PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE N. 264/1999 R.M.P. N. 155/2006 R.M.P. N. 234/2007 R.M.P. Al Tribunale di Palermo Sezione Misure di Prevenzione MEMORIA DEL PUBBLICO MINISTERO NEL PROCEDIMENTO PER LA CONFISCA EX ARTT. 2 TER, 3 QUATER E 3 QUINQUIES L. 31 MAGGIO 1965 N. 575 DELLE SOCIETA’ “LAS VEGAS BINGO S.R.L.” E “LAS VEGAS BAR” IL PUBBLICO MINISTERO GENESI DEL PROCEDIMENTO I PRESUPPOSTI NORMATIVI Il presente procedimento ha ad oggetto la confisca, ex artt. 2 ter e 3 quinquies della legge 575/1965, delle società LAS VEGAS BINGO S.R.L. e LAS VEGAS BAR S.A.S., per le quali in data 18 ottobre 2007 è stato disposto il parziale sequestro e la sospensione temporanea dall’amministrazione ex art. 3 quater della medesima legge. Per ragioni di economia si ritiene opportuno anticipare brevemente i presupposti normativi dell’istituto dell’art. 3 quater che saranno oggetto di un più ampio approfondimento nella parte finale della presente memoria, al fine di avere ben presente il quadro normativo e probatorio ove si iscrive la vicenda de qua e che si differenzia da quello tipico delle misure di prevenzione ex art. 2 ter L. 575/1965. Tale precisazione si rende necessaria per sgombrare il campo da un equivoco di fondo, nel quale sono ripetutamente incorse le difese nel presente procedimento. A parere di questo Ufficio, infatti, le deduzioni, le argomentazioni e le sollecitazioni difensive appaiono tutte caratterizzate da un vizio basilare, laddove fanno riferimento a fatti, circostanze ed elementi che sono propri del giudizio di prevenzione, ma che poco o nulla hanno a che vedere con la disciplina propria degli artt. 3 quater e 3 quinquies; con ciò rischiando di ingenerare confusione in una vicenda certamente complessa, ma che proprio perciò va ricostruita in modo preciso nella sua esatta dimensione fattuale e nel suo corretto inquadramento giuridico. Detta ricostruzione, come si vedrà, porta ad una conclusione univoca: le società già oggetto di sospensione dall’amministrazione devono essere sottoposte a confisca. Come è noto, infatti, con il D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (convertito in legge 7 agosto 1992 n. 356) il legislatore antimafia ha introdotto nella legge 575/65 gli artt. 3 quater e 3 quinquies, aggiungendo alle misure di prevenzione patrimoniali tradizionali di cui agli artt. 2 bis e 2 ter una misura nuova e speciale, quella della sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni, cui conseguono il sequestro e la successiva confisca delle società caratterizzate da pericoli di infiltrazione da parte di organizzazioni criminali. 2 Tali nuovi strumenti di aggressione ai patrimoni mafiosi rispondono all'obiettivo di inibire il fenomeno della strumentalizzazione ad opera della criminalità organizzata delle attività economiche lecite che, proprio perché esercitate sotto la mimetizzazione che le imprese individuali o le società già operanti garantiscono, rappresentano il perfetto «veicolo» per la realizzazione di interessi illeciti (in tal senso la giurisprudenza e, in particolare, App. Palermo, 1 ottobre 1996, Tre Noci s.r.l.). Il procedimento per l'applicazione di siffatte misure si apre allorquando sussistono sufficienti indizi per ritenere che l'esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'art. 416 bis c.p. o che possa, comunque agevolare l'attività di persone nei cui confronti è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'art. 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui agli artt. 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter c.p. In presenza di tali elementi di spessore indiziario è possibile, da parte del Procuratore della Repubblica, avanzare richiesta al Tribunale della prevenzione di disporre ulteriori indagini e verifiche sulle predette attività, nonché di imporre l'obbligo a chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza (art. 3 quater, comma 1). Qualora vi siano sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche di cui al comma 1 possa determinare siffatta agevolazione può essere disposta l’immediata sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni, utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento di tali attività. I fatti di reato indicati dal legislatore al comma 2 dell'art. 3 quater sono comunemente ritenuti come fatti ascrivibili al paradigma comportamentale della delinquenza organizzata. Peraltro, deve ricordarsi che, ai sensi dell'art. 14 della L. 19 marzo 1990, n. 55, l’applicabilità delle predette disposizioni sono state estese, oltre che alle persone socialmente pericolose ai sensi dell'art. 1 L. 575/1965, anche a coloro che si sono resi responsabili del delitto di cui all'art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, 3 n. 309, nonché ai soggetti socialmente pericolosi ai sensi dei n. 1) e 2) della L.1423/1956, nell’ipotesi in cui “l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli att. 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter del codice penale, ovvero quella di contrabbando”. Richiamando tali fattispecie delittuose, tipiche delle organizzazioni mafiose, il legislatore del 1992 ha voluto estendere il procedimento di cui agli artt. 3 quater e 3 quinquies anche alle attività economiche che agevolano quelle illecite dell'agevolato, malgrado il fatto illecito ascritto a quest'ultimo, tanto in sede di ordinario procedimento penale quanto in sede di procedimento di prevenzione non sia il reato associativo di cui all'art. 416 bis c.p. Da ciò deriva la possibilità di ordinare la confisca dei beni dell'agevolante, ancorandola alla sussistenza di elementi indiziari atti a fondare il giudizio di pericolosità sociale del soggetto agevolato, anche laddove tale qualificazione non derivi direttamente dall'art 1 della L. 575/65. Alla luce degli elementi di fatto acquisiti nel corso del procedimento, e che di seguito si esporranno, ed in considerazione del paradigma normativo della fattispecie, come si vedrà, il Tribunale non può che ritenere la necessità di procedere alla confisca delle società sopra indicate. 4 IL LAS VEGAS BINGO E IL BAR DEL BINGO GENESI DELLE SOCIETÀ E AVVIO DELLA SALA DA GIOCO In data 21.11.2003 veniva costituita a Palermo la società “Las Vegas Bingo Srl”, con atto del notaio Gabriella Lupo. Il capitale sociale della società era pari a € 25.000, ripartito tra i seguenti soci costituenti: • Casarubea Cristina, nominata anche Amministratore unico della società, detentrice dei 17% delle quote, pari a € 4.250; • Casarubea Francesco, detentore del 50% delle quote, pari a € 12.500, successivamente nominato, con atto del 15/2/2005, procuratore della società, per atti di ordinaria e straordinaria amministrazione; • Casarubea Olga, detentrice del 16,5 % delle quote pari a € 4.125; • Casarubea Manuela, detentrice del 16,5 % delle quote, pari a € 4. 125. La società ha per statuto sociale la gestione, in concessione, del gioco del Bingo, in sale appositamente attrezzate; attività per la quale, è necessaria apposita concessione statale, rilasciata dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), a seguito di aggiudicazione tramite bando di gara, mediante pubblico incanto. Tuttavia la società non ha partecipato direttamente al bando pubblico per il rilascio della concessione e quindi alla costituzione non disponeva delle autorizzazioni necessarie all’esercizio del gioco del Bingo. Pertanto, la società metteva in pratica una serie di attività amministrative allo scopo di ottenere la voltura della concessione de quo, già ottenuta da un’altra società nel 2000, la “Almeida Spa” riconducibile a Puccio Matteo Pietro, e non ancora utilizzata. Il 30.01.2004, acquisiva in locazione un immobile in Viale Regione Siciliana 5 411/431 da allestire a Sala Bingo, di proprietà della “Edilizia Pecora s.n.c.”, immobile che veniva sublocato, dopo pochi giorni, alla stessa Almeida Spa, che non aveva ancora sfruttato la licenza assegnata e quindi non aveva ancora locali idonei per allestire una sala da gioco. Tuttavia, la società Las Vegas Bingo, anche dopo detta sublocazione, si sostituiva operativamente all’Almeida sia per la predisposizione dei locali che per l’approntamento delle attrezzature. In data 29.3.2004, l’Almeida Spa, ancora ufficialmente titolare della concessione e locataria dell’immobile ove esercitare l’attività otteneva, da parte della Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, il collaudo della sala. In data 1.4.2004, la Almeida Spa otteneva quindi il rilascio della concessione nr. 325/04 da parte dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato. In data 5.4.2004, la Las Vegas Bingo acquisiva i relativi beni dalla Almeida Spa (cessione di ramo di azienda), sovrapponendosi, quindi, anche formalmente ad essa. In data 13.4.2004, l’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, previa verifica dei requisiti di legge, provvedeva pertanto a volturare la concessione statale in favore della Las Vegas Bingo Srl. Al fine di subentrare nell’attività di sala giochi, la società Las Vegas Srl produceva alla Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, ai sensi dell’art 3 del D.M. 31 gennaio 2000 n. 29, apposita lettera di “referenze bancarie”, rilasciata dalla Banca Antonveneta, Agenzia 566 Palermo 2 in data 8 aprile 2004; infatti, ai sensi dell’art. 2 del medesimo D.M., è anche previsto che il Ministero delle Finanze attribuisca le concessioni per la gestione del gioco del Bingo a persone fisiche o società “con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria”. In data 16.4.2004, il “Las Vegas Bingo” apre i battenti ed inizia ufficialmente a trasmettere i dati di gioco, in via telematica, all’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato. ******* All’interno del Sala Bingo opera il bar gestito dalla società “ Greco Giovanna Maria & C. SaS”, avente sede in Viale Regione Siciliana n. 411 – 431. 6 La società è stata costituita il 18.2.2004 tra i soci: - Greco Giovanna Maria, socio accomandatario, rappresentante e amministratore della società, detentrice di una quota di capitale sociale pari a Euro 5.000,00 (50%); - Li Muli Giuseppina, socio accomandante, detentrice di una quota pari a Euro 2.500,00 (25%); - Greco Salvatore, socio accomandante (dal 18.04.2007) detentore di una quota pari a Euro 2.500,00 (25%); e ha per oggetto sociale: “la realizzazione di nuove unità ed iniziative produttive nel territorio meridionale e, più precisamente, essa ha per oggetto: -la gestione, sia in conto proprio che in conto terzi, anche mediante l'assunzione di appalti, di bar e/o paninerie e/o pasticcerie e/o snack-bar e/o pizzerie e/o trattorie e/o ristoranti e/o sale trattenimenti e/o tabaccherie e/o sale giochi ed attrazioni e/o mense e spacci aziendali e/o ospedalieri, anche con relativi laboratori; -laboratori per la preparazione di pasti, anche caldi, da fornire a terzi, siano esse strutture pubbliche o private. Essa potrà compiere ogni operazione commerciale, mobiliare ed immobiliare ritenuta necessaria o utile al raggiungimento dell'oggetto sociale e potrà altresì assumere prestiti e mutui, anche ipotecari, per il finanziamento sia degli impianti che della gestione”. 7 LE VICENDE GIUDIZIARIE GENETICHE DEL PROCEDIMENTO Gli elementi acquisiti nei procedimenti penali “Gotha” e “Occidente” Come già si è avuto modo di evidenziare nella proposta per l’applicazione della misura di prevenzione, che ha portato all’emissione del decreto di sequestro (ex art. 2 ter della Legge n. 575/65) del 20 % del capitale sociale del “Las Vegas Bingo Srl”, nonché la sospensione dell’amministrazione (ex art. 3 quater) del restante 80% della stessa, nonché della società “ Las Vegas Bar”, i più significativi elementi di prova della riconducibilità delle attività economiche in oggetto alla consorteria mafiosa sono stati acquisiti nell’ambito del procedimento penale n.2474/05 RGNR (“Gotha”), prevalentemente fondato sulle intercettazioni ambientali registrate all’interno del box in lamiera attiguo all’abitazione di Rotolo Antonino (“reggente” della famiglia di Pagliarelli, e componente, insieme a Bernardo Provenzano e a Salvatore Lo Piccolo, di una sorta di “triumvirato” che ha retto Cosa Nostra negli ultimi anni - condannato dal G.U.P. del Tribunale di Palermo il 21 gennaio 2008 alla pena di anni 20 di reclusione) e presso i locali attigui all’Immobiliare Raffaello nella disponibilità del boss alleato Bonura Francesco (sottocapo della “famiglia” di Uditore), ove il Rotolo ed il Bonura effettuavano incontri e riunioni con tutti gli esponenti di vertice dell’organizzazione, così acquisendo elementi probatori di eccezionale rilevanza al fine di ricostruire l’attuale assetto ordinamentale di Cosa Nostra e l’organigramma dei suoi vertici. E’ proprio nell’ambito di tale inchiesta che il 20 giugno 2006, a seguito di una complessa ed articolata attività di indagine condotta dalla Squadra Mobile di Palermo, Mannino Alessandro, Marcianò Vincenzo e Inzerillo Rosario venivano posti in stato di fermo, in esecuzione del decreto nr 2474/05 RGNR emesso da questo Ufficio - unitamente ad altri quarantanove indagati, tra i quali gli stessi Rotolo Antonino e Bonura Francesco, con l’alleato Cinà Antonino – per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra. In particolare, al Marcianò e all’Inzerillo veniva contestato di avere svolto funzioni direttive 8 dell’organizzazione stessa (l’Inzerillo in qualità di capo della famiglia mafiosa di Altarello ed il Marcianò quale capo della famiglia mafiosa di Boccadifalco). Il provvedimento di fermo veniva poi convalidato dal GIP presso il Tribunale di Palermo il quale, in data 24 giugno 2006, emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere anche nei confronti di quest’ultimi; e in data 21 gennaio 2008 venivano condannati dal G.U.P. del Tribunale di Palermo, come il Rotolo, per partecipazione all’associazione mafiosa Cosa Nostra, rispettivamente alla pena di anni 10 di reclusione il Mannino, alla pena di anni 16 di reclusione il Marcianò ed alla pena di anni 10 di reclusione l’Inzerillo. Le complesse indagini sulle figure di primo piano all’interno della consorteria mafiosa portavano alla necessaria attivazione anche di indagini di tipo patrimoniale, ove si individuavano le consistenze patrimoniali illecite riconducibili al Rotolo Antonino. Invero, l’analisi del contenuto di numerose conversazioni registrate all’interno del box in lamiera attiguo all’abitazione di Rotolo ha consentito di accertare che questi ha accumulato nel tempo un ingente patrimonio costituito da beni immobili e da società; un patrimonio di chiara origine illecita, considerato che Rotolo non ha mai svolto ufficialmente nessuna attività lavorativa, e che tali beni sono risultati intestati a prestanome e gestiti da professionisti di assoluta fiducia del Rotolo. Sulla base di queste emergenze, il 12 febbraio 2007, con provvedimento urgente ex art 321 c.p.p. (N.1579/07 R.G.N.R.), sono stati sottoposti a sequestro preventivo numerosi beni sul presupposto della loro riconducibilità all’attività illecita svolta da Rotolo quale esponente dell’associazione mafiosa. Tra i beni sequestrati rileva qui l’immobile di vasta estensione sito in Palermo, viale Regione Siciliana nr. 411-431, iscritto al foglio 66, particella 1278 sub 64 e particella 1397 sub 1 del Catasto Urbano del Comune di Palermo, composto da un locale al piano terra di mq. 150 e da uno al piano cantinato di mq. 3500, formalmente intestato alla società “Edilizia PECORA di Maurizio PECORA & C. s.n.c.”, di fatto appartenente a Rotolo Antonino. Il Giudice per le Indagini Preliminari, con decreto nr. 1482/07 R.G.G.I.P., già il 21 febbraio 2007 convalidava il provvedimento ed emetteva decreto di sequestro 9 preventivo (allegato agli atti) anche su tale immobile, che ospita all’interno dei suoi locali la società responsabile della gestione del gioco del bingo, la “Las Vegas Bingo Srl”, e la società responsabile della gestione del bar che vi opera all’interno, il “Las Vegas Bar”; lo stesso immobile è stato poi sequestrato nel procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione ex art. 2ter della L. 575/65 con il decreto del Tribunale nr. 250/07 R.M.P. Invero, è emerso con estrema evidenza da varie intercettazioni che l'intestazione del 100% del capitale della “Las Vegas Bingo Srl” alla famiglia di Domenico Casarubea, mobiliere palermitano, titolare della “INTERNI 2 C”, era, quantomeno per la quota del 20%, una intestazione fittizia a beneficio di un gruppo di associati mafiosi. Più in particolare, Casarubea Domenico (con il figlio Casarubea Francesco) è emerso oggi come persona ben inserita nel milieu mafioso, in stretto rapporto sia con soggetti legati agli associati mafiosi c.d. “scappati”, già sconfitti nella c.d. “guerra di mafia” degli anni ‘80 (nella fattispecie con Mannino Alessandro, legato agli Inzerillo), che con la mafia emergente di Lo Piccolo Salvatore per il tramite dei fratelli Greco (tra i quali, va segnalato Greco Salvatore, effettivo titolare del bar aperto all’interno del Bingo). Risultava, inoltre, dalle intercettazioni che Casarubea era uomo di Mannino Alessandro e suo socio in questa come in altre imprese economiche, tanto da rivolgersi a lui in alcuni momenti “cruciali” (ad esempio, al momento della vendita, o dell’acquisizione delle attività medesime). Peraltro, l'interesse di Cosa Nostra palermitana sul Bingo di Villa Tasca è emerso anche nell’ambito di altre indagini condotte da questa Procura. Invero, nell’ambito del procedimento nr.4006/06 R.G.N.R. (“Occidente”), emergeva che Greco Salvatore, effettivo titolare del bar aperto all’interno del Bingo, era persona in costante contatto con l’ultimo rampollo di una "nobile" famiglia mafiosa americana, Gambino Tommaso, e tramite questi con la mafia statunitense ed in specie con esponenti della stessa molto attivi nella gestione e nel riciclaggio di beni di illecita provenienza. E ciò che rileva è che tale contatto passava anche da Lo Piccolo Claudio, figlio dell’ex latitante Lo Piccolo Salvatore. 10 Si tratta, invero, di un complesso giro di operazioni economiche, che per la prima volta dopo molti anni ha realizzato un nuovo stabile ponte tra la mafia siciliana e quella americana, così creando le premesse per una più ampia e generale riconsiderazione della politica di Cosa Nostra palermitana nei confronti dei c.d. “perdenti” o “scappati”, tra i quali la famiglia di maggior rilievo è indubbiamente quella degli Inzerillo . E non è un caso che la politica di “reinserimento” degli “scappati” - con riferimento sia agli associati materialmente posti ai margini di Cosa Nostra negli anni ’80, sia ai loro figli e nipoti – è stata sostenuta con forza proprio da Lo Piccolo Salvatore Giovanni, anch’egli imparentato con una famiglia italo-americana tramite il figlio Claudio. Questa vicenda ha portato ad una disperata controffensiva tentata da Rotolo in rappresentanza dei “corleonesi” contro l’“usurpatore” Lo Piccolo, che, con la sua accorta politica, stava mettendo i “vincenti” all’angolo. Ma la vicenda del Las Vegas Bingo ha dimostrato anche come talvolta, in materia di “affari”, perfino “cordate” concorrenti, che si contrastano al fine di conquistare posizioni di predominio interno, possano raggiungere equilibri di coesistenza. Ed infatti Rotolo accetterà di affittare a Marcianò Vincenzo i locali di sua pertinenza per costituirvi il Bingo e accetterà la gestione del Bar del Bingo da parte di un soggetto, come il Greco Salvatore, gravitante nell’orbita degli "scappati" e di Lo Piccolo Salvatore. Tuttavia in un secondo momento, a seguito di una sorta di “inchiesta interna”, Rotolo aveva poi appreso che Marcianò gli aveva nascosto il quadro completo del reale assetto societario del Bingo, in particolare omettendo di riferirgli la presenza fra i soci anche di Mannino e quindi degli Inzerillo, una grave violazione del Marcianò che aveva scatenato l’ira di Rotolo, che aveva poi chiesto ed ottenuto la destituzione del Marcianò stesso. 11 Il “Bingo di Villa Tasca” La proprieta' del 20% delle quote sociali in capo agli associati Mannino Alessandro, Marciano' Vincenzo, Piraino Filippo ed Inzerillo Rosario. I rapporti tra Domenico Casarubea e Mannino Alessandro. La vicenda del Bingo è stata più volte trattata nelle conversazioni di Rotolo Antonino, reggente del mandamento di Pagliarelli, e componente del c.d. triumvirato, insieme a Provenzano Bernardo e Lo Piccolo Salvatore. Questa vicenda, del resto – come si è detto - è risultata essere strettamente correlata all’argomento, centrale nelle dinamiche mafiose del periodo 2005-2006, della destituzione del reggente del mandamento mafioso di Boccadifalco, Marcianò Vincenzo, nato a Palermo il 2.1.1945. Invero, uno dei capi d’accusa che hanno portato alla sua destituzione è stato proprio il comportamento tenuto in merito al Bingo, con la violazione di uno dei principali dettami dell’organizzazione criminale: l’obbligo di informare compiutamente chi, come Rotolo, è il referente territoriale della zona. Gran parte delle indicazioni sull’affare illecito sono emerse dal lungo dibattito sorto in seno a “Cosa Nostra” dopo il rientro nel capoluogo siciliano di alcuni componenti della famiglia Inzerillo, “scappati” negli Stati Uniti a seguito della lunga scia di sangue nota come “seconda guerra di mafia”. In questa vicenda, Marcianò aveva preso apertamente le parti degli Inzerillo, e ciò proprio insieme a Lo Piccolo Salvatore, scatenando le ire di Rotolo Antonino, che – rappresentando le posizioni della parte “corleonese” o “riiniana” di Cosa Nostra – temeva che, una volta rientrati nell’organizzazione criminale, gli Inzerillo avrebbero potuto vendicarsi dello sterminio dei loro familiari, avvenuto nel corso della seconda guerra di mafia. Questa vicenda, dunque, rischiava di far scoppiare una nuova guerra ai vertici di Cosa Nostra, facendo terminare nel peggiore dei modi il periodo di “pax provenzaniana”. Le vicende in questione, come si diceva, si intrecciano tra loro in maniera inestricabile: gli Inzerillo e Marcianò, infatti, hanno preso parte all’investimento 12 effettuato da Cosa Nostra nel Bingo, mntre le “mura” del Bingo sono di Rotolo Antonino. Proprio in relazione a quelli che sono i reali proprietari del 20% delle quote del Bingo, dalle intercettazioni emerge con evidenza che la sala gioco “LAS VEGAS BINGO” è un bene strumentalmente diretto alla soddisfazione di interessi dell’associazione mafiosa denominata “Cosa Nostra”, o di suoi componenti. Una delle principali fonti di prova al riguardo è costituita dalla intercettazione ambientale della conversazione intercorsa alle ore 17.16 del 23 ottobre 2005, protagonisti Rotolo Antonino, reggente del mandamento di Pagliarelli, e Inzerillo Rosario, capofamiglia di Altarello. Quest’ultimo, infatti, era stato convocato da Rotolo proprio al fine di avere chiarimenti sui reali assetti della società “LAS VEGAS BINGO”, che, tra l’altro, ricadeva sul territorio di competenza del “Mandamento” di “Pagliarelli”. I chiarimenti venivano richiesti ad Inzerillo perché Rotolo aveva evidentemente avuto notizie informali su un suo personale coinvolgimento nell’affare del Bingo. Rotolo, in specie, cominciava a descrivere al suo interlocutore la situazione dell’immobile di sua pertinenza, dove aveva trovato allocazione il “Bingo”. Si riporta lo stralcio più significativo: [Intercettazione ambientale della conversazione delle ore 17.16 del 23 ottobre 2005 INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino INZERILLO Rosario ROTOLO: (...) PECORA ha uno scantinalo a Villa Tasca, questo scantinato per questioni, diciamo, mie e del padre, diciamo, cioè di lui, di Ciccio, come ti avevo spiegato, che ancora non abbiamo definito completamente. Questo scantinato era nato.., che allora siccome avevamo parlato io e lui di farci un locale dove entravo io, insomma, per buscarsi il pane e infatti è stato fatto ed è stato costruito per farci un grosso ristorante, c ‘erano quattro scale, sopra ci veniva un bar, c’è un progetto fatto, si ci potevano mettere.., perché c’è tremila metri di posteggio sopra, insomma si poteva fare una cosa bellissima, poi io sono mancato, a lui è successa questa cosa, nel frattempo ha iniziato a comportarsi in questa maniera, si sono sfasciate, insomma, un po’ l’armonia, quindi questo scantinato era pieno di materiale nostro, diciamo, c ‘erano gru, c ‘era questo, c’era quello. Un giorno uno dei figli mi ha mandato a dire, dice: “lo sa, c’è uno che ci vorrebbe fare una licenza...” anzi, prima mi mandato a dire che c ‘era uno che se lo voleva comprare, no uno! lo gli ho detto:“senti parla con tuo padre, questo locale né si vende e neanche si affitta! Cioè, tuo padre sa che ha un impegno con me, quindi...” e allora questo locale né si affittava e neanche si vendeva, chi veniva, veniva.., perché andavano da lui, non è 13 che... INZERILLO: Si ROTOLO: ... è giusto? Io non è che so chi è stato, chi c’è, chi non c’è,’ chi ci va, chi non ci va. Un giorno specificatamente mi manda a dire con FIUMEFREDDO, dice: “lo sa, c’è uno che vorrebbe solo avere l’indirizzo per presentare una licenza per aprirci una sala Bingo, dice, per ora gli serve per prendere la licenza, dice, poi, dopo...” gli ho detto: “ma lì non se ne apre vedi sala Bingo, quindi.., perché né si affitta, né...” dice: “no, gli serve solo per questo, per tirare la licenza.” — “se gli serve per questo fa glielo fare, tu sappi che lì non si tocca” — “Si, dice, mio padre me lo ha dello. “— “Va bene!” Un giorno viene Enzo, dice: “lo sai Nino, così, così...” gli ho detto: “Enzo è due anni, tre anni che dico no per questa cosa, gli ho detto, proprio.., ora stai venendo tu, gli ho detto, io onestamente non...insomma non me la sento di dirti no, però lo sai ... ‘ dice: “lo sai lì... “gli ho detto: “senti, siccome lì, per esempio, io ho un progetto sopra che ci viene un bar già fatto dall‘architetto, gli ho detto, ci viene una tabaccheria, ci viene.., e sono cose che debbono andare a gestire... che sono figli ho detto, di... e siccome lì io ho una situazione in piedi che ancora devo sbrogliare.. “— ‘ l’a bene, Nino ma è un peccato, sai, perdere un ‘occasione del genere, di sotto, di sopra. “— “Guarda vediamoci di nuovo, fammici pensare. “Siccome io avevo detto per due anni sempre no, no, no, no! Anzi, per più di due anni, due unni da quando mi aveva parlato di questo discorso di Bingo. E glielo mando a dire al padre, gli ho detto: “senti, vedi che è venuto un amico mio al quale no non glielo posso dire, molto probabilmente questo locale si affitterà, quindi, mandagli a ,dire a tuo figlio che se io lo so, cioè tu lo sai... “perché suo padre gli aveva detto pure no perché io gli avevo detto: “digli ai tuoi figli che la finiscano, che vengono continuamente.” Viene Enzo e gli do la risposta, però ci sono altre cose che gli ho detto io: “sai vedi che lì bar non ne deve fare nessuno.” Poi, Enzo è venuto e mi ha detto: “no, il bar effettivamente là mi dicono che lo deve fare per forza lui... “cioè il proprietario, che mi hanno detto che era un certo... INZERILLO: CASARRUBEA ROTOLO: ... CASARRUBEA. Ma io il favore glielo faccio a Enzo... INZERILLO: A Enzo ROTOLO: non so chi c’è dietro questa situazione. Tant’è che non ti nascondo che io con Enzo ci sono rimasto male per non avermi detto le cose come stavano, tant‘è che io con Enzo è da più di un anno e mezzo che non mi ci vedo più, questo io te lo dico, anzi, se non te lo ha comunicato nessuno te lo comunico io, già da un mese in più, cioè da quando si è liberato Giovanni, ora è Giovanni non è più Enzo, è ritornato Giovanni ed è Giovanni, quindi... te l’avevano dello questa cosa? INZERILLO Uhm... no ROTOLO No, te lo sto dicendo io. Chiaramente quello non si può muovere perché... INZERILLO Certo ROTOLO ha dolori, cose, comunque non è più Enzo, lo abbiamo comunicato però a tutti’ INZERILLO No, mi ha accennato qualcosa Piero, nii ha detto, dice: “non glielo hanno detto, dice?” -“No, gli ho detto...” Ma forse fe lo doveva dire.., te lo doveva dire PICONE a te ROTOLO INZERILLO Si, siccome non l’ho visto, domani mattina siccome abbiamo un appuntamento, può essere che me lo dirò ROTOLO Quindi... tra tutte le altre cose, diciamo, che ho saputo, perché poi incontrandonij con Sandrino, debbo dire che l’ho trovato molto sincero, forse più sincero di Enzo, diciamo, ma perché Enzo... perché io ho davanti la buonaninia dello zio Gabriele, a Franco, a Giovanni, con Enzo non è che ho avuto mai tanti rapporti, ho pensato sempre: è fratello di Giovanni, fratello di Franco, figlio dello zio Gabriele, insomma debbo dire che l’ho trovato un po’ leggerino, diciamo... INZERILLO Un poco... 14 ROTOLO perché forse non è... è nato troppo tardi in questa Cosa! INZERILLO In questa co.. Quindi.., non lo sa che qua determinate cose, diciamo, pesano! ROTOLO INZERILLO Certo ROTOLO Quando uno è con gli occhi chiusi può fare quello che vuole, quando li ha aperti... INZERILLO (incomprensibile) esatto! ROTOLO e li ha specialmente.., ed ha delle responsabilità, si parla con la verità, non si... INZERILLO Principalmente, certo! ROTOLO .non si dicono cose che.., quindi io certe verità le ho sapute da Sandrino, cioè che è stato Sandrino che è andato da lui, lui non me lo ha detto, che lui era cointeressato non me lo ha detto, io gli faccio il patto del bar e lui non mi dice che invece il bar se Io devono prendere, che sono parenti di Sandrino5 e parenti di Angelo6. Tant ‘è che io ho avuto pure un po’ di lamentele, a parte, diciamo, perché ognuno giustamente avrebbe voluto entrare... INZERILLO Certo ROTOLO e buscarsi il pane, è giusto? Tani ‘è che io a Sandrino gliel ‘ho detto, quando ho saputo questa cosa gli ho detto.’ “senti lo vedi io cosa dovrei fare ora? Ti dovrei dire: digli a questi tuoi parenti che da lì se ne devono andare e devono venire questi, perché c ‘era un impegno preciso per il bar. Gli ho detto, comunque per il momento lasciamo.., gli ho detto, stai... stai attento Sandrino, sopra non si deve fare niente, perché sopra c’è un impegno...” dice.’ “ma lì ci vogliono fare... “poi c’era un discorso di macchinette, gli ho detto: “non parliamo di macchinette perché lui macchinette lì non ne mette!” Quindi.., insomma tutta una situazione che io non sapevo e che l’ho trovata tutta diversa, diciamo... INZERILLO Io so qualche cosa e te la posso dire ROTOLO Ora.., no, voglio arrivare... INZERILLO Ti dico, si, poi... ROTOLO ora, questo amico mio... perciò... INZERILLO Ah, per ritornare al discorso... ROTOLO perché il discorso è che si riallaccia. Questo amico mio mi fa sapere che questo suo fraterno amico si è interessato per la licenza di questo Bingo. Io non è che so tutti questi discorsi? Partiva, andava a Roma, andava, veniva, avanti, indietro, finalmente ottiene questa licenza, questa licenza di sole spese.., aveva speso ottanta milioni, quando sono pronti per la licenza... perché a quanto pare all’origine non se lo deve prendere CASARRUBEA questo coso INZERILLO No l ‘ALMEIDA (fonetico)l‘aveva la licenza ROTOLO Se la doveva prendere PUCCIO... INZERILLO PUCCIO, ALMEIDA (fonetico~) ROTOLO con questo picciotto, mi sono spiegato? Ad un certo punto invece PUCCI O gli dice che questa licenza si deve dare, si deve cedere, ci sono amici, ci sono cose e quindi questo viene estromesso da questa situazione. Io ti debbo dire che giorni fa mandai a chiedere a Sandrin7o come stavano le cose, gli ho detto: “io voglio sapere ora chi si è interessato della licenza, quanto è costata questa licenza e chi siete i soci. mi devi mettere in chiaro tutta questa situazione.” Sandrino mi manda a dire: società ottanta per cento.., perché, ripeto, siccome tu ora sei il tramite io ti dico quello che mi ha mandato a dire Sandrino, perciò ti ho voluto fermare poco fa, perché io ti dico le cose come stanno, quelle che sono a me, io sono abituato così, io non ho niente da nascondere! Io metto le cose sopra la tavola, quelle che so! INZERILLO Esatto ROTOLO Quello che so, quello che mi mandano a dire per me è la verità, poi se scopro che non è la verità è un altro discorso INZERILLO E un altro discorso ROTOLO E allora, l’ottanta per cento CASARRUBEA. il cinque per cento Enzo con... il punto interrogativo se c’è pure Giovanni 15 INZERILLO Non lo so ROTOLO Comunque, Enzo! Il dieci per cento Sandrino e un cinque per cento che forse lui avrebbe dato ora, da poco, forse, o lo ha dato o glielo vuole dare a quello del bar. INZERILLO No, c’è un cinque per cento che ha mio cognato, mio cognato in questa situazione, non sapendo i retroscena di questa situazione, è stato l’artefice di convincere PUCCIO a vendere la licenza a CASARR UREA, ma non sapendo tutti... tutti questi.., perché? Siccome mancavano due mesi o tre mesi, la licenza diventava un pezzo di carta straccia e allora è riuscito a convincere a forza di liti e morsi lui e pure Enzo a fargli vendere la licenza a CASARRUBEA. In quell’occasione, quando si è concluso l’affare. il CASARRUBEA forse perché non.., ha esposto questa situazione di questa percentuale e compagnia varia, io questo è quello che so ROTOLO Ma Rosario, tu ti rendi conto che oggi io, diciamo, di una cosa dentro da noi voglio sapere come stanno le cose. E lo stesso discorso che io ti ho fatto a te: “vedi che lì ci sarà questo e se c’è prima sei tu, poi se tu la devi andare a dare ad un altro... INZERILLO Certo ROTOLO ...la dai… ma,.. “prima carne regna (incomprensibile).” E allora cominciamoci dal discorso.., a CASARRUBEA tuo cognato lo convince... INZERILLO No, a PUCCIO convince! ROTOLO A PUCCIO e gli fa vendere... INZERILLO Perché CASARRUBEA lo ha portato Sandrino ROTOLO Eh, e gli vende questa licenza, quindi questa licenza ce l’ha PUCCIO con questo picciotto INZERILLO Ma PUCCIO non è che dice niente che ce l’ha con uno? ROTOLO Non dice niente, e PUCCIO la vende, mi dice Sandrino, cento milioni, li risulta a te questa cosa? INZERILLO No, questo non te lo so dire Nino ROTOLO Ma questo me lo manda a dire Sandrino a me INZERILLO Sandrino, no, questo non te lo so dire, non.. ROTOLO Però.., però ora io lo voglio sapere... INZERILLO Certo! ROTOLO diciamo, PUCCIO... INZERILLO Quanti soldi ha preso... ROTOLO ..perché mi dice a me.., mi dice a me, Sandrino che cinquanta milioni glieli hanno dati forse, subito e cinquanta milioni glieli hanno scomputati, non so, una cosa del genere. Ora, dico, intanto voglio sapere questa licenza... INZERILLO Si ROTOLO ...quanto è stata venduta in realtà! Poi desidero sapere queste percentuali che ha offerto CASARRUBEA INZERILLO: Si ROTOLO: quindi, le ha offerte senza che loro hanno uscito capitali INZERILLO: No, li hanno uscito i capitali , credo che hanno uscito o trentasettemila o quarantamila euro l’uno per quanto riguarda il cinque per cento, perché si dovevano fare le spese, perché c ‘erano le spese da fare ROTOLO: Ogni cinque per cento... INZERILLO: Ogni cinque per cento o trentasette o quarantamila euro, una cosa del genere con mio cognato io mi posso informare. ROTOLO: Quindi PUCCIO se n’è uscito INZERILLO: Si, completamente. Gliela aveva offerta pure a PUCCIO e PUCCIO ha rifiutato per quanto ne so io della situazione ROTOLO: Eh... e allora … INZERILLO: E questo credo che sia nato dopo che hanno fatto l’affare, questa situazione, non prima ROTOLO: Cioè, di... della licenza? INZERILLO: Benissimo, si ROTOLO: Va bene, io queste cose... le sanno loro queste cose... INZERILLO: No, certo 16 ROTOLO: ... io non le so, io so... INZERILLO: Io mi posso informare benissimo con mio cognato ROTOLO: Io, Rosario, so del locale, non so... io della licenza.., ne vengo a conoscenza ora di questa cosa, perché? Perché questo PUCCIO, questo che... questo è giusto che tu... questo esce ottanta milioni di tasca e non gli da neanche una lira e gli dice: “sono venuti amici, ho dovuto dare la licenza senza soldi.” “Come, dice, io ho speso ottanta milioni, andare e venire da Roma, non ti ho sommato neanche le spese che ho fatto e tu prendi la licenza, dice...” dice: “ti posso dare due milioni io...” dice che aveva uscito due milioni dalla tasca... INZERILLO: Pezzo di cornuto! ROTOLO: . . .perciò quello prende e gli dice: “no, te li puoi tenere!” Ora, quello un anno fa me li voleva raccontare tutte queste storie, ma siccome io non è che so... lui giustamente, per delicatezza, dice: “non sapendo tu come eri combinato, come non eri combinato, dice, io non ho insistito più di tanto. “(...) Sulla scorta delle indicazioni fornite dal Rotolo veniva individuata l’unità immobiliare sita in Viale della Regione Siciliana nr. 411 - 431, ove ha sede la sala gioco “LAS VEGAS BINGO”. L’immobile (ora sequestrato), iscritto al foglio 66, particella 1278 sub 64 e particella 1397 sub 1 del Casto Urbano del Comune di Palermo, composto da un locale al piano terra di mq 150 e da uno al piano cantinato di mq 3500, risulta di proprietà della “Edilizia PECORA di Maurizio PECORA & C. s.n.c.”, società avente sede in Palermo in Corso Pisani nr. 26, il cui amministratore unico risulta essere Pecora Maurizio, di Francesco e Cirivello Maria, nato a Palermo il 04.02.1976. Inoltre, dagli accertamenti è emerso quanto appresso evidenziato relativamente alle vicende connesse alla costituzione della “LAS VEGAS BINGO S.R.L.”, ove insistono i locali della sala per il gioco del BINGO, e all’apertura della stessa sala nel rione cittadino denominato “Villa Tasca”: il 15 dicembre 2003, la “LAS VEGAS BINGO S.R.L.”, il cui amministratore unico è Casarubea Cristina, nata a Palermo il 9 febbraio 1963, stipulava un contratto di locazione sul suddetto immobile con la “EDILIZIA PECORA di Maurizio PECORA & C. S.N.C.” per la durata di nove anni, impegnandosi a versare la somma di 108.456,00 Euro annui ed a realizzare a proprie spese le opere necessarie al completamento dei locali ed alla realizzazione della sala. Inoltre, la “LAS VEGAS BINGO S.R.L.” dal 13 aprile 2004 è titolare dell’affidamento in concessione del gioco del BINGO nr. 325/T1/04 rilasciata il 13 17 aprile 2004 dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato per la durata di sei anni. Per quanto attiene, invece, alla composizione “formale e/o fittizia” della detta società, la stessa è stata costituita a Palermo il 21 novembre 2003 tra i fratelli Casarubea Francesco, nato a Palermo il 18.10.1964; Casarubea Cristina, nata a Palermo il 09 febbraio 1963; Casarubea Olga, nata a Palermo il 03 marzo 1969; Casarubea Manuela, nata a Palermo il 04.09.1975, presso lo studio del Notaio LUPO Gabriella. Il capitale sociale, ammontante a 25.000,00 Euro, è suddiviso in quote da Euro 5,00 cadauno, sottoscritto come segue: - Casarubea Francesco, Euro 12.500,00, pari al 50% del capitale sociale; - Casarubea Cristina, Euro 4.250,00, pari al 17% del capitale sociale; - Casarubea Olga, Euro 4.125,00, pari al 16,5% del capitale sociale; - Casarubea Manuela, Euro 4.125,00, pari al 16,5% del capitale sociale; Dalla lettura della concessione era emerso, ancora, che la “LAS VEGAS BINGO S.R.L.”, a seguito di cessione di ramo d’azienda, subentrava alla “ALMEIDA S.P.A.” nella titolarità della concessione di pari numero datata 1 aprile 2004. La “ALMEIDA S.P.A.”, avente sede a Palermo in Viale Regione Siciliana nr.751, risultava essere rappresentata da Puccio Giuseppe, nato a Palermo il 3 settembre 1963; il padre di questi, Puccio Matteo, nato a Palermo il 29.6.1938, prima del rilascio della concessione, aveva richiesto alla locale Questura il rilascio della licenza di P.S. per la conduzione della sala bingo in qualità di procuratore speciale della “ALMEIDA S.P.A.”, licenza che la Questura non aveva rilasciato. L’“Enzo” citato nella conversazione veniva identificato in Marcianò Vincenzo, già reggente del mandamento di Boccadifalco, che, proprio in virtù del prestigio legato alla carica che in quel momento rivestiva in seno all’organizzazione criminale, aveva ricevuto da Rotolo l’autorizzazione ad utilizzare il locale, e che, invece, non aveva detto la verità a Rotolo, sottacendo l’interesse prevalente degli Inzerillo nell’impresa. Nella stessa conversazione è stato però possibile individuare una parte dei “veri” protagonisti dell’investimento, citati dagli interlocutori: 18 1) Il “Sandrino”, che ha partecipato per il 10% all’investimento nella società, è stato identificato in Mannino Alessandro, nato a Palermo il 27.11.1960, che era stato condotto al Rotolo da Mandalà Nicola, capofamiglia di Villabate, e gli aveva rivelato la partecipazione propria e del Marcianò nell’affare del “Bingo di Villa Tasca”; 2) I “Casarubea” o “Casarubbia” (“portati” da Mannino) sono stati agevolmente individuati negli intestatari della licenza, figli di Casarubea Domenico, di Francesco e di Boscaino Olga, nato a Palermo il 21.4.1939, che è apparso essere (insieme al figlio Francesco) il reale punto di riferimento degli associati mafiosi all’interno della società. 3) “Enzo” è Marcianò Vincenzo, che ha un 5%; 4) un’altra quota forse è stata data a “quello del Bar” (che, come vedremo, è Greco Salvatore, nato a Palermo il 3.11.1969); 5) una quota è del “cognato” di Saro Inzerillo. Quanto a Mannino Alessandro, le indagini permettevano di scoprire che il 10 dicembre 2003, sull’utenza telefonica 333/7195085, sottoposta ad intercettazione con decreto 2407/03 nell’ambito del procedimento nr.2898/99 R.G.N.R. (un primo procedimento dei vari c.d. “Occidente”), venivano registrate tre conversazioni in partenza dall’utenza telefonica 337/963495, intestata proprio a Casarubea Domenico. Il contenuto di queste intercettazioni, alla luce di quanto si apprendeva successivamente in merito alla vicenda del BINGO, è risultata utile per comprendere la natura dei rapporti tra Casarubea Domenico e Mannino, ma soprattutto il ruolo svolto dall’esponente di “Cosa Nostra” in favore di Casarubea in relazione alla cessione di ramo d’azienda da parte dell’ALMEIDA di Puccio. Si riporta stralcio : Conversazione intercettata del 10 dicembre 2003 ore 17.16 tra MANNINO Alessandro e CASARUBEA Domenico INTERLOCUTORI: MANNINO Alessandro, “Sandrino”; CASARUBEA Domenico, “Mimmo”; 19 Renato (Avvocato). MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASAR UBEA: MA NNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MA NNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MA NNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: RENATO: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA.’ MANNINO: CASARUBEA: Pronto Sandrino Si Mimmo sono Ah, ciao Mimmo Ciao, senti puoi parlare un minuto? Si Senti, PUCCIO gli è arrivata la cosa che non gli è arrivato,., che tu non gli hai detto niente che la SNA I mi aveva mandato la lettera per... per la proroga No, non ho capito niente Ti ricordi che io... ti ricordi che io ti avevo dello che la SNAI doveva mandare la cosa, la lettera per la proroga per lo slittamento dei settanta giorni? ah! Eh! E che avrebbe fatto una lettera a nome di PUCCIO? Ah! Eh, ma tu non gli hai detto niente a PUCCIO. Aspetta un minuto che ti faccio parlare con l’ avvocato aspetta Si Sandrino Si Renato sono, ciao Ciao Renato Ora ho chiamato a questo PUCCJO... Eh! ... al telefonino, minchia tutto mutriatu: “ci sono problemi perchè hanno fatto una lettera senza.., a nome mio e io non ne sapevo niente!” Tutto tirato, quasi... Ha fatto una lettera... Anzi mi ha chiuso il telefono in faccia (incomprensibile) Ah? E che ha fa... che ha detto poi? Niente: “il mio avvocato è Paolo (incomprensibile), arrivederci, la saluto avvocato.” Come? Non ho capito Mi ha detto: “il mio avvocato è Paolo SFERRUZZA, la saluto, arrivederci. “E mi ha chiuso il telefono in faccia Ho capito Non facciamo che ci sono problemi? Dico, non lo so. Io ora chiamo l‘avvocato SFERRUZZA che per fortuna conosco e ci sto bene Si Però tu vedi. parlaci tu. non lo so, vedete voi! Ti ripasso Mimmo Va bene Ciao Ciao Sandrino Io gliel’ho detto ieri, quando l’ho visto io ieri... Eh! ... gliel ‘ho detto e lui mi ha fatto vedere la lettera che aveva mandato Che gli avevamo mandato noi Eh, me la fatta leggere, tutto quanto, me l’ha fatta vedere Era tutto incazzato ora Gli ho detto: “oltre questa cosa non hanno fatto, che ci voleva una giunzione... una giunzione e i ‘hanno fatta direttamente loro.” Eh! E lui qua c’è rimasto male, gli ho detto: “ma siccome era.., in giornata bisognava presentarla... Si 20 MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: così mi hanno spiegato...” — ‘no, ma che c’entra, loro me lo dovevano dire, papapum, papapam...” gli ho detto.’ ‘va bene, ma ormai è fatta, poi non so di preciso che cos ‘è, gli ho detto, però non è niente di... va di (incomprensibile)” E una cosa... va bene E basta ed è finito il discorso! Va bene, va bene, vacci a parlare comunque Ora, domani... domani ci andiamo e vediamo Ciao Va bene, ciao, ******* Conversazione intercettata del 10 dicembre 2003 ore 17.46 tra MANNINO Alessandro e CASARUBEA Domenico INTERLOCUTORI: MANNINO Alessandro, “Sandrino”: CASARUBEA Domenico, “Mimmo”; MANNINO Pronto CASARUBEA Sandrino, Mimmo sono MANNINO Si Mimmo CASARUBEA Senti io ho qua la lettera che si è mandata per la sospensione dei termini MANNINO Eh! CASARUBEA Che fa si ci deve mandare all ‘avvocato di lui per fare vedere che è per la richiesta della sospensione, oppure te la do a te e ci vai a parlare tu? MANNINO Mandagliela, voi, dovete averlo voi il rapporto Mimmo, voi dovete averlo! Tu mandagliela! Non si devono vedere? I legali non si devono vedere? CASARUBEA Si... MANNINO Come sono rimasti? CASARUBEA (rivolto a qualcuno che è vicino a lui) Che fa vi dovete vedere? Come siete rimasti? (si sente la voce dell’avvocato che dice: / ‘avvocato è una macchietta...) l’avvocato... (Sempre l ‘avvocato dice: mi devi mandare questa) gli deve parlare, dice, e gli deve mandare questa. Prima di parlare... MANNINO Eh! CASARUBEA dice: mi devi mandare questa cosa della sospensione.” MANNINO Eh, e non gliela puoi mandare? CASARUBEA Si,gliela posso... io qua MANNINO Si, mandagliela, fai fare a loro fai fare e poi noi domani ci vediamo noi domani, va bene,domani io avvicino, va bene? CASARUBEA Va bene MANNINO Ciao CASARUBEA Va bene, ciao ******* Conversazione intercettata del 10 dicembre 2003 ore 17.48 tra Mannino Alessandro e Casarubea Domenico INTERLOCUTORI: 21 MANNINO Alessandro, “Sandrino” CASARUBEA Domenico, “Mimmo”: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: CASARUBEA: MANNINO: Pronto? Sandrino, lui gli ha chiesto pure, dice:il prezzo non è quello concordato là è un’altro Mimmo domani ci vediamo e ci andiamo Mimmo: Va bene, ciao Domani ci vediamo e ci andiamo Ciao, ciao Ciao ******* La conversazione del 10 dicembre 2003 h. 17:16 ha in particolare confermato quanto detto da Inzerillo a Rotolo a proposito del ruolo svolto da Mannino in favore di Casarubea nella fase precedente alla cessione di ramo d’azienda da parte dell’ALMEIDA, avvenuta il 5.4.2004. Questo ruolo, addirittura sollecitato dall’avvocato di Casarubea, era assolutamente non giustificabile in ragione di competenze professionali di Mannino e, quindi, riconducibile alla consapevolezza dello “status” di Mannino. Quest’ultimo aspetto appariva ancor più chiaramente nel corso della telefonata delle successive 17.46: sebbene Mannino suggerisse in quell’occasione che era il legale di Casarubea a tenere i rapporti formali con l’ALMEIDA, dalla conversazione era emerso che, comunque, il giorno dopo i due dovevano recarsi insieme a parlare con Puccio (a chiara esemplificazione dei comuni interessi vantati su Bingo), al fine di evitare che insorgessero i “problemi” legati alla concessione per il gioco del Bingo. In ultimo, nella conversazione delle ore 17.48 Casarubea comunicava a Mannino che avrebbe dovuto intervenire su Puccio anche in relazione al prezzo concordato, e Mannino, che dimostrava di non gradire di conversare al telefono, lo invitava a rimandare il tutto all’incontro del giorno successivo. Va evidenziato che le citate conversazioni telefoniche avevano avuto luogo pochi giorni prima della stipula del contratto di locazione tra la “LAS VEGAS 22 BINGO S.R.L.” e la “EDILIZIA PECORA di Maurizio PECORA & C. S.N.C.”, avvenuto il 15 dicembre 2003. Le stesse costituiscono, quindi, un riscontro obiettivo a quanto emerso dalle intercettazioni circa il ruolo svolto dal Mannino nella vicenda del “Bingo di Villa Tasca”, nonché la conferma del rapporto tra quest’ultimo e Domenico Casarubea, e del legame d’affari esistente tra queste due persone. Significativo, altresì, è il dato che dallo screening sui movimenti rilevati dal sistema di localizzazione satellitare installato sulle autovetture in uso a Mannino Alessandro nel periodo in cui indagava su di lui, si accertava una sua assidua frequentazione, dapprima del cantiere delle opere per la realizzazione della sala da gioco, e, successivamente, della sala “LAS VEGAS BINGO”. Più precisamente emergeva che Mannino era solito recarsi all’interno del cantiere edile sito in Palermo in Viale della Regione Siciliana, direzione Messina a bordo della Volkswagen Lupo allo stesso in uso, nelle date e ore in appresso elencate: 16.12.2003 ore 11.38; 24.12.2003 ore 11.00; 05.01.2004 ore 11.52; 09.01.2004 ore 15.58; 14.01.2004 ore 15.54; 19.12.2003 ore 10.25; 02.01.2004 ore 15.27; 07.01.2004 ore 11.49; 12.01.2004 ore 15.15; 29.01.2004 ore 10.31; Già il 4 novembre 2003 però, alle ore 11.45, personale della Squadra Mobile, notata l’autovettura parcheggiata nei pressi del cantiere, effettuava un servizio di osservazione che consentiva di documentare la presenza di Mannino all’interno del cantiere sino alle ore 12.05, quando attraversava il cancello del cantiere e si allontanava a bordo della LUPO verde in compagnia di un uomo . Per quanto, invece, attiene alla LANCIA Y, altra autovettura in uso allo stesso, emergeva nel corso delle attività, svolte dal 26 marzo 2004 al 19 gennaio 2005, che Mannino si recava con la suddetta autovettura in Viale della Regione Siciliana, direzione Messina, in prossimità delle medesime coordinate satellitari corrispondenti alla LAS VEGAS BINGO, nelle date in appresso elencate: 27.03.2004 ore 12.21; 20.04.2004 ore 18.53; 24.04.2004 ore 00.04; 17.04.2004 ore 15.44; 22.04.2004 ore 19.01; 11.05.2004 ore 21.41; 23 16.05.2004 ore 19.18; 27.05.2004 ore 18.35; 18.06.2004 ore 17.33; 03.07.2004 ore 17.31; 04.08.2004 ore 17.42; 09.08.2004 ore 16.03; 26.08.2004 ore 23.55; 01.10.2004 ore 18.50; 07.10.2004 ore 18.02; 31.10.2004 ore 17.57; 04.11.2004 ore 23.07; 21.11.2004 ore 18.46; 05.12.2004 ore 17.57; 13.12.2004 ore 17.00; 19.12.2004 ore 23.33; 24.12.2004 ore 18.57; 28.12.2004 ore 18.30; 10.01.2005 ore 16.03; 12.01.2005 ore 11.50; 14.01.2005 ore 15.05; 24.05.2004 ore 17.10; 08.06.2004 ore 18.32; 23.06.2004 ore 12.06; 06.07.2004 ore 18.58; 08.08.2004 ore 23.47; 22.08.2004 ore 15.49; 03.09.2004 ore 22.45; 02.10.2004 ore 16.29; 09.10.2004 ore 23.57; 04.11.2004 ore 17.37; 13.11.2004 ore 23.34; 01.12.2004 ore 16.58; 07.12.2004 ore 16.43; 18.12.2004 ore 00.42; 20.12.2004 ore 19.29; 28.12.2004 ore 16.44; 09.01.2005 ore 22.41; 10.01.2005 ore 20.11.; 13.01.2005 ore 18.18; 18.01.2005 ore 17.23; 19.01.2005 ore 17.01; Nel corso di uno dei sopra elencati eventi, personale della Squadra Mobile seguiva Mannino Alessandro all’interno della LAS VEGAS BINGO, constatando che lo stesso non era presente nella sala da gioco, né negli ambienti a circolarità libera, quali il bar o i servizi igienici, trovando quindi conferma indiretta all’ipotesi che egli si recasse all’interno degli uffici della sala da gioco, ai quali non aveva accesso il pubblico di sala Alla luce di quanto sopra esposto, considerato altresì l’oggetto ed il tono confidenziale e complice delle conversazioni telefoniche intercettate il 10 dicembre 2003 tra il mafioso e Casarubea, nonché l’assiduità delle frequentazioni, riscontrate in qualche caso più volte nella stessa giornata, si può affermare che Casarubea Domenico abbia piena consapevolezza della caratura criminale di Mannino Alessandro e che di questi più volte si è avvalso per la risoluzione di problemi relativi alle proprie attività economiche, e può considerarsi parimenti dimostrato il fatto che Mannino è socio del Casarubea nell’attività economica relativa al Bingo, oltre che in altre attività. 24 Tornando ai titolari effettivi delle quote sociali citati nelle conversazioni del Rotolo, quanto all’individuazione dell’ultimo partecipante all’affare (il “cognato” di Inzerillo), anch’esso per una quota pari al 5%, sulla base anche di altre intercettazioni e delle attività di riscontro svolte dalla Squadra Mobile, lo stesso si è potuto individuare in Piraino Filippo, soggetto che risulta detenere queste quote sia in proprio, che per conto di Rosario Inzerillo, capo famiglia di Altarello, che – non a caso – si è visto colloquiare con Rotolo Antonino all’interno del box utilizzato per le riunioni (ove lo aveva appositamente convocato). D’altronde, nel corso della conversazione intercettata l’11 agosto 2005 tra l’associato mafioso Bonura Francesco e Marcianò Vincenzo, quest’ultimo confidava al Bonura che il capofamiglia di Altarello, Inzerillo Rosario, aveva investito nell’affare una somma di denaro pari a quella da lui stesso investita Intercettazione ambientale della conversazione intercorsa l’11 agosto 2005 tra Bonura Francesco e Marcianò Vincenzo INTERLOCUTORI: BONURA Francesco MARCIANO Vincenzo: MARCIANÒ: BONURA: MARCIANÒ: BONURA MARCIA NO BONURA: MARCIA Nò: BONURA: MARCIANO: BONURA: .%IARCL4NO: BONURA: MARCIANÒ: BONURA: MARCIANÒ: BONURA: (...) Quello che ha dello a me, è che io ho preso in giro a lui, per il discorso del bingo... Minchia, ti dico... ma lo stesso... ... il discorso della sala è chiuso, ma non è che io... niente, non... non l’ho nascosto Va bene ma questo…. tanto e vero che tu lo sapevi Ma io glielo vado a dire a lui? Ma non ho capito! E quindi? Perché la c’è stata l’opportunità della sensaleria e si è tenuto la sensaleria e poi dice: “che fa dice... “perché non è che cominci... Quel cornuto, gli ha raccontato tutte cose. Chi? Il Sandrino! E lui giustifica questo andare e venire di Sandrino, fare e dire, che tu non sei stato sincero e quello... Loro si sono visti al/ora? Certo, si sono visti.., queste cose lui glieli racconta che tu sei in società, -che …. senza soldi, fare e dire, dice: “no so se ha uscito soldi ? gli ho detto “io non so niente” Già, senza soldi! E a Sandrino (incomprensibile)? Quelli che ho uscito io, pure Saruzzu INZERILLO, perché c ‘è stata la combinazione Allora non... non... tu non sei stato sincero con lui e va bene Franco, lui può dire... ma io posso dire di no, non... Si! 25 MARCIANÒ: Questa cosa del bingo a me non (incomprensibile) minchia, gli devo andare a dire tutti i fatti che faccio io? (...) MARCIANÒ: A queste condizioni ci sono entrato io, Saruzzu e Sandrino, che siamo stati quelli che abbiamo pilotato, dico per dire, che poi, dico per dire, sia l’affitto, sia la messa li è stata ragionata e discussa a favore suo (...) Orbene, tale conversazione confermerà dunque, l’esistenza di una quota Piraino - Saruzzo Inzerillo, che emergeva (pur se con diversa formulazione) nel corso del confronto tra Rotolo ed Inzerillo Rosario, che faceva riferimento ad una percentuale del 5% riconducibile ad un suo cognato : INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino; INZERILLO Rosario; ROTOLO: (…) Io ti debbo dire che giorni fa mandai a chiedere a Sandrino come stavano le cose, gli ho detto: “io voglio sapere ora chi si è interessato della licenza, quanto è costata questa licenza e chi siete i soci, mi devi mettere in chiaro tutta questa situazione.” Sandrino mi manda a dire: società ottanta per cento… perché, ripeto, siccome tu ora sei il tramite io ti dico quello che mi ha mandato a dire Sandrino, perciò ti ho voluto fermare poco fa, perché io ti dico le cose come stanno, quelle che sono a me, io sono abituato così, io non ho niente da nascondere! Io metto le cose sopra la tavola, quelle che so! INZERILLO: Esatto ROTOLO: Quello che so, quello che mi mandano a dire per me è la verità, poi se scopro che non è la verità è un altro discorso INZERILLO: È un altro discorso ROTOLO: E allora, l’ottanta per cento CASARRUBEA, il cinque per cento Enzo con… il punto interrogativo se c’è pure Giovanni INZERILLO: Non lo so ROTOLO: Comunque, Enzo! Il dieci per cento Sandrino e un cinque per cento che forse lui avrebbe dato ora, da poco, forse, o lo ha dato o glielo vuole dare a quello del bar. INZERILLO: No, c’è un cinque per cento che ha mio cognato, mio cognato in questa situazione, non sapendo i retroscena di questa situazione, è stato l’artefice di convincere PUCCIO a vendere la licenza a CASARRUBEA, ma non sapendo tutti… tutti questi… perché? Siccome mancavano due mesi o tre mesi, la licenza diventava un pezzo di carta straccia e allora è riuscito a convincere a forza di liti e morsi lui e pure Enzo a fargli vendere la licenza a CASARRUBEA. In quell’occasione, quando si è concluso l’affare, il CASARRUBEA forse perché non… ha esposto questa situazione di questa percentuale e compagnia varia, io questo è quello che so ROTOLO: Ma Rosario, tu ti rendi conto che oggi io, diciamo, di una cosa dentro da noi voglio sapere come stanno le cose. (…) 26 Dagli accertamenti esperiti presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Palermo, si accertava che Inzerillo Rosario ha una sola sorella a nome Maria Concetta che ha contratto matrimonio con Piraino Filippo, nato a Palermo il 20/3/1947. Piraino Filippo, già sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, condannato per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, nell’anno 1983 è stato oggetto di provvedimento di confisca dei beni in quanto risultava intestatario di una villa di proprietà di Inzerillo Salvatore, inteso “Totuccio”, il capomafia assassinato il 11 maggio 1981. Inoltre lo stesso, unitamente a numerosi altri soggetti, tra i quali il cognato Inzerillo Rosario e sempre Mannino Alessandro (“Sandrino”) il 15 maggio 1981 veniva colpito dal mandato di cattura nr.209/81 R.M.C. emesso dal Giudice Istruttore di Palermo per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di indole mafiosa e contrabbando di valuta proveniente da attività illecita, nonché per traffico di sostanze stupefacenti. A confermare la continuità di rapporti tra Piraino e Mannino Alessandro, si segnala la circostanza che il 13 settembre 1993 Piraino veniva sottoposto a controllo da parte delle forze dell’ordine unitamente, tra l’altro, ad Inzerillo Giovanni, nato a New York il 30/4/1972, figlio del più noto “Totuccio” Inzerillo, e proprio a Mannino Alessandro. La frequentazione del medesimo ambiente criminale da parte di Piraino, orbitante in “Cosa Nostra” già dai primi anni ottanta, contribuisce a spiegare perché Rotolo Antonino non abbia chiesto nulla ad Inzerillo in merito all’identificazione del cognato, soggetto che lui certamente conosceva. Sempre in relazione all’identificazione del “cognato”, vanno considerate ulteriori elementi di conferma emersi dalle indagini. Rilevanti sono, al riguardo, le informazioni assunte da Puccio Matteo Pietro e dal figlio Giuseppe che, come emerso dalle intercettazioni, erano stati al centro della trattativa per la cessione a favore dei Casarubea della concessione all’esercizio della “SALA BINGO”, cessione sollecitata da esponenti della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, proprio quelli che avrebbero poi acquistato, in modo occulto, quote della società dei Casarubea. 27 In particolare, Puccio Matteo Pietro riferiva che, nel periodo in cui intendeva realizzare la cessione della concessione, ebbe contatti, oltre che con Marcianò Vincenzo, anche con Inzerillo Rosario e Piraino Filippo proprio allo scopo di realizzare la vendita a terzi dell’esercizio. Riferiva, inoltre, di avere avuto contatti per lo stesso motivo anche con Alessandro Mannino, che aveva incontrato più volte anche insieme al Casarubea Domenico. Le dichiarazioni rese da Puccio costituiscono quindi un importante riscontro alle conversazioni riportate, ciò in relazione all’interessamento all’affare da parte sia di Sandro Mannino, che di Marcianò Vincenzo, ma ancor di più in relazione ad Inzerillo Rosario ed al “cognato” citato nella conversazione del 23.10.2005, che dunque si identifica con ancor maggiore certezza in Piraino Filippo. Intanto, la ricerca di informazioni da parte di Rotolo sul reale assetto societario della “LAS VEGAS BINGO” non si esauriva con la convocazione del capofamiglia di Altarello, ma proseguiva con l’audizione di Sirchia Giovanni, nato a Palermo il 29.3.1973, “uomo d’onore” della famiglia mafiosa di Uditore, cui era stato affidato il delicato incarico di tenere i rapporti con l’esterno per conto del capomandamento di Boccadifalco. Sebbene Sirchia confermasse per grandi linee quanto Rotolo aveva già in precedenza appreso dagli altri incontri, non era in grado di fornire i dettagli dell’operazione, ed invitava, quindi, Rotolo a rivolgersi a Mannino Alessandro, soggetto che aveva curato tutta l’operazione. Si riporta stralcio della relativa intercettazione: Intercettazione tra Rotolo Antonino, Sirchia Giovanni e Nicchi Giovanni INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino; SIRCHIA Giovanni; NICCHI Giovanni; ROTOLO: (…) Ora, ti debbo chiedere una cosa, so che tu ne sai parlare, avantieri io ho voluto sapere da Sandrino… SIRCHIA: Uhm! ROTOLO: …tutti i soci del Bingo e Sandrino mi ha mandato a dire: l’80 % il… SIRCHIA: Il CASARUBEA? 28 ROTOLO: Il CASARUBEA! 15 % lui, cioè Sandrino, no 10 % mi sembra che mi ha detto e… SIRCHIA: Saruzzù c’è mi sembra? ROTOLO: … 5 % Enzo! SIRCHIA: Enzo ROTOLO: E c’eri messo tu forse… SIRCHIA: Io neanche… neanche ne ho visto soldi di lì! ROTOLO: Non ci sei… non ci sei tu in questo 5 % SIRCHIA: No ROTOLO: No! Dico, tu lo sai di chi sono i soci? NICCHI: Ma, dico, non li hai visti o c’eri? SIRCHIA: Dovevo entrare, dovevo uscire da una parte, poi però un cristiano, lo zio Enzo, la parte che ha uscito se li è fatto prestare e forse nei soldi che hanno dato li ha dati a chi glieli ha prestati, visto che si sono… li hanno dati, Sandrino me li a dati a me? Io li ho dati poi allo zio Enzo e lo zio Enzo, allora si è fatto prestare soldi per entrare in società, sicuramente, appena… io non gli ho detto niente, perché se li è fatto prestare lui… appena e… ROTOLO: Dice che era trentasette milioni la quota, quant’era? SIRCHIA: …qualche… una cosa del genere, non mi ricordo… ROTOLO: Uhm! SIRCHIA: …allora tramite Sandrino gli davamo i soldi noi, lui, lo zio Enzo li dava a me e io glieli davo a Sandrino! ROTOLO: Uhm! SIRCHIA: C’è Saruzzù INZERILLO, Sandrino… ROTOLO: Saruzzù INZERILLO chi? SIRCHIA: Quello di… Saruzzù INZERILLO! Chi è Saruzzù INZERILLO? ROTOLO: Quello dell’America? SIRCHIA: Saruzzù INZERILLO, quello di Altarello, mi pare che c’è pure lui! ROTOLO: Ah, quello di Altarello! SIRCHIA: Eh! ROTOLO: Pure lui è socio? SIRCHIA: So! Poi di preciso lo sa Sandrino, perché allora se n’è occupato lui NICCHI: Sandrino ha detto: che il 10 era il suo… SIRCHIA: Eh! NICCHI: … il 5 % era… SIRCHIA: Dello zio Enzo NICCHI: …di un parente… SIRCHIA: Si, di Sandrino! NICCHI: …era di un parente di Sandrino SIRCHIA: E questo lo so! NICCHI: Dice, che noi non conosciamo e quindi non ci ha fatto il nome, perché, dice: “lo conosco io!” E il 5 % era dello zio Enzo… SIRCHIA: Eh! NICCHI: … che di questo 5 % dello zio Enzo c’eri pure tu in parte! ROTOLO: Va bene, però lo sta dicendo, non gli hanno dato niente perché quello ha pagando il debito! NICCHI: Però lo zio Saru… quello… 29 SIRCHIA: Io… NICCHI: …Saruzzù INZERILLO… SIRCHIA: …Sandrino può dire come… io, forse, so che c’è Saruzzù INZERILLO, però punto interrogativo! So che forse c’è, però… Sandrino sa… di questa cosa se n’è occupato lui allora ROTOLO: Si SIRCHIA: Ha domandato… cioè, ci sta lasciando il 20 %, lo volete, noi ci prendiamo il 5 e poi l’altro… un cugino di Sandrino lo so che c’è pure! NICCHI: Che ha il 5 % e il 10 %… SIRCHIA: Se c’è Saruzzù punto interrogativo, lo può sapere Sandrino, se Sandrino ha mandato a dire questo punto interrogativo, non lo so! NICCHI: E forse ora si parlava che CASARUBEA dava un altro 5 % a quel ragazzo e tu lo devi conoscere! Questo ha un fratello arrestato con Gianfranco PUCCIO, questi sono alti, uno che ha la Porsche, GRECO! SIRCHIA: Eh! NICCHI: Come si chiama questo picciotto alto? SIRCHIA: Salvatore GRECO! ROTOLO: Ma questi sono parenti, forse, di Sandrino, non sono parenti? NICCHI: No, non sono parenti! SIRCHIA: Si chiamano cugini, ma c’è forse un filo di parentela con la madre, qualche filo di parentela c’è ROTOLO: Va bene, mi interessava, diciamo, sentire pure a te in questo discorso (…) Dunque, veniva confermato che Mannino Sandro aveva direttamente nelle sue mani, o di persone a lui vicine, il 10% delle quote del Bingo di Villa Tasca; il 5% lo aveva “Enzo” Marcianò, mentre il restante 5% era – direttamente od indirettamente di Saro Inzerillo. In conclusione, al di là dei dati meramente formali, il 20% delle quote della società (tutte formalmente intestate alla famiglia di CASARUBEA Domenico) era direttamente riferibile ad investimenti illeciti di Cosa Nostra. Peraltro, deve ricordarsi che, dall’attività di analisi delle intercettazioni degli incontri avvenuti all’interno dell’ufficio di Bonura, sono emersi ulteriori elementi che confermano ed arricchiscono tale quadro probatorio. Invero, alle ore 10.38 dell’8 settembre 2005, Marcianò Vincenzo si era recato in Via Catania ed aveva incontrato Bonura Francesco e Sansone Gaetano, cui aveva rappresentato le proprie ragioni in ordine alle accuse di Rotolo. 