Impianti di Climatizzazione e
Condizionamento
CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI:
GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
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1
GENERALITA’
Gli impianti sono realizzati con lo scopo di mantenere all’interno degli
ambienti confinati condizioni termoigrometriche adeguate alla loro
destinazione d’uso
Possono essere classificati in:
1 impianti di riscaldamento (controllo della temperatura dell
1.
dell’aria
aria in
condizioni invernali);
2 impianti
2.
i i ti di climatizzazione
li ti
i
(
(controllo
t ll della
d ll temperatura
t
t
d ll’ i in
dell’aria
i
condizioni sia invernali che estive);
3. impianti di condizionamento (controllo di temperatura, umidità
relativa, velocità e purezza dell’aria in condizioni sia invernali che
estive);
pp
autonomi ((controllo della temperatura
p
dell’aria in un
4. -apparecchi
numero limitato di locali, in condizioni sia invernali che estive).
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2
Impianti di riscaldamento e climatizzazione
Gli impianti di riscaldamento e climatizzazione hanno la stessa
configurazione di impianto ma nel secondo caso si invia nelle tubazioni e
negli elementi terminali alternativamente acqua calda o acqua refrigerata,
a seconda delle stagioni.
Il fluido termovettore è acqua, riscaldata o raffreddata in centrale e
quindi distribuita mediante pompe di circolazione e attraverso una
rete di tubazioni.
Gli elementi terminali nei singoli ambienti possono essere ventilconvettori
(fan - coils) o mobiletti ad induzione (nel caso di impianti di riscaldamento
possono essere impiegati anche i radiatori).
AUTONOMI
Impianti di climatizzazione
CENTRALIZZATI
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3
1. CENTRALIZZATI
1. Impianti centralizzati in condominiali: la caldaia è collocata in un
locale dedicato, chiamato centrale termica, da cui si snoda la rete;
2. Impianti per quartiere o comprensorio: teleriscaldamento con
acqua surriscaldata o vapore come fluido termovettore e scambiatori di
calore.
Vantaggi: rendimento globale più elevato rispetto a quelli
autonomi;
Svantaggi: la regolazione non può essere modellata secondo le
esigenze specifiche di ciascuna singola utenza
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4
1. Impianti centralizzati in condominiali
Si ha un generatore di calore che produce acqua calda ad una temperatura
inferiore a 100
100°C;
C; la rete di distribuzione dell
dell’acqua,
acqua, pertanto, non è in pressione.
I primi impianti realizzati erano quasi tutti a circolazione naturale; veniva sfruttata
q
dell'andata e l'acqua
q
del ritorno ai corpi
p
la differenza di densità fra l'acqua
scaldanti, dovuta alla differenza di temperatura che si produceva per la cessione
di calore nei corpi scaldanti stessi (radiatori).
Grazie alla silenziosità e affidabilità dei motori e delle pompe, la circolazione
dell’acqua avviene per mezzo di esse si parla dunque di circolazione forzata; l'acqua
circola fra la caldaia ed i corpi scaldanti mediante reti di tubazioni in acciaio
nero, in rame o in materiale plastico.
Le caratteristiche dimensionali e costruttive della centrale termica, sono regolate da
norme volte soprattutto a garantire la sicurezza.
sicurezza
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5
Sistemi di distribuzione del fluido termovettore
1. A colonne montanti
1. a sorgente
2. A cascata
2. Complanare:
p
1. Ad anello monotubo
2. Ad anello a due tubi
3. A collettori complanari
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6
Impianti centralizzati
Schema di impianto centralizzato a colonne montanti a sorgente.
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7
Impianti centralizzati
Schema di impianto centralizzato a colonne montanti a cascata ( combustibili come il
metano).
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8
Impianti ad anello monotubo
Dalla caldaia si
dipartono
verticalmente le
tubazioni di
mandata e di
ritorno dalle
ritorno,
quali, in
corrispondenza
p
di ogni piano e
per ogni zona
termica si
termica,
dirama una
tubazione di
mandata che si
chiude ad anello
su tutti gli
utilizzatori
Schema di impianto complanare monotubo con terminali in serie.
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9
Impianti ad anello monotubo: si tratta di una distribuzione sul perimetro della
superficie da scaldare
scaldare, in cui i corpi scaldanti sono posti in serie;
C tt i ti h
Caratteristiche
- la lunghezza delle tubazioni è ridotta e si ha una maggiore garanzia sulla
tenuta;
- l’ultimo radiatore di ciascuna zona è il più sfavorito in quanto la differenza
tra la temperatura media dell’acqua e quella dell’aria è più bassa;
pe a
avere
e e la
a sstessa
essa resa,
esa, occo
occorre
e au
aumentare
e a e la
a supe
superficie
ced
di sca
scambio
bo
-per
termico.
-Se
Se si chiude un radiatore
radiatore, si blocca il flusso anche agli altri (risolto con un by
bypass).
1.Per la regolazione si impiegano valvole a quattro vie, questo sistema viene
utilizzato dove gli altri risultano troppo costosi, ad esempio per riscaldare locali
molto ampi.
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10
Impianti ad anello a due tubi: consente un minor impiego di tubazioni senza precludere
la possibilità di regolare il singolo terminale; consiste nel servire in serie e parallelo
con due tubi i diversi terminali, che prendono il fluido dal tubo di mandata e lo
scaricano su q
quello di ritorno.
