Anatomia del Grosso intestino
Il grosso intestino, lungo in media 130-140 cm, inizia a livello della valvola
ileocecale e termina al canale anale; comprende il colon (cieco, colon
ascendente, flessura epatica, colon trasverso, flessura splenica, colon
discendente e sigma) ed il retto.
La vascolarizzazione del colon e del retto è fornita da un duplice sistema:
i vasi mesenterici superiori irrorano cieco, ascendente, flessura epatica e metà
prossimale del trasverso, mediante i tronchi ileocolici, colici destri e medi;
l’arteria e la vena mesenterica inferiore, per mezzo dei vasi colici sinistri, dei
sigmoidei e degli emorroidari superiori, vascolarizzano il tratto distale del
trasverso, il colon discendente, il sigma ed il retto superiore e medio
Polipi e poliposi
Il polipo è una neoformazione, sessile o peduncolata, aggettante nel lume
intestinale.
Nel colon-retto si distinguono
· polipi non neoplastici, che non hanno tendenza alla cancerizzazione e
che comprendono i polipi iperplastici, i polipi amartomatosi (quelli
giovanili e quelli della sindrome di Peutz-Jeghers), i polipi infiammatori;
· polipi neoplastici, rappresentati dagli adenomi che sono oggi considerati
precursori del cancro colorettale; le loro caratteristiche anatomopatologiche consentono di differenziarli in adenomi tubulari, villosi e
tubulovillosi.
Il polipo adenomatoso, in tutte le sue varietà, può
rimanere a lungo asintomatico e costituire reperto
occasionale in corso di colonscopia o di clisma
opaco.
Si possono clinicamente manifestare con:
· emissione di sangue, più o meno abbondante, di colore rosso vivo o rosso
scuro, durante o al di fuori della defecazione;
· mucorrea, frequente soprattutto negli adenomi villosi; il muco riveste le feci
oppure viene emesso, talora in grandi quantità, indipendentemente da esse;
· diarrea acquosa, espressione rara, anche se talora severa, di un adenoma
villoso;
· sintomi ancor meno comuni: tenesmo rettale (per occupazione
dell’ampolla), dolori addominali, protrusione del polipo attraverso l’orifizio anale.
La diagnosi scaturisce essenzialmente
dai rilievi raccolti mediante
colonscopia; essa consente peraltro,
attraverso il prelievo bioptico, la
definizione istologica della lesione; più
limitato risulta invece il significato del
clisma opaco, seppur effettuato con la
metodica del doppio contrasto
Poliposi
La presenza di numerosi polipi in segmenti diversi del grosso intestino – e talora
in altri distretti del tubo digerente – configura quadri di “poliposi”con particolari
peculiarità
E T A’ alla diagnosi
Veneto - 2660 casi/anno
Età
Maschi
Femmine
fino 50
70 (5%)
70
50 - 64
380
280
65 - 74
520
375
75 +
430
535
Totali
TUMORI DEL COLON
1400
1260
Tumori maligni
Epidemiologia
Il cancro del colon-retto occupa,
per incidenza, il secondo posto
tra i tumori maligni nell’uomo ed
il terzo nella donna.
È più frequente nei Paesi del
Nord America, in Europa
occidentale, in Australia e nella
Nuova Zelanda .
In Italia si osservano,
annualmente, circa 40 nuovi
casi ogni 100.000 abitanti.
L’età avanzata ne è più colpita,
con un massimo di frequenza
nella V-VII decade. Le sedi più
spesso coinvolte sono il retto ed
il sigma ; negli ultimi anni si è
comunque osservato un
aumento delle localizzazioni nel
colon destro.
Eziologia e fattori di rischio
La sua eziologia è sconosciuta; studi epidemiologici suggeriscono però che nella
sua genesi possano avere un certo significato fattori dietetici diversi mentre
sembra documentata l’esistenza di popolazioni a rischio più elevato.
