magazine HS+E the occupational health & safety + environmental quarterly magazine Italian/English Edition Vol. VIII Vol. 3 -- N. N. 3 2 Poste Italiane - Spedizione in a.p. 45% - art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - D.R.T. - D.C.B. - TO n. 2/2010 Jul-Sep 2010 Quartiere Darsena: a proposito del progetto CMC * Edoardo Godoli NOTA Riceviamo e ospitiamo volentieri questo autorevole intervento di Edoardo Godoli (presidente di Naviga in Darsena) sul futuro della Darsena di Città. Il nostro Magazine già in passato si era fatto portavoce della necessità di salvaguardare, valorizzandolo, un bene prezioso quale è il waterfront della darsena cittadina. R.N. Prima di entrare nel merito vorremmo ricordare che quella del water front ravennate rappresenta un’occasione assolutamente eccezionale. Un’opportunità che si presenta, diciamo, ogni cinquecento anni. Questo per dire che il futuro non farà sconti. Se oggi ci si può giustificare accampando difficoltà, che pur ci sono, domani si dirà che la classe dirigente ravennate non è stata all’altezza della situazione. Lavoriamo perché ciò non avvenga! Oltre alla prima proposta unitaria, “Marmarica”, presentata più di venti anni fa, era il 1989, dai quattro soci fondatori CMC, CALCESTRUZZI, ITER, CEPRA, vorremmo qui richiamare due interventi già realizzati e due progetti da poco resi pubblici. L’intervento più recente consiste in quell’area residenziale che grida vendetta rispetto alle attese della cittadinanza, a suo tempo battezzata mostro ecologico ubicata tra via Trieste continua a pag. 2 In questo numero/In this issue 1Quartiere Darsena: a proposito del progetto CMC 4Progettazione di Poli Energetico-Ambientali decentrati 7Archivi, Biblioteche E Musei: contenitori spesso malati, a volte gravemente (IV parte) 9 vizi e virtù di un prezioso alleato quotidiano (II parte) 14bookshop 15 site map 16 top gear 17 press review 18events calendar 19 hs+e news 2 HS+E magazine HS+E MAGAZINE Trimestrale di Sicurezza, Igiene Industriale e Ambiente The Occupational Health & Safety and Environmental Quarterly Magazine Jul-Sep 2010 / Vol. VIII - N. 3 Editore / Publisher: Alzani Tipografia Via Grandi, 5 - Pinerolo (TO) Proprietà / Owner: Techno srl Via Pirano, 7 – 48122 Ravenna (I) ph. +39 0544 591393 [email protected] Redazione / Editorial Office: c/o Techno srl Fotocomposizione e Stampa / Photocomposition and Printing: Alzani Tipografia ph. +39 0121 322657 Registrazione Tribunale di Ravenna n. 1200 del 25/02/2003 Direttore Responsabile / Editor in Chief: Roberto Nicolucci Responsabile Commerciale / Marketing Manager: Roberta Nonni ed il canale Candiano, nell’ ex area SIR. L’altro è costituito dalle dodici palazzine costruite attorno all’Almagià, meno inquietanti, ma certamente più deleterie. I condomini, infatti, hanno irrimediabilmente compromesso la parte più pregiata di tutto il comprensorio che, adeguatamente urbanizzata, avrebbe potuto dialogare, interfacciandosi, con la piazza centrale, realizzata cinquecento anni prima da Venezia. Invece, dopo la dispersione abitativa che ha occupato la cintura ravennate, è stato realizzato un ossimoro: una periferia in centro. I progetti recentemente presentati per la riqualificazione delle aree dell’ex Consorzio Agrario e della CMC di Ravenna, sono certamente migliori, ma non escono dalla logica di una urbanizzazione che non riesce a mettere in valore la peculiarità del luogo. La riqualificazione, magari giustamente imperniata, con particolare ri- ferimento alla CMC sull’archeologia industriale, e caratterizzata da interessanti idee urbanistiche (la piastra sopraelevata che genera percorsi, terrazze e piazze), mantiene o accentua il vizio della mancanza di una visione unitaria. Accentua cioè la logica dello spezzatino. Non si capisce pertanto come questi interventi possano fare da volano nei confronti delle altre proprietà. Non convincono neppure i concorsi di idee ipotizzati per le progettazioni che in nessun modo potranno permettere il salto di qualità auspicato in quanto la questione cruciale non è nelle soluzioni architettoniche, bensì in quelle urbanistiche. Soprattutto non è stato interiorizzato il valore dell’acqua! Il nostro Candiano è un unicum in Italia ed ha contribuito e contribuisce in modo decisivo alla generazione dell’identità ravennate. L’acqua non è soltanto qualcosa che impreziosisce l’area, ma è, anche e so- Traduzioni / Translations: Chiara De Angelis Comitato di Redazione / Editing board: Giorgio Cavassi Pietro Fiori - Davide Mazzotti Roberto Nicolucci Francesco Pastremoli - Michele Rinieri Silvia Signorini HS+E MAGAZINE è pubblicato trimestralmente. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico o meccanico, inclusa la fotocopia, senza il preventivo consenso scritto dell’Editore. I punti di vista e le opinioni espresse dagli Autori all’interno della rivista non necessariamente coincidono con quelli del Proprietario, dell’Editore e del Direttore Responsabile. The HS+E MAGAZINE is published quarterly. All rights reserved. No part of this publication may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, without prior written consent of the Publisher. The views and opinions expressed elsewhere in the magazine are not necessarily those of the Owner, Publisher or Editor in Chief. Via Alessandro Fortis, 5 – 48122 Ravenna (RA) • Italia Tel. 0544 451780 • Fax 0544 684492 E-Mail: [email protected] 3 HS+E magazine prattutto fonte di attività economiche e di multifunzionalità, condizione necessaria di qualità urbana. Multifunzionalità significa residenziale, rete distributiva, attività produttive (artigianato e industria non inquinante), terziarie (tradizionali e avanzate), culturali (teatro, attività artistiche), sportive, sedi di istituzioni, realtà di grande attrattiva, i cosiddetti magneti (nel tempo sono stati oggetto di proposta un auditorium, un moderno centro universitario, un centro espositivo). Ma nel water front ravennate le attività economiche generate dall’acqua sono il punto focale della qualificazione dell’area. Ecco dunque, che ai due progetti in discussione, per quanto non superficiali – a prescindere dal loro carattere episodico - e attenti, almeno nel caso della CMC all’archeologia industriale, mancano alcuni elementi