1 LA LASTRA DI VETRO 1.1 CARATTERISTICHE FISICHE Il vetro comune è un materiale solido ma non è cristallino; questo significa che la sua struttura molecolare è di tipo amorfo, cioè con molecole non ordinate. Potrebbe essere paragonato a un liquido solidificato o, più propriamente, sottoraffreddato1. La mancanza di struttura cristallina è dovuta al metodo con cui, durante il processo produttivo, se ne effettua il raffreddamento, ovvero esso viene portato in maniera rapida sotto la temperatura di cristallizzazione, affinché non gli sia possibile riacquistare una struttura cristallina. La sua trasparenza si deve alla sua natura amorfa, per lo stesso motivo per cui i liquidi puri sono trasparenti. Nei solidi cristallini le facce di ciascun cristallo, a livello molecolare, riflettono la luce; in ciascuna riflessione si perde un po’ di luce e come risultato il solido ci appare opaco, dato che tutta la luce viene assorbita nell’attraversarlo. Poiché la struttura del vetro è di tipo amorfo, essa è appunto priva di facce di cristalli che smorzino la luce al suo interno. In questa situazione, sono le impurità contenute nel vetro che possono renderlo opaco o traslucido2. Il comportamento meccanico del vetro si rifà comunque quello alle caratteristiche di un materiale viscoso, sebbene in misura molto ridotta: una lastra di vetro messa in orizzontale, appoggiata ai suoi estremi, tende a incurvarsi verso il basso, anche se questo processo avviene in tempi molto lunghi; e anche una lastra appoggiata in verticale col tempo, si parla di secoli, tende ad abbassarsi e ad assottigliarsi nelle zone superiori, ispessendosi in quelle inferiori, come si può notare da un esame delle vetrazioni molto antiche. Più precisamente, il vetro ha un comportamento viscoelastico: alle basse temperature prevale il comportamento elastico e alle alte prevale quello plastico. Il vetro si ricava per fusione da una miscela di sabbia silicea (che costituisce il materiale principale, detto vetrificante, il cui maggior componente è l’anidride silicica, SiO2, detta anche silice) per circa il 72%; soda (idrossido di sodio, NaOH) o potassa (idrossido di potassio, KOH) per circa il 15%; calcare (più specificamente, calce: CaO, monossido di calcio) per circa il 9%; piccole quantità di allumina (Al2O3, ossido di alluminio). Soda e, secondariamente, potassa sono i principali fondenti della miscela, ossia i componenti che ne abbassano la temperatura di fusione, che altrimenti si aggirerebbe attorno ai 1700 °C. Abbassare la temperatura di fusione del materiale è molto importante, poiché serve a ridurre i costi energetici di produzione, mentre nella prima epoca industriale era molto importante anche per il fatto che risultava difficile riuscire raggiungere temperature molto elevate in fase di produzione. La soda, in particolare, fornisce il vantaggio di aumentare la lavorabilità della miscela fusa. In mancanza di essa, 1 SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO la miscela risulterebbe molto viscosa, tanto da rendere difficile lo smaltimento delle bollicine gassose che si formano all’interno durante la fusione. I fondenti diminuiscono l’insolubilità del vetro da parte dell’acqua. Gli stabilizzanti della miscela che porta alla produzione del vetro, che ne evitano l’opacizzazione per l’azione dell’acqua, sono calcare e, secondariamente, allumina. Il vetro contiene inoltre, in quantità minori, l’anidride borica, che conferisce brillantezza al prodotto finale, e l’anidride fosforica, che ha un’azione opacizzante. Nei casi in cui al posto dell’ossido di calcio si utilizzi l’ossido di piombo, si ottiene il cristallo, che è caratterizzato da un maggior peso specifico, ma anche da maggiore trasparenza e lucentezza. Alla fase di raffreddamento e solidificazione è fatta seguire, in produzione, una fase di lavorazione finalizzata all’assestamento degli sforzi interni del vetro, consistente nel riscaldamento fino a 650 °C circa delle lastre, seguito da un raffreddamento graduale. Il materiale finale ottenuto è omogeneo, piuttosto resistente alle abrasioni e caratterizzato da buone qualità di trasparenza (una lastra di 2,5 mm di spessore lascia filtrare circa il 90% della radiazione solare che lo colpisce) e da un’elevata conduttività termica; ma esso è anche caratterizzato da un’accentuata fragilità, particolarmente rischiosa in casi di vetri sottoposti a sforzi di trazione (e quindi anche a flessione). Questa fragilità è dovuta a tante piccole cricche, microfessurazioni, presenti sulla superficie e nel corpo del vetro, rilevabili al microscopio, ciascuna delle quali presenta il rischio di propagazione nel materiale sotto sforzo, con conseguente rottura. In assenza di queste fessure, la resistenza meccanica del vetro sarebbe molto maggiore. La reale resistenza del vetro è perciò calcolata su base statistica, in considerazione dell’elevata incidenza di vetri di maggiore fragilità, questione affrontata nella progettazione attraverso l’adozione di coefficienti di sicurezza. Il vetro possiede inoltre una durezza elevata (essendo uno dei materiali più duri in assoluto, che può essere tagliato solo dal diamante, dal carbondurum e da alcuni tipi di acciaio)3, è caratterizzato da un coefficiente di dilatazione termica molto modesto ed è inattaccabile dalla maggior parte degli acidi, con l’eccezione dell’acido fluoridrico4. La massa volumica del vetro5 può variare da un minimo di 2300 kg/m3 per i vetri fino a un massimo di 6000 kg/m3 per i cristalli. La massa volumica media del vetro float è di circa 2500 kg/m3 (che corrisponde a un peso di 2,5 kg/m2 per millimetro di spessore del vetro). La resistenza a rottura a compressione del vetro può variare tra 900 e 4700 N/mm2 ; quella alla trazione è di 30-55 N/mm2; quella alla flessione è di circa 30-40 N/mm2 per un vetro normale e compresa tra 120 e 200 N/mm2 per un vetro temprato. Queste resistenze teoriche non sono però utilizzabili interamente. Per sollecitazioni che implichino sforzi di trazione all’interno dei vetri occorre, appunto, applicare coefficienti di sicurezza molto elevati. Altri dati di base sul materiale riguardano il modulo di elasticità, di 7300 kg/mm2, pari a circa 70.000 MPa (70 kN/mm2); il coefficiente di dilatazione termica di 8-20 × 10-6 K-1; la conduttività termica di 0,7-1,15 W/(m2 K); il calore specifico di 2 LA LASTRA DI VETRO 820-995 J/(kg K); la temperatura di fusione di circa 1200 °C; il punto di viscosità si situa a circa 550 °C e la sua resistenza al fuoco è molto buona. Il vetro diventa plastico, viscoso a circa 600 °C. In considerazione di quanto detto, ai fini progettuali si preferisce non sottoporre le lastre di vetro ordinario a sforzi di alcun tipo, anche nel caso in cui tali sforzi siano teoricamente contenuti nell’ambito dei valori tali da produrre deformazione elastica, reversibile. La rottura dei vetri durante gli incendi è dovuta alle differenze di temperatura che si manifestano sulle sue due facce principali delle lastre che generano un incurvamento (e quindi sforzi) nelle lastre stesse, con convessità dalla parte della faccia più calda. Le lastre in vetro sono a rischio di frattura quando la differenza di temperatura tra le due facce supera i 50 °C circa. 