Fattori dietetici: alcune osservazioni attribuiscono ad una dieta povera di fibre e
ricca di grassi un ruolo importante; infatti:
il cancro del colon-retto è poco comune nelle popolazioni africane che
consumano abbondanti quantità di frutta e verdura rispetto ai rilievi nei
Paesi industrializzati ove predominano invece sofisticati regimi alimentari
poveri di fibre;
tra i componenti di alcune comunità religiose cui sono imposte, per
principio, rigide restrizioni dietetiche, l’incidenza di questa patologia è,
sorprendentemente, assai rara al confronto con i riscontri globali nell’area
geografica (Stati Uniti) nella quale essi vivono. Studi recenti sembrerebbero
peraltro convalidare queste supposizioni.
I meccanismi attraverso cui la dieta potrebbe influenzare lo sviluppo della
neoplasia sono, al momento, soltanto ipotizzabili:
le fibre, promuovendo un più rapido svuotamento intestinale e legando le
sostanze potenzialmente cancerogene, ridurrebbero la durata del contatto tra
queste e la mucosa;
alcuni derivati del colesterolo, isolati anche nelle feci, potrebbero essere
responsabili di un danno genetico come è stato sperimentalmente dimostrato
in colture cellulari e, nell’animale, anche a livello dell’intestino;
l’elevato consumo di grassi indurrebbe, attraverso l’aumento della secrezione
di acidi biliari, una più intensa proliferazione cellulare della mucosa colica
(rilievo anch’esso sperimentale).
Popolazioni a rischio: la possibilità che il carcinoma del colon-retto si
sviluppi, in alcuni soggetti, con incidenza significativamente aumentata rispetto
alla popolazione globale è ampiamente documentata .
Numerose sono le condizioni a “rischio”.
FATTORI DI RISCHIO PER IL
CA DEL COLON-RETTO (CRC)
• Età
• Storia personale di CRC o adenomi
• Dieta
• Malattie infiammatorie gastrointestinali (IBD)
• Storia familiare di CRC
• Sindromi ereditarie del colon-retto
Familiarità per il cancro colorettale:
condizione nella quale la neoplasia si presenta con frequenza maggiore (2-3
volte) al confronto con quanto si osserva, in media, nella popolazione generale.
Il ruolo dell’ereditarietà è stato peraltro dimostrato nella “sindrome
familiare neoplastica colorettale” (sindrome di Lynch 1) e nella
“sindrome adenocarcinomatosa ereditaria” (sindrome di Lynch 2):
la prima si caratterizza per la comparsa, in età relativamente giovanile, in più
membri ed in più generazioni della stessa famiglia, di tumori, spesso multipli,
esclusivamente nel colon-retto e soprattutto nel settore destro; nella seconda, il
processo neoplastico, che coinvolge diversi componenti di un identico gruppo
familiare, ha primitivamente sede in organi diversi (colon-retto, stomaco, ovaio,
mammella).
Anatomia patologica
Aspetto macroscopico: pur potendo il tumore del colonretto assumere
numerose conformazioni macroscopiche, si distinguono essenzialmente le
forme:
vegetante : si presenta come una neoformazione sessile che protrude nel
lume intestinale, d’aspetto fungoide o “a cavolfiore“, a superficie e margini
irregolari;
ulcerata : assume le caratteristiche tipiche di un’ulcerazione maligna con
fondo sanioso e margini sollevati, irregolari, eversi; può essere circolare od
ovoidale,con il diametro maggiore orientato lungo l’asse trasversale del
viscere nel quale si estende per oltre i 2/3 della circonferenza;
infiltrante : è costituita da una ulcerazione centrale e da un diffuso ed
esteso ispessimento della parete, in buona parte ricoperta da mucosa
normale; rappresenta spesso l’evoluzione di una forma vegetante o
ulcerata ed è di frequente riscontro nella rettocolite ulcerosa;
anulare-stenosante : si estende per tutta la circonferenza intestinale e
determina un restringimento del lume; ha superficie irregolare, con estesi
processi necrotici e tendenza ulcerativa; la parete infiltrata è deformata e
rigida.
Modalità di diffusione: la neoplasia si può propagare:
· localmente (per continuità, contiguità, disseminazione esfoliativa)
· a distanza, per via linfatica o per via ematica.
