Impianti ibridi In due si lavora meglio Abbinare una pompa di calore e una caldaia a condensazione può migliorare l’efficienza e ridurre i consumi nel ciclo annuale di funzionamento. E le potenzialità sono enormi, tanto che ai modelli monoblocco si sono aggiunte soluzioni “splittate” che agevolano installazione e investimento di Dario Fusco L e pompe di calore stanno conquistando spazio sul mercato, trend che riguarda in modo particolare le versioni che sfruttano l’energia termica presente nell’aria per fornire energia all’edificio, con un bilancio costi/prestazioni teoricamente molto interessante. Queste macchine, azionate da energia elettrica, 36 n.49 presentano però un’efficienza non sempre costante, in funzione di molteplici variabili, non sempre controllabili agevolmente, che in qualche caso rischiano di compromettere la reale convenienza dell’impianto. Perché non integrare? Dalla necessità di garantire affidabilità e resa costante nelle diverse condizioni di esercizio, sono nati i sistemi ibridi integrati, apparecchi che combinano l’efficienza delle pompe di calore e di altri generatori ad energie rinnovabili, con la costanza e la robustezza esigenze imposte dalle nuove normative per il risparmio energetico. Diverse opzioni per le pdc Modulare e versatile. ELFOSystem Gaia L Hybrid, la soluzione ibrida di Clivet per la climatizzazione e produzione di ACS basata su una pompa di calore a inverter con unità esterna, caldaia a condensazione e accumulo da 280 litri. La pdc funziona fino a temperature di -20°C ed è dotata di circuito di sottoraffreddamento e batteria idrofilica per ridurre i cicli di sbrinamento. Il sistema può produrre acqua calda fino ad una temperatura i 70°C Anche murale. Nuovo sistema ibrido monoblocco per installazione murale esposto a MCE2014 da Sime pensando al mercato della riqualificazione energetica: combina in poco spazio una caldaia Murelle HM 25 e una pompa di calore aria/acqua da 4 kW (COP 4), gestite in serie dal sistema elettronico M.E.M. delle tradizionali caldaie a condensazione. L’integrazione delle diverse fonti è gestita da dispositivi di controllo “intelligenti” capaci di selezionare o combinare, di volta in volta, i generatori più performanti e convenienti, utilizzando algoritmi che si basano sulle condizioni operative e climatiche, sulle prestazioni delle macchine e, in molti casi, sui prezzi di gas ed elettricità. Prima del Decreto Romani, ad adottare sistemi in pompa di calore, generalmente alimentati da fotovoltaico, erano per lo più lungimiranti proprietari di ville singole. Con l’entrata in vigore del nuovo assetto normativo, nel marzo 2011, il mercato delle pompe di calore ha subito una rivoluzione, che ha reso questa tecnologia ideale per soddisfare le Oggi sono disponibili sul mercato diverse tipologie di pompa di calore, che si distinguono principalmente per la fonte di energia rinnovabile utilizzata dalle macchine: le geotermiche usano il calore presente nel terreno, quelle ad acqua sfruttano invece il calore di pozzi, falde acquifere bacini e mari, mentre le pompe di calore ad aria estraggono l’energia termica dall’aria esterna. Queste ultime sono le più diffuse in virtù della maggiore convenienza economica, ma presentano problematiche legate all’estrema variabilità dell’efficienza. Col freddo meno efficienti L’efficienza delle pompe di calore è un tema fondamentale e, nel caso di pompe di calore ad aria, anche molto complesso. Si definisce come il rapporto tra l’energia termica prodotta dalla macchina e l’energia utilizzata per produrla; nel caso di pdc ad aria, essa dipende da molteplici fattori: dalla temperatura e umidità dell’aria esterna in primo luogo, ma anche dallo Destano interesse. Sistema ibrido Ferroli con pompa di calore reversibile, caldaia a condensazione e possibilità di integrazione con solare termico per produzione di ACS Ibridi e combinati. Parata di sistemi ibridi e combinati presso lo stand Radiant a Mostra Convegno Expocomfort 2014 n.49 37 L’evoluzione normativa favorisce le pompe di calore Con il Dlgs 311/06, entrato in vigore nel marzo 2006, è stata recepita anche in Italia la Direttiva 2002/91/CE sulle norme per la progettazione degli edifici. Il decreto impone che una quota del fabbisogno energetico dell’edificio debba provenire da fonte rinnovabile, sia negli edifici nuovi sia nelle grandi ristrutturazioni. In base al