1.2 IL VETRO NELLA STORIA Si ritiene che il vetro abbia iniziato a essere prodotto nell’area mesopotamica attorno al 2500 a.C. Qualora non si adottino particolari accorgimenti, il colore del vetro prodotto è verdastro, colore proveniente dal ferro dei minerali (silicei) usati in fusione. Gli antichi Egizi impararono a produrre vetri colorati aggiungendo composti metallici alla miscela impiegata per la preparazione del materiale e in seguito iniziarono a impiegarli per la produzione di ornamenti e contenitori. Durante il periodo romano, si verificò un forte impiego del vetro crescente con le conquiste territoriali dell’Impero. Poi con la caduta dell’Impero la produzione e l’utilizzo del vetro declinarono e in molte zone dell’Europa occidentale scomparvero (permanendo su grande scala nell’impero bizantino), per tornare in uso solo nel VII secolo. Attorno all’anno Mille, a partire dal nord Europa, l’importante avanzamento tecnico permise la produzione del vetro con la potassa, ricavata da ceneri del legno, anziché con la soda, che doveva venire estratta dal suolo ed era piuttosto rara e costosa. Da allora, a partire dall’XI secolo, il vetro iniziò a essere impiegato nelle finestre degli edifici in modo via via più evoluto6. Nei secoli il vetro è stato prodotto con molte tecniche diverse e, con l’avvento della rivoluzione industriale nel campo delle tecniche, l’innovazione è avvenuta con ritmi sempre più serrati. In Germania nell’XI secolo si sviluppò la tecnica artigianale della produzione del vetro soffiato, che trovò un importante centro di produzione a Venezia (Murano), luogo che mantenne il primato nell’uso di questa tecnica per tutto il Medioevo. Secondo questo procedimento, le lastre di vetro venivano prodotte soffiando la miscela di vetro fuso attraverso un tubo e facendo girare l’amalgama allo stato plastico, in modo da ottenere, per forza centrifuga, sfere o cilindri cavi. 3 SERRAMENTI E VETRAZIONI SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO Prima che le bolle così ottenute raffreddassero, venivano aperte, stese su superfici piane, lasciate raffreddare e infine tagliate nelle misure desiderate. Le lastre che si ricavavano da questo procedimento erano di dimensioni piuttosto ridotte e con vari difetti, oggi inaccettabili come irregolarità superficiali, impurità e piccole bollicine, ed erano caratterizzate appunto da un colore verdino; ma, data la laboriosità del loro processo di produzione, risultavano, proporzionalmente, molto più costose di quelle oggi in commercio7. Questa tecnica di produzione è rimasta impiegata, con modifiche, fino alla fine del 1800. Alla fine del XVII secolo fu sviluppata in Francia una tecnica per il getto del vetro fuso che ridusse di molto i costi del materiale, gettando le basi per una sua più larga diffusione. Tale tecnica prevedeva che le lastre venissero prodotte versando la massa di vetro fuso su superfici metalliche orizzontali. Gli inconvenienti principali di questa tecnica erano che: a) le lastre di vetro così ottenute acquisivano tutti i difetti superficiali delle lastre metalliche sulle quali venivano solidificate per raffreddamento; b) risultava difficile garantire un soddisfacente parallelismo tra due entrambe le facce delle lastre, quella superiore e quella inferiore. L’adozione di questa tecnica consentì comunque un notevole incremento dei ritmi produttivi8. Con il miglioramento della qualità dei vetri, iniziò a prendere forma anche il sistema-finestra così come noi oggi lo conosciamo, dotato di oscuramenti, tendaggi, sporti e, in certi casi, corredato da pergolati e vegetazione9. Nel 1840 venne perfezionata su basi industriali la tecnica del vetro soffiato e formato in cilindri per forza centrifuga, e poi successivamente riformato; tecnica che fu utilizzata fino agli anni ‘2010. Nel 1927 comparve la prima macchina per la produzione del vetro stampato, che facilitò la produzione di blocchi di vetro di forma massiccia. Nel Novecento venne inoltre introdotta la tecnica del vetro stirato, che fu quella che davvero diede il via alla produzione delle vetrazioni su vasta scala. Tale tecnica produttiva prevedeva lo stiraggio in verticale della massa di vetro fusa, così da consentire l’ottenimento di lastre di notevole lunghezza. Questo tipo di vetro era chiaro, ma ancora caratterizzato da piccole variazioni di spessore (e quindi piccole distorsioni ottiche) dovute a differenze di temperatura sulla superficie nel corso del suo processo di raffreddamento. Ne consegue che esso portava alla produzione di lastre che dovevano continuare a essere tagliate in pezzi di dimensione piuttosto limitate, come quelle prodotte con le tecniche di produzione precedenti11. La tecnica del getto del vetro su lastre di acciaio e della successiva lisciatura e spianatura si perfezionò fino al Novecento al punto da renderla la soluzione produttiva più soddisfacente a livello qualitativo fino alla fine degli anni ’5012. Si rammenta anche che, a partire dagli anni Venti, la produzione industriale di vetri per automobili iniziò a basarsi sull’impiego di vetro trafilato tra rulli in rotoli (dalla larghezza di 2,40 m, e poi successivamente rilavorato), secondo un procedimento sviluppato dalla Ford13. 4 LA LASTRA DI VETRO 1.2.1 Il vetro oggi Il punto di svolta rispetto alle tecniche di produzione arrivò nel 1959, quando nel processo produttivo venne introdotta la cosiddetta tecnica float, che è tuttora la più impiegata, e che ha consentito di ottenere lastre di precisione e proprietà ottiche prima inconcepibili. To float in inglese vuol dire galleggiare. Tale tecnica prevede la colatura della massa vetrosa fusa e la sua successiva solidificazione su uno strato di stagno fuso (lo stagno, infatti, ha una temperatura di fusione molto bassa, che si aggira sui 260 °C). Dato che il vetro ha un peso specifico più basso dello stagno, galleggia su di esso. Entrambe le facce della massa vetrosa risultano perfettamente parallele e lisce, poiché i due liquidi galleggiano l’uno sull’altro per gravità, indipendentemente dalla orizzontalità e dalla finezza di lavorazione del piano orizzontale (metallico). Un altro vantaggio di questa tecnica, sempre derivato dal fatto di fare solidificare il vetro su un liquido e non su una superficie solida, è quello di evitare la formazione di impurità superficiali14. Per motivi di economicità, le lastre di vetro vengono prodotte nelle più grandi dimensioni possibili (dai 4 ai 20 m2) e poi tagliate in formati più piccoli. I vetri in lastre vengono classificati, in base al loro spessore, in vetri semplici piani (spessore compreso tra 1,5 e 2 mm), semidoppi (2-3 mm), doppi (3-4 mm), mezzi cristalli (4-6 mm) e cristalli (4-6 mm). Il peso delle lastre varia da circa 7,5 kg/m2 per i vetri da 3 mm di spessore a circa 10 kg/m2 per i vetri da 4 mm di spessore, a circa 15 kg/m2 per i vetri da 6 mm di spessore15. Il fatto che una lastra di vetro possa essere prodotta in lastre di grande dimensione è ancora oggi indice di buona qualità: maggiore è la dimensione delle lastre, più elevata è la qualità del vetro stesso. Le dimensioni massime disponibili delle lastre in vetro float sono di circa 3200×6000 mm per vetri dallo spessore compreso tra 2 e più di 25 