Sintomatologia
I sintomi ed i segni clinici dei tumori del grosso
intestino variano in rapporto alla sede che
occupano nei vari segmenti del viscere: ciò è da
attribuire, da un lato, alle differenti peculiarità
morfologiche della neoplasia nelle diverse
localizzazioni e, dall’altro, alle caratteristiche
anatomiche e funzionali del settore interessato. In
linea di massima è opportuno considerare
separatamente i tumori del colon destro, quelli del
colon sinistro e quelli del retto
Colon destro: il colon destro (cieco, ascendente, flessura epatica, trasverso
prossimale) ha un lume piuttosto rilevante ed un contenuto essenzialmente
liquido; le lesioni che si sviluppano a questo livello sono tipicamente
vegetanti,spesso di grosse dimensioni e talora ulcerate,facilmente sanguinanti.
I principali elementi clinici in questa condizione sono:
· anemia, secondaria alla cronica e costante perdita ematica della superficie
neoplastica, con rara evidenza macroscopica del sangue nelle feci in quanto
esso, mescolandosi con il contenuto intestinale, non risulta obiettivabile;
· dolore, di tipo gravativo, non molto intenso, subcontinuo, localizzato nei
quadranti addominali di destra e, talora, all’epigastrio; si accompagna spesso ad
un vaga sintomatologia dispeptica;
· astenia, riconducibile per lo più all’anemizzazione;
· massa palpabile che, situata naturalmente nell’emiaddome destro, è indice,
relativamente frequente, di situazioni avanzate;
· anoressia e dimagrimento, espressioni generiche di una neoplasia per troppo
tempo rimasta sconosciuta.
I sintomi del carcinoma del colon destro sono quindi, assai spesso, vaghi
ed aspecifici,.
Colon sinistro: il materiale che attraversa il colon sinistro (trasverso distale,
flessura splenica, discendente, sigma) è invece prevalentemente solido ed i tumori
di queste sedi sono, per lo più, di tipo anulare infiltrante; per tali motivi ed anche a
causa del minor diametro di questo distretto visce-rale, è frequente l’osservazione di
una ostacolata canalizzazione.
I rilievi predominanti sono quindi:
· modificazioni dell’alvo, spesso minime e progressive, caratterizzate da stipsi o
da diarrea, ma in genere dall’alternanza tra l’una e l’altra; solitamente si verifica un
primo episodio diarroico al mattino presto,preceduto da una impellente sensazione
di defecazione: il materiale evacuato è più o meno abbondante ed è misto a muco e
sangue; nell’arco della giornata gli episodi si ripetono e sono talora numerosi;
· presenza di sangue nelle feci, talora in modesta quantità ed, a volte, in misura
copiosa; non di rado si associa ad emissione di abbondante muco;
· dolore addominale, spesso di tipo intermittente, di intensità variabile, localizzato
prevalentemente ai quadranti sinistri o diffuso a tutto l’addome, correlabile alle
contrazioni vivaci del colon a monte di una stenosi volte a far procedere il materiale
gassoso e fecale; allorquando esso è continuo o subcontinuo, sordo e gravativo può
essere invece espressione della infiltrazione del peritoneo parietale
Retto: il retto ha dimensioni cospicue, specie nella porzione ampollare che
costituisce la maggior parte del viscere, e funge da serbatoio per le feci, solide. Le
neoplasie a questo livello sono prevalentemente vegetanti ed ulcerate, facilmente
sanguinanti.
Si distinguono, in rapporto alla localizzazione del tumore, a livello sovrampollare,
ampollare o sottoampollare, quadri clinici diversi:
· i primi si caratterizzano per una sintomatologia sovrapponibile a quella descritta
per il colon sinistro;
· nelle neoplasie ampollari prevalgono invece:
- tenesmo, e cioè spiacevole sensazione, persistente, di incompleto
svuotamento rettale, con senso di peso e di corpo estraneo, talora accompagnati
da dolore gravativo;
- rettorragia e cioè emissione di sangue rosso vivo anche in grande quantità,
durante e dopo la defecazione o indipendentemente da essa; concomita, di norma,
anche mucorrea;
· nelle forme sottoampollari, a rapida evoluzione verso la stenosi, si rileva:
- dolore perianale e perineale, che si accentua nel corso della defecazione;
- evacuazione di feci nastriformi,miste a sangue e muco;
- tenesmo imponente.
