ODISSEA
Canto XXIII
ODISSEA (canto XXIII)
Prof.ssa Maria Grazia COCCOLUTO
ODISSEA - Canto XXIII
Il Canto XXIII
ODISSEA (canto XXIII)
Aristofane
Aristarco di
Samo
dell’Odissea, con
cui gli antichi
commentatori
Aristofane ed
Aristarco facevano
terminare il poema
al v. 296,
rappresenta il
punto di arrivo
nello sviluppo dei
nuclei tematici che
si sono evoluti
attraverso tutta
l’opera.
ODISSEA - Canto XXIII
In esso appare la
straordinaria capacità
di Omero di indagare
nell’animo di tutti i
personaggi.
In modo particolare
abbiamo scelto i versi
nei quali Penelope
mette alla prova l’eroe
prima di riconoscerlo e
quelli in cui Odisseo le
rivelerà la profezia che
lo vedrà ancora
lontano dalla sua
dimora.
Penelope
Omero
ODISSEA - Canto XXIII
τoν δ' αὖτε προσέειπε περίφρων
Πηνελόπεια·
"δαιμόνι', οὐ γάρ τι μεγαλίζομαι οὐδ'
ἀθερίζω
οὐδὲ λίην ἄγαμαι, μάλα δ' εὖ οἶδ' οἷος
ἔησθα
ἐξ Ἰθάκης ἐπὶ νηὸς ἰὼν
δολιχηρέτμοιο.
ἀλλ' ἄγε οἱ στόρεσον πυκινὸν λέχος,
Εὐρύκλεια,
ἐκτὸς ἐϋσταθέος θαλάμου, τόν ῥ'
αὐτὸς ἐποίει·
ἔνθα οἱ ἐκθεῖσαι πυκινὸν λέχος
ἐμβάλετ' εὐνήν,
κώεα καὶ χλαίνας καὶ ῥήγεα
σιγαλόεντα."
180
Euriclea
E a lui parlò la prudente Penelope:
“Misero no, non sono superba, non ti disprezzo,
non stupisco neppure: so assai bene com’eri
partendo da Itaca sulla nave lunghi remi.
Sì, il suo morbido letto stendigli, Euriclea,
fuori dalla solida stanza, quello che fabbricò di
sua mano;qui stendetegli il morbido letto, e sopra
gettate il trapunto,
e pelli di pecora e manti e drappi splendenti.”
ODISSEA - Canto XXIII
Ulisse
ὣς ἄρ' ἔφη πόσιος πειρωμένη· αὐτὰρ
Ὀδυσσεὺς
ὀχθήσας ἄλοχον προσεφώνεε κεδνὰ
ἰδυῖαν·
"ὦ γύναι, ἦ μάλα τοῦτο ἔπος θυμαλγὲς
ἔειπες.
τίς δέ μοι ἄλλοσε θῆκε λέχος; χαλεπὸν
δέ κεν εἴη
καὶ μάλ' ἐπισταμένῳ, ὅτε μὴ θεὸς αὐτὸς
ἐπελθὼν
ῥηϊδίως ἐθέλων θείη ἄλλῃ ἐνὶ χώρῃ.
ἀνδρῶν δ' οὔ κέν τις ζωὸς βροτός, οὐδὲ
μάλ' ἡβῶν,
ῥεῖα μετοχλίσσειεν, ἐπεὶ μέγα σῆμα
τέτυκται
ἐν λέχει ἀσκητῷ· τὸ δ' ἐγὼ κάμον οὐδέ
τις ἄλλος.
θάμνος ἔφυ τανύφυλλος ἐλαίης ἕρκεος
ἐντός,
190
ἀκμηνὸς θαλέθων· πάχετος δ' ἦν ἠΰτε
κίων.
(181-191)
Così parlava, provando lo sposo; ed ecco Odisseo
sdegnato si volse alla sua donna fedele:
“ O donna davvero è penosa questa parola che hai detto!
Chi l’ha spostato il mio letto? Sarebbe stato difficile
anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona,
E, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo.
Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore,
senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un grande segreto
nel letto ben fatto, che io fabbricai e nessun altro.
C’era un tronco ricche fronde, d’olivo, dentro il cortile,
florido, rigoglioso; era grosso come colonna.
ODISSEA - Canto XXIII
τῷ δ' ἐγὼ ἀμφιβαλὼν θάλαμον
δέμον, ὄφρ' ἐτέλεσσα,
πυκνῇσιν λιθάδεσσι, καὶ εὖ
καθύπερθεν ἔρεψα,
κολλητὰς δ' ἐπέθηκα θύρας,
πυκινῶς ἀραρυίας.