mm16. Si noti che di solito la dimensione massima delle lastre di vetro utilizzabili nelle costruzioni, sia di tipo float, sia di altro tipo, non è determinata dalle dimensioni massime disponibili, ma dai carichi che avranno luogo sulle facce delle lastre una volta in opera, in genere dovuti all’effetto dinamico della pressione del vento sulle lastre nelle facciate. Spesso, infatti, le lastre impiegate nelle loro dimensioni massime non risulterebbero in grado di resistere alle pressioni più elevate del vento in opera senza rischiare di rompersi. Il potere di isolamento acustico dei vetri semplici aumenta con l’aumentare della massa del vetro stesso, secondo appunto la legge acustica detta “della massa”. La quantità di smorzamento acustico da essi prodotta è all’incirca: per lastre da 3 mm, 25 dB; da 4 mm, 26 dB; da 5 mm, 27 dB; da 8 mm, 29 dB; da 10 mm, 31 dB; da 12 mm, 31 dB; da 15 mm, 32 dB. Nella pratica, spessori del vetro superiori a 10 mm non sono però molto usati, perché finirebbero per appesantire troppo i telai dei serramenti e richiedere un eccessivo irrigidimento delle cerniere dei serramenti stessi. I vetri più efficaci dal punto di vista dell’isolamento acustico sono i vetri multistrato, in ragione del cambiamento di densità tra strati sovrapposti e al basso modulo 5 SERRAMENTI E VETRAZIONI SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO di elasticità del materiale incollante tra le lastre. Questo perché a ogni passaggio del suono tra strato di vetro e strato di vetro attraverso la pellicola collante, si verifica un assorbimento del suono nella massa del collante e del vetro stesso e quindi un suo smorzamento. Le lastre di vetro float possono essere lavorate in vari modi: tagliate, trapanate, avvitate o incollate, e possono subire vari trattamenti, superficiali o mirati alla massa interna, mirati a modificarne le qualità e le prestazioni: in genere, meccaniche, ottiche e/o chimiche. Una delle lavorazioni più comuni è quella di trattare o lavorare le lastre in modo tale che almeno una delle due facce risulti traslucida. I vetri non trattati sono detti vetri greggi chiari. I vetri chiari possono essere spessi 3, 4 e 6 mm. Ogni lastra di vetro chiaro dà luogo a una riduzione della trasmittanza luminosa di poco meno del 10% e a una trasmittanza solare di poco più del 10% e, nelle configurazioni a più vetri, tali riduzioni vengono a sovrapporsi in modo cumulativo: ponendo, appunto, che la riduzione data dalla prima lastra sia del 10%, quindi 90%, la riduzione della seconda lastra è del 10% sul 90%, quindi 81%, e la riduzione data da una eventuale terza lastra è del 10% sull’81%, quindi del 73%, e la riduzione data da una eventuale quarta lastra è del 10% sul 73%, quindi del 65,5%. Per non dare luogo a eccessive riduzioni della trasmittanza luminosa e/o solare, usualmente le vetrazioni nelle ante delle finestre vengono utilizzate in vetro singolo, mentre nei sistemi di guadagno solare indiretto, come le serre, caratterizzati da due chiusure di vetro combinate, si cerca di fare sì che tra lo spazio esterno e i vani interni non siano frapposti più di quattro strati di vetro in totale. Le prestazioni principali di più comuni tipi di vetro a strato singolo sono le seguenti. I vetri spessi 3 mm sono caratterizzati, come detto, da una trasmittanza luminosa del 91%, da una trasmittanza solare di 0,89, da una trasmittanza termica di 5,9 W/(m2 °C) e da un potere fonoisolante di 26 dB. I vetri chiari spessi 4 mm sono caratterizzati da una trasmittanza luminosa del 90%, da una trasmittanza solare di 0,87 e da una trasmittanza termica di 5,8 W/(m2 °C). I vetri chiari spessi 6 mm sono caratterizzati da una trasmittanza luminosa del 90%, da una trasmittanza solare di 0,86 e da una trasmittanza termica di 5,8 W/(m2 °C). I vetri colorati sono spessi 6 mm e sono caratterizzati da una trasmittanza termica di 5,8 W/(m2 °C), come i vetri chiari. I valori che cambiano con il colore sono i valori della trasmittanza luminosa e la trasmittanza solare17. La trasmittanza luminosa dei vetri varia con l’angolo di incidenza della luce (Fig. 1.1). Essa è massima quando i raggi incidono sui vetri perpendicolarmente e si riduce rapidamente oltre i 30° di angolo di incidenza (Tab. 1.1). 6 LA LASTRA DI VETRO SERRAMENTI E VETRAZIONI Fig. 1.1 Variazione della trasmittanza luminosa di una lastra di vetro singola in relazione all’angolo di incidenza della luce. Trasmittanza luminosa Trasmittanza solare Vetro verde 72% 0,60 Vetro rosa 70% 0,77 Vetro color ambra 50% 0,61 Vetro color bronzo 49% 0,61 Vetro grigio chiaro 41% 0.58 Vetro grigio scuro 40% 0.58 Tab. 1.1 Trasmittanza luminosa e fattori di guadagno solare dipendentemente dal colore del vetro18. I principali tipi di lavorazione del vetro sono la stampatura, la sabbiatura, satinatura, la givrettatura. I vetri che più comunemente si ottengono da queste lavorazioni sono i seguenti: • vetri stampati. Su di essi vengono impressi per laminazione dei disegni o delle texture (presenti al negativo nelle facce dei cilindri di laminazione); • vetri sabbiati. Una faccia della lastra viene trattata con un violento spruzzo di sabbia quarzosa e molto abrasiva (detta anche polvere di smeriglio); • vetri satinati. In questo caso l’opacizzazione è perseguita con mezzi chimici, in particolare mediante acido fluoridrico. L’effetto prodotto è molto fine; • vetri givrettati. Da una delle facce delle lastre sono asportate piccolissime scaglie di vetro, incollando le lastre stesse su un supporto successivamente rimosso, causando l’asportazione di tante piccole scaglie, così da rendere traslucide le lastre stesse; • vetri opalini. In questi vetri l’opacità è dovuta all’impasto vetroso e non alle sue superfici. Esso può quindi risultare colorato. Poiché il materiale colorato non è localizzato in superficie, non è soggetto a ossidazione. Questo fa sì che i vetri opalini siano caratterizzati da colore molto durevole e che essi possano essere sottoposti anche a trattamenti che riguardino la sua superficie. 7 SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO A seguito dell’introduzione della tecnica di produzione del vetro float, le modalità di produzione delle lastre in vetro hanno continuato a perfezionarsi, così come le loro prestazioni – particolarmente, quelle termiche, ma anche quelle luminose e strutturali - e le modalità del loro utilizzo hanno continuato a evolversi, tanto che le implicazioni progettuali di questo materiale appaiono oggi molto mutate rispetto già a poche decine di anni fa. Tradizionalmente, il problema principale connesso alla presenza di finestre era costituito dal fatto che esse disperdevano molta energia termica, costituendo vere e proprie “falle” termica all’interno delle pareti; questo perché una vetrazione singola di ordinaria fattura è caratterizzata da una trasmittanza termica molto superiore, anche nell’ordine di 20 o più volte, rispetto a quella di una parete di chiusura opaca, cosa che nei climi non miti causa sia indesiderate perdite di calore nella stagione fredda sia problemi di surriscaldamento estivo. Ne conseguiva che un aumento della superficie vetrata causava un peggioramento delle prestazioni complessive di una costruzione, aumentando i consumi energetici per il riscaldamento, il raffrescamento e per l’illuminazione e riducendo la possibilità di controllo igrotermico. A seguito della crisi energetica, a partire dagli anni Settanta, l’avanzamento tecnologico nel campo delle vetrazioni e dei serramenti ha subito un’accelerazione, vedendo la comparsa di numerose soluzioni innovative migliorative delle prestazioni termiche e luminose delle finestre e quindi idonee ad aumentare l’efficienza termica dei sistemi costituiti senza limitarne sensibilmente la trasparenza ottica; con l’importante conseguenza che una consistente presenza di superfici vetrate può oggi non rappresentare più uno svantaggio per il benessere termico degli ambienti abitati. 