Rho Federica 5C LST AS 2013/2014 ISIS GIULIO NATTA GUERRE, FOTOGRAFI E MICROSCOPI La fotografia da mezzo di documentazione a mezzo di espressione -1- INDICE: 1 INTRODUZIONE 1.1 La Celluloide Pag 4 Pag 5 2 FOTOGRAFIA SCIENTIFICA E DESIGN 2.1 Laure Albin Guillot e la “ Micrographie Decorative” 2.2 Microscopio Ottico a Scansione: Fotografare l’Invisibile Pag 7 Pag 7 Pag 10 3 FOTOGIORNALISMO 3.1 La Reflex 3.2 Bob Capa: una Vita “Leggermente Fuori Fuoco” 3.3 Reportage di Guerra: Guerra Civile Spagnola e Sbarco in Normandia Pag 15 Pag 15 Pag 17 Pag 19 4 CONCLUSIONE Pag 27 Sitografia e Bibliografia Pag 28 -2- Antonino ora provava un particolare piacere a ritrarre gli oggetti domestici inquadrati da un mosaico di telefoto, violente macchie d'inchiostro sui fogli bianchi. Dalla sua immobilità si sorprese a invidiare la vita del fotoreporter che si muove seguendo i moti delle folle, il sangue versato, le lacrime, le feste, il delitto, le convenzioni della moda, la falsità delle cerimonie ufficiali; il fotoreporter che documenta sugli estremi della società, sui più ricchi e sui più poveri, sui momenti eccezionali che pure si producono a ogni momento in ogni luogo. "Vuoi dire che solo lo stato d'eccezione ha un senso? - si domandava Antonino. - È il fotoreporter il vero antagonista del fotografo domenicale? I loro mondi si escludono? Oppure l'uno da un senso all'altro?" e così riflettendo prese a fare a pezzi le foto con Bice o senza Bice accumulate nei mesi della sua passione, a strappare le filze di provini appese ai muri, a tagliuzzare la celluloide delle negative, a sfondare le diapositive, e ammucchiava i residui di questa metodica distruzione su giornali distesi per terra. "Forse la vera fotografia totale, - pensò, - è un mucchio di frammenti d'immagini private, sullo sfondo sgualcito delle stragi e delle incoronazioni Italo Calvino, “Gli amori difficili” In copertina: Micrografia su lastra autocroma di Laure Albin Guillot -3- 1 INTRODUZIONE: La fotografia nasce nella prima metà del 1800 grazie alle nuove tecnologie sviluppatesi nel campo dell'ottica (in particolare il perfezionamento della camera oscura) e in quello della chimica, con lo studio delle sostanze fotosensibili. I primi apparecchi fotografici sono però ingombranti, con obiettivi fissi e utilizzano lastre di vetro come supporto. Di conseguenza scattare fotografie resta a lungo un processo lento che richiede attenzione e un ambiente adatto. Nel caso della fotografia, le innovazioni tecniche fondamentali sono due: la costruzione della macchina (in particolare l’invenzione della reflex) e il passaggio da supporti rigidi a supporti flessibili per la pellicola. La pellicola flessibile è stata introdotta nei primi anni del 1900. Le prime pellicole erano costituite da nitrocellulosa o da suoi derivati, come il collodio, preparato mescolando nitrocellulosa ed alcol etilico, oppure come la celluloide, un materiale plastico e trasparente ottenuto mescolando nitrocellulosa e canfora. Grazie alla nuova portabilità della macchina fotografica, nella prima metà del Novecento, la fotografia, da mezzo di sola documentazione diventa anche mezzo di espressione, modificando così il sistema della comunicazione e allargando gli ambiti artistici tradizionali. L’immagine diventa protagonista e contribuisce alla nascita della cultura di massa, elemento centrale della modernizzazione della prima metà del novecento. È interessante costatare come le nuove tecnologie rendano possibile, con la loro esistenza, un nuovo sguardo sulle cose e sugli avvenimenti, che costruisce un nuovo modo di pensare che a sua volta genera nuove realtà. Mi propongo di dimostrarlo facendo riferimento all'esperienza di due fotografi particolarmente rappresentativi degli inizi di due rami di questa “rivoluzione per immagini”: Robert Capa, ungherese, inventore del fotogiornalismo di guerra, del quale nel 2014 ricorre il 60° della morte (e nel 2013 il centenario della nascita), e Laure Albin Guillot, poliedrica fotografa francese, fra le prime a realizzare immagini microscopiche e a utilizzarle in modo commerciale non per la valenza di documentazione scientifica, ma di suggestione estetica. -4- 1.1 LA CELLULOIDE Ambito: CHIMICA La pellicola fotografica fino al 1954 era composta essenzialmente da celluloide. Per la sintesi della celluloide si utilizzano diversi composti tra cui la nitrocellulosa, l’alcool etilico, la canfora, coloranti e additivi vari. La cellulosa è uno dei polisaccaridi più importanti, è costituita da lunghe catene di molecole di glucosio unite tra loro attraverso un legame β(1→4) glicosidico. E’ un polisaccaride di struttura e, a differenza dei polisaccaridi di riserva (tra cui i più importanti sono amido e glicogeno), non presenta ramificazioni. Le catene di glucosio sono disposte parallele le une alle altre e si legano fra loro mediante legami a idrogeno. Si può ottenere la cellulosa da molte fonti naturali, tra cui il cotone, la iuta, la polpa di legno, gli scarti vegetali e il lino. La nitrocellulosa, elemento base delle prime pellicole prodotte, si sintetizza attraverso la reazione di nitrazione (con aggiunta di una miscela solfonitrica, ovvero una miscela di acido solforico e acido nitrico) della Figura 1: Struttura della cellulosa cellulosa. Il prodotto di reazione può essere sfruttato per la produzione di esplosivi, adesivi, pellicole, lacche, vernici. Ciò che differenzia i vari derivati è il diverso grado di nitrazione della nitrocellulosa. Il livello di nitrazione di una molecola è dato dalla percentuale di atomi di azoto nella molecola e per la produzione di pellicole si utilizza nitrocellulosa al 10-11% di azoto. I liquidi utilizzati per la sintesi della nitrocellulosa (acido nitrico e solforico, alcol etilico e acqua) devono essere puri, per non causare in seguito il deterioramento prematuro della celluloide. Il nitrato di cellulosa sintetizzato è quindi mescolato con canfora, con formula: C 10H16O. La canfora, resina tratta dall'albero omonimo, è un chetone ciclico prodotto dall’ossidazione del pinene. La canfora è il miglior solvente latente per il nitrato di cellulosa poiché la stabilizza, riducendone l’esplosività, anche se non è in grado di ridurre l’infiammabilità, motivo per il quale dagli anni ‘50 la celluloide fu sostituita prima dal triacetato di cellulosa e poi dal poliestere, attualmente in uso. La canfora è un buon solvente latente perchè: Ha capacità ottica, la sua denominazione completa è infatti: D-(+)-canfora Ha temperatura di fusione ed ebollizione alte, rispettivamente 176°C e 209°C Si solubilizza velocemente in etanolo È un agente di gelatinizzazione rapido Resiste agli agenti chimici e legandosi alla cellulosa non libera sostanze che la portano a decomporsi. -5- Figura 2: Molecola di canfora Processo di sintesi della celluloide Il nitrato di cellulosa si ottiene attraverso il processo di esterificazione della cellulosa, ovvero facendo reagire quest’ultima con una soluzione acquosa di acido nitrico. Cellulosa-OH + 2HNO3 Cellulosa-NO2 + HNO3 + H2O La reazione è reversibile in presenza di acido nitrico e acqua. Il gruppo nitrico ossida la cellulosa residua, producendo ossido di diazoto, che potrà catalizzare altre reazioni. Il fatto che la reazione sia reversibile, aumenta le probabilità di deterioramento della nitrocellulosa. Per la stabilizzazione del composto finale si usa acido solforico come additivo, poiché rallenta la reazione, permettendo un miglior controllo del processo. Quando le fibre di cellulosa raggiungono il grado di nitrazione desiderato (10-11%), si drenano gli acidi, poi il prodotto è risciacquato