C HIMICA CLINICA
Droghe ricreazionali: fatti e mitologia.
Francesco Zoppi
Settore di Tossicologia Clinica, Droghe, Monitoraggio Farmaci
Laboratorio di Biochimica Clinica ed Ematologia
AO Ospedale Niguarda Ca’ Granda - Milano
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Parte 2
Francesco Zoppi
Settore di Tossicologia Clinica, Droghe, Monitoraggio Farmaci
Laboratorio di Biochimica Clinica ed Ematologia
AO Ospedale Niguarda Ca’ Granda - Milano
Droghe ricreazionali:
fatti e mitologia.
Parte 2
Indice argomenti trattati
• Effetti indesiderati e pericolosità dell’ecstasy
La diffusione mondiale delle ATS
Altre droghe sulla stessa scena
Prevenire i danni
• Bibliografia
Effetti indesiderati e pericolosità dell’ecstasy
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La disidratazione e i colpi di calore associati all’uso di MDMA sono le
cause più comuni di ricovero nei Dipartimenti di Emergenza.
Queste situazioni sono causate dall’iperattività senza riposo associata
all’elevata temperatura dell’ambiente, tipica delle discoteche. In alcuni
casi è stato riportato un innalzamento della temperatura corporea (oltre i
40°C) dovuto alla droga stessa, mentre l’iperattività porta ad una sindrome di aritmia cardiaca, a rabdomiolisi, danno renale acuto, e coagulazione intravasale disseminata, come capita di solito nei colpi di calore (21-23).
Il passa-parola tra gli utilizzatori di ecstasy suggerisce di assumere molti
liquidi per alleviare gli effetti della disidratazione. Questo porta come conseguenza a ricoveri per intossicazione da acqua e iponatremia da reidratazione eccessiva di tipo aggressivo (24-27).
Un’altra conseguenza dell’assunzione di MDMA è l’epatotossicità precedentemente citata (2-4). Riferisce la rubrica Infofax del NIDA: “inoltre ci
sono evidenze che le persone che sviluppano rash cutanei simili all’acne
dopo l’uso di ecstasy possono essere a rischio di pesanti effetti collaterali, compreso il danno epatico, se persistono nell’uso della droga” (28).
Le overdose da MDMA sono rare ma quando avvengono provocano ipertemia maligna (29), paranoia, insonnia. L’ipertermia maligna da uso di
ecstasy si manifesta con collasso, temperatura maggiore o uguale a
40°C, agitazione psicomotoria, tachipnea, tachicardia. Non è dose-correlata. Possibili complicanze sono: coagulopatie, convulsioni, rabdomiolisi,
insufficienza renale, possibile decesso entro 2 e 60 ore.
L’indicazione per il trattamento è il ricovero in Reparto di Rianimazione;
La percentuale di sopravvivenza non è nota.
L’overdose può essere fatale (30-32).
Siccome l’MDMA è metabolizzata dal sistema del citocromo P450, in
coloro che assumono in concomitanza altre sostanze che abbiano la
stessa via metabolica si possono verificare interferenze da farmaco che
generano talora sovra-dosaggi (33).
Gatti cita anche una tossicità da aggregazione: diversi topi che vivono
assieme in un ambiente ristretto possono morire in seguito ad un certo
dosaggio di amfetamina iniettata, mentre lo stesso dosaggio somministrato ad un topo singolo, che vive da solo, non è letale (11).
Dipendenza (?)
Gli utilizzatori cronici di MDMA riferiscono un calo degli effetti col passare
del tempo, con conseguenze necessità di aumentare le dosi.
Questo potrebbe essere il segno distintivo della dipendenza fisica (34),
che però non è stata inequivocabilmente dimostrata. Alcuni utilizzatori,
comunque, presentano disturbi del sonno e dell’umore anche a distanza
di diverse settimane dalla sospensione dell’uso dell’ecstasy e vengono
descritti stati di bisogno compulsivo della sostanza (craving?) (11).
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Psicosi
L’uso di MDMA, nel tempo, provoca diffidenza, comportamenti ripetitivi,
inquisitori, classificatori, delirio di persecuzione e allucinazioni con paura,
panico, agitazione, iperattività, possibilità di sensibilizzazione alla psicosi
(tolleranza inversa) anche crociata con alcol (11).