1.2.2 Innovazioni degli ultimi decenni nel campo delle vetrazioni Negli ultimi decenni nel campo delle vetrazioni si sono verificate alcune innovazioni di grande importanza, molte delle quali influenti sul comportamento igrotermico e luminoso dei sistemi di vetrazione. Tali innovazioni sono principalmente costituite dai vetri a bassa emissività, dai vetri riflettenti, dai vetri cosiddetti atermici, dall’impiego di gas isolanti nei sistemi a vetrazione multipla e dall’impiego di telai, spaziatori e giunzioni di bassa conduttanza termica. 1.3 VETRAZIONI DOPPIE E MULTIPLE Gran parte della resistenza termica dei serramenti dipende dalla resistenza termica delle vetrazioni. La più importante innovazione del XX secolo nel campo dei serramenti è costituita dalle vetrazioni multiple separate da intercapedini d’aria che, appunto, consentono di ridurre in modo consistente la trasmittanza termica delle vetrazioni. L’impiego dei vetri multipli in Italia si è diffuso negli anni Settanta, in larga prevalenza in vetrazioni doppie. L’aumento della resistenza termica delle vetrazioni multiple è causato dallo spessore d’aria presente tra le lastre; ma dipende anche, in misura minore, dalla 8 LA LASTRA DI VETRO distanza di queste lastre. Relativamente all’ambito di spessori di intercapedine compresi tra circa 9 mm e 50 mm circa, la trasmittanza termica varia infatti di poco. Ma al di fuori di questo ambito, la trasmittanza varia in modo consistente. Quando la distanza tra doppi vetri è molto bassa, inferiore indicativamente a circa 9 mm, la componente conduttiva nella trasmissione del calore tra vetri risulta preponderante e la resistenza termica complessiva della doppia vetrazione si riduce al ridursi dello spessore dell’intercapedine in modo via via più rapidamente crescente man mano che le dimensioni si riducono. La quantità di calore trasmesso per conduzione nell’aria si riduce all’aumentare dello spessore dell’intercapedine, mentre la quantità di calore trasmesso per convezione diminuisce con lo spessore dell’intercapedine. Purtroppo, quando la distanza tra le lastre è troppo alta, si verificano moti convettivi che fanno aumentare la trasmittanza termica con l’aumentare della distanza tra vetri. Quando la distanza tra i vetri è ottimale, indicativamente compresa tra 9 e 50 mm, la trasmissione avviene soprattutto per irraggiamento e la resistenza termica raggiunge i valori più elevati. Le prove dimostrano che, in tale intervallo, lo spessore più vantaggioso è circa 25 mm. Le intercapedini dei doppi vetri hanno raramente spessori superiori a 15 mm, ma ciò è dovuto a considerazioni di ordine costruttivo, non termico. L’obiettivo, in questo modo, è quello di contenere per quanto possibile lo spessore dei telai senza che questo vada a eccessivo detrimento delle prestazioni termiche. Uno spessore molto comune dell’intercapedine è di 12 mm. La trasmittanza termica delle finestre non è invece particolarmente dipendente dallo spessore delle lastre. Da un punto di vista costruttivo e/o produttivo, il problema principale delle vetrazioni multiple nei climi temperati e freddi, che dà luogo a una riduzione della visibilità, attraverso le lastre, e del guadagno solare, è indirettamente legato a una non soddisfacente tenuta della sigillatura tra le lastre. Tale problema consiste nel fatto che la presenza di umidità in corrispondenza dell’intercapedine in inverno dà luogo alla formazione di condensa tra i due vetri, che alla lunga genera un’opacizzazione dei vetri stessi. Quando la tenuta alle infiltrazioni di vapore dello spazio tra le lastre è adeguata, l’eventuale condensazione del vapore si verifica in inverno non nella cavità, ma sulla faccia interna dello strato interno, ed è più probabile nelle situazioni caratterizzate da maggiore conduttività dei sistema a lastre, come nel caso dei vetri singoli, e meno probabile nel caso dei vetri multipli e a resistenza termica, come nel caso dei vetri tripli a bassa emissività. Un modo per evitare la necessità di una efficiente sigillatura delle lastre sui telai, idoneo quindi a consentire prestazioni soddisfacenti anche in presenza di una minore precisione dimensionale e di esecuzione, e quindi di minori costi e della possibilità di autocostruzione, è quello di rendere tollerabili le infiltrazioni d’aria prevedendo delle uscite per l’acqua condensata nella parte inferiore dei telai, e non nella parte superiore. In questo modo non si ha ventilazione dell’intercapedine (per “effetto camino”) ma solo una debole aerazione, sufficiente all’evacuazione dell’umidità e all’eventuale drenaggio della condensa, tale da abbassare solo di poco la resistenza termica della parete19. 9 SERRAMENTI E VETRAZIONI SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO Il problema della tenuta all’aria dei giunti tra vetri doppi e telai è stato risolto dall’impiego dei vetrocamera, ossia dei vetri doppi o tripli saldati o comunque chiusi in modo stagno ai bordi (Fig. 1.2); cosa che si ottiene chiudendo in modo stagno l’intercapedine lungo i bordi delle due lastre, saldandoli. La distanza tra le lastre è mantenuta mediante distanziatori spesso costituiti da profilati metallici incollati a esse, nella cavità formata dai quali sono generalmente presenti sali igroscopici, capaci di assorbire l’umidità presente nella cavità stessa. Nei sistemi di vetrazione ad alte prestazioni termiche, i distanziatori sono però, invece, isolanti polimerici. Tale tecnologia è definita “del bordo caldo”. 2 4 Fig. 1.2 Schema di vetrocamera inserito in un telaio in legno. Legenda: 1. telaio; 2. vetri uniti al perimetro; 3. distanziatore; 4. fermavetro. 