e asciugato fino a ottenere un residuo di acqua del 2%. A questo punto la nitrocellulosa è impastata con una soluzione di canfora in alcol al 50%. Questa soluzione cambia l’ordine della macrostruttura delle fibre di nitrocellulosa, in modo tale che il prodotto finale abbia una molecola di canfora per ogni unità di glucosio. Il prodotto finale, la celluloide, non ha le molecole orientate in maniera fibrosa, ma si presenta come un gel, al quale sono aggiunti additivi per aumentarne la stabilità e ridurre la fotodegradazione (TiO 2). La pasta di celluloide è compressa in blocchi, in modo tale da ricompattare le molecole, formando nuclei di cristallizzazione. Questi blocchi sono poi fatti stagionare a lungo, perché la celluloide cambia dimensione con l’evaporazione dei costituenti volatili tanto che una stagionatura insufficiente può causare difetti di fabbricazione. La celluloide può essere tagliata, forata, incisa, piallata, lavorata a vapore, a pressione e anche estrusa con una versatilità d’utilizzo che la rende adatta a molti campi diversi: dalla fotografia alla creazione di oggetti. -6- 2 FOTOGRAFIA SCIENTIFICA E DESIGN Nel 1665 Robert Hooke (1635-1703) fisico, biologo, geologo e architetto inglese, per primo usa il termine “cellula”, che in latino significa piccola cella, individuando gli spazi vuoti in un campione di sughero osservato attraverso uno dei primi microscopi. Quegli spazi vuoti gli ricordarono le celle dei frati nei conventi. Dieci anni più tardi Hooke scrive il primo trattato sulle osservazioni al microscopio intitolandolo “Micrographia”. Negli stessi anni il microscopio è utilizzato anche dal naturalista olandese Antoni va Leeuwenhoek (1632-1723), che per primo individua alcuni organismi unicellulari. Successivamente con il microscopio, che nel frattempo si era tecnologicamente evoluto, Matthias Schleiden (1804-1881) e Theodore Schwann (1810-1882), un botanico e un biologo, arrivano a formulare la “teoria cellulare”, cioè che le unità di base degli organismi viventi sono le cellule e che le cellule contengono un nucleo. Il microscopio diventa così fondamentale nella ricerca scientifica.1 Verso la fine dell’ottocento lo sviluppo tecnologico permette di unire microscopia e fotografia aprendo nuovi orizzonti alla scienza, ma anche all’arte. 2.1 LAURE ALBIN GUILLOT E LA “MICROGRAPHIE DECORATIVE” Ambito: BIOLOGIA L’uso della fotografia per la ricerca scientifica è una delle applicazioni più affascinanti dello sviluppo tecnologico della fotografia. Tra le pioniere della fotografia microscopica c’è la fotografa francese Laure Albin Guillot.2 Laure Albin-Guillot nasce a Parigi nel 1879 da una famiglia borghese. Nel 1897 sposa Albin Guillot, uno studente di medicina che dopo la laurea decise di non praticare, ma si dedicò alla ricerca scientifica. Insieme svilupparono le tecniche fotomicrografiche, per rendere più semplice Figura 3: Laure Albin-Guillot la classificazione dei vetrini studiati da Albin, tuttavia è solo dopo la morte di questo, che Laure decise di fare della sua passione per la fotografia una professione. Debutta come fotografa di moda per le riviste, ed è fra le prime a dedicarsi alla fotografia pubblicitaria, quando ancora le Figura 4: Pubblicità per le réclame utilizzavano l’illustrazione disegnata. Ebbe successo come sigarette Gitanes Vizir, 1939 ritrattista e anche come fotografa di nudi. Nel 1924 espone al Salon des artistes decorateurs. La fotografia infatti non è ancora considerata un arte come pittura e scultura, ma come una sorta di artigianato artistico. Nel 1931 riprende le fotomicrografie fatte per le 1 Gianvito Martino, “In crisi d’identità”, 2014, Mondadori Università 2 Una mostra antologica “Laure Albin Guillot (1879-1962), l’enjeu classique”, presentata al museo dell’Eliseo a Losanna, Svizzera -7- ricerche del marito e le pubblica in un grande album, intitolato: “Micrographie decorative”. Le sue fotografie esprimevano tutta la complessità e la bellezza dell’infinitamente piccolo. L’album è una scelta di un centinaio di negativi ed è realizzato in grande formato con cura grafica e raffinatezza. I negativi riproducono diatomee, minerali e particolari di piante, che, visti al microscopio, diventano fantastiche forme astratte. Nonostante il suo successo non produsse altre fotomicrografie, ma ne utilizzò il potenziale decorativo, creando textures da riprodurre su tessuti e oggetti, attraverso un processo che oggi chiameremmo di design. Laure Albin Guillot fu la prima a sfruttare le potenzialità decorative della fotografia microscopica: con la fotomicrografia che lei stessa rinominò micrografia , aprì nuove prospettive creative combinando arte e scienza. Eleganti e astratte, le sue micrografie incontrarono il gusto dell’epoca che era influenzato dalla riscoperta della natura. Fotomicrografia e autocromia Lo sviluppo della fotomicrografia è attribuito a Reginald Fessenden, un inventore canadese, all’inizio del XX secolo. La fotomicrografia è la ripresa fotografica di soggetti non visibili a occhio nudo, ottenuta mediante una fotocamera (a pellicola o digitale) opportunamente collegata a un microscopio ottico o elettronico. Essa può mostrare dettagli distinti sulla scala nanometrica, quindi anche le celle degli organuli possono essere catturati con alta precisione. La microfotografia ha diversi campi di applicazione: in Figura 5: Germoglio di frassino, 1931 botanica, nello studio della costituzione microscopica degli organismi vegetali; in metallografia, nell’esame della struttura microscopica di metalli o leghe, per identificare le diverse fasi, la loro forma e ripartizione; nell’analisi mineralogica di rocce e minerali, sia come analisi qualitativa, per individuare i minerali presenti nel campione, sia come analisi quantitativa, per stabilirne le proporzioni. Figura 6: Sambuco, 1931 Ci sono tipi diversi di micrografia che variano a seconda dei microscopi utilizzati nell’analisi. Il microscopio tradizionale, che usa luce da bulbi o laser per illuminare il campione, crea le immagini attraverso un processo chiamato fotomicroscopia. Esistono microscopi moderni con supporto per fotocamere, le quali possono essere connesse direttamente a computer, così da poter salvare e valutare con più chiarezza le immagini. La micrografia è essenziale agli scienziati che lavorano a livello cellulare o intracellulare. Attraverso la micrografia si può infatti catturare i dettagli di un oggetto relativamente grande, ad esempio -8- una sezione del cervello di un topo, così come quelli di un oggetto molto piccolo, come un mitocondrio. I particolari dipendono poi dalla capacità d’ingrandimento del singolo microscopio. Laure Albin Guillot, oltre alle classiche lastre fotografiche, utilizzò delle lastre specifiche per la tecnica dell’autocromia. L’autocromia è una tecnica fotografica inventata dai fratelli Lumière nel 1904, i quali sfruttarono la sintesi additiva per la creazione delle loro lastre fotografiche “Autochrome”. Queste lastre erano ricoperte con migliaia di microscopici granelli di fecola, preventivamente colorati. Un terzo dei granelli erano color arancione, un terzo verde, e un terzo violetto; ed erano mescolati insieme in modo che i colori primari fossero distribuiti Figura 7: Micrografia uniformemente sulla superficie della lastra. Gli interstizi erano poi riempiti su lastra autocroma,1929 con nerofumo e stesa un’emulsione fotografica in bianco e nero. La lastra era esposta dal lato del supporto e sviluppata. Poiché l’immagine così ottenuta era un negativo a colori complementari, si sottoponeva la lastra a un procedimento d’inversione, in