. A p. CAPITOLO QUARTO S. L’ETÀ CAROLINGIA E IL FEUDALESIMO br i Sommario: 1. Carlo Magno. - 2. L’organizzazione dell’impero carolingio. - 3. L’affermazione del sistema feudale. - 4. La dissoluzione dell’impero di Carlo Magno. 1. CARLO MAGNO ht © Es se li Il più celebre dei monarchi medioevali regna ininterrottamente dal 771 all’814. Dopo aver sconfitto i Longobardi e accettato la funzione di protettore del potere temporale della Chiesa, torna ad Aquisgrana, la capitale del regno dei Franchi e inizia una serie di campagne militari. La politica estera di Carlo si muove su tre direttrici: — definizione del rapporto con il papa; — risoluzione del conflitto politico-diplomatico con l’impero bizantino; — ripresa della lotta contro i tradizionali nemici dei Franchi: Arabi a sud e in Spagna, Sassoni e Avari a nord e a est. La politica interna, invece, mira a dare un’organizzazione unitaria a un regno in continua espansione. Dopo la sconfitta inflitta ai Longobardi, Carlo si preoccupa di annettere altri territori al suo regno, perché convinto della necessità di formare un unico blocco cattolico contro l’espansionismo islamico. C op yr ig Tra il 772 e l’804 invia una ventina di spedizioni contro i Sassoni, i quali, insediati nella zona compresa tra i fiumi Ems ed Elba, costituiscono una continua minaccia per il territorio dei Franchi. Questa lunga ed estenuante campagna militare è portata a termine dai Franchi, senza esclusione di colpi. Il pretesto per lo scontro è offerto dalla ribellione dei Sassoni ai tentativi di cristianizzazione operati con brutalità dai Franchi. La risposta di Carlo è l’eccidio di Verden che costa la vita a ben 4.500 Sassoni in un solo giorno. Alla fine i Sassoni sono completamente sottomessi e viene loro imposta una dura legislazione (Capitulatio de partibus Saxoniae, 785), che prevede inizialmente la pena di morte, poi sostituita da una pena pecuniaria, per chi celebra riti pagani e rifiuta il battesimo. Lo stesso eroe dell’indipendenza sassone, Widukind, è costretto, dopo molte battaglie, a capitolare e ricevere il battesimo (785). Nel 778 Carlo annette anche la Baviera che costituisce un importante ponte strategico tra il regno dei Franchi e il territorio lungo il medio corso del Danubio occupato dagli avari. Tra il 43 A . L’età carolingia e il feudalesimo p. 779 e il 796, però, anche gli Avari sono sterminati e respinti oltre il Danubio. Dopo la vittoria sugli Avari, Carlo crea la Marca Orientale Ostmark, (da cui Osterreich, Austria). se li br i S. In quegli stessi anni Carlo riprende la politica antimusulmana dei suoi avi e nel 778 interviene in Spagna su richiesta di Ibn el-Arabi, il governatore musulmano di Barcellona, in lotta con il califfo di Cordova. La spedizione, che mira alla conquista di Saragozza, si rivela un fallimento e durante la ritirata delle truppe franche avviene l’episodio della rotta di Roncisvalle, narrata nella Chanson de Roland. A Roncisvalle un contingente della retroguardia franca è sorpreso da un’imboscata dei baschi, durante la quale perde la vita il conte Rolando, paladino di Carlo Magno. Successivamente, i Franchi riescono a penetrare di nuovo in Spagna e sottraggono agli Arabi il territorio compreso tra l’Ebro e i Pirenei, fondando la Marca di Spagna. Grazie alle campagne militari portate vittoriosamente a termine da Carlo, il dominio del sovrano dei Franchi si estende dall’Ebro all’Elba e dal mare del Nord all’Italia centrale. Sembra così essersi ricostituita l’antica unità dell’impero romano d’Occidente. ig ht © Es A) L’incoronazione In occasione di una processione pasquale a Roma, il nuovo papa Leone III è aggredito e malmenato da alcuni nobili che lo imprigionano e minacciano di accecarlo accusandolo di voler eliminare la consuetudine di contendersi con le armi le più alte cariche ecclesiastiche a cui essa aspira. Leone III riesce però a fuggire e si rifugia presso la corte dei Franchi, a cui chiede protezione. Carlo lo scorta fino a Roma e ne riafferma