Il presente lavoro è il frutto del percorso C to Work – Idee per uno smartworking al
femminile realizzato da Piano C in partnership con Cisco Italia, azienda leader nella fornitura di
apparati di networking.
C to Work nasce come un percorso pensato per le donne che desiderano rilanciare la propria posizione
lavorativa, con attenzione per chi deve muovere i primi passi in azienda, chi sogna di aprire una
propria impresa, chi vuole acquisire nuove responsabilità e chi vuole rientrare nel mondo del lavoro.
Propone un percorso formativo innovativo perché concentra l’attenzione e gli sforzi delle partecipanti
su un obiettivo concreto, un progetto operativo, mettendo alla prova la loro esperienza su un tema
sfidante. In questa occasione le candidate hanno affrontato quello dello smartworking, il lavoro agile
che permette di conciliare il tempo tra vita e lavoro.
Dalla call lanciata a maggio 2014 cui hanno risposto più di trenta donne, sono stati selezionati i profili
di Cristina Coppellotti, Giuditta Deodato e Mara Pieracci che per tre mesi si sono divise tra sviluppo
del progetto operativo, corsi di formazione, momenti di approfondimento individuale e attività
di networking.
Un grande grazie a:
Chiara Bisconti – Assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e
tempo libero, Risorse umane, Tutela degli animali, Verde, Servizi
generali del Comune di Milano e promotrice della Giornata del Lavoro
Agile
Monica D’Ascenzo – Giornalista de Il Sole 24 Ore, autrice di “Donne
sull’orlo della crisi economica” (edito da Rizzoli) e blogger di Out of the
Boot
Edgarda Fiorini, Presidente Donne Impresa Confartigianato,
Amministratrice Unica FVG Ghiaie Srl Osoppo-RSPP
1
Andrea Rangone – Professore ordinario di Business Strategy ed Ebusiness presso il Politecnico di Milano e Direttore di diversi Corsi
Executive presso il MIP
Agostino Santoni – Amministratore Delegato di Cisco Italia
Cristina Tajani – Assessora alle Politiche per il lavoro, Sviluppo
economico, Università e ricerca del Comune di Milano
Riccarda Zezza – CoFounder e Presidente di Piano C
2
PREFAZIONE
Cristina, Giuditta e Mara sono arrivate a Piano C perché avevano voglia di mettersi in gioco. Tre
donne in momenti della vita molto diversi, con background professionali diversissimi e aspirazioni
diverse. Ripeto apposta la parola “diverso”, perché la loro diversità era quello che cercavamo per il
nostro progetto pilota.
Le abbiamo messe al lavoro su un tema che le intrigava, ma di cui sapevano poco o nulla. Lo abbiamo
fatto insieme a un partner prezioso – Cisco, loro sì degli esperti di smart working! – e ad alleati
altrettanto fondamentali: le persone del comitato d’indirizzo e la rete professionisti che vive con noi
la realtà di Piano C.
Hanno studiato, si sono confrontate, hanno fatto ricerca teorica e sul campo, hanno scelto e scartato
idee, hanno imparato, hanno sbagliato, hanno lavorato tantissimo. Oggi credono in ognuna delle sei
idee che hanno prodotto: di ognuna farebbero una startup, e sicuramente non lasceranno scappare
tutta la conoscenza e l’esperienza prodotte in questi tre mesi.
Sono idee originali, nuove, diverse, come il lavoro e il percorso fatto da chi le ha prodotte. A Cristina,
a Giuditta e a Mara crediamo e speriamo che siano servite per riscoprirsi e crearsi nuove reti, per
aggiornarsi e trovare nuove strade professionali, o consolidare quelle già percorse. Ma, tutti insieme,
noi di Piano C sogniamo anche che queste idee siano utili, che siano messe in pratica, che ispirino dei
cambiamenti, che producano innovazione.
Per questo ve le raccontiamo qui e vi invitiamo a usarle, domandarci e contattare le loro tre autrici.
Presidente Piano C
3
INTRODUZIONE
Che cos’è lo Smart Working?
Secondo l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, lo Smart Working nella sua
definizione accoglie “Nuovi modi di lavorare caratterizzati da maggiore flessibilità e autonomia
nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una crescente
responsabilizzazione sui risultati”.1
E ancora: “Lo smart working è una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di
flessibilità, in modo particolare di orari e di sede. Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa
necessariamente da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni
che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di
mentalità.”2.
Recenti ricerche hanno evidenziato che il fenomeno Smart Working si sta diffondendo in Italia: sul
campione di 211 aziende analizzato dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano
una su 10 ha già implementato forme di Smart Working e una su 10 comincerà presto.3
Inoltre è stato stimato che l’adozione di pratiche di Smart Working in Italia potrebbe significare 27
miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi.4
Come viene sottolineato nella Ricerca del 2012 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di
Milano, i benefici che conseguono all’adozione di questi modelli organizzativi coinvolgono le
persone, le aziende, l’ambiente e il Sistema Paese tutto.
• A livello personale determina un forte impatto sulla qualità della vita, concorrendo a
ridurre lo stress e gli spostamenti.
• A livello aziendale il beneficio più evidente è dato dall’aumento della produttività dei
singoli lavoratori, valutabile in media attorno al 25%5
• Al cambiamento organizzativo consegue anche un ripensamento degli spazi che può portare
ad una sensibile diminuzione dei costi legati agli immobili.
• Inoltre, l’adozione di modelli di organizzazione Smart contribuisce alla riduzione degli
spostamenti e quindi alla riduzione di emissioni di inquinanti.
1
Dagli atti del workshop del 18 novembre 2014 organizzato dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano intitolato “Approcci e
metodologie per sviluppare con successo un progetto di Smart Working”.
2
Dalla
relazione
di
accompagnamento
al
disegno
di
legge
sullo
Smart
Working.
Fonte:
http://www.lavoro.gov.it/ConsiglieraNazionale/In_Evidenza/Documents/20140131%20Proposta%20smart%20worki ng.pdf.
3
Le aziende del campione che hanno iniziato questo percorso in direzione dello Smart Working sono prevalentemente aziende di grandi dimensioni
(+ 500 addetti) e provengono da diversi settori (con particolare presenza del settore alimentare, servizi e ICT)
4
Si veda la ricerca 2013 dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano.
5
Fonte: ITAC, WorldatWork (2011)
4
Lo Smart Working non è una “questione femminile”.
Lavorare per obiettivi, senza vincoli di orario e di luogo, potrebbe sembrare una soluzione ideale per
le donne che lavorano, magari anche con qualche figlio. Riteniamo che questa sia una visione
limitante dello Smart Working.
Secondo il nostro punto di vista lo Smart Working non è una questione femminile: non è, infatti, uno
strumento di organizzazione del lavoro utile e vantaggioso solo per le donne. Nel corso del nostro
lavoro lo abbiamo potuto appurare avendo anche fatto la conoscenza di smart worker uomini per i
quali il passaggio allo Smart Working è stato un percorso spontaneo oltre che il concretizzarsi di una
vera e propria una necessità.
Dalle loro testimonianze risulta che lo Smart Working significa raggiungere obiettivi, facendo
leva sulla responsabilità individuale e su un atteggiamento imprenditoriale della gestione del
lavoro.
Il cambiamento non è sempre semplice, tuttavia il processo sembra normalizzarsi nel corso del tempo,
portando alla responsabilizzazione delle persone coinvolte e alla crescita dell’azienda.6
Lo Smart Working riguarda tutti, uomini e donne: in tal senso può essere considerato non solo
come una forma di organizzazione del lavoro ma anche come uno stile di vita, che preveda un
equilibrio tra sfera privata e professionale, il cosiddetto work life balance.
Gli obiettivi di questo nostro lavoro sono di fornire alcuni spunti di riflessione creativi e originali
sull’argomento.
Infatti, abbiamo immaginato diverse applicazioni, servizi e processi inerenti allo sviluppo dello Smart
Working.
Istantanee di un futuro in cui speriamo non ci siano più ostacoli normativi all’implementazione dello
Smart Working in Italia7. Le nostre idee sono quindi da considerare quali stimoli affinché l’attenzione
sul fenomeno Smart Working sia sempre più di vivace interesse, auspicando che le medesime idee
possano raggiungere nel tempo una piena realizzazione.
La richiesta formulataci in sede di partecipazione alla call for ideas, infatti, era supportata da una
citazione di Virginia Wolf “Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone, che potete
regolare sulla libertà della mia mente”8.
E così è stato.
E’ un piacere per noi presentare il frutto di questo nostro lavoro che speriamo possa rappresentare un
punto di partenza per futuri approfondimenti e sviluppi sul tema.
Buona lettura!
6
Si veda http://pensatoio.pianoc.it/losmartworkingnoneunaquestionedigenere/
Esiste una proposta di legge Mosca, Tinagli, Saltamartini, presentata alla Camera a Gen. 2014 ancora in attesa di essere recepita e discussa
8
Si veda http://www.pianoc.it/cisco-piano-c-smartworking/
7
5
1.Gamification e Smart Working
Abstract
La Gamification, ovvero l’utilizzo di elementi propri del gioco in contesti diversi dal gioco, è uno
strumento molto potente per coinvolgere, motivare, appassionare.