essenziali: • una mission: cogliere tutte le opportunità fornite dall’acqua generatrice di multifunzionalità; • alcune coordinate urbanistiche, tali da dare coerenza alla riqualificazione della Darsena di città, lasciando libero sfogo alla creatività di proprietari e investitori; • uno o più magneti. Ciò che è assolutamente da rifiutare sono alcune parole che hanno accompagnato la divulgazione del progetto CMC: “Ravenna non ha le caratteristiche per reggere un water front in stile Singapore”. Anche se ciò può apparire lapalissiano, dal momento che Ravenna non è Singapore! Pensarla per questo in termini di marginalità e periferia non solo sembra giustificare un atteggiamento rinunciatario ma, soprattutto, instilla una scarsa considerazione della nostra identità locale e demolisce le motivazioni dei suoi abitanti, così importanti, come affermato da Renzo Piano, ai fini della qualità urbana. Ravenna può anche essere la città abitata da fantasmi descritta dai viaggiatori del Gran Tour dei secoli XVIII e XIX, ciò nonostante essa ha espresso paradossalmente (?) grandi eccellenze. Richiamiamo i nomi di Attilio Monti, Serafino Ferruzzi, Raul Gardini, Luciano Cavalcoli, Domenico Poggiali … chi avrebbe scommesso sul grande porto commerciale? Ma calza a proposito l’esempio di Nullo Baldini. Nasce in questa terra, allora veramente derelitta, era l’ultimo ventennio del XIX secolo, la prima cooperativa di produzione la- voro che avrebbe fatto scuola in Italia e nel mondo. Un avvenimento epocale ed epico su cui si innesta l’esistenza stessa della CMC che oggi porta orgogliosamente il nome di Ravenna nel Mondo. Ravenna ha, dunque, una storia che in misura significativa si identifica con quella della CMC di cui è la prestigiosa (e blasonata) sede che attende investimenti all’altezza della sua capacità di rappresentazione. Ma c’è di più. Ravenna ha le carte in regola per presentare la sua candidatura a capitale europea della cultura. Più volte questa potenzialità è stata associata in modo stringente ad una emblematica riqualificazione del comprensorio della Darsena di città. Pertanto, darsi per vinti su questo fronte equivarrebbe a negare l’esistenza di caratteristiche adeguate a detta candidatura. Sarebbe un tragico errore! Ci auguriamo che la classe dirigente ravennate sappia muoversi nella giusta direzione rompendo ogni indugio e dando vita, almeno nelle aree pubbliche demaniali, a quell’ insieme di funzioni che possano fare da volano nei confronti delle altre proprietà. *Presidente dell’Associazione Naviga in Darsena ABSTRACT The Darsena area: speaking of the CMC’s project Ravenna’s water front is an occasion not to be missed to start filling those urbanistic gaps that have been preventing Ravenna for too long from aiming at a better future. Issues mainly dealt with will include finacial activities stemming from water, with reference to the Candiano canal, which contributes in a decisive way to the evolution of Ravenna’s identity, as well as the possible town-planning solutions that, up to today, account for the most critical barrier to be broken down by Ravenna for taking the long craved quality leap. 4 HS+E magazine Progettazione di Poli Energetico-Ambientali decentrati di Cesarino Salomoni Si è recentemente costituita a Bologna B.I.T. – Bioenergy Integrated Tecnologies, rete di imprese nata per volontà di Biotec Sys srl, Roncucci&Partners srl e Techno srl; la partnership ha l’obiettivo di progettare “iniziative di business” riguardanti la progettazione e la realizzazione di “poli” energetico-ambientali innovativi di tipo decentrato, costituiti da centrali a biogas per la cogenerazione di energia elettrica e termica, eventualmente integrata con il teleriscaldamento. Questi “poli” costituiscono un sistema di recupero di materiali ed energia da rifiuti e da biomasse, ideale per svi- luppare un business perfettamente adattabile alle più eterogenee esigenze locali. Nella progettazione dei “poli” innovativi, la rete B.I.T. attribuisce un ruolo decisivo alla bioenergia - che si prevede avere un futuro di grande espansione - contribuendo così alla riduzione dei gas serra, garantendo molteplici benefici ambientali e fornendo opportunità di sviluppo in settori produttivi (depurazione acque reflue, smaltimento fanghi e rifiuti organici, industriali, agroindustriali e agro-forestali, ecc.) che rappresentano in modo sempre più significativo aree a elevato valore intrinseco. La rete B.I.T. affronta quindi i temi ambientali legati alla produzione di bioenergia armonizzando obiettivi globali con azioni su scala locale, capaci di apportare signifi- HS+E magazine 5 6 HS+E magazine cativi benefici all’ambiente e al clima. L’approccio della rete B.I.T. è quello di integrare le diverse componenti, che richiedono differenti professionalità, con l’obiettivo di ottimizzare gli aspetti tecnologici, progettuali, finanziari e gestionali delle iniziative industriali. poter progettare al meglio la dimensione e i processi del “polo”, sempre tenendo conto dell’esito derivante dal confronto con le istituzioni locali, politiche e amministrative e con le comunità ambientali e sociali del sito di prevedibile localizzazione. A beneficio dei propri committenti, al fine di ridurre al minimo i rischi imprenditoriali derivanti dallo sviluppo di progetti a forte contenuto innovativo, la rete B.I.T. procede per fasi, sviluppando anche iniziative pilota e dimostrative, “dimensionate” in modo da poter valutare al meglio anche le matrici (biomasse, rifiuti, ecc.) disponibili. Inoltre per quanto riguarda le matrici stesse ed i processi da utilizzare, lo sviluppo delle iniziative avviene in collaborazione con le istituzioni pubbliche territorialmente competenti per i controlli ambientali, in modo da poter documentare la sostenibilità energetica, ambientale e sociale dell’iniziativa. Infine, per una corretta impostazione strategica dell’investimento nel “polo”, la rete B.I.T. elabora una valutazione della sua economicità, intesa come sostenibilità economica e finanziaria, oltre che ambientale e sociale. Tale valutazione consente di offrire ai clienti un pacchetto tecnologico, progettuale, manageriale e finanziario con elevati standard di qualità ambientale e di sicurezza e con costi ottimizzati. La