Milano
Chiesa
di Sant’Alessandro
Estonian Philharmonic
Chamber Choir
Kaspar Putniņš direttore
Lunedì 14.IX.15
ore 21
Pärt
Feldman
19
°
L’Associazione per il Festival Internazionale della Musica
di Milano è certificata UNI ISO 20121 e progetterà
MITO 2015 nel rispetto d
ello standard di sostenibilità in linea con quanto avvenuto p
er l’edizione 2014,
in collaborazione con EventiSostenibili.it
Si ringrazia per l’accoglienza degli artisti
Cioccolateria Artigiana Guido Gobino
Riso Scotti Snack
Acqua Eva
Si ringrazia
Paul & Shark per le divise Staff
US#BAG per gli zaini Staff
Arvo Pärt (1935)
Da Kanon Pokajanen (1997)
45 min. ca
Ode I
Ode VI
Kondakion
Ikos
Ode IX
Preghiera dopo il Canone
Morton Feldman (1926-1987)
Rotkho Chapel per soprano, contralto, coro e strumenti (1971)
Estonian Philharmonic Chamber Choir
Kaspar Putnin, š, direttore
Kaia Urb, soprano
Marianne Pärna, contralto
25 min. ca
Sound of words
A few decades ago, when he began exploring the traditions of the Russian
Orthodox Church, Arvo Pärt repeatedly pored over the manuscript of a penitential canon written in ancient Slavic, and attributed to Saint Andrea of
Crete (660-740 AD), gradually grasping its meaning. He eventually decided
to set it to music, and when he was commissioned to write a piece for the
celebration of the 750th anniversary of the construction of the Cathedral of
Cologne, Pärt used the opportunity to premiere that score, which he entitled
Kanon Pokajanen of which are performed on this occasion only some sections, framed by the first (Ode 1) and the last (Prayer after the Kanon).
As in many of his other vocal compositions, Pärt took inspiration directly
from the specific characteristics of the text that the piece is based on, with
the aim of bringing out the music that he imagined lay at the core of the
words, in the phonetic quality of the words and in their syntactic articulation: «I wanted to give the words an opportunity choose their own sounds»,
says Pärt with regard to Kanon Pokajanen. «I wanted the words to find their
own melodic line by themselves. And that’s how this music came about –
and I must say, it kind of freaked me out – music that’s totally permeated by
the character typical of this singular Slavic language, which is used only in
the sacred texts.» Indeed, Pärt’s score reflects the articulation of the words
contained in the ancient manuscript, throughout the nine odes and the final
prayer. Each ode starts off with an invocation (Heirmos, or Hirmos), and is
then split up into several different sections, which are in turn separated by
another invocation («Have pity on me, Lord, have pity on me») or a proclamation of eternal glory. The contrast between the resonance of the tone
used to pronounce the Hirmos and the subdued tone of the entreaty for pity
reflects a duality present at different levels throughout the text.
With the focus on Christ’s appearance in the world, Kanon Pokajanen points
out the changes and transformations such an occurrence brought about. In
Christian belief, Christ’s suffering and sacrifice changed our own condition,
leading mankind out of darkness and into the light. The act of penitence,
of which Kanon Pokajanen is a drawn out, intense expression, becomes a
human gesture that reflects Christ’s divine self-sacrificial act, and serves as a
necessary step toward purification of the soul.
Of course, the relationship between divine superiority and man’s miniscule
station in the cosmos, or the ultimate helplessness of the human condition,
has always been a central theme in the poetics of Arvo Pärt (as seen, albeit
somewhat indirectly, in more recent works, such as Lamentate). In Kanon
Pokajanen the various implications of this relationship are summed up in the
liner notes of the beautiful recording on CD, released by ECM.
«It is a song of change and transformation. In the symbolism of the church,
it invokes the border between day and night, Old and New Testament, old
Adam and new Adam (Christ), prophecy and fulfillment, the here and the
hereafter. Applied to a person, it recalls the border between human and
divine, weakness and strength, suffering and salvation. The canon is heard
in the nave, barely illuminated by the flickering candles, while the door to
the sanctuary still remains closed. As soon as the canon has come to an end,
this entrance opens. The church is filled with light, signifying the presence
of Christ.» (Marina Bobrik-Frömke). Arvo Pärt dedicated Kanon Pokajanen
to Tõnu Kaljuste and the Estonian Philharmonic Chamber Choir, which performed the piece in March 1998 in Cologne, as part of the celebration of the
Cathedral’s 750th anniversary. Kanon Pokajanen demands the performers’
utmost concentration for the entire duration of the performance (about 90
minutes), and precise intonation, lest the enchantment of the piece’s finespun vocal lines be compromised. Almost completely monodic across broad
swaths of the soundscape, or at times veined by a tenuous, delicate and
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Il suono delle parole
Alcuni anni fa, mentre cominciava ad avvicinarsi alla tradizione della chiesa
ortodossa russa, Arvo Pärt tornò a più riprese su un antico canone di penitenza in slavo antico attribuito a Sant’Andrea di Creta (660-740 d.C.), guadagnandosi a poco a poco la comprensione del suo significato. Si decise allora
a musicarlo e quando gli fu commissionato un lavoro per la celebrazione
dei 750 anni della nascita del Duomo di Colonia, Pärt decise di destinare a
quell’evento la prima esecuzione del Kanon Pokajanen del quale si eseguono
in questa occasione solo alcune sezioni incorniciate dalla prima (Ode 1) e
dall’ultima (Preghiera dopo il Canone).