Molto utile in contesti legati all’apprendimento, è anche in fase di grande diffusione nelle aziende sia
come strumento di comunicazione con la clientela, sia come elemento per favorire la modellazione
di nuovi comportamenti da parte dei dipendenti.
Utilizzare la Gamification per favorire la diffusione dello Smart Working garantirebbe dunque
1. una migliore conoscenza della nuova organizzazione aziendale,
2. una più incisiva modifica dei comportamenti ad essa collegati
3. e un sicuro coinvolgimento della popolazione aziendale più giovane.
Il tutto in modo smart per definizione: con un game su telefono o tablet si può giocare ovunque e in
qualsiasi momento.
Mediante l’organizzazione di un Hackathon (un contest in cui si incontrano varie professionalità
chiamate a lavorare collaborativamente in gruppi di composizione mista per realizzare un progetto,
tipicamente di natura informatica, ma non solo) potrà concretizzarsi la realizzazione di tre giochi in
grado di influenzare positivamente le conoscenze e i comportamenti riguardanti lo Smart Working
nella popolazione aziendale italiana.
I tre temi proposti per la sfida sono i seguenti:
1. creazione di un game che aiuti la diffusione della conoscenza della teoria e delle prassi dello
Smart Working;
2. creazione di un game per rendere le riunioni più efficaci, snelle e fruibili anche da remoto,
3. creazione di un game in grado di rendere più facile ed efficace la definizione degli obiettivi
dei collaboratori in ottica di implementare il Management by Objectives, approccio
organizzativo fondamentale per la corretta gestione di un’organizzazione basata sullo Smart
working.
6
Gamification e Smart Working
1.1 Che cos’è:
La terza idea è quella di sfruttare al meglio le teorie innovative sulla Gamification (intesa come
“utilizzo di elementi, dinamiche e meccaniche del gioco in contesti diversi dal gioco.”1), per
produrre dei game sotto forma di applicativi in grado di coinvolgere la popolazione aziendale con
l’obiettivo di influenzare i comportamenti dei dipendenti e direzionarli verso una cultura dello Smart
Working agito nel concreto.
Dopo una introduzione teorica sulla Gamification in ambito dell’apprendimento verrà illustrato il suo
utilizzo in azienda come strumento di comunicazione esterna con i consumatori. Tuttavia, ai fini del
presente lavoro, la nostra attenzione si concentrerà sulla gamification per l’utilità che ricopre nella
gestione dei processi aziendali, nella gestione del personale interno e come strumento di supporto nel
change management. Verrà infine presentata l’innovativa modalità dell’hackathon (un evento in cui
si incontrano diverse professionalità chiamate a lavorare collaborativamente in gruppi di diversa
composizione per realizzare un progetto, tipicamente di natura informatica) come strumento di
incontro tra attori diversi da cui potrà concretizzarsi la realizzazione dei tre giochi in grado di
influenzare positivamente le conoscenze e i comportamenti riguardanti lo Smart Working nella
popolazione aziendale italiana.
Perché farlo:
Il cambiamento culturale necessario per operare in modalità Smart Working è complesso e può venire
facilitato agendo su fronti diversi. Affiancare ai nuovi processi organizzativi alcuni moduli di
formazione tradizionali porta dei significativi risultati nell’acquisizione delle competenze teoriche sul
tema, ma non è così semplice trasformare le nuove conoscenze in nuovi modelli di comportamento.
La Gamification, invece, sembra essere la via più diretta e incisiva nella modellazione di nuovi
comportamenti, tenendo anche in considerazione la sua facoltà di arrivare in modo immediato a
quella fascia di popolazione aziendale definita generazione Y (In USA utilizzano quotidianamente
1
Secondo la definizione di Learning Lab ovvero il laboratorio della Scuola di Direzione Aziendale dell'Università Bocconi dedicato alla
sperimentazione e allo sviluppo dinuove teconologie per la didattica e l'apprendimento esperenziale
(http://learninglab.sdabocconi.it/files/sito/Gamification.pdf)
7
videogiochi il 97% dei ragazzi e il 94% delle ragazze sotto i 18 anni, ovvero coloro che si stanno
affacciando ora al mondo del lavoro, o lo faranno entro pochissimi anni)2.
La Gamification inoltre si caratterizza per essere uno strumento smart per definizione, dato che può
spesso essere utilizzata e ‘giocata’ in modo virtuale tramite un pc o uno smartphone da dove si vuole
e quando si vuole, a differenza dai percorsi formativi più classici.
Si parla sempre di più di gamification: il fenomeno, infatti, è in rapida crescita e si dice offrirà grandi
opportunità di lavoro nel prossimo futuro. Gartner, società di analisi americana, ha previsto nel suo
studio "Hype Cycle for Emerging Technologies" che nel 2015 più del 70% delle aziende presenti
nell’elenco Forbes Global 2000 avrà a che fare con l’applicazione delle tecniche di gioco all’interno
di ambiti non ludici. Si prevede inoltre che la gamification verrà applicata anche a settori diversi da
quelli del mercato in senso stretto, come quelli inerenti ai servizi sociali, alla salvaguardia
dell’ambiente e della trasformazione dello spazio urbano.3
Gamification. Introduzione teorica e best practices:
2
McGonigal, 2011
3
Per accedere ai risultati della ricerca: http://www.gartner.com/technology/research/hype-cycles/
8
Gamification e apprendimento:
Il gioco è da sempre utilizzato come strumento con finalità didattiche, sin dalle fasce d’età più
giovani, e molti sono gli esempi citabili di giochi “educativi”, in grado di sviluppare di volta
in volta abilità e capacità quali concentrazione, memoria, manualità, eccetera.
Nella immagine seguente sono illustrati gli elementi propri del gioco e le conseguenze che questi
elementi possono avere anche in contesti non ludici:
Inserendo uno o più degli elementi sopra citati all’interno dei processi di formazione, si hanno
maggiori probabilità di coinvolgimento e motivazione dei partecipanti rispetto ad un intervento
proattivo in aula; analogamente, si ha una maggior capacità di incoraggiare un apprendimento più
rapido ed efficace.
Non va dimenticato che le diversi generazioni di partecipanti sono portatrici di differenti modalità di
percezione e comprensione della realtà, del tempo e dello spazio, e di conseguenza hanno esigenze di
apprendimento che sempre meno si conciliano con le regole tradizionali della didattica frontale.
9
La tabella sotto riportata4 sintetizza le maggiori divergenze che emergono da un confronto tra le
generazioni dei Boomer e dei Gamer/Millenials:
I vantaggi dell’impiego di elementi ludici per l’apprendimento possono essere molteplici5:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
maggiore coinvolgimento e partecipazione;
interattività e proattività;
connessione non lineare;
problem solving;
socialità e collaborazione;
maggiore motivazione;
perseguire l’obiettivo rispettando le regole.
Le meccaniche di gioco sono i veri ferri del mestiere per “gamificare” un sito o un servizio:
l’introduzione di concetti come punti, livelli e sfide incoraggia gli utenti ad investire il proprio tempo,
spingendoli alla partecipazione e aiutandoli a costruire delle relazioni all’interno del gioco6.
Tali relazioni motivano gli utenti al raggiungimento di determinati obiettivi, modificando di fatto il
loro comportamento. Infatti, in questo modo, ad esempio, possono ottenere delle ricompense che
danno loro la possibilità di esprimere se stessi all’interno della comunità, utilizzando oggetti virtuali
per creare una loro identità distinta.
4
La tabella è stata ripresa da Kapp 2007: Tools and Techniques for Transferring Know-How from Boomers to Gamers, Global Business and
Organizational Excellence, July/August. http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/joe.20162/abstract
5
6
10
http://learninglab.sdabocconi.it/files/sito/Gamification.pdf
http://www.gamification.it/gamification/meccaniche-e-dinamiche-della-gamification/
Di seguito la descrizione delle meccaniche associate alle dinamiche corrispondenti:
•
•
•
•
•
Punti/Crediti – Ricompensa: collezionare punti è molto efficace poiché riesce a motivare le
persone. I punti si possono scambiare per ottenere ricompense che forniscono all’utente la
sensazione di investire in modo utile il proprio tempo e le proprie energie.
Livelli – Status: riflettono numerosi contesti reali: ad esempio gli ambienti sociali, lavorativi
e d’affari, spesso strutturati in differenti classi ordinate in modo gerarchico. I livelli
garantiscono un sistema per introdurre traguardi da raggiungere e che possono essere condivisi
ed evidenziati nello status dell’utente. La struttura sottostante può comunque essere strutturata
su punti che i giocatori guadagnano per passare di livello, permettendo l’accesso a nuovi
contenuti e possibilità inedite.