A volte il cancro del colon-retto può esordire con i sintomi di una sua
complicanza:
l’ileo meccanico
la perforazione,
Diagnosi
Valutazione clinica
>>> Esplorazione rettale
>>>Rettocolonscopia
>>>Clisma opaco a doppio contrasto
>>> Ecografia e TAC per stadiazione
TRATTAMENTO
Prognosi
Dopo intervento curativo, la sopravvivenza globale a 5 anni si attesta tra il 55 ed
il 75%.
Dei numerosi fattori che condizionano la prognosi il più importante è lo
“stadio” del tumore , definito attraverso lo studio anatomo-
patologico del pezzo operatorio.
Nelle lesioni confinate alla sottomucosa la sopravvivenza a 5 anni è dell’8090%;
si osserva una certa riduzione (60-70%) allorquando viene superata la
muscularis propria;
in presenza di coinvolgimento linfatico regionale essa scende poi a livelli assai
contenuti (25-40%).
Dopo chirurgia presuntivamente curativa per metastasi epatiche o polmonari la
sopravvivenza a 5 anni è, tra gli operati in questa condizione, del 25-30%.
STADIAZIONE DI UNA NEOPLASIA
Sulla base del coinvolgimento di sedi anatomiche diverse
ADENOCARCINOMA COLON-RETTO
CARCINOMA COLO-RETTALE
SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI IN RELAZIONE ALLO STADIO
90%
70-85%
55-70%
< 10%
CHE FREQUENZA HA IL TUMORE DELL'INTESTINO ?
L'intestino è l'ultima parte del sistema deputato alla digestione ed è distinguibile in
tre parti:
1) il piccolo intestino o intestino tenue (dove, dopo il
passaggio nello stomaco, viene completata la digestione e
dove avviene l'assorbimento principale delle sostanze
nutrienti);
2) il colon (dove avviene principalmente il riassorbimento della
componente di acqua e sali);
3) il retto (ultimo tratto dell'intestino che svolge la funzione di
serbatoio delle feci).
I tumori dell'intestino tenue sono relativamente rari.
Il tumore del colon-retto è una malattia molto frequente
nelle popolazioni del mondo occidentale.
Quando si parla di tumori intestinali, pertanto, si fa
solitamente riferimento a tumori localizzati nel colon o
nel retto.
In Italia si osservano circa 28.000 nuovi casi all'anno.
La gran parte di questi tumori si sviluppa in soggetti
oltre i 50 anni d'età.
COME SI SVILUPPA IL TUMORE DEL COLON-RETTO ?
Il tumore del colon-retto si sviluppa a partire da lesioni di tipo benigno che
sono visibili come masserelle di tessuto sporgenti all'interno dell'intestino
(POLIPI ADENOMATOSI) e hanno dimensioni variabili da pochi millimetri
a pochi centimetri.
Solo alcune di queste lesioni benigne progrediscono nel tempo a lesioni
di tipo maligno perché le cellule tumorali acquisiscono la capacità di
accrescersi al di fuori della sede normale e di invadere altri tessuti.
Il passaggio da mucosa normale a tumore invasivo è lungo e si stima
possa durare 10-15 anni.
QUAL'E' IL RUOLO DELLA DIETA E DELLE ABITUDINI DI VITA NELLA
PREVENZIONE DEL TUMORE DEL COLON-RETTO ?
Alcuni studi indicano che una dieta contenente molti grassi e poche
fibre è associata ad un aumentato rischio di tumore del colon-retto.
Per ridurre il rischio di tumore, la dieta non deve fornire più del 25%
di calorie sotto forma di grassi.
Inoltre, deve includere molte fibre e scorie, contenute nella frutta e
nella verdura.
Anche l'assunzione di alimenti ricchi di calcio sembra essere di
potenziale aiuto.
Infine, sembra essere anche importante mantenere un corretto peso
corporeo e svolgere attività fisica regolarmente.
Queste indicazioni, tuttavia, sono generali e, unitamente all'invito a
non fumare, valgono come buone regole di prevenzione per le
principali malattie croniche dell'età adulta, cioè tumori e malattie
cardiovascolari.
Seguirle è utile ma, per quanto riguarda il tumore del colon-retto,
esse devono affiancare e non sostituire misure in grado di portare
ad una diagnosi precoce dei tumori e soprattutto dei tumori benigni.