L’ecstasy, droga dei neuroni serotoninergici (e dopaminergici)
Tutte le sostanze che creano dipendenza possono attivare il circuito cerebrale del piacere. La dipendenza da droga è un processo bio-patologico
che altera la via attraverso la quale il centro del piacere, come pure altre
parti del cervello, funziona. Per comprendere questo processo, è necessario esaminare gli effetti delle droghe sui neurotrasmettitori. Riporto qui
di seguito la chiara esposizione di Berta K. Madras del Dipartimento di
Psichiatria della Harvard Medical School Research Center, quale enunciata nel corso del V Meeting Internazionale “Rainbow” tenutosi presso la
comunità di San Patrignano (35). Dice la Madras: “…riflettiamo sul concetto
di comunicazione. Quando una persona parla ad un’altra viene inviato un
messaggio.
Da una parte c’è la persona che invia il messaggio, poi c’è il messaggio
ed infine c’è il destinatario del messaggio. Orbene, il cervello non ha
bocca, non ha capacità di comunicare verbalmente, non ha mani per
esprimersi con il linguaggio dei gesti. Pertanto il cervello deve utilizzare
una forma di messaggio che si rileva essere un messaggio chimico.
La comunicazione nel corpo umano può essere di tipo ormonale, che è
molto lenta e trasmessa in tutto il corpo e può promuovere la crescita o lo
sviluppo dei caratteri sessuali secondari; altrimenti la comunicazione –nel
cervello- può avvenire come al telefono. C’è una persona che parla ad un
interlocutore che si trova all’altra estremità di un lungo filo che trasmette il
messaggio. Nel cervello, la comunicazione tra le cellule nervose avviene
mediante una cellula che conversa con un’altra attraverso l’invio di un
messaggio chimico che trasmette il messaggio stesso. Il cervello contiene cento miliardi di queste cellule ed ognuna di esse può avere fino a
ventimila collegamenti”. Questa è la neurotrasmissione e le cellule deputate sono i neuroni.
Quasi tutte le droghe che modificano il modo di lavorare del cervello agiscono sui neurotrasmettitori. Alcune, come l’eroina e l’LSD, mimano gli
effetti di un neurotrasmettitore fisiologico. Altre, come la Fenciclidina;
bloccano i recettori e perciò impediscono al messaggio neuronale di
giungere a destinazione. Altre ancora, come la cocaina, interferiscono
con le molecole che sono responsabili di riportare il neurotrasmettitore ai
neuroni che l’ hanno rilasciato. Infine, alcune droghe, come le metamfetamine, agiscono provocando il rilascio dei neurotrasmettitori in quantità
superiore al normale.
Il meccanismo di azione dell’MDMA è spiegato con larghezza di particolari sul sito www . dancesafe.org, con uno slideshow chiaro e ben fatto.
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La serotonina è rilasciata dalle vescicole dei terminali assonici dei neuroni nella sinapsi (l’itercapedine tra i diversi neuroni) ove si dirige verso i siti
recettoriali dei dendriti (filamenti che protrudono) del neurone adiacente,
provocandone l’attivazione. I recettori inviano così in avanti i loro segnali
chimici. Quando si assume MDMA le vescicole rilasciano un’enorme
quantità di serotonina nella sinapsi: ne consegue un aumento di serotonina che va a legarsi ai recettori. Ciò provoca significative modificazioni
dell’attività elettrica cerebrale e rende ragione dell’esperienza da MDMA
(empatia, felicità, socievolezza, ecc).
L’MDMA provoca anche il rilascio di dopamina, un altro neurotrasmettitore. Sulla membrana dell’assone dalla cui vescicola è avvenuto il rilascio
della serotonina ci sono anche i trasportatori della “ricaptazione” (reuptake) i quali riprendono la serotonina e la riportano, almeno in parte , nella
vescicola, riducendone la presenza nella sinapsi e monoammino ossidasi
(MAO) un enzima demolitore. Ciò significa che sarà necessario, di volta
in volta, ripristinare il pool normale di serotonina.
Ma questo è un processo lento, perciò, dopo un rilascio eccessivo, le
scorte di serotonina restano basse e, di conseguenza, ci si sente giù:
non c’è più sufficiente serotonina a produrre gli effetti piacevoli.
A questa deplezione è collegata la neurotossicità dell’ecstasy. I trasportati
della ricaptazione, in difetto di serotonina, restano vuoti ed esposti, ed
allora la dopamina entra nei trasportatori e viene traghettata negli assoni
serotoninergici, dove non dovrebbe essere.
