i suoi occhi blu come zaffiri la scrutavano con uno sguardo tagliente. — Sapete molto bene a cosa mi riferisco — rispose, scuotendo il capo. — A volte somigliate così tanto a vostra sorella che la cosa risulta allarmante. 33/325 Ciò che era allarmante era quanto fosse bello St John: sembrava una divinità, mentre la sua mente era diabolica. Nonostante vivesse a casa sua, Amelia non si era ancora abituata alla sua avvenenza. — Oh, che cosa carina da dire! — gridò, convinta di ogni singola parola. — Grazie molte. — Civetta. Ora smettetela. Chiunque altro avrebbe avuto difficoltà a estorcerle informazioni che non desiderava condividere, ma il pirata sapeva essere persuasivo. Con i capelli e la pelle dorata, quelle labbra sottili e sensuali e quegli occhi brillanti, pareva un angelo. Di certo solo un essere celestiale poteva possedere forme così perfette. Gli unici segni del fatto che fosse mortale erano le rughe che gli contornavano la bocca e gli occhi, frutto evidente di una vita piena di preoccupazioni. Da quando aveva sposato sua sorella si erano un po’ spianate, ma non sarebbero mai sparite del tutto. — Ho notato uno strano interesse da parte di un uomo. Lui se n’è accorto e si è avvicinato per darmi delle spiegazioni. Christopher si appoggiò contro lo schienale della sedia e storse le labbra. Dietro di lui c’era un’ampia finestra che dava sul cortile sul retro, se così si poteva definire. In effetti, l’erba era stata rasata in modo da impedire a chiunque di avvicinarsi di soppiatto alla casa. Quando si avevano tanti nemici non si poteva mai abbassare la guardia, specialmente per frivole ragioni estetiche. — Che spiegazione vi ha dato? — Dice che gli ricordo un perduto amore. 34/325 Lui fece un verso di disappunto. — Un trucchetto intelligente e sentimentale che ha quasi messo in imbarazzo Ware e che per poco non ha causato un terribile scandalo. Non riesco a credere che ci siate cascata. Amelia arrossì, sentendosi nuovamente colpevole, ma riuscì comunque a ribattere. — Era sincero! — Non riusciva a credere che qualcuno potesse fingere così bene di essere triste. Si rendeva conto che qualcosa non tornava, ma credeva alla risposta emotiva che aveva avuto vedendolo. — I miei uomini l’hanno seguito, l’altra sera. Amelia annuì, in attesa. — E... — L’hanno perso. — Com’è possibile? Christopher sorrise di fronte al suo stupore. — È possibile, se si è consapevoli di essere seguiti e si è stati addestrati a svanire nell’ombra. Quell’uomo non è del tutto immacolato, Amelia. Lei si alzò, con la fronte aggrottata, e Christopher fu costretto a fare altrettanto. Si voltò per osservare il resto della stanza, persa nei suoi pensieri. L’apparenza poteva ingannare, certo: quella stanza e il criminale al quale apparteneva ne erano un esempio perfetto. Tinteggiato in varie sfumature di rosso, crema e oro, lo studio poteva essere di proprietà di un pari, come d’altronde tutto il resto della dimora. Nulla tradiva la sua vera natura, ovvero quella di quartier generale di un grande giro di contrabbando. — E allora cosa voleva da me? — domandò; aveva impressi in modo nitido nella memoria gli eventi della sera precedente. Riusciva a sentire il profumo esotico della pelle dell’uomo e quello strano accento 35/325 che l’aveva messa in subbuglio. Le sue labbra erano ancora solleticate dall’incontro con quelle di lui, proprio come i seni al ricordo del suo petto muscoloso. — Qualunque cosa: poteva essere un avvertimento nei miei confronti, o forse peggio. — Sarebbe a dire? — Sarebbe a dire quello di sedurvi e rovinarvi agli occhi di Ware. Oppure portarvi via e poi usarvi per ricattarmi. Il verbo “sedurre” usato in abbinamento al misterioso conte mascherato le faceva uno strano effetto: avrebbe dovuto spaventarla, invece era tutto l’opposto. — Sapete bene quanto me che il vostro incontro con Ware è stato una vera benedizione: non solo vi ha liberata dalla prigionia di vostro padre, ma ha anche ignorato il vostro passato scandaloso e i vostri legami familiari. — Il pirata tamburellava le dita sulla scrivania così piano da non far quasi rumore. — I vostri figli godranno di ogni vantaggio e il primogenito maschio un giorno diventerà conte. Qualsiasi cosa possa mettere a repentaglio il vostro futuro è fonte di preoccupazione per me. Amelia annuì e distolse nuovamente lo sguardo, sperando di riuscire a nascondere come si sentiva, sapendo che la sua relazione con Ware era ridotta a un puro beneficio materiale. Era consapevole che la loro unione avrebbe rappresentato un enorme vantaggio per lei. Tuttavia, essendo sua amica, desiderava solo il meglio per lui, e sapeva di non esserlo. — Cosa volete che faccia? 36/325 — Non andate in giro da sola. Se si fa di nuovo vivo, non consentitegli di avvicinarsi troppo. — I tratti del suo volto si fecero meno severi. Quel giorno indossava un completo blu, un colore che s’intonava bene con la pelle abbronzata e con il panciotto finemente ricamato che gli fasciava il torace. — Non intendo punirvi, voglio solo assicurarmi che non corriate rischi. — Lo so. — Amelia aveva trascorso tutta la vita in una prigione dorata e ora si sentiva lacerata tra il senso di sicurezza che il suo passato le dava e l’insofferenza per tutte quelle restrizioni. Cercava di mantenere un certo contegno, di seguire le regole, ma a volte era difficile conformarsi. Sospettava che questo fosse dovuto al sangue che le scorreva nelle vene; se avesse potuto, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe cambiato di sé. — Posso prendere congedo? Tra poco Ware sarà qui per una cavalcata nel parco e mi devo ancora cambiare. — Certo. Divertitevi. Christopher osservò Amelia mentre lasciava la stanza, poi ritornò al suo posto, per alzarsi un istante dopo quando la moglie fece il suo ingresso in una profusione di sottane rosa antico. Come sempre, al solo vederla il suo cuore prese a battere più forte, in un misto di attrazione e gioia allo stato puro. — Sei meravigliosa, oggi — le disse, facendo il giro intorno alla scrivania per abbracciarla. Come aveva fatto sin dalla prima volta che si erano incontrati, Maria si abbandonò contro di lui con quel corpo lussureggiante e caldo che lui adorava. — Lo dici tutti i giorni — sussurrò, ma il suo sorriso era carico di soddisfazione. — Perché continua a essere così — mormorò lui, le appoggiò le mani sulla schiena e la strinse ancora di più: nonostante la differenza di 37/325 statura, erano fatti l’uno per l’altra, come due tasselli di un puzzle che si incastrano alla perfezione. Maria aveva gli stessi capelli lucidi e corvini della sorella, ma questa era l’unica cosa che le accomunava. Amelia aveva preso dal padre, il defunto visconte Welton, gli occhi verdi e un fisico slanciato e asciutto. Maria, che grazie Dio era figlia di un altro uomo, somigliava alla madre spagnola: aveva gli occhi scuri ed era bassa e formosa. Maria e Christopher erano una coppia sorprendente: si completavano in un modo che suscitava molti commenti, ma le dicerie si concentravano in particolare sulla loro reputazione. Lei era stata la signora Winter ed era ancora nota come la “vedova di ghiaccio”, una donna che si diceva avesse assassinato i due precedenti mariti. Christopher era il suo terzo e ultimo consorte, l’amore della sua vita, e sovente veniva sbeffeggiato per essere ancora in vita. “Siete sopravvissuto a un’altra nottata nel letto di vostra moglie” lo schernivano. Christopher sorrideva e non rispondeva. Non era vero, ma non voleva smentire quell’idea, benché sbagliata. Poche persone avrebbero potuto comprendere come morire tra le sue braccia ogni notte lo facesse rinascere. — Ho sentito l’ultima parte della conversazione che hai avuto con Amelia — disse lei. — Credo che tu stia guardando la cosa dalla prospettiva sbagliata. — Ah, sì? — Ecco in che cosa erano davvero affini: tanto erano diversi all’esterno, tanto si assomigliavano nel profondo: due menti criminali e scaltre. — Cosa mi sono perso? 38/325 — Tu vedi solo l’interesse che l’uomo mascherato aveva per Amelia. E lei, invece? Che interesse ha per lui? È questo che mi preoccupa. Christopher la scrutò aggrottando la fronte. Ammirò con aria intenta l’acconciatura sofisticata e i ricci che le ricadevano sulle orecchie e sulle spalle, il petto rigoglioso che affiorava dal corsetto scollato e bordato di fiocchi. — È sempre stata curiosa, ed è così che ha conosciuto Ware. — Sì, ma ha permesso a quell’uomo di baciarla. Uno sconosciuto. Perché? Si è lasciata struggere dal desiderio per il suo amore gitano per tutti questi anni, tenendo Ware in stallo. Che cos’ha quest’uomo da averla spinta a compiere un gesto simile? — Mmm... — Abbassando il capo, Christopher si impadronì della sua bocca per darle un bacio lungo e appassionato. — Mi piangeresti con tanto trasporto, se dovessi morire? — le domandò, con le labbra incollate alle sue. — No. — Maria gli rivolse uno di quei sorrisi carichi di mistero che lo ammaliavano. — No? — ripeté. — Niente e nessuno potrà mai portarti via da me — rispose lei, mentre gli accarezzava il petto. — Morirei insieme a te: sarebbe il solo modo per lasciarti andare. Il cuore di Christopher si gonfiò così tanto d’amore che per un attimo credette di rimanerne sopraffatto. — E così, la tua sorellina è attratta da quell’uomo come non le è mai accaduto con nessun altro. Cosa suggerisci di fare? 39/325 — Aumentare la sorveglianza su di lei e trovare quell’individuo. Voglio sapere chi è e che intenzioni ha. — Consideralo fatto. Hai altri piani per il pomeriggio? — Sì, sono abbastanza impegnata. Christopher sperò di essere riuscito a mascherare la delusione. Nonostante anche lui avesse un elenco piuttosto lungo di cose da fare, non gli sarebbe dispiaciuto trascorrere qualche ora in compagnia di sua moglie. Era una delizia fare l’amore nel bel mezzo della giornata, con le tende tirate e il sole che invadeva la stanza, specialmente quando lei stava sopra e lo cavalcava alla luce del giorno. Sospirando sonoramente, Christopher la lasciò andare. — Goditi la giornata, amore mio. — Questo dipende da te. — I suoi occhi brillavano di un luccichio malizioso. — Vedi, la mia agenda dice: “fare l’amore dalle due alle quattro” e per farlo avrei bisogno del tuo aiuto. Christopher ebbe subito un’erezione. — Al vostro servizio, madame. Lei fece un passo indietro e guardò la patta dei suoi calzoni. — Sì, lo vedo. Possiamo ritirarci? — Lo vorrei tanto — bisbigliò lui, con il sangue che gli ribolliva già nelle vene. In quel momento sentirono un colpo alla porta e si voltarono. — Salve, Tim — disse Maria, sorridendo al gigante che teneva la testa reclinata per riuscire a passare oltre la soglia. 40/325 L’uomo accennò un inchino. — Volevate vedermi? — bofonchiò, rivolto a Christopher. — Sì. — Tim era uno dei suoi luogotenenti più fidati; aveva una pazienza infinita e ci sapeva fare con il gentil sesso. La sua passione per le donne era evidente; loro se ne accorgevano e si aprivano con lui più di quanto non facessero con altri uomini. Lo ascoltavano e si fidavano di lui, e questo avrebbe reso più semplice mantenere Amelia sulla retta via. Christopher abbassò lo sguardo per guardare Maria negli occhi. — Aspettami vestita — sussurrò. — Voglio essere io a spogliarti, uno strato dopo l’altro. — Come se fossi un regalo — rispose lei in tono canzonatorio. — Lo sei. Tu sei la cosa più preziosa che possiedo. — Christopher le diede un bacio sulla punta del naso e si allontanò. — Devo discutere con Tim del suo nuovo incarico. Dovrà sorvegliare Amelia. Lei gli rivolse un sorriso d’intesa, un’immagine da serbare nella memoria. — Sei così intelligente che riesci sempre ad anticipare le mie preoccupazioni. Non hai bisogno che ti stimoli ad agire. — Invece no — la smentì lui. — Tu mi sproni sempre, e io ne sono felice. — Fece una pausa e poi proseguì sottovoce. — Tra poco te ne darò la dimostrazione. Maria sfiorò con la punta della dita il suo palmo, mentre le loro mani si separavano. — Ci vediamo a cena, Tim — disse, passandogli accanto con passo seducente, mentre lasciava la stanza. — Certo, madame. 41/325 Tim guardò Christopher con un sorriso sghembo. — Conosco quello sguardo. Faremo in fretta, vero? — Sì. Voglio che tu diventi l’ombra della signorina Benbridge. — Mi hanno detto dell’altra notte. Non temete, con me è in buone mani. — Non te l’avrei chiesto se non ne fossi sicuro. — Christopher gli diede una pacca sulla spalla, mentre lo accompagnava alla porta. — A più tardi. — Razza di fortunato bastardo — si lasciò sfuggire Tim sottovoce. Christopher fece una smorfia e si avviò su per le scale. 3 Francia, un mese prima — Dunque — disse Simon Quinn, posando la forchetta. — È giunto finalmente il momento. — Già. Era andato tutto come Colin Mitchell aveva previsto. Erano anni che aspettava quel giorno, e adesso che era arrivato, restare seduto a tavola gli pareva quasi impossibile. Nel giro di poche ore sarebbe salpato verso l’Inghilterra per raggiungere l’amore della sua vita. Quanto sarebbe voluto essere già con lei! Fare baldoria era all’ordine del giorno, per tipi come lui, ma anche se era cresciuto in un chiassoso campo gitano, Colin preferiva comunque le serate tranquille. Era Simon che cercava posti rumorosi. Diceva che 42/325 rendevano impossibile origliare, e inoltre contribuivano a consolidare quell’aspetto annoiato e disinvolto sapientemente costruito, anche se Colin sospettava che quella predilezione fosse dettata da tutt’altra ragione. Simon non era felice, ed era facile fingere di esserlo quando si era circondati dall’allegria generale. In fondo, quello era ancora uno dei pochi posti che Colin tollerava: pulito, ben illuminato, e il cibo era delizioso. Tre enormi candelabri scendevano giù dalle travi di legno del soffitto e nell’aria si spandeva il profumo di diverse pietanze appetitose che si mescolava a quello delle prosperose cameriere. Le risate sonore e il chiacchiericcio facevano a gara per farsi sentire sopra l’orchestra che suonava freneticamente in un angolo remoto della sala, lasciando loro una relativa intimità in mezzo a quel fracasso. Sembravano due gentiluomini vestiti di tutto punto che si godevano la cena. — Pensavo che il sentimento che provavi per la bella Amelia fosse sfiorito con gli anni — buttò lì Simon. Nella sua voce si sentiva ancora un leggero accento irlandese. Si portò il bicchiere colmo di vino alla bocca e osservò Colin. — Sei cambiato molto rispetto al ragazzino che eri quando sei venuto a cercarmi, tanti anni fa. — Vero. — Colin sapeva che Simon non voleva che andasse via: era una pedina troppo importante per i suoi giochetti. Avrebbe saputo adottare qualunque travestimento, dovunque. Gli uomini si fidavano di lui e le donne lo trovavano irresistibile: erano creature dotate di un forte intuito, e appena percepivano che il suo cuore era impegnato, cercavano ancora di più di conquistarlo. — Ma c’è una parte di me che non è mai cambiata. — Forse lei è cambiata. Era una ragazzina, quando vi siete lasciati. 43/325 — Già allora era in continuo mutamento — rispose Colin con un’alzata di spalle. — Questo non fa che rendere più profondi i miei sentimenti. — Come poteva spiegare tutte le sfaccettature che aveva visto in lei negli anni? — Che fascino possiede per tenerti così schiavo? La contessa ti adora, eppure per te non è altro che un diversivo. Nella mente di Colin si materializzò un’immagine della bellissima Francesca, e sorrise. — Anch’io lo sono, per lei. Le piace il fatto di non sapere mai chi si presenterà alla sua porta o che travestimento userò. Io vado bene per soddisfare le sue fantasie più sfrenate, ma queste si limitano alla stanza da letto. È troppo orgogliosa per pensare a un uomo con le mie origini in un ruolo diverso da quello che ricopro ora. Una volta, mentre svolgeva un incarico affidatogli da Simon, Colin si era infilato nella prima stanza che aveva trovato a un ballo. Lì c’era Francesca, che si stava godendo una piccola tregua dalla folla. Lui le aveva fatto l’inchino, aveva sorriso e si era tolto la parrucca; poi aveva rivoltato al contrario gli abiti dalla fattura speciale e sotto i suoi occhi si era trasformato da un gentiluomo con i capelli bianchi e il mantello nero in un mascalzone con i capelli neri e la pelle eburnea. La contessa aveva trovato quell’episodio davvero buffo e si era prestata volentieri al suo gioco, uscendo a braccetto in corridoio con lui, suscitando lo stupore delle persone che incontravano, compresi i due ceffi che davano la caccia a Colin, i quali non erano riusciti nemmeno a riconoscerlo. Quella notte stessa, lei se l’era portato a letto e ce l’aveva tenuto per due anni, senza preoccuparsi minimamente quando si assentava per settimane o mesi per il suo lavoro. Il loro era un rapporto di comodo e di reciproca comprensione. 44/325 “A volte invidio la donna che ha una presa così salda sul tuo cuore” gli aveva confessato una volta. Colin aveva provveduto subito a indirizzare il corso dei suoi pensieri altrove. Non riusciva a sopportare l’idea di Amelia mentre era in compagnia di un’altra donna. Gli sembrava di tradirla e sapeva per esperienza che ne sarebbe rimasta profondamente ferita. — Amelia esercita su di me lo stesso fascino che sua sorella esercita su di te — disse Colin, incontrando gli occhi sgranati di Simon. — Forse, se tu riuscissi a spiegarmi perché ti struggi ancora per Maria, questo potrebbe aiutarmi a rispondere alla tua domanda riguardo ad Amelia. Un sorriso di autocommiserazione increspò le labbra di Simon. — Touché. Ti presenterai a lei come Colin Mitchell o come uno dei tuoi personaggi? Colin emise un profondo sospiro e si guardò intorno, soffermandosi sui molti avventori e sul viavai di cameriere. Per Amelia, lui faceva parte del passato... una parte ormai morta e sepolta. Era un amico d’infanzia che era diventato un uomo e che l’aveva amata con tutto se stesso. Lei aveva contraccambiato quel sentimento con la stessa passione selvaggia, totale e irrefrenabile dell’adolescenza. Lui aveva cercato di starle lontano, di respingerla e di convincersi che andava al di là delle sue possibilità. Era un gitano e uno stalliere al servizio del padre di Amelia, lord Welton, e non c’era futuro per loro. Alla fine, non era riuscito a mantenere le distanze. Il visconte era una specie di mostro e la usava per ricattare Maria, la bellissima sorella, che maritava con nobili facoltosi per poi ucciderli e impossessarsi dell’eredità. Quando le macchinazioni di Welton avevano messo in pericolo Amelia, Colin aveva tentato di salvarla con un gesto valoroso, ma gli avevano sparato e l’avevano lasciato a terra, credendolo morto. 45/325 Come si fa a risorgere dalla tomba? E anche se ci fosse riuscito, lei l’avrebbe di nuovo accolto nella sua vita nel ruolo che avrebbe desiderato, ovvero di marito e amante? — Se mi vorrà, sarà la contessa Montoya — sentenziò, riferendosi al titolo che aveva inventato espressamente per lei. Negli anni si era costruito quella presunta nobiltà, acquistando proprietà e accumulando ricchezze sotto quelle sembianze. Non l’avrebbe fatta sposare con il comune Colin Mitchell. Lei meritava di meglio. — Ma forse è il suo attaccamento a Colin che mi farà conquistare il suo cuore. — Mi mancherai — lo interruppe Simon con aria pensierosa. — A dire il vero, non so come farò senza di te. Quinn era stato inserito nella lista degli agenti della Corona d’Inghilterra perché assumeva degli incarichi che persone più prudenti non avrebbero mai accettato. Né lui né Colin godevano di un riconoscimento ufficiale, e questo li sollevava da qualunque restrizione. Come ricompensa per i loro sforzi, si tenevano la maggior parte del bottino, e così erano diventati enormemente ricchi. — Troverai il modo — disse Colin con un sorriso. — Come sempre. Dopotutto, hai Cartland. Sotto certi aspetti, è molto più abile di me. Ha il fiuto migliore di un cane. Se smarrisci qualcosa, lui è la persona più adatta per ritrovarla. — Ho i miei dubbi su di lui — ribatté Simon, appoggiando i gomiti sui braccioli ricurvi della sedia e intrecciando le dita. — Ah, sì? Non me l’avevi mai detto... — Eri pur sempre alle mie dipendenze. Ora, invece, ti posso parlare come a un amico con cui ho condiviso un passato comune. 46/325 La logica era bizzarra, ma Colin non ci badò. — Che cosa ti preoccupa? — Troppe persone del suo giro sono state ammazzate. — Pensavo che facesse tutto parte di un piano. — A volte sì — ammise Simon. — Lui non ha i rimorsi di coscienza che vengono a molti quando uccidono qualcuno. — Intendi dire che vengono a me — puntualizzò Colin in tono asciutto. Simon sorrise, attirando l’attenzione di una donna seduta lì accanto. D’un tratto, il suo sorriso passò da espressione di divertimento a una promessa sensuale. Colin si voltò per soffocare una risatina. Era sorpreso che un uomo tanto stimato potesse guadagnarsi da vivere con mezzi così illegali. — Non ti sei mai goduto quella parte del tuo lavoro — aggiunse Simon. Colin sollevò il bicchiere in un finto brindisi e poi tracannò tutto d’un fiato il liquido rosso sangue. — Ho sempre temuto che ogni vita tolta mi si sarebbe attaccata all’anima, mi avrebbe perseguitato, e che alla fine mi avrebbe reso inadatto per Amelia. — Che cosa romantica! — lo derise Simon. — Una delle qualità che ammiravo in Maria era quella di riuscire a sopravvivere nei bassifondi. Io non potrei passare la vita con una donna pura come un giglio. Mi annoierei presto. — Tu dai per scontato che l’uomo che ti siede di fronte ora sia il vero Colin, e che quello che si strugge per Amelia sia solo un artifizio. Magari è tutto il contrario. 47/325 Simon aggrottò la fronte. — Allora ti prego di continuare ancora un po’ con questa farsa. A sentire quelle parole, Colin s’irrigidì e appoggiò il bicchiere sul tavolo. — Che cosa vuoi? Avrebbe fatto qualunque cosa per Simon, ma quell’improvviso presagio di un pericolo imminente l’aveva reso nervoso. Aveva già caricato le valigie sulla nave e nel giro di qualche ora sarebbe salpato per iniziare la sua nuova vita, quella che aveva interrotto sei anni prima per diventare un uomo benestante con un titolo, del prestigio e tanti privilegi. Un uomo degno di Amelia Benbridge. — Mi hanno detto che Cartland s’incontra spesso con dei confidenti dell’agente generale Talleyrand-Périgord. Colin fischiò. — Cartland è una delle persone più irriverenti che io abbia mai conosciuto. — Ecco perché il suo legame con l’agente generale, che è altrettanto irriverente, mi preoccupa. Voglio andare a perquisire il suo alloggio, stanotte. Voglio farlo mentre tu sei ancora qui e mi puoi proteggere. Ho soltanto bisogno che tu lo intrattenga, nel caso rientrasse prima. — Dato che sa che parto all’alba, troverà strano vedermi ancora qui. — Agirai sotto copertura. Non dovrebbe crearti problemi. Lo sanno tutti che è un tipo solitario. Annuendo, Colin cercò di immaginare la scena e non ci vide nulla che potesse interferire con la sua partenza. Qualche ora sarebbe bastata per cancellare il senso di colpa che provava abbandonando Simon. — D’accordo. Ti aiuterò. 48/325 — Eccellente — rispose Simon, allungando il bicchiere verso una cameriera per farsi versare dell’altro vino. — Sono in debito con te. — Sciocchezze — tagliò corto Colin. — Non potrò mai ripagarti per tutto quello che hai fatto per me. — Mi aspetto di essere invitato al matrimonio. — Contaci. Simon sollevò il bicchiere. — Alla bellissima signorina Benbridge. Colin, vibrante di aspettative per il futuro, tracannò tutto d’un fiato il suo vino. — Cos’hai in mente? — borbottò Colin qualche ora dopo, mentre scivolava tra le ombre di un vicolo seguendo Cartland a debita distanza. L’uomo aveva lasciato la casa della sua amante qualche ora prima, e da allora pareva vagare senza meta. Siccome continuava a procedere, pur per larghi giri, verso il suo appartamento, Colin gli stava appresso perché non poteva permettere che facesse ritorno mentre Simon era ancora là. La temperatura era gradevole, il cielo punteggiato da qualche nuvola; la luna piena era bassa sull’orizzonte e illuminava bene tutta la zona, se non era coperta dai palazzi. Ciononostante, Colin avrebbe preferito essere nella sua cabina a riposare, per poi salire a prua e respirare a fondo l’aria salmastra. Cartland svoltò e Colin si fermò un istante, contando nella propria mente finché non fu passato un lasso di tempo ragionevole per proseguire il pedinamento. 49/325 Non appena girato l’angolo, però, si ritrovò in un cortile privato. Cartland era lì, impegnato in una discussione con qualcuno che pareva lo stesse aspettando. Due lanterne segnalavano l’ingresso sul retro di un locale. Una piccola fontana e un’aiuola ben curata riempivano quasi tutto lo spazio. Colin s’appiattì contro il muro e si strinse nel mantello per mimetizzarsi meglio nell’ombra. Era alto un metro e ottanta e pesava all’incirca cento chili, quindi per lui non era facile, ma aveva imparato l’arte di appostarsi e la praticava molto bene. Caso strano, anche Cartland, pur non provenendo da una famiglia di lavoratori, era di corporatura robusta, benché più elegante. Era costretto a lavorare per guadagnarsi da vivere soltanto perché il padre l’aveva lasciato senza il becco di un quattrino, ma si affannava a far sapere a tutti che lui non scendeva in basso e non svolgeva determinati compiti. Tranne uccidere. Quello gli piaceva fin troppo, secondo Colin; ecco perché lavoravano in coppia solamente quando dovevano. Scivolando lungo il muro di pietra umida, Colin si avvicinò ai due uomini nella speranza di captare qualcosa che gli fosse utile per capire cosa stava facendo Cartland. — ... potete dire all’agente generale... — ... dimenticatevi della vostra posizione! Voi non siete... — A questo penso io, Leroux, a patto che venga ricompensato... La discussione sembrava farsi più accesa e Cartland gesticolava animatamente, mentre l’altro uomo aveva iniziato a camminare avanti e indietro. Il suono dei tacchi che battevano sul selciato gli permise di avvicinarsi di soppiatto. Cartland indossava sopra l’abito da sera una cappa corta tenuta ferma da una spilla che brillava alla luce delle 50/325 lanterne. L’altro, invece, non portava né cappello né cappotto, era molto più basso e decisamente più agitato. — Non avete ancora raggiunto il vostro obiettivo — disse Leroux seccato. — Come osate chiedermi altro denaro quando non avete ancora portato a termine il compito per il quale siete già stato pagato? — Sottopagato — rispose Cartland in tono derisorio, con il volto nascosto dal tricorno. — Informerò l’agente generale delle vostre ridicole richieste e gli suggerirò di cercarsi qualcuno più affidabile. — Ah, davvero? — C’era nella voce di Cartland un tono che mise in allarme Colin, ma prima che potesse fare qualcosa, vide il profilo di una lama luccicare e un secondo dopo il pugnale si era già conficcato nel ventre di Leroux. Si sentì un gemito di dolore e poi un profondo rantolo. — Potete anche portargli un altro messaggio da parte mia — sibilò Cartland, mentre estraeva la lama per poi pugnalarlo nuovamente. — Non sono un lacchè di cui sbarazzarsi quando non serve più. All’improvviso, una sagoma scura balzò fuori dall’oscurità e si abbatté su Cartland, facendogli saltare via il cappello. Il pugnale gli scivolò dalle mani e finì a terra tintinnando. Leroux cadde in ginocchio, tenendosi le mani sulle ferite sanguinanti. I due uomini si rotolavano a terra e si picchiavano, e il suono dei colpi rimbombava tra i palazzi. Si sentì il rumore di vesti strappate e volarono parole rabbiose, poi Cartland riuscì ad avere la meglio e inchiodando l’assalitore al suolo allungò la mano per afferrare il pugnale che giaceva a poca distanza. 51/325 — Fermo! — Colin uscì allo scoperto e si gettò nella mischia, sollevando il mantello di lato per far vedere che aveva una spada. Cartland, confuso, si tirò su e Colin vide che aveva il volto deformato dalla sete di sangue e uno sguardo perso e freddo. L’altro uomo colse l’occasione per colpirlo forte alla tempia con un pugno, facendolo cadere. Colin corse verso le lanterne che indicavano l’entrata e sguainò la spada. — Avete molte cose di cui rispondere! — Ma non a voi! — gridò Cartland, scalciando. Colin scansò i colpì e lo infilzò a una spalla. L’uomo ruggì come un animale ferito e prese a dibattersi furioso. Girandogli intorno, Colin si voltò per guardare lo sfortunato Leroux, che ormai giaceva a terra con gli occhi sbarrati e lo sguardo vuoto. Era troppo tardi. Il messaggero di Talleyrand-Périgord era morto. Un tremendo presagio s’impadronì di Colin, distraendolo, così non riuscì a prevenire il colpo che gli si abbatté sul retro delle ginocchia, facendolo cadere a terra. Istintivamente rotolò di lato per evitare un altro assalto di Cartland, ma urtò contro il cadavere e finì nella pozza di sangue che si stava velocemente allargando intorno a lui. Cartland tentò nuovamente di afferrare il pugnale, ma l’altro uomo lo batté sul tempo e riuscì a farlo scivolare via, assestandogli un calcio con tutta la forza che aveva. Colin stava cercando di rimettersi in piedi quando sentì delle urla provenire dalla strada vicina. Tutti e tre voltarono la testa in quella direzione. 52/325 — Un’imboscata! — borbottò Cartland, che balzò in piedi, si diresse verso il muretto di pietra e lo scavalcò. Anche Colin si era già tirato su e si stava mettendo a correre. — Altolà! — gridò qualcuno. — Più veloce! — disse l’uomo che aveva quasi salvato Leroux e che ora stava scappando al fianco di Colin. Insieme, imboccarono una via diversa rispetto a quella da cui era arrivato Colin e che ora era piena di guardie che avanzavano con le lanterne in alto. — Altolà! Quando raggiunsero la strada principale, Colin scappò verso sinistra in direzione della carrozza che lo stava aspettando, mentre l’altro andò a destra. Dopo il trambusto che aveva scosso la quiete del piccolo cortile, l’apparente tranquillità della nottata appariva innaturale e i suoi passi sembravano risuonare troppo forte. Zigzagò tra palazzi e stradine, infilandosi nei vicoli per ridurre le probabilità di essere acciuffato. Alla fine, riuscì ad arrivare davanti alla casa dell’amante di Cartland. Appena il cocchiere lo notò, si stiracchiò e si tenne pronto a sganciare il freno. — Da Quinn — gli ordinò Colin, saltando a bordo. Il veicolo partì con uno strattone e lui si chinò in avanti per togliersi il mantello intriso di sangue e gettarlo sul pavimento. — Maledizione! Com’era possibile che una missione tanto semplice gli fosse sfuggita di mano con tanta rapidità? 53/325 “Fa’ in modo che Cartland non ritorni a casa troppo presto.” Sembrava una bazzecola, e non avrebbe certo dovuto includere il fatto di essere stato testimone di un omicidio. Quando la carrozza si fermò davanti alla residenza di Quinn, Colin saltò giù e batté il pugno contro il portone, imprecando perché ci mettevano troppo ad aprire. Dopo un po’ si presentò un maggiordomo tutto scarmigliato con una candela di sego in mano. — Sì, signore? — Voglio vedere Quinn. Adesso! Quel tono tradiva una certa urgenza e il servitore lo fece subito accomodare nel salottino. Dopo qualche minuto Quinn fece il suo ingresso: aveva la pelle arrossata e indossava una vestaglia di seta multicolore. — Ti ho mandato a cercare ore fa. Quando ho visto che non rispondevi, ho pensato che avessi imbarcato la tua roba e te ne fossi andato a dormire. — Se di sopra con te c’è una donna credo che potrei ucciderti. Simon lo squadrò dalla testa ai piedi. — Che cosa ti è successo? Colin gli raccontò tutto, passeggiando senza sosta davanti al fuoco che languiva nel caminetto. — Che diamine! — osservò Simon, passandosi una mano tra i riccioli neri. — Doveva essere davvero disperato per scappare da noi e da loro. — Non c’è nessun noi — ribatté Colin, puntando il dito verso l’orologio a pendolo nell’angolo. — La mia nave salpa tra poche ore. Sono venuto solo per dirti che è una liberazione. Se stanotte mi avessero preso, il mio viaggio sarebbe stato rimandato di settimane, se non di mesi. 54/325 Si sentì qualcuno picchiare alla porta ed entrambi tacquero. Non osavano quasi respirare. Il maggiordomo fece irruzione nella stanza, ansimante. — Una dozzina di uomini — disse, col fiatone. — Hanno perquisito la carrozza e hanno preso qualcosa dal suo interno. — Il mio mantello — sibilò Colin. — Era tutto impregnato del sangue di Leroux. — Il fatto che siano venuti qui ci suggerisce che Cartland ti ha offerto come bestia sacrificale — osservò Simon, mentre qualcuno all’esterno impartiva degli ordini gridando. — Cercate di trattenerli — ordinò al maggiordomo. — Create un diversivo che duri il più a lungo possibile. — Sì, signore — rispose il servitore, uscendo e richiudendosi la porta alle spalle. — Mi dispiace, amico mio — mormorò Simon, andando verso l’orologio e spostandolo, in modo tale da rivelare un passaggio segreto. — Questo ti condurrà alle stalle. Potresti avere delle difficoltà al pontile, ma se riesci a imbarcarti, fallo. Mi occuperò di tutto io e farò in modo che tu ne esca pulito. — E come? — chiese Colin, infilandosi nel cunicolo. — Cartland collaborava con i francesi, quindi deve godere di una certa fiducia da parte loro. — Troverò un modo, non temere — lo rassicurò Simon, poggiandogli una mano sulla spalla mentre si sentivano delle voci provenire dall’ingresso. — Buona fortuna! Detto ciò, Colin si avviò per il passaggio e Simon richiuse subito l’apertura. Si sentì uno stridore di metallo che accompagnava la 55/325 risistemazione del pendolo. Non udì altro, perché avanzava alla cieca nell’oscurità, tenendo le braccia larghe e le mani appoggiate al muro. Aveva il cuore in gola e il fiato corto; lottava contro l’ansia crescente che derivava non tanto dalla paura di essere catturato, ma dal fatto che non era mai stato così vicino a ricongiungersi con Amelia. Era lì, a portata di mano, ma se non fosse riuscito a salire su quella nave l’avrebbe persa di nuovo. La prima volta era sopravvissuto a malapena al distacco; non sapeva se ce l’avrebbe fatta un’altra volta. Il tunnel si fece umido e l’odore insopportabile. Colin arrivò a quello che pareva un punto morto e imprecò. Poi udì dei cavalli che nitrivano, alzò gli occhi e si accorse che sopra la sua testa si intravedeva una botola. Cercò con il piede un appiglio e si issò più in alto per sollevare il coperchio quel tanto che bastava per guardare. Vide che c’era della paglia sul pavimento. La stalla sembrava tranquilla, a parte le bestie che si agitavano, percependo la sua presenza. Così si tirò su, richiudendo subito il portello. Afferrò quindi uno dei cavalli per la criniera e spalancò le porte della stalla. Condusse fuori l’animale, con le orecchie tese e gli occhi ben aperti, avanzando con circospezione. — Ehi, tu, fermo! — gridò qualcuno alla sua sinistra. Colin si aggrappò alla criniera e balzò in groppa al cavallo senza sella. — Vai! — lo incitò, dandogli un colpo ai fianchi per lanciarlo al galoppo attraverso i campi. La brezza mattutina gli sferzava il viso e faceva danzare il suo codino. Procedeva abbassato contro il collo dell’animale mentre correvano lungo le strade, respirando affannosamente all’unisono. Colin sentiva le budella contorcersi per l’ansia. Sarebbe stato davvero un miracolo riuscire a raggiungere la nave senza intoppi. Era così vicino a lasciarsi alle spalle quella vita, maledizione! C’era quasi. 56/325 Si avvicinò il più possibile al pontile, poi smontò e coprì la distanza rimanente a piedi, passando tra le casse e i barili ammassati. Era tutto sudato, nonostante l’aria fosse fredda e lui non avesse il soprabito. C’era quasi... In seguito non si sarebbe più ricordato di aver percorso la passerella e di essere disceso in cabina. Tuttavia, si sarebbe ricordato con molta precisione di chi aveva trovato ad aspettarlo di sotto. Aprì la porta, entrò e sobbalzò quando vide lo spettacolo che l’attendeva. — Ah, eccovi qui — lo salutò uno sconosciuto dall’aria viscida. Colin si fermò sulla soglia e fissò l’individuo alto e magro che teneva un coltello puntato alla gola del suo valletto. Doveva essere uno dei tirapiedi di Cartland o qualcuno che lavorava per i francesi. Poco importava: alla fine l’avevano acciuffato. Il valletto aveva un’espressione terrorizzata e lo guardava con gli occhi sgranati. Aveva un foulard sulla bocca come bavaglio. Era legato a una sedia e stava tremando; l’odore acre di urina lasciava intendere quanto fosse spaventato. — Cosa volete? — domandò Colin, alzando le mani in segno di resa. — Dovete venire con me. Colin si sentì mancare. “Amelia” pensò, mentre nella mente la sua immagine si allontanava e si faceva sempre più sbiadita. Colin annuì. — Certo. 57/325 — Eccellente. Prima che lui potesse fare qualcosa, l’uomo si mosse e tirò indietro la testa del valletto, tagliandogli la gola. — No! — gridò Colin, gettandosi in avanti. Ma era troppo tardi. — Buon Dio! Perché? — chiese con voce strozzata, mentre sentiva lacrime di frustrazione e disperazione pungergli gli occhi. — Perché no? — ribatté l’uomo con un’alzata di spalle. Aveva occhi di un azzurro pallido, come il ghiaccio. Era scuro di carnagione e una peluria nera lo faceva apparire sporco, anche se i suoi abiti semplici sembravano puliti. — Dopo di voi. Colin procedette all’indietro e uscì dalla cabina, certo che quella notte sarebbe morto. La profonda tristezza che provava non era dovuta tanto alla perdita della propria vita, quanto alla mestizia di non poter condividere insieme ad Amelia il futuro che aveva sperato. Gli tremavano le mani quando afferrò il mancorrente della scaletta che conduceva al ponte. Uno strano tonfo e un gemito soffocato lo fecero trasalire e voltare troppo in fretta, così ruzzolò giù e si ritrovò faccia a faccia con il suo assalitore, che era svenuto. Alzò gli occhi e vide l’uomo che si era battuto con Cartland poco prima nel cortile. Era basso e tarchiato, molto muscoloso, e indossava abiti in diverse sfumature di grigio. Aveva tratti aggraziati e occhi scuri e stanchi. — Mi avete salvato la vita — disse l’uomo. — Ve lo dovevo. — Chi siete? — domandò Colin. — Jacques. 58/325 Solo il nome di battesimo, nient’altro. — Grazie, Jacques. Come avete fatto a trovarmi? — Ho seguito quest’individuo — rispose l’uomo, toccando con la punta degli stivali il corpo disteso a terra. — La Francia non è più un luogo sicuro per voi, monsieur. — Lo so. L’uomo gli rivolse un inchino. — Se avete con voi qualche oggetto di valore, vi suggerisco di offrirlo al capitano per invogliarlo a spiegare subito le vele. Io mi occuperò dei corpi. Colin si lasciò sfuggire un sospiro stanco, cercando di combattere contro la tremula speranza che danzava in lui. Sembrava che le probabilità di mettere davvero piede sul suolo inglese diventassero sempre più flebili, a mano a mano che passava il tempo. — Andate, ora — lo spronò Jacques. — Vi aiuterò. Dovete scendere subito dalla nave prima che vi associno a me. — Ormai è troppo tardi. Resterò con voi finché tutto non sarà chiarito e non si farà luce sulla morte del mio padrone. — Perché? — gli domandò semplicemente Colin, troppo stanco per controbattere. — Ora preoccupiamoci di salpare. Avremo tutto il tempo per parlare durante la traversata. 59/325 Incredibilmente, un’ora dopo erano in mare; ma il Colin Mitchell che stava in piedi a prua avvolto dalla nebbia non era lo stesso che aveva condiviso un banchetto di addio con Simon Quinn. Questo Colin aveva una taglia sulla testa, e ciò significava che la sua vita era in pericolo. 4 La staccionata era proprio davanti a lei. Doveva solo accertarsi che la guardia fosse ancora abbastanza lontana da non poterla vedere ed era fatta. Allungò il passo senza accorgersi dell’uomo nascosto dietro il tronco di un grande albero e inorridì quando un braccio forte come l’acciaio l’acciuffò e qualcuno le mise una mano sulla bocca, soffocando il suo grido di terrore. — Basta — le sussurrò Colin all’orecchio, tenendola ferma contro il tronco con il suo corpo robusto. Amelia, con il cuore che scalpitava, continuava a colpirlo, furiosa per lo spavento che le aveva fatto prendere. — Smettila — le ordinò lui scuotendola forte e puntando gli occhi neri nei suoi. — Mi dispiace di averti spaventato, ma non mi hai lasciato scelta. Non mi guardi, non mi parli... Lei smise di dibattersi quando Colin la cinse in un abbraccio: la sua figura possente le era totalmente sconosciuta. — Ora tolgo la mano, però tieni a freno la lingua, altrimenti attirerai la sentinella. 60/325 La lasciò andare e si allontanò di scatto come se lei fosse stata un’appestata. Amelia sentì subito la mancanza di quella miscela di odore di stalla e di sudore che Colin si portava addosso. La luce screziata del sole gli baciava la chioma corvina e il bel volto. Amelia non sopportava che le si contorcessero le budella e che il cuore le battesse all’impazzata, quando lo vedeva. Con quella camicia color malto e i calzoni marroni era davvero virile. Pericolosamente virile. — Volevo chiederti scusa — disse lui, con voce quasi stridula. Lei lo guardò torva. Colin fece un profondo sospiro e si passò le mani tra i capelli. — Quella ragazza non significa niente per me. Amelia capì soltanto allora che non si stava scusando per averla spaventata a morte. — Che meraviglia! — esclamò, non riuscendo a nascondere una punta di amarezza. — Sono proprio sollevata di sapere che ciò che mi ha spezzato il cuore non conta nulla per te. Lui sbatté le palpebre e allungò le mani ruvide e consumate dal lavoro verso di lei. — Tu non capisci. Sei troppo giovane, troppo protetta. — Ma certo! Così ti sei trovato qualcuna più grande e meno protetta, che ti possa comprendere — sbottò lei cercando di superarlo. — Anch’io ho trovato qualcuno più grande che mi capisce. Siamo felici, siamo... — Cosa? — Il suo tono basso e minaccioso la fece trasalire, e cacciò un urlo quando l’afferrò brutalmente per un braccio. — Chi è? — 61/325 chiese con la faccia tirata, spaventandola di nuovo. — È quel ragazzo che hai visto giù al torrente? Benny? — Che t’importa? Tu hai lei. — È per questo che sei vestita così? — domandò Colin squadrandola dalla testa ai piedi. — È per questo che ti sei tirata su i capelli? Per lui? Amelia aveva ritenuto che l’occasione fosse degna di uno dei suoi abiti migliori: quello blu notte ricamato a fiorellini rossi. — Lui non mi vede come una bambina. — Perché anche lui è un bambino! L’hai baciato? Ti ha toccato? — Ha solo un anno meno di te — replicò lei sollevando il mento. — Ed è un conte. Un gentiluomo. Nessuno lo sorprenderebbe mai a fare l’amore con una ragazza in un vicolo. — Ma noi non facevamo l’amore! — gridò Colin fuori di sé, tenendola per un braccio. — A me pareva così. — Perché tu non ne sai niente — disse lui muovendo le dita in modo convulso sulla sua pelle, come se non sapesse resistere all’impulso di toccarla e al contempo non sopportasse l’idea di farlo. — E tu invece sì? Lui serrò la mascella in risposta al suo scherno. Le faceva male sapere che là fuori c’era qualcuno che lui amava. Lui, il suo Colin! 62/325 — Perché stiamo parlando di questo? — gli chiese, tentando di liberarsi senza riuscirci. Aveva bisogno di allontanarsi da lui, le mancava il fiato quando la toccava, riusciva a malapena a pensare. Soltanto il dolore e una profonda tristezza penetravano i suoi sensi intorpiditi. — Io ti ho dimenticato, Colin, ti sono stata alla larga. Perché devi tormentarmi di nuovo? Lui le infilò una mano dietro la nuca e l’avvicinò ancora di più a sé, poi prese a strusciarsi contro di lei. I seni le si gonfiarono e cominciarono a dolerle. A quel punto smise di dimenarsi, preoccupata di come avrebbe reagito il proprio corpo se avesse continuato così. — Ti ho vista in faccia — proseguì Colin. — Ho notato che ci sei rimasta male, e io non voglio farti soffrire. Amelia sentì salire le lacrime agli occhi e cominciò a sbattere le palpebre per evitare che sgorgassero. Colin premette la guancia contro la sua e le parlò in tono contrito. — Non piangere, non riesco a sopportarlo. — Allora lasciami andare e stai lontano da me — rispose lei, deglutendo a fatica. — Meglio ora, così magari riuscirai a trovare un posto più prestigioso da qualche altra parte. Sei un gran lavoratore e... — Vuoi mandarmi via? — domandò lui, cingendole la vita con l’altro braccio. — Sì — mormorò Amelia afferrandolo per la camicia. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non vederlo più insieme a un’altra. Colin si strusciò forte contro di lei. — Un conte… Dev’essere lord Ware. Dannato lui! 63/325 — Lui è gentile con me. Sorride sempre quando mi vede, e oggi mi darà il mio primo bacio. E io... — No! — Colin si staccò di colpo da lei, con le iridi inghiottite dalle pupille dilatate che parevano due profonde pozze nere di tormento. — Lui potrà anche avere tutte le cose che io non avrò mai, inclusa te, ma perdio, non mi toglierà anche questo! — Ma cosa... Lui si avventò sulla sua bocca, cogliendola così di sorpresa da non lasciarle nemmeno il tempo di reagire. Amelia non capiva cosa le stesse succedendo, perché lui si comportasse così, perché le si fosse avvicinato proprio in quel momento, proprio quel giorno, e la stesse baciando come se morisse dalla voglia di assaggiare il suo sapore. Colin premette ancora di più le labbra sulle sue, mentre le sfiorava dolcemente la guancia per farle aprire la bocca. Lei fu percorsa da un desiderio bruciante e il suo corpo fu scosso da un brivido violento. Aveva paura che fosse tutto un sogno o che stesse per perdere la ragione. Dischiuse le labbra e le sfuggì un gemito, quando sentì la lingua di Colin, morbida come velluto tiepido, scivolare nella sua bocca. Impaurita, trattenne il fiato, poi lui, il suo amato Colin, le sussurrò qualcosa, mentre con la punta delle dita le sfiorava la guancia. — Lasciami fare — bisbigliò. — Fidati di me. Amelia si alzò in punta di piedi, abbandonandosi a lui e facendo scivolare le dita tra i suoi riccioli setosi. Non era esperta, quindi doveva lasciarsi guidare e permettergli di sfamarsi con dolcezza delle sue labbra, mentre lei muoveva goffamente la lingua. 64/325 Colin gemette, un suono carico di desiderio e di bisogno, e portò le mani dietro la sua testa per inclinarla di più. Il loro contatto si fece più profondo e Amelia si animò. Sentiva un pizzicore che si trasformò ben presto in pelle d’oca. Alla bocca dello stomaco si agitava un senso di urgenza e di sfolgorante speranza. Colin le fece scivolare una mano lungo la schiena, prima di palparle i glutei e di attirarla a sé. Quando lei sentì la dura protuberanza della sua erezione, rimase senza fiato. — Amelia... cara. — Le labbra di Colin si muovevano sul suo volto sudato nel tentativo di asciugarle le lacrime con i baci. — Non dovremmo farlo. — Ma continuava comunque a baciarla e a strusciarsi contro di lei. — Ti amo — singhiozzò Amelia. — Ti amo da tanto tempo... Lui la interruppe posando le labbra sulle sue, mentre la passione cresceva e le sue mani vagavano sulla sua schiena. Quando lei sentì che non riusciva quasi più a respirare, si staccò ansimando. — Dimmi che mi ami — lo implorò, con il petto che si alzava e si abbassava affannosamente. — Me lo devi! Santo cielo, Colin — gemette, sfregando il volto solcato dalle lacrime contro il suo. — Sei stato così indifferente, così cattivo... Io non ti posso avere e tu non dovresti desiderarmi. Noi non possiamo... Colin si staccò da lei, imprecando. — Tu sei troppo giovane per me, non ti posso toccare in questo modo. No, Amelia, non dire altro. Io sono un servo e lo sarò sempre, mentre tu sarai sempre la figlia di un visconte. Lei si cinse la vita e tutto il suo corpo prese a tremare come se avesse freddo, invece di un caldo insopportabile. La pelle era tutta tesa, le 65/325 labbra gonfie e doloranti. — Ma tu mi ami, vero? — ripeté, con la voce rotta dall’emozione, nonostante volesse sembrare forte. — Non chiedermelo. — Non puoi concedermi almeno questo? Se non ti potrò mai avere, se non sarai mai mio, non puoi almeno dirmi che il tuo cuore appartiene a me? — Pensavo fosse meglio che mi odiassi. — Colin sollevò il viso al cielo, con gli occhi chiusi. — Ho creduto che se tu l’avessi fatto, io avrei smesso di illudermi. — Illuderti di cosa? — Lei aveva messo da parte ogni cautela, adesso, gli si era avvicinata e aveva fatto scivolare le dita sotto la camicia per toccargli i muscoli scolpiti dell’addome. Colin la prese per un polso e la guardò storto. — Non toccarmi. — Anche tu nutri le mie stesse illusioni? — gli domandò Amelia sottovoce. — Io a volte sogno che mi baci proprio come hai fatto un attimo fa e mi dici che mi ami più di ogni altra cosa al mondo. — No! I miei sogni non sono dolci romanticherie infantili. Sono i sogni di un uomo, Amelia. — Come le cose che stavi facendo con quella ragazza? — gli chiese lei. Le tremava il labbro inferiore, e se lo morsicò per nascondere quel movimento rivelatore. La sua mente si affollò di ricordi spiacevoli che andarono ad aggiungersi al subbuglio portato da quella brama sconosciuta del proprio corpo e alle richieste pressanti del cuore. — La sogni, ogni tanto? — Mai — rispose Colin, tirandola di nuovo verso di sé. 66/325 La baciò in modo meno sfrenato e vorace di prima, ma non meno passionale. Leggere come le ali di una farfalla, quelle labbra si muovevano sulle sue mentre la lingua si insinuava nella bocca e poi si ritirava. Quello era un bacio riverente, e il cuore malinconico di Amelia lo assorbì come fa il deserto con la pioggia. — Questo è fare l’amore — sussurrò Colin, prendendole il viso tra le mani. — Dimmi che non hai baciato anche lei così — mormorò Amelia affondandogli le unghie nella schiena. — Non ho mai baciato nessun’altra — confessò lui premendo la fronte contro la sua. — Solo te. Ci sei sempre stata solo tu... Amelia si svegliò con il cuore in gola. Di nuovo quel sogno, quello stupido retaggio dell’adolescenza. Gettò via le coperte e si mise a sedere sul letto, lasciando che la leggera brezza notturna le accarezzasse la pelle madida di sudore sotto l’impalpabile camicia da notte. Si portò le dita tremanti alle labbra e le premette forte nel tentativo di mettere fine al formicolio che sentiva. Il sogno era così vivido che si era illusa di poter ancora sentire il gusto di Colin in bocca, quel sapore esotico e inebriante che continuava ad agognare. Erano anni che quei ricordi non la perseguitavano più e Amelia aveva pensato che pian piano fossero svaniti, che alla fine il tempo l’avesse guarita. Perché si ripresentavano proprio ora? Era perché aveva acconsentito a sposarsi? Colin stava ritornando dal passato per chiederle di non mettere da parte il suo amore? Chiuse gli occhi e rivide la maschera bianca e quelle labbra sensuali e spudorate. 67/325 “Montoya” pensò. Anche il suo bacio l’aveva fatta fremere dalla testa ai piedi. Doveva trovarlo. Ormai se l’era messo in testa e sarebbe andata fino in fondo. — Cosa dice? Colin ripiegò attentamente la missiva e la infilò in un cassetto della scrivania, poi guardò Jacques. — Lui ritiene che Cartland sia a capo di un gruppo di uomini che vuole venire qui in Inghilterra. — Non certo per riportarvi indietro vivo — osservò Jacques, andando verso la finestra e pulendo con una mano il vetro umido per guardare giù in strada. Avevano preso in affitto un appartamento in un’elegante palazzina in città, poco distante dal centro, abbastanza vicina da risultare strategica ma al contempo abbastanza distante per non dare nell’occhio. Quella posizione consentiva anche di capire se qualcuno li seguiva, cosa che era capitata proprio qualche notte prima, quando Colin aveva danzato con Amelia e l’aveva baciata. — È un bene che rimaniate chiuso in casa durante il giorno — disse Jacques, voltandosi per guardarlo. — Siete braccato da tutti i lati. Scuotendo il capo, Colin chiuse gli occhi e si appoggiò contro lo schienale della sedia. — Sono stato uno stupido a espormi così. Ora ho attirato l’attenzione di St John, e lui non si rassegnerà finché non saprà perché ho mostrato tanto interesse verso Amelia. — In fondo, è una bellissima donna — gli fece notare Jacques in un tono che tradiva l’apprezzamento innato dei francesi per certe delizie. 