disponibilità qualitativa e quantitativa delle matrici che la situazione locale può offrire è poi importante per www.biotecsys.it www.roncucciandpartners.com www.techno-hse.com Il Sestante Il Sestante via Barbiani n. 8/10 – 48121 Ravenna Tel. 0544 210411 - Fax 0544 34565 [email protected] – www.confindustriaravenna.it Offre un servizio altamente QUALIFICATO PER LA FORMAZIONE SULLA SICUREZZA CON CORSI RIVOLTI ALL’ASSOLVIMENTO DELL’OBBLIGO FORMATIVO ED ALLO SVILUPPO DI PRATICHE INNOVATIVE PER LA GESTIONE DELLA SICUREZZA IN AZIENDA 7 HS+E magazine Archivi, Biblioteche E Musei: contenitori spesso malati, a volte gravemente – IV parte – * Roberto Nicolucci Per quanto riguarda i livelli di illuminamento artificiale suggeriti per i diversi ambienti di lavoro (uffici, corridoi, servizi, archivi, sale lettura, ecc) è bene riferirsi al recente standard ISO UNI 12464 in quanto le indicazioni fornite dal DPR n. 303/56 risultano, di fatto, superate. A parità di livello di illuminamento artificiale la luce non è sempre uguale: può essere più o meno bianca, ovvero fredda oppure calda. I colori delle cose appaiono differenti, variando il tipo di sorgente luminosa utilizzata ed in particolare variando i seguenti parametri fondamentali: la temperatura di colore e l’indice di resa dei colori. La temperatura di colore, che si esprime in kelvin (K), è un parametro utilizzato per classificare, in modo oggettivo, il colore della luce di una sorgente luminosa confrontata con una sorgente campione. In pratica si considerano i seguenti intervalli principali di riferimento: • da 3000 a 3500 K: colore bianco caldo (W); • da 4000 a 5000 K: colore bianco neutro (I); • da 5500 a 7000 K: colore bianco freddo (C). L’indice di resa dei colori (Ra’) è invece l’effetto prodotto da una sorgente luminosa sull’aspetto cromatico di un oggetto confrontato con quello ottenuto per effetto di una sorgente luminosa campione di pari temperatura di colore. La suddivisione in quattro gruppi dei valori dell’indice generale di resa del colore consente la scelta della sorgente luminosa più adatta in rapporto al tipo di attività lavorativa cui l’ambiente è destinato. Per il massimo confort visivo il livello di illuminamento artificiale di un ambiente e la temperatura di colore caratteristica del corpo illuminante utilizzato devono poi risultare tra loro in accordo. Una corretta relazione tra questi due parametri fu teorizzata per la prima volta nel 1941 dal ricercatore olandese A.A. Kruithof che in uno studio intitolato Tubular Luminescence Lamps for General Illumination propose il diagramma che poi prese il suo nome e che ancora oggi viene comunemente utilizzato. Secondo Kruithof, un osservatore medio tende a preferire una temperatura di colore bassa (ovvero una luce calda) in ambienti con un basso livello di illuminazione ed una temperatura di colore progressivamente più alta (ovvero una luce progressivamente più fredda) man mano che il livello di illuminamento nell’ambiente viene incrementato. Al di là del sistema d’illuminamento artificiale adottato (ad incandescenza, a luminescenza, a fluorescenza, a lampada elettronica, ad alogenuri, ecc.) le modalità di distribuzione della luce possono essere sostanzialmente di tre tipi ovvero: • illuminazione diretta: presenta il massimo rendimento con lo svantaggio di essere facilmente abbagliante; • illuminazione indiretta: l’ambiente di lavoro viene illuminato esclusivamente con luce riflessa (da soffitti o pareti) evitando totalmente il fenomeno dell’abbagliamento; questo sistema ha un basso rendimento e tende ad abolire le ombre e quindi i contrasti, riducendo la percezione degli oggetti ed il senso del rilievo; • illuminazione mista: è una combinazione delle precedenti e tende ad eliminare i difetti di entrambe. La luce che i nostri occhi percepiscono è dunque in generale luce riflessa o luce emessa da superfici e la cosiddetta luminanza della superficie quindi non è altro che l’intensità della luce riflessa o emessa dalla superficie stessa verso chi guarda. L’abbagliamento è la conseguenza di una ripartizione non uniforme tra la luminanza nella zona del posto di lavoro e le luminanze (molto più elevate) nei suoi dintorni. Questo fenomeno può provocare stanchezza ed avere effetti negativi sulla sensazione generale di benessere, sulle prestazioni e sulle capacità di concentrazione e va pertanto accuratamente evitato. È anche possibile affermare che il rendimento di un impianto di illuminazione di un qualsiasi ambiente risulta complessivamente influenzato dai parametri caratteristici dell’impianto stesso, ma anche dal colore e dal grado di riflessione delle pareti, del soffitto, del pavimento e degli elementi che compongono l’arredamento (massimo per pareti di colore bianco o chiaro e minimo per pareti nere o molto scure). Per quanto possibile in qualsiasi postazione di lavoro la direzione della luce artificiale deve coincidere con quella della luce naturale; i posti di lavoro ed i VDT devono essere disposti in modo che lo sguardo dell’operatore sia diretto perpendicolarmente alla direzione di provenienza della 8 luce naturale (ovvero dalla finestra) in modo da evitare abbagliamenti e contrasti eccessivi. Le sorgenti luminose artificiali di forma lineare (ad esempio gli apparecchi che montano i tubi fluorescenti) devono essere però disposte parallelamente alle finestre; le fonti di luce naturale diretta devono sempre poter essere schermate da tendaggi leggeri o, meglio, da veneziane regolabili. HS+E magazine 6. Conclusioni. Concludendo, consci del fatto di aver trattato il problema della SBS e delle problematiche correlate agli ambienti indoor in modo assolutamente frettoloso, non esaustivo e, in alcuni casi anche semplificato da un punto di vista tecnico-scientifico, ma speranzosi di aver fornito qualche spunto di riflessione a chi opera in archivi, biblioteche, musei e “contenitori” assimilabili, concluderemo ricordando al lettore che vi sono anche molti altri problemi che possono investire la sfera della salute e della sicurezza di chi lavora in questi ambienti: oltre ai già citati problemi della sicurezza antincendio e della gestione delle emergenze ci riferiamo, solo per citare qualche esempio, al problema della sicurezza