La dopamina è tossica per la cellule serotoninergiche, e, in più, la MAO la
demolisce in perossidi tossici per la cellula (il cosiddetto stress ossidativo).
Questo è quanto è stato teorizzato tra il ’97 e il ’98 da Sprague, Everman
e Nichols. Si sapeva già dal 1987 che l’MDMA di per sé favorisce il rilascio della dopamina, ma solo nel 1996 si scoprì che il rilascio di serotonina è concomitante ad un rilascio di dopamina.
Ulteriori studi hanno dimostrato che i cosiddetti inibitori selettivi della
ricaptazione della serotonina, i farmaci SSRI, tra cui il ben noto Prozac,
prevengono la tossicità dell’MDMA.
Gli SSRI bloccano i trasportatori della ricaptazione impedendo alla dopamina di occuparli. Gli SSRI, e in particolare il Prozac, dovrebbero perciò
avere un effetto protettivo nei confronti delle neurotossicità da MDMA.
È ormai assiomaticamente provato che negli animali da esperimento la
somministrazioni di abbondanti e ripetute dosi di MDMA provoca la degenerazione dei terminali assonici fino a provocarne l’apoptosi, il suicidio.
Nel ratto, nella cavia e nel primate non umano esistono evidenze a sostegno dell’ipotesi di un possibile danno anatomico sia a livello del sistema
serotoninergico che di quello dopaminergico (11). Quel che è dimostrato
sugli animali non è tuttavia trasferibile direttamente all’uomo (per differenze di dosaggio e di via di somministrazione) anche se non si possono
nascondere elementi di forte preoccupazione da parte di molti studiosi.
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Recenti dati (36) sono suggestivi del fatto che l’MDMA può essere tossica
anche per il cervello degli umani. George Ricaurte, un professore associato della Neurologia della Johns Hopkins University ha analizzato le
scansioni cerebrali ottenute con la tecnica PET (Positron Emission
Tomography) di persone che avevano, in passato, assunto MDMA.
Queste persone avevano assunto ecstasy, in media, 200 volte per 5 anni,
ma avevano smesso.
Le loro scansioni cerebrali, confrontate con quelle di volontari che non
avevano mai assunto MDMA, risultavano alterate. Coloro che avevano
usato ecstasy mostravano una riduzione delle cellule serotoninergiche
attive compreso tra il 20 e il 60%. In effetti variabili non controllabili
potrebbero aver inficiato tale studio, quindi, per controllare a fondo le
variabili, Ricaurte ripeté l’esperimento sugli animali.
In articoli recenti (37-39) vengono confrontati i dati ottenuti con delle scimmie
alle quali veniva somministrata una soluzione contenente MDMA, due
volte al giorno per quattro giorni, con quelli di altrettante scimmie alle
quali veniva somministrata la sola soluzione senza MDMA.
Le scimmie sotto MDMA avevano i neuroni serotoninergici danneggiati,
con un danno visibile per sette anni.
Le aree maggiormente interessate erano il lobo frontale della corteccia
cerebrale, l’area del cervello usata per pensare, e l’ippocampo, l’area
profonda della memoria. I danni a sette anni erano comunque meno
pesanti di quelli riscontrati a due settimane. Uno spiraglio di speranza: le
cellule cerebrali si ricostituiscono, anche se non completamente, almeno
nelle scimmie.
La diffusione mondiale delle ATS (40)
Il mercato delle ATS: la situazione nei primi anni ’90:
• le quantità di ATS sequestrate tra il 1978 e il 1993 sono cresciute
di 9 volte (con un incremento annuo del 16%);
• l’ephedra (efedrina e pseudoefedrina) prodotta lecitamente è dirottata
al mercato illecito per la produzione di metamfetamine e metcatinone
(in particolare in Asia centrale).
• In contrasto con le esplosioni di abuso localizzate in passato in nazioni
distinte, le ATS sono ora consumate in ogni regione del mondo;
• nel periodo 1991-94, la individuazione di laboratori di produzione di
ATS ha superato quella dei laboratori di produzione di eroina e cocaina
messi insieme.