3 1 Gli spessori più comuni delle lastre in vetro sono 4, 5 o 6 mm, e gli spessori più comuni delle cavità dei vetrocamera sono di 6, 9 o 12 mm. Gli spessori più comuni dei vetrocamera sono: 4-6-4 mm (vetro-cavità-vetro), 6-10-6 mm, 10-15-10 mm, e la trasmittanza termica di un doppio vetro si aggira generalmente attorno a 2,9 W/(m2 K), contro circa 6 W/(m2 K) di un vetro singolo. Ad esempio, vetrocamera di misura 4-6-4 mm sono caratterizzati da trasmittanza termica di 3,4 W/(m2 K), quelli 4-9-4 da trasmittanza di 3,2 W/(m2 K) e quelli 4-12-4 da trasmittanza di 3,1 W/(m2 K). Variazioni di pochi millimetri dello spessore dei vetri non incidono in modo significativo sulla trasmittanza termica delle chiusure vetrate. Nelle vetrazioni doppie (Tab. 1.2), i vetri esterni sono interessati da maggiori escursioni termiche di quelli interni e dunque è importante che essi siano liberi di dilatarsi. Per questo, occorre avere cura che essi entrino con agio nei telai 10 LA LASTRA DI VETRO SERRAMENTI E VETRAZIONI dei serramenti, senza installarli a pressione. La loro tenuta all’aria e all’acqua si ottiene usualmente con guarnizioni e sigillanti elastici20. Spessore di ciascuno dei 2 vetri Peso, in kg/m3 Coefficiente di trasmittanza luminosa Trasmittanza solare Potere fonoisolante 4 mm 21 0,82 0,76 32 dB 6 mm 31 0,80 0,72 33 dB Tab. 1.2 Proprietà dei doppi vetri di due diversi spessori21. Solitamente, nei climi temperati (e in generale nei climi caratterizzati da un fabbisogno energetico per il riscaldamento e/o per il riscaldamento significativi) i vetri delle finestre a vetri multipli non sono divisi in tante luci, ma in un numero di luci ridotto: in caso contrario, le infiltrazioni d’aria che si verificherebbero attraverso i giunti tra vetri e telai potrebbero risultare eccessive e ai fini del risparmio energetico, riducendo i vantaggi derivanti dalla riduzione della trasmittanza termica, risultante, appunto, dall’adozione delle vetrazioni multiple. La dimensione massima dei vetri uniti al perimetro è maggiore tanto quanto lo è la loro resistenza alla flessione, e, perciò, quanto maggiore è lo spessore delle lastre e, secondariamente, quanto maggiore è lo spessore della cavità che li separa (per lastre da 3 mm essa è ordinariamente 160 cm; per lastre da 4 mm, 180 cm; per lastre da 5 mm, 200 cm; per lastre da 6 mm, 210 cm). Il comportamento radiativo delle vetrazioni doppie non dipende dalla distanza tra le lastre trasparenti (Fig. 1.3), ma dal loro spessore e dalle loro proprietà (Tab. 1.3, a pagina seguente). I fattori aventi l’influenza più significativa sul comportamento radiativo dei vetri sono i fattori di riflessione, trasmissione e assorbimento relativi alla radiazione solare nel suo complesso, alla componente luminosa della radiazione solare, alla componente infrarossa della radiazione solare (infrarosso vicino) e alla radiazione termica (infrarosso lontano). 1 3 2 7 5 6 B A 8 4 5 D 2 Fig. 1.3 Collegamento tra vetri nei sistemi di vetrazioni multiple. A. Vetri uniti al perimetro. B. Vetri doppi ordinari. C. Vetri doppi di sicurezza stratificati. D. Vetrazione doppia costituita da vetro di sicurezza temprato e vetro accoppiato a film bassoemissivo. E. Vetri tripli. 6 C 2 2 5 7 6 7 5 E 2 7 Legenda: 1. vetro saldato al perimetro; 2. vetro chiaro ordinario; 3. vetro stratificato; 4. vetro temprato; 5. guarnizione; 6. sigillatura; 7. distanziatore; 8. strato a bassa emissività. 6 11 SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO Spessore lastre, in mm Fattore di trasmissione luminosa Fattore di riflessione Fattore di rispetto allo spettro assorbimento dell’infrarosso Rispetto allo spettro dell’infrarosso Trasmittanza solare Lastre chiare 4+4 0,82 0,13 0,15 0,76 Lastre chiare 6+6 0,80 0,13 0,20 0,72 Lastre colorate verdi 6+5 0,67 0,08 0,54 0,47 Lastre colorate bronzo 6+5 0,44 0,07 0,54 0,48 Lastre colorate grigie 6+5 0,38 0,07 0,53 0,49 Tab. 1.3 Prestazioni radiative di alcuni tipi di vetro22. In generale, dalla distanza dei vetri doppi e multipli deriva anche il loro potere di isolamento acustico, dipendente soprattutto dallo spessore delle lastre, a causa del modesto spessore dell’intercapedine d’aria nei vetri multipli stessi. Le intercapedini d’aria tra vetri multipli possono dare luogo a uno smorzamento apprezzabile del suono solo a condizione che esse non siano di spessore esiguo. In mancanza di quella condizione, la trasmissione delle vibrazioni sonore tra lastra e lastra attraverso l’aria rimarrebbe consistente. I vetri multipli comportano vantaggi significativi in termini di potere di isolamento acustico solo nel caso in cui la o le intercapedini d’aria abbiano dimensione superiore a 20 mm. Si tratta, però, di uno spessore non ottenibile da vetri uniti al perimetro, ma solo da doppie finestre o da finestre con doppio telaio (entrambe configurazioni che consentono di aumentare consistentemente la distanza tra le lastre, ma più costose dei vetri uniti al perimetro). Vi sono comunque anche altri motivi per cui le prestazioni di una doppia finestra risultano superiori a quelle di una finestra con doppio vetro. Nel primo caso, sia le lastre di vetro, sia i telai e i giunti di tenuta sono raddoppiati; mentre nel caso dei vetri uniti al perimetro, le lastre di vetro sono due, ma il giunto perimetrale, che contrasta le infiltrazioni (nel caso che ora ci interessa, d’aria) è uno23. Non per niente, la soluzione della doppia finestra (di cui spesso quella esterna scorrevole orizzontale all’interno delle spalle murarie) è molto diffusa nelle città rumorose a causa di un intenso traffico automobilistico, come ad esempio Milano. Una soluzione intermedia, sia nella configurazione sia nelle prestazioni termoacustiche, tra finestra singola e doppia finestra è quello della finestra con doppio telaio mobile (Fig. 1.4). Spessori di intercapedine dell’ordine di quelli usualmente adottati per le intercapedini delle vetrazioni multiple non conferiscono, di conseguenza, un rilevante potere fonoisolante aggiuntivo alle vetrazioni stesse. Con gli spessori usuali delle cavità infravetrarie, i vetri doppi per uno spessore compreso tra 7 e 37 mm consentono uno smorzamento dell’intensità sonora compreso tra 38 e 44 dB che, sostituendo i vetri con cristalli, può arrivare a 50 dB (Fig. 1.5)24. 12 LA LASTRA DI VETRO SERRAMENTI E VETRAZIONI 1 5 2 4 3 Fig. 1.4 Sezione orizzontale dell’attacco murario di una finestra a battente con doppio telaio mobile. Il telaio mobile interno fa battuta sul telaio mobile esterno. Legenda. 1. intonaco; 2. sigillatura; 3. sigillatura su sottofondo; 4. telaio mobile esterno con vetrazione singola; 5. telaio mobile interno con vetrazioni singola. Fig. 1.5 Perdite di trasmissione acustica per differenti tipi di vetrazione. Vetro doppio 3 + 3 mm con cavità 6 mm (3-6-3): 26 db Vetro singolo 6 mm sigillato a tenuta d’aria al perimetro: 30 db Vetro singolo laminato, 6 mm: 34 db Vetro doppio 6 + 3 mm con cavità 50 mm (6-50-3): 39 db Vetro doppio 6 + 3 mm con cavità 120 mm (6-120-3): 43 db. Altra condizione rilevante da un punto di vista progettuale è che il potere di isolamento acustico dei vetri doppi e, in generale, multipli è maggiore se le lastre che vi sono utilizzate sono di spessore diverso l’una dall’altra, e quindi caratterizzate da diversa frequenza di risonanza. L’evitare di utilizzare lastre caratterizzate da una medesima frequenza di risonanza permette che la finestra nel suo complesso risulti particolarmente poco conduttiva rispetto a quella certa frequenza critica. Per quanto riguarda i giunti tra vetrazioni e telai, la loro importanza ai fini dello smorzamento acustico è dovuta, da una parte, al fatto che essi assicurano la tenu13 SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO ta all’aria, e dall’altra, al fatto che smorzano le vibrazioni dei vetri. Questo perché la trasmissione acustica di una lastra (o di un pannello) è dovuta al fatto che la lastra, se colpita da onde sonore, inizia a vibrare, e trasmette tale vibrazione all’aria presente sul lato opposto a quello di provenienza del suono. Per questo, smorzare la vibrazione