καὶ τότ' ἔπειτ' ἀπέκοψα κόμην
τανυφύλλου ἐλαίης,
κορμὸν δ' ἐκ ῥίζης προταμὼν
ἀμφέξεσα χαλκῷ
εὖ καὶ ἐπισταμένως καὶ ἐπὶ
στάθμην ἴθυνα,
ἑρμῖν' ἀσκήσας, τέτρηνα δὲ πάντα
τερέτρῳ.
ἐκ δὲ τοῦ ἀρχόμενος λέχος ἔξεον,
ὄφρ' ἐτέλεσσα,
δαιδάλλων χρυσῷ τε καὶ ἀργύρῳ
ἠδ' ἐλέφαντι·
ἐν δ' ἐτάνυσσ' ἱμάντα βοὸς φοίνικι
φαεινόν.
(192-201)
Ulisse
Intorno a questo murai la stanza, finchè la finii,
con fitte pietre, e di sopra la coprii per bene, e
robuste porte ci misi, saldamente connesse.
E poi troncai la chioma dell’olivo frondoso,
e il fusto sul piede sgrossai, lo squadrai con il bronzo
bene e con arte, lo feci dritto a livella,
ne lavorai un sostegno e tutto lo livellai con il
trapano.
Così cominciando da questo, polivo il letto, finché
lo finii, ornandolo d’argento e d’avorio.
Per ultimo tirai le corregge di cuoio, splendenti di
porpora.
ODISSEA - Canto XXIII
Ecco, questo segreto ti ho detto : e non so
donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormai
qualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede
d’olivo.”
οὕτω τοι τόδε σῆμα πιφαύσκομαι·
οὐδέ τι οἶδα,
ἤ μοι ἔτ' ἔμπεδόν ἐστι, γύναι,
λέχος, ἦέ τις ἤδη
ἀνδρῶν ἄλλοσε θῆκε, ταμὼν ὕπο
πυθμέν' ἐλαίης."
ὣς φάτο, τῆς δ' αὐτοῦ λύτο
γούνατα καὶ φίλον ἦτορ,
σήματ' ἀναγνούσῃ, τά οἱ ἔμπεδα
πέφραδ' Ὀδυσσεύς·
δακρύσασα δ' ἔπειτ' ἰθὺς κίεν,
ἀμφὶ δὲ χεῖρας
δειρῇ βάλλ' Ὀδυσῆϊ, κάρη δ' ἔκυσ'
ἠδὲ προσηύδα·
(202-208)
Così parlò e a lei di colpo si sciolsero le
ginocchia e il cuore, perché conobbe il segno
sicuro che Odisseo le diceva;
e piangendo corse da lui, dritta, le braccia gettò
intorno al collo ad Odisseo e diceva…
Ulisse e
Penelope
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
La profezia
Telemaco e Penelope
Telemaco e
Ulisse
Dopo che i due sposi si sono ritrovati, pur con qualche
esitazione, Odisseo rivela a Penelope quanto l’indovino
Tiresia gli ha profetizzato nell’Ade.
ODISSEA - Canto XXIII
La profezia
Egli dovrà ancora viaggiare per molte città, portando
con sé un remo; quando giungerà presso un popolo
che non conosce il mare e un viandante
incontrandolo gli dirà che porta sulla spalla una pala
per il grano, allora dovrà piantare il remo sulla terra,
fare sacrifici a Poseidone e ritornare in patria.
Infine, giunto alla vecchiaia, la morte gli verrà dal
mare, mentre i popoli intorno a lui prospereranno.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto XXIII)
La morte dal mare
Telegono
La conclusione della profezia, già esposta nel canto XI, rimane
oscura per la locuzione ex alo .
Non si sa infatti se bisogna intendere “ dal mare” o “ fuori dal
mare”.
La tradizione successiva (Orazio, Odi III, 29 e Ovidio Fasti III)
inventò che Telegono, figlio di Odisseo e di Circe, venne inviato
dalla madre in cerca del padre.
ODISSEA - Canto XXIII
La profezia
Approdato ad Itaca in seguito ad una
tempesta,per sopravvivere si diede a
saccheggiare la regione, ma fu assalito
da Odisseo e Telemaco.
Telegono reagì uccidendo il padre il cui
cadavere fu portato ad Eea.