68/325 — Sì, lo so. Era più che bella, era stupenda. Com’era possibile che una donna fosse così perfetta? Due meravigliosi occhi verdi incorniciati da folte ciglia nere. Labbra carnose tutte da baciare. La pelle liscia come la seta e il corpo sinuoso di una donna ormai fatta, senza contare quell’aura di sensualità che aveva sempre trovato attraente. Adesso poteva ammettere che era andato al ballo spinto dalla speranza di rivederla e scoprire che in realtà non era più attratto da lei. Forse la lontananza l’aveva intenerito troppo, aveva pensato, così aveva idealizzato il suo ricordo. — Ma non è questo il motivo per cui l’amate — mormorò Jacques. — No — convenne Colin. — In effetti, non lo è. — Di rado ho visto una donna con un animo tanto appassionato. Anch’io la contemplavo, ma non mi ha degnato di uno sguardo. Era concentrata solo su di voi. Colin sapeva che era successo per colpa sua. Le aveva gettato occhiate insistenti, e questo non aveva fatto altro che accentuare la sua voglia di incontrarla. “Guardami” aveva cercato di dirle nella mente. “Guardami!” Alla fine, quel richiamo muto e famelico aveva destato l’interesse di Amelia e il contatto visivo l’aveva colto nel vivo come se lei avesse scoccato un dardo che era andato a conficcarsi dritto al centro del suo cuore. Anche Colin aveva percepito il fervore di cui parlava Jacques. Quel desiderio aveva risvegliato in lui un bisogno feroce di soddisfare ogni sua richiesta e di darle ciò che voleva, qualunque cosa fosse. — Potreste portarla via a quell’altro — buttò lì Jacques. 69/325 Colin era consapevole anche di questo. Quando avevano ballato insieme e più tardi, quando l’aveva baciata, aveva capito che non era per niente convinta delle sue scelte. — Vorrei non aver mai seguito Cartland, quella sera! — esclamò, in preda alla frustrazione che lo divorava. — Ora sarebbe tutto diverso. Avrebbe potuto averla nel suo letto. La immaginò che si muoveva e inarcava la schiena sotto di lui mentre la cavalcava con ardore, risvegliando in lei quella dose di lussuria che aveva sentito aleggiare sotto la superficie. Nella sua mente, riusciva a vederla mentre gridava il suo nome e si dimenava con la pelle imperlata di sudore. Voleva portarla al limite della razionalità, prenderla come non avrebbe mai nemmeno immaginato... — A volte alcune cose avvengono per una ragione — disse Jacques, ritornando alla scrivania e sedendosi di fronte a lui. — Avrei potuto trascorrere tutta la mia vita in Francia, e invece ero destinato a seguirvi fin qui. Colin scacciò dalla mente quei pensieri libidinosi e aprì gli occhi. — Voi siete un brav’uomo. Troppo per continuare a servire un uomo morto. — Monsieur Leroux ha salvato la vita a mia sorella e alla mia nipotina. Non posso vivere sapendo che quell’assassino è ancora in giro. — E come possiamo fare per fargliela pagare? Il francese sorrise, portando un po’ di calore ai suoi tratti austeri. — Vorrei ucciderlo, ma questo vi metterebbe in enorme svantaggio. Io sono il vostro unico testimone e senza di me troverete assai difficile provare la vostra innocenza. 70/325 Colin non replicò. Jacques aveva già fatto fin troppo per lui. — Così, aspetto che confessi — concluse Jacques con un’alzata di spalle. — Mi prenderò tutto il piacere possibile nel cercare di estorcergli questa confessione. Colin si girò verso la finestra. La notte era già calata da qualche ora. A breve sarebbe potuto uscire e andare in giro a fare domande discrete su dove poteva trovare Cartland, prima che fosse lui a trovarlo. Ma in quel momento aveva bisogno di riposare. — Mi ritiro per qualche ora, poi andrò in cerca di qualche informazione. Sono certo che troverò qualcuno con la lingua lunga. — Forse potreste contattare l’uomo per cui lavoravate qui — gli suggerì cautamente Jacques. — Quello che era a capo di Quinn. Colin non aveva mai incontrato lord Eddington; non si erano mai scambiati né una parola, né un messaggio. Tutte le comunicazioni passavano attraverso Simon, e per quel che ne sapeva lui, Eddington non conosceva l’identità delle persone che lavoravano per Simon. Non avrebbe avuto modo di dimostrargli che era una persona fidata. — No. Questo non è possibile — rispose con aria truce. — Noi non ci conosciamo. Jacques sbatté le palpebre, all’apparenza talmente incredulo da ribattere nella sua lingua natia. — Vraiment? — Sì. Sfortunatamente — rispose Colin, alzandosi in piedi. — Ne riparleremo dopo che mi sarò riposato. Jacques gli fece un cenno col capo e attese finché non ebbe lasciato la stanza, poi si avvicinò alla scrivania ed estrasse da un cassetto la mezza maschera bianca. 71/325 Colin non avrebbe più partecipato a nessun ballo in maschera e il fatto che continuasse a conservarla ne tradiva il valore affettivo. Jacques aveva visto il suo nuovo amico in compagnia della signorina Benbridge e sapeva che quella donna contava molto per lui. Così, decise che l’avrebbe tenuta d’occhio in modo che non le succedesse niente. Se Dio l’assisteva, lui avrebbe portato a termine il proprio compito, Cartland avrebbe avuto quel che si meritava e Colin la donna che amava. Da piccola, Amelia aveva imparato come stringere amicizia con i giganti. Ovviamente, a quell’epoca erano solo immaginari, mentre l’uomo che le stava di fronte in quel momento era abbastanza reale, ma lei sapeva che era esattamente come se lo immaginava: dietro quell’aspetto rozzo e temibile si celava una persona buona e gentile. — Questa si chiama estorsione! — si lamentò Tim, incombendo su di lei. Amelia allungò il collo e vi appoggiò una mano per massaggiarselo, visto che le doleva per lo sforzo. — No, non direi. Un’estorsione non vi darebbe alcuna alternativa, mentre io vi sto offrendo diverse opzioni. — E a me non piacciono per niente le vostre opzioni — rispose lui, incrociando le braccia sul petto. — Non posso biasimarvi. A dire il vero, anch’io le trovo abbastanza inutili — osservò Amelia dirigendosi verso la seduta imbottita vicino alla finestra. Il salottino al piano superiore era gremito di gente, tutte persone al servizio di St John. Alcuni giocavano a carte, altri parlavano e ridevano chiassosamente, c’era persino qualcuno che ne approfittava per fare un sonnellino, esausto dopo aver corso qua e là per tutta la 72/325 giornata. — Sarebbe stato molto più facile se quell’uomo avesse semplicemente dichiarato le proprie intenzioni — aggiunse Amelia, allargando le sottane di taffettà giallo limone e sedendosi come meglio riusciva, con il vestito da sera. — Dato che non l’ha fatto, dovremo tirare a indovinare, ma io non sono molto brava in questo, Tim. Non ho pazienza. Sollevò lo sguardo e lo osservò con un sorriso adulatore. Tim sbuffò e aggrottò la fronte. — Non avete altro a cui pensare? Che so... un vestito da sposa o roba simile? — No, a dire il vero no. In effetti a quell’epoca sarebbe dovuta essere completamente assorbita dai preparativi per le nozze. Da quando apriva gli occhi a quando andava a dormire, non avrebbe dovuto avere tempo per altro. Quella era l’unione più attesa della stagione, e se se la fosse giocata bene sarebbe stato un ottimo modo per accedere alla sua nuova posizione di futura contessa. Invece era consumata dal pensiero del suo ammiratore mascherato. Se una cosa la intrigava, non si dava per vinta e si ripeteva che se fosse riuscita a capire ciò che aveva spinto quell’uomo ad avvicinarla sarebbe stata libera di concentrarsi su questioni più pressanti. Quello era il classico nervosismo da matrimonio o il bisogno di concedersi un ultimo peccato? Magari un modo per buttarsi alle spalle le fantasie adolescenziali? Amelia scosse il capo. Aveva già dato mille nomi a quell’incessante ricerca di Montoya, ma la vera ragione le sfuggiva. 73/325 — Be’, voi non farete proprio nessuna ricerca — borbottò Tim. — Non mentre ci sono io a sorvegliarvi. — Perfetto — rispose lei in tono suadente. — Allora informatemi quando l’avrete trovato. — No. — Tim serrò la mascella e assunse quell’espressione ostinata che però Amelia sapeva essere innocua. Portava dei calzoni di fustagno verde e un panciotto nero con delle impunture in tinta: quella era la tenuta più colorata che gli avesse mai visto indosso. Aveva i folti capelli grigi legati in una piccola treccia, che metteva in risalto i lineamenti squadrati. Amelia apprezzava molto la sua apprensione e sapeva che era dettata interamente dall’affetto che nutriva per lei. Voleva farle fare bella figura in qualità di suo accompagnatore al ballo dei Rothschild quella sera. Ovviamente lui non vi avrebbe preso parte, ma sarebbe rimasto a sorvegliare il perimetro esterno, eppure si era sforzato di vestirsi bene. Amelia era comunque orgogliosa di lui. — Benissimo — disse con un profondo sospiro. — Allora me lo cercherò da sola e vi trascinerò con me nell’impresa, visto che volete farmi da balia. Tim scosse il capo. — E va bene — ribatté. — Vi dirò se lo vedo, ma non dove né come. Ma voi fareste meglio a togliervelo dalla testa. Non vi darà più fastidio, ve lo assicuro. — Meraviglioso — concluse lei, battendo la mano sul posto libero accanto a sé e tenendo a freno la lingua per evitare ogni ulteriore discussione sull’argomento. Avrebbe rivisto Montoya da sola, che St John lo volesse oppure no. Doveva vederlo. C’era una vocina in lei che non smetteva di assillarla. — Venite qui e raccontatemi di Sarah. Farete di 74/325 lei una donna onesta? — Il pavimento vibrò sotto i passi pesanti dell’uomo che si avvicinava, e quando si mise a sedere la panca scricchiolò in segno di protesta. Amelia sorrise. — Vostra madre era una donna robusta? Lui fece una risata bonaria. — No. Era esile, ma anch’io una volta lo ero. Amelia ridacchiò, poi, vedendolo arrossire, decise di parlare d’altro. — E allora, con Sarah? Sarah era la cameriera personale di Maria da lungo tempo; era la discrezione e la lealtà fatte persona. Erano anni che Tim aveva un debole per lei, ma nessuno dei due pareva aver fretta di andare all’altare. — Non mi vuole — rispose lui con aria cupa. Amelia sbatté le palpebre, incredula. — E perché mai? — Dice che faccio un mestiere troppo pericoloso e non vuole ritrovarsi vedova con dei bambini. Sarebbe troppo dura. — Non capisco il suo ragionamento, a dire la verità. L’amore è troppo prezioso per buttarlo via. Aspettare sempre il momento giusto, il posto giusto... qualcosa che non arriva mai, e così ci perdiamo quel poco di felicità che ci spettava. Tim la fissava. — Non sottovalutatemi soltanto perché sono giovane — lo mise in guardia. — Voi dovete ancora imparare cosa vuol dire vivere. 75/325 — La vita mi ha già intrappolata, rinchiusa e tenuta lontana da ciò che volevo. — C’è differenza tra guardare qualcosa attraverso un vetro oppure tenerla tra le mani e farsela portare via. Smettetela di tormentarvi con il vostro stalliere. Il conte è un brav’uomo; potete contentarvi. — Tim allungò il braccio e lo fece girare davanti a sé come a volerle mostrare tutta la stanza. Amelia sospirò. — Lo so. Gli voglio molto bene, ma non allo stesso modo. — Se il gitano fosse ancora vivo, probabilmente ora non vi piacerebbe più. — Non credo — ribatté lei. Nella mente aveva un’immagine nitida di Colin che rideva, con gli occhi scuri carichi di gioia e amore, e un attimo dopo accesi di passione. Si erano scambiati soltanto dei baci, ma avevano sentito l’ardore e il desiderio, la sensazione che quel sentimento sarebbe cresciuto fino a diventare di una brillantezza accecante. Quel senso di attesa non l’aveva più abbandonata. Era rimasto immacolato e inesaudito... finché Montoya non l’aveva baciata. A quel punto, aveva ripreso a pulsare. Era durato solo pochi istanti, ma erano bastati per risvegliare in lei qualcosa a lungo sopito. Ecco, era proprio questo che non poteva spiegarsi, che non poteva confessare a nessuno, forse nemmeno a se stessa. Aveva cercato di individuare le similitudini tra i due, qualora ce ne fossero state. Era sconvolgente rendersi conto di essere attratti dalle cose proibite, da ciò che non si poteva e non si doveva avere. 76/325 Infilò una mano tra le balze della sottana e afferrò il piccolo involto che teneva in tasca, nella sciocca speranza di incontrare di nuovo Montoya. — Il conte di Ware è venuto a farvi visita — annunciò il maggiordomo sulla soglia. Tim si alzò e allungò una mano verso di lei. — È davvero un brav’uomo — disse di nuovo. Annuendo, Amelia lasciò andare il messaggio nascosto nella tasca e appoggiò le dita nel suo palmo. L’uomo con la maschera bianca la stava di nuovo seguendo. Ne era certa: la maschera era la stessa, ma l’uomo che la indossava no. Era più basso e tarchiato, senza contare che i vestiti, per quanto sobri come quelli di Montoya, erano di qualità inferiore. Chi era? E soprattutto, cosa voleva da lei? Amelia era avvilita, ma sperava di riuscire a nasconderlo bene. Anche se era consapevole che forse Montoya l’aveva avvicinata per un altro motivo e non perché provasse una qualche attrazione per lei, aveva deciso di credere che fosse per qualcosa di personale, nella migliore accezione che questa parola potesse avere. Anche lui aveva sofferto per la perdita della sua amata, esattamente com’era successo a lei. Amelia aveva provato un’affinità verso di lui, come le era capitato solo con Ware e Colin. Era stata tutta un’illusione? 77/325 D’un tratto si sentì ingenua e sola, anche se la sala era piena di gente; il conte che teneva sottobraccio era affascinante e devoto, tuttavia si sentiva come un’isola sperduta in mezzo al mare. — Vi sentite male? — sussurrò Ware. Lei scosse il capo; stava cercando di distogliere lo sguardo dall’uomo mascherato, ma non ci riusciva. Si maledisse per essere andata alla ricerca di Montoya. Se non l’avesse fatto, avrebbe potuto continuare a fantasticare sul fatto che lui aveva un interesse per lei, mentre ora che quella fantasia era svanita, sentiva ancor più ardentemente la sua mancanza. — Volete andare a fare due passi fuori? — suggerì Ware. Si era chinato su di lei in una posa molto intima, accettabile soltanto perché accompagnata da un sorriso e da una strizzata d’occhi al gentiluomo che stava parlando con loro. — Il discorso di sir Reginald sta annoiando a morte anche me. Amelia tentò di sorridere, ma sentì solo piegarsi gli angoli della bocca. Distolse l’attenzione dall’uomo mascherato che la osservava e incontrò lo sguardo preoccupato di Ware. — Mi farebbe molto piacere, milord. Così, presero congedo con una scusa e si allontanarono. Come spesso accadeva quando lui tentava di proteggerla, Amelia sentiva il cuore gonfio di gratitudine. Pregava che quel sentimento si trasformasse in amore e pensava che magari sarebbe accaduto dopo aver consumato il matrimonio. Lui avrebbe avuto un certo riguardo nei suoi confronti anche in questo senso, ne era assolutamente sicura. Gli lanciò un’occhiata furtiva, ma lui la colse al volo e la fissò. — Tutto ciò che faccio per voi, dolce Amelia, lo faccio per quei rari momenti in cui mi guardate così. 78/325 Lei arrossì e si voltò dall’altra parte, per guardare l’altro uomo che procedeva al loro stesso passo, scivolando contro la parete all’altro capo della stanza. — Volete scusarmi un istante? — gli domandò sorridendo. — Soltanto uno. Una donna passò loro accanto e si soffermò sulla figura alta e slanciata di Ware, tradendo un certo apprezzamento. — Voi, diavolo tentatore che non siete altro — lo punzecchiò Amelia. Lui le fece l’occhiolino, arretrò di un passo e le baciò la mano guantata. — Solo per voi. Lei alzò gli occhi al cielo, indispettita da quella plateale bugia, poi si allontanò, dirigendosi verso il corridoio che portava ai salottini per la conversazione. Si avviò con calma per essere certa che fosse facile seguirla, poi uscì nell’ampio atrio, dove erano radunati molti ospiti. La musica si diffondeva nell’aria attraverso le porte aperte della sala da ballo e le candele fremevano nei candelabri sistemati lungo le pareti. Amelia si sentiva al sicuro; trasse un profondo respiro e poi girò sui tacchi, pronta per affrontarlo. Sollevò un sopracciglio e gli fece segno di avvicinarsi. Lui sorrise e avanzò, ma si fermò a una certa distanza. — La vostra maschera... — iniziò Amelia. — Non la mia, la sua — la corresse subito l’uomo, con un marcato accento francese. — Perché? Lui vuole me, oppure St John? 79/325 — Non ho la minima idea di chi sia St John. Amelia esitò un attimo: si chiedeva quanto fosse saggio il gesto che stava per compiere. Alla fine si decise, estrasse il messaggio che teneva nascosto e glielo allungò. Il francese inclinò la testa di lato e la studiò attentamente, prima di prenderlo ed esibirsi in un cortese inchino. — Mademoiselle. — Consegnatelo a lui — gli disse Amelia. Poi sollevò il mento, lo superò e ritornò al fianco di Ware. 5 — Santo Dio! Perché ci siete andato? Colin camminava nervosamente avanti e indietro davanti al caminetto del suo studio, imprecando tra sé. — Perché sì — rispose Jacques, semplicemente. — Ah, certo, perché sì — ripeté Colin, guardando l’oggetto che teneva in mano, una miniatura di Amelia ritratta come solo una persona intima poteva vederla, con la vestaglia che le lasciava scoperta una spalla in modo provocante e si apriva quasi fino al capezzolo, i capelli sciolti, le labbra rosse e socchiuse. Sembrava che avesse appena finito di fare sesso con qualcuno che l’aveva cavalcata a lungo e bene. Per chi era stata pensata quella miniatura? Non di certo per lui. Doveva essere stata commissionata diversi mesi prima. — Lei è bellissima, monsieur. 80/325 Colin si fermò davanti al fuoco e appoggiò le mani contro la mensola. Quanto gli sarebbe piaciuto averla vista! — Di che colore era vestita? — Di giallo. — Si è avvicinata a voi? — In un certo senso... — Jacques si accomodò su una chaise-longue e alzò un braccio oltre la testa, completamente a proprio agio, mentre Colin era in balia di una forte agitazione. — È molto affascinante. Colin emise un profondo sospiro. — Maledizione... Io volevo mantenere le distanze! — Perché? Per tenerla al sicuro? È guardata a vista — rispose il francese tamburellando piano con le dita sulla cornice di legno che bordava lo schienale della seduta. — Perché mai? — Sua sorella e suo cognato sono criminali di fama e temono che qualcuno possa usarla contro di loro... e anch’io lo credo. — Colin si allontanò dal camino e si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona dietro la scrivania. — Pensavo che suo padre fosse una persona influente. — Sì, era un visconte. — Colin fece una pausa, e quando vide che Jacques aveva alzato un sopracciglio con aria interrogativa, proseguì. — La sua avidità era superata soltanto dalla sua crudeltà. Gli importava solo dei suoi desideri e dei suoi bisogni. Ha sposato una bella vedova soltanto per poter mettere le grinfie sulla figlia, la sorella di Amelia. Maria ha frequentato le migliori scuole, poi è stata venduta in sposa a uomini che lui uccideva per prendere l’eredità. — Mon Dieu! — esclamò Jacques. — E perché lei non scappava? 81/325 — Lord Welton aveva imprigionato Amelia per convincere Maria a collaborare. — Spero che abbia avuto quel che si meritava. Ci sono poche altre cose a questo mondo che trovo più odiose dei crimini contro la famiglia. — È stato processato e impiccato. Maria nel frattempo aveva conosciuto il pirata e contrabbandiere Christopher St John. Insieme, sono riusciti a liberare Amelia e a dimostrare che Welton era implicato negli omicidi. — Colin si passò una mano tra i capelli. — In realtà, la storia è molto più complicata, ma vi basti sapere che St John e sua moglie hanno molti nemici. — Considerando i trascorsi della signorina Benbridge e la sua attuale situazione, trovo ancora più curioso che mi abbia avvicinato. — Amelia non è il tipo di persona che fa ciò che gli altri si aspettano da lei — spiegò Colin, gettando di nuovo un’occhiata alla miniatura: era una tentazione quasi irresistibile, ma doveva sforzarsi di ignorarla. — Che cosa vi ha dato? — Un invito. — Una richiesta per un incontro privato all’evento musicale dai Fairchild, un’altra occasione per vederla e parlarle. — E ci andrete? — Credo che sia meglio lasciare la città — rispose Colin, mentre valutava altre possibili sistemazioni. Poteva andare a Bristol, luogo di origine di Cartland, e vedere se scopriva qualcosa di interessante. Un uomo della sua risma non poteva avere un passato cristallino. Ci doveva pur essere qualcosa che poteva usare per farlo uscire allo scoperto. — Non possiamo rischiare di restare fermi in un posto troppo a lungo. 82/325 — In effetti stavo cominciando a detestare Londra — convenne Jacques in tono asciutto. Colin sapeva che nonostante il francese si sforzasse di nasconderlo, trovava ripugnante l’Inghilterra e ovviamente non vedeva l’ora di tornarsene a casa. — Voi non siete obbligato a seguirmi — gli fece notare, accompagnando le sue parole con un sorriso per renderle meno dure. — A dire il vero, non capisco perché siate qui. Jacques fece spallucce. — Alcuni uomini sono nati per comandare, io invece sono nato per servire — rispose, alzandosi. — Vado a impacchettare i nostri effetti personali. — Grazie. — Colin richiuse la mano intorno alla preziosa immagine di Amelia, poi la ripose in un cassetto accanto alla maschera. — Vi raggiungo. Scattando in piedi, si disse che mettere una certa distanza tra sé e Amelia era la migliore cosa che potesse fare per lei, ma quel ritratto rifiutava di abbandonare la sua mente e gli rodeva l’anima al punto da spingerlo a chiedersi come sarebbe riuscito a sopravvivere. Tutti sapevano che ad Amelia piaceva andarsene a zonzo. La sua infanzia era stata insolita e l’aveva portata a odiare la solitudine e al contempo a ricercarla. Non riusciva a starsene seduta a lungo e spesso trovava delle scuse per isolarsi, persino durante le cene più intime. Ware comprendeva la sua voglia di gironzolare ed era per questo che era sempre pronto a suggerirle di prendere una boccata d’aria fresca oppure di andare a fare due passi. Così, quando Amelia domandò di potersi assentare qualche istante, né lui né lady Montrose, che quella sera le faceva da chaperon, vi 83/325 prestarono attenzione. Al contrario, sorrisero e le fecero cenno di andare. Se solo Montoya fosse venuto... Amelia scese le scale con passo felpato e quando sentì il suono di voci che si avvicinavano si nascose in un’alcova. Sapeva che era rischioso quel che stava facendo, così rimase muta, con il cuore in gola, finché le voci non cessarono. Sarebbe riuscito a trovare il modo di farsi vedere? La sua presenza al ballo in maschera significava che era un uomo con una certa posizione. Sarebbe bastato farsi presentare a lady Fairchild per ottenere un invito a quella serata. Eppure, Amelia aveva domandato del misterioso conte alla padrona di casa e lei l’aveva guardata con aria assente. Questo significava semplicemente che non era stato invitato, ma non che non si trovasse lì. Se l’interesse che nutriva nei suoi confronti era legato in qualche modo a St John, Amelia immaginava che disponesse di tutte le conoscenze necessarie per ottenere l’accesso alla casa e trovare il salottino privato, ma forse sarebbe stato meglio se non si fosse presentato. Dato che era promessa, non poteva permettersi altri guai, eppure il suo cuore si ostinava a non voler considerare la situazione nel suo insieme e si concentrava soltanto su ciò che desiderava. Non era certa di come avrebbe reagito se lui avesse accettato il suo invito: sapeva solo che sperava di vederlo. L’ansia e l’aspettativa le davano alla testa e assorbivano completamente ogni suo pensiero. Quella sera aveva scelto con cura cosa indossare: un abito di damasco color zaffiro scuro impreziosito da una bordura di pizzo quasi impalpabile sul corpetto, intorno ai polsi e sulle 84/325 balze delle sottogonne. Inoltre, tra i capelli, intorno al collo e alle dita portava degli zaffiri, che le conferivano un aspetto da donna matura. Se solo si fosse sentita davvero in quel modo e non si fosse trattato soltanto dell’apparenza... Al contrario, le pareva di essere tornata bambina, quando le mancava il fiato ogni volta che vedeva Colin, ed era ansiosa di provare di nuovo quelle sensazioni che solo lui, fino a quel momento, aveva saputo accendere in lei. A lungo era stata convinta che nessuno sarebbe più riuscito a eguagliarlo: era al contempo eccitante e spaventoso provare quella sensazione per uno sconosciuto mascherato. Mentre rifletteva, giunse al salottino che gli aveva indicato nel messaggio. Sarah era venuta a conoscenza di quella stanza da un cugino che lavorava per i Fairchild. La cameriera aveva passato quell’informazione ad Amelia, pensando di indicarle un luogo tranquillo in cui potersi ritirare all’occorrenza. Amelia si fermò un attimo con la mano sulla maniglia e inspirò a fondo nel tentativo di calmare i nervi, anche se le sembrava inutile; così si fece coraggio e sgattaiolò nella stanza. Le tende erano tirate e la luce argentea della luna filtrava attraverso le imposte. Rimase in attesa sulla soglia per permettere agli occhi di abituarsi alla semioscurità e trattenne il fiato speranzosa, tendendo l’orecchio per percepire ogni singolo rumore al di sopra del rombo del sangue che le scorreva nelle vene, ma purtroppo non si udiva altro che il ticchettio dell’orologio sulla mensola. Si avvicinò alla finestra e si voltò, osservando la stanza. Due chaiselongue, una poltrona, due sedie e tavolini di varie forme sparpagliati qua e là... C’erano molte cose, ma mancava Montoya. 85/325 Sospirò e prese a fregarsi le mani sulle sottane. Forse era arrivata troppo presto, o magari lui stava incontrando qualche difficoltà all’ingresso. Guardò fuori, terrorizzata all’idea di vederlo lì, ma non c’era traccia di lui. Decise di aspettare ancora qualche minuto. Dopotutto, poteva permetterselo. Prese a passeggiare nervosamente su e giù e d’un tratto l’orologio batté l’ora. I battiti del cuore diminuirono e il respiro riprese un ritmo naturale. La delusione le pesava sulle spalle. Attese ancora dieci minuti, poi capì che non poteva più indugiare oltre: se fosse dipeso solo da lei, sarebbe rimasta lì tutta la notte, ma sicuramente gli altri erano già in agitazione e tra poco sarebbero venuti a cercarla. Così, si avviò verso la porta. — Bene... Ora non c’è più nulla che possa distrarmi dai preparativi per le nozze — borbottò. — Per chi era quella miniatura? Amelia rimase bloccata con la mano a mezz’aria, la bocca spalancata in un muto grido di stupore. Sentire quella voce profonda e gutturale che l’avvolgeva come un caldo abbraccio le diede un brivido e le fece venire la pelle d’oca. All’improvviso, un guizzo bianco le rivelò la sua posizione: Montoya stava schiacciato in un angolo, era di nuovo vestito di nero e ciò gli aveva consentito di mimetizzarsi nell’oscurità. — Era per lord Ware — rispose lei, colta alla sprovvista da quell’improvvisa apparizione e dalla consapevolezza che lui era sempre stato lì a osservarla. Perché portava la maschera? Cosa le stava nascondendo? — Perché l’avete fatta dipingere? — le domandò in tono burbero. — Non mi pare il tipo di presente che una sposa illibata dona al proprio fidanzato. 86/325 Lei fece per avvicinarsi. — Restate lì e rispondete alla mia domanda. Amelia aggrottò le sopracciglia di fronte a tanta scortesia. — Volevo solo che mi vedesse da un’altra prospettiva. — Lui vi vedrà in tutte le prospettive dal vivo. — La sua voce tradiva una certa amarezza, e in un certo modo questo stemperò la tensione, consentendole di rivelargli una cosa che altrimenti non sarebbe riuscita a dire. — Volevo fargli vedere che desideravo condividere con lui anche quel lato di me — ammise. Montoya era evidentemente teso, e il suo stato d’animo si rifletteva anche sulla sua postura rigida. — E perché mai avrebbe dovuto dubitarne? — Dobbiamo parlare di lui? — lo rimbeccò Amelia, battendo il piede con impazienza. — Visto che ve ne siete stato lì nascosto fino a ora, adesso ci è rimasto poco tempo! — Non stiamo parlando di lui — rispose Montoya in tono suadente. — Stiamo parlando del motivo per cui un regalo così intimo, indirizzato al vostro fidanzato, sia finito invece nelle mie mani. Volevate che anch’io vi vedessi da un’altra prospettiva? Amelia si accorse che si stava rigirando nervosamente la sottana tra le dita e mise le mani dietro la schiena. — Io penso che voi mi vediate già in maniera diversa — mormorò. Il sorriso di Montoya la colpì come un lampo bianco nell’oscurità. — E così se io, uno sconosciuto, riesco a vedervi come una creatura 87/325 conturbante, perché mai il vostro futuro marito dovrebbe avere delle difficoltà a fare la stessa cosa? Lei trattenne il fiato, soppesando bene quell’acuta domanda. — Che cosa volete che vi dica? Per me è inappropriato parlare di questioni private. — E invece inviarmi una vostra immagine provocante lo trovate appropriato? — Se vi turba tanto, restituitemela — ribatté lei, allungando una mano. — Mai! Non la riavrete mai. — E perché? — chiese lei, alzando un sopracciglio in segno di sfida. — Pensate di usarla contro di me? — Come se volessi concedere a qualcun altro il piacere di vederla! Era possessivo: evidente come la luce del giorno. Amelia era sorpresa e al tempo stesso lusingata. — Perché lord Ware non vi vede come vorreste? — la incalzò lui, avvicinandosi. La sua sagoma alta emerse dall’ombra e fu inondata dalla luce lunare, facendola sobbalzare. C’era qualcosa di rapace, ma al contempo di elegante, nel modo in cui camminava, con le code dell’abito che svolazzavano al ritmo del suo passo deciso. Una potenza imbrigliata e modellata per assumere un aspetto civilizzato. Lo rendeva ancora più attraente e le faceva venire voglia di vederlo libero e senza restrizioni. I suoi tratti erano austeri, le sue labbra scolpite invitavano a un assaggio. 88/325 “Era questo che volevo” comprese Amelia d’un tratto. “Ecco perché avevo bisogno di rivederlo.” Voleva essere sincera con lui per raggiungere il proprio scopo. — Siamo amici da molto tempo. — Non è un’unione d’amore? — le domandò Montoya, fermandosi a pochi passi da lei. — Non dovrei rispondervi. — E io non dovrei trovarmi qui. Non avreste dovuto indurmi a venire. — Mi avete fatta seguire. Lui scosse il capo. — No. Jacques ha preso l’iniziativa da solo. Io sto lasciando la città. Ho bisogno di allontanarmi da voi prima che questa cosa vada troppo oltre. — Come fate ad andare via? Non siete rimasto stregato dal nostro ballo nel giardino? — domandò lei, portandosi una mano agli zaffiri che le ornavano il collo. — Non ripensate al bacio che ci siamo scambiati? — Non riesco a smettere di pensarci. — Montoya si sporse in avanti, l’afferrò e l’attirò a sé, stringendola forte, come se qualcosa in lui avesse rotto gli argini. — Ogni mattina quando mi sveglio e ogni sera prima di addormentarmi. Amelia sentì quello sguardo ardente posarsi sulla sua bocca, così si leccò il labbro inferiore e inalò a pieni polmoni il profumo della sua pelle. Aveva un odore esotico, speziato, animalesco, che fece scattare istintivamente qualcosa dentro di lei. 89/325 — Fatelo — gli disse in tono provocatorio, mentre il petto si muoveva contro il suo in ansiti affannosi. Montoya imprecò sottovoce. — Voi non lo amate. — Vorrei tanto — mugugnò lei, infilandogli le mani sotto la redingote e appoggiandole sul panciotto. Era bollente, sembrava quasi febbricitante. Riusciva a percepire quel calore anche sopra il tessuto. — Il vostro cuore è già impegnato? Lei emise un sospiro tremante. — In un certo senso... — Perché proprio io? — Perché quella maschera? — ribatté lei, odiando la sensazione di essere messa a nudo a ogni sua domanda. Lui puntò gli occhi sul suo viso. — Credetemi, non vi piacerebbe per niente vedere il mio volto. Amelia rimase profondamente scossa dalla fermezza della sua voce. Un senso d’inquietudine s’impadronì di lei al punto da spingerla a fare un passo indietro, ma lui la bloccò. — Ora risolviamo questa cosa — le disse, accarezzandole una guancia con la mano nodosa. — Che cosa volete da me? — Mi avete avvicinata a causa di St John? Montoya fece segno di no con la testa. — Il motivo è semplice: ho visto una bellissima donna, ho perso il buonsenso e l’ho fissata, mettendola in imbarazzo. Così ho cercato di scusarmi, ecco tutto. — Le appoggiò le mani sulla schiena e la strinse più forte, facendole inarcare la schiena. 90/325 Era così massiccio, così tonico che Amelia avrebbe voluto restargli vicino e toccarlo senza impedimenti. Soltanto un uomo l’aveva tenuta stretta così. Fino a qualche tempo prima, avrebbe giurato che la capacità di gioire di un simile abbraccio con ogni singola fibra del proprio essere fosse svanita insieme a Colin. Adesso sapeva che non era vero. Che cosa straordinaria aver trovato Montoya! O forse era più opportuno dire: che fortuna che fosse stato lui a trovarla! — Quella sera... vi siete accorto che stava arrivando qualcuno — gli fece notare. — È vero — ammise lui, stirando le labbra. — Sono un tipo losco, con un passato torbido. Ecco perché non dovreste cercarmi. — Bastava non venire! Un passato torbido, che gli aveva consentito di riconoscere dei segnali in codice che molti aristocratici non avrebbero nemmeno notato. Chi si celava dietro quella maschera? Lui incurvò le labbra in un’espressione divertita e Amelia gliele sfiorò con la punta delle dita. Non intravedeva alcuna deformità oltre i fori per gli occhi, né intorno alla bocca. L’unica cosa che riusciva a vedere erano due cavità nere dal taglio leggermente orientale e due labbra nate per peccare: la loro curvatura, la forma e il turgore rappresentavano la perfezione. Immaginò di baciarlo per ore senza stufarsi. Qualunque cosa fosse che non andava in lui, sarebbe riuscita a sopportarla; così posò le dita sull’orlo della maschera. — Voglio vedervi. 91/325 — No! — gridò lui allontanandole bruscamente le mani, per poi afferrarle e baciarne il palmo. Il contatto con le sue labbra produceva un leggero formicolio, percepibile anche con i guanti. — Credetemi, sarebbe difficile da accettare. — È per questo che non intendete farmi la corte? Montoya si immobilizzò. — È questo che volete? — Provate la stessa attrazione anche per altre donne? — replicò Amelia, fissandogli la gola e vedendo che deglutiva a fatica. — A me è successo soltanto con una persona che ho perso, proprio com’è capitato a voi. D’un tratto la sua stretta si fece più vigorosa e lui le baciò la fronte con ardore. — L’altra volta mi avevate parlato di un amore perduto — disse con voce roca. — A volte è come se una parte di me non ci fosse più; è quasi insopportabile. Non capisco perché questo sentimento sia ancora così vivo dopo tanti anni. Sembra quasi che inconsapevolmente io sia ancora convinta che lui possa tornare. Ma quando sono in vostra compagnia, penso solo a voi. — Ve lo ricordo? Lei scosse il capo. — Lui era pieno di vita, voi siete più contenuto, ma in maniera... primitiva — spiegò lei, con un sorriso imbarazzato. — So che sembra stupido... — Siete voi a farmi questo effetto — mormorò lui, sfregando la guancia contro la sua tempia. Le stava così vicino che il suo odore le accendeva tutti i sensi e le faceva venire il capogiro. Amelia sentì nascere dentro di sé un calore dolce e festante e le parve di essere rinata, dopo anni di 92/325 torpore. Il senso di colpa si innestava sulla sensazione di tradire Ware, ma non poteva resistere all’attrazione che provava per Montoya. Era troppo forte, troppo inebriante e travolgente. — Mi piacerebbe tanto indagare oltre — azzardò timidamente. — Mi state facendo delle avance, signorina Benbridge? — le chiese l’uomo con una punta di divertimento di cui lei si innamorò all’istante. Quello era esattamente il tipo di umorismo che tutti cercavano di imitare, e la sua mente già vagava alla ricerca di qualcosa che potesse divertirlo. — Voglio rivedervi. — Non se ne parla nemmeno — rispose lui in tono fermo, stringendola forte al petto. Amelia si sentiva al sicuro in quell’abbraccio forte, caldo, meraviglioso. Due persone potevano restare abbracciate per ore? Si lasciò sfuggire uno sbuffo derisorio: passare ore intere a baciarsi e stringersi... Ormai era completamente alla deriva. — Perché sbuffate? Lei arrossì. — Non cercate di cambiare discorso. — Dobbiamo separarci — disse Montoya, emettendo un sospiro che aveva tutta l’aria di essere carico di rammarico. — Ormai è molto tempo che mancate alla festa. — Perché non vi siete mostrato subito, quando sono arrivata? Montoya tentò di allontanarsi, ma lei lo trattenne. Standogli accanto, aveva un certo potere. Era chiaramente combattuto tra la voglia di stringerla forte e l’impulso di scappare. 93/325 Amelia sfoderò un sorriso da donna matura. — Non riuscite a lasciarmi andar via, vero? — È vanità quella che ho appena sentito nella vostra voce? — O forse voglia di evasione? L’improvvisa apparizione di una fossetta sul suo volto le fece venire le farfalle allo stomaco. — Se le circostanze fossero diverse, niente potrebbe impedirmi di rendervi mia. — Ah, sì? Vi fareste avanti con nobili intenzioni oppure tentereste di sedurmi, proprio come adesso? Se c’è qualcuno che sta tentando di sedurre qualcun altro, quella siete proprio voi. — Davvero? — Amelia sentiva i seni gonfi e pesanti premerle contro il corsetto. Aveva la bocca secca e le mani sudate. Era lei a sentirsi oggetto di un’opera di seduzione. Era possibile che anche il corpo di Montoya si stesse infiammando allo stesso modo per lei? — E cosa starei facendo? — Perché? — domandò lui con un sorriso provocante. — Sareste in grado di fare di più? — Sì. Vi piacerebbe? — Quand’è che siete diventata così civettuola? — Magari lo sono sempre stata — ribatté lei, facendogli gli occhi dolci. Montoya si fece pensieroso. — Ware riesce a tenervi a bada? — chiese, prendendola per i polsi e allontanandole le mani dal petto. 94/325 Amelia aggrottò la fronte, mentre lo guardava dirigersi verso la porta. — Siete un pericoloso fardello — disse lui, stringendo le palpebre e abbassando la mano sulla maniglia. — Io non sono un fardello — ribatté lei con le mani sui fianchi. — Senza qualcuno che vi tenga costantemente d’occhio, vi caccerete sempre nei guai. Amelia inarcò un sopracciglio. — È una vita che sono guardata a vista. — Eppure eccovi qui a sedurre uno sconosciuto con delle miniature provocanti e a comportarvi in modo alquanto inappropriato. — Bastava non venire! — ripeté Amelia battendo un piede a terra, irritata da quel tono di sufficienza. — Avete proprio ragione, infatti non lo farò più. Quel tono era troppo familiare. Montoya le aveva chiesto se le ricordava Colin. Fino a quel momento, no. Era diverso di corporatura, la sua voce aveva un’inflessione e un accento per nulla simili, e anche il suo passo aveva qualcosa di particolare. Colin marciava pesantemente, come a voler imporre la propria presenza. Montoya, invece, aveva un’andatura regale, una maniera più pacata di esprimere il proprio potere. Eppure quell’ostinata determinazione a volerla mettere da parte... Be’, in quello erano davvero uguali. Da ragazzina, non poteva far altro che tollerare quell’atteggiamento, ma ora non più. 95/325 — Come volete — rispose, avvicinandosi e facendo dondolare i fianchi. — Se per voi è così facile andare via e lasciarvi tutto alle spalle, allora è meglio che andiate. — Non ho detto che sia facile — ringhiò lui. Amelia appoggiò la mano sulla sua, sopra la maniglia. — Arrivederci, conte Montoya. Lui girò la testa di lato e lei sospirò, premendo le labbra sulle sue. L’uomo rimase immobile e le lasciò prendere il comando, inclinando il capo per rendere più profondo il contatto. Il suo respiro si fece più affannoso e la pelle gli si incendiò, eppure continuava a rimanere fermo. Lei non sapeva come procedere e senza il suo aiuto si sentiva goffa e impacciata, o forse si stava scervellando troppo sulla questione. Così decise di lasciarsi andare: chiuse gli occhi e concesse all’istinto di prendere il sopravvento. Gli poggiò delicatamente le mani sulle spalle e lui fu percorso da un brivido. Poi gli passò la lingua sul labbro inferiore. Amelia sentiva lo stomaco contorcersi follemente per il piacere e la paura. E se qualcuno li avesse scoperti? Che giustificazione avrebbe trovato? In fondo, non le importava. Era troppo bello poter fare di lui ciò che voleva; anche se se ne stava lì immobile, infatti, non cercava di fermarla. Allungò le braccia dietro di lui e si sfilò un guanto, poi affondò le dita tra i suoi capelli e quando furono ancora più vicini perse completamente la ragione. Spalancò di colpo la bocca e insinuò la lingua all’interno, gustandosi quel sapore come se si trattasse del suo dolce preferito, poi gli tirò il codino e lui imprecò. La lingua del conte si muoveva con la sua, scivolava morbida ed esperta nella sua bocca, facendola gemere. Quel suono delicato fece scattare qualcosa in lui: così, la prese e la sbatté contro la porta con un 96/325 movimento tanto repentino che Amelia quasi non se ne accorse. Si ritrovò con il corpo di un uomo grande, grosso ed eccitato che la teneva inchiodata al pannello e la baciava con ardore. — Dannazione a voi! — sibilò tra i denti. — Io non posso avervi. — Non ci avete nemmeno provato. — Ma se non ho fatto altro! Questo però non cambia il fatto che la mia condizione mi rende inadeguato e pericoloso per voi. Montoya le mise una mano dietro la nuca e si impossessò con un gesto famelico della sua bocca. Quello era un bacio misterioso, carico di intenti sessuali. Delizioso. Amelia si abbandonò contro la porta e se lo gustò. La stuzzicava con la lingua, la mordicchiava e l’accarezzava con le sue labbra dolcissime. Lei lo accoglieva con passione e reclamava con dei piccoli mugugni altri baci che non facevano che accrescere il suo ardore. Tra di loro c’erano una maschera e infiniti segreti. C’era il muro che si ergeva tra due sconosciuti che non condividevano altro se non quel singolo momento, eppure lei sentiva uno strano legame. Era solo puro piacere? Come poteva essere, se non lo vedeva nemmeno per intero? Eppure il sangue le ribolliva nelle vene, i seni le dolevano e tra le gambe si sentiva bagnata. Quella lussuria faceva parte di qualcosa di ben più grande. — Amelia — sussurrò lui con voce roca, un alito caldo sulla sua pelle sudata. Sfregò le labbra sulla sua guancia, dalla mascella fino allo zigomo e poi più su. — Vorrei spogliarvi, adagiarvi sul letto e baciarvi dappertutto. 97/325 Lei fu percorsa da un brivido per il modo sensuale in cui aveva pronunciato il suo nome e per le immagini che quelle parole suscitarono nella sua mente. — Oh, Reynaldo... — Devo lasciare la città per impedire che questo accada. Non avevo alcun diritto di spingermi così in là. Non ora. — E quando, allora? — Tormentata dalla brama e dal corpo che reclamava quel desiderio inappagato, Amelia gli avrebbe promesso qualunque cosa pur di rivederlo. — Voi avete Ware, un amico di lunga data che può darvi ciò che io non posso. — Magari potremmo essere amici. — Non mi conoscete abbastanza bene da potermi chiamare in quel modo. — Allora desidero approfondire la vostra conoscenza. — La sua voce era puro miele. Non le era mai capitato di comportarsi così, ma funzionava: se ne accorgeva perché lui la stringeva più forte. — E vorrei che faceste altrettanto con me. Montoya si tirò indietro e Amelia d’un tratto capì che era la maschera a eccitarla. Strano, ma vero: non la trovava allarmante, ma confortante. Si sentiva troppo esposta e quella maschera, in un certo senso, offriva un riparo anche a lei. — L’unica cosa che dovete sapere sul mio conto — disse lui con voce roca — è che ci sono persone che vorrebbero vedermi morto. 98/325 — Quest’affermazione sicuramente spaventa le altre donne — ribatté lei, avvicinando di nuovo le labbra alle sue. — Ma io convivo tutti i giorni con questi problemi. — Non riuscirete a farmi cambiare idea — borbottò il conte, leccandole il labbro superiore e facendo esattamente tutto il contrario di quel che predicava. — Io stavo cercando di andarmene. Siete stato voi a trattenermi! — Ma siete stata voi a baciarmi! Amelia fece spallucce. — La vostra bocca era sulla mia traiettoria. Non ho potuto schivarla. — Voi siete un vero impiccio. — Chinando il capo, lui le scoccò un ultimo, dolce bacio al quale Amelia si abbandonò a occhi chiusi. — Ora dobbiamo separarci, prima che ci scoprano. Lei annuì: ormai si era assentata troppo a lungo. — Quando vi rivedrò? — Non lo so. Dopo il vostro matrimonio, forse. O magari mai più. — Perché? — Gli aveva rivolto quella domanda infinite volte, quella sera, e non riusciva a ottenere risposta. Possibile che non riuscisse a capire quanto fosse bello sentirsi così vivi insieme? Lei non aveva compreso quanto fosse assopita finché non l’aveva incontrato. — Perché Ware può darvi ciò che io non posso. Amelia era sul punto di replicare quando la maniglia cigolò. Trattenne il fiato, rimanendo immobile. Montoya, al contrario, si allontanò rapidamente e fu inghiottito di nuovo dall’oscurità. Amelia si scansò, consentendo alla porta di aprirsi. 99/325 — Milord — sussurrò, facendo la riverenza. Ware entrò e aggrottò la fronte. — Che cosa ci fate qui? Ho passato al setaccio tutta la casa alla vostra ricerca — disse, scrutandola. — Avete qualcosa da dirmi, vero? — chiese subito dopo, serrando la mascella. Amelia fece un cenno quasi impercettibile con il capo e allungò una mano tremante verso di lui, che la prese e la condusse fuori della stanza, soffermandosi ancora un attimo sulla soglia per dare un’ultima occhiata. Non notando nulla di strano, la portò via da Montoya, verso un futuro molto meno ordinario di come era stato negli ultimi giorni. 6 — Ecco, questo è tutto — concluse Amelia, rigirandosi il cucchiaino tra le dita. Il conte di Ware allungò la mano e la depose su quella della sua fidanzata per farla smettere. — Non è il caso di essere nervosa — sussurrò, ripercorrendo nella propria mente ciò che gli aveva appena raccontato. — Non siete arrabbiato con me? — domandò lei, osservandolo con gli occhi verdi pieni di stupore e apprensione. — Non posso certo dire di essere felice, ma non sono nemmeno arrabbiato — rispose Ware, abbozzando un sorriso e sistemandosi meglio sulla sedia. Erano in terrazza, a casa di St John, e sorseggiavano una tazza di tè prima del loro consueto giro a cavallo nel parco. Lui aveva trascorso le ore precedenti il loro incontro in trepidante attesa perché voleva parlarle. Sapeva che aspetto aveva una donna dopo un incontro appassionato, perciò apprese con tristezza che le confessioni di Amelia non facevano che confermare i suoi sospetti. 100/325 — Non so che fare — gli confessò Amelia con aria sconsolata. — Temo di essermi spinta troppo in là. — E io temo di non potervi essere molto d’aiuto — ammise lui. — Noi siamo amici, tesoro mio, ma io sono prima di tutto un uomo e non mi piace sentire che provate per un perfetto sconosciuto sentimenti che invece non provate per me. Lei gli strinse forte la mano, mentre le guance le si accendevano di un rosso vivo. — In questo momento, neanch’io mi piaccio molto. Voi mi siete molto caro, lo siete sempre stato e non meritate il trattamento che vi ho riservato. Spero che, in cuor vostro, possiate perdonarmi. Ware fissava con aria assorta il giardino sul retro, anche se in realtà non si poteva definire propriamente così: era più un prato costellato qua e là da qualche bassa aiuola. — Siete perdonata — disse a un tratto. — E apprezzo la vostra sincerità. Al posto vostro non credo che sarei riuscito a rivelarvi tutto. Tuttavia, non posso avere una fidanzata che si comporta in questo modo, soprattutto in occasioni pubbliche. Lei fece un cenno di assenso e assunse l’espressione di una bambina in castigo. Anche se sapeva che quel rimprovero era necessario, Ware non era felice di doverglielo muovere. — Amelia, dovete decidere una volta per tutte se desiderate diventare mia moglie oppure no. Se volete andare avanti con i preparativi, dovete comportarvi in modo adeguato e agire in buona fede — le disse, alzandosi in piedi e facendo roteare le spalle per sciogliere la tensione. — Dannazione! Non voglio sentirmi come se vi stessi costringendo a sposarmi. Anche Amelia scattò in piedi e le sottane di mussola a fiori le ricaddero giù con grazia. — Siete arrabbiato — osservò, alzando una mano. — Lo 101/325 capisco. Ne avete tutti i diritti. Se mi aveste fatto una cosa simile, sarei stata furiosa allo stesso modo. Andò verso la balaustrata di marmo e vi appoggiò le mani. Lui la seguì e le si mise accanto, con la schiena rivolta verso il prato. Era incantevole, quel pomeriggio, pensò lui, come d’altronde ogni giorno. Aveva i boccoli neri incipriati che le ricadevano sulle spalle, un incarnato eburneo, gli occhi verdi come giada e le labbra rosse come il vino. Una volta le aveva confessato che lei era l’unica donna a ispirargli delle poesie, e poi erano scoppiati a ridere. Amelia apprezzava la sua stravaganza. Ware era stravagante soltanto con lei. — Se ci sposiamo — gli sussurrò — avete intenzione di restarmi fedele? — Questo dipende da voi — rispose il conte, studiandola attentamente. — Se vi sdraiate e mi supplicate di fare alla svelta, probabilmente no. A me piace fare sesso, Amelia. Lo desidero e non ho intenzione di rinunciare a questo piacere per nulla, nemmeno per mia moglie. — Ah — fece lei, distogliendo lo sguardo con un sospiro. Un soffio di vento le scompigliò dolcemente i capelli e un boccolo le sfiorò la pelle nuda all’altezza delle spalle, facendole venire i brividi. Non tremava perché aveva freddo, ma per la sensazione di quella carezza. Ware notò la sua reazione; non si lasciava mai sfuggire un dettaglio, e li catalogava a uno a uno per poterli usare in futuro. Amelia era una creatura sensuale e dotata di tatto, e lui apprezzava queste due qualità; non aveva mai cercato di cambiarla, fiducioso del fatto che un giorno sarebbe stata sua. Quel giorno avrebbe potuto insegnarle come sviluppare quel lato di sé solo per lui. Ora, aveva altro a cui pensare. 102/325 — Credo che insieme potremmo divertirci molto — le disse, dandole un dolce buffetto sulla mano. — Penso che il sesso tra noi potrebbe essere più che perfetto, ma soltanto se vi aprirete a me completamente, senza pudore e senza riserve. Se il talamo nuziale sarà accogliente, non andrò altrove. Non sono il tipo che si lancia alla conquista di altre donne; voglio semplicemente fare sesso divertendomi. Se posso farlo con la mia donna, tanto meglio. Mi costerà meno fatica. Era certo di averla scioccata con tanta franchezza, ma erano le parole giuste per descrivere quanto gli piacesse quel passatempo, ed era meglio che lei se ne rendesse conto subito. Non ci sarebbero stati rapidi amplessi e mugugni al buio, bensì tanta luce e la pelle sudata e arrossata per molte ore. — È questo che si intende per passione a letto? — gli chiese Amelia, con quella che aveva tutta l’aria di essere una genuina curiosità. — Solo degli istinti animali a briglia sciolta? Non c’è altro? Lui ci mise un attimo a capire dove voleva andare a parare. — Vi riferite agli sguardi che si scambiano vostra sorella e St John? Oppure a come si guardano i Westfield? — Sì. Sono... come dire? Indecenti, ma al contempo romantici. — Voi non siete l’unica a notare quell’affetto e a desiderarlo — rispose lui, con un tenero sorriso. — Anche voi? Ware fece spallucce, incrociò le braccia sul petto e appoggiò il fianco contro la balaustrata. — A volte. Ma non mi consumo per averlo né soffro per la sua mancanza. Voi, invece, credo di sì. Lei annuì, sincera come mai prima di allora. 