della lastra riduce la trasmissione sonora. Le sigillature e le guarnizioni dei giunti sono quindi realizzati con materiali sintetici adeguati all’assorbimento delle vibrazioni sonore. Il numero di lastre nelle vetrazioni multiple nell’edilizia corrente non è per il momento ancora andato oltre il numero di due, se non per edifici finalizzati a consumi energetici particolarmente bassi, nei quali sono spesso usate vetrazioni triple a bassa emissività con cavità riempite di gas termoisolante. Il motivo è che, a ogni strato di vetrazione aggiunto, si ottengono vantaggi via via sempre meno rilevanti. Il grosso salto prestazionale è quello tra le vetrazioni a una lastra e le vetrazioni a due lastre. Le vetrazioni triple ordinarie, prive di elementi di innovatività, danno luogo a trasmittanze termiche maggiori di quelle delle vetrazioni doppie a bassa emissività. Un motivo per cui negli ultimi anni sta prendendo piede l’impiego di vetri tripli negli edifici a basso consumo energetico è che la prestazione di questi è stata aumentata per effetto della disponibilità di vetri di trasparenza elevata (che hanno consentito di elevare il coefficiente di trasmissione luminosa dei doppi vetri a circa l’80%, dal 70% o poco più che era). La disponibilità di vetri ad alta trasparenza ha anche consentito l’aumento della trasmittanza solare dei vetri tripli: alle condizioni attuali, l’aggiunta di ogni strato di vetro riduce approssimativamente del 15% la trasmissione della radiazione solare attraverso le vetrazioni. A causa di questo fatto, quando la trasmittanza solare di un vetro singolo è di circa l’85%, esso si riduce a circa il 72,5% in un doppio vetro chiaro dello stesso tipo e a circa il 61,5% in un vetro triplo chiaro25. L’opportunità di adozione di un vetro triplo deve perciò essere valutata caso per caso, e di preferenza abbinato all’impiego di strati a bassa emissività, in base alle caratteristiche dei componenti, all’orientamento e alle destinazioni funzionali del caso. Il rischio è, infatti, che in certe situazioni, specialmente caratterizzate da orientamento a sud,con l’intento di limitare le dispersioni termiche, si sortisca l’effetto di ridurre l’efficienza del sistema, a causa di una eccessiva riduzione del guadagno solare. Un altro motivo dell’attuale tendenza positiva dei vetri tripli sta nella trasmittanza termica che essi possono raggiungere, che può arrivare anche a 0,5 W/(m2 K). Per questi motivi, questa soluzione è probabilmente destinata a guadagnare sempre maggiore diffusione man mano che si abbasserà il suo costo. 1.4 CARATTERISTICHE DEI VETRI 1.4.1 Vetri a bassa emissività L’emissività di una superficie riferita a una certa lunghezza d’onda di radiazione elettromagnetica è sempre uguale al coefficiente di assorbimento (assorbività) riferito a quella stessa lunghezza d’onda. Inoltre, l’assorbività è sempre complementare alla riflettività: assorbività + riflettività = 126. Questo perché l’energia radiante 14 LA LASTRA DI VETRO in arrivo su una superficie (opaca) viene assorbita o riflessa (l’energia radiante in arrivo su una superficie trasparente viene invece assorbita, riflessa o trasmessa). Ciò implica che i vetri che emettono una quantità di radiazione termica modesta, avendo un basso coefficiente di emissione (emissività), assorbono anche una bassa quantità di radiazione termica, avendo un coefficiente di assorbimento modesto; e che quando sono caldi, dissipano con difficoltà per emissione il calore posseduto. Il contrario accade per i vetri aventi alta emissività e quindi alta assorbività. L’emissività (e quindi, l’assorbività) e la riflettività di una certa superficie sono relative alle lunghezze d’onda, nel senso che variano con la lunghezza d’onda: ciascun tipo di superficie di ciascun materiale ha una propria caratteristica distribuzione dell’emissività e della riflettività al variare della lunghezza d’onda, in un modo che dipende anche dalla finitura e dalla lavorazione27. Un certo materiale può, ad esempio, riflettere (o, al contrario, assorbire) bene (molto) le onde nello spettro del visibile e male (poco) quelle dello spettro dell’infrarosso, o viceversa. In generale, i metalli lucidi sono caratterizzati da una emissività bassa. L’emissività si considera, in questo caso, come per tutti gli oggetti presenti sulla superficie terrestre, caratterizzati quindi da una gamma di temperature piuttosto piccola rispetto ai corpi celesti, solo relativamente allo spettro dell’infrarosso lontano. Questo perché non avrebbe senso ragionare sull’emissività relativa alla radiazione luminosa di un oggetto presente nell’atmosfera terrestre, perché esso non raggiunge neanche lontanamente le altissime temperature necessarie per fare sì che un corpo possa irraggiare radiazione elettromagnetica nello spettro del visibile, temperature proprie, appunto, dei corpi celesti. L’utilità dei vetri a bassa emissività sta nel fatto che essi sono caratterizzati dalla proprietà di emettere, e quindi anche assorbire, una bassa quantità percentuale di radiazione infrarossa, appunto del tipo lontano, termico. In un certo senso, un vetro a bassa emissività si comporta, nei confronti del calore radiante, irraggiato, come un vetro riflettente si comporta nei confronti della luce: lo riflette. E se è caldo, fa fatica a irraggiare il calore che possiede. Ciò implica che i vetri che emettono una quantità di radiazione termica modesta, avendo un basso coefficiente di emissione (emissività), assorbono anche una bassa quantità di radiazione termica, avendo un coefficiente di assorbimento modesto; e che quando sono caldi, dissipano con difficoltà per emissione il calore posseduto. Il contrario accade per i vetri aventi alta emissività e quindi alta assorbività. L’obiettivo per cui i vetri a bassa emissività sono utilizzati è quello di ridurre l’assorbimento e l’emissione dei raggi nello spettro dell’infrarosso lontano, cioè dello spettro della radiazione termica, non visibile28. Si tratta, insomma, di vetri selettivi in grado di costituire un’efficace barriera alla radiazione elettromagnetica che trasporta calore, i quali, in pratica, danno luogo a un certo isolamento radiativo. Questo è molto importante, perché le dispersioni termiche invernali e i carichi termici estivi sono in larga parte dovuti alla componente radiativa di trasmissione del calore. A livello di massima, si può stimare che le dispersioni termiche invernali in un edificio abitativo siano mediamente dovute per il 5% a conduzione (verso il terreno), per il 35% a convezione e per il 60% a irraggiamento; e che rispetto ai carichi termici estivi la componente di irraggiamento salga al 90%. 