30 In particolare, l’allora capomandamento di Boccadifalco aveva parlato del “Bingo”, raccontando a Sansone tutti i passaggi che lo avevano condotto all’acquisto di una quota della società: Conversazione delle ore 10.38 dell’8.9.2005 tra Marciano’ Vincenzo, Bonura Francesco e Sansone Gaetano INTERLOCUTORI: BONURA Francesco; MARCIANÒ Vincenzo; SANSONE Gaetano; OMISSIS SANSONE: (…) Quello che dice Nino io lo posso confermare al cento per cento perché tu hai avuto sempre… MARCIANO’: Ma a me mi dispiace Tanino, io sono mortificato, ma non credo che… SANSONE: Per tuo fratello, per tutti… non c’è niente MARCIANO’: Si, ma io ho “camminato” per la “cosa”, per la “discussione”, non è che ho “camminato” per me, io per me non c’ho “camminato” SANSONE: Secondo me lui è stato un pochettino affiancato da… MARCIANO’: Solo che ci sono questi “porta e rapporta”, dico per dire, e tutte ste belle cose, perché non è che sono solo i giornalisti che una cosa piccola la fanno diventare grande, io le cose cerco di stringerle per farle diventare più piccole BONURA: Sono contento che sei qua Gaetano, perché io certe volte, sapendo i discorsi, non so da dove devo iniziare SANSONE: E lo so, e lo so MARCIANO’: Il discorso di là, della percentuale di là, non è che è percentuale, lì c’è stato un discorso… BONURA: Si, ma… MARCIANO’: Prima s’è fatto l’affare, difatti io avevo condotto quest’affare… BONURA: Senti, senti questa MARCIANO’: Io ho condotto quest’affare in favore suo, non è che l’ho condotto… BONURA: Quello che so io MARCIANO’: … questo discorso l’ho condotto a favore della società BONURA: E lui allora… Proseguendo nella narrazione Marcianò precisava di avere delegato “Sandrino” (Mannino) per la gestione della vicenda, in quanto questi conosceva già Casarubea, mentre “Sarino” (Inzerillo) conosceva i Puccio: SANSONE: (…) Dimmi una cosa Enzo… MARCIANO’: No, fammi finire, nel frattempo di questo discorso così, che si appattò tutta la settanta, mi ebbe… il discorso di compensarsi i soldi, perché poi 31 questa cosa l’ha condotta Sandrino, perché Sandrino conosceva a questo CASARUBBEA. Perché lì com’era? Sandrino conosceva al CASARUBBEA, Sarino aveva il contatto con questo PUCCIO per il decreto SANSONE: Chi è, questo di via Pitrè? MARCIANO’: Si, e di Altarello SANSONE: E di Altarello. (…) Unendo queste prove a quanto emerge dalle dichiarazioni rese dai Puccio, e prima riportate, può dirsi confermato che, a dispetto del fatto che Casarubea Domenico non sia socio della “LAS VEGAS BINGO S.R.L.” e risulti solo delegato a operare sui conti bancari intestati alla società, ha in realtà un ruolo di primo piano nella gestione della società. Va a questo punto ricordato che Bonura Francesco, nel corso di un incontro avvenuto presso il box del Rotolo il giorno 7 settembre 2005 aveva indicato proprio nel rapporto tra Casarubea ed i Greco la chiave di volta per comprendere il legame tra l’imprenditore e Mannino Alessandro: Conversazione avvenuta presso il box del ROTOLO il giorno 7.9.2005 tra ROTOLO Antonino, BONURA Francesco e SANSONE Gaetano INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonjno BONURA Francesco SANSONE Gaetano ROTOLO BONURA ROTOLO BONURA ROTOLO: BONURA: (...) Mi vengono per due anni, non per un giorno, per due anni, dicendomi che vogliono questo locale per fargli il Bingo e mi dicono dice “abbiamo una trattativa, dice, loro vorrebbero presentare le carte per questo locale, dice, tanto se non si ci deve dare non gli si da, che fa, dice, glielo posso dire che presentano le carte? “, “le carte fagliele presentare, ma non ti prendere nessun impegno perché questo locale non si vende”, perché questo CASARUBBIA all’inizio lo voleva comprare!” Un cornuto è! Dico, lo voleva comprare! Ma che deve comprare!? C ‘erano altri anche, una partita ... Nella cordata di CASARUBBIA, nei riguardi di Sandrino, (incomprensibile) da dove vengono? Che CASARUBBIA è amico intimo di questi, dei GRECO, questi che hanno le pale lì a... che c’è 32 ROTOLO: BONURA: ne è stato pure uno arrestato, non so se... (incomprensibile) Bravo, dov’è che qualche volta io con Giovanni, quello “a quaglia “, ho fatto qualche riunione (...) Sono stati poi raccolti ulteriori riscontri ai rapporti tra Casarubea Domenico e Mannino Alessandro: dalle operazioni di riascolto ed analisi (intercettazioni svolte nei pp. 4578/04 e 2474/05 r.g.n.r.), emergeva un nuovo importante elemento che contribuisce a riscontrare l’esistenza di rapporti tra l’imprenditore e l’esponente di “Cosa Nostra”. Nel corso della conversazione intercettata alle ore 10.05 del 13 Luglio 2005 tra Bonura Francesco e Mannino Calogero, entrambi uomini d’onore, quest’ultimo rappresentava a Bonura, che avrebbe dovuto incontrare Nicoletti Giovanni, per informarlo che nel territorio di competenza di quest’ultimo, “reggente” di Cruillas, era stato messo in vendita un magazzino di circa duemila metri quadri, già sede dell’esercizio commerciale “INTERNI 2 C” (ditta di pertinenza della famiglia Casarubea). Mannino Calogero aggiungeva che nella vicenda “c’entrava Sandrino”, che aveva già fatto sapere la cosa “a Cruillas”, ed aggiungeva che il padrone del magazzino era la stessa persona che aveva il “Bingo”. Dalla lettura della stessa si rilevava come il “Sandrino” Mannino avesse già curato di “regolarizzare” la posizione del Casarubea con gli esponenti della famiglia mafiosa competente per territorio, mettendo a disposizione degli stessi una sorta di diritto di prelazione sull’immobile. Da accertamenti esperiti presso gli archivi magnetici dell’Anagrafe Tributaria emerge che Casarubea Domenico ha rivestito la carica di rappresentante della società in liquidazione “INTERNI 2 C S.R.L.”, avente come oggetto il commercio in dettaglio di mobili, circostanza questa che conferma il reale ruolo svolto da Casarubea in seno alla “LAS VEGAS BINGO S.R.L.”: (…) “in questo discorso, ora c’entra Sandrino, perché dice che il padrone di lì è lo stesso padrone dove ha il Bingo! (…) e che riscontra ulteriormente il rapporto esistente tra questi e Mannino Alessandro, ma anche il fatto che il principale referente di Cosa Nostra per il 33 Bingo è Casarubea Domenico, pur avendo questi fatto apparire tutti i suoi figli come intestatari del bene. Salvatore Greco ed il Bar del Bingo Nelle intercettazioni già esaminate si sono evidenziati alcuni riferimenti anche ad un’altra quota che Casarubea stava per trasferire a Salvatore Greco. Tale elemento è confermato da alcune intercettazioni effettuate dalla D.I.A. nei confronti dello stesso Greco, ed in cui l’indagato si definisce, pur con evidente esagerazione, "manager" della società del Bingo. Il nome di Greco Salvatore, come si è in parte visto, emergeva nel procedimento nr.2474/05 R.G.N.R. (“Gotha”), in relazione ad una controversia sorta circa la gestione del bar del Bingo di Villa Tasca fra il Greco stesso ed un parente dell’ex-capomafia detenuto La Barbera Michelangelo. In particolare, v’è un’intercettazione estremamente rilevante, nel corso della quale Rotolo esprime ad altri capi mafiosi la sua “rabbia” nei confronti di Marcianò Vincenzo: si fa riferimento all’incontro del 9 agosto 2005 tra Rotolo Antonino e gli esponenti di vertice del mandamento di “Boccadifalco” Bonura Francesco, Sansone Gaetano e Sansone Giuseppe, da cui emergeva l’ulteriore particolare che Rotolo aveva appreso da Mandalà Nicola, capofamiglia di Villabate (indicato come proprietario della sala Bingo di Via dei Cantieri), della partecipazione di Mannino Alessandro alla società del Bingo di Villa Tasca, circostanza che lo aveva indotto poi a chiedere direttamente a Mannino chiarimenti sulla sua posizione in seno alla “LAS VEGAS BINGO”. Uno degli aspetti che avevano maggiormente irritato Rotolo era proprio quello relativo alla gestione del bar del BINGO, che aveva richiesto a Marcianò di riservare a persone di suo gradimento, e che, invece, era stata affidata proprio ad alcuni parenti di Mannino (e, cioè, proprio a Greco Salvatore). Erano, poi, sopravvenuti problemi tra i soci e Greco aveva minacciato di far intervenire Lo 34 Piccolo Salvatore (e, cioè, proprio l’oppositore di ROTOLO all’interno di Cosa Nostra palermitana) per risolvere la questione; tale circostanza aveva fatto “traboccare il vaso”, inducendo Rotolo Antonino a richiedere ulteriori chiarimenti sulla reale composizione della società del BINGO e a programmare l’allontanamento della persona che aveva fatto questi “mali discorsi”. Intercettazione del 9 agosto 2005 tra ROTOLO Antonino, BONURA Francesco, SANSONE Gaetano e SANSONE Giuseppe INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino, “Nino”; BONURA Francesco, “Franco”; SANSONE Gaetano, “Tanino”; SANSONE Giuseppe, “Pinuzzu ù gettone”; OMISSIS BONURA: (…) Noo, se noi la dobbiamo aggiustare gliela diamo una mano tutti ROTOLO: A chi, aggiustare a chi, a lui? BONURA: A Enzo, nel senso… ROTOLO: No, a Enzo non lo dobbiamo aggiustare proprio, Enzo non è cosa da aggiustarsi BONURA: Vediamo… vediamo un poco… ROTOLO: Tu vuoi aggiustare a uno a sessant’anni? BONURA: Aggiustare nel senso… certe volte ci sono cose che noi possiamo dargli un periodo, una cosa, fare e dire, poi… ti prego Nino, tu sei… ROTOLO: Ora quando sentirai… BONURA: Veniamo da una vita… ROTOLO: No, ora quando… BONURA: No, non me ne devi fare sentire, cose brutte non… brutte brutte brutte, basta che dopo… ROTOLO: Brutte che ci può essere pure responsabilità tua no? BONURA: Infamità, cose, va bene ROTOLO: Ecco, lo vedi… BONURA: … ma dove ci sono queste… ROTOLO: Dico, se ci possono essere pure responsabilità tue, dette da lui BONURA: Dette da Enzo? ROTOLO: E io ti faccio leggere ora, sono venuto documentato, te l’ho detto BONURA: (incomprensibile) ROTOLO: Perché questo non è all’altezza di stare lì (…) OMISSIS BONURA: (…) Tanino lo sa di… il fatto di… di Enzo, ne abbiamo parlato che gli hanno dato la libertà pure per suo fratello ROTOLO: A Giovanni BONURA: A Giovanni, MARCIANO’ (…) OMISSIS ROTOLO: (…) A me mi viene a dire… insomma, senti Franco, quando uno non ti parla con la verità quando uno è falso e ti dice bugie io non ci posso avere più a che fare, perché se io devo parlare con te o ci parlo con la verità o ti dico: “Franco, non ti seccare, non possiamo avere…” BONURA: Si parla con la verità ROTOLO: Non possiamo avere dialogo…ma che io devo dire una bugia….io non te la dico 35 BONURA: ROTOLO: BONURA: Vabbè, è giusto Per costume…per forma mentis No, perché è così, la regola è questa: “o parli o niente”! (…) OMISSIS I brani di trascrizione sopra riportati consentono ancora una volta di individuare chiaramente in Marcianò Vincenzo, fratello di Giovanni, la persona oggetto delle accuse di Rotolo perché non aveva “detto la verità” (infrangendo una regola di Cosa Nostra). Proseguendo nella conversazione, Rotolo iniziava a dettagliare le accuse nei confronti di Marcianò raccontando ai presenti le fasi che avevano preceduto la stipula del contratto: ROTOLO: (…) Perciò, mi viene a trovare, mi dice: “lo sai, c’è (incomprensibile) che mi interessa, (incomprensibile) alla Villa Tasca”. Siccome questa cosa l’avevo io nelle mani nel senso che venivano… era da anni che venivano per fare questo BINGO a Villa Tasca, prima si volevano comprare il locale e io gli ho detto… (incomprensibile) … non dovevano fare niente, ne vendere ne fare e ne dire. Si presenta , nuovamente, quindi, questo PUCCIO BONURA: PUCCIO ROTOLO: PUCCIO il costruttore SANSONE Gaetano: (incomprensibile) l’impresa? Ha l’impresa questo, ora non lo so dove, in via… via… ha costruito là fuori ROTOLO: Comunque BONURA: Io conosco a Piero PUCCIO, ma non credo che sia… è che non fa niente ROTOLO: Ma chi, questo di qua? No, no…ed allora gli ho detto: “ma è una cosa tua Enzo, ci tieni tu?” – “Si, si, dice (incomprensibile)” - “Va bene, se è una cosa tua , gli ho detto: perché lì, perché gli hanno detto sempre no”. – “Si!” – “Se è una cosa tua, siccome guarda là… c’è un locale sopra e siccome sotto c’è un altro pezzo di locale che verrà tagliato nello scantinato perché ci deve nascere un bar o una cosa, sotto faranno un laboratorio, quindi se lo vogliono devono essere separati questo pezzo”. Allora lui è tornato “no, sai, lì non può essere, non si può fare questo discorso!” - “Allora, senti Enzo, io ti dico si, perché sei venuto tu ed io ti voglio favorire anche perché loro sanno che sono due anni che vanno dietro a questa cosa e hanno avuto detto sempre no … io ti faccio fare figura come tu meriti, però sappi che se li ci viene un bar che nessuno prenda impegni per questo bar… c’è un impegno… - “Va bene, va bene…”. Quindi io… BONURA: Lì c’entra il Sandrino pure ROTOLO: Io so che è lui, un amico di lui e lui, una persona sua, e questo lo so per un anno, per otto mesi, nove mesi, so sempre questo discorso, fanno questa cosa….fanno l’affare, fanno il contratto, combinano…. BONURA: Spendono, non so quanto… ROTOLO: …..combinano un macello…rompono…si mettono in contrasto con il condominio, il condominio nel frattempo il fabbricato che si era fatto lì… “attacca turilla”, fa causa e vuole fatto il prospetto, oltre che c’era, sopra, una ringhiera fatta pure…inc…era passata da questa parte…passando vent’anni, lo sai, per usucapione… e si è andata a sbrogliare pure questa cosa, e si ci ha perso pure questo terreno, più di 120.000 euro di danno per fare questo prospetto, più ci sono andati a modificare il locale e siccome non gli volevano dare il fine lavori perché il locale si doveva ancora definire…però risultava come se era finito…. BONURA: …inc… 36 ROTOLO: Tutte queste belle cose… in sostanza.. ad un certo punto io vengo a sapere le cose come stanno….l’affare non era suo ma l’affare glielo ha portato Sandrino e a me non dice niente, perché non mi dice niente? Magari pensando che questo che mi diceva Sandrino gli rispondevo di no, è giusto? E già mi dice la prima bugia, perché lui mi doveva dire: “l’affare me lo ha portato Sandrino, però ne rispondo io” Dico, mi può dire…lo portò MANNINO ma ne rispondo io. Io gli dico il discorso del bar…lui mi dice che il bar… “no, il bar… se lo devono gestire loro”, cioè la società, che sarebbe (incomprensibile) dico se lo deve gestire lui. Dopo vengo a sapere che il bar è gestito da parenti di Sandrino (…) Ed ancora, proseguendo nella conversazione: ROTOLO: (…) Allora, vengo a sapere che il bar invece non lo gestisce la ditta, ma cugini di Sandrino tra i quali c’è un parente di (incomprensibile) giustamente lì come sono combinati, questo nel frattempo ha fatto un poco “mali discorsi” (incomprensibile) e allora a questo punto io cosa faccio, non parlo più con Enzo… non ci parlo più con Enzo BONURA: Mi hai spiegato il mistero! ROTOLO: E ti ho spiegato il mistero…perché il discorso “avi a aviri ù pieri” (deve essere fondato, n.d.t.) mi mando a prendere a Nicola, gli ho detto: “portami a questo qua”! L’ho fatto portare qua…insomma, gli ho parlato e devo dire che ho trovato questo più sincero di lui… BONURA: E non poteva essere diversamente… ROTOLO: A questo l’ho trovato più sincero di lui, meglio di lui…perché quello mi ha raccontato… e ho svelato un altro mistero…che gli danno la parte, una percentuale, perciò vedi, vedi sempre il discorso… perché è nato truffaldino e morirà truffaldino, quindi con questo non ci voglio avere più a che fare, ma non per questa cosa….ma per le prese in giro perché se lui a me dice, come a me dice che lo deve gestire quello… “no, quelli non ne possono fare a meno”, e mi prendi per fesso, perché pensi che il discorso io non lo posso sapere, ma siccome le verità poi vengono sempre a galla BONURA: Sempre! ROTOLO: E’ giusto? Quindi la gestione del bar…tanto è vero che a quello l’ho mandato a chiamare e gli ho detto: “Io a te la gestione del bar la dovrei togliere… ai tuoi parenti…perché i discorsi sono questi, questi, questi, questi” (…) OMISSIS ROTOLO: (…) …quindi hai capito il perché io, diciamo… ho superato un po’ tutti e ho creato questo contatto e gli ho detto che non doveva dire niente a nessuno, perché… …il fatto della venuta qua BONURA: Va bene, ma quello lo diceva… ROTOLO: Va bene BONURA: No, te lo voglio dire, io non è che mi posso nascondere… ROTOLO: Io ti sto dicendo, ti sto dicendo che l’altro giorno ti ho parlato e ti ho detto qual è il motivo perché io lo mando a chiamare. Quindi, io devo sapere da Sandrino che il bar, per condizione… perché quando hanno fatto l’affare lo doveva prendere lui, e siccome a lui gli hanno dato la percentuale, io non gli ho chiesto se lui ha uscito soldi, ma da quello che ho capito non ha uscito una lira. Allora lui per interesse, lui mi nasconde questa verità a me e non mi dice nemmeno che è interessato. Se tu vieni a fare “ù business” da me… c’è spazio per entrare perché so pure che c’è Sandrino in società BONURA: Si, il Sandrino io lo sapevo ROTOLO: Ha il dovere di dirmelo a me: “ma tu ne hai soldi da investire là”? Ha il dovere di dirmelo, perché io avrei dovuto cacciarli tutti, ma quelli colpa non ne hanno, perché la colpa è sua che non mi ha mai detto la verità. (…) Nel corso di un’altra conversazione, avvenuta il 7 settembre 2005 si rinvenivano elementi che consentivano l’identificazione dei parenti di “Sandrino” 37 Mannino, per i fratelli Greco Salvatore e Greco Vincenzo, di Antonino e di D’Arpa Giovanna, nati a Palermo rispettivamente il 3.11.1969 e 13.12.1967: ROTOLO: (…) Mi vengono per due anni, non per un giorno, per due anni, dicendomi che vogliono questo locale per fargli il Bingo e mi dicono dice “abbiamo una trattativa, dice, loro vorrebbero presentare le carte per questo locale, dice, tanto se non si ci deve dare non gli si da, che fa, dice, glielo posso dire che presentano le carte?”, “le carte fagliele presentare, ma non ti prendere nessun impegno perché questo locale non si vende”, perché questo CASARUBBIA all’inizio lo voleva comprare!” BONURA: Un cornuto è! ROTOLO: Dico, lo voleva comprare! BONURA: Ma che deve comprare!? ROTOLO: C’erano altri anche, una partita … BONURA: Nella cordata di CASARUBBIA, nei riguardi di Sandrino, (incomprensibile) da dove vengono? Che CASARUBBIA è amico intimo di questi, dei GRECO, questi che hanno le pale lì a… che c’è ne è stato pure uno arrestato, non so se… ROTOLO: (incomprensibile) BONURA: Bravo, dov’è che qualche volta io con Giovanni, quello “a quaglia”, ho fatto qualche riunione (…) Per quanto attiene all’identificazione di Greco Vincenzo, va riferito che lo stesso, titolare della “EDILTER S.A.S.”, è stato indagato, tra l’altro, unitamente a Buscemi Giovanni, nato a Palermo il 18.3.1947, inteso “a quagghia”, nell’ambito del procedimento penale n.13100/00 R.G.N.R., poi riunito al procedimento nr.2989/99 R.G.N.R. Dagli atti emerge, in particolare, la vicinanza tra Buscemi Giovanni e l’ex latitante Lo Piccolo Salvatore, di cui ha gestito nel 1999 la latitanza. Relativamente all’identificazione di Greco Salvatore, il 5.11.2004 veniva accertato che questi era formalmente dipendente della società “BINGO LAS VEGAS”, con la mansione di addetto alla cucina. Risultava inoltre che Greco Salvatore il 23.12.2004 era andato a New York con Inzerillo Giuseppe, nato a Palermo il 16.5.1976, figlio del defunto Inzerillo Santo, inserito da Rotolo fra quelli da “sorvegliare” in quanto ritenuto capace di vendicare i propri familiari. Da una conversazione intercettata il 20 settembre 2005 tra Rotolo Antonino e Bonura Francesco si appurava, poi, che ad aver minacciato di informare il latitante Lo Piccolo Salvatore dei contrasti sorti con un parente di Michelangelo La Barbera in merito alla gestione del bar era stato proprio Greco Salvatore. Si riportano di seguito brani della trascrizione dell’incontro del 20/09/2005: 38 Intercettazione del 20 settembre 2005 tra ROTOLO Antonino e BONURA Francesco INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino; BONURA Francesco; BONURA: (…) Dunque, me ne vorrei andare Nino se non mi devi dire più niente ROTOLO: Non lo vuoi sentire il fatto di quello, Matteo? BONURA: Ah, si! ROTOLO: Mi hai detto… BONURA: Mi pareva… mi… ROTOLO: E allora, gli dice: “senti qua, dice, siccome c’è mio cugino…” mi pare che abbia detto… “mio cognato che ha, dice, una società nei bar del Bingo…” praticamente io lì te l’ho raccontato che lo sapevo che c’era questa società di questi GRECO che sono parenti di Sandrino ed evidentemente… (…) OMISSIS ROTOLO: (…) Ascolta, e allora gli dice che si sono messi in contrasto questi soci, praticamente uno interessa a questo Matteo e uno interessa a questo Sandrino. Questo che interessa a questo Sandrino gli dice al socio che è parente di Matteo, è giusto? E questo è parente di Sandrino a quello che capisco io, che poi forse sono parenti di tutti e due. Insomma, comunque a questo gli interessa uno e a quello gli interessa l’altro. Quello che interessa a Sandrino li minaccia e gli dice, dice: “ora io questo discorso lo faccio arrivare a LO PICCOLO!” Tu ti puoi immaginare la mia contentezza quando sento questo discorso! Io bedda matri gli avrei detto… gli avrei allargato le mani. Quando ho sentito questo discorso gli ho detto… l’ho fatto finire di parlare, gli ho detto: “senti qua…” perché lui, giustamente, mi ha spiegato, dice: “siccome lui ha sentito… BONURA: Cioè, è il gioielliere che parla con te, è giusto? ROTOLO: …siccome ha sentito che c’è la zia là da me, mia zia, giusto? Dice, sicuramente ha pensato che io ho il pass diretto, dice, e allora lui mi ha detto: tu stai lì perché…” si capisce, è furbo! BONURA: (ride) ROTOLO: E allora dice che… dice, io gli ho detto, dice: “va bene, stai parlando con me, posso vedere di parlare con mio zio, vediamo…” parlando per Settimo. Allora gli ho detto: “no, fai una cosa, senza dirgli niente, perché pure io mi rendo conto che lui ha pensato che tu parlavi con me! Allora tu fai una cosa, gli dici: abbiamo parlato, senza dire ne tu, ne tuo zio, con un amico di tuo padre e mi ha detto che una mano te la da ma vuole sapere per filo e per segno come è nata questa società, come… insomma, e quali sono i nodi del contrasto.” Perché dice che lui stesso gli dice: “ma che c’entra il LO PICCOLO, dice, lì?” Gli dice questo Matteo, perché che vuoi, sono scaltri! BONURA: Certo! ROTOLO: È giusto? E allora… e io parlando con te questa è un’occasione che caccio il parente di Sandrino (incomprensibile). Gli va a parlare di nuovo perché io devo sapere tutte cose ed esce fuori un discorso che non è mai esistito, te l’ho raccontato il discorso del bar di lì? Che per il bar gli avevo detto… BONURA: Si, si! ROTOLO: È giusto? BONURA: Anzi Enzo, a proposito, mi dice questo per questo bar, che tu gli hai detto: “lo facciamo insieme…” gli hai detto a Enzo ROTOLO: Si BONURA: E lui ti ha detto: “io una lira non ce l’ho!” ROTOLO: No, lui mi ha detto: “non si può fare questo bar!” BONURA: Dopo, perché non si può fare… ROTOLO: Ed invece non era così! Io ad Enzo che gli dico? “Enzo…” perché loro sono pratici di bar, è giusto? E allora gli dico: “fai una cosa, dato che tu stai venendo, per farti capire, io voglio aiutare un ragazzo, questo bar lo mettiamo assieme, nel senso… questo picciotto che io ci devo mettere e tu e vi buscate il pane tu, tuo fratello…” cioè gli do questa possibilità! Lui mi viene a dire: “no” e mi fa la chiusura: “non è possibile perché lo devono aprire loro.” 39 BONURA: E così pure a me … ROTOLO: No, ma non è così! BONURA: Questo ora io sono venuto a saperlo! ROTOLO: Ma non è così! BONURA: Ma non è Enzo responsabile ROTOLO: No, Enzo sapeva! BONURA: Che era indispensabile… ROTOLO: Enzo sapeva! Tant’è vero che a me mi parla di questo ma non mi parla che lui ha la percentuale! Ed ora ti dico di più, ora c’è un altro discorso che io saprò, ti ho detto, e speriamo che non c’entri lui! Esce fuori un cinque per cento o un dieci per cento, quello che è, di questo bar che si deve dare a corso Calatafimi per MINEO, a corso Calatafimi (incomprensibile) BONURA: Lo avresti saputo tu! ROTOLO: No, minchia! C’è un regalo del Bingo che eeee. Nel bar… io non ho mai parlato, perché la mia intenzione è stata sempre quella, dal bar se ne devono andare! Cioè il bar deve nascere… BONURA: Ora capita l’occasione! ROTOLO: Ecco! Ora che c’è questo discorso, intanto questo che fa il nome di questo… BONURA: Se ne deve andare! ROTOLO: Si, se ne deve andare immediatamente! (…) A confermare l’importanza assunta dalla controversia era poi la circostanza che Michelangelo La Barbera aveva fatto pervenire a Rotolo, attraverso un detenuto in permesso, la richiesta di un incontro per il figlio Matteo. La circostanza emergeva in due distinte conversazioni intrattenute da Rotolo il 28 ottobre 2005: la prima con Mannino Calogero, nato a Palermo il 18.4.1940, e la seconda con Sirchia Giovanni, entrambi “uomini d’onore” della famiglia mafiosa di “Uditore”. Dal contenuto delle conversazioni emergeva che la ragione di questi incontri era da ricercarsi, tra l’altro, nella richiesta di informazioni sull’affidabilità dei figli del La Barbera, capomandamento detenuto di Boccadifalco : Intercettazione del 28 ottobre 2005 tra ROTOLO Antonino e MANNINO Calogero INTERLOCUTORI: ROTOLO Antonino, “Nino”; MANNINO Calogero. “Caluzzu”; ROTOLO: MANNINO: ROTOLO: MANNINO: ROTOLO: (...) Calò! La dentro non ti faccio entrare perché … sono mal combinato Che hai? Niente.’ Stai bene? Ma, ringraziamo a Dio. Mettiti un gradino più basso. Ti ho mandato a chiamare perché ho bisogno di chiederti informazioni e meglio di te non me li può dare nessuno! I figli di Angelo, siccome so che si parla di (incomprensibile) siccome è una cosa che (incomprensibile) Angelo mi ha mandato a dire e io prima di riceverlo voglio sapere se sono seri, non sono seri, insomma si comportano bene, non Io 40 MANNINO: ROTOLO: MANNINO: ROTOLO: MANNINO: ROTOLO: MANNINO. MANNINO: ROTOLO: so, perché non mi sembra che li tengono vicino, non mi sembra che... Non sono seri No! Di uno ho la certezza.., del grande, con il piccolo non ho parlato mai, ti dico la verità, lo vedo, ciao, ciao Ma non sono seri in che senso? (incomprensibile) Ah!Ah! questo, il grande deve dare soldi a chiunque, è combinato.., è assoluto. (...) OMISSIS (...) Del piccolo veramente tante lamentele non ho sentito, ma del grande si. Io parlo con mio fratello, perché Angelo lo sai, è... No, è il discorso qual è? E perché... diciamo di quello che manda a dire lui, io mi dovrei incontrare con questo ragazzo, capisci? Ora, saputo queste notizie io... che so se questo si mette a chiacchierare? (...) Le indicazioni del Mannino Calogero convergevano con quelle che, appena qualche ora più tardi, avrebbe fornito Sirchia Giovanni. Ulteriori elementi sulla vicenda del Bar del Bingo possono trarsi dalla conversazione avvenuta alle ore 10.38 dell’8 settembre 2005 (già citata), ove Marcianò Vincenzo (che si era recato in Via Catania ed aveva incontrato Bonura Francesco e Sansone Gaetano) aveva rappresentato ai suoi interlocutori le proprie ragioni per difendersi dalle accuse di Rotolo. Dallo stralcio della stessa si rileva, dunque, che Rotolo aveva offerto in “regalo” a Marcianò la gestione a metà del bar della sala “Bingo”, offerta che Marcianò aveva declinato in quanto Casarubea, nel corso delle trattative, aveva minacciato di far saltare l’affare se la gestione dell’immobile non avesse compreso anche il bar. In altro brano successivo della medesima conversazione, dopo aver a lungo parlato della gestione del Bingo, l’argomento della conversazione tornava ad essere il Bar del Bingo, e quanto detto suscitava in Sansone e Bonura una reazione molto negativa per il fatto che il bar all’interno della sala da gioco non era stato gestito dal Casarubea, ma era stato ceduto a parenti di Mannino Alessandro, ed in specie a Greco Salvatore, riscontrando altresì la circostanza che l’effettiva gestione di tale attività economica non è quindi da ricondursi alla amministratrice apparente e formale, in quanto socio accomandatario dell’attività, Greco Giovanna Maria nata a Palermo il 20.08.1969 (sua moglie). Ed è risultato confermato che i Mannino hanno rapporti parentali con i Greco: la nonna di Mannino Alessandro, Gambino 41 Lucrezia, nata a Torretta il 21.12.1909, è sorella di Gambino Giuseppe Leonardo, nato a Palermo il 11.5.1904, bisnonno dei fratelli Greco Vincenzo e Salvatore. Va segnalato, in proposito, che la perquisizione locale effettuata all’interno degli uffici della “LAS VEGAS BINGO S.R.L.” permetteva di sequestrare, tra l’altro, la copia del contratto di sub-locazione immobiliare stipulato in data 24/2/2004 tra la suddetta società e la “LAS VEGAS Bar di GRECO Giovanna Maria & C. S.A.S.”. Dall’esame del documento si evinceva che il contratto era relativo alla sub-locazione di una area dei locali dell’immobile pari a 75 mq per allestirvi all’interno un locale di bar – ristoro a servizio della sala del “gioco del Bingo”, per la somma di 2500 Euro mensili. Successivi accertamenti esperiti presso la locale Camera del Commercio permettevano di appurare che il 18.2.2004 i signori Greco Giovanna Maria, nata a Palermo il 20 agosto 1969 e Li Muli Giuseppina, nata a Palermo il 15.11.1973, costituivano con pari capitale la “LAS VEGAS Bar di GRECO Giovanna Maria & C. S.A.S.” al fine di gestire l’esercizio di ristoro in argomento. Greco Giovanna Maria, socio accomandatario della suddetta S.A.S., come detto, risulta essere coniugata con Greco Salvatore, nato a Palermo il 03.11.1969, circostanza che riscontra quanto già segnalato a proposito del coinvolgimento del Greco Salvatore nella gestione del bar. Il Greco in data 18.04.2007 ha acquisito con atto notarile da Li Muli Giuseppina una quota pari al 25% del capitale sociale, risultando quindi attualmente socio accomandante al 25%. Ulteriori elementi su Greco Salvatore sono emersi dalle indagini svolte dalla D.I.A. nell’ambito del procedimento nr. 4006/06 R.G.N.R., indagini sorte dalle investigazioni sulla famiglia di Lo Piccolo Salvatore Giovanni, ove emergeva la figura di Lo Piccolo Claudio, nato a Palermo il 18 gennaio 1978, e si evidenziavano i suoi rapporti con le cosche mafiose nordamericane. In particolare, sono stati rilevati contatti tra Lo Piccolo Claudio e Gambino Tommaso, di Rosario, nato a New York il 21 gennaio 1974, domiciliato al 1015 Gayley Avenue, suite 1238, Los Angeles, California, rampollo di una famiglia di narcotrafficanti italo–americani, appartenente a “Cosa Nostra” statunitense. Tali rapporti si sono riproposti in occasione di un viaggio a New York effettuato nel 42 periodo a cavallo tra il 2005-2006 da Claudio Lo Piccolo, unitamente alla madre (Di Trapani Rosalia) e alla moglie (Di Maggio Maria Grazia). Le conversazioni si sono protratte sino ad epoca recente (in specie, vi è una intercettazione del 23 febbraio 2007, alle ore 22.57, registrata in entrata sull’utenza estera, instradata, in uso al Gambino Tommaso, dalla quale emerge con chiarezza il rapporto di familiarità esistente tra Gambino e Greco). Va evidenziato che Gambino Tommaso, pur risiedendo stabilmente negli Stati Uniti d’America, negli anni passati è spesso venuto a Palermo, dove vivono alcuni suoi parenti tra i quali la sorella Gambino Anna, nata a New York il 24 maggio 1971, coniugata con Spatola Salvatore, nato a Palermo il 10 maggio 1967. Questi è figlio del noto pregiudicato Spatola Rosario, nato a Palermo il 15.2.1928, ivi residente in via Bagheria nr.5, nonché fratello di Spatola Giovanni, nato a Palermo il 31.07.1951, indiziati mafiosi, appartenenti alla famiglia di Passo di Rigano facenti parte delle note famiglie Spatola, Inzerillo, Gambino e Di Maggio, tutte collegate da parentele e rapporti economici alle grande famiglie mafiose degli Stati Uniti d’America. Tutte le volte che Gambino è arrivato in città è stato oggetto di servizi di osservazione e pedinamento che hanno consentito di accertarne i costanti contatti con Lo Piccolo Claudio ed altre persone a questi vicine. Come, del resto, Lo Piccolo ha frequentato familiari di Gambino anche in sua assenza. Tra i palermitani vicini a Gambino Tommaso emergeva proprio Greco Salvatore, nato a Palermo il 3 novembre 1969, ivi residente in via Besio nr. 7. Il Greco, in specie, è parente di Gambino Rosario, padre di Gambino Tommaso, atteso che la nonna materna di Greco Salvatore, Gambino Giovanna, nata a Palermo l’1 maggio 1927, è cugina di 1° grado di Gambino Rosario. Inoltre, vi sono anche rapporti di affinità, in quanto la citata nonna materna di Greco Salvatore, Gambino Giovanna, è anche zia del cognato di Gambino Tommaso, Spatola Salvatore, nato a Palermo il 10 maggio 1967, coniugato con Gambino Anna, nata a New York il 24 maggio 1971. Nel mese di settembre del 2005 la D.I.A. procedeva all’intercettazione telefonica dell’utenza 392/3111969 in uso a Greco Salvatore. 43 Particolarmente significativa si rilevava la conversazione, intercorsa con Gambino Tommaso, registrata alle ore 00.46 del 9.9.2005, nel corso della quale il Greco dimostrava di conoscere ed incontrare persone della cerchia di Lo Piccolo Claudio. Del resto, deve ricordarsi che dalle intercettazioni della Squadra Mobile sopra riportate emergeva che Greco si era fatto “proteggere” proprio da Lo Piccolo, in relazione alla pretesa che gli venisse sottratta la gestione del Bar. Sempre riguardo ai rapporti tra Greco e gli “scappati”, dall’attività d’indagine sono emersi numerosi contatti tra Greco Salvatore e Inzerillo Giovanni, nato a New York il 30.4.1972, residente a Palermo, via Castellana n. 346, figlio del noto Inzerillo Salvatore, inteso “Totuccio”, ucciso dallo schieramento corleonese nel 1981. E’ stato accertato che testimoni di nozze di Inzerillo Giovanni e Mazzeo Diana Maria, nata a Palermo il 15.12.1972 (celebratesi in data 4 giugno 2003 a Montemaggiore Belsito, paese di origine della sposa) sono stati, tra gli altri, eeco Salvatore e sua moglie Greco Giovanna Maria, nata a Palermo il 20.08.1969. Inoltre, nel corso del servizio svolto dalla D.I.A. in occasione della funzione religiosa del matrimonio tra Greco Vincenzo, nato a Palermo il 13 dicembre 1967, domiciliato in questa via Bronte nr.26 (fratello di Salvatore) e Puccio Antonia, nata a Palermo il 5.12.1970, celebrato in data 15.7.2006, si aveva modo di notare tra i partecipanti anche il predetto Inzerillo Giovanni ed Inzerillo Giuseppe, nato a Palermo il 16 maggio 1976, cugino di Inzerillo Giovanni e figlio dello scomparso Inzerillo Santo (nato a Palermo il 23 aprile 1946, vittima anch’egli della guerra di mafia degli anni ottanta, fratello del predetto Inzerillo Salvatore, inteso Totuccio), che le recenti investigazioni (confluite nelle operazioni “Gotha” e “Occidente”) lo hanno indicato quale “emergente” del gruppo facente capo alla famiglia Inzerillo. Del resto il 23 dicembre 2003, Greco Salvatore si recava, con la massima segretezza, negli Stati Uniti d’America, unitamente ad Inzerillo Giuseppe. Inoltre, il 23.7.2006, in occasione del battesimo di Inzerillo Salvatore, nato a Termini Imerese (PA) il 15.05.2006, figlio del predetto Inzerillo Giovanni, veniva riscontrata dalla D.I.A., tra gli altri, la presenza del citato Greco Salvatore, unitamente ad altri componenti della sua famiglia, tra cui il fratello Vincenzo 44 Ancora, il 21 gennaio 2007 Greco Salvatore risulta aver preso parte ai festeggiamenti per il battesimo della figlia di Gambino Antonino Rosario, nato a New York il 9.10.1976, fratello del citato Gambino Tommaso. Gambino Antonino Rosario residente negli U.S.A. è coniugato con Buscemi Maria, nata a Palermo il 17 giugno 1984 figlia di Buscemi Girolamo, nato a Palermo il 20 agosto 1952, indiziato mafioso, uomo d’onore della famiglia di Boccadifalco - Passo di Rigano. Relativamente al bar operante all’interno del Las Vegas Bingo, in numerose conversazioni telefoniche Greco Salvatore si accredita quale uno dei responsabili del locale, pur avendone acquisito il 25% solo nel 2007, partecipando anche alle scelte operative dell’azienda; fatto che conferma quanto riferito da Rotolo Antonino, e cioè che a Greco Salvatore era stata “intestata” anche una quota del Bingo. Greco Salvatore, come già si è visto, è, del resto, persona vicina ai componenti della famiglia Casarubea ed in particolare a Casarubea Domenico, inteso Mimmo ed al figlio Francesco, come dimostrano gli stralci di alcune conversazioni telefoniche intercettate sull’utenza 392.3111969, in uso a Greco Salvatore, che si riportano brevemente : ********* Conversazione nr. 3987 del 27.11.2005, ore 19.45 tra Salvatore Greco ed una amica A: io lavoro domani mattina, sangue mio; S: eh! dove lavori?... inc… A: di mattina lavoro a Villagrazia S: che fai? A: la ragioniera mezza giornata S: ah!, si e domani te la butti A: si primo giorno di lavoro e non ci vado OMISSIS S: devono parlare con me e non con TOTI A: io ce l’ho il tuo numero S: si ce l’hai il mio numero te l’ho dato quello nuovo A: e caso mai faccio chiamare a te S: si gioia dagli il mio numero, dagli il mio numero A: ah, va bene S:… inc… io sono il manager ...... 