Come per molte sue altre composizioni vocali, anche in questo caso Pärt si è
lasciato guidare dalle caratteristiche proprie e specifiche del testo che andava
affrontando, puntando a far emergere quella musica che già sempre riposa
nel fondo delle parole, nella loro specifica fonicità e nelle articolazioni sintattiche: «Volevo dare alla parola la possibilità di scegliere il proprio suono» – ha
detto Pärt a proposito del Kanon – «di disegnare autonomamente la propria
linea melodica. E così si è sviluppata – ha stupito un po’ anche me – una
musica totalmente permeata dal carattere tipico di questa singolare lingua
slava, che viene usata soltanto nei testi sacri». La musica rispecchia infatti
l’articolazione del testo in nove odi più una preghiera finale. All’inizio di
ciascuna si trova un’invocazione (Heirmos, o Hirmos); ogni ode è poi divisa
in più sezioni. Ogni singola sezione è intercalata da un’invocazione («Pietà
di me, Signore, pietà di me») o da una proclamazione di gloria eterna. La
contrapposizione tra il tono altisonante con cui viene enunciato l’Hirmos e
quello sommesso del perdono invocato riflette una duplicità che percorre a
diversi livelli tutto il testo.
Centrato sulla venuta di Cristo nel mondo, il Kanon Pokajanen sta a indicare
il cambiamento e la trasformazione che quell’avvento ha comportato. La
sofferenza e il sacrificio di Gesù hanno mutato la nostra condizione, ci hanno
condotto dall’oscurità alla luce. Il compimento di un atto di penitenza, di
cui il Kanon vuole essere una lunga e intensa espressione, corrisponde nella
dimensione umana a quell’atto divino, appare come passaggio necessario alla
purificazione dell’anima.
D’altra parte, il rapporto tra la superiore potenza del divino e la misera creaturalità della condizione umana è uno dei temi portanti della riflessione poetica
di Pärt, ancora suscitato, sebbene in forma più indiretta, in lavori più recenti
come Lamentate. Nel Kanon Pokajanen le diverse implicazioni di questo rapporto così vengono riassunte nel breve scritto che accompagna la bellissima
registrazione in cd prodotta dalla ECM: «Nel sistema simbolico chiesastico si
pensa al confine fra notte e giorno, Vecchio e Nuovo Testamento, vecchio
Adamo e nuovo Adamo (Cristo), profezia ed adempimento, aldiquà e aldilà.
Nelle persone invece rappresenta la distinzione tra umano e divino, debolezza e forza, dolore e redenzione, mortalità e vita eterna. Questo simbolismo
dei confini emerge nel canone in particolar modo quando esso viene cantato
in chiesa. Lo si immagini così: il canone risuona all’interno dello spazio della
chiesa, appena illuminato da una candela ardente, mentre la porta di accesso
al presbiterio è ancora chiusa. Non appena i suoni del canone si smorzano,
questo ingresso, che viene chiamato la ‘porta del paradiso’ oppure il ‘portale
sacro’, si spalanca. Lo spazio si riempie di luce annunciando così la presenza
di Dio» (Marina Bobrik-Frömke).
Dedicato da Arvo Pärt a Tõnu Kaljuste e all’Estonian Philharmonic Chamber
Choir e da questi eseguito nel marzo 1998 per le celebrazioni del Duomo
di Colonia, il Kanon Pokajanen richiede agli esecutori la massima concentrazione per tutti i circa novanta minuti della sua durata, e un’intonazione precisissima affinché non ne risulti diminuito l’incanto delle sue esili
linee vocali. Per ampi tratti quasi completamente monodica, o venata di una
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terse polyphony – with brief vocal movements in intervals of thirds over
low droning sounds, fleeting intonations of eastern origins, rapid pairings of
contiguous notes with sustained use of pedals – the music of Arvo Pärt, thoroughly reinvented and having no actual connection to the original intonation
(all traces of which have long since been lost), reflects all the intense, rapt
spiritual tension of the Canon.
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tenue, delicata e scarna polifonia – con brevi movimenti di voci in rapporto
di terza su suoni tenuti come bordoni nel registro basso, fugaci intonazioni di ascendenza orientale, rapidi accostamenti di note contigue su lunghi
pedali – la musica di Pärt, completamente reinventata e senza rapporto con
l’intonazione originaria ormai irrimediabilmente perduta, riflette del Kanon
tutta l’intensa, assorta tensione spirituale.
Livio Aragona
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A musical maze for Rothko
Once inside the chapel, since 1971 a place for non-confessional meditation,
open to all religions and belonging to none, you find yourself surrounded by
fourteen large paintings by Mark Rothko. They’re all black, yet each one is
unique, featuring a mysterious, inexhaustible supply of explorations of the
sacred color.
Apropos of the Rothko Chapel in Houston, Texas, in the year of its inauguration Morton Feldman composed the homonymous piece for soprano,
contralto, double choir, viola, celesta and percussion. It was, in line with
Feldman’s wont, a typically monochromatic score, which in this case engages in intimate dialogue with Rothko’s monochromatic paintings. But even
for those already familiar with the American composer’s music, this work
may prove surprising, especially as it winds its way toward the conclusion.