103/325 — Comincio a capire che il mio approccio diretto, mirato ad adularvi, non è stato il migliore — disse il conte. — Sono partito dal presupposto che la fine miserevole del vostro primo amore vi avrebbe resa più incline verso una relazione più... stabile, mentre invece voi volete l’esatto opposto, vero? Lei si allontanò e prese a camminare avanti e indietro. Si comportava sempre così quando era agitata. In quelle occasioni, gli ricordava un animale in gabbia che vagava per scacciare la noia. — Ma io non so cosa voglio, è proprio questo il problema! — esclamò, gettandogli uno sguardo che lo gelò. — Sono soddisfatto. Non chiedo altro. — Lo siete davvero? — lo incalzò Amelia. — Oppure accettate il fatto che l’amicizia sia tutto ciò che può avere una persona nella vostra posizione? — Conoscete già la risposta alla vostra domanda. — E chi sposerete, se non me? — Non ne ho idea e non intendo pensarci finché non sarà strettamente necessario... o forse mi state suggerendo di valutare un’alternativa? Amelia si fermò di colpo e soffiò come avrebbe fatto un gattino indispettito. — Io vorrei essere pazza di voi. Ma perché non spetta a me deciderlo? — Forse avete cattivo gusto? — la canzonò il conte, mentre lei gli faceva la linguaccia. — Se è quella maschera a eccitarvi — mormorò con uno sguardo languido — posso indossarne una, a letto. Certi giochetti possono essere davvero divertenti. 104/325 Lei sgranò gli occhi, sorpresa, e lui le fece l’occhiolino. Amelia si portò le mani sui fianchi, per fargli capire che era seccata, poi inclinò la testa di lato. — State insinuando che forse è soltanto l’aura di mistero a intrigarmi tanto, milord? — Dico solo che è una possibilità — rispose lui, mentre il sorriso pian piano appassiva sul suo volto. — Intendo fare delle ricerche sul vostro ammiratore. Vediamo se riusciamo a smascherarlo. — Perché? — Perché non fa per voi, Amelia. Da dove viene? Da una terra straniera? Avete sempre sognato di avere una famiglia. Vi siete appena ricongiunta con vostra sorella, che razza di futuro potreste avere con quell’uomo? Senza contare che forse sta tentando di arrivare a me servendosi di voi. Lei prese di nuovo a camminare e lui stette lì a osservarla, affascinato dalla grazia dei suoi movimenti e dal modo in cui le sottane danzavano magicamente intorno alle sue gambe lunghe. — Tutti sembrano credere che Montoya non sia interessato a me, ma piuttosto alle persone che mi circondano. Trovo alquanto umiliante apprendere che proprio chi dice di amarmi escluda che un altro uomo possa desiderarmi. — Riesco a fare ben altro che pensarci, Amelia. Lo sento. Non scambiate la mia gentilezza per mancanza di interesse nei vostri confronti. — Anche St John è sulle sue tracce. — Se quell’uomo si nascondesse nei bassifondi, St John potrebbe anche riuscire a scovarlo, ma mi avete detto che il conte è una persona colta e indossa abiti di fattura pregiata. È più facile che abbia le mie 105/325 stesse frequentazioni, piuttosto che quelle del pirata. Forse la mia ricerca sarà più fruttuosa. — E cosa farete se lo trovate? — chiese Amelia, tradendo un certo sospetto nella voce. — Mi state chiedendo se gli farò del male? — Quella domanda non era frivola, dato che Ware era uno spadaccino di fama. — Può darsi. Il meraviglioso volto di Amelia si deformò in una smorfia. — Lo sapevo! Non avrei dovuto dirvi niente — urlò. Ware andò verso di lei. — Sono contento che mi abbiate detto la verità. Il nostro rapporto sarebbe stato compromesso in modo irreparabile se mi aveste raccontato una bugia per nascondere la vostra colpa. — Quando le fu accanto, inspirò a fondo per riempirsi le narici del suo innocente profumo di caprifoglio. Sospettava da tempo che il suo corpo assomigliasse al suo fiore preferito, fragrante e dolce come miele sulle labbra. Le prese il viso tra le mani e glielo sollevò in modo che lo guardasse negli occhi. C’era qualcosa di nuovo che si agitava sul fondo di quelle cavità verdi che lo risucchiavano. — Resta il fatto che quell’uomo sapeva che siete mia e si è preso comunque delle libertà. Questo è un grave affronto, tesoro mio. Posso perdonare voi, ma non lui. — Ware... — Le sue labbra si dischiusero e brillarono nella screziata luce pomeridiana. Lui si piegò in avanti per adagiare la bocca sulla sua e lei sussultò, quando capì le sue intenzioni. — Buon pomeriggio, milord! 106/325 Amelia e Ware si scostarono di scatto; Maria e suo marito li stavano raggiungendo in terrazza con al seguito una cameriera che portava un nuovo servizio da tè. — Che magnifica giornata! — esclamò il pirata con la sua tipica voce roca. — Abbiamo pensato di unirci a voi e di goderci insieme questo bel sole. Ware afferrò al volo l’avvertimento e con un leggero cenno del capo fece ancora un passo indietro. Maria gli rivolse un sorriso, compiaciuta della propria perspicacia. In genere una donna riserva quel tipo di sorriso al proprio amante dopo una folle nottata, ma nel caso della signora St John, quello era l’unico che sapesse sfoggiare, e faceva parte del suo irresistibile fascino. — La vostra compagnia ci rallegra molto — dichiarò Ware, avviandosi insieme ad Amelia verso il tavolo. Trascorsero il resto della giornata a parlare di cose futili insieme ai St John, e più tardi continuarono a farlo con le persone che incontrarono durante la loro passeggiata nel parco. Tuttavia, una parte della mente di Ware era impegnata a studiare le proprie mosse per conquistarsi da un lato i favori di Amelia e dall’altra per acchiappare l’uomo mascherato che aveva cercato di portargliela via. — Siete certo che si chiamasse Simon Quinn? — Sì — rispose il locandiere, posando un’altra pinta di birra sul bancone. — Grazie — disse Colin, afferrando il boccale e dirigendosi verso un tavolo nell’angolo. Sapere che qualcuno lo stava cercando lo infastidiva, tanto più se si spacciava per Quinn. Poteva essere Cartland, oppure 107/325 uno dei suoi, anche se il locandiere sembrava abbastanza sicuro che non avesse un accento francese. In ogni caso, non poteva far altro che sedersi e aspettare, avvalendosi della tecnica di travestimento in cui era così bravo. Un uomo della sua stazza non riusciva mai a mimetizzarsi del tutto, ma poteva dare meno nell’occhio camminando un po’ curvo per nascondere la statura e le spalle larghe. Si era anche lasciato i capelli sciolti, in modo da sembrare più rozzo. Già quel posto permetteva di confondersi tra la folla: le luci erano basse per non far vedere il sudiciume. Le sedie dagli schienali diritti e i tavoli rotondi in noce scuro contribuivano a rendere l’ambiente losco. L’aria era satura dell’odore di birra e di olio bruciato proveniente dalla cucina. C’era un viavai continuo; alcuni erano clienti abituali con cui Colin aveva già scambiato qualche parola in passato. Tanto tempo prima, nella sua vita precedente, frequentava luoghi simili insieme a suo zio Pietro. Trascorrevano il loro pomeriggio libero a parlare e Colin si ricordava dei saggi consigli di quell’uomo buono e onesto. Quanto gli mancava! Pensava spesso a lui e si domandava che cosa stesse facendo. Era stato lui a insegnargli a essere forte e a comportarsi con onore, due qualità che gli avevano sempre permesso di cavarsela. Serrò i pugni sul tavolo. Un giorno si sarebbero rivisti e lui l’avrebbe ringraziato per i suoi preziosi insegnamenti, liberandolo dalla schiavitù di essere un servo e facendolo vivere negli agi. La vita era troppo breve e lui voleva che il suo amato zio se la godesse il più possibile. — ’Sera — lo salutò qualcuno, distogliendolo dai suoi pensieri. 108/325 In piedi accanto a lui c’era un anziano gentiluomo che passava la maggior parte del suo tempo nelle taverne lungo la strada, offrendo la propria compagnia a chi gli pagava qualcosa da bere o da mangiare. A volte udiva delle conversazioni che poi riferiva dietro il compenso di qualche moneta, ed era ben consapevole che Colin sarebbe stato più che disposto a dargliele. — Sedetevi qui — gli disse infatti, indicando una sedia di fronte a lui. Le ore volarono via veloci. Colin scambiò due parole con chiunque lo trovasse familiare. Per molti quello era solo un modo per intascare un po’ di quattrini o per farsi offrire una pinta di birra. Purtroppo non apprese nulla di interessante riguardo a Cartland, ma quell’atteggiamento servì comunque per rendere più credibile il proprio travestimento. Alla fine, l’uomo che più sperava di vedere fece il suo ingresso avvolto in un pesante mantello nero. Simon Quinn sedette al bancone, poi si voltò e vide Colin che agitava la mano per attirare la sua attenzione. — Santo Cielo! — esclamò, avvicinandosi e slacciando la spilla a forma di rana che teneva abbottonata la cappa. — Ti ho cercato per tutta Londra, sono mezzo morto di fame e tu eri qui, nel mio quartiere? Colin, abbozzò un sorriso. — Sì, perlomeno nelle ultime ore. Simon imprecò tra i denti e si lasciò ricadere sulla sedia, mentre gli servivano una birra e qualcosa da mangiare. — Ho una notizia buona e una cattiva — annunciò. — Chissà perché la cosa non mi sorprende — ribatté Colin in tono mesto. — Qualcuno mi ha tradito, in Francia. 109/325 — Cartland ha spifferato tutto? — A quanto pare, sì. Credo che sia così che ha provato la propria fedeltà. — Quell’uomo non è fedele a nessuno se non a se stesso. — Verissimo — convenne Simon, portandosi un pezzo di carne alla bocca e masticandolo avidamente. — Bene, questa era la cattiva notizia. Quella buona? — Sono riuscito a ottenere la grazia per tutti, te compreso. — Com’è possibile, se ci stanno dando la caccia? Simon gli rivolse un sorriso sinistro. — Leroux era molto prezioso per l’agente generale, al punto che catturare il suo assassino è diventato più importante che scovare le spie inglesi. Mi hanno permesso di andare via a patto che facessi ritorno con il colpevole. In più, per essere certi che non scappassi, hanno trattenuto tutti quelli che Cartland ha nominato. Colin si irrigidì. — Mio Dio... Allora dobbiamo agire in fretta. — Sì — confermò Simon, finendo di bere la sua birra. — E c’è dell’altro. Mi hanno imposto ancora due condizioni. Prima di tutto, devo persuadere lord Eddington a rilasciare una spia francese che tiene prigioniera. Poi dobbiamo riuscire a convincere un membro del gruppo di Cartland, un certo Dépardue, a testimoniare che Cartland ha confessato di aver commesso il crimine. 110/325 La prima cosa pareva improbabile e la seconda estremamente difficile, ma Colin aveva intenzione di cogliere al volo qualunque occasione gli venisse offerta. “Vorrei approfondire la vostra conoscenza” gli aveva detto Amelia. Se solo avesse potuto farlo succedere davvero! — Mi pare che tu l’abbia presa troppo bene — disse Simon, dando un morso a un pezzo di pane. — In fondo, non è molto. — Ho visto Amelia — gli confessò Colin. “L’ho toccata, l’ho tenuta tra le braccia e ho assaggiato il suo sapore” aggiunse nella sua mente. Simon rimase bloccato con la forchetta a mezz’aria. — E quindi? — La situazione è complicata, ma sono fiducioso. Deponendo le posate, Simon fece un cenno alla cameriera perché gli portasse dell’altra birra. — Come ha preso il tuo ritorno dall’oltretomba? Colin si lasciò sfuggire una risata carica di mestizia prima di raccontargli com’erano andate le cose. — Una maschera? — gli domandò l’amico quando il racconto terminò. — Di tutti i travestimenti di cui sei capace, hai scelto una maschera? — All’inizio era perfetta, visto che eravamo a un ballo in maschera. Poi, in un’altra occasione, l’ha vista addosso a Jacques e gli si è avvicinata. Mi è parso opportuno indossarla una terza volta, date le circostanze. — Assomiglia moltissimo a sua sorella, più di quanto credessi — osservò Simon, incurvando le labbra e abbozzando il sorriso che gli veniva 111/325 spontaneo ogni volta che pensava a Maria. — Tuttavia, non riesco a capire perché sei fiducioso, visto che non ha idea di chi tu sia. — Sì, in effetti questo è un piccolo intoppo — convenne Colin. — Piccolo? Amico mio, tu sei il mago degli eufemismi! Credimi, non la prenderà bene; anzi, quando scoprirà che non sei stato casto anche se hai continuato a dannarti per lei per tutto per questo tempo, avrà la prova che non la ami. Colin emise un sospiro e sprofondò ancor di più nella sedia. — Questo faceva parte del tuo piano! Sei stato tu a dirmi che dovevo diventare un uomo facoltoso per farla felice. — Anche per fare la tua felicità. Avresti sempre messo in dubbio il tuo valore, se ti fossi unito a lei da sottoposto — obiettò Simon, rivolgendo un sorriso alla ragazza che gli aveva appena portato una pinta di birra; poi ritornò serio e studiò Colin per un attimo. — Ho sentito dire che è stata promessa in sposa al conte di Ware. — Non ancora. — Potrebbe acquistare un titolo nobiliare, nonostante lo scandalo suscitato dal padre e la reputazione della sorella. Sarebbe un bel colpo. Colin si diede uno sguardo intorno, soffermandosi su ogni avventore nel tentativo di memorizzarli tutti. — Peccato che non l’ami. È ancora innamorata di me, o meglio, del ragazzo che ero. Una bella biondina fece il suo ingresso nella sala, scendendo la scala che conduceva alle camere da letto al piano di sopra. Indossava un abito viola scuro e al collo portava un nastro nero con un cammeo al centro. Sembrava una bambola. I suoi lineamenti delicati e la figura 112/325 slanciata facevano venire voglia di proteggerla, le folte ciglia e le labbra rosse suscitavano istinti carnali. Colin sollevò le sopracciglia stupito quando lei si voltò e lo guardò dritto negli occhi. Il suo sorriso gli fece assumere un’espressione confusa e lui stette a osservarla con curiosità mentre si avvicinava e scattò in piedi non appena si fermò al fianco di Simon, appoggiando una mano sulla sua spalla. — Avreste dovuto avvisarmi che eravate tornato, mon amour — gli disse con un inconfondibile accento francese. Simon gettò un’occhiata carica di frustrazione a Colin; senza alzarsi, afferrò la mano della ragazza e la sospinse verso una sedia. Considerato quanto gli piacevano le donne, il suo apparente disinteresse verso una creatura tanto bella era più che sorprendente. Vista da vicino, era veramente incantevole: gli occhi azzurri erano incorniciati da lunghe e folte ciglia color cioccolato e lo sguardo era sottolineato dall’arco perfetto delle sopracciglia. — È lui? — chiese la ragazza rivolta a Simon, esaminando Colin con aria interessata. Simon borbottò qualcosa. Sul volto della ragazza spuntò un ampio sorriso che le lasciò scoperti i denti bianchi. — Io sono Lysette Rousseau — disse, allungandogli la mano. — Voi siete monsieur Mitchell, oui? Colin pareva spaesato e Simon imprecò tra i denti, prima di riprendere a mangiare. — Forse — rispose, circospetto. — Eccellente. Se mai dovessi uccidervi, ora so chi siete e mi sarà più facile. 113/325 — Ma che diavolo andate dicendo? — Che persona irritante — osservò Simon sottovoce. — Lui è innocente. — Lo dicono tutti — ribatté lei. — Be’, nel suo caso è vero. — Anche questa è una cosa che dicono tutti. — Perdonatemi — li interruppe Colin. — Di cosa stiamo parlando? — Lei fa parte delle garanzie che mi hanno richiesto — spiegò Simon, indicandola con la forchetta. — Deve fare ritorno in Francia portandosi dietro Cartland, oppure me o te. — Oppure una confessione — precisò lei. — Basta che uno di voi confessi. Vedete? Non sono poi tanto difficile da accontentare. — Cristo! — esclamò Colin, esaminando la ragazza. Fu allora che si accorse di una fermezza in fondo ai suoi occhi e sulle sue labbra che prima gli era sfuggita. — Dove le trovi queste femme fatale, Quinn? — Sono loro a trovare me — borbottò Simon, addentando con decisione una patata. — Voi vedete solo il lato negativo — disse Lysette, agitando la mano per chiamare la cameriera. — Siamo in tre a questo tavolo e cerchiamo tutti la stessa cosa. Io sono qui per aiutarvi. Simon la guardò di traverso. — Se ritenete che avere questa spada sulla testa riesca a intenerirmi, mi dispiace ma vi sbagliate di grosso. 114/325 Colin non fu così pronto a liquidarla. — Come potete tornarci utile? — In molti modi. — Lysette fece una pausa per ordinare del vino alla ragazza. — Pensate ai posti in cui io potrei andare e voi no e a tutte le persone con le quali potrei parlare, le mansioni che potrei svolgere in qualità di donna e che voi uomini invece non potete fare. Le possibilità sono quasi infinite — concluse, portandosi una mano al cammeo, ma Colin non riusciva a immaginare che quella donna fosse davvero capace di uccidere. — Cosa c’entra Dépardue con voi? — le chiese. Il viso della ragazza si rabbuiò. — Se lui risolve la faccenda, mi eviterà la fatica di doverlo fare io. — L’agente generale non vuole lasciare nulla al caso — gli spiegò Simon. — Dépardue sorveglia Cartland e Lysette sorveglia me. In pratica, svolgono lo stesso compito. Lei è... come dire... una garanzia ulteriore. — Dépardue non sarebbe per niente felice di sapere che qualcuno sospetta che lui possa fallire. — Colin si girò verso Lysette e si domandò come avessero fatto a convincerla. — Perché lo fate? — Ho le mie ragioni. Vi do un consiglio — disse lei, fissandolo dritto negli occhi. — Potete star certo di una cosa: nessuno più di me vuole che l’assassino di Leroux sia assicurato alla giustizia. — Questa storia non mi piace. Ho già Cartland alle calcagna, e ora una serpe tra le nostre file. Simon gli fece un cenno d’intesa e Lysette mise su il broncio. — Preferirei essere Eva piuttosto che il serpente — obiettò, prendendo la coppa di vino che la ragazza le porgeva. 115/325 — Eva era seducente — ribatté Simon. A Colin andò di traverso la birra: non aveva mai visto il suo amico essere scortese con una donna. — Cos’avete scoperto finora? — domandò Lysette, non prestando caso alla maleducazione di Simon e concentrandosi soltanto su Colin. — Trascorro le mie giornate cercando di evitare Cartland, mentre di notte gli do la caccia. — Questo è il piano più ridicolo che abbia mai sentito — lo derise lei. — E cosa mi suggerite di fare? Io non so nulla di queste faccende. — Allora dovete imparare. — Lysette bevve una lunga sorsata del suo vino rosso e poi si leccò le labbra. Si sistemò bene sulla sedia, con la schiena diritta e il mento sollevato: si vedeva che aveva ricevuto una buona educazione e un’ottima istruzione. — Non potete combinare niente mentre vi nascondete, perché questo è esattamente ciò che si aspetta Cartland. Perché non prendete contatto con l’uomo per cui lavorate entrambi? Di sicuro lui dispone delle risorse necessarie per sbrigare in fretta questa faccenda. — Quello non è il suo ruolo — intervenne Simon. — Noi gestiamo in autonomia i nostri incarichi e ne siamo i soli responsabili. Se ci prendono, rispondiamo in prima persona delle nostre azioni. Credo che anche per voi funzioni allo stesso modo. Per un attimo, sul volto della ragazza comparve un’espressione pensierosa, che però lasciò subito spazio a un sorriso sbarazzino. Colin non poteva fare a meno di pensare che fosse un vero pericolo: era slanciata e femminile, ma sapeva da ciò che aveva sentito dire sulla 116/325 sorella di Amelia che l’apparenza può ingannare. — Avete altri suggerimenti, mademoiselle? Che so, potrei andare a cercarlo alla luce del giorno? — Magari indossando una maschera — aggiunse Simon, allontanando il piatto ormai vuoto. — E perché mai? — chiese la ragazza, squadrando Colin dalla testa ai piedi. — Sarebbe un peccato nascondere tanta avvenenza — osservò poi, con un sorriso malizioso. — Io vorrei vedervi tutto. — Vedete, tesoro, è proprio per questo che non potete essere Eva. Vi manca il sesto senso necessario per capire che quest’uomo è impegnato. — Potreste indossare una benda — gli suggerì lei facendogli l’occhiolino. — E chiamarmi con il nome che preferite. Colin scoppiò in una genuina risata: erano giorni che non gli accadeva. — Sta’ attento a lei — lo mise in guardia Simon. — Credo che lascerò a te questo compito. Domani mattina parto per Bristol. Forse, se scavo nel passato di Cartland, troverò qualcosa di utile che possa darmi un qualche vantaggio su di lui. — Bella trovata — disse Simon, torcendo le labbra nello sforzo di pensare. — Io e Lysette resteremo qui e continueremo le nostre ricerche. — Mi sento a disagio a lasciarlo andare da solo — obiettò lei, con una nota dura nella voce. 117/325 — Vorrà dire che vi rassegnerete all’idea — ribatté Simon, allungandosi sulla sedia con la sua solita grazia insolente: era messo di traverso, con un braccio a penzoloni dietro la schiena e le gambe aperte. — Nonostante la vostra bellezza — disse lei. — A volte non mi piacete per niente. — Su una cosa almeno ci troviamo d’accordo. Bene, il signor Mitchell sposterà le sue ricerche su un altro fronte, mentre noi due continueremo a lavorare qui in città. — Magari preferirei andare insieme a lui — disse Lysette in tono ironico. — Ah, davvero? — replicò Simon con eccessivo slancio, tanto da far scoppiare Colin in una sonora risata. — Che meraviglia! Quantomeno per me! Spiacente, amico! — esclamò, facendo spallucce e posando una mano sul tavolo. Senza che i due quasi se ne rendessero conto, Lysette scattò in piedi, afferrò un coltello e lo conficcò con precisione nel piano di legno, proprio tra l’indice e il medio di Simon, che restò immobile a fissarsi la mano e a chiedersi quanto fosse andato vicino a perdere un dito o due. — Maledizione — balbettò infine. — Non fatevi beffe di me e non sottovalutatemi, mon amour — sussurrò Lysette, abbassandosi sopra di lui. — Vi sconsiglio di punzecchiarmi. — Grazie per la vostra cordiale offerta di unirvi a me — tagliò corto Colin, alzandosi. — Ma con tutto il rispetto, temo che dovrò declinare. Lysette lo guardò, stringendo gli occhi. 118/325 — So che non vi fidate di me neanche un po’ — aggiunse lui. — Ma state pur certa che ho almeno un milione di validi motivi per riscattare il mio nome e nemmeno uno che mi spinga a darmela a gambe. Lei non si mosse per un attimo, poi sollevò leggermente un lato della bocca. — La vostra donna è qui. Colin non rispose, ma d’altronde non ce n’era bisogno. La ragazza fece un gesto grazioso con la mano per mandarlo via. — Allora sono certa che non andrete lontano. Vi auguro buona fortuna. Colin le fece un rapido inchino, s’infilò una mano in tasca e gettò alcune monete sul tavolo. — Pregherò per te — disse rivolto a Simon, dandogli una pacca sulla spalla mentre si allontanava. L’amico, in tutta risposta, lo salutò con una violenta bestemmia. 7 La casa era piccola ma carina, e si trovava in un quartiere rispettabile. Il conte di Ware l’aveva acquistata tre anni prima, e da allora di rado era rimasta disabitata. Quella sera, le finestre al piano inferiore erano tutte buie, ma si intravedeva la luce di una candela che filtrava attraverso una persiana alzata al secondo piano. Ware infilò la chiave nella toppa ed entrò. Aveva assegnato l’incarico a due servitori fidati e discreti, marito e moglie, di prendersi cura della casa. Di sicuro erano già andati a dormire, e dato che non aveva bisogno dei loro servigi, Ware decise di non disturbarli. Lasciò il cappello sull’appendiabiti, seguito subito dopo dal cappotto. Sotto indossava un completo da sera. Ultimamente partecipava a 119/325 molte serate mondane, ma quella sera era stata leggermente diversa dalle altre. Amelia era diversa e anche lui si era sentito diverso. La consapevolezza tra loro era mutata. Lei lo vedeva sotto una nuova luce e lo stesso era successo a lui. Salì i gradini che lo conducevano al piano superiore e si fermò davanti alla porta sotto la quale filtrava un po’ di luce. Sospirò e si concesse un istante per godersi quel momento in cui il cuore prendeva a battere più forte e sentiva crescere dentro di sé l’eccitazione. Alla fine girò la maniglia, scivolò nella stanza e trovò la sua amante dai capelli corvini e dagli occhi a mandorla che leggeva tranquillamente a letto. Lei sollevò lo sguardo e i loro occhi s’incontrarono. Ware stette a osservarla mentre dischiudeva le labbra e cominciava a respirare in modo più rapido. Con uno scatto deciso richiuse il libro e lui la porta alle sue spalle. — Milord — lo salutò Jane, gettando le coperte di lato e rivelandogli le sue forme ben proporzionate. — Speravo proprio che saresti venuto a farmi visita, stasera. Ware incurvò le labbra in una smorfia maliziosa: lei lo voleva, e ciò significava che il primo amplesso sarebbe stato rapido. Dopo si sarebbero presi il loro tempo, ma per il momento non serviva amoreggiare, e questo si addiceva al suo umore. Aveva desiderato possedere quella vedova bellissima dal primo momento in cui l’aveva vista. Quando la sua relazione con lord Riley era finita, Ware le si era avvicinato in tutta fretta per paura che gliela portassero via. Lei all’inizio si era lasciata corteggiare, era stata entusiasta di averlo conosciuto. Stavano bene insieme e il sesso era davvero piacevole. 120/325 Ware si tolse la redingote e lei si slacciò la cintura della vestaglia. Qualche istante dopo era seduta sul bordo del materasso con le gambe aperte e lui la penetrava stando inginocchiato davanti al letto, pompando forte con i muscoli possenti per impossessarsi di quel corpo ardente. In quel vortice di piacere carnale, dimenticò per un attimo la frustrazione e il disagio. Ma la tregua non durò a lungo. Un’ora dopo se ne stava disteso sulla schiena con una mano dietro la testa, mentre una leggera brezza notturna gli accarezzava la pelle sudata. — È stato bellissimo — sussurrò Jane, con la voce arrochita dal piacere. — Sei sempre così selvaggio, quando sei pensieroso. — Pensieroso? — ripeté Ware, ridendo e stringendola più forte a sé. — Sì. Lo sento quando c’è qualcosa che ti turba — spiegò lei, accarezzandogli il petto. Ware fissava il soffitto decorato di stucchi e pensò di nuovo a quanto quella camera la rispecchiasse, con le tonalità di rosa e di crema e il mobilio dorato. L’aveva incoraggiata a non badare a spese e a pensare soltanto ad arredarla a piacimento, perché si era accorto, passando da un’amante all’altra, che si può capire molto di una donna dal gusto che possiede nell’arredamento. — Dobbiamo parlare di cose spiacevoli? — Possiamo trasformare le tue frustrazioni in sfinimento — rispose lei, tirando su la testa e guardandolo con occhi divertiti. — Non mi dispiacerebbe affatto. 121/325 — Nemmeno a me — disse lui, scostandole una ciocca di capelli umidi dalla fronte. — Anche se sarebbe soltanto una soluzione temporanea. In qualità di donna, dovrei essere capace di aiutarti quando hai un problema che, suppongo, ha a che fare con una femmina. — Ma tu mi stai già aiutando — ribatté lui. Jane sollevò le sopracciglia per esprimere il proprio scetticismo, ma non fiatò. Così lui prese a parlarle dei propri pensieri come se fosse un’amica e una confidente. Era una persona dolce, forse la più dolce che conoscesse. Non era il tipo che cercava di ferire gli altri o di farsi strada alle spese di qualcuno. — Ma tu lo sai che un uomo della mia levatura non viene quasi mai visto come una persona e basta? — le domandò. — Io sono possedimenti, denaro, prestigio, ma di rado più di questo. Lei lo ascoltava in silenzio. — Ho trascorso la mia gioventù nel Lincolnshire, dove mi hanno educato a pensare a me solo come al conte di Ware e non come a un individuo. Non avevo altri interessi al di fuori dei miei doveri, nessun obiettivo a parte il mio titolo. Mi hanno indottrinato così bene che non mi è mai passato per la testa di volere qualcosa di mio, qualcosa che non avesse nulla a che fare con la contea ma che fosse semplicemente dettato dalla mia volontà. — Sembra un’esistenza davvero triste. Lui si limitò a dare una scrollata di spalle e si sistemò un altro cuscino dietro la testa. — Non avevo la minima idea che si potesse vivere in un altro modo. 122/325 Fece una pausa e dopo un attimo lei lo incalzò. — E poi? — E poi, un giorno, ho scavalcato i confini della mia proprietà e mi sono imbattuto in un monello che pescava nel mio torrente. Jane sorrise, poi si allontanò dal suo abbraccio e si alzò dal letto per recuperare la vestaglia e andare verso il comò a prendere qualcosa da bere. — E chi era? — Un servitore che lavorava nella residenza accanto alla mia. Stava aspettando la figlioletta del suo padrone. Avevano stretto una strana amicizia, e la cosa mi intrigava. — A quanto pare intrigava anche la ragazzina — osservò lei, facendo roteare il bicchiere di brandy sopra la fiamma di una candela per scaldarlo. — Già! Lei era giovane, libera e ribelle. La signorina Benbridge mi ha mostrato quanto sia diverso il mondo visto dalla prospettiva di chi soffre. Non sapeva che ero nobile e mi trattava come quel servitore, con giocoso affetto. Jane sedette sul bordo del letto e bevve una sorsata, prima di allungargli il bicchiere. — Credo che piacerebbe anche a me. — Sì — disse lui con un sorriso. — E credo che anche tu le piaceresti. Non si sarebbero mai incontrate, certo, ma non era questo il punto. — Ti ammiro per aver deciso di sposarla nonostante l’onta del padre. — E come potrei non sposarla? È stata lei a insegnarmi che sono un essere umano e ho un valore in quanto tale. La mia boria aristocratica ora è stemperata dalla mia presunzione personale. 123/325 Jane scoppiò a ridere e si accoccolò vicino a lui. — Questa è una bella fortuna per tutti! Ware le passò una mano tra i capelli. — Non dimenticherò mai quel pomeriggio in cui, con aria innocente, mi disse che ero dannatamente bello. Per questo a volte perdeva il filo, guardandomi. Nessuno mi aveva mai detto una cosa simile. Credo non ci sia molta gente che se lo sia sentito dire. In genere, quando si balbetta è perché ci si sente in soggezione, non per ammirazione verso qualcuno. — Anch’io ti ho detto che sei affascinante — disse lei con una luce negli occhi che confermava quanto affermava. — Ci sono pochi uomini belli come te. — Può darsi che sia vero. Io non mi paragono agli altri, quindi non posso saperlo per certo — rispose lui, buttando giù una bella sorsata. — Ma sospetto di risultare più attraente se sono io a crederci per primo. — Avere fiducia in se stessi è un potente richiamo. — Siccome lei non si aspettava niente da me, io ero libero di essere me stesso. Era la prima volta che potevo parlare liberamente, senza i vincoli imposti dal mio lignaggio. Con lei ho fatto pratica su come si corteggia una donna e ho detto a voce alta cose che non mi sarei nemmeno immaginato di poter pensare. Credo di essere diventato quel che sono anche grazie a lei. — Pensi di esserle debitore? — gli chiese Jane, facendo scorrere la punta delle dita lungo la sua coscia nuda. — In parte sì, ma la nostra relazione non è mai stata a senso unico. Insieme facevamo esercizi di portamento e molta conversazione. Io avevo esperienza, in questo campo, e lei così si sentiva protetta. 124/325 — L’hai resa più formale. — Sì, ma ci abbiamo guadagnato entrambi. — E ora appartiene a te — concluse Jane — perché in un certo senso è una tua creatura. — Ma io... — balbettò Ware, aggrottando la fronte. Era semplicemente un senso di possesso a provocare quel malcontento? — Non sono sicuro che le cose stiano proprio così. Una volta è stata innamorata, o perlomeno così dice, e si strugge ancora per lui. Non ne sono felice, ma lo accetto. — Forse sarebbe più esatto dire che lo tolleri? — lo corresse Jane con un dolce sorriso. — Dopotutto, lei non può provare sentimenti troppo forti per te, se il suo cuore è altrove. Lui tracannò d’un fiato il brandy e sentì il liquido caldo scendergli giù per la gola, poi allungò il bicchiere verso di lei come muta richiesta di versargliene dell’altro. — Se questo è vero, allora perché mi dà tanto fastidio che lei sia attratta da un altro uomo? — Non direi che sei infastidito — rispose Jane, alzando le sopracciglia. — Forse... geloso? Ware scoppiò a ridere. — Magari entrambi? — azzardò, agitando una mano come per liquidare l’argomento. — Può darsi che mi senta punto nel mio orgoglio maschile perché lei non ha mai provato un simile interesse nei miei confronti. Non saprei dirlo con certezza. So solo che per l’ennesima volta mi metto in discussione e mi domando se ho fatto bene a concederle tempo e spazio per poter guarire dal mal d’amore. — Chi è l’altro? — domandò Jane, fermandosi al centro della stanza. 125/325 Ware le spiegò la situazione. — Capisco — mormorò lei alla fine, riempiendogli il bicchiere e riscaldando di nuovo il liquore, prima di riportarglielo. — Sai che ero molto legata al mio defunto marito. Il conte annuì e le fece cenno di sedersi accanto a lui battendo la mano sul letto. Jane si arrampicò sul materasso scoprendo le gambe affusolate. — Eppure sono stata tentata di sposare un altro che non amavo. — Tu menti. Non c’è nulla che una donna non desideri più della devozione e delle dichiarazioni di eterno amore. — Noi donne sappiamo anche essere pratiche. Se offri alla signorina Benbridge tutto ciò che desidera e che quell’altro non può darle, sarà invogliata a scegliere te. — Ho cercato di farle intendere che impegnarsi con un nobile straniero significherebbe allontanarsi da sua sorella. — Benissimo, ma per ora le hai spiegato le cose solo a voce. Ora passa ai fatti: portala a vedere i tuoi possedimenti, acquista una casa accanto a quella della sorella... cose di questo genere. Poi, valuta bene il suo amore per le storie romantiche e misteriose. Metti in gioco anche queste. Sarà facile sedurla. Tu ne sei capace e lei è molto vulnerabile. Usa tutte le armi in tuo possesso: fiori, regali, baci rubati. Il tuo avversario lavora nell’ombra, tu non hai questa limitazione. — Uhm... — Potrebbe essere divertente per tutti e due. Un’occasione per scoprire l’uno dell’altra cose che finora non sapevate. 126/325 Lui allungò una mano e intrecciò le dita con le sue. — Sei davvero astuta. Jane incurvò le labbra nel suo sorriso seducente. — Sono una donna. — Sì, questo lo sapevo — sussurrò Ware, appoggiando il bicchiere sul comodino, attirandola a sé e baciandola sulla bocca, prima di spostarsi un po’ più in giù per succhiarle un capezzolo che sbucava dalla vestaglia. — Ah, sì, così... Lui sollevò la testa e sorrise. — Grazie per il tuo aiuto. — Non sono mossa dall’altruismo, lo sai. Magari ti incupirai nel tentativo di sedurre la signorina Benbridge, e a me piaci ancora di più quando non sei troppo controllato. — Civetta — sussurrò il conte con voce così suadente che lei fu percorsa da un fremito, e questo lo incitò a trascorrere le restanti ore prima del sorgere del sole a giocare agli amanti appassionati, con enorme piacere di entrambi. Amelia fece capolino da dietro l’angolo della casa, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Controllò se c’era Colin nel cortile delle scuderie e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando vide che non c’era nessuno. Si sentivano delle voci maschili trasportate dal vento. Qualcuno che rideva e canticchiava all’interno delle stalle, e lei ebbe la conferma che Colin era impegnato a lavorare con lo zio, quindi poteva tranquillamente allontanarsi da casa per dirigersi verso il bosco. “Sto diventando brava nella fuga” pensò divertita mentre sgattaiolava tra gli alberi per evitare la sentinella di turno. Erano già 127/325 trascorsi quindici giorni da quel provvidenziale pomeriggio in cui aveva sorpreso Colin con quella ragazza. Da allora l’aveva evitato e si era rifiutata di parlargli, quando lui aveva mandato il cuoco a chiederle di vederla. Forse era una cosa sciocca sperare di non rivederlo mai più, dato che vivevano vicini, ma non c’era un’ora in tutta la giornata in cui non pensasse a lui. Riusciva comunque a gestire il dolore, finché Colin le stava alla larga. Non vedeva ragione per parlargli e chiarirsi. Quando raggiunse la staccionata, la superò con un balzo e si avviò di corsa verso il torrente, dove trovò Ware ad attenderla, senza parrucca e senza redingote, con le maniche della camicia arrotolate. Il giovane conte aveva acquistato un po’ di colore, nelle ultime settimane, lasciando da parte la sua vita da intellettuale per dedicarsi a impegnative attività all’aperto. Con i riccioli raccolti in una coda e i luccicanti occhi color fiordaliso era davvero bello, e i suoi tratti non facevano che mettere in risalto la sua secolare ascendenza aristocratica. Ware non le faceva battere il cuore né le provocava turbamento come Colin, ma era comunque gentile e attraente, e lei riteneva che fosse una combinazione sufficiente a fare di lui il destinatario del suo primo bacio. La signorina Pool una volta le aveva detto di aspettare finché non incontrava la persona giusta. Amelia all’inizio pensava che fosse Colin, invece lui si era rivelato un tipo diverso. — Buon pomeriggio, signorina Benbridge — la salutò il conte con un inchino perfetto. — Milord — rispose lei, sollevando i lati del vestito rosa per fare la riverenza. — Oggi ho una sorpresa per voi. 128/325 — Ah, sì? — disse lei, incuriosita. Amava i regali e le sorprese, perché ne riceveva di rado. Suo padre non prendeva nemmeno in considerazione le occasioni come i compleanni o altre ricorrenze in cui si facevano dei doni. — Sì, principessa — confermò Ware con un sorriso. — Venite con me — aggiunse, offrendole il braccio. Amelia era felice di poter mettere in pratica ciò che sapeva in fatto di buone maniere. Il conte era cortese e paziente, le faceva notare gli errori e l’aiutava a correggerli. Questo le conferiva eleganza e sicurezza. Non si sentiva più come una bambina che giocava a fare la signora, ma come una signora che voleva godersi la propria gioventù. Insieme, si allontanarono dal loro luogo di ritrovo e costeggiarono il fiume finché non giunsero in una grande radura. Lì Amelia notò con gioia che c’era un telo disteso per terra con un cesto traboccante di tortine dal profumo delizioso e di pezzi di carne e formaggio. — Come avete fatto? — bisbigliò sorpresa. — Mia cara Amelia — mormorò lui, con gli occhi che brillavano. — Sapete chi sono e chi diventerò. Io posso tutto. Lei sapeva cosa voleva dire essere nobili e vedeva il potere esercitato dal padre in quanto visconte, ma quello di Ware doveva essere enormemente più grande, se si considerava che in futuro sarebbe stato a capo di una contea. Corrugò la fronte, cercando di trovare una risposta a quella domanda. 129/325 — Su, venite — la incalzò Ware. — Sedetevi qui. Prendete una tortina alla pesca e raccontatemi com’è andata la vostra giornata. — La mia vita è tremendamente noiosa — si lamentò lei, lasciandosi cadere a terra. — Allora raccontatemi una storia. Di certo farete dei sogni a occhi aperti. Sicuro: sognava di essere baciata da un gitano dagli occhi scuri, ma non avrebbe mai detto una cosa del genere a voce alta. Così si inginocchiò e nascose il viso nel cestino per non far vedere che era arrossita. — Non ho molta immaginazione — mentì. — Molto bene. Ware si distese sulla schiena con le dita intrecciate dietro la nuca e si mise a fissare il cielo. Sembrava a suo agio. Amelia non l’aveva mai visto così. Nonostante gli abiti formali che indossava, fino alle calze bianche e alle scarpe perfettamente lustre, era molto più rilassato rispetto a quando l’aveva conosciuto, qualche settimana prima. Scoprì che le piaceva di più e provò un moto di piacere al pensiero che fosse stata lei la causa scatenante di quel cambiamento. — Pare che tocchi a me farvi dono di una storia — riprese lui dopo un lungo di silenzio. — Fantastico! — esclamò Amelia, mettendosi a sedere e dando un morso a una tortina. — C’era una volta... Amelia osservò le labbra di Ware muoversi mentre parlava e immaginò di baciarle. Un senso di tristezza, che conosceva bene, la invase 130/325 di colpo, come se stesse per abbandonare le sue amate fantasie romantiche per abbracciarne atre, nuove e sconosciute... ma appena le attraversò la mente il pensiero di Colin e di quello che le aveva fatto, la sensazione svanì. Di certo, lui non si sentiva triste. — Vi... vi andrebbe... vi andrebbe di baciarmi? — balbettò, togliendosi le briciole di tortina dagli angoli della bocca. Il conte si voltò con aria sbalordita, ma sembrava più curioso che costernato. — Vi chiedo scusa. Ho sentito bene? — Avete già baciato una ragazza? — gli domandò lei, avida di sapere. Lui era di due anni più vecchio e aveva solo un anno meno di Colin. Era possibile che avesse già avuto qualche esperienza. In Colin c’era un’inquietudine oscura che risultava seducente persino per un’ingenua come lei; Ware, al contrario, era molto più tranquillo e il suo fascino derivava da un’innata padronanza di sé e dalla consapevolezza che il mondo era lì ai suoi piedi e lui non doveva fare altro che prenderselo. Quindi, per quanto lei tenesse Colin in altissima considerazione, doveva ammettere di essere attratta anche dal fascino svagato di Ware. — Un gentiluomo non parla di certe cose — rispose lui, sollevando le sopracciglia. — Che meraviglia! Così sono certa che manterrete il massimo riserbo, dopo — osservò lei con un sorriso malizioso. — Ripetete la vostra richiesta, per favore — disse Ware, scrutandola attentamente. — Vorreste baciarmi? 131/325 — È un’eventualità oppure un invito all’azione? Lei distolse lo sguardo, sopraffatta all’improvviso dalla timidezza e dall’insicurezza. — Amelia — la sollecitò lui in tono pacato, facendola di nuovo voltare verso di sé. Sul suo viso dai lineamenti nobili si leggeva una profonda gentilezza, e lei gliene fu grata. Il conte rotolò di lato e poi si tirò su. — Non è un’eventualità — mormorò lei. — Perché desiderate essere baciata? — Così — rispose Amelia, facendo spallucce. — Capisco — disse Ware, ma sembrava perplesso. — Benny sarebbe sufficiente? O magari un lacchè? — No! Lui curvò le labbra in un lieve sorriso e Amelia sentì qualcosa agitarsi nello stomaco. Non era quel fremito che la coglieva quando vedeva le fossette di Colin, ma era di sicuro foriero di una nuova disposizione d’animo verso il suo amico. — Oggi non vi bacerò — le spiegò Ware. — Voglio che ci riflettiate su. Se la penserete ancora allo stesso modo quando ci rivedremo, allora lo farò. — Se non vi piaccio, basta dirlo — ribatté Amelia piccata. — Ah, mia principessina irruente — la canzonò lui prendendole la mano e accarezzandogliela con il pollice. — Saltate in fretta alle 132/325 conclusioni con la stessa facilità con cui vi cacciate nei guai: a pie’ pari. Vi stupirò, bella fanciulla. Vedrete, vi stupirò. — Oh! — esclamò Amelia, sbattendo le palpebre a quelle parole cariche di sottintesi. — Oh, sì — confermò lui... Amelia sentì qualcuno bussare alla porta della sua camera da letto. Stava dormendo tutta raggomitolata e la sua mente offuscata cercava di ignorare quel rumore per poter continuare a restare nel mondo dei sogni. Erano proprio i sogni a essere uno dei pochi punti in comune che aveva con Ware e a ricordarle quanto fosse prezioso per lei il loro legame. Ma ecco di nuovo che qualcuno picchiava alla porta con più insistenza. Amelia fu catapultata di nuovo nella cruda realtà e rimpianse la perdita delle reminescenze notturne. — Amelia? Era Maria, la sola persona in tutta la casa a cui non poteva negarsi. Rispose con voce impastata, si tirò su a fatica e vide la porta aprirsi mentre sua sorella faceva il suo ingresso. — Ciao bambolina — le disse, avvicinandosi con una grazia che le aveva sempre invidiato. — Mi dispiace svegliarti, ma ho aspettato comunque che fosse mattino inoltrato, prima di farlo. Purtroppo, temo di non avere tutta la pazienza che avresti sperato. — Adoro come ti sta quel vestito — borbottò Amelia, osservando come l’abito in mussola color crema si abbinasse perfettamente alla pelle olivastra di Maria. 133/325 — Grazie. — La sorella sedette sulla chaise-longue accanto alla finestra. — Hai passato una bella serata? Le sovvennero immagini di Ware, sfolgorante nel suo abito da sera. La sera prima era stata l’ultima di una serie di eventi mondani, ma leggermente diversa dalle altre. Lui era diverso. Qualcosa era cambiato, e Amelia sentiva che niente sarebbe più stato lo stesso. Ware si stava facendo strada con manovre esperte, portandola ad analizzare la situazione in modo freddo e razionale. Dopo un’infanzia trascorsa tra fughe e ipocrisie, gli era grata per quella sua trasparenza, ma in questo caso non faceva altro che accrescere i suoi sensi di colpa e la sua confusione. — È stata piacevole — rispose infine. — Mmm... — fece Maria, scettica. — Ultimamente sei molto malinconica. — Sei venuta per parlarmi di questo? — Lord Ware ti ha quasi baciata, ieri pomeriggio in terrazza, eppure tu non sembravi più ansiosa del solito di vederlo. Come faccio a non chiederti spiegazioni? Amelia chiuse gli occhi e lasciò ricadere la testa sul cuscino. — Condividi con me le tue angosce — la esortò Maria. — Magari dopo ti sentirai meglio. Mi piacerebbe poterti aiutare. Amelia riaprì gli occhi e si mise a fissare le tende di seta del baldacchino, ripensando a un tempo lontano. Anche la sua stanza di bambina era dipinta in diverse tonalità di blu e lei aveva deciso di decorare quella camera con gli stessi colori, come a voler dichiarare l’intenzione 134/325 di riprendere i rapporti con la sorella proprio nel punto in cui erano stati brutalmente interrotti. Suo padre le aveva tenute separate per molti anni, ma quel luogo per lei rappresentava una sorta di riscatto per tutto il tempo perduto. — Non c’è nulla da fare, Maria. Non mi puoi aiutare perché non si può più fare niente per sistemare le cose. — Che ne è del tuo ammiratore mascherato? — Ho deciso di non rivederlo. Maria fece una pausa, prima di insistere. — L’ultima volta che mi avevi parlato di lui non eri così risoluta nei tuoi intenti. Vi siete visti di nuovo, vero? Lui è venuto a cercarti. Amelia girò la testa e puntò gli occhi in quelli della sorella. — Sono stata io ad attirarlo e lui si è adirato per il mio comportamento al punto che adesso vuole lasciare la città per starmi lontano e per impedirmi di raggiungerlo di nuovo. — Ha dimostrato di avere a cuore la tua reputazione, eppure mi sembri turbata — osservò Maria, con aria confusa. — Perché? — Perché non voglio che se ne vada! — gridò Amelia, alzando le mani al cielo. — Voglio conoscerlo meglio e mi dispiace moltissimo di non avere quest’opportunità. So che sto facendo preoccupare sia te sia Ware, ma non riesco a ignorare questa infatuazione né a fare finta che non mi pesi essere messa da parte. Ne ho avuto più che abbastanza di questo atteggiamento con mio padre. — Amelia... — cominciò a dire Maria, allungando una mano verso di lei. — Che cos’ha di tanto speciale quell’uomo da averti rapita in 135/325 questo modo? È attraente? No... non ti alterare. Sto solo cercando di capire. Amelia sospirò. Tutte le ore di sonno perdute e l’inappetenza degli ultimi giorni venivano a reclamare il conto. Non riusciva a farsi una ragione del fatto che Montoya se ne stesse andando via e starsene lì con le mani in mano non faceva altro che allontanarlo ancora di più da lei. Quel pensiero la tormentava e la rendeva scorbutica. — Aveva di nuovo la maschera — rispose infine. — Non ho idea di che faccia abbia, e non me ne importa nulla. Sono attratta dal modo in cui mi parla, mi tocca... mi bacia. Ha una sorta di timore reverenziale nei miei confronti, un misto di desiderio e bramosia. Non credo che si possa fingere un simile grado di affezione, perlomeno non fino a quel punto. Maria aggrottò la fronte e distolse lo sguardo. I riccioli neri presero a danzarle sulle spalle scoperte, tradendo il suo disappunto. — Come può provare certi sentimenti per te se vi siete visti solo due volte? — Dice che gli ricordo un amore perduto, ma oltre a ciò sento che mi desidera — spiegò Amelia, tirando su le lenzuola. — Sicuramente, all’inizio mi ha avvicinata per questo motivo, ma la seconda volta è venuto per me. — Come fai a esserne certa? — Non sono certa di niente, e adesso suppongo che non potrò esserlo mai più — rispose Amelia. Fissò la porta aperta che dava sul boudoir per paura che la sorella indovinasse troppo delle sue emozioni guardandola in faccia. — Perché sta partendo? — chiese Maria in tono più dolce. — Ti ha detto perché, e soprattutto dov’è diretto? 136/325 — Ha detto che rischia la vita. — A causa di St John o di qualcun altro? Amelia strinse forte le coperte. — Lui non ha niente a che vedere con tuo marito, o almeno così mi ha detto, e io gli credo. — Sst! — fece Maria per calmarla, alzandosi in piedi. — So che sei turbata, ma non riversare la tua frustrazione su di me. Io sono qui per aiutarti. — E come? — ribatté Amelia in tono di sfida. — Vuoi aiutarmi a trovarlo? — Sì. Amelia rimase paralizzata dalla sorpresa e guardò la sorella, incredula. — Davvero? — Ma certo — rispose Maria, drizzando le spalle, segno evidente della sua risolutezza. — Gli uomini di St John lo stanno cercando, ma noi abbiamo un vantaggio: tu sei la sola persona in grado di avvicinarlo. Amelia rimase ammutolita per un attimo: non si aspettava che qualcuno si schierasse al suo fianco per trovare Montoya. Non avrebbe potuto sperare di meglio: Maria non aveva paura di niente ed era brava a trovare cose che non volevano essere trovate. — Anche Ware è sulle sue tracce. — Povero conte Montoya! — esclamò la sorella, sedendosi sul bordo del letto e prendendo le mani di Amelia tra le sue. — Provo pena per lui. Adocchia una bella ragazza e per questo viene braccato da tutti. St 137/325 John lo cercherà come fa un criminale, Ware alla maniera di un nobile, e noi lo scoveremo come solo una donna sa fare. — E come? — chiese Amelia, confusa. — Andando a fare compere, ovviamente — rispose Maria con un sorriso che illuminò tutta la stanza. — Ci recheremo da tutti i mascherai che troveremo e chiederemo se si ricordano del conte. Se ha sempre il volto coperto, deve essersi procurato diverse maschere. Se così non è, magari ne ha acquistata una di recente e chi gliel’ha venduta potrebbe ricordarlo. Non è molto, ma è comunque un inizio. Dobbiamo fare attenzione, però. Se si trova davvero in pericolo, anche noi potremmo ritrovarci nei guai dandogli la caccia. Devi fidarti di me e starmi a sentire, d’accordo? — D’accordo — rispose Amelia. Aveva il labbro inferiore che le tremava e se lo morsicò per nascondere quel movimento rivelatore. — Grazie, Maria — aggiunse, stringendo forte le mani della sorella. — Grazie infinite. Maria l’attirò a sé e le baciò la fronte. — Io ci sarò sempre per te, bambolina. Sempre. Quell’affermazione infuse forza ad Amelia, e vi si aggrappò mentre scivolava giù dal letto per andare ad affrontare il giorno che veniva. 8 I carretti, i passanti e le carrozze avanzavano oziosamente per la via. Il sole splendeva alto nel cielo, sviluppando un piacevole tepore, mentre una debole brezza spazzava via le nubi che avevano portato una leggera pioggia mattutina. Colin era irrequieto: quell’atmosfera gli trasmetteva tutto all’infuori della tranquillità. 