la suprema autorità. Per ricompensare il sovrano, il papa, nella notte di Natale dell’800, lo incorona imperatore dei romani per volontà di Dio, nella basilica di San Pietro, mentre il popolo romano lo acclama. Nasce così il Sacro Romano Impero, che, tra alterne vicende, durerà fino al 1806, quando l’imperatore d’Austria, Francesco I, sarà costretto da Napoleone a dichiararlo decaduto. C op yr B) I rapporti con Bisanzio Intanto, si vengono a deteriorare ulteriormente le relazioni tra i Franchi e l’impero d’Oriente. Il motivo che sottende l’inasprimento dei rapporti tra Bisanzio e Carlo Magno è la nascita di un secondo impero in opposizione a quello bizantino, che si considera l’unico erede della tradizione romana. Dal 797, la funzione regia a Bisanzio è esercitata da una donna, l’imperatrice Irene, che, dopo aver governato per alcuni anni a nome del figlio Co- 44 A . Capitolo Quarto se li br i S. p. stantino VI, lo depone, lo fa accecare e assume il titolo di imperatrice. In Occidente non è riconosciuta l’autorità imperiale di Irene perché, secondo la tradizione, essa spetta solo agli uomini. E, infatti, Irene sarà l’unica donna a Bisanzio a tenere in proprio nome il potere sovrano; il suo progetto di riunire in un solo impero Oriente e Occidente sposando Carlo Magno fallisce: due anni dopo l’incoronazione di Carlo, nell’802, l’imperatrice è deposta da un generale, Niceforo I, che entra in conflitto con i Franchi. Tuttavia, né da parte di Carlo né di Niceforo c’è una reale intenzione di guerra: per un breve periodo di tempo i Franchi occupano Venezia e il litorale limitrofo, forti dell’appoggio dei duchi locali che, pur formalmente dipendenti dall’imperatore d’Oriente, ne subiscono sempre meno l’autorità. Quando, nell’806, una flotta bizantina riduce all’obbedienza i duchi, il conflitto sembra inevitabile. Alla fine, la situazione si compone con un compromesso nell’812: Bisanzio riconosce a Carlo il titolo di imperatore romano, mentre quest’ultimo rinuncia al possesso del litorale veneto. Venezia, nominalmente dipendente dai bizantini, conserva di fatto la sua autonomia. Es 2. L’ORGANIZZAZIONE DELL’IMPERO CAROLINGIO C op yr ig ht © La struttura dello Stato carolingio poggia sull’organizzazione militare e sulla rispettosa disciplina dei sudditi ottenuta mediante la consacrazione della monarchia e la tradizione di obbedienza al potere costituito. Attorno al sovrano si raccoglie una corte di ecclesiastici e di nobili incaricati delle questioni dell’amministrazione centrale: il siniscalco, o capo del palazzo, il conte palatino, capo della giustizia, i palsgravi o giudici del tribunale imperiale. Il potere regio si esercita facendo ricorso al banno, cioè a un potere di comando la cui violazione comporta gravi sanzioni pecuniarie, e al giuramento di fedeltà. L’impero di Carlo Magno era diviso in contee, ciascuna governata da un vescovo nelle questioni spirituali, e da un comes (compagno del re) o conte negli affari temporali. Le contee alle frontiere o marche, data la posizione pericolosa, avevano governatori speciali, i margravi. Le più importanti marche istituite da Carlo Magno sono: la Marca spagnola a cavallo dei Pirenei, che funge da barriera contro l’espansionismo arabo, e la Marca orientale che serve da sbarramento nella vallata del Danubio. L’amministrazione locale dipende dai missi dominaci, inviati dall’imperatore a portare ordini e direttive ai funzionari locali e a controllare il loro operato. 