testo, negli edifici non storici questa percentuale doveva essere pari al 50% della quota di energia primaria equivalente necessaria per la sola produzione dell’ACS. Il Dlgs 311/06 consentiva il contributo delle rinnovabili elettriche, ma in una percentuale troppo bassa per incentivare l’utilizzo del fotovoltaico per alimentare una pompa di calore. Nel marzo 2011, il Decreto Romani (DM 28/2011) ha mutato il quadro normativo sulle rinnovabili: entrato in vigore nel luglio 2012, il testo stato di funzionamento, dalla temperatura di mandata del circuito di riscaldamento/ raffrescamento, dalla produzione o meno dell’ACS, e dai cicli di sbrinamento. Fino al 2012, l’efficienza in riscaldamento era indicata con l’indice COP (“Coefficient Of Performance”), mentre per quella in raffrescamento si utilizzava l’indice EER (“Energy Efficiency Ratio”). La Fig.1 riporta l’andamento del COP in funzione della temperatura esterna: si può notare che, riducendosi la temperatura esterna, l’efficienza diminuisce drasticamente. La ragione è semplice: in accordo con il ciclo di Carnot, su cui si basa il funzionamento di questi apparecchi, maggiore è la differenza di temperatura tra le sorgenti, più elevata è la quantità di lavoro Figura 1. Il COP di alcune pdc aria-acqua in funzione della temperature esterna Fonte: Ferroli 38 n.49 impone nelle nuove costruzioni o negli interventi di riqualificazione l’utilizzo di una quota progressiva di energia primaria derivante da energia rinnovabile, sia per il riscaldamento e raffrescamento degli edifici, sia per la produzione di acqua calda sanitaria, Nel dettaglio, le quote stabilite dal decreto sono pari al: •20%, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; •35%, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; •50%, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio 2017. necessaria: si riduce, di conseguenza, l’efficienza complessiva del sistema. Per lo stesso motivo, il COP diminuisce sensibilmente anche quando si produce ACS, in quanto sono necessarie temperature di mandata superiori a quelle richieste dai moderni terminali di climatizzazione. La decisa diminuzione delle prestazioni delle pompe di calore, in funzione della temperatura, è un aspetto fondamentale da considerare in fase di progettazione e di gestione dell’impianto. Dal COP allo SCOP Gli indici COP ed EER sono semplici ed intuitivi, ma possono essere fuorvianti quando applicati nella pratica, in quanto vengono calcolati su condizioni fisse, in base alla temperatura e allo stato di funzionamento, senza considerare fattori come il periodo dell’anno, la zona geografica o la tecnologia impiegata, che, come si è visto, sono determinanti nella valutazione dell’efficienza. Nel gennaio 2013, gli enti normatori hanno così deciso di sostituire il COP e l’EER con lo “SCOP” (“Seasonal Coefficient Of Performance”) e il “SEER” (“Seasonal Energy Efficiency Ratio”), al fine di tener conto sia delle prestazioni stagionali delle macchine, sia di altri importanti fattori, quali: •condizioni stagionali europee; Figura 2. Per rimuovere la brina esistono tre modi: il primo consiste nell’utilizzare una resistenza elettrica a spese di un maggior consumo elettrico, il secondo nell’invertire il ciclo, il terzo nell’iniettare gas caldi. Nel grafico vengono confrontate le ultime due tecniche Temperatura di bivalenza La Figura 3 descrive la logica di un sistema bivalente pdc-caldaia a condensazione, in funzionamento invernale: la linea blu rappresenta il carico termico invernale dell’edificio, mentre la linea rossa rappresenta la capacità termica della pompa di calore, entrambe riportate in funzione della temperatura esterna. Il punto di intersezione delle due curve si definisce “temperatura di bivalenza”, in quanto rappresenta il punto in cui caldaia e pdc presentano la stessa convenienza economica: per temperature più basse risulta conveniente ricorrere alla caldaia, in quanto la pdc mostra capacità ed efficienza troppo basse. Viceversa, con temperature maggiori di quella di bivalenza, la pompa di calore è la tecnologia più efficiente. Il passaggio da una modalità all’altra può essere effettuato manualmente o attraverso un sistema di switch automatizzato, dopo aver impostato un COP minimo di funzionamento o la temperatura esterna minima con la quale la pdc è in grado di funzionare con efficienze accettabili. Figura 3. La temperatura