138/325 — Non dovresti preoccuparti tanto — gli disse Jacques. Avevano deciso di darsi del tu, visto che ormai erano compagni in quell’avventura sgangherata. — Non le succederà nulla. Vedrai che nessuno è riuscito ad associarti alla signorina Benbridge. Colin fece un sorriso triste. — Sono così trasparente? — Oui. Specialmente quando abbassi la guardia. Colin teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino e osservava la gente che si affrettava verso le proprie occupazioni giornaliere. Per quel che lo riguardava, il suo compito era quello di lasciare la città. La carrozza di lì a poco sarebbe partita alla volta Bristol: avevano già caricato i bauli e regolato il conto con il padrone di casa, ma Colin non si sentiva ancora a posto con se stesso. Quel giorno più che mai aveva la sensazione di stare per lasciarsi alle spalle per sempre l’amore. Pian piano stava rendendosi conto di essere una creatura mortale, che la vita prima o poi avrebbe avuto una fine, e il pensiero che avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni senza Amelia lo uccideva. — Non sono mai salito su una carrozza insieme a lei — disse, appoggiando la mano guantata sul finestrino. — Non ci siamo mai seduti a tavola insieme, non ho mai condiviso un pasto in sua compagnia. Negli ultimi anni non ho fatto altro che cercare di conquistare una posizione e un titolo che mi dessero il privilegio di trascorrere ogni singolo istante della mia vita insieme a lei. Jacques lo scrutava con aria triste al di sotto della tesa del cappello. Era seduto di fronte a lui, composto e rilassato, ma pur sempre pulsante di energia. 139/325 — Poco dopo la morte dei miei genitori — proseguì Colin, sempre con lo sguardo sulla strada — mio zio fu assunto come cocchiere da lord Welton. La paga era misera e fummo costretti a lasciare il campo nomadi, ma lui riteneva che fosse una vita più stabile. Prima del mio arrivo era stato uno scapolo convinto, ma prese molto sul serio il compito di badare a me. — Ecco chi ti ha insegnato cos’è l’onore — osservò Jacques. Colin abbozzò un sorriso. — Quel cambiamento mi spaventava. Avevo dieci anni e sentivo molto la mancanza dei miei amici, soprattutto dopo aver perso i miei genitori da poco. Ero certo che la mia vita fosse finita e che sarei stato infelice per sempre. Poi ho visto lei. — Se lo ricordava come se fosse accaduto il giorno prima. — Aveva solo sette anni, ma io rimasi incantato. Con quei riccioli neri, la pelle di porcellana e gli occhi verdi, sembrava davvero una bambola. A un certo punto ha allungato una mano sporca di terra, mi ha sorriso e io ho visto che le mancava un dente. Mi ha chiesto di giocare con lei. — Fantastico — commentò Jacques. — Proprio così. Amelia aveva uno spirito avventuroso, era curiosa e piena di risorse. Con lei si potevano fare mille giochi diversi e io cercavo di sbrigare in fretta le mie faccende in modo da poter passare più tempo possibile in sua compagnia. — Colin sospirò, chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro il finestrino. — Ricordo ancora il giorno in cui mi fecero fare il lacchè per la prima volta sul retro della carrozza. Mi sentivo adulto e maturo, fiero del mio nuovo ruolo. Anche lei era felice per me, le brillavano gli occhi dalla gioia. Poi, d’un tratto, capii che lei stava dentro, mentre io ero fuori, e che non mi sarebbe mai stato concesso di sederle accanto. 140/325 — Da allora sono cambiate molte cose, mon ami. Ora non c’è più questo divario tra voi. — Oh, sì che c’è. Non è più di natura economica, ma esiste ancora. — Quando hai capito che lei era innamorata di te? — Credo da subito, proprio com’è successo a me — rispose Colin, stringendo i pugni sulle cosce. — Il sentimento è semplicemente cresciuto e mutato insieme a noi. Non avrebbe mai dimenticato quel pomeriggio in cui avevano giocato in riva al fiume, lui in calzoni, lei in camicetta. Amelia aveva quindici anni, lui diciotto. Erano scivolati sulle pietre viscide nel tentativo di acchiappare una rana ed erano caduti. Amelia era scoppiata a ridere e lui si era voltato di scatto, e quell’immagine aveva cambiato la sua vita per sempre: baciata dal sole e inzuppata fino alle ginocchia, con il volto trasformato dal divertimento, sembrava una ninfa. Era ammaliante e seducente nella sua innocenza. Gli era mancato il fiato, il suo corpo si era teso. Un desiderio bruciante gli aveva incendiato il sangue nelle vene e prosciugato la bocca. Il pene, che aveva iniziato a tormentarlo sempre più a mano a mano che cresceva, in quel momento aveva pulsato dal desiderio. Non era inesperto, ma le pulsioni fisiche che aveva avuto in passato erano nulla, paragonate al bisogno imperante scatenatosi alla vista del corpo semisvestito di Amelia. In qualche modo, mentre era impegnato a fare altro, lei era cresciuta e si era fatta donna, e ora la voleva come non aveva mai voluto null’altro nella sua vita. Aveva avvertito una stretta al cuore per quell’improvvisa bramosia; le braccia gli dolevano dalla voglia di stringerla. Dentro di sé, nel profondo, sentiva un vuoto e sapeva che lei avrebbe saputo colmarlo. Era la sua metà e l’avrebbe completato. Sin da bambina era 141/325 stata tutto per lui, e sapeva che avrebbe continuato a esserlo anche da adulta. — Colin? — Lei l’aveva chiamato; il sorriso era scomparso dal suo volto, mentre una strana tensione aleggiava nell’aria. Più tardi, quella sera, lo zio Pietro aveva notato che era strano e gli aveva fatto molte domande; alla fine lui aveva confessato, suscitando l’ira dell’uomo. — Sta’ lontano da lei — gli aveva intimato, fulminandolo con lo sguardo. — Avrei dovuto mettere fine alla vostra amicizia molto tempo fa. — No! — aveva gridato Colin, spaventato a morte al solo pensiero di essere separato da lei. Lo zio Pietro a quel punto aveva battuto il pugno sul tavolo e si era sporto su di lui con aria minacciosa. — Lei è troppo per te. È al di là della tua portata. Così rischi di mettere a repentaglio la nostra tranquillità. — Ma io l’amo! — Le parole gli erano uscite di bocca di getto, ma sapeva che erano vere. Lo zio, furioso, l’aveva preso per un braccio e l’aveva trascinato prima nelle stalle e poi giù al villaggio, dove l’aveva gettato tra le braccia di una bella prostituta che si era divertita a sfiancarlo e a prosciugarlo di ogni istinto. Quella era una donna matura, molto diversa dalle ragazze poco esperte con cui si era trastullato in precedenza. Alla fine Colin aveva lasciato il suo letto con i muscoli doloranti e un tremendo bisogno di schiacciare un pisolino. 142/325 Quando, qualche ora dopo, era entrato barcollando nella taverna dove l’attendeva, lo zio l’aveva salutato con un sorriso gioviale e un’espressione da padre orgoglioso sul volto. — Ora hai un’altra donna da amare! — aveva detto solennemente, dandogli una pacca affettuosa sulla spalla. Colin l’aveva corretto. — Le sono grato, è vero. Ma io amo solo Amelia. Pietro si era fatto improvvisamente serio. Il giorno successivo, quando Colin aveva rivisto Amelia, aveva continuato a provare per lei lo stesso desiderio struggente che l’aveva assalito giù al fiume, e così si era reso conto che fare sesso con lei sarebbe stata tutta un’altra cosa. Amelia riusciva a rendere le sue giornate più luminose e più gioiose; andare a letto con lei sarebbe stata un’esperienza altrettanto coinvolgente e profonda. La bramosia che provava era quasi inspiegabile: lo rodeva dentro senza lasciargli pace. Nei mesi successivi, lo zio Pietro gli aveva ripetuto ogni giorno di lasciarla perdere: se l’amava davvero, doveva volere soltanto il meglio per lei, e il meglio non corrispondeva esattamente a un povero stalliere, per di più gitano. Così, pian piano Colin aveva trovato la forza per allontanarla, e questo l’aveva ucciso. Ora, mentre lasciava la città, moriva una seconda volta. La carrozza oscillava, sobbalzava e correva lungo le strade che lo portavano lontano dall’unica cosa che avesse mai desiderato al mondo. — Vedrai che presto vi incontrerete di nuovo — disse Jacques sottovoce. — Questa non è la fine. 143/325 — Finché c’è in ballo questa storia con Cartland, non posso nemmeno pensare di averla. C’è un motivo se Quinn continua ad avvalersi di lui anche se è un personaggio scomodo: Cartland è un eccellente segugio. Se non smette di darmi la caccia, non ho futuro. — Io credo nel destino, mon ami, e il tuo non è certo quello di morire per mano di quell’uomo. È una promessa. Colin annuì, ma dentro di sé non era affatto ottimista. La mano che calzava quel guanto bianco e che stringeva il bordo del finestrino era quella di Montoya, Amelia ne era certa. Mentre la carrozza anonima e con l’equipaggio senza divisa le sfilava accanto, riuscì a intravedere Jacques seduto all’interno e rimase paralizzata dalla sorpresa, mentre un brivido di consapevolezza le correva giù per la schiena, infondendole una nuova speranza. Poi vide il mucchio di bauli ammassati sul retro; Montoya stava lasciando la città, proprio come le aveva annunciato. Fortunatamente per lei ma sfortunatamente per lui, il cocchiere aveva scelto di percorrere la strada che lei e sua sorella Maria stavano battendo alla ricerca di un indizio che potesse condurle a lui. — Maria — disse, sempre tenendo gli occhi incollati alla carrozza per paura di perderla di vista. — Mmm... — rispose la sorella distrattamente. — Vedo delle maschere nella vetrina laggiù. Prima che potesse protestare, Amelia sentì un gaio tintinnare di campanelle che annunciava l’entrata di sua sorella nel negozio. 144/325 Anche se il marciapiede era affollato, la gente si teneva alla larga da loro, intimidita da quell’omone di Tim. — Tim! — gridò, indicandogli la vettura che si allontanava. — Montoya è sulla quella carrozza nera. Dobbiamo fare in fretta, altrimenti lo perderemo. La sensazione che le stesse scappando di mano qualcosa di prezioso la riempì d’ansia, così si sollevò le sottane e si mise a correre. A poca distanza, una carrozzella stava scaricando i suoi passeggeri e Amelia prese ad agitare la mano per attirare l’attenzione del conducente. Intuendo al volo cos’aveva in mente, Tim imprecò e l’afferrò per un braccio, trascinandola avanti più veloce. — Alt! — intimò al cocchiere, che aveva appena sollevato la frusta. L’uomo si voltò e quando vide Tim deglutì a fatica e annuì. Tim aprì in fretta la porta e la sospinse dentro, poi si girò e si rivolse agli altri due scagnozzi che erano con loro. — Tornate indietro e raccontate quel che è successo alla signora St John. Sam, un ragazzo dai capelli rossi che era da anni al servizio di St John, gli fece un cenno deciso col capo. — Sì, ma fate attenzione. Tim saltò sulla vettura spingendo in là Amelia. — Questa cosa non mi piace — borbottò. — Sbrigatevi! — ribatté lei. — Avrete tutto il tempo per farmi la ramanzina. 145/325 Lui la guardò di traverso e imprecò di nuovo, poi impartì velocemente le istruzioni al conducente, che si mise subito in moto, allontanandosi dal marciapiede e tuffandosi nel traffico cittadino. Le campanelle stavano ancora suonando quando Maria si fermò di colpo sulla porta. Un uomo alto e vestito in maniera elegante le bloccava la strada: al suo fianco c’era una bella bionda agghindata secondo la moda francese. Maria spostò lo sguardo dall’uno all’altra, notando che formavano proprio una bella coppia. — Simon! — esclamò, quando lo riconobbe. — Gattina — rispose lui in tono affettuoso, afferrandole la mano e portandosela alle labbra. — Sei incantevole, come sempre. Simon Quinn era lì, in piedi davanti a lei, ed era attraente e peccaminoso come nessun altro uomo sapeva essere. Con quei calzoni color camoscio e il soprabito verde bottiglia attirava gli sguardi di tutti. Era muscoloso come se lavorasse nei campi, ma quegli abiti gli stavano divinamente, facendolo sembrare un re. In passato erano stati amanti e lei aveva deciso di frequentarlo anche quando la loro relazione era terminata, perché teneva in alta considerazione la loro amicizia. Per questo, nessuno si stupiva dell’intimità che c’era tra loro. — Non sapevo che fossi a Londra — lo riprese con gentilezza. — E ammetto che sono un po’ offesa dal fatto che tu non mi sia venuto subito a cercare. La ragazza francese le rivolse un sorriso che però non si rifletteva nei suoi freddi occhi azzurri. — Quinn... — disse, scuotendo il capo e facendo dondolare i nastrini che aveva tra i capelli. — Pare che siate solito trattare sempre malamente le donne. 146/325 — Sst! — la zittì lui, e Maria aggrottò la fronte, perché non era abituata a vedere Simon rivolgersi in modo brusco a una bella donna. Le campanelle tintinnarono di nuovo e lei si spostò di lato per permettere alle persone di passare, ma qualcuno la afferrò per un braccio e Maria, colta alla sprovvista, si voltò di scatto, facendo volteggiare le sottane, e si ritrovò faccia a faccia con Sam, visibilmente in affanno. — La signorina Amelia l’ha visto sulla carrozza — ansimò lo scagnozzo di St John. — Ha voluto seguirlo. Tim è andato con lei, ma... — Amelia? — ripeté Maria incredula, guardandosi intorno e rendendosi conto solo in quel momento che la sorella non era con lei. Si precipitò fuori del negozio e si ritrovò sul marciapiede pieno di gente. — Laggiù — disse Sam, indicandole una carrozzella. — Ha visto Montoya? — gli domandò lei, con lo stomaco in subbuglio per l’apprensione, facendosi largo tra la folla. Simon e la bionda le stavano dietro e ben presto altri uomini di St John si unirono a loro. Stavano creando un po’ di scompiglio, ma a Maria non importava nulla: l’unica cosa che contava era riuscire a raggiungere Amelia. Quando fu evidente che non sarebbe mai riuscita a farlo correndole dietro a piedi, si rivolse a Sam. — Ho bisogno della mia carrozza. — L’ho già mandata a chiamare — la rassicurò il ragazzo. — Informate St John dell’accaduto — proseguì Maria, cercando di prefigurarsi cosa sarebbe accaduto nelle ore successive. — Io porterò con me il resto degli uomini. Quando avremo trovato Amelia, qualcuno tornerà a dirvi dove siamo. 147/325 Sam annuì e si allontanò per andare a prendere il suo cavallo. — Che diavolo sta succedendo? — chiese Simon, con la fronte aggrottata, mentre la bionda sembrava solo vagamente interessata. — Mia sorella si è innamorata di uno sconosciuto mascherato che ha incontrato a un ballo qualche sera fa e ora lo sta cercando. L’improvvisa tensione che vide sul volto di Simon non fece che aumentare l’ansia. Se anche lui percepiva un pericolo, voleva dire che si trattava di una faccenda seria e che non era soltanto la sua preoccupazione di sorella ad agitarla. — Da quando l’ho saputo, non faccio che crucciarmi — proseguì. — Ma lei sembra irremovibile. Ho cercato inutilmente di farla ragionare: vuole trovarlo a tutti i costi, e anche St John. Mi sono offerta di aiutarla nella ricerca per tenerla sotto controllo, ma a quanto pare l’ha visto per strada poco fa e ora gli sta correndo dietro. — Santo cielo! — gridò Simon con gli occhi sgranati. — Oh, ma è meraviglioso! — esclamò la sua accompagnatrice, animata per la prima volta da un segno di vita. — Io vengo con voi — tagliò corto Simon, facendo un cenno al lacchè che lo attendeva, il quale si mise a correre per andare a riprendere la carrozza. — Non voglio coinvolgerti in questa faccenda — obiettò Maria. — Adesso sei fidanzato, goditi questi giorni. — Tu sei preoccupata, gattina; magari posso alleviare un po’ le tue pene. Nei nostri piani c’era già di trascorrere qualche giorno fuori città 148/325 e non credo che alla signorina Rousseau dispiaccia questo cambio di programma. — No, tutt’altro — convenne la ragazza con un sorriso. — A dire il vero piacerebbe anche a me venire. I giovani innamorati sono sempre una bella distrazione. Simon borbottò qualcosa, stizzito, e quell’espressione di nervosismo dissuase Maria dal continuare a protestare. In fondo Simon era stato suo compagno per molti anni e avrebbe potuto davvero aiutarla. Qualunque fosse la situazione tra lui e la signorina Rousseau, che se la chiarissero tra di loro. Alcuni istanti dopo, che le parvero eterni, la carrozza nera e lucida di St John comparve all’angolo della strada. L’equipaggio di Simon comparve subito dietro e tutti salirono a bordo in fretta per lanciarsi all’inseguimento. Colin fu felice di poter mettere i piedi giù dalla carrozza: era sfinito. Dopo diverse ore di viaggio, aveva raggiunto l’osteria della posta subito dopo Reading. Si fermò un attimo a scrutare il cortile al chiaro di luna. Jacques lo raggiunse e insieme entrarono per cercare una sistemazione per la notte. La taverna era illuminata da una luce fioca e l’atmosfera era abbastanza tranquilla. Soltanto qualche avventore si era attardato nella sala, gli altri si erano già ritirati. Si accordarono velocemente con il locandiere e ben presto Colin si ritrovò in una stanza piccola e poco ammobiliata, che però era pulita. Non appena rimase solo, la malinconia discese su di lui come un mantello pesante e freddo. Si trovava a un giorno a cavallo da Amelia e il giorno successivo avrebbe aggiunto altra distanza tra loro. Frustrato dalla piega degli eventi, pregava solo di riuscire ad addormentarsi 149/325 presto per avere un po’ di tregua, ma dopo anni di notti passate a sognare Amelia, ormai non ci sperava nemmeno più. Stava per tirare le tende, quando la porta alle sue spalle si aprì. Mise d’istinto la mano sul pugnale che teneva nascosto sotto il cappotto e si girò di lato per essere un bersaglio meno facile da colpire. — Montoya. La voce dolce e femminile di Amelia lo raggelò. Temeva che qualcuno lo stesse seguendo, ma non avrebbe mai immaginato che si trattasse di Amelia. Ora, il pericolo che incombeva su di lui investiva anche lei. — Dovevo vedervi. La vostra carrozza mi è passata davanti e io non potevo permettere che andaste via così. Se non si gettò subito tra le sue braccia fu soltanto grazie all’esperienza, che gli aveva insegnato a controllare i propri sentimenti. Al contrario, chiuse le tende, oscurando così la debole luce lunare, prima di voltarsi verso di lei. Se era fortunato, la brace che si stava esaurendo nel camino non sarebbe stata sufficiente a rivelarle i suoi lineamenti, diminuendo così le possibilità di essere riconosciuto. Colin si era preparato mentalmente soltanto a come avrebbe reagito Amelia, ma non aveva calcolato la propria reazione. Trovarsela lì, ferma sulla porta e vicina a un letto, lo colpì come una mazzata in pieno volto, facendogli salire su dalla gola chiusa un primitivo ringhio di possesso. Quel suono la fece sussultare e la ragazza dischiuse le labbra, mentre il respiro diventava più affannoso. Colin serrò i pugni: dannazione, ma si rendeva conto dell’effetto che aveva su di lui? 150/325 Lei se ne restava lì, fiera e impavida, con il cappello allacciato di lato, il corpo snello ingabbiato in una sottana di satin cangiante e delicati pizzi bianchi. Il taglio innocente dell’abito cancellò per un attimo tutto il tempo trascorso e lo fece eccitare. Il suo era un trasporto profondo e totale, simile all’infatuazione adolescenziale, ma anche un amore adulto, appassionato, che gli incendiava il sangue gitano. — Ditemi che non avete viaggiato da sola — la aggredì, furioso all’idea che una simile bellezza non venisse tenuta d’occhio. Lei era come un tesoro, che andava custodito e protetto. — Ho una scorta — rispose Amelia, e i suoi occhi brillavano nella semioscurità. — Siete arrabbiato con me? — No — ribatté Colin in tono burbero, con il cuore che gli batteva violentemente nel petto.. — La maschera... In genere gli uomini risultano particolarmente attraenti quando indossano un vestito da sera. Voi... — Amelia... — Voi mi sorprendete sempre. Qualunque cosa abbiate indosso, ovunque. Colin chiuse gli occhi mentre quell’apprezzamento si faceva strada dentro di lui, e involontariamente fece un passo avanti, dopodiché si fermò. La stanza all’improvviso gli pareva troppo stretta, gli mancava l’aria; il bisogno di togliersi tutto di dosso e spogliarla era opprimente. La bramosia cresceva feroce e lo azzannava, impaziente di essere soddisfatta. — Siete felice di vedermi? — gli chiese lei con un soffio di voce. 151/325 Colin scosse la testa e aprì gli occhi, perché non poteva sopportare il fatto di non vederla. — Mi uccide. Sul viso delicato di Amelia passò una dolce tenerezza che risvegliò qualcosa di ancora più profondo in lui. — È il desiderio che sento emanare da voi ad attirarmi così — disse Amelia, facendo un passo avanti, ma lui alzò una mano per fermarla prima che si avvicinasse troppo. — Finché mi vorrete, anch’io vi vorrò. — Avrei già smesso di desiderarvi tanto tempo fa — ribatté lui con voce roca. — Se fosse stato possibile. Lei inclinò la testa di lato, studiandolo per un attimo. — Voi mentite. Incapace di resisterle, Colin sorrise: era rimasta audace come una volta. — Voi godete nel desiderarmi — osservò lei con una punta di soddisfazione tutta femminile. — Godrei se potessi avervi di più. Quando Amelia gettò un’occhiata al letto, il suo pene si gonfiò in una feroce erezione. Lei si leccò il labbro superiore con la punta della lingua e lui si lasciò sfuggire un gemito gutturale. — Venite con me — lo implorò, puntando di nuovo gli occhi nei suoi. — Venite a conoscere la mia famiglia. Mia sorella e suo marito possono esservi utili. Qualunque cosa vi tormenti, possono aiutarvi a risolverla. Colin sentì una stretta allo stomaco. Avrebbe dovuto dirle di no: non poteva permettersi di mettere a repentaglio la sua vita, ma la possibilità di farla sua lì, in quell’istante, senza più attese, senza più 152/325 travestimenti... Era notte, c’era un letto a loro disposizione ed erano soli: quella era la sua fantasia più segreta che prendeva forma. Fece un passo avanti. — C’è una cosa che devo dirvi, una cosa che farete fatica a comprendere. Avete tempo per stare ad ascoltarmi? — Quanto volete. — E che mi dite di quelli che sono con voi? — Ce n’è soltanto uno, ed è di sotto a bere — Amelia sorrise. — Gli ho mentito, sapete? Gli ho indicato un uomo e ho detto che mi sembravate voi. Così, mentre lui lo teneva d’occhio, io ho fatto un po’ di domande in giro e vi ho trovato. Voi siete unico, con un fisico così possente e slanciato. Le cameriere vi hanno notato subito, appena avete fatto il vostro ingresso. — E che ne sarà della vostra reputazione? Una giovane donna di nobili origini che chiede informazioni su uno scapolo. — Una volta che mi hanno detto dove trovarvi, le ho ringraziate per avermi aiutata a trovare mio fratello — rispose lei, compiaciuta della propria scaltrezza. Colin guardò in basso. Santo Cielo! Stava succedendo per davvero? — Lo sapete che vi siete messa in un mare di guai venendo a cercarmi, signorina Benbridge? — Amelia — lo corresse lei. — E la risposta è: sì, lo so. Lui accennò un sorriso. — Allora voltatevi con la faccia verso la porta. — Perché? 153/325 — Perché mi devo avvicinare e non sono sicuro quanto del mio volto voi possiate vedere con questa luce. — La vide esitare. — Siete stata voi a venire a cercarmi. Voi mi volete e io mi concederò a voi, in tutti i sensi, ma in cambio dovrete starmi a sentire senza fare domande. Tutto questo vi spaventa? Lei deglutì a fatica, con le pupille così dilatate da aver assorbito tutta l’iride, poi scosse il capo. — Anzi, la situazione vi eccita — bisbigliò Colin. Una brama potente lo invase, scatenando un irrefrenabile istinto. Era sempre stato lui a condurre i giochi con Amelia ed era molto eccitante pensare di poter fare altrettanto a letto. — Voltatevi. Lei ubbidì e gli diede le spalle e Colin le si avvicinò a rapide falcate, liberato dalla paura di essere riconosciuto prematuramente. Si schiacciò contro di lei e inalò a pieni polmoni il suo profumo di caprifoglio, appoggiando le mani sulla parete, ai lati della sua testa. Il cuore di Amelia accelerò il battito e la vena nel collo prese a pulsarle, attirando per un attimo l’attenzione di Colin, che però fu subito distratto dal pensiero di essere quasi riuscito a realizzare il proprio sogno. Sarebbe stato semplice chiudere la porta a chiave, ma la situazione era più eccitante così. Lei voleva che la prendesse, la spogliasse e che si impadronisse del suo dolce corpo fino a saziarla. Anche se Colin ne era consapevole, voleva comunque che fosse lei a fargli quella richiesta a voce alta. — Non esiste una sola possibilità che tu esca da questa stanza come quando sei entrata — le sussurrò, passandole la lingua sul collo. 154/325 In tutta risposta, lei allungò una mano, prese una sedia e la sistemò sotto la maniglia, spostandosi indietro e premendo le natiche contro di lui. — Hai paura che qualcuno ci interrompa? — le domandò con una punta di ironia nella voce. — Oppure vuoi semplicemente tenere alla larga tutti? Sapere che Amelia voleva essere libera di stare con lui da sola gli fece gonfiare il cuore di gioia. Gli aveva già promesso la stessa cosa da ragazza, chissà se ora avrebbe mantenuto la promessa... — Tu presumi che lo stia facendo per lasciare fuori il mondo — rispose lei, con un sorriso. — Magari voglio solo impedire a te di andare via. Colin rovesciò la testa all’indietro e rise sonoramente, abbracciandola e stringendola forte. — Come sono felice che tu sia sempre la stessa! — Minacciarmi di voler fare l’amore con me non è sufficiente per scoraggiarmi — ribatté Amelia. No, forse no, ma se avesse scoperto la sua identità si sarebbe trattenuta, e quel pensiero lo fece riflettere. — Devo mostrarti il mio volto e raccontarti il mio passato prima di andare oltre. Sentì il suo corpo irrigidirsi. — Perché? Questo potrebbe cambiare ciò che provo per te? — Assolutamente sì. — Allora non dirmi niente. — Come? — chiese lui incredulo, sbattendo le palpebre. 155/325 — In questo momento credo che non potrei più vivere senza averti accanto — gli confessò lei con un filo di voce. — E non voglio essere riportata bruscamente alla realtà. Negli ultimi anni ho vissuto senza provare emozioni. Mi sembrava quasi di vedere la vita attraverso un velo e solo ora che sono qui con te mi accorgo di tutti i colori e le sfumature del mondo. — Dovresti tenere in grande considerazione la tua verginità — mormorò lui, premendo la guancia contro la sua. — Io non me ne posso appropriare così... A quel punto lei girò la testa e lo baciò. Colin dapprima rimase stordito da quell’improvvisa tempesta di emozioni, poi fu trascinato nel suo gorgo. Sentì che Amelia si muoveva, ma non riusciva a staccarsi da lei per capire cosa stesse facendo. Le passava la lingua sulle labbra, gustandone il sapore dolce. Era consapevole che quella era una droga che dava assuefazione e lo distruggeva lentamente, ma non sapeva resistere. Quando Amelia lo prese delicatamente per i polsi e gli appoggiò le mani sui seni, Colin capì di non potersi opporre alla sua volontà e soprattutto che in quel momento non poteva rivelarle chi era. — Io riesco a vederti con il mio cuore — lo rassicurò lei, senza smettere di baciarlo. — Ti voglio, adesso che mi sento libera, selvaggia e appassionata. Sto facendo la figura dell’ingenua? Mi trovi folle? Sto correndo troppo? A ogni parola che pronunciava, lui perdeva sempre di più il controllo. Libera, selvaggia e appassionata: quei tre aggettivi combinati insieme costituivano un’attrazione irresistibile per un maschio gitano. Amelia aveva vissuto per così tanto tempo lontana dall’alta società da potersi permettere di ignorarne tutte le restrizioni, e Colin aveva il sospetto che ciò contribuisse alla loro affinità. In fondo, entrambi non volevano altro che poter correre felici nei prati, senza costrizioni. 156/325 Colin allungò una mano per slacciarle la spilla che teneva legato il fichu. — Posso coprirti gli occhi? — le domandò, con voce roca. — Questo raffredderebbe il tuo ardore? — Amelia tentò di voltarsi per guardarlo in faccia, ma lui la bloccò con un bacio. — Non voglio farti questa rivelazione adesso. Voglio che la nostra prima volta sia impeccabile. Ho aspettato questo momento troppo a lungo e l’ho desiderato così intensamente che ora non voglio rovinarlo. Lei acconsentì e rimase immobile mentre Colin le annodava il prezioso tessuto intorno alla testa come se fosse una benda. — Come ti senti? — Strana. — Non ti muovere. — Colin si allontanò un attimo e si tolse il soprabito, si allentò il foulard e poi iniziò ad armeggiare con i bottoni d’avorio del panciotto. — Ti stai spogliando? — chiese lei in tono incerto. — Sì. Vide che fu percorsa da un brivido a quell’affermazione e sorrise. Quanto era eccitante, con le labbra gonfie di baci e gli occhi bendati. Era sua, poteva gustarsela tutta. Lo zio Pietro aveva cercato di allontanarlo da lei insistendo sul fatto che alle donne inglesi mancava quel fuoco di cui aveva bisogno un gitano. Colin non ci aveva già creduto allora e ci credeva ancor meno in quel momento. I seni di Amelia si sollevavano e si abbassavano al ritmo del suo respiro sempre più affannoso, le mani si muovevano nervosamente. Era pronta e matura, un’oasi in una vita arida come il deserto. 157/325 Colin riuscì finalmente a scrollarsi di dosso il panciotto e lo gettò sullo schienale della sedia, poi tornò di nuovo accanto a lei. — Voglio che tu mi dica tutto quello che ti passa per la testa, cosa ti piace e cosa non ti piace. Se menti, me ne accorgerò: sarà il tuo corpo a tradirti. — E allora a che serve parlare? — Serve a te — rispose Colin, accarezzandole una spalla e poi raggiungendo la fila di bottoncini in tessuto che le scendeva lungo la schiena. — Parlare ad alta voce ti aiuterà a pensare nei minimi particolari a ciò che ti sto facendo e ti terrà ancorata al piacere di questo momento. — Tienimi stretta. — Certo, lo farò — sussurrò lui, dandole un bacio sul collo. — Dare voce ai tuoi desideri ti aiuterà a non avere esitazioni e a non arrovellarti su cosa si può fare e cosa no. Così capirai l’effetto che mi fa sentirti godere, e a quel punto saprai cosa vuol dire congiungersi con una persona senza essere sottomessi. — Sembra una cosa molto intima — ansimò lei. — Vedrai, amore, per noi lo sarà. 9 Erano da poco passate le dieci di sera quando Ware fece il suo ingresso nello studio di Christopher St John. Il pirata continuava a fare avanti indietro tra la scrivania e la finestra. Il conte non l’aveva mai visto tanto agitato. Senza il panciotto e con il foulard di traverso, St John gli appariva sconvolto e in ansia, tanto che a Ware si drizzarono subito i capelli dietro la nuca. Sul vialetto d’ingresso c’era in sosta una carrozza da viaggio, per cui era evidente che ben presto qualcuno sarebbe partito per andare lontano. — Milord — lo salutò Christopher con aria assente. — St John. Cos’è successo? Senza rispondere al suo quesito, il pirata girò intorno alla scrivania e andò verso il tavolo di servizio. Ware scosse il capo e si lasciò ricadere su una delle poltrone gemelle allineate davanti al caminetto. Era venuto a prendere Amelia e gli pareva strano che lo facesse attendere. La puntualità era una delle cose che apprezzava di più in lei. — Per me non è facile raccontarvi quanto è accaduto oggi — iniziò Christopher, versandosi una dose generosa di whisky. — Non vi preoccupate. Con me potete parlare liberamente. — Mia moglie e la signorina Benbridge sono andate in città, oggi pomeriggio. Mi avevano detto che andavano a fare compere, ma poi ho scoperto che in realtà stavano cercando l’uomo mascherato che ha catturato l’interesse di Amelia. Ware assunse un’espressione stupita. — Capisco. 159/325 — Per qualche strano caso, il conte Montoya, ammesso che questo sia il suo vero nome, stava lasciando la città, così la signorina Benbridge ha preso una carrozzella e si è lanciata al suo inseguimento... e mia moglie l’ha seguita. — Santo Dio! — Credo che abbiate bisogno di un po’ di alcol, milord. Il conte ci rifletté un istante, poi scosse il capo. — Mi sono informato anch’io. Speravo che lady Langston mi aiutasse a fare un po’ di luce sull’identità di quell’uomo, ma sulla lista degli invitati non figurava nessun conte Montoya. Christopher arricciò le labbra in una smorfia di disgusto. — Non so più cosa fare per uscire da questa situazione. Se quell’uomo avesse voluto farle del male oppure sedurla, che senso avrebbe avuto lasciare Londra? Tra tutte le emozioni che affollavano la mente di Ware c’erano gelosia e senso di possesso, ma anche rassegnazione. Una parte di lui sapeva che anche se Amelia si era decisa a sposarlo, in realtà voleva... di più. Non aveva idea di cosa le mancasse, ma a dire il vero la loro relazione non sarebbe più potuta andare da nessuna parte e non avrebbe portato a una felice conclusione senza prima aver colmato quel vuoto. — Sono sorpreso di trovarvi ancora a casa — disse. — Amelia non è mia moglie, eppure sento un forte bisogno di andare a cercarla. — Anch’io vorrei tanto poterlo fare — obiettò Christopher, gettandogli un’occhiataccia. — Ma non so dove sia. Sto aspettando notizie. 160/325 — Vi prego di perdonarmi, non intendevo offendervi. La mia era solo un’osservazione. — Ware fece una pausa prima di proseguire. — Vorrei venire con voi, se non avete obiezioni. Il pirata sembrava sul punto di controbattere, poi il disappunto sparì dal suo volto, e annuì. — Se volete, venite pure, ma i vostri abiti non sono adatti. — Vado subito a cambiarmi e a preparare i bagagli. Viaggerò leggero. Se partite prima del mio ritorno, lasciatemi un messaggio e vi raggiungerò. — Certo, milord — disse Christopher, abbozzando un sorriso carico di commiserazione e alzandosi a sua volta. — Devo scusarmi anch’io con voi. Avete fatto molto per Amelia rivolgendole le vostre attenzioni, e sia io sia la signora St John ve ne siamo infinitamente grati, e di certo anche Amelia. — St John — lo interruppe Ware con una risatina mesta. — In questo momento, l’incolumità di Amelia viene prima del mio orgoglio. Si strinsero la mano in segno di mutuo rispetto, poi il conte corse via, e mentre la sua carrozza lasciava la residenza del pirata, Ware cominciò a stilare una lista mentale di cosa portarsi dietro. Lo spadino e la pistola rientravano nell’elenco. Se l’onore di Amelia era stato offeso, lui considerava suo diritto e suo dovere punire l’offesa. Mentre Colin le allargava le sottane, non poteva fare a meno di pensare che quella notte avrebbe cambiato per sempre le cose tra loro. — Hai una cameriera con te? 161/325 Il fatto di essere bendata poteva rendere alcune donne timide o incerte, ma quello non era il suo caso. — No. Ho visto la tua carrozza e ti ho seguito — rispose Amelia con voce ferma e decisa. Colin era combattuto tra l’impulso di farla subito sua e la volontà di proteggerla come se fosse la cosa più preziosa che possedeva. — È evidente che ti stai lasciando trasportare dalle emozioni e che non ragioni più. Domani potresti pentirtene. — Io so cosa voglio — rispose lei in tono risoluto. — Allora lascerai perdere Ware — disse lui, sfilandole prima una manica del vestito e poi l’altra. — E sarai solo mia. — Credo che sarà più probabile il contrario. Sorridendo, Colin si chinò e le tirò giù la gonna. Amelia fece un passo di lato, senza fretta, tenendosi in equilibrio contro la porta. Lui si godette il piacere di vederla con indosso solo le sottogonne e appoggiò con calma il vestito su una poltrona lì accanto, facendo del suo meglio per non sgualcirlo. — Sei così calmo — mormorò Amelia. — Così controllato. Di sicuro hai avuto molte storie. — Questa non è una storia — rispose lui, voltandosi e squadrandola dalla testa ai piedi. Era ancora troppo vestita per i suoi gusti, ma sapeva che la stava vedendo come nessun altro l’aveva mai vista prima. Lei si mise una mano sul fianco e Colin vide spuntare un sopracciglio sopra la benda. — E chi ti dice che io non voglia una storia? 162/325 — Be’, posso dirti per certo che con me non ce l’avrai — dichiarò lui, avvicinandosi e sollevandola da terra. — Anzi, non ce l’avrai mai, perché nessuno verrà a letto con te, dopo di me. Amelia scoppiò a ridere e gli gettò le braccia al collo. — Mio... Quanto sei delizioso quando diventi possessivo. — Aspetta a dirlo quando sarò dentro di te. Allora sì che vedrai quanto posso essere delizioso. — Smettila di scherzare — replicò lei, ansimando. — Di questo passo, sarà giorno prima che io riesca a spogliarmi. — Non è necessario che tu sia nuda, possiamo farlo anche con i vestiti addosso. Basta che ti tiri su le sottane e mi sbottoni i calzoni, e io ti sbatterò contro la porta. — Se il tuo intento è quello di spaventarmi, sappi che è difficile riuscirci. — Nella sua voce non si percepiva alcuna ansia, soltanto una rinnovata risolutezza. — Io sono cresciuta in ambienti a dir poco rustici, dove ho visto animali di ogni tipo fare cose inimmaginabili. Lui soffocò una risata nascondendo la testa dietro il suo collo. — Non ridere alle mie spalle — lo rimproverò Amelia. — La tua minaccia è infondata. Lo so che non ti prenderai la mia verginità in modo così rude. Mi adori troppo. — Avete ragione, vostra altezza — ammise Colin, inginocchiandosi per baciarle i piedi. Mentre lei rideva di quel gesto, prese a salire pian piano, scivolando tra la massa di sottogonne e baciandole le gambe fasciate dalle calze. A 163/325 un certo punto, la risata si trasformò in un sussulto e in un gemito trattenuto. Sentire il suo odore in quella parte intima lo fece impazzire, allungò un dito per toccarla e rimase sorpreso di trovarla calda e bagnata. Amelia trasalì per quell’audace carezza e perse l’equilibrio, cadendo contro la porta con un tonfo. — Non voglio farlo in piedi! — protestò. Dandole un ultimo bacio nell’incavo del ginocchio, Colin si liberò delle sottane e si alzò in piedi, poi la fece voltare e prese a slacciarle il corsetto in modo da avere un attimo di tregua per riprendere il controllo. Si concentrò sulla respirazione e su di lei, cercando di ignorare quell’istinto animale che lo stava divorando. Alla fine, lei rimase solo con la camicetta, così trasparente che si vedeva tutto, e quell’immagine poco definita lo fece eccitare ancora di più. — Voglio che tu ti tolga da sola il resto — le disse, facendo un passo indietro. — Perché? — Perché mi piace. — Non è facile come dirlo. È la prima volta che sono nuda davanti a un uomo. — Fallo — le ordinò lui. Aveva un disperato bisogno di vederla tutta. Senza replicare, Amelia si sfilò le scarpe. Quando si abbassò per slacciarsi i gancetti delle calze, la camicetta si sollevò e Colin fu percorso 164/325 da un fremito. Ogni suo movimento suscitava in lui ricordi del passato: nessun’altra donna poteva competere con lei. Si stava togliendo i vestiti in maniera innocente, non era esperta e le sue mosse non erano volte a sedurre, eppure riuscivano a turbarlo. La desiderava al punto da provare quasi dolore, così si aprì la patta dei pantaloni e si prese il pene in mano. Era grosso e duro, bagnato sulla punta dalla voglia di lei. Cominciò a muovere la mano su e giù e gli sfuggì un gemito. Quando sentì quel suono, Amelia si immobilizzò, per paura di aver fatto qualcosa che non andava. — Cosa c’è? — Niente — la rassicurò lui con voce rotta. — Va tutto alla perfezione. Lei stette ad ascoltarlo attentamente, modulando il respiro in modo tale da cogliere ogni sfumatura nella sua voce. — Che cosa stai facendo? Sento che ti muovi. — Mi sto accarezzando l’uccello. La mente le si affollò di immagini solo parziali a causa della sua inesperienza, poi percepì uno strano pulsare tra le gambe e istintivamente strinse le cosce per farlo smettere. — Perché lo fai? — Perché mi fa male, amore. Ce l’ho duro e pronto per te, più duro e pronto di quanto sia mai stato in vita mia. — Posso toccarlo? Lui emise un suono soffocato e prese a masturbarsi più vigorosamente. — Prima spogliati. 165/325 Amelia ubbidì e si tolse tutto in fretta, cercando di non pensare alle proprie imperfezioni. Diversamente da Maria, non era formosa e non aveva il fisico adatto a soddisfare un uomo. Era alta, magra e con i seni piccoli. Era troppo attiva: preferiva andare a cavallo e tirare di scherma piuttosto che starsene seduta a giocare a carte o a prendere il tè. — Santo Dio! — esclamò lui quando Amelia lasciò ricadere la camicetta a terra. Lei tentò di coprirsi con le mani, ma Colin l’afferrò per i polsi e gliele scostò. — Non nasconderti mai da me. — Sono nervosa. — Amore mio... — Colin l’abbracciò forte e Amelia sentì la sua erezione premerle contro la pancia. Era liscio come la seta, ma duro come una roccia e caldo. Anche se quel contatto la sconvolgeva, il proprio corpo pareva deliziato da quella sensazione e si sentì ancora più umida tra le gambe. — Sei così bella... In ogni centimetro. Ho sognato di vederti proprio così, nuda e disponibile. Quanto erano misere le mie fantasie rispetto alla realtà! — Sei gentile — bisbigliò lei, appoggiandogli la fronte sul petto. Colin le mise la mano sul pene e le serrò le dita su di esso. — Un uomo non si sente così di fronte a un’amante che non è alla sua altezza. — Amelia prese a palparlo e accarezzarlo, a strizzarlo ed esplorarlo. — Così mi farai venire — sussurrò lui, ansimando. 166/325 — Se così ti faccio godere, voglio andare avanti — disse lei. Voleva davvero soddisfarlo, dargli un piacere unico che gli rimanesse impresso nella mente e che le permettesse di legarlo indissolubilmente a lei. — Civetta. Amelia s’irrigidì quando sentì la sua mano grande e calda afferrarle un seno. Il capezzolo, già turgido a causa dell’aria fresca, s’indurì ancora di più. — Guarda, mi sta giusto nel palmo — osservò lui, cominciando a muovere i fianchi per seguire il ritmo delle sue carezze. — Tu sei fatta per me, Amelia. Lei sussultò quando Colin le prese il capezzolo tra il pollice e l’indice e glielo strizzò, provocando brividi di piacere. Tutto diventò più intenso e le emozioni la risucchiarono in una spirale, facendola muovere in maniera ancora più febbrile. — E come reagisci prontamente ai miei stimoli — aggiunse lui. Un attimo dopo, Amelia gemette forte mentre lui prendeva a succhiarle la dolce sommità del seno. Le sue mani si serrarono in modo ancora più convulso sul pene, lui ansimò e quella vibrazione le fece perdere del tutto il controllo. Colin le circondò la vita con le sue braccia forti e la spinse all’indietro, sostenendola mentre continuava a rendere omaggio alle sue rotondità perfette, compiendo movimenti circolari con la lingua e succhiando con foga. Proprio come le aveva anticipato, le si svuotò la mente e rimase solo una creatura tutta desiderio e bramosia. La mancanza di pensieri razionali la legò ancora più forte a lui. C’era solo un altro uomo a cui 167/325 aveva pensato di potersi concedere in quel modo. Montoya non aveva la minima idea delle emozioni che suscitava in lei. — Dimmi che ti piace — sussurrò lui, spostandosi sull’altro seno. — Lasciati andare, Amelia, non restartene in silenzio. Le mordicchiò il capezzolo turgido e lei emise un gridolino, poi cominciò a leccarla dappertutto con ardore. Non le bastava ancora: lei prese a contorcersi, a dimenarsi e inarcò la schiena nel tentativo di essere baciata ancora più intensamente. — Cosa vuoi? — le domandò in un bisbiglio. — Di cos’hai bisogno? Dimmelo e io te lo darò. — Succhiamelo — mugolò lei. — Ti prego... non ce la faccio più... Lui ubbidì e Amelia sussultò quando le sue labbra si chiusero su un capezzolo. Il pene le fremeva tra le mani e un liquido caldo le bagnò la punta delle dita. Incuriosita, andò alla ricerca della fonte, un piccolo foro sulla punta. Prese ad accarezzarlo proprio lì con il pollice e lui fu percorso da un brivido e succhiò con maggiore intensità. Non potendo vederlo, tutti gli altri sensi erano più accesi che mai. Amelia sentì le narici riempirsi del suo odore e questo fece crescere ancora di più il suo desiderio. La sua pelle erano così sensibile che persino il minimo spostamento d’aria le faceva venire la pelle d’oca. — Ti prego — lo supplicò. Lui indugiò ancora un attimo sul capezzolo, poi si tirò su, la prese tra le braccia e la portò verso il letto. Simon era già di pessimo umore quando la carrozza di Maria lasciò la strada principale per entrare nel cortile di una taverna nella cittadina 168/325 di Reading. Due degli uomini di St John erano andati avanti. Se avevano fortuna, magari sarebbero tornati con qualche informazione in più, magari sarebbero riusciti ad avvistare Amelia. Avevano trascorso la giornata arrovellandosi su dove potesse essere finita la ragazza. Sapevano che il tizio che aveva dato loro un passaggio li aveva scaricati poco dopo, rifiutandosi di viaggiare fuori città. A quel punto, erano saliti su un’altra carrozza e avevano proseguito il loro viaggio. Gli eventi avevano preso una piega del tutto inaspettata. Ciò che turbava di più Simon era un’altra cosa: l’avevano informato che alcuni francesi si stavano muovendo nella loro stessa direzione. Poteva darsi che non volesse dire niente, oppure che si trattasse di Cartland. Simon avrebbe voluto raccontare tutto a Maria dopo cena, ma si sentiva in debito con Colin, che aveva rischiato la vita per lui in più di un’occasione. Così, decise di tenere a freno la lingua, quando si salutarono e si avviarono ciascuno verso la propria stanza. Né lui né Lysette avevano il necessario per viaggiare. Non un cambio d’abiti né un servitore. Non disponevano nemmeno del veicolo adatto, e questo gli aveva causato un forte mal di schiena. Per fortuna, Colin aveva accennato di voler andare a Bristol, e questo in un certo modo gli dava un vantaggio. Era riuscito a convincere Maria a muoversi verso quella destinazione, mentre di nascosto rispediva un lacchè a casa a informare il suo valletto di quel cambio di programma. Il servitore, nel frattempo, si sarebbe occupato anche di regolare i conti, di fare le valigie, di mandare a chiamare la cameriera di Lysette e di raccattare le sue cose. Pensando a lei, girò la testa e la osservò, seduta accanto al fuoco. Erano stati costretti a condividere la stessa stanza per necessità: erano 169/325 in tanti e avevano occupato tutte le camere disponibili. Maria si era opposta vivamente, sostenendo che il marito aveva diversi scagnozzi disseminati nella zona che avrebbero potuto ospitarli, ma Simon aveva insistito perché non si allontanassero troppo dalla strada, anche se Maria non si era dichiarata d’accordo. Tuttavia, non voleva che scoprisse che le aveva mentito riguardo alla sua “vacanza”, e lo stratagemma sarebbe stato svelato se si fosse accorta che indossava sempre gli stessi abiti. Un leggero sospiro attirò di nuovo la sua attenzione su Lysette. Era raggomitolata su una poltrona, in camicia da notte, con le ginocchia raccolte e una coperta in grembo. Si era sciolta i riccioli dorati, che ora le ricadevano sulle spalle, incorniciandole il viso dalla carnagione chiara. Stava leggendo, come faceva spesso; divorava libri di storia con una voracità che Simon trovava intrigante. Perché tanto interesse verso il passato? Avevano a malapena il tempo di fare le loro indagini, eppure lei si era portata dietro un libro. Andò verso il letto con espressione accigliata e si tolse di dosso gli abiti, restando con la biancheria. Poi scivolò sotto le lenzuola e la studiò di sottecchi, contemplando la sua delicata bellezza dorata, domandandosi perché la trovasse così attraente. Era la prima e unica volta nella sua vita che la bellezza di una donna non riusciva a distrarlo dai suoi tormenti interiori, e questo era davvero sorprendente, considerato che Lysette poteva fare a gara con Maria, quanto ad avvenenza. Le due donne erano simili sotto molti punti di vista, ma ciò non faceva che accentuare le loro differenze. Maria era risoluta, aveva una volontà di ferro, forgiata da un’incrollabile determinazione. Lysette, invece, a volte sembrava insicura sul percorso da seguire. Simon non riusciva a capacitarsi di come quella ragazza un attimo prima adorasse la vita che faceva e subito dopo la disprezzasse. 170/325 Il suo istinto gli diceva che c’era qualcosa che non andava in lei, e col tempo aveva imparato a fidarsi ciecamente di quello che sentiva. Lysette era un’assassina al soldo di qualcuno e la freddezza si confaceva perfettamente alla professione che aveva scelto, eppure quell’apatia verso gli altri a volte era intervallata da rari momenti di confusione e rimorso. Simon sospettava che fosse un po’ tocca, ma era difficile provare allo stesso tempo compassione e avversione. — Come avete fatto a farvi ingaggiare da Talleyrand? — le domandò. Lei trasalì, guardandolo di traverso. — Pensavo che steste dormendo. — Evidentemente no. — Be’, comunque non lavoro per Talleyrand. — E per chi, allora? — Questo non vi riguarda — rispose lei, con un sorrisino. — Oh, io invece credo proprio di sì. — E voi per chi lavorate? — Per nessuno e per tutti. Sono un mercenario. — Mmm... — Anche voi? — insistette Simon, quando vide che non rispondeva. Lysette scosse il capo e assunse di nuovo quell’aria un po’ persa. I suoi abiti erano di ottima fattura e di tessuti pregiati, il portamento e le maniere impeccabili. Una volta viveva sicuramente in un altro 171/325 ambiente. Simon sapeva perché Maria si era data alla vita criminale, ma perché l’aveva fatto anche Lysette? — Perché non vi trovate un marito ricco e vi divertite a svuotargli le tasche? — le chiese. Lei arricciò il naso. — Che noia! — Be’, questo dipende dal marito, no? — Non importa, non mi interessa. — Forse fare l’amante sarebbe più adatto a voi? — Non mi piacciono molto gli uomini — sentenziò lei, sorprendendolo. — Perché mi fate questa domanda? Simon fece spallucce. — Perché no? Non ho altro da fare. — Dormite. — Preferite la compagnia delle donne? Lei lo fissò per un istante, poi sgranò gli occhi. — No! Preferisco la compagnia dei libri, ma se non è possibile averla, la mia seconda scelta sono gli uomini, nel senso che intendete voi. Lui sorrise. — Perché non pensate a Cartland e mi lasciate in pace? — gli suggerì Lysette. Il buonumore svanì in un istante. — Credete che riuscirà a trovare Mitchell? 172/325 — Credo che sia impossibile il contrario, visti tutti gli uomini che gli danno la caccia. Cartland ha a disposizione un nutrito gruppo di persone. Non mi stupirei se stesse tenendo d’occhio tutte le strade principali fuori e dentro Londra. Non sarei venuta con voi se avessi pensato che si trattava di una banale bega di famiglia. — Ovvio — mormorò Simon; il piccolo moto di calore che aveva provato per lei era scomparso subito. Era così che andavano le cose tra loro: per un attimo la trovava attraente e subito dopo la detestava. — E che mi dite di quell’uomo che sta con Cartland? Come si chiama... Ah, sì, Dépardue! Pensate a lui? — Il meno possibile. C’era qualcosa sotto, riusciva a intuirlo dalla strana incrinatura nella sua voce. — È vostro rivale, vero? — No — rispose lei seccamente. — Non lo è. Se va bene a lui, non è detto che vada male a me. — Allora perché non mandarlo avanti ed evitare di macchiarvi la coscienza? — Faccio quel che devo — rispose lei, sulla difensiva. — So che non vi piace che io riesca a mettere da parte le emozioni per portare a termine il mio incarico, ma questo è l’unico modo per uscirne viva. Simon emise un profondo sospiro e si appoggiò contro il cuscino. — Sopravvivere come tentiamo di fare noi non significa essere per forza spietati. Che senso avrebbe vivere, se non si avesse un cuore? Lei richiuse il libro con uno schiocco. — Non cercate di farmi la predica! — urlò. — Voi non sapete proprio niente della mia vita! 173/325 — Allora raccontatemi qualcosa — la invitò lui in tono pacato. — Che ve ne importa? — Ve l’ho già detto: non ho nient’altro da fare. — Volete fare sesso? Lui tirò su la testa di scatto, sorpreso. Lysette lo stava guardando con le sopracciglia alzate. — Con voi? — domandò lui, incredulo. — C’è forse qualcun altro, qui? Con profondo rammarico, Simon considerò che gli sarebbe tanto piaciuto farsi una bella cavalcata, ma non con Lysette. Però non si sarebbe di certo fatto sfuggire quell’occasione. — Penso che potremmo... Lei sgranò gli occhi di fronte alla sua evidente riluttanza. Poi scoppiò a ridere, un suono melodioso e ritmato che lo incantò. Chi l’avrebbe mai detto che una creatura tanto fredda potesse avere una risata così calda? — Non volete venire a letto con me? — gli domandò. — Saprei essere all’altezza della situazione — ribatté lui, offeso. Lysette lo fissò con insistenza tra le gambe. — Non mi pare. — Non prendetevi mai gioco della virilità di un uomo se non volete costringerlo a dimostrarvi il contrario, cavalcandovi come si deve. — Lei si adombrò, deglutì e poi distolse lo sguardo. Simon sentì montare la rabbia e si mise a sedere sul letto. — Stavo scherzando. 