In terms of monochromatics, a typical feature of Feldman’s music is the
limitations he sets up regarding two key musical parameters: dynamics and
timbre. The dynamics here are more Pianissimo than you thought Pianissimo
could ever be, as the whole revolves around softly enigmatic hues in terms
of timbre. Thus, different musical objects (Feldman’s Rothko Chapel contains
more of them than we find in many of his other works) appear similar and,
in our perception of them, tend to merge.
Often disregarded is the traditional logic associated with the musical discourse. Not that associating logic with music is an exercise in appeasement
or a one-way street, although it does imply a recognized and broadly shared
sense that under certain conditions, musical objects seem to relate to one
another in accordance with certain standards (similarity, difference, consequence, contradiction, resolution, and so on), in such a way that a piece of
music should reflect logical thought.
It is clear, however, that monochromaticity minimizes the dialectic possibilities. And in terms of tempo, there is a distancing from what are considered
the classic mechanisms of logical thought. Taking the life out of events tends
to slow things down, and the tempo becomes similar to slowed breathing
(human or natural) rather than a reflection of the mind’s tenacious determination. In such a scenario, thought is stymied and we enter a dimension
of pure vision, whose most perfect form is said to be a part of the mystical
experience. Page after page, as we listen to Feldman’s Rothko Chapel we
see and are captured by an experience where tempo and normal dialectics
become suspended – until just before the end, perhaps, when at last something happens. (Although by necessity, it is a subjective consideration: Does
the ‘surprise’, which is also immersed in the monochromatic weave, truly
succeed in breaking away and constitute a logical nexus?)
Well, we certainly don’t want to give away the surprise for readers who have
never heard this Feldman piece, but we can say this much: should this musical object, with all its symbolic and evocative potential, strike the attention
of the listener, it will have all the trappings of a maze. The music makes its
way through the maze (rife with challenges and deception, in all likelihood
comprised of concentric coils, any possibility for linear movement having
been lost) in some sealed off compartment of the mind, until suddenly it
takes a turn and wham! – an open space appears. Is it the way out? Or the
center of the labyrinth, where the Minotaur awaits his visitors?
«There is a Zen riddle that replies to its own question. ‘Does a dog have the
Buddha nature?’ the riddle asks. ‘Answer either way and you lose your own
Buddha nature.’ Faced with a mystery about divinity, according to the riddle,
we must always hover, uncertain, between the two possible answers. Never,
on pain of losing our own divinity, are we allowed to decide.» Rothko Chapel
cultivates ambiguity and invites listeners to doubt the certitude of logic, for
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Un labirinto per Rothko
Una volta entrati nella cappella, dal 1971 luogo di meditazione non confessionale, aperto a tutte le religioni e non appartenente ad alcuna, ci si trova
circondati dai quattordici grandi dipinti di Mark Rothko. Tutti neri. Tutti
neri, ma sempre differenti fra di loro e al loro interno, inesauste e misteriose
esplorazioni nel colore del sacro.
Per la Rothko Chapel di Houston, Morton Feldman scrive nell’anno della sua
apertura l’omonimo brano per soprano, contralto, doppio coro, viola, celesta
e percussioni. Come d’abitudine per la musica di Feldman, ne esce un monocromo musicale, che si pone in dialogo strettissimo col monocromo pittorico
di Rothko; eppure, anche per chi ben conosce la musica del compositore
americano, l’ascolto di quest’opera può essere sorprendente, in particolare
per il suo snodo conclusivo.
Monocromo, si diceva. Tipico della musica di Feldman è il restringere lo
spettro possibile di due importanti parametri musicali: dinamica e timbro.
Pianissimo (o più che pianissimo), la dinamica. Tutto imperniato su tinte
morbidamente enigmatiche, il timbro. In questa maniera, oggetti musicali
che pure sono diversi (nella Rothko Chapel di Feldman ve ne sono anche in
quantità superiore ad altre sue composizioni) appaiono simili e si confondono
nella percezione.
Ciò che vien meno è la logica tradizionale del discorso musicale. Non che
parlare di logica in musica sia cosa pacifica e univoca, ma vi è comunque un
senso riconosciuto e ampiamente condiviso per cui, a certe condizioni, gli
oggetti musicali sembrano porsi in certe relazioni (uguaglianza, differenza,
conseguenza, contraddizione, risoluzione e così via), così che il brano di
musica incarni un pensiero logico.
Il monocromo, evidentemente, minimizza le possibilità dialettiche. Ma,
anche, la gestione del tempo musicale allontana dai meccanismi del pensiero: troppo lento è il prender vita degli eventi, molto più simile a una lenta
respirazione (umana o naturale) che alla tenace determinazione della mente.
Perciò, il pensiero si arresta ed entriamo nel campo della pura visione: quello
stato che nella sua forma più perfetta si dice appartenga all’esperienza mistica. Di pagina in pagina, chi ascolta Rothko Chapel di Feldman vede, e viene
catturato in un’esperienza dove tempo e normale dialettica delle cose sono
sospesi. Fino a poco prima della fine, forse. Ecco ciò che si diceva in merito allo snodo finale, imprevisto: finalmente, qualcosa accade. (Eppure, per
necessità si tratta di una considerazione soggettiva: per davvero la ‘sorpresa’,
immersa com’è anch’essa nel tessuto del monocromo, riesce a uscirne e a
costituire, finalmente, un nesso logico?).