modo da ottenere un’immagine positiva. L’inversione era generalmente ottenuta dapprima eliminando le zone esposte dell’emulsione, poi riesponendo la lastra, stavolta dal lato dell’emulsione, in modo da impressionare l’emulsione rimasta, e infine sviluppando di nuovo. La Guillot invece non sviluppa i negativi ottenendo risultati estetici di grande bellezza e riuscendo a creare qualcosa che nessuno aveva fatto prima. Le sue micrografie Figura 8: Paralume e rilegatura, 1935 divennero un’icona nella Parigi di quegli anni. Figura 9: Portacipria, 1931 La fotografa compì un ulteriore passo infatti con le immagini creò oggetti decorativi, trasformando quella che inizialmente era un’ “arte per pochi” in un oggetto per il mercato di massa. -9- 2.2 MICROSCOPIO OTTICO A SCANSIONE: FOTOGRAFARE L’INVISIBILE Ambito: FISICA Lo sviluppo delle tecnologie permise dagli anni ‘50 un diverso tipo di microfotografia con l’invenzione del Microscopio Ottico a Scansione (SEM). La differenza fondamentale tra il SEM e l’ OM (optical microscope, o microscopio ottico) è il fatto che utilizzano fonti di radiazioni diverse: l’OM utilizza i fotoni mentre il SEM utilizza elettroni. I colori sono osservabili solo in presenza di fotoni nella porzione visibile dello spettro elettromagnetico, le immagini del SEM sono quindi in bianco e nero (anche perché il rivelatore di elettroni utilizzato non è in grado di distinguere l'energia degli elettroni, ma solo la quantità). Inoltre il SEM si differenzia dal microscopio ottico per risoluzione, tipologia di campioni e processo per la preparazione di quest’ultimi. Il microscopio ottico ha infatti una risoluzione massima di 0,2 µm mentre i SEM migliori hanno una risoluzione massima di 0,4 nm (il SEM modello Hitachi S2500C dell’ISIS G. Natta ha una risoluzione massima di 4 nm). Infine, i campioni analizzati con un microscopio ottico devono essere sottili, per permettere alla luce di attraversarli, possono richiedere la presenza di liquidi (acqua e/o coloranti) e possono essere analizzati organismi vivi. Il SEM invece permette di scattare fotografie con un alta profondità di campo e di campioni tridimensionali, poiché gli elettroni utilizzati per produrre l’immagine sono prodotti dalla superficie del campione. Il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) è uno strumento elettro-ottico che permette, in seguito all’emissione di un fascio di elettroni, di analizzare i vari segnali prodotti dall’interazione degli elettroni del fascio con gli atomi del campione in esame. L'elaborazione di questi segnali consente di ottenere un’ampia gamma d’informazioni non solo morfologiche, ma anche compositive e strutturali relative alle varie parti di cui è costituito il campione. Inventato nel 1937 da Manfred von Ardenne, il progetto viene sviluppato e migliorato negli anni 50 da Charles Oatley. Il SEM viene utilizzato anche per l’analisi della composizione chimica e dell’orientazione cristallografica di un campione, permettendo analisi sia qualitative che quantitative. L'estrema versatilità di questo strumento è inoltre garantita dai numerosi campioni tipologicamente diversi che possono essere analizzati, sia per quanto riguarda la loro natura, che la loro forma e dimensioni, nonché per la facile preparazione dei campioni stessi, che, nel caso non siano naturalmente conduttivi, devono solo essere ricoperti da un sottilissimo strato di un elemento conduttore: al Natta si utilizza una lamina d’oro. Per permettere ad un fascio di elettroni (o genericamente di ioni) accelerato di viaggiare per grandi distanze senza essere disperso è necessario creare il vuoto, altrimenti avverrebbe la diffusione a seguito delle molecole dei gas dell'aria. La pressione creata nel SEM è inferiore alla tensione di vapore dell'acqua a temperatura ambiente, quindi un campione contenente acqua o una qualsiasi altra sostanza con una tensione di vapore superiore alla pressione raggiunta nel SEM si metterebbe a bollire compromettendo l'analisi e lo strumento. Per osservare campioni come tessuti, microorganismi o contenenti acqua è necessario disidratarli o raffreddarli con azoto liquido. - 10 - Le componenti fondamentali del SEM sono: Cannone Elettronico, che genera il fascio di elettroni Lenti elettromagnetiche: di condensazione, scansione e focalizzazione Diaframmi Camera del campione, in cui il fascio elettronico interagisce con il campione Rilevatori, che acquisiscono i segnali dell’interazione fascio-campione e li trasferiscono agli elaboratori Schermo, sul quale viene ricostruita l’immagine dal segnale Sistema di pompe, per creare il vuoto all’interno della camera. Figura 10: Schema SEM La sorgente elettronica in cima alla colonna genera il fascio elettronico, mediante un filamento (comunemente di tungsteno) che, portato a un’ elevata temperatura (circa 2800 K), produce elettroni per effetto termoionico. Gli elettroni sono quindi accellerati da una differenza di potenziale di 0,2-30 keV grazie ad un anodo posto sotto il filamento. Il fascio emesso dalla sorgente è divergente ma, focalizzandolo da una serie di lenti elettromagnetiche, è fatto convergere nuovamente. All’estremità inferiore della colonna, le di bobine di scansione deflettono il fascio fornendogli un movimento alternato lungo linee parallele ed equidistanti, in modo che, una volta raggiunta la superficie del campione, vada a ricoprirne un’area predefinita. Il fascio, focalizzato dalla lente finale, esce dalla colonna e va a colpire il campione all’interno della camera del campione. Quando gli elettroni del fascio penetrano all’interno del campione essi interagiscono con gli atomi cedendo loro energia e producendo diversi segnali: Elettroni secondari: grazie ai quali si riesce a risalire alla morfologia del campione Elettroni retrodiffusi: grazie ai quali si riesce a risalire al numero atomico degli elementi che compongono il campione (le zone più chiare indicano elementi con peso atomico medio elevato; le zone più scure indicano elementi con peso atomico medio inferiore) - 11 - Elettoni auger: grazie ai quali si ottiene un’analisi della composizione della superficie del campione. Raggi X: grazie ai quali si può ottenere un'analisi chimica precisa del campione in esame: quali elementi sono presenti e le loro quantità. L'istituto Natta ha in dotazione un SEM, con il quale, grazie all'aiuto di un ex studente della nostra scuola, Elio Morotti, ho potuto analizzare una pellicola fotografica in triacetato di cellulosa. L'analisi fatta sulla pellicola è la microanalisi quantitativa ai Raggi X, che come già detto in precedenza, rende possibile l'individuazione degli elementi che compongono il campione e in quali quantità sono presenti. Dopo di che abbiamo analizzato e fotografato la superficie della pellicola, sfruttando l'analisi con elettroni secondari. Ho deciso di fare queste analisi perché volevo analizzare la composizione effettiva delle pellicole fotografiche in uso ancora oggi e mettere a confronto le fotografie ottenute con un OM e con il SEM. Per procedere abbiamo tagliato un rettangolo di pellicola (circa 2 cm per 1,5 cm). Con dello scotch conduttivo biadesivo abbiamo incollato il rettangolo di pellicola al supporto che serve per l'inserimento all'interno del SEM. Dopo averlo pulito con un panno, abbiamo posto il campione all'interno del metallizzatore, poiché è necessario che la superficie del campione sia conduttiva (Il metallizzatore del Natta, come già detto prima, metallizza i campioni con una lamina d'oro). Metallizzato il campione, lo abbiamo inserito all'interno del microscopio grazie al supporto adibito. Abbiamo creato il vuoto e iniziato ad analizzare la superficie. Grazie a questo processo abbiamo potuto fotografare la pellicola. Per le analisi ai Raggi X il procedimento è simile ma il campione però non è metallizzato, perché se venisse metallizzato, i raggi x prodotti dall'oro diminuirebbero la sensibilità dell’analisi per gli altri elementi. L'analisi ai Raggi X e quella attraverso elettroni secondari, sono due tipologie di analisi che possono essere sfruttate separatamente. Figure 11-12-13-14: Da destra a sinistra, dall’alto al basso: SEM dell’Istituto Natta; Processo di metallizzazione; Campione metallizzato; Interno del SEM. - 12 - Microanalisi Quantitativa: Raggi X Element Norm. Atom % Wt.