174/325 — Ma certo. Sfregandosi la mascella, Simon imprecò tra sé. Non riusciva proprio a capire le donne, erano troppo volubili. — Forse potremmo riportare la nostra conversazione su argomenti meno pericolosi... — Sì, credo che sarebbe meglio — disse Lysette, lanciandogli un’occhiata veloce. Lui rimase in attesa che dicesse qualcosa; poi, visto che restava in silenzio, prese la parola. — Io intendo catturare Cartland e metterlo davanti a Mitchell, così potrete notare quanto sono diversi. Se conosco Cartland, spera di sbarazzarsi di Mitchell prima che riveli il suo segreto. — Se esiste davvero un segreto — azzardò lei. — Perché non credete a quel che vi diciamo? — Non prendetevela a male. Non credo nemmeno a Cartland. — E a chi credete, allora? — ribatté lui, seccato. — A nessuno. E non credo che vi comportereste diversamente, se foste al mio posto. — Ma voi avete conosciuto Mitchell. È un giovanotto onesto, con un gran cuore. — Sono certa che ci sono persone pronte a dire la stessa cosa anche di Cartland. — Cartland è un bugiardo e un assassino! 175/325 — Questo lo dite voi, ma una volta non lavoravate insieme? Non gli portate un certo rancore per avere rivelato i vostri loschi affari in Francia? Voi avete le vostre ragioni per volerlo morto, e questo rende sospetto tutto ciò che dite contro di lui. Simon si lasciò ricadere sul cuscino borbottando qualcosa e tirò la tenda. — Adesso vi è venuto sonno? — Sì! — Allora bonne nuit. Simon sbuffò e si girò su un lato. 10 Amelia fu percorsa da un brivido quando la schiena nuda toccò il copriletto freddo e per un attimo non sentì più il calore di Montoya avvolgerla. Se teneva lo sguardo puntato verso il basso, c’era un piccolo spiraglio attraverso il quale riusciva a intravedere la stanza e il bagliore del fuoco che bruciava nel camino, ma a lei non interessava vedere nulla, così serrò le palpebre. S’immaginava Montoya come una creatura dai tratti esotici, forte, bello e austero. Dentro di sé bruciava dal desiderio di dargli piacere; voleva sentirlo ridere e riempirlo di baci sulle fossette che gli spuntavano sul viso nelle rare occasioni in cui sorrideva. All’improvviso, le si affacciò alla mente un ricordo vivido di Colin in tutta la sua gloria e si irrigidì, sorpresa. 176/325 — Che succede? — sussurrò lui. Amelia capì che aveva smesso per un attimo di spogliarsi perché non sentiva più alcun rumore. Lei inspirò a fondo e cercò di riportare i pensieri al presente. Magari era così che doveva andare: forse era normale pensare al suo primo amore proprio nel momento in cui si stava imbarcando in una simile avventura con un altro. Le mancava l’esperienza per poterlo affermare con certezza. — Sento freddo senza di te — mentì, allungando le braccia verso di lui. — Tra un attimo sarai calda e bagnata — mormorò lui, salendo sul letto. Amelia sentì un bel tepore sul fianco e un attimo dopo lui le baciava dolcemente una spalla e poi l’accarezzava seguendo le dolci curve e gli avvallamenti del suo corpo. — Ho paura che sia tutto un sogno — bisbigliò. — Ho paura che se chiudo gli occhi, quando li riaprirò tu non ci sarai più. — Sono tutta in subbuglio — gli confessò Amelia, mettendo le mani sulla pancia, giusto sotto l’ombelico. Lui appoggiò le mani sulle sue e gliele strinse. — Tra poco sarò proprio lì, dentro di te — le spiegò, muovendosi in punta di dita verso la peluria riccioluta tra le gambe. Così le fece il solletico e lei scoppiò a ridere, poi, quando lui premette di nuovo le labbra sulle sue, sentì che anche lui stava sorridendo. — Ti amo — le sussurrò, prima di impadronirsi della sua bocca. Amelia ebbe l’impressione che il cuore smettesse di batterle, e questo la distrasse per un attimo dall’avanzata delle sue dita, ma quando 177/325 tentò di allargarle le gambe sussultò e le serrò d’istinto, voltando la testa di lato. A quel punto, il significato di quelle due parole che le aveva sussurrato poco prima la colpì con una forza sorprendente: non avrebbe mai pensato di udirle di nuovo, perlomeno non dalla bocca del suo amante. Sentì le lacrime salirle agli occhi e solleticarle le palpebre. — Apri le gambe — le disse, baciandole il collo. — Lascia che ti dia piacere. Amelia cominciò a tremare: quell’assalto ai suoi sensi e al suo cuore la scuoteva nel profondo. — Reynaldo... — No — la interruppe lui, salendole sopra e baciandola con più ardore. — Chiamami come vuoi, ma non così. Caro, tesoro... — Amore... — Sì — confermò lui, spingendo la lingua più a fondo e sentendola gemere. — Apri le gambe — le chiese di nuovo. — Voglio vederti... toccarti... A sentirlo parlare con tanta passione, Amelia non seppe resistergli e ubbidì, inarcando la schiena mentre lui iniziava a sfregare quel punto morbido e pulsante che implorava di avere la sua attenzione. I suoi baci si fecero sempre più appassionati a mano a mano che continuava a massaggiarle il sesso bagnato e dolente con stupefacente maestria, muovendosi al tempo della lingua. Amelia si contorceva e si aggrappava a lui, in balia di quel piacere, cercando ancora di lottare contro la crescente tensione che l’agitava. Sentire i muscoli degli avambracci che si tendevano e si flettevano non 178/325 faceva che aumentare la consapevolezza di quanto quelle carezze fossero erotiche e intime. Un dito scivolò ancora più a fondo e prese a muoversi in modo circolare intorno alla vulva. — Com’è morbida — disse Montoya in tono quasi reverenziale. — Sta risucchiando il mio dito con avidità. — Per provarle che aveva ragione, spinse ancora un po’ di più e Amelia gridò, mentre il suo corpo spasimava per quella delicata intrusione. — Dio mio, è così stretta e bagnata — mormorò lui con voce roca. — Se entro dentro di te, mi ucciderai. Amelia allungò una mano e gli toccò il pene, domandandosi come avrebbe fatto ad accoglierlo: era grosso e duro e lei sentiva già un forte bruciore per un solo dito. Lui gemette quando Amelia chiuse le dita sul membro: bruciava dal desiderio ed era pronto per penetrarla. — Stai per venire. Senti com’è contratta la clitoride? — le disse, toccandole con la punta del pollice quel rigonfiamento, per poi scivolarle dolcemente dentro. Amelia cominciò a gemere mentre lui entrava e usciva, penetrandola ogni volta sempre più a fondo. Sentiva i seni che le dolevano e la pelle che iniziava a sudare per il tocco esperto di quel massaggio. Dalla gola le sfuggivano ansiti disperati e alla fine si aggrappò a lui, cercando di attirarlo a sé. — Dimmi cosa vuoi che ti faccia — sussurrò l’uomo. — Dimmi cosa ti piace. 179/325 — I miei capezzoli... — Sono bellissimi, e così turgidi! Fanno venire voglia di succhiarli. — Sì! — gridò Amelia, inarcando la schiena in un palese invito. — Dillo, amore mio — la sollecitò lui, spingendo il dito ancora più a fondo. — Dimmi cosa vuoi. — Voglio... — Sì? — Voglio la tua bocca sul mio seno. — Mmm... Con piacere. Amelia sentì un forte calore bruciarle la pelle e una strana tensione impossessarsi dei suoi lombi, sempre maggiore a ogni bacio, a ogni carezza, a ogni movimento del pollice. L’orgasmo la sorprese, togliendole il fiato. Il corpo si tese, il cuore prese a martellarle contro le costole, il sangue le rimbombò nelle orecchie quando lui ruppe la barriera che li separava. In mezzo a quella tempesta di sensazioni Amelia non si accorse quasi di aver perso la verginità e le lacrime che stava versando non erano di dolore, ma di una gioia così travolgente da essere quasi insopportabile. Mentre ritornava in sé, sentì che le sussurrava parole dolci e pensò di essere stata fortunata ad aver condiviso la sua prima volta con un uomo che provava una simile passione per lei e che gliene ispirava altrettanta. Quel che sarebbe potuto essere un dovere si trasformava così in una gioia. 180/325 Nella sua testa, una moltitudine di emozioni si affollava e lottava per essere espressa a parole, ma la gola era serrata e Amelia non riusciva a parlare. Così, lo abbracciò e lo tenne stretto. Colin stette ad ascoltare il suo cuore che riprendeva a battere normalmente e capì di non averla mai amata tanto. Per lui era stata come la dea dell’amore, una creatura ardente e appassionata con il corpo arrossato e lucido, disinibita, selvaggia e ardente, proprio come lei voleva essere. Nata per fare sesso. Con lui. Nessun altro uomo sarebbe riuscito a sbloccarla. Amelia gli aveva confessato di sentirsi viva soltanto accanto a lui. Morbida e calda, bagnata e vogliosa. Desiderosa di essere toccata. — È stato... bellissimo. Colin sfregò la faccia contro il suo seno e rise, con il cuore gonfio di gioia. Anche a lui pareva di essersi finalmente risvegliato dopo anni di torpore. Amelia l’aveva inseguito perché aveva bisogno di innescare in lui il desiderio per liberare anche il proprio. — La tua faccia scotta — si lamentò, spingendolo via. Colin s’immaginò di poter davvero imprimere sulla sua pelle un marchio a fuoco e quell’immagine gli fece pulsare il pene, che protestava per l’attesa, ma la fantasia che aveva nutrito per anni non era quella di essere appagato. Voleva appagare lei. Prima che fosse giorno, voleva legarla a sé e farla sua schiava attraverso il desiderio e la passione, e insegnarle tutte le sfaccettature del sesso. Conquistare il suo amore sarebbe stato il premio finale, ma era essenziale anche darle piacere. 181/325 — Posso scaldarti anche in qualche altro posto? Lei s’inumidì le labbra e Colin si avventò su di lei, passandole la lingua sul bordo di quella bocca carnosa. Quella era una provocazione, un suggerimento. Lei trattenne il fiato, capendo quali erano le sue intenzioni. — Stai scherzando? — Non scherzo mai. Voglio assaggiare il tuo gusto. Dentro e fuori. Gli parve quasi di riuscire a sentire il suo cervello che analizzava e valutava quella proposta. — Per me è più facile pensare di essere io ad assaggiarti piuttosto che il contrario. Colin fu percorso da un fremito a quel pensiero e si lasciò cadere sulla schiena per evitare di rovinarle addosso. — Ti piacerà — lo rassicurò lei, vedendo la sua reazione. — La bocca di una donna è tanto diversa dalla sua vagina? — Mi piace che tu sia così curiosa. Promettimi che lo sarai sempre. — Magari un giorno sarò io a insegnarti qualcosa. — Sirena, tu mi hai già incantato. Che altro intendi farmi? Amelia passò le dita sui muscoli scolpiti del suo addome e poi gli accarezzò il pene eretto. Colin emise un profondo sospiro mentre lei si metteva a sedere e si girava verso di lui, tentando di togliersi la benda. — Non ancora — la bloccò Colin. 182/325 — Ma adesso sono pronta. — Io non ancora. Lei pareva sul punto di protestare, ma poi cambiò idea e prese a muovere le mani su e giù sul suo pene. Lui strinse i denti e afferrò il copriletto. — Voglio fare a te quel che tu hai fatto a me — gli sussurrò. — Sai che gli uomini sono meno difficili da accontentare. — Ma la sensazione è la stessa, no? Lui sorrise. — Immagino di sì. Amelia incrociò le gambe e cominciò ad accarezzarlo e a palparlo con entrambe le mani. Lui sentì una sensazione paradisiaca nascere all’altezza del pene, diffondersi lungo la colonna vertebrale e spaccargli il cuore. C’era una strana riverenza nel suo tocco, una sorta di soggezione. Lei gli passò un dito lungo una vena pulsante e lui gemette, un suono basso e gutturale. — Dimmi cosa ti piace. Dimmi come posso soddisfarti. — Lo stai già facendo — rispose Colin, accarezzandole la schiena. — Allora dimmi come farti godere ancora di più. — No, altrimenti verrò tra le tue mani. 183/325 — O forse nella mia bocca? — domandò Amelia, inclinando la testa di lato. — Non stasera — rispose lui, quasi strozzandosi per l’emozione. Sentì i testicoli sollevarsi e se li sistemò con un veloce strattone. Lei rimase un attimo interdetta, poi capì. — Perché l’hai fatto? — gli chiese, toccandogli anche lei i testicoli, passandoseli tra le dita e strizzandoglieli un po’. Diversamente da quanto era accaduto poco prima, quando era stato lui a toccarsi, le carezze di Amelia sortivano tutto un altro effetto. Colin si sentiva come se i testicoli stessero cercando di rientrargli nel ventre, così le scostò la mano. — Maledizione, non farlo! — Mi piaceva — spiegò lei con quel tono adorante che lo faceva impazzire. Colin stava per perdere la ragione, così la spostò di lato e le montò sopra, sistemandosi tra le sue cosce. La benda di fortuna si mosse, ma lui l’afferrò prontamente e la rimise al suo posto. — Sei così bello — mormorò Amelia, toccandogli le spalle. — Sei così forte e tonico, dappertutto. Lui avvertì una nota di ansietà nella sua voce, che cercò subito di calmare. — Vedrai che ti piacerà — le promise, appoggiando la testa su una mano e allungando l’altra per massaggiarle la carne morbida della vagina. Lei gemette e mosse i fianchi. — Quello che hai provato prima non è nulla a confronto di come ti sentirai quando sarò dentro di te. Amelia fece scivolare le braccia intorno al suo collo e lo attirò a sé. — Voglio farlo, voglio farlo con te. 184/325 — Sì — disse lui, leccandole il bordo dell’orecchio e facendola rabbrividire. — Sei una donna davvero sensuale, per come ti muovi, per come mi guardi, per come sei fatta. — Sono troppo alta — obiettò lei. — Tu sei perfetta. Alcune donne sono fatte per andare bene con qualunque uomo, invece tu sei fatta apposta per me. Mi fai incendiare il sangue, inneschi una passione cocente, le tue gambe sono eleganti e slanciate, le tue forme ben proporzionate. Infilò un dito tra le sue gambe per vedere se le faceva male. Il gemito di piacere che ricevette come risposta fu l’incoraggiamento di cui aveva bisogno; così sistemò il pene proprio davanti alla piccola fessura. Un po’ di liquido spillava dalla punta, segno che era bramoso e pronto per farsi strada dentro di lei, ma non era necessario: Amelia era bagnata e calda. Gli bastò un movimento d’anca per scivolare dentro. — Oh, mio Dio! — ansimò lei. Il corpo di Colin fremette a quel caldo abbraccio che lo accolse e si diffuse in tutto il corpo, fino a incendiargli i sensi. Un brivido lo percorse su per la schiena e lui s’irrigidì per non entrare troppo bruscamente. Lei aveva bisogno di un attimo per abituarsi a quella nuova presenza. Amelia lo afferrò per i fianchi e cominciò a oscillare in un modo che gli fece quasi perdere il controllo. — Santo cielo! — esclamò, mentre il suo membro cominciava a zampillare nel tentativo disperato di alleviare un po’ la tremenda pressione sui testicoli. 185/325 — Lo voglio tutto dentro — lo implorò Amelia, e lui fu così felice che s’impossessò della sua bocca con ardore. Lei accolse la sua lingua succhiandola con fervore. Colin la inchiodò al letto con il proprio peso, sprofondando ancora un po’ dentro di lei, mentre le teneva il viso tra le mani cercando di mitigare la bramosia. — Amelia... — balbettò, sfregando la guancia sudata contro la sua. — Se fai così, non riuscirò mai a... — Sento un dolore dentro — disse lei ansimando, stringendolo ancora più forte. — E tu non ci sei neanche arrivato. — Tu sei stretta e inesperta, mentre io ce l’ho grosso e duro. Se vado troppo veloce ti farò male, e dopo sentirai bruciare. — È troppo grande... — Ma no, dannazione! — Colin non voleva essere sgarbato, ma la sua vagina vogliosa gli stava risucchiando la punta del pene, innescando degli istinti primitivi che stavano avendo la meglio su di lui e sul gentiluomo che aveva imparato a essere. — Allora fammelo vedere. Forse così sarò meno ansiosa. Ogni carezza è amplificata, ora che sono privata della vista. Colin s’immobilizzò. Anche se non era il momento, voleva che quella notte niente andasse storto, che tutto fosse perfetto per lei. Si sentiva in paradiso e non desiderava altro se non condurre lì anche lei. — Ho paura di quel che potrebbe succedere, se mi vedessi ora. Credo che non potrei sopravvivere a un tuo rifiuto. — Hai una delle tue maschere con te? 186/325 — Vuoi che esca? Sei pazza? Proprio adesso che sono dentro di te? — Non completamente. Non come vorresti. — La sua voce prese quella nota supplichevole alla quale lui non sapeva resistere. “Se va avanti di questo passo, mi ucciderà” pensò, con uno strano miscuglio di orgoglio e ironia. Nel letto come nella vita, lei non sarebbe mai stata passiva. Da un lato lui temeva il giorno in cui avrebbe raggiunto la maturità sessuale, perché non avrebbe più potuto resistere all’assalto della sua femminilità! Adesso non l’aveva neanche ancora messo tutto dentro, eppure si sentiva già morire. — Mi eccita vederti con la maschera — sussurrò Amelia, passandogli un dito sulle labbra. — Che bocca sensuale! L’ho sognata tante volte e ho desiderato che mi baciasse dappertutto e mi sussurrasse parole sconce. Colin fu percorso da un fremito di desiderio, e con un colpo di reni la penetrò ancora un po’ di più. Amelia si stava sciogliendo nel suo abbraccio, con i capezzoli turgidi che sfregavano contro il suo petto. — Vorrei tanto poterti vedere. Ti prego, non dirmi di no — proseguì lei, poggiando le mani sulle sue natiche e attirandolo a sé per farlo scivolare più a fondo. A mano a mano che si addentrava nella vagina, Colin sentiva le pareti diventare sempre più rigide: i suoi tessuti di vergine opponevano un po’ di resistenza, prima di adattarsi e di plasmarsi per poterlo accogliere. — Ti prego... — insistette lei, con brama struggente. — Non abbandonarmi nelle tenebre proprio ora. 187/325 Imprecando sottovoce, Colin si ritirò e il suo corpo fremette per quell’improvvisa mancanza. Scese dal letto e si diresse a grandi falcate nervose verso l’armadio dove c’era la sua valigia. Si mise a frugare alla ricerca della maschera che aveva conservato come segno tangibile di quei momenti rubati trascorsi insieme a lei. Guardò un attimo quell’oggetto di un bianco impeccabile, provando una strana avversione per ciò che rappresentava: una barriera tra lui e la donna che amava. Quanto avrebbe voluto intuire, quando l’aveva acquistata, dove l’avrebbe portato quell’inganno! Dare solo una sbirciata veloce ad Amelia, che per lui era come un sorso d’acqua nel deserto: ecco cosa si era illuso di fare quando aveva adottato quel travestimento. — Sbrigati — lo spronò Amelia, con quella voce roca da seduttrice consumata: ciò che le altre donne dovevano studiare e praticare a lungo, a lei veniva naturale. Colin si piazzò la mezza maschera sul volto e se la legò dietro la testa con i nastrini di satin nero, poi sistemò il codino. Alla fine si prese un attimo per osservarla, sapendo che dopo aver lasciato quella stanza non sarebbe più stato lo stesso. Lei si appoggiò contro la pila di cuscini, con le braccia e le gambe incrociate, finalmente senza benda. Nei suoi occhi verdi lui vide una passione, un desiderio e una gratitudine così grandi da togliere quasi il fiato. Le mostrò il pene duro e i muscoli scolpiti. La vide deglutire e capì quanto doveva sentirsi in soggezione. Lei era alta, ma lui la superava di parecchio. Aveva il corpo temprato dalla frequente attività fisica, e soprattutto gli pareva di essere un animale in calore: le vene gli 188/325 pulsavano sottopelle e si massaggiò rapidamente il membro per darsi un po’ di sollievo. — Vedermi ti eccita oppure ti spaventa? — le domandò. Amelia si passò la lingua sulle labbra. — Non ho paura. Sono nervosa e forse anche un po’ in ansia, ma non ho paura di te. — Sei una donna coraggiosa — osservò Colin, compiaciuto, avvicinandosi. Saltando tutti i preliminari, s’inginocchiò sul letto e le si parò di fronte, scostandole un braccio per poter prendere in bocca un capezzolo e succhiarlo. Lei fece scivolare le mani dietro la sua nuca per non farlo allontanare. — Vieni dentro di me — sussurrò. — Detesto questa sensazione d’incertezza. Colin le aprì le gambe, esponendo alla vista la vulva. Anche Amelia riusciva a vedere bene da quella posizione, ma prima che avesse il tempo di paragonare la propria fessura rosa alla circonferenza e alla lunghezza del suo pene, lui era già entrato dentro, spingendo la testa grossa in quella morbida fenditura. Amelia sussultò e gli conficcò le unghie nelle cosce. Lui la sostenne per i fianchi e si fece strada dolcemente, spostando lo sguardo dal punto in cui i loro corpi si univano al suo splendido viso. Aveva la schiena rivolta al fuoco morente nel camino e non distingueva bene i colori, ma riuscì a intravedere un velo di sudore imperlarle la fronte. — Ti sto facendo male? — chiese, rendendosi improvvisamente conto che la stava stringendo troppo. 189/325 — No — rispose Amelia con un filo di voce, dondolando i fianchi per farlo entrare tutto. Era così calda e stretta che gli sembrava di penetrare un pugno chiuso. Le prese una mano e gliel’appoggiò sulla clitoride. — Toccati qui — le ordinò. Con sua profonda meraviglia, dopo un attimo di esitazione lei eseguì il comando senza imbarazzo, muovendo le dita lunghe e affusolate sulla pelle umida. La sua vagina rispose come si era aspettato, permettendogli di andare più a fondo. Amelia gemeva a ogni spinta, inalando quell’aria satura dell’odore di sesso e caprifoglio. Poi cominciò a contorcersi e gridare, trasportata dalla libidine, e lui si domandò se sarebbe riuscito a entrare tutto dentro senza venire. Con un’ultima spinta disperata la penetrò a fondo e quella sensazione gli fece venire le lacrime agli occhi. Si fermò e lei prese a muovere i fianchi per continuare a sfregarsi contro di lui. Il verso che gli sfuggì di bocca era più animale che umano, e lei fu scossa da un brivido, come se quello fosse un incitamento a continuare così. A quel punto Colin la bloccò con le mani, lanciandole uno sguardo penetrante al di là della maschera. Aveva le labbra serrate e la mascella rigida. — Perché ti sei fermato? — domandò lei con voce stridula. — Perché sono sul punto di esplodere, e non voglio farlo senza te. — Anch’io sono pronta! — gridò Amelia. 190/325 — Ora montami tu — le ordinò Colin in tono brusco, mettendosi a sedere sul bordo del letto con lei a cavalcioni e il pene tutto a fondo. Si appoggiò sui gomiti e si offrì: che disponesse di lui come voleva. L’immagine era davvero erotica, con quella fila di muscoli e il petto villoso bagnato di sudore. E poi c’era la maschera. Buon Dio, quella sì che aggiungeva un’aura di mistero. — Io... — Subito! — ringhiò lui, facendola trasalire. Amelia sollevò il mento, raccogliendo la sfida. Pensò che forse gli avevano sfregiato il viso per qualche sgarbo commesso di recente, ed era per questo che non voleva mostrarsi. Forse lei era la prima a scivolare tra le sue lenzuola dopo che gli avevano inflitto quella ferita, e questo non faceva che rendere più emozionante il loro incontro. In quell’istante decise che l’avrebbe amato con tutta se stessa, meglio di qualunque altra donna. Sarebbe arrivata fino a quel tormento che percepiva dentro di lui e l’avrebbe lenito con la propria passione, mostrandogli che era il cuore e non il corpo a guidarla verso di lui. Così si aggrappò alle sue spalle per mantenere l’equilibrio, si tirò su sulle ginocchia e si sollevò, facendo scorrere la vagina intorno al suo pene. Quando si abbassò, la sensazione della grande testa del pene che sfregava contro quel punto fremente dentro di lei la fece sussultare con violenza. — Ecco — mormorò lui, guardandola attraverso le folte ciglia nere. — Vedi come sono perfetto per te? Sono fatto apposta per darti piacere. Mordendosi il labbro inferiore, lei ripeté quel movimento, spingendosi sempre più a fondo. Il suo pollice s’imbatté in una cicatrice che gli 191/325 segnava la spalla. La accarezzò sempre dondolandosi su di lui, tastando quella forma circolare dal contorno slabbrato. C’era qualcosa che la disturbava in quel segno sulla pelle, creandole uno strano turbamento... Poi lui parlò e ogni pensiero svanì. — Dolce Amelia, tu sei mia. Lei si sollevò e lo abbracciò, continuando a fare su e giù e gemendo per la sensazione dei capezzoli turgidi che si sfregavano contro la peluria ruvida del suo petto. Lo reclamava, proprio come lui reclamava lei. Colin la tenne stretta a sé, sussurrandole parole di incoraggiamento, muovendo i fianchi con spinte vigorose che le toglievano il fiato e le facevano perdere la ragione. A mano a mano che acquistava confidenza, Amelia aumentava il ritmo; aveva il fiatone per lo sforzo, e il sudore cominciava a colarle in mezzo ai seni. — Ti voglio così tutti i giorni — biascicò lui, le parole rese indistinte dal piacere. — Voglio che tu ti senta vuota quando non sono dentro di te. Che ti senta affamata come se stessi per morire di fame, senza di me. Amelia sapeva che si sarebbe sentita esattamente così. In balia di quel desiderio, si dimenava sulla sua erezione come se non avesse fatto altro nella vita. Lui le mordicchiò il collo e lei urlò; tutti i muscoli si tesero regalandogli una sensazione meravigliosa che lo fece gemere a sua volta. 192/325 Era lui a renderla così infuocata, con il suo corpo possente e gli occhi socchiusi dietro la maschera, le labbra inumidite dal suo sapore. Era bellissimo e giaceva lì, disteso sulla schiena, felice di lasciarsi cavalcare da una donna il cui solo scopo era raggiungere l’orgasmo. — Scopami — gli sussurrò, appoggiando le labbra sulla sua guancia, rimanendo stupita lei stessa di come quella parola le fosse uscita di bocca con facilità. Colin fu percorso da un forte fremito. — Fammi venire — disse lei ansimante, continuando a cavalcarlo. — Ti voglio... Ti voglio tutto, ho bisogno di te... In un baleno lui la capovolse e la montò, inchiodandola al letto. Con i piedi per terra e tenendosi al copriletto, prese a incalzarla con spinte decise, strappandole a ogni colpo un grido di piacere. Le stava sopra e la guardava, respirando affannosamente, con i muscoli dell’addome che guizzavano e le natiche di lei che si contraevano quando si sollevava per seguire il suo ritmo. Amelia avvertì una tensione crescente nel ventre: sembrava formare un nodo stretto che le fece rovesciare la testa all’indietro e che alla fine si sciolse in un turbinio di sensazioni che la invasero, bruciandole la pelle e serrandole i polmoni, diffondendosi in rapide ondate. Colin emise un gemito gutturale e si fermò, e lei protestò, continuando a dondolare i fianchi in preda a quel delirio, con le lacrime agli occhi. Lui riprese a muoversi, aumentando la forza e l’intensità delle spinte finché il suo membro non si gonfiò e lui gemette a denti stretti, con il corpo fremente mentre riversava il proprio seme caldo e denso dentro di lei. 193/325 Era stato selvaggio, primitivo e bellissimo. Si abbandonò contro Amelia, pelle contro pelle, puntellandosi sugli avambracci, mentre i loro umori si mischiavano. — Ti amo — le sussurrò, leccandole via le lacrime dalle guance. — Io ti amo. Amelia non rispose, allungò le mani e slacciò i nastrini che tenevano legata la maschera. 11 La stanza era immersa nell’oscurità: il fuoco che languiva nel camino riusciva a malapena a illuminare la zona circostante la grata. Si faceva fatica a vedere qualcosa, eppure il sesto senso di Simon gli diceva che qualcosa non andava. Girando con circospezione la testa, si accorse che il letto era vuoto e sospirò piano, sempre cercando di mantenere il respiro profondo e cadenzato del sonno. Era stato qualcosa a svegliarlo, e dato che dormiva con una donna che si era dichiarata pronta a ucciderlo, se fosse stato necessario, sapeva che ignorare quel rumore non sarebbe stato saggio. Guardò verso la finestra e vide qualche ciocca dorata brillare nella luce lunare. Lysette aveva scostato leggermente le tende ed era intenta a fissare qualcosa giù in strada. — Che cosa state facendo? — le domandò sottovoce, mettendosi a sedere sul letto. — Ho sentito dei rumori. 194/325 — E cos’avete visto? — Tre uomini a cavallo — rispose lei, chiudendo le tende. — Uno è entrato un attimo, credo a chiedere informazioni al locandiere, poi si sono subito rimessi in marcia. Simon fu percorso da un brivido, così gettò di lato le coperte e andò verso il camino. — Dubito che qualcuno si preoccupi di chiedere indicazioni a quest’ora della notte. — È la stessa cosa che ho pensato io. — Siete riuscita a sentire cosa dicevano? Erano francesi? Lei accese un fiammifero e ci fu un breve guizzo di luce, poi il lumicino di una sola candela illuminò la stanza. — Credo che fossero inglesi. Lui aggrottò la fronte, con lo sguardo rivolto verso il fuoco tremolante. — Forse dovrei andare a chiamare Maria. — Non ce n’è bisogno. Hanno proseguito per la loro strada, non sono tornati indietro. Qualunque cosa stiano cercando, non l’hanno ancora trovata. Proprio quando un debole tepore cominciava a irradiarsi dal camino, Simon si alzò e si avvicinò a Lysette: sembrava stanca e una ruga le solcava la fronte. Si era buttata addosso il cappotto sopra la camicia da notte e se lo teneva stretto al petto. — Bene, allora torniamo a dormire — disse, indicandole il letto. — Sono ancora tutto ammaccato per quel dannato viaggio in carrozza e preferisco passare ancora un po’ di tempo disteso. 195/325 Lysette assentì fiaccamente e si lasciò ricadere sulla poltrona su cui Simon l’aveva sorpresa a leggere un libro. — Bonne nuit. — Dannazione! Avete dormito lì. — Oui — rispose lei, sbattendo le palpebre. — Apposta? — Oui. Simon si passò una mano tra i capelli, cercando di mantenere la calma. — Guardate che non mordo, non russo e non sbavo! Non intendevo offendervi quando ho detto che non avevo alcun interesse a rotolarmi tra le lenzuola con voi. Il letto è assolutamente sicuro. — Magari il letto lo è — ribatté Lysette, impassibile. — È su di voi che ho qualche dubbio. Lui aprì la bocca per controbattere, poi invece sollevò le braccia al cielo. — Bah! Allora marcite su quella sedia. Aveva freddo, così si diresse velocemente verso il letto e s’infilò sotto le lenzuola ormai fredde e si raggomitolò tutto nella speranza che si scaldassero presto. — Dannata voi — borbottò, guardandola di traverso. — Qui sotto farebbe molto più caldo, se fossimo in due. — Voi avete più motivi per volermi morta che viva — osservò lei in un tono fin troppo calmo. 196/325 — In questo momento non c’è niente di più vero. La sola ragione per cui non vi strangolo è perché ciò mi priverebbe del calore del vostro corpo. Lei serrò le labbra. — Tutto questo è ridicolo, Lysette — aggiunse Simon. Era troppo arrabbiato e non sarebbe di sicuro riuscito a prendere sonno. Dormire su quella poltrona dopo un’intera giornata di viaggio non era davvero da lei. Era una persona alquanto pratica, proprio come tutti coloro che vivevano di espedienti. — Perché dovrei uccidervi proprio ora? Lei fece spallucce, ma il fatto che continuasse a guardarsi intorno con aria nervosa tradiva una certa inquietudine. Con un sospiro, scostò di nuovo le coperte, si avvicinò a lei e non rimase per niente sorpreso quando Lysette estrasse un pugnale da sotto il cappotto. — Mettetelo via. — State indietro. — Non sono attratto da voi — ripeté lui. — E anche se lo fossi, non ho bisogno di gettarmi su una donna che non mi vuole. Lysette aggrottò le sopracciglia con espressione sospettosa. — Ho detto che sto bene qua. — Bugiarda. Non mi posso permettere di trascinarmi dietro voi mentre cerco di riscattare il nome di Mitchell. Dovete essere in grado di pensare a voi stessa. — State tranquillo, non sarò di peso — reagì lei piccata. 197/325 — Lo vedremo! Dopo una notte passata senza dormire e al freddo vi ammalerete e sarete inutile. — So badare a me stessa. Tornatevene a letto e lasciatemi in pace! Simon avrebbe voluto replicare, ma poi decise di restarsene zitto e, scuotendo la testa, scivolò di nuovo sotto le coperte, voltandole la schiena. Qualche minuto dopo la candela si estinse e la sentì russare piano. Lui rimase sveglio ancora un po’, cercando di capire qualcosa in più di quel rompicapo che si faceva sempre più intricato. Amelia studiò l’uomo mascherato che stava disteso accanto a lei e si domandò quanto fosse profondo il suo sonno. — Aspetteremo che sorga il sole prima di togliere la maschera — le aveva detto. Lei gli aveva domandato perché non in quel momento, ansiosa di vedere oltre quella barriera che si era fatta inopportuna. Ormai le aveva preso il cuore e l’innocenza, ma ciò che avevano condiviso non poteva essere più di una semplice infatuazione, perché di sicuro non era amore, se non poteva vederlo in viso. — Voglio che questa serata sia impeccabile — le aveva spiegato, ritraendosi dal suo corpo e andando verso il portacatino dietro il paravento nell’angolo. Aveva fatto ritorno con un asciugamano bagnato e le aveva lavato le gambe, poi si era pulito a sua volta prima di raggiungerla di nuovo nel letto. — Domani mattina mi spoglierò completamente davanti a te, rinvigorito anche dai ricordi di una nottata perfetta e magnifica trascorsa tra le tue braccia. 198/325 Alla fine, anche se con riluttanza, lei aveva accettato perché non voleva bisticciare per una questione di poche ore. Con la schiena appoggiata alla testiera del letto e lei accoccolata vicino, lui le aveva chiesto di raccontargli qualcosa di bello riguardo al suo passato e Amelia aveva scelto di parlargli di Colin e di come le avesse insegnato a vincere la paura dell’altezza facendola arrampicare su un albero mentre giocavano a nascondino. — Mi era passato davanti diverse volte — gli aveva detto, con la guancia appoggiata sul suo petto, proprio sopra il cuore. — Da una parte speravo che mi trovasse, perché avevo paura a restare lì appesa a quel ramo, ma dall’altra il desiderio di sorprenderlo era troppo grande e non volevo che mi scoprisse. — No, tu volevi vincere — l’aveva corretta, accarezzandole la schiena e accompagnando le sue parole con quella risata bassa e gutturale che le era piaciuta dal primo momento in cui l’aveva sentita. — Anche quello, sì — aveva ammesso Amelia con un sorriso. — Quando lui alla fine si è arreso, ero soddisfatta di me. Come premio per avere sconfitto la mia paura mi sono fatta comprare un fiocco nuovo, che gli è costato tutto il suo stipendio. — Doveva amarti davvero tanto. — Credo proprio di sì, anche se non me l’ha mai detto. Avrei dato qualunque cosa per sentirglielo dire. — I fatti contano di più delle parole. — L’ho pensato anch’io. Conservo ancora quel fiocco. È una delle cose a cui tengo di più. 199/325 — Come credi che sarebbe la tua vita, adesso, se non vi foste mai divisi? Lei aveva sollevato la testa e i suoi occhi avevano incontrato lo sguardo interrogativo del conte. — Me lo sono immaginato in mille modi diversi. La cosa più probabile era che St John prendesse Colin sotto la sua protezione. — Così vi sareste sposati? — Ci ho sempre sperato, ma questo dipendeva da lui. — Di sicuro te l’avrebbe chiesto — aveva detto lui con convinzione. — E come fai a esserne tanto certo? — Ti amava moltissimo, non ho dubbi. Tu eri semplicemente troppo giovane, all’epoca, e lui non era nella posizione di poterti fare una proposta di matrimonio... L’ami ancora? Lei aveva esitato, domandandosi se fosse saggio confessare di provare ancora qualcosa per lui mentre stava a letto con un altro uomo. — Dimmi sempre la verità — l’aveva incalzata Montoya. — Vedrai che così non sbaglierai. — Una parte di me lo amerà per sempre. È anche grazie a lui se sono diventata quella che sono. Lui è parte di me. A quel punto, Montoya le aveva dato un bacio dolcissimo e lei, innamorata e senza fiato, gli aveva chiesto a sua volta di raccontarle qualcosa, aspettandosi che le parlasse di un perduto amore. Invece non fu così. 200/325 Il conte aveva deciso di parlarle della sua vita e del lavoro pericoloso che svolgeva al servizio della Corona. Aveva viaggiato in lungo e in largo per il continente, senza avere una vera casa o una famiglia, finché non aveva deciso di dare le dimissioni. E invece era rimasto invischiato in un intrigo e ora rischiava la vita. — Ecco perché ho cercato di mantenere le distanze da te — le aveva rivelato. — Non volevo infangare il tuo nome con i miei errori. — È così che ti sei sfregiato? — gli aveva chiesto Amelia, facendo scorrere delicatamente le dita sul bordo della maschera, proprio nel punto in cui toccava la pelle. Lui si era irrigidito. — Cosa? Dispiaciuta per averlo contrariato, lei era subito corsa ai ripari. — Posso capire le tue paure, ma le cicatrici non incidono minimamente sull’affetto che provo per te. — Amelia... — Sembrava che gli mancassero le parole. La conversazione era morta lì e lui era scivolato nel sonno, tenendola abbracciata. Lei era rimasta sveglia, con la testa affollata da mille pensieri. Stava pensando a come si sarebbe potuta giustificare con Ware e con Maria e come chiedere l’aiuto di St John. Passava in rassegna tutti i dolori che la sua nuova consapevolezza di donna portava con sé e cercava di immaginarsi come sarebbe stata la sua relazione con Montoya una volta che fossero state chiarite tutte le incognite che li circondavano. Si domandava anche quali conseguenze avrebbe avuto il comportamento oltraggioso che aveva tenuto nell’ultima settimana. Soltanto Maria poteva capire che razza di mostro fosse stato lord Welton. La faceva star male sapere che nelle sue vene scorreva il sangue di quell’individuo. Da fuori era uguale a lui, quindi magari gli 201/325 assomigliava anche sotto altri aspetti, di cui non si accorgeva? Era terribile rendersi conto che tutto ciò che aveva fatto negli ultimi giorni era stato dettato semplicemente dall’egoismo. Era passata sopra ai sentimenti e alle ansie di quelli che le volevano bene, ovvero Ware, Maria e St John, per correre dietro a Montoya. Ma allora era davvero figlia di suo padre? Fissò le fiamme guizzanti nel camino e ripensò alla maschera, scervellandosi su chi poteva nascondersi lì sotto. La tentazione di dare una sbirciatina era troppo forte. Tentò di giustificare quell’azione pensando che era stata la sua misteriosa identità, e non un difetto del suo carattere, a spingerla ad agire in modo tanto avventato. E se Montoya avesse avuto il sonno leggero? E se l’avesse sorpresa a spiarlo e fosse andato su tutte le furie? Era certa che sarebbero volate parole pesanti. Magari c’era un profondamente... modo per verificare se stava dormendo Sollevò una mano e l’adagiò sulla sua coscia, accarezzandolo dolcemente. Il muscolo guizzò, ma lui non fece altri movimenti. Amelia riprovò di nuovo, aumentando un po’ la pressione. Questa volta, lui rimase del tutto immobile. Una speranza si accese in lei. L’aveva amata a lungo ed era risaputo che i viaggi in carrozza erano molto stancanti. Fece scorrere uno sguardo ammirato sul suo addome scolpito. La cicatrice sulla spalla era più visibile, ora, dopo che aveva attizzato il fuoco per scacciare quel freddo strisciante. Si fermò un attimo a osservare il segno lasciato da una pallottola e indovinò, dalla dimensione e dalle molte linee che s’irradiavano intorno, che doveva essere stata davvero una brutta ferita. 202/325 Depositò un bacio in quel punto, sfregando delicatamente le labbra sulla pelle rovinata. Lui aveva cominciato a respirare in modo diverso e i capezzoli si irrigidirono sotto i suoi occhi. Com’era affascinante il corpo umano! Quella notte aveva imparato davvero molte cose sul proprio, e sentiva un bisogno impellente di scoprire tutto anche su quello di Montoya. Con il ricordo ancora vivido e bruciante di loro due che facevano l’amore, tirò fuori la lingua e leccò la pelle scura, scoprendo che era salata e più compatta della sua. Pian piano stava iniziando a piacerle tutto di lui. Imitando quello che il conte aveva fatto con i suoi seni, dischiuse le labbra e gli succhiò dolcemente i capezzoli. Lui si mosse, ma non come si era aspettata. Aveva una gamba gettata sulla sua, con il ginocchio piegato e la coscia sollevata. Amelia sentì che il suo pene si stava ingrossando e girò la testa per sbirciare il rigonfiamento sotto le lenzuola. Il sangue le si incendiò nelle vene; prese a muoversi in modo goffo e, cosa ancora più sorprendente, sentì la bocca riempirsi di saliva come se avesse l’acquolina. Gettò un’occhiata furtiva alla sua faccia con gli occhi socchiusi. Sembrava che stesse dormendo, attraverso i fori della maschera nulla lasciava credere che fosse sveglio, ma lei aveva il coraggio di andare avanti nell’esplorazione? La curiosità ebbe il sopravvento, e non stette ad arrovellarsi troppo sulla domanda, ma si avventurò con la mano ancora più in basso, fino a esporre al proprio avido sguardo il pene in tutta la sua magnificenza. — Tu giochi con il fuoco, amore mio. 203/325 Colta di sorpresa, Amelia trasalì, alzò gli occhi e vide che lui la stava guardando con aria maliziosa. — Da quanto tempo sei sveglio? — Veramente devo ancora addormentarmi — rispose lui, con un sorriso malandrino che fece sbucare di nuovo le fossette. — E allora perché sei rimasto in silenzio? — Volevo vedere fino a che punto ti saresti spinta — spiegò lui. Alzò una mano, le afferrò un boccolo e se lo passò tra le dita. — Che gattina curiosa che sei — sussurrò. — E ti dispiace? — Per niente. È fondamentale che tu mi tocchi. Prendendo quelle parole come un’autorizzazione a procedere, Amelia focalizzò di nuovo la propria attenzione sulla sua erezione e con un dito tracciò tutto il percorso dalla punta fino alla radice. Sorrise quando lo vide gemere sotto il suo tocco. — Trovo sorprendente che tu sia riuscito a entrare dentro di me — gli confessò. Il ricordo della sensazione estatica del contatto con la sua vagina gli mozzò il fiato e Colin non riuscì a rispondere. Era molto eccitato e riusciva a contenersi soltanto per forza di volontà. Quando lei aveva iniziato a toccarlo, pensava che l’avesse fatto per caso; poi aveva sollevato il capo e l’aveva marchiato per sempre posando le labbra sulla ferita che l’aveva quasi ucciso. Quello era il segno del colpo di pistola che li aveva separati tanti anni prima, il colpo che aveva ricevuto nel tentativo di salvarla. 204/325 Amelia scivolò verso il basso, fermandosi al livello dell’inguine e lasciandosi dietro una leggera scia bagnata. Sapere che le bastava vederlo per eccitarsi così gli fece tendere i testicoli, mentre una goccia di liquido affiorava sulla punta del membro. Trattenne il fiato mentre lo mangiava con gli occhi: sarebbe stata tanto temeraria? Giusto lo spazio di un battito del cuore ed ecco la risposta: Amelia estrasse la lingua e leccò via la gocciolina che imperlava la punta. Colin si lasciò sfuggire un profondo sospiro per quella sferzata di piacere. Lei lo esaminava stringendo le palpebre e lui pensò che conosceva bene quello sguardo: stava valutando attentamente se raccogliere la sfida che le si presentava. Sorrise perché capì in quell’istante che non aveva mai cercato di superarlo, ma solo di essere al suo livello. — Prima non mi hai risposto — disse d’un tratto, massaggiandogli la base del pene con il pollice e l’indice. — La bocca di una donna è diversa dalla sua vagina? — Sì. — In che modo? — In tanti modi diversi. La vagina avvolge ogni centimetro del pene, si espande e si contrae, ed è morbida come la seta più pregiata. La bocca, al contrario, lo abbraccia succhiandolo, la lingua è più ruvida e il muscolo più agile. È un po’ come un dito che stimola un punto sensibile — concluse lui, indicando la parte subito sotto il glande. — Come questo. — E tu cosa preferisci? — lo incalzò Amelia, muovendo la mano verso l’alto e poi di nuovo verso il basso. 205/325 — Entrambi sono un piacere unico. — Questa non è una risposta — ribatté lei, continuando a coccolarlo. — Così mi confondi, non riesco a pensare. Lei si fermò e aspettò che tornasse in sé. — Le mie preferenze variano a seconda dell’umore. Ci potrebbero essere delle occasioni in cui voglio perdermi dentro di te, abbracciarti e sentirti muovere sopra di me, succhiarti i capezzoli e cibarmi dei tuoi baci, stare a guardarti mentre vieni e dopo stringerti forte a lungo. Mentre lui parlava, Amelia si sentiva sempre più umida tra le gambe. Come se anche lui ne fosse consapevole, la sua voce si fece più roca. — Altre volte, invece, può darsi che ricerchi solo il mio piacere, e vederti implorare soddisferà la parte primitiva e selvaggia che c’è in me, mentre mi rimetto completamente nelle tue mani. Resterò indifeso e mi donerò a te del tutto. — Potrebbe piacermi — sussurrò lei con un sorriso malizioso. — E chi lo sa. Forse sì, o forse no. A molte donne non piace. Non riescono a capire la forza di quest’atto, si sentono umiliate e usate. Ad altre semplicemente non piace il sapore dello sperma. — Mmm... Conosceva quel verso e ciò che significava: lei voleva scoprire che tipo di donna era, ma sfortunatamente il tempo a loro disposizione era finito. 206/325 — Ora devi rivestirti e tornare a casa prima che qualcuno ci veda. Quando sarà il momento giusto, ci incontreremo di nuovo e io ti mostrerò la mia faccia e ti svelerò i miei segreti. — Ma non ho ancora finito con te — si lagnò Amelia, mettendo su il broncio. Era così seducente da farglielo drizzare completamente. — Mi presterei con molto piacere a farti da cavia per i tuoi esperimenti sessuali, tesoro, ma questi giochetti richiedono tempo e non vanno interrotti, e purtroppo noi non godiamo di questo lusso. — Parli dei nostri futuri incontri con troppa sicurezza — osservò Amelia, fissando il suo pene e cominciando di nuovo a coccolarlo. Colin mise una mano sulla sua per fermarla. — Non vedo come potrebbe essere diversamente. Ti suggerisco di fare altrettanto. — Ma non mi hai ancora detto quali sono le tue intenzioni. — Intendo spazzare via tutti gli ostacoli che ci impediscono di stare insieme — le promise Colin, ubriaco d’amore e di cocente possessività. — Poi ti voglio corteggiare come si deve, in pompa magna. Voglio stupirti con la mia stravaganza e mettere il mondo ai tuoi piedi — aggiunse, accarezzandole il dorso della mano. — Infine, quando anche l’angolo più recondito del tuo cuore traboccherà d’amore per me, ti sposerò. L’amava. Non riusciva a immaginare di vivere senza di lei, non dopo quella notte, eppure non poteva sbilanciarsi a farle troppe promesse finché aveva una taglia sulla testa. Nonostante tutto questo, al culmine dell’orgasmo migliore della sua vita, aveva riversato in lei tutto il suo seme e ora non poteva più tornare indietro. 207/325 La guardò in faccia e non riuscì a interpretare i suoi pensieri. — Amelia... Lei gli appoggiò la guancia sulla coscia. — Nella vita è meglio non indugiare e cogliere l’attimo — sussurrò. — Io ho imparato a mie spese che a volte non c’è nessun domani. Lui rimase colpito da quella malinconia e allungò le braccia verso di lei, fremendo al contatto con il suo corpo nudo. Il desiderio sessuale si tramutò nel bisogno più complesso di restare aggrappato a qualcosa di prezioso, per quanto sfuggente. Il nuovo giorno si stava avvicinando ma nessuno dei due riusciva a staccarsi dall’altro. 12 Maria fu svegliata da qualcuno che bussava alla porta. All’inizio era intontita e ci mise qualche secondo a capire dove si trovava, poi il ricordo del giorno precedente e della lunga notte insonne si abbatté su di lei. Scattò a sedere sul letto, gettò via le coperte e corse verso la porta. — Christopher! — gridò con gioia, buttandosi tra le braccia del marito che la strinse forte e, sollevandola da terra, la riportò in camera. — Come hai fatto a trovarmi così in fretta? — gli chiese poi, mentre richiudeva la porta. — Maledizione, ci avrei messo anche meno, se fossi stata in uno dei miei presidi e non in questo tugurio! Perché diamine sei venuta qui? — Simon ha insistito. 208/325 Aveva tentato di suggerirgli di usare una delle molte case di proprietà del marito nella zona; non erano grandiose, erano solo dei piccoli cottage abitati da chi viveva di rendita grazie a St John. Quei posti erano sicuri e confortevoli e si trovavano di solito in posticini tranquilli, dove si facevano poche domande e dove passavano poche persone. Erano soprannominati “taverne” sia per il servizio che offrivano sia per l’anonimato che un nome tanto generico garantiva loro, ma in realtà servivano a salvare la vita a molti. — Dannato lui! — esclamò Christopher, prima di baciarla con ardore, e quando si rese conto che era senza fiato e completamente abbandonata su di lui, scosse il capo: — Ragazzina esasperante. Perché mi devi dare il tormento ficcandoti sempre in qualche guaio? — Non è colpa mia! — protestò lei, togliendogli il cappello e gettandolo di lato. — Già, come no? — La portò in braccio fino al letto e la fece distendere e il suo sguardo si accese quando vide che indossava solo la camicia da notte. — Se non avessi assecondato Amelia nella sua fantasia, ora non dovremmo darle la caccia e soprattutto io non avrei dovuto trascorrere la notte in una carrozza fredda. — Sarebbe andata comunque da sola, ne sono certa — disse Maria infilandosi sotto le coperte. Christopher attizzò il fuoco, poi si tolse il panciotto e gli stivali e scivolò nel letto insieme a lei, con indosso solo calzoni e camicia. — Spiegami come hai fatto a trovarmi così in fretta — gli chiese di nuovo Maria, raggomitolandosi al suo fianco. — Quando Sam è tornato e mi ha detto dove eravate andate, ha menzionato anche Quinn, allora ho mandato alcuni uomini alla ricerca del 209/325 posto in cui alloggiava e quando l’hanno scoperto, hanno trovato il suo valletto che faceva i bagagli. Così l’ho seguito, ed eccomi qui. Maria sollevò la testa e lo guardò con espressione corrucciata. — Ma com’è possibile? Non avevamo la minima idea che saremmo venuti in questa locanda finché non l’abbiamo trovata per caso. — Evidentemente Quinn lo sapeva. Il suo valletto e la cameriera personale della donna francese sono venuti direttamente qui. Sei stata proprio tu a dirmi che lui ha insistito. — Sì, voleva che restassimo vicino alla strada. — Adesso che ci pensava, Simon l’aveva pregata perché si fermassero nella prima locanda che incontravano subito prima di Reading; Maria aveva protestato dicendo che quel luogo era fatiscente, ma lui aveva replicato che aveva mal di schiena e che il suo stomaco brontolava. — Continuo a non capire — insistette, mettendosi a sedere e guardando Christopher disteso accanto a lei. — Il nostro incontro nel negozio è stato del tutto casuale, ne sono sicura, e anche se mi sbagliassi, Simon non poteva prevedere che Amelia sarebbe fuggita. — Ma se sapeva chi stava cercando e dove poteva essere diretto quell’uomo... — Christopher lasciò la frase a metà affinché Maria traesse le proprie conclusioni. — Mi aveva detto che intendevano fare una vacanza, eppure tu dici che il suo valletto e le valigie non erano ancora pronti. Perché questo trucchetto? Perché ha fatto finta di volermi aiutare, se invece aveva i suoi motivi per lanciarsi in questo inseguimento? — Glielo chiederemo tra un paio d’ore, quando ci alzeremo. — Un paio d’ore? 210/325 Lui l’attirò di nuovo a sé. — Sto facendo sorvegliare la sua camera, e adesso è ancora troppo presto. Ho mandato alcuni uomini in avanscoperta. Non c’è nulla di tanto urgente che non possa essere rimandato a più tardi. Ho bisogno di riposo, altrimenti sarò fuori uso per il resto della giornata. E poi, perdonami se te lo faccio notare, anche tu mi sembri provata. Maria si accoccolò tra le braccia di suo marito con un po’ di riluttanza. Lei era una donna che agiva in fretta: era così che era riuscita a restare in vita. — Non riesco a dormire bene senza di te — ammise. Lui la strinse più forte e le diede un bacio sulla fronte. — Sono contento di sentirtelo dire. — Devo essermi abituata al fatto che russi. — Io non russo! — E come fai a saperlo, se dormi? — Qualcuna me l’avrebbe detto. — Forse erano troppo sfinite e si addormentavano subito. Borbottando qualcosa, lui le salì sopra e la inchiodò al letto. Maria lo guardò con aria innocente. Nessuno osava prendersi gioco del temuto pirata, tranne lei. Scatenare la sua ira era una golosa tentazione a cui non sapeva resistere, perché più si agitava, più diventava focoso. — Se avete bisogno che qualcuno vi porti allo sfinimento, madame — ribatté lui sbottonandosi i calzoni — sono più che capace di portare a termine questo compito. — Hai detto che eri fuori uso e che avevi bisogno di un sonnellino. 