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SCLEROSI MULTIPLA
La sclerosi multipla è una malattia neurologica infiammatoria cronica, demielinizzante, autoimmune e progressivamente invalidante: colpisce il sistema nervoso centrale di cui le parti più
colpite sono il cervello e il midollo spinale. Fra le malattie di origine neurologica, la sclerosi
multipla è quella che provoca il maggior numero di disabili, è una frequente causa di disabilità
acuta e cronica in persone di giovane e media età. Generalmente si manifesta per la prima volta tra i
15 e i 50 anni con una massima incidenza in giovani adulti, colpendo due volte più le donne che gli
uomini.
Essa è dovuta alla nascita spontanea e acuta di circoscritti focolai infiammatori (placche) in cui il
sistema immunitario promuove un attacco (reazione autoimmune) verso una proteina (mielina) del
sistema nervoso centrale. L'infiammazione acuta rallenta la trasmissione degli impulsi elettrici
lungo le connessioni nervose, preservandone comunque la struttura. Nei primi anni della malattia
l'infiammazione spesso regredisce spontaneamente, con un conseguente miglioramento o una
remissione completa dei sintomi. Per questa dinamica la forma clinica più frequente è quella a
'ricadute e remissioni'.
La grande variabilità dei sintomi che la caratterizzano è conseguenza di un processo di
degenerazione della mielina. La mielina costituisce la guaina che riveste parte del corpo e degli
assoni dei neuroni permettendo la trasmissione rapida e integra degli impulsi nervosi. Se in uno
stato di normalità le informazioni nelle fibre nervose sono trasmesse a 100 m/s, in un individuo
affetto dalla sclerosi multipla la velocità scende gradualmente a 5 m/s. La mielinizzazione degli
assoni è un processo che comincia nel quinto mese di vita fetale. Nell'individuo adulto in seguito a
distruzione delle guaine mieliniche, non si ha una nuova mielinizzazione.
Nel corso della malattia la distruzione delle guaine mieliniche causa il blocco o rallentamento degli
impulsi che vanno dal sistema nervoso centrale verso le diverse parti del corpo e viceversa. Le aree
in cui la mielina è stata danneggiata vengono anche dette placche; da ciò deriva l'appellativo
sclerosi a placche.
Le placche sono definite multifocali:


in senso spaziale: possono comparire in diverse aree del sistema nervoso centrale,
in senso temporale: alcune placche regrediscono completamente ma in generale il numero di
lesioni aumenta nel tempo.
Le lesioni distruggono la mielina ma lasciano essenzialmente intatte le strutture nervose. Gli assoni
dei neuroni possono presentare delle deformazioni (ispessimenti) alternati a tratti con spessore
regolare (aspetto "moniliforme") ma non vengono mai interrotti. I vasi sanguigni che si trovano in
corrispondenza o alla periferia della placca presentano quasi sempre alterazioni della permeabilità e
successivo ispessimento parietale talora accompagnati dalla presenza di trombi. La modifica della
permeabilità dei vasi determina quindi un'alterazione locale della permeabilità della barriera
ematoencefalica che favorisce il passaggio di cellule del sistema immunitario dal sangue al tessuto
cerebrale.
le lesioni sono localizzate prevalentemente a livello periventricolare (limitatamente alla zona in cui
le vene subependimali circondano i ventricoli) al corpo calloso e alla sostanza bianca del
cervelletto.
Altre strutture frequentemente colpite sono i nervi ottici, il chiasma ottico e il midollo spinale,
soprattutto quest’ultima regione colpita è la causa della disabiltà motoria nei pazienti.
SINTOMI
I sintomi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiammatori; possono essere colpite tutte le
regioni del sistema nervoso centrale che contengono mielina (cervello, nervi ottici e midollo
spinale). Un frequente sintomo iniziale è un transitorio annebbiamento della vista di un occhio
(neurite del nervo ottico o neurite retrobulbare). Altri sintomi frequenti sono la visione doppia
(diplopia), disturbi dell'equilibrio e della coordinazione dei movimenti (atassia), nausea e vertigini
per interessamento dei nuclei vestibolari. Tremori e incapacità di coordinare i movimenti di
locomozione sono invece segni e sintomi dovuti all'interessamento cerebellare.
Nelle forme avanzate della malattia è frequente l'andatura atasso-spastica (per compromissione
cerebellare e piramidale). Possono essere presenti dismetria, adiadococinesia e tremore intenzionale
per interessamento del cervelletto. Si possono presentare tremore, disturbi dell'articolazione delle
parole (disartria), paralisi e spasticità muscolari e disturbi della sensibilità, con un'alterazione della
sensibilità cutanea spesso accompagnata da formicolio o sensazioni sgradevoli al tatto(parestesie).
Mentre una parte dei pazienti ha poche ricadute e si stabilizza spontaneamente con scarsi sintomi o
nessuno, in altri la malattia progredisce causando una graduale disabilità con la minaccia di una
grave compromissione o perdita della capacità di deambulare; possono, inoltre, verificarsi difficoltà
del controllo della vescica e disturbi della funzione sessuale.
E’ presente una facilità all'affaticamento nel compiere movimenti o lavori anche non
particolarmente impegnativi dovuta alla debolezza muscolare (ipostenia o astenia) è il più frequente
sintomo d'esordio della malattia. Debolezza soprattutto alle gambe (rara ad un solo arto superiore) e
calo del tono muscolare. I pazienti spesso trovano giovamento con una diminuzione della
temperatura ambientale che determinerebbe un miglioramento della velocità di conduzione nervosa.
La febbre invece, come pure temperature ambientali particolarmente elevate, peggiorano la
sintomatologia. Per l’interessamento piramidale possiamo trovare segni, quali.iperreflessia , segno
di Babinski positivo.
Segno di Babinski.
Spasticità, rigidità possono determinare, nei casi gravi, alterazioni tendinee per ridotta motilità degli
arti fino all'anchilosi delle articolazioni. Lo spasmo può interessare i muscoli del tronco provocando
difficoltà nella respirazione e limitando i movimenti del paziente che, se allettato, potrà sviluppare
piaghe da decubito per la tendenza a rimanere sempre in posizioni compatibili con lo spasmo
muscolare. Paralisi (monoparesi emiparesi e paraparesi) possono comparire; i disturbi sono dovuti
ai danni alle vie piramidali.
A livello gastrointestinale possono presentare costipazione e, più raramente, perdita di controllo
dello sfintere. Tra le cause della costipazione frequente è la riduzione del riflesso gastrocolico, la
riduzione di forza della muscolatura addominale che normalmente funge da torchio durante il
ponzamento, tempo di transito intestinale aumentato per riduzione dell'attività fisica.
Si possono verificare crisi epilettiche: crisi parziali motorie con o senza secondaria
generalizzazione.
sintomi parossistici (sintomi di breve durata, che si manifestano improvvisamente e ricompaiono a
breve distanza di tempo): crisi epilettiche, contrattura della muscolatura del viso, di un arto, di metà
corpo generalmente scatenati da un atto volontario come un movimento o uno sforzo.