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Confrontata con quella del ‘93 la percezione di diffusione delle ATS è,
nel ’98, così cambiata:
1993
1998
Stabilità
37%
26%
Aumento
37%
61%
Declino
26%
13%
Sostanze
Utilizzatori stimati
(in milioni)
% della popolazione totale
8.0
0,14
Cocaina
13,3
0,23
Cannabis
141,2
2,45
Allucinogeni
25,5
0,44
ATS
30,2
0,52
Sedativi
227,4
3,92
Eroina ed altri oppiacei
Numero stimato di utilizzatori di droga (prevalenza annua) anni 90 – MONDO
(Fonte: UNDCP•-UN Drug Control Programme-, Giugno 2000) (41)
Nel nostro paese si stima che i tossicodipendenti siano circa 400.000 e
non meno di 200.000 i ragazzi che fanno uso di ecstasy e metamfetammine. Il 28% degli adolescenti italiani fuma spinelli, il 12% fa uso di altre
sostanze: ecstasy e cocaina in particolare (Fonte: Il Giornale di San
Patrignano, Novembre 2000) (42).
Tipo di droga
Maschi (%)
Femmine (%) e
“Droghe leggere”
38
17
Cocaina
5
2
Sostanze sintetiche
3
1
Numero stimato di utilizzatori di stimolanti (prevalenza annua) anni 90 – ITALIA
(Fonte: Il Giornale di San Patrignano, Novembre 2000) (42)
I sequestri di ATS
L’uso delle statistiche di polizia relative ai sequestri e in genere ai dati di
traffico, se usato per capire i problemi relativi ad una specifica droga, ha
alcune limitazioni:
• i rapporti all’UNDCP (UN Drug Control Programme) sui sequestri
da parte dei paesi membri avviene su base volontaria;
• i dati potrebbero essere influenzati dal fatto che alcuni paesi sono
solo di transito e di conseguenza i problemi associati alla droga non
sarebbero così localmente pregnanti come i dati sui sequestri farebbero
pensare.
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Bisogna notare che, in particolare per le ATS, i dati di sequestro sono
strettamente correlati alla prevalenza del loro consumo locale poiché è
scarso il traffico inter-regionale.
Droga
Quantità sequestrata
Incremento rispetto
al 1998
Eroina
1.300 Kg
+82,63%
Cocaina
2.900 Kg
+35,27%
Cannabis
68.000 Kg
+23,72 %
Ecstasy
300.000 dosi
+120.00 %
I sequestri di droga nel 1999 (dati mondiali) (41)
Stimolanti di tipo amfetaminico: tendenza dello sviluppo (40)
La maggior parte del traffico è intra-regionale poiché la ATS sono di solito
prodotte vicino al mercato di consumo finale.
C’è stato uno spostamento verso la produzione illecita:
• quando è cessata la distrazione dei prodotti finiti dal mercato lecito
(una tendenza in passato in alcune nazioni come l’Arabia Saudita e l
’Egitto, o in continenti come l’Africa)
• rimpiazzando la distrazione di prodotti finiti dal mercato lecito con la
distrazione dei loro precursori.
Stimolanti di tipo anfetaminico: droga di scelta per il 21° secolo (40)
Dopo i drammatici aumenti nell’abuso di ATS durante i primi anni ‘90,
due dei tre principali mercati di ATS, Europa Occidentale e Nord
America, stanno ora mostrando segnali di stabilizzazione o persino di
declino Globalmente, comunque, la domanda e l’offerta di ATS illecite
mostrano ancora tendenza alla crescita.
Nell’Asia Orientale e nel Sud-Est Asiatico, la produzione illecita, il traffico
e l’abuso sono in crescita. La regione sembra essere una fonte primaria
sia di ATS finite che dei loro precursori chimici. Il pericolo di espansione
ad altre parti del mondo rimane.
Altre droghe sulla stessa scena
Gamma idrossibutirrato (GHB) (43,44)
È chiamato anche ecstasy liquida o X liquida. È una sostanza chimica
simile al neurotrasmettitore GABA che viene prodotta anche endogenamente.
Si presenta come un liquido chiaro, di sapore salino, difficilmente percettibile se aggiunto ad una bibita aromatizzata. Comunque sono pochi i
casi di gente che abbia ingerito GHB senza esserne a conoscenza.
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È un potente sedativo/ipnotico la cui azione si associa ad uno stato euforico e disinibito che presenta analogie con l’intossicazione alcolica.
È stato anche usato in medicina come adiuvante dell’anestesia, per trattare le crisi di astinenza di eroina o di alcol e per il trattamento della narcolessia. A dosaggio adeguato produce euforia, senso di benessere,
percezioni sensuali. È questa la ragione per la quale talora è confuso
e venduto come “ecstasy liquida”.
D’altra parte, però, l’ecstasy ”vera” non viene mai presentata in forma
liquida.