45 Conversaz. nr.8416 dell’11.2.2006 h. 16.55 tra Salvatore Greco e Marcello Catuogno S: no, …io sono andato al bingo poi…minchia hanno fatto di nuovo il super bingo… arrusa di Eva come si fa! Minchia! L’hanno fatto ieri sera alle sette e stanotte di nuovo il super bingo M: … e quanto erano? Quant’è? Cinquemila euro S: minchia! … tremila euro M: … là pure l’hanno fatto… diciannovemila euro… S: … ah! … infatti, ieri sera se ne sono andati tutti i cristiani poi non c’era nessuno… poi quando ci sono andato io non c’era nessuno… OMISSIS S: minchia picciotti appena fanno il super bingo… minchia! Lo rifanno subito di nuovo… ma che la settimana passata l’hanno fatto pure… diciottomila euro… minchia! picciotti è una cosa incredibile in una settimana tre volte l’hanno fatto. Conversaz. nr.8405 dell’11.2.2006 h.14.19 tra Salvatore Greco e Rosaria Burzotta) R: lei conosce un certo Tonino… S: Tonino! … R: … però non so il cognome… me l’ha detto però io sono quella che… S: … come si chiama lei? R: lei si chiama Brigida Cipolla… la conosci?... comunque, ieri visto che mi hai detto il bingo… e… che tu hai detto stò andando al bingo per andare a chiudere… inc… conosci FORELLO? S: si, si ma non c’entra niente con quello nostro… si ! R: … non c’entra niente con quello che hai tu? S: … no! R: perchè io conosco te… anche per cui… S: cosa? R: … no, perché io dico conosco Beppe ed anche lui ha un bingo… Big Bingo… S: … il Big Bingo… R: ... il Big Bingo si... e poi lui mi ha detto anche che … è lui il creatore del Bingo vero? lui creatore di Bingo? e poi ne ha dato in gestione tipo il Kursal quello che c’è al Politeama... S: … lui mi ha dato? R: eh! S: risata R: risata S: mamma mia che sono chiacchieroni, come si fa ad essere così è uno schifo R: risatina si guarda... cade la linea. Conversazione nr.8406 dell’11.2.2006 h.14.23 tra Salvatore Greco e Rosaria Burzotta S:... e quindi ha detto che ha dato in gestione il bingo? R: ... no... niente siccome ci conosciamo anche tramite persone e quest’estate è capitato che siamo parecchie volte usciti... e quindi si parlava e anche perché io gli ho detto c’è il trucco... non mi dire che non c’è il trucco... c’è trucco... lui tipo che faceva ... tutta la sua teoria... poi chiaramente... gente che se l’inventa tutte si è inventato il bingo on line, si è inventato questo... quello... S: ... lui quando... io dico... la novità del bingo... non li ha portati lui completamente, assolutamente... l’ha portato mio zio qui in Sicilia... no a Palermo... in Sicilia l’ha portato lui... e poi non è così... perché ognuno partecipava ... e poi hanno vinto l’appalto R:... l’appalto forse? 46 S:... si! Ognuno ha vinto il suo... quindi che lui ha fatto... ha dato... e... che tutti ce li aveva mio zio nelle mani... si...! questo si! Ne sono sicuro al mille per mille R: uh! Uh1 ho capito! S: ... dico... tutte le sale li aveva tutte lui...infatti li voleva aprire tutte lui solo che le possibilità non lo...inc... R: si, ma lui non viene da queste cose, lui viene dalla gestione degli alberghi OMISSIS S: e no gioia mia... io domani... perché... stasera sono a lavoro... ieri hanno fatto due volte super bingo cazzo! Infatti, ieri sera, quando sono arrivato io.. R: uh uh! S:... ho trovato il super bingo... bassissimo... tremila euro ed hanno fatto nuovamente il super bingo... l’hanno fatto ieri pomeriggio... inc.. stanotte OMISSIS Conversazione nr.1701 del 13/10/2005 h.17.01 tra Salvatore Greco e persona n.m.i. S: Salvatore GRECO R: ragazza (non identificata) Omissis R:... sto tornando a casa... già ho superato il bar Alba... comunque mi sembra una cosa insolita, scusa tu mi chiami... tu... ti abbia dato il mio numero... per quanto mi riguarda potrebbe essere pure uno scherzo; S: no, non è uno scherzo. Comunque tu poco fa sei venuta al Bingo... io sono il proprietario del Bingo ... si, mi hanno dato il numero di telefono per chiamarti. Io sono Salvo, hai capito? R: ah! ho capito. Omissis ********* L’interesse del Greco Salvatore per le sale da gioco sembra avere origini antecedenti all’inizio dell’attività della “Las Vegas Bingo”. Invero è emerso che il 29 maggio 2002, con atto stipulato presso il Notaio Francesco Pizzuto, veniva costituita la “IMMOBILIARE MEDITERRANEE s.r.l.”, sedente in Palermo, via Principe di Paternò nr. 86, iscritta in data 22.8.2002 nel registro delle imprese della Camera di Commercio di Palermo al nr. 59011. La predetta società (che risulta inattiva) ha per oggetto sociale, tra l’altro, l’istituzione e la gestione di case da gioco, casinò, sale scommesse, lotterie, tombole, giochi radio - tv, competizioni sportive. Il capitale sociale pari a euro 12.000,00 è così suddiviso: • una quota pari a euro 6.120,00 di proprietà di D’Arpa Giovanna, nata a Palermo il 24.10.1948 - amministratore unico - (madre di Greco Salvatore e Vincenzo); • la seconda pari a euro 5.880,00 di proprietà del gia citato indiziato mafioso Spatola Giovanni, nato a Palermo il 31.7.1951. 47 Pertanto, è ipotizzabile che la famiglia Greco, unitamente a quelle dei Gambino–Spatola–Inzerillo, dopo avere costituito la società “IMMOBILIARE MEDITERRANEE s.r.l.”, abbia rinunciato a dare inizio all’attività poiché nel frattempo veniva tratto in arresto Greco Vincenzo. Il disegno imprenditoriale verrà, poi, realizzato tramite la famiglia Casarubea, nella attività denominata “LAS VEGAS BINGO”; sembra infatti che i citati Greco-Gambino-Spatola-Inzerillo abbiano avuto a disposizione ingenti capitali di non nota provenienza, capitali poi investiti nella realizzazione della casa da gioco. Che i rapporti Casarubea–Greco siano rapporti d’affari e di scambio di denaro, emerge, del resto, dall’episodio di un prestito di denaro concesso, tramite l’intercessione di Greco Salvatore, da Casarubea Francesco al summenzionato Inzerillo Giovanni. Si fa rimando, relativamente a quest’ultima vicenda, agli stralci più significativi delle conversazioni intercettate, in particolare alle conversazioni nr. 16530, 16534, 16587, 16918 e 17225, già riportate alla precedente proposta di m.p. alle pagine 53 e seguenti. Dalle stesse intercettazioni si evince altresì come Greco Vincenzo è, al pari del fratello Salvatore, molto vicino a Casarubea Francesco ed al padre Domenico, essendo emerso, tra l’altro, da varie conversazioni telefoniche che i medesimi hanno più volte trascorso insieme momenti conviviali. Casarubea Francesco ha, fra l’altro, partecipato al matrimonio di Greco Vincenzo ed il padre di Casarubea Francesco, Domenico, si è adoperato con il direttore del Grande Hotel Villa Igiea di Palermo affinché per il banchetto di nozze la fornitura dei prodotti ittici fosse effettuata, in via esclusiva, dalla famiglia Greco. Nel corso di una successiva conversazione, Casarubea Domenico riferiva a Greco Salvatore “di essere sempre disponibile per gli amici”. Inoltre, più volte Salvatore e Vincenzo Greco sono stati ospiti di Casarubea Domenico sulla lussuosa imbarcazione ormeggiata presso “Marina di Villa Igea” di Palermo, come risulta da una serie di conversazioni intercettate (cfr. proposta del 1.10.2007), in cui gli intercettati si apostrofano “gioia mia”, “Enzuccio”, “Mimmino”, e così via. 48 Significativo è anche il comportamento di Greco Salvatore e Casarubea Francesco, in relazione al sequestro penale dell’immobile in cui ha sede il Bingo, avvenuto il 12 febbraio 2007, sequestro cui ha fatto seguito anche l’avviso di garanzia a Casarubea ed il suo interrogatorio. Il 16 febbraio 2007, alle ore 14.13, veniva registrata in entrata, sull’utenza 393.9801577 di Greco Salvatore, una conversazione Greco-Casarubea, dal contenuto della quale si comprende che Greco cerca di “rianimare” Casarubea che, con chiaro riferimento al provvedimento di sequestro, riporta di sentirsi male, e di non mangiare, né dormire più. Conversazione nr. 212 del 16 febbraio 2007 ore 14.13 tra Salvatore Greco e Francesco Casarubea LEGENDA: S= Salvatore GRECO; F= Francesco CASARUBEA. S= Pronto! F= Eh, Salvo. S= Oh, Francuccio. F= Eh. S= Ma dove sei? F= Ah...a lavoro S= A lavoro! F= Certo. S= A questo lavoro. F= Ma tu non apri...non apri qua. S= Come no.. F= Eh, dico non apri...che ore sono io neanche...le due e un quarto. S= Le due e un quarto...due e un quarto...ma che fai...inc... F= Io sino alle...un'oretta all'incirca. S= Eh...e mi vieni a trovare qua. F= No, giò (gioia n.d.r.) non può essere. S= Ma che fai non mi vuoi vedere più? F= Ma certo Salvuccio...e giò ma tu non...inc.... per adesso... S= Ah, sembra che tu non mi vuoi vedere più non lo so io. F= Ma che dici...se arrivo minchia...ma sei veramente...e tre giorni che sai che sono qua...ma perchè non vieni? S= E, perchè non lo sai che io sono impegnato qui a lavoro come...come...sono in croce come il Signore no. F= Lo so, lo so. S= Che sono in croce...e ti faccio mangiare i bucatini quelli che ti piacciono a te. F= Eh, lo so giò, ma non posso venire. S= Minchia...minchia...oh riprenditi...riprenditi... devi mangiare... F= Oh, alle tre ho l'appuntamento con gli avvocati. S= Uh. F= Eh, capito. 49 S= Scusa dove hai questo appuntamento...non c'è l'hai in città... a centro tu questo appuntamento? F= No, vicino...a lo studio vicino da Mimmo. S= Eh, vicino da Mimmo quindi non sei qua vicino...eh eh qua vicino sei... no? F= Va bene, tu sai...vedo se io posso venire là....inc... S= No, comunque...devi cercare di venire che ho un appuntamento io con... come minchia si chiama questo...ehh l'edilizia privata e cosa fai e dire...sono cose che io non capisco pure ehhh...e sarebbe bene che tu che ne capisci più di me per quanto riguarda.....eh.. il terreno quello che ho io. F= Va bene. S= Tu ne capisci più di me. F= Va bene va, va bene........ se ce la faccio dai. S= Cosi io qua, me li trattengo un pochino...perchè ho appuntamento qua io ora...così ci parli...ci parli tu che ne capisci più di me. F= Eh, bene. S= Va bene, per mangiare io aspetto sempre a te comunque...e ci facciamo... F= Lo so giò...ma io che mangio che non dormo e che... S= E io lo so infatti per questo ti sto dicendo... F= ...inc...mangiare... S= Io nemmeno mangio così ci mangiamo un piatto di pasta insieme... F= Va bene Salvo, fammi sbrigare. S= Dai sbrigati a te aspetto. F= Ciao. S= Ciao. 50 IL DECRETO DI SEQUESTRO DEL TRIBUNALE DI PALERMO In data 18.10.2007 codesto Tribunale accoglieva la proposta di sottoposizione a misure di prevenzione personale e patrimoniali avanzata ai sensi degli artt. 2ter e 3quater della L. n. 575/1965 e ss. modifiche ed integrazioni, con l’emissione di decreto con il quale si disponeva il sequestro in via preventiva, ai sensi dell’art. 2ter della legge n. 575/1965, del 20% del capitale sociale della società “Las Vegas Bingo Srl” e la sospensione dalla amministrazione per la durata di mesi sei della società “Las Vegas Bingo Srl”, nonché la sospensione dalla amministrazione per la durata di mesi sei della società “Las Vegas Bar di Greco Giovanna Maria & C. S.a.s.”. Codesto Tribunale ha ritenuto sussistenti le condizioni per disporre tali misure, ed in particolare la misura della sospensione della amministrazione della “Las Vegas Bingo Srl”, dato che “l’attività svolta dalla famiglia di Casarubea Domenico nella società può ritenersi – anche per l’accettazione della fittizia intestazione del 20% agevolatrice degli interessi della criminalità organizzata”. In specie anche codesto Ufficio ha avuto modo di evidenziare, dagli atti posti a fondamento della proposta, come i Casarubea, per il tramite del capofamiglia Domenico e del figlio di questi Francesco “intrattengono con la criminalità organizzata rapporti di contiguità funzionale, con ciò volendosi intendere quei rapporti di reciproca strumentalizzazione tra imprenditore non associato ed associazione mafiosa, che spesso hanno dato alla base illeciti rapporti di riciclaggio. Gli stessi in particolare riferiscono ai loro soci mafiosi – di cui detengono fittiziamente le quote – tutto quanto attiene la gestione sociale, e ciò partendo dalla fase della mera acquisizione del capitale sociale della Bingo srl, la società strumentalizzata ai fini della Legge 575/65”. Ha, in conclusione, ritenuta provata la strumentalizzazione dell’intera attività Las Vegas Bingo Srl ai “desiderata” di Cosa Nostra e ha di conseguenza ritenuto che il libero esercizio dell’attività economica in questione possa agevolare l’attività economica dei “proposti”. Anche per il Las Vegas Bar codesto Tribunale, accogliendo le motivazioni proposte da quest’Ufficio, ha valutato positivamente i plurimi elementi di 51 strumentalità funzionale dell’attività, intrapresa a fini criminali, emersi dalle stesse indagini. Queste infatti le considerazioni ivi contenute: “Dagli atti emerge invero con chiarezza che l’attività dei Greco viene acquisita e mantenuta grazie ad associati mafiosi anche di grande rilevanza …… Greco Salvatore inoltre continua a riferirsi a questi associati (Mannino Sandro, Lo Piccolo Salvatore, n.d.r.) – od a persone a loro vicine – anche nell’attività di quotidiana amministrazione della società. Ciò per non dire i rapporti, stretti, esistenti tra la mafia U.S.A. (ed in specie, la parte di questa che ricicla denaro di illecita provenienza) e Greco Salvatore. Anche in questo caso, dunque, sono emersi elementi per l’applicazione dell’istituto della sospensione dall’amministrazione, di cui all’art. 3 quater della detta Legge.” 52 L’ESITO DELL’ULTERIORE ATTIVITÀ ISTRUTTORIA L’esame della situazione finanziaria della società e la disamina dei tabulati bancari relativi ai conti correnti dei soci La consulenza tecnica del P.M. (le relazioni di c.t. dei dott. Giuffrida e Pampana) Di fronte alla complessità della situazione finanziaria della società LAS VEGAS BINGO, questo Ufficio riteneva pertanto necessario procedere al conferimento di una consulenza tecnica del P.M. nell’ambito del proc. pen. n.7001/07 RGNR avente per oggetto eventuali ipotesi di condotta illecita posta in essere per il tramite della predetta società. In data 1/2/2008 i due consulenti tecnici nominati, dott. Francesco Paolo Giuffrida e dott. Antonello Pampana, depositavano le rispettive relazioni di consulenza, che, oltre a ricostruire puntualmente la “genesi” e l’avvio dell’attività della “Las Vegas Bingo” evidenziavano varie anomalie sia nell’utilizzo della concessione per la gestione delle sale da gioco rilasciata dall’Azienda Autonoma Monopoli dello Stato, sia nelle movimentazioni dei conti bancari della società e delle disponibilità economiche personali dei soci, nonché del “conto cassa” della stessa Las Vegas Bingo Srl. Si riportano di seguito le risultanze delle predette consulenze. ******* La società Las Vegas Bingo srl veniva costituita a Palermo il 21/11/2003, con atto del notaio Gabriella Lupo. Il capitale sociale della società era pari a € 25.000, ripartito tra i seguenti soci costituenti: • Casarubea Cristina, nominata anche Amministratore unico della società, detentrice 53 dei 17% delle quote, pari a € 4.250; • Casarubea Francesco, detentore del 50% delle quote, pari a € 12.500, successivamente nominato, con atto del 15/2/2005, procuratore della società, per atti di ordinaria e straordinaria amministrazione; • Casarubea Olga, detentrice del 16,5 % delle quote pari a € 4.125; • Casarubea Manuela, detentrice del 16,5 % delle quote, pari a € 4. 125. Come rilevato dallo statuto sociale, scopo della società era la gestione, in concessione, del gioco del Bingo, in sale appositamente attrezzate; attività per la quale, è necessaria apposita concessione statale, rilasciata dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), a seguito di aggiudicazione tramite bando di gara, mediante pubblico incanto. Invero, il relativo iter di aggiudicazione, tramite bando di gara, si era concluso pochi mesi antecedenti la costituzione della società Las Vegas Bingo srl. Ciò nonostante, per il raggiungimento del predetto scopo sociale, la società poneva in essere specifiche attività amministrative. Infatti, la disamina dei documenti amministrativi, acquisiti nel corso degli accertamenti richiesti, ha posto in evidenza, da parte degli amministratori e soci, sin dalla costituzione, l’intendimento di aprire una sala Bingo, pur non avendo potuto partecipare, la medesima società, al bando pubblico per l’aggiudicazione della prevista concessione ministeriale. Dalla lettura degli iniziali atti societari si rileva, infatti, che la società Las Vegas Bingo, non appena costituita (novembre 2003), acquisiva in locazione un immobile dove predisporre una Sala Bingo. L’immobile peraltro veniva sublocato, dopo pochi giorni, alla Almeida Spa, società che si era già aggiudicata la concessione per sala Bingo da parte della Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, e quindi aveva la necessità, per non perdere l’assegnazione, di predisporre locali ed attrezzature, così come progettualmente previsto. Tuttavia, la società Las Vegas Bingo, anche dopo detta sublocazione, si sostituiva operativamente all’Almeida sia per la predisposizione dei locali che per l’approntamento delle attrezzature. Successivamente, una volta che l’Almeida otteneva, da parte della 54 Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, il collaudo della sala, la Las Vegas Bingo acquisiva i relativi beni dalla Almeida (cessione di ramo di azienda), sovrapponendosi, quindi, anche formalmente alla stessa. In particolare: - la società Las Vegas Bingo, dopo pochi giorni dalla costituzione, e precisamente il 15/12/2003 acquisiva in locazione un immobile, sito in Viale Regione Siciliana 411/431, dalla Edilizia Pecora di Maurizio Pecora & C Snc; - il successivo 30 gennaio 2004 la società cedeva l’immobile in sublocazione alla Almeida Spa; società che già aggiudicataria di una concessione Bingo, da parte deIl’ Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, sottoscriveva il predetto contratto al fine di adibire l’immobile a sala per il predetto gioco; - peraltro, come si legge nelle premesse del predetto contratto di sublocazione, anche la Las Vegas Bingo aveva precedentemente acquisito in locazione l’immobile al fine “di realizzare una sala idonea al gioco del Bingo” ed aveva già iniziato i necessari lavori. Ciò, pur non risultando la Las Vegas Bingo né aggiudicatrice di concessione, né tanto meno presentatrice di istanza al relativo bando; - sempre nello stesso contratto di sublocazione, stipulato con Almeida, si stabiliva che la Las Vegas Bingo, benché spossessatasi dell’immobile assunto in locazione, avrebbe continuato i lavori di approntamento della sala gioco, secondo il progetto già predisposto dalla Almeida in sede di gara, provvedendo altresì all’acquisto di tutte le attrezzature utili ad ottenere il collaudo; - tenuto conto che la Las Vegas Bingo avrebbe curato la realizzazione degli impianti, delle opere murarie, nonché l’acquisto delle attrezzature e di quant’altro necessario per il collaudo, tra le parti veniva pattuito che - in considerazione dell’entità del canone di locazione, in precedenza statuito con la proprietà dell’immobile (Edilizia Pecora di Maurizio Pecora & C. Snc), in € 108.456 oltre IVA — la sublocazione sarebbe stata pari ad € 240.000, da corrispondersi in sei rate annue; - il canone veniva imputato, quanto ad € 120.000, a titolo di canone di locazione e, quanto ad € 120.000, a titolo di canone per l’utilizzo delle attrezzature di cui all’allegato al contratto stesso; - la società Las Vegas Bingo si obbligava quindi contrattualmente a rendere la sala 55 idonea al superamento del collaudo da parte dei tecnici dei Monopoli di Stato, tant’è che l’efficacia del contratto di locazione rimaneva subordinata all’ottenimento del collaudo, restando sospeso, sino al predetto ottenimento, anche la corresponsione del canone di locazione. Il 29 marzo 2004 la Commissione di collaudo, composta da esponenti locali dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato (Carlo Soffietti, Gianluca Sartorio, Carmelo Stagno e Giovanni Polizzi), provvedeva, così come previsto dalla norma, ad eseguire il collaudo della sala Bingo denominata Las Vegas, all’epoca ancora formalmente in capo alla Almeida Spa. Il collaudo si concludeva con esito positivo anche se la commissione demandava alla propria Direzione Generale la prova del sistema di trasmissione dati di gioco tra la sala e il Centro di Controllo e la validazione del software aziendale, non avendo al proprio interno le professionalità informatiche necessarie all’espletamento di tale attività. Pur tuttavia, secondo quanto risulta dal verbale di collaudo della sala Bingo, il valore degli investimenti inizialmente dichiarati nell’offerta di gara era pari a L.4.657.584.000, mentre quello rilevato dalla Commissione in sede di collaudo era pari solamente ad € 1.350.930. Le fatture di importo più rilevante risultavano essere quelle già emesse da: - Snai (Ca € 993.817); - AIMA (€ 120.000); - Edilsama (Ca € 45.024). La maggior parte delle fatture non riportano la modalità di pagamento; peraltro i fornitori, elencati in apposita tabella, da un controllo a campione con la contabilità aziendale della Las Vegas Srl, risulterebbero essere stati pagati con assegni bancari, prevalentemente in data successiva a quella dell’avvio dell’attività. Unica eccezione la Snai, pagata invece mediante rilascio di effetti cambiari, a scadenza nel corso degli anni successivi. Al netto della Snai le rimanenti fatture presentate in sede di collaudo erano pari ad € 357.113. 56 Con riferimento alla differenza tra investimento complessivamente previsto ed investimento realizzato, nel verbale veniva precisato ed evidenziato che risultavano ancora lavori da espletare, per i quali la società dichiarava di essere in fase di “preventivi commissionati”, quindi non ancora realizzati, per € 1.055.450. L’importo complessivo solamente al termine dell’investimento sarebbe dovuto essere stato quindi pari ad € 2.406.381, coerentemente a quanto ritenuto congruo in sede istruttoria. Peraltro, sempre dal medesimo verbale si rileva come i lavori ancora “in allestimento” erano sostanzialmente marginali tanto da consentire il collaudo della sala e riguardavano lavori inerenti la sala giochi per bambini, l’infermeria e la sala intrattenimento adulti. Gli investimenti, riepilogati nel verbale di collaudo come “preventivi commissionati”, quindi non ancora realizzati, per € 1.055.450,61 si riferiscono a lavori da espletare da tre società: AIMA, Ediltrade ed Edilsama. Ma, come si spiegherà in seguito, le indagini di P.G. (cfr. le sommarie informazioni rese alla P.G. da Coico Enrico) hanno escluso che, successivamente all’apertura della sala Bingo, siano stati realizzati lavori significativi. Il che significa che il collaudo della sala Bingo è stato effettuato in presenza di un investimento inferiore a quello inizialmente previsto ed a fronte di lavori preventivati e/o commissionati non realizzati appieno. ******* La concessione per la gestione sala Bingo veniva rilasciata alla Almeida Spa il 1° aprile 2004 (concessione n. 325/04); il successivo 5 aprile, la Almeida Spa cedeva alla Las Vegas Bingo srl, con atto notarile, al prezzo convenuto di appena €25.486 il ramo di azienda relativo alla gestione della sala del gioco del Bingo e tutti i beni e le attrezzature di proprietà della società cedente. Il prezzo di cessione risultava formalmente contenuto, atteso che tutte le attrezzature necessarie per l’espletamento del gioco del Bingo erano già di proprietà della Las Vegas Bingo. 57 La società Las Vegas Bingo rinunziava, in favore della Almeida, ai canoni di locazione maturati e non riscossi dalla società Almeida mentre, quest’ultima, si impegnava a far volturare la fideiussione già prestata in favore dei Monopoli. La società Almeida prestava infine il proprio consenso al trasferimento, da parte della Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, della titolarità della concessione n. 325/04. Il 13 aprile 2004 la Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, dopo appena 12 giorni dal rilascio della concessione alla Almeida, previa verifica dei previsti requisiti di legge, concedeva alla Las Vegas Bingo, con apposita convenzione, l’affidamento in concessione della gestione del gioco del Bingo, subentrando la società in parola nella titolarità della convenzione già rilasciata alla Almeida Spa. Al fine di subentrare nell’attività di sala giochi, la società Las Vegas produceva alla Amministrazione dei Monopoli di Stato, ai sensi dell’art 3 del DM 31 gennaio 2000 n.29, la documentazione attestante il possesso dei requisiti stabiliti per il rilascio della stessa. Infatti, ai sensi dell’art 2 del medesimo D.M., è previsto che il Ministero delle Finanze attribuisca le concessioni per la gestione del gioco del Bingo a persone fisiche o società “con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria”. A tal fine la Las Vegas Bingo produceva apposita lettera di “referenze bancarie”, rilasciata dalla Antonveneta, Agenzia 566 Palermo 2, in data 8 aprile 2004; lettera che così testualmente recitava con riferimento alla società ma non ai soci della stessa: “A richiesta, in relazione ai rapporti intercorsi con questa Banca, confermiamo, pur senza nostra responsabilità, che la cliente LAS VEGAS BINGO srl con sede a Palermo Viale Regione Siciliana n. 411.431, si è finora dimostrata di ottimi requisiti morali ed è provvista di adeguate capacità finanziarie.” Ma i C.T. hanno accertato che detta lettera di referenze non rispecchiava in alcun modo le informazioni in possesso della banca stessa (anomala condotta che costituirà oggetto di separato approfondimento da parte di questo Ufficio). 58 Infatti, alla data di rilascio dell’attestazione, la Las Vegas Bingo aveva in essere solo il rapporto di conto corrente 11358 C, aperto otto giorni prima (31 marzo 2004) con un versamento di appena € 10.000 di contante; detto rapporto di conto, al momento del rilascio della lettera di referenze bancarie, registrava un saldo di €9.973. L’effettivo spessore finanziario della società si è potuto invece rilevare da quanto rappresentato nella C.T. del dott. Giuffrida: Domenico Casarubea, padre dei soci della Las Vegas Bingo, secondo una segnalazione di operazione sospetta, inoltrata all’Ufficio Italiano Cambi dal San Paolo IMI, nel 2003 aveva richiesto, per Las Vegas Bingo, un finanziamento di € 500 mila che, tuttavia, non veniva neanche portato a delibera, per mancanza di garanzie. L’attività della sala Bingo, specificava il medesimo istituto di credito, era stata ugualmente avviata, anche se non era stato possibile appurare se con il ricorso a fondi propri o tramite linee di credito concesse da altri intermediari bancari o privati. Domenico Casarubea, tra l’altro, non doveva rivestire particolare merito creditizio, atteso che risultava segnalato a sofferenza da parte di altra azienda di credito, per posizione collegata. La Banca Antonveneta, una volta avviatasi l’attività della sala giochi, rifiutava una richiesta di fido avanzata dalla società, pur avendo la stessa fatto transitare, nel periodo aprile 2004 - dicembre 2005, ingenti disponibilità finanziarie sul conto corrente. Come giustamente osserva il C.T., se La Las Vegas Bingo ed i suoi soci “avessero avuto significative capacità finanziare presso il sistema creditizio, si sarebbero fatti rilasciare attestazioni bancarie dalle aziende di credito presso cui detenevano le giacenze e non da una banca presso cui avevano da pochi giorni incardinato rapporti bancari”. ******* Relativamente agli investimenti effettuati dalla Las Vegas Bingo per l’allestimento della sala Bingo, dall’esame della contabilità della società Las Vegas 59 Bingo, relativa aI 2003 ed al 2004, nonché della movimentazione bancaria della società stessa, si è rilevato che gli investimenti iniziali per la predisposizione della sala Bingo sono stati sostenuti finanziariamente dall’apporto finanziario dei soci. Gli stessi infatti, dalla lettura della contabilità risultano aver versato nelle casse della società € 319.600, e solo parte di detto importo veniva versato nei rapporti di conto corrente intrattenuti presso le banche. E’ quindi dai finanziamenti da parte dei soci che la società, nel periodo pregresso all’inizio dell’operatività, ha tratto le disponibilità per effettuare gli investimenti propedeutici all’apertura della sala Bingo. In particolare, i finanziamenti dei soci alla Las Vegas Bingo, pari complessivamente ad € 319.600, sono transitati solo limitatamente ad € 171.000 nei conti correnti bancari del San Paolo. Come dichiarato dall’Agenzia del San Paolo risulta che operazioni per €125.000 sono state effettuate quasi esclusivamente da Casarubea Domenico ma, pur registrate nel conto corrente come versamento di denaro contante, in effetti provenivano dal conto corrente intestato a Casarubea Francesco. Di contro, operazioni pari ad €46.000, anch’esse registrate come versamento di denaro contante (due operazioni di € 23.000 nella stessa giornata), sono risultate derivanti da due prestiti di € 25.000 cadauno, erogati dal San Paolo, rispettivamente, a Casarubea Cristina e Sciortino Clara, moglie di Casarubea Francesco. L’assunzione di due prestiti di certo ha evidenziato la ridotta capacità finanziaria dei soci Casarubea Cristina e Francesco rispetto all’investimento in esame e quindi la loro necessità di accedere al credito bancario per completare l’investimento connesso con la sala Bingo. Peraltro, con riferimento al socio Casarubea Francesco, si è rintracciato il rapporto di conto corrente dallo stesso intrattenuto presso l’agenzia 3 di Palermo della Banca San Paolo IMI, oggi Intesa San Paolo, rapporto che evidenzia invece, nel medesimo periodo temporale del finanziamento ricevuto da Banca San Paolo IMI, adeguate disponibilità liquide che non avrebbero giustificato l’assunzione del prestito, quanto meno da parte di Casarubea Francesco. Infatti, sul predetto conto corrente si sono riscontrati introiti per complessivi 60 €400.000, rivenienti dalla società Kursaal Srl, oltre a versamento di denaro contante per € 61.200. Pertanto in presenza di dette disponibilità, non si comprende il motivo di accedere al credito bancario, anche se per un importo non elevato. Casarubea Francesco utilizzava irritualmente le disponibilità provenienti dal Kursaal il 01/12/2003 per € 100.000 con contestuale emissione di assegni circolari in favore della Società AIMA, fornitore della società Las Vegas, trattasi di operazione contabilmente inusuale, atteso che, di norma, il socio versa la somma nelle casse sociali che, successivamente, la Società eroga al fornitore. Anche gli ulteriori prelievi del 17 e 19 dicembre 2003 e del 15 marzo 2004, effettuati sempre sul conto corrente di Casarubea Francesco, per complessivi €105.000, sono confluiti, come dichiarato da Banca San Paolo, nelle casse della società Las Vegas Bingo srl. Dalla disamina contabile risulta, quindi, particolarmente elevata la disponibilità liquida della società, riveniente dagli incassi giornalieri, non riversata, come di norma, presso le banche, bensì trattenuta nelle casse sociali. Al 31.12.2006 la giacenza liquida, contabile, in cassa era pari a € 1.800.054. Invece, le rimanenti operazioni di finanziamento soci per € 148.600, riassunte nella tabella allegata alla C.T. Giuffrida a pag. 10, sono transitate direttamente nelle casse della società senza essere versate nei relativi conti correnti bancari. Infatti, le disponibilità anziché essere versate, come di norma, nei conti correnti bancari della società, sono state canalizzate, per il pagamento dei fornitori, direttamente dai soci della società Las Vegas Bingo. Fra dette operazioni l’unica ricostruita è il primo finanziamento soci effettuato il 1° dicembre 2003 per € 100.000 utilizzato quale acconto fornitore AIMA. Come dichiarato dal San Paolo le disponibilità provenivano dal conto corrente di Casarubea Francesco; operazione effettuata sempre da Casarubea Domenico. Non è stato possibile per i consulenti tecnici, invece, ricostruire le rimanenti operazioni per € 48.600. Pertanto, il CT dott. Giuffrida, sul punto della ricostruibilità delle risorse finanziarie, ha concluso nel senso che, per l’investimento iniziale della sala Bingo 61 la società Las Vegas Bingo ha utilizzato risorse finanziarie per complessivi €319.600, di cui: - € 48.600 con operazioni non transitate in conto corrente e, sulla base delle informazioni disponibili, non ricostruibili; - € 225.000 con disponibilità rivenienti dal conto corrente di Casarubea Francesco; conto peraltro a sua volta alimentato per € 61.200 con versamento di denaro contante; - € 46.000 con disponibilità derivanti da due finanziamenti erogati dal San Paolo a Casarubea Cristina e Sciortino Clara, moglie di Casarubea Francesco. Il CT Giuffrida, pertanto, concludeva: “Considerato quindi che il finanziamento soci, contabilmente ricostruito, è pari ad €319.600,00 si può quindi ragionevolmente ritenere che: - il 34% (€ 109.800) è formato da disponibilità non ricostruite (€ 48.600 con operazioni non transitate in c\c) o non ricostruibili (€ 61.200 contante versato su c\c di Casarubea Francesco); - il 14% (€ 46.000) da prestiti assunti da Casarubea Cristina e Sciortino Clara, moglie di Casarubea Francesco. - il 51% (€ 163.800) da disponibilità di Casarubea Francesco per introiti di provenienza del Kursaal Bingo “. Peraltro, ulteriore anomalia, tali somme, avviata l’attività di gioco, risultavano prontamente restituite ai soci, prevalentemente in contante, già dal primo giorno di attività (16/4/2004), per un totale finanziamento soci restituito di € 302.101,00. Circostanza insolita, atteso che la società doveva ancora avviarsi nella piena operatività e numerosi erano ancora i crediti verso fornitori. ******* Importante si sono rivelati altresì gli accertamenti sui rapporti di conto corrente, intrattenuti da Casarubea Francesco presso l’agenzia 3 di Palermo della Banca San Paolo oggi Intesa San Paolo, con delega ad operare del padre Domenico. 62 I principati introiti registrati sul predetto conto corrente sono relativi ad introiti per complessivi € 400.000, rivenienti dalla società Kursaal Srl. In data 15 ottobre 2003 Casarubea Francesco apriva altro rapporto di conto corrente (n. 1572) e disponeva il giro dei fondi dal precedente conto corrente n. 1511, per € 370.000. Detto conto corrente si alimentava, oltre che con la predetta somma, anche con operazioni di versamento di denaro contante, per complessive € 61.200. Trattandosi di denaro contante il San Paolo non è stato in grado di ricostruire la provenienza della relativa provvista. Con riferimento ai prelievi effettuati dal predetto conto corrente, si osserva invece che: - un prelievo del 27/10/03 di € 146.000 è correlato alla contestuale emissione di assegni circolari in favore del Banco di Sicilia, per estinguere, probabilmente, precedenti esposizioni; - un prelievo dell’1/12/03 di € 100.000 è correlato alla contestuale emissione di assegni circolari in favore della società AIMA, fornitore della società Las Vegas: un’operazione contabilmente irrituale perché di norma il socio versa l’importo nelle casse sociali e, successivamente la società eroga la somma al fornitore; - altri prelievi del 17 e 19 dicembre 2003 e del 15 marzo 2004 per complessivi €105.000 sono confluiti, come anche dichiarato dal San Paolo, nelle casse della società Las Vegas Bingo Srl; - per i rimanenti prelievi pari a € 22.200 non è stato possibile effettuare alcuna ricostruzione contabile della destinazione delle somme. ******* La relazione di c.t. del dott. Pampana, oltre a segnalare le potenzialità di utilizzo delle sale da gioco “Bingo”, da parte dei gestori delle sale, per attività di riciclaggio di denaro di provenienza illecita, illustra con maggiore dettaglio le capacità economiche dei soci e dei soggetti “collegati” all’avviamento del “Las Vegas Bingo”, nel periodo in cui risultano effettuati i relativi investimenti, e cioè il primo trimestre 2004. 