di bivalenza è il punto di intersezione tra curva di carico e capacità della pdc •criteri di progettazione; •consumo di energia riferita alle diverse modalità operative; •effetti della degradazione dell’efficienza energetica; •correzioni dei coefficienti di efficienza stagionale; •contributo di un sistema di back-up, se presente. È quindi evidente che, per avere un sistema efficiente e — soprattutto — conveniente, sia la fase progettuale che una gestione consapevole dell’impianto da parte degli utenti sono oggi fattori fondamentali, ancor più che in passato, per raggiungere risultati soddisfacenti. Il paradosso dell’efficienza L’abbassamento della temperatura esterna non provoca soltanto un calo di efficienza, ma comporta anche una riduzione della capacità termica e frequenti cicli di sbrinamento. Il primo effetto è quasi paradossale, considerando che la pompa di calore funziona alla minima efficienza e capacità termica proprio nei giorni più freddi dell’anno, quando è maggiore il fabbisogno per riscaldamento e ACS. Per assicurare il comfort nei mesi più freddi, la soluzione sembrerebbe quella di dimensionare la pompa di calore sui picchi stagionali, sovradimensionando però l’impianto per tutto il resto dell’anno. Il secondo aspetto legato al variare della temperatura esterna riguarda lo sbrinamento, fattore tenuto spesso in scarsa considerazione nella valutazione di questa soluzione: durante l’inverno, in determinate condizioni di temperatura e umidità, è probabile la formazione di brina sullo scambiatore esterno della pdc. Ciò limita lo scambio termico, rendendo necessario riscaldare la superficie dello scambiatore, con un impegno energetico che impatta negativamente sull’efficienza complessiva. Tale aspetto non deve essere sottovalutato, in quanto l’efficienza del sistema può diminuire fino al 20%, e ciò spinge il progettista, anche in questo, a caso a sovradimensionare la macchina per agevolarne l’entrata a regime. Esiste, infatti, anche una problematica legata agli avviamenti e alla messa a regime della macchina: anche qui la soluzione più immediata per risolvere il problema è l’installazione di una pdc di taglia più grande rispetto a quanto strettamente necessario. Sovradimensionare però non conviene Nel caso delle pompe di calore, sovradimensionare l’impianto si rivela una soluzione decisamente poco conveniente in termini di costi ed affidabilità: oltre al maggior investimento iniziale, si costringe la macchina a lavorare fuori dal range ottimale durante la maggior parte dell’anno, causando un forte abbassamento dell’efficienza, senza contare che i continui on/ off riducono la vita utile della macchina; c’è anche la possibilità che l’impianto elettrico non sia adatto all’amperaggio richiesto. Ciò spiega perché la pratica di sovradimensionare le macchine, tipica di altre installazioni termotecniche, non è in questo caso consigliabile. Per risolvere il problema, sono state sviluppate soluzioni alternative, quali resistenze elettriche in trifase per coprire i picchi di richiesta ed eliminare la brina. Tuttavia, questa soluzione è poco praticata nel nostro paese, sia per l’alto costo dell’elettricità, sia per i problemi legati al dimensionamento dei contatori e dei cavi elettrici. Meglio passare ai bivalenti La pompa di calore ad aria è certamente una tecnologia interessante per la climatizzazione domestica, ma, essendo così n.49 39 Quattro modalità di funzionamento Grazie al controllo intelligente, i sistemi ibridi con pompa di calore e caldaia possono funzionare in generale con quattro modalità differenti, contro le due modalità dei sistemi bivalenti: 1.Solo pompa di calore: quando le temperature esterne sono relativamente miti e la pompa di calore riesce da sola a coprire il fabbisogno in modo efficiente; 2.Ibrida: la caldaia si attiva per intervalli di tempo limitati, con l’obiettivo di aumentare la potenza termica della pompa di calore, che resta la macchina principale; 3.Ibrida con pompa di calore in preriscaldo: la caldaia entra in funzione per non fare lavorare la pompa di calore tra intervalli di temperatura troppo elevati; ideale quando la temperatura esterna si avvicina alla soglia critica invernale; 4.Solo caldaia: modalità indicata nelle giornate con clima più rigido. Ibridi come evoluzione dei bivalenti Ben nascosta. Il nuovo sistema iXhybrid di Lamborghini Caloreclima in versione