Il ritorno di un terminale non va quindi a quelli successivi.
: Schema di impianto a due tubi a ritorno semplice.
−Le portate sono diverse nelle diverse zone di distribuzione; ad ogni uscita verso
un terminale, la portata diminuisce nel tubo di mandata, che verrà quindi
dimensionato con diametri decrescenti, in modo da avere perdite di carico costanti
per unità di lunghezza.
−L
L’ultimo
ultimo terminale sarà soggetto a perdite molto più alte del primo,
primo per la
maggior lunghezza dei tubi di mandata e ritorno.
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11
−Se l’impianto è molto lungo, con il ritorno inverso tutti i terminali sono
soggetti a perdite di carico simili, anche se a livello impiantistico occorre
utilizzare una tubazione di ritorno più lunga.
Schema di impianto a due tubi a ritorno inverso.
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Impianti a collettori complanari
I terminali sono dimensionati in base alla ripartizione del carico termico nei
diversi
ambienti
e
la
distribuzione
dell’acqua
calda
avviene
indipendentemente per ciascun radiatore.
Dal collettore partono tanti tubi quanti sono gli elementi terminali (uno per
la mandata e uno per il ritorno); si tratta di tubi di diametro molto
piccolo,, in g
p
genere <16 mm,, in rame, senza p
pezzi speciali;
p
sono installati
stendendoli sul massetto e proteggendoli dallo schiacciamento.
Per limitare lo sviluppo dei circuiti interni, è solitamente consigliabile
disporre i collettori in zona baricentrica rispetto ai terminali da servire.
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13
Impianti a collettori complanari
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14
• Gli impianti a sorgente e a cascata,
cascata sono abbandonati; ciò è dovuto al
fatto che, per molti aspetti, non rispondono alle nuove normative.
• Infatti esse richiedono che la tariffazione sia individuale, valutata in
relazione alle calorie effettivamente consumate dal singolo utente;
occorre pertanto individuare,
individuare relativamente a ciascuna unità immobiliare,
immobiliare
la portata d’acqua e le temperature di ingresso e di uscita.
• In un impianto a sorgente o a cascata tutto ciò risulta complesso, in
quanto occorrerebbe inserire un contacalorie per ciascun radiatore ed un
totalizzatore; nei sistemi ad anello o a collettori complanari,
complanari invece,
invece è
sufficiente un contacalorie per ogni anello o collettore, cioè per ogni unità
immobiliare.
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15
Impianti di teleriscaldamento
Gli impianti di teleriscaldamento sono costituiti da una centrale di
produzione del calore, con il fluido termovettore immesso in una rete di
distribuzione in grado di servire uno o più quartieri cittadini.
Il fluido può essere vapore o acqua surriscaldata, in fase liquida, alla
t
temperatura
t
di circa
i
130 °C.
°C
In corrispondenza dei singoli edifici serviti la rete si immette nella centrale
termica dove uno scambiatore di calore alimenta l’impianto dell’edificio
termica,
dell’edificio,
con un sistema di distribuzione simile a quelli descritti in precedenza.
Un impianto di teleriscaldamento può servire anche edifici esistenti,
sostituendo il generatore di calore con uno scambiatore di calore
calore.
Vantaggi: possibilità di allontanare dall’interno
dall interno degli agglomerati urbani le
emissioni dei prodotti della combustione;
ottenere un consistente risparmio energetico, grazie agli elevati valori del
rendimento dei generatori di calore di grandi dimensioni.
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2.IMPIANTI AUTONOMI
• Ogni utenza è servita da un generatore di calore, con una taglia media di circa 35
kW termici. La grande diffusione degli impianti autonomi è stata determinata dalla
possibilità di farli funzionare secondo le esigenze dell
dell’utente;
utente; il rendimento globale è
più basso rispetto agli impianti centralizzati con maggiori costi di esercizio.
• La distribuzione dell
dell'acqua
acqua calda avviene con le stesse modalità viste per gli
impianti centralizzati.
• Nell’ambito
N ll’ bit degli
d li impianti
i i ti autonomi
t
i sii possono citare
it
i radiatori
di t i a gas, elementi
l
ti
che hanno la forma di un ventilconvettore ed ognuno dei quali possiede un
bruciatore. I vantaggi di questi impianti sono il fatto che il collegamento tra gli
elementi terminali è costituito da un tubo di piccolissime dimensioni, non esistono
problemi di congelamento e l’impianto può essere parzializzato.
• Si tratta di impianti a convezione forzata tra i fumi della combustione del gas e
l’aria, che presentano un fattore di scambio molto elevato, pertanto il tempo di
messa a regime è ridotto.
• Tra gli svantaggi dei radiatori a gas occorre ricordare che si ha la presenza di
numerose fiamme ed altrettanti scarichi in un appartamento; si hanno inoltre molte
probabilità di guasti e occorre un’adeguata manutenzione, soprattutto nel controllare
glili scarichi.
i hi
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17
CRITERI DI PROGETTO PER IMPIANTI DI
RISCALDAMENTO
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18
DEFINIZIONE
U impianto
Un
i i t di riscaldamento
i
ld
t è quell complesso
l
di elementi
l
ti e di
apparecchiature atti a realizzare e mantenere in determinati ambienti
valori della temperatura maggiori di quelli esterni.