211/325 Christopher le alzò la camicia e prese il suo pube tra le mani. In un istante, era calda e cremosa per lui, e cominciò a gemere mentre il marito la coccolava. A quel punto, con un sorriso arrogante, lui allontanò la mano e al suo posto sistemò il pene. — Questo ti sembra fuori uso? — le sussurrò, infilandolo tutto dentro. — Oh, Christopher! — esclamò lei, sopraffatta dal piacere. Dopo quasi sei anni di matrimonio, la loro passione non si era smorzata nemmeno un po’. — Ti amo tanto. Ti prego, non ti addormentare senza farmi venire... — No, dovrai pagare per quello che hai detto — replicò lui con la voce impastata dal desiderio. E si accertò che così fosse, e fu stupendo. Colin stava asciugando il rasoio quando uno strano rumore attirò la sua attenzione e lo fece immobilizzare, con i nervi già in tensione per un possibile confronto. Amelia era tornata nella sua stanza già da un po’, ma dubitava che stesse dormendo. Era curiosa e impaziente di natura, e siccome la conosceva fin troppo bene, immaginava che in quel momento stesse camminando avanti e indietro per la stanza, guardando di continuo l’orologio e contando i minuti che la separavano dal momento in cui le avrebbe rivelato la propria identità. Eccolo di nuovo. Questa volta l’aveva sentito distintamente: sembrava qualcuno che grattava sulla porta. Appoggiando il rasoio accanto al catino, afferrò un asciugamano e mentre si stava ancora asciugando la faccia il suo valletto aprì la porta e sulla soglia apparve Jacques, con un’espressione sinistra. 212/325 — Hanno trovato la signorina Benbridge, mon ami. — Chi? — domandò Colin, restando di sasso. — Degli uomini stamattina sono arrivati e hanno parlato con il gigante che viaggia insieme a lei e poi sono tornati indietro. Colin annuì con un sospiro. — Hai fatto sistemare la sala da pranzo come avevo chiesto? — Sì. — Grazie, scenderò tra un attimo. La porta si richiuse con un leggero scatto e Colin si sbrigò a finire di lavarsi e farsi la barba. Aveva promesso ad Amelia che le avrebbe fornito una spiegazione e intendeva dargliela senza essere interrotto. Fece un cenno al valletto per indicargli che era pronto e si girò per consentirgli di infilargli la redingote che aveva scelto di indossare. Era un capo superbo, che ricordava il piumaggio di un pavone maschio. Era evidente che quel completo finemente ricamato, che comprendeva calzoni e panciotto con trame argentate, doveva essere molto costoso. Il Colin Mitchell che Amelia ricordava con tanta tenerezza non avrebbe mai potuto permetterselo, e ora lui lo sfoggiava come chiara dimostrazione della sua ascesa sociale. Il suo sogno di diventare una persona benestante ora si era trasformato in realtà, e Colin voleva che lei lo vedesse subito. Agghindato e sicuro di sé, lasciò la sua stanza e imboccò le scale che conducevano alla sala principale. Ci volle un secondo per identificare l’omone che accompagnava Amelia: il gigante stava seduto su una sedia, con lo schienale appoggiato al muro, e si guardava intorno con 213/325 aria truce; quando Colin gli si avvicinò, lo scrutò con uno sguardo indagatore. — Buongiorno, sono il conte Montoya — lo salutò Colin, fermandosi davanti al tavolo. — ’Giorno. — Ho diverse cose da spiegare alla signorina. Potreste concedermi l’opportunità di farlo? L’uomo fece una smorfia. — Che cos’avete in mente? — Ho riservato la sala da pranzo per noi due. Lascerò la porta accostata, ma vi chiederei di restare fuori. Il gigante si alzò in piedi: lo sorpassava di parecchi centimetri in altezza. — Questo andrebbe bene sia a me sia alla mia spada. Colin annuì e fece un passo indietro, ma mentre l’altro stava per passare oltre, allungò una mano. — Vi prego di darle questo da parte mia — disse, consegnandogli alcuni oggetti. Dopo una breve esitazione, l’omone li prese e si avviò giù per le scale. Quando se ne fu andato, Colin si diresse verso la sala da pranzo e si preparò mentalmente a sostenere la conversazione più difficile di tutta la sua vita. Nel momento stesso in cui Maria mise piede nella sala della taverna, Simon seppe di essere nei guai. Anche se aveva tutta l’aria di una donna che era appena stata appagata sotto le lenzuola, tutto lasciava presagire che il suo stratagemma fosse stato scoperto, e il fatto che fosse accompagnata da Christopher St John fu un’ulteriore conferma del suo timore. 214/325 — Che bel modo di iniziare un nuovo giorno! — esclamò Lysette con una punta di ironia. Di solito, lui detestava quel tono, ma in quel caso era un vero sollievo, dopo la strana nottata che avevano trascorso. Simon emise un sospiro rassegnato e si alzò in piedi. — Buongiorno — li accolse, facendo un inchino a quella coppia sorprendente: la combinazione tra i capelli biondi di St John e i tratti spagnoli di Maria li rendeva davvero affascinanti. — Quinn — borbottò St John. — Simon — mormorò Maria, mettendosi a sedere sulla sedia che suo marito le offrì e congiungendo le mani sul tavolo. — Tu conosci l’identità dell’uomo con la maschera. Chi è? — È il conte Reynaldo Montoya — rispose Simon, riprendendo il proprio posto. — Ha lavorato per me a lungo. — Perché parlate al passato? — intervenne St John. — Adesso non lavora più per voi? Simon a quel punto raccontò di quanto era successo con Cartland. — Buon Dio! — esclamò Maria, con gli occhi pieni di terrore. — Quando Amelia mi ha detto che quell’uomo era in pericolo, non immaginavo fino a che punto. Perché non me l’hai detto? Perché mi hai mentito? — È complicato — rispose lui, odiandosi per aver tradito una fiducia che di rado lei riponeva in qualcuno. — Non sono autorizzato a divulgare i segreti di Montoya. Mi ha salvato la vita in diverse occasioni e gli devo quantomeno il mio silenzio. 215/325 — E che ne sarà di mia sorella? — gridò Maria. — Tu sai quanto sia importante per me. Sapevi che era in pericolo e non me l’hai detto... — La sua voce s’incrinò. — Pensavo che fossimo amici. Il pirata allungò una mano e la posò su quella di sua moglie; quel gesto d’affetto turbò enormemente Simon. Di tutte le donne che c’erano al mondo, per lui nessuna contava più di Maria. — Volevo aiutarti a ritrovarla e poi riconsegnartela perché la mettessi al sicuro — spiegò. — Così, io e Montoya avremmo potuto portare a termine il nostro incarico. Maria strinse le palpebre, furiosa. La collera irradiava dal suo corpo ed era in netto contrasto con l’immagine fanciullesca creata dal vestito a fiori. — Avresti dovuto dirmelo. Se l’avessi saputo, avrei gestito la cosa in tutt’altro modo. — Sì, l’avresti fatta cercare da una dozzina di uomini e questo avrebbe allertato Cartland, mettendola ancora più a rischio.— Non puoi saperlo! — È vero, ma conosco bene Cartland. Anche lui ha lavorato per me, e si dà il caso che ritrovare oggetti smarriti o persone scomparse sia proprio il suo forte. Vedere un mucchio di gente che passa al setaccio ogni angolo della nazione desterebbe già i sospetti di qualunque sempliciotto, e Cartland non è esattamente uno sprovveduto. Il pirata si inserì nella discussione. — E voi cosa mi rappresentate, signorina Rousseau? — domandò, stemperando un po’ la tensione. — Io faccio da giudice — rispose lei, agitando una mano con aria noncurante. — E all’occorrenza anche da boia — aggiunse Simon. 216/325 — Interessante — osservò St John, aggrottando la fronte. Maria spinse indietro la sedia e si alzò, costringendo gli altri due a fare altrettanto. — Ho perso già fin troppo tempo. Devo trovare Amelia prima che la trovi qualcun altro. — Lascia che venga con te — disse Simon. — Posso esserti d’aiuto. — Hai già fatto fin troppo, grazie! — Lysette ha visto tre uomini a cavallo che prendevano informazioni nel cuore della notte — proseguì Simon in tono grave. — Tu hai bisogno di tutto l’aiuto possibile. Mentre voi pensate all’incolumità di Amelia, io posso occuparmi di Cartland e di Montoya. — Insieme a me — intervenne Lysette. — Non capisco perché non possiamo contattare la persona per cui lavorate qui in Inghilterra. Potrebbe essere una risorsa preziosa che non abbiamo ancora preso in considerazione. — La rete di contatti di St John è più ampia e affidabile — obiettò Simon. — Sono più pronti a entrare subito in azione. — Maria — disse il pirata, poggiandole una mano sulla schiena. — Quinn saprebbe riconoscere i due uomini, noi no. Procederemmo alla cieca, senza di lui. Lei rivolse di nuovo una rapida occhiata a Simon. — Perché Montoya indossa quella maschera? Facendo attenzione a restare impassibile, Simon gli propinò la scusa che Colin gli aveva preparato. — L’aveva usata per quel ballo e poi 217/325 l’aveva di nuovo indossata per sfuggire ad Amelia. Non voleva metterla in pericolo. Ci tiene a lei. Maria sollevò una mano per fermarlo; non voleva che aggiungesse altro. — C’è un’ulteriore complicazione — osservò St John, attirando tutti gli sguardi su di sé. — Lord Ware forse ci sta seguendo. — Non è possibile! — gridò Maria. — Chi è lord Ware? — domandò Lysette. — Maledizione! — esclamò Simon. — L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che venga ferito un nobile. — Voleva unirsi a noi — spiegò il pirata. — Ma quando il valletto di Quinn è partito, non ho potuto aspettarlo. Lui ha insistito per sapere dove stessi andando e io sono rimasto sul vago, nella speranza che desistesse; invece si è dimostrato molto più tenace di chiunque altro della sua razza. Maria sospirò, sconfortata. — Questo è un altro buon motivo per sbrigarci. — Ho inviato un messaggio a Londra. In questo momento, Pietro starà già caricando la carrozza da viaggio. Dovremmo riuscire a batterli sul tempo. Sfortunatamente per lui, Simon non poteva cambiare veicolo e doveva accontentarsi di quel che c’era, anche se la sua schiena non ne era molto contenta. 218/325 Mentre il sole faceva capolino all’orizzonte, loro si prepararono a partire alla volta di Reading. Amelia si precipitò ad aprire la porta appena sentì bussare. — Tim! — urlò, sorpresa e neanche troppo felice di vederlo. Forse voleva che partissero subito, e ciò l’avrebbe costretta a raccontargli tutto riguardo a Montoya e alla notte precedente. Lui gettò una rapida occhiata ai suoi capelli tutti scarmigliati e ai vestiti spiegazzati e imprecò con tanta forza da farle sgranare gli occhi. — Mi avete mentito, ieri sera — la accusò, facendosi largo ed entrando nella stanza. Lei sbatté le palpebre, incredula: come faceva a saperlo? Poi vide che stringeva in mano qualcosa e quell’ultima domanda perse subito importanza. — Fatemi vedere — disse, con il cuore che svolazzava. Tim aveva la maschera. Com’era possibile? E soprattutto, perché? Lui rimase a fissarla per un istante, poi le consegnò l’oggetto a lei tanto caro, insieme a un biglietto. Amore mio, eccoti la maschera. La prossima volta che ci incontreremo non la indosserò. Servo tuo, M. Amelia si sentì male al solo pensiero che Montoya potesse essersene andato. 219/325 — Santo cielo! — esclamò, stringendosi la maschera al petto. — È partito? Tim scosse la testa. — No, è di sotto che vi aspetta. — Devo andare subito da lui. Corse verso il letto intonso dove c’erano il corsetto e le sottogonne. Montoya non aveva fatto in tempo a rivestirla completamente, aveva troppa paura che li scoprissero. Lei aveva sperato di poter chiamare una cameriera, ma a questo punto sarebbe stato Tim ad aiutarla. — Credo che dovreste aspettare l’arrivo di St John — disse Tim. — Sarà qui tra poco. — No — protestò lei, bloccandosi con la mano a mezz’aria. Il tempo che poteva trascorrere insieme a Montoya era troppo prezioso e la presenza di sua sorella e suo cognato non avrebbe fatto che confonderla ancora di più. — Devo parlargli. Da sola. — Siete già stata sola con lui — osservò l’uomo, gettando un’occhiata eloquente al letto. — St John mi farà la pelle per questo, e non voglio irritarlo ancora di più. — Voi non capite: io non ho ancora visto Montoya in faccia, e non potete pretendere che io affronti una simile rivelazione in compagnia di due persone che sono già alterate. Lui rimase a fissarla per un attimo, con la mascella serrata e i pugni chiusi. — Poco fa l’ho ammirato perché è venuto a cercarmi, mentre adesso vorrei squartarlo. Non avrebbe dovuto toccarvi! 220/325 — Sono stata io a volerlo — spiegò Amelia, con le lacrime agli occhi. — Sono stata io a spingerlo a farlo. Sono stata un’egoista e ho pensato soltanto ai miei bisogni. Proprio come suo padre, dannato lui e il sangue che le scorreva nelle vene. Aveva creato un putiferio soltanto perché non aveva pensato che a se stessa. — Per favore, non piangete — la supplicò Tim con aria triste. Era stata lei a metterlo a disagio. Doveva riuscire a sistemare le cose, a cominciare da Montoya, la figura centrale che era stata l’inizio della sua discesa verso la follia. — Devo vederlo prima che arrivino gli altri — ripeté Amelia, infilandosi la sottana e il corsetto e voltandogli la schiena. — Ho bisogno del vostro aiuto per vestirmi. Tim brontolò qualcosa mentre le si avvicinava, e a giudicare dal suo umore, Amelia fu felice di non aver capito cosa stesse dicendo. — Credo che alla fine sposerò Sarah — le confessò lui, poco dopo, tirando così forte i lacci del corsetto da toglierle il fiato. — Sono troppo vecchio per queste cose. Amelia non riusciva a parlare. Tim aggrottò la fronte, poi si rese conto che lei era sul punto di svenire, così allentò un po’ il corsetto e borbottò qualcosa in segno di scusa. — Spero che adesso sarete felice — aggiunse. — Siete riuscita a condurmi all’altare! Amelia si tirò su le sottogonne, raccolse da terra il vestito e infilò le braccia dentro le maniche. 221/325 Tim prese ad armeggiare con i bottoncini sulla schiena con le sue dita tozze. — Vi voglio molto bene — gli disse lei, guardando oltre la spalla. — Non so se ve l’ho mai detto, ma è così. Siete un brav’uomo. Tim arrossì. — Farà meglio a sposarvi, se è questo che volete — biascicò, confuso. — Altrimenti, lo infilzo come un pesce e lo sventro. Quella era una sorta di richiesta di pace e lei la accolse con piacere. — Sarò felice di aiutarvi, se necessario. Lui sbuffò, ma Amelia si accorse che in realtà si era lasciato sfuggire un mezzo sorriso. — Non ha idea del guaio in cui si è cacciato. — Speriamo che sopravviva tanto a lungo da potersene rendere conto. Quando Tim le disse che aveva finito, Amelia s’infilò in fretta le calze e le scarpe e corse verso la porta. Mentre scendeva le scale con tutto il contegno che le riusciva, d’un tratto si sentì mancare l’aria e la testa prese a girarle. Sapeva che gli istanti successivi avrebbero cambiato per sempre il corso della sua vita. Sentiva quasi l’impulso di tirarsi indietro e scappare, ma non poteva farlo: l’attrazione che provava verso Montoya era così forte che temeva persino di non riuscire mai più a rivivere una sensazione simile. Una parte del suo cuore inneggiava silenziosamente al tradimento del suo primo, vero amore. L’altra era più vecchia e saggia e capiva che l’amore che provava per l’uno non negava ciò che aveva sentito per l’altro. 222/325 Quando arrivò davanti alla porta della sala da pranzo esitò un attimo, poi appoggiò la mano tremante sulla maniglia. Nella migliore delle ipotesi, sarebbe stata solo nervosa. Stava per incontrare l’uomo che l’aveva vista e toccata come mai nessuno, e ad aumentare la tensione e la preoccupazione c’era il fatto che per la prima volta le avrebbe rivelato il proprio volto. Inspirò a fondo per farsi forza e bussò. — Avanti. Prima che le mancasse il coraggio, entrò nella stanza cercando di fingere un passo sicuro. Si fermò sulla soglia e si diede uno sguardo intorno, soffermandosi sul fuoco crepitante nel caminetto, sul tavolo circolare apparecchiato con cura e sulle pareti adorne di pittoreschi quadri. Lui era di spalle, in piedi davanti alla finestra; aveva le mani allacciate dietro la schiena, indossava un delizioso soprabito in satin multicolore e aveva i boccoli neri legati in un codino che gli finiva giusto tra le scapole. Vestito sontuosamente, rifulgeva in quella stanza semplice. Quando si voltò, Amelia rimase paralizzata dallo shock. “Non può essere lui” pensò, sull’orlo di una crisi di nervi. “È impossibile.” Le sembrò che il cuore smettesse di battere, che l’aria le si congelasse nei polmoni e che i pensieri si facessero confusi come se avesse ricevuto una botta in testa. “Colin!” Ma com’era possibile? 223/325 Sentì le ginocchia cedere e tentò di aggrapparsi a una sedia, ma la mancò e si accasciò sul tappeto, gridando, mentre l’istinto di sopravvivenza cercava di prendere il sopravvento per costringerla a respirare. — Amelia! — Colin si gettò in avanti, ma lei sollevò una mano per fermarlo. — Sta’ lontano da me! — gridò con voce stridula, la gola serrata dallo sgomento. Il Colin Mitchell che aveva conosciuto e amato era morto. “Allora com’è possibile che sia proprio qui di fronte a te?” le chiedeva una vocina insistente. “Non può essere lui... Non può essere lui” continuava a dirsi. Si ripeteva quella litania nella mente, incapace di sopportare il pensiero di tutti quegli anni trascorsi lontani l’uno dall’altra, della vita che lui poteva aver fatto, delle notti e dei giorni, dei sorrisi e delle risate... Quell’inganno era così ben congegnato che lei non credeva Colin capace di tanto. Eppure, se guardava quell’uomo bellissimo e pericoloso che le stava di fronte, il suo cuore le sussurrava un’amara verità: “Lo riconoscerei tra mille, quello è il mio amore.” Come aveva fatto a non accorgersene? “Perché lo credevo morto. L’ho pianto a lungo.” Senza la maschera, i suoi tratti da gitano non lasciavano ombra di dubbio: era cresciuto, il suo viso si era fatto più spigoloso, ma c’era ancora traccia del ragazzo che lei aveva tanto amato. Lo sguardo, tuttavia, era quello di Montoya: amorevole, desideroso, consapevole. 224/325 L’amante con cui aveva condiviso il letto era Colin... Le sfuggì un singhiozzo e si coprì la bocca con una mano. — Amelia... Il tono addolorato con cui lui pronunciò il suo nome la fece singhiozzare ancora più forte. Non aveva più quell’accento straniero, adesso, ma la voce che lei aveva udito tante volte nei suoi sogni. Era più profonda, più matura, ma indubbiamente era quella di Colin. Distolse lo sguardo perché non riusciva a sopportare la sua vista. — Non hai niente da dirmi? — le chiese Colin in tono pacato. — Nessuna domanda? Nemmeno un insulto? Decine di parole lottavano per prendere forma, in particolare due davvero preziose, ma lei le tratteneva con forza, non volendo rivelare quanto stesse soffrendo. Puntò gli occhi su un quadretto che raffigurava un lago; la bocca le tremava e cercò di nascondere quel movimento rivelatore mordendosi il labbro. — Sono stato dentro di te — aggiunse Colin. — Il mio cuore batte all’unisono con il tuo. Se non mi vuoi parlare, puoi almeno guardarmi? La sua muta risposta fu una prima lacrima. Vedendola, lui imprecò e fece per avvicinarsi a lei. — No! — urlò lei, alzando una mano. — Non avvicinarti. Colin serrò la mascella e Amelia vide i muscoli guizzare nervosamente. Com’era strano vedere il suo primo amore racchiuso dentro la raffinatezza e la maturità di Montoya. Sembrava lo stesso, eppure era diverso. Era più alto, più grosso e più vitale. E incredibilmente attraente, dotato di un fascino con cui pochi potevano competere. Lei 225/325 aveva sognato tante volte il giorno in cui finalmente sarebbe diventato suo marito e l’avrebbe avuto tutto per sé. — Io lo sogno ancora — sussurrò lui, rispondendo alle parole che non si era nemmeno accorta di aver pronunciato. — E soprattutto lo desidero ancora. — Mi hai fatto credere di essere morto — lo accusò lei, incapace di associare il Colin che ricordava con quell’uomo vestito di tutto punto. — Non ho avuto scelta. — Saresti potuto tornare da me in qualunque momento, invece non ti sei fatto vivo per anni... — Sono tornato appena ho potuto. — Sì, sotto forma di un altro uomo! — gridò Amelia scuotendo violentemente il capo, mentre nella mente riviveva le ultime settimane. — Ti sei preso gioco dei miei sentimenti in modo meschino e mi hai fatto affezionare a una persona che non esiste. — Ma io esisto! — ribatté Colin tirando su le spalle e sollevando il mento. — Non ho fatto nessun giochetto, con te. Ogni parola che è uscita dalla bocca di Montoya, ogni carezza, proveniva dal mio cuore. Quel cuore batte in entrambi, noi siamo una cosa sola e tutti e due siamo follemente innamorati di te. Lei respinse quelle parole agitando una mano. — Hai fatto finta di essere straniero e mi hai fatto credere di essere sfigurato. — L’accento era solo una finzione, è vero. Era un modo per non farti scoprire la verità prima del dovuto. Tutto il resto è frutto della tua immaginazione. 226/325 — Non scaricare la colpa su di me! — ribatté lei, tentando di rimettersi in piedi. — Ti sei persino fatto compiangere da me per quel che ti era successo. Hai una vaga idea di quello che ho passato e di quanto ho sofferto, in queste settimane? Ero convinta di tradire Colin, innamorandomi di Montoya. Lui si adombrò e Amelia si odiò per la strana soddisfazione che provava nel vedere che le sue parole avevano avuto presa. — Il tuo cuore non è mai stato raggirato — le disse bruscamente. — Non è vero, tu... — E invece sì! Ti ricordi che nome hai gridato al culmine del piacere? Quando ero tutto dentro di te, ricordi che nome ti è affiorato alle labbra? Amelia deglutì a fatica mentre nella mente ripercorreva tutti gli istanti e le sensazioni vissute con lui. Si ricordò della cicatrice sulla spalla e del modo in cui l’aveva inspiegabilmente turbata. — Tu mi stavi portando alla follia — lo accusò. — Volevo dirtelo, ho cercato di farlo. — Potevi aspettare ancora un po’ — lo aggredì lei con sarcasmo. — Ti ho quasi supplicato di rivelarmi la tua identità. — E intavolare questa discussione subito dopo aver fatto l’amore? Mai! L’altra notte ho coronato il mio sogno più grande. Niente avrebbe potuto indurmi a rovinarlo. — E invece ora l’hai fatto! — sibilò lei, tremando. — Mi sembra di aver perso due persone che amavo in una volta sola, perché il Colin che conoscevo è morto e Montoya non era altro che una menzogna. 227/325 — Ma non è una menzogna! Colin tentò nuovamente di avvicinarsi e Amelia afferrò una sedia e la mise tra loro, ma anche se era grande e massiccia non costituì un ostacolo, perché lui la buttò a terra con una manata. A quel punto lei si voltò per scappare via, ma Colin la prese per un polso e la strinse in un forte abbraccio, e Amelia si abbandonò tra le sue braccia, sopraffatta e devastata da un fiume di emozioni. — Ti amo — le sussurrò Colin con le labbra appoggiate alla sua tempia. — Ti amo. Amelia aveva pregato tanto di sentirgli dire quelle parole, che ora le giungevano misere e in ritardo di secoli. 13 La carrozza non era ancora entrata nel cortile della locanda indicata dai loro uomini che Maria era già con il cappello e i guanti in mano, pronta a scendere giù. — È strano vederti così in ansia — le sussurrò Christopher. Aveva le palpebre socchiuse e si poteva pensare, a torto, che fosse insonnolito, ma lei lo conosceva troppo bene per cadere in quell’inganno. — Sono sollevata di avere appreso che almeno ha avuto il buon senso di portarsi dietro Tim, però resta ancora da risolvere la questione di Montoya e Ware — spiegò Maria. — Anche se la mia adolescenza è stata tutt’altro che felice, sono contenta di non aver avuto il tempo per imbarcarmi in storie tanto tormentate. — Tu stavi aspettando me — mormorò Christopher, prendendole una mano prima che s’infilasse il guanto e baciandone il dorso. 228/325 — Ne è valsa la pena. La carrozza si fermò e Christopher balzò giù per aiutarla a scendere. — Sono sorpresa che Tim non sia qui fuori ad aspettarci — osservò Maria, appoggiandosi a suo marito. — Anch’io — convenne lui, gettando uno sguardo al cocchiere. — Pietro, sistemate i cavalli e poi scaricate la valigia della signorina Benbridge. — Hai pensato proprio a tutto — si complimentò Maria, abbracciandolo. — No, ho pensato solo a te — la corresse lui, guardandola negli occhi con la stessa intensità che aveva fatto saltare le sue difese tanti anni prima. Rimasero in attesa che Simon e la signorina Rousseau li raggiungessero, poi entrarono nella taverna silenziosa. — Io vado a cercare Tim — disse Christopher, avvicinandosi al bancone. Fece un cenno a uno degli uomini che le stava accanto e insieme uscirono a parlare con il locandiere. — Che cosa sta succedendo? — domandò Lysette a voce alta. — Ordiniamo qualcosa da mangiare — disse Simon. — Sto morendo di fame. — Voi avete sempre fame — borbottò Lysette. — Sopportare voi, mademoiselle, comporta un notevole dispendio di energie. 229/325 I due proseguirono il loro battibecco mentre si allontanavano, lasciando Maria sola insieme a un uomo della scorta ad attendere che Christopher facesse ritorno. Dopo qualche minuto lui riapparve seguito da Tim, che aveva un’aria contrita. — Dov’è Amelia? — chiese lei, correndo loro incontro. — A quanto pare il suo fantomatico ammiratore ha deciso di gettare la maschera. — Ah! — Maria girò lo sguardo su Tim, che sembrava al contempo addolorato e furioso. — E quindi? — Adesso sono nella sala da pranzo privata a parlare — le spiegò Christopher. — Hanno lasciato la porta mezza aperta per decoro, ma da quel che si sente, non si mette troppo bene per lui. — E perché? — Quando si è avvicinato a me — disse Tim — mi è sembrato che fosse una faccia familiare, ma non riuscivo a collocarlo, poi mi è venuto in mente quando l’ho sentito parlare. — Che significa? — lo incalzò Maria, continuando a spostare lo sguardo dall’uno all’altro. — Chi è? Lo conosciamo? — Vi ricordate i disegni che vi avevo fatto a Brighton? — le chiese l’omone, riferendosi al tempo in cui Christopher l’aveva corteggiata. Dopo un tentativo fallito di trarre in salvo Amelia, Tim aveva usato la sua eccellente memoria e l’abilità nel disegno per farle dei ritratti dei servitori. Maria annuì, ripensando a quei disegni sorprendenti. — Sì, certo. 230/325 — L’uomo che sta parlando con lei è uno di loro. Maria aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordarseli tutti: c’erano un ritratto di Pietro e Amelia, uno della governante e di un giovane stalliere... — Non è possibile — farfugliò, scuotendo la testa. — Quel giovanotto era Colin, il ragazzo che è morto nel tentativo di salvarla. — Il nipote di Pietro, vero? — domandò Christopher alzando un sopracciglio. — Se abbiamo dei dubbi sulla sua identità, possiamo sempre chiedere a lui. Saprà riconoscerlo. — Santo cielo — mormorò Maria, girando sui tacchi per andare a cercare Simon. Quando lui la vide, subito gli brillarono gli occhi, poi si adombrò e il sorriso che gli incurvava le labbra sensuali lasciò il posto alla rassegnazione. — Vuota il sacco — gli ordinò lei, consapevole che sapeva qualcosa che non le aveva rivelato e furiosa al solo pensiero di ciò che doveva aver passato sua sorella. Simon si alzò e le offrì una sedia che si trovava tra lui e la signorina Rousseau. — Forse ti andrebbe di sederti — disse con aria fosca. — Potrebbe volerci un po’ per spiegarti tutto. — Lasciami, Colin. Con uno sforzo, Amelia si divincolò singhiozzando. Sentire quel corpo possente schiacciato in modo tanto passionale contro la sua schiena era al contempo una benedizione e un tormento. Aveva i nervi a fior di pelle ed era sospesa tra una gioia incontenibile e selvaggia e un senso di abbandono troppo simile a ciò che aveva provato quando era stata affidata alle cure negligenti del padre. 231/325 — Non posso — rispose Colin, avvilito, premendo forte la guancia bollente contro la sua. — Ho paura che se ti lascio, te ne andrai per sempre. — Infatti è quello che farò — sussurrò lei, in preda alla disperazione. — Ti lascerò proprio come tu hai fatto con me. — Ma non capisci che non avevo scelta? Quello era l’unico modo per poterti avere — ribatté Colin, la voce quasi un lamento. — Se non me ne fossi andato a far fortuna non saresti mai stata mia e io non avrei potuto sopportarlo. Ero disposto a tutto, anche ad allontanarmi da te per un certo periodo. Lei cercò di liberarsi dalla sua stretta. Ogni volta che inspirava, si riempiva i polmoni del suo profumo, che risvegliava i ricordi della notte appassionata trascorsa insieme, tormentandola in maniera quasi insopportabile. — Lasciami! — Prima promettimi che non cercherai di scappare e che resterai qui ad ascoltarmi. Amelia annuì, sapendo di non avere scelta e consapevole che dovevano chiudere quel discorso prima che ciascuno potesse andare avanti con la propria vita. Lo guardò dritto in faccia, tenendo il mento sollevato nel tentativo di restare impassibile, nonostante le lacrime scendessero copiose a rigarle le guance. Da parte sua, Colin non faceva alcuno sforzo per nascondere il proprio supplizio. Gli si leggeva in faccia che era in preda allo sconforto e alla disperazione. — Avrei potuto pensarla diversamente — disse lei in tono piatto. — Se mi avessi parlato del tuo desiderio di farti una vita da solo e mi avessi messa a conoscenza dei tuoi piani invece di tagliarmi fuori del tutto. 232/325 — Su, Amelia, sii onesta — disse lui, serrando le mani dietro la schiena per combattere contro il desiderio di buttarle le braccia al collo. — Non mi avresti mai permesso di andare via, e se mi avessi chiesto di restare, io non sarei stato capace di rifiutare. — E perché dovevi andare via a tutti i costi? — Come avrei fatto a mantenerti con la mia misera paga da stalliere? Come avrei fatto a donarti il mondo, se non possedevo nulla? — Io mi sarei accontentata di qualunque cosa; mi bastava stare con te! — E che mi dici della notte? — aggiunse lui in tono di sfida. — Come l’avresti presa se ti fossi ritrovata a battere i denti per il freddo, perché dovevamo razionare il carbone? E di giorno? Saresti stata disposta ad alzarti all’alba per spaccarti la schiena fino al tramonto? — Avresti potuto scaldarmi tu, proprio come hai fatto la notte scorsa — ribatté Amelia. — Vorrei passare così ogni notte fino alla fine dei miei giorni. Chi se ne importa del carbone, se ci sei tu a riscaldarmi sotto le lenzuola? E per quel che riguarda il giorno, alla fine di ciascuno avrei saputo che il momento in cui ti avrei riabbracciato si avvicinava sempre di più. — Ma tu ti meritavi di meglio! Amelia pestò un piede per terra con violenza. — Non spettava a te decidere che io non fossi in grado di vivere una vita simile. Non stava a te decidere che non fossi abbastanza forte per affrontare questa cosa. — Non ho mai dubitato nemmeno un istante che tu non saresti stata pronta a fare questo sforzo per me. Ciò che temevo era che io non fossi in grado di vivere in quel modo. 233/325 — Ma se non ci hai nemmeno provato! — Non potevo! — esplose Colin, in tono sempre più concitato. — Come avrei potuto guardare le tue mani arrossate e screpolate? Come avrei potuto sopportare il pensiero di sapere che quando eri sola rimpiangevi la tua vita di agi e tranquillità? — L’amore comporta dei sacrifici. — Non quando chi li fa è soltanto uno. Non sarei riuscito a vivere sapendo che il mio egoismo ti aveva condotta verso un’esistenza infelice. — Ma allora non capisci! — esclamò Amelia, portandosi le mani al cuore. — Io sarei stata felice, se c’eri tu al mio fianco. — E così io mi sarei odiato per il resto dei miei giorni. — Ora mi è tutto chiaro. — Nuovamente afflitta, Amelia si domandava come avesse potuto sbagliarsi così tanto sul loro amore. — Se non ci fossimo mai incontrati, tu saresti stato felice della vita che facevi, non è così? — Ascolta... — La tua infelicità deriva da me e dalle aspettative che avrei potuto nutrire nei tuoi confronti. — No, questo non è vero. — E invece sì. — Amelia sentiva una morsa allo stomaco che le impediva quasi di respirare. — Mi dispiace — mormorò. — Vorrei che non ci fossimo mai incontrati, così saremmo potuti essere felici. 234/325 Lui strabuzzò gli occhi. — Santo cielo, non dire mai più una cosa simile! Tu sei la sola cosa che abbia mai portato un po’ di felicità nella mia vita. D’un tratto, Amelia si sentì vecchia e stanca. — Lasciare la tua patria e la tua famiglia, battere il continente in lungo e in largo rischiando la vita per raccogliere informazioni per la Corona... e questa tu la chiami felicità? Sei solo un povero illuso. — Maledizione! — sbottò Colin, scuotendola per le spalle. — L’ho fatto per te, e ne è valsa la pena. Lo rifarei mille volte, se questo potesse servire per rendermi degno di averti. — Io non ho mai ritenuto che tu fossi indegno di me e tu non hai mai nutrito un simile sentimento finché non mi hai incontrata. Questo non è amore, Colin. Non so cosa sia, ma di certo non è amore. L’improvvisa calma di Amelia lo sorprese e lo rese ancora più nervoso, mentre cercava di trovare un modo per tenerla legata a sé. L’altra notte erano stati così vicini come solo due persone che si amavano potevano sperare di essere, e adesso erano distanti come due sconosciuti. — Qualunque dubbio questa rivelazione possa insinuare nella tua mente, ti prego di non sminuire quel che provo per te. Io ti amo, ti ho amata sin dal primo istante e non ho mai smesso di farlo, nemmeno per un secondo. — Ah, sì? — ribatté Amelia. Si asciugò le lacrime tenendo le mani così ferme da far sorgere in lui una strana inquietudine. — E allora cosa mi dici del tempo che hai trascorso ad affinare la tua bravura a letto, che mi hai mostrato con tanta abilità, l’altra notte? Anche in quei momenti mi amavi? — Sì, maledizione! — gridò lui, attirandola a sé, premendo tutto il corpo contro il suo. — Persino in quegli istanti amavo te. Per un uomo 235/325 il sesso è solo sesso, è una valvola di sfogo per alleggerirsi di un po’ di sperma e sentirsi rinvigoriti. Non ha nulla a che vedere con sentimenti più nobili. — Vuoi dire che significa solo soddisfare i propri bisogni, come hai fatto con quella ragazza nel retrobottega? L’altra notte, a ogni tocco, a ogni carezza, mi sono chiesta con quante donne ti fossi intrattenuto per essere tanto bravo. — Gelosa? — replicò lui in tono sferzante, con il cuore che gli sanguinava, terrorizzato al pensiero che potesse lasciarlo. Gli parlava con aria distaccata, senza tradire alcuna emozione, come se non gliene importasse nulla di lui. — Preferivi essere tu a soddisfare i miei bisogni più basilari senza che provassi niente? — Sono gelosa, è vero, ma anche triste. — I suoi bellissimi occhi erano vuoti e spenti. — Ti sei fatto la tua vita senza di me, e a volte sei stato anche felice. Non dovevi tornare. Quelle donne non ti hanno fatto desiderare di diventare una persona diversa, né tantomeno lo voglio io. — Io non ho mai pensato a loro — giurò Colin, prendendole il volto tra le mani. — Mai, nemmeno una volta. Ho sempre e solo pensato a te, a quanto ti volevo. Sognavo che ci fossi tu al posto loro. Era un male incurabile. Ho imparato delle cose, sì, sono diventato esperto, è vero, ma l’ho fatto solo per te, per essere tutto tuo, per poterti soddisfare in tutti i modi. Volevo essere tutto ciò di cui avevi bisogno, tutto ciò che volevi. — Che tristezza. Mi spezza il cuore sapere che ti ho impedito di essere felice. Furioso per la propria impotenza e confuso dalla piega che stava prendendo quella conversazione, Colin la tenne ferma e la baciò, insinuandosi con decisione in quella cavità calda e bagnata per gustare il suo dolore e la sua sofferenza, la sua amarezza e la sua rabbia. Ingioiò 236/325 tutto, sfregando la lingua contro la sua, prima di succhiarla con passione. Lei si aggrappò alle sue spalle, gemendo e tremando. Il suo corpo era incapace di resistergli, persino in quel momento. Era una debolezza di cui lui odiava servirsi, ma a cui ricorreva senza esitare, se necessario. — La mia bocca è solo tua — disse con voce roca, sfregando le labbra umide sulle sue. — Non ho baciato altre se non te. — Le afferrò una mano e se la posizionò sul cuore. — Senti come batte forte? È per te. Ogni singola cosa che ho fatto l’ho fatta pensando a te. — Fermati — gli ordinò lei, ansante, con il seno che si alzava e si abbassava contro il suo torace. — E i miei sogni — proseguì lui, appoggiando la fronte contro la sua. — Nei miei sogni ci sei sempre stata tu. Aspiravo solo a diventare una persona migliore, per poter essere degno di te. — E quando arriverà quel giorno, Colin? Lui si tirò indietro e la guardò accigliato. — Dopo tutti questi anni, riesci ancora a trovare dei motivi per tenermi lontana, tranne l’altra notte, quando ti ho forzato la mano — proseguì Amelia tra i singhiozzi, e lui percepì una strana risolutezza in quelle parole disperate. — Credo che vediamo l’uno nell’altra soltanto ciò che vogliamo vedere, ma alla fine il divario che si è creato tra noi è troppo ampio e non si può colmare inseguendo vane illusioni. Colin sentì un freddo glaciale piombargli addosso, fatto alquanto grottesco, visto che aveva il suo corpo caldo stretto a sé. — Che cosa significa? 237/325 — Che sono stanca di essere messa da parte e di finire nel dimenticatoio. Ho passato così tutta la vita, e ora mi rifiuto di continuare a farlo. — Amelia... — Ti sto dicendo che quando lasceremo questa stanza ci diremo addio per sempre. Simon distolse l’attenzione dalle mappe che aveva davanti quando udì picchiettare alla porta. Alzò gli occhi e guardò con cipiglio il maggiordomo. — Sì? — C’è un giovanotto che chiede di lady Winter, signore. Gli ho detto che in casa non c’era nessuno, ma non vuole andarsene. Simon si tirò su. — E chi sarebbe? Il servitore si schiarì la voce. — Sembra uno zingaro. La sorpresa paralizzò la lingua di Simon per un istante, prima che riuscisse di nuovo a parlare. — Fatelo entrare. Ci volle qualche secondo per togliere tutti i documenti dal tavolo, poi Simon si sedette e attese. Poco dopo un ragazzo con i capelli neri entrò nello studio. — Dov’è lady Winter? — Le spalle larghe e la mascella contratta lasciavano intendere la sua ferma determinazione a trovare chi stava cercando. Simon si appoggiò contro lo schienale della sedia. — Dalle ultime notizie che mi sono giunte, è in giro per l’Europa. 238/325 Il ragazzo aggrottò la fronte. — La signorina Benbridge è con lei? Come posso trovarle? Sapete dove sono? — Ditemi prima il vostro nome. — Colin Mitchell. — Bene, signor Mitchell, vi andrebbe di bere qualcosa? — chiese Simon, alzandosi e andando verso la fila di bottiglie sul tavolo di fronte alla finestra. — No. Nascondendo un sorriso, Simon si versò due dita di brandy in un bicchiere, si voltò e si appoggiò contro il mobile, incrociando i piedi. Colin era sempre fermo nello stesso punto e si guardava intorno, soffermandosi brevemente su qualche oggetto, a caccia di indizi che gli fornissero le risposte che cercava. Era un giovanotto di una bellezza esotica, con un fisico possente, e Simon immaginò che fosse proprio questo a renderlo tanto attraente agli occhi delle donne. — Cosa farete se troverete la bella Amelia? — domandò. — Lavorerete nelle stalle? Vi prenderete cura dei cavalli? Colin sgranò gli occhi, inducendolo a sorridere. — Sì, so chi siete, anche se mi avevano detto che eravate morto. — Simon si portò il bicchiere alla bocca e mando giù il liquore tutto d’un fiato. Sentì un bel tepore nello stomaco e sorrise. — E così intendete lavorare come suo sottoposto, struggendovi per lei a distanza? O magari sperate di rotolarvi con lei nel fieno finché non si sposerà con un altro, oppure rimarrà incinta di voi? 239/325 Si stiracchiò, posò il bicchiere e si tenne forte al mobile, pronto per l’assalto che si aspettava, e che nonostante tutto lo sorprese per la sua potenza. Fu sbattuto giù e rotolò insieme al ragazzo, che lo teneva avvinghiato. Cozzarono contro un tavolino e fecero cadere diverse statuine di porcellana, che si infransero sul pavimento. Simon attese qualche istante prima di sollevare una mano in segno di resa. — Smettetela — gli ordinò. — E ascoltatemi. — Ora parlava in tono schietto. Colin si fermò, anche se era ancora stravolto dalla rabbia. — Non permettetevi mai più di parlare così di Amelia! Tirandosi su, Simon gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. — Sto solo cercando di puntualizzare una cosa ovvia: voi non avete nulla da offrirle, nulla con cui mantenerla, nessun titolo che le possa dare prestigio. La mascella e i pugni serrati tradivano il suo odio per quella triste verità. — Lo so. — Bene — continuò Simon, sistemandosi i vestiti e riprendendo il suo posto dietro la scrivania. — Ora, che ne direste se mi offrissi di aiutarvi a conquistare ciò di cui avete bisogno per essere degno di lei? Soldi, una dimora adeguata, magari anche un titolo proveniente da qualche paese lontano che potrebbe adattarsi alle caratteristiche fisiche della vostra stirpe... Eh? Colin rimase immobile, serrando le palpebre con avido interesse. — E come? 240/325 — Io sono coinvolto in certe... attività che potrebbero essere adatte a un giovane con il vostro potenziale. Ho sentito che siete quasi riuscito a trarre in salvo da solo la signorina Benbridge. Con la dovuta preparazione, potreste essere una bella risorsa per me. Non farei questa offerta a nessun altro, perciò ritenetevi fortunato. — Perché proprio io? — chiese Colin, sospettoso e con una punta di disprezzo. Simon era felice di quel leggero cinismo: un ragazzino alle prime armi non gli sarebbe servito a nulla. — Non mi conoscete e non sapete di cosa sono capace. — Ma so molto bene fin dov’è pronto a spingersi un uomo per una donna. — Io l’amo. — Appunto. Infatti sareste disposto ad andare a cercarla anche in capo al mondo. Questa è la dedizione di cui ho bisogno. In cambio vi farò diventare un uomo ricco. — Ma ci vorranno anni — ribatté Colin, passandosi una mano tra i capelli. — Non so se riuscirò a resistere. — Concedetevi del tempo per maturare. Lasciate che lei veda tutto quello che si è persa finora. Poi, se vi vorrà ancora, almeno sarete certo che ha preso la sua decisione con il cuore di una donna, non con quello di una bambina. Il ragazzo rimase immobile per qualche attimo; il peso della sua indecisione era quasi palpabile. — Provateci — lo incalzò Simon. — Che male può farvi? 241/325 Alla fine, Colin emise un profondo sospiro e si lasciò ricadere sulla sedia davanti a lui. — Avanti, vi ascolto. — Eccellente! — esclamò Simon. — Allora, io pensavo che... — Perché non mi hai detto niente? — gli domandò Maria quando Simon ebbe terminato di raccontarle tutto, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta nella sua vita. — Se te l’avessi detto — rispose Simon in tono gentile — ti saresti tenuta questa informazione per te? Ovviamente no, l’avresti detto ad Amelia, e non toccava a me svelare questo segreto. — Ti rendi conto di quanto ha sofferto mia sorella? — Sono desolato, ma purtroppo non potevo fare nulla per alleviare il suo dolore. — Potevi almeno dirmi che era vivo! — sbottò Maria. — Mitchell aveva tutti i diritti di guadagnarsi da solo la stima di Amelia. Non possiamo biasimarlo per aver cercato di conquistare la donna che amava nel solo modo che gli era concesso. Credo di essere l’unico qui a comprendere appieno le sue motivazioni. Dopotutto, ciò che fa della sua vita non è affar tuo. — Ma è affar mio — tuonò qualcuno alle loro spalle — visto che riguarda anche la signorina Benbridge. Maria si girò e vide l’uomo che si avvicinava. — Lord Ware — lo salutò, avvertendo un colpo al cuore. Era vestito in modo disinvolto, come non l’aveva mai visto prima, ma si intuiva dal suo incedere rigido e dalla mascella serrata che il suo 242/325 umore non rispecchiava affatto la sua mise. Non indossava la parrucca, aveva i capelli legati con un fiocco all’altezza della nuca e portava gli stivali, invece delle solite scarpe con il tacco. — Questo sarebbe il suo fidanzato? — chiese Lysette. — Milord — disse Christopher. — La vostra dedizione mi sorprende. — Fino a prova contraria — rispose il conte con aria torva — mi ritengo responsabile del benessere della signorina Benbridge. — Erano anni che non mi divertivo così tanto! — esclamò Lysette. Maria chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Christopher, che era in piedi dietro di lei, le appoggiò una mano sulla spalla e le diede una strizzatina per incoraggiarla. — Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa sta succedendo? — domandò Ware. Lei guardò Simon, il quale sollevò entrambe le sopracciglia. — Come ve lo posso dire in modo gentile? — Bando ai convenevoli. Non sono né uno stolto né un minorato. — Lui sta per entrare a far parte della nostra famiglia — puntualizzò Christopher. — Vero — confessò Simon. Gli illustrò brevemente tutti gli avvenimenti che avevano portato a quel momento, guardandosi bene dal nominare personaggi come Eddington. 243/325 — E così, quest’uomo con la maschera sarebbe Colin Mitchell? — chiese Ware. — Quello per cui la signorina Benbridge aveva una cotta da ragazza? E lei non sa che è lui? — Adesso sì — disse Tim. — Mitchell glielo sta raccontando proprio adesso — gli spiegò Christopher. Sentirono un tonfo alle loro spalle, si voltarono e videro Pietro, in piedi sulla soglia, con la bocca spalancata e una valigia per terra ai suoi piedi. — Non è possibile! — gridò, incredulo. — Colin è morto. Maria gettò un’occhiata a Simon. — La cosa si fa sempre più interessante — gongolò Lysette. — Siete una creatura davvero vile — le disse Simon in tono duro. Maria alzò gli occhi e fece cenno al marito che voleva alzarsi. — Devo andare a vedere come procedono le cose. — Non ce n’è bisogno — rispose il marito, tenendo lo sguardo fisso oltre la sua spalla. Tutti si girarono in quella direzione, verso il corridoio che conduceva alla sala da pranzo, e videro comparire Amelia, con gli occhi e il naso rossi e i capelli in disordine, l’immagine di una ragazza a cui era appena stato spezzato il cuore. Dietro di lei c’era Colin, e quando lo videro tutti rimasero sconcertati. Indossava abiti eleganti e aveva un portamento nobile; nella sua figura slanciata non c’era più traccia del servo che era stato. Era un uomo incredibilmente bello, con occhi scuri e sensuali incorniciati da lunghe 244/325 ciglia folte e una bocca voluttuosa incastonata su una mascella scolpita. Anche lui sembrava ferito e lacerato dal dolore, e Maria provò un’enorme pena per entrambi. — Amelia — sussurrò Ware, in ansia. Lei puntò gli occhi nei suoi, sentendo salire le lacrime, e il conte si lasciò sfuggire un verso rabbioso. — Colin — disse Pietro in tono contrito, accrescendo il trauma di tutte quelle rivelazioni. Distratta dall’inatteso risvolto degli eventi, Maria non riuscì a prevedere che Ware potesse avvicinarsi a Colin, finché non lo vide dirigersi verso di lui a lunghe falcate. — Voi vi ritenete un gentiluomo? — Certo — rispose Colin, serrando la mascella. — Allora dimostratemelo — ribatté il conte, gettando un guanto ai suoi piedi. — Con piacere. — Santo cielo — bisbigliò Maria, portandosi una mano alla gola. Christopher andò verso il conte. — Sarò lieto di farvi da secondo, milord — gli disse. — Vi ringrazio. — E io starò al fianco di Mitchell — intervenne Simon. — No! — gridò Amelia, spostando lo sguardo atterrito sulle facce adirate dell’uno e dell’altro. — Tutto questo è assurdo. 245/325 — Non puoi fare nulla per impedirlo — disse Maria, tentando di trascinarla via. — Perché? Non è necessario. — E invece sì. — Io ho una residenza a Bristol — disse Ware. — Vi suggerisco di incontrarci là, dove avremo come pubblico solo gente fidata. Colin annuì. — Stavo giusto andando lì, quindi per me va benissimo. — Sono io la causa di tutto questo — mormorò Amelia, gettando un’occhiata supplichevole alla sorella. — È stato il mio egoismo a condurci a tanto. Come posso fare per mettere fine a questa cosa? — Quel che è fatto è fatto — disse Maria, accarezzandole con dolcezza la schiena. — Voglio andare con loro. — Non sarebbe per niente saggio. Christopher si voltò verso di lei e Amelia lesse nei suoi occhi tutta la sua disapprovazione: non riusciva a comprendere perché voleva che andassero via, ma avrebbe avuto occasione di fare chiarezza in seguito. Si fidava ciecamente e sapeva che la sua felicità e il suo benessere erano sempre al primo posto, per lui. — Voglio andare con loro — ripeté Amelia con maggior forza. — Taci — bisbigliò Maria. — Ne riparleremo dopo che avrai fatto un bagno caldo e ti sarai cambiata. 246/325 Amelia non insistette oltre e insieme si avviarono verso la sala da bagno. Erano tutti talmente immersi nei propri pensieri da non notare l’uomo seduto nella penombra su una poltrona in un angolo; nessuno si accorse della sua presenza nemmeno quando lasciò la stanza. Non appena mise piede fuori, Jacques si calcò il cappello in testa e si allontanò con aria noncurante verso la carrozza che lo attendeva poco più in là sul ciglio della strada. Quando la raggiunse, aprì la porta e guardò al suo interno. — Mitchell è stato sfidato a duello. — Saltate tu e raccontatemi tutto — lo invitò Cartland con un sorriso. 14 Amelia restava sempre sorpresa di scoprire come un uomo imponente e pieno di vita come Christopher St John sapesse, in certi casi, farsi così piccolo da passare inosservato. In quel momento, per esempio, si notava appena che stesse condividendo lo stesso sedile con Maria, mentre avanzavano verso Bristol. Aveva tenuto a freno la lingua mentre lei apriva il suo cuore alla sorella, e Amelia gli era grata per essere rimasto in silenzio. Poche persone avrebbero creduto che quel noto fuorilegge fosse in grado di sopportare per ore i lamenti amorosi di una donna in lacrime, eppure lui ci riusciva, e anche bene. — Gli hai detto che non vi sareste più rivisti? — le domandò Maria in tono gentile. — Fin quando Ware non l’ha sfidato a duello, era quello il mio intento — rispose Amelia, parlando attraverso il fazzoletto che teneva accostato al naso. Il giorno prima, mentre andavano a Swindon, si era rifiutata di parlare, e solo adesso si sentiva pronta per affrontare 247/325 l’argomento senza scoppiare a piangere copiosamente. — È meglio così per tutti e due. — Non mi sembri molto felice però. — Crescendo, imparerò a esserlo... e anche Colin. Nessuno può essere felice facendo finta di essere ciò che non è. — Magari lui non stava fingendo... — Non m’importa. Il Colin di adesso nutre gli stessi dubbi da cui era lacerato quello di una volta. Nonostante tutto quel che ha fatto, ha continuato a credere fino a pochi giorni fa che Ware fosse la scelta migliore per me. Ha sempre deciso riguardo al mio futuro senza consultarmi, e ora ne ho abbastanza. Non voglio più essere trattata come una bambina. — Così consenti al tuo passato di offuscare il tuo presente. — Maria... ma lo difendi? — domandò Amelia stupita. — Come puoi farlo? Io non vedo nulla di buono nelle sue azioni. Lui è ricco, certo: basta guardare tutte le cose che possiede; ma accettare che tutto questo valga il mio dolore e il mio struggimento mette un prezzo al mio amore, e io non posso permetterlo. — Io non giustifico le sue azioni — precisò Maria. — Ma sono convinta che lui ti ami e che abbia agito pensando di fare la cosa più giusta per te. Inoltre, credo che anche tu lo ami. Di sicuro ci dev’essere qualcosa di buono in tutta questa storia, no? Amelia si passò una mano sulle sottane guardando fuori del finestrino. Colin e Jacques erano sulla carrozza che seguiva, insieme a Simon e a Lysette, mentre Ware stava in testa e conduceva la carovana. Era intrappolata tra quei due uomini, in senso sia figurato sia letterale. 