da incasso o armadio da interno: integra una caldaia a condensazione iXcondens Gold da 25 kW, una pdc inverter da 6 kW, bollitore multiserpentino da 150 litri, separatore idraulico e kit per il solare termico. Il sistema di controllo è in grado di gestire contemporaneamente zone caldo/freddo. Classe 5 Nox. La tinta oro è solo in funzione espositiva. fortemente dipendente da variabili difficili da prevedere e gestire, emerge la necessità di un’integrazione tecnologica che renda questo sistema più robusto, conveniente e in grado di garantire un adeguato livello di comfort in ogni stagione dell’anno. La soluzione sembra arrivare dai sistemi bivalenti, che integrano le pompe di calore (in primo luogo ad aria, ma anche geotermiche o ad acqua) con le tradizionali caldaie a condensazione e, eventualmente, con altri generatori ad energia rinnovabile, quali caldaie a biomassa o, più spesso, il solare termico. L’obiettivo è ottimizzare l’utilizzo di ciascun generatore, in funzione dell’efficienza nelle diverse modalità operative. 40 n.49 Spesso il termine “sistema bivalente” è usato erroneamente come sinonimo di “sistema ibrido”. In realtà, si può definire quest’ultimo come un’evoluzione dei sistemi bivalenti, in quanto dotati di un’intelligenza più evoluta, che riesce a ottimizzare le fonti di energia disponibili sulla base della convenienza economica per l’utente e non attraverso un semplice switch tra un apparecchio e l’altro. I sistemi ibridi sono in grado di far funzionare i diversi generatori anche in simultanea, modulandone e ottimizzandone l’utilizzo attraverso algoritmi evoluti che valutano, oltre a temperatura esterna ed efficienza delle macchine, anche variabili economiche, come il prezzo del gas e dell’elettricità, con possibilità di modificarli nel tempo; ciò consente un reale risparmio nei costi operativi e una maggiore affidabilità dell’intero sistema, indipendentemente dall’efficienza tecnica dell’impianto. I sistemi ibridi sono spesso collegati ad un impianto solare termico per sfruttare l’apporto gratuito del sole, gestito in maniera integrata a livello impiantistico. Mediante un accumulo, il solare termico può operare in preriscaldo dell’acqua sanitaria oppure integrare il riscaldamento. Il puffer svolge due funzioni essenziali: garantisce acqua calda alle utenze e raccorda i contributi termici, che si trovano generalmente a temperature diverse. Schema impianto di un sistema ibrido con solare termico e accumulo dedicato. Le componenti principali sono: caldaia a gas a condensazione, pompa di calore, solare termico, centralina di controllo, serbatoio ad accumulo (puffer) Schema di un impianto ibrido Fonte: Baxi Monoblocco o split I sistemi ibridi si possono classificare in monoblocco o componibili a seconda della configurazione impiantistica adottata: •Sistemi monoblocco: pompa di calore e caldaia sono situati in un unico blocco da installare all’esterno o sul tetto. Questa configurazione è indicata per applicazioni in cui vi è poco spazio utile all’interno dell’edificio o in grandi applicazioni che rendono necessarie diverse unità; •Sistemi split: la pompa di calore aria-acqua è installata all’esterno dell’edificio e la caldaia a condensazione e l’accumulo termico sono installati, invece, all’interno. A loro volta accumulatore e caldaia possono essere installati in sistemi cosiddetti “compatti” o possono essere separati. Questa configurazione è l’ideale nelle ristrutturazioni, in quanto garantisce maggiore flessibilità nella progettazione, nella scelta dei componenti, nell’installazione. Sistema monoblocco Sistema ibrido split Perché sceglierlo ibrido? Integrando in modo intelligente le diverse tecnologie, i sistemi ibridi offrono numerosi vantaggi sia dal punto di vista progettuale, che in termini operativi ed economici. DAL PUNTO DI VISTA PROGETTUALE •L’efficienza del sistema non è vincolata alla temperatura esterna e ai cicli di sbrinamento; •Non è necessario sovradimensionare pompa di calore, contatore e linee elettriche; •Maggiore tolleranza e versatilità rispetto all’edificio, in quanto il sistema è meno vincolato ai dati progettuali; •Non dovendo sovradimensionare la macchina, aumenta il comfort acustico e si riducono gli ingombri; •Facilità di gestione da parte dell’utente, che aiuta il progettista a confrontarsi con i clienti. NELLA PRODUZIONE DELL’ACS •La caldaia e il solare termico