elettrica, dell’ergonomia, dello specifico impiego dei VDT o della movimentazione manuale dei carichi. Se ci sarà occasione torneremo a parlarne volentieri. * Ingegnare esperto di sicurezza industriale, è presidente di Techno srl. Ha ricoperto il ruolo di HSE manager per società di general contracting operanti in ambito internazionale nella cantieristica civile, industriale, navale ed offshore. Bibliografia essenziale. FIG. 9 – Una corretta disposizione delle postazioni di lavoro in relazione alle sorgenti di illuminazione naturale e artificiale L’illuminazione localizzata del singolo posto di lavoro è ammessa solo se coordinata con l’illuminazione generale del locale. L’illuminazione supplementare per un singolo posto di lavoro può essere necessaria per esigenze particolari, ma la normativa vigente ne vieta l’impiego esclusivo. È bene ricordare che l’illuminazione dei locali ad uso didattico o comunque di studio deve favorire l’attenzione e la concentrazione, permettere di riconoscere facilmente il materiale didattico e facilitare le attività visive connesse. In ingressi, atrii, scale e zone in ambienti che servono per il transito, l’illuminazione deve semplicemente permettere il chiaro riconoscimento del percorso e dei punti di pericolo. Va anche detto che non solo la scarsa illuminazione contribuisce pesantemente alla determinazione di alcuni aspetti della SBS provocando disturbi di vario genere, ma anche il sovrailluminamento può risultare altrettanto dannoso. La tendenza, in alcuni edifici di moderna concezione, ad aumentare le superfici vetrate, comporta la inevitabile necessità di ricorrere a sistemi di schermatura regolabili (avvolgibili, veneziane, tendaggi, ecc.) che consentano la riduzione dell’intensità dell’illuminamento naturale proveniente dall’esterno. [1] AA.VV. 1991, Building Air Quality, Washington D.C., EPA/NIOSH. [2] AA.VV. 1998, Encyclopaedia of Occupational Health and Safety 4th ed., Geneva, International Labour Office. [3] AA.VV. 2000, Sistemi di illuminazione, Bologna, Beghelli. 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[19] VANDEPLANQUE P. 1989, L’eclairage-notions de base, projets d’installations, Paris, Lavoisier. 9 HS+E magazine VIZI E VIRTù DI UN PREZIOSO ALLEATO qUOTIDIANO – II parte – * Roberto Nicolucci In realtà, l’angolo di oscillazione dell’assale presenta però un limite: l’assale può ruotare attorno al fulcro Fig. 12 fino ad un valore di circa 5° dopodiché esso va in appoggio sul fine corsa dello chassis (Fig. 12) riportando la macchina ad una configurazione statica “a quadriciclo”: ciò ha come effetto immediato quello di allargare l’impronta a terra del veicolo; in pratica sarebbe come attivare una “riserva di stabilità” che consente di frenare istantaneamente l’accelerazione inerziale di ribaltamento (questo effetto è esemplificato nel diagramma caratteristico riportato in Fig. 13); se a questo punto la azione ribaltante viene meno si ha la ristabilizzazione del veicolo, se invece la forza esterna destabilizzante permane (maggiore di quella stabilizzante) è possibile che si pervenga in ogni caso al ribaltamento non più attorno all’asse C-A (o C-B), ma attorno all’asse passante per il bordo (esterno) delle ruote esterne. Si tratta comunque di transitori molto rapidi (un ribaltamento completo, dal primo distacco dei pneumatici interni fino al coricamento su un fian- co compiendo una rotazione completa di 90° attorno all’asse esterno, in genere avviene in un tempo che varia tra 0,6 e 0,8 sec come anche evidenziato dal secondo diagramma caratteristico riportato in Fig. 13) tali per cui l’operatore difficilmente ha tempo di rendersi conto di cosa sta accadendo in modo da reagire modificando adeguatamente il comportamento di guida (cfr. S. Challener, K. Chan, G. Lock., Stability charachteristics of three and four wheeled vehicles, par 4.1 Pivot line definition in a four wheeled truck with rear pivoting axle, FNC Ltd, UK, May 2000). Detto tutto ciò si consideri comunque che, in modo conservativo, la stabilità statica e dinamica di questi veicoli viene sempre calcolata solo ed esclusivamente in configurazione a triciclo, trascurando gli eventuali (dinamicamente incerti) benefici posttransitorio. Il fatto che i carrelli elevatori di questo tipo posseggano una configurazione di stabilità statica a triciclo spiega dunque facilmente perchè essi possano contare (fatto quasi sempre ignorato dagli operatori) su una stabilità inferiore quando sono scarichi rispetto a quando sono carichi. Questo comportamento - a patto, ovviamente, che il carico sulle forche venga mantenuto entro i limiti di portata della macchina - è semplicemente dovuto al fatto che il carico sulle forche ha (sempre) l’effetto di far avanzare il CG verso l’assale anteriore della macchina – dove la larghezza della semicarreggiata in configurazione a triciclo è maggiore - e spesso (a meno del caso di carichi con baricentro altissimo o utilizzo del carrello a forche alzate) ha anche l’effetto di abbassare il CG complessivo del sistema carrello-carico rispetto alla configurazione a vuoto migliorando ulteriormente le condizioni di stabilità. In generale tra i principali fattori che influiscono sulla tendenza al ribaltamento in curva di un qualsiasi veicolo vi sono: la velocità, l’altezza del baricentro, la larghezza della carreggiata, il tipo di sospensioni, il tipo di gommatura, la superficie stradale, il raggio di curvatura. In generale, la carreggiata stretta, l’elevato angolo di sterzatura ed il baricentro alto (dovuto alla necessità di disporre di una efficace zavorratura) favoriscono elevate prestazioni del mezzo in termini di manovrabilità e portata, ma come contropartita comportano un basso limite di stabilità dinamica laterale. Occorre anche aggiungere che a causa della mancanza di feed-back che i servomeccanismi idraulici di sterzo trasmettono all’operatore (una caratteristica, la leggerezza dello sterzo, giustamente vantata dai vari costruttori come un plus delle loro macchine) è molto facile impostare raggi di curvatura ridotti – anche prossimi a quello minimo – senza rendersene conto; detto in altro modo è possibile sterzare fino ad angoli incompatibili (ai fini della stabilità dinamica laterale) con la velocità di avanzamento senza che l’operatore ne riceva in cambio una sensazione precisa dalla macchina. Che ciò accada a marcia avanti o a marcia indietro è di scarso rilievo essendo spesso le velocità raggiungibili nei due sensi identiche. Spesso questa sensazione è ulteriormente filtrata dalla propulsione elettrica o dalla trasmissione idrostatica. Nell’ambito del già citato studio condotto da Lambert & Associates sono riportati i risultati di serie di test effettuati su carrelli di tipologia simile a quella qui considerata fornendo per la prima volta una moltitudine di dati sperimentali estremamente interessanti. 