Sfide – Obiettivi: le sfide sono le “missioni” che i giocatori possono affrontare all’interno del
gioco. Offrono la ragione per continuare a giocare e motivano gli utenti a raggiungere dei
risultati sotto forma di trofei o obiettivi da sbloccare.
Beni virtuali – Espressione di sé: l’utilizzo di beni virtuali può far crescere l’interesse dei
giocatori che possono acquistare o aggiudicarsi degli oggetti utilizzabili poi per creare
un’identità propria nell’ambiente sociale. Così ognuno può esprimere sé stesso
personalizzando il proprio avatar e condividendolo con amici e colleghi.
Classifiche – Competizione: l’uso delle classifiche fornisce un metodo per ordinare le
performance degli utenti. Una realizzazione misurata può accendere lo spirito di competizione
di ognuno, favorendo l’interesse e facendo aumentare il tempo che l’utente trascorre giocando.
Il sistema può includere classifiche multiple (anche una per ogni differente attività), che
permette di monitorare ogni aspetto in modo che chiunque possa confrontare le proprie
capacità con quelle degli altri. La competizione è strettamente collegata alla volontà di
diventare il migliore nella propria cerchia di amici e conoscenti.
L’approccio più intelligente è senza dubbio quello di studiare adeguatamente l’obiettivo che si vuole
raggiungere e costruire l’intera esperienza di rimando.
Per la riuscita di un game risulta anche fondamentale identificare il target, coinvolgendolo
direttamente senza complicare la comunicazione. Non a caso, secondo la definizione classica di
gamification, essa è un mezzo potente ed efficace che, traendo vantaggio dall’interattività e da
una componenete di divertimento, permette di veicolare messaggi di vario tipo e indurre a
comportamenti attivi permettendo di raggiungere anche obiettivi di impresa: al centro c’è
sempre l’utente e il suo engagement.7 L'implementazione di forme di interazione tipicamente ludiche
ad ambiti che non hanno che fare con il "gioco", come nel caso delle aziende, può ottenere i seguenti
risultati:
− cambiamento del comportamento delle persone coinvolte
− aumento del coinvolgimento, della partecipazione e dell'interesse attivo degli utenti verso il
messaggio da comunicare
Un’esperienza di gamification non deve essere vista come un unico “blocco compatto” bensì come
l’unione di più “fasi”, ognuna delle quali richiede, per dare i risultati migliori, una serie di
accorgimenti. Le “fasi” in questione sono essenzialmente tre8:
•
The Onboarding ovvero la fase iniziale dell’esperienza. In questa fase gli utenti sono ancora
“spaesati” e devono ancora sviluppare le competenze e le abilità necessarie a proseguire;
7
Un sito italiano ricco di informazioni sulla gamification è http://www.gamification.it/gamification/introduzione-alla-gamification/
8
Fonte: www.gamification.it.
11
•
•
The Midgame cioè la fase centrale dell’esperienza. Qui gli utenti hanno ormai sviluppato una
certa consuetudine e cominciano a conoscere la piattaforma in modo approfondito;
The Endgame che equivale, invece, alla fase finale dove gli utenti hanno ormai conseguito
tutta l’esperienza richiesta e si preparano alla sua conclusione.
Gamification in contesto lavorativo:
In un contesto lavorativo gamification significa usare principi del game design all'interno di
inziative di business, che possono andare dai programmi di fedeltà clienti al coinvolgimento dei
dipendenti per determinati obiettivi, ad un potenziale cambiamento del management. Il gaming in tal
senso può essere estremamente popolare e diffondersi quindi facilmente, in quanto soddisfa bisogni
umani in modo ludico, tramite i concetti di sfida, ricompensa, connessioni sociali, riconoscimento,
problem solving.
Secondo una ricerca scientifica condotta presso l'Università di Basilea (Mekler, Brühlmann, Opwis,
Tuch, 2013), la gamification guida e aumenta il coinvolgimento nelle performance, senza
interferire nel'autonomia, comptetenza o l'intrinseca motivazione. Dalla ricerca risulta quindi che
la gamification - con i suoi elementi costitutivi quali punti, livelli, sfide, beni virtuali e classifiche è funzionale a promuovere specifici comportamenti in contesti extra-gamification.9
"Gli stessi incentivi che ispirano i giocatori a lottare per il livello successivo in un gioco per computer
possono anche ispirare i dipendenti a raggiungere un livello superiore di prestazioni e di impegno –
se sono correttamente applicati "(Olding, 2012).
“A dire il vero, il concetto di Gamification non è completamente nuovo, se si pensa ai programmi di
fidelizzazione della clientela e di marketing che hanno utilizzato meccaniche di gioco come i punti e
livelli per decenni (ad esempio Air Miles). Tuttavia, la maggior parte di questi programmi si basano
su semplici meccaniche e su ricompense puramente estrinseche” (Shonen, 2014). Ciò che differenzia
questi programmi dalla Gamification è una gamma di applicazioni completa e differenziata, la
crescente sofisticazione del gioco, la meccaniche scelte e la maggiore attenzione per le ricompense
intrinseche per incoraggiare l'impegno (Burke, 2011).
Un aspetto interessante della gamification, che può avere ripercussioni rilevanti in un contesto
aziendale, è il fatto che ha come conseguenza quella di favorire comportamenti offline, che vengono
cioè reiterati all'esterno del contesto gaming. Dinamiche tipiche del gaming, implementate dalle
dinamiche di gioco basilari - i punti, i livelli, le sfide, i beni virtuali e le classifiche - sono la
ricompensa, lo stato, la conquista di un risultato, l’espressione di sé e la competizione: tutti aspetti
che possono avere un risvolto concreto in un ambito lavorativo.
In particolare, il gaming può essere applicato tramite giochi per dipendenti al fine di
incrementare la produttività, comunicare una determinata cultura aziendale o agevolarne il
mutamento, migliorare la comunicazione della cultura aziendale, eseguire dei test di skill
lavorativi in ambienti simulati, favorire la collaborazione interna, potenziare learning e traning
su processi e flussi di lavoro. In questo caso i destinatari del gaming sono i dipendenti. Ad esempio,
organizzare sfide tra squadre può servire ad introdurre un nuovo stile di management, così come il
diffondere nuovi obiettivi potrebbe essere ottenuto attraverso un gaming che permetta di raggiungerli
tramite sfide, trasformando gli stessi obiettivi in progressi che si ottengono tramite un meccanismo
ludico.10
9
10
La ricerca è consultabile al seguente link: http://dl.acm.org/citation.cfm?doid=2583008.2583017
Un esempio di gamification di successo attuata in Italia è stato attuato da Alittleb.it, digital agency specializzata in interattività esperenziale,
con Skillato, piattaforma gamificata per l’e-learning all’interno dell’impresa. Skillato, attraverso Storytelling, Gamification e Oggetti Formativi ad
Interattività Avanzata, rende possibile un aumento della partecipazione e dell’efficacia della formazione, e allo stesso tempo lo sviluppo ed incremento
12
Attuare forme di gamification nelle aziende non è cosa facile. Il successo o meno di tale processo
dipende dal modo in cui viene implementato all’interno dell’azienda: a tal proposito determinante
risulta essere la presenza di una tecnologia semplice ma allo stesso tempo solida e ben strutturata,
nonché la collaborazione di consulenti ed esperti del settori.11 La mancanza di riflessione, di
pianificazione e di modellizzazione può conseguire può causare alienazione dei dipendenti, rendere
la formazione un fastidio e creare un ambiente di competizione negativa. Fondamentale risulta quindi
essere la pianificazione del processo nei confronti di un bacino di utenti che può anche essere non
motivato.12
Secondo Brian Burke, analista di Gartner, la gamification può aiutare l’azienda a raggiungere tre
importanti obiettivi:
1. cambiare i comportamenti: attirare un pubblico determinato, portandolo a cambiare
comportamento. Ricorrendo al gioco, le persone sono più propense ad adottare nuove abitudini e a
coinvolgere a loro volta altri utenti. Il gaming diventa così un connettore sociale per la diffusione
delle informazioni di un prodotto, ad esempio.
2. sviluppare abilità: incentivare, in un contesto di formazione interna aziendale, la collaborazione
e la competitività attraverso meccaniche di gioco, ma anche facilitare un apprendimento più efficace
e con immediati feedback tramite simulazioni.
3. permettere l’innovazione: attraverso dinamiche tipiche del gioco, fornire obiettivi, regole,
strumenti e spazi di gioco agli utenti che, in questo modo, sono in grado di comunicare, collaborare,
sperimentare e risolvere i problemi.
Fabio Viola, esperto dell'argomento, afferma che la gamification è un potenziale strumento per
rendere meno complicati i rigidi processi aziendali, migliorare le policy interne e le performance dei
dipendenti, nonché ridurre i costi aziendale. Applicare forme di gamification nelle aziende non è però
un processo semplice e immediato. Per ora non esistono modelli standard di applicazione ma
framework utili derivanti dall'ossevazione delle best practice. Fabio Viola, ad esempio, utilizza un
tool, detto Motivational Framework, basato sull’idea che sia necessario coinvolgere emotivamente
l’utente per poi spingerlo a compiere un determinato comportamento attraverso dinamiche e
meccaniche proprie del gaming.