Consentono di controllare solo la temperatura dell’aria nell’ambiente
riscaldato;; non sono controllate l’umidità relativa ((che tende a diminuire
all’aumentare della temperatura dell’aria), la temperatura media radiante
(anche se,
se col passare del tempo,
tempo la differenza
differen a di temperatura
temperat ra tra le pareti
e l’aria tende a diventare trascurabile) e la velocità dell’aria.
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19
COMPONENTI PRINCIPALI:
• elementi terminali o corpi scaldanti;
• rete di distribuzione dell’acqua
q calda;;
• vaso di espansione;
pompa
p di circolazione;
•p
• generatore di calore.
L’acqua presente nella rete di distribuzione circola, per mezzo di una pompa, all’interno
del generatore di calore, dove viene scaldata ed inviata agli elementi terminali che
scambiano calore con l’aria ambiente, mantenendone la temperatura al valore di
progetto.
Il vaso di espansione presente nel circuito serve ad assorbire le dilatazioni
termiche dell
dell’acqua
acqua dalle condizioni di volume minimo,
minimo ad impianto spento,
spento a quelle
di volume massimo, ad impianto acceso.
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20
ELEMENTI TERMINALI
Hanno il compito
p
di fornire all’ambiente da riscaldare l’energia
g
termica necessaria a soddisfare il carico termico.
g impianti
p
di riscaldamento i tipi
p di elementi terminali sono:
Negli
ƒ radiatori;
ventilconvettori;
ƒventilconvettori;
ƒpannelli radianti.
Radiatori
I radiatori sono ancora gli elementi terminali più diffusi; sono
alimentati quasi esclusivamente ad acqua calda, con una
temperatura di ingresso di circa 75÷85
75÷85°C
C.
I radiatori scambiano calore principalmente per irraggiamento ed in
misura
i
minore
i
per convezione.
i
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21
Radiatori
L’installazione ottimale è sotto le finestre o lungo le pareti esterne.
Vantaggi:
gg
−buone condizioni di benessere termoigrometrico, limitando il
fenomeno dell
dell’asimmetria
asimmetria radiante,
radiante bilanciando il flusso termico
verso superfici fredde (le finestre);
−si contrastano gli effetti delle correnti che si formano in prossimità
delle superfici fredde (finestre o pareti esterne) sfruttando le stesse
correnti per aumentare lo scambio termico per convezione;
−si sfrutta lo spazio disponibile sotto le finestre, dove di solito non
sono collocati altri complementi di arredo.
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22
Radiatori
Svantaggi:
gg
presenza di superfici radianti a temperatura diversa da quella
queste p
possono dar luogo
g anche alla combustione del
dell’aria: q
pulviscolo per effetto delle elevate temperature con conseguente
annerimento della parete al di sopra del radiatore.
radiatore
In base al materiale con cui sono costruiti possono essere classificati
nei seguenti tipi: in ghisa, in acciaio, in alluminio.
GHISA
Modulari con elementi a colonne o piastre di conseguenza si possono
realizzare corpi
p scaldanti di p
potenzialità adeguata
g
alle esigenze
g
dell’ambiente in cui devono essere installati; resistenti alla corrosione con
una vita utile molto lunga.
S
Sono
molto
lt pesanti
ti e hanno
h
un’elevata
’ l
t inerzia
i
i termica:
t
i
d un lato,
da
l t
l’ambiente si mantiene caldo per un certo periodo di tempo dopo lo
spegnimento
p g
dell’impianto,
p
, dall’altro,, la temperatura
p
interna dell’ambiente si
porta a regime con un ritardo superiore rispetto al caso in cui si impieghino
radiatori in acciaio o alluminio.
23
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Disegno schematico di un radiatore in ghisa.
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24
Radiatori
ACCIAIO
Sono costituiti da elementi saldati (piastre, lamelle, colonne), pertanto
non
sono
componibili
ma
le
proprietà
meccaniche
dell’acciaio
dell
acciaio
permettono la realizzazione di radiatori di forme e dimensioni tali da
risultare più leggeri e meno costosi rispetto a quelli in ghisa.
Lo svantaggio principale è che sono soggetti a corrosione pertanto
hanno una vita utile più breve rispetto a quelli in ghisa.
ALLUMINIO
Si caratterizzano per la leggerezza e la resistenza alle corrosioni esterne;
sono costituiti da elementi componibili realizzati per estrusione o
pressofusione e assemblati tramite nipples.
Sono leggermente più costosi rispetto ai radiatori in acciaio e possono
essere soggetti a corrosioni interne nel caso in cui l’acqua sia troppo
addolcita; hanno un’inerzia termica molto bassa.
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25
Ventilconvettori
S
Sono
costituiti
tit iti da
d un carter
t metallico
t lli
contenente
t
t un filtro,
filt
una
batteria alettata rame-alluminio e un ventilatore a più velocità.
Normalmente la struttura esterna è di forma p
parallelepipeda
pp
e
provvista di due aperture: una in basso per l'ingresso dell'aria da
riscaldare ed una in alto per la fuoriuscita dell
dell'aria
aria calda.
calda
Se è presente un sistema per la raccolta della condensa, il
ventilconvettore
til
tt
può
ò essere impiegato
i i
t anche
h per il raffrescamento.
ff
t
Sono commercializzati nel modello verticale (a pavimento) e nel
modello orizzontale ((a soffitto),
), con o senza mobiletto.