Supponendo che questo testo possa esser letto prima di ascoltare il concerto,
e volendo evitare ciò che in termini cinematografici o narrativi si usa chiamare spoiler, si sceglie qui di non dire a chiare lettere di cosa si tratti. Questo
si può però dire: nel caso in cui questo oggetto musicale, dal forte potenziale simbolico ed evocativo, arrivi a colpire l’attenzione dell’ascoltatore, può
ben suonare come un’uscita dal labirinto. Labirinto, sì, perché fino a quel
momento la musica ha esplorato (forse anche in spire concentriche, avendo
perso la possibilità di un movimento lineare) un luogo chiuso della mente,
dalle mille ingannevoli biforcazioni. Poi, all’improvviso dietro una svolta,
appare uno spazio aperto. L’uscita? O piuttosto il centro del labirinto, con
Asterione in attesa di visite?
In un suo scritto, Morton Feldman cita un indovinello zen che a suo dire
«contiene la risposta». «Il cane ha una natura-Buddha?» viene chiesto. E poi:
«Comunque rispondi, perdi la tua, di natura-Buddha». Scrive poi Feldman:
«Di fronte a un mistero che riguarda il divino, bisogna sempre restare sospesi, incerti, tra due risposte possibili. Mai, pena la perdita della nostra divinità,
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the exit of the maze is perhaps but a vision conjured up by the mind. This,
however, does not mean that such a vision is spurious. Feldman gives us the
impression – and a powerful one it is – that the music stops just as we are
about to cross that threshold.
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ci è concesso di prendere una decisione». Rothko Chapel coltiva l’ambiguità e
ci invita a diffidare della logica: l’uscita dal labirinto è forse solo una visione
della mente. Eppure, non è per questo meno vera, e l’impressione – fortissima – è che la musica si interrompa proprio sulla soglia.
Alfonso Alberti
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Kanon Pokajanen
(Dedicated to Tõnu Kaljuste and Estonian Philharmonic Chamber Choir)
Canon of Repentance
to Our Lord Jesus Christ
Ode I
Heirmos: When Israel walked on foot in the deep as on dry land,
on seeing their pursuer Pharaoh drowned,
they cried: Let us sing to God a song of victory.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
Now I, a burdened sinner, have approached Thee, my Lord and God.
But I dare not raise my eyes to heaven. I only pray,
saying: Give me, O Lord, understanding,
that I may weep bitterly over my deeds.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
O woe is me, a sinner! Wretched am I above all men.
There is no repentance in me. Give me, O Lord, tears,
that I may weep bitterly over my deeds.
Glory be to the Father, and to the Son, and to the Holy Spirit.
Foolish, wretched man, thou art wasting thy time in idleness! Think
of thy life and turn to the Lord God, and weep bitterly
over thy deeds.
Both now and ever, and unto the ages of ages. Amen.
Theotokion: Most pure Mother of God, look upon me, a sinner,
and deliver me from the snares of the devil, and guide me to the way
of repentance, that I may weep bitterly over my deeds.
Ode VI
Heirmos: Beholding the sea of life surging with the
tempest of temptations, I run to Thy calm heaven and cry unto Thee:
«Raise up my life from corruption, O Greatly-merciful One».
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
I have lived my life wantonly on earth and have delivered
my soul to darkness. But now I implore Thee, O merciful Lord,
free me from this work of the enemy and give me
the knowledge to do Thy will.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
Who doeth such things as I do? For like a swine lying in the mud,
so do I serve sin. But do Thou, O Lord,
pull me out of this vileness and give me the heart to do
Thy commandments.
Glory be to the Father, and to the Son, and to the Holy Spirit.
Rise, wretched man, to God and, remembering your sins, fall down
before your Creator, weeping and groaning, for
He is merciful and will grant you to know His will.
Both now and ever, and unto the ages of ages. Amen.
Theotokion: O virgin Mother of God, protect me from evil visible and
invisible, O immaculate one, and accept my prayers and convey them
to thy Son, that He may grant me the mind to do His will.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
Glory be to the Father, and to the Son, and to the Holy Spirit,
both now and ever, and unto the ages of ages. Amen.
Kondakion: O my soul, why dost thou become rich in sins? Why dost thou
the will of the devil? On what dost thou set thy hope?
Cease from these things and turn to God with weeping,
and cry out: «O Kind-hearted Lord, have mercy on me, a sinner».
Ikos: Think, my soul, of the bitter hour of death and
the judgement day of thy God and Creator. For terrible angels
will seize thee, my soul, and will lead thee into the
eternal fire. And so, before thy death, repent and cry: «O Lord,
have mercy on me, a sinner».
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Kanon Pokajanen
(Dedicato a Tõnu Kaljuste e all’Estonian Philharmonic Chamber Choir)
Canone di penitenza
A nostro Signore Gesù Cristo
Ode I
Heirmos: Quando Israele ebbe camminato sull’abisso come
sulla terra ferma ed ebbe visto il Faraone persecutore inghiottito
dai flutti, gridò: «Cantiamo a Dio un inno di vittoria».