45 A . L’età carolingia e il feudalesimo Es se li br i S. p. A) Placiti e Capitolari La pubblica partecipazione al governo è incrementata da periodiche assemblee di tutti i proprietari, chiamate placiti, che si tengono in varie città dell’impero, a Worms, ad Aquisgrana, a Ginevra ecc. A queste riunioni i vescovi e gli amministratori locali riferiscono al re gli eventi significativi verificatisi nei loro territori dal tempo della precedente convocazione. Durante i placiti il re sottopone a un gruppo ristretto di nobili e vescovi le sue proposte legislative; dopo averle discusse il sovrano formula dei capitola che l’assemblea può approvare per acclamazione o respingere, cosa che avviene raramente. I capitolari, ossia leggi raccolte in capitoli, valgono per tutto l’impero (capitularia per se scribenda) e spesso devono correggere e integrare le leggi specifiche dei popoli sottomessi (capitularia legibus addenda). I capitolari emanati da Carlo erano soprattutto disposizioni di ordine generale, che regolavano caso per caso le singole materie, ben lontani dal costituire una raccolta organica di norme giuridiche. In realtà, i popoli che vivevano nel territorio dell’impero continuavano a reggersi seguendo il proprio diritto tradizionale, perpetuando così la concezione barbarica della personalità del diritto. C op yr ig ht © B) Beneficio e vassallaggio L’organizzazione amministrativa e giuridica dell’impero carolingio riflette due aspetti che costituiranno i presupposti del sistema feudale. Infatti, Carlo Magno si dibatte tra le difficoltà di reperire validi amministratori che assicurino compattezza all’impero, perché la conoscenza della tradizione giuridica romana, indispensabile per un buon funzionario, è quasi del tutto scomparsa e a vari livelli predominano l’ignoranza e l’analfabetismo. L’imperatore può solo fare affidamento sui suoi compagni che lega a sé con un rapporto di fedeltà personale, cioè di vassallaggio. Anche gli ecclesiastici sono inseriti in questo circuito, perché costituiscono la sola classe colta dell’epoca. I vassalli diventano così degli alti funzionari che, oltre a esercitare funzioni amministrative, devono provvedere a chiamare alle armi gli uomini liberi, in caso di necessità. Il bando di chiamata prende il nome di eribanno. L’imperatore, per ricompensare i vassalli (costituiti in prevalenza da conti e marchesi) dei servigi resi all’amministrazione dell’impero, concede terre in beneficio, ossia in usufrutto e non in proprietà. Con il sistema del vassallaggio e del beneficio, Carlo Magno si assicura la lealtà dei suoi collaboratori e il controllo delle terre che, alla morte del beneficiato, ritornano in suo possesso. 46 ig ht © Es se li br i S. p. A . Capitolo Quarto L’Impero di Carlo Magno op yr Inoltre, egli cerca di ritardare il processo di frammentazione politica che si attuerà quando al vassallaggio e al beneficio si aggiungerà l’immunità, cioè il diritto del vassallo (e spesso di chiese e monasteri) di sottrarre le proprie terre alla giurisdizione dei pubblici funzionari. C Gli stessi capitolari non riescono del tutto a dare un’unificazione giuridica ai territori dell’impero perché le legislazioni locali permangono vive e valide in virtù del principio della personalità della legge. Ciononostante, a Carlo Magno si deve un’importante riforma dell’amministrazione della giustizia: egli introduce, infatti, la figura degli scabini, giudici popolari 47 A . L’età carolingia e il feudalesimo p. delle contee scelti dai missi dominici tra esperti delle leggi del regno e delle consuetudini locali. Questo corpo stabile di giudici locali è investito del rito di approvazione dei capitularia legibus addenda, in cui il consenso da essi prestato assume il valore di impegno formale a tenere conto delle nuove norme da applicare. op yr ig ht © Es se li br i S. C) La cultura in epoca carolingia Nel regno di Carlo Magno l’analfabetismo è molto diffuso, solo qualche ecclesiastico sapeva leggere e scrivere e il basso clero non aveva nessun tipo di istruzione. L’imperatore, pur essendo anch’egli illetterato, comprende il valore della cultura e ne favorisce la diffusione negli strati più elevati della società. Nel 787 Carlo Magno, in un Capitularis de litteris colendis, rimprovera agli ecclesiastici la loro scarsa cultura ed esorta cattedrali e monasteri a creare scuole dove chierici e laici possano apprendere a leggere e a scrivere. L’imperatore raccoglie intorno a sé un gruppo di dotti che formano la cosiddetta Scuola