% 64.75 71.08 C 34.92 28.78 O 0.06 0.03 Al 0.01 0.00 Si 0.15 0.06 S ----S 0.08 0.03 Cl ----Cl 0.03 0.01 Ca ----Ca 100.00 100.00 Total Attraverso le analisi ai Raggi X abbiamo potuto fare un'analisi precisa di quanti e quali elementi sono presenti all'interno della pellicola. Osservando la tabella e il grafico possiamo notare che la pellicola è composta principalmente da una sostanza organica, data l'elevata presenza di carbonio (71%) e di ossigeno (29%). Notiamo anche che in piccola percentuale sono presenti dei metalli (alluminio, silicio, calcio), un non metallo (zolfo) e un alogeno (cloro). La loro presenza non ci stupisce in quanto la zona di pellicola analizzata era una zona in cui era stata sviluppata una fotografia, potrebbero essere infatti elementi presenti nell’emulsione utilizzata per lo sviluppo fotografico. Elettroni Secondari Grazie agli elettroni secondari abbiamo potuto analizzare e fotografare la superficie della pellicola. Osservando attentamente abbiamo notato la presenza di piccole “bolle”, le quali osservate a distanza rimanevano inalterate, ma ingrandendo su di esse, e quindi colpendo con più elettroni la zona in cui erano presenti, queste si aprivano rilasciando probabilmente del gas, a causa dell’aumento di temperatura provocato dall’energia rilasciata dagli elettroni. Purtroppo però non è stato possibile determinare che cosa fossero e cosa contenessero le bolle. Figure 15: Accelerating Voltage: 20.0 kV Magnification: 2500 Figure 16: Accelerating Voltage: 20.0 kV Magnification: 8000 - 13 - Figure 17: Accelerating Voltage: 20.0 kV Magnification: 20000 Come possiamo notare c'è un enorme differenza tra le fotografie scattate con un normale microscopio ottico e un SEM, a partire dall'elevata risoluzione. Le due fotografie qui mostrate ritraggono entrambe delle diatomee. Nella fotografia con microscopio ottico, l'immagine è piatta e confusa. Al contrario, le immagini al SEM sono tridimensionali e ad alta risoluzione. Figure 18: Diatomea osservata al SEM dell'Istituto Natta Figure 19: Diatomea osservata al microscopio ottico - 14 - 3 FOTOGIORNALISMO 3.1 LA REFLEX Negli stessi anni, nei quali si sviluppa la fotografia scientifica, l’invenzione della reflex contribuisce alla nascita del fotogiornalismo, che renderà l’immagine protagonista della comunicazione di massa. Per “reflex” s’intende un tipo di macchina fotografica o cinematografica in cui, grazie a un sistema di specchi, il mirino consente di vedere l'immagine inquadrata dall'obiettivo, che successivamente verrà impressa su pellicola o sensore . Il principio di funzionamento su cui si basava era la presenza di uno specchio inclinato a 45° adibito al raddrizzamento dell’immagine. Al tempo le reflex erano costruite in modo tale che l’immagine da fotografare venisse osservata dall’alto. La riflessione dello specchio però riportava alla posizione originale solo i lati superiore e inferiore dell’immagine, le zone a destra e sinistra rimanevano invertite. Fu il fotografo inglese Thomas Sutton nel 1861 ad applicare per primo questo gioco di specchi. La sua reflex era composta da una cassetta di legno, contenente lo specchio, un soffietto, il portalastre ed un meccanismo che permetteva di sollevare lo specchio all’interno della posa, proteggendo dalla luce l’interno della macchina fotografica. Il principio di Sutton è tuttora sfruttato nella produzione delle Single Lens Reflex (SRL). La reflex di Sutton però non ebbe subito mercato, poiché la tecnologia era ancora poco sviluppata e la struttura della macchina era ancora troppo pesante. Solo vent’anni dopo, con l’invenzione delle lastre a secco, l’americano Calvin Rae Smith brevettò la prima reflex portatile (1884), dandole il nome di Monocular Duplex. All'inizio del '900 arrivò la reflex di grosse dimensioni, con un Figura 20: Reflex di Sutton corpo a cubico, un otturatore sul piano focale (che non si interponeva alla visione attraverso l'obiettivo), un soffietto per la messa a fuoco e un cappuccio pieghevole per riparare il vetro smerigliato dalla luce diretta. Era più ingombrante e lenta, rispetto alle altre macchine fotografiche disponibili sul mercato, ma aveva impugnatura solida, negativi di adeguate dimensioni e un mirino che consentiva la valutazione sia della messa a fuoco, sia della profondità di campo. La storia della reflex passa poi attraverso lo sviluppo di un altro tipo di macchina fotografica non reflex: la Leica I. Costruita nel 1913 da Oscar Barnak, fu la prima fotocamera ad utilizzare la pellicola cinematografica 35 mm a doppia perforazione ed era molto pratica e maneggevole. - 15 - La reflex come viene intesa ora compare nel 1936: una reflex 35 mm monobiettivo il cui specchio si sollevava automaticamente al momento dello scatto. L’immagine si osservava dall'alto e aveva ancora i lati invertiti. Fino alla fine degli anni '40 molti fotografi preferirono le fotocamere a telemetro3 che avevano un sistema di messa a fuoco più efficiente, mentre i primi modelli di reflex erano penalizzati da tre problemi: - il mirino a pozzetto, piccolo e con i lati invertiti, richiedeva l'uso di una lente per la messa a fuoco - il diaframma manuale doveva essere aperto per focheggiare e chiuso per scattare - lo specchio rimaneva alzato dopo lo scatto e impediva l'uso del mirino fino a quando non si armava l'otturatore. Nonostante queste difficoltà, dopo l’introduzione de pentaprisma, che risolse il problema del raddrizzamento dell’immagine, e l’automatizzazione della chiusura del diaframma grazie all’aggiunta di una ghiera di preselezione, di uno speciale comando a molla per la chiusura del diaframma, la reflex divenne la macchina fotografica più diffusa sia a livello professionale sia amatoriale e l’apparecchio di elezione per i fotoreporter. Agli inizi, Robert Capa usò fotocamere in prestito da amici o dalle agenzie con cui lavorava. Poi usò la Leica III fino ai primi mesi del 1937. In Spagna la passò alla sua compagna Gerda Taro, preferendo la Contax della Zeiss. In Normandia, Capa sbarcò tenendo al collo una Rolleiflex e due Contax con le quali scattò le storiche fotografie del D-Day. Figura 21: Da Giulio Forti, “Bob e Gerda”, riprodotto in “Fotografia Reflex”, 2009 3 Viene denominata fotocamera a telemetro una macchina fotografica che per la regolazione della messa a fuoco usa un telemetro ottico. Il telemetro ottico è formato da un cilindro con due fori distinti a una distanza fissa l'uno dall'altro, all'interno del primo foro corrisponde un prisma che riflette l'immagine su uno specchio semi-trasparente posto all'interno del secondo foro. L'utilizzatore, agendo sulla rotazione del prisma, fa in modo che le due immagini dell'oggetto composte dallo specchio si sovrappongano. Raggiunta la sovrapposizione, il grado di rotazione del prisma indicherà, tramite una scala, la distanza dell'oggetto. - 16 - 3.2 BOB CAPA: UNA VITA “LEGGERMENTE FUORI FUOCO” E’ il fotografo