Parestesia dolorosa (per esempio urente) agli arti, nevralgia trigeminale e altre manifestazioni
dolorose facciali e/o del capo. recenti studi hanno evidenziato la ricorrenza frequente di cefalea nei
pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente con un picco di insorgenza della
sintomatologia dolorosa in corrispondenza dell'inizio della terapia con interferone. Lombalgie
croniche soprattutto da posture anomale. Spasmi muscolare soprattutto notturni.
PROGNOSI
La durata della malattia è estremamente variabile. Di sclerosi multipla non si muore, salvo alcune
rare eccezioni (casi rapidamente progressivi-forma maligna). La sopravvivenza media è superiore ai
30 anni. Una statistica retrospettiva ha evidenziato come la sopravvivenza a 25 anni sia solo quasi
l'85% di quella attesa.
Al termine dei 25 anni un terzo dei pazienti lavorava ancora e due terzi conservava comunque la
capacità di camminare. I casi di mortalità di persone con sclerosi multipla sono legate per il 50% a
disabilità di grado elevato o problematiche infettive, mentre nell'altra metà dei casi dipendono dalle
stesse cause che la provocano in tutte le persone.
Hanno solitamente una prognosi migliore le forme:



con un solo sintomo (forme monofocali) o pochi sintomi
che presentano un recupero completo dell'attacco acuto (recidiva)
con periodi lunghi tra un attacco e l'altro
Hanno una prognosi sfavorevole le forme:




ad esordio tardivo
con molti sintomi diversi (interessamento multifocale del sistema nervoso centrale)
con sintomi cerebellari e motori all'esordio
con iniziale e preponderante presenza di placche a carico del midollo spinale
TERAPIA
Non esiste ancora una terapia specifica. I trattamenti sono mirati agli episodi acuti, alla prevenzione
delle ricadute e al miglioramento generale del quadro sintomatologico.
La farmacoterapia dei sintomi acuti si basa sul controllo dell'infiammazione acuta con i
corticosteroidi (preferibilmente per pochi giorni ad alto dosaggio, tradizionalmente endovena, ma
secondo uno studio recente anche per via orale), che abbreviano la durata e accelerano la remissione
dei sintomi. In questo modo si ha un minimo di effetti collaterali, al contrario di quello che avviene
nella terapia prolungata con corticosteroidi, che non è indicata nella sclerosi multipla in quanto
inefficace. Nei casi in cui sintomi acuti non regrediscono in modo sufficiente con la terapia
cortisonica, la plasmaferesi (un tipo di dialisi che elimina gli anticorpi dal siero) può essere
impiegata con dimostrato beneficio
Per prevenire le ricadute sono utilizzati farmaci immunomodulanti, quali i beta-interferoni,
molecole fisiologiche già presenti nell'organismo che regolano le risposte immunitarie. Esistono tre
preparazioni farmacologiche (beta-1a: Avonex®, Rebif®; beta-1b: Betaferon®) che sono state
studiate in pazienti con forme a ricaduta e remissione; per una preparazione (Betaferon®) è stata
dimostrata l'efficacia anche nelle forme secondariamente croniche progressive. Tutte le preparazioni
riducono la frequenza delle ricadute, rallentano la progressione della malattia e riducono il numero
di focolai infiammatori visibili con la risonanza magnetica. Un altro farmaco immunomodulatore è
il copolimero 1 o glatiramer acetato (Copaxone®) che consiste di una miscela di aminoacidi i quali
simulano la composizione di una proteina della mielina, riducendo così la reazione del sistema
immunitario contro la mielina del sistema nervoso. Interferoni e glatiramer hanno efficacia
comparabile, il vantaggio del glatiramer è di avere meno effetti collaterali degli interferoni e di
essere una terapia in genere molto ben tollerata. Secondo uno studio di recente pubblicazione
(ottobre 2009) il glatiramer è effiace anche nelle fasi iniziali della malattia e può come gli
interferoni essere impiegato come terapia precoce.
Si utilizzano anche farmaci immunosoppressori come l'azatioprina, il metotrexate, la ciclofosfamide
e il mitoxantrone, che bloccano la replicazione cellulare del sistema immunitario. Gli
immunosoppressori sono tendenzialmente più usati nei pazienti con forme aggressive (per cercare
di frenare l'attività del sistema immunitario e per cercare di prevenire gli attacchi attraverso una
soppressione globale delle cellule del sistema immunitario stesso). Essendo sostanze tossiche usate
anche nella chemioterapia dei tumori, sono riservate a casi di sclerosi multipla con progressione
rapida e disabilitante e la loro somministrazione è riservata a centri clinici specializzati. Tra le
recenti scoperte risultati interessanti si sono ottenuti con il Tysabri (natalizumab). Si tratta di un
anticorpo monoclonale che impedisce la migrazione delle cellule T del sistema immunitario dal
torrente circolatorio, nel sistema nervoso centrale. È stato approvato come farmaco terapeutico dalla
commissione europea nel 2006.
Le persone colpite da sclerosi multipla necessitano, inoltre, di una terapia rivolta alle eventuali
malattie collaterali, alle infezioni delle vie urinarie e alle piaghe da decubito. Molto utili contro la
spasticità degli arti si sono dimostrati i farmaci miorilassante e la fisiochinesiterapia.
Nell'ambito delle terapie sintomatiche, è possibile usare, a seconda del tipo di disturbi e della loro
entità, farmaci per la spasticità, la fatica, le disfunzioni vescicali, i disturbi delle sensibilità, ecc.
Attualmente il baclofen viene utilizzato come farmaco di prima scelta nel trattamento della
spasticità.
È indispensabile che i malati di sclerosi multipla, nonostante la disabilità, conducano una vita il più
normale possibile. Uno strumento importante per sfruttare al meglio le residue risorse individuali è
la riabilitazione con la quale studi clinici controllati hanno dimostrato la possibilità di migliorare la
disabilità, mentre la psicoterapia singola o di gruppo può aiutare il malato e la sua famiglia a reagire
contro la depressione e l'ansietà causate dalla sclerosi multipla.
L'ultima concreta novità viene dal Canada, dove c'è il più alto tasso di persone affette da sclerosi
multipla: è un farmaco di nome fingolimod o FTY 720 che attualmente è in fase di sperimentazione
(esattamente: terza fase). Il farmaco impedisce il passaggio dei linfociti attraverso la BEE (barriera
emato-encefalica) in modo che non possano attaccare la mielina, indirizzandoli verso i linfonodi e
la periferia.
BETA-INTERFERONI 1-A(Avonex®, Rebif®)
USI CLINICI
E’ indicato per il trattamento di pazienti con diagnosi di sclerosi multipla recidivante (SM). Negli
studi clinici questa era caratterizzata da due o più esacerbazioni acute (recidive) nei tre anni
precedenti senza evidenza di una continua progressione tra le recidive; rallenta la progressione della
disabilità e diminuisce la frequenza delle recidive. Pazienti con un singolo evento demielinizzante
con un processo infiammatorio in fase attiva, se tale evento è di gravità tale da rendere necessario il
trattamento con corticosteroidi per via endovenosa, se sono state escluse altre diagnosi e se è stato
accertato che i pazienti sono ad alto rischio di sviluppare una sclerosi multipla clinicamente
definita. Deve essere interrotto nei pazienti che sviluppano SM progressiva.