Palatina, con sede ad Aquisgrana, una delle città preferite dall’imperatore e dalla corte. Presso la scuola vengono istruiti e educati i figli di Carlo Magno e quelli dei più eminenti personaggi politici. Il promotore di questo intenso fervore culturale è il monaco inglese Alcuino di York, chiamato da Carlo Magno a dirigere l’attività della scuola. Risale a questo periodo l’istituzione, presso i monasteri e le sedi vescovili, degli scriptoria, in cui gli amanuensi trascrivono i manoscritti della letteratura classica. Tra i frequentatori della scuola ricordiamo Paolo Diacono, autore della Historia longobardorum, Pietro da Pisa, eminente latinista, Paolino d’Aquileia, esperto drammatico, Eginardo, autore della biografia di Carlo Magno, la Vita Karoli. Risale a questo periodo l’istituzione, presso i monasteri e le sedi vescovili, degli scriptoria, in cui gli amanuensi trascrivono i manoscritti della letteratura classica L’imperatore promuove anche la costruzione di chiese ed abbazie tra cui spicca la Cappella Palatina, che un tempo faceva parte del palazzo reale di Aquisgrana, mentre successivamente è stata accorpata alla cattedrale di quella stessa città. Al di là del significato che si vuole attribuire alla rinascita carolingia, bisogna sottolineare che proprio in questo periodo cominciano ad affermarsi le lingue volgari che, a poco a poco, sostituiranno il latino anche nella scrittura letteraria. 3. L’AFFERMAZIONE DEL SISTEMA FEUDALE C Tra il X e il XIII secolo il feudalesimo si afferma definitivamente, acquisendo i precisi connotati di un’organizzazione politica, sociale e economica. 48 A . Capitolo Quarto ig ht © Es se li br i S. p. Fin dai tempi dei maggiordomi di palazzo, in Francia viene ripreso l’uso della commendatio che, praticata già durante il basso impero, può ritenersi un’anticipazione del vassallaggio. Porsi sotto la protezione di un signore per riceverne aiuto e difesa è un vero e proprio contratto in cui le parti sono obbligate a un reciproco rispetto dei patti. In genere, il signore concede in usufrutto un appezzamento di terra che garantisca l’indispensabile per vivere. La terra ceduta prende il nome di tenure; accanto ad essa sussiste un altro tipo di proprietà, privata e direttamente gestita dal possidente: l’allodio. Sia gli usufruttuari di una tenure che i proprietari di un allodio sono tenuti a partecipare alle imprese militari del signore e sono sottomessi alla sua giurisdizione. Con l’andare del tempo anche i proprietari di allodi, venendosi a trovare in gravi difficoltà economiche, si affidano ai latifondisti, dichiarandosi loro vassalli. Scompare così il ceto medio contadino che costituisce il motore di ogni società civile. Altra abitudine già esistente presso i popoli germanici è il comitatus, che costituisce la cerchia di compagni e amici fidati del capo durante le operazioni di guerra. In cambio dei servigi militari resi da questi antrustiones (membri del consiglio reale), i capi germanici fanno larghe concessioni. La confluenza della commendatio e del comitatus dà origine, attorno al IX secolo, al feudalesimo. Gli elementi costitutivi di questo fenomeno sono tre: il beneficio, il vassallaggio, l’immunità. Già a proposito di Carlo Magno abbiamo chiarito, in linea generale, il significato dei primi due elementi; tuttavia è opportuno richiamare l’attenzione sul rapporto di vassallaggio. Una volta ricevuto il beneficium, il fedele amico del sovrano assume una serie di impegni: deve combattere a cavallo per il suo signore, deve versare un certo numero di tributi e fornirgli soldati, foraggio e derrate a seconda dell’estensione del territorio ricevuto. D’altro canto, anche il sovrano è tenuto a rispettare i patti di difesa e di rispetto nei confronti del vassallo. Chi dei due viene meno al giuramento di fedeltà reciproca è considerato un fellone; nel caso di fellonia viene a cadere ogni obbligo dell’uno nei confronti dell’altro. C op yr A) La società piramidale Spesso la terra