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Ora io, peccatore carico di iniquità, mi avvicino a te, Signore
mio Dio, senza osare levare gli occhi al cielo. Ti imploro soltanto,
dicendo: «Concedimi, Signore, il dono di piangere
lacrime amare sulle mie azioni!».
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Oh peccatore sventurato! Il più miserabile di tutti gli uomini!
Non c’è pentimento in me. Donami, Signore, lacrime per
piangere amaramente sulle mie azioni.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Uomo folle, miserabile, che perdi il tuo tempo nell’ozio! Pensa
alla tua vita e volgiti al Signore tuo Dio, e versa lacrime amare
sulle tue azioni.
Ora e per sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Theotokion: Purissima Madre di Dio, leva il tuo sguardo su di me peccatore
e liberami dalle insidie del male, e guidami sulla via
del pentimento, affinché possa versare lacrime amare sulle mie azioni.
Ode VI
Heirmos: Quando vedo l’oceano di questa vita agitato dalla
tempesta delle tentazioni, io corro a te, porto di pace, e invoco:
«Libera la mia vita dalla corruzione, oh Misericordioso!».
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Ho trascorso la mia vita sulla terra nel peccato e ho consegnato
la mia anima alle tenebre. Ma ora ti imploro, oh Signore
misericordioso, liberami dal giogo del maligno e donami
la capacità di compiere il tuo volere.
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Chi ha fatto ciò che io ho fatto? Come il porco si rotola nel
fango, così io mi compiaccio del peccato. Ma tu, Signore,
strappami a questo abominio e donami la forza di ubbidire
ai tuoi comandamenti.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Sorgi, oh infelice, verso Dio, e ricordando i tuoi peccati, prostrati
davanti al tuo Creatore, con lacrime e lamenti, perché
Egli è misericordioso e ti concederà di conoscere la sua volontà.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Theotokion: Oh Vergine, Madre di Dio, proteggimi dal male visibile e
invisibile. Oh Immacolata, accetta le mie preghiere e portale
a tuo Figlio, affinché mi conceda di compiere la sua volontà.
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre e
nei secoli dei secoli. Amen.
Kondakion: Oh anima mia, perché tanti peccati? Perché tu
compi la volontà del maligno? In chi riponi la tua speranza?
Abbandona il mondo e volgiti a Dio con occhi pieni di
lacrime, invocando: «Signore misericordioso, abbi pietà di me peccatore!».
Ikos: Pensa, anima mia, all’ora crudele della morte e al giorno
del giudizio del tuo Dio e Creatore. Perché angeli terribili
verranno a prenderti, anima mia, e ti condurranno al fuoco
eterno. Pentiti quindi prima di morire e invoca: «Signore, abbi
pietà di me peccatore».
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Ode IX
Heirmos: It is not possible for men to see God,
on Whom the ranks of angels dare not gaze; but through thee, O all-pure one,
appeared to men the Word Incarnate, whom magnifying,
with the heavenly hosts we call thee blessed.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
I now flee unto you, ye Angels, Archangels, and all the heavenly hosts
who stand at the throne of God: pray to your Creator that
He may save my soul from eternal torment.
Have mercy on me, O God, have mercy on me.
Now I turn to you with tears, holy patriarchs,
kings and prophets, apostles and holy hierarchs, and all the elect of Christ: Help me
at the judgement, that He may save my soul
from the power of the enemy.
Glory be to the Father, and to the Son, and to the Holy Spirit.
Now I lift my hands to you, holy martyrs, hermits, virgins,
righteous ones and all the saints, who pray to the Lord to the whole
world, that He may have mercy on me at the hour of my death.
Both now and ever, and unto the ages of ages. Amen.
Theotokion: O Mother of God, help me who have strong hope in thee;
implore thy Son that He may place me on His right hand, unworthy as
I am, when He sitteth to judge the living and
the dead. Amen.
Prayer after the Kanon
O Master Christ God, Who hast healed my passions
through Thy Passion, and hast cured my wounds through
Thy wounds, grant me, who have sinned greatly against Thee,
tears of compunction. Transform my body with the
fragrance of Thy live-giving Body, and sweeten my soul with Thy precious Blood
from the bitterness with which the foe bath fed me. Lift up my down-cast
mind to Thee, and take it out of the abyss of perdition, for I have no repentance,
for I have no compunction, I have no consoling tears,
which uplift children to their heritage.
My mind bath been darkened through earthly passions,
I cannot look up to Thee in pain. I cannot warm myself with tears
of love for Thee. But, O Sovereign Lord Jesus Christ, Treasury of
good things, give me thorough repentance and a diligent heart
to seek Thee; grant me Thy grace, and renew in me
the likeness of Thine image. I have
forsaken Thee – do Thou not forsake me! Come out
to seek me; lead me up to Thy pasturage and number me among the sheep
of Thy chosen flock. Nourish me with them on the grass of Thy Holy
Mysteries, through the intercessions of Thy most pure Mother and all Thy saints. Amen.
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Ode IX
Heirmos: È impossibile per gli uomini vedere Dio; neppure
le schiere angeliche osano guardarlo. Ma tramite Te, oh Purissima,
il Verbo fattosi carne si è manifestato ai mortali. Noi lo magnifichiamo
con gli eserciti celesti e ti proclamiamo benedetta.
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
Ora vi supplico, angeli, arcangeli e tutte le potenze celesti
che circondate il trono di Dio: pregate il vostro creatore affinché
liberi la mia anima dai tormenti eterni.
Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.
E mi volgo a voi con occhi pieni di lacrime, santi patriarchi,
re, profeti, apostoli, santi e tutti gli eletti di Cristo: soccorretemi
nell’ora del giudizio, affinché possa salvare la mia anima
dalla potenza del maligno.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Ora levo le mani verso di voi, santi, martiri, anacoreti, vergini,
giusti e tutti i santi che pregate il Signore per il mondo
intero: che Egli abbia pietà di me nell’ora della mia morte.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Theotokion: Oh Madre di Dio, soccorri questo peccatore che confida in
Te, implora tuo figlio affinché mi ponga alla sua destra, io
che sono indegno, quando Egli verrà per giudicare i vivi e
i morti. Amen.
Preghiera dopo il canone
Signore Gesù Cristo, nostro Dio, che hai sconfitto le mie passioni
con la tua Passione, che hai curato le mie ferite con le
tue ferite, concedi a me, che ho tanto peccato contro di te,
le lacrime del pentimento. Trasforma il mio corpo con la
fragranza del tuo corpo vivificante e con il tuo sangue prezioso
libera la mia anima dalle catene del maligno. Leva a Te il
mio spirito abbattuto e riscattalo dall’abisso della perdizione,
perché in me non c’è pentimento né compunzione e neppure
il conforto delle lacrime che conducono i bambini a Te.
Il mio spirito è stato offuscato dalle passioni terrene e io non
oso levare gli occhi su di Te, né posso riscaldarmi con lacrime
d’amore per Te. Ma, oh Signore Gesù Cristo, fonte di ogni
bene, concedimi un pentimento ardente e un cuore colmo
di amore per venire a cercarti. Accordami la tua grazia e rinnova
in me la somiglianza con la tua divina immagine. Io ti
ho abbandonato, ma tu non abbandonarmi! Vieni a cercarmi,
conducimi verso i tuoi pascoli e contami tra le pecorelle del
tuo gregge eletto. Nutrimi dei tuoi santi misteri, grazie
all’intercessione della tua purissima madre e di tutti i santi. Amen.
Versione italiana di Maria Clara Pasetti
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Estonian Philharmonic Chamber Choir
L’Estonian Philharmonic Chamber Choir (EPCC) è uno dei più famosi gruppi
musicali estoni al mondo. L’EPCC è stato fondato nel 1981 da Tõnu Kaljuste,
che l’ha direto e ne è stato direttore artistico per vent’anni. Il repertorio del
coro spazia dal canto gregoriano e barocco fino alla musica del ventunesimo secolo, con una particolare attenzione alle opere di compositori estoni
(Arvo Pärt, Veljo Tormis, Erkki-Sven Tüür, Galina Grigoryeva, Toivo Tulev,
Tõnu Kõrvits, Helena Tulve), diffondendole in questo modo nel resto del
mondo. L’EPCC ha collaborato con svariati direttori e orchestre di grande
rilievo: Claudio Abbado, Helmuth Rilling, Eric Ericson, Ward Swingle, Neeme
Järvi, Paavo Järvi, Nikolai Alekseyev, Olari Elts, Andrew Lawrence-King,
Roland Böer, Frieder Bernius, Stephen Layton, Marc Minkowski, Christoph
Poppen, Sir Colin Davis, Louis Langree, Paul McCreesh; London Symphony
Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Berlin Rundfunk Orchestra, Concerto
Copenaghen, Concerto Palatino, Salzburg Camerata, Les Musiciens du LouvreGrenoble, Basel Chamber Orchestra, e con l’Orchestra Sinfonica Nazionale
Estone e l’Orchestra da Camera di Tallinn. L’EPCC è stato ospite a numerosi
festival musicali e in prestigiose venue in tutto il mondo.
Estonian Philharmonic Chamber Choir (EPCC) is one of the best-known
Estonian music groups in the world. EPCC was founded by Tõnu Kaljuste
in 1981, who was the artistic director and chief conductor for twenty years.
The repertoire of the choir extends from Gregorian chant and baroque to
the music of the 21st century, ever special focus on the work of Estonian
composers (Arvo Pärt, Veljo Tormis, Erkki-Sven Tüür, Galina Grigoryeva,
Toivo Tulev, Tõnu Kõrvits, Helena Tulve) and introducing it to the world.
EPCC has cooperated with a number of outstanding conductors and orchestras: Claudio Abbado, Helmuth Rilling, Eric Ericson, Ward Swingle, Neeme
Järvi, Paavo Järvi, Nikolai Alekseyev, Olari Elts, Andrew Lawrence-King,
Roland Böer, Frieder Bernius, Stephen Layton, Marc Minkowski, Christoph
Poppen, Sir Colin Davis, Louis Langree, Paul McCreesh; London Symphony
Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Berlin Rundfunk Orchestra, Concerto
Copenaghen, Concerto Palatino, Salzburg Camerata, Les Musiciens du LouvreGrenoble, Basel Chamber Orchestra and with Estonian National Symphony
Orchestra and Tallinn Chamber Orchestra. EPCC has been a welcome guest
at numerous music festivals and outstanding venues all over the world.