MECCANISMO D’AZIONE
E’ un interferone. Gli interferoni sono una famiglia di proteine naturali prodotte dalle cellule
eucariote in risposta all'infezione virale e ad altri induttori biologici. Gli interferoni sono citochine
che mediano le attività antivirali, antiproliferative ed immunomodulanti. Sono state distinte tre
forme principali di interferone: alfa, beta e gamma. Gli interferoni alfa e beta sono classificati come
interferoni di Tipo I e l'interferone gamma come un interferone di Tipo II. Questi interferoni
possiedono attività biologiche sovrapponibili ma chiaramente distinguibili. Essi possono anche
differire per quanto riguarda il sito cellulare di sintesi.
L'interferone beta è prodotto da vari tipi di cellule inclusi i fibroblasti e i macrofagi. L'interferone
beta naturale e l’interferone beta-1a sono glicosilati e hanno una singola molecola di carboidrato
complesso legato all'azoto. Per altre proteine è noto che la glicosilazione ha effetto sulla stabilità,
attività, distribuzione biologica ed emivita nel sangue. Tuttavia gli effetti dell'interferone beta che
sono dipendenti dalla glicosilazione non sono completamente definiti.
L’interferone beta-1a esercita i suoi effetti biologici legandosi a recettori specifici sulla superficie
delle cellule umane. Questo legame inizia una complessa cascata di eventi intracellulari che
conduce all'espressione di numerosi prodotti genici e marcatori indotti dall'interferone. Questi
includono MHC di Classe I, la proteina Mx, la 2' / 5' - oligoadenilato sintetasi, la β2 microglobulina
e la neopterina. Alcuni di questi prodotti sono stati misurati nel siero e nelle frazioni cellulari del
sangue raccolto da pazienti trattati con l’interferone beta-1a. Dopo una dose singola intramuscolare
i livelli sierici di questi prodotti rimangono elevati per almeno quattro giorni e fino a una settimana.
Non è noto se il meccanismo d'azione dell’interferone beta-1a nella sclerosi multipla segua la
stessa sequenza di eventi biologici come sopra descritto, perché la patofisiologia della sclerosi
multipla non è ben stabilita.
CONTROINDICAZIONI
Pazienti con anamnesi di ipersensibilità all'interferone beta naturale o ricombinante o a qualunque
eccipiente. Pazienti con depressione grave e/o ideazione suicidaria in atto
EFFETTI INDESIDERATI
Non nota
Non comune
Comune
Molto comune
Anomalie nei test di Diminuzione della
Diminuzione dei valori
Sintomi similfunzionalità epatica conta delle piastrine della conta dei linfociti
influenzali
Diminuzione o
Senso di bruciore
Aumento dei valori ematici Anoressia
aumento del peso
nel sito d’iniezione
del potassio e dell’azoto
corporeo
ureico
Cardiomiopatia
Alopecia
Ipoestesia
Cefalea
Insufficienza
Metrorragia
Eritema nel sito
Brividi
cardiaca congestizia
d’iniezione
Palpitazioni
Menorragia
Vomito, diarrea, nausea
Sudorazione
Tachicardia
Rinorrea
Piressia
Trombocitopenia
Spasticità muscolare
Aritmia
Ecchimosi
Ascesso nel sito di
Crampi muscolari
iniezione muscolare
Ipertonia
Comune
Infiammazione nel
Dolore ed ecchimosi nel
sito d’iniezione
sito d’iniezione
Sanguinamento nel
Depressione
sito d’iniezione
Vasodilatazione
Artralgia
Dolore toracico
rigidità muscolare, rigidità
muscolo-scheletrica
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
L’inizio del trattamento è controindicato in gravidanza.
Non è noto se sia escreto nel latte materno. A causa della possibilità di reazioni avverse gravi nei
bambini allattati al seno, occorre decidere se sospendere l'allattamento al seno o la terapia.
INTERAZIONI.
È stato riportato che gli interferoni riducono l'attività degli enzimi epatici dipendenti dal citocromo
P450 nell'uomo e negli animali. L'effetto della somministrazione di alte dosi di farmaco sul
metabolismo dipendente dal P450 nelle scimmie è stato valutato e non si sono osservate variazioni
nella capacità metabolizzante del fegato. Deve essere usata cautela quando l’interferone è
somministrato in combinazione con medicinali che hanno un ristretto indice terapeutico e la cui
"clearance" è largamente dipendente dal sistema del citocromo P450 epatico, ad esempio gli
antiepilettici ed alcune classi di antidepressivi.
BETA-INTERFERONI 1-B (Betaferon®)
USI CLINICI
E’ indicato per il trattamento di pazienti che abbiano manifestato un singolo evento demielinizzante
con un processo infiammatorio attivo abbastanza grave da giustificare il trattamento con
corticosteroidi per via endovenosa, per i quali siano state escluse altre diagnosi, e che siano
considerati ad alto rischio per lo sviluppo di una sclerosi multipla clinicamente definita. Pazienti
con sclerosi multipla recidivante-remittente caratterizzata da due o più recidive nell’arco degli
ultimi due anni. Pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva con malattia in fase attiva,
evidenziata da recidive.
MECCANISMO D’AZIONE
Gli interferoni appartengono alla famiglia delle citochine, che sono proteine di origine naturale. Gli
interferoni hanno un peso molecolare compreso tra 15.000 e 21.000 Dalton. Sono state identificate
tre classi principali di interferoni: alfa, beta e gamma. L’interferone alfa, l’interferone beta e
l’interferone gamma possiedono attività biologiche sovrapponibili, ma distinte. Le attività
dell’interferone beta-1b sono specie-specifiche e, di conseguenza, le informazioni farmacologiche
più pertinenti sull’interferone beta-1b derivano da studi su cellule umane in coltura o da studi in
vivo nell’uomo.
E’ stato dimostrato che l’interferone beta-1b possiede proprietà sia antivirali sia immunomodulanti.
I meccanismi mediante i quali l’interferone beta-1b esercita i suoi effetti nella sclerosi multipla non
sono ancora chiaramente definiti. Comunque, è noto che le proprietà dell’interferone beta-1b di
modificare la risposta biologica sono mediate dalla sua interazione con recettori cellulari specifici
localizzati sulla superficie delle cellule umane. Il legame dell’interferone beta-1b con questi
recettori induce l’espressione di una serie di prodotti genici, che si ritiene siano i mediatori delle
attività biologiche dell’interferone beta-1b. Un certo numero di questi prodotti è stato determinato
nelle frazioni sierica e cellulare del sangue prelevato da pazienti trattati con l’interferone beta-1b.
L’interferone beta-1b da un lato riduce l’affinità di legame, dall’altro incrementa l’internalizzazione
e la degradazione dei recettori per l’interferone gamma. L’interferone beta-1b inoltre potenzia
l’attività soppressiva delle cellule mononucleate del sangue periferico.