Possono funzionare a tutt’aria di ricircolo oppure mediante una
serrandina che consente ll'immissione
immissione di aria esterna,
esterna fino ad un
30% circa della portata totale.
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26
Schema costruttivo di un ventilconvettore.
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27
Ventilconvettori ed areotermi
Il flusso d’aria, spinto dal ventilatore, investe la batteria alettata
per convezione
riscaldandosi ((o raffreddandosi nel caso estivo)) p
forzata. La potenza termica qc scambiata è pari a:
(
qc = S ⋅ h c ⋅ TH2O − Ta
)
dove:
qc = potenza
t
t
termica
i scambiata
bi t (W);
(W)
S = superficie di scambio termico (m2);
hc = coefficiente
ffi i
globale
l b l di scambio
bi termico
i per convezione
i
(W/m2K);
TH2O = temperatura media dell’acqua all’interno della batteria (K);
Ta = temperatura dell’aria all’ingresso al ventilconvettore (K).
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28
Ventilconvettori
Lavorano con temperature dell
dell’acqua
acqua inferiori rispetto ai radiatori,
radiatori
dell’ordine di 40-60 °C.
Vantaggi:
• possono essere alimentati con acqua calda dai collettori solari;
• le perdite di calore lungo la rete di distribuzione sono più basse;
• non si ha formazione di zone nere sulla superficie della parete;
• possono essere impiegati per il raffrescamento estivo;
• a volte
lt sono meno costosi
t i rispetto
i
tt aii radiatori.
di t i
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29
Aerotermi
Si b
basano sullo
ll stesso
t
principio
i i i di ffunzionamento
i
t d
deii ventilconvettori,
til
tt i
ma hanno minore capacità di regolazione.
Sono costituiti da batterie di tubi alettati attraversate da flussi di
aria mossi da ventilatori.
Caratteristiche: basso costo, molto rumorosi ed elevate potenzialità.
a)
b)
Schema costruttivo di un aerotermo a proiezione orizzontale (a) e verticale (b).
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30
Pannelli radianti
Sono superfici molto estese che scambiano calore per irraggiamento;
possono essere realizzati
li
ti come parte
t integrante
i t
t delle
d ll strutture
t tt
oppure
costruiti separatamente e poi installati nell’ambiente da riscaldare.
Nel p
primo caso si tratta di soluzioni in cui il corpo
p scaldante è p
parte
dello stesso circuito di distribuzione del fluido termovettore; infatti le
parti terminali delle tubazioni del circuito sono annegate nella
struttura del pavimento, delle pareti o del soffitto, e cedono calore
per radiazione
di i
alle
ll pareti
ti affacciate
ff
i t sull locale
l
l riscaldato.
i
ld t
Tra questi i più comuni sono gli impianti a pavimento radiante, con
tubazioni in materiale plastico poste al di sopra di uno strato di materiale
isolante e ricoperte
p
dal massetto e dal p
pavimento.
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31
Esempio di pannello radiante a pavimento.
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32
Pannelli radianti
Devono essere alimentati con acqua a temperature di 28-35
28 35 °C; a
temperature superiori i pannelli procurano sensazioni di malessere.
Vantaggi:
•buone condizioni di benessere, evitano la formazione di discontinuità e
disuniformità di temperatura;
• non formano correnti d’aria;
• evitano la combustione del pulviscolo atmosferico;
• sono abbinabili a tecnologie per il risparmio energetico (collettori solari,
caldaie a condensazione,, ecc.);
);
• assenza di elementi terminali.
Svantaggi:
• costosi;
• personale
l specializzato
i li
t per l’i
l’installazione;
t ll i
• in caso di guasto occorre rimuovere il pavimento per la riparazione.
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33
Pannelli radianti
Se impiegati per il raffrescamento estivo,
estivo devono essere accompagnati da un
sensore anticondensa che controlli la temperatura superficiale del
pavimento,
i
t
f
facendo
d in
i modo
d che
h sii mantenga
t
sempre superiore
i
alla
ll
temperatura di rugiada dell’aria ambiente.
I pannelli indipendenti dalle strutture sono costituiti da griglie di
tubi sulle quali sono saldate inferiormente piastre metalliche e
superiormente sono posti degli strati di materiale isolante per
evitare la dispersione termica verso il soffitto.
Sono installati in ambienti ampi
ampi, dove è necessario creare zone a
temperatura diversificata (capannoni, officine, saloni espositivi).
Sono
So
oa
alimentati
e tat co
con fluidi
u d molto
o to ca
caldi,
d , acqua a 80
80÷90
90 °C
C o fumi
u
caldi a temperature di 150÷180 °C: sono posizionati in
corrispondenza di soffitti alti (altezza superiore ai 4÷5 m),
m) così
da evitare che possano verificarsi contatti accidentali.
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34
Esempio di pannello radiante a soffitto (Temperierung).