15 SERRAMENTI E VETRAZIONI SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO Il comportamento dei sistemi di vetrazione a bassa emissività è, appunto, dovuto alla presenza di uno o più sottile strato caratterizzato da bassa emissività (Fig. 1.6), costituito da: a) materiale metallico o materiale plastico accoppiato a materiale metallico, adeso a una delle facce di una delle due (o più) lastre di vetro. Solitamente si tratta della faccia esterna del vetro interno, dal momento che tali strati sono poco resistenti alle abrasioni. Si tratta in genere di ossidi metallici. Il principio è quello che vale per tutte le superfici metalliche lucide, che sono appunto a bassa emissività. Nel caso specifico, lo strato di ossido è sufficientemente spesso da risultare a bassa emissività, ma sufficientemente sottile da risultare trasparente alla radiazione solare. Il posizionamento sopra descritto vale per i climi temperati, quali quelli italiani, e per i climi caldo-secchi. Nel caso dei climi caldo-umidi in edifici climatizzati artificialmente, lo strato a bassa emissività dovrebbe invece essere collocato sullo strato interno del vetro esterno; b) da materiale plastico accoppiato a materiale metallico sospeso tra i vetri, in modo teso, all’interno dell’intercapedine29. In ogni caso, gli strati bassoemissivi vengono sempre collocati in zone protette all’interno delle intercapedini, così da rimanere protetti dalle abrasioni e quindi dalla consunzione. Fig. 1.6 A. Finestra con vetro triplo. B. Finestra con vetro doppio e strato a bassa emissività. Il film a bassa emissività, in questo caso, non è applicato a una delle lastre, ma è teso all’interno dell’intercapedine, che così risulta divisa in due parti. A B Una finestra con doppio vetro a bassa emissività fornisce prestazioni simili a quelle di un triplo vetro, con risparmio di quantità di materiale impiegato. Per questo, i vetri a bassa emissività risultano particolarmente utili sia nelle zone fredde sia nelle zone particolarmente calde (come quelle tropicali) e in ogni caso dove siano presenti condizioni di temperatura ambientale molto differenti tra l’interno e l’esterno degli edifici30. 16 LA LASTRA DI VETRO SERRAMENTI E VETRAZIONI Trasmittanze termiche più basse, che possono arrivare a 1,5 W/(m2 °C), sono caratteristiche delle vetrazioni doppie bassoemissive con cavità riempita di gas a bassa conduttività (Tab. 1.4). Il dato molto positivo a questo riguardo è che ciò non va a notevole detrimento della trasmissione della luce e della radiazione solare. Si tratta perciò di vetrazioni molto adatte non solo a ridurre le dispersioni, ma anche a incrementare l’effetto serra e il guadagno solare. Peso, kg/m2 Vetro singolo, 6 mm Vetro doppio, 6-6-6 mm 15 31 Fattore di trasmissione luminosa 79% 75% Trasmittanza Trasmittanza solare termica, W/(m2 K) 0,78 3,4 0,74-0,62 2,4 Vetrazioni di questo tipo, completate da schermature esterne regolabili in grado di ridurre i guadagni solari estivi, costituiscono sistemi molto efficienti in qualsiasi situazione climatica da un punto di vista sia termico sia luminoso, ancor più se dotati di aperture regolabili. Per scendere al di sotto di tali valori di trasmittanza termica, ottenendo valori di 1,1-1,0 W/(m2 K), che possono arrivare fino a 0,4 W/(m2 K), occorre impiegare vetri tripli a bassa emissività con intercapedine riempita di gas isolante e telai a taglio termico. Oggi i vetri a bassa emissività sono i più comunemente usati tra vetri selettivi, in quanto vantaggiosi proprio perché, nonostante la trasmittanza solare più bassa di quella dei vetri chiari, grazie alla loro più alta resistenza termica essi danno luogo a un maggiore guadagno solare. Le vetrazioni a bassa emissività sono, di solito, riflettenti tutto lo spettro infrarosso, ma possono essere molto riflettenti anche solo l’infrarosso vicino o l’infrarosso lontano. Ai fini del riscaldamento è utile solo l’elevata riflettanza ( e bassa emissività) rispetto all’infrarosso lontano, mentre ai fini del raffrescamento è utile una elevata riflettanza all’infrarosso sia vicino, sia lontano. Questo perché ridurre la trasparenza delle lastre anche all’infrarosso vicino (la componente solare dell’infrarosso), oltre che all’infrarosso lontano, determina a una riduzione del guadagno solare passivo senza determinare una riduzione elevata della trasparenza luminosa delle lastre stesse e quindi dei possibili livelli di illuminamento naturale dei vani. 1.4.2 Vetri riflettenti Anche nel caso dei vetri riflettenti, come in quello dei vetri bassoemissivi, le proprietà riflettenti delle lastre sono dovute all’applicazione di un sottilissimo film a base di metalli o di ossidi metallici su una delle facce del vetro (che è, solitamente, in questo caso, la faccia interna del vetro esterno). Il vetro riflettente, fino a qualche anno fa, era il vetro selettivo più utilizzato nell’edilizia terziaria, e specificamente nelle facciate continue. Si trattava di una soluzione svantaggiosa in inverno, perché riduceva consistentemente il guadagno solare senza aumentare la resistenza termica dei vetri. I vetri riflettenti hanno però iniziato a essere usati molti decenni prima dei vetri bassoemissivi, anche perché le loro prestazioni, riguardando lo spettro del visibile, sono più agevoli e intuitive da testare e determinare. 17 Tab. 1.4 Caratteristiche di vetri a bassa emissività di spessori comuni. SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO La sostanziale differenza tra vetri riflettenti e vetri bassoemissivi sta nel fatto che l’azione selettiva dei vetri riflettenti è diretta all’intera radiazione solare e, più specificamente, alla componente luminosa di questa, la luce. Nei vetri riflettenti la trasmittanza (il coefficiente di trasmissione) luminosa è in genere inferiore al 50%, mentre la trasmittanza solare è, in genere, un po’ più elevata. Come effetto, i vetri riflettenti risultano anche sensibilmente oscuranti, ed è questo uno dei principali motivi del loro impiego. L’altro motivo è costituito dal loro aspetto specchiante, senza permettere la chiara visibilità all’interno, che fa sì che essi siano utilizzati specialmente nel campo delle costruzioni terziarie, negli edifici per uffici. Sia a causa della riduzione del guadagno solare sia a causa della riduzione della trasmissione luminosa a cui i vetri riflettenti danno luogo, il loro impiego ai fini del risparmio energetico invernale è quasi sempre svantaggioso nei climi temperati, e si può dire pertanto che essi oggi vengano utilizzati nonostante questa loro caratteristica svantaggiosa, e non grazie a essa. Molto spesso, l’adozione di schermature solare in combinazione con vetri multipli chiari o bassoemissivi dà luogo a prestazioni termiche e luminose complessivamente più soddisfacenti di quelle ottenibili con vetri riflettenti, consentendo anche una maggiore versatilità. Lo spessore più comune dei vetri riflettenti è in genere di 6 mm e la loro densità e trasmittanza termica non varia rispetto a quelle dei vetri chiari di pari dimensione. Le loro trasmittanze luminose e i fattori di guadagno solare ottenuti sono invece molto variabili, dipendentemente dalle caratteristiche delle lastre. Il fattore di trasmissione luminosa dei vetri riflettenti varia dal 65% circa caratteristico dei vetri specchianti ordinari argentati, al 45% circa dei vetri specchianti dorati, al 35% o meno dei vetri molto specchianti argentati. La loro trasmittanza solare è di circa 0,64 nel primo caso, 0,58 nel secondo e 0,49 nel terzo. 