CONTROINDICAZIONI
E’ controindicato in soggetti che presentano ipersensibilità all’interferone beta naturale o
ricombinante, all’albumina umana o ad uno qualsiasi degli eccipienti, pazienti che presentano una
grave depressione e/o ideazione suicida.
EFFETTI INDESIDERATI
Rari
Amento della
bilirubinemia
Reazioni anafilattiche
Ipertiroidismo
Disturbi della tiroide
Non comuni
Anemia
Aumento dei
trigliceridi nel sangu
Aumento dell’alanina
amino-transferasi
Anoressia
Aumento
dell’aspartato aminotransferasi
Trombocitopenia
Leucopenia
Depressione
Comuni
Necrosi nella sede
d’iniezione
Ipertensione
Vomito
Nausea
Molto comuni
Sintomi
similinfulenzali
Brividi
Febbre
Dolore nella sede
d’iniezione
Reazioni ed
infiammazione nella
sede d’iniezione
Confusione
Ansia
Cardiomiopatia
Bronco-spasmo
Pancreatite
Aumento della
gamma-glutamiltransferasi, epatite
Disturbi mestruali
Linfoadenopatia
Orticaria
Prurito
Alopecia
Rash
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
I dati disponibili indicano che può esserci un rischio maggiore di aborto spontaneo. L’inizio del
trattamento durante la gravidanza è controindicato.
Non è noto venga escreto nel latte materno. A causa del rischio potenziale di reazioni avverse gravi
nel lattante, occorre decidere se sospendere l’allattamento o sospendere il trattamento con
l’interferone beta-1b
INTERAZIONI
E’ stato segnalato che gli interferoni riducono l’attività degli enzimi epatici dipendenti dal
citocromo P450 nell’uomo e negli animali. E’ necessario essere prudenti nei casi in cui l’interferone
venga somministrato in associazione a farmaci che presentano un ristretto indice terapeutico e la cui
clearance è largamente dipendente dal sistema del citocromo P450 epatico, ad esempio gli
antiepilettici. Ulteriore cautela deve essere adottata in caso di associazione con farmaci che abbiano
effetti sul sistema ematopoietico.
GLATIRAMER ACETATO(Copaxone®)
USI CLINICI
E’indicato per ridurre la frequenza delle recidive in pazienti deambulanti (cioè in grado di
camminare senza aiuto) affetti da sclerosi multipla (SM) recidivante, con fasi di remissione.
MECCANISMO D’AZIONE.
Il meccanismo o i meccanismi per mezzo dei quali il glatiramer acetato agisce nei pazienti affetti da
SM non sono stati ancora chiariti completamente. Tuttavia si ritiene che il prodotto agisca alterando
i processi immunitari attualmente ritenuti responsabili della patogenesi della SM. Questa ipotesi è
stata supportata dai risultati di studi condotti per approfondire le conoscenze riguardanti la
patogenesi dell’encefalomielite allergica sperimentale (EAE), un’affezione che, in diverse specie
animali, viene indotta mediante l’immunizzazione contro materiale contenente mielina derivato dal
sistema nervoso centrale e che spesso viene utilizzato come un modello di SM negli animali da
esperimento. Studi condotti negli animali e su pazienti affetti da SM indicano che, in seguito alla
sua somministrazione, vengono indotti e attivati alla periferia linfociti T suppressor specifici del
glatiramer acetato.
CONTROINDICAZIONI
Il glatiramer è controindicato nelle seguenti condizioni: ipersensibilità al glatiramer acetato o al
mannitolo.
EFFETTI INDESIDERATI
Non comune
Comune
Molto comune
Ascessi
Otite esterna
Pielonefrite
Cancro della pelle
Eosinofilia
Splenomegalia
Gozzo
Ipertiroidismo
Intolleranza all’alcool
Reazioni maniacali
Disturbi della personalità
Allucinazioni
Euforia,
Ematuria
Dolore renale, disturbi urinari
Mioclono
Extrasistole
Midriasi, lesione alla cornea
Emorragie oculari,
Catarattaptosi palpebrali
Ernia
Disturbi delle mucose.
Effetti tipo postumi da sbornia
Ipotermia
Infiammazione
Angioedema
Atrofia cutanea, nodulo
cutaneo
Dermatite da contatto, eritema
nodoso
Patologie tendinee,
tenosinovite, torcicollo
Disfunzioni ovariche,
priapismo, disfunzioni della
prostata, disturbo testicolare,
Apnea,
Enterocoliti, ulcera esofagea,
emorragie rettali,
Laringospasmo, patologie
polmonari
Emorragie vaginali, disturbi
vulvovaginali
Bronchite
Gastroenteriti
Otite media
Candida vaginale
Neoplasie benigne della pelle
Linfoadenopatia
Ipersensibilità
Anoressia
Stato confusionale
Amnesia
Nervosismo
Piede cadente
Gisgeusia
Nistagmo
Sonnolenza
Disordini della parola
Difetti del campo visivo
Diplopia, disturbi oculari
Disturbi dell’orecchio
Patologie della cute, orticaria
Edema periferico
Ecchimosi
Cisti, edema facciale
Patologie ano-rettali,
incontinenza fecale
Vomito
Urgenza minzionale, ritenzione
urinaria, patologie del tratto
urinario
Carie dentali, stomatite,
patologie dentali
Disfagia
Disfunzione erettile
Tosse
Dismenorrea, , disturbi
mestruali, pap-test anomalo
rinite stagionale. rinite
allergica
Artrite, dolore al fianco, dolore
al collo.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Influenza
Reazioni al sito di iniezione
Dolore alla schiena
Palpitazioni
Rash
Iperidrosi
Costipazione
Diarrea
Ipertonia
Cefalea
Nausea
Capogiri
Tachicardia
Dispnea
Artralgia
Dolore al petto
Dolore
Vasodilatazione
Astenia
Il glatiramer acetato è controindicato in gravidanza.
Bisogna usare cautela quando si somministra glatiramer acetato a madri che allattano. Occorre
considerare i rischi e i benefici relativi per la madre e il bambino.
INTERAZIONI
In pazienti trattati con glatiramer acetato che ricevevano una concomitante somministrazione di
corticosteroidi è stata osservata un’aumentata incidenza di reazioni nella sede dell’iniezione.
Uno studio in vitro fa ritenere che glatiramer acetato in circolo si leghi in misura elevata alle
proteine plasmatiche, ma che non venga spostato dalla fenitoina o dalla carbamazepina e che non
sposti esso stesso la fenitoina o la carbamazepina. Tuttavia, dato che il glatiramer acetato ha,
teoricamente, la possibilità di alterare la distribuzione delle sostanze legate alle proteine, deve
essere accuratamente monitorato l’impiego concomitante di tali prodotti medicinali.
IMMUNOSOPPRESSORI
AZATIOPRINA(Azatioprina®)
USI CLINICI
E’ utilizzata come agente immunosoppressivo ed antimetabolita sia da sola che, più comunemente,
in associazione ad altri farmaci (solitamente cortisonici) e tecniche che influenzano la risposta
immunitaria. L'effetto terapeutico può essere evidente solo dopo settimane o mesi e può comportare
una riduzione della posologia degli steroidi, così riducendo la tossicità associata agli alti dosaggi e
all'uso prolungato dei cortisonici. L’azatioprina è indicata nei pazienti affetti da sclerosi multipla.
MECCANISMO D’AZIONE
Ha azione immunosoppressiva, è un derivato imidazolico della 6.mercaptopurina (6.MP).
La 6.MP attraversa prontamente la membrana cellulare e si converte intracellularmente in un certo
numero di tioanaloghi purinici, comprendenti il principale nucleotide attivo, l'acido tioinosinico.
La percentuale di conversione varia da soggetto a soggetto.
I nucleotidi non attraversano la membrana cellulare e pertanto non circolano nei fluidi corporei.
La 6.MP, indipendentemente se sia somministrata direttamente o sia derivata in vivo dalla
azatioprina, viene eliminata principalmente come metabolita ossidato inattivo, l'acido tiourico. Tale
ossidazione è causata dalla xantina ossidasi, un enzima che viene inibito dall'allopurinolo.
L'attività della parte metilnitroimidazolica non è stata definita chiaramente.
Tuttavia, in molti sistemi sembra modificare l'attività della azatioprina in confronto a quella della
6.MP. Si pensa che agisca tramite:il rilascio di 6.MP che agisce come un antimetabolita purinico, il
possibile blocco dei gruppi -SH per alchilazione, l'inibizione di molte vie della biosintesi degli acidi
nucleici, che previene la proliferazione delle cellule coinvolte nella determinazione e nella
amplificazione della risposta immune.
Il danno all'acido desossiribonucleico (DNA) per mezzo della incorporazione dei tioanaloghi
purinici. A causa di tali meccanismi, l'effetto terapeutico dell’azatioprina può essere evidente solo
dopo diverse settimane o mesi di trattamento.
CONTROINDICAZIONI
E’controindicata nei pazienti con ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli
eccipienti. Anche l'ipersensibilità alla 6.mercaptopurina può essere causa di ipersensibilità al
farmaco.
EFFETTI INDESIDERATI
Molto rari
Polmoniti
reversibili
Rari
Perforazione
dell´intestino
Disturbi
gastrointestinali
Agranulocitosi
Danno epatico
pericoloso
Anemie
Diverticolite
Pancitopenia
Neoplasie
Alopecia
Non comuni
Ridotta
funzionalità
epatica
Reazioni di
ipersensibilità
Pancreatiti
Comuni
Trombocitopenia
Molto comuni
Depressione della
funzione del
midollo osseo
Nausea
Infezioni virali
Colestasi
Anemia
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Gravidanza La decisione di continuare o interrompere la terapia con azatioprina durante la
gravidanza, o di interrompere la gravidanza stessa, dipende dalla patologia in trattamento, per cui
occorre valutare lo stato di salute della madre e la conseguente necessità di terapia adeguata rispetto
ai rischi che può correre il feto. Come regola generale questa terapia non dovrebbe essere intrapresa
nelle donne in gravidanza.
Nel colostro e nel latte di donne in trattamento con azatioprina è stata identificata 6.mercaptopurina.
INTERAZIONI
-Allopurinolo
Allopurinolo/oxipurinolo/tiopurinolo L'attività della xantino-ossidasi è inibita dall'allopurinolo,
dall'oxipurinolo e dal tiopurinolo con la conseguenza di una ridotta conversione dell'acido
6.tioinosinico biologicamente attivo in acido 6.tiourico biologicamente inattivo.
Quando l'allopurinolo, l'oxipurinolo e/o il tiopurinolo sono somministrati in associazione con la
6.mercaptopurina o con l'azatioprina, la dose di questi ultimi deve essere ridotta ad un quarto della
dose originale.
-Aminosalicilati
Poichè esistono evidenze in vitro che derivati aminosalicilici (per esempio olsalazina, mesalazina o
sulfasalazina) inibiscono l'enzima TPMP, questi devono essere somministrati con cautela nei
pazienti ai quali venga somministrata contemporaneamente azatioprina.
-Bloccanti neuromuscolari
L’azatioprina può potenziare il blocco neuromuscolare prodotto dagli agenti depolarizzanti come la
succinilcolina e può ridurre il blocco promosso dai farmaci non depolarizzanti come la
tubocurarina. La potenza di tale interazione è notevolmente variabile.
-Captopril
E' stato riportato un caso che suggerisce che la comparsa di anomalie ematologiche può essere
dovuta alla concomitante somministrazione di azatioprina e captopril.
-Cimetidina
Vi sono indicazioni che cimetidina possa avere effetto mielosoppressivo, che può essere
incrementato dalla somministrazione concomitante di azatioprina.
-Cotrimossazolo
Esistono segnalazioni contrastanti di interazioni cliniche, che comportano anomalie ematologiche
gravi, tra azatioprina e co-trimossazolo.
-Indometacina
Vi sono indicazioni che l’indometacina possa avere effetto mielosoppressivo, che può essere
incrementato dalla somministrazione concomitante di azatioprina.
-Furosemide
la furosemide ha mostrato di ridurre il metabolismo di azatioprina..
-Penicillamina
Agenti citostatici/mielosoppressivi La somministrazione concomitante di farmaci citostatici, o
farmaci che possono avere effetto mielosoppressivo, come la penicillamina, deve essere, ove
possibile, evitata.
-Warfarin
E' stata riportata inibizione dell'effetto anticoagulante di warfarin, quando somministrato con
azatioprina.
CICLOFOSFAMIDE(Endoxan®)
USI CLINICI
Usato contro la sclerosi multipla.
MECCANISMO D’AZIONE
La ciclofosfamide, come tutte le ossazafosforine, esplica previa attivazione metabolica, attività
citotossica ed antitumorale come dimostrato su un vasto spettro di tumori sperimentali.
CONTROINDICAZIONI
La ciclofosfamide non va impiegata in caso di grave depressione midollare.
EFFETTI INDESIDERATI
La tollerabilità generale e locale della ciclofosfamide è buona.
Solo occasionalmente specialmente usando dosi piuttosto elevate si riscontrano malessere, nausea o
cefalea. Talvolta si può manifestare caduta dei capelli.
Con la fine del trattamento, spesso già durante la terapia di mantenimento, i capelli ricrescono.
Con alte dosi e a seguito di trattamenti prolungati possono manifestarsi colite emorragica, cistite
emorragica talora gravissima, cistite non emorragica, fibrosi della vescica, fibrosi delle ovaie,
fibrosi polmonare interstiziale, segni di nefrotossicità, soppressione dell'attività delle gonadi con
conseguente amenorrea o azospermia talora irreversibile e, occasionalmente, ittero.
Un calo spiccato dei leucociti può verificarsi soprattutto in seguito alla somministrazione di dosi
elevate.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Non impiegare durante il primo trimestre di gravidanza. Durante la seconda metà della gravidanza e
nell'allattamento il prodotto va somministrato soltanto nei casi di assoluta necessità.