63 Il consulente, col conforto dei dati già rilevati della Direzione Investigativa Antimafia - Centro Operativo di Palermo (cfr. informativa del 10 ottobre 2006), evidenziano una capacità reddituale dei soggetti limitata. Casarubea Domenico ha dichiarato redditi da fabbricati nel 2002 per 1.690 Euro, lo stesso possiede partecipazioni nelle “Officine Caravello” srl e nella “Interni 2C srl”, di cui è anche il liquidatore. In data 17.11.2004 risulta registrata presso l’Ufficio del Registro di Bagheria la cessione in locazione di un fabbricato alla “Coop. 25 aprile” per un importo di 156 mila euro. Casarubea Cristina ha dichiarato nel 2003 redditi da partecipazione per 39.229 euro. Casarubea Francesco, secondo le evidenze dell’Anagrafe Tributaria, per gli anni di imposta successivi al 2000 non ha presentato dichiarazioni ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. A suo nome risultano partecipazioni nella “Officine Caravello srl” e nella “Interni 2 C srl”. Risulta dante causa per contratto preliminare di compravendita a “Coop 25 aprile”, unitamente a Casarubea Olga e Casarubea Manuela, per un importo dichiarato di 1,1 mln. di euro (registrato presso l’Ufficio del Registro di Bagheria il 1 7.11.2004); cessione successivamente perfezionata nel 2005. Inoltre, in data 1/10/2003 il Casarubea Francesco aveva ceduto il 50% della proprietà della “Kursaal srl”, società che gestisce altra sala Bingo in Palermo, al sig. Monti Riccardo al prezzo stabilito di 12.500 euro. Con riferimento a quest’ultima operazione, è stata acquisita dalla DIA, presso il commercialista della Las Vegas, una scrittura privata tra i sigg. Monti e Francesco Casarubea, secondo la quale “malgrado l’atto pubblico di trasferimento delle quote, oggi sottoscritto tra le parti, preveda un corrispettivo per la vendita di 12.500 euro, la stessa è disciplinata dalle seguenti condizioni”. Secondo la scrittura privata, il corrispettivo della cessione è concordato in 1,446 mln di euro. Tale corrispettivo viene stabilito che verrà corrisposto, quanto a 250 mila euro, a mezzo assegni circolari alla sottoscrizione della scrittura privata, quanto a 226 mila euro mediante dieci assegni circolari con scadenza settimanale a partire dall’8 ottobre 2003, quanto a 200 mila euro, a mezzo di due assegni da 100 mila euro ciascuno con scadenze 20 giugno e 30 dicembre 2004. Inoltre, i sigg. Monti si accollano i debiti e le 64 obbligazioni societarie per un importo di 770 mila euro. Inoltre, la DIA ha acquisito la fotocopia di quattro assegni emessi dalla Kursaal srl a favore del sig. Francesco Casarubea per complessivi 400 mila euro, secondo quanto riportato in calce, in “acconto” e a “saldo” delle anticipazioni effettuate. Con riferimento ai versamenti programmati, non si è avuto modo di trovare riscontro degli stessi, né dal c/c intestato al cedente (Casarubea Francesco) né da quello dell’acquirente (Kursaal) presso il Monte dei Paschi. Con riferimento agli assegni del Monte dei Paschi, emessi a fronte della restituzione da parte della Kursaal dei crediti che il sig. Casarubea vantava nei confronti della società relativi ad anticipazioni effettuate, si è accertata l’emissione a valere sul c/c intestato alla società presso il MPS e l’accredito del controvalore sul c/c 1511 presso il San Paolo, intestato al Francesco Casarubea, determinando in tal modo l’ammontare di 370 mila euro che, con valuta 15 ottobre 2003, veniva girato sul c/c 1572 intestato allo stesso nominativo presso la stessa banca Con riferimento infine all’accollo da parte dei sigg. Monti della somma di 770 mila euro, relativa alle esposizioni debitorie dei sigg. Casarubea nei confronti del Banco di Sicilia e per esso della S.I.B. Spa, si è avuto modo di accertare che la posizione in questione si riferiva ad un mutuo fondiario erogato dal Banco di Sicilia assistito da garanzia ipotecaria su immobile sito in Palermo, via A. di Giovanni, 35. Il credito è stato successivamente ceduto alla Island Finance (ICR 4). La mandataria di quest’ultima, S.I.B. Spa (ora Pirelli R.E. Credit Servicing Spa) il 6 ottobre 2003 aveva accolto una proposta transattiva presentata dai sigg. Casarubea a mezzo dell’avv. Vecchioni, determinando un importo di 770 mila euro da versare, • quanto a 122 mila euro entro e non oltre il 15.10.2003 • quanto a 648 mila euro mediante il pagamento di 27 rate mensili da 24 mila euro ciascuna, dal 20.10.2003 e fino al 20.12.2005. Le rate risultano essere state tutte onorate mediante versamento, secondo gli usi, di assegni circolari direttamente alla Pirelli RE Credit Servicing che poi ha provveduto a riversarli sull’apposito conto dedicato presso il Banco di Sicilia. Nel giugno 2005 veniva anticipatamente saldato il residuo per 172 mila euro e la posizione veniva chiusa. 65 Dall’esame della documentazione bancaria, si è confermata l’insufficienza delle disponibilità finanziarie dei soci. Le movimentazioni di maggior rilievo registrate sui conti correnti intestati alla Las Vegas Bingo srl presso la Banca Intesa e la Banca Antonveneta fanno trasparire come la maggior quota delle disponibilità utilizzate per l’avviamento della Las Vegas Bingo deriva dalla restituzione delle somme conferite dal Casarubea Francesco alla Kursaal srl; anche se, dalla movimentazione del conto corrente intestato alla Kursaal non si rinviene traccia di tali conferimenti che probabilmente sono stati effettuati di volta in volta per contanti. Nel corso del 2003, come detto, tali anticipi vengono in parte restituiti; in particolare, in due tranches, rispettivamente nel mese di marzo e nel mese di maggio, viene liquidata ai due soci, Monti e Casarubea, l’ammontare complessivo di 500 mila euro, mediante quattro assegni da 125 mila euro cadauno, di cui si rileva traccia dal c/c societario e, limitatamente a quelli di competenza del Casarubea Francesco, la DIA ha fornito copia con la ricevuta autografa. Il C.T. dott. Pampana conclude con le seguenti considerazioni: - “Con riferimento alla società “Las Vegas” si è cercato di ricostruire la capacità reddituale e patrimoniale dei soci al momento della costituzione e di valutare se questa capacità poteva essere sufficiente per gli investimenti sostenuti. Questi ultimi, pur consistenti, sono stati per la maggioranza pagati avvalendosi di facilities concesse dai fornitori consistenti in dilazioni di pagamento che hanno fatto si che la manifestazione finanziaria della maggior parte dei pagamenti sia avvenuta successivamente all’inizio di attività della sala. Gli investimenti iniziali dei soci sono stati effettuati principalmente utilizzando le disponibilità presenti sul conto del sig. Francesco Casarubea. Quest’ultimo è stato alimentato: • da versamenti di contanti nel mese di dicembre 2003 per circa 60 mila euro; • principalmente da importi riconducibili alla liquidazione di somme corrisposte dal sig. Francesco Casarubea alla Bingo Kursaal, della quale era socio, a titolo di “anticipazioni” al tempo della costituzione, nel 2002. 66 Dall’esame del c/c intestato a questa ultima società, non si è trovata traccia di tali conferimenti. I conferimenti in questione sono avvenuti di volta in volta senza transitare dal rapporto di conto intestato alla Kursaal”. ******* Relativamente all’operatività della sala Bingo gestita dalla società Las Vegas Bingo Srl, il 16 aprile 2004 essa iniziava ad operare ed a trasmettere i dati di gioco all’Amministrazione dei Monopoli di Stato, acquisendo preliminarmente, a credito, un lotto di cartelle per Euro 141.000. L’attività ha, sin dall’avvio, raggiunto traguardi ragguardevoli che hanno portato altresì ad una elevata disponibilità liquida, riveniente dagli incassi giornalieri, che però non veniva riversata, come di norma, presso le banche, ma trattenuta nelle casse sociali. Al 31.12.2006 la giacenza liquida in cassa era infatti pari a euro 1.800.054. L’andamento della voce contabile cassa fa rilevare una crescita infatti non giustificabile, pari a circa 800.000,00 euro annui tra il 2005 ed il 2006. Ulteriori disponibilità liquide poi, giacenti nei conti bancari, provenivano dalle dilazioni concesse dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato per il pagamento delle cartelle che venivano acquisite a credito, generando quindi un debito della Las Vegas Bingo nei confronti dei Monopoli di Stato, che si estingueva alla fine di ogni anno, così come previsto dalla normativa. ****** Le relazioni dell’amministratore giudiziario Il dott.Elio Collovà, amministratore giudiziario, ha proceduto ai sensi dell’art.3 quater della Legge n.575/65 alla revisione contabile ed aziendale della “Las Vegas 67 Bingo Srl”, con particolare riferimento all’accertamento di eventuali illeciti penali e\o responsabilità degli amministratori connesse alla gestione dell’azienda medesima. Nelle relazioni depositate, ed in particolare nella più importante, quella del 16 maggio u.s., sono stati progressivamente evidenziati una serie di elementi sintomatici della mala gestio dell’impresa in oggetto e di conferma degli indizi già posti alla base della richiesta di sospensione dall’amministrazione e che fondano ora la presente memoria. Di seguito si sintetizzano gli elementi più rilevanti tra quelli evidenziati dall’amministratore giudiziario. Premettendo che, per quanto riguarda la società “Las Vegas Bar di Greco Maria Giovanna & C. s.n.c.” non è stata possibile effettuare la revisione contabile, avendo l’azienda finora utilizzato nella sua contabilità le semplificazioni previste dalla normativa fiscale, e quindi non il metodo della contabilità ordinaria della partita doppia, ed ottemperando solamente alla tenuta dei registri IVA, il dott. Collovà nella sua relazione conferma la notevole differenza accertata esistente tra le spese dichiarate effettuate per l’investimento iniziale ed il valore degli impianti e delle attrezzature verificato dalla commissione di collaudo dell’Amministrazione Monopoli di Stato, nonché la non veridicità delle dichiarazioni che fanno ricondurre la differenza con le spese dichiarate a lavori ancora da effettuare; conferma le considerazioni, qui già svolte, in ordine ai vari contratti di locazione e sub-locazione tra la Almeida e la Las Vegas Bingo Srl, nonché tra quest’ultima e la Edilizia Pecora, convenuti appositamente per aggirare la legge sul rilascio delle concessioni delle sale da gioco; appurava l’esistenza dell’atto di cessione di ramo d’azienda, successivo al citato collaudo, comprendente anche la concessione in argomento, dall’Almeida alla Las Vegas Bingo Srl al valore irrisorio di Euro 25.486,00. L’ipotesi che l’impegno finanziario per la realizzazione degli impianti e delle attrezzature, compreso le opere murarie, sia stato affrontato dalla Las Vegas Bingo srl, è plausibile però nella misura in cui detto impegno appaia dalle scritture contabili della società. Relativamente all’analisi della contabilità dell’azienda nel periodo di realizzazione delle opere però, l’Amministratore Giudiziario ha evidenziato 68 l’assenza di una grande capacità finanziaria propria, tenuto conto che l’attività istituzionale non aveva ancora avuto inizio e quindi non si registravano flussi di liquidità, così confermando quanto già segnalato dal consulente bancario dott. Giuffrida. I finanziamenti operati dai soci negli anni 2003 e 2004 erano, come si è detto, pari a “soli” Euro 319.600,00 contro un valore di investimento verificato al collaudo di Euro 1.350.930,00, quindi per almeno un milione di Euro gli investimenti effettuati sino a quella data non trovano alcun riscontro contabile in seno alle scritture della società. D’altronde, come evidenziato dal dott.Giuffrida, i Casarubea non godevano di particolare credito presso le banche, le quali in più di un occasione avevano negato la concessione di finanziamenti ed anche in capo a Casarubea si rilevavano presso l’Ufficio Italiano Cambi segnalazioni di operazioni sospette. L’investimento nel Las Vegas Bingo, quindi, per almeno un milione di Euro non è supportata da documentazione che ne provi l’origine della provvista. Detta somma, conferma l’Amministratore Giudiziario, non può essere stata rinvenuta che da fonti extra-aziendali, che non possono comunque essere riconducibili ai Casarubea per i motivi già esposti dal dott. Giuffrida e dal Dott. Pampana nelle proprie relazioni di consulenza. La situazione contabile: il conto cassa Le scritture relative alla gestione del conto “cassa” della società hanno posto in risalto situazioni e vicende ambigue e comunque degne di rilievo sotto il profilo della regolarità contabile. Invero tutti gli accadimenti di natura amministrativa e sociale riguardanti effettivi atti di gestione non hanno trovato riscontro in una regolare gestione del conto “cassa”, avvalorando (anche documentalmente) la tesi dell’esistenza di un circuito volutamente “combinato” fra scritture contabili e atti amministrativi, al fine di rendere appositamente errata e non veritiera la movimentazione di tale conto. Il saldo contabile della “cassa” era al 31 agosto 2008 di Euro 1.930.746,93. 69 Detto saldo è stato aggiornato dall’Amministratore Giudiziario, fino alla data di immissione in possesso, tenendo conto della prima nota e dei documenti contabili rinvenuti in azienda; sicché, il saldo contabile al momento dell’esecuzione della misura di prevenzione era di Euro 2.042.653,68. Ma l’amministratore unico sospeso ha subito sostenuto l’inesistenza di detto saldo fisico di cassa, adducendone la responsabilità al consulente contabile, dott. Varvarà. Quest’ultimo, come da lui stesso dichiarato nel verbale di s.i. del 9.11.2007 (cfr. la citata nota D.I.A.), avendo assunto l’incarico solamente in data 21.12.2006 ed avendo rilevato che il precedente consulente non aveva provveduto a “tenere in ordine la contabilità” avrebbe posto in essere un articolato programma di risanamento dell’intero impianto contabile con particolare riguardo alla sistemazione del conto “cassa” al fine di ricondurne il saldo contabile alla effettiva consistenza fisica. Detto articolato programma non è però “riuscito”, attesa l’impossibilità di istruire ex post operazioni contabili rappresentative di accadimenti di gestione mai accaduti, ed il saldo di cassa continuerà a misurare valori elevati, siccome rilevati al momento dell’immissione in possesso. Il consulente contabile comunque dava conferma dell’esistenza di delibere assembleari retrodatate, predisposte ad hoc per il perseguimento dell’obiettivo sopra accennato. Dall’analisi delle registrazioni finanziarie più significative intervenute nella “Las Vegas Bingo” (cfr. relazione nr. 6 dell’amministratore giudiziario in atti pag. 16 e seguenti), dalla costituzione della società nel novembre 2003 sino al 31/8/2007, l’Amministratore Giudiziario evidenzia che: - relativamente al periodo che va dalla costituzione alla chiusura del primo esercizio sociale (31.12.2004), nelle casse sociali sono registrati importi “in ingresso” per Euro 327.100,00; i conti utilizzati in contropartita dei riferiti versamenti, precisamente il conto <versamento decimi> ed il conto <finanziamento infruttifero dei soci>, non consentono, per la loro intrinseca natura, alcun accertamento sulla loro formazione ed origine, stante l’inesistenza di tali riferimenti nelle scritture contabili obbligatorie della società, e, come già evidenziato nella relazione tecnica del dott. Giuffrida, di tali movimentazioni 70 finanziarie nulla in merito alla provenienza della provvista può essere accertato. Conclusivamente, l’importo complessivo apportato dai soci sino alla data del 5.4.2004 misura € 327.100,00 ascrivibili in quanto ad € 25.000,00 al versamento di capitale sociale ed in quanto alla rimanente somma di € 302.100,00 al finanziamento infruttifero dei soci. In data 16.4.2004, la Sala Bingo inizia la propria attività con la conseguente movimentazione contabile del conto <cassa e monete nazionali> quale naturale contropartita della registrazione dei corrispettivi giornalieri. La disponibilità finanziaria, da questa data in avanti, rientra nella naturale operatività gestionale. La destinazione e l’utilizzo della stessa, peraltro, apparentemente non mostra elementi di incoerenza con i normali scopi di un’azienda in funzionamento, quale è la Las Vegas Bingo S.r.1. Dall’esame dei vari saldi contabili alla data di chiusura dell’esercizio 2004 si evince che il debito verso i soci, per i finanziamenti dagli stessi effettuati nel corso del medesimo esercizio ed in quello precedente, risulta essersi azzerato. L’importo rimborsato ai soci in corso d’anno — le prime restituzioni avvengono nello stesso giorno dell’apertura della sala - ammonta infatti ad € 302.101, coincidente con l’importo accertato in sede di verifica contabile. Il conto <Cassa e monete nazionali> alla data del 31.12.2004, alla fine di tutte le registrazioni contabili sia positive che negative, registra il saldo positivo di € 194.011,97. - relativamente all’ esercizio 2005, il saldo di apertura del conto in esame è di importo ovviamente pari a quello riportato tra le scritture di chiusura dell’esercizio 2004 che misura € 194.011,97. La tipologia delle movimentazioni rilevate appare analoga a quella rilevate per l’esercizio precedente; al termine dell’esercizio in argomento, il conto <Cassa e monete nazionali> ha registrato il seguente andamento: saldo al 31.12.2004: Euro 194.011,97 saldo al 31.12.2005: Euro 979.897,49 Variazione nel 2005: + Euro 785.885,52 - relativamente all’ esercizio 2006, il saldo di apertura del conto in esame è di 71 importo ovviamente pari a quello riportato tra le scritture di chiusura dell’esercizio 2005 che misura € 979.897,49. La tipologia delle movimentazioni rilevate appare analoga a quella rilevate per l’esercizio precedente. In quest’esercizio però si provvede, anche contabilmente, alla distribuzione per intero degli utili conseguiti nel 2004 e alla distribuzione parziale degli utili conseguiti nel 2005 sino alla concorrenza di Euro 200.000,00, per un complessivo importo di Euro 437.084,00, così assegnati: Casarubea Cristina Euro 74.304; Casarubea Francesco Euro 218.542; Casarubea Olga Euro 72.119; Casarubea Manuela 72.119. Tale operazione, a parere dell’Amministratore Giudiziario, per ammontare e modalità di esecuzione, è assolutamente irregolare e sembra solamente un artifizio al fine di sistemare il relativo partitario contabile, e non di reale erogazione degli utili, come si desume altresì dalle dichiarazioni del consulente fiscale dott. Varvarà nel verbale di sommarie informazioni del 9.11.2007, ove egli ha sostenuto che il verbale con il quale si è decisa la distribuzione degli utili è stato retrodatato. Inoltre, da quanto si evince sempre dalla contabilità, non è stata operata (e versata) nemmeno la ritenuta d’imposta del 12,50% a favore dello Stato per quegli utili distribuiti ai possessori di una percentuale di capitale sociale non superiore al 25%, come nel caso di Casarubea Cristina, Olga e Manuela; la corresponsione degli utili infatti è stata contabilizzata in favore dei predetti soci per l’intero importo. Ed ancora, in calce al verbale di distribuzione degli utili, viene riportato un apposito paragrafo denominato “Trattamento fiscale”, in cui viene ribadito espressamente che, ai sensi dell’art. 47 del TUIR, i soci percettori del dividendo usufruiscono di un abbattimento pari al 60% dell’ammontare corrisposto, affermazione che non risulta essere corretta. Lo stesso verbale non risulta peraltro registrato entro venti giorni secondo quanto previsto dalla normativa vigente. E ciò invero è conseguente alla circostanza che il verbale è stato formato ex post. 72 Al termine dell’esercizio in argomento, il conto <cassa e monete nazionali> registrava il seguente andamento: saldo al 31.12.2005: Euro 979.897,49 saldo al 31.12.2006: Euro 1.800.054,80 Variazione nel 2006: + Euro 820.157,31 - relativamente all’ esercizio 2007, il saldo di apertura del conto in esame, identico al saldo di chiusura alla data del 31.12.2006, equivale ad € 1.800.054,80. Anche per la frazione di esercizio presa in esame il conto ha sostanzialmente evidenziato la medesima tipologia di movimentazioni. In particolare, anche in detto esercizio, si rileva la presenza di operazioni riferite a distribuzione di utili; alla data del 09.03.2007, l’assemblea dei soci delibera all’unanimità di procedere alla distribuzione totale degli utili residui conseguiti nell’anno 2005, pari ad € 567.010,00 così assegnati : - Casarubea Cristina - Casarubea Francesco - Casarubea Olga - Casarubea Manuela € 96.391; € 283.505; € 93.557; € 93.557. Dopo la delibera anche gli utili accantonati relativi all’esercizio 2005 risultano interamente distribuiti.. Un’altra operazione di distribuzione di utili si rileva in data 16.4.2007, allorché l’assemblea delibera di procedere alla distribuzione degli utili “in considerazione della situazione economica e finanziaria della società”, in quanto a “soli” € 100.000,00 così assegnati : - Casarubea Cristina € 17.000; - Casarubea Francesco € 50.000; - Casarubea Olga € 16.500; - Casarubea Manuela € 16.500. 73 Ancora un’altra operazione analoga si rileva in data 2.7.2007, quando l’assemblea ordinaria delibera di procedere alla distribuzione degli utili “analizzata la situazione finanziaria della società, trovandola conforme ai principi di prudenza dettati dalla Leggi vigenti” pari ad € 71.000,00 così assegnati: - Casarubea Cristina € 12.070; - Casarubea Francesco € 35.500; -Casarubea Olga € 11.715; - Casarubea Manuela € 11.715. Anche in questo caso valgano le medesime considerazioni svolte per l’esercizio precedente in merito alla tipologia delle operazioni registrate, con riferimento sia agli aspetti contabili che a quelli fiscali. Alla data del 31.08.2007, ultimo giorno di registrazioni contabili effettuate dal professionista di fiducia della società, prima dell’avvento della misura di prevenzione, il conto <cassa e monete nazionali> ha registrato il seguente andamento: saldo al 31.12.2006: Euro 1.800.054,80 saldo al 31.08.2007: Euro 1.930.746,93 Variazione nel 2007: + Euro 130.692,13 Tutto ciò premesso, l’Amministratore Giudiziario dott. Elio Collovà traeva le seguenti conclusioni: La società Las Vegas Bingo s.r.1. è stata costituita con l’intenzione di farle esercitare l’attività del gioco del <bingo>, pur nella piena consapevolezza di non averne i requisiti di legge, ma nell’altrettanta piena consapevolezza di avere escogitato il sistema per aggirare l’ostacolo della concessione statale. Ed infatti, i soci Casarubea hanno posto in essere, a tal fine, un’attività elusiva che ha loro consentito di acquisire a prezzo simbolico la concessione statale di cui era assegnataria l’Almeida S.p.A. 74 Le opere per la realizzazione dell’impianto complessivo della sala gioco sono state sostenute finanziariamente dai soci Casarubea con provviste tuttavia a loro pervenute da fonti non individuate. Ciò tenuto conto della incapacità finanziaria della società, all’epoca della realizzazione di detti impianti e dell’inaffidabilità di detti soggetti nei confronti del ceto bancario. Peraltro, non è da sottovalutare che le opere realizzate, in termini di valore, sono state iscritte fra le attività del bilancio della società in maniera graduale e solo a seguito dell’inizio dell’attività aziendale. Se ne deduce che, nel periodo della loro realizzazione, le opere sono state pagate con capitali di terzi, e soltanto in un secondo periodo sono state fatturate alla società. L’irregolarità della gestione del conto <cassa> costituisce un vero e proprio illecito societario, che evidenzia un’operazione di distribuzione degli utili assolutamente fittizia e congegnata dal consulente aziendale allo scopo di “sistemare” i conti. Invero, si voleva conseguire l’obiettivo di occultare la circostanza che i prelevamenti dei soci dalle casse sociali e non contabilizzati erano stati utilizzati per destinazioni extra-aziendali ed extra-familiari. D’altronde, il consulente tecnico di parte, all’uopo nominato dalla famiglia Casarubea, non è riuscito a dimostrare documentalmente l’utilizzo personale dei soci di dette somme. 75 L’ informativa della D.I.A. del 16 giugno 2008 Nell’ambito del procedimento penale nr.7001/07 R.G.N.R. il Centro Operativo di Palermo della D.I.A. ha svolto, successivamente all’esecuzione del citato decreto di sequestro nr.75/06 RMP del Tribunale di Palermo, attività di indagine delegata al fine di far maggior chiarezza sulle vicende che hanno interessato la “nascita” della casa da gioco “Las Vegas Bingo” provvedendo, fra l’altro, a escutere a sommarie informazioni varie persone, direttamente o indirettamente interessate a tali vicende. Tra queste è stato sentito il già citato Puccio Matteo Pietro, nato a Palermo il 29.06.1938, titolare della “Almeida Spa”, società che ha ceduto alla “Las Vegas Bingo Srl” la concessione per l’esercizio del bingo, essendoselo aggiudicato con gara nazionale nel 2000. Il Puccio confermava alla P.G. operante, in data 26 ottobre 2007, che sin dal momento in cui aveva deciso di mettere in vendita la licenza era stato contattato da un gruppo di persone, identificati in : Mannino Alessandro, Inzerillo Rosario, Piraino Filippo, Greco Salvatore, Casarubea Domenico. In merito a tali soggetti il Puccio riferiva però di conoscere solamente il Piraino, in quanto cliente del suo negozio di materiali per l’edilizia, ed il Mannino , perché era originario del quartiere dallo stesso frequentato; aggiungeva che il Casarubea Domenico gli è stato presentato dagli stessi come “amico loro”. La D.I.A. ha altresì evidenziato che tutti i soggetti sopra citati, ad eccezione del Casarubea, risultano aver precedenti in quanto legati a vario titolo alla organizzazione mafiosa denominata Cosa Nostra, ed infatti: - Mannino Alessandro è componente della famiglia di Passo di Rigano, pregiudicato per reati di mafia sin dal 1981, già destinatario di misure di prevenzione personali e patrimoniali e di recente nuovamente tratto in arresto nell’ambito dell’indagine “Gotha” e condannato in primo grado con rito abbreviato alla pena di anni 10 di reclusione; 76 - Inzerillo Rosario, componente della famiglia di Altarello di Baida, pregiudicato mafioso, già sottoposto a misure di prevenzione personali e patrimoniali, condannato con sentenze divenute irrevocabili rispettivamente nel 1999 e nel 2005 per reati di mafia e di recente nuovamente tratto in arresto nell’ambito dell’indagine “Gotha” e condannato in primo grado con rito abbreviato alla pena di anni 10 di reclusione; - Piraino Filippo, pregiudicato mafioso e componente della famiglia di Passo di Rigano, già sottoposto a misura di prevenzione personale, condannato nel 1983 per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ed oggetto di indagini sin dal 1981 dal Giudice Istruttore di Palermo per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso; - Greco Salvatore, seppur incensurato, risulta anch’egli fortemente inserito nell’ambiente della criminalità organizzata palermitana, e fratello di Greco Vincenzo classe 1967, pregiudicato mafioso, detenuto per il reato di associazione mafiosa in quanto considerato reggente della famiglia di Passo di Rigano . Le attività di indagine hanno appurato che Greco Salvatore intrattiene assidui rapporti con Gambino Tommaso, di Rosario, nato a New York il 21.01.1974, domiciliato a Los Angeles California, discendente da una famiglia di narcotrafficanti italo—americani, appartenente a “Cosa Nostra” statunitense e ritenuto elemento emergente di quel contesto criminale. Il padre di Gambino Tommaso è appunto Gambino Rosario, nato a Palermo il 01.12.1942, attualmente detenuto negli Stati Uniti ove sconta una pesante condanna per traffico internazionale di stupefacenti e, alla stregua delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia ed altre risultanze processuali, è ritenuto affiliato dell’associazione per delinquere denominata “Cosa Nostra”. Lo stesso è nipote di Gambino Giovanni, nato a Palermo il 22.8.1940, inteso “John e/o Sinuccio GAMBINO” e di Gambino Giuseppe, nato a Palermo il 9.01.1946, inteso “Joe GAMBINO” personaggi di spicco della mafia italo-americana e coinvolti in note inchieste per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. La sorella di Gambino Tommaso è Gambino Anna, nata a New York il 24 maggio 1971, coniugata con Spatola 77 Salvatore, figlio di Spatola Rosario, nato a Palermo il 15.2.1928, ivi residente in via Bagheria nr. 5, nonché fratello di Spatola Giovanni, nato a Palermo il 31.07.1951, entrambi indiziati mafiosi, appartenenti alla famiglia di Passo di Rigano. Greco Salvatore intrattiene anche rapporti con Inzerillo Giovanni, nato a New York il 30/4/1972. figlio del boss “Totuccio Inzerillo”, assassinato a Palermo il 10 maggio 1981, durante la c.d. seconda guerra di mafia. E’ stato accertato che testimoni di nozze di Inzerillo Giovanni e Mazzeo Diana Maria, nata a Palermo il 15.12.1972, celebratesi in data 4 giugno 2003 a Montemaggiore Belsito (PA) - paese di origine della sposa — sono stati, tra gli altri, il Greco Salvatore e sua moglie Greco Giovanna Maria. Greco Salvatore si associa frequentemente pure con Catania Filippo, nato a Palermo il 28.05.1969, titolare di due centri benessere siti a Palermo; dai servizi tecnici espletati sono emersi rapporti molto stretti tra il Greco ed il Catania, ed i due sono soliti chiamarsi vicendevolmente con l’appellativo di “cugino”. Catania Filippo è cognato di Parisi Gerardo, inteso “Zucco”, nato a Palermo il 17.09.1967, ivi residente in cortile Dei Bovari nr. 27, poiché fratello della moglie di questi, Catania Maria Giuseppa, fu Vincenzo e fu Graffeo Maria Silvana, nata a Palermo il 6.10.1967. Il Parisi è stato tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nr.38/08 RGNR e nr.457/08 RGGIP, emessa dal GIP presso il Tribunale di Palermo in data 19.1.2008, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso (c.d. Operazione “Addio Pizzo”). Catania Filippo è figlio di Graffeo Maria Silvana, nata a Palermo il 9.02.1949, ivi deceduta il 30.09.2007, già residente in Piazza Cruillas nr. 6. Così come riportato nella citata ordinanza di custodia cautelare del 19.1.2008, proprio presso l’abitazione della “Signora Catania” hanno trascorso lunghi periodi della loro latitanza, i mafiosi Franzese Francesco, Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, i quali, in tale appartamento tenevano anche riunioni di mafia. Dai servizi di intercettazione svolti dalla stessa D.I.A., nell’ambito dei procedimenti penali nr.2898/99 e nr.4006/06 (“San Lorenzo”), sono pure emersi numerosi contatti tra Greco Salvatore e La Barbera Matteo, nato a Palermo il 78 31.5.1973, gestore, unitamente al fratello Pietro, nato a Palermo il 01.11. 1 975 del panificio “La casetta delle delizie”, sito in questa via Leonardo da Vinci nr. 599; entrambi sono stati tratti in arresto, unitamente ad altri esponenenti mafiosi, con l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nr.3605/06 RGNR — nr.12258/06 R.G., emessa dal GIP presso il Tribunale di Palermo in data 30.7.2007 per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa Cosa Nostra e di riciclaggio. Elementi questi passati in rassegna che evidenziano ulteriormente come la presenza del Casarubea fosse da ritenersi essenziale per gli appartenenti alla organizzazione mafiosa al fine di dare avvio alla nuova “avventura imprenditoriale”, in quanto: - egli era incensurato, e quindi non correva il rischio di incorrere nei rigori della normativa antimafia; - egli aveva già esperienza nel settore, avendo già gestito la sala Bingo “Kursaal” della Via Emerico Amari di Palermo. Il Puccio precisava altresì che, allorquando decise di partecipare alla gara nazionale, su consiglio di alcune persone a lui vicine, inserì nel “progetto”, quale futura sede, i locali, siti in Via Regione Siciliana nr. 4l1-431, di proprietà della “Edilizia PECORA di Maurizio Pecora & c. S.n.c.”. Orbene, è stato giudizialmente accertato che sia Pecora Maurizio, nato a Palermo il 4.2.1976, che il padre Pecora Francesco, nato a Palermo l’l.7.1939, erano, nelle loro attività imprenditoriali nel settore dell’edilizia, “prestanome” del noto boss mafioso Rotolo Antonino, nato a Palermo il 3.1.1946, sicché appare plausibile che “Cosa Nostra” abbia cominciato ad interessarsi alle vicende del “Bingo di Villa Tasca” proprio a seguito dei contatti tra il Puccio ed il Pecora. Il Puccio, sempre nel medesimo verbale di sommarie informazioni, riferiva di avere avuto diversi incontri con i citati Mannino, Piraino, Inzerillo, Greco e Casarubea, ma che non si riusciva a trovare un accordo economico con gli stessi. Lo stesso, infatti, per cedere la concessione chiedeva un milione di euro, mentre la 79 controparte giudicava eccessiva la cifra e giocava al ribasso. Al termine della trattativa il Puccio praticava uno “sconto” del 95%, cedendo il titolo per soli 50.000 euro. Il Puccio interrogato a tal proposito dichiarava “…Piraino, Mannino, Inzerillo e Greco erano venuti come amici……” e negava di “…aver subito minacce esplicite”, ma allo stesso tempo ammetteva di essere consapevole che “….si trattava di persone inserite in un contesto comune … che avevano avuto problemi con la giustizia….”. Parole che evidenziano la tipica reticenza omertosa di chi subisce gli effetti del condizionamento dell’intimidazione mafiosa, essendo del tutto incredibile che non vi fosse nessun altro interessato ad acquistare la licenza del Puccio a condizioni più vantaggiose per il venditore. Sta di fatto che, in data 5.4.2004, la “ALMEIDA S.p.a.” cedeva un ramo della propria azienda, di cui faceva parte la concessione per aprire il Bingo, a favore della società “LAS VEGAS BINGO S.R.L.”