1.4.3 Vetri atermici La particolarità dei vetri atermici è quella di essere colorati nell’amalgama, all’interno della massa, e non in superficie; con la conseguenza che, a differenza dei vetri basso emissivi, essi riducono la trasmissione del calore (radiazione infrarossa) perché l’assorbono al proprio interno anziché riflettere. A causa di questo fatto, essi tendono, però, in primo luogo a subire maggiori sbalzi termici rispetto ai vetri a bassa emissività, tendendo specialmente a surriscaldarsi in estate e andando quindi incontro a variazioni dimensionali anche consistenti. In considerazione di questo fatto, si tratta usualmente di vetri induriti. In secondo luogo, poiché una parte del calore in essi assorbita viene trasmessa all’interno dei vani, la riduzione del guadagno solare a cui essi danno luogo è minore di quella a cui danno luogo i vetri riflettenti, a parità di trasmittanza luminosa. Esistono sul mercato anche combinazioni di vetri contemporaneamente atermici e riflettenti, caratterizzati da selettività accentuatissima, sia nei confronti della radiazione luminosa sia nei confronti della radiazione termica31. 1.4.4 Riempimento delle intercapedini tra vetri con gas termoisolanti I gas termoisolanti utilizzati nelle intercapedini sono, in genere, argon, krypton (gas nobili) o anidride carbonica. Tali gas hanno un effetto termoisolante grazie 18 LA LASTRA DI VETRO alla loro densità, più elevata di quella dell’aria, che disincentiva i moti convettivi tra le lastre e, quindi, la trasmissione convettiva del calore. In questo modo, le cavità infravetrarie possono raggiungere una resistenza termica inferiore a quella di una cavità d’aria di pari spessore. La resistenza termica di una cavità infravetraria verticale riempita d’aria è stimabile essere nell’ordine di 0,17 (m2 K)/W mentre la resistenza termica di una identica cavità riempita con krypton è stimabile nell’ordine di 0,24 (m2 K)/W. Tra argon e krypton, il primo è più economico ma il secondo fornisce prestazioni più vantaggiose. L’adozione di gas termoisolante nelle cavità infravetrarie può generare una riduzione della trasmittanza termica dei sistemi-finestra stimabile intorno al 15-20% e nell’ordine del 50% relativamente alle sole vetrazioni32. 1.4.5 Telai a taglio termico, o comunque di bassa conduttanza Nei telai a taglio termico, o comunque di bassa conduttanza, l’incremento della resistenza termica è ottenuto mediante il perseguimento di un’accurata interruzione dei ponti termici. L’importanza dell’interruzione dei ponti termici nei telai dei serramenti è auspicabile perché essi occupano una superficie consistente dei vani finestra, di solito compresa tra il 10 e il 30% di quella disponibile. Il taglio termico risulta particolarmente essenziale nel caso degli infissi in alluminio, a causa dell’elevata conduttività del materiale. 1.4.6 Impiego di distanziatori caratterizzati da bassa conduttanza I distanziatori metallici tra lastre di vetro possono dare luogo a una conduzione termica molto consistente, che può ridurre molto l’effetto isolante dello strato d’aria. Per evitare questo, la cavità interna dei profilati che costituiscono i distanziatori metallici può, in sede di produzione, essere riempita con materiali termoisolanti. I materiali metallici sono indicati per la produzione dei distanziatori per la loro resistenza meccanica. Le leghe metalliche più usate per la produzione dei distanziatori sono l’alluminio e l’acciaio inossidabile, per la loro resistenza alla corrosione. I distanziatori in acciaio inossidabile sono caratterizzati da una minore conduttanza. 1.4.7 Impiego di guarnizioni e sigillanti ad alte prestazioni di tenuta all’aria e all’acqua I sigillanti per serramenti possono essere di tipo elastomerico o plastico. Tra i sigillanti elastomerici, che sono quelli caratterizzati dalle prestazioni più soddisfacenti e da maggiore durabilità, vi sono i siliconi (caratterizzati da durabilità e resistenza agli agenti chimici particolarmente soddisfacenti), i poliuretani e i polisolfuri. Tra quelli plastici vi sono gli acrilici e i sigillanti a base butilica, che possono essere estrusi in cantiere nelle forme desiderate, o utilizzati sotto forma di guarnizioni preformate33. 19 SERRAMENTI E VETRAZIONI SERRAMENTI E VETRAZIONI LA LASTRA DI VETRO 1.4.8 Vetrazioni innovative sperimentali Esistono altri tipi che non hanno ancora grande diffusione sul mercato, ma potrebbero divenire di uso più comune se si verificherà un abbassamento del loro costo. Si tratta delle vetrazioni multiple con vuoto interno e delle vetrazioni “intelligenti”: fotocromatiche, termocromatiche ed elettrocromatiche. Si sottolinea che, nel caso di alcune di queste soluzioni, il fatto che siano ancora “di nicchia” è anche dovuto a una non completa maturazione tecnologica. L’elevata prestazione delle vetrazioni multiple con vuoto interno è dovuta al fatto che il vuoto assoluto costituisce la situazione di minore conduttività esistente in natura. Il problema è che ottenere il vuoto assoluto tra le lastre è difficile: sia perché il vuoto assoluto creato all’interno di una cavità nell’atmosfera terrestre esercita una consistente suzione dell’aria esterna attraverso l’involucro, mettendo a seria prova la tenuta di questo all’aria (e/o all’acqua) sia perché la depressione interna alla cavità (originante la suzione) genera forti sollecitazioni meccaniche sulle pareti della cavità stessa (la pressione che spinge le lastre è quella atmosferica), tendenti a farla “implodere”. Ne deriva che tali vetrazioni incontrano notevoli problemi di produzione, così che tale tecnologia non possa, quindi, ancora considerarsi matura per il mercato, fuori dallo stato sperimentale34. La soluzione attualmente più seguita per fornire adeguata resistenza alle lastre è quella di impiegare lastre cellulari, di proprietà traslucide, composte da tante piccole cavità indipendenti e per questo, appunto, strutturalmente molto resistenti. La particolarità delle vetrazioni “intelligenti” è quella di potere essere regolate, o di potere autoregolarsi, al variare delle condizioni ambientali. Esse si classificano in fotocromatiche (nel caso in cui le loro proprietà di trasmissione luminosa, derivanti dalla loro colorazione, varino con l’intensità della luce), termocromatiche (nel caso in cui varino con la temperatura), elettrocromatiche (nel caso in cui siano modificabili attraverso l’applicazione di un leggero campo elettrico, di circa 1 o 2 volt. In questo modo le loro prestazioni possono essere controllate anche attraverso computer e/o per via telematica) ed elettrotermiche (nel caso in cui, sempre attraverso applicazione di campo elettrico, a potere essere regolato non sia solo il fattore di trasmissione luminosa, ma anche la trasmittanza termica)35. Un’importante conseguenza delle tecnologie per incrementare la resistenza termica dei sistemi di lastre di chiusura trasparente, degli spaziatori che le distanziano e dei telai è quello di aumentare la temperatura della faccia interna delle lastre in condizioni invernale e dunque di rendere più improbabile la condensazione del vapore sui vetri stessi e sui telai36. 1.5 SOLUZIONI INNOVATIVE RIGUARDANTI IL COMPORTAMENTO MECCANICO DELLE VETRAZIONI Importanti innovazioni tecnologiche influenti sulle proprietà meccaniche dei sistemi di chiusura trasparenti sono quelle, ben consolidate, dei vetri temprati, dei vetri induriti, dei vetri retinati, dei vetri stratificati, dei vetri profilati e dei vetri pressati (stampati). 20