248/325 — Sono giunta alla conclusione che la passione non è come la descrivono i poeti — disse a un tratto. Si sentì qualcuno tossire in modo strozzato, ma quando Amelia guardò in direzione di St John, il suo volto era del tutto impassibile. — Dico sul serio — ribadì. — Prima di queste due settimane, la mia vita era ordinata e tranquilla. Io vivevo serena e Ware era soddisfatto, proprio come lo eravate voi. Anche Colin conduceva un’esistenza che lo stava portando da qualche parte. Ora, invece, siamo tutti nel caos. Non avete idea di quanto mi rattristi l’idea di somigliare a lord Welton non solo fisicamente, ma anche nell’anima. — Non dire stupidaggini — la riprese Maria in tono duro. — Non mi sono comportata esattamente come avrebbe fatto lui, pensando soltanto ai miei interessi? Dovrei ubbidire, invece che inseguire le mie fantasie. Così, almeno, farei una vita più decorosa. Gli occhi scuri di Maria erano colmi di preoccupazione. — Sei troppo tesa. Il viaggio è stato lungo e la scomodità della locanda di Swindon ha contribuito a renderti nervosa, ma siamo quasi giunti a Bristol. Lì potrai riposare per un giorno o due. — Prima o dopo il duello? — chiese Amelia in tono ironico. — Bambolina... In lontananza si udì un grido, poi la carrozza svoltò. Sporgendosi fuori, Amelia vide un lungo vialetto ben curato che conduceva a una piazzola circolare al cui centro si ergeva un’imponente fontana. La lussuosa residenza che si intravedeva era bellissima, con il grazioso colonnato e il grande portico costeggiato da rigogliose aiuole. 249/325 La fila di carrozze si fermò proprio davanti alla scalinata d’ingresso e la porta si aprì, lasciando uscire uno sciame di servitori in livrea grigia e nera. Christopher fu il primo a scendere, poi aiutò Maria e Amelia. — Benvenuti — disse Ware avvicinandosi. La sua bocca s’incurvò leggermente mentre si portava la mano guantata di Amelia alle labbra. Era davvero elegante, con quei calzoni azzurro chiaro e la redingote dello stesso colore dei suoi occhi: Il sorriso forzato che lei gli rivolse celava un sincero apprezzamento per il suo fascino. — La vostra casa è deliziosa, milord — disse Maria a bassa voce. — Grazie. Spero che la troverete ancora più deliziosa quando sarete entrati. A quel punto, tutti si voltarono verso la carrozza di Colin. Amelia si irrigidì, aspettandosi che la guardasse con aria supplichevole come aveva fatto per tutta la giornata precedente. Sfortunatamente, anche se si era preparata, niente poteva mitigare l’effetto che aveva su di lei, e quando lo vide balzare giù dalla carrozza e avanzare col suo passo sensuale, lo maledì per quella sua grazia ferina che la metteva in subbuglio. Ora che sapeva come quella sensualità si manifestasse a letto, la risposta del suo corpo era ancora più violenta, così distolse lo sguardo nel tentativo di nascondere l’irrefrenabile attrazione che provava per lui. — Milord — disse Colin con una punta di disprezzo. — Se qualcuno potesse cortesemente fornirmi le indicazioni per raggiungere la locanda più vicina, mi metterei subito in viaggio. Il signor Quinn farà ritorno qui più tardi per definire tutti i dettagli. — Vorrei che vi fermaste qui — rispose Ware, lasciando tutti di stucco. 250/325 Amelia lo guardò a bocca aperta. — Impossibile — rispose Colin. — E perché? — ribatté il conte, sollevando entrambe le sopracciglia. — Ho le mie ragioni. — Cioè? — intervenne Christopher con un tono che mise in allarme Amelia. A quanto pareva, lui riusciva a scorgere qualcosa in quello scambio di battute che a lei sfuggiva. — Lasciate che vi aiuti. — Non è necessario — disse Colin in tono brusco. — Tenete al sicuro la signorina Benbridge. Questo è tutto ciò di cui necessito. — Se siete in pericolo — osservò Maria — preferirei che restaste qui... o forse anche noi dovremmo andare in una locanda? — Vi prego — intervenne Ware con il suo solito aplomb. — Sarete tutti più al sicuro qui che in un luogo pubblico, dove c’è molta gente che va e che viene. — St John, posso avere un minuto del vostro tempo? — chiese Colin. Christopher annuì, si allontanarono insieme e presero a confabulare. Non si riusciva a sentire niente di quel che si dicevano. A un tratto i toni si fecero più animati e la conversazione più accesa. — Cosa sta succedendo? — chiese Amelia rivolta alla sorella. — Vorrei tanto saperlo. 251/325 — Lasciate che la signora Barney vi conduca nelle vostre stanze — disse Ware, indicando la governante che attendeva sul gradino più basso con un ampio sorriso. — Voglio sapere cosa succede — insistette Amelia. — Andate — sussurrò Ware, appoggiandole una mano sulla schiena e sospingendola verso la scalinata. — Prometto che vi racconterò tutto non appena ne verrò a conoscenza. — Davvero? — chiese lei, guardandolo al di sotto della tesa del cappellino. — Certo. Vi ho mai mentito? Amelia capì al volo il messaggio. “Io non sono Mitchell, non vi ho mai raccontato una sola bugia.” Gliene fu grata e abbozzò un sorriso di ringraziamento. Maria si unì a lei e insieme si avviarono su per le scale, seguendo la signora Barney. Colin stette a osservare lord Ware che accompagnava Amelia verso la casa, cercando di combattere contro la tentazione di strappargliela dalle mani. Non riusciva a sopportare di vederla insieme a un altro uomo. Era una cosa che lo scavava dentro come se gli avessero buttato addosso un acido che lo bruciava e lo consumava, lasciandogli un grande vuoto dentro. — Credo che dovreste restare qui — disse Christopher, distogliendo la sua attenzione dalla schiena di Amelia. — Ma voi non capite! Ci stanno seguendo da quando abbiamo lasciato Reading. Se mi tengo a distanza, lei sarà al sicuro. 252/325 — A meno che non abbia in mente di seguirvi di nuovo — obiettò il pirata. — A quel punto, sarebbe molto più vulnerabile. — Maledizione, non ci avevo pensato — rispose Colin, allungando una mano, posandosela sulla nuca e iniziando a grattarsi furiosamente il collo. — Ora però è di pessimo umore, e non credo che lo farà. — Ma non possiamo averne la certezza, né voi né io. Perciò, credo che sia meglio procedere con cautela. — Non potete fare niente per tenerla a freno? — chiese Colin. — Cartland non deve avvicinarla. Se dovesse sospettare quanto è importante per me, si servirebbe di sicuro di lei. — Voi siete riuscito a tenerla a bada? No, e allora non aspettatevi miracoli da me — rispose Christopher con un sorriso stanco. — Mia moglie è considerata una delle donne più pericolose d’Inghilterra e ha insegnato tutto quello che sa alla sorella. Amelia è in grado di affrontare il migliore spadaccino e sa lanciare un coltello meglio di chiunque altro, persino di me. Se decide di seguirvi, troverà di sicuro un modo. Colin sbatté le palpebre, incredulo, poi fece un gesto di rassegnazione. — È strano, ma la cosa non mi sorprende per niente. — Mi sarebbe piaciuto conoscere la loro madre. Doveva essere una donna straordinaria. — Io non ho tempo per socializzare — borbottò Colin. — Potrei essere il cacciatore o la preda, e quest’ultimo ruolo non mi si addice molto. — Capisco. 253/325 — Vorrei che la signorina Rousseau credesse a ciò che dice Jacques riguardo agli eventi di quella notte, ma lei si rifiuta di farlo e non capisco il motivo. Perché non gli dà credito? Come può credere a Cartland? — Non so che cosa stia cercando, ma io vi darò tutto il supporto possibile. Questa sera non preoccupatevi di nulla: lasciate che i miei uomini inizino a setacciare la città; voi vi unirete a loro domattina. Credo che trascorrere una nottata tranquilla in famiglia farà bene ad Amelia e la distoglierà dalla tentazione di corrervi dietro. Il pensiero di passare una serata in compagnia di Amelia e lord Ware era un tormento senza eguali. — Allora, vi fermate qui con noi? — chiese Ware, raggiungendoli. — Ho fatto preparare delle stanze per voi e per i vostri amici. — Grazie, lo dirò agli altri — fu tutto ciò che Colin riuscì a dire prima di girare sui tacchi e allontanarsi. Christopher lo guardò andare via e notò la postura rigida e la rabbia evidente nel suo modo di camminare. — Lui l’ama. — Lo so. Christopher si voltò e vide che anche il conte lo stava scrutando con gli occhi socchiusi. — Io invece so perché voglio che rimanga, ma non capisco perché anche voi lo vogliate. — La differenza tra noi due sarà più evidente in un confronto diretto — rispose Ware, guardandolo dritto negli occhi. — Io sono la scelta migliore per lei, e se mai dovessi dubitarne anche per un solo istante, mi farei da parte. Per me ciò che conta è la sua felicità, e non credo che lui sia capace di farla felice. 254/325 — Guardate che sarà un avversario formidabile. Negli ultimi anni se l’è cavata soltanto grazie al suo ingegno e alla sua bravura con la spada. — Anch’io ho delle buone capacità — rispose il conte in tono pacato. — Ma le ho acquisite in modo più civile. Christopher gli fece un cenno di assenso e insieme si avviarono verso il portone d’ingresso. Tim si stava occupando di scaricare i bauli e Colin stava guardando con aria accigliata Simon, che aiutava Lysette a scendere dalla carrozza. Si domandava se anche altri uomini passassero attraverso tutte quelle peripezie nel tentativo di maritare la minore delle figlie. Scuotendo la testa, salì i gradini e andò dritto verso la stanza assegnata a lui e a sua moglie. Sapeva che Maria era già lì ad attenderlo, pronta a elaborare insieme a lui una strategia per i giorni successivi, e quel pensiero gli strappò un sorriso. Dopo aver fatto un bagno ed essersi cambiata d’abito, Amelia non si sentiva ancora del tutto rinfrancata, così sgusciò fuori dalla sua camera e sgattaiolò lungo il corridoio. Maria le aveva detto di fare un sonnellino prima dell’ora del tè, ma lei non riusciva proprio a dormire. Sentiva il bisogno di camminare, sgranchirsi le gambe, respirare aria fresca e schiarirsi le idee. Da bambina aveva imparato che una bella passeggiata aveva il potere di alleviare molti dolori e sapeva che in quel momento era proprio ciò che faceva al caso suo. — Amelia. Si fermò di colpo quando udì il proprio nome. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con lord Ware, che le fece un inchino. — Milord. — Posso unirmi a voi? — le chiese lui, gettando una rapida occhiata ai suoi stivali. 255/325 Per un istante Amelia fu tentata di rispondergli di no in tono gentile, ma poi cambiò idea: per quanto desiderasse restare sola, Ware meritava una spiegazione e anche l’opportunità di riprenderla per il suo comportamento, se voleva. — Ne sarei onorata. Mentre le si avvicinava, le rivolse il suo solito sorriso carico di charme. Indossava abiti informali, da gentiluomo di campagna, e aveva un aspetto più rilassato, che gli donava molto. Le ricordava quando si erano conosciuti, nel Lincolnshire, e il sorriso che gli rivolse era davvero genuino. — Siete splendida quando sorridete anche con gli occhi — sussurrò il conte. — È perché voi siete così bello — rispose lei. Ware si portò la sua mano alle labbra e guardando oltre la sua spalla vide Colin al fondo del corridoio, che li scrutava con sguardo infuocato. Attirandola a sé, la condusse verso la gradinata che li avrebbe portati prima al piano inferiore e poi al giardino sul retro. Colin fissava Ware che si allontanava, stringendo Amelia come se fosse sua proprietà, e sentì montare una furia così brutale che gli fece quasi paura. — Dovresti trovarti qualcosa che ti tenga occupato, mon ami — gli suggerì Jacques, facendolo trasalire con la sua improvvisa apparizione. — Potresti compiere qualche azione scellerata, di cui poi ti pentiresti, se continui a pensare incessantemente a lei. — Io non ho fatto altro che pensare a lei, sempre — ribatté Colin. — Era la mia unica ragione di vita. 256/325 — Ma ha bisogno di tempo, e io ammiro la tua forza d’animo nel volerglielo concedere. — Non si tratta di forza d’animo — puntualizzò Colin serrando i pugni. — È solo che non voglio uccidere un uomo di fronte a lei. — Alors devi uscire di scena, distrarti dedicandoti a qualche nuova mansione. Colin inspirò a fondo e annuì: aveva pensato la stessa cosa quando aveva visto Amelia e Ware insieme e si era costretto a distogliere lo sguardo per non guardarli. — Era proprio questo il mio intento, infatti ti stavo cercando. — Che cosa vuoi che faccia? — domandò Jacques con il suo solito ghigno. — Io non posso andare in città: esiste l’eventualità che Amelia mi segua. È meglio che rimanga qui, per ora. — Capisco. — St John sta inviando qualcuno a Bristol per chiamare a raccolta i suoi uomini. Unisciti a loro e assumi il comando delle ricerche. Digli cosa cercare e come muoversi, e se trovate qualcosa degno di nota avvisami subito. Jacques gli fece un cenno affermativo e si avviò immediatamente giù per le scale, mentre Colin imboccava quelle dedicate alla servitù. Passò attraverso le cucine ignorando gli sguardi stupiti dei servitori e uscì dalla stanza delle consegne, dirigendosi verso le scuderie. 257/325 A ogni passo si sentiva più pesante, con il cuore greve per il confronto che l’attendeva; sapeva che sarebbe potuto uscirne più malconcio di quanto fosse accaduto durante la discussione con Amelia. S’intrufolò nelle stalle senza far rumore e inspirò a fondo l’odore familiare di fieno e cavalli. Gli animali si misero a soffiare dal naso e a pestare gli zoccoli, infastiditi dalla sua presenza. Lui si diede uno sguardo intorno alla ricerca della cabina dello stalliere e vacillò quando ne individuò l’entrata. Un uomo era appoggiato contro lo stipite della porta e lo fissava con ostilità. Il tempo era stato clemente con Pietro. A parte una leggera pancetta, il suo corpo era ancora tonico e possente. Alcuni fili argentati gli adornavano i capelli e la barba, ma la sua pelle era liscia e senza rughe. — Zio — mormorò Colin, con la gola stretta dall’emozione e dal dolore. — Il mio unico nipote è morto — rispose Pietro in tono freddo. Colin sbatté le palpebre, a quel rifiuto. — Mi sei mancato tanto. — Bugiardo! Mi hai fatto credere di essere morto. — Mi avevano offerto la possibilità di cambiare vita — spiegò Colin, allungando una mano come muta richiesta di comprensione. — Era un’offerta irripetibile, che non ho potuto rifiutare. — E io? — gli chiese Pietro, tirandosi su. — E la pena che mi hai dato? Non conta niente per te? — Perché, pensi che io non abbia sofferto? — ribatté Colin, ferito da quelle parole di biasimo pronunciate da una persona a cui voleva bene. — Sarei anche potuto essere morto davvero. 258/325 — E allora perché l’hai fatto? — gli domandò lo zio, avanzando verso di lui. — Mi sono sforzato di capirlo, ma non ci riesco proprio. — Prima non avevo nulla da offrire a nessuno, non potevo offrire una vita agiata alle persone che amavo. — Di che agi parli? Forse intendevi disagi, come quelli che io ho patito per averti perso! — Pensa alla libertà di non fare niente, a una vita di viaggi e di scoperte. Ora posso darti tutto questo, prima no. Una smorfia di dolore alterò i bei tratti di Pietro. — Io sono una persona semplice. Un tetto sulla testa, un po’ di cibo, una famiglia... Ecco di cosa ho bisogno per essere felice. — Vorrei tanto che anche i miei bisogni fossero così facili da soddisfare. Io voglio far felice Amelia e questo era l’unico modo per poterla avere. — Colin — disse lo zio, singhiozzando. — Tu l’ami ancora... — Non saprei fare altrimenti. Lei è parte di me, proprio come i capelli e la pelle. — Avrei dovuto crescerti nel campo. Così non avresti desiderato cose che sono al di là della tua portata. Colin sorrise e gli lanciò un’occhiata intensa. — Io e Amelia ci saremmo comunque incontrati da qualche parte. — È la tua indole gitana a parlare. — Sì. 259/325 Ci fu un lungo silenzio, in cui entrambi cercarono le parole giuste. — Da quanto tempo sei in Inghilterra? — chiese infine Pietro. — Qualche settimana. — Tutti questi giorni e non sei nemmeno venuto a trovarmi! — esclamò l’uomo, scuotendo il capo. — Non ti riconosco più. Il ragazzo che ho allevato io era più attento ai sentimenti degli altri. Colin rimase molto turbato da quelle parole, così allungò una mano e la posò sulla spalla dello zio. — Non te la prendere. Se ho fatto così, non è perché non ti volessi bene, ma perché provavo un amore folle per lei. Avrei fatto qualunque cosa, sarei andato anche all’altro capo del mondo per poter avere Amelia. — Pare che tu sia riuscito nel tuo intento — osservò Pietro in tono pacato. — Hai una bella carrozza e degli abiti eleganti. — Adesso mi sembra di avere sprecato il mio tempo. Lei è arrabbiata proprio come lo sei tu. Non so se mi perdonerà, e se non lo farà sarà stato tutto inutile. — Non proprio tutto. Avrai pur sempre me. Colin sentì salire le lacrime e le scacciò via. Suo zio lo fissò per un attimo e poi, con un profondo sospiro, lo abbracciò forte. — C’è ancora un po’ del vecchio Colin dentro di te — borbottò. — Mi dispiace per il dolore che ti ho arrecato — sussurrò Colin con voce strozzata. Aveva la gola chiusa e non riusciva quasi a parlare. — Ero concentrato solo sul mio obiettivo e non ho pensato a nient’altro. Volevo tutto e ora mi ritrovo con un pugno di mosche. 260/325 Pietro scosse il capo e fece un passo indietro. — Non ti arrendere proprio adesso. Hai sudato tanto per arrivare sin qui. — Potrai mai perdonarmi? — Se riusciva a riconquistare l’affetto di uno, magari ce l’avrebbe fatta anche con l’altra. — Forse — rispose lo zio, accennando un sorriso. — Ho sei cavalli da sellare. — Sono a tua disposizione — disse Colin, incurvando le labbra a sua volta. — Vieni. — Pietro gli passò un braccio intorno alle spalle e lo tirò verso la sua cabina. — Prima ti devi cambiare i vestiti. — Posso sempre comprarmene degli altri, se sciupo questi. — Ma quanto sei ricco? — In modo quasi osceno. Pietro fischiò. — Allora raccontami come ci sei riuscito. — Ma certo! Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. Era tardo pomeriggio. Il sole stava calando oltre l’orizzonte e la cena era quasi pronta. Quella sera, gli ospiti di casa Ware avrebbero mangiato prima rispetto all’orario a cui erano abituati in città, poi avrebbero trascorso la serata nel salottino tentando di ignorare la tensione crescente. Senza dubbio non sarebbe stato piacevole, ma Ware capiva perfettamente le correnti emotive che tormentavano tutti, tranne lui. Al conte interessava solo Amelia e riteneva che lei fosse la sposa più adatta per lui. Era l’unica cosa che lo legava a quella combriccola. 261/325 — Mitchell si è fermato da noi — disse ad Amelia, mentre passeggiavano nel giardino sul retro. — Ah. Lei continuò a tenere lo sguardo fisso davanti a sé. Con un profondo sospiro, il conte si fermò, costringendola a fare altrettanto. — Confidatevi con me, vi prego. Questo è sempre stato il punto forte della nostra amicizia. Amelia abbozzò un sorriso incerto, poi si voltò e lo guardò negli occhi. — Mi dispiace per quello che vi ho fatto — confessò, attanagliata dal rimorso. — Se potessi tornare indietro e cambiare il corso degli eventi in quest’ultima settimana, lo farei volentieri. Anzi, vorrei poter tornare indietro di qualche anno e sposarvi subito. — Addirittura! — esclamò lui, attirandola a sé e posandole delicatamente le mani sui fianchi. Alle sue spalle, una rigogliosa rosa rampicante si avvolgeva intorno a un arco che conduceva a un piccolo stagno. I soffioni volavano trasportati dalla brezza leggera e creavano uno sfondo meraviglioso per una donna altrettanto meravigliosa. — Sì. L’ho pianto per tutto questo tempo e lui invece se la spassava. Ha pensato che fosse molto più facile lasciarmi da parte, e io sono stanca di essere lasciata da parte. Prima mio padre, ora Colin... Amelia si liberò dalla sua stretta e riprese a camminare, le lunghe gambe che si muovevano con un’eleganza soave ma sicura. — Io non vi ho mai abbandonata — disse Ware, sottolineando un fatto che sapeva giocare a suo favore. — Mi piace troppo stare in vostra compagnia. Ci sono poche persone preziose per le quali provo la stessa cosa. 262/325 — Lo so. Che Dio vi benedica! È per questo che sono molto affezionata a voi — rispose Amelia con un sorriso stentato. — So che potrò sempre fare affidamento su di voi: è questo che mi ha convinta. Voi non cercate di essere ciò che non siete. Mi spronate a comportarmi in modo decoroso e a tenere un atteggiamento adeguato a una signora. Sono certa che ci intenderemo a meraviglia. Ware aggrottò la fronte, mentre soppesava le sue parole. — Amelia, vorrei approfondire le vostre considerazioni riguardo al decoro e all’atteggiamento giusto. Perdonatemi, ma trovo alquanto strano che menzioniate questi tratti del mio carattere come la cosa più attraente che vedete in me. Pensavo che foste più attirata dalla nostra amicizia e dal fatto che stiamo bene insieme. Lei s’immobilizzò di colpo, facendo dondolare le sottane intorno ai piedi. — Negli ultimi giorni mi sono resa conto di una cosa: ho una tendenza a compiere azioni sconsiderate, proprio come lord Welton, e ho bisogno di vivere in un certo ambiente per poter trattenere questi impulsi egoistici. — E io rappresenterei il giusto ambiente. — Proprio così. — Lui si sfregò la mascella. — Mentre invece Mitchell non fa che fomentare la vostra natura... sconsiderata? — Istigare sarebbe il verbo più adatto. — Capisco — disse Ware, mestamente. — Il suo ruolo mi pare più divertente del mio. — Ma no! — lo riprese lei, con aria offesa, facendolo scoppiare a ridere. 263/325 — Perdonatemi, amore mio, ma devo essere onesto. Prima sottolineate il fatto che io non cerco di essere chi non sono, diversamente da quanto fa il signor Mitchell. Subito dopo affermate che inibisco una parte del vostro carattere di cui non andate fiera. Questo non vuol dire cercare di diventare qualcun altro, in un certo senso? Il labbro inferiore cominciò a tremarle, come le succedeva sempre quando si innervosiva. — Volete che mi getti tra le sue braccia? — gli domandò, con le mani sui fianchi. — È questo che state cercando di dirmi? — No. — Dal volto del conte scomparve immediatamente ogni segno di divertimento e decise di mettere a nudo le sensazioni che provava. — Penso che non sia la persona giusta per voi. Penso che non vi meriti e ritengo anche che non sia in grado di farvi condurre un’esistenza felice, ma questo non significa che io intenda accontentarmi di avervi solo a metà. Amelia sbatté le palpebre. — Parlate così perché siete arrabbiato. — Non con voi — rispose Ware goffamente, allungando di nuovo una mano e afferrandola per un gomito. — Ma potrei anche prendermela con voi, e non vorrei arrivare a tanto. Mi rammarica sapere di non avervi tutta per me. Se sceglierete me, io saprò farvi felice. La domanda a questo punto è: anche voi saprete rendermi felice? Io mi chiedo se sarà mai possibile, visto che continuo ad aspettare il ritorno di quella ragazzina sfacciata che mi ha chiesto di baciarla. — Ware... — Amelia tentennò, prendendogli il viso tra le mani e lasciando che le si strofinasse contro, inspirando il dolce profumo di caprifoglio della sua pelle. — Io non vi merito. — Chi ve l’ha detto? Mitchell? — le domandò lui, abbracciandola e posandole la guancia sulla fronte. — Ora è meglio che vada. Ho delle 264/325 faccende da sbrigare, e voi avete bisogno di un po’ di tempo per pensare. — Io non voglio che vi sfidiate a duello. — Ormai è troppo tardi, ma mi fermerò alla prima ferita, ve lo prometto. — Sotto le sue mani, il conte sentì la schiena di Amelia rilassarsi. — Grazie. Ware asciugò la lacrima solitaria che le scendeva giù dalla guancia e fece un passo indietro. — Sono sempre a vostra disposizione. Non esitate a venire da me per qualunque cosa. Amelia annuì e lo guardò andare via. Quando scomparve, diede uno sguardo intorno e si sentì sola e sperduta. Nessuno la capiva, e soprattutto nessuno comprendeva quanto si sentisse ferita dal fatto che Colin fosse riapparso dopo così tanti anni. Rimase paralizzata da quell’improvvisa constatazione. C’era solo un’altra persona che amava Colin quanto lei, una persona che doveva essere rimasta altrettanto devastata dal suo ritorno. Rendendosi conto che Pietro aveva bisogno di qualcuno che lo consolasse, proprio come lei, Amelia si sollevò le sottane e corse verso le scuderie. 15 265/325 François Dépardue assunse un’espressione vagamente annoiata quando mise piede nella locanda di Bristol. Infilò la scalinata che conduceva alle stanze al piano superiore, bussò alla porta che gli era stata indicata e attese che qualcuno gli dicesse di entrare. — Allora? — gli domandò Cartland in tono impaziente. Sulla scrivania c’erano numerose cartine sparpagliate. Fu solo con un immane sforzo che François riuscì a trattenersi dall’investirlo di insulti. A mano a mano che passava il tempo, quell’inglese insolente e arrogante gli piaceva sempre meno. Si era lamentato con i suoi superiori e li aveva pregati di tenere in custodia Cartland finché lui non fosse riuscito ad accertare chi fosse il vero colpevole dell’assassinio di Leroux, ma era stato tutto inutile. — Se ci sta mentendo — gli avevano risposto — ce l’avrete a portata di mano e sarà più facile per voi eliminarlo. Così avevano insistito affinché Cartland prendesse parte alle ricerche, e quel maledetto inglese aveva subito presunto di essere a capo del gruppo. Aveva un ottimo fiuto ed era un assassino spietato, ma tutte queste doti erano offuscate dal fatto che si credeva, a torto, sempre superiore a tutti. — Pare che Mitchell soggiorni da lord Ware. Ci sono guardie dappertutto: sorvegliano la casa, immagino perché con loro c’è Christopher St John. Cartland sorrise. — Il conte teme che Mitchell sia un codardo e se la dia a gambe prima del duello. — Se lo dite voi... 266/325 Cartland si rabbuiò. — Penso che la presenza della signorina Rousseau abbia rovinato il vostro umore. “Lysette” pensò François sorridendo. In passato era stata del tutto innocente, ma lui e i suoi uomini si erano premurati di farla diventare tutt’altro che onesta. Oltre al desiderio di fare giustizia per il povero Leroux, la sua unica soddisfazione in quella missione penosa era il pensiero di poterla rivedere. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene per l’aspettativa. Lei si sarebbe ribellata, come aveva sempre fatto, e avrebbe combattuto contro di lui. Diventava sempre più brava. Più gli resisteva, più lui la trovava attraente. Ora che gli Illuminés, per i quali lavorava, gli avevano assegnato l’incarico di accertarsi che o Cartland o Mitchell pagassero per la morte di Leroux, immaginava che possedere il suo corpo sarebbe stato ancora più dolce. Forse gli Illuminés erano convinti che fosse contento di avere il loro supporto, ma si sbagliavano: a lui non piaceva essere secondo a nessuno. Era così che vedeva la loro interferenza nella questione. — Avete suggerimenti su come procedere? — domandò. — Potremmo disfarci delle guardie usando me come esca. Poi potremmo attaccare la casa di notte e ucciderlo. — Ma così non sapremo mai se è davvero lui il colpevole. — È ovvio che io sia innocente! — abbaiò Cartland, scattando in piedi. — Altrimenti, non mi avrebbero mandato qui alla ricerca di Mitchell. — E allora perché anche la signorina Rousseau si trova qui? — obiettò François. — Credete davvero che sia qui soltanto per tenere d’occhio la situazione e per spalleggiarmi? Non penso che siate così stupido. Nulla 267/325 è stato lasciato al caso, tutto è stato architettato con cura, anche il fatto che io e Quinn siamo insieme a lei. Voi siete convinto che la vostra spia — aggiunse indicando con un cenno del mento l’uomo tarchiato seduto in un angolo — vi dia un vantaggio di qualche sorta, ma non è così. — Quindi cosa suggerite di fare? — ribatté Cartland, paonazzo. François esitò un attimo, poi fece spallucce. — Mitchell è stato sfidato a duello a causa di una donna. Forse è lei la chiave per farlo confessare. Cartland sbiancò. — Volete prelevare la cognata di St John? Siete ammattito? — Di certo non può essere tanto temibile come lo dipingono — rispose François con aria di superiorità. — Voi non avete idea di quel che dite — borbottò Cartland, cercando di assumere di nuovo un portamento determinato. — Dopotutto, però... forse avete ragione — convenne, con un sorriso compiaciuto. — Penserò a qualcosa. Datemi solo un po’ di tempo. François alzò di nuovo le spalle, ma dentro di sé stava già studiando un piano. — Bene. Io vado di sotto a mangiare un boccone. Uno di voi due vuole unirsi a me? — No, abbiamo da fare. — Come volete. Cartland stette a osservarlo con gli occhi stretti mentre lasciava la stanza. 268/325 — Sta diventando d’impiccio — disse poi. — Dato che non posso ucciderlo con le mie mani, dobbiamo trovare un altro modo per indurlo a rovinarsi da solo. — Mandatelo a catturare la ragazza — rispose Jacques, semplicemente. — Dato che è stata una sua idea, non potrà dirvi di no. Cartland abbozzò un sorriso mentre valutava la cosa. Se Mitchell o St John si occupavano di Dépardue al posto suo, ciò non avrebbe fatto altro che rafforzare la sua innocenza. — Potete fare in modo che abbia accesso alla casa? — Mais oui. — Eccellente. Allora sbrigatevi. Amelia incrociò Pietro mentre usciva dalle scuderie, tenendo un cavallo per le briglie. Per un istante rimase sorpresa dal constatare quanto assomigliasse a Colin: non se n’era mai resa conto perché il ricordo del suo amore adolescenziale era troppo ancorato al passato. Ora che l’aveva rivisto da adulto, le somiglianze erano innegabili e persino un po’ dolorose. Sentì salire le lacrime e, nonostante si sforzasse a ricacciarle indietro, le riempirono gli occhi, offuscandole la vista. Se le sfregò via con un gesto rabbioso. — Signorina Benbridge! — esclamò Pietro, con gli occhi scuri velati da una leggera commiserazione. — Fa male, lo so. Lei annuì. — Come vi sentite? — Arrabbiato — ammise lui. — E tuttavia ringrazio il cielo di avermelo restituito. Se nutrite ancora un po’ d’amore verso il ragazzo che è stato, forse anche voi provate la stessa cosa? 269/325 — Sono felice che sia vivo — riuscì a dire Amelia. — C’è nulla di cui abbiate bisogno? Gli angoli della bocca dell’uomo si sollevarono. — È molto gentile da parte vostra pensare a me in questo momento. Ora capisco perché lui vi adori tanto. Amelia sentì il volto incendiarsi per quella lusinga. — È innamorato di voi da sempre, signorina Benbridge — aggiunse Pietro, con la voce profonda velata da una leggera inflessione gitana, nel tentativo di consolarla. — All’inizio, avevo tentato di dissuaderlo, ma lui non mi stava a sentire. Penso che voglia dire davvero qualcosa, se siete ancora così legati dopo tanti anni. — Questo non cambia il fatto che lui si senta inferiore a me. Lui la fissò per qualche secondo, poi fece un cenno di assenso. — Vi andrebbe di aiutarmi? — Ma certo! — rispose Amelia con slancio, facendo un passo avanti. — Di cosa avete bisogno? — Potete riportare questo cavallo nella stalla? Ne ho ancora un paio da far girare, prima che tramonti il sole. Lei prese le redini. Pietro fece uno strano sorriso. — Grazie — le disse piano. Amelia si voltò e s’incamminò verso la stalla, e soltanto quando mise piede all’interno capì qual era stato l’intento di Pietro: si fermò, trattenendo il fiato, in un misto di sorpresa e di emozione incontenibile. 270/325 Anche se era girato di spalle, non c’erano dubbi che fosse Colin. Era a torso nudo, con le gambe fasciate in un paio di calzoni logori e i polpacci avvolti negli stivali lucidi. I muscoli possenti guizzavano e si flettevano sotto la pelle imperlata di sudore mentre spazzolava con foga i fianchi di un cavallo. Amelia fu travolta inaspettatamente dai ricordi d’infanzia e rimase tanto sconcertata da cadere quasi in ginocchio. La vista dei segni lasciati dalle sue unghie su quella pelle dorata aggiunse un richiamo carnale a quel corpo bellissimo che desiderava tanto fare suo. Mentre stava lì a rimirarlo, d’un tratto lui si arrestò. Amelia respirava affannosamente, Colin girò la testa e in un attimo si ritrovarono faccia a faccia. — Amelia! Lui si tirò su e si voltò, mostrandole quel petto che lei aveva venerato con la bocca e con le mani. Santo cielo, era divino! Bello e virile da farle quasi male al cuore. — Sei sola? — le chiese. — Profondamente sola. Colin rimase colpito da quell’affermazione e fece per avvicinarsi. — Resta dove sei — gli intimò Amelia. Lui serrò la mascella e si fermò. — Ti prego, stai qui con me, parliamo. — E cosa abbiamo da dirci? Io ho ascoltato le tue motivazioni e ho compreso perché ti sei comportato in quel modo. 271/325 — Allora c’è una speranza per noi due? Amelia scosse il capo. I bei lineamenti di Colin vennero stravolti dall’angoscia. — Guardami — le disse, con la voce rotta dall’emozione. — Guarda dove sono. È qui che sarei rimasto se non me ne fossi andato: a strigliare i cavalli di St John mentre tu trascorrevi la tua vita in una tenuta a cui io non avrei avuto accesso. Come potevamo stare insieme? Dimmelo! Amelia si portò una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo. — E se lasciassi perdere tutto? — le domandò con tanta disperazione da mandarle il cuore in mille pezzi. — E se riprendessi il mio posto da servitore? Allora mi rivorresti? — Che tu sia maledetto! — gridò lei. — Perché devi cambiare per piacere a me? Perché non puoi semplicemente essere te stesso? — Ma questo sono io! Questo è l’uomo che sono diventato, eppure non è ancora quel che vuoi! — Chi se ne importa di quel che voglio io! — urlò Amelia, avvicinandosi a grandi falcate. — E di quel che vuoi tu, cosa mi dici? — Io voglio te! — Allora perché hai fatto così in fretta ad abbandonarmi? Se mi vuoi davvero, lotta per me. Ma fallo per te, non per me. Amelia gli allungò le redini e lui le catturò la mano. — Ti amo. — Evidentemente non abbastanza — sussurrò lei, liberandosi dalla stretta. Poi si voltò e scappò via in un vortice di pizzi e sottane. 272/325 Colin rimase fermo, con lo sguardo fisso verso la porta, chiedendosi cos’altro poteva fare, cos’altro poteva dire per riconquistare il suo cuore. Le aveva tentate tutte e aveva perso... Una figura scura apparve sulla soglia, e lui accantonò per un attimo le sue emozioni. — St John. Il pirata lo fissava con uno sguardo indecifrabile. — È stato avvistato un uomo a cavallo che si aggirava sulle colline qui intorno. L’ho fatto seguire fin giù in città. — Grazie. — Tra poco sarà servita la cena. — Non credo che riuscirò a mandare giù nulla. — Non sarebbe riuscito a sopportare di stare a guardare Ware mentre trattava Amelia come se fosse sua. — Allora porterò io le vostre scuse. — Ve ne sono infinitamente grato. — Avete mai avuto la sfortuna di incontrare lord Welton? — Solo una volta, di sfuggita. — Cosa vi ricordate di lui? C’è un particolare che vi aveva colpito particolarmente? Colin aggrottò la fronte, nel tentativo di riportare alla memoria quel ricordo ormai lontano. — Sì, ricordo di aver pensato che non c’era calore nei suoi occhi. 273/325 — Tutto l’opposto della signorina Benbridge. — Per la miseria, lei è assolutamente un’altra cosa! — Eppure adesso sembra convinta di assomigliargli, o perlomeno ritiene di essere capace di diventare più simile a lui. Qualunque azione che compie spinta dal desiderio e non dalla ragione viene interpretata da lei come una debolezza. Colin assimilò quell’informazione, valutandola con attenzione. Amelia era una creatura appassionata, ma erano stati separati proprio quando era venuta a conoscenza della natura infame del padre. Di sicuro scoprire che Welton era un essere spregevole l’aveva cambiata, alterando il suo modo di vedere le cose. Lui stava tentando di corteggiare la ragazza che lei era stata, ma che non esisteva più. Bisognava che prendesse in considerazione anche questo. — Ware è la scelta più ragionevole per lei — ammise, anche se non ne era più così convinto; la vitalità di Amelia nasceva dal fuoco che le ardeva dentro, che andava attizzato e non estinto dal decoro che le sarebbe stato imposto diventando la moglie di Ware. — Sì — convenne il pirata. — Lo penso anch’io. Detto ciò, se ne andò in silenzio com’era arrivato, abbandonando Colin alle sue riflessioni. Amelia rimase seduta rigida per tutta la cena, ben consapevole del fatto che Colin aveva deciso di non essere presente. La discussione che avevano avuto nelle scuderie continuava a tormentarla. Parlava poco, e questo non faceva che contribuire al malumore generale di quella compagnia già non propriamente entusiasta. Nonostante ci si mettesse d’impegno, non riusciva a scacciare dalla mente l’immagine di Colin che lavorava nella stalla, un ruolo che avrebbe ancora ricoperto per 274/325 tutta la vita se fosse rimasto alle sue dipendenze. Quella constatazione la turbò molto. Così decise di ritirarsi presto, nella speranza che la stanchezza avesse la meglio, ma il destino continuava ad accanirsi contro di lei. Non riuscendo a prendere sonno, si rigirò per diverse ore nel letto prima di abbandonare definitivamente l’impresa e sgusciare fuori delle lenzuola. Si gettò una vestaglia sopra la camicia da notte e si avviò in punta di piedi verso la biblioteca. L’ora era tarda. Tutti erano andati a dormire così aveva la casa tutta per sé. Le era capitato spesso di gironzolare di notte nella residenza di St John, trovando un certo conforto in quel silenzio e in quel senso di solitudine che le ricordavano la sua infanzia. Lasciò volare la fantasia inventando storie bizzarre, frugando nella memoria alla ricerca di passaggi di alcuni romanzi che aveva letto, finché non giunse alla biblioteca. La porta era accostata e una luce tremolante lasciava presumere che qualcuno all’interno avesse acceso il fuoco. Si sentì percorrere da un brivido di consapevolezza che le fece venire la pelle d’oca e le suggerì di rimandare il piacere della lettura e a fare ritorno nella sua stanza. Rimase un attimo ferma, combattuta tra la voglia di entrare e il desiderio di tranquillità. Da quando Colin era entrato di nuovo nella sua vita, aveva agito senza curarsi di null’altro se non dei propri desideri. Tuttavia non poteva ignorare la correlazione tra lei e suo padre, così serrò la mascella con determinazione. Probabilmente nella biblioteca c’era Ware, e vederlo l’avrebbe fatta tornare con i piedi per terra e avrebbe mitigato il turbine di emozioni che non sapeva come gestire. 275/325 Decise quindi di entrare con passo felpato. Notò subito un braccio che sporgeva da una poltrona e una mano massiccia che stringeva un calice di cristallo. A giudicare dal colore scuro della pelle, doveva essersi sbagliata sull’identità di chi stava occupando la stanza, ma ciononostante decise di non tornare sui suoi passi. C’era qualcosa nel modo in cui quell’individuo teneva il bicchiere che la turbava. Il liquido ambrato era pericolosamente inclinato e raggiungeva quasi il bordo, minacciando di riversarsi sul prezioso tappeto inglese. Nella stanza c’era un bel tepore, e le pareti erano tutte tappezzate di scaffali, dai quali sbucavano volumi consunti di valore inestimabile. C’era un sovraffollamento di mobili sparpagliati qua e là e una sovrabbondanza di tavoli di servizio. Quella biblioteca veniva utilizzata davvero, non era una pura ostentazione di ricchezza. Nonostante l’imminente e inevitabile confronto con l’uomo in poltrona, l’odore della pergamena e della pelle e il silenzio di quel luogo di studio e riflessione le trasmettevano una certa serenità. Fece il giro intorno alla poltrona e vide Colin seduto scomposto, con le gambe allungate e i piedi appoggiati su uno sgabello; non indossava né redingote né panciotto e aveva il collo scoperto. Le rivolse uno sguardo vacuo, con gli occhi privi di qualunque emozione, e accostò il bicchiere alle labbra. Aveva un graffio sopra un sopracciglio con del sangue rappreso. — Cos’è successo? — gli domandò lei, sottovoce. — Come mai sei ferito? — Sta’ lontana da me! — ringhiò lui. — Sono in un luogo buio e ho alzato parecchio il gomito. Ti avverto che non risponderò delle mie azioni, se ti avvicinerai ancora. 276/325 Sul bracciolo di una bella sedia intagliata lì accanto, Colin aveva gettato gli indumenti, lo spadino e un pugnale. — Dove sei stato? — Veramente devo ancora uscire — ribatté lui, tenendo lo sguardo fisso sul caminetto. Amelia percepì una nota di tristezza e disperazione nelle sue parole e non poté non provare una grande pena per lui e per se stessa. — Sono felice che tu non sia andato da nessuna parte. — Ah, davvero? — Colin girò la testa. La luce tremolante del fuoco rendeva i suoi lineamenti duri e i suoi occhi freddi. — Io no. — Cos’avresti potuto fare, in queste condizioni? — Non ho motivo di evitare Cartland: devo affrontarlo e risparmiare tutti voi dal pericolo che la mia presenza comporta. — E la tua vita non conta? — obiettò Amelia. — Se ti consegnerai a lui, morirai. Un sorriso sghembo gli increspò le labbra. — Se non ho alcuna speranza di averti, forse un tale destino sarebbe una benedizione. — Come puoi dire una cosa simile? — esclamò Amelia portandosi una mano alla bocca e cercando di ricacciare indietro le lacrime. Lui si lasciò sfuggire una bestemmia. — Vattene. Non sono di compagnia, in questo momento. — Ho paura a lasciarti solo. — Amelia temeva davvero che si arrendesse e si consegnasse a Cartland. 277/325 — Non ci credo. In fondo, non l’hai già fatto? Lei stava quasi per controbattere, ma fu frenata dal fatto che Colin era di umore nero. Le era capitato di vedere St John in condizioni simili, in passato, e si era sempre domandata come facesse sua sorella ad avere la forza di consolare una persona tanto afflitta. “Lui ha bisogno di me” le avrebbe semplicemente detto Maria. Era ovvio che anche Colin in quel momento aveva bisogno di qualcuno che lo consolasse, e siccome lei lo aveva allontanato, non gli era rimasto altro che la bottiglia per affogare i propri dispiaceri. Gli si avvicinò tenendo le spalle ben diritte, tirando su un angolo della vestaglia. Quando fu vicina, gli prese il mento con una mano, mentre con l’altra lo ripuliva del sangue. Lui rimase immobile, con aria guardinga; la tensione che lo attanagliava irradiava dal suo corpo e si impossessava di quello di Amelia, trasformando ogni respiro in un ansito e allertando tutte le terminazioni nervose. D’un tratto Colin girò la testa e le baciò l’interno del polso e lei rimase come paralizzata dalla sua lingua che si muoveva avanti e indietro sulla pelle sensibile. Il bicchiere cadde a terra con un tonfo e riversò il suo contenuto sul tappeto. In un attimo lui le fu addosso, il corpo possente che imprigionava il suo, spingendola sul pavimento. — Ti voglio — sussurrò, mentre si avventava con voracità sul suo collo con le labbra calde. — Ti voglio così tanto che mi sento morire. — Colin... — Avere sopra di sé un metro e ottanta di maschio fortemente eccitato innescò in lei un fuoco ardente. — Non dovremmo... 278/325 — Non c’è nulla che possa fermare questa cosa — disse Colin, aprendole la vestaglia e prendendo tra le mani il suo seno. — Tu sei mia. Amelia guardò verso la porta che aveva lasciato aperta, quando era entrata. — La porta... Lui dischiuse le labbra sul suo capezzolo, sopra la camicia da notte, e Amelia gemette e gli tirò i capelli. — Ricordi quella notte? — sussurrò, con la faccia tra i suoi seni. — Ricordi la sensazione di me dentro di te... come ti riempivo, quanto ero a fondo? Amelia fu percorsa da un brivido di passione: il sangue le ribolliva nelle vene, i seni erano gonfi e doloranti. Lui le pizzicava i capezzoli, provocando delle ondate di bramosia che la scuotevano tutta. Si sistemò sopra di lei e invase la sua bocca, inondandola del sapore di brandy e di spezie esotiche. Lei si lasciò sfuggire un gemito, aggrappandosi alla sua lingua insistente nel tentativo disperato di dissetarsi a quella fonte proibita. Sentì che lui aveva poggiato una mano sulla sua coscia. La brezza della sera le accarezzò la pelle bollente. Mentre tutto il suo corpo si tendeva e si dibatteva nell’attesa di essere sfiorato da quelle mani benedette, Amelia fremeva. Colin insinuò un ginocchio tra le sue gambe per fargliele aprire e lei, con naturalezza e senza vergogna, si offrì a lui, spalancando le cosce per concedergli accesso alla carne pulsante. Colin alzò la testa e la guardò in faccia mentre la toccava nelle parti più intime. — Senti come sei bagnata — disse, con il petto che si alzava e si abbassava rapidamente. Infilò due dita a fondo e Amelia inarcò la schiena, trasportata da quell’implacabile piacere. — Tu sei fatta apposta per me. 279/325 La sensazione era quasi insopportabile; così gli gettò le braccia al collo. — Vieni dentro di me. Riempimi tutta. Lo sguardo di Colin si fece più scuro, le iridi inghiottite dalle pupille dilatate. — Ci sono così tante cose che potrei farti, così tanti modi di darti piacere... Posso mostrarti cosa ti perdi, se ci lasciamo? — Sei stato tu a lasciarmi per primo! — Ma sono tornato. — Il suo tono suadente era in netto contrasto con il dolore che gli si leggeva negli occhi. — E tu? Tornerai suoi tuoi passi? Se riesco a creare una dipendenza tra il tuo corpo e il mio, tu tornerai da me? Il labbro inferiore cominciò a tremarle e lui le passò la lingua sul bordo, lasciando dietro di sé una scia calda al gusto di liquore. Le sue dita entravano e uscivano, accrescendo l’ardore della sua amata con dolce abilità. Era qualcosa di profondamente intimo, ma diverso da ogni altra esperienza passata: le emozioni che si celavano al di sotto non erano speranza e piacere, ma disperazione e dolore. — Sarei disposto a tutto — disse in un bisbiglio soffocato — se sapessi che esiste anche solo una probabilità che tu torni ad amarmi. — Non ho mai smesso di farlo — singhiozzò lei, con le lacrime che scendevano giù lungo gli zigomi fino a bagnarle i capelli. — Il problema non è questo. — Il mio maggiore rimpianto è che nonostante tutti i miei sforzi io non sia ancora abbastanza per te — le confessò Colin, appoggiando la guancia alla sua. Amelia girò la testa e lo baciò: non intendeva discutere delle differenze tra loro in quel momento: le pareva già abbastanza scosso. Lui accettò 280/325 quel bacio con evidente disperazione; il cuore gli batteva così forte che Amelia riusciva a sentirlo al di sopra del proprio battito galoppante. Colin continuava a flettere i muscoli per infilare le dita nella vagina pulsante e bagnata e lei gemeva piano, un suono flebile che indicava la resa di una donna al piacere, trasformandolo dal ragazzino indifeso del passato all’uomo risoluto del presente. La rassegnazione divenne ribellione, la disperazione bramosia. Quando lui si voltò nuovamente e incrociò il suo sguardo, nei suoi occhi Amelia lesse una smania incontenibile. — Se solo potessi vedere ciò a cui sto assistendo io ora — mormorò, accarezzandole la clitoride con un tocco esperto. Lei trattenne il fiato e d’istinto sollevò i fianchi, nel tentativo di aumentare un po’ la pressione di quello sfregamento. — Sei sempre ingorda. Sempre appassionata. Tu bruci per me, Amelia, come se anche nelle tue vene scorresse un po’ di sangue gitano. Le mordicchiò il mento, poi si spostò verso il basso, tracciando un sentiero con la punta della lingua lungo il suo collo, fino allo sbarramento creato dal bordo di pizzo della camicia da notte. Si tirò su, inginocchiandosi e incombendo su di lei in un modo che la incantò. Se ne stava lì, tutta in disordine e con le gambe aperte, lasciandosi toccare da quest’uomo che non era suo marito. La licenziosità di quella posa non faceva che aumentare il suo ardore. Lui le sollevò la camicia da notte, sempre più su, finché i capezzoli turgidi non vennero baciati prima dall’aria e poi dalla sua bocca. La lingua di Colin era uno strumento di tortura e di godimento che le solleticava la sommità del seno facendola aggrappare ai suoi capelli per attirarlo a sé. 281/325 Non avrebbe mai creduto di poter fare un giorno l’amore con il suo bellissimo, esotico Colin. Come poteva resistergli? Si lasciò trasportare dal desiderio e della passione di lui, che la liberavano di ogni inibizione e la mettevano alla mercé di ogni sua richiesta. — Che bel seno — bisbigliò Colin, disseminando di baci la piccola vallata tra quei promontori golosi, prima di prenderglielo tra le mani e di titillare i capezzoli con il pollice e l’indice. — È così morbido e dolce. Starei qui a toccarti per delle giornate intere... Il solo pensiero di essere l’oggetto di tutti i suoi desideri la eccitò al punto che Amelia prese a muoversi al ritmo delle sue mani, impaziente di raggiungere l’orgasmo. — Ti prego... Lui le morsicò piano un capezzolo, strappandole un gemito di sorpresa, poi si spostò più in basso, per passare la lingua intorno all’ombelico. — Aspetta. — No, adesso — lo implorò lei. — Ti prego, subito. Colin si accosciò nuovamente, privandola del proprio calore e delle proprie carezze, e sorrise quando vide che stava per protestare, facendo apparire quelle fossette che lei tanto amava. Si tirò fuori la camicia dai pantaloni e se la sfilò dalla testa, scoprendo la pelle abbronzata e i muscoli scolpiti del ventre e dell’addome e facendole venire l’acquolina in bocca. Amelia aveva sempre amato quel corpo, adorava il modo in cui il duro lavoro l’aveva reso possente. — Se mi guardi così, posso andare avanti tutta la notte — le disse, poi appoggiò le dita sulla patta dei calzoni e liberò la sua erezione. In quell’istante, qualsiasi buon proposito avesse sfiorato la mente di Amelia svanì e si concentrò esclusivamente sull’uomo che aveva di fronte. Era come una fantasia che prendeva forma, con il petto nudo e il membro orgogliosamente ritto e bramoso. 282/325 Lei si leccò le labbra e si mise a sedere. — Amelia... — Nella sua voce si nascondeva un avvertimento, ma non fece il minimo movimento per allontanarsi mentre lei si sistemava per accoglierlo nella bocca. — Giusto un assaggino — mormorò, prima di appoggiare la lingua sul piccolo foro sulla punta. Colin sibilò tra i denti. La pelle in quel punto era davvero morbida e quel sapore, salato e fortemente maschile, era davvero afrodisiaco. Con un piccolo gemito, Amelia circondò con le labbra il glande e lo succhiò leggermente. — Mio Dio! — gridò lui, mentre tutto il suo corpo era percorso da un brivido. Ringalluzzita dalla sua risposta e dal forte desiderio di averlo alla propria mercé, Amelia piegò la testa continuando a leccarlo e gustando la sua essenza più intima. Colin era certo di morire dal piacere che Amelia gli dispensava con tanto entusiasmo. Sembrava persa in quell’atto, più concentrata a soddisfare se stessa che lui. Era paonazza, l’eccitazione aveva reso vitrei i suoi begli occhi verdi, le labbra gonfie e rosse si stiravano intorno al glande. — Sì — gridò, mentre lei continuava a succhiarglielo. — La tua bocca è il paradiso... Prendimelo tutto... Sì, così... Il corpo era violentemente scosso dalla potenza di quel piacere, tremava, bruciava, anelava a una boccata d’aria. Vedere il proprio pene risucchiato da quelle dolci labbra era qualcosa di celestiale. 