. La LAS VEGAS BINGO S.r.l. era stata frattanto costituita, il 21 novembre 2003, con atto del Notaio Gabriella Lupo di Palermo, tra i fratelli Casarubea Francesco (socio al 50%); Casarubea Cristina (socio al 17%); Casarubea Olga (socio al 16,5%); Casarubea Manuela (socio al 16,5%); tutti figli del Casarubea Domenico, che pur non essendo socio era delegato ad operare sui rapporti bancari tra la società e gli istituti di credito. In definitiva diventavano proprietari del “Las Vegas Bingo” persone del tutto diverse da quelle che avevano condotto la trattativa e che si erano dette interessate all’acquisto, ingenerando quei più che fondati sospetti che l’intestazione di una attività imprenditoriale di rilevante valore economico a persone incensurate, diverse da quelle che hanno condotto la trattativa, e praticamente prive delle necessarie risorse economiche, abbia costituito il tipico escamotage dell’associazione mafiosa per scongiurare i rischi di un futuro sequestro che possa colpire uno dei soci. La D.I.A. ha quindi accertato che il 15 dicembre 2003 la “Las Vegas Bingo S.r.l.” stipulava un contratto di locazione dell’immobile di Villa Tasca con la “Edilizia Pecora” per la durata di nove anni, impegnandosi a versare la somma di 108.456 euro l’anno ed a realizzare a proprie spese le opere necessarie al 80 completamento dei locali ed alla realizzazione della sala da gioco. L’immobile di “Villa Tasca” infatti veniva messo a disposizione degli affittuari “allo stato grezzo” in cui si trovava. La D.I.A. escuteva a s.i.t. anche il contabile interno del Las Vegas Bingo, Coico Enrico, e poi Monti Massimo, già socio del Casarubea nel “Kursaal Bingo”. Il Monti confermava che Domenico e Francesco Casarubea intrattenevano rapporti con il Mannino Alessandro e con Greco Salvatore, già sin dal periodo in cui i Casarubea erano soci del Bingo Kursaal, e cioè prima dell’apertura del Las Vegas Bingo avvenuta nell’aprile del 2004. Il Coico, oltre a confermare le parole del Monti, aggiungeva di avere notato spesso la presenza del Mannino e del Greco nel cantiere che eseguiva i lavori di ristrutturazione dell’immobile, preparatori all’apertura del Las Vegas Bingo. Tali dichiarazioni dimostrano quindi in maniera non equivoca come in primo luogo vi fosse, tra i soggetti citati, un rapporto datato nel tempo ed in secondo luogo l’esistenza di comuni interessi di natura economica, non potendosi spiegare in altro modo la presenza di Greco e Mannino nei cantieri del Bingo. Conferma di tali circostanze si è avuta anche con le indagini svolte nello stesso periodo dalla Squadra Mobile di Palermo nei confronti dello stesso Mannino, pedinato anche attraverso un rilevatore satellitare installato nelle autovetture in uso allo stesso, di cui si è già detto. Relativamente ai soci “formali” della Las Vegas Bingo Srl, la D.I.A. ha potuto anche confermare, attraverso le dichiarazioni di persone informate sui fatti, come la partecipazione al capitale sociale, e quindi all’attività dell’impresa, da parte delle sorelle Casarubea Manuela, Olga e Cristina fosse solo apparente, non essendosi mai le stesse occupate della sala giochi e che i veri dominus fossero Francesco e Domenico. In tal senso, hanno riferito Coico Enrico, contabile interno della società (“le sorelle di Francesco e Domenico (Casarubea) … non si occupavano del Bingo, non avendo competenza in materia, alcune volte le ho notate tra i giocatori)”; Polizzotto Gabriele, dottore commercialista (“i miei interlocutori erano Casarubea Domenico e Francesco, anche se ero a conoscenza che il Domenico, pur non avendo una veste ufficiale nella società di fatto se ne occupava a tempo pieno in una posizione da 81 titolare”). Ed anche il Monti, ex socio del Casarubea, confermava che Casarubea Domenico e Francesco “…. interferivano con le mie mansioni di amministratore e pretendevano di impartire disposizioni al personale dipendente … specifico che Casarubea Francesco non aveva un ruolo preciso nella gestione del Bingo e il suo compito era in generale quello di cooperare con me nelle varie incombenze …il Casarubea Domenico non aveva alcun ruolo ma spesso si ingeriva negli affari della sala con fare inopportuno…”. Le perquisizioni a Casarubea Domenico e Greco Salvatore del 23.10.2007 Importanti elementi venivano, altresì, acquisiti nelle perquisizioni effettuate il 23/10/2007. Nella perquisizione effettuata, in esecuzione del decreto nr.7001/07, presso l’abitazione di Casarubea Domenico venivano sequestrati: • all’interno del portafogli di Casarubea Domenico un foglietto di carta con sopra scritto: “Salvo 3382059080 / 3923111969; Sandrino 3337195085”. Salvo si identifica per il precitato Greco Salvatore, nato a Palermo il 3.11.1969. Dette utenze telefoniche, in uso allo stesso, sono state peraltro oggetto di intercettazione telefonica da parte della D.I.A.. Sandrino, invece, si identifica per Mannino Alessandro, nato a Palermo il 27.11.1960. Detta utenza cellulare era in uso al Mannino, come già era emerso nel corso dell’indagine “Gotha”. Nel citato portafogli veniva rinvenuta pure una foto a colori, formato tessera, ritraente l’effigie del noto Ciancimino Vito, nato a Corleone il 2.4.1924. Il Casarubea, a tal proposito, riferiva al personale operante di essere stato legato al Ciancimino da rapporti di amicizia e stima. • un biglietto da visita, intestato alla Interni 2C Arredi, sul cui retro era riportata la seguente annotazione: “PUCCIO 3357427006 x licenza Bingo “. Il predetto si identifica per Puccio Matteo Pietro nato a Palermo il 20.6.1938, ivi residente via Alla Falconara nr. 102, amministratore della ALMEIDA S.p.A. Costruzioni Generali, con sede in questo Viale della Regione Siciliana nr. 751, già titolare della 82 concessione utilizzata poi per realizzare la Sala “Las Vegas”. • Nel soggiorno della abitazione del Casarubea Domenico, sita in via Simone Cuccia nr. 19, piano 1°, venivano rinvenute n. 2 rubriche telefoniche (una con copertina rivestita con materiale di lamierino grigio ed un’altra con copertina fiorata), nelle quali è riportata una annotazione manoscritta del seguente tenore: “Matteo (la casetta delle delizie) 091552212”. Matteo si identifica per La Barbera Matteo, nato a Palermo il 31.5.1973, gestore, unitamente al fratello Pietro, nato a Palermo l’1.11.1975, del panificio “La casette delle delizie” s.a.s., sito in questa via Leonardo da Vinci nr. 599. I citati fratelli La Barbera venivano tratti in arresto, unitamente ad altri indiziati mafiosi, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nr. 3605/06 R.G.N.R. — nr. 12258/06 R.G., emessa dal G.l.P. presso il Tribunale di Palermo in data 30.7.2007. I predetti fratelli Matteo e Pietro La Barbera si ricorda sono figli del noto esponente mafioso La Barbera Michelangelo, nato a Palermo il 10.9.1943, in atto detenuto, già componente della commissione provinciale di Cosa Nostra, e responsabile di gravi ed efferati delitti. - Sempre in data 23.10.2007, veniva pure effettuata una perquisizione presso l’abitazione di Greco Salvatore, ubicata in via Giovanni Besio nr.7, ed in tale occasione venivano rinvenuti e sequestrati: • nr. 5 fogli dattiloscritti, recanti la dicitura: “nota spese Las Vegas Bingo” dal 24 al 29.11.2003. • nr. 13 fogli dattiloscritti, recanti la dicitura: “nota spese Las Vegas Bingo” dall’1 al 19.12.2003. • Nr. l foglio di colore bianco recante la scritta “acconto per licenza 25.000,00; acconto Miceli 100.000,00; saldo Notaio Lupo 3.500,00; acconto caparra affitto 20.000,00; acconto SNAI 45.000,00”. I predetti conteggi descrivono dettagliatamente le spese sostenute nell’anno 2003, per la realizzazione della sala “Las Vegas Bingo”, che come già esplicitato in precedenza apriva i battenti nell’aprile 2004. 83 Detti conti sarebbero da ritenersi di esclusiva pertinenza della società “Las Vegas Bingo S.r.l.” e dei soci Casarubea Francesco, Olga, Cristina e Manuela. Non vi è alcun motivo logico che giustifichi il possesso di tali carte da parte del Greco; non vi è alcuna giustificazione per cui il gestore del bar del Bingo debba sapere, con esattezza, guanto si è speso per realizzare la Sala da Gioco. In realtà alla luce del ritrovamento, di cui sopra, appare evidente che il ruolo del Greco Salvatore non è soltanto quello di gestore del bar della Sala Bingo. La custodia degli appunti relativi alle spese sostenute costituisce infatti comportamento tipico di chi quantifica l’impiego del proprio denaro o di capitali messi a disposizione da terzi, costituendo utile strumento per renderne conto. Elemento indiziario che va letto in relazione a quanto dichiarato dal teste Puccio Matteo Pietro, che, sentito in data 25.10.2007, aveva ricordato che sin dalle prime fasi della trattativa relativa alla vendita della “licenza della sala bingo” il Greco Salvatore era presente ai vari appuntamenti. Altri elementi sui rapporti di Casarubea Francesco con ambienti di Cosa Nostra Oltre quanto già riferito in merito alla partecipazione di Casarubea Francesco alle nozze di Greco Vincenzo, e in merito alla circostanza che, sempre in occasione delle nozze di Greco Vincenzo, il Casarubea Domenico su richiesta dello sposo si prodigava per ottenere eccezionalmente dal direttore dell’Hotel Villa Igea di Palermo che il pesce da servire nel banchetto nuziale fosse fornito dal Greco stesso, personale della D.I.A. nella propria attività di P.G. sentiva il teste Coico in data 20.11.2007, il quale confermava che Domenico e Francesco Casarubea intrattenevano rapporti anche con Greco Vincenzo, fratello di Salvatore : “... ho cognizione che i Casarubea hanno rapporti di conoscenza anche con il fratello Greco Vincenzo che risalgono ad un periodo precedente all’ apertura del Bingo. Alcune volte ho avuto modo di notare il Greco Vincenzo all’ interno del Bingo. Al matrimonio di quest’ ultimo so che ha partecipato Casarubea Francesco...” 84 Greco Vincenzo - si ricorda - è infatti pregiudicato mafioso di elevato spessore: veniva tratto in arresto, una prima volta, il 03.06.2002, e successivamente condannato, in data 13 aprile 2005, dalla Corte di Appello di Palermo, alla pena definitiva di anni 3 e mesi 8 di reclusione, per il reato di associazione mafiosa, in quanto organico alla famiglia di “Passo di Rigano”. Nella sentenza di condanna il citato veniva indicato quale persona a pieno titolo inserita nella consorteria mafiosa capeggiata da Salvatore Lo Piccolo, in nome e per conto del quale aveva imposto il “pizzo” ad alcuni imprenditori operanti nel comune di Carini. Tra i soggetti colpiti dall’ordinanza in trattazione figurava, tra gli altri, anche Riina Giuseppe Salvatore, nato a Palermo il 3 maggio 1977, figlio del noto Riina Salvatore. Scontata la pena Greco Vincenzo, dopo pochi mesi, veniva nuovamente ristretto in carcere, sempre per il reato di associazione mafiosa, con la ordinanza di custodia cautelare in carcere nr. 38/08 R.G.N.R. — nr. 457/08 R.G.GIP, emessa in data 19 gennaio 2008, dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo a carico di ALAMIA + 35 (cd. “Operazione Addio Pizzo”) nella quale gli venivano contestati nuove condotte in favore di Cosa Nostra. Dalle investigazioni della Squadra Mobile di Palermo e dalle dichiarazioni rese dai collaboratori Pulizzi Gaspare, Nuccio Antonino, Franzese Francesco e Bonaccorso Andrea emergeva che Greco Vincenzo era stato messo, da Salvatore Lo Piccolo, a capo della famiglia di Passo di Rigano. Nel corso delle indagini è emerso altresì che le relazioni intercorrenti tra il Greco Salvatore e Francesco e Domenico Casarubea esulavano dal normale rapporto lavorativo. Dai servizi di intercettazione telefonica, espletati da personale della D.I.A., si rileva che dal settembre 2005 al novembre 2006 tra Casarubea Francesco e Greco Salvatore vi sono state nr. 176 telefonate e tra Casarubea Domenico e Greco Salvatore vi sono state nr. 56 chiamate, come da tabulati riportati nella stessa informativa D.I.A.. Gli orari nei quali avvengono le chiamate ed il tenore delle conversazioni sono tali da rivelare, tra i citati Casarubea ed il Greco, un livello elevatissimo di complicità. Per quanto sopra infatti il Greco sembra adempiere ad una “funzione di collegamento” e la sua presenza all’interno del Bingo Las Vegas appare finalizzata a garantire ai Casarubea di poter beneficiare della “protezione” di 85 Cosa Nostra. Un’altro episodio, che la D.I.A. ha registrato nel corso delle indagini svolte, è da ritenere estremamente sintomatico. E’ infatti emerso, in data 26.04.2006, che Casarubea Francesco veniva contattato telefonicamente dal padre Domenico che lo informava di aver ricevuto la telefonata di un vicino, che lo avvisava di un probabile furto perpetrato ai danni nell’immobile della Interni 2C, ubicato in Viale Regione Siciliana nr. 6040, nelle vicinanze dell’ospedale Cervello, un grande capannone, già punto vendita ed esposizione di mobili, attualmente chiuso. Immediatamente il Casarubea chiamava il Greco Salvatore, e con lui si recava sul posto. Ivi i citati constatavano la sparizione di alcuni mobili. E’ estremamente significativo che, nella circostanza, il Casarubea non sentisse la necessità di notiziare del patito furto la Polizia o i Carabinieri bensì il Greco Salvatore. Risulta inoltre da una conversazione intercettata il 4.6.2006 che il Greco Salvatore in tale circostanza invitava il Casarubea Francesco ad un banchetto cui partecipavano il fratello Greco Vincenzo da poco scarcerato, il fratello Giuseppe, la sorella Giovanna ed il padre Antonio unitamente alle rispettive famiglie. Il Greco Salvatore nella circostanza rivolgendosi a Francesco Casarubea usava le seguenti parole: “…tu non fai parte della mia famiglia?”. Altri accertamenti sull’origine dei capitali utilizzati dai Casarubea La D.I.A. svolgeva ulteriori accertamenti per fare luce sulla origine dei capitali utilizzati dai Casarubea per realizzare prima il “Kursaal Bingo” e successivamente il “Las Vegas Bingo”. La domanda veniva prima posta dalla D.I.A. ai citati Coico Enrico e Monti Massimo che così rispondevano: COICO: “…. . .non so dire con quali capitali i CASARUBEA hanno aperto il LAS VEGAS, suppongo, ma non ho elementi certi in merito, che possano avere utilizzato il ricavato dalla vendita del KURSAAL e del negozio di mobili IN TERNI 2C... “. MONTI: “...non so specifìcare da dove traessero i capitali, da investire nella sala 86 KURSAAL, i CASARUBEA, ma ricordo che in quel periodo avevano dei negozi di mobili che sembravano ben avviati... A riscontro delle succitate dichiarazioni la D.I.A. ha provveduto ad acquisire ed esaminare i bilanci delle società nelle quali i Casarubea vantavano cointeressenze e precisamente: -la “INTERNI 2C S.r.l.”, con sede in Palermo, Via Simone Cuccia nr.19/b Palermo, costituita il 04.04.1977, con atto del notaio CALI’, da Casarubea Domenico e dalla moglie Ferrara Teresa, nata a Palermo il 04.01.1945, avente per oggetto sociale la vendita di mobili, in liquidazione volontaria dal 29.06.2000 - bilanci dal 1993 al 2004; -la “INTERNI 2C ARREDI S.r.l.”, con sede in Palermo Viale della Regione Siciliana nr. 6040, costituita con atto del notaio Lupo di Palermo, avente per oggetto sociale la vendita di mobili, con soci Casarubea Francesco, Cristina, Manuela ed Olga, in liquidazione volontaria dal 05.01.2006 - bilanci dal 2000 al 2004; -la “OFFICINE CARAVELLO S.r.l.”, costituita in data 24.07.1963, con atto del notaio Giannì di Palermo, da Caravello Francesco Paolo, nato a Palermo il 03.04.1919 e dalla moglie Dell’Oglio Caterina, avente per oggetto la gestione di immobili e la riparazione di automobili; a detti soci originari subentrava, in data 08.10.1992, il Casarubea Domenico — bilanci dal 1996 al 2005. Dall’esame di detti bilanci, però, non sono emersi consistenti guadagni tali da rendere finanziariamente plausibile l’investimento di capitali nelle sale Bingo “KURSAAL” e “LAS VEGAS”. Al contrario ha evidenziato pesanti perdite economiche che non giustificano la disponibilità di denaro, cui i testi MONTI e COICO avevano fatto riferimento. Ulteriore conferma circa lo stato di dissesto economico in cui versavano nell’anno 2003 i Casarubea proviene dalle dichiarazioni rese dal teste Monti, il quale, a proposito della cessione delle quote del Bingo “KURSAAL”, riferiva: “... siamo addivenuti, nell’ ottobre del 2003, ad un accordo in forza del quale mio fratello Riccardo è subentrato nelle quote di CASARUBEA Francesco... il valore formale attribuito nel rogito notarile alle quote, cedute da CASARUBEA Francesco a mio fratello Riccardo, è stato di 12.500 euro ma in realtà abbiamo stipulato una scrittura privata, redatta alla presenza dell’ avvocato 87 Renato Vecchioni, non registrata, nella quale abbiamo concordato per la cessione del 50% del Kursaal un valore di 1.400.000 euro... questa cifra è stata da me pagata, per metà mediante accolto di un debito ammontante a circa 770.000 euro che il CASARUBEA Francesco doveva restituire alla S. I. B. Banca, per un debito contratto dalla famiglia CASARUBEA nei confronti del Banco di Sicilia, per motivi non attinenti alle vicende societarie... la rimanente quota, pari a circa 600.000 euro, nella quale venivano conteggiati le rimanenze di cassa, le cartelle invendute, per una cifra pari a circa 400.000 euro, venne da me e da mio fratello pagata in parte con assegni ed in parte in contanti…” Il Monti, quindi, temendo che una esecuzione nei confronti dei Casarubea, in revocatoria, potesse ricadere sul Bingo Kursaal preferiva accollarsi il debito di 770.000 euro, dovuto dai Casarubea al Banco di Sicilia, e non correre rischi. Non si comprende, quindi, dove avessero trovato i fondi, da investire nel Bingo Kursaal, i Casarubea che, proprio nel medesimo periodo, non erano in grado di adempiere alle proprie obbligazioni debitorie nei confronti del Banco di Sicilia. E non solo. Perché è altresì emerso che nel novembre 2003 Casarubea Domenico chiedeva alla Banca Intesa San Paolo di Palermo un finanziamento di 500.000 euro per l’avviamento del “Las Vegas Bingo”, che veniva negato “per mancanza delle necessarie garanzie “. Risulta pure agli atti della D.I.A. che, circa un mese dopo, Casarubea Cristina e Sciortino Clara, moglie di Casarubea Francesco, chiedevano ed ottenevano dalla Banca Intesa San Paolo di Palermo due prestiti dell’importo di 25.000 euro ciascuno. La consistenza dei fondi a disposizione della famiglia Casarubea è apparsa del tutto insufficiente a coprire le spese sostenute per avviare il LAS VEGAS BINGO. Di contro nella intercettazione ambientale del 13.07.2006, nell’ambito del proc. pen. n.2898/99 NC, presso l’imbarcazione “JOKER” nella disponibilità di Casarubea Domenico, ormeggiata nel porto di Marina di Villa Igea all’Acquasanta, Casarubea Domenico colloquiando con una persona di nome “Enzo”, dipendente SISAL, responsabile per il settore “slot machines”, che gli aveva fatto una visita a bordo dello yacht, pronunciava, tra l’altro, le seguenti parole: “ ... io non so se lei ha visto la sala.., sette miliardi mi è costata, sette miliardi mi è costata, non è che mi è 88 costata una lira.., e prima di investire sette miliardi.. .non è che sono nuciddi. . .“. Gli ammanchi di cassa In data 18.10.2007, il Dr. Elio Collovà, in occasione del sequestro del Bingo, all’atto di assumere l’incarico amministratore giudiziario della LAS VEGAS S.r.l., in sede di redazione dell’inventario dei beni, aveva modo di rilevare un ammanco di cassa di 1.885.000 euro; a fronte di una cassa ideale di 1.930.000 euro, veniva riscontrata una cassa reale di soli 45.000 euro . Venivano quindi sentiti in merito a s.i. il contabile del Bingo ed i commercialisti che si sono avvicendati nella gestione tributaria della Las Vegas. Coico Enrico sul punto riferiva : “... mi viene chiesto come mai l’amministratore giudiziario dr. COLLO VA’ assumendo la direzione de/la Las Vegas Bingo a seguito del provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo, a fronte di una cassa contabile di 1.860.000 euro abbia trovato nelle casse soltanto 110.000 euro circa. Come già accennato nel mio precedente verbale i CASARUBEA erano soliti prelevare somme di denaro dalla cassa senza darmene giust~fìcazione... mi si chiede il motivo del rimborso finanziamento soci, pari a pari a complessivi euro 302.101, effettuato dalla Las Vegas Bingo, a favore dei soci, dal mese di aprile a novembre del 2004, pur in presenza di una notevole esposizione debitoria nei confronti dei fornitori. Non so rispondere a questa domanda perché si tratta di strategie aziendali che sfuggivano al mio controllo, in quanto decise da Francesco e Domenico CASARUBEA ... Il teste Palazzotto rendeva le seguenti dichiarazioni: “...ho avuto come mio cliente la Las Vegas Bingo S.r.l. e di conseguenza i CASARUBEA Francesco e Domenico, dal mese di dicembre 2003 al mese di febbraio 2005... mi si chiede a quanto ammontasse la cassa durante la mia gestione contabile. Dopo aver consultato la documentazione preciso che al 30.09.2004, la cassa era pari a circa 210.000 euro e che avevo avuto la netta sensazione che la cassa contabile non corrispondesse a quella effettiva. Proprio questo era stato motivo di attrito con Domenico 89 CASARUBEA il quale non comprendeva che era altamente sconsigliato mantenere una cassa contabile così alta anche in presenza di debiti nei confronti dei fornitori..“. Il teste Firicano dichiarava “.. . vengo informato che all’atto dell’assunzione dell’ incarico l‘amministratore nominato dal Tribunale a fronte di una cassa ideale di 1.850.000 euro circa, ha riscontrato una casa effettiva di 110.000 euro. Non so fornire adeguate delucidazioni in merito e rimango sorpreso da tale notizia. Per quello che è il mio ricordo quando io ho rilevato l’incarico vi era un saldo di cassa pari a circa 200.000 euro e non sono in grado di spiegare come si sia arrivati a questa cifra... “. Più credibile appaiono le dichiarazioni del teste Varvarà, che ammetteva di avere trovato una situazione di cassa insostenibile e di avere tentato di correre ai ripari, sia pure con sistemi “poco ortodossi” : “...ho ricevuto l‘ incarico di fare il consulente commercialista della las Vegas Bingo Srl il 21.12.2006...ricordo che il VECCHIONI mi aveva detto di essersi reso conto che il precedente commercia/ista, tale rag. FIRICANO Leonardo, non aveva dimostrato di tenere in ordine la contabilità della società, tanto che non aveva neppure predisposto il bilancio dell‘ anno 2005... mi resi presto conto che non solo il FIRICANO non aveva depositato il bi/ancio dell‘ anno 2005, ma non aveva neppure uno studio, anzi scoprii che era stato pure radiato dall’albo per morosità...l’esame della documentazione mi fece subito venire in evidenza un notevole attivo di cassa che non corrispondeva alla liquidità effettivamente presente in cassa... l’attivo di cassa, alla fine del 2005 ammontava a circa 2.500.000 euro...al 2006 risultò di 2.000.000 euro in quanto venne contabilizzata una divisione di utili di circa 500.000 euro, risalente al maggio 2006, sulla base di un verbale di divisione di utili che io predisposi retrodatato e che venne così approvato dai soci... dal momento in cui mi resi conto di tale anomalia ne chiesi spiegazione a CASARUBEA Francesco, chiedendogli se egli disponesse ancora di quei soldi. Il CASARUBEA mi rispose negativamente dicendomi che era denaro servito per loro necessità personali e che quindi non ne disponevano più, sicché non sarebbe stato possibile alcuna reintegrazione della cassa... non so se i CASARUBEA disponessero di conti correnti o di cassette di sicurezza ove avevano depositato tali 90 somme, né se avessero girato il denaro a terzi...proposi di avviare una procedura di regolarizzazione progressiva, attraverso varie divisioni di utili, che sono state effettuate nell’arco del 2007, per un totale di circa 600.000 euro ...nel frattempo si decise di prevedere, per il 2006 e il 2007, la corresponsione di stipendi, regolarmente registrati in contabilità, che ammontavano a circa 30.000 euro al mese, per tutti i componenti della famiglia CASARUBEA ...poiché tali operazioni erano finalizzate a coprire il pregresso ammanco di cassa non vi era evidentemente corrispondenza con effettivi movimenti bancari, come è facile desumere dall’esame della documentazione bancaria della società.. “. E’ bene ricordare che la vigente normativa in materia di contabilità delle società, impone ai soci ed all’amministratore di redigere apposito “verbale di prelievo”, ogni qualvolta si attingano fondi dalla cassa della società. Non risulta, agli atti della Las Vegas S.r.l., che detti verbali siano mai stati redatti . Alla stregua di quanto sopra risulta evidente che tutti i bilanci della “Las Vegas Bingo S.r.l.” sono stati “accomodati”, in conseguenza dei comportamenti dolosi o colposi dei commercialisti che li hanno redatti e quindi contengono dati numerici non rispondenti a verità. Il dato che emerge dalle indagini della D.I.A. è che oltre 2.5000.000 euro sono fuoriusciti, in contanti, dalle casse del “Bingo Las Vegas”, per poi essere destinate a fini che, a tutt’oggi, si sconoscono. Gli elevatissimi ammanchi di cassa possono essere dovuti alla resa dei capitali messi a disposizione da soci occulti alla società Las Vegas fingo S.r.l.”, con l’eventuale aggiunta di interessi e/o del guadagno frattanto prodotto. La relazione tecnica del consulente del P.M. Ing. Carmelo Castronovo Quest’Ufficio in data 24.04.2008 conferiva incarico all’Ing. Carmelo Castronovo al fine di accertare e quantificare la consistenza degli investimenti finanziari ovvero dei costi di produzione necessari all’esecuzione delle opere di completamento e definizione della struttura da adibire a casa da gioco denominata 91 “Las Vegas Bingo”, ubicata in viale Regione Siciliana n. 411 – 431, atteso che, come anche sancito nel già citato atto di locazione redatto con la “Edilizia Pecora”, l’immobile, prima dell’adattamento a casa da gioco, era ancora allo “stato grezzo”. Tale attività si rendeva necessaria in quanto era emerso, già dagli altri accertamenti disposti, che il valore di costo dei lavori edili ed impiantistici di riconversione del fabbricato originario all’attività del “bingo”, rilevato dalla contabilità ufficiale e dall’esame dei conti correnti intestati alla società, è apparso incompatibile con la consistenza effettiva delle opere eseguite. Nel complesso, infatti, l’ing. Castronovo ha accertato che i lavori effettuati su tali locali, svolti tra gli ultimi mesi del 2003 ed il primo trimestre dell’anno 2004, hanno interessato: 1) l’impianto di climatizzazione, centralizzato; 2) gli impianti elettrici, compresi quelli di allarme, antincendio, antiintrusione, videosorveglianza, diffusione sonora, centralino telefonico, illuminazione ordinaria e di emergenza; 3) impianto idrico-sanitario; 4) impianto antincendio; 5) opere civili e finiture, che hanno compreso altresì la realizzazione delle tramezzature interne, delle pavimentazioni, delle porte e degli infissi, dei solai, nonché la realizzazione degli spazi esterni e degli spazi a verde. Al fine di avere una cognizione verosimile della dimensione dei costi sostenuti, e per verificare quindi la congruità del costo di costruzione desumibile dagli atti amministrativi con gli effettivi valori di costo all’epoca degli interventi, il perito ha svolto una indagine di mercato con operatori ed imprese del settore edilizio sulla piazza siciliana, determinando i costi di costruzione di riferimento altresì mediante l’”aggiornamento dei costi di costruzione dei nuovi edifici”, di cui alla circolare C.N.P.A.I.A. del 20.11.1984 n. 404 (la quale riporta valori ricavati su media nazionale) applicando un congruo coefficiente correttivo geografico. 92 La conclusione cui è giunto il perito è che l’ordine di grandezza del costo di costruzione delle opere eseguite nei locali che ospitano la sala da gioco Las Vegas Bingo si stima in Euro 2.500.000,00. Questo importo non comprende la somma relativa all’acquisto di arredi e attrezzature della sala che, per come registrato nella contabilità aziendale, ammonta complessivamente a Euro 994.000,00 alla data di inizio dell’attività, il 16.04.2004, per un totale di Euro 3.494.000,00 Tale cifra è assolutamente conforme a quanto riferito dal Casarubea Domenico nell’intercettazione del 13.07.2006 (sopra meglio specificata) : “... io non so se lei ha visto la sala.., sette miliardi mi è costata, sette miliardi mi è costata, non è che mi è costata una lira.., e prima di investire sette miliardi.. .non è che sono nuciddi. . .“. 93 LE DICHIARAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA Il collaboratore di giustizia Francesco Franzese nell’interrogatorio reso in data 21.11.2007 nell’ambito del proc. n. 10119\07 R.G., relativamente al Las Vegas Bingo dichiara di conoscere Salvatore Greco, fratello del pregiudicato Enzo suo “figlioccio”, e che Salvatore “aveva preso” il bar del Las Vegas Bingo, assieme al già citato Sandro Mannino che sapeva appartenere alla “famiglia” mafiosa di Palermo Passo di Rigano. Riferisce che l’iniziativa di “avviare” tale tipo di attività è stata proprio di Salvatore Greco, che infatti è molto amico di Franco Casarubea, “proprietario” formale del Bingo, e che ha visti più volte assieme in barca, spesso ormeggiata a Marina di Villa Igiea. Specifica di ricordare che il Greco è l’effettivo gestore del bar, ma che probabilmente, oltre il Mannino, altre persone dovevano subentrare nella proprietà del bar successivamente. Nell’interrogatorio reso in data 18.04.2008 inoltre conferma di conoscere bene Salvatore Greco, in quanto fratello del proprio amico “figlioccio” Enzo, e “Franco” Casarubea ed altresì conferma di sapere che Mannino Sandro è socio occulto del Bingo. Specifica che Salvatore Greco, che fino a pochi anni prima faceva l’elettrauto, “…..aveva anche questi interessi dentro il Bingo, gestiva anche il bar…, aveva interessi dentro il Bingo… principalmente … mi parlò del bar …. lo stava gestendo ” ; inoltre che lo stesso Greco ha sempre avuto un tenore di vita altissimo, dispendiosissimo :“ ….faceva una vita … al di sopra di qualsiasi possibilità uno può pensare…..” cambiando anche spesso autovetture Porche del valore di 150 mila Euro cad.. 94 Il collaboratore di giustizia Nuccio Antonino nell’interrogatorio reso in data 28.11.2007, relativamente al Las Vegas Bingo dichiara di sapere che un fratello del pregiudicato Enzo Greco ha un’attività, un bar, all’interno della sala Bingo Las Vegas, e che l’immobile del Bingo è “riconducibile” a Rotolo Antonino. Il collaboratore di giustizia Bonaccorso Andrea nell’interrogatorio reso in data 28 gennaio 2008 confermerà che, per quanto a sua conoscenza , l’immobile ove insiste il Bingo Las Vegas è in comproprietà tra il Pecora e Rotolo Antonino e che il fratello di Enzo Greco è in cointeressenza per la gestione del bar. Nell’interrogatorio del 06 febbraio 2008 lo stesso poi parlerà della volontà dei Lo Piccolo di uccidere Sansone Domenico, cognato di Rotolo Antonino, per via di contrasti sorti dopo l’arresto del Rotolo, relativi alla gestione della somma di denaro che Pecora versava mensilmente per l’immobile del Bingo in favore del Rotolo, sia perché creava problemi alla reggenza di Vincenzo Greco nel mandamento di Passo di Rigano; il Bonaccorso confermerà quindi la “protezione” accordata dai Lo Piccolo in favore dei fratelli Greco, anche all’interno del Las Vegas Bingo. Nel recente interrogatorio del 20 giugno 2008 fornirà però maggiori dettagli sul vero ruolo di Salvatore Greco all’interno del Bingo, con particolare riferimento alla possibile cointeressenza nell’attività del bar del fratello associato mafioso Greco Vincenzo. Riferisce in particolare che il bar all’interno del Bingo, come anche un ristorante nei pressi della Via Libertà, è di entrambi i fratelli, essendone il Greco Vincenzo socio occulto: “…. Omissis….. P.M. INGROIA: Però questo ristorante… P.M. SAVA: Ed il bar… BONACCORSO: Sì, ed il bar… erano di tutti e due fratelli. P.M. INGROIA: Erano di tutti e due fratelli? BONACCORSO: Sì, sì. P.M. INGROIA: Quindi, lei sa che è del fratello di Enzo GRECO? BONACCORSO: Sì, lo gestiva lui. P.M. INGROIA: Ma era socio occulto anche suo fratello? BONACCORSO: Sì, tutto… avevano pure un’impresa, però non so… sempre di movimento terra, di queste cose di qua, però non lo… P.M. INGROIA: Quindi Salvatore GRECO faceva da prestanome di suo fratello Enzo? BONACCORSO: Erano in società, sì, erano tutti e due… 95 P.M. INGROIA: E per il bar? BONACCORSO: Era pure di Enzo. P.M. INGROIA: Di fatto era di Enzo? BONACCORSO: Sì, era di tutti e due fratelli. P.M. INGROIA: Salvatore era socio occulto di suo fratello? BONACCORSO: Sì, sì. P.M. INGROIA: Quindi, diciamo, non era uomo d’onore, però consentiva a suo fratello di… BONACCORSO: Sì, diciamo, lo teneva pulito, perché aveva le attività…………………..” Il collaboratore di giustizia Campanella Francesco all’udienza del 31.10.2006 tenutasi presso la Corte di Assise di Palermo, nell’ambito del Proc. c\Fontana Ignazio +2, fa particolari riferimenti all’interessamento diretto del boss di Santa Maria di Gesù Cosimo Vernengo nel Las Vegas Bingo. Lo stesso infatti ha appreso (tra il 2003 ed il 2004) dall’associato mafioso Mandalà Nicola, boss di Villabate, che il predetto Vernengo aveva interessi economici diretti nella sala Las Vegas e la utilizzava altresì per gli appuntamenti con le persone con le quali organizzava le proprie attività illecite. Conferma di tale assunto promana proprio dalle attività tecniche confluite nel Proc. Penale 3287/03 Mod. 21, che ha portato poi all’arresto dello stesso Vernengo, ed in particolare nella conversazione intercettata proprio in danno del Vernengo il 22.07.2003 dove questi, parlando con altri associati, riferisce la sua intenzione, qualora la famiglia di Santa Maria di Gesù da lui capeggiata fosse riuscita ad “aprire” una sala bingo, di affidare la gestione di un eventuale bar interno ad un affiliato, tale Contorno, sino a quel momento sostenuto economicamente da tutta l’organizzazione mafiosa, in modo da operare un “taglio” alle spese dell’organizzazione. Nel recente verbale di interrogatorio del 05 luglio 2008 poi fornisce importanti elementi di riscontro a quanto sinora detto, con particolare riferimento: - alla “vicinanza” dei Casarubea all’organizzazione mafiosa; - al suo diretto interessamento per l’apertura di una sala bingo, al fine di agevolare le attività illecite di