INTERAZIONI
La somministrazione concomitante di antidiabetici può potenziare il loro effetto.
METOTREXATE(Methotrexate®, Metotressate®)
USI CLINICI
Utilizzato contro la sclerosi multipla.
MECCANISMO D’AZIONE
Methotrexate è un antagonista competitivo dell'acido folico. Il meccanismo d'azione di
Methotrexate a livello molecolare si basa su: esaurimento dei folati endocellulari per inattivazione
della diidrofolicoreduttasi; inibizione diretta della timidilatosintetasi; inibizione di enzimi folatodipendenti interessati nella neosintesi delle purine.
CONTROINDICAZIONI
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti
EFFETTI INDESIDERATI
Gli effetti indesiderati possono essere: rash eritematoso, eritema multiforme, necrolisi epidermica
tossica (sindrome di Lyell), sindrome di Stevens-Johnson, necrosi cutanea, dermatite esfoliativa,
ulcerazione cutanea, prurito, orticaria, fotosensibilità, modifiche della pigmentazione, alopecia,
ecchimosi, telangectasia, acne, foruncolosi, comparsa di noduli, depressione dell'attività del midollo
osseo, soppressione dell'ematopoiesi, leucopenia, pancitopenia, neutropenia, trombocitopenia,
agranulocitosi, eosinofilia, anemia, ipogammaglobulinemia, emorragie a varia localizzazione,
diabete, pancreatite, enterite, gengivite, faringite, stomatite, anoressia, nausea, vomito, diarrea,
ematemesi, melena, ulcera ed emorragia gastrointestinale, tossicità epatica risultante in atrofia acuta
del fegato, necrosi, degenerazione grassa, fibrosi cronica o cirrosi, epatite acuta, nefropatia
grave/insufficienza renale, iperazotemia, cistite, ematuria, alterazioni nell'ovogenesi o
spermatogenesi, oligospermia transitoria, disturbi mestruali, leucorrea, perdite vaginali, disuria,
sterilità, aborto, malformazioni fetali, perdita della libido, impotenza, infertilità, cefalea,
sonnolenza, emiparesi, paresi e convulsioni, se riscontrate, sono di solito correlate a emorragia o
complicazioni da cateterismo intra-arterioso, visione offuscata, disturbi del linguaggio
comprendenti disartria ed afasia, leucoencefalopatia, pericardite, versamento pericardico,
ipotensione e eventi trombo embolici, congiuntivite, gravi cambiamenti del visus ad eziologia
ignota, cecità / perdita della vista temporanee, annebbiamento della vista, alterazioni metaboliche.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Methotrexate è controindicato durante la gravidanza. Il suo uso può causare effetti teratogeni, morte
fetale, embriotossicità e aborto se somministrato a donne in gravidanza. Il methotrexate deve essere
utilizzato solo se i benefici potenziali superino il rischio per il feto.
INTERAZIONI
-Neomicina
La neomicina somministrata per via orale provoca fenomeni di malassorbimento di molte sostanze,
compreso Methotrexate.
-Aminoglicosidi
Gli aminoglicosidi, possono determinare un ridotto assorbimento intestinale di Methotrexate.
-Antibiotici orali
quali tetracicline, cloramfenicolo e antibiotici gastrointestinali (non assorbibili) ad ampio spettro
possono diminuire l'assorbimento intestinale di Methotrexate o interferire con la circolazione
enteroepatica inibendo la flora intestinale e sopprimendo il metabolismo del farmaco da parte dei
batteri.
-Cibo
La biodisponibilità del methotrexate somministrato oralmente viene ridotta dal cibo in particolare
latte e derivati.
-Fenilbutazone
Il fenilbutazone in associazione a Methotrexate ha causato in qualche caso tossicità con febbre e
ulcerazioni cutanee, depressione midollare e morte in setticemia. Il meccanismo di tale azione è
triplice: spiazzamento di Methotrexate dal legame con le plasmaproteine, inibizione della
secrezione tubulare renale e depressione midollare. Inoltre, il fenilbutazone sembra causare anche
danno renale che può portare ad un accumulo di Methotrexate
-FANS
I farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) non devono essere somministrati prima o in
associazione con i regimi ad alte dosi di Methotrexate, quali quelli utilizzati nel trattamento
dell'osteosarcoma. E’ stato riportato, che la somministrazione concomitante di FANS con la terapia
ad alte dosi di Methotrexate aumenta e prolunga nel tempo i livelli sierici di Methotrexate causando
casi di morte dovuti a grave tossicità ematologica e gastrointestinale. E’ stato riportato che FANS e
salicilati riducono la secrezione tubulare del methotrexate in un modello animale e possono
potenziarne la tossicità incrementando la methotrexatemia. Pertanto, prudenza deve essere usata nel
caso di somministrazione concomitante di FANS o salicilati con dosi più basse di Methotrexate.
-Leflunomide
Il methotrexate in associazione a leflunomide può aumentare il rischio di pancitopenia.
-Mercaptopurine
Methotrexate aumenta i livelli plasmatici delle mercaptopurine. La combinazione di Methotrexate e
mercaptopurine può pertanto richiedere un aggiustamento del dosaggio.
-Probenecid
Il trasporto tubulare renale di methotrexate viene ridotto dal probenecid, l'uso del methotrexate con
questo farmaco dovrebbe essere attentamente monitorizzato.
-Steroidi
possono essere ridotti gradualmente in pazienti che rispondono al Methotrexate.
-Teofillina
Methotrexate può diminuire la clearance della teofillina; i livelli di teofillina devono essere
monitorizzati quando questa viene somministrata in concomitanza a Methotrexate.
- Trimetoprim/sulfametossazolo
E’ stato riportato che Trimetoprim/sulfametossazolo, in rari casi, ha determinato un incremento
della soppressione midollare in pazienti trattati con Methotrexate, probabilmente per una diminuita
secrezione tubulare e/o un effetto antifolico additivo.
.
I salicilati, alcuni sulfamidici, l'acido para-amino-benzoico (PABA), il fenilbutazone, la
difenilidantoina, le tetracicline ed il cloramfenicolo possono spiazzare Methotrexate dal legame con
le proteine plasmatiche. Il methotrexate si lega parzialmente all'albumina sierica e la tossicità può
essere aumentata dallo spiazzamento causato da altri farmaci con legame forte alle proteine
plasmatiche, come i salicilati, il fenilbutazone, la fenitoina e le sulfonamidi.
Le penicilline e le sulfonamidi possono ridurre la clearance renale di Methotrexate; sono state
osservate, sia a dosaggi bassi che a dosaggi elevati, concentrazioni sieriche aumentate di
Methotrexate con concomitante tossicità ematologica e gastrointestinale. Pertanto, l'uso di
Methotrexate con le penicilline deve essere attentamente monitorizzato.
MITOXANTRONE
Il mitoxantrone è un farmaco immunosoppressore approvato negli Stati Uniti per il trattamento di
alcune forme di SM avanzata. E’ un farmaco che ha dimostrato di dare benefici a pazienti con SM
secondaria progressiva che avevano manifestato attacchi.