Il GHB provoca reazioni estreme ed è fortemente dose-correlato. È molto
facile sovradosarlo, dato che la sua forza dipende dal tipo di preparazione.
La dose tipica è un cucchiaino da tè, ma anche questo, talora, può essere un sovradosaggio.
Dosi elevate possono provocare rilassamento muscolare ed allucinazioni.
Gli effetti collaterali sono correlati a sedazione del sistema nervoso centrale ed includono sonnolenza, vertigini, nausea, vomito, perdita di controllo muscolare, amnesia, incoscienza. A dosi elevati si possono manifestare bradicardia, crisi convulsive, depressione respiratoria, coma, sintomi che possono comparire un quarto d’ora dopo il sovradosaggio.
Non è insolita la perdita dei riflessi protettivi delle vie aeree: il che rende
necessaria l’intubazione. I sintomi dell’intossicazione sono variabili da
individuo a individuo, con una significativa correlazione dose-effetto.
Mescolato con alcol può essere letale, come possono essere anche pericolosi i cocktail con benzodiazepine (Valium), analgesici, farmaci antidepressivi.
Tutte queste sostanze potenziano gli effetti del GHB, inducendo una
sedazione più profonda.
Il suo analogo, il GBL (gamma–butirrolattone) viene convertito in vivo o in
vitro a GHB è commercializzato per uso industriale, per cui non è difficile
la sua diversione al mercato illecito. Come sopra accennato, l’uso del
GHB è illecito.
Ketamina (43)
La ketamina è un anestetico dissociativo che trova uso in chirurgia veterinaria e pediatrica, perciò è facilmente reperibile.
A basse dosi essa induce uno stato dissociativo con sensazione di galleggiamento e di sogno.
A dosi elevate è un allucinogeno e provoca stati di profonda dissociazione, con la sensazione di essere staccato dal proprio corpo.
La ketamina viene di solito assunta per inalazione, ma anche per iniezione intramuscolare o endovenosa. Ha una emivita breve (3-4 ore).
L’uso è associato ad allucinazioni, nistagmo, letargia, tachicardia, ipertensione. L’effetto più pericoloso è comunque la depressione respiratoria.
L’associazione ad alcol, benzodiazepine o GHB può provocare drammatici cali di coscienza e di ritmo respiratorio.
10
Altri effetti indesiderati sono la psicosi e la degenerazione neuronali,
riscontrati in animali da esperimento. Anche se la dipendenza fisica non
è dimostrata, alcuni assidui utilizzatori diventano fisiologicamente dipendenti dalla ketamina.
Popper (45-47)
Popper è, “in gergo”, il nome di numerosi alchil nitriti, tra i quali ci sono il
nitrito di isobutile, il nitrito di butile, il nitrito di amile, altamente infiammabili. La sua categoria terapeutica è: vasodilatatore nel trattamento dell’angina pectoris.
Il farmaco è contenuto in fiale che una volte troncate alla sommità (“popped”) rilasciano vapori. L’uso del del nitrito di amile senza ricetta medica
è illegale, ma molti popper sono presenti, come nitrito di butile o di isobutile, in pulitori per videoterminali, deodoranti per ambiente, detergenti per
cuoio.
L’esatto contenuto in questi prodotti non è noto. I vapori di popper sono
inalati da un recipiente aperto, gli effetti si manifestano in pochi secondi
e durano 1-2 minuti. La vasodilatazione conseguente aumenta la gittata
cardiaca e il sangue ossigenato che raggiunge il cervello produce una
sensazione di vampate di calore (rush sensation).
Dato il suo effetto vasodilatatore anche a livello anale e vaginale, trova uso
anche in alcune pratiche sessuali. A contatto con la pelle può provocare
irritazione ed arrossamenti, l’uso eccessivo danneggia naso e polmoni.
Ci sono studi che indicano una riduzione delle difese immunitarie per
diversi giorni dopo l’uso, il che, associato alla vasodilatazione e alle pratiche sessuali non protette rende più facile l’infezione da malattie trasmissibili sessualmente, inclusa l’AIDS. Ai rischi maggiori sottostanno perciò gli
immunodepressi, gli ipo- e gli iper-tesi, gli anemici, i malati di cuore, coloro che hanno storie di emorragia cerebrale.
