RIPASSO DELL’ALTO MEDIOEVO E DIBATTITO SULLE SUE ORIGINI 1. L’anno 476 d.c. Nella carta del 476: la formazione dei Regni romano barbarici, la presenza di tribù germaniche e slave oltre il Danubio e il grande impero romano d’Oriente. E’ la data del crollo dell’Impero Romano D’Occidente (l’ultimo imperatore Romolo Augustolo è deposto dal barbaro Odoacre re degli Eruli). Questo è stato un avvenimento politico “irrilevante”, perché effettivamente il potere era già passato di fatto nelle mani “nemiche”, ovvero i popoli germanici che da almeno tre secoli erano entrati gradualmente oltre il confine del Danubio ed erano stati inseriti nell’esercito come alleati; i Romani continuano ad occuparsi di questioni amministrative; invece il potere religioso è nelle mani dei vescovi, tra i quali il più importante era quello di Roma in quanto capo della comunità più estesa e sede del martirio di San Pietro e San Paolo (a quei tempi cominciò ad essere chiamato Pater Patrum = padre dei padri da cui deriva l’abbreviazione “papa”). La maggior parte degli storici ritiene la caduta dell’Impero d’Occidente un cambiamento politico irrilevante anche perché la popolazione di quel tempo non si era accorta della mancanza di un imperatore d’occidente (il potere era in mano ai generali che acclamavano imperatori diversi in breve tempo) e comunque non mettevano in dubbio di essere in un’epoca “romana”: Roma, in fondo, non sarebbe mai morta. Il termine “Medioevo” infatti, viene attribuito ad un’epoca “di mezzo” da parte di chi viene “dopo” e si ritiene “moderno”: i medievali non pensavano di vivere in un medioevo! 2. 325 d.c-1453 d.c. datazione di Keller (17° secolo) Questa data viene proposta da Cristoforo Keller, uno storico del Seicento che scrisse un’opera intitolata “Historia Medii Aevi”: era la prima volta che il nome “medioevo” appariva in un’opera di storiografia Keller propone questa data come inizio del Medioevo, ossia la fondazione della città di Costantinopoli, perché è realmente l’unico soggetto politico che rimane in vita per più di mille anni, praticamente per tutto questo periodo di tempo definito Medioevo: Costantinopoli o Bisanzio è a capo di un impero solido, che è toccato solo marginalmente dalle invasioni barbariche, che mantiene floride attività economiche e contatti col mondo orientale (Bisanzio fu l’unica a mantenere monete d’oro per tutto il medioevo, quando l’Europa si era ritrovata ben presto con nuove forme di baratto in un’economia di sussistenza). Quindi Costantinopoli viene presa come punto di riferimento e Keller afferma che il Medioevo inizia con la nascita di questa città e finisce con la sua caduta, cioè nel 1453 d.c. quando i Turchi Ottomani, islamici, la assediano per sei mesi e la conquistano ponendo fine all’Impero romano d’Oriente o bizantino. 3. 313 d.C. e 800 d.c. datazioni di Giorgio Falco (20° secolo) Nel 1942 lo storico Giorgio Falco scrisse un’opera dal titolo "La Santa Romana Repubblica" e con questo termine egli volle indicare l’istituzione del Sacro Romano Impero come grande realtà politica e religiosa del Medioevo, elemento unificatore del mondo allora conosciuto. Il Falco visse anni difficili perché era ebreo, la sua opera fu pubblicata con uno pseudonimo (Giuseppe Fornasieri) per sfuggire alle persecuzioni e dovette addirittura fingersi monaco; finita la guerra, ottenne la cattedra di storia all’università di Genova. Questo storico ha una visione ampia della nascita della Sacra Romana Repubblica, che vede le sue premesse nel 313, quando ci fu l'editto di Milano, a nome di Costantino, che era imperatore d'Occidente, e Licinio, imperatore d'Oriente: l’editto fu fatto per porre ufficialmente termine a tutte le persecuzioni religiose e proclamare la neutralità dell'impero nei confronti di qualsiasi fede, anche se in realtà sanciva l’ingresso della Chiesa nell’organizzazione politica dell’impero perché Costantino affidò a vescovi importanti privilegi e compiti amministrativi. L’importanza di Costantino, per il Falco, risiede anche nel ruolo che il Medioevo attribuì a questo imperatore (che poi riunificò tutto l’impero nelle sue mani e fu l’ultimo imperatore a regnare su un impero unito, appunto): nel Medioevo e in particolare tra VIII e IX secolo, era stato diffuso un documento nel quale Costantino affermava che con la fondazione di Costantinopoli e il suo trasferimento nella nuova capitale, lasciava Roma e l’Occidente nelle mani del papa. Solo nel