Robert “Bob“ Capa a porre le basi del fotogiornalismo di guerra sfruttando le possibilità delle nuove reflex, apparecchi fotografici più potenti e leggeri, che permettevano ai reporter di avvicinarsi velocemente ai punti caldi dell’azione e di cogliere le espressioni dei volti e dettagli delle situazioni. La Spagna è il primo teatro di guerra nel quale le tecnologie rendono possibile una partecipazione agli avvenimenti di tutta l’opinione pubblica mondiale. Erano state scattate molte fotografie durante la Prima Guerra Mondiale, ma è solo negli anni ’30 che i progressi nelle tecniche di stampa dei giornali e delle riviste permettono la pubblicazione di foto di qualità accettabile. Per la prima volta le fotografie sono fatte per i giornali, per documentare e divulgare. Per la prima volta il grande publico vide la guerra attraverso gli occhi del fotoreporter e non solo attraverso i racconti a parole dei corrispondenti. In Spagna questi due modi di raccontare la guerra s’incarnano in due uomini che ne diventeranno il simbolo: Bob Capa e Ernest Hemingway. Bob Capa nasce a Budapest il 22 ottobre 19134,con il nome di Endre Ernő Friedmann. Ebreo e convinto antifascista, nel 1930 è costretto ad espatriare in Germania.5 A Berlino comincia a lavorare come fattorino presso lo studio fotografico Dephot, dove presto il direttore dello studio, Simon Guttam, lo promuove fotoreporter. Il nazismo lo costringe nel 1933 a lasciare Berlino e a trasferirsi prima a Vienna e poi a Parigi. Qui incontra la collega Gerda Taro alla quale si lega sentimentalmente. Nel 1936 creano insieme il fotografo americano Robert Capa: non solo lo pseudonimo, ma anche il personaggio. “Mi inventai che Bob Capa fosse un grande fotografo americano appena giunto in Europa, Figura 22: BobCapa scattai le prime foto e ci scrissi sopra Bob Capa, il che significava guadagnare il doppio”, racconterà Capa compiaciuto nell’autobiografia “Slightly out of focus” pubblicata nel 1947. Nell'agosto del 1936 Capa e la Taro sono inviati di guerra in Spagna per le riviste francesi “Ce Soir” e “Regards”. In Spagna Capa si sposta sui vari fronti scattando soprattutto ritratti di soldati, gente comune e dettagli di vita quotidiana. Fotografie ‘da vicino’ che la reflex rendeva possibili e che gettavano il lettore nel mezzo delle cose, faccia a faccia con la sofferenza. Nel luglio 1937, mentre Capa si trovava a Parigi, Gerda Taro, fotografando la battaglia di Brunete a ovest di Madrid, durante la confusione della ritirata, muore schiacciata da un carro armato. Capa abbandona la Spagna e parte per la Cina con il regista Joris Ivens per documentare l’invasione giapponese. Torna 4 Il museo nazionale ungherese a Budapest ha celebrato il centenario della nascita con una mostra antologica delle sue fotografie in bianco e nero “Robert Capa/ Il giocatore”, che si è tenuta dal 18 settembre 2013 al 12 gennaio 2014. Inoltre, una mostra delle fotografie a colori di Capa “Capa at 100”, si è tenuta nel gennaio 2014 all’International Center of Photography a New York. Qui sono conservati 70000 negativi di Capa. 5 Gli emigranti e rifugiati che Capa fotografò sempre con grande sensibilità in giro per il mondo, riflettono la sua situazione di espatriato e il ricordo dei tempi duri degli inizi. - 17 - in Spagna solo nel 1939, in tempo per fotografare la sconfitta dei repubblicani e la fine della guerra civile. Allo scoppio della seconda guerra mondiale parte per gli Stati Uniti, dove diventa fotografo di Life. Nel 1940 è in Messico, nel 1941 in Inghilterra. Nel 1943 segue lo sbarco alleato in Sicilia e la campagna d'Italia, fino alla liberazione di Napoli. Il 6 giugno 1944 partecipa allo sbarco alleato sulle coste della Normandia (D-Day) e segue la campagna fino alla liberazione di Parigi il 25 Agosto. Dopo la guerra nel 1946 diventa cittadino americano. Nel 1947 a Parigi, con Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, fonda l'agenzia Figura 23: Robert Capa (International Center of fotogiornalistica Magnum (dal nome della bottiglia Photography , Magnum Photos) Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai di champagne che i soci stapparono per tedeschi, nei pressi di Troina, Sicilia, 4-5 agosto 1943 l’occasione). È una cooperativa che prevede che le immagini scattate rimangano di proprietà del fotografo Magnum e siano solo noleggiate alle riviste per la pubblicazione. La Magnum capovolge il rapporto di committenza, a tutto beneficio della libertà del fotoreporter. Per Life lavora in giro per il mondo e nel 1954 è inviato a Hanoi per documentare la guerra di decolonizzazione francese in Indocina. Muore il 25 maggio, calpestando una mina mentre si dirigeva verso il delta del Fiume Rosso. - 18 - 3.3 REPORTAGE DI GUERRA Ambito: STORIA e INGLESE Capa e la Guerra Civile Spagnola Figura 25: Robert Capa, Miliziano colpito a morte, Cordova, Spagna, 1936 Nel 1936 Bob Capa fu inviato come fotoreporter in Spagna per documentare la guerra appena scoppiata. Fu la prima guerra cui partecipò e la foto del miliziano che cade lo rese subito famoso. Scattata a Cerro Muriano, nei pressi di Cordoba, l’immagine divenne presto l’icona mondiale del sacrificio dell’uomo che lotta per la libertà contro ogni forma di dittatura. In un’intervista radiofonica della NBC andata in onda nel programma Hi! Jinx, condotto da Jinx Falkenburg e Tex McCrary, il 20 ottobre 1947, Robert Capa - chiamato per parlare della sua autobiografia “Slightly Out of Focus”, allora appena pubblicata - racconta la storia della famosa fotografia osservando che “fotografia di reportage nasce dall’immaginazione dei redattori e del pubblico che la guarda”. I miliziani, ricorda poi, non erano dei veri soldati e “ogni minuto” ne moriva uno. Il 5 settembre era in una trincea con venti di loro, che armati di vecchi fucili sparavano contro una mitragliatrice di Franco. “Sparavano per cinque minuti – dice nell’intervista Capa - poi ‘andiamo!’ uscivano dalla trincea e la mitragliatrice li falciava. Chi si salvava tornava nella trincea e riprendeva a sparare. Dopo cinque minuti di nuovo si alzavano e venivano falciati di nuovo”. - 19 - Dopo tre o quattro di queste sortite, ricorda il fotografo, “ho alzato la macchina fotografia sopra la mia testa e senza inquadrare ho scattato mentre si muovevano sopra la trincea. È andata così”. Capa ricorda di aver visto la fotografia solo tre mesi dopo, dato che aveva spedito i rullini a Parigi, senza svilupparli. “Ero in Spagna e quando sono tornato ho scoperto di essere un fotografo famoso perché la macchina fotografica che tenevo sopra la testa aveva colto un uomo nel momento in cui veniva colpito. Per scattare foto in Spagna non servono trucchi. Figura 26: Servizio sulla guerra di Spagna con fotografie di Robert Capa pubblicato sulla Non occorre rivista francese “Vu”, 23 settembre 1936 mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità”6. Il racconto di Capa però non convinse e le polemiche sulla veridicità della foto continuarono. Solo recentemente è stato accertato che Capa aveva detto la verità. Il soldato è Federico Borrell Garcia, detto Taino, un tessitore della città di Alcoy. Aveva 24 anni il 5 settembre 1936 quando arrivò a Cerro Muriano, fra i rinforzi della Colonna Alcoyana. Taino combatteva dalla parte dei lealisti, i miliziani repubblicani, contro le truppe fasciste del generale Francisco Franco. E’ stato identificato grazie agli archivi statali spagnoli di Salamanca e Madrid, che attestano che Taino fu l’unico a morire il 23 settembre 1936, il giorno in cui Capa scattò la foto. E’ quindi lui il miliziano colto dall’obiettivo del fotoreporter. Capa girò in tutti i fronti spagnoli. Sul fronte di Teruel, nei pressi di Madrid, incontrò lo scrittore Ernest Hemingway, mandato in Spagna come corrispondente di guerra dalla “North American Newspaper Alliance”7. Hemingway reporter rappresenta il “gemello in parole” di Capa, teso a trasmettere al lettore la stessa tensione, la stessa impressione di essere dentro l'azione. 