importanti esponenti dell’organizzazione mafiosa; 96 - alla vicenda della cessione della licenza per il gioco del bingo avvenuta in favore del Casarubea ed autorizzata dall’AAMS. - all’interessamento diretto nella società Las Vegas Bingo e all’utilizzo da parte dell’organizzazione mafiosa delle attività del bingo e dei centri SNAI a fini di riciclaggio di denaro di provenienza illecita; Il collaboratore in detto verbale in particolare narra della sua conoscenza diretta del Casarubea (Francesco) e dei suoi precedenti soci nella Sala Bingo del Nazionale, cioè i fratelli Monti. Il Campanella in particolare narra di avere avuto la necessità di prendere contatto con gli stessi al fine di ottenere informazioni circa il funzionamento del gioco del bingo atteso che di lì a poco, unitamente al suo socio Mandalà Nicola, noto associato mafioso, avrebbe ottenuto la concessione statale per la quale era già in graduatoria per l’avvio di una nuova sala. Li incontrò quindi, accompagnato dal Mandalà, direttamente presso la sala del Politeama; il Casarubea gli venne presentato come “persona di diretto interesse e contatto con l’organizzazione Cosa Nostra”, ed ancora che “era il punto di riferimento di Cosa Nostra all’interno di quell’interesse economico della sala Bingo”, tant’è vero che per tali motivi la sala Bingo del Politeama, fin quando era socio il Casarubea, non pagava il pizzo. Tempo prima anche un esponente della famiglia mafiosa di Villabate tale Giovanni D’Agati - riferisce sempre il Campanella - gli aveva parlato di Casarubea come persona “ del mondo di Cosa Nostra” che si occupava di Bingo. All’atto dell’incontro il Campanella capì subito che sia il Casarubea sia i Monti, per la deferenza mostrata, conoscessero bene lo spessore criminale del Mandalà. Confermava nel contempo che Cosa Nostra ritiene di grande interesse economico l’attività del Bingo, attività che produce enormi quantità di incasso in contanti e quindi molteplici opportunità per le attività di riciclaggio effettuabili, descrivendo altresì le modalità con cui detto riciclaggio veniva messo in pratica dal Mandalà, con numerosi prelevamenti di denaro contante dalle case della Sala Bingo e dei centri SNAI che gestiva, che veniva “scambiato” con assegni postdatati che derivavano dal 97 traffico degli stupefacenti, delle auto rubate e che riceveva, tra gli altri, anche dalle vittime del pizzo. Ha spiegato come in realtà il Casarubea si sia “sciolto” dalla società con i Monti non perché fosse stato “cacciato” da quest’ultimi, bensì perché l’organizzazione mafiosa per il tramite del Casarubea aveva avuto la possibilità di acquisire la licenza per un nuovo Bingo, acquistandola da altri imprenditori che avevano partecipato al bando nazionale (di cui comunque non ricorda il nome); confermerà a questo proposito anche la vicenda dello “spostamento” della licenza in favore del Casarubea da parte dei Monopoli di Stato, dopo il collaudo dell’immobile ospitante i locali della sala gioco. Per quello che è a conoscenza di Campanella, il Las Vegas Bingo sarebbe stato fatto diventare da “Cosa Nostra” in una “prospettiva economica più larga”: un piccolo Casinò, con una serie di piani dove sarebbero state messe slot machines e tavoli da gioco, se un giorno fosse stato consentito dallo Stato il gioco d’azzardo. Lo stesso Las Vegas era quindi “ a totale capitale Cosa Nostra”, ed apprese direttamente dal Mandalà che, tra gli altri, ne era coinvolto personalmente il boss mafioso Cosimo Vernengo, rappresentante dell’investimento economico di Cosa Nostra in detto “affare”, tant’è vero che, quest’ultimo, ne faceva pure un punto di incontro tra associati; relativamente agli “altri soci” appartenenti all’organizzazione, e della cui esistenza ha avuto conferma dal Mandalà stesso, non ha mai avuto però “modo di chiedere o apprendere”. Il Campanella in detto interrogatorio espone pure le modalità operate talvolta per “sistemare” i bilanci delle società , e quindi la registrazione di una serie di fittizie operazioni contabili, attesa la necessità di coprire il “buco” che il Mandalà creava nelle casse delle varie società interessate attraverso i citati numerosi prelevamenti in contanti, tra le quali false fatturazioni da parte dei fornitori o per falsi lavori edili di ristrutturazione, falsi compensi per prestazioni occasionali a soggetti che in realtà non facevano nulla, falsi prestiti concessi a soci, etc. Relativamente al Bar del Bingo il Campanella confermerà che anche per tale attività ci fu l’interessamento di Cosa Nostra; in particolare lo stesso Mandalà aveva promesso inizialmente la gestione dello stesso a Greco Leonardo, boss 98 mafioso di Bagheria, che cercava una attività imprenditoriale per “sistemare” la figlia. In seguito ci furono dei dissidi e la cosa “non andò più in porto” e che il Mandalà decise di passare ad una gestione diretta del bar. REFLUENZA SULLA DISCIPLINA DELL’ISTITUTO DEL 3 QUATER DEI REATI SOCIETARI EMERSI NEL CORSO DELLE INDAGINI Un aspetto specifico è quello dei reati societari emersi nel corso della Amministrazione Giudiziaria (cfr. relazioni a firma del dott. Collovà) e comprovati, in via ulteriore, dagli esiti della consulenza tecnica d’ufficio (cfr. relazioni a firma del dott. Giuffrida e del dott. Pampana). Detti reati assumono rilievo sotto un duplice profilo. In primo luogo sono ovviamente sintomatici della mala gestio delle imprese in re ipsa, alterando i dati contabili e dunque la reale situazione (statica e dinamica) patrimoniale e gestionale della società conferendosi autonomo rilievo alla dimensione istituzionale dell’interesse pubblico alla trasparenza delle comunicazioni sociali. In secondo luogo l’altro aspetto (di maggiore rilevanza nel caso di specie) è quello della strumentalità dei falsi contabili rispetto ad altre e più gravi fattispecie delittuose, prima tra tutti l’ipotesi del riciclaggio di denaro sporco. Ed infatti, di norma, la alterazione dei dati contabili e patrimoniali delle imprese commerciali non è fine a se stessa ma è, appunto, finalizzata alla realizzazione di altri reati che vengono occultati per il tramite della menzogna contabile. In relazione alle società oggetto di amministrazione giudiziaria le risultanze degli accertamenti contabili consentono di poter dire che la falsa rappresentazione dei dati societari – e su cui sono ovviamente in corso le relative indagini – ha celato senza alcun dubbio operazioni sospette sintomatiche di una condotta riciclatrice. Uno degli strumenti utilizzati per la realizzazione di falsi contabili e finalizzato sinergicamente al riciclaggio del denaro sporco è costituito dal c.d. conto cassa e dalla falsa rappresentazione di liquidità inesistenti. Normalmente il saldo del conto cassa corrisponde alla effettiva giacenza di liquidità disponibile, spesso accade tuttavia che 99 la quantità segnalata in contabilità sia solo sulla carta perché sono stati effettuati dei pagamenti di costi neri oppure perché vi sono state delle uscite che non è possibile giustificare (ad es. il pagamento di una tangente). In tutti questi casi l’uscita non viene registrata; per riportare il saldo alla realtà si effettueranno annotazioni oggettivamente o soggettivamente non rispondenti al vero: si appone un falso pagamento, talvolta utilizzando un falso giustificativo di spese (es. distribuzione degli utili ecc.). La spia di questa anomalia è rappresentata dall’entità stessa del saldo attivo, che riporta una grossa cifra: a volte si riscontra che nonostante le apparenti cospicue giacenze di cassa l’impresa ricorre a prelievi bancari per far fronte a pagamenti anche di modesta entità. Altre volte capita che la cassa presenti saldi negativi, che per la natura di questo conto sono impossibili: ciò si verifica quando sono stati registrati pagamenti di spese che risultano ufficialmente in contabilità, pagamenti che in realtà sono stati effettuati con denaro che proviene da altre riserve non documentate. Tra le due ipotesi appena descritte, la prima – che costituisce di norma un caso di scuola - diventa il caso di specie nel procedimento in oggetto. Ovviamente quanto sopra detto in linea generale ha una ancora più esplicita refluenza sull’istituto del 3 quater L. 575/1965. La struttura societaria, come detto, si presta in re ipsa ad essere strumento per il riciclaggio del danaro «sporco», proveniente direttamente dalle attività delittuose ed utilizzato, in seguito, anche per finanziare la società stessa senza ricorrere ai normali canali di credito o ricorrendovi in maniera fittizia; di tali capitali, per quanto evidente, deve essere disposta la confisca. Ovviamente la situazione è maggiormente problematica nella ipotesi in cui l'investimento per finalità di riciclaggio avviene attraverso la falsificazione della contabilità societaria; come avvenuto nelle società in oggetto. Quando il danaro, infatti, è quello investito originariamente dal socio agevolato per l'inizio dell'attività economica, o è quello immesso successivamente (aumenti di capitale o anticipazioni in conto capitale) nel circuito economico della società secondo operazioni assolutamente trasparenti (risultanti dalla contabilità societaria), 100 l'unica questione che deve risolversi ai fini dell'adozione del provvedimento di confisca è quella della loro provenienza illecita, valutazione che si svolgerebbe secondo la consueta dialettica del procedimento di prevenzione, e cioè sulla base del raffronto tra la capacità economica del socio e l'entità del capitale impiegato nel finanziamento della società (cfr. Trib. Palermo, decr. 3 giugno 1999, Sicilconcrete S.r.l.). All’opposto, allorché il riciclaggio del danaro è compiuto attraverso false operazioni contabili quali, ad esempio, <la registrazione di un'uscita per un valore inferiore a quello effettivo o, al contrario, tramite la registrazione di un'entrata avente un valore superiore a quello effettivo>, ovvero tramite il pagamento dei debiti sociali in parte con denaro illecito, il problema principale è quello dell'individuazione di questi capitali «sommersi» confluiti nell'attività economica della società. Una volta appurata, seppur sulla base di elementi indiziari, la falsità dell'operazione contabile, le somme occultate presenterebbero già di per sé carattere illecito e sarebbero, pertanto, soggette a confisca. Tale conclusione, ovviamente, non deve essere limitata alle somme di denaro nell’ipotesi in cui – ed è questo il caso – sia l’intera gestione della società ad essere connotata da anomalie, irregolarità contabili e finanziarie idonee a rientrare nella ipotesi sospetta del riciclaggio ] 101 OSSERVAZIONI SULLE MEMORIE E CONSULENZE DIFENSIVE E SULLA DOCUMENTAZIONE PRODOTTA ALL’UDIENZA DEL 04.06.2008 Una prima osservazione va fatta sulle considerazione del Dott. Collovà a proposito degli accertamenti documentali sui bilanci e sulle scritture contabili della società Las Vegas Bingo srl, svolti dal Dott. Salvatore Errante Parrino su incarico dei Signori Casarubea quale loro Consulente Tecnico di Parte. A seguito della consegna della richiesta documentazione da parte del Dott. Collovà il c.t.p., in data 3 marzo 2008, ha depositato una relazione nella quale è stata posta attenzione al funzionamento del conto <cassa> della predetta società. Il Dott. Salvatore Errante Parrino, dopo avere esposto correttamente i principi che attendono alla funzione del conto <cassa>, definito dal principio contabile OIC 14 che riguarda le disponibilità liquide, come confermato dall’A.G., si avventura in un impervio percorso con il fine di potere comunque dimostrare la buona fede della formazione dell’appostazione contabile in esame. Come già superiormente esposto, detto conto presenta nel corso della sua formazione, dall’anno 2004, fino alla data di immissione in possesso dell’amministrazione giudiziaria, saldi giornalieri assai rilevanti e peraltro non coerenti con i flussi finanziari effettivi, saldi che erano già stati depurati di quelle operazioni virtuali poste in essere dal consulente aziendale allo scopo di “sistemare” il conto <cassa>. Il c.t.p., pur condividendo l’anomalia, ne giustifica la sua presenza sostenendo, come a lui dichiarato dai suoi assistiti, che detti saldi contabili non rispondono all’effettiva consistenza fisica di cassa per effetto di prelevamenti che sarebbero stati effettuati dai soci medesimi, al fine di provvedere alle proprie necessità familiari, e non contabilizzati. Il c.t.p., ha sostenuto peraltro di potere dimostrare quanto sopra su base 102 documentale; e per far ciò imbastisce un impalpabile metodica di accertamento fondata sulla comparazione dei versamenti effettuati dai soci della Las Vegas Bingo s.r.1., nei rispettivi conti bancari, ancorché detta comparazione non sembra essere coerente, sotto il profilo temporale; ciò in quanto non viene effettuata su base giornaliera o comunque su ristretti periodi di tempo bensì su macroperiodi. In sostanza, il Dott. Salvatore Errante Parrino, dopo avere elencato tutte le movimentazioni bancarie, riguardanti per aggregazione familiare, i conti bancari personali dei soci, giunge alla conclusione che, negli anni di riferimento la famiglia Casarubea, complessivamente, ha effettuato versamenti in banca, nel periodo intercorrente fra l’anno 2004 ed il 30.11.2007 pari a circa Euro 1.200.000,00 Ed anche all’udienza del 04 giugno 2008 presso il Tribunale di Palermo Sezione Misure di Prevenzione, gli avvocati difensori di Casarubea Cristina, Manuela e Olga, depositano la documentazione sulle informazioni assunte ex artt. 391bis e 391ter c.p.p. da alcuni dipendenti della “sala bingo” che in buona sostanza affermano, sulle domande poste dagli avvocati di parte, che : - erano esclusivamente Domenico e Francesco Casarubea a gestire la selezione del personale, i rapporti con i fornitori e in generale tutte le attività di gestione, non hanno mai notato ingerenze di terzi nella gestione o nell’amministrazione societaria; - le sorelle Cristina, Olga e Manuela Casarubea non si sono mai occupate della gestione e dell’amministrazione societaria; - Casarubea Domenico e Francesco prelevavano i compensi per l’attività svolta direttamente dalla cassa Il dott. Collovà nella relazione del 16 maggio 2008 confuta con precisione le considerazioni svolte dal c.t.p. Dott. Salvatore Errante Parrino; infatti: - in primo luogo ha fatto rilevare che l’applicazione della misura di prevenzione ha avuto inizio il 23 ottobre 2007 con l’immissione in possesso da parte dell’amministratore giudiziario, e che la situazione contabile acquisita in quell’occasione porta, così come consegnata dal consulente aziendale, la data del 31 agosto 2007. Il saldo di <cassa> a quella data, 103 aggiornato al 22 ottobre 2007 dall’amministrazione giudiziaria sulla scorta dei documenti contabili e della prima nota cassa rinvenuti, era pari ad €. 2.042.653,68. Sicchè, se ne deduce ragionevolmente che i versamenti effettuati dai soci sui propri conti bancari a far tempo dal 23 ottobre 2007 fino al mese di novembre 2007, non potevano affatto essere presi in considerazione; ciò in quanto le somme versate non potrebbero in alcun modo provenire dai flussi giornalieri della Las Vegas Bingo s.r.1., già in amministrazione giudiziaria; - pur volendo considerare attendibile la tesi del c.t.p., appare evidente che i saldi complessivi dei versamenti effettuati dai soci nei propri conti bancari, nel periodo di riferimento, ammontano a circa €. 1,2 milioni (non tenendo conto dei versamenti esposti nel superiore paragrafo). Di contro, come già sopra esposto, il saldo di cassa di riferimento, alla data del 22 ottobre 2007, è pari ad €. 2.042.653,68. Ne consegue che i versamenti di cui trattasi, sarebbero decisamente inferiori rispetto alla differenza fra il saldo contabile rilevato e l’effettiva consistenza di cassa sia pure al netto delle somme di denaro ed assegni effettivamente rinvenuti, pari a circa €. 45.000,00. - In terzo luogo, come relazionato dal c.t.p., le somme versate presso i conti correnti dei soci “tra il 2004 e il 30.11.2007”, sono costituite quasi completamente da “denaro contante del quale non se ne deduce la provenienza”. Di tal che, l’assunto secondo il quale i denari versati nei conti correnti personali provenga dai flussi finanziari giornalieri della sala Bingo, appare destituito di qualsiasi fondamento logico e documentale. Esso appare infatti come una presunzione semplice non provata. - Nel corso della rappresentazione di cui alla propria relazione, il Dott. Salvatore Errante Parrino sostiene inoltre che parte delle risorse eccedenti l’effettiva consistenza della cassa, nella misura di €. 282.476,00, sarebbero state utilizzate dai Casarubea per fare fronte ad una serie di spese sostenute con denaro contante. 104 Anche in questo caso si tratta di un assunto non provato documentalmente che non può quindi essere preso in considerazione. E comunque, se è vero che i prelevamenti effettuati dai Casarubea dalle casse della società sono stati effettuati per sostenere le proprie spese familiari, non si comprende il motivo per il quale queste altre spese debbano essere trattate separatamente dalle prime. - Anche l’importo di €. 150.000,00 indicato dal c.t.p. quale somma in contanti rinvenuta e sequestrata presso la sede del Bingo, invero non appare corretto, tenuto conto che al momento dell’immissione in possesso, l’effettiva consistenza di cassa fisicamente rinvenuta, misurava circa €. 45.000,00. In definitiva, conclude il dott. Collovà, le risultanze a cui perviene il dott. Salvatore Errante Parrino nella sua relazione non sono sufficienti a dimostrare che la differenza fra il saldo contabile di <cassa> e l’effettiva consistenza di cassa sia da attribuire a prelevamenti effettuati dai soci per attendere alle proprie necessità familiari di sussistenza; tenuto conto peraltro dell’assoluta incomparabilità di detti saldi contabili con le movimentazioni bancarie dei propri conti personali, si ritiene che dette somme abbiano avuto destinazioni extra aziendali ed extra familiari. 105 I PRESUPPOSTI NORMATIVI PER L’APPLICAZIONE DELLE MISURE DI PREVENZIONE E LA DIFFERENZA CON L’ISTITUTO DI CUI ALL’ART. 3 QUATER L. 575/1965 In via generale, come è noto, la disciplina delle misure di prevenzione a carattere personale richiede che a carico del proposto ricorrano indizi di appartenenza ad associazione di tipo mafioso (cfr. art. 1 l. 575/65 e art. 1 l. 1423/56). Per l’avvio del procedimento di applicazione di misure di prevenzione a carattere patrimoniale occorre, invece, considerare separatamente le misure previste dall’art. 2ter rispetto a quelle di cui all’art. 3quater della legge 575/1965. Invero, i presupposti richiesti per l’applicazione degli istituti del sequestro e della confisca in sede di misure di prevenzione (art. 2ter) sono rappresentati dalla disponibilità diretta o indiretta dei cespiti in capo al soggetto nei cui confronti viene proposta l’applicazione della misura di prevenzione personale, dalla sproporzione tra il valore di detti cespiti e il reddito dichiarato (o l’attività svolta) ovvero dalla sussistenza di “sufficienti indizi” per ritenere che detti cespiti siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Ove, all’esito del procedimento di merito, permangano questi elementi, e quindi non sia soddisfatto l’onere di allegazione che fa capo all’interessato, segue la confisca dei cespiti (cfr da ultimo C.Cass. sez. 1 n 5897 del 26/11/1998 BOMMARITO secondo cui l'art. 2-ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965 n. 575 non prevede un'inversione dell'onere della prova in tema di legittima provenienza dei beni sequestrati al soggetto indiziato di appartenere a sodalizio mafioso, ma va letta in coordinazione con quella di cui al secondo comma; sicché, pur essendo stata data all'interessato la facoltà di contrapporre agli indizi raccolti dal giudice elementi che ne contrastino la portata ed elidano l'efficacia probatoria degli elementi indizianti offerti dall'accusa, tuttavia rimane intatto l'obbligo del giudice di individuare ed evidenziare gli elementi da cui risulta che determinati beni formalmente intestati a terze persone, siano in realtà nella disponibilità del proposto o che il loro valore sia sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta, e raccogliere "sufficienti" indizi che i predetti beni siano il frutto di attività illecite o ne 106 costituiscano il reimpiego. Ne consegue che, ai fini della confisca, spetta al giudice far "risultare" (ovvero dimostrare) che il proposto ha la piena disponibilità dei beni apparentemente appartenenti a persone diverse o che il loro valore é sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, mentre, ai medesimi fini, bastano "indizi sufficienti" che tali beni siano il frutto delle attività illecite da lui esercitate” cui adde C.Cass. sez. 5 n 932 del 17/02/1998 PETRUZZELLA). Ben diverso, e sicuramente più complesso, è l’istituto della sospensione dall’amministrazione dei beni previsto e disciplinato dagli artt. 3 quater e 3 quinquies L. 575/1965. In primo luogo, ai fini della sua applicabilità, non occorre il nesso di interdipendenza tra la misura di prevenzione personale e quella patrimoniale richiesto dall’art. 2 ter, occorrendo, da un lato, la premessa negativa che il destinatario non sia soggetto cui si possano applicare le misure di prevenzione personali nonché, d’altra parte, il presupposto positivo della sussistenza di “sufficienti indizi” (dizione identica all’art. 2ter) per ritenere che l’esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416 bis del codice penale o che possa comunque agevolare l’attività di alcune categorie di persone, così come specificatamente indicate nella citata disposizione normativa (i.e. persone proposte o sottoposte a misure di prevenzione personale o sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui agli artt. 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter c.p.). Su tale presupposto è possibile disporre “ulteriori indagini” ovvero l’imposizione dell’onere di giustificazione all’interessato. Quando ricorrono “sufficienti elementi” per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche agevoli l’attività delle persone socialmente pericolose, sono previste misure interdittive (i.e. sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni). L’art. 3 quinquies prevede, infine, che nel giudizio di merito sia irrogabile la confisca dei beni che “si ha motivo di ritenere” siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. 107 La disposizione in commento, quindi, contempla due fasi distinte quanto a presupposti e finalità: la prima finalizzata alla sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni, per impedire – con una misura meramente cautelare – che una determinata attività anche imprenditoriale agevoli gli interessi di Cosa Nostra o comunque di particolari categorie di soggetti suscettibili di essere destinatari di un provvedimento di prevenzione; la seconda, all’esito della temporanea sospensione, diretta alla confisca, qualora emergano elementi idonei a far ritenere che quei beni siano il frutto di attività illecita o ne costituiscano il reimpiego. La motivazione ed il livello di accertamento richiesto nel giudizio di merito, relativo alla seconda fase del procedimento in oggetto, sono ovviamente correlati al fatto che l’eventuale confisca riguarderebbe beni di un soggetto “terzo” rispetto al procedimento di prevenzione (o all’accertamento penale in quanto tale) (vd C.Cass. sez. 1 n 1112 dell’8/02/1999 GALUPPO secondo cui “in materia di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose, la confisca dei beni che, nel corso del procedimento conclusosi con l'applicazione della misura a carico del proposto, siano stati ritenuti pertinenti ad attività oggettivamente agevolative di quelle mafiose, ai sensi dell'art. 3 quater della legge 31.5.1965 n.575, va disposta non sulla base dei criteri riconducibili alla disciplina dettata dall'art. 2 ter di detta legge, ma facendo riferimento ai distinti parametri dello schema procedimentale disegnato dagli artt. 3 quater e 3quinquies e quindi verificando soltanto, sulla base di univoci e pregnanti elementi indiziari, che trattisi di beni costituenti frutto o reimpiego del frutto di attività illecite, sì da potersi dire realizzata una obiettiva commistione di interessi tra attività d'impresa e attività mafiosa; situazione, questa, nella quale gli effetti del provvedimento ablatorio legittimamente si riflettono sui beni di un imprenditore il quale, pur non sospettato né indiziato di appartenenza ad un'associazione di tipo mafioso, tuttavia, per il ruolo oggettivamente agevolatore dell'attività economica da lui esercitata rispetto agli interessi di detta associazione, sia da considerare, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 487 del 1995, "certamente non estraneo nel quadro della complessiva gestione del patrimonio mafioso"”).. 108 Riassumendo, quindi, il legislatore utilizza una precisa terminologia ai fini dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 3 quater: - “sufficienti indizi” quale presupposto al fine di disporre le ulteriori indagini sull’attività economica esercitata; - “sufficienti elementi” quale requisito ai fini dell’applicazione della misura interdittiva; - “specifici motivi” quale presupposto di valutazione necessario nel procedimento di merito ai fini della irrogazione della confisca. Ciò detto, in linea estremamente generale appare ora opportuno esaminare dettagliatamente l’istituto di cui all’art. 3 quater, in relazione alla sua finalità, ai presupposti applicativi, alla natura, alla applicazione pratica che ne è stata fatta in giurisprudenza, avendo ben presente la particolarità dell’istituto medesimo, evincibile se non altro dalla esiguità delle pronunce giurisprudenziali in materia, nonché la estrema singolarità del caso sottoposto all’attenzione di codesto Tribunale. 109 LA SOSPENSIONE TEMPORANEA DALL'AMMINISTRAZIONE DEI BENI E LA SUCCESSIVA CONFISCA EX ARTT. 3 QUATER E 3 QUINQUIES L. 575/65 QUALI MISURE AVENTI AD OGGETTO I BENI DI PERTINENZA DEL TERZO Con il D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356) il legislatore antimafia ha introdotto nella legge 575/65 gli artt. 3 quater e 3 quinquies, aggiungendo alle misure di prevenzione patrimoniali di cui agli artt. 2 bis e 2 ter le misure della sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni, del sequestro e della successiva confisca. Tali nuovi strumenti di lotta rispondono all'obiettivo di inibire il fenomeno della strumentalizzazione ad opera della criminalità organizzata delle attività economiche lecite che, proprio perché esercitate sotto l'anonimato che le imprese individuali o le società già operanti garantiscono, rappresenterebbero il perfetto «veicolo» per la realizzazione degli interessi illeciti (App. Palermo, 1 ottobre 1996, Tre Noci s.r.l.). Come detto, il procedimento per l'applicazione di siffatte misure si apre allorquando sussistono <sufficienti indizi per ritenere che l'esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'art. 416 bis del codice penale o che possa, comunque agevolare l'attività» di persone nei cui confronti «è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'art. 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti» di cui agli artt. 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter cod. pen.". In presenza di tali elementi di spessore indiziario, il Procuratore della Repubblica o il Questore possono richiedere al tribunale della prevenzione che siano disposte «ulteriori indagini e verifiche», nonché che sia imposto l'obbligo a «chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza» (art. 3 quater, comma 1). 110 I fatti di reato indicati dal legislatore al comma 2 dell'art. 3 quater sono comunemente ritenuti come «fatti ascrivibili al paradigma comportamentale della delinquenza organizzata». Relativamente ai medesimi fatti, deve ricordarsi, peraltro, che ai sensi dell'art. 14 della L. 19 marzo 1990, n. 55 le disposizioni della legge 575/65, concernenti le misure patrimoniali e quelle di cui agli artt. 10 e 10 sexies, trovano applicazione, oltre che «con riferimento» alle persone socialmente pericolose ai sensi dell'art. 1 della legge da ultimo citata ed a quelle di cui all'art. 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche «con riferimento» ai soggetti socialmente pericolosi ai sensi dei nn. 1) e 2) della 1. 27 dicembre 1956, n. 1423, solamente quando, però, <l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli att. 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter del codice penale, ovvero quella di contrabbando». Richiamando tali fattispecie delittuose all’art. 3 quater che, come detto, sarebbero tipiche delle organizzazioni mafiose, il legislatore del 1992 sembrerebbe avere voluto estendere, così, il procedimento di cui agli artt. 3 quater e 3 quinquies anche alle attività economiche che agevolano quelle illecite dell'agevolato, malgrado il fatto illecito ascritto a quest'ultimo, tanto in sede di ordinario procedimento penale quanto in sede di procedimento di prevenzione (art. 1 della legge 575/65), non sia il reato associativo di cui all'art. 416 bi c.p. Da ciò deriva la possibilità di ordinare la confisca dei beni dell'agevolante, ancorandola alla sussistenza di elementi indiziari atti a fondare il giudizio di pericolosità sociale del soggetto agevolato, anche laddove tale qualificazione non derivi direttamente dall'art 1 della 1. 575/65. Si tratterà, infatti, di stabilire se la confisca dei beni dell'agevolante possa essere disposta anche nell'ipotesi in cui le risultanze probatorie acquisite in sede di procedimento penale o di prevenzione siano assolutamente insufficienti, non solo per fondare un giudizio di colpevolezza, ma anche per poter ritenere il soggetto socialmente pericoloso (sempre in ordine a quei fatti) ai sensi dell'art 1, nn. 1) e 2) della L. 1423/56. 111 Peraltro, è bene chiarire immediatamente che è ormai consolidata l’interpretazione per cui le attività agevolate alle quali fa riferimento il dettato normativo possono avere anche carattere interamente lecito. Sebbene sia stato sostenuto che occorrerebbe una funzionalità dell'attività dell'agevolante ad attività illecite (agevolate), tuttavia tale collegamento teoricamente non è necessario, «perché ciò presupporrebbe la prova, per lo meno indiziaria, del carattere illecito dell'attività agevolata», la quale invece non è richiesta ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dall'amministrazione, «essendo sufficiente che l'agevolato sia proposto per una misura preventiva personale e che quindi siano forniti indizi solo della sua generica pericolosità sociale». Come già anticipato la principale novità di siffatti strumenti è rappresentata dalla recisione del collegamento tra la misura patrimoniale e quella personale. La sospensione dall'amministrazione dei beni ed il successivo provvedimento di confisca trovano applicazione, infatti, relativamente a quelle situazioni in cui difettano i presupposti per l'applicazione delle misure di cui agli artt. 2 bis e 2 ter – dunque laddove determinati beni non siano direttamente aggredibili in ragione della loro «disponibilità» da parte di un soggetto socialmente pericoloso - ed avrebbero come destinatari coloro che, persone fisiche o giuridiche, esercitano le attività economiche ritenute, in qualche modo, strumentali alla realizzazione degli interessi di soggetti sottoposti a procedimento penale o di prevenzione. Si tratta di provvedimenti di natura esclusivamente reale, la cui applicazione ovviamente è del tutto «sganciata» dall'accertamento della responsabilità penale o, comunque, della pericolosità sociale del destinatario e che, anziché ruotare attorno alla figura della persona penalmente responsabile (o, comunque, socialmente pericolosa) e del patrimonio ad esso riconducibile, ruoterebbero unicamente attorno al «contributo agevolatore» che le attività economiche lecite possono fornire alle organizzazioni criminali. A tal proposito la giurisprudenza di merito ha precisato che le < persone nei confronti delle quali può essere disposta la sospensione temporanea dell'amministrazione dei beni, prevista dalla legge antimafia, sono connotate da una situazione negativa, cioè la totale estraneità all'associazione mafiosa», atteso che altrimenti, ove l'attività al 112 servizio della mafia risultasse prestata per libera scelta, gli stessi sarebbero proponibili per l'applicazione delle misure di cui agli artt. 2 bis e 2 ter. Ma vi è di più. Il modello tipico fondato sul rapporto di presupposizione tra la misura personale e quella reale viene meno non solo in relazione al destinatario dei provvedimenti di sospensione e di confisca - e cioè l'agevolante che non deve essere un soggetto socialmente pericoloso - ma non è richiesto neppure nei confronti dell’agevolato. Ed infatti presupposto sufficiente perché possano adottarsi le misure in esame è, oltre all'accertamento del nesso «agevolativo», quello dello status processuale dell'agevolato, quale soggetto proposto per l'applicazione di una misura di prevenzione personale o sottoposto a procedimento penale. Un primo problema è quello della individuazione del significato di «agevolazione» su cui la legge mantiene un assoluto silenzio. Sul punto si sono sviluppati due differenti orientamenti. Da una parte, si propone una soluzione senz'altro più «elastica», tale da dilatare l'ambito di applicazione della normativa sino a ricomprendere tutte le attività dalle quali l’agevolato può trarre una qualunque utilità, un «qualsiasi vantaggio», «suscettibile di valutazione economica» ed indipendentemente da un suo «comportamento operativo»; dall'altra, invece, vi è chi propende per una lettura più restrittiva, «un'interpretazione di tipo sistematico» che, tenendo presente il contesto normativo in cui la norma è inserita, porta ad individuare il nesso agevolativo solo in presenza di «un collegamento finalistico con le condotte tipizzate dagli artt. 416 bis, 629, 630, 648 bis e 648 ter c.p., con la precisazione, peraltro, che l'«agevolazione rilevante» sarebbe solo quella che si realizza «sul piano prettamente economico, con esclusione di ogni altro tipo di contributo». Tra le ipotesi suscettibili di determinare l’applicazione dell’istituto in discussione la situazione riconducibile al caso di specie è quella in cui il terzo esercita un'attività oggettivamente agevolativa di quelle illecite altrui (art. 3 quater, comma 2), pur non essendo né costretto, né tanto meno coinvolto nell'attività delittuosa. 