ODISSEA - Canto XXIII
“O Donna, ancora alla fine di tutte le prove non
siamo giunti, ancora mi resta smisurata fatica,
lunga, aspra, che tutta devo compiere.
"ὦ γύναι, οὐ γάρ πω πάντων
ἐπὶ πείρατ' ἀέθλων
ἤλθομεν, ἀλλ' ἔτ' ὄπισθεν
ἀμέτρητος πόνος ἔσται,
πολλὸς καὶ χαλεπός, τὸν ἐμὲ
χρὴ πάντα τελέσσαι.
250
ὣς γάρ μοι ψυχὴ μαντεύσατο
Τειρεσίαο
ἤματι τῷ, ὅτε δὴ κατέβην
δόμον Ἄϊδος εἴσω,
νόστον ἑταίροισιν διζήμενος
ἠδ' ἐμοὶ αὐτῷ.
ἀλλ' ἔρχευ, λέκτρονδ' ἴομεν,
γύναι, ὄφρα καὶ ἤδη
ὕπνῳ ὕπο γλυκερῷ
ταρπώμεθα κοιμηθέντες."
(248-256)
Così a me lo spirito di Tiresia predisse, il giorno
in cui scesi nella casa dell’Ade, cercando il
ritorno per i compagni e per me.
Ma vieni, andiamo a letto, donna, e godiamo
finalmente di stenderci, vinti dal sonno soave”.
Ulisse e Penelope
ODISSEA - Canto XXIII
τὸν δ' αὖτε προσέειπε
περίφρων Πηνελόπεια·
"εὐνὴ μὲν δὴ σοί γε τότ'
ἔσσεται, ὁππότε θυμῷ
σῷ ἐθέλῃς, ἐπεὶ ἄρ σε θεοὶ
ποίησαν ἱκέσθαι
οἶκον ἐϋκτίμενον καὶ σὴν ἐς
πατρίδα γαῖαν·
ἀλλ' ἐπεὶ ἐφράσθης καί τοι θεὸς
ἔμβαλε θυμῷ,
εἴπ' ἄγε μοι τὸν ἄεθλον, ἐπεὶ
καὶ ὄπισθεν, ὀΐω,
πεύσομαι, αὐτίκα δ' ἐστὶ
δαήμεναι οὔ τι χέρειον."
(256-262)
Penelope
Ma gli rispose la prudente Penelope:
“ Il letto tuo sarà ormai pronto ogni volta
che tu vorrai nel cuore, dopo che i numi
t’ han fatto tornare alla solida casa e alla
terra dei padri;
ma poiché l’hai detto, un dio te l’ha messo
nell’anima, dimmi della fatica, perché
penso che in seguito dovrò saperla; non è
peggio saper tutto subito”
ODISSEA - Canto XXIII
τὴν δ' ἀπαμειβόμενος προσέφη
πολύμητις Ὀδυσσεύς·
"δαιμονίη, τί τ' ἄρ' αὖ με μάλ'
ὀτρύνουσα κελεύεις
εἰπέμεν; αὐτὰρ ἐγὼ μυθήσομαι
οὐδ' ἐπικεύσω.
οὐ μέν τοι θυμὸς κεχαρήσεται·
οὐδὲ γὰρ αὐτὸς
χαίρω, ἐπεὶ μάλα πολλὰ βροτῶν
ἐπὶ ἄστε' ἄνωγεν
ἐλθεῖν, ἐν χείρεσσιν ἔχοντ' εὐῆρες
ἐρετμόν,
εἰς ὅ κε τοὺς ἀφίκωμαι, οἳ οὐκ
ἴσασι θάλασσαν
270
ἀνέρες οὐδέ θ' ἅλεσσι μεμιγμένον
εἶδαρ ἔδουσιν·
οὐδ' ἄρα τοὶ ἴσασι νέας
φοινικοπαρῄους
οὐδ' εὐήρε' ἐρετμά, τά τε πτερὰ
νηυσὶ πέλονται.
(264-273)
E rispondendole disse l’accorto Odisseo:
“ Misera, perché con tanta fretta mi spingi
a parlare?
Dunque te la dirò, non la terrò nascosta.
Ma non ne avrà gioia il tuo cuore: io neppure
ne godo, perché per molte città di mortali
ordinava ch’io vada, in mano tenendo il
maneggevole remo, finchè verrò a genti che
non conoscono il mare, non mangiano cibi
conditi col sale, non sanno le navi dalle
guance di minio, né i maneggevoli remi che
sono ali alle navi.