6 La fotografa Eve Arnold, allieva di Capa e socia della Magnum, scrive nell’articolo “Capa remembered” pubblicato su “The Indipendent” nel 1996: “Fu accusato di aver falsificato la sua foto più famosa “Il miliziano spagnolo che muore”. […] Fa parte della leggenda di Capa che la controversia intorno all’immagine sia divampata per decadi vendicando alla fine Capa: nessun falso-vera morte.” 7 La North American Newspaper Alliance (NANA) era un’associazione di testate giornalistiche, che operò tra il 1922 e il 1980. Fondata da John Neville Wheeler, per la NANA lavorarono alcuni dei famosi scrittori del tempo, tra cui Michael Stern, Sheilah Graham Westbrook, Edna Ferber, F. Scott Fitzgerald e Ernest Hemingway. - 20 - Ernest Hemingway Enest Hemingwy was born in Chicago,1899. He started to work as a reporter at seventeen. When Usa entered World War I in 1917, Hemingway volunteered for Red Cross and was sent to Italy. He worked a Fossalta di Piave, where he was wounded. He was hospitalized in Milan, where he met an american nurse and fell in love with her. The love story was later the source of the novel “Farewell to Arms”, published in 1929. In 1920 Hemingway was back in Chicago: he worked again as a reporter Figura 27: Ernest Hemingway and married Elisabeth Hadley Richardson. The couple then lived in Paris, where the writer met Francis Scott Fitzgerald and the group of the 'Lost Generation'. In 1937 the “North American Newspaper Alliance” sent Hemingway to Spain as a war reporter. All his life long, Hemingway was a traveller and a sportsman and loved fishing and hunting: his novels and characters often reflect this world (“The old man and the sea” is the most famous). He was a restless man in life (he lived in Usa, Europe, Cuba) and love (he married four times afeter the first divorce). He won the Nobel Prize for Literature in 1954. He shot himself in 1961. Il reporter di guerra Hemingway aveva come obiettivo quello di far provare al lettore ciò che lui stava provando in prima linea, a due passi dai soldati e dalla morte. Come in questa corrispondenza del 1937 per la NANA spedita da Madrid: “We crawled forward on hands and knees over the clean-smelling wheat and straw in the black dark of a front-line dugout. An unseen man said, "There, where the cross on the lens is, you see it?" Looking out from the darkness through a small opening in the periscopic observation glasses across a bright sunlit, tawny plain, you detached a yellow, flat-topped, steep-flanked hill with a shiplike prow rising from the plain to protect the yellow brickbuilt town clumped above the river bank. Four cathedral spires rose from the town. Three roads ran from it lined with green trees. Around it were green sugar-beet fields. It looked pretty, peaceful and undamaged, and its name was Teruel. The Rebels had held it since the beginning of the war, and behind it were red cliffs, sculptured by erosion into columns that looked like organ pipes, and beyond the cliffs to the left was a devil's playground of red, waterless badlands. "You see it, don't you?" asked the man in the dark. "Yes," replied the writer, and, returning from sightseeing to war, swung the periscope back to the solitary butte, studying the white scars and eruptions of its surface that showed the extent of its fortifications. "That's the Mansueto. That's why we haven't taken Teruel," said the officer. Studying that natural fortress, guarding the town to the east, flanked by several thimble-shaped hillocks thrusting up from the plain like geyser cones, also all heavily fortified, you realize the problem Teruel presented to any army trying to take it from any direction except the northwest.” [E. Hemingway, North American Newspaper Alliance, 1937, Madrid ] - 21 - Con le sue parole cercava di dare un'impressione visiva dei luoghi di cui sta scrivendo, voleva che il lettore si immedesimasse e voleva far comprendere a chi leggeva che i suoi articoli non erano basati sul “sentito dire”: davvero aveva visto ciò di cui scriveva. Hemingway voleva essere un testimone affidabile, per questo descriveva con tanta accuratezza i fatti. Nelle corrispondenze non c'è alcuna trasfigurazione della realtà, come invece sarà nel romanzo “For whom the bell tolls”, “Per chi suona la campana” che attinge ai ricordi di Spagna. Hemingway e Capa affrontavano lo stesso compito di raccontare la guerra, attraverso due tecniche differenti: quella tradizionale della parola scritta, più complessa e mediata, e quella per immagini, che riescono a fare entrare immediatamente in situazione chi le guarda, creando una sensazione di semplicità che è invece altrettanto difficile da ottenere che con le parole. Capa all'epoca, aveva anche il vantaggio che il fotogiornalismo costituiva una novità e la fotografia manteneva la carica di realtà del documento. Entrambi erano convinti che per la buona riuscita dell’articolo o della fotografia, bisognasse avvicinarsi il più possibile ai fatti. “If your pictures aren't good enough, you're not close enough”, era solito dire Capa. Il reporter di guerra deve raccontare fatti vicini a lui, deve condividere la stessa situazione di rischio delle persone di cui vuole parlare. Le immagini e le parole devono trasmettere le stesse emozioni che il giornalista e il fotografo provano quando vedono gli orrori della guerra. La Guerra di Spagna Durante gli anni Venti la Spagna cresce economicamente: industrie nascono al nord, mentre il sud agricolo esporta vino, olio e agrumi. Gli effetti della crisi del 1929 tuttavia si fanno sentire anche in Spagna e agli inizi degli anni Trenta il governo tenta di risollevare l’economia varando una riforma agraria, che statalizza i latifondi. La riforma però non ha i risultati sperati. Nel 1930 cade il regime di destra di Miguel Primo de Rivera e nel 1931, dopo la vittoria delle sinistre e la fuga del re Alfonso XIII, il governo di Manuel Azaña proclama la repubblica. Il paese si spacca: si forma a sinistra uno schieramento che comprendeva i sindacati, i socialisti, i comunisti, i movimenti autonomisti di Catalogna e Paesi Baschi e gli industriali repubblicani; a destra i monarchici, i cattolici tradizionalisti, i fascisti della Falange di Josè Antonio Primo de Rivera, l’esercito e la Chiesa cattolica, che al tempo rappresentava anche una rilevante potenza economica. Con le elezioni del 1933 la destra tornò al potere, e revocò la concessione di Azaña dell’autonomia alla Catalogna. Furono anni di dura repressione contro le rivolte operaie e contadine. Nel 1936 le sinistre del Fronte Popolare tornarono vittoriose, ma profondamente divise; al contrario la destra, nonostante la sconfitta, si rivelò ancora fortissima. La tensione cresce fra rivolte contro la Chiesa e i grandi proprietari terrieri, incendi di chiese e fabbriche e occupazioni di terre cui si contrappone il terrorismo della Falange. Fra il 17 e il 19 luglio 1936 le guarnigioni militari stanziate nelle colonie del Marocco, guidate dal generale Francisco Franco e da Emilio Mola, si sollevano contro il governo repubblicano. Grazie anche all’aiuto dell’aviazione nazista, gli insorti conquistano l’Andalusia, Franco è acclamato “generalissimo” e stabilisce un governo provvisorio a Burgos. Buona parte della Spagna si schiera con i franchisti, restano repubblicane Madrid e Barcellona. Il 26 aprile i nazisti radono al suolo la - 22 - città di Guernica e alla fine del 1937 tutto il nord-Ovest è in mano a Franco. Tra il luglio e il novembre del 1938 i repubblicani tentano una disperata controffensiva sul fiume Ebro. Il 26 gennaio 1939 i franchisti entrano a Barcellona e il 28 marzo a Madrid. La Guerra Civile Spagnola fu una delle più sanguinose e violente. Nelle aree repubblicane si assistette ad assassini di massa, spesso con forti tendenze anticlericali, come l’assassinio di circa 6800 preti e suore. Nelle zone franchiste “i rossi proletari” furono massacrati in nome di una missione civilizzatrice. La dittatura franchista durò fino alla morte di Franco negli anni ’70, unica dittatura fascista europea a sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale. Lo Sbarco in Normandia Figura 28: Robert Capa, Sbarco in Normandia, Francia, 6 giugno 1944 “My beautiful France looked sordid and uninviting, and a German machine gun, spitting bullets around the barge, fully spoiled my return. The men from my barge waded in the water. Waistdeep, with rifles ready to shoot, with the invasion obstacles and the smoking beach in the background gangplank to take my first real picture of the invasion. The boatswain, who was in an understandable hurry to get the hell out of there, mistook my picture-taking attitude for explicable hesitation, and helped me make up my mind with a well-aimed kick in the rear. The water was cold, and the beach still more than a hundred yards away. The bullets tore holes in the water around me, and I made for the nearest steel obstacle. A soldier got there at the same time, and for a few minutes we shared its cover. He took the waterproofing off his rifle and began to shoot without much aiming at the smoke-hidden beach. The sound of his rifle gave him enough courage - 23 - to move forward, and he left the obstacle to me. It was a foot larger now, and I felt safe enough to take pictures of the other guys hiding just like I was.” Così Bob Capa parla del D-Day. Il 6 giugno 1944 il fotoreporter, inviato dalla rivista americana Life, era a bordo delle navi della 1° e 29° divisione della fanteria della prima armata americana comandata da Omar Bradley, in direzione di Omaha Beach, nome in codice per indicare le zone nei pressi di Saint-Laurent e Colleville in Normandia. Nella notte tra il 5 e il 6 giugno 1944 gli Alleati sbarcarono sulle coste atlantiche della Normandia per attaccare da Ovest l’armata tedesca, pressata a est dall’URSS, e aprire il secondo fronte. Sotto il comando del generale statunitense Dwight Eisenhower furono impiegati tre milioni di uomini: fanti, marinai delle 1200 navi da guerra, soldati a bordo dei 6500 mezzi anfibi, piloti dei 13000 aerei. Il 24 agosto gli Alleati entrarono a Parigi. Cercando di tenere la fotocamera lontana dalle onde, Capa riuscì a fotografare i soldati nel momento dello sbarco e durante i primi scambi di fuoco. Le foto, un po’ per la posizione scomoda di Capa, un po’ per la paura che gli faceva tremare le mani e un po’ per un errore nello sviluppo, si rivelarono leggermente fuori fuoco. Paradossalmente l’effetto mosso trasmise al pubblico il caos e la confusione dello sbarco. 8 Bersagliati da cannoni e mortai tedeschi, falciati dal micidiale fuoco incrociato delle mitragliatrici, dilaniati dalle mine, annegati, in poche ore sulle spiagge della Normandia morirono migliaia di soldati americani, britannici e canadesi. Un prezzo di sangue altissimo ma inferiore a quanto gli Alleati temessero, nonostante gli errori e il caos, perché l’operazione era stata preparata per un anno in segreto, coperta da un imponente lavoro d’intelligence, che riuscì a preservare l'effetto sorpresa. Hitler si attendeva l'invasione da Calais, la più vicina alla costa britannica. Così fu fatto credere fino all'ultimo al comando tedesco con false comunicazioni interne, azioni diversive, false ricognizioni. Per lo sbarco fu invece scelto un breve tratto di costa alla foce della Senna, fra Le Havre e la penisola di Cherbourg: un tratto impervio e sovrastato da scogliere. Per accrescere l'imprevedibilità fu deciso di procedere anche col tempo cattivo e con l'arrivo dell'alta marea. La 'Operation Neptune', il cui comandante supremo scelto da Roosevelt e Churchill fu il generale (e futuro presidente Usa) Dwight D. Eisenhower con il britannico Bernard Montgomery in seconda, iniziò intorno alla mezzanotte fra 5 e 6 giugno con massicci lanci di paracadutisti dietro alle linee nemiche. Essi avevano il compito di neutralizzare l'artiglieria tedesca e proteggere i ponti prima che venissero minati, operazione che riuscì solo in parte ma riuscì a creare scompiglio fra i 50.000 difensori. All'alba, il dispiegamento di forze che i tedeschi si trovarono di fronte in mare era impressionante: oltre 1.200 navi da guerra alleate fra cui 5 corazzate che scortano 800 navi da cargo piene di truppe e veicoli, 700 imbarcazioni di appoggio e oltre 4.000 mezzi da sbarco con oltre 150.000 soldati e 800 carri armati e blindati. I settori dello sbarco erano stati divisi in cinque differenti spiagge, con nomi in codice: Utah Beach e Omaha Beach riservate alle truppe Usa; Gold Beach e Sword Beach alle truppe britanniche e Juno Beach a britannici e canadesi. Benché 8 E. Arnold, op. cit. , “Io non compresi il suo lavoro finchè incontrai la scrittrice Janet Flanner […] che mi parlò del suo amico Robert Capa lei parlava e io ascoltavo. Notando il mio silenzio me ne chiese la ragione. Ammisi che pensavo che le sue fotografie non riuscissero molto bene “Cara, mi rispose, neppure la storia riesce bene”. Cominciai a capire la forza del suo lavoro, solo con l’essere dove c’era l’azione egli stava aprendo nuove aree di visione. Egli era consapevole che, come per tutto il buon giornalismo (che tenta di lanciare il messaggio con immediatezza e impatto) è l’essenza di una foto, non necessariamente la sua forma, che è importante.” - 24 - preceduti da massicci raid aerei e dal fuoco di copertura dalle cannoniere navali, gli sbarchi furono esposti a un feroce fuoco di sbarramento su spiagge minate, irte di ostacoli e sbarramenti. Nelle prime ore fu un massacro, in particolare a Omaha Beach, dove i tedeschi tennero gli invasori inchiodati sulla battigia dall'alto delle scogliere che la circondavano. Nell'arco del solo D-Day persero la vita 10.000 soldati alleati e fra i 4 e i 9.000 tedeschi (cifra mai appurata). In 24 ore gli Alleati riuscirono a stabilire delle teste di ponte da cui, nei giorni successivi, continuarono a sbarcare uomini e mezzi fino a creare una forza di invasione di quasi un milione e mezzo di effettivi in una lunga e difficile campagna (Operation Overlord) contro 700.000 tedeschi che impiegò quasi due mesi per prendere Parigi, liberata il 25 agosto. Da allora la Germania nazista, stremata e distrutta, fu attanagliata fra due fronti (anche se da un anno si combatteva già in Italia) e gli storici oggi concordano che, se la "corsa" per arrivare a Berlino fu vinta dai sovietici da est, il fronte occidentale era connotato già di un valore strategico proiettato nel futuro: pose l'intera Europa occidentale fuori dalla sfera d'influenza sovietica e gettò le basi per la spartizione della Guerra Fredda. Il 6 giugno 2014 sono ricorsi i 70 anni dello sbarco in Normandia e i grandi della terra si sono riuniti sulle spiagge dove si giocarono le sorti della guerra.9 Quando Capa morì in Indocina, il 25 maggio 1954, il suo amico John Steinbeck, premio Nobel per la letteratura lo ricordò con un articolo pubblicato sulla rivista americana “Popular Photography” nel settembre 1954. “Non so nulla di fotografia, scrive Steinbeck, quello che posso dire sul lavoro di Capa è strettamente legato al punto di vista di un profano e gli specialisti dovranno sopportarmi. Mi sembra che Capa abbia provato oltre a ogni dubbio che la macchina fotografica non deve essere un freddo mezzo meccanico. Come la penna, sarà buona quanto l’uomo che la usa. Può essere l’estensione della mente e del cuore. Le fotografie di Capa erano prodotte nella sua testa, la macchina fotografica le completava soltanto”. D’altra parte un esperto di fotografia, come il grande fotografo Henri Cartier-Bresson, anche lui amico di Capa oltre che socio fondatore della Magnum, riflettendo sui primi anni di lavoro 9 Così l’agenzia Ansa ha riassunto la giornata guardando all’attualità: “Ed è ancora su queste spiagge che oggi forse si è scritto un nuovo futuro per l'Ucraina. Per la prima volta dall'annessione della Crimea alla Russia, anche Vladimir Putin ha preso posto per la foto di famiglia, ai piedi del castello di Bénouville. Con lui Obama e il neo presidente ucraino, Petro Poroshenko. Presenti, per la prima volta, anche il presidente Giorgio Napolitano, il premier britannico David Cameron e Angela Merkel ("la pace e la libertà sono sempre a rischio", ha avvertito la cancelliera tedesca). Ma il vero ospite d'onore dell'evento è stata la regina Elisabetta II, 88 anni. Il via all'intensa giornata di celebrazioni è stato dato di prima mattina da Francois Hollande al memoriale di Caen, dove il presidente francese ha reso omaggio al sacrificio delle 20.000 vittime civili della battaglia di Normandia. Dopo di che ha raggiunto Obama, che con gli occhi umidi visitava il cimitero americano di Colleville-sur-Mer, puntellato da più di 10.000 croci bianche. "La Francia non dimenticherà mai quello che deve agli Stati Uniti", ha detto Hollande. "Celebriamo oggi una data memorabile della nostra storia, in cui i nostri due popoli si sono uniti in una stessa battaglia, quella della libertà". Tutti i leader si sono ritrovati per pranzo al castello di Bénouville, con un'oretta di ritardo sul programma. All'arrivo di Putin, Hollande è sparito per qualche minuto con lui nella hall del castello. Poco dopo, Obama ha colto tutti di sorpresa scendendo dalla sua auto blindata insieme ad un veterano americano di guerra. Nel frattempo si è appreso che Putin e Poroshenko non solo si erano parlati, ma si erano anche stretti la mano. La disposizione dei posti a tavola era stata pensata in modo tale che gli sguardi di Putin e Obama non potessero neanche incrociarsi. E invece i due leader si sono addirittura parlati, discutendo per un quarto d'ora. Il momento forte della giornata è stato la cerimonia ufficiale a Ouistreham, sulla spiaggia di Sword Beach, in presenza di un migliaio di veterani. I volti di Obama e Putin sono finiti fianco a fianco sul grande schermo e i due, che se sono accorti, hanno fatto un sorrisino malizioso. In un nuovo discorso solenne, Hollande questa volta ha reso omaggio anche "al coraggio dell'Armata rossa" e di tutte le vittime, compresi "i tedeschi, vittime anch'essi del nazismo". Poco dopo le celebrazioni si sono trasferite in altri luoghi simbolici, tra cui Arromanche, per una cerimonia tutta inglese in presenza del principe William e della moglie Kate.” (ANSA). - 25 - dell’agenzia, afferma: “Il mestiere di reporter ha solo trent’anni, si è perfezionato grazie alle macchine piccole e maneggevoli, agli obiettivi molto luminosi e alle pellicole a grana fine molto sensibili realizzate per soddisfare le esigenze del cinema. L’apparecchio per noi è uno strumento non un giocattolino meccanico. E’ sufficiente trovarsi bene con l’apparecchio più adatto a quello che vogliamo fare. Le regolazioni, il diaframma, i tempi ecc., devono diventare un riflesso, come cambiare marcia in automobile. In realtà la fotografia di reportage ha bisogno solo di un occhio, un dito, due gambe”. La differenza fra i due punti di vista sta nella consapevolezza che senza progresso tecnologico il lavoro anche del più dotato fotoreporter non sarebbe stato possibile, ma entrambi sottolineano che senza un pensiero dietro alla macchina fotografica, nessun risultato sarebbe stato raggiunto in campo culturale. La tecnologia, permettendo al fotografo di avvicinarsi ai soggetti, è stata la molla che ha fatto scattare un processo rivoluzionario nel campo della comunicazione di massa, sorpassando per impatto anche la miglior prosa. Capa e Hemingway vivono nel momento della svolta e contribuiscono a costruirla o a farne risaltare la novità. Non va però dimenticato che immagini e parole esprimono anche giudizi sulla guerra da parte degli autori, e, diffuse insieme in grandi numeri, provocano un avvicinamento alla realtà secondo modi diversi e complementari, aprendo la via a riflessioni diverse in chi legge e guarda. Il pubblico scopre che letteratura e fotografia possono avere una dimensione politica di giudizio sulla realtà. - 26 - 4 CONCLUSIONE: In questo lavoro ho analizzato gli sviluppi tecnologici legati alla fotografia e la loro possibile applicazione in campi cruciali per la modernità: la scienza e l'informazione. L'ho verificato attraverso l'opera di alcuni maestri del Novecento, ma anche attingendo a un'esperienza diretta resa possibile dalle attrezzature dell'Istituto Natta. Ho quindi potuto verificare che la fotografia non solo ha ampliato la quantità di informazioni ottenibili sulla realtà biologia o storica, ma ha modificato il modo di percepire la realtà nei suoi vari aspetti. Le immagini di guerra a forte impatto, immediatamente comprensibili da tutti, senza differenze di lingua o di livello culturale, hanno portato a comprendere meglio le sofferenze umane e le distruzioni, contribuendo a innescare una nuova riflessione collettiva sulle conseguenze dei conflitti. La possibilità di La produzione e diffusione delle immagini e il loro utilizzo nei più diversi campi culturali è una del Le tecnologie rendono possibile, con la loro esistenza, un nuovo sguardo sulle cose e sugli avvenimenti, che costruisce un nuovo modo di pensare. Che a sua volta genera nuove realtà, nuove professioni, nuovi bisogni, in un continuo sviluppo. - 27 - SITOGRAFIA: http://www.photogallery.it/storia/istoria.html http://www.reflex.it http://cool.conservation-us.org/jaic/articles/jaic30-02-003_2.html http://cacinski.altervista.org/robert_capa/miliziano.htm http://www.photogravure.com/collection/searchResults.php?page=2&artist=AlbinGuillot,%20Laure&view=medium http://www.wisegeek.com/what-is-a-photomicrograph.htm http://uk.phaidon.com/agenda/fotografi/articles/2013/october/23/listen-to-robert-capa-speak/ http://www.thegueardian.com/artanddesign/2013/oct/29/robert-capa-best-picture-transcript http://www.dptips-central.com/history-of-photography.html http://www.newrepublic.com http://www.independent.co.uk/ http://em-outreach.ucsd.edu/web-course/Sec-III.A-B/Sec-III.A-B.html http://www.icp.org/ BIBLIOGRAFIA: Delphine Desveaux, Un art dècoratif, da “Laure Albin Guillot, Catalogue de l’exposition”, 2013, Jeu de Paume “Walker, Corso di Fisica Volume 3”, 2010, linx Giovanni De Luna, “La storia al presente 3”, 2008, Paravia Cinzia Medaglia- Beverley Anne Young, “Whit Rhymes and Reason”, 2011, Loescher Harold Hart- Leslie E. Craine- David J. Hart- Christopher M. Hadad, “Chimica organica”, 2012, Zanichelli Gianvito Martino, “In crisi d’identità”, 2014, Mondadori Università Italo Calvino, Le avventure di un fotografo, da “Gli amori difficili”, 1970, Einaudi - 28 -