10 HS+E magazine I test condotti hanno mostrato che utilizzando queste macchine alle massime prestazioni (di velocità e raggio di sterzata) è possibile raggiungere accelerazioni laterali dalle quattro alle sette volte superiori a quella limite di ribaltamento. In conclusione i risultati della ricerca hanno portato ad affermare che, in linea generale, per i carrelli con portate fino a 5000 kg, impostando un raggio di sterzatura pari a quello minimo, è possibile eliminare il rischio di ribaltamento (a meno di altri fattori peggiorativi) limitando la velocità di percorrenza in curva ad un terzo di quella massima raggiungibile dalla macchina (nel nostro caso sarebbero quindi 6 km/h contro i 18 km/h di quella massima): il valore limite di sicurezza risulta essere dunque molto lontano da quello che rappresenta la prestazione velocistica massima. È bene anche precisare che ad oggi da un punto di vista normativo non esiste alcun obbligo di adottare dispositivi limitatori della velocità di traslazione in relazione all’angolo di sterzatura, sebbene alcuni costruttori siano già Fig. 13 in grado di applicare - in primo equipaggiamento o in retrofitting - sistemi di controllo elettronico (soprattutto su macchine a trazione elettrica) della velocità in relazione all’angolo di sterzatura ed inoltre siano allo studio sistemi di sospensioni semiattive (idropneumatiche o addirittura magnetoreologiche) in grado di compensare l’insorgenza di movimenti dello chassis rispetto al piano di scorrimento; un sistema di controllo semplificato per fork-lift è, ad esempio, già stato industrializzato da TOYOTA: il “System Active Stability” sfrutta un sensore telescopico che rileva l’oscillazione dell’assale posteriore bloccandolo, in caso di necessità, in configurazione “a quadriciclo” allargando così i margini di stabilità all’insorgere della causa di ribaltamento. Ad oggi però è solo alla sensibilità ed al giudizio dell’operatore che è demandato il compito di non raggiungere il limite di ribaltamento del veicolo. Alcune altre osservazioni, sempre contenute nel succitato studio australiano, possono risultare funzionali all’indagine in oggetto. Lo studio mostra infatti anche quale possa essere l’influenza del tipo di gommatura sulla stabilità dinamica laterale di questo tipo di veicoli concludendo che vi sono sostanziali differenze comportamentali nel caso in cui il veicolo sia a pieno carico, viceversa le caratteristiche della gommatura sono trascurabili quando il veicolo è privo di carico. In modo sorprendente lo studio ha anche mostrato come, nella stragran- de maggioranza dei casi, l’effetto di frenatura durante la percorrenza di una curva non comporti sostanziali peggioramenti dal punto di vista della stabilità laterale. Fino ad oggi si era infatti sempre ritenuto che l’effetto dinamico della frenatura potesse contribuire al ribaltamento in modo più o meno deciso. Il motivo per cui l’effetto frenante in curva non risulterebbe generalmente peggiorativo, in estrema sintesi, è da attribuire al fatto che, poiché la forza centrifuga destabilizzante cresce con il quadrato della velocità, una diminuzione della velocità dovuta all’effetto frenante comporta una rapida diminuzione della stessa forza centrifuga con un beneficio uguale o addirittura superiore all’effetto dinamico peggiorativo indotto. Questo beneficio pare venire meno solo in condizioni limite, ovvero quando la massima azione frenante sia abbinata ad un raggio di curvatura molto stretto tale da comportare il distacco della ruota interna dal suolo: in questo caso può venire indotto sull’unica ruota sterzante in contatto con il terreno un effetto di saltellamento (trip up) con conseguente impuntamento sul piano di scorrimento un effetto simile, nella pratica, a quello indotto dal detallonamento di un pneumatico. Ovviamente ciò non è vero nel caso di una forza frenante a pieno carico applicata durante un moto rettilineo: in questo caso applicando la massima forza frenante si può giungere al ribaltamento in avanti già con carichi sulle forche nell’ordine del 30 ÷ 40% del carico massimo ammissibile a causa dello spostamento del CG (in combinazione statico/dinamica) del sistema carrello-carico, oltre l’assale anteriore. Ricerchiamo ora una indicazione numerica di massima relativamente ai limiti di stabilità laterale dinamica. Premesso che la schematizzazione delle forze che agiscono su un veicolo durante il suo moto non è univoca (in letteratura sono reperibili numerosissimi modelli che presuppongono ipotesi HS+E magazine 11 12 e semplificazioni di varia natura) utilizzeremo per il veicolo che abbiamo preso ad esempio una schematizzazione sovente utilizzata in letteratura per applicazioni a questo tipo di veicolo, che si ritiene possa rappresentare in modo sufficientemente veritiero il comportamento di un veicolo perfettamente rigido e privo di masse non sospese. Si ipotizza, in definitiva, che al carrello siano applicate solamente la forza centrifuga dovuta al moto non rettilineo (agente lungo il raggio di curvatura congiungente, istantaneamente, il CG al centro della traiettoria curvilinea, parallelamente al suolo) e la forza di gravità agente verticalmente (cfr. S. Challener, K. Chan, G. Lock., Stability charachteristics of three and four wheeled vehicles, FNC Ltd, UK, May 2000). Per inciso e sempre riferendosi alla Fig. 13, è possibile rilevare come la velocità di ribaltamento sia molto più lenta nella prima parte della rotazione (diciamo fino ai 40° di angolazione) ed estremamente rapida tra i 40° ed i 90°: questo è ovviamente dovuto al fatto che poiché la forza di gravità agisce perpendicolarmente al piano originario di