ODISSEA - Canto XXIII
σῆμα δέ μοι τόδ' ἔειπεν ἀριφραδές, οὐδέ σε
κεύσω·
ὁππότε κεν δή μοι ξυμβλήμενος ἄλλος
ὁδίτης
φήῃ ἀθηρηλοιγὸν ἔχειν ἀνὰ φαιδίμῳ ὤμῳ,
καὶ τότε μ' ἐν γαίῃ πήξαντ' ἐκέλευσεν
ἐρετμόν,
ἕρξανθ' ἱερὰ καλὰ Ποσειδάωνι ἄνακτι,
ἀρνειὸν ταῦρόν τε συῶν τ' ἐπιβήτορα
κάπρον,
οἴκαδ' ἀποστείχειν ἕρδειν θ' ἱερὰς
E questo chiaro segno mi disse, che non ti nascondo:
ἑκατόμβας
280
ἀθανάτοισι θεοῖσι, τοὶ οὐρανὸν εὐρὺν
quando incontrandomi un altro viatore mi dica che un
ἔχουσι,
ventilabro reggo sulla nobile spalla, allora, piantato in
πᾶσι μάλ' ἑξείης· θάνατος δέ μοι ἐξ ἁλὸς
terra il remo, ordinò di fare bei sacrifici a Poseidone
αὐτῷ
ἀβληχρὸς μάλα τοῖος ἐλεύσεται, ὅς κέ με sovrano, - ariete, toro e verro marito di scrofe - e poi
πέφνῃ
tornare a casa e fare sacre ecatombi ai numi immortali,
γήρᾳ ὕπο λιπαρῷ ἀρημένον· ἀμφὶ δὲ λαοὶ che il cielo vasto possiedono, a tutti per ordine.
ὄλβιοι ἔσσονται. τὰ δέ μοι φάτο πάντα
Morte dal mare mi verrà, molto dolce, che deve
τελεῖσθαι."
uccidermi vinto da serena vecchiezza; intorno a me
popoli beati saranno.
(273-285)
Questo mi disse che tutto ha da compiersi”
(trad. R. Calzecchi Onesti)
ODISSEA - Canto XXIII
Il mito romantico del viaggio
Alfred Lord Tennyson
Odisseo
La lirica del poeta inglese Alfred
Tennyson ( 1809-1892) interpreta il
personaggio di Odisseo in chiave
romantica, come emblema
dell’inesausta sete di conoscenza
dell’uomo, la cui esistenza trova
senso soltanto nella ricerca continua
anche a costo della vita stessa.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Il mito romantico del viaggio
Il quieto e tranquillo trascorrere
del tempo ad Itaca , in
contrapposizione alle terribili
ed esaltanti avventure del
passato, delude e rattrista il
malinconico re.
Itaca
Il suo monologo non si limita ad
essere una riflessione sulla
condizione dell’uomo: poco per
volta diviene proposito di partire e
invito ai compagni affinchè
riprendano il mare con lui,
decisi a “ lottare, cercare, trovare e
non cedere mai”.
ODISSEA - Canto XXIII
Ulisse
Serve a ben poco un re sfaccendato,
seduto ad un focolare spento,
con la moglie ormai vecchia, in
un’isola che è solo rocce: sto qui ad
L’ultimo Ulisse,
applicare leggi non giuste per una
G. Roperti
gente selvaggia, che ammassa, che
dorme, che mangia e non sa come
sono.
Ulisse e Penelope,
Gisella Malagodi
Non posso rinunciare al viaggio: voglio
sorbire la vita fino all’ultimo sorso.
Sempre ho goduto molto e molto
sofferto, con chi mi amava e anche
da solo, sia sulla terra sia quando tra
nuvole in corsa le Iadi che portano
pioggia sconvolgono il mare nebbioso.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Ulisse
Il folle volo
Fui accolto bene da tutti e
con i miei pari mi inebriai di
lontane battaglie, là nella
piana sonora di Troia
battuta dal vento.
Tutto ciò che incontrai nel
mio andare ora fa parte di
me.
Mi sono fatto un nome,
perché sempre errando con
cuore affamato ho visto
molto e molto saputo: città,
uomini, usi, governi e
assemblee, così ho
conosciuto di più anche me
stesso.
ODISSEA - Canto XXIII
Ulisse
E quello che ho visto è una
porta che si apre sul nuovo:
e più vado avanti più
vedo i confini lontani.
E’ penoso fermarsi, darsi un
confine, non splendere più,
arrugginiti perché si rimane
inattivi.