283/325 Appena un’ora prima, era sicuro che non l’avrebbe mai più potuta toccare, abbracciare o sentire la sua vagina calda e bagnata avvolgerlo mentre veniva. Il dolore per quella perdita era quasi insopportabile. Perdere tutto, persino la speranza, e rimanere senza nulla in mano per poi ritrovarsi di colpo lì, con le brache calate e il pene duro e pulsante, con Amelia, l’amore della sua vita, che rendeva quel servizio alla sua bramosia con tanto fervore non faceva che trasformare l’estasi generata da quella bocca succulenta in un’intensa agonia. — Amore mio... non so quanto durerò ancora... — Colin aveva una voce gutturale, biascicava quasi le parole, ma lei lo sapeva già. Lui se ne accorse dal modo in cui lo toccava, dal modo in cui lo guardava. — Vieni... — bisbigliò, un alito caldo che gli accarezzava la pelle umida. Serrò le dita intorno al suo membro e cominciò a muoverle su e giù, inviandogli un brivido di piacere lungo le gambe e facendo sollevare i testicoli. Insinuando le dita tra la peluria, li prese in mano e cominciò ad accarezzarli. Gli sfuggì un gemito, mentre la tensione diventava sempre maggiore. — Ti verrò in bocca... maledizione... La sua bocca vogliosa avvolse la punta del pene con una coccola piccante, fatta di calore umido e golose suzioni. Colin si sentì mancare il fiato e gli si annebbiò la vista, mentre d’istinto l’afferrava per la nuca e sfregava il membro su quella lingua guizzante, con la mano di Amelia che gli impediva di andare troppo a fondo. Lei emetteva dei gemiti che sembravano una sensuale supplica, e la vibrazione si diffondeva lungo tutta la sua erezione, spingendolo sempre più verso l’orgasmo. A un certo punto esplose, riversando il seme dentro la sua bocca, con le dita intrappolate tra i suoi capelli. Oltre il folle battito del cuore e i forti ansiti, sentì Amelia gemere mentre ingoiava quel liquido caldo, 284/325 continuando a succhiare e mungere il pene finché non fu completamente appagato. Lo lasciò dandogli un’ultima succhiata più lunga, con le labbra imperlate del suo seme e incurvate in un sorriso soddisfatto. Colin stette a fissarla stupito, la mente persa tra i fumi dell’alcol e dell’orgasmo. Il cuore, però, era più vivo e lucido che mai. Aveva davvero creduto che con il sesso sarebbe riuscito a smorzare l’affetto che provava per lei, diventando più padrone di sé? In quel momento l’amava più che mai, con un trasporto sconsiderato. Perderla? Giammai. La spinse via e scivolò giù tra le sue cosce, aprendole le gambe per affondare la faccia nel paradiso umido e scivoloso della sua vagina, leccandola e insinuandosi tra le labbra gonfie per sfregarle la clitoride. — Colin! — gridò lei. Nella sua voce si nascondeva una bramosia sospesa tra l’eccitazione e la sorpresa. Lui sorrise, poi la baciò con ardore, girando la testa per ficcare la lingua in quella fessura che sembrava fatta apposta per accogliere il suo membro, lasciandosi pervadere e intossicare dal suo sapore. — No... Ti prego! La nota di panico lo spinse a sollevare il capo. La fissò e vide una luce selvaggia in quei suoi grandi occhi verdi. — Che c’è? — Ti prego, fermati. 285/325 Colin aggrottò la fronte, accorgendosi che aveva le guance arrossate e le tremavano le gambe. Nonostante fosse eccitata, tentava ancora di resistergli. — Perché? — Non riesco a pensare... Ragionare, fare pensieri razionali: ecco ciò che voleva. Averlo in pugno le dava potere, mentre abbandonarsi ai suoi servigi la rendeva vulnerabile. — Tu pensi troppo — ribatté lui, con voce roca. — Lasciati andare. Libera la donna che mi ha portato a letto senza guardare in faccia niente e nessuno. — Tu pretendi tro... troppo — borbottò Amelia, cercando di divincolarsi. — Sì, ti voglio tutta, ogni centimetro... — disse Colin, dandole un piacere infinito con le sue labbra avide, cibandosi di lei, abbeverandosi alla sua fonte, respirando a pieni polmoni il suo odore primigenio. L’innato desiderio che nutriva per lei lo scuoteva nel profondo, gli faceva gonfiare il membro come se lei non l’avesse appena prosciugato di tutte le sue forze. Amelia si contorceva, si aggrappava alle sue spalle chiedendo pietà, con la voce rotta dalla passione. Si trovava sull’orlo di un baratro che la terrorizzava e le pareva che lui cercasse di spingerla giù, senza darle tregua né spazio per tirarsi indietro. La sua lingua la tormentava di piacere, guizzando e dandole dei colpetti, portandola sempre più in là. Le sue labbra era chiuse sulla 286/325 clitoride, la succhiavano e la tiravano. E poi i suoi gemiti! Quegli ansiti e quei versi di piacere la facevano impazzire. Cercò di concentrarsi sulla barba che le solleticava l’interno delle cosce finché dovette cedere alle furiose contrazioni del suo grembo e prese a muovere i fianchi. — No... no... no... — Ansimò, cercando di allontanarlo ma al contempo infilando le dita tra i suoi riccioli e tirandolo forte a sé, in modo che non potesse più lasciarla. Colin le fece scivolare le mani sotto i glutei e la sollevò, modificando l’angolazione e inducendola ad allargare di più le gambe, poi infilò la lingua in quella cavità pulsante e lei fu invasa da una forte ondata di piacere, lasciando ricadere le braccia sul pavimento e affondando le unghie nel tappeto. — Colin! Era devastata, ma lui non era ancora soddisfatto. Non le diede nemmeno il tempo di riprendere fiato che le salì sopra, facendosi strada dentro di lei con il suo membro caldo e duro. — Sì — gemette, cingendola per le spalle e tenendola ferma, mentre affondava tutto dentro di lei con grazia sensuale. — Dio mio, che bello... Amelia ansimava e si contorceva, accettando quell’invasione con avidità mentre i suoi tessuti gonfi si aprivano sotto quelle spinte incessanti. Lui la teneva ferma, con una mano appoggiata alla spalla e una sul fianco; la dominava, la possedeva, la marchiava come sua proprietà privata. — Mia — ripeteva, entrando e uscendo con calma, mentre dentro di sé era in preda a un turbinio di emozioni. 287/325 C’era qualcosa di strano su quel volto tirato, paonazzo e sudato: in parte sofferenza e in parte piacere. Era così austero e concentrato, pensò lei. Così risoluto. I suoi occhi brillavano di passione. Era una visione fortemente erotica. Colin stava facendo l’amore con lei. Era vivo e tra le sue braccia, dentro di lei. Le stava sussurrando frasi dolci e parole d’amore, realizzando quel sogno che lei credeva svanito per sempre. Ecco di nuovo salire quella tensione che la faceva guizzare e serrarsi ancora di più intorno al pene. D’un tratto sentì la cintura sfregarle contro la coscia e udì il rumore degli stivali che battevano sul pavimento. Solo allora si accorse che anche lui era ancora mezzo vestito, proprio come lei. Quella fu l’ultima cosa che pensò prima di essere travolta dall’orgasmo. — Ecco — disse lui con dolcezza, guardandola con un sorriso ferino, continuando a spingere con vigore per prolungare il suo piacere quanto più a lungo possibile. Amelia era in balia di quell’ondata di sensazioni che diffondeva una scarica lungo tutto il corpo, rendendolo ipersensibile. Quando si rilassò, ormai sazia, a quel punto lui pensò al proprio piacere, riversando la testa all’indietro e tendendo il collo. Amelia lo osservò proprio come Colin aveva fatto con lei poco prima, le gambe avvolte intorno a quei fianchi infaticabili e le mani appoggiate sulla sua vita per tenerlo stretto a sé. Colin d’un tratto aumentò il ritmo e lei seppe che stava per raggiungere il culmine. Ansimava e si muoveva più rapido, finché non esplose dentro di lei con un fiotto di liquido caldo, gemendo forte e fremendo. 288/325 — Santo Dio — balbettò, tremando e sfregandosi contro la clitoride gonfia e facendola venire una seconda volta, entrandole nelle ossa, nel cuore e nell’anima, rendendoli così una cosa sola. — Amore mio — bisbigliò, abbracciandola e avvolgendola con il suo profumo. — Non ti lascerò mai... Tu sei mia. Lei lo mise a tacere con un bacio disperato. 16 Amelia si svegliò di soprassalto quando sentì qualcuno poggiarle una mano sulla bocca. Spaventatissima, tentò di divincolarsi conficcando le unghie nel polso del suo assalitore. — Sta’ ferma! Al suono di quella voce si immobilizzò e strabuzzò gli occhi, con il cuore che le batteva all’impazzata e il cervello ancora mezzo addormentato che cercava di capire perché Colin fosse lì, sopra di lei, al buio. — Ascolta — sibilò lui, continuando a tenere d’occhio la finestra. — Ci sono una dozzina di uomini, là fuori. Non so chi siano, ma non lavorano per tuo padre. Lei girò la testa di lato per liberarsi la bocca. — Cosa? — Mi hanno svegliato i cavalli. Quei ceffi hanno fatto il giro dalle stalle. — Colin si ritrasse e balzò giù dal letto. — Io sono sgattaiolato fuori dal retro e sono venuto a prenderti. 289/325 Imbarazzata all’idea che la vedesse con indosso solo la camicia da notte, Amelia afferrò le coperte e le tirò su. Colin gliele strappò di mano. — Muoviti! — la incitò. — Ma cosa stai dicendo? — Ti fidi di me? — la interrogò lui. I suoi occhi scuri brillavano nell’oscurità. — Sì. — Allora fa’ come ti dico e tieniti le domande per dopo. Amelia non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo, ma capì che non scherzava. Annuì e scivolò giù dal letto. La camera era illuminata solo dalla luce della luna che filtrava dalla finestra. La sua folta chioma le scendeva lungo la schiena in una spessa treccia mezza disfatta; Colin la prese e se la passò tra le dita. Poi si scosse. — Mettiti qualcosa addosso — le ordinò. — Svelta! Amelia andò di corsa dietro il paravento e si svestì, poi si infilò la camicetta e il vestito che aveva indossato di giorno. — Muoviti! — Non riesco a chiuderlo, ho bisogno della mia cameriera. Colin allungò le mani dietro il paravento, l’afferrò alla cieca per un gomito e la trascinò verso la porta. — Ma sono scalza! 290/325 — Non c’è tempo — ribatté lui, aprendo la porta per sbirciare nel corridoio. Amelia non riusciva a vedere niente, ma sentiva delle voci di uomini. — Cosa... Con un gesto repentino, Colin si voltò e le tappò di nuovo la bocca, scuotendo il capo. Lei fu colta alla sprovvista e ci mise un attimo a capire, poi fece un cenno per fargli intendere che non avrebbe più parlato. Dopo qualche secondo Colin si avviò lungo il corridoio con passo felpato, tenendola per mano. A un tratto si immobilizzò e lei fece altrettanto. Al piano di sotto anche il vocio cessò. Sembrava che la casa stesse trattenendo il fiato, in attesa. Colin si portò un dito alle labbra, poi la sollevò e se la caricò in spalla. Tutto quello che seguì fu un ricordo sfocato. Sospesa con la faccia rivolta al pavimento, Amelia perse l’orientamento e non riuscì a capire come avesse fatto a portarla fino al pianoterra. Poi sentì un grido al piano superiore, quando gli intrusi scoprirono che lei non c’era, e il rimbombare di passi. Colin imprecò e si mise a correre, sballottandola tanto da farle venire male al collo, precipitandosi verso il portone e poi giù lungo lo scalone esterno. Altre grida, altri passi concitati. Rumore di spade e le urla della signorina Pool che squarciavano la notte. — Eccola là! — esclamò qualcuno. Amelia vedeva il suolo sfilare via veloce davanti ai suoi occhi. — Da questa parte! 291/325 Sentire la voce di Benny fu un vero sollievo. Colin virò bruscamente e lei riuscì a intravedere i suoi inseguitori, che furono subito intercettati da altri uomini: alcuni li conosceva, altri no. Quel diversivo permise loro di dileguarsi. Ben presto non ebbero più nessuno alle calcagna, così Colin la rimise a terra. Amelia si guardò intorno con gli occhi spalancati per capire dove si trovava e vide Benny a cavallo e Colin che stava montando in groppa a un altro animale. — Vieni! — gridò, allungando una mano, mentre con l’altra teneva le redini. Lei tese le braccia e Colin la issò a cavallo, sistemandola davanti a sé. Amelia sentiva quelle gambe possenti sfregare contro le sue, mentre l’animale si lanciava al galoppo. Si teneva con tutte le sue forze, con lo stomaco compresso contro la sella, ma purtroppo la loro fuga non durò a lungo. Appena uscirono in strada, uno sparo risuonò nell’oscurità. Colin sobbalzò e imprecò. Amelia cacciò un urlo, vide il suo mondo vacillare, scivolare e crollare giù, fino a schiantarsi al suolo. Poi, più nulla. Amelia si ridestò con una mano sulla bocca e qualcuno che le sussurrava all’orecchio. — Zitta! C’è qualcuno in casa. La voce di Colin era il solo riferimento nella semioscurità. Per alcuni istanti, rimase sospesa tra l’orrore e la paura, poi la sensazione del corpo di Colin schiacciato contro la schiena e le sue braccia forti che l’avvolgevano le diedero quel conforto di cui aveva bisogno. Pian piano, si fece strada la lucidità e gli occhi abituati al buio si soffermarono sugli stucchi dorati del soffitto. 292/325 Erano distesi sulla chaise-longue della biblioteca. A giudicare dai tizzoni quasi estinti nel caminetto, doveva aver dormito per almeno un paio d’ore. Si girò nel suo abbraccio e lo guardò in faccia. — Chi sono? — gli sussurrò all’orecchio. Colin scosse il capo, con gli occhi neri che brillavano. Amelia rimase immobile ad assorbire la tensione che attanagliava la figura di Colin, poi sentì un rumore: stivali che calpestavano il parquet. Stivali. A quell’ora? Il cuore passò dal ritmo regolare del dormiveglia a un battito forsennato. Diversamente dal suo sogno, adesso era Colin a trovarsi in pericolo. Lui le scoccò un bacio rapido, poi scivolò giù e si abbottonò i calzoni stando inginocchiato, dopodiché afferrò la camicia e se la infilò in fretta, prima di allungare la mano verso lo spadino. Anche lei sgusciò giù dalla chaise-longue e si sistemò la camicia da notte. — Chiudi la porta, quando vado via — le sussurrò lui, sguainando lentamente l’arma per non fare rumore. Amelia si mosse in punta di piedi verso un oggetto che luccicava debolmente accanto al panciotto e alla redingote. Era il pugnale di Colin. Nel momento stesso in cui serrava le mani sull’impugnatura, lui le fu dietro. 293/325 — No. — Fidati di me — mormorò lei, premendo la guancia contro la sua. — La mia serenità dipende dalla tua incolumità. — E tu pensi che per me sia diverso? — ribatté Amelia, sfiorandogli una guancia con mano tremante, percorrendo una linea invisibile che conduceva al punto in cui appariva una bellissima fossetta, quando era felice. — Stai tranquillo. Dopotutto, io sono la sorella della “vedova di ghiaccio”, ricordi? Seguì un lungo silenzio, durante il quale lui considerò attentamente quelle parole. — Lascia che ti aiuti — aggiunse lei sottovoce. — Come facciamo ad andare avanti se continui a lasciarmi indietro? Capiva quanto fosse preoccupato al solo pensiero di saperla in pericolo: provava la stessa cosa nei suoi confronti. Alla fine, Colin le fece un cenno con la testa e lei, premendo velocemente le labbra sulle sue, estrasse la lama dalla custodia. “Ti amo” le disse lui senza emettere alcun suono, con la bocca sulla sua. Amelia gli prese una mano e ne baciò il palmo. Colin si liberò dalla sua stretta e si diresse verso la porta. Doveva averla chiusa mentre lei dormiva. Abbassò la maniglia e la aprì quel tanto che bastava per dare una sbirciata nel corridoio. I cardini erano ben oliati e non cigolarono. 294/325 In un attimo sparì e lei contò fino a dieci, prima di seguirlo. Sentire l’elsa del pugnale contro il corpo le infondeva coraggio. Strisciò lungo la parete fino a raggiungere le scale, con tutti i sensi in allerta. Il rumore del vento e il richiamo di un predatore notturno, forse un gufo, la tenevano ancorata alla realtà. Cercava di respirare piano. L’istinto di sopravvivenza e il bisogno di proteggere Colin avevano preso il sopravvento sulle emozioni. Regnava uno strano silenzio, tutt’intorno, poi all’improvviso udì un leggero rumore di passi proprio davanti a sé e si arrestò, accovacciandosi nell’oscurità. Alla sua destra, qualcosa catturò la sua attenzione, così afferrò il pugnale, pronta a colpire. Il suo braccio era saldo, i nervi tesi. Non aveva mai ucciso nessuno, ma voleva prima agire e poi preoccuparsi delle conseguenze. Sollevò il braccio, concentrandosi sul piccolo cono di luce lunare che illuminava l’ultimo gradino. Anche se non si udiva alcun rumore, sapeva che l’intruso si stava avvicinando lentamente a quella zona illuminata. Vicino, sempre più vicino... All’improvviso, Colin si lanciò su qualcosa. Amelia capì che si trattava di lui dalla camicia bianca che brillò sotto la luna. Si schiantò contro una sagoma ben mimetizzata al buio che Amelia non aveva notato, dalla sua posizione. Un forte fragore indicò che i due erano finiti contro un oggetto fragile, mandandolo in mille pezzi. Amelia scattò in piedi e attraversò il corridoio, raggiungendo la parete opposta, pronta a sferrare un buon colpo, ma era troppo buio per poter distinguere l’uno dall’altro in quel groviglio di membra; così non le restò che pregare. 295/325 Una porta al piano superiore si aprì e lei riuscì a stento a soffocare un sospiro di sollievo. Qualcuno si avvicinava portando una lanterna, e quella poca luce fu sufficiente per illuminare una lama sollevata, troppo corta per essere lo spadino di Colin. Amelia sollevò un braccio e colpì, spostando il peso all’indietro per sfruttare tutta la forza possibile. La lama affondò nella carne e un grido di dolore riempì l’aria, mentre il coltello che avrebbe dovuto trafiggere Colin finiva a terra, tintinnando sul parquet. Christopher si precipitò giù dalle scale con la pistola spianata. Maria gli stava dietro e brandiva un fioretto. L’atrio pian piano fu invaso dalla luce, rivelando il bersaglio di Amelia che, stringendosi le mani al petto, era caduto in ginocchio. Barcollò ancora per qualche istante, prima di rovinare a faccia in giù. — Maledizione! — imprecò Colin, correndo al suo fianco. — Bel colpo! — Ottimo davvero, Amelia — si congratulò Christopher, guardando il corpo riverso ai suoi piedi. — Che diamine sta succedendo qui? — tuonò Ware, scendendo di corsa le scale, seguito da Simon e Lysette. — Dépardue — disse Lysette. Si inginocchiò accanto a lui e lo girò sulla schiena. — Comment te sens-tu? — Lysette — rantolò lui, aprendo gli occhi. La ragazza afferrò il pugnale e lo estrasse, per poi colpirlo di nuovo, questa volta al cuore. 296/325 Il rumore della lama che trapassava le costole e il breve urlo straziato di Dépardue fecero venire la pelle d’oca ad Amelia. — Mio Dio! — gridò, sentendosi mancare. Lysette sollevò ancora una volta il braccio e affondò una seconda volta la lama. Simon si gettò su di lei e la strattonò. — Basta! Non vedete che è morto? Lysette tentava di divincolarsi, urlando parolacce in francese, infine sputò sul cadavere. Quello spettacolo lasciò tutti sbigottiti e senza parole per alcuni istanti, poi Christopher si schiarì la gola. — Bene... quest’uomo non rappresenta più alcuna minaccia. Sicuramente, però, non era solo. Dev’esserci qualcun altro. — Vado a controllare di sotto — disse Colin, e guardò Amelia. — Va’ nella tua stanza e chiudi a chiave la porta. Lei annuì. La vista di quell’uomo morto e della pozza di sangue che rapidamente si stava formando ai suoi piedi le faceva venire il voltastomaco. Pian piano, l’effetto delle proprie azioni cominciava a prendere forma. — Guardate cos’ho trovato! Tutti si voltarono verso l’atrio e videro apparire Tim, che teneva Jacques per la collottola. — Se la stava svignando — tuonò il gigante. In effetti, Jacques era vestito di tutto punto. — Non me la stavo svignando! — protestò. 297/325 — Credo che sia stato lui a far entrare quello — disse Tim, indicando l’uomo a terra. — E così c’è un traditore tra le nostre file? — chiese Christopher in tono minaccioso. Amelia fu percorsa da un brivido. — Ça alors! — gridò Lysette, alzando in aria le mani, una delle quali era coperta di sangue. — Vogliamo continuare a perdere tempo con lui quando ce ne possono essere degli altri, là fuori? — Ne abbiamo presi tre, oltre a questi due — disse Tim. Il volto di Colin si irrigidì. — Allora li interrogheremo tutti. Qualcuno dovrà pur dirci qualcosa di utile. Lysette soffiò dal naso. — Absurde. — E cosa suggerite di fare? — domandò Simon con eccessiva gentilezza. — Torturarli a fuoco lento per giorni? Questo soddisferebbe maggiormente la vostra sete di sangue? Lei agitò una mano con insofferenza. — Perché darvi tanta pena? Uccidetelo e basta. Jacques sogghignò. — Voi riuscireste a mangiare anche i vostri figli! Christopher sollevò le sopracciglia. — Lei lavora con me — spiegò Jacques, cercando di liberarsi dalla stretta di Tim. — Io, perlomeno, posso testimoniare l’innocenza di Mitchell nell’omicidio di Leroux. Lei, invece, non ha niente in mano. 298/325 — Come, prego? — intervenne Colin. — Voi due lavorate insieme? Amelia si allacciò le braccia intorno al torace, scossa dai brividi. — Maledetto! — sibilò Lysette. Jacques sorrideva, trionfante. — Credo che dovremmo tenerli divisi — suggerì Colin, e Christopher annuì. — Io mi occuperò di Lysette — propose Simon con voce dura. Quando la ragazza trasalì, Amelia si voltò e tentò di combattere contro un improvviso moto di simpatia per lei. — Vieni, bambolina — le sussurrò Maria, prendendola sottobraccio. — Andiamo a preparare il tè e a procurarci un po’ di liquori per gli uomini. Ci aspetta una lunga nottata. Colin fissava incredulo l’uomo che aveva creduto suo amico fino a qualche istante prima, mentre pian piano prendeva forma il piano ordito alle sue spalle. — Collaboravi con la signorina Rousseau sin dall’inizio, vero? Già da prima che ci incontrassimo alla locanda qualche giorno fa. Jacques sorrise. Era legato a una sedia dorata e damascata nello studio di Ware, con i polpacci uniti e le mani dietro la schiena. — Non ci siamo visti per la prima volta alla locanda. In realtà, la conosco già da un po’. — Ma avete fatto finta di non conoscervi — ribatté Simon. Lysette si era dimostrata più risoluta nel voler mantenere il silenzio, così l’aveva 299/325 lasciata in una stanza per gli ospiti e si era unito agli altri per interrogare Jacques. — Dovevamo farvi credere che questa faccenda riguardasse Cartland e l’assassinio di Leroux — spiegò il francese. — Perché, non era proprio questo il punto? — obiettò Christopher. — No. Gli Illuminés volevano mettere fine alle vostre indagini e al vostro lavoro in Francia; eravate diventati troppo scomodi. Così mi hanno mandato qui per scoprire da chi prendevate ordini. Colin rimase raggelato. — Gli Illuminés? — ripeté, incredulo. Aveva sentito parlare di quella setta di illuminati che cercava di conquistare potere attraverso canali nascosti, ma quelle voci parevano prive di fondamento. — Cos’hanno a che vedere con Leroux? — Nulla. A dire il vero, che Cartland abbia ucciso Leroux è stata una complicazione. — Come sarebbe a dire? — domandò Simon, che si era seduto su un divanetto. Indossava un abito da sera e teneva un sigaro in mano. — Gli Illuminés sono venuti a conoscenza del fatto che Mitchell stava facendo ritorno in Inghilterra — proseguì Jacques. — Così, io mi sono assicurato una cabina a bordo della stessa nave, con l’intento di stringere amicizia con lui durante la traversata. Speravamo che questo espediente potesse aiutarci a capire per chi lavorava qui. La sera in cui Colin doveva imbarcarsi l’ho seguito e ne ho approfittato subito per diventare suo amico. — Affascinante — mormorò Christopher. — E Lysette? — chiese Simon. 300/325 — Il mio obiettivo era Mitchell — rispose Jacques. — Mentre voi eravate quello di Lysette. Agli Illuminés non piace lasciare niente al caso. — Maledizione! — gridò Colin, in preda alla frustrazione. — E stasera? Che mi dici di stasera? Che ruolo giocava Dépardue in questa storia? — Era stato incaricato di scoprire la verità sulla morte di Leroux. Si tratta di una faccenda personale che riguarda l’agente generale. — Quindi sono ancora ricercato, in Francia — sbottò Colin. — E qualcuno deve pagare per l’assassinio di Leroux. Io non mi sono ancora cavato da questo impiccio, né tantomeno tu o la signorina Rousseau. — Già — convenne Jacques con un sorriso mesto. — Per di più, Dépardue è morto. — Non ti crucciare per questo, mon ami. Lei può confermarti che era tutt’altro che una brava persona. Non permetterò mai che sia tu a pagare per i crimini commessi da lui, te l’avevo promesso sin dall’inizio. — Ma non siete stato proprio voi a far entrare Dépardue in casa mia? — obiettò Ware. — Perché? — Cartland l’aveva inviato a cercare la signorina Benbridge. Io mi sono offerto di aiutarlo al solo scopo di mettergli i bastoni tra le ruote. Speravo di smascherarlo e ucciderlo, aumentando così la vostra fiducia in me. — Non capisco — s’intromise Christopher, avvicinandosi. — Perché Cartland si fidava di voi? 301/325 — A causa di Dépardue. Quando io e Mitchell eravamo ancora a Londra, ho chiesto di Cartland e invece mi sono imbattuto in Dépardue. Così gli ho detto che lavoravo al fianco di Lysette per trovare l’assassino di Leroux. Sapendo che c’era anche lei, Dépardue si è insospettito e questo mi ha aperto un varco con Cartland, il quale aveva bisogno di qualcun altro sul fronte francese. — E adesso dov’è Cartland? — chiese Colin. — Alla locanda. Aspetta notizie. Colin e Simon si scambiarono un’occhiata, poi Simon si alzò. — Vado subito a cambiarmi. — Vengo con voi — disse Christopher. — Io resterò qui con le donne — propose Ware, abbozzando un sorriso. — Anche se dubito che avranno bisogno della mia protezione. Colin lasciò la stanza e si diresse a rapide falcate verso la biblioteca. — Pare che tu abbia la vendetta a portata di mano — buttò lì Simon, che l’aveva seguito. — Sì, finalmente. — L’aspettativa gli faceva rombare il sangue nelle vene e accelerava i battiti del cuore. La barriera che lo separava da Amelia esisteva ancora, ma sentiva ancora sulla pelle il suo odore, e questo gli infondeva fiducia. Lei lo amava; tutto il resto sarebbe venuto da sé. I due si separarono non appena giunti alla scalinata, e Colin andò a recuperare la redingote che aveva lasciato in biblioteca. Serrò i pugni intorno alla guaina che di solito conteneva il pugnale e ripensò per un istante al momento in cui Amelia gli era venuta in soccorso, 302/325 difendendolo con tutte le sue forze. Quella stessa mattina aveva pensato di non poterla amare più di quanto già non facesse, ora invece si rendeva conto che si stava innamorando di nuovo di lei, della donna che era diventata. Per la prima volta ebbe la certezza che non c’era nessun altro uomo adatto a lei, e anche se ci fosse stato, che andasse al diavolo. Amelia era sua, solo sua, e con un po’ di perseveranza l’avrebbe portata a credere la stessa cosa di lui. S’infilò gli abiti in fretta e uscì dalla stanza. Ware era in piedi in fondo alla scala, con gli occhi fissi sul punto in cui poco prima giaceva il cadavere di Dépardue. Era già stato ripulito tutto, ma Colin temeva che quell’immagine avrebbe perseguitato il conte per anni. Sentendo il rumore di passi, Ware girò la testa e strinse gli occhi quando lo vide. — Se riuscite a catturare Cartland — gli disse in tono gelido — non vi rimane altro da fare, qui. Eccetto una cosa. — Ci vediamo all’alba? — suggerì Colin. Quel duello era un ulteriore impedimento che si frapponeva tra lui e il suo futuro con Amelia, quindi preferiva sbrigare il più presto possibile quell’incombenza. — Resteremo di sicuro alzati tutta la notte, così nessuno avrà un vantaggio sull’altro. Gli fece l’inchino e corse verso le scuderie, spronato dal pensiero che quel giorno il sole poteva segnare l’inizio di una nuova vita per lui. Trovò Christopher che lo attendeva con una dozzina di uomini, ai quali si aggiunse Simon. Nel giro di meno di mezz’ora, un piccolo plotone marciava verso la città. 303/325 17 Cartland sentì il rumore di diverse paia di stivali che battevano sul pavimento, così impugnò in fretta la pistola appoggiata al tavolino lì di fianco. Spedire Dépardue e altri quattro in avanscoperta era stato un azzardo di cui avrebbe volentieri fatto a meno, ma a volte erano proprio i rischi maggiori a dare i frutti migliori. Rimase lì seduto, con l’arma in pugno, ad attendere che qualcuno bussasse. Quando udì un leggero picchiettio sulla porta, diede il permesso di entrare e uno dei suoi si precipitò dentro. — Signore — disse l’uomo, con il fiatone. — Magari sono troppo sospettoso, ma tre gentiluomini armati fino ai denti sono appena entrati nella taverna. Cartland infilò la pistola nella cintura e prese la giacca. — Meglio essere sospettosi che avventati — disse, afferrando lo spadino e dirigendosi verso la porta. — Gli altri sono sotto? — Sì, e due nelle stalle. — Eccellente. Seguitemi. Avanzando a passi decisi e rapidi, Cartland si avviò giù per la scala di servizio. In fondo c’era l’uscita sul retro, ma invece di imboccarla svoltò a sinistra e s’infilò in cucina passando dalla porta per le consegne. Era sempre meglio non abbassare la guardia. La porta era accostata e lasciava entrare una leggera brezza nella cucina bollente. Cartland non riusciva a vedere altro che buio, oltre un piccolo cono di luce che filtrava dall’esterno, ma decise di mettersi a correre per aumentare le probabilità di scamparla, qualora gli avessero 304/325 teso un’imboscata. Una volta avvolto dalle tenebre, sarebbe stato in salvo. D’un tratto, avvertì un grugnito alle sue spalle: lo scagnozzo che aveva al seguito era stato atterrato. Colto alla sprovvista, incespicò sulla ghiaia e si voltò barcollando, con la pistola spianata e uno sguardo predatore. — Che piacere rivedervi! — gridò Colin. La luce lunare illuminava il viottolo e un corpo disteso a terra con un pugnale che gli sbucava da dietro la schiena. Il suo tirapiedi si contorceva e gemeva. — Voi! — farfugliò Cartland, cercando di vedere il suo nemico. — Sì, proprio io — rispose Colin, rimanendo sempre nell’ombra. L’eco prodotta dagli edifici circostanti rendeva difficile individuare il punto in cui si nascondeva, mentre invece lui si trovava allo scoperto. — I francesi non crederanno che io sia colpevole. Si fidano di me — urlò, agitando la pistola davanti a sé. — Permettetemi di dubitarne. Si udì un tonfo a sinistra, e Cartland sparò un colpo in quella direzione; solo quando una pietra rotonda rotolò giù e si fermò ai suoi piedi, capì che era un trucco. Se non si fosse lasciato prendere dal panico, avrebbe agito con più astuzia. Il cuore sembrava congelato dalla paura. 305/325 La risata di Colin riempì la notte, poi il gitano fece la sua apparizione, avvolto in un mantello svolazzante degno di un fantasma. Brandiva in ciascuna mano un’arma: una era una pistola, e questo non gli lasciava altra scelta che arrendersi o morire. Così lasciò scivolare giù dalle dita ormai prive di forza la pistola fumante, che cadde a terra tintinnando. — Io posso aiutarvi — si affrettò a dire. — Potrei difendervi e riscattare il vostro nome. I denti bianchi di Colin brillarono nell’oscurità. — Certo che lo farete: tornerete in Francia e pagherete per i crimini commessi. Amelia si svegliò di soprassalto. Era quasi l’alba. Il cuore le tamburellava nel petto come se avesse corso per dieci miglia, e non riusciva proprio a spiegarsi il perché. Rimase distesa per un attimo, sbattendo le palpebre e fissando la tenda. Lasciò vagare lo sguardo annebbiato sui tasselli dorati dei bordi del letto mentre tentava di riprendere a respirare normalmente. D’un tratto, sentì un rumore inconfondibile che la riempì d’orrore: quello di due spade che cozzavano l’una contro l’altra. Per un momento, temette che non fossero riusciti a catturare Cartland, ma non si udivano grida né altri rumori. “Il duello!” pensò un istante dopo. — Anne! — gridò, chiamando la sua cameriera e buttandosi giù dal letto. Corse verso la finestra, tirò le tende e imprecò, vedendo il cielo grigio e rosa. 306/325 Si precipitò verso l’armadio e tirò fuori uno scialle. — Anne! — gridò di nuovo. La porta si aprì e lei si girò di scatto, in agitazione. — Perché non mi avete svegliata prima... Ah, Maria... — Amelia. La nota di compassione nella voce della sorella le fece venire la pelle d’oca. — No! — gemette, scansandola e dirigendosi verso il corridoio. — Bambolina, aspetta! Ma lei non ascoltava: si mise a correre, quasi investendo una cameriera, prima di svoltare l’angolo e precipitarsi giù per le scale. Quando raggiunse il piano inferiore, il tipico tintinnio dei fioretti le fece raggelare il sangue nelle vene. Aveva quasi raggiunto la portafinestra che conduceva alla terrazza sul retro e al giardino, quando qualcuno l’afferrò da dietro e la strinse forte. Tentò di gridare, ma sentì una grossa mano poggiarsi sulla sua bocca. — Mi dispiace — borbottò Tim. — Non posso permettere che li disturbiate mentre combattono. È così che gli uomini perdono la vita, qualche volta. Amelia si dibatteva, non voleva nemmeno pensare che uno dei due potesse rimanere ferito. Nonostante si dimenasse come una pazza, Tim era un gigante e lei non aveva la minima possibilità di liberarsi. Intanto il rumore metallico non cessava, acciaio contro acciaio, facendola trasalire ripetutamente tra le braccia di Tim, che la stringeva più forte, sussurrandole qualche parola di conforto che però non sortiva l’effetto desiderato. Poi, all’improvviso, calò il silenzio. 307/325 Amelia aveva paura che persino il respiro potesse impedirle di percepire il minimo suono proveniente da fuori. Tim la trascinò verso una finestra e scostò di qualche centimetro l’imposta. Un alito di vento freddo s’insinuò in quel piccolo varco, facendola rabbrividire. — Siete voi il migliore. Era la voce di Colin, e il labbro inferiore prese a tremarle contro il palmo di Tim. — Voi siete la scelta più assennata — proseguì Colin, in tono contrito. — Siete stato costante e sincero con lei. Nonostante i miei molti possedimenti, le vostre ricchezze e il vostro titolo costituiscono una garanzia maggiore per Amelia. Potete darle cose che io non posso offrirle. E infine, cosa ancor più importante, non accetta di buon grado l’affetto che nutre nei miei confronti, mentre vede con gratitudine l’idea di un futuro insieme a voi. Amelia girò la faccia e premette la guancia bagnata dalle lacrime contro il petto di Tim. Colin la stava lasciando, come aveva già fatto altre volte in passato. Tim le tolse la mano dalla bocca. — Lasciatemi andare — piagnucolò lei con voce rotta. — Vi prometto che non andrò fuori. Il gigante la mise giù e si voltò, allontanandosi. — Bambolina. — Maria l’aspettava a braccia aperte in fondo alle scale e Amelia si tuffò in quell’abbraccio, con le ginocchia molli, obbligando entrambe a scivolare giù e sedersi su un gradino. 308/325 — Io ci avevo sperato — mormorò Amelia con voce strozzata, il petto schiacciato da una pena paragonabile soltanto al dolore che aveva provato quando aveva saputo che Colin era morto. — Mi detesto per averci creduto. Perché non imparo nulla dal passato? Le persone che amo non sono fatte per restare nella mia vita. Se ne vanno tutte, tutte, tranne te... Soltanto tu sei rimasta al mio fianco... — Su, su, sei troppo agitata. Due braccia possenti l’afferrarono e la tirarono su: era Tim. Amelia si accoccolò contro di lui e si lasciò trasportare di nuovo in camera sua, con Maria al seguito. Colin si esibì in un profondo inchino e puntò gli occhi in quelli di Ware, che stava effettuando lo stesso gesto. Sentiva il sangue sgorgare dalla ferita superficiale inflittagli dal suo avversario, ma non gliene importava nulla. Ware si era preso la sua rivincita, ed era tutto ciò che gli avrebbe concesso. Doveva accontentarsi solo di questo, perché lui voleva tenersi la posta in palio. — A dispetto di tutte le cose che giocano a vostro favore, milord, vi ho concesso questo duello, ma non ho intenzione di cedervi la signorina Benbridge. Lei nutre un profondo affetto per me, da sempre, e credo che i miei sentimenti verso di lei siano chiari a tutti. — Ed è per questo che l’avete lasciata sola per tutti questi anni? — ironizzò il conte. — Io non posso cambiare il passato, ma vi posso garantire che d’ora in poi nulla potrà più portarmela via. Ware strinse gli occhi blu e la tensione tra loro si fece palpabile. Poi sollevò gli angoli della bocca in una smorfia. — Forse non siete la persona che pensavo. 309/325 — Forse no. Si fecero un altro inchino, poi lasciarono il prato, prendendo ciascuno la propria strada, dirigendosi verso la nuova vita che attendeva entrambi. Per Amelia, la mezz’ora successiva trascorse in un baleno. Maria l’aveva costretta a mandare giù un po’ di tè accompagnato da una dose generosa di laudano. — Ti calmerà i nervi — le aveva sussurrato. — Vi prego, andatevene via — aveva protestato Amelia, dando dei buffetti sulle molte mani che cercavano di darle conforto toccandole la fronte. — Ti leggerò qualcosa sottovoce — propose Maria. — E manderò via la tua cameriera. — No, va’ via anche tu. Voglio stare sola! Alla fine si arresero tutti e lasciarono la stanza. Amelia si rannicchiò su se stessa e scivolò in un sonno senza sogni causato dalla medicina. Sfortunatamente, però, quella tregua non durò a lungo. Poco dopo, un’altra mano le scostò i riccioli dalla fronte. — Suppongo di dover biasimare soltanto me stesso per la tua mancanza di fiducia. La voce di Colin la lambì come una carezza. Amelia si accoccolò vicino a lui, muovendo le mani a tentoni, e lui gliele afferrò e gliele strinse. — Pensavo che avresti dormito fino a tardi, stamattina — le disse, tirando giù le lenzuola. — Volevo risparmiarti ogni possibile disagio. 310/325 La sollevò e l’appoggiò sul suo petto forte e caldo. Il profumo della sua pelle, così terribilmente maschile, la spinse a nascondere il volto solcato dalle lacrime nell’incavo della sua spalla. Non si rendeva bene conto di quel che stava accadendo: forse stavano scendendo le scale, perché sentiva un’aria fresca solleticarle la pelle. — Nella mia carrozza c’è una coperta — bisbigliò Colin. — Tra un minuto starai di nuovo bene. In effetti, qualche istante dopo erano sulla vettura, che partì scricchiolando sulla ghiaia. Colin la teneva in grembo e la scaldava con il suo corpo. Le lacrime le sfuggivano attraverso le palpebre chiuse e Amelia pregava di non risvegliarsi mai più da quel bellissimo sogno. — Ora riposa — le disse Colin, dandole un bacio sulla fronte. E lei ubbidì, cedendo al dolce oblio offerto dal laudano. Fu l’improvvisa assenza di movimento a risvegliarla. Amelia aprì gli occhi e si guardò intorno, stordita. — I cavalli sono stanchi e io sto per morire di fame — le spiegò Colin. Sentire la sua voce profonda le fece riprendere subito conoscenza. “Il duello...” Si tirò su di scatto, sbatté la testa contro il suo mento ed entrambi si lasciarono sfuggire un grido di dolore. — Ahi, dannazione — borbottò Colin, risistemandosela di nuovo in grembo come se fosse una piuma. 311/325 Amelia aveva lo sguardo allucinato e osservò per un attimo l’interno della carrozza di Colin prima di sporgersi fuori del finestrino. Erano fermi nel cortile di quella che aveva tutta l’aria di essere una locanda. Gli rivolse un’occhiata preoccupata mentre lui si sfregava il mento. — Dove siamo? — Per strada. — Per andare dove? — A sposarci. — Cosa? Lui sorrise, rivelando quella fossetta che le ricordava tanto il ragazzo di cui era stata follemente innamorata. — Hai detto che non c’era speranza di proseguire insieme il nostro cammino, se continuavo a lasciarti indietro, e siccome non avevo più motivo di approfittare dell’ospitalità di lord Ware, ho pensato che fosse tempo di partire. Lei lo fissò per un istante che sembrò durare in eterno, cercando di comprendere appieno le sue parole. — Non capisco... Non vi siete affrontati stamattina? — Sì. — E non ha vinto lui? Non gli hai detto che era lui il migliore? Buon Dio, sto perdendo la ragione? — Sì, sì e... no — rispose Colin, stringendola più forte. — Gli ho concesso la prima ferita — le spiegò. — Ne aveva diritto. — Amelia aprì la bocca per protestare e lui appoggiò le dita sulle sue labbra. — Lasciami finire. 312/325 Lei rimase immobile, come a voler assumere la stessa espressione seria del volto di lui, poi annuì e si liberò dal suo abbraccio per andare a sederglisi di fronte. Forse così sarebbe riuscita a fare ordine nella propria mente. Fu allora che si accorse di indossare la camicia da notte. Colin, invece, portava un bellissimo completo di velluto verde scuro. Amelia faceva ancora fatica ad associare il Colin di adesso a quello di una volta, ma non aveva difficoltà a riservargli tutto il proprio amore. Vederlo la riempiva di gioia, com’era sempre stato. — Non avrebbe senso negare che Ware possa offrirti cose al di là della mia portata — proseguì Colin, con un misto di amore e determinazione negli occhi scuri. — È vero, ho detto questo stamattina, ma mi sono reso conto che non mi importava nulla, in realtà. — Ah, no? — mormorò Amelia, portandosi una mano allo stomaco che gorgogliava. — No — ripeté lui incrociando le braccia e mettendo in mostra i muscoli possenti che lei trovava così eccitanti. — Io ti amo e intendo prendermi ciò che voglio. Tutto il resto può andare al diavolo. — Colin... — Io ti ho rapita, Amelia, sono fuggito insieme a te come avrei sempre voluto fare. Tra poco, saremo marito e moglie. — E io non ho voce in capitolo? — Puoi dire sì, se ti va, altrimenti non parlare. Amelia scoppiò a ridere, mentre le lacrime le rigavano il volto. Lui si sporse in avanti e appoggiò un gomito sul ginocchio. 313/325 — Dimmi che queste sono lacrime di gioia. Colin... — gemette lei, tra i singhiozzi. — Come posso dirti di sì? Sbarazzarmi di Ware in modo così ignobile è proprio il genere di comportamento in cui mio padre eccelleva. Non riuscirei a vivere sapendo di essermi comportata così da egoista, forse potrei addirittura arrivare a odiarti per avermi indotta a compiere un’azione tanto scellerata. — Amelia — disse lui, irrigidendosi. — Dirti che Ware non vuole altro che la tua felicità potrebbe alleviare la tua pena e spingerti ad accettare, ma non è ciò che voglio. Lei aggrottò la fronte. — Sì, è vero, stiamo facendo tutto in modo avventato — aggiunse lui. — Stiamo cogliendo l’attimo facendoci trasportare dal nostro amore senza curarci minimamente del resto del mondo. Noi siamo così: è questo che ci rende simili. Io e te non siamo fatti per reprimere le nostre emozioni. — Non si può vivere in questo modo. — Sì, invece; basta non fare del male agli altri. — Colin si era infervorato e lei rimase stupita da tanta passione. — Ware non ti ama, perlomeno non quanto me, e per di più nemmeno tu lo ami. Temo che tu non voglia bene neanche a te stessa. Non come dovresti, almeno. Mi hai accusato di essere diventato qualcun altro, eppure anche tu sei colpevole dello stesso reato. Hai tentato di trasformarti in una donna servizievole e conformista, ma questa non è la tua vera essenza. Non provare vergogna per un lato della tua personalità che io amo così tanto! — Welton era un essere spregevole — piagnucolò Amelia. — Io non posso diventare come lui! 314/325 — Non sarai mai come lui — ribatté Colin prendendole le mani. — Tu sei piena di amore per la tua famiglia e i tuoi affetti, tuo padre invece amava soltanto se stesso. Sono due cose ben diverse. — Ware... — Ware sa cosa sto facendo. Poteva fermarci, se voleva, ma non l’ha fatto. In ogni caso, sono pronto a cambiare, pur di averti. Ora penso solo a te e a questa giornata decisiva. Fa paura, lo so. Dobbiamo uscire dalle gabbie che ci siamo costruiti e avventurarci verso l’ignoto, ma lo faremo insieme. Amelia era stata imprigionata per così tanto tempo che una parte di lei odiava quella restrizione, mentre l’altra le era grata perché proprio questo le aveva impedito di diventare come Welton. — Mi conosci bene... — bisbigliò. — Sì, meglio di chiunque altro. Una volta mi avevi detto di credere che ero abbastanza, per te; ora sono io a chiederti di farlo. Fidati di me: sei priva di qualunque somiglianza col carattere di tuo padre. Fidati quando ti dico che sono abbastanza intelligente da amare una donna meravigliosa. Fai il salto insieme a me, Amelia. Sono aggrappato al nostro amore con tutt’e due le mani, nonostante tutti gli elementi che giocano a nostro sfavore. Fai lo stesso anche tu: abbraccia la tua vera natura e fuggi via con me. Conquistati la libertà con me, Amelia. Lei sostenne il suo sguardo per qualche secondo, con la vista annebbiata dalle lacrime, poi si gettò tra le sue braccia. — Sì — singhiozzò, premendo la guancia contro la sua. — Liberiamoci. Christopher, Simon e Ware stavano discutendo animatamente quando Maria piombò nella stanza con le sottane in una mano, mentre nell’altra sventagliava una lettera. 315/325 Gli uomini scattarono in piedi; Christopher e Simon si avvicinarono a lei con aria preoccupata, mentre Ware alzò appena un sopracciglio. — Ho trovato questa sul cuscino di Amelia. È fuggita insieme a Mitchell! — Come, prego? — domandò Simon, sbattendo le palpebre. — Davvero? — chiese Christopher, abbozzando un sorriso. — Dice che ha intenzione di sposarla — disse Maria, rileggendo velocemente il messaggio. — Sono già in viaggio verso nord. — È meglio che ci affrettiamo, altrimenti ci perderemo le nozze — intervenne Ware. — Voi ne eravate al corrente? — esclamò Maria, allibita. — Diciamo che ci speravo — la corresse Ware. — Sono felice che sia finalmente tornato in sé. Maria aprì la bocca, poi la richiuse. — Bene, non indugiamo oltre — disse Christopher, prendendola per un braccio e sospingendola verso la porta. — Dobbiamo fare i bagagli. Dirò a Tim di tenere d’occhio Jacques e la signorina Rousseau, durante la nostra assenza. — Verso nord — borbottò Simon. — Posso viaggiare sulla vostra carrozza, milord? — Certamente. 316/325 Maria non riusciva ancora a capacitarsi della situazione e continuava a guardare in direzione di Ware. — Questo è un lieto evento, signora St John — disse il conte, seguendoli. — Dovreste sorridere, come sto facendo io. — Certo, milord — mormorò Maria, gettando una rapida occhiata al marito, che le fece un cenno di assenso, infondendole forza. A quel punto fece spallucce e scoppiò a ridere, poi si tirò su le sottane e si avviò di corsa su per le scale. Epilogo — Salpiamo tra un paio d’ore — disse Simon, rigirandosi tra le dita il fiocco colorato di un cuscino. — I miei bauli e il mio valletto sono già a bordo e ho rinchiuso Lysette nella mia cabina. Era seduto nel grande salotto della nuova residenza londinese di Colin, con le pareti tinteggiate di azzurro e oro. Amelia aveva decorato la stanza aggiungendo un tocco di colore: cuscini foderati in tessuti preziosi, piccole statue e alcune ciotole di fattura gitana, regalo di nozze di Pietro. Lo stile non era propriamente alla moda; anzi, molti l’avrebbero considerato terrificante e sinistro, ma loro due amavano quello spazio e vi trascorrevano molto tempo insieme. “Abbraccia la tua vera natura” le aveva detto, e lei stava imparando pian piano ad accettare il lato incosciente del proprio carattere, quello che aveva cercato di mettere a tacere troppo a lungo. Aveva accantonato ogni paura di diventare come suo padre, e Colin, dal canto suo, non lasciava più che il timore di non essere alla sua altezza lo condizionasse. — I francesi hanno acconsentito a liberare i tuoi uomini in cambio della signorina Rousseau e di Cartland? — domandò Colin, accomodandosi su una sedia. — Sì, ma vogliono anche Jacques. Per ora porto con me soltanto Lysette. Gli restituirò gli altri due quando avrò la certezza che rispetteranno i patti. — Non ti invidio per niente — borbottò Colin con una smorfia. — Non credo che la signorina Rousseau sia una prigioniera modello. 318/325 — È patetica, ma tutta questa faccenda m’intriga davvero molto. — Perché sei un mascalzone — rispose Colin con una risata. — Quando farai ritorno? — Non lo so. Forse dopo essermi assicurato che gli altri vengano rilasciati, o forse mai. Magari viaggerò un po’. — Tu sei troppo prezioso per i tuoi uomini. È una cosa che ti ho sempre invidiato. — Non sono più i miei uomini. Ho rassegnato le dimissioni — obiettò lui, e annuì per confermare le proprie parole di fronte allo sconcerto di Colin. — Già, proprio così. Lavorare per Eddington è stato un bel passatempo, ma ora devo trovare un altro modo per divertirmi. — Sarebbe a dire? — Salterà fuori qualche impiccio, prima o poi — rispose Simon con un sorriso malizioso. — Vederti tutto agghindato con il tuo abito da sera mi ha ricordato quanto io sia poco adatto alla vita sociale. Per me sarebbe una noia mortale. — Ma se avessi al tuo fianco la donna giusta... Simon rovesciò la testa all’indietro, prorompendo in una sonora risata, un suono pieno che fece sorridere anche Colin. — Per fortuna non ho mai detto simili sciocchezze! — esclamò, alzandosi. — Nemmeno quando ero innamorato pazzo di Maria. Anche Colin scattò in piedi, arrossendo. — Spero che un giorno potrò ricordarti ciò che hai appena detto e farti rimangiare tutto. 319/325 — Deve ancora passarne di tempo, prima che quel giorno arrivi, mio caro amico, e probabilmente nessuno dei due vivrà tanto a lungo. Mentre Simon si voltava per lasciare la stanza, Colin provava una grande tristezza per la loro separazione: Simon era un vagabondo per natura e temeva che si sarebbero visti di rado. Dopo tutto quello che avevano passato insieme, lo considerava come un fratello, e gli sarebbe mancato da morire. — Arrivederci, amico mio — gli disse Simon, dandogli una pacca sulla schiena quando raggiunsero l’atrio. — Ti auguro molta gioia, e spero che dalla vostra unione nascano tanti pargoli. — Anch’io ti auguro ogni bene. Simon si toccò la fronte con la mano tesa in segno di scherzoso saluto, poi se ne andò via, verso la prossima avventura. Colin rimase a fissare la porta chiusa per qualche istante. — Tesoro. La voce suadente di Amelia gli procurò un brivido lungo la schiena. Si voltò e l’accolse con un sorriso; era ferma a metà delle scale con indosso soltanto la vestaglia. I capelli erano raccolti in una complessa acconciatura, con dei piccoli brillanti tra le onde incipriate. — Devi ancora vestirti? — le domandò. — Sono quasi pronta. — Non mi pare proprio. 320/325 — Mi sono dovuta fermare quando Anne è andata a prendere le ultime cose per il mio completo... e per il tuo. Lui ridacchiò. Conosceva molto bene quello sguardo malizioso. Amelia sollevò con grazia il braccio sinistro, facendo brillare alla luce del candeliere lo smeraldo dell’anello di fidanzamento: tra le mani stringeva dei nastrini di satin nero dai quali pendeva una maschera bianca dall’aspetto familiare. Colin sentì ogni muscolo del proprio corpo tendersi. — Se preferisci, possiamo andare al ballo in maschera come avevamo programmato. So che ti ci vuole un po’ di tempo per vestirti. Lui si avviò verso la scalinata a grandi falcate. — Mi ci vorrebbe decisamente meno tempo a spogliarmi. — Vorrei che indossassi questa. — Se l’ho tirata fuori c’è un motivo. — Che malandrino! Colin fece i gradini due alla volta e la prese tra le braccia, gustandosi la sensazione di quel corpo morbido abbandonato contro il suo. — E così sarei io il malandrino? Siete voi, contessa Montoya, che mi distogliete da un importante evento mondano in favore di una nottata licenziosa. — Non riesco a resisterti — ammise lei, posandogli la maschera sul volto e allacciandogliela dietro la testa. — Nutro una passione troppo forte per te. 321/325 — Allora assecondala — mormorò Colin, baciandole il collo. — Te ne prego. Lei scoppiò a ridere, una risata carica di gioia e di amore che gli riempì il cuore per le molte ore successive che trascorsero insieme, accompagnata da altri suoni, ugualmente meravigliosi. Ringraziamenti A Kate Duffy, per avermi sopportata e guidata. Quando avevo bisogno d’aiuto, tu c’eri sempre. Non avrei mai finito questo libro se non ci fossi stata tu. A Nadine Dupont, per avermi aiutato con i termini francesi. Qualunque errore presente nel libro è imputabile soltanto a me. Ai fantastici ragazzi all’altro capo della maliziosa finestra di chat: grazie dell’aiuto e dell’amicizia. A Patrice Michelle, Janet Miller e Mardi Ballou, per la solidarietà. Sono davvero grata a tutti voi. Un grazie di cuore! Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. 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In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo. www.librimondadori.it Soltanto per te (I Romanzi Extra Passion) di Sylvia Day Titolo originale: A Passion for Him © 2007 by Sylvia Day Italian language rights handled by Agenzia Letteraria Internazionale, Milano, Italy. © 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Ebook ISBN 9788852031212 324/325 COPERTINA || ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO | GRAPHIC DESIGNER: VALENTINA CANTONE | © JON PAUL/LOTT REPRESENTATIVES @Created by PDF to ePub