Dieta ed abitudini di vita possono contribuire a
diminuire il rischio di tumore del colon-retto ma
non sono, come vedremo in seguito, gli unici
fattori che aumentano il rischio di sviluppare
questa malattia.
QUANDO E' OPPORTUNO PENSARE ALLA
PREVENZIONE DEL TUMORE DEL COLON-RETTO ?
La risposta a questa domanda è di fondamentale importanza perché una
gran parte dei soggetti con polipi non lamentano alcun disturbo che ne
faccia sospettare la presenza e, quindi, aspettare la comparsa di
sintomi per effettuare dei controlli può pregiudicare la possibilità di
prevenire, con la rimozione del polipo, lo sviluppo del tumore maligno.
La prevenzione, dunque, interessa persone sane per le quali si
suppone esista un rischio di malattia tale da giustificare
l'esecuzione di indagini mediche.
Nella popolazione generale il principale fattore di rischio
oggi riconosciuto è l'età.
Dopo i 50 anni, infatti, il tumore del colon-retto diviene una
malattia frequente nelle popolazioni occidentali.
Questo vuol dire che tutte le persone di questa fascia d'età
potrebbero trarre vantaggio da interventi di prevenzione.
Per questo, a livello nazionale ed internazionale, sono in
corso studi volti a individuare le migliori modalità con cui
effettuare gli interventi
di prevenzione nella
popolazione a rischio medio per età.
COME SI PUO' PREVENIRE IL TUMORE DEL COLON-RETTO ?
La visione diretta dell'interno dell'intestino è oggi possibile mediante un esame
ambulatoriale (colonscopia).
Nella maggior parte dei casi, una volta riconosciuta la presenza dei polipi, questi
possono essere rimossi durante l'endoscopia senza dover affrontare un
intervento chirurgico.
Togliendo il polipo, si elimina la possibilità che la lesione eventualmente
progredisca nel tempo a tumore maligno.
Nella popolazione generale a rischio medio per età, sono stati proposti due test di
screening: la ricerca del sangue occulto nelle feci (e successiva colonscopia se il
sangue è presente) e la rettosigmoidoscopia (esame dell'ultimo tratto dell'intestino
dove più frequentemente si sviluppano i tumori).
Sono in corso studi a livello nazionale ed internazionale per valutare quale
programma sia migliore, in termini di efficacia, costi ed accettabilità da parte della
popolazione.
CHE SIGNIFICATO POSSIAMO DARE ALLA STORIA FAMILIARE ?
Oltre all'età, fattore di rischio riconosciuto per il tumore del colon-retto è
la storia familiare.
Studi di tipo epidemiologico hanno dimostrato che le persone con un
parente di primo grado (genitore, fratello/sorella, figlio/a) affetto da tumore
del colon-retto hanno un rischio circa tre volte maggiore di sviluppare la
malattia rispetto a persone senza tale storia familiare.
Quindi, le persone con storia familiare di tumore del colon-retto potrebbero trarre
vantaggio da interventi di prevenzione diversi da quelli consigliabili per la
popolazione generale.
COMPRENDERE IL SIGNIFICATO DEL
RISCHIO FAMILIARE E PROGRAMMARE
ADEGUATE MISURE DI SORVEGLIANZA È
L' OBIETTIVO DI UN PERCORSO DI
CONSULENZA GENETICA.
RUOLO DEI GENI NELLO SVILUPPO DEI TUMORI
La formazione di un tumore è dovuta all'accumulo nel
tempo di alterazioni in geni la cui funzione normale è
molto importante nella regolazione di processi
fondamentali per la vita delle cellule dell'organo in cui il
tumore si sviluppa.
Quando questi geni sono alterati, la cellula non risponde più
adeguatamente agli stimoli a cui è sottoposta (es. si
riproduce in maniera non controllata, non è capace di
riparare i danni, non è più in grado di interagire
correttamente con le cellule vicine, diviene capace di
entrare nei vasi sanguigni e linfatici migrando così al di fuori
della sua sede naturale).
I geni sono quelle parti del materiale genetico (DNA) che contengono il
messaggio necessario alla cellula per costruire e utilizzare una data
proteina.
Poiché le proteine svolgono nella cellula tutto quell'insieme di attività che
consentono alla cellula di vivere e svolgere le sue funzioni specializzate,
l'effetto della presenza di un'alterazione in un gene sarà diverso a
seconda del ruolo svolto dalla proteina da esso specificata e del tipo di
difetto presente.