Secondo Stefano Besana, Digital & Social Business Consultant, tra i livelli di intervento propri della
gamification che spesso si ritrovano nelle organizzazioni più mature e nelle applicazioni più
interessanti troviamo: intranet collaboration e engagement, tramite l’impiego di nuove intranet e di
nuovi strumenti collaborativi all’interno dell’azienda o il potenziamento di quelle che già si hanno;
efficientamento delle pratiche attraverso una migliore gestione dei processi e obiettivi più
comprensibili, cioè darsi obiettivi, visualizzare come si possono raggiungere e raggiungerli venendo
premiati in modo formale e informale per questo; knowledge management rinnovato dalla gestione
delle risorse e delle informazioni attraverso un contributo “dal basso”; human resources, visibile
nell’e-Learning e in generale nello stimolo dei processi di apprendimento attraverso il gioco e
simulazioni; processi di innovazione per strutturare un’azienda maggiormente aperta e maggiormente
delle soft-skills dei dipendenti, tra cui capacità di leadership, di problem solving, di comunicazione e interazione, di gestione di un colloquio. Aspetto
fondamentale di Skillato è lo sfruttamento dei principi del connettivismo, secondo cui il processo di apprendimento di un individuo non avviene solo
tramite il contatto diretto con un oggetto, ma anche attraverso esperienze indirette basate sull’osservazione di altre persone. Questo, in un contesto
aziendale, si traduce in processi di interazione, comunicazione, collaborazione tra diversi soggetti. Aziende in cui è stato applicato Skillato con successo
sono: Allianz, Genialloyd, Vodafone, Gruppo Hera, SeatPG.
11
Le professionalità da coinvolgere in un processo di gamification in azienda sono: Gamification designer che, in quanto esperto in psicologia
comportamentale e positiva, suggerisce le implementazioni necessarie all’azienda per raggiungere gli obiettivi prefissati, Psicologo come Lead Game
Designer, Esperto di Comunicazione e Marketing per seguire la trasformazione degli obiettivi formativi del Cliente.
12
Un articolo interessante sulla gamification nella formazione aziendale si trova al seguente link:
https://www.docebo.com/it/2014/05/02/la-gamification-nella-formazione-aziendale/
13
in linea con i principi del Social Business; marketing e promozione verso l’esterno dell’azienda per
attrarre clienti e audience.
Tra gli esempi e case history esteri relativi alla gamification rivolta ai propri dipendenti troviamo
quella di Xerox, azienda che si occupa della produzione di stampanti e fotocopiatrici, la quale - con
l'applicazione Stepping Up – cerca di aumentare la motivazione dei manager in formazione e di
diminuire il turn over. Questa applicazione permette ai manager coinvolti in percorsi di formazione
di applicare le competenze appena acquisite in scenari lavorativi reali. Il percorso può essere
affrontato in gruppo o individualmente e i progressi sono registrati in una graduatoria. Sembra che i
risultati siano stati soddisfacenti poiché questa gamification ha avuto effetti positivi sia sull'ambiente
di lavoro che sulla capacità di apprendimento dei lavoratori.
Sempre in ambito di formazione e sviluppo, anche Deloitte ha inserito degli elementi di gaming
all’interno della loro piattaforma di sviluppo della leadership, che coinvolge più di 50000 dipendenti.
Quando inseriscono nuove idee, commentano e partecipano, terminano dei moduli da leggere
ricevono badge e punti, salgono in classifica e possono condividere i loro successi sui social media.
Dopo solo 3 mesi dall’inserimento degli elementi ludici, Deloitte ha notato un aumento del 46%
nell’accesso al sito da parte dei partecipanti13.
Segnaliamo, inoltre, sempre all’estero, un paio di strumenti utili di gamification per la salute dei
dipendenti: Keas14 e Proof15. Il primo, attraverso una piattaforma, permette di fare in modo che
i dipendenti si creino un account e possano accedere ad un profilo in cui sono presenti compiti,
scadenze e premi finalizzati ad un cambiamento nei loro comportamenti relativi alla salute. Premiare
le persone per aver fatto semplici esercizi e per aver raggiunto degli obiettivi nutrizionali comporta
un miglioramento della salute degli attori coinvolti e una diminuzione delle spese sanitarie.
Funzionamento simile, ma con delle aggiunte, riguarda Proof, che si occupa di salute dei dipendenti
per ridurre i giorni di malattia, aumentando indirettamente la produttività. Le sfide di questa
gamification consistono in esercizi fisici tra i più diversi, e comunque collegati all’ambiente aziendale
(per esempio, fare le scale invece di prendere l’ascensore, usare la pausa pranzo per una corsa), da
documentare con foto e video che possano fungere da prova ("proof", per l’appunto). I
vantaggi? Menzione speciale sul blog aziendale, riconoscimenti e - nei casi più eclatanti - premi in
denaro.
13
14
15
14
http://info.objectfrontier.com/blog/bid/316541/10-Examples-of-Gamification-to-Influence-Employee-Behavior
http://keas.com
http://www.mindbloom.com/proof
La Gamification nel change management:
Come tutti i grandi cambiamenti organizzativi, il passaggio ad una modalità di organizzazione smart
richiede la capacità di gestire in modo adeguato tutto il percorso di transizione. Il change
management, inteso proprio come l’approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi,
nelle organizzazioni e nelle società e che rende possibile la transizione da un assetto corrente ad un
futuro assetto desiderato, prevede una serie di fasi: la creazione di una visione della necessità del
cambiamento, lo sviluppo di una comunicazione efficace per il processo e l’evidenziazione degli
aspetti positivi del cambiamento per incrementare la motivazione e l’impegno a raggiungerlo. Il
risultato di questi sforzi è la creazione di una nuova cultura in linea con gli obiettivi strategici
dell'azienda (Shonen,2014). Questi sono esattamente gli obiettivi che ci si deve porre con il passaggio
ad una organizzazione smart e la gamification diventa quindi un ottimo supporto per aumentare le
possibilità di successo e di accettazione del cambiamento.
Nel documento Accenture “Gamification and Workplace bahavior modification”16 vengono proposti
alcuni spunti interessanti. Prima di tutto, per ottenere cambiamenti comportamentali sostenuti nel
tempo è necessario allineare ogni metodo con la motivazione intrinseca dei dipendenti. Piuttosto che
proporre dei premi per eseguire compiti noiosi, è più efficace chiarire il percorso da seguire per
raggiungere obiettivi che stanno a cuore e poi creare delle meccaniche di gioco in grado di mostrare
quanto ci si sta avvicinando al proprio obiettivo. Inoltre si sottolinea come solitamente i processi di
cambiamento dei comportamenti seguono una serie di fasi stereotipate. Creando meccaniche di gioco
che agiscono ad ognuna di queste fasi si può ottenere un cambiamento più definitivo e duraturo.
La prima fase è il “raggiungimento della consapevolezza”: le persone acquisiscono consapevolezza
di come sono i comportamenti attuali e comprendono ci possa essere spazio per un miglioramento.
Un esempio di gioco utile in questa fase sono i project works, che prevedano la stima accurata della
durata di compiti e diano dei bonus a coloro che effettuano stime accurate e si pongono delle scadenze
corrette.
La seconda fase ha a che fare con il coinvolgimento e l’interesse per dare la spinta per cominciare ad
agire il cambiamento. Giochi di simulazione “causa -> effetto” possono essere utili in questa fase, ad
esempio una simulazione causa effetto può insegnare ai dipendenti l’importanza del customer service
in uno scenario di call center.
La terza fase è “imparare come”: ovvero acquisire la comprensione dei meccanismi coinvolti
nell’esecuzione dei nuovi comportamenti. Quello che va sviluppato e rafforzato è la capacità di
tradurre la teoria appena acquisita in pratica. A questo step servono giochi, come Simcity, che
insegnano ad utilizzare meccanismi che stanno sotto determinati tipi di comportamenti.
La quarta fase è molto lunga e consiste nella formazione delle nuove abitudini: la cosa difficile è
rendere i dipendenti sicuri nel compiere i comportamenti target e superare la scarsità di pratica
necessaria per trasformare la teoria in azioni concrete. In questa fase sono perfetti i giochi di
costruzione delle competenze perché motivano i giocatori, offrono loro una guida e danno loro
continui feedback mediante un sistema di punti, premi e avanzamenti durante il gioco.
La quinta fase è relativa al consolidamento dei nuovi modelli. In questa fase potrebbero essere adatti
giochi simili a quelli visti durante la fase prima, ma è molto importante anche l’aspetto sociale e di
amichevole competitività tra colleghi. Se le aziende sono in grado di comprendere quale stadio è più
16
15
http://goo.gl/YsBrv1
sfidante e complesso per i loro dipendenti possono sviluppare tecniche di gamification adatte ad
indirizzarli meglio, ricordandosi sempre che è l’allineamento con la motivazione intrinseca17 a rendere
in grado di modificare i comportamenti a lungo termine.