concessa in beneficio, che con un termine franco viene chiamata feudo, viene ulteriormente suddivisa dal vassallo in proprietà più piccole, assegnate a uomini di sua fiducia, tenuti a rispettare gli stessi obblighi che lui ha nei confronti del sovrano. Si viene così a creare una gerarchia feudale, di tipo piramidale: al vertice c’è il sovrano, seguito dai vassalli, che possono essere conti, marchesi, vescovi, abati, subordinati ai quali ci 49 A . L’età carolingia e il feudalesimo i S. p. sono i valvassori, da cui dipendono, a loro volta, i valvassini. La base della piramide è costituita dai coloni e dai servi, vincolati alla terra da cui devono ricavare i mezzi di sussistenza necessari al padrone e alla sua famiglia. I componenti di ogni classe sono legati a quelli del ceto superiore da un rapporto personale, per cui il valvassino deve aiuto e consiglio al valvassore che lo ha investito e non al sovrano, che pure rappresenta il vertice della piramide. Così, se un vassallo si ribella al sovrano, il valvassore deve essere fedele al suo diretto superiore gerarchico e non al sovrano. Es se li br B) L’immunità Riprendendo una consuetudine già prevista dal diritto romano, l’immunità, in base alla quale sono esentati dal pagamento di imposte gli appartenenti al rango senatorio, in genere grandi proprietari terrieri, durante l’età merovingia e, successivamente, nell’epoca carolingia, i sovrani delegano al vassallo l’esercizio di alcune prerogative. Inizialmente l’immunità nasce dall’esigenza amministrativa di decentrare la pratica di certe funzioni che, su un territorio troppo vasto, non possono essere esercitate solo dal re. Quando, però, con i successori di Carlo Magno, l’autorità regia tende a diminuire, l’aspetto positivo del decentramento amministrativo si trasforma in autonomia e in particolarismo; il feudatario non è più il rappresentante del re su una porzione dello Stato, ma è un vero e proprio signore all’interno del suo feudo. ig ht © C) L’ereditarietà dei feudi La legalizzazione definitiva dell’autonomia conquistata dai feudatari nei confronti del potere centrale si ha con il capitolare di Quierzy dell’877, emanato da Carlo il Calvo. L’imperatore riconosce l’ereditarietà dei feudi maggiori che possono così essere trasmessi di padre in figlio e sfuggono ad ogni controllo regio. Il colpo definitivo al sistema imperiale è poi inferto dalla Constitutio de feudis del 1037, tramite la quale l’imperatore Corrado II il Salico rende ereditari anche i feudi minori. C op yr D) L’economia feudale La campagna costituisce il motore dell’economia feudale che, in genere, si svolge all’interno del latifondo e ha per questo un carattere chiuso, autosufficiente. Tipiche tecniche agricole, diffuse in Europa tra l’VIII e il X secolo, sono l’aratro pesante e la rotazione triennale. Durante l’epoca romana, soprattutto nelle aree dal clima mediterraneo, era in uso l’aratro leggero che, per mezzo del vomere, riusciva a dissodare 50 A . Capitolo Quarto li br i S. p. solo superficialmente la terra; nel caso fosse stato necessario un ulteriore dissodamento, si adoperava la vanga. Per la sua leggerezza, questo aratro poteva essere trainato anche da un asino o da un paio di buoi. Nell’età feudale si diffonde invece un altro tipo di aratro, molto più efficace nella lavorazione delle terre pesanti, argillose, impregnate d’acqua, tipiche dell’Europa settentrionale. La novità dell’aratro pesante consiste nell’utilizzazione di un elemento supplementare, il versoio, posto lateralmente al vomere, che rivolta in profondità le zolle e non si limita a tracciare solo una linea superficiale sul suolo. I campi nei villaggi dell’Europa settentrionale acquistano una forma diversa perché l’aratro, divenuto più pesante, è anche poco maneggevole, per cui diventa complicato girarlo e riportarlo all’altro capo del campo. Si diffondono così i campi a strisce, allungati e stretti. © Es se Nell’età feudale viene introdotta la rotazione triennale, che lentamente