XV secolo un importante umanista, Lorenzo Valla, dimostrò che la donazione di Costantino era un falso (in quanto Costantino citava il dogma della Trinità che non era ancora stato affermato ai suoi tempi). Eppure per tutto il Medioevo fu creduto un documento autentico e anche grandi nomi come Dante o Petrarca ci hanno creduto. E’ per questo che costituisce comunque un’importante fonte storica per capire la concezione medievale dell’Impero e per legare la figura di Costantino e l’Editto di Milano con la nascita del Sacro Romano Impero nell’800 d.C. Questo avvenimento può essere considerato l’inizio del Medioevo perché porta maggiori cambiamenti a livello politico e sancisce la nascita di un impero romano nuovo, basato sull’alleanza politico-religiosa del papa e dell’imperatore. Ma come interpretare tale evento? E come considerare a livello politico questo “impero”? Le fonti storiche su ciò che avvenne la notte di Natale dell’800 d.C. sono due: ►Annales Regni Francorum, un’opera di cronaca storica basata sul criterio anno per anno, composta tra il 788 d.C. e l’829 d.C. per conto della Chiesa, che voleva tramandare la storia dei Franchi, il primo popolo barbaro che si era convertito al cristianesimo. La narrazione dell’evento è concisa e descrive i momenti dell’incoronazione da parte del Papa, dell’acclamazione del popolo romano e l’attribuzione del titolo di “augusto” al posto di “patrizio”, ovvero quel titolo che il papa Stefano III aveva attribuito a Pipino il Breve, padre di Carlo Magno, nel 754, con il quale legittimava la presa del potere regio da parte di Pipino e con questo il passaggio del regno franco dalla dinastia dei Merovingi a quella dei Carolingi; a sua volta Pipino prometteva di restituire al papa le terre che i Longobardi avevano strappato tempo prima ai bizantini ovvero l’esarcato e la pentapoli (tale alleanza è sancita dalla cosiddetta “Promissio Carisiaca” cioè la promessa fatta al papa che si era recato a Kiersy per incontrare Pipino nuovo re dei Franchi). Il regno dei Franchi si era formato a partire dal V secolo d.C. con la dinastia dei Merovingi e aveva progressivamente inglobato una vasta area dell’Europa occidentale. Con Carlo aveva raggiunto la sua massima espansione (le terre tra Reno ed Elba, la Langobardia Maior, i Pirenei). ►La seconda fonte a nostra disposizione è la Vita Karoli, la biografia di Carlo Magno scritta da Eginardo. Questa fonte si discosta dalla precedente perché si sofferma sul malcontento di Carlo, che non sarebbe entrato in Chiesa se avesse saputo dell’intenzione del papa e sul fatto che il nuovo imperatore dovette faticare per avere dei buoni rapporti con Bisanzio, evidentemente contrariata per la sua incoronazione. Sulla base di questi racconti, gli storici si sono divisi su due interpretazioni possibili, che possiamo riassumere a partire da alcune premesse per arrivare a una serie di conseguenze. L’anno 843 segna la divisione del Sacro Romano Impero tra i nipoti di Carlo. 1° interpretazione della storiografia francese: Luis Halphen (1880-1950) Premesse I documenti rivelano una concezione della regalità sacra (quella tipica dell’Antico testamento in cui il re Davide è l’”unto del Signore”, scelto direttamente da Dio per guidare il suo popolo): Carlo è il NUOVO DAVIDE. Conseguenze : - Carlo è prima di tutto re (dei Franchi), quella di imperatore è una carica secondaria. - vi era già un imperatore legittimo, quello di Bisanzio Queste due conseguenze spiegano il malcontento di Carlo: l’incoronazione non è avvenuta al cospetto dei Franchi, ma a Roma; il legittimo erede dell’impero romano è Bisanzio. - accettando la carica di imperatore, Carlo la considerava qualcosa di momentaneo, legato unicamente alla difesa della Chiesa (e difatti i successori di Carlo divideranno l’impero in regni, in base all’idea germanica del regno come proprietà privata del re). - il Sacro Romano Impero è un’istituzione che dipende esclusivamente da Carlo, il potere religioso è assorbito dal potere regio, il papa è solo un intermediario e quindi Carlo ha un ruolo predominante nel gestire l’incoronazione. E’ evidente come la storiografia francese esalti il ruolo di Carlo. 