Un raro esempio di Gamification in ambito change management è quello offerto da NAB Smart
Store18: questa banca Australiana ho scelto di realizzare e utilizzare un game per aiutare i propri
dipendenti che ricoprono il ruolo di bancari ad affrontare una grande trasformazione nei contenuti del
loro lavoro. Infatti, con l’apertura del loro nuovissimo Smart Store19, un nuovo tipo di filiale
innovativa e tecnologica, dal classico ruolo di bancario, hanno dovuto ricoprire quello di educatore
tecnologico, in quanto prime interfacce dei clienti.20
1.2 Un Hackathon a tema “Gamification per lo Smart Working”
Abbiamo quindi pensato di organizzare, insieme ad eventuali partner istituzionali o aziendali, un
Hackathon a tema “Gamification per lo Smart Working”. Il termine Hackathon nasce dalla fusione
di Hacker e Marathon e consiste in una sorta di maratona di innovazione e creatività aperta a esperti
di informatica, sviluppo software, designer, grafici, esperti di particolari ambiti (Gamification , ad
esempio) che si sfidano divisi in gruppi, per la vittoria di un contest a tema. L’ Hackathon è un
innovativo strumento capace di garantire innovazione, raccolta di nuove idee che arrivano “dal
basso”, networking tra partecipanti e tra partecipanti e aziende interessate. Il format dell’hackathon
prevede si lanci un’idea specifica su cui lavorare senza però dettare vincoli e lasciando molta libertà
alla fantasia e alle soluzioni dei partecipanti. Molto diffusi negli U.S.A., negli ultimi anni hanno avuto
successo anche in Europa e, in misura minore, anche in Italia. Un esempio recente è quello di
Hackathon Code4Italy@Montecitorio 201421 il cui scopo era la diffusione dei dati aperti parlamentari
e lo sviluppo di applicazioni con questi dati resi disponibili a partire dal 2011.
17
18
19
20
21
16
http://technologyadvice.com/gamification/blog/4-real-world-examples-clearly-explain-intrinsic-motivation/
http://goo.gl/ejbXqG
http://goo.gl/WNyWFU
http://conversationsofchange.com.au/2013/10/02/gamification-change-management-and-the-nab-smart-store/
http://dati.camera.it/it/hackathon/
Un altro recente esempio, proprio a tema Game, è quello proposto da “The Certification Game”22 una
sturtup del Texas che fornisce corsi online per il raggiungimento di determinate certificazioni
professionali. Il motto aziendale è “Serious learning. Not so boring”. Per raggiungere l’obiettivo di
una formazione seria ma non noiosa è stato proposto un Hackathon a tema “formazione basata sulle
dinamiche di gioco”. Lo scopo dei partecipanti, provenienti da diversi ambiti professionali e culturali,
è la progettazione di percorsi di formazioni on line basati con alcuni elementi ludici. Ai vincitori
l’azienda ha offerto un premio in denaro di 1000 dollari.
Nel nostro caso i partecipanti sono chiamati a sfidarsi con l’obiettivo di produrre game in grado di
facilitare conoscenze e comportamenti coerenti con lo Smart Working.
I tre temi proposti per la sfida sono i seguenti:
-
Creazione di un game che aiuti la diffusione della conoscenza della teoria e delle prassi dello
Smart Working
-
Creazione di un game per rendere le riunioni più efficaci e snelle
-
Creazione di un game in grado di rendere più facile ed efficace la definizione degli obiettivi
dei collaboratori in ottica di implementare il Management by Objectives
I partecipanti riceveranno poi ulteriori specifiche per affrontare la gara il giorno stesso
dell’Hackathon sotto forma di briefing, come quelli riportati di seguito.
Brief 1. Gamification per Smart Working - Conoscenza
Descrizione: realizzare un game per diffondere tra i dipendenti e manager di un’azienda la
conoscenza di logiche e prassi proprie dello Smart Working. L’obiettivo finale è fornire
informazioni propedeutiche sullo Smart Working in modo innovativo e attrattivo e, allo stesso
tempo, misurare quanto tali informazioni siano state acquisite.
Target: aziende, di piccole e grandi dimensioni, in una prima fase di implementazione di forme di
Smart Working a livello organizzativo, indipendentemente dal settore di business di appartenenza,
dal fatto che siano multinazionali o nazionali, dalla collocazione geografica. In secondo luogo i
dipendenti, sia nel ruolo di top manager (appartenente a generazioni Boomers e X e Millennials,
minime competenze informatiche), sia in quello di impiegato (a prescindere da business unit,
posizione, sesso, età, skill informatiche).
Prodotto: il game si configura come un sito e un’applicazione per smartphone e tablet. Sia che
l’utente sia un top manager o un impiegato, il game deve consentire di accedere a delle informazioni
riguardanti logiche e prassi proprie dello Smart Working per la loro corretta applicazione in azienda.
Il game deve essere strutturato in diversi moduli argomentativi. Il modulo relativo alle regole
organizzative sui cui è declinato il modello di Smart Working adottato dall’azienda, è uguale per
tutti i dipendenti. Al contrario, gli altri moduli si differenziano a seconda che siano destinati a top
manager o impiegati. Per i dirigenti i moduli approfondiscono le seguenti tematiche: gestione lavoro
per obiettivi, fornire feedback adeguati, capacità di delega, ottimizzazione strumento delle riunioni,
leadership generativa, tool informatici per la gestione del lavoro da remoto. Per gli impiegati i
22
17
http://capitalfactory.com/events/certificationgameinccf14/
moduli affrontano tematiche come: lavoro di gruppo, utilizzo di tool informatici per facilitare la
collaborazione, responsabilità individuale e auto-organizzazione.
Ad ogni contenuto (articolo, video, ricerca, infografica) fruito per ogni modulo viene attribuito un
punteggio. A seconda del livello di approfondimento dei moduli raggiunto dall’utente, egli può
essere classificato come: neofita, medium, esperto.
Valori: dal game dovrebbero emergere i seguenti valori
- leadership basata su generatività
- fiducia
- collaborazione
- responsabilità
L’output deve essere un database che rilevi questi dati:
- chi ha usufruito dei materiali,
- quali contenuti sono stati visualizzati
- quando è avvenuta tale visualizzazione
- quale livello di expertise è stato raggiunto
Brief 2. Gamification per Smart Working - Smart Meeting
Descrizione: realizzare un game per gestire in modo efficace lo svolgimento, le modalità e gli
obiettivi dei meeting aziendali. Obiettivi: 1. “snellire” lo strumento delle riunioni, soprattutto
tramite partecipazioni virtuali 2. facilitare l’effettivo e tempestivo svolgimento delle consegne
decise durante le riunioni. Entrambi gli obiettivi favoriscono l’ottimizzazione dello strumento
riunioni e un miglioramento del work-life balance.
Target: in primo luogo le aziende di medie e grandi dimensioni, indipendentemente dal settore di
business di appartenenza, dal fatto che siano multinazionali o nazionali, dalla collocazione
geografica. Aziende che vogliano iniziare a sperimentare lo Smart Working, a livello di
organizzazione interna, attraverso un primo passo graduale.
In secondo luogo i dipendenti, a prescindere dal dipartimento o business unit in cui lavorano, intesi
sia come dirigenti/quadri sia come impiegati, entrambi appartenenti alla generazione dei Boomers,
alla generazione X o a quella Y (Millennials).
Sono 50% uomini e 50% donne, con istruzione media superiore, laurea vecchio ordinamento oppure
magistrale, non sono previste specifiche competenze informatiche
Prodotto: il game si configura come APP per dispositivi smartphone e tablet che il dipendente
utilizza prevalentemente in occasione della riunione. Il game deve essere strutturato per incentivare
la collaborazione prevedendo un gioco di squadra, tenendo conto di:
- numero di partecipanti virtuali (ovvero remotizzati);
- durata massima della riunione, considerando eventuali pause;
18
- puntualità dei partecipanti;
- rispetto dell’agenda;
- svolgimento dei task (“compiti a casa”) decisi durante la riunione;
- orario di inizio della riunione non fissato dopo le 17 e prima delle 9;
- minimo di preavviso di 24 ore per la convocazione della riunione;
- interazione con il calendar aziendale
L’output deve essere un database che contenga come minimo i seguenti dati:
- numero delle riunioni
- per ciascuna riunione:
-numero di partecipanti fisici e virtuali;
-ora di inizio e ora di termine
-eventuali ritardatari;
-numero di punti dell’agenda coperti e non coperti durante la riunione;
-numero dei task svolti e non svolti;
-numero di riunioni fissate dopo le 17 prima delle 9;
-numero di riunioni convocate con preavviso inferiore alle 24 ore.
Valori: dal game dovrebbero emergere i seguenti valori:
- gestione e ottimizzazione del tempo della riunione;
- collaborazione tra tutti i partecipanti alla riunione sia orizzontalmente che verticalmente;
- senso di responsabilità nel completamento dei punti fissati in agenda e dei task (“compiti a casa”)
decisi durante la riunione;
- capacità di auto-organizzazione;
- autonomia;
- rispetto del Work-Life Balance delle persone.