Fingendo che vivere sia
respirare!
Una fila di vite non mi
basterebbe; e non mi resta
che un poco dell’una che ho.
Naufragio di Ulisse,
F. Stassen
Naufragio,
Anonimo fiorentino
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Ulisse
Il viaggio di Ulisse,
Elogio alla follia
Torino 8-13 maggio 2007
Eppure quel poco è un
momento rubato
all’eterno silenzio, e
porta con sé cose
ancora da fare,e vile
sarebbe per questi
pochi anni restare in
disparte con questo
mio spirito grigio che
brucia e che sogna
ancora il sapere: la
stella che cade lontano
là dove l’umano
pensiero non sa
immaginare.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Ulisse
Telemaco
Itaca, porta
Palazzo di Ulisse
Qui c‘è mio figlio, Telemaco
mio, a lui lascio l’isola e il
regno:
lo amo moltissimo è lui l’uomo
adatto a far quel che serve:
addomesticare con calma la
gente selvaggia per gradi, così
da portarla pian piano a far
cose utili e buone.
ODISSEA - Canto XXIII
Ulisse
Telemaco
Gli dei
E’ libero da ogni peccato, sa bene
qual è il suo dovere, rispetta gli dei,
ha amore per le tradizioni, e non
mancherà di dare l’onore dovuto agli
avi defunti, anche se non sarò qui: lui
fa il suo lavoro ed io faccio il mio.
Laggiù c’è il porto: la nave gonfia le
vele, grande nel buio mormora il
mare.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Ulisse
Miei marinai, cuori che avete
con me sopportato, sofferto,
pensato, voi che sempre
accoglieste con un allegro saluto
la tempesta e la luce brillante
del sole, che liberi cuori libere
fronti avete opposto alla sorte:
voi ed io siamo vecchi ma pur la
vecchiaia ha un valore, e un
compito: la morte è la fine di
tutto, ma anche vicino alla fine
può essere fatto qualcosa che è
degno di uomini che han
combattuto contro gli dei.
Le luci si accendono là sulle rocce, il lungo
giorno si spegne, si alza lenta la luna e il mare.
ODISSEA - Canto XXIII
Ulisse
Intorno mugola fondo con mille voci.
Su amici miei, non è troppo tardi
per la ricerca di un mondo più nuovo.
Salpiamo e sedendovi in ordine
battete le onde sonore.
Mi sono proposto di veleggiare al di là
del tramonto, verso i sentieri di tutte le
stelle dell’Ovest: fino alla morte.
Forse è destino che le acque ci
tirino sotto; forse è destino arrivare
fino alle isole della Fortuna e là
rivedere il grande Achille, che già
conoscemmo.
Achille
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Ulisse
Ulisse
Molto ci è stato sottratto,
ma molto ci resta anche
adesso non siamo più
quella forza che un tempo
mosse la terra e il cielo
noi siamo quello che
siamo: una schiera
compatta di eroici cuori
fiaccati dal tempo e dal
fato, ma forti nella volontà
di lottare, cercare, trovare
e non cedere mai.
( trad. M: Sboarina)
ODISSEA - Canto XXIII
Penelope
Femio - Aedo
Penelope, figlia di Icario,madre di Telemaco,rimasta ad
Itaca in attesa dello sposo,è una figura di indubbio
interesse.
Sin dalla sua prima apparizione nell’Odissea ci si mostra
bellissima,quando scende dalle sue stanze per recarsi
nella sala del banchetto dove i Proci stanno ascoltando i
racconti di Femio, il famoso aedo che canta il ritorno
degli Achei dalla guerra di Troia: proprio questo canto
farà provare alla donna un dolore tale da invitare l’aedo
a cambiare soggetto del canto.
Soldato spartano
Icario,
Re di Sparta
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Penelope
Femio - Aedo
Penelope tra i Proci
Ed é con il cuore spezzato
che Penelope scende tra i
suoi pretendenti, ben
centootto, che aspiravano
alla mano della presunta
vedova del re.
“Femio, molti altri canti tu sai,
smetti questo cantare
straziante, che sempre in
petto il mio cuore spezza…”
(Od.,I 337-342)
ODISSEA - Canto XXIII
La bellezza
Tra le virtù femminili la
prima ad essere lodata da
Omero è la bellezza.