permettono alla pompa di calore di svincolarsi dalla produzione di ACS aumentando in modo significativo il COP del sistema; •Acqua calda sanitaria sempre disponibile per le utenze. COSTI DI GESTIONE •Costi ottimizzati in ogni condizione operativa, anche in funzione delle tariffe di gas e ed elettricità presenti e future. ROBUSTEZZA •Funzionamento anche in caso di guasto ad un generatore o di condizioni climatiche eccezionali; •Maggiore flessibilità in caso di cambiamenti futuri. t n.49 41 VISTI IN FIERA: MCE 2014 Splittata Acqua fino a 80°C Pompa di calore ibrida Vitocaldens 222-F di Viessmann: combina un modulo pdc da 9 kW, con unità esterna, ad una caldaia a condensazione alimentata a gas da 19 kW. Caldo, freddo e ACS Sistema ibrido Rotex HPU Hybrid: la pompa di calore con installazione all’esterno ha una potenza di 5 kW, mentre l’unità interna integra una caldaia a condensazione a gas da 33 kW con l’unità di scambio acqua/refrigerante, il tutto comandato da un avanzato controllo elettronico. Il gruppo produce acqua calda fino a 80°C e può essere allacciato direttamente all’impianto di riscaldamento esistente senza dover intervenire sui terminali. Rendimento pari al 135% e COP 5. Integrato e compatto IN-Hybird di Riello, sistema ibrido, multienergia ad incasso per riscaldamento, raffrescamento estivo e produzione di ACS ottimizzato per applicazioni residenziali, con portata termica inferiore ai 35 kW. Comprende: pompa di calore monoblocco inverter (6 o 8 kW), modulo idraulico con due zone miscelate, caldaia a condensazione Residence in Condens (25 o 30 kW) e accumulo da 150 litri (opzionale l’accumulo inerziale da 30 lt). Ad eccezione della pdc, tutti i componenti sono sono alloggiati nel modulo a incasso. Il sistema a microprocessore attiva la sorgente di calore più efficiente sulla base delle condizioni climatiche, oltre a gestire l’impianto fino a due zone miscelate caldo/freddo e l’impianto solare. 42 n.49 Sistema ibrido Ferroli ad incasso, con pompa di calore, caldaia a condensazione e integrazione solare per climatizzazione e produzione di ACS Tre volte rinnovabilE HP INKAdens di Cosmogas può sfruttare contemporaneamente tre fonti di rinnovabili: aria, sole e biomasse per riscaldare e produrre ACS. La pompa di calore aria/acqua ha una potenza di 2,58 kW, mentre la caldaia a gas a condensazione, disponibile in 3 taglie (15, 24 o 34 kW), entra in funzione solo quando le altre fonti rinnovabili non sono in grado di coprire il fabbisogno energetico. L’apparecchio monta anche un accumulo da 150 litri. Ottimizzato per il radiante Sistema ibrido Trio Sistema Plus di Immergas, anche ad incasso, per riscaldamento e raffrescamento estivo: consente di realizzare un impianto a due zone radianti con deumidificazione, eventualmente con integrazione al solare termico e fotovoltaico. Si basa su una pompa di calore aria/acqua reversibile Audax da 6 kW abbinata a una caldaia a condensazione Victrix Plus da 26 kW di potenza. VISTI IN FIERA: MCE 2014 Torre verde Ampia modulazione di potenza Hynea Hybrid Duo di Atlantic, con modulazione di potenza da 1 a 24 kW. Combina pompa di calore da 3 kW, caldaia a condensazione da 24 kW e bollitore integrato da 120 litri. A incasso o compatta Due soluzioni ibride Radiant: a sinistra il sistema da incasso Solarbox Hy, con boiler da 200 litri monoserpentino e integrazione al solare termico; a destra la versione murale Comfort-Tech Hy con caldaia istantanea a condensazione (24, 28 o 34 kW) separatore idraulico e pompa di calore inverter da 6, 9 o 12 kW. Splittata o monoblocco A sinistra, Solarfryo di Cosmogas, con pompa di calore inverter splittata da 8,6 kW, per caldo, freddo e ACS, abbinabile a caldaie a condensazione da 15, 24 o 34 kW. Disponibile anche una versione monoblocco (a destra), HPdens, con pompa di calore da 2,5 kW. Beretta ha introdotto la nuova Tower Green HE Hybrid 35/200 B.S.I. con portata termica da 3,5 a 35 kW, bollitore da 200 litri con doppio serpentino, già predisposta per il solare termico. Può gestire fino a tre zone interne e monta di serie anche un vaso di espansione da 8 litri, termoregolazione con sonda esterna, circolatori per impianti automodulanti, compensatore idraulico con una zona diretta a basso consumo. Lineare e compatta Tzerra Hybrid di Remeha, con pompa di calore esterna modulante Mitsubishi da 3-5 kW e caldaia a condensazione. n.49 43