14
Direttore
Kaspars Putnin, š
Soprani
Kaia Urb
Karoliina Kriis
Kristine Muldma
Hele-Mall Leego
Annika Lõhmus
Maria Melaha
Karolis Kaljuste
Contralti
Marianne Pärna
Karin Salumäe
Helis Naeris
Anna Dõtõna
Ave Hännikäinen
Cätly Talvik
Tenori
Kaido Janke
Toomas Tohert
Raul Mikson
Madis Enson
Sander Sokk
Valter Soosalu
Bassi
Aarne Talvik
Tõnu Tormis
Rainer Vilu
Henry Tiisma
Allan Vurma
Olari Viikholm
Kaarel Kukk
Strumentisti in Rotkho Chapel di Morton Feldman
Toomas Nestor, viola
Jana Peäske, celesta
Maarja Nuut, percussioni
15
Kaspar Putnin, š, direttore/conductor
Kaspars Putnin, š diventa direttore artistico e principale direttore dell’Estonian
Philharmonic Chamber Choir nel settembre del 2014. È direttore del Coro
della Radio Lettone dal 1992. Nel 1994 riunisce i Cantori da Camera della
Radio Lettone, un ensemble di solisti formato da membri del Coro della Radio
Lettone. Compare regolarmente come direttore ospite di importanti cori europei come i BBC Singers, il RIAS Kammerchor, il Berliner Rundfundkchor,
l’NDR Kammerchor, il Coro della Radio Olandese, il Collegium Vocale di
Ghent, il Coro della Radio Fiamminga e altri. Nonostante comprenda un
ampio spettro di repertorio corale, dal Rinascimento al periodo romantico,
il lavoro di Kaspars Putnin, š ottiene i più importanti successi promuovendo
nuova musica corale. Questo nuovo repertorio mette alla prova l’abilità dei
suoi esecutori, e conduce la loro tecnica vocale verso territori del tutto inesplorati. Kaspars Putnin, š, inoltre, si impegna in diversi progetti teatrali che
prevedono il coinvolgimento del suo coro in collaborazione con visual artist e
attori. Effettua spesso letture e masterclass di livello internazionale. Kaspars
Putnin, š ha ricevuto il Gran Premio Lettone per la Musica ed è stato premiato
dal Consiglio Lettone dei Ministri per i significativi risultati ottenuti in campo
culturale e scientifico.
Kaspars Putnin, š starts as an artistic director and chief conductor of the
Estonian Philharmonic Chamber Choir in September 2014. He has been
the conductor of the Latvian Radio Choir since 1992. In 1994, he formed the Latvian Radio Chamber Singers, an ensemble of soloists formed
from the members of Latvian Radio Choir. He regularly appears as a guest
conductor with leading European choirs such as the BBC Singers, RIAS
Kammerchor, Berliner Rundfunkchor, NDR Kammerchor, Netherlands
Radio Choir, Collegium Vocale Gent, Flamish Radio Choir and others. Whilst
Kaspars Putnin, š work encompasses a wide range of choral repertoire from
Renaissance polyphony to works of the Romantic period, his foremost goal
has always been that of promoting new outstanding choral music. This new
repertoire challenges and develops the abilities of his performers and takes
their vocal sound to entirely uncharted territories. Kaspars Putnin, š has also
initiated several theatrical projects, which involve the participation of his
choir, in collaboration with visual and theatre artists. He often lectures and
gives master classes internationally. Kaspars Putnin, š is the recipient of the
Latvian Music Grand Prix and the Latvian Council of Ministers award for
achievements in culture and science.
16
Il FAI presenta i luoghi
di MITO SettembreMusica
Milano – Sant’Alessandro
Sant’Alessandro è una delle chiese più ricche di opere d’arte della città. La
struttura sorge, secondo la tradizione, sul luogo di un’antica chiesa del IX
secolo dedicata al santo, decapitato nel III secolo dopo la sua conversione
al Cristianesimo. Verso la fine del Cinquecento i Barnabiti acquistarono la
chiesa e il terreno circostante. Nel 1601 padre Lorenzo Binago diede il via ai
lavori per la costruzione di una nuova basilica da lui stesso progettata. Alla
morte del Binago, avvenuta nel 1629, i lavori furono ripresi da Francesco
Maria Richini e dal figlio. Fra il 1693 e il 1694 Giuseppe Quadrio innalzò la
cupola con proporzioni più contenute rispetto a quella progettata da padre
Binago. Tra il 1704 e il 1710 fu terminata anche la facciata con il coronamento mistilineo e le torri campanarie. Grazie agli ingenti lasciti di numerose
famiglie milanesi la chiesa si arricchì di opere d’arte. Il presbiterio e l’abside
sono decorati con le Storie di Sant’Alessandro, eseguite da Federico Bianchi
e Filippo Abbiati. A quest’ultimo spetta anche la monumentale Gloria di tutti
i santi, eseguita nel 1696, visibile nel vano della cupola. Gli altari laterali,
impreziositi da paliotti in stucco e scagliola, i confessionali e il pulpito sono
riccamente rivestiti con intarsi di pietre dure. Lo splendido altare maggiore,
eseguito su disegno di Giovanni Battista Riccardi e consacrato nel 1741, fu
donato alla chiesa dal marchese Alessandro Visconti di Modrone e presenta
una profusione di marmi e di pietre dure riportate dalle missioni barnabite
in estremo oriente.