(Temperierung)
In genere sono corpi scaldanti molto rudimentali, poco costosi e presentano il
vantaggio di riuscire ad emettere un’elevata
un elevata potenza termica per unità di
superficie; inoltre, poiché lo scambio termico avviene per irraggiamento, grazie
alla loro conformazione è possibile concentrare la potenza termica emessa in
zone ben
b d
definite,
fi it controllando
t ll d più
iù che
h lla ttemperatura
t
d
dell’aria,
ll’ i glili scambi
bi radiativi
di ti i
col soggetto e garantendo comunque un benessere termico.
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35
Andamento verticale della temperatura con diverse tipologie di elementi terminali.
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36
DIMENSIONAMENTO
Il dimensionamento degli elementi terminali è sviluppato con ll’ausilio
ausilio
dei cataloghi delle ditte produttrici dove sono riportati i dati
necessari ai calcoli: potenza termica sviluppata,
sviluppata perdite di carico
imputabili all’elemento, portata del fluido termovettore, temperature
d’esercizio.
Conoscendo le dimensioni del locale servito e calcolando il contributo
dei diversi
di ersi carichi termici,
termici è possibile ottenere una
na prima stima sulla
s lla
potenza termica richiesta in ambiente.
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37
DIMENSIONAMENTO
Nelle schede tecniche degli elementi terminali fornite dai costruttori, in base
alle
ll caratteristiche
tt i ti h di potenza
t
prossime
i
alle
ll esigenze
i
d l locale,
del
l
l sii individua
i di id
preliminarmente la tipologia di corpo scaldante:
- per i radiatori sono fornite le potenze termiche rese da ciascun
elemento, pertanto si determina il numero di elementi dividendo la potenza
richiesta per la potenza di ciascun elemento e arrotondando all
all’intero
intero
superiore; le rese sono riferite a valori stabiliti del ∆T tra acqua nel
radiatore e aria ambiente e p
possono essere appositamente
pp
corretti p
per
valori diversi;
− per i ventilconvettori sono fornite la potenza termica e frigorifera
globalmente rese da diversi modelli nelle diverse taglie,
taglie basta selezionare
il modello di taglia pari (se disponibile) o appena superiore a quella
richiesta in ambiente;;
− per i pannelli radianti sono fornite le potenze termiche rese per unità di
superficie al variare del diametro e dell’interasse delle tubazioni, è
sufficiente individuare e selezionare la configurazione la cui potenza,
potenza
moltiplicata per la superficie dell’ambiente, fornisce la potenza richiesta.
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38
DIMENSIONAMENTO
Per il dimensionamento dell’elemento si considera la potenza termica
nominale riferita alla differenza tra la temperatura media dell’acqua
nell’elemento terminale e la temperatura ambiente (∆T); ∆T è un valore
fissato, pari a 50°C, ma lo si può ottenere anche mediando il valore di
temperatura dell’acqua in ingresso e quello in uscita dall’elemento
terminale (ad esempio per i radiatori TH20 in = 85 °C; TH20 out = 75 °C; TH20
media = 80°C; Ta = 20 °C, ∆T = 60 °C).
Per ΔT diversi da quello di riferimento, la potenza dell’elemento (Q) si ricava
mediante la relazione seguente:
Q = K m ⋅ ΔT n
dove Km [W/°C] e n sono coefficienti il cui valore è tabulato nei dati tecnici
del singolo modello.
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39
DIMENSIONAMENTO
Noto il carico termico Q del locale e determinato il ΔT, si calcola la portata
di fluido necessaria ad alimentare il corpo scaldante mediante la seguente
relazione:
g=
dove:
g
=
Q
=
γH2O =
ρH2O =
∆TH2O=
Q
γ H2O ⋅ ρH2O ⋅ ΔTH2O
(m3/s)
p
portata
di acqua
q ((m3/s);
);
potenza termica richiesta in ambiente (kW);
calore specifico
p
dell’acqua,
q
((kJ/kg
g °C);
)
densità dell’acqua, (kg/m3);
differenza tra la temperatura dell’acqua in ingresso e in uscita
dall’elemento scaldante (°C) (5 ÷ 20 °C).
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40
DIMENSIONAMENTO
La potenza termica Q in realtà deve essere corretta calcolando il
cosiddetto fattore di resa di ogni corpo scaldante,
scaldante in base alle diverse
tipologie.
La potenza termica scambiata effettivamente con ll’ambiente
ambiente nelle
condizioni di funzionamento può essere infatti calcolata mediante la
seg ente relazione:
seguente
rela ione
Q eff = Q nom ⋅ F
dove:
Qeff=
potenza termica effettiva ((W);
p
)
Qnom= potenza termica nominale (W);
F =fattore correttivo g
globale ((adimensionale).
)
Il fattore correttivo computa in sé una serie di contributi identificabili in diverse
relazioni, a seconda che ci si trovi a dimensionare radiatori, ventilconvettori o
aerotermi.
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41
RETE DI DISTRIBUZIONE
Ip
principali
p fluidi termovettori impiegati
p g nella distribuzione del calore
sono acqua e aria; l’acqua presenta dei vantaggi che ne fanno
generalmente il vettore p
g
preferito a tale scopo:
p
ha un calore
specifico superiore di quattro volte rispetto a quello dell’aria (γH2O =
4 186 kJ/kg K,
4.186
K γa = 1.004
1 004 kJ/kg K) e ha un coefficiente di
convezione più elevato.
Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Sono generalmente realizzate in rame, acciaio o plastica.
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Vantaggi del rame: marcata manovrabilità e lavorabilità (piegatura a
mano) e la possibilità di trovare in commercio anche tubi con diametri
ridotti Sono impiegate quasi esclusivamente laddove sono necessari
ridotti.
piccoli diametri delle tubazioni (inferiori a 20 mm).
La possibilità di adattare le tubazioni in rame alle esigenze
pezzi speciali;
p
; q
quando
dell’edificio consente una riduzione dei p
necessari, i raccordi sono realizzati in bronzo, per poi essere saldati
all rame mediante
di t brasatura
b
t
Svantaggi: soprattutto negli ultimi anni il costo ha subito un
innalzamento considerevole,, (p
(possibilità di riciclo della materia p
prima).
)
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Per le tubazioni di diametro superiore a 20 mm in genere si usa
ll’acciaio,
acciaio, per il quale risulta più agevole la realizzazione di pezzi
speciali.
T i diversi
Tra
di
i tipi
ti i di acciaio,
i i quello
ll senza saldature
ld t
è da
d ritenersi
it
i il
migliore a scopi impiantistici; per curve, angoli, raccordi, sono in
commercio appositi pezzi speciali da installarsi con filettatura
(richiusa con teflon) o saldatura.
saldatura
Per il dimensionamento delle tubazioni si ricorre a diagrammi che
legano le portate e le perdite di carico alla velocità e al diametro
delle tubazioni.
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Per ottenere il massimo trasferimento di energia termica con il
minimo diametro, si aumenta la velocità: come conseguenza
a mentano le perdite di carico e la pre
aumentano
prevalenza
alen a richiesta alla pompa
pompa.
Si cerca pertanto una soluzione in grado di ottimizzare le opposte
esigenze e, lavorando a favore di sicurezza, nella pratica impiantistica
si impiegano come dati di ingresso al diagramma i seguenti:
perdite di carico inferiori a 150 Pa/m;
velocità inferiori a 1 ÷ 1.5 m/s.
Per portate <10 m3/h si predilige come parametro la perdita di
carico; oltre tale valore si usa la velocità
velocità.
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a)
b)
Diagramma portata - perdite di carico per tubazioni in acciaio a), in rame b).
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Una volta determinata la portata “g” si entra in un diagramma
del tipo di quelli appena visti; a seconda della tipologia di
tubazione e assegnando il valore della perdita di carico o di portata
si determinano il diametro equivalente e la velocità.
velocità
Note le quattro grandezze per ogni tratto di tubazione, il circuito è
dimensionato; il calcolo della perdita di carico totale, necessario
al dimensionamento della pompa, si effettua individuando il
circuito più sfavorito ed impiegando la relazione:
n
R d = ∑ L i ⋅ R di
(Pa)
i=1
in cui:
Rd = perdita di carico distribuita del circuito più sfavorito (Pa);
Li
= lunghezza del tratto i-esimo del circuito più sfavorito (m);
Rdi = perdita di carico per unità di lunghezza del tratto i-esimo del circuito
più sfavorito (Pa/m).
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
Le perdite di carico concentrate sono dovute ad irregolarità
presentiti all’interno
ll’i t
d ll tubazione,
della
t b i
che
h causano una riduzione
id i
d l
del
carico. Irregolarità tipiche sono: brusche variazioni di sezione,
curve, gomiti, giunzioni, valvole e in generale la presenza di
qualunque apparecchiatura attraversata dal fluido.
fluido
Le perdite di carico concentrate si trovano tabulate in abachi e
possono essere fornite sia direttamente, come caduta di pressione,
sia come lunghezza equivalente Leqq.
Lunghezza di un tratto di tubazione lungo cui si ha perdita di
carico distribuita uguale a quella prodotta dalla discontinuità in
esame.
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Diametro tubazione
(in pollici)
Gomito a 90°
Curva a 90°
Curva a 180°
Cambi di
direzione
½
0 48
0.48
0 30
0.30
0 76
0.76
0 91
0.91
¾
0.61
0.42
0.98
1.2
1
0.79
0.51
1.2
1.5
1¼
1.0
0.70
1.7
2.1
1½
1.2
0.80
1.9
2.4
2
1.5
1.0
2.5
3.0
2½
1.8
1.2
3.0
3.6
3
2.3
1.5
3.6
4.6
3½
2.7
1.8
4.6
5.4
4
3.0
2.0
5.1
6.4
5
4.0
2.5
6.4
7.6
6
4.9
3.0
7.6
9.1
8
6.1
4.0
10.4
10.7
10
77
7.7
49
4.9
12 8
12.8
15 2
15.2
12
9.1
5.8
15.3
18.3
14
10.4
7.0
16.8
20.7
16
11.6
7.9
18.9
23.8
18
12.8
8.8
21.4
26.0
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Tubazioni: tipologie e dimensionamento
La perdita di carico concentrata totale del tratto più sfavorito è data da
n
Rc = ∑ L eqi ⋅ Ri
(Pa)
i =1
in cui:
cu
Rc = perdite di carico concentrate del circuito più sfavorito;
Leqi = lunghezza equivalente dell’i-esima discontinuità presente nel
t tt
tratto
più
iù sfavorito
f
it (m);
( )
Ri = perdita di carico per unità di lunghezza del tratto i-esimo sul quale si
ttrova
o a la
ad
discontinuità
sco t u tà in esa
esame
e ((Pa/m).
a/ )
La perdita di carico totale del circuito si determina infine sommando le
perdite di carico ripartite e quelle concentrate:
R tot = R d + R c (Pa)
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Collettori: tipologie e dimensionamento
I collettori sono tratti di condotto che servono a distribuire e a
raccogliere i fluidi di più circuiti.