sostituisce quella biennale. Si tratta di una tecnica che consiste nel dividere la zona coltivabile in tre parti, lasciando riposare ogni tre anni una parte di terreno per consentire la ricostituzione dell’azoto necessario alla crescita dei cereali. Il vantaggio della rotazione triennale rispetto a quella biennale è la diminuzione della terra incolta dalla metà a un terzo della superficie totale. Infatti, una parte è seminata a cereali invernali (segale e frumento), la seconda a cereali primaverili (avena e orzo), la terza è lasciata a maggese, cioè arata, ma non seminata. Le tre operazioni sono ripetute su ciascuna delle tre parti che costituiscono la proprietà, per cui ogni anno due campi su tre sono produttivi. Tra il IX e il X secolo vengono introdotte altre due nuove tecniche nell’impiego degli animali da lavoro: il collare di spalla, che sostituisce il collare tracheale e permette all’animale una più proficua utilizzazione delle sue energie, e il mulino ad acqua, che può considerarsi la prima macchina medioevale non azionata da energia umana o animale. op yr ig ht Non va dimenticato neanche l’apporto positivo dell’enfiteusi, un particolare tipo di locazione fondiaria, in base alla quale il locatario ha l’obbligo di non deteriorare il fondo, ma di migliorarlo e di pagare un canone annuo. La durata di questo affitto può essere anche di 99 anni, per cui il locatario ha la possibilità di un pieno godimento del fondo stesso. Nell’età feudale la terra è l’unica fonte di sostentamento, la sola condizione della ricchezza. Dall’imperatore, che non disponeva di nessuna rendita all’infuori di quella che gli veniva dalle sue proprietà fondiarie, fino al più umile dei servi, tutte le classi della popolazione vivevano direttamente o indirettamente dei prodotti della terra. C Come rileva lo storico Henri Pirenne, « La ricchezza mobile non aveva più nessun impiego economico. L’intera vita sociale poggiava sulla proprietà, o sul possesso, della terra. Di qui l’impossibilità per lo Stato di mantenere un apparato militare e un’amministrazione, che non fossero fondati sulla terra. Per formare un esercito bisognava necessariamente ricorrere ai feu- 51 A . L’età carolingia e il feudalesimo S. p. datari; i funzionari dell’amministrazione potevano essere scelti solo fra i grandi proprietari. In queste condizioni, diventava impossibile salvaguardare la sovranità del capo dello Stato: essa continuò a sussistere come principio, ma scomparve di fatto. Il sistema feudale in fondo non è altro che il trasferimento dei poteri pubblici nelle mani degli agenti di tali poteri, i quali, per il fatto stesso di detenere ciascuno una parte del territorio, diventano indipendenti e considerano le proprie attribuzioni come parte del proprio patrimonio». 4. LA DISSOLUZIONE DELL’IMPERO DI CARLO MAGNO C op yr ig ht © Es se li br i Gli anni che seguono la morte di Carlo Magno, avvenuta nell’814, sono contrassegnati da una serie di avvenimenti disastrosi per la sorte dell’impero. Già prima di morire, Carlo Magno ha diviso l’impero fra i suoi tre figli, secondo la concezione dinastico-patrimoniale dello Stato tipica dei popoli germanici: una concezione che appare antitetica rispetto all’opera di restaurazione imperiale dello stesso Carlo Magno. La disgregazione dell’impero sarà così agevolata dal carattere ereditario dello stesso; tuttavia almeno per il momento tale disgregazione è evitata, perché a Carlo Magno sopravvive solo Ludovico il Pio, che tra l’814 e l’840 mantiene intatta l’unità dell’impero. Alla sua morte, invece, si scatena la lotta tra gli eredi, che nell’843 si accordano stipulando il Trattato di Verdun, col quale si attribuisce: — a Lotario I il titolo imperiale e la parte dell’impero comprendente l’Italia settentrionale, i territori della Germania e della Francia racchiusi tra il Reno, il Rodano, la Mosa, la Schelda e il mare del Nord; — a Ludovico, detto il Germanico, le terre comprese tra l’Elba e il Reno; — a Carlo il Calvo la