Lo studio retrospettivo è stato condotto su 2854 pazienti con SM che hanno ricevuto almeno un
ciclo di trattamento con mitoxantrone tra il 1999 e il 2008. Durante tale periodo 21 pazienti hanno
sviluppato leucemia acuta, cioè 1 caso su 135 pazienti (0,74%). Otto dei 21 pazienti che hanno
sviluppato leucemia sono deceduti (tasso di mortalità: 38%).
In studi condotti in precedenza era stata riportata un’incidenza pari a circa 1 su 400 (<0,025%).
Il rischio di sviluppare leucemia è dose-dipendente. Rispetto a chi non aveva sviluppato tale
patologia, i pazienti con leucemia avevano ricevuto un numero superiore di cicli (8,6 versus 7,2) ed
una dose cumulativa superiore (82,4 mg/m² versus 62,87 mg/m²).
Il trattamento con dosi >82 mg/m² era associato ad un rischio di sviluppare leucemia 2,7 volte
superiore rispetto alle dosi inferiori. Pertanto, sarebbe preferibile utilizzare dosi <50-60 mg/m².
Inoltre, pur non essendo chiaro quanto tempo intercorre tra l’inizio della terapia e lo sviluppo di
leucemia, è stato osservato che la leucemia di solito si sviluppa durante i primi 3 anni di terapia con
mitoxantrone.
NATALIZUMAB(Tysabri®)
Il natalizumab è un farmaco di uso ospedaliero indicato nel trattamento del mieloma multiplo in
progressione. Emergono segnalazioni di grave danno epatico in pazienti trattati con questo farmaco,
manifestatisi sia dopo 6 giorni dalla somministrazione del farmaco che nel corso del trattamento.
USI CLINICI
E’indicato come monoterapia disease-modifying nella sclerosi multipla recidivante- remittente ad
elevata attività nei seguenti gruppi di pazienti.
MECCANISMO D’AZIONE
Il Natalizumab è un inibitore selettivo della molecola d'adesione e si lega alla subunità α4 delle
integrineumane che è altamente espressa sulla superficie di tutti i leucociti, ad eccezione dei
neutrofili.
Nello specifico, natalizumab si lega all´integrina α4β1, bloccando così l´interazione con il suo
recettore complementare, VCAM-1 (vascular cell adhesion molecole-1), e con i ligandi
osteopontina e CS-1 (connecting segment-1), un dominio di splicing alternativo della fibronectina.
Natalizumab blocca l´interazione dell´integrina α4β7 con MadCAM-1 (mucosal adressin cell
adhesion molecole-1).
L'alterazione di tali interazioni molecolari impedisce la migrazione dei leucociti mononucleati
attraverso l´endotelio fino al tessuto parenchimale infiammato.
Un ulteriore meccanismo d´azione di natalizumab può consistere nella soppressione delle reazioni
infiammatorie in atto nei tessuti ammalati, mediante l´inibizione dell'interazione dei leucociti che
esprimono α4 con i loro ligandi nella matrice extracellulare e sulle cellule del parenchima.
In tal modo natalizumab può sopprimere l´attività infiammatoria presente nell'area malata ed inibire
un´ulteriore migrazione nei tessuti infiammati di cellule del sistema immunitario. Nella SM, si
ritiene che le lesioni si verifichino quando i linfociti T attivati attraversano la barriera ematoencefalica.
CONTROINDICAZIONI
Ipersensibilità al natalizumab o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Leucoencefalopatia multifocale
progressiva (PML). I pazienti che presentano un aumentato rischio di infezioni opportunistiche, fra
cui i pazienti immunocompromessi. Associazione con interferoni beta o con glatiramer acetato.
Tumori maligni in fase attiva diagnosticati ad eccezione dei pazienti con carcinoma cutaneo
basocellulare. Bambini e adolescenti.
EFFETTI INDESIDERATI
Gli effetti indesiderati più frequenti sono: cefalea, capogiri, vomito, nausea, artralgia, infezione
delle vie urinarie, naso faringite, irrigidimento, piressia, affaticamento, orticaria, ipersensibilità.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Natalizumab non deve essere usato durante la gravidanza se non in caso di assoluta necessità.
Nel caso una paziente rimanga in stato di gravidanza durante il trattamento con TYSABRI, deve
essere presa in considerazione l´opportunità di interrompere la terapia. Non è noto se TYSABRI sia
escreto nel latte materno, ma è stato osservato in studi condotti su animali (vedere paragrafo 5.3).
Le pazienti trattate con TYSABRI non devono allattare al seno.
INTERAZIONI
Non note
BACLOFEN(Lioresal®)
USI CLINICI
Ipertonia spastica della muscolatura striata in corso di sclerosi a placche. Ipertonia muscolare
spastica nelle malattie del midollo spinale ad eziologia infettiva, degenerativa, traumatica,
neoplastica o ignota: per esempio, paralisi spinale spastica, sclerosi laterale amiotrofica,
siringomielia, mielite trasversa, paraplegia o paraparesi traumatica, stati di compressione del
midollo. Ipertonia muscolare spastica di origine cerebrale, specialmente in caso di encefalopatia
infantile come pure a seguito di vasculopatia cerebrale o in corso di affezioni cerebrali di natura
neoplastica o degenerativa.
MECCANISMO D’AZIONE
Nelle affezioni neurologiche caratterizzate da spasmo e ipertonia della muscolatura striata
secondaria a disordini degenerativi, infettivi, traumatici, ischemici o neoplastici, il baclofen esercita
benefici effetti sulle contrazioni riflesse dei muscoli, determina una netta riduzione degli spasmi
dolorosi, degli automatismi e del clono muscolare. L´effetto miorilassante e facilitante la motricità,
si associa ad un miglioramento della capacità funzionale degli arti lesi che facilita la fisioterapia sia
attiva che passiva. Attualmente si considera il baclofen un farmaco di prima scelta nel trattamento
della spasticità. Si ritiene che il più significativo meccanismo d´azione di baclofen consista in una
inibizione presinaptica del rilascio di trasmettitori eccitatori da parte dei terminali delle fibre
primarie afferenti a livello del midollo spinale. Effetti miorilassanti nell´animale intatto e
spinalizzato
CONTROINDICAZIONI
Ipersensibilità al baclofene.
EFFETTI INDESIDERATI
Reazioni secondarie si verificano soprattutto all´inizio della terapia, quando il dosaggio viene
aumentato troppo rapidamente, oppure quando sono impiegate alte dosi o se il paziente è anziano.
Esse sono comunque spesso transitorie e possono essere eliminate o attenuate riducendo il dosaggio
e raramente sono tanto gravi da rendere necessaria l´interruzione del trattamento.