La sudden sniffing death è la morte improvvisa da inalanti che può colpire anche persone giovani e sane (47). La causa potrebbe essere l’azione
sul sistema nervoso con conseguente aritmia e insufficienza cardiocircolatoria, pochi minuti dopo l’inalazione. In un campione rappresentativo di
giovani milanesi l’uso dichiarato è il seguente: una sola volta, 7,8%; qualche volta , 7,5%; molte volte, 2,5% (45).
11
Prevenire i danni
Riccardo Gatti nella sua relazione reperibile su internet, nel sito
www. droga.net (11), fornisce ai potenziali utenti di ecstasy alcuni pratici
e utili consigli, che qui di seguito riporto integralmente:
✔ evitare di ballare o fare sforzi fisici per lungo tempo sotto effetto
dell’ecstasy e senza riposare in luogo fresco con poca luce e rumore;
✔ bere molta acqua fresca;
✔ non associare droghe e alcol;
✔ evitare gli ambienti surriscaldati ed i vestiti che non fanno traspirare;
✔ evitare di guidare sotto l’effetto di ecstasy anche se ci si sente svegli
e “sicuri”;
✔ non usarla se si soffre di epilessia, di malattie cardiache, di pressione
alta, di stati ansiosi o, semplicemente, se si è in una situazione
di stanchezza o stress;
✔ ricordare sempre che l’ecstasy non è una sostanza innocua ma una
droga che in alcuni casi può essere mortale;
✔ suoi effetti sul cervello sono in larga parte non conosciuti, ma ciò
che si conosce non è affatto rassicurante;
✔ suoi effetti sul fisico possono essere anche devastanti e non è dato
sapere su chi lo saranno e come.
Come con tutte le altre sostanze xenobiotiche le reazioni sono personalizzate ad ogni particolare individuo (si possono avere choc anafilattici,
dovuti forse a reazione allergica esasperata).
Non bisogna altresì dimenticare che le droghe stimolanti, la cocaina,
l’ecstasy, la ketamina, possono scatenare patologie psichiatriche, determinando crisi acute, ma anche croniche. Il Premio Nobel del 2000 per la
medicina, lo svedese Arvid Carlsson che, assieme agli americani Paul
Greengard e Eric Kandel, è stato “laureato” per gli studi sul trasferimento
dei segnali nel sistema nervoso, ha parlato, (recentemente l’avvertimento
è stato ripreso da Ricaurte) di pericolo di epidemia di morbo di Parkinson
che si manifesterà, fra 10-20 anni, se coloro che ora sono ragazzi continueranno ad usare l’ecstasy ai ritmi attuali.
Causa: la degenerazione dei loro neuroni.
E non vanno neppure dimenticate le famiglie che, dai “media”, vengono
(in modo frammentario, contrastante, inconcludente) portate a conoscenza di -sarebbe meglio dire bombardate da- notizie tra loro opposte e, a
dir poco, disorientanti. I genitori, i ragazzi restano sbigottiti nel sentire, un
giorno, notizie da far tremare le vene e i polsi, di tunnel della droga, di
amfetamine e congeneri che distruggono il cervello, ed un altro giorno,
affermazioni estrapolate da un discorso più ampio di un illustre scienziato,
12
un oncologo prestato alla politica, al quale i “media” fecero dire, 2 anni
fa, “l’ecstasy fa pochi morti ogni anno”, ergo non è un’emergenza.
Ma anche la vCJD (la variante umana della encefalite spongiforme bovina, BSE) fa pochi morti ogni anno (e, almeno in Italia, nessuno, anche se
completamente non documentato), e l’uranio impoverito non è provato
essere la causa dei “pochi” ammalati da tumore, estrapolati dai dati epidemiologici rilevati sui nostri militari reduci dalla Bosnia e dal Kosovo e,
ora, anche dalla Somalia. Quindi la “gente” deve farsi strada in mezzo ad
allarmi innescati da voci autorevoli e da rassicuranti affermazioni enunciate da altrettanto autorevoli personaggi Non ci possono essere troppe
verità quando sono implicate la distruzione del cervello e ci si muove
nello stretto confine che esiste tra vita e morte, e non solo del corpo.
Indipendentemente dalle sopra-esposte opinioni della Moratti, la colpa
dell’uso della droga non è solo dei ragazzi. Vale la pena, a tale proposito,
ricordare la conclusione di un articolo di Gaspare Barbiellini Amidei (48)
“se si vuole che un ragazzo non beva troppo alcol, bisogna anche sapergli offrire acqua di buon sapore. Non è soltanto una metafora”.
Bibliografia
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