Se paragoniamo la cellula ad un'automobile, le proteine ai suoi vari
componenti ed i geni agli stampi per formare questi pezzi, possiamo
immaginare facilmente come la presenza di un difetto nello stampo del
cruscotto possa avere conseguenze ben diverse da un difetto nel sistema
dei freni e che possono esistere difetti di maggiore o minore impatto sul
funzionamento del sistema di frenaggio.
Quando una modificazione in un gene compromette lo svolgimento
della funzione delle proteina che si produce da quel gene viene detta
MUTAZIONE.
Quando, invece, una modificazione genica non ha conseguenze evidenti
sulla funzione del gene viene detta VARIANTE.
A volte, capire se una data modificazione in un gene sia una mutazione o una
semplice variante richiede molti anni di studio. Ciò è vero soprattutto in questi
anni perché le nuove tecniche di analisi del DNA consentono di analizzare i geni
noti con una certa facilità mentre capire il significato biologico delle modificazioni
della maggior parte di questi stessi geni è tutt’oggi molto difficile.
Ogni volta che la cellula si moltiplica, il DNA presente nella
cellula deve essere fedelmente ricopiato affinché ciascuna
delle nuove cellule contenga l'informazione originale.
Durante la sintesi del nuovo DNA, ciascun filamento serve da
stampo per un nuovo filamento.
Ogni volta che, durante questo processo, i filamenti di DNA
contengono un errore che non viene corretto durante la sintesi
della nuova molecola, l'informazione originale viene alterata.
Da ciò consegue che:
1. tutte le cellule derivanti da una singola cellula
progenitrice ereditano le mutazioni eventualmente
presenti in essa;
2. nuove mutazioni possono essere introdotte al momento
della formazione di nuove cellule.
Le mutazioni possono avvenire in tutte le cellule.
Si dice che una mutazione è SOMATICA quando avviene in
cellule dell'organismo non deputate alla riproduzione e sarà
quindi presente solo nelle cellule che si originano dalla
cellula in cui la mutazione si è formata.
Si dice che una mutazione è GERMINALE quando avviene
nelle cellule deputate alla riproduzione (ovociti e spermatozoi)
Quindi, solo quando è germinale una mutazione
genetica può essere trasmessa da un individuo
ai suoi discendenti.
Tutti i tumori si sviluppano per l'accumulo di mutazioni somatiche.
In alcuni casi può essere presente una mutazione genetica di tipo
ereditario (=mutazione germinale) in grado di contribuire
direttamente alla formazione del tumore.
Però, non si eredità mai il tumore e si avrà lo sviluppo della malattia
solo se, nel tempo, verranno accumulate, da alcune cellule,
mutazioni somatiche in ulteriori geni.
Per questo, un certo numero di persone con mutazioni ereditarie
non sviluppano tumori anche se vivono fino in tarda età.
Una stima della probabilità che la malattia si sviluppi nei portatori di
una mutazione ereditaria è data dalla PENETRANZA, valore ricavato
dal rapporto tra i portatori di mutazione affetti dalla malattia ed il
totale dei portatori di mutazione, affetti e non affetti (es. penetranza
del 50% vuol dire che su 100 portatori di mutazione, 50 sviluppano la
malattia).
Fattori di tipo ambientale sono in grado di modificare la probabilità
che si verifichino e si accumulino le mutazioni somatiche.
Ad esempio, è noto che molti agenti fisici (radiazioni) e chimici (es.
sostanze contenute nel fumo di sigaretta), che sono in grado di
provocare l'insorgenza di tumore, agiscono alterando il DNA (si parla di
agenti 'mutageni').
Un gran numero di geni sono variabili da persona a persona (si
pensi ai geni che determinano il colore degli occhi).
Tale variabilità genetica condiziona, in parte, il modo in cui la cellula
(e l'organismo nel suo insieme) si comporta quando sottoposta,
solitamente per un lungo periodo di tempo, a fattori ambientali
dannosi.
In maniera indiretta, quindi, anche molti geni normali possono
condizionare il rischio di sviluppare un tumore.