appoggio, finché la forza agisce all’interno del triangolo di stabilità essa ha un effetto stabilizzante, mentre appena fuoriesce il suo contributo diventa destabilizzante sommandosi all’effetto della forza centrifuga. Si consideri allora che durante la percorrenza di una curva di raggio r a velocità v, al nostro veicolo risulta applicata una forza centrifuga (Fc) che moltiplicata per l’altezza del CG del veicolo (h) dà luogo ad un momento ribaltante che se non adeguatamente contrastato da un momento stabilizzante - originato dalla forza peso (Fp) - a sua volta costituito dal prodotto del peso (P) (massa per accelerazione di gravità) per la semicarreggiata (d/2 = b) - dà luogo ad un effetto ribaltante ovvero ad una rotazione attorno all’asse passante HS+E magazine Fig. 14 per le ruote esterne (che nel caso di una configurazione statica a triciclo, come si è già detto, diventa l’asse passante dalla ruota anteriore e dal fulcro di sospensione dell’assale posteriore); in Fig. 14 e Fig. 15 sono rappresentate graficamente queste schematizzazioni. In pratica si può anche scrivere che, essendo Fc ═ m ∙ ac (dove ac ═ v2/r ═ ω2 ∙ r è l’accelerazione centrifuga, essendo ω ═ v/r la velocità angolare) e P ═ m ∙ g, si ha stabilità quando: Fc ∙ h < P ∙ d/2 Fig. 15 Ovvero si può affermare che non si ha ribaltamento se: P/g ∙ v2/r ∙ h ≤ P ∙ d/2. La velocità tangenziale limite contro il ribaltamento è, in pratica, direttamente fornita dalla seguente equazione: v ═ √ g ∙ d/2 ∙ 1/h ∙ r Occorre notare che un eventuale sbandamento del veicolo, dovuto al superamento del limite di attrito tra ruota e terreno, sarebbe cautelativo nei confronti del ribaltamento, ma ciò, come la abbondantissima letteratura in materia mostra, non si verifica per un veicolo caratterizzato da una massa elevata, un rapporto tra altezza del baricentro e carreggiata molto alto e una bassa o bassissima velocità di avanzamento; in pratica si potrebbe avere sbandamento (e quindi allontanamento del limite di ribaltamento) solo in presenza di coefficienti di attrito ruotaterreno bassissimi, in pratica, probabilmente raggiungibili solo in presenza di una superficie con ghiaccio vivo o comunque con un coefficiente di attrito del medesimo ordine di grandezza. Effettuiamo quindi una applicazione numerica delle equazioni viste, per avere una indicazione sufficientemente approssimata del limite di stabilità dinamica trasversale del carrello in oggetto in configurazione “scarico con forche standard”. Applichiamo i seguenti parametri: • raggio di curvatura minimo (r) ═ 2,13 m (dichiarato dal costruttore) • semilarghezza della carreggiata (d/2) in configurazione a triciclo ═ 0,2 m (valore approssimato, ma conservativo) • altezza di CG (h) ═ 0,75 m (valore approssimato, ma conservativo, dichiarato dal costruttore, e confermato da dati reperibili in letteratura) • accelerazione di gravità ═ 9,81 m/s2 v ═ √ 9,81 ∙ 0,188 ∙ 1/0,75 ∙ 2,13 ═ 2,28 m/s ═ 8,23 km/h 13 HS+E magazine Questa è la velocità teorica (calcolata mediante un modello semplificato) alla quale si ha il primo distacco dalla superficie d’appoggio da parte delle ruote interne. Tenendo come incognita il raggio di sterzata ed ipotizzando di percorrere una curva alla massima velocità del carrello (pari a 18 km/h ═ 5,0 m/s) si ottiene, in configurazione a triciclo: r ═ 3,10 m che è il raggio di curvatura al quale perde di stabilità il carrello condotto alla massima velocità. Si tratta di un raggio di curvatura non particolarmente stretto e ricorrente nelle abituali manovre di piazzale, comunque comparabile con valori calcolati per carrelli simili e reperibili in letteratura (cfr. A. Angelini, R. Bigongiari, Il ribaltamento laterale del carrello elevatore, AUSL Lucca). Come già detto l’ipotesi del transitorio (da triciclo a quadriciclo) non viene mai tenuta in considerazione ovvero, nella definizione del limite al ribaltamento, si preferisce ignorare la “riserva di stabilità” stante le notevoli incertezze sul reale comportamento dinamico caratteristico di ogni carrello: in pratica per alcuni carrelli potrebbe aversi un comportamento realmente migliorativo per altri, quasi completamente trascurabile. A titolo puramente comparativo, per significare quanto un carrello carico sia meno pericoloso di uno scarico in termini di stabilità laterale dinamica, si consideri la stabilità al primo distacco (sempre in configurazione a triciclo), del medesimo fork-lift alla portata massima di 3000 kg: in questo caso il CG complessivo subisce un avanzamento di ben 779 mm (Fig.16). Applicando la solita equazione della dinamica e desumendo graficamente il valore della nuova semicarreggiata (Fig. 17), si ottiene una velocità critica al minimo raggio di sterzatura pari a: Fig. 16 Fig. 17 v ═ √ 9,81 ∙ 0,391 ∙ 1/0,75 ∙ 2,13 ═ 3.30 m/s ═ 11,88 km/h sensibilmente più alta (circa il 25%) di quella a veicolo “scarico con forche basse”. Va anche notato che qualsiasi carico a sbalzo posizionato oltre l’assale anteriore provoca, teoricamente, anche un momento polare (ovvero induce un moto rotatorio attorno all’asse verticale del veicolo passante per il CG) il cui apporto autosterzante procedendo in marcia avanti è negativo, mentre procedendo a marcia indietro è positivo, ma in valore assoluto, in entrambi i casi è da ritenersi, da un punto di vista pratico, trascurabile. Dai risultati ottenuti pare una volta di più possibile affermare che l’indicazione cautelativa di procedere durante qualsiasi tipo di manovra ad una velocità non superiore ad un terzo di quella massima sia ampiamente cautelativa; pur in assenza di tachimetri di precisione presenti a bordo macchina questa velocità è facilmente identificabile da un operatore che abbia una minima esperienza essendo comparabile con quella di un uomo che cammina con “passo veloce”. A tal proposito si noti che vista la facilità (avendo un minimo di esperienza e sensibilità) di mantenere una velocità di sicurezza non è previsto da nessuna norma cogente neanche l’obbligo di montare indicatori di velocità di precisione a bordo macchina; in alcuni paesi vengono montati indicatori luminosi (che si ispirano al sistema “delle tre luci” obbligatorio in Giappone sui veicoli industriali) la cui accensione segnala sia al conducente, che a chi