2° interpretazione della storiografia tedesca: Heinrich Fichtenau (1912-2000) Premesse: - l’incoronazione precede l’acclamazione (il ruolo del Papa è fondamentale) - l’acclamazione è del popolo romano (l’iniziativa parte da Roma) - i documenti rivelano che il rapporto che il papa intende instaurare con Carlo è il medesimo che la Chiesa instaurò a suo tempo con Costantino, cioè quello di creare un impero romano cristiano, eterno e indivisibile: Carlo è il NUOVO COSTANTINO. - Carlo ha bisogno della Chiesa per unificare il suo vasto territorio sotto vari punti di vista: liturgico (rito romano, lotta all’arianesimo), monetario (lira carolingia), legislativo (i capitolari), artistico/culturale (scuola Palatina, Aquisgrana, lettura e scrittura dei codici) amministrativo (il legame di vassallaggio che riguardava anche vescovi e abati) Conseguenze - L’impero è una diarchia (istituzione eterna superstatale retta da due autorità Papa + Imperatore) ed è il vero erede del progetto di Costantino (da qui l’irritazione di Bisanzio) - L’incoronazione è un’iniziativa del Papa, che ha un ruolo fondamentale; quindi la religione è l’unica fonte del potere imperiale. La storiografia tedesca ridimensiona il ruolo di Carlo, ne mette in luce tutta la debolezza. 4. 732 d.c. datazione di Henri Pirenne (1862-1935) Questa data, proposta dallo storico belga Pirenne, è quella della battaglia di Poitiers con la quale i Franchi guidati da Carlo Martello (il nonno di Carlo Magno) avevano frenato l’avanzata araba in Europa. A quella data si era rotta per sempre l’unità cristiano-romana del Mediterraneo (che i Romani chiamavano infatti “mare nostrum” cioè “mare nostro”). L’opera di Pirenne si intitola Maometto e Carlomagno e rivela quelle che per lui, con due secoli di distanza l’una dall’altra, sono le due “anime” originarie del Medioevo: da un lato il mondo arabo e dall’altro quello carolingio. La tesi di Pirenne si basa anche sul fatto che la rottura del Mediterraneo aveva causato una progressiva decadenza dell’Europa carolingia, a vantaggio delle altre due aree (quella bizantina e quella islamica, ben più ricche e progredite); si erano interrotti i flussi di quattro importanti elementi dell’età antica, presenti costantemente durante i secoli dell’impero romano: oro, papiro, pepe/spezie, tessuti. La tesi di Pirenne è stata ridimensionata in quanto lo scontro tra l’Europa cristiana e il mondo arabo lasciò ben presto spazio per una serie di scambi commerciali e culturali di notevole importanza: anzi, una delle terre più ricche in epoca medievale è proprio la Sicilia, punto di incontro delle due culture e crocevia di popoli, lingue, culture diverse. Nella carta dei secoli VIII-IX vediamo il veloce espansionismo dei califfati arabi e la difesa dei Franchi a Poitiers e dei Bizantini che mantengono il controllo dell’Europa orientale. Quali furono le tappe di questa avanzata araba? E quali furono le novità introdotte dagli Arabi in Europa? L’espansionismo arabo ebbe inizio dopo la morte di Maometto nel 632, dopo l’unificazione dell’Arabia nel nome della nuova religione islamica. Gli arabi, guidati dai califfi (in arabo “vicario” cioè “sostituto del profeta” (i primi tre eletti tra i compagni del profeta e il quarto fu il genero Ali, tra il 632 e il 660) portarono a termine una guerra che li condusse alla conquista di Siria, Egitto, Persia e Palestina. Intanto però erano impegnati anche con le loro navi a fare incursioni contro i territori bizantini nell’Egeo, che portarono poi alla conquista di Cipro, Creta e Rodi. In seguito si imposero i califfati per via ereditaria legati a potenti famiglie, prima quella degli Omayyadi (che conquistarono Tunisia, Marocco, Spagna, Kabul e Samarcanda). Con la conquista della Spagna gli arabi posero fine al regno dei Visigoti. L’avanzata araba venne fermata in oriente nel 717d.c per mano dell’Impero bizantino, che visse in quel periodo un momento d’oro (con gli imperatori Basilio I, Niceforo Foca e Basilio II che difesero Costantinopoli, recuperarono Creta ed estesero i confini verso il Danubio inglobando i bulgari); in occidente, come già abbiamo detto, gli Arabi furono fermati dai Franchi a Poitiers. Nel 750, la legittimità degli Omayyadi fu messa in discussione in quanto prevalse l’idea che il califfo dovesse appartenere alla stirpe di Maometto; da qui sorse la spaccatura tra sunniti (i fedeli al califfato omayyade) e gli sciiti (i seguaci dell’antico califfo Alì, genero di Maometto). Si impose la famiglia degli Abbasidi in tutta la parte orientale dell’impero arabo, con capitale Baghdad, per poi dividersi in una serie di dinastie a volte in lotta tra loro. Possiamo affermare che in realtà la fine dell’espansionismo arabo fu legata proprio