La stessa Elena fa dire ai
vecchi troiani seduti presso
le porte Scee mentre
guardano la battaglia che
infuria nella pianura:
“non è vergogna che i
Teucri e gli Achei schinieri
Robusti soffrano a lungo
dolori”
(Il: III, 156-157)
Omero,
Louvre-Parigi
Elena,
G. Seferis
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
La bellezza
Anche Penelope , con la sua
bellezza, quando appariva ai
suoi pretendenti, produceva
effetti devastanti:
“Si scioglieva il cuore nel petto
a vederla
si scioglievano le membra”
Penelope
Amore e Psiche
L’effetto di Eros che scioglie le
membra è un chiaro
riferimento al desiderio
amoroso, come ben è
evidente in un frammento di
Saffo:
“Eros che scioglie le membra
ancora mi squassa
dolceamara invincibile fiera”
( fr. 130 Voigt)
ODISSEA - Canto XXIII
La Saggezza
Penelope e Telemaco
al telaio
Laerte
Penelope è anche saggia,
ed alla saggezza unisce
l’abilità nella tessitura
simbolo delle opere
domestiche.
Per ritardare il tempo in cui
avrebbe dovuto decidere
chi risposare avrebbe
tessuto un sudario per
Laerte, il suocero ritiratosi
in campagna, cosa che
prova la sua devozione
filiale e la sua abilità di
tessitrice.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
La saggezza
Penelope
Penelope,
Pinturicchio
Penelope è bella, saggia,
silenziosa e obbediente
all’autorità maschile tanto
che in assenza del marito
segue senza discutere gli
ordini del figlio che proprio
in occasione del canto di
Femio le ricorda:
“Su, torna alle tue stanze e
pensa all’opere tue, telaio e
fuso; e alle ancelle comanda
di badare al lavoro; al canto
pensino gli uomini
tutti e io sopra tutti: mio qui in
casa è il comando”
(Od. I 356-359)
ODISSEA - Canto XXIII
La Saggezza
Come Odisseo, Penelope è
astuta, la metis è una qualità
di cui è fiera e che anche la
voce popolare le riconosce .
(Od. II, 115-122)
Metis,
dea della saggezza
E’ proprio grazie alla sua
metis che riesce ad avere la
prova decisiva dell’identità
dello sposo ed in questa
circostanza, ella appare
addirittura più astuta di
Odisseo che non
comprendendo che la moglie
vuole metterlo alla prova,
crede che qualcuno abbia
spostato il suo letto.
Ulisse e Penelope
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
La saggezza
Eva Cantarella,
Scrittrice
Metis,
figlia di Oceano e Teti
La metis è una virtù comune al
mondo maschile e femminile.
Dice a tal proposito Eva
Cantarella: ”…quand’anche
legate a modelli di
comportamento diversi da
quelli maschili, tutte le donne…
dovevano ammirare le qualità
virili.
Al punto di tentare di
possederle, ove possibile.
E poiché non potevano
aspirare ad essere forti, si
sforzavano di possedere l’unica
virtù maschile che non fosse
incompatibile con il loro ruolo”
ODISSEA - Canto XXIII
Penelope alla guerra
Nel 1964 Oriana Fallaci pubblica
Penelope va alla guerra, in cui
narra la vicenda di Giovanna
che a ventisei anni, è invitata da
un produttore cinematografico a
New York con il fine di
osservare con spirito critico, la
grande città americana per
trarre il soggetto di un film.
New York colpisce la giovane e qui ella vive
esperienze nuove ed entusiasmanti.
Dopo qualche tempo fa ritorno a Roma,
quando ormai il sogno dell’America si è
dissolto e quella realtà prima sentita come
affascinante, ora è solo delusione e ricordo.
ODISSEA - Canto XXIII
ODISSEA
(canto
XXIII)
Penelope alla guerra
Battaglia
di Troia
All’ aeroporto Francesco, un suo amico, la richiama alla
realtà femminile:
“Da quando ti conosco non fai che parlarne: sembra che
tu abbia un appuntamento laggiù. Peggio: sembri Ulisse
che va ad espugnare le mura di Troia. Ma non sei Ulisse,
sei Penelope. Lo vuoi capire sì o no che la donna non è
un uomo?”
Ma il viaggio che Giovanna sta per compiere le farà
lasciare il ruolo di Penelope, rendendola simile ad Ulisse.
Guerriero greco
“Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza”
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)
ODISSEA - Canto
XXIIIvolo
Il folle
FINE
Prof.ssa Maria Grazia COCCOLUTO
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Odissea – Canto XXIII - Liceo Leonardo da Vinci | Terracina