Nei pazienti con malattie psichiatriche anamnesiche o con disturbi circolatori cerebrali (per es.
infarto cerebrale) e nei pazienti anziani le reazioni possono essere più gravi. Particolarmente
all´inizio della terapia possono verificarsi frequentemente effetti collaterali quali sedazione diurna,
sonnolenza e nausea; occasionalmente secchezza della mucosa orale, depressione respiratoria,
sensazione di testa vuota, stanchezza, esaurimento, confusione mentale, vertigini, conati di vomito,
vomito, cefalea e insonnia, euforia, stati depressivi, parestesie, mialgia, debolezza muscolare,
atassia, tremore, nistagmo, disturbi dell´accomodazione, allucinazioni, incubi, occasionalmente lievi
disturbi gastroenterici (stipsi, diarrea), ipotensione, diminuita funzionalità cardiovascolare. Sistema
urogenitale.
Può verificarsi una certa ipotonia muscolare, tale da limitare la capacità motoria e l´autosufficienza:
essa può generalmente essere eliminata variando la posologia.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Durante la gravidanza, specialmente nei primi tre mesi, si somministrerà baclofen solo nei casi di
assoluta necessità, valutando il rapporto rischio-beneficio per il bimbo e la madre. Il baclofene
attraversa la barriera placentare. La sostanza attiva di baclofen passa nel latte materno, ma in
quantità talmente ridotte da non rappresentare generalmente alcun rischio per il lattante, durante il
trattamento con dosi terapeutiche.
INTERAZIONI
-Alcool
In caso di contemporanea somministrazione di baclofen con altri farmaci attivi sul SNC o con alcol,
si può verificare un aumento della sedazione.
-Antidepressivi triciclici
L´effetto del baclofen può essere potenziato dall´uso concomitante di antidepressivi triciclici,
causando spiccata ipotonia muscolare. Poichè una terapia associata con baclofen e antidepressivi
può ulteriormente diminuire la pressione arteriosa, occorre aggiustare di conseguenza la dose
dell´antipertensivo.
-Levodopa
Nei pazienti con morbo di Parkinson, in trattamento con baclofen e levodopa e carbidopa, sono stati
riportati casi di confusione mentale, allucinazioni e agitazione.
TERAPIE ALTERNATIVE
Recenti studi medici condotti sia in Italia che in America hanno registrato un effetto statisticamente
significativo su alcuni sintomi della Sclerosi Multipla utilizzando bassi dosi di Naltrexone (LDN),
un farmaco semisintetico antagonista puro degli oppiodi. Inoltre si è evidenziato che l'impiego di
bassi dosaggi di Naltrexone (Antaxone) nel trattamento della sclerosi multipla sembra non solo
prevenire le recidive di sclerosi multipla, ma ridurrebbe anche la progressione della malattia.
Una terapia per ridurre la spasticità e gli spasmi nella sclerosi multipla è a base di cannabinoidi. I
pareri riguardo alla sua efficacia sono discordanti.
I malati di sclerosi multipla nel mondo sono circa 2,5 milioni, in Europa 520.000, in Italia 58.500
ovvero 1 ogni 1.026 abitanti, con un rapporto di 1 ogni 700 abitanti solo in Sardegna.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sclerosi multipla è una delle malattie
socialmente più costose, poichè colpisce giovani adulti, all'inizio della loro vita lavorativa e sociale.
Ogni anno nel nostro Paese si registrano 1.800 nuovi casi.
NALTREXONE(Antaxone®)
USI CLINICI
Nel trattamento della sclerosi multipla sembra non solo prevenire le recidive di sclerosi multipla,
ma ridurrebbe anche la progressione della malattia..
MECCANISMO D’AZIONE
E’ un antagonista puro degli oppiacei.
La struttura del naltrexone si distingue da quella dell'ossimorfone in quanto il gruppo metilico
sull'atomo di azoto è sostituito da un gruppo ciclopropilmetilico.
Attenua considerevolmente, o blocca completamente in maniera reversibile, gli effetti soggettivi
degli oppiacei somministrati per via endovenosa.
Il naltrexone non possiede praticamente altre azioni intrinseche oltre alle proprietà bloccanti nei
confronti degli oppiacei.
CONTROINDICAZIONI
Il naltrexone è controindicato in pazienti: che assumono analgesici oppiacei, dipendenti da oppiacei.
in crisi di astinenza da oppiacei, che non abbiano superato il test del naloxone, che presentino un
reperto urinario positivo per gli oppiacei, con anamnesi di ipersensibilità al principio attivo o ad uno
qualsiasi degli eccipienti ed in età pediatrica.
EFFETTI INDESIDERATI
Si sono rilevate alterazioni della funzionalità epatica e linfocitosi.
Può causare: disturbi del sonno, ansietà, nervosismo, crampi/dolori addominali, nausea e/o vomito,
astenia, dolori muscolari e alle articolazioni, cefalea, inappetenza, diarrea, stipsi, sete eccessiva,
irrequietezza, stato di prostrazione, irritabilità, vertigini, eritema, eiaculazione ritardata,
diminuzione della potenza sessuale e brividi, congestione nasale, prurito, rinorrea, starnuti, gola
secca, muco in eccesso, sinusiti, respiro pesante, raucedine, tosse, respiro affannoso, epistassi,
flebite, edema, aumento della pressione arteriosa, alterazioni non specifiche dell'ECG, palpitazioni,
tachicardia, meteorismo, emorroidi, ulcera, dolori alle spalle, alle gambe o alle ginocchia, tremori,
contratture.
Inoltre: aumentata frequenza o disturbi della minzione, aumento o diminuzione della libido.
Dermatologici: cute untuosa, acne, piede d'atleta, geloni, alopecia, depressione, paranoia,
affaticamento, agitazione, confusione, disorientamento, allucinazioni, incubi, brutti sogni. Occhi e
orecchie: visione offuscata, senso di bruciore agli occhi, fotofobia, gonfiore, dolorabilità,
affaticabilità; orecchie "tappate", doloranti, tinnitus, aumento dell'appetito, perdita di peso, aumento
di peso, sbadigli, sonnolenza, febbre, secchezza delle fauci, testa "pesante", dolori inguinali,
gonfiore ghiandolare, dolori "lateralizzati", estremità fredde, vampate di calore.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Il naltrexone dovrebbe essere usato in gravidanza soltanto quando il beneficio atteso giustifica il
potenziale rischio per il feto. Si dovrebbe somministrare con prudenza il farmaco alle madri che
allattano.
INTERAZIONI
I pazienti trattati con naltrexone potrebbero non trarre vantaggio da farmaci contenenti oppiacei,
come preparati contro la tosse e il raffreddore, antidiarroici e analgesici.
Pertanto, quando possibile, si dovrà ricorrere a farmaci alternativi privi di oppiacei.
BIBLIOGRAFIA
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sclerosis study group. N Engl J Med 2001; 344: 319, 326.
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Goodman & Gillman. Le basi farmacologiche della terapia.
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Katzung.(2006) Farmacologia generale e clinica.
PICCIN, Padova, 2006.
Miller DH, Leary SM. Primary.progressive multiple sclerosis. Lancet Neurol. 2007; 6:903-912.
Zaffaroni M et al. intensive immunosoppression in multiple sclerosis. Neurol Sci 2006; 1:S13-7.
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La sclerosi multipla è una malattia neurologica cronica, auto