TUMORE COLON-RETTALE SPORADICO,
FAMILIARE, EREDITARIO
Sulla base di quanto detto, i casi di tumore del
colon-retto possono essere distinti in tre
diverse categorie:
1. Tumore Sporatico
2. Tumore Familiare
3. Tumore Ereditario
Si parla di tumore sporadico quando non ci sono altri
casi nella famiglia e quando non sono presenti
nell'individuo che ha sviluppato il tumore altre lesioni di
natura tumorale, benigna o maligna, e/o di natura non
tumorale che siano caratteristiche di una malattia ereditaria
nota.
Il termine sporadico, quindi, indica un tumore la cui
comparsa non è apparentemente legata alla presenza di
fattori in grado di influenzare la probabilità che la malattia
si ripresenti nella persona o nella sua famiglia.
La maggior parte dei tumori del colon-retto appartiene a
questa categoria.
Si parla di tumore familiare quando l'individuo che ha sviluppato il tumore
ha parenti stretti con questo tipo di tumore.
Studi di tipo epidemiologico indicano che avere un familiare di primo grado
(genitore, fratello/sorella; figlio/a) con tumore del colon-retto aumenta il
rischio di sviluppare la malattia.
Quali fattori sono in grado di influenzare la probabilità che la malattia si
ripresenti nella famiglia ?
Persone della stessa famiglia hanno in comune una certa percentuale di
geni, tanto più grande quanto più sono parenti prossimi (es. 100% quando
sono gemelli monozigoti; 50% quando sono genitore-figlio o fratello-sorella;
25% quando sono nonno-nipote, zio-nipote) e molte abitudini di vita (es.
dieta).
Geni e ambiente interagiscano a più livelli durante tutto il periodo di tempo
in cui il tumore si sviluppa.
Quindi, sia fattori di natura ereditaria che fattori di natura
ambientale possono essere alla base del rischio familiare di
tumore.
Inoltre, data la frequenza del tumore del colon-retto nella
nostra popolazione, una parte delle aggregazioni familiari
potrebbero essere dovute al ripetersi casuale nella famiglia
dell'evento frequente nella popolazione.
In altre parole, quindi, anche alcuni tumori sporadici vengono
probabilmente ad essere erroneamente inseriti nel
sottogruppo di tumori legati a fattori familiari.
Attualmente, circa il 15% dei tumori del colon-retto
appartiene alla categoria dei tumori familiari così come
l'abbiamo definita.
Si parla di tumore ereditario quando lo sviluppo del tumore colon-rettale
è legato alla presenza di una mutazione germinale in un singolo gene in
grado di conferire un elevato rischio di malattia al soggetto portatore di
mutazione (= mutazioni con alta penetranza), anche in età giovane.
Poiché la mutazione è ereditaria, essa sarà condivisa da più persone
della famiglia, su più generazioni, con una probabilità che deriva dalla
vicinanza genetica degli individui.
Solitamente, quindi, quando si è di fronte ad un caso di tumore ereditario
esistono più casi in famiglia su più generazioni, spesso in età giovane e,
talvolta, più tumori maligni si sviluppano in uno stesso individuo.
In altre parole, i tumori ereditari rappresentano un sottogruppo di tumori
all'interno dei tumori familiari.
Un numero limitato di casi di tumore del colon-retto (circa il 3%) viene
oggi attribuito a questa categoria.
Ciascuno di noi possiede due copie di ciascun gene, una materna e una
paterna: la probabilità di ereditare il gene mutato dal genitore portatore
della mutazione è quindi del 50% per ciascun figlio.
Abbiamo già visto prima come il termine Tumore Ereditario sia,
comunque, FORMALMENTE NON CORRETTO: NON SI EREDITA
MAI IL TUMORE MA UNA MUTAZIONE CHE HA UN RUOLO
IMPORTANTE PER IL SUO SVILUPPO.
Nell'ambito delle forme di tumore del colon-retto a componente
ereditaria, si distinguono due principali condizioni:
1. POLIPOSI FAMILIARE DEL COLON (FAP)
2. SINDROME DEL TUMORE EREDITARIO
COLORETTALE NON ASSOCIATO A
POLIPOSI (Hereditary Non Polyposis Colorectal
Cancer - HNPCC)
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Cancro del colon