si trova nei pressi della macchina, il range di velocità all’interno del quale si sta operando (ad es. luce verde = 0÷6 km/h, luce gialla = 7÷12 km/h, luce rossa = 13÷18 km/h). Concludiamo con due importanti considerazioni: il limite di ribaltamento dinamico si raggiunge ad una velocità estremamente più bassa di quella massima raggiungibile; in configurazione a macchina scarica il fork-lift si dimostra meno stabile (da un punto di vista dinamico) rispetto ad una configurazione a massimo carico (posto che il carico sia trasportato in posizione corretta (ovvero il più possibile vicino al terreno). In relazione alla scarsa intuitività delle problematiche appena esposte e alla gravità delle conseguenze di un eventuale ribaltamento, è auspicabile che nozioni semplificate della dinamica dei veicoli siano sempre esposte durante tutte le sessioni di addestramento destinate agli operatori di qualsiasi tipo di fork-lift. * Ingegnare esperto di sicurezza industriale, è presidente di Techno srl. Ha ricoperto il ruolo di HSE manager per società di general contracting operanti in ambito internazionale nella cantieristica civile, industriale, navale ed offshore. 14 HS+E magazine Questo libro di Dan Hopwood e Steve Thompson, pubblicato nel 2006 negli Stati Uniti, si propone come una guida in grado di fornire al lettore un valido supporto nell’approccio alle tematiche del risk assessment nelle attività produttive di piccole e medie dimensioni. Gli autori, entrambi in possesso di una grande esperienza nei sistemi di gestione della sicurezza, adottano un approccio molto diretto per favorire l’acquisizione degli elementi di base necessari a costruire, qualsiasi sia il settore produttivo dell’azienda, un efficace sistema di gestione. Il libro, fondamentalmente pensato per il mercato americano, include, ovviamente, gli immancabili riferimenti alle regolamentazioni OSHA, alle problematiche assicurative, ma anche indicazioni di ampia applicazione in qualsiasi paese riguardanti la gestione delle emergenze, l’ergonomia, la gestione degli infortuni, l’investigazione degli incidenti, la security negli ambienti di lavoro ed i principi per la formazione di una solida cultura aziendale della sicurezza; il vero intento degli autori è però quello di esplorare dettagliatamente le scelte strategiche e tattiche che possono assicurare un approccio realmente proattivo al problema “sicurezza”. I riferimenti ai regolamenti OSHA possono essere utilizzati come valido riferimento di “buona pratica” in ogni caso in cui la normativa italiana risulti carente mentre la presentazione di diversi casi di studio pongono il lettore immediatamente a contatto con la realtà in modo da poter più facilmente trasporre le esperienze altrui nella propria realtà. WORKPLACE SAFETY: A GUIDE FOR SMALL AND MIDSIZED COMPANIES di Dan Hopwood e Steve Thompson Ed. Wiley - ISBN: 978-0-7821-3604-3 © 2006 pp. 256 - $35.00 © 2006 - pp. 232 - $79.95 HS+E magazine Il sito dei vigili del fuoco “vigilfuoco.it” è adesso disponibile anche nella versione “vigilfuoco.mobi”. Un servizio in più che i Vigili del Fuoco offrono ai cittadini, che possono accedere ad alcune delle informazioni contenute sul sito istituzionale anche attraverso il proprio palmare (se dotato di servizio UMTS o GPRS). Nella versione iniziale, il sito presenta quattro sezioni: news, bandi di concorso, bandi di gara ed informazioni sulle sedi territoriali (riferimenti e strutture dei 100 comandi provinciali e delle 18 direzioni regionali dei Vigili del Fuoco). Successivamente saranno inserite ulteriori funzionalità, più sofisticate, dedicate soprattutto ai professionisti che operano nel settore della prevenzione incendi: ad esempio la possibilità di prenotare dal cellulare i colloqui con i funzionari dei comandi provinciali o di consultare lo stato dei procedimenti di prevenzione incendi attivi o, rivolgendosi ad un’utenza più ampia, la possibilità di richiedere copie dei rapporti di intervento o gli atti previsti nei procedimenti di prevenzione incendi. www.vigilfuoco.mobi 15 16 HS+E magazine TOP GEAR Una potenza superiore rispetto ai concorrenti appartenenti alla medesima classe ed una riduzione delle vibrazioni al sistema mano-braccio del 40% sono le caratteristiche salienti del nuovo martello demolitore portatile Demolition Hammer GSH 5 CE Professional di Bosch. L’apparecchio si segnala quindi per una grande attenzione nei confronti della salute dei lavoratori grazie all’adozione di soluzioni tecniche di ultima generazione che consentono di smorzare le vibrazioni sia alla fonte, ovvero sul meccanismo pneumatico, che sull’impugnatura grazie ad un particolare materiale di rivestimento confortevole ed anche estremamente robusto. La principale riduzione delle vibrazioni avviene grazie ad elementi smorzanti presenti in corrispondenza del sistema di percussione e dell’albero principale. Bosch dichiara per questo modello valori di accelerazione sui tre assi inferiori a 8m/sec2. www.boschtools.com *** Un altro nuovo prodotto studiato per favorire l’attenuazione delle vibrazioni derivanti dall’uso degli utensili manuali, è stato presentato dalla britannica Polyco. Si tratta dei guanti Tremor-Low prodotti con un tessuto - denominato Vibra-Plus Nitrile - realizzato con una particolare schiuma brevettata (Gelfôm) che attutisce gli urti e riduce le vibrazioni garantendo comunque ottimi livelli di grip e una manualità di gran lunga superiore a quella dei prodotti concorrenti. Secondo il produttore, i Tremor-Low risultano anche altamente confortevoli grazie all’assenza di cuciture, all’apertura posteriore che favorisce la ventilazione e alla fodera in cotone e per questo possono essere indossati continuativamente anche per periodi molto lunghi. Il Gelfôm secondo la Polyco è in grado di smorzare fino al 70% delle vibrazioni prodotte da qualsiasi tipo di utensile mentre lo strato esterno in nitrile assicura resistenza e longevità al guanto, decisamente superiori a quelle offerte dalla concorrenza. www.polyco.co.uk HS+E magazine Negli ultimi venti anni la quasi totalità dei professionisti della sicurezza di tutto il mondo ha fondato la propria crescita tecnica e culturale su alcuni paradigmi e teorie che hanno costituito le fondamenta intoccabili e incrollabili