113 In tal caso l’estraneità del terzo imprenditore al fenomeno mafioso emergerebbe esclusivamente dalla sua «non assoggettabilità» alle misure preventive di cui agli artt. 2 bis e 2 ter. Ovviamente si è posto il problema di quando può dirsi che in effetti l’impresa agevoli l’attività illecita altrui senza che l'imprenditore ne sia direttamente coinvolto «e senza che, d'altra parte, ne sia vittima». La conclusione è stata che questo tipo di situazioni sostanzialmente si viene a realizzare solo laddove l’attività economica agevolatrice, di supporto agli interessi mafiosi, sia esercitata in forma societaria e dove, peraltro, non tutti i soci sono coinvolti nell'attività criminosa. Infatti, in tali circostanze <l'impresa non è vittima dell'organizzazione criminale, perché parte dei suoi proprietari sono responsabili dell'attività illecita, né del resto pienamente coinvolta in quanto non tutti i proprietari sono responsabili». In ordine alla finalità di tali misure, secondo l'opinione diffusa tanto in giurisprudenza quanto in dottrina, la sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni rappresenterebbe un provvedimento di natura cautelare, il cui scopo sarebbe quello di impedire che determinate attività economiche, di per sé lecite, vengano o continuino ad essere esercitate in posizione di «contiguità» rispetto alle associazioni criminali (in tal senso in giurisprudenza, Corte cost., 29 novembre 1995, n. 487, in Giust. pen., 1996, I, c. 36; Cass., sez. I, 8 febbraio 1999, Crimi e altri, in Foro it., 1999, II, c. 626; App. Catania, decr. 21 novembre 1997, Spampanato, in Cass. pen., 1998, II, p. 2729). Dunque, il complesso procedimento disciplinato agli artt. 3 quater e 3 quinquies è finalizzato ad una duplicità di risultati: arrestare la strumentalizzazione da parte delle organizzazioni criminali delle attività economiche lecite e sottrarre al terzo esercente l'attività agevolatrice quanto rappresenti il frutto della «commistione di interessi» tra l'attività illecita altrui e la propria attività economica lecita. Al primo di tali obiettivi si perviene per mezzo del provvedimento di sospensione, il quale, comportando la sostituzione dell'agevolante con l'amministratore giudiziario, consente la liberazione dell'impresa vittima della pressione criminale, ovvero l’interruzione dell'ingerenza del socio mafioso nella gestione degli affari sociali. 114 Al secondo obbiettivo risponde, invece, il provvedimento definitivo di confisca, diretto a sottrarre all'impresa agevolatrice quei beni che costituiscono il risultato dell'intervento illecito nell'attività economica; beni, dunque, che seppur non rientranti nella «disponibilità» dell'agevolato, giacché di effettiva pertinenza dell'agevolante, sarebbero, pur sempre, inquadrabili come il provento dell'attività illecita del primo e, pertanto, riconducibili in senso lato al patrimonio illecito. In relazione all’oggetto delle misure di cui agli artt. 3 quater e 3 quinquies non appare condivisibile quell’orientamento che vorrebbe distinguere tra i beni utilizzabili nell’attività economica, indipendentemente dalla loro origine, lecita o illecita (soggetti a sospensione ex art. 3 quater, comma 2) e quelli che rappresentano il «frutto» (o il «reimpiego») dell'agevolazione, vale a dire quei beni che proprio perché realizzati con il contributo illecito dell'agevolato devono considerarsi di provenienza illecita (soggetti a confisca ex art. 3 quinquies, comma 2). All’opposto la giurisprudenza di merito, rilevando la difficoltà nella maggior parte dei casi di distinguere ciò ché è di origine lecita da quanto, invece, avrebbe provenienza illecita, tende a ravvisare una assoluta coincidenza tra l’oggetto del provvedimento di sospensione e quello del successivo provvedimento di confisca, estendendo così l'ambito di applicazione di quest'ultima sino a ricomprendervi anche i beni «strumentali» alla realizzazione dell'agevolazione. Si è affermato, difatti, che se all'esito della temporanea sospensione dall'amministrazione emergono elementi indiziari «atti a far ritenere che quei beni siano il frutto di una commistione di interessi tra attività di impresa e attività mafiosa (e qui l'illiceità attiene più alla "gestione" che al bene in sé considerato), scatta il provvedimento di confisca non tanto dei singoli beni quanto, ovviamente, di quel complesso di beni che rende possibile l'esercizio dell'attività economica o imprenditoriale "agevolatrice"» (ciò che sostanzialmente rappresenterebbe «i1 vero obiettivo di questo particolare provvedimento di prevenzione»). In tal senso App. Catania, decr. 21 novembre 1997, Spampanato ed aliti, in Cass pen., 1998, II, p. 2732: “la confisca non scatta per i singoli beni, «salva l’ipotesi in cui ciò sia concretamente praticabile»”; App. Palermo, decr. 1 ottobre 1996, Tre Noci S.r.l. 115 ed altri, in Cass. pen., 1997, II, p. 2264, in cui si legge che «appare evidente che i profitti di un'attività imprenditoriale, pur se intrapresa con capitali di origine lecita, ove costituiscano il prodotto reddituale di azioni delittuose alle quali sono direttamente collegate da un rapporto di causa ad effetto, non possono essere considerati di origine lecita, così come non possono esserlo anche quei beni che dei detti utili costituiscono il reimpiego. E poiché, come risulta dalla relazione dell'amministratore, la "Tre Noci" ha provveduto alle proprie esigenze prevalentemente mediante autofinanziamento e, in minima parte, mediante il ricorso al credito bancario, al quale la società peraltro non poté far fronte che mediante utili aventi la natura di cui si è detto, tutti i beni aziendali sono da ritenere di provenienza illecita e non possono quindi sfuggire alla confisca»; ed ancora Trib. Palermo, decr. 3 giugno 1999, Soc. Sicilconcrete S.r.L., in cui si osserva che la confisca dell'intero patrimonio sociale - disposta dal tribunale nel caso di specie - «non significa disconoscere l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui la confisca non può aggredire indiscriminatamente tutto il patrimonio del proposto, bensì deve riguardare sempre singoli beni rispetto ai quali siano individuabili le ragioni della illegittima provenienza; ma vuol dire solamente prendere atto che siffatta impostazione, quando si è di fronte ad una realtà produttiva nel suo complesso e dinamico operare, non può che riferirsi all’intera azienda». Altro aspetto che merita di essere approfondito è quello inerente la posizione dei destinatari di siffatte misure, avendosi particolare riguardo alla relazione che intercorre tra gli stessi ed i beni oggetto di confisca. Dall'esame del dato normativo e, soprattutto, dal coordinamento tra i due tipi di procedimento di prevenzione, quello promosso nei confronti dell'agevolato di cui all'art. 2 ter, da una parte, e quello instaurato nei confronti dell'agevolante di cui agli artt. 3 quater e 3 quinquies, dall'altra, emerge con tutta evidenza che i beni oggetto del tipo di confisca ex artt. 3 quater e 3 quinquies sono solamente quelli che non rientrano nella disponibilità, diretta o indiretta, dell'agevolato, giacché, laddove vi rientrassero, sarebbero sottoposti in via immediata alla confisca di cui all'art. 2 ter. Proprio per tale ragione deve ritenersi che la confisca del tipo di quella oggetto del 116 presente procedimento sia rivolta esclusivamente ai beni rientranti nella effettiva titolarità del terzo esercente l’attività economica agevolatrice. Dunque la posizione che il «terzo agevolante» riveste in seno al procedimento di prevenzione ex art. 3 quater è assolutamente differente da quella in cui si pone il «terzo» considerato all'art. 2 ter comma 5, in quanto a differenza di quest'ultimo, titolare solo apparente dei beni oggetto di confisca ex art. 2 ter, il soggetto che esercita l'attività economica asservita o agevolante deve considerarsi l’effettivo titolare dei beni confiscati ai sensi dell'art. 3 quinquies. In tal senso, ad esempio, la Corte di Appello di Palermo nella più volte citata pronuncia del 1 ottobre 1996 stabilisce che “ove dalle indagini dovessero emergere situazioni d'interposizione fittizia in favore di soggetti indiziati di appartenere alla mafia, si rientrerebbe (...) nell'ambito di operatività degli artt. 2 bis e 2 ter“. Peraltro, la Corte Cost., investita del possibile contrasto dello strumento in oggetto con l’art. 27 Cost., ha rilevato, partendo dall'osservazione che il presupposto della misura della sospensione dall'amministrazione risiede nel «carattere per così dire ausiliario che una certa attività economica si ritiene presenti rispetto alla realizzazione degli interessi mafiosi», che in una simile prospettiva i titolari delle attività agevolatrici «non possono affatto ritenersi "terzi" rispetto alla realizzazione di quegli interessi, considerato che è proprio attraverso la libera gestione dei loro beni che viene ineluttabilmente a realizzarsi quel circuito e commistione di posizioni dominanti e rendite che contribuisce a rafforzare la presenza, anche economica, delle cosche sul territorio» (cfr. Corte cost., 29 novembre 1995, n. 487, in Giust. pen., 1996, I, c. 3G). Attraverso lo strumento in oggetto si colpiscono, dunque, i proventi della criminalità organizzata con una forma di confisca che, sotto il profilo soggettivo, può essere diretta anche nei confronti di un terzo non socialmente pericoloso. Questa scelta legislativa trova giustificazione nella natura di misura di prevenzione praeter delicutm della confisca in discussione. In sede di prevenzione antimafia, infatti, laddove non vi è l'accertamento del fatto di reato e, conseguentemente, non si conoscono i beni ad esso connessi, il piano di indagine è per certi versi 117 sostanzialmente invertito rispetto a quello della prevenzione post delictum: nel senso che in presenza di determinati presupposti (di «sufficienti elementi» per ritenere che una determinata attività economica agevoli l'attività illecita di determinate persone qualificate) si procede partendo dal patrimonio di pertinenza del «terzo» nel quale si presumono confluiti i proventi dell'illecito, i quali, una volta identificati, sulla base di elementi di spessore indiziario, sono soggetti a confisca perché rappresentativi del «frutto» o del «reimpiego» delle attività illecite poste in essere da un soggetto socialmente pericoloso, quale sarebbe l'agevolato-mafioso. Ed invero, in sede di applicazione della confisca quale misura di sicurezza (art. 240 c.p.) tale approccio non è necessario per il fatto stesso che vi è un reato e che questo risulta accertato e, così, con esso individuati tutti (o parte dei) beni che ne rappresentano il profitto. La misura si dirige direttamente nei confronti del reo e può avere ad oggetto anche i beni appartenenti ad un terzo proprio in ragione del fatto che costui non può considerarsi estraneo al reato. Analogo discorso varrebbe per la confisca di cui all'art. 3 quinquies, con la particolarità, tuttavia, che in tal caso manca l'accertamento del reato e con esso l'identificazione dei beni che da questo dovrebbero provenire. Ed allora, in siffatti casi, per l'individuazione di quanto costituisce il «frutto» delle attività illecite altrui (od il «reimpiego» di questo) è necessario procedere direttamente dal patrimonio del «terzo» che si ritiene avvantaggiato, e cioè dal patrimonio del soggetto (persona fisica o giuridica) esercente l'attività economica che, sulla base di elementi indiziari, si ritiene strumentalizzata per la realizzazione di interessi illeciti. E così, mentre la confisca di cui all'art. 2 ter 1. 575/65 ha un raggio di azione limitato al patrimonio del prevenuto, quella di cui all'art. 3 quinquies, invece, fungendo in buona sostanza da prolungamento della prima, è diretta a colpire - in un'ottica di prevenzione ante delictum - anche i risultati economici dell'attività del mafioso ricaduti nel patrimonio del terzo (l'agevolante), per mezzo della cui attività, eventualmente, parte degli stessi sono stati realizzati. La «pericolosità» di tali beni, allora, deriverebbe sia dalla loro inerenza ad una struttura economica di cui la persona socialmente pericolosa (l'agevolato) può 118 avvalersi in futuro, sia dal fatto che tali beni, rappresentando in ogni caso il risultato dell'attività illecita del mafioso, contribuirebbero a rafforzare il potere, soprattutto economico, della criminalità organizzata sull'economia e sul territorio. Certamente uno dei casi più complessi per l’applicazione dell’istituto in oggetto è quello ricorrente nel caso di specie, in cui la strumentalizzazione delle attività imprenditoriale avviene per finalità di riciclaggio. In particolare, si rientra nell’ipotesi in cui l’attività economica è esercitata ab origine grazie ad apporti finanziari di provenienza illegittima. L'attività economica apparentemente lecita, allora, sarebbe soltanto la copertura delle operazioni illecite per le quali la stessa impresa è stata originariamente costituita; d’altra parte l'eventuale estraneità dell'imprenditore o dell'amministratore (della società) all'associazione criminale rappresenta quella «garanzia di anonimato» che terrebbe lontana l'attenzione degli organi inquirenti dall'attività e dal patrimonio dell'impresa. In siffatta ipotesi – pienamente coincidente con il caso sottoposto al giudizio del Tribunale - la confisca deve colpire l'intero patrimonio aziendale poiché nel caso in cui il capitale iniziale è di provenienza illecita si deve correttamente ritenere che anche il successivo capitale derivante dall'attività gestionale dell’impresa è da considerare illecito. Del resto, la struttura societaria si presta, in re ipsa, ad essere uno strumento per il riciclaggio del danaro «sporco», proveniente direttamente dalle attività delittuose dell'agevolato ed utilizzato, in seguito, anche per finanziare l’impresa senza ricorrere ai normali canali di credito o ricorrendovi in maniera fittizia. A tal proposito, sorgono due problematiche: da una parte, quello dell'accertamento della provenienza dei capitali e, dall'altra, quello dell'individuazione di questi quando l'investimento per finalità di riciclaggio avviene attraverso la falsificazione della contabilità societaria. Quando il denaro, infatti, è quello investito originariamente dal socio-agevolato per l'inizio dell'attività economica o è quello immesso successivamente (aumenti di capitale o anticipazioni in conto capitale) nel circuito economico della società secondo operazioni assolutamente trasparenti (risultanti dalla contabilità societaria), l'unica questione che deve risolversi ai fini dell'adozione del provvedimento di 119 confisca è quella della loro provenienza illecita, valutazione che si svolge secondo la consueta dialettica del procedimento di prevenzione sulla base del raffronto tra la capacità economica del socio e l'entità del capitale impiegato nel finanziamento della società. Allorché il riciclaggio del danaro è compiuto attraverso false operazioni contabili – e nel caso di specie sono state individuate - il problema principale è quello dell'individuazione dei capitali «sommersi» confluiti nell'attività economica della società. Una volta appurata, seppure sulla base di elementi indiziari, la falsità dell'operazione contabile, le somme occultate presenterebbero già di per sé carattere illecito e sarebbero, pertanto, soggette a confisca. L'applicazione della misura ablativa di cui all'art. 3 quater nella ipotesi appena citata non viene meno neppure nella diversa casistica in cui vi sia il coinvolgimento della società nelle attività illecite dell'agevolato (socio, terzo, amministratore, etc.) quale soggetto che non può ritenersi terzo estraneo al reato ovvero qualora una parte dei capitali originariamente investiti da uno o più soci (si pensi, ad esempio, al socio assolutamente estraneo alla consorteria mafiosa) abbia origine lecita. In ordine alla prima questione, l'impossibilità di configurare una vera e propria responsabilità penale della persona giuridica di per sé non vale ad escludere la legittimità della confisca adottata nei suoi riguardi e sui suoi beni. Ed infatti, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, formatosi in tema di confisca-misura di sicurezza ex art. 240 cod. pen., quando i beni appartenenti ad una società provengono dal fatto-reato commesso dai suoi legali rappresentanti, degli stessi ne può essere legittimamente disposta la confisca, atteso che rispetto a tali fatti delittuosi la società non può considerarsi terza estranea. Sotto il profilo soggettivo, peraltro, la condizione di «estraneità» della stessa sarebbe esclusa dal fatto che alle persone giuridiche, «in forza dei principi di rappresentanza», devono essere imputati «gli stati soggettivi dei loro legali rappresentanti»; di talché, ove della provenienza dei beni ne siano a conoscenza (eventualmente per esserne direttamente gli autori) o abbiano la possibilità di venirne a conoscenza, usando la 120 diligenza richiesta dal caso concreto, i legali rappresentanti, per ciò stesso sarebbe esclusa la «buona fede» della società (cfr. Cass., sez. II, 18 novembre 1992, Tappinari, Foro it., Rep. 1993, voce Confisca, n. 11, in cui si afferma il principio che «poiché la misura di sicurezza della confisca ha carattere non punitivo ma cautelare, fondato sulla pericolosità derivante dalla disponibilità delle cose che servirono per commettere il reato, ovvero ne costituiscano il prezzo, il prodotto o il profitto, essa può essere disposta anche per i beni appartenenti a persone giuridiche dovendo a tali persone, in forza dei principi di rappresentanza, essere imputati gli stati soggettivi dei loro legali rappresentanti>; Cass., sez. un., 8 giugno 1999, n. 9, Bacherotti, in Foro il., 1999, 11, c. 571 e segg). Peraltro si ricorda che il sistema sembra complessivamente orientato in tal senso. Infatti con il d.lgs. del 8 giugno 2001 n. 231 («Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 30») è stata introdotta la disciplina concernente la responsabilità delle persone giuridiche, la quale, tra le diverse sanzioni (art. 9), contempla anche la confisca. In merito a tale misura, dispone il comma 1 dell'art. 19 del precitato decreto dispone che «nei confronti dell'ente, con la sentenza di condanna, è sempre disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede». In siffatti casi, dunque, la confisca dei beni sociali è legittimamente adottata (non potendosi qualificare la società come terza estranea al reato) ed a tale misura non potrebbero opporsi neanche quei soci eventualmente estranei alle attività illecite da cui i beni provengono. In tal senso si è pronunciato il Trib. Palermo, decr. 3 giugno 1999, Sicilconcrete S.r.l., statuendo, a proposito della partecipazione alla società di un soggetto proposto per l'applicazione di una misura di prevenzione personale, che trattandosi “di una società il cui capitale era ampiamente controllato da esponenti della mafia, (…) rileva che tra costoro ed il prevenuto sussisteva un forte intreccio di interessi economici, sì da far ritenere che il medesimo fosse collegato con i predetti per via della comune appartenenza alla stessa consorteria criminale. Non sembra 121 verosimile, infatti, che» gli altri soci «potessero accettare il prevenuto come socio in un'attività imprenditoriale assai verosimilmente destinata a servire da sbocco ai capitali provenienti dalla loro attività criminale, se il medesimo non fosse stato, per l'appartenenza allo stesso sodalizio criminoso, persona di sicura affidabilità». In ordine alla seconda questione sopra accennata della possibile provenienza lecita di parte dei capitali apportati nella attività imprenditoriale si osserva quanto segue. Ovviamente se tutti i capitali investiti nella società, tanto per la sua costituzione quanto per il suo successivo finanziamento, dovessero risultare di provenienza illecita - ciò che normalmente si desume dall'incompatibilità tra la capacità economico-finanziaria del singolo socio ed il capitale dallo stesso apprestato - l'intero patrimonio sociale, rappresentando il «frutto» delle attività illecite dei soci e, al contempo, il «reimpiego» di questo nell'attività economica, avrebbe origine illecita ed andrebbe, comunque, confiscato. Ad analoghe conclusioni può giungersi anche nella diversa ipotesi in cui una parte dei capitali investiti risultasse di origine lecita. Ed infatti non può ritenersi condivisibile quell’orientamento, peraltro disatteso nella giurisprudenza di merito, di applicare la confisca solo alla quota ideale di patrimonio corrispondente all'investimento illecito. Ciò per un motivo molto semplice: il criterio del raffronto tra i capitali leciti e quelli illeciti utilizzati per finanziare la società potrebbe rivelarsi insufficiente, se non inutile, ai fini della determinazione dei beni da sottoporsi a confisca. Ed invero, oltre ai capitali investiti nell'attività economica, deve tenersi conto anche di ciò che per la persona giuridica rappresenta il «vantaggio» economico derivante, in via immediata, dalle attività illecite poste in essere dall'agevolato. Non sarebbe, infatti, corretto escludere la confisca di tutti o di una parte dei beni sociali soltanto perché i capitali investiti dai soci (originariamente e successivamente) siano in tutto o in parte di provenienza lecita ma abbiano potuto essere tutelati ed incrementati grazie all’attività illecita di uno o più soci. In tal senso, ad esempio, Trib. Palermo, decr. 3 giugno 1999, Sicilconcrete S.r.l., (pag. 38 del provvedimento): «nel caso in esame è rimasto accertato sia l'investimento di enormi somme di denaro attraverso le anticipazioni infruttifere dei 122 soci di cui si è detto e sia l'inserimento della Sicilconcrete s.r.l. nel circuito illecito finalizzato all'inquinamento del settore degli appalti pubblici. Da ciò discende che devono ritenersi di illecita provenienza sia i capitali investiti che i ricavi percepiti attraverso la suddetta impresa economica, proprio perché originati ed in sostanza resi possibili dall’operare sul mercato di una impresa espressione dell'attività mafiosa>. D’altra parte, il fatto che le misure di prevenzione possano intervenire in un momento qualsiasi della vita della società, più o meno distante dalla sua costituzione o dai singoli investimenti da parte dei soci, nonché la stessa natura dinamica del patrimonio della società, in continua evoluzione secondo l'andamento dell'attività economica, impediscono di applicare il semplice criterio della provenienza del danaro utilizzato per l'acquisto di un determinato bene. 123 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E RICHIESTE Sulla base delle argomentazioni sopra riportate l’Ufficio del P.M. ritiene che, quanto alle società Las Vegas Bingo Srl e Las Vegas Bar Sas, già sottoposte alla misura del sequestro ex art. 2 ter e della sospensione dell’amministrazione ex art. 3 quater della Legge 575/1965, non vi sia alcun dubbio che le stesse siano riconducibili ad un gruppo mafioso che, avvalendosi di soggetti incensurati ed eludendo le disposizioni relative al rilascio di concessioni da parte dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, ha dato vita ad una attività di sala gioco “di facciata”, utilizzata sia nella fase di costituzione che nella fase gestionale per riciclare denaro di provenienza illecita. Nel caso in specie molteplici sono gli elementi sintomatici della infiltrazione di soggetti mafiosi nelle anzidette società, apparentemente “pulite”, e della volontà di sfruttare le modalità di funzionamento di una sala da gioco, ed in particolare delle consistenti movimentazioni che ne interessano la “cassa”, per fini di riciclaggio. Elementi, brevemente risintetizzati: Come emerso dalle indagini la Las Vegas Bingo ha acquistato la licenza per il gioco del bingo da altra società, la Almeida Spa, rappresentata da Puccio Matteo Pietro, il quale ha dichiarato agli inquirenti che per tale concessione è stato contattato, sin dal momento in cui aveva deciso di metterla in vendita, dai già citati Mannino Alessandro, Inzerillo Rosario, Piraino Filippo, Greco Salvatore ed il “loro amico” Casarubea Domenico. I primi tre come detto hanno precedenti per mafia e sono altresì considerati “uomini d’onore” nell’ambito delle rispettive famiglie; Greco Salvatore, seppur incensurato, fratello di Vincenzo, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Passo di Rigano, come visto è fortemente inserito nell’ambiente della criminalità organizzata palermitana, nonché vicino a molti rappresentanti di “Cosa Nostra” statunitense. Il Casarubea quindi, “..amico loro..”, e che, come dichiarato da altri soggetti escussi a s.i. e come riferito dalla D.I.A., intratteneva da tempo rapporti di frequentazione con gli stessi, con i quali aveva 124 cointeressenze economiche già dalla prima esperienza con le sale bingo, diventava per il “gruppo” sopra citato essenziale, sia perché incensurato, sia perché l’unico con esperienza di gestione di sale da gioco. Il Puccio inoltre ha ceduto la concessione del gioco (o è stato costretto a cedere, per come si legge “tra le righe” delle sue dichiarazioni alla P.G.) per la irrisoria cifra di Euro 50.000, contro una richiesta iniziale di Euro 1.000.000. Proprietari del “Las Vegas Bingo” diventeranno Casarubea Francesco, Cristina, Olga e Manuela, persone diverse da quelle che hanno “contrattato” e quindi interessate all’acquisto; l’intestazione di società a terzi, in questo caso tutti incensurati e privi delle necessarie risorse finanziarie, è caratteristica delle fattispecie ad elevato rischio di infiltrazione mafiosa e costituisce un’escamotage per scongiurare un futuro sequestro a seguito di misura di prevenzione patrimoniale, che possa colpire uno dei soci. Le stesse modalità di acquisizione delle licenza per l’esercizio del gioco del Bingo hanno rappresentato un vero e proprio stratagemma volto a eludere forzatamente le disposizioni di legge e ad esercitare di fatto il gioco del bingo senza mai aver partecipato ad alcuna gara pubblica indetta dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Elusione concretizzatasi dapprima con la costituzione di una società per l’esercizio delle sale da gioco, la “Las Vegas Bingo Srl”, pur senza alcuna specifica autorizzazione per operare in tal senso; poi con la locazione di un immobile per lo svolgimento dell’attività istituzionale e la sublocazione dello stesso alla citata Almeida Spa; lo scopo della sub-locazione è stato proprio quello di usufruire di quest’ultima per gestire tutta la fase preliminare di costruzione degli impianti ed attrezzature fino ad ottenere il collaudo della sala da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (l’Almeida infatti era già assegnataria della concessione statale sin dal 2000). La circostanza che fa ritenere che si trattasse di un’operazione elusiva risiede nel fatto, come si evince dal contratto stesso di sublocazione, che l’immobile è praticamente rimasto nella disponibilità della Las Vegas Srl, la quale ha altresì realizzato in proprio tutti i 125 lavori necessari per la realizzazione della sala al fine di fa ottenere all’Almeida il collaudo. Il parere favorevole al collaudo, e quindi il rilascio da parte dell’AAMS dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di che trattasi, è stato rilasciato seppur il valore degli investimenti effettivamente realizzati (almeno “sulla carta”) è risultato essere di molto inferiore al valore degli investimenti da realizzare dichiarati dall’Almeida in seno all’offerta di gara. Il valore della cessione del ramo d’azienda comprendente la voltura della concessione de quo, intervenuta tra l’Almeida e la Las Vegas stessa, è assolutamente incongruo rispetto all’effettivo valore di detta parte del compendio aziendale ceduta. Inoltre, al fine di subentrare nell’attività di sala giochi, la soc. Las Vegas Bingo produceva all’AAMS una documentazione attestante gli “idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria”. Tale documentazione è consistita in una lettera di “referenze bancarie” rilasciata dall’Agenzia 566 Palermo 2 della Banca Antonveneta, nella quale testualmente veniva dichiarato che la Las Vegas bingo “si è finora dimostrata di ottimi requisiti morali ed è provvista di adeguate capacità finanziarie”. Detta lettera di referenze, come visto, non rispecchiava in alcun modo le informazioni in possesso della Banca Le disponibilità finanziarie per l’avvio della sala del bingo hanno avuto origine come detto dall’intervento personale dei soci. Però, come riferito dal C.T. Giuffrida, i finanziamenti degli stessi sono stati pari a “soli” 319.600,00 Euro (dei quali € 109.800,00 formati da disponibilità non ricostruibili o non transitati in c\c) . La conclusione cui è giunto il perito Ing. Castronovo però è che l’ordine di grandezza del costo di costruzione delle opere eseguite nei locali che ospitano la sala da gioco Las Vegas Bingo si stima in Euro 2.500.000,00. Questo importo non comprende la somma relativa all’acquisto di arredi e attrezzature della sala che, per come registrato nella contabilità aziendale, ammonta complessivamente a Euro 994.000,00 alla data di inizio dell’attività, il 16.04.2004, per un totale di Euro 3.494.000,00; , e quindi non si conosce la provenienza di tale provvista; detta somma deve essere stata 126 rinvenuta da fonti extraziendali, non riconducibili ai Casarubea; gli stessi d’altronde non godevano di particolare credito verso le banche, le quali in più di un occasione avevano negato la concessione di finanziamenti, ed addirittura in capo a Casarubea Domenico si sono rilevate presso l’UIC segnalazioni di operazioni sospette. Emblematica è la frase pronunciata da Casarubea Domenico in una intercettazione che lo ha interessato :” … io non so se lei ha visto la sala … sette miliardi mi è costata ……” All’atto di immissione in possesso il saldo del conto “cassa” della società è risultato pari a circa 2 milioni di Euro, tuttavia nella effettiva giacenza di cassa tale somma era inesistente. Il consulente fiscale della società altresì ammetteva “l’ammanco” di tale somma già ereditato dalla gestione del precedente consulente, e confermava, aspetto altrettanto importante, di aver tentato un programma di “risanamento” dell’intero impianto contabile con particolare riguardo alla sistemazione del conto cassa al fine di ricondurne il saldo contabile all’effettiva consistenza fisica, anche con l’ausilio di delibere assembleari di spartizione di utili finte, retrodatate. Il consulente di parte poi non ha sufficientemente dimostrato che la differenza fra il saldo contabile di “cassa” e l’effettiva consistenza, sia da attribuire a prelevamenti effettuate dai soci per attendere alle proprie necessità familiari di sussistenza e, tenuto conto peraltro della assoluta incomparabilità dei saldi contabili con le movimentazioni bancarie dei conti personali dei soci, l’amministratore giudiziario ritiene che dette somme, fuoriuscite in contanti dalle casse del Bingo, abbiano avuto destinazioni extra aziendali ed extra familiari. I collaboratori di giustizia hanno confermato che, per loro conoscenza personale, il Las Vegas Bingo è stato “creato” dall’organizzazione mafiosa, con l’ausilio di soggetti incensurati comunque vicini all’organizzazione, al precipuo fine di riciclare proventi di attività illecita, sfruttando l’enorme mole di denaro contante che istituzionalmente si crea ogni giorno nell’esercizio dell’attività; tra questi, oltre i vari Greco, Mannino, Inzerillo e Marcianò (tutti vicini a Lo Piccolo Salvatore) anche boss 127 del calibro di Mandalà Nicola, reggente di Villabate e Cosimo Vernengo classe 1966, reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù. Durante la sospensione dall’amministrazione quindi si è potuto dimostrare, grazie anche al decisivo apporto delle consulenze tecniche contabili e bancarie, che le società Las Vegas Bingo Srl e Las Vegas Bar Sas sono state utilizzate nel tempo per finalità funzionali a cosa Nostra, ed anche, quanto meno in parte, per il riciclaggio di proventi illeciti, in relazione ai quali, ancora oggi, nessuna plausibile giustificazione è stata fornita dagli interessati. In considerazione di tutto quanto sopra evidenziato si ritiene, pertanto, sussistano plurimi elementi per sostenere che le società oggetto della misura interdittiva siano il frutto e/o il reimpiego dell’attività illecita dei suoi amministratori di diritto e di fatto, tutti pienamente consapevoli dell’utilizzo di assodati e concordati strumenti illeciti nello svolgimento ordinario dell’attività imprenditoriale formalmente lecita, con un ruolo attivo e significativo anche nel riciclaggio di denaro di provenienza non conosciuta, essendosi – ad ogni modo – evidenziate una chiara connessione della società con attività illecite ed un’obiettiva commistione di interessi fra attività di impresa e attività mafiosa, che rendono impossibile scindere le componenti lecite del patrimonio aziendale da quelle illecite, e così finiscono per agevolare le attività dell’associazione mafiosa, requisiti ritenuti sufficienti dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito per la confisca proprio in caso di compartecipazione mafiosa in società (cfr., ad esempio, Cass., sez. I, 8 febbraio 1999). La società LAS VEGAS BINGO, così come il bar ad essa relativa, è società – come suol dirsi - “nelle mani di Cosa Nostra”, un’entità giuridico-economica – per esprimersi in termini giuridicamente più appropriati – che risulta essa stessa produttiva di capitali illeciti, ed in quanto tale, a prescindere dalla titolarità di singole quote societarie, va – interamente – confiscata, ex art. 3 quinquies. 128 P. Q. M. Visti gli artt. 1 e segg. della L. 1423/56 e succ. mod.; Viste le leggi n. 575/65 e succ. mod.; 646/82 e succ. mod.; n. 55/90 e succ. mod.; CHIEDE la confisca ex artt. 2 ter, 3 quater e 3 quinquies legge 31 maggio 1965 n. 575 delle quote sociali e del complesso dei beni aziendali delle seguenti società: “Las Vegas Bingo Srl”, con sede in Palermo Viale Regione Siciliana n. 411/431, c. fiscale: 05253510829; Bar “Greco Giovanna Maria & C. Sas”, con sede in Palermo Viale Regione Siciliana n. 411/431, c. fiscale: 05278700827. IL PUBBLICO MINISTERO 129