Brief 3. Gamification per Smart Working - S.M.A.R.T. Goal Setting
Descrizione: realizzare un game sia per il management che i dipendenti. Lo scopo per il
management è quello di definire in modo efficace insieme ai collaboratori gli obiettivi che devono
essere raggiunti. Lo scopo per i dipendenti è quello di monitorare lo stato di avanzamento del
raggiungimento degli obiettivi condivisi insieme al management.
Target: aziende di piccole e medie dimensioni, a prescindere dall’eventuale livello di
implementazione di una qualche forma di Smart Working, indipendentemente dal settore di business
di appartenenza, dal fatto che siano multinazionali o nazionali, dalla collocazione geografica.
In secondo luogo i dipendenti, sia nel ruolo di top e middle manager (appartenente a generazioni
Boomers e X e Millennials, minime competenze informatiche), sia in quello di impiegato (a
prescindere da dipartimento, posizione, sesso, età, competenze informatiche).
19
Prodotto: il game si configura come un’applicazione per dispositivi smartphone e tablet utilizzati
sia dal management che dai dipendenti. Il game prevede sia attività e obiettivi individuali che di
squadra (ad esempio di ufficio, di dipartimento, di sede, ecc.). Il gioco aiuta i manager a definire
gli obiettivi in modo che siano S.M.A.R.T.:
Specific (ovvero specifico);
Measurable (ovvero misurabile);
Achievable (ovvero raggiungibile);
Realistic (ovvero realistico);
Time-based (ovvero i cui risultati debbono essere raggiunti in un certo lasso di tempo).
Il gioco permette ai collaboratori di verificare la loro progressione verso il raggiungimento degli
obiettivi loro assegnati.
Il raggiungimento (o meno) degli obiettivi individuali da parte dei collaboratori influenza
positivamente (ovvero negativamente) il punteggio sia della squadra di appartenenza sia del
manager con il quale detti obiettivi sono stati preventivamente concordarti.
Dal raggiungimento (o meno) degli obiettivi del game può dipendere (previa verifica della presenza
di risorse adeguate alla copertura) l’assegnazione e la conseguente quantificazione dei bonus di fine
anno sia dei manager che dei collaboratori.
L’output deve essere un database che contenga come minimo i seguenti dati:
- gli obiettivi da raggiungere
- tempistiche entro cui raggiungere gli obiettivi
- ruoli coinvolti nella squadra
- il grado di raggiungimento degli obiettivi
Valori: dal game dovrebbero emergere i seguenti valori:
- svolgimento del lavoro per obiettivi
- capacità di definire gli obiettivi secondo una visione strategica
- responsabilità individuale
- team work
- comunicazione efficace tra manager e collaboratori
20
2. A scuola di Smart Working
Abstract
Come si può incidere sulla cultura – paese sul tema dello Smart Working? Come si può agire per
rendere i futuri lavoratori più preparati e pronti a lavorare in modo coerente con un’organizzazione
basata sul Lavoro Agile? L’idea “A scuola di Smart Working” nasce da queste domande.
Collaborazione e lavoro di gruppo, autonomia e responsabilità, lavoro per obiettivi, fiducia,
leadership collaborativa: sono solo alcune delle competenze coerenti con prassi e logiche proprie di
un sistema aziendale in un'ottica smart. Insegnare lo Smart Working a scuola significa introdurre
moduli e modalità didattiche in grado di trasmettere queste competenze e valori nei percorsi
scolastici di ogni ordine e grado: dalle scuole primarie alle Business School.
Detti moduli saranno creati da un team multidisciplinare di esperti di Smart Working e professionisti
di apprendimento e dell’età evolutiva e condotti da professionisti che si occupano di formazione per
ognuno dei livelli scolastici coinvolti (pedagogisti, psicomotricisti, insegnanti, docenti ecc.). Il
coinvolgimento di questi professionisti per la creazione di tali moduli di apprendimento può avvenire,
per esempio, attraverso una specifica call for ideas.
Per ogni competenza chiave per l’organizzazione smart, abbiamo ritenuto utile riportare alcune
esperienze didattiche di successo e case studies italiani ed esteri.
Abbiamo anche immaginato “Virtual Leonardo” un portale che permetta di fare incontrare aziende
e studenti in modo tale che i secondi, lavorando in modo collaborativo da remoto con compagni di
gruppo, possano offrire soluzioni e approfondimenti a problemi e tematiche proposte dalle aziende.
Per usare le parole di Peter Bishop, direttore del corso di laurea in Futures Studies all’Università di
Houston e ideatore di Teach the future, un'organizzazione di educatori e comunità di partner:
“Introdurre la tecnologia a scuola non basta, bisogna essere in grado di anticipare i cambiamenti
[…] il futuro non deve essere una nuova materia, ma un metodo. Insegnare il futuro non richiede
tempo extra, ma modalità di lavoro differenti, un altro approccio”.
21
A scuola di Smart Working
Insegnare lo Smart Working a scuola significa introdurre modalità di agire e di pensare, alla base del
funzionamento dello Smart Working, in contesti educativi, in primo luogo gli istituti scolastici.
Collaborazione, lavoro di gruppo, lavoro per obiettivi, autonomia: sono solo alcune delle prassi e
logiche proprie di un sistema aziendale in un'ottica smart. Cosa significa insegnare lo Smart Working
a scuola? In parte da una risposta Peter Bishop, direttore del corso di laurea in Futures Studies
all’Università di Houston e ideatore di “Teach the future”, un'organizzazione di educatori e comunità
di partner: “Introdurre la tecnologia a scuola non basta, bisogna essere in grado di anticipare i
cambiamenti”. Secondo Peter Bishop l’evoluzione della scuola deve passare attraverso sei paradigmi:
tecnologico, economico, ambientale, politico e sociale, inteso a sua volta come demografico e
culturale. Per Bishop non è una questione di curricula o corsi di studio, ma di mentalità: “il futuro
non deve essere una nuova materia, ma un metodo. Insegnare il futuro non richiede tempo extra, ma
modalità di lavoro differenti, un altro approccio”.23
2.1 Che cos’è l’idea:
Si tratta di progettare ed introdurre moduli o modalità di apprendimento volti alla diffusione della
cultura dello Smart Working già in tenera età a supporto dalle attività pedagogiche normalmente
effettuate nelle scuole di ogni ordine e grado: dalla primaria alle università.
I moduli di apprendimento, come ad esempio percorsi e laboratori esperienziali, riguardano la
diffusione della cultura collaborativa, della responsabilità individuale e del senso di responsabilità e
degli stili di leadership che sono tipici di un ambiente di lavoro che applica lo Smart Working. Detti
moduli sono creati da un team multidisciplinare di esperti di Smart Working e professionisti di
apprendimento e dell’età evolutiva e condotti da professionisti che si occupano di formazione per
ognuno dei livelli scolastici coinvolti (pedagogisti, psicomotricisti, insegnanti, docenti ecc.). Il
coinvolgimento di questi professionisti per la creazione di tali moduli di apprendimento può avvenire,
per esempio, anche attraverso una specifica call for ideas.
All’interno di questa idea si inserisce anche la proposta di creazione di una piattaforma on line,
“Virtual Leonardo” in grado di permettere l’incontro di domanda (aziende, amministrazioni e
organizzazioni) e offerta (gli studenti di scuole superiori e università) di competenze per la risoluzione
di reali problemi aziendali in modalità di gruppo. I gruppi potranno essere costituiti da persone che si
conoscono nella vita reale, ma anche da persone sconosciute e appartenenti a diverse nazionalità. Il
nome della piattaforma prende spunto dal programma Leonardo24, istituito dall’Unione Europea, allo
scopo di facilitare la formazione professionale dei giovani in Europa.
Target:
Il target di riferimento sono in primis le scuole materne e primarie nonché le ludoteche e i luoghi di
formazione extra-scolastica dei bambini della fascia d’età fino ai 10 anni. Allo stesso modo saranno
coinvolte le scuole medie e gli istituti superiori e gli atenei.
Il target del “Virtual Leonardo” sono gli studenti delle scuole superiori e delle università
Perché:
Con questo progetto, vogliamo rispondere all’esigenza di rendere lo Smart Working un concetto con
il quale prendere confidenza fin da bambini e lungo tutto il lungo percorso scolastico e di crescita. In
tal modo la diffusione della cultura Smart Working diventerebbe molto più semplice ed efficace.
23
L'intervista a Peter Beshop è presente in un articolo pubblicato su Wired intitolato "Peter Bishop vuole portare il futuro nelle nostre scuole":
http://www.wired.it/play/cultura/2014/10/25/peter-bishop-vuole-portare-futuro-nelle-nostre-scuole/
24
https://ec.europa.eu/eures/main.jsp?lang=it&catId=9471&myCatId=9471&parentId=20&acro=news&function=newsOnPortal
22
È lo stesso meccanismo che governa anche l’apprendimento delle lingue straniere o di altre abilità:
se si inizia da bimbi è più facile raggiungere la fluency e l’interiorizzazione.