del loro sapere; e mai queste certezze sono state sfidate. Ad esempio la “teoria del triangolo (o piramide o iceberg)” con la quale viene graficamente rappresentato il rapporto medio tra numero di infortuni mortali, gravi, leggeri e incidenti senza infortunio - con un rapporto “aureo”, ad esempio, tra infortuni gravi e lievi di 1 a 300. A tal proposito, la HSE britannica ha monitorato le statistiche infortuni negli anni tra il 2000 ed il 2003 rilevando nei vari anni un rapporto variabile tra 1 a 80 ed 1 a 5! Fine del primo mito …Ma non è finita. Un’altra “verità assoluta ed intoccabile” è quella che per far funzionare bene la sicurezza in una azienda occorra una gerarchia piramidale (ancora!) con un sistema di “comando e controllo”, per intendersi, e che le organizzazioni orizzontali siano inefficaci. Alcuni studi effettuati in ambito militare proverebbero l’esatto contrario come testimonierebbero successi anche di sei volte superiori, quando venga affidata libertà d’azione ai subordinati senza imporre loro un comando ed un controllo rigido. Anche il mito dell’inefficacia degli indicatori di tipo reattivo a favore di quelli proattivi sembra fondato … sul nulla: stante il fatto che, molto spesso, gli indicatori proattivi non hanno alcuna correlazione con gli eventi che determinano situazioni incidentali. E last but not least pare che anche il concetto di benchmarking in materia di salute e sicurezza sia qualcosa da dimenticare, non essendo possibile trovare, nei casi reali studiati, alcun buon motivo per servirsene. SHP – SAFETY & HEALTH PRACTITIONER “Hits and Myths” Di Percy Smith 17 18 HS+E magazine 20 1 0 SKYDD Salone internazionale della protezione e della sicurezza ECOMONDO Fiera internazionale del recupero dei materiali, dell’energia e dello sviluppo sostenibile ECOFIRA Salone internazionale delle tecnologie e dei servizi per l’ambiente POLLUTEC Salone internazionale degli equipaggiamenti, tecnologie e dei servizi per l’ambiente ENERGAIA Salone internazionale delle energie rinnovabili 14 - 17 settembre Stoccolma (Svezia) 3 - 6 novembre Rimini (Italia) 16 - 18 novembre Valencia (Spagna) 30 novembre 3 dicembre Lione (Francia) 8 - 11 dicembre Montpellier (Francia) Le date indicate potrebbero subire variazioni o alcune manifestazioni potrebbero venire annullate. Prima di recarsi alle manifestazioni si consiglia di verificare con gli organizzatori dei singoli eventi la correttezza delle date indicate. 19 HS+E magazine news HS E + health & safety + the occupational rly magazine environmental quarte HS+E news SICUREZZA ED IGIENE INDUSTRIALE SCADENZE DETTATE DAL D.LGS. 81/08: RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI E STRESS LAVORO-CORRELATO Si ricorda a tutte le Aziende che in data 26/04/2010 è entrato pienamente in vigore il Capo V, Titolo VIII del D.Lgs. 81/08 sulla “protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali” e che in data 01/08/2010 entrerà in vigore l’obbligo di “valutazione dello stress lavoro-correlato”. Si ricorda, inoltre, che le indicazioni interpretative inerenti le valutazioni in oggetto, sono già state emanate dal Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome. ambiente DECRETO 12 FEBBRAIO 2010: NORME DI SICUREZZA PER IL TRASPORTO MARITTIMO ALLA RINFUSA DI CARICHI SOLIDI Sulla Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 2010 è stato pubblicato il Decreto 12 febbraio 2010 del Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, relativamente l’aggiornamento del Decreto 22 luglio 1991, recante norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di carichi solidi. LEGGE 25 FEBBRAIO 2010, N. 36: DISCIPLINA SANZIONATORIA DELLO SCARICO DI ACQUE REFLUE Sulla Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2010 è stata pubblicata la Legge 25 febbraio 2010, n. 36 riguardante la disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue. Tale legge, nata successivamente alla sentenza di Cassazione n. 37279/2008 sugli scarichi idrici, apporta delle modifiche al primo periodo del comma 5 dell’articolo 137 (relativo alle sanzioni penali) del D.Lgs. 152/06, definendo il campo di applicazione della sanzio- ne penale, riservata alle ipotesi di violazione più grave e mantenendo la sanzione amministrativa per le restanti violazioni. LEGISLAZIONE IN MERITO IL TRASPORTO DI MERCI PERICOLOSE SU STRADA, FERROVIA E VIA NAVIGABILE INTERNA Sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 dell’11 marzo 2010 è stato pubblicato il D.Lgs. 35/2010, che regola il trasporto di merci pericolose su strada (ADR), ferrovia (RID) e per via navigabile interna (ADN), recependo la direttiva 2008/68/CE. Tale decreto apporta delle modifiche relativamente il Codice della strada (è stato riformulato l’articolo 168) e la figura del Consulente per la sicurezza per il trasporto delle merci pericolose. Inoltre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2010, del Decreto Ministeriale 18 febbraio 2010, il quale sancisce le deroghe che consentono l’utilizzo sul territorio italiano degli autoveicoli-cisterna e delle cisterne costruiti prima del 1° gennaio 1997 non conformi all’ADR 2009, nello specifico per quanto riguarda il montaggio dell’ABS e del rallentatore di frenata. 20 HS+E magazine prevenzione incendi LA NUOVA NORMA SUGLI IMPIANTI DI RIVELAZIONE INCENDIO La norma UNI 9795 “Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio. Progettazione, installazione ed esercizio” ha subito una revisione (gennaio 2010) rispetto alla precedente versione del 2005. Una delle principali novità consiste nell’avere introdotto anche altri tipi di rivelatori, peraltro già esistenti da tempo: • rivelatori puntiformi di fiamma: preferibile su aree localizzate dove si possono sviluppare fiamme in modo rapido e con poco fumo; • rivelatori lineari di calore (cavi termosensibili): adatto per controllare spazi nascosti ed estesi; • rivelatori multicriterio: utilizzano fenomeni di rivelazione combinati (rivelatori ottici e ionici); • sistemi di rivelazione fumo ad aspirazione: idoneo per sorvegliare spazi nascosti, vani tecnici, luoghi con pericolo di esplosione, ecc.. Un’altra importante novità di questa norma è inoltre quella di avere finalmente “sdoganato” anche i dispositivi che utilizzano connessioni via radio.