Fisiopatologia del linfedema Salvatore De Roberto Medico chirurgo Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione Soc. RRF Alba ASL – 18 Direttore Dott. Carlo Chiacchio Fisiopatologia del linfedema L’ingrossamento dell’estremità inferiore che per la sua grandezza e forma ricorda l’arto dell’elefante era noto come malattia già in epoca remota ed è stato descritto per la prima volta da Indus Drankwanter attorno al 2500 a.C. Fisiopatologia del linfedema Ippocrate Ippocrate (460 – 377 a.C.) descriveva i “vasi con sangue bianco” . Aristotele (384 – 322 a.C.) descriveva i vasi con liquido incolore. Aristotele La prima pubblicazione sullo studio dei linfonodi nel corpo umano è del 1651 ad opera di Jean Pequet dal titolo “Experimenta nova anatomica” Nel 1653 Bartolini per primo usò il termine “linfatico” e descrisse quasi contemporaneamente a Rudbeck le vie linfatiche quale sistema. Fisiopatologia del linfedema Il sistema linfatico ha la funzione di drenare dallo spazio interstiziale l’acqua in eccesso, le micro e le macromolecole e riportarle nella circolazione intravascolare. Drinker 1931 Fisiopatologia del linfedema Tutti i tessuti dell’organismo posseggono vasi linfatici per il drenaggio diretto dagli spazi interstiziali del liquido in eccesso, tranne le parti più superficiali della cute, il sistema nervoso centrale, le parti più profonde dei nervi periferici, l’endomisio e le ossa. Fisiopatologia del linfedema L’ipotesi di Starling dice che lo scambio dell’acqua e delle piccole molecole attraverso la membrana capillare è regolato da: pressione capillare (trasmurale, idrostatica) Pressione colloido osmotica (determinata dalla relativa impermeabilità della membrana capillare alle proteine plasmatiche) Fisiopatologia del linfedema La pressione idrostatica tende a spingere acqua attraverso la membrana capillare, mentre la pressione colloido-osmotica (proporzionale al contenuto proteico) tende a richiamare acqua Fisiopatologia del linfedema S Schema della dinamica microcircolatoria 12-15 mmhg 35 mmhg 20 – 25 mmhg Schema a livello dei capillari linfatici Fisiopatologia del linfedema Le cellule endoteliali dei capillari linfatici sono fissate mediante filamenti di ancoraggio al tessuto connettivo interposto tra le cellule tissutali circostanti. Il margine di una cellula endoteliale è sovrapposto, di solito, al margine di quella contigua in modo che il margine sovrapposto può fluttuare liberamente verso l’interno. Tale dispositivo costituisce una minuscola valvola che si apre verso il lume linfatico Fisiopatologia del linfedema particolare della struttura di un capillare linfatico Fisiopatologia del linfedema L'entità del flusso linfatico è determinata principalmente da due fattori: Dalla pressione del liquido interstiziale Dal grado di attività della pompa linfatica Fisiopatologia del linfedema Il flusso linfatico è bassissimo a pressioni negative del liquido interstiziale, invece quando la pressione interstiziale sale fino a valori di poco superiori allo 0 mmHg il flusso aumenta. Fisiopatologia del linfedema Linfangione Ogni segmento linfatico compreso tra due valvole viene detto linfangione e funziona come una pompa automatica distinta Fisiopatologia del linfedema L’insufficienza del sistema linfatico porta all’accumulo di proteine plasmatiche nel liquido interstiziale ed aumenta la sua pressione colloidoosmotica. L’ edema è quindi il risultato di uno squilibrio del rapporto esistente tra il carico e la capacità del sistema linfatico di drenare le proteine e i liquidi della filtrazione capillare Fisiopatologia del linfedema Si definisce edema ( dal greco gonfiore) l’accumulo, localizzato o generalizzato, di un’eccessiva quantità di liquido nel tessuto interstiziale o all’interno di cavità corporee. In caso di edema generalizzato di grave entità, si parla di anasarca, mentre l’accumulo in cavità corporee va sotto il nome di ascite, idrotorace o, raramente, idropericardio. Fisiopatologia del linfedema L’insufficienza di flusso secondo Földi è di due tipi: Insufficienza dinamica (ad alto flusso) Insufficienza meccanica (a basso flusso) Fisiopatologia del linfedema L’insufficienza dinamica (ad alto flusso) Abbiamo un’alta portata del sistema linfatico, poiché lavora al massimo delle sue possibilità. La osserviamo in tutte quelle condizioni in cui il sistema linfatico e anatomo-funzionalmente integro, ma il sistema di produzione del liquido interstiziale da cui origina la linfa genera un sovraccarico funzionale: Flebolinfedema da aumento della pressione venosa Iinsufficenza renale, epatica o cardiaca. Include tutti quegli edemi con una concentrazione proteica di 1 gr % e i borderline cioè tra 1 è 2 gr %. Fisiopatologia del linfedema Insufficienza meccanica (a basso flusso) Abbiamo un insufficenza meccanica cioè con blocco della progressione della