Si distinguono in collettori di zona e collettori principali.
Per il dimensionamento non esistono formule
generali, poiché entrano in gioco numerosi
fattori; è bene prevedere sezioni abbondanti
delle tubazioni che si raccordano: sezioni
eccessivamente
provocare
piccole
ripartizioni
di
potrebbero
fluido
non
omogenee.
Schema di un collettore di distribuzione
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Collettori: tipologie e dimensionamento
I collettori
ll tt i di zona sono collettori
ll tt i interni
i t i che
h collegano
ll
l rete
la
t principale
i i l di
distribuzione ai vari elementi terminali.
Sono realizzati in ottone,
ottone ma esistono anche in rame o in lega di alluminio
e sono a loro volta suddivisi in:
1 ciechi: con un
1.
un’estremità
estremità chiusa e ll’altra
altra predisposta per ll’attacco
attacco delle
tubazioni; hanno un numero variabile di derivazioni maschio/femmina con
cui raccordare gli elementi terminali;
2. semplici: hanno entrambe le estremità aperte hanno un diverso numero
di derivazioni maschio/femmina per il raccordo agli elementi terminali;
3. complanari (verticali o orizzontali): costituiti da un doppio condotto
ciascuno con il p
proprio
p
asse g
giacente sullo stesso p
piano dell’altro;; da
ciascun condotto si diramano un numero variabile di derivazioni
maschio/femmina p
per il raccordo agli
g elementi terminali;;
4. con valvole di intercettazione: stesse caratteristiche dei collettori
semplici, ma ciascuna derivazione è dotata di una valvola per la
regolazione del flusso.
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Collettori: tipologie e dimensionamento
I collettori principali sono detti anche di centrale, perché sono installati
soprattutto nelle centrali termiche e frigorifere.
frigorifere
Possono essere:
1. a condotti indipendenti: il fluido caldo e il fluido freddo scorrono in tubi
diversi;
2. a condotti coassiali: il fluido caldo e il fluido freddo scorrono in uno
stesso tubo, opportunamente separati ed isolati;
3. con attacchi centrali: i tubi di alimentazione del fluido termovettore
provenienti dal g
p
generatore sono raccordati ortogonalmente
g
rispetto
p
all’asse del collettore;
4. con attacchi laterali: i tubi di alimentazione del fluido termovettore
sono raccordati longitudinalmente rispetto all’asse del collettore.
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Vaso di espansione: tipologie e dimensionamento
Nelle reti di distribuzione dell’acqua calda è necessario inserire un vaso di
espansione, un dispositivo che serve ad assorbire la variazione di volume
dell'acqua causata dall'aumento di temperatura, permettendo il corretto
funzionamento di un impianto di riscaldamento in tutte le sue fasi operative
ed evitando sovrapressioni che potrebbero danneggiare l’impianto stesso.
Il D.M. 1-12-1975 e le norme ISPESL raccolta R 82 prevedono per il
calcolo del volume del vaso di espansione l’uso della seguente relazione:
Vv =
V0 ⋅ (e − e0 )
1 − (PI / PF )
(m3 )
Vv = volume del vaso di espansione (litri);
V0 = contenuto di acqua nell
nell’impianto
impianto (litri);
e = coefficiente di espansione dell’acqua alla temperatura finale;
e0 = coefficiente di espansione dell’acqua alla temperatura iniziale;
PI = pressione
i
assoluta
l t di carica
i vaso (bar);
(b )
PF = pressione assoluta massima di esercizio del vaso (bar).
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Vaso di espansione: tipologie e dimensionamento
• I valori di e ed e0 sono tabulati,
• PF è data dalla somma algebrica di due termini,
termini la pressione di taratura
della valvola di sicurezza (PVS) e la pressione corrispondente al
dislivello tra vaso di espansione e valvola di sicurezza (PΔH).
(
)
Ad esempio: sottoponendo l’acqua ad un ΔT = 70°C, si osserva un
aumento di volume di circa il 3%.
Il dimensionamento del vaso di espansione si determina considerando il
volume totale di acqua presente nell’impianto (tubazioni, caldaia,
elementi terminali) e applicando al valore ottenuto dalla percentuale
un’ulteriore maggiorazione, come fattore cautelativo.
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Vaso di espansione: tipologie e dimensionamento
P i i
Posizionamento
1 Nel punto più alto dell
1.
dell’impianto
impianto (vaso aperto),
aperto) in cui ll’acqua
acqua arriva
attraverso un tubo di sicurezza. Il vaso deve avere una capacità utile
non inferiore al volume di espansione dell’acqua ed essere dotato di
una protezione
i
contro il gelo,
l un tubo
b di sfogo
f
e uno di troppo pieno.
i
Si
tratta di sistemi ultimamente abbandonati, anche se il loro impiego è
ancora obbligatorio in impianti che bruciano combustibili solidi;
Vantaggi: facilità di installazione.