Sviluppo e impatto economico:
I moduli di apprendimento dello Smart Working per la scuola primaria possono trovare ispirazione
ed utili spunti, per esempio, nel metodo rivoluzionario di insegnamento di Maria Montessori25.
Secondo questo metodo la curiosità del bambino è il vero motore dell’apprendimento che, se lasciato
“girare” senza interferenze, lo porterà a sviluppare al massimo tutto lo spettro delle proprie capacità
e a conquistare il mondo con la forza della sua intelligenza. È l’ambiente, quindi, il primo elemento
a rivestire un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la crescita dei bimbi. La “casa dei bambini”, così
viene definita la scuola dalla Montessori, perché simile all’ambiente di vita naturale del bambino,
deve essere organizzata in modo tale da suscitare interesse nei bambini e venire incontro al desiderio
e al bisogno di movimento, di scoperta e di esplorazione autonoma dei bambini. Questi cioè debbono
avere la possibilità di venire direttamente in possesso degli oggetti e dei materiali di cui, in quel
particolare momento, sentono il bisogno, prelevandoli da tavoli, da armadi, da scaffali che siano “alla
loro portata” e che non li costringano a ricorrere all’aiuto dell’educatore. Qui il bambino non incontra
più ostacoli di ordine strutturale che possano in qualche modo inibire il suo naturale sviluppo senza
essere vincolato alla disponibilità e ai voleri, spesso estemporanei e casuali, dell’insegnante. Gli arredi
devono essere pensati e studiati tenendo conto dell’età e della corporatura dei piccoli, costruiti
all’insegna della leggerezza in modo che, proprio a causa della loro fragilità, rivelino un utilizzo
25
23
Fonte: http://www.educatoridigitali.it/2012/09/19/ecco-cose-il-metodo-educativo-montessori/.
sbagliato o mancanza di rispetto da parte di coloro che ne fanno regolarmente uso (per questo motivo,
nelle scuole montessoriane vengono utilizzati piatti di ceramica, bicchieri di vetro, soprammobili
fragili: i bambini sono, in questo modo, invitati a coordinare i movimenti con esercizi quotidiani di
autocontrollo, autocorrezione e prudenza).
L’organizzazione dell’ambiente accompagna il bambino ad acquistare coscienza delle proprie
capacità, a scoprire via via l’uso delle sue mani (la mano per la Montessori è l’organo
dell’intelligenza), a rassicurare la deambulazione, a diventare perciò sempre più indipendente.
I campi di interesse sono rivolti principalmente alle “attività di vita pratica” legate alla cura della
persona e alla cura dell’ambiente: lavarsi, vestirsi, allacciare, spolverare, travasare, stirare, lavare,
sbucciare, spremere, trasportare, apparecchiare… il bambino perfeziona l’esperienza sensoriale
facendo “ordine” nelle proprie scoperte, usando i materiali predisposti a questo scopo.
Egli può scegliere liberamente le attività che sono sempre a sua disposizione, collocate alla sua
altezza e che dovrà riordinare dopo l’uso. Il bambino vuole fare da solo, perciò le attività sono
individuali e rispettano tempi, modalità e ritmi di ciascuno. Durante la giornata ci sono anche
momenti di gruppo: quando si pranza, quando si cantano canzoncine o si ascolta un racconto della
maestra o si chiacchiera insieme, quando si gioca in giardino o in palestra e quando, stanchi, si va
tutti a nanna! I bambini, piccoli o grandi, hanno libertà di scelta delle attività in un ambiente sempre
accuratamente preparato e imparano ad assumersi le responsabilità del riordino degli oggetti usati e
il rispetto per il lavoro dei compagni. La libertà ha confini precisi, chiari e uguali per tutti. Ogni
bambino viene trattato con riguardo: a nessuno sono consentite la sopraffazione o la violenza. Rispetto
è anche non interrompere il lavoro di un altro, non toglierlo dalle mani, non sciuparlo.
Rispetto è non giudicare, non imporre ed è soprattutto dall’atteggiamento degli adulti verso di lui che
il bambino assorbe un comportamento sociale accettabile. Il bambino è invitato a mantenere l’ordine
dell’ambiente, a non sciupare il lavoro del compagno, a rispettare le scelte e i ritmi degli altri, perché
interiorizzi a poco a poco che la libertà ha confini precisi, e deve avere come limite l’interesse
collettivo. Nel metodo montessoriano l’educatore assume una funzione di gran lunga più alta di quella
tradizionale. All’insegnante che controlla, dirige, condiziona pesantemente i tempi, i ritmi e i desideri
di apprendimento del bambino, ricorrendo con estrema facilità e naturalezza all’arma dei premi e dei
castighi, la Montessori oppone un docente che svolge con estrema competenza un ruolo di
mediazione tra il bambino e l’ambiente educativo, aiutandolo, sostenendolo e consigliandolo, ma mai
imponendosi e sostituendosi a lui. L’educatore quindi ha il compito importante di preparare
l’ambiente e successivamente di presentare il materiale che verrà messo a disposizione dei bambini.
Se dunque il ruolo di protagonista, in questa rinnovata organizzazione scolastica, spetta al bambino,
l’insegnante non è tuttavia una figura “assente”: pur rispettando e adeguandosi, nel suo progetto
formativo, a quello che è l’autonomo itinerario di sviluppo evolutivo del bambino, suo compito
qualificante e impegnativo è quello di seguire seriamente e scientificamente il dispiegarsi dello
sviluppo infantile.
Educare, per ogni maestra montessoriana, deve significare aiutare i bambini a divenire consapevoli
del dono che già possiedono e a svilupparlo durante il corso della loro vita. L’educazione è
un’educazione per la vita: è il diventare consapevoli di noi stessi, del posto che occupiamo fra tutte
le cose che ci circondano, nella società e nell’universo intero.
L’intervento educativo della maestra, dunque, è tutt’altro che diretto: è più passivo che attivo; è un
orientamento tra diverse possibilità; è una figura sempre pronta a fungere da ascoltatore, da
24
osservatore e da stimolo discreto. L’educatore deve saper cogliere il giusto momento per intervenire
con pazienza e umiltà senza sostituirsi al bambino (compito molto difficile per gli adulti, genitori ed
educatori, che si sostituiscono sempre quando il bambino non riesce in qualcosa). La maestra non
insegna al bambino la sua verità, non cerca di travasare in lui la il suo sapere ma dirige (viene, infatti,
chiamata direttrice ) le attività del bambino, quella attività che gli permettono di sviluppare il suo
spirito in modo libero di liberare le sue immense energie, e potenzialità che la società e la scuola
tradizionale invece comprimono implacabilmente. All’interno della didattica montessoriana assume
un ruolo fondamentale il materiale di sviluppo. Il grande lavoro e l’impegno che Maria Montessori
ha dedicato alla creazione del materiale di sviluppo, è facilmente comprensibile se si coglie l’elevato
scopo che il materiale riveste: esso, infatti, attraverso l’educazione dei sensi, “fornisce una solida
base allo sviluppo dell’intelligenza” e costituisce per il bambino una “esatta guida scientifica” per la
sua attività di organizzazione e classificazione dei contenuti di esperienza.
Questo metodo rappresenta un utile spunto per la creazione e l’applicazione di moduli di
insegnamento di comportamenti di Smart Working poiché fa leva sullo sviluppo dell’indipendenza e
della libera scelta delle attività - che in ottica Smart Working si declinano come autodisciplina e spirito
imprenditoriale necessari per lavorare per obiettivi -, del lavoro di gruppo e dell’assenza di
imposizione da parte dell’insegnante - favorendo la cultura della collaborazione tipica dello Smart
Working, invece che quella del controllo- e da importanza al materiale di sviluppo - che in un
ambiente Smart Working si traduce nella presenza degli strumenti, anche tecnologici, adatti per
poterlo praticare efficacemente. Peraltro, la sperimentazione di soluzioni didattiche innovative
finalizzate a creare sistemi di apprendimento evoluto basati su modelli partecipativi a favore di
studenti e docenti sembra riscuotere un certo interesse.
Anche il Reggio Emilia Approach, altro approccio didattico di logica costruttivista, sviluppato da
Loris Malguzzi negli anni ’60, porta a autonomia e responsabilità dei fanciulli, già da asilo nido e
scuola dell’infanzia. Gli assunti principali di questo approccio sono che il bambino è un “soggetto di
diritti” e produttore di conoscenza e che il processo di apprendimento avviene autonomamente,
all’interno di una rete di relazioni sociali tra il bambino, gli educatori e la famiglia. Gli adulti sono
aiutanti e guide nel processo di apprendimento. In questo approccio non vi è una metodologia
predefinita: si stabiliscono degli obiettivi finali, ma si procede per pianificazioni successive,
riconsiderazioni di idee e degli obiettivi di comunicazione. Al bambino non vengono imposte delle
strategie o delle metodologie per acquisire conoscenza: esso è libero di scegliere il percorso che più
si confa alle proprie esigenze di apprendimento, coadiuvato dagli educatori nel suo svolgimento.