linfa verso il circolo sistemico. All’inizio si osserva un sovraccarico funzionale della porzione venulare (fase di compenso clinico o fase di latenza) successivamente lo scompenso con enorme accumulo di liquido ricco in proteine che aumenta la pressione colloido-osmotica interstiziale e stimola inoltre la flogosi che ne complicano il quadro fino alla fibrosi La incontriamo nel: linfedema secondario post-chirurgico post-traumatico e nelle ostruzioni linfatiche. La concentrazione di proteine è compresa tra 1 e 4 gr%. Fisiopatologia del linfedema Il decorso del linfedema è caratterizzato da quattro stadi, con una progressione diversa da paziente a paziente. I° Stadio: limitazione della capacità di trasporto del sistema linfatico, accertabile con esami strumentali, senza sintomi clinici. II° Stadio. Edema serotino che regredisce durante la notte o con le gambe sopraelevate. III° Stadio. Edema che non regredisce con la posizione declive. La tumefazione è dura, esercitando una pressione con le dita non si forma alcuna depressione. IV° Stadio. S’indurisce tutto l'arto e si presentano disturbi trofici, in questa fase il paziente non accusa dolore né c’è ulcerazione. Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema Criteria committee of the N.Y. Heart Association (1964) Classificazione di Zierman (1966) Battezzati-Donini (1967) Howard (1968) Foeldi (1971, 1982) Cordeiro (1983) Martorell (1972) Hunt (1972) Kinmonth (1982) Pietravallo (1988) Campisi (1997) Classificazione Operativa (Donini, 1992- modificata 1998) Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema presentazione della CEAP-L chiamata in primo momento CEAFF nel 2000. Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema La classificazione CEAP - L, nasce da uno studio clinico e strumentale sui pazienti con il linfedema, presso l'Università degli Studi di Ferrara. Questa classificazione, ispirandosi all'ormai nota CEAP, per l'insufficienza venosa cronica degli arti inferiori, doveva rappresentare un mezzo per lo specialista per poter inquadrare questa malattia, in ambito clinico e di ricerca. La CEAP-L è stata divisa come sua sorella CEAP-V: C (Clinica) E (Eziologica) A (Anatomica) P (fisioPatologica) indicando con L per differenziarla da quella dell'insufficienza venosa cronica (V). Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema C: Clinica: si basa sul quel segno obiettivabile in tutti i pazienti, l'edema, ed in base al suo comportamento si identificano 5 classi: C0: no segno visibile di malattia - edema saltuario C1: edema che scompare con il riposo notturno - che compare tutti i giorni C2: edema che persiste con il riposo notturno - edema fisso C3: edema con lesioni trofiche chiuse C4: edema con lesioni croniche attive C5: fibrosi massiva del sottocute con o senza lesioni trofiche E: Eziologia Ec: congeniti Es: secondari Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema A: Anatomia Arto inferiore superficiali (AS): M (mediali), L(laterali); Arto superiore superficiali (AS): E(esterni), I (interni), Me (mediani), M (mediani del braccio), L (laterali del braccio). Arto inferiore e superiore linfatici profondi (AP) : PT (popliteo-tibiali), F (femorali), I (iliaci), LA (lomboaortici), DT (dotto toracico), R (radiali), U (ulnari), B(brachiali) Linfonodi (N): PO (poplitei), IN (inguinali), IL (iliaci), LA (lomboaortici), PE (pelvici), EP (epitrocleari), AS (ascellari). N0: linfonodi valutabili, N1: ipoplasia, N2: aplasia. Morfologia del sottocutaneo (S): S0: normale, S1: edema, S2: fibrosi. (come concetto di prevalenza di edema o fibrosi) Linfangiti (L): L0: nessun episodio, L1: da 1 a 3 episodi, L2: > 3 episodi. Essudazione (E): E0: nessuna, E1: essudazione modesta "a goccia", E2: essudazione profusa. P: FisioPatogenesi Pa: Agenesia-ipoplasia; Pi: Iperplasia; Po: Ostruzione; Pr: Reflusso; Ps: Sovraccarico Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema Eziologica Primario o idiopatico Ereditario Non ereditario Secondario Traumatico Infiammatorio Post-terapeutico Neoplastico Flebolinfedema Infezioni o parassiti Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema Clinica Leggero I grado: senza alcuna lesione cutanea che risponde al trattamento in meno di 3 mesi II grado: senza alcuna lesione cutanea che non risponde al trattamento in meno di 3 mesi Ingravescente III grado: fibredema IV grado: elefantiasi Fisiopatologia del linfedema Classificazione del linfedema Topografica Volto Estremità superiori Ascendente discendente Estremità inferiori Ascendente Discendente Emisoma Genitali Fisiopatologia del linfedema Evoluzione del linfedema Linfedema Cronico Complicanze Elefantiasi I meccanismi che controllano il flusso della linfa sono stati definiti da parte di Marlys Witte un “viaggio fantastico” dove molti luoghi rimangono ancora inesplorati. Salvatore De Roberto