The Church of Sant’Alessandro is one of ecclesiastic Milano’s great treasure
troves of art. Tradition has it that the structure stands on the site of another
church from the 9th century, which was also dedicated to Sant’Alessandro
(the saint was decapitated in the 3rd century A. D. following his conversion
to Christianity). In the late 1500s the Barnabites (priests and friars belonging to the religious order of the Clerics Regular of St. Paul) purchased that
church and the land surrounding it. Work was begun on the new basilica
in 1601, based on a design by Father Lorenzo Binago, who led the project.
After his death in 1629, work continued under Francesco Maria Richini and
son. The dome was built in 1693-94 by Giuseppe Quadrio – somewhat smaller than Father Binago’s original design. Final work on the façade, with its
mixtilinear crown, and the bell towers was carried out in the years 1704-10.
The church was able to secure a wealth of important works of art thanks to
generous bequests from numerous local families. The presbytery and the
apse show the Stories of Sant’Alessandro, the work of Federico Bianchi and
Filippo Abbiati. The latter also painted the monumental Glory of All Saints
in 1696, which is visible in the dome vault. The lateral altars feature frontal
decorations in stucco and scagliola, and the confessionals and pulpit are
ornately decorated with semiprecious stones. The splendid main altar, designed by Giovanni Battista Riccardi and consecrated in 1741, was donated to
the church by Marchese Alessandro Visconti di Modrone, and is richly decorated with marble and semiprecious stones, treasures from the Barnabite
missions in the Far East.
Si ringrazia
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Città di Milano
Città di Torino
Giuliano Pisapia
Sindaco
Presidente del Festival
Piero Fassino
Sindaco
Presidente del Festival
Filippo Del Corno
Assessore alla Cultura
Maurizio Braccialarghe
Assessore alla Cultura,
Turismo e Promozione
Giulia Amato
Direttore Centrale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Cultura,
Educazione e Gioventù
Comitato di coordinamento
Presidente
Francesco Micheli
Vicepresidente
Maurizio Braccialarghe
Enzo Restagno
Direttore artistico
Milano
Torino
Giulia Amato
Direttore Centrale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Cultura,
Educazione e Gioventù
Marina Messina
Direttore Settore Spettacolo
Francesca Colombo
Segretario generale
Coordinatore artistico
Angela La Rotella
Segretario generale
Claudio Merlo
Responsabile generale
Coordinatore artistico
Associazione per
il Festival Internazionale
della Musica di Milano
Fondatori
Francesco Micheli, Roberto Calasso
Francesca Colombo, Piergaetano Marchetti
Massimo Vitta-Zelman
Comitato di Patronage
Louis Andriessen, Alberto Arbasino, Giovanni Bazoli
George Benjamin, Ilaria Borletti Buitoni, Pierre Boulez
Gillo Dorfles, Umberto Eco, Bruno Ermolli, Inge Feltrinelli
Franz Xaver Ohnesorg, Ermanno Olmi, Sandro Parenzo
Alexander Pereira, Renzo Piano, Arnaldo Pomodoro
Livia Pomodoro, Davide Rampello, Gianfranco Ravasi
Daria Rocca, Franca Sozzani, Umberto Veronesi
Ad memoriam Gae Aulenti, Louis Pereira Leal
Consiglio Direttivo
Francesco Micheli, Presidente
Marco Bassetti, Pierluigi Cerri, Lella Fantoni
Leo Nahon, Roberto Spada
Collegio dei Revisori
Marco Guerrieri, Eugenio Romita
Marco Giulio Luigi Sabatini
MITO è il primo festival musicale italiano
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I Sentieri sonori
di MITO
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Chopin/Skrjabin
Focus
Adès/Francesconi
Un ciclo che indaga le affinità
di due grandi compositori-pianisti
Due concerti e un incontro
per conoscere due protagonisti
della scena contemporanea,
l’inglese Thomas Adès,
e l’italiano Luca Francesconi
Dall’8.IX al 17.IX ore 18
Conservatorio di Milano
Sala Puccini
Focus
Voci dello spirito
Il suono e il canto nelle pratiche
di culto delle comunità religiose
di Milano
9.IX
Ore 15
Arena Civica Gianni Brera
Sala Appiani
Tavola rotonda introduttiva
coordinata da Giovanni De Zorzi
Ingresso gratuito
fino a esaurimento posti
Dal 9.IX al 20.IX
Ore 18
Teatro Out Off
Tradizioni ebraica, buddista,
cristiano-armena, ortodossa,
islamica, induista
Posto unico numerato € 15
Pass Voci dello spirito 6 concerti € 75
11.IX
Ore 17.30
Museo del Novecento
Sala Arte Povera
Incontro con Adès e Francesconi
Ore 21
Conservatorio di Milano
Sala Verdi
Orchestra della Svizzera italiana
12.IX
Ore 17
Teatro Menotti
mdi ensemble
Cartoline da Firenze,
Roma, Napoli e Venezia
Echi sonori dalle città che furono
i grandi centri di produzione nel secondo
Seicento e nel primo Settecento.
Cartoline firmate da interpreti di primo
piano: Raffaele Pe, Enrico Casazza,
Enrico Baiano, Rinaldo Alessandrini.
Dal 16.IX al 20.IX
Basilica di San Marco,
Sagrestia Monumentale
Basilica di Santa Maria delle Grazie
Chiesa di San Francesco di Paola
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