Francia (il toponimo compare per la prima volta proprio in questo documento). Un anno prima della stipulazione del Trattato di Verdun che sancisce la fine del sogno di una Respublica Christiana, inseguito e realizzato da Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si incontrano a Strasburgo in presenza dei loro soldati per suggellare l’accordo raggiunto. Il giuramento, redatto in latino, è tradotto in francese e in tedesco per consentire ai due eserciti di comprenderne il significato. Il testo del Giuramento di Strasburgo è, dunque, il primo documento in volgare neolatino della storia d’Europa. Oltre alle divisioni politiche politico-territoriali, emergono ora anche le differenze etniche e linguistiche che, di lì a poco, comporteranno la configurazione, all’interno dell’impero, di un regno franco ben distinto da un regno germanico. Lo stesso titolo imperiale perde rilevanza politica a vantaggio dei nascenti regni franco e germanico. Tuttavia la corona dell’impero continua a 52 A . Capitolo Quarto C op yr ig ht © Es se li br i S. p. essere assegnata. Dopo la morte di Lotario, nell’885, passa, infatti, al figlio Ludovico II, già re d’Italia dall’844 e associato all’impero (cioè designato alla successione) nell’850 dal padre. Nell’875 Ludovico II muore e il titolo passa al fratello del padre, Carlo il Calvo, re dei Franchi. Questi, incoronato a Roma dal papa Giovanni VIII (che, secondo alcune leggende dei secoli successivi, sarebbe una donna, la leggendaria papessa Giovanna), regna solo dall’875 all’877, riuscendo però a legittimare l’ereditarietà dei feudi maggiori, con l’emanazione del capitolare di Quierzy. L’ultimo tentativo di unificazione dell’antico impero carolingio è opera di Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che regna tra l’881 e l’887. Incapace di opporre una valida resistenza ai Normanni e agli slavi, il Grosso, ultimo imperatore carolingio, è deposto dal nipote Arnolfo di Carinzia, re di Germania. Dall’887 in poi, ognuna delle parti dell’impero — Francia, Germania, Italia — avrà una sua storia autonoma. La spartizione dell’impero carolingio 53 A . L’età carolingia e il feudalesimo p. Glossario li br i S. Allodio: il termine indicava nel Medioevo i beni e le terre possedute in piena proprietà, in opposizione ai termini feudo o beneficio con i quali si indicavano invece i beni ricevuti in concessione da un signore dietro prestazione di un giuramento di fedeltà (omaggio feudale o vassallatico). Spesso i proprietari di allodi erano i discendenti degli antichi arimanni, che, conquistato un nuovo territorio, vi si insediavano con la propria famiglia e con i propri servi. Questa forma di piccola proprietà, tra il IX ed l’XI secolo, conobbe un declino, poiché, venuta meno l’usanza germanica che prevedeva che la guerra fosse un dovere di tutti i liberi. Banno: nelle lingue germaniche ban indicava il potere supremo che spettava a ciascun capo delle tribù. Nel diritto feudale, il banno è il potere esercitato dal detentore di una sovranità (re o feudatario) sui propri sudditi. Esso consisteva nel diritto d’imporre corvées ai sudditi, di riscuotere le tasse, di intraprendere azioni di guerra e, più in generale, di potersi far riconoscere come signore legittimo di un territorio. Es Muore Pipino il Breve lasciando il trono ai figli Carlo e Carlomanno. Muore Carlomanno e Carlo diventa unico re dei Franchi. Campagna contro i Sassoni. Occupazione franca dell’Italia settentrionale. Assedio di Pavia. Annessione della Baviera. Spedizioni contro i musulmani di Spagna. Disfatta dei Franchi a Roncisvalle. Carlo sconfigge gli Avari. Incoronazione di Carlo Magno in San Pietro (25 dicembre). Bisanzio riconosce il Sacro Romano Impero. Carlo Magno associa al trono il figlio Ludovico il Pio. Morte di Carlo Magno. Morte di Ludovico il Pio. Trattato di Verdun e divisione dell’impero carolingio in tre Stati. op yr ig ht © 790: 800: 812: 813: 814: 840: 843: C se Tavola cronologica 768: 771: 772: 773: 778: