Il licenziamento
individuale
licenziamento
datore di lavoro
contratto di lavoro
lavoratore
dimissioni
Alle origini la regola era il recesso libero
Articolo 2118 del codice civile
Art. 2118 Recesso dal contratto a tempo indeterminato
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a
tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei
modi stabiliti (dalle norme corporative), dagli usi o secondo
equità (att. 98).
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra
parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione
che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di
cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
C
o
d
i
c
e
civile
Recesso “ad nutum” (2118)
la regola del preavviso
Recesso per giusta causa (2119)
A
u
t
o
n
o
m
i
a
collettiva
Licenziamenti individuali
Accordi interconfederali
Licenziamenti collettivi
1942
L
e
g
g
e
C
o
d
i
c
e
civile
1947
1950
1965 1966 1970 1990 1991
604/66
300/70
108/90
223/91
Il licenziamento individuale
C
o
d
i
c
e
civile
Recesso “ad nutum” (2118)
il preavviso
Recesso per giusta causa (2119)
Contratto di lavoro a tempo Contratto di lavoro a tempo
indeterminato
determinato
2119
2119
2118
C
o
d
i
c
e
civile
Recesso “ad nutum” (2118)
Recesso per giusta causa (2119)
I periodi di sospensione del lavoro con garanzia di
conservazione del posto (2110)
il periodo di comporto
Servizio militare (1946 ….)
Matrimonio (1963)
Maternità (…, 1971,1963)
Il preavviso come forma originaria ed elementare di
tutela in occasione del licenziamento
La sua funzione
nel caso di licenziamento
nel caso di dimissioni
Efficacia reale o efficacia obbligatoria del preavviso?
i riflessi: es. - aumenti retributivi determinati
dalla contrattazione collettiva
- malattia
Forma scritta ed eventuale motivazione
legge
604/
1966
licenziamento discriminatorio
> inefficacia
> nullità
Giustificato motivo
soggettivo
notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali del prestatore
> annullabilità
di lavoro
oggettivo
ragioni inerenti all'attività
produttiva, all'organizzazione del
lavoro e al regolare funzionamento
di essa
Impugnazione,
con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a
rendere nota la volontà del lavoratore,
entro il termine di decadenza di 60 giorni
La decadenza opera anche nel caso di licenziamento
inefficace?
Campo d’applicazione esclusioni
datori di lavoro
< 35 dipendenti
lavoratori
• con diritto a pensione
• in prova (max 6 mesi)
• dirigenti
i licenziamenti collettivi
C
o
d
i
c
e
civile
legge
604/
1966
Recesso “ad nutum” (2118)
la regola del preavviso
Recesso per giusta causa (2119)
Recesso per giustificato motivo
Il giustificato motivo come si rapporta
alla giusta causa
?
Giusta causa
non inadempimento
inadempimento
più che notevole
Giustificato motivo
soggettivo
oggettivo
notevole
Il ruolo centrale della giurisprudenza
Il giudizio sulla giusta causa e sul giustificato motivo
soggettivo
- la vita privata (la “sentenza Canosa”)
- il diritto di critica
- la libertà personale e le esigenze della organizzazione
-“gli indesiderabili”
- il giudizio sulla gravità
- la immediatezza
- la sospensione cautelare
La legge e le clausole dei contratti collettivi in materia di
esercizio del potere disciplinare
Il giudizio sul giustificato motivo oggettivo
Il g.m.o. ricorre non solo quando viene modificata la
componente materiale dell’organizzazione (es.: introduzione di
nuovi macchinari che sostituiscono lavoro; soppressione di un
ufficio conseguente a modifica o riduzione di attività), ma
anche quando la modifica riguarda la sola organizzazione del
personale (es.: redistribuzione, tra il restante personale, dei
compiti del lavoratore che si licenzia )
- non sindacabilità delle scelte organizzative
ma accertamento del nesso
- il criterio della extrema ratio
- la scelta del lavoratore
Il sistema sanzionatorio
alternativa tra
riassunzione del lavoratore (entro 3 gg.)
risarcimento del danno
forfettizzazione
datori lav <16 dip.
datori lav >15 dip.
2,5
>
6
mensilità
>
10 per anzianità > 10 anni
>
14 per anzianità > 20 anni
La stabilità
604/1966
dalla
“tutela obbligatoria”
300/1970
alla
“tutela reale”
Statuto dei lavoratori
Il disegno di legge governativo (la presenza del 18 nel titolo II)
Stabilità reale ed effettività dei diritti dei lavoratori (corte cost.
e prescrizione…)
Stabilità reale e diversa coloritura delle sanzioni consistenti
nella stabilizzazione del rapporto (L.1369/1960; L.
230/1962) > la “rigidità”
Stabilità reale ed interesse alla continuità occupazionale
Campo d’applicazione della reintegrazione (nella originaria
versione dello statuto dei lavoratori)
unità produttive
di imprese industriali e commerciali
Le spinte alla estensione dello statuto all’area delle piccole
imprese
La legge 108/1990
Estensione dell’area della stabilità obbligatoria ma anche di quella
reale
Estensione anche ai datori di lavoro non imprenditori
Generalizzazione della tutela antidiscriminatoria
Riformulazione del 18 con modifica criteri di calcolo degli
occupati e con previsione della facoltà del lavoratore di optare, in
luogo della reintegrazione, per la liquidazione di 15mensilità
TAVOLA RIASSUNTIVA
libero
stabilità obbligatoria
licenziamento
giustificato
stabilità reale
l
2
i
1
b
1
e
8
c.c. r
o
Licenziamenti discriminatori
tutela reale
tutela obbligatoria
Dirigenti
Lavoratori in prova
Lavoro sportivo
area di non applicazione
Lavoratori domestici
Lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici ...
g
i
L. u
6 s
0 t
4 i
f
/
1966 i
c
a
t
o
Lavoratori di datori di lavoro che occupano < 16 dip.
agricoli < 6
Lavoratori di datori di lavoro che occupano < 60 dip.
ma occupati in u.p. con <16
Lavoratori di datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza
fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di
istruzione ovvero di religione o di culto
Lavoratori occupati in u.p. con >15 agricoli >5
Lavoratori di datori di lavoro che occupano > 60
< 61
u.p. < 15
> 60
u.p. > 16
u.p. < 15
u.p. > 16
Il licenziamento disciplinare?
rinvio a “potere disciplinare”
Il problema dell’articolo 18
Il parere del CNEL
“insiders” versus “outsiders”?
creerebbe una maggiore occupazione la sua abolizione?
è ragione del nanismo delle imprese? …la soglia……
il referendum dei radicali
Quali i punti critici della disciplina?
La lentezza della giustizia
L’indifferenza del sistema sanzionatorio rispetto alla
gravità dell’infrazione
L’ingiustificatezza della facoltà di opzione per le 15
mensilità nelle situazioni in cui il licenziamento prescinde
da considerazioni personali ….
L’indeterminatezza delle causali giustificative ….
Il rapporto tra legge ed autonomia collettiva …….
il disegno di legge delega del nuovo governo ……
•sperimentalità
•disapplicazione a fini di incentivazione
(art.10)
> dell’emersione dal nero
> della trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti
a termine
> del superamento della soglia occupazionale dei 15
dipendenti
Lo stralcio >848bis
il patto per l’Italia
Il licenziamento collettivo
rinvio
Le dimissioni
Il lavoratore può obbligarsi
a) a non recedere prima di una certa data?
b) a dare un preavviso più lungo di quello previsto
dal contratto collettivo?
a) v. Trib. Roma 22.6.2004 (NGL 2004, 731 v……) (patto
intervenuto per tutelare in investimento in formazione fatto
dalla banca…)
b) v. Trib. Genova 7.9.2004 (NGL 2004, 731) (ma il
contratto collettivo in quel caso prevedeva la possibilità di
un diversa misura concordata a livello individuale)
fine
il codice civile del 1865
Art. 1628
“Nessuno può obbligare la propria opera all’altrui
servizio che a tempo o per una determinata impresa”
Leggendo Barassi
(1901, p. 71) “… crediamo che una attenuazione si possa concedere, attenuazione
accettata dalla dottrina e invalsa nella pratica. Si ammette, cioè, che il creditore delle
operae possa limitare fin da principio (non mai escludere) il diritto proprio di far
valere il divieto di cui all’art. 1628. In tal modo resta libero all’altra parte di continuare
o no nel rapporto locativo, poiché esso non può mai limitare il diritto proprio. Rimane
dunque nulla qualunque rinuncia fatta dall’operaio di far valere il divieto dell’art.
1628: mentre si riconosce il diritto nell’altra parte di limitare la propria facoltà di
opporre questo articolo….. (p. 73) …quando il locatore di opere si vincola per un
periodo eccessivamente lungo, si ha violazione di un divieto che può essere fatta
valere sia dal locatore stesso, sia dal conduttore di opere. Non vi è che un caso in cui a
quest’ultimo tale diritto può essere negato; ed è quando egli vi abbia parzialmente
rinunciato. Il che accade quando si sia obbligato per propria parte a non opporsi se non
in determinate circostanze (giusti motivi) a che il locatore abbia a continuare le sue
prestazioni per un tempo lunghissimo, anche indefinitamente e cioè per tutta la vita del
locatore. …(p. 74) L’effetto del divieto è .. che se le parti danno esecuzione al
contratto si intende che ognuna delle parti possa interrompere quando voglia il vincolo
locativo col debito preavviso
Art. 2118 Recesso dal contratto a tempo indeterminato
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a
tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi
stabiliti (dalle norme corporative), dagli usi o secondo equità (att.
98).
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a
un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe
spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di
cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
Art. 2119 Recesso per giusta causa
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della
scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza
preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si
verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche
provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato,
al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete
l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente.
Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il
fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa
dell'azienda.
Gjj
Il lavoratore che receda per giusta causa (ad esempio per molestie
sessuali, comportamenti ingiuriosi) non può chiedere il risarcimento
dei danni per la disoccupazione che ne consegua. Parimenti il datore
di lavoro non potrebbe chiedere i danni conseguenti al fatto di
trovarsi costretto a reperire sul mercato un altro lavoratore.
Il 2119 cc rappresenterebbe una disciplina speciale che
derogherebbe a quella di cui all’art. 1453 cc.
Rimarrebbe ferma la possibilità di richiedere i danni diversi dal
precedente.
(v.b.; Cass. Sez. lav. 7.11.2001, n. 13782)
Art. 2110 Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio
In caso d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la
legge (o le norme corporative) non stabiliscono forme equivalenti di
previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la
retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati
dalle leggi speciali, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo
equità (att. 98).
Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di
recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo
stabilito dalla legge (dalle norme corporative), dagli usi o secondo
equità.
Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve
essere computato nell'anzianità di servizio.
Il periodo di comporto in qualche caso è previsto direttamente
dalla legge (fermo rimanendo il principio del più favorevole
trattamento eventualmente previsto dal contratto collettivo)
- la legge sull’impiego privato
- la legge per i lavoratori affetti da tubercolosi (art. 10 L. n. 419 del
1975) (per i datori di lavoro con + 15 dip: fino a 6 mesi dopo la data
di dimissione dal luogo di cura per avvenuta guarigione o stabilizzazione; per gli altri dat. lav. v. L.n. 86 del 1953)
Si ritiene generalmente che la malattia non precluda la
possibilità di licenziare per giusta causa
(ad es. Cass. 1.6.2005, n. 11674)
Art. 2
1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve
comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
2. Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni
dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in
tal caso il datore di lavoro deve, nei sette giorni dalla richiesta,
comunicarli per iscritto.
3. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all'articolo 9 si
applicano anche ai dirigenti. (articolo così sostituito dalla legge
108/1990)
Art. 4
Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o
fede religiosa, dell'appartenenza ad un sindacato e dalla
partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla
motivazione adottata.
CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA
(Carta di Nizza)
Articolo 30
Tutela in caso di licenziamento ingiustificato
Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento
ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e
prassi nazionali.
La giurisprudenza ritiene che l’inefficacia del licenziamento
orale comporti l’inapplicabilità del termine di decadenza
(Cass. S.U.27.7.1999, n. 508)
Il licenziamento orale deve ritenersi giuridicamente inesistente
e quindi inidoneo ad incidere sulla continuità giuridica del
rapporto (Cass. 25.9.2000, n. 12601)
Situazioni non riconducibili alla violazione del dovere di
diligenza preparatoria
Il licenziamento per g.m.o. non può essere determinato da
finalità di mero risparmio, come quelle che si raggiungerebbero
mediante il licenziamento di un lavoratore più anziano e più
costoso con altro più giovane e meno costoso oppure mediante il
licenziamento di un lavoratore particolarmente qualificato e la
sua sostituzione con un altro meno qualificato ma ugualmente
idoneo, presupponendo, invece, una ristrutturazione aziendale
che comporti la soppressione di determinati posti di lavoro …
(Cass. 17.3.2001, n. 3899 NGL, 2001,466)
Idem Cass. S.U. 11.4.1994, n. 3353 nel caso di istituto di
istruzione privata che aveva licenziato la dipendente per
sostituirla con una suora
Il controllo del giudice non può estendersi ad un
sindacato sull’opportunità e sulla congruità delle scelte in
materia di assetti produttivi ed organizzativi, rispetto ai
quali il datore di lavoro gode di una riserva di autonomia,
garantita dal principio costituzionale relativo alla libertà
dell’iniziativa economica privata (41 cost.)
es. Cass. 16.12.2000, n. 15894; ma v. anche cass.
25.7.2000, n. 9766; cass. 29.3.1999, n. 3030
Una parte della giurisprudenza, tuttavia, nega la legittimità del
licenziamento quando la riduzione dei costi realizzata per suo tramite
non sia volta a fronteggiare una crisi o a garantire la sopravvivenza
dell’impresa bensì solo ad incrementare gli utili (v. cass. 7.7. 2004, n.
12514 Ridl 2004, II, 838; 4.3.2002, n. 3096; 14.6.2000, n. 8135; v.
anche cass. 27.11.1996, n. 10527; 20.8.2003, n. 12270; 17.5.2003,
n.7750
Vi è presunzione di illegittimità nel caso in cui entro
breve tempo sul posto venga assunto un altro lavoratore
I compiti del lavoratore licenziato ben possono risultare
ripartiti tra i lavoratori rimanenti…. (cass. 14.6.2000,
n.8135)
Il datore di lavoro deve provare che gli è impossibile
adibire proficuamente il lavoratore allo svolgimento di
altre mansioni, analoghe a quelle svolte, nell’ambito di
tutta l’organizzazione
(Cass. 20.1.2003, n. 777 Ngl 2003, 357; 21.12.2001, 16144, Ngl
2002, 354; 14.6.1999, n. 5893)
(la disponibilità del lavoratore a svolgere mansioni
inferiori pur di evitare il licenziamento potrebbe
costituire ragioni di illegittimità del licenziamento ove il
comportamento del datore di lavoro che non abbia voluto
venire incontro a quella disponibilità sia qualificabile
come contrario a buona fede ; v. cass. 20.12.2001, n.
16106) (v. anche S.U. 7.8.1998, n. 7755)
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il
datore di lavoro, che adduca a fondamento del licenziamento la
soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore
licenziato, ha l'onere di provare non solo che al momento del
licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga
a quella soppressa alla quale avrebbe potuto essere assegnato il
lavoratore licenziato per l'espletamento di mansioni equivalenti a
quelle svolte, ma anche di avere prospettato al lavoratore
licenziato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un suo
impiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio
professionale, purché tali mansioni inferiori siano compatibili
con l'assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito
dall'imprenditore
(Cass. civ. Sez. lavoro, 13-08-2008, n. 21579 )
Il datore di lavoro che deve scegliere tre o quattro
dipendenti da licenziare in un gruppo di lavoratori con
mansioni fungibili tiene un comportamento conforme a
correttezza e buona fede se – in assenza di appositi criteri
fissati dai contratti collettivi – segue i criteri del carico di
famiglia e dell’anzianità (Cass. 21.11.2001, n. 14663)
Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del
licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di
lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il
termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno
versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di
2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale
di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle
dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di
lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura
massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10
mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai
dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con
anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro
che occupa più di quindici prestatori di lavoro
Il giudice ….. il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace
il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o
annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato
motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa,
ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, ... di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. (e)... condanna il
datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore
per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o
l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione
globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello
dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi
assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al
momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del
risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di
retribuzione globale di fatto.
Il lavoratore non sarebbe tenuto ad iscriversi al collocamento al
fine cercare di diminuire il danno della controparte
(cass. 11786/2002)
Art. 35
…. (si applica a) ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o
reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. …. Alle
imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti.
….. (si applica altresì) alle imprese industriali e commerciali che
nell’ambito dello stesso comune occupano più di quindici
dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna
unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti
Con sentenza n. 19837 del 4 ottobre 2004, la Cassazione ha
affermato che per gli effetti della tutela reintegrativa del
lavoratore ingiustamente licenziato, per “unità produttiva” va
intesa non ogni sede o stabilimento o ufficio, ma la più vasta
entità aziendale, eventualmente articolata in organismi minori,
anche non ubicati tutti nel territorio del medesimo comune,
caratterizzata da condizioni imprenditoriali di indipendenza
tecnica od amministrativa. Pertanto, si esclude la configurabilità
di unità produttiva in relazione alle articolazioni aziendali che,
sebbene siano dotate di una certa autonomia amministrativa,
siano destinate a scopi interamente strumentali o a funzioni
ausiliarie sia rispetto ai fini generali dell’impresa, sia rispetto ad
una frazione dell’attività produttiva della stessa
Il diritto all’opzione per la prosecuzione del rapporto
fino al 65° anno
(art. 6 L. n. 407/1990)
Il riferimento al 60° anno di età contenuto nella
legge 108/1990 non è stato abrogato e sostituito
dalla successiva normativa in materia che ha fissato
in 65 anni il limite di età per la pensione di vecchiaia
(Cass. n. 7853 del 2002)
Legge 300/1970 Art. 7. (Sanzioni disciplinari)
…………..
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n.
604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che
comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la
multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro
ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla
retribuzione per più di dieci giorni.
………………………………..
LAVORATORE
PRESTAZIONE
DATORE DI LAVORO
mansioni
obbedienza
ORGANIZZAZIONE
disciplina
diligenza
VITA PRIVATA
AFFARI
fedeltà
fiducia
Quale rapporto con la legge 604/1966?
?
datore di lavoro con
<= 35 dipendenti
I tesi
datore di lavoro
con > 35dipendenti
u.p.> 15
II tesi
> 36
< 35 ?
u.p. > 15
u.p. > 15
Kugler e Pica, Difficoltà di licenziamento e stabilità del percorsi
lavorativi in Italia, (in Brucchi Luchino (a cura di), Per
un’analisi critica del mercato del lavoro, Il Mulino 2005, p.
111 ss.) sostengono che l’introduzione della disciplina del 1990
avrebbe disincentivato nelle piccole imprese il contratto a tempo
indeterminato
(“La probabilità che nasca o si interrompa un rapporto di lavoro
a tempo indeterminato tra un lavoratore e un’impresa con meno
di 15 occupati decresce, dopo la riforma del 1990, sia per gli
uomini che per le donne” p. 120)
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il licenziamento_B