Si segnalano due recenti case study italiani in materia nati dalla collaborazione tra aziende e pubblica
amministrazione che riteniamo utili ai fini del presente lavoro alla luce dell’importanza che la
tecnologia riveste per lo Smart Working.
Il primo è il progetto di didattica digitale collaborativa per scuole primarie presentata il 3 ottobre
2014 nello spazio TIM4Expo26 alla Triennale di Milano che coinvolge circa mille alunni delle classi
quarte e quinte della scuola primaria nelle province di Milano, Pavia e Varese. Durante l’anno
scolastico 2014-2015 gli alunni delle classi che hanno aderito al progetto saranno impegnati in
un’attività di “lettura collaborativa” grazie all’impiego della piattaforma informatica Scuolabook
messa a disposizione da Telecom Italia che permette la condivisione di risorse librarie online,
26
25
Fonte: http://www.datamanager.it/2014/10/via-progetto-didattica-digitale-collaborativa-per-scuole-primarie/.
accessibili da tutti i tipi di dispositivi, e consente la lettura, l’annotazione, la rielaborazione e
l’esecuzione di compiti ed esercizi per la comprensione del testo.
I contenuti che saranno condivisi ed elaborati dagli studenti saranno pertinenti ai temi di Expo Milano
2015 per celebrare la collaborazione sinergica tra scuole lombarde e l’Esposizione Universale. La
piattaforma informatica fornita da Telecom Italia, inoltre, sarà utilizzata nell’ambito del Progetto
Scuola promosso da Expo per sensibilizzare gli studenti sulle tematiche che saranno al centro
dell’evento del 2015.
Il secondo è il progetto EducaTI27 che ha l’obiettivo di dare ulteriore impulso al processo di
digitalizzazione del sistema scolastico italiano, favorendo la sperimentazione e l’adozione, insieme
ai numerosi soggetti attivi nel mondo della scuola, di nuovi strumenti e linguaggi didattici. Tante le
iniziative all’interno del progetto: favorire l’introduzione strutturale nelle scuole del coding, ovvero i
concetti di base dell’informatica, al fine di divulgare le opportunità di accesso alle professioni
innovative del futuro; i “tutor digitali” un tour formativo dedicato a 15.000 insegnanti delle scuole
primarie con l’obiettivo di far acquisire loro le competenze necessarie per diventare dei veri e propri
mentori dei nuovi strumenti formativi digitali e far conoscere al meglio le opportunità e i rischi dei
social network; il contest “You Teach”, volto a stimolare la creatività degli studenti delle scuole
secondarie superiori di tutto il territorio nazionale per la realizzazione di un video capace di veicolare
modelli sani e consapevoli dell’utilizzo di Internet e dei social network; infine il lancio della nuova
piattaforma di crowdfunding “WeDo” che permetterà alla community on line di finanziare progetti
didattici innovativi nel settore dell’istruzione e della cultura digitale.
Un altro modello interessante è offerto da CoderDojo, un movimento fondato nel 2011 in Irlanda e
diffusosi rapidamente e con grande successo in tutto il mondo, Italia compresa. CoderDojo è una rete
globale di club che offre ai ragazzi di età compresa tra i 7 e i 17 anni formazione gratuita, indipendente
e basata sulla community, relativamente a temi di programmazione informatica. I ragazzi partecipanti,
imparano a scrivere codici informatici, sviluppare siti web, programmi, giochi e app in un ambiente
stimolante, dove le parole chiave sono: apprendimento tra pari, auto-apprendimento, apertura,
collaborazione, creatività, autonomia28.
27
28
26
Fonte: http://www.datamanager.it/2014/12/scuola-digitale-telecom-italia-lancia-progetto-educati/.
https://coderdojo.com/
Apprendimento collaborativo (lavori di gruppo) e problem solving
In Italia le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di
istruzione (MIUR, 2012) del Ministero, accogliendo la sfida universale di pratica dell’uguaglianza
nel riconoscimento delle differenze, assegnano alla scuola non solo il compito dell’insegnare ad
apprendere, ma anche quello dell’insegnare ad essere, promuovendo legami cooperativi fra gli
studenti ed educando alla convivenza attraverso la valorizzazione delle diverse identità. La classe
diventa così “luogo di comunicazione e di cooperazione, in cui sviluppare strategie di
apprendimento cooperativo che, in un contesto di pluralismo, possono favorire la
partecipazione di tutti ai processi di costruzione delle conoscenze” (Ministero della Pubblica
Istruzione, 2007, p. 15)29.
Le metodologie didattiche basate sulla cooperazione possono rispondere a quanto previsto dal
ministero della pubblica istruzione italiana. Questi metodi, in continua evoluzione, sono al centro di
studi in vari paesi del mondo. Il Cooperative Learning Institute della Minnesota University sta
spingendo l’utilizzo dell’approccio del Learning Together (Johnson, Johnson & Holubec, 1994) che
si basa sull’interdipendenza positiva, sull’interazione positiva, l’insegnamento-apprendimento
dell’uso di competenze interpersonali e la creazione di piccoli gruppi con revisione e controllo del
comportamento
intragruppo.
Il
Center
for
Research
and
Reform
in
Education della Johns Hopkins University mediante lo Student Team Learning (Slavin, 1995) pone
il focus sulla motivazione estrinseca (ovvero la ricompensa) necessaria per stimolare l’impegno a
livello sia individuale che di gruppo, ponendo l’accento sulla struttura cooperativa del compito, i
motivi che spingono alla cooperazione, le ricompense di gruppo e la responsabilità dell’individuo per
creare la stessa opportunità di successo per tutti i partecipanti.
Il lavoro di gruppo, chiamato in termini tecnici apprendimento cooperativo, "costituisce una
specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti apprendono in gruppi di piccole
dimensioni, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.
L’insegnante assume così un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando ambienti
di apprendimento in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni
attività di apprendimento in un processo di problem solving di gruppo, conseguendo obiettivi la cui
realizzazione richiede il contributo personale di tutti".30 I vantaggi sono di grande rilevanza,
soprattutto se proiettati in un futuro contesto lavorativo magari permeato dallo Smart
Working: risultati migliori per gli studenti, più motivati e con maggiori capacità di ragionamento e
pensiero critico; sviluppo rispetto reciproco e spirito di squadra; maggior benessere psicologico che
consente di affrontare meglio difficoltà e stress. Il modello di apprendimento cooperativo dunque,
mette in moto il ruolo dello studente quale agente attivo, soprattutto rispetto alla costruzione dei
significati e al problem solving.31
29
G. Malusà (2014). Condividere per costruire. Processi efficaci di apprendimento cooperativo in contesti multiculturali della scuola primaria:
http://goo.gl/WAKOFV
30
Questa
definizione
di
"apprendimendo"
collaborativo
è
stata
attinta
dal
sito
edscuola.it:
http://www.edscuola.it/archivio/comprensivi/cooperative_learning.htm
31
Nel corso del 2000 si è aperto, in USA, un dibattito su come condurre le lezioni in classe e la conseguente disposizione degli arredi.
L'Apprendimento Cooperativo, infatti, passa anche attraverso la disposizione fisica dei banchi in aula. Nelle scuole statunitensi sembra emergere la
tendenza a disporre i banchi a cerchio o a ferro di cavallo, oppure divisi in tanti quadrati o triangoli per 4 - 6 alunni ognuno. Nel primo caso, l'insegnante
sta al centro, nel secondo si sposta da un gruppo all'altro.
27
In un processo di problem solving di tipo tradizionale, gli studenti apprendono la risoluzione dei
problemi attraverso esempi svolti dal docente. In questo modo, le difficoltà dello studente, impegnato
a comprendere nuovi elementi, sono messe in secondo piano, non vengono colte dallo stesso docente.
L'insegnamento e l'apprendimento di tecniche problem solving attraverso esempi non sempre è
efficace. Condizioni più favorevoli all'apprendimento si verificano quando una persona deve
confrontarsi con un problema per la cui risoluzione non conosce tecniche e procedure.
L'apprendimento collaborativo può dunque essere applicato anche al problem solving, laddove,
facendo lavorare gli studenti in piccoli gruppi, si fornisce loro l'opportunità di spiegare, di confutare,
di difendere le loro convinzioni, favorendo un apprendimento attivo. All'interno di una dinamica di
gruppo, tale approccio al problem solving risulta essere più efficace.32
In Italia l’apprendimento cooperativo si sta diffondendo grazie alla ricerca di M. Comoglio e dei suoi
collaboratori (Università Pontificia Salesiana) (Comoglio & Cardoso, 1996), di G. Chiari (Centro
Internazionale di Ricerca sul Cooperative Learning , Università di Trento) e di A. Portera (Università
di Verona).
Nella ricerca di G. Malusà (2014) “