Svantaggi: difficoltà nell’ispezionabilità per interventi di manutenzione
ordinaria
di i e straordinaria.
di i
2 Nel locale caldaia (vaso chiuso),
2.
chiuso) in cui ll’espansione
espansione avviene a
pressione maggiore di quella atmosferica. E’ realizzato con una
membrana che funge da ammortizzatore.
V
Vantaggi:
i facilmente
f il
accessibile
ibil risulta
i l conveniente
i
d un punto di
da
vista economico e i materiali di cui sono costituite le membrane
garantiscono una buona resistenza nel tempo
Svantaggi: presenza di un elemento in pressione
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Vaso di espansione: tipologie e dimensionamento
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Pompe di circolazione: tipologie e dimensionamento
Gli impianti a circolazione naturale, nei quali il movimento dell’acqua è
causato dalle differenze di temperatura,
temperatura sono ormai in disuso da anni,
anni a
per la maggiore complessità e per i vincoli sempre più stringenti in materia
di risparmio energetico e tutela dell
dell’ambiente
ambiente.
Gli impianti attualmente in uso sono tutti a circolazione forzata, effettuata
mediante pompe.
pompe Trattandosi di sistemi chiusi,
chiusi l’acqua circolante rimane
sempre la stessa, a parte le perdite che si hanno nelle giunzioni.
Vantaggi: flusso d'acqua più veloce, con conseguente risparmio di
combustibile per la produzione di calore; possibilità di alimentare radiatori
posti anche alla stessa quota della caldaia o addirittura inferiore.
Le pompe di circolazione assolvono la funzione di vincere le perdite di carico
ripartite e localizzate: in genere si tratta di elettropompe, ossia macchine
che sfruttano ll’energia
energia meccanica fornita da un motore elettrico per sollevare
o far circolare il fluido.
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Pompe di circolazione: tipologie
In base alle caratteristiche costruttive o alla modalità con cui trasmettono
energia all’acqua,
all’acqua le pompe si distinguono in:
1. p
pompe
p volumetriche: sfruttano la variazione di volume in una camera
per provocare la spinta sul fluido.
2 pompe centrifughe: il fluido viene messo in rotazione da una girante,
2.
girante
aspirato assialmente e rinviato in direzione periferica all’estremità delle
pale
l della
d ll girante
i t stessa.
t
3. pompe ad elica, o assiali: sono costituite da un’elica calettata su un
albero, che imprime una spinta al fluido che viene aspirato e rinviato
sullo stesso asse.
Negli
g impianti
p
di riscaldamento,, la tipologia
p g centrifuga
g è q
quella p
più
impiegata.
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Pompe di circolazione: tipologie e dimensionamento
Una pompa è caratterizzata da due parametri: portata e prevalenza.
pompa
p è effettuata in base alla curva caratteristica
La scelta della p
portata/prevalenza.
La p
portata si determina a p
partire dal fabbisogno
g energetico
g
dell’edificio e dal
salto termico fra le temperature in ingresso e in uscita dell’acqua:
Q = g⋅ γ ⋅ρ⋅ Δ
ΔT
T
in cui:
Q = carico termico dell’utenza, per mantenere la temperatura alle
condizioni di p
progetto
g
((W);
);
g = portata d’acqua (m3/h);
γ = calore specifico dell’acqua (J/kg °C);
ρ = densità dell’acqua (kg/m3);
ΔT = differenza tra la temperatura all’uscita e quella in ingresso alla
caldaia (°C).
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Pompe di circolazione: dimensionamento
Determinata la portata, si passa allo studio del circuito individuando le
diverse perdite di carico e la prevalenza necessaria a vincerle.
vincerle
O i circuito
Ogni
i it ha
h una curva caratteristica,
tt i ti
l
legata
t alla
ll sua conformazione
f
i
e
alle singolarità: poiché le perdite di carico sono proporzionali al quadrato
della velocità, la curva può essere riportata in un diagramma g/H, in cui
dall’intersezione della curva caratteristica del circuito e di quella della pompa
è possibile individuare il punto di funzionamento.
Dopo aver determinato le coordinate del punto di funzionamento, occorre
prestare attenzione al fatto che esso ricada nella parte centrale della curva
caratteristica, affinché il funzionamento sia ottimale, con rendimenti elevati
delle pompe.
pompe
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Curve
caratteristiche
di
una pompa e di un
circuito e punti di
funzionamento.
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Portate maggiori
Elettropompe in parallelo
Aumentare la prevalenza
Elettropompe
p p in serie
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Pompe di circolazione: tipologie e dimensionamento
La potenza assorbita da una pompa dipende dalle caratteristiche di lavoro
della stessa; noto il rendimento (η), la potenza può essere determinata
mediante la seguente relazione:
ρ ⋅ g⋅H
P=
367.2 ⋅ η
((kW))
in cui:
P
= potenza assorbita dalla pompa (kW);
ρ
= densità del fluido di lavoro (kg/m3);
g
= portata (m3/h);
H
= prevalenza (m c.a.);
367.2
= coefficiente numerico di conversione che ingloba la costante di
accelerazione universale;
η
= rendimento.
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