alle divisioni interne degli Arabi e alla loro difficoltà nel sostenere scontri così prolungati nel tempo. In ogni caso, dalle basi africane e iberiche, gli Arabi inizieranno nei secoli successivi una serie di incursioni e conquiste nel Mediterraneo ed in particolare nella Sicilia bizantina. Le novità introdotte dagli Arabi riguardano i campi più vari: nell’agricoltura introducono nuove tipologie di piante quali riso, cotone, carrubo, pistacchio, spinaci e agrumi (arancio, limone) e spezie come noce moscata, cannella, zafferano, zenzero. Invece in campo scientifico introducono la matematica, la trigonometria, il sistema numerico (importante è stata l’introduzione dello zero, che prima i romani non conoscevano), i numeri decimali; infine i nuovi modelli architettonici delle moschee e costruzioni come i mulini a vento. 5. 6° secolo-1348 d.c. datazione di Roberto Sabatino Lopez (20° secolo) Questi storico, genovese di origine ebraica, nato nel 1910 e morto nel 1986, trasferitosi negli Usa dopo le leggi razziali, approfondì gli studi di storia economica e scrisse un’opera intitolata La Nascita Dell’Europa nel 1962. La sua tesi è davvero originale: Lopez dice che i 4 elementi studiati dal Pirenne in realtà non spariscono, ma continuano ad essere reperiti, seppure con maggiori difficoltà e tramite intermediari (in particolare i mercanti veneziani e genovesi). Secondo lui vi è un quinto elemento che scompare davvero, ossia la Peste. Essa scompare perché, ormai, non vi erano più le grandi campagne dell’impero romano, vi erano scontri limitati nel tempo e nei luoghi; terminano gradualmente le invasioni barbariche e l’aumento dei boschi favorisce l’assorbimento dell’acqua, che quindi non crea luoghi troppo umidi e malsani, condizione principale dei bacilli della peste. Quindi per Lopez questo periodo segnato dalla mancanza della peste è il medioevo, che finirà nel 1348 d.c., quando la popolazione europea viene colpita dalla più grave epidemie di peste della storia, la “peste nera”, la quale dimezzò la popolazione e rimase endemica fino al XVIII secolo (ricordiamo anche l’epidemia del 1628 descritta dal Manzoni). La peste era tornata in concomitanza con lunghe guerre, con disboscamenti incontrollati e carestie. In pratica il Lopez ha una visione positiva del Medioevo, controcorrente rispetto a tutte le altre interpretazioni. 6. 568 d.c. datazione di Ludovico Antonio Muratori (18°secolo) Uno dei maggiori esponenti della storiografia erudita, quella basata sul recupero e l’analisi di ogni tipo di fonte storica (leggi, codici scritti, registri parrocchiali e note obituarie, monete, monumenti, strade, ecc.) fu Ludovico Antonio Muratori, vissuto nel Settecento. Egli scrisse in latino una vasta opera erudita dal titolo “Le Antichità D’Italia Nel Medioevo”. Muratori usa per la prima volta il nome “Italia”, però nel suo periodo questa non esisteva ancora; lui afferma che l’Italia non c’era politicamente, ma c’era nella cultura e nelle tradizioni degli abitanti della penisola. Muratori pensa che “l’Italia” si sia persa proprio nel Medioevo (lui vede questo periodo di storia come un momento di rottura, negativo), in quanto da quel momento l’Italia fu divisa per sempre, mentre prima, nonostante i vari dominatori, era sempre rimasta unita e compatta (Romani, Ostrogoti, Bizantini). In quale momento si rompe l’unità italiana? Nel 568 d.C. con l’invasione in massa dei Longobardi, guidati da re Alboino. Nel 568 l’Italia è divisa in due, tra longobardi e bizantini I Longobardi occupano due zone, la Langobardia Maior (nel centro nord) e la Langobardia Minor (i ducati di Spoleto e Benevento). In un primo periodo vengono governati da capi militari, i duchi (sceglievano un re solo quando erano necessarie spedizioni miliari, secondo la tipica usanza barbara); poi si afferma un sovrano nella Maior, Agilulfo, il quale progressivamente si converte al cristianesimo e si “romanizza” (grazie alla moglie Teodolinda e al papa Gregorio I Magno): i suoi successori diedero anche delle leggi scritte al loro popolo (Rotari) e istituirono buoni rapporti con il papa a danno dei Bizantini (ricordiamo la “donazione di Sutri”, una cessione territoriale formale effettuata dal sovrano longobardo Liutprando a papa Gregorio III nel 728. In seguito i rapporti tra papato e longobardi si fecero più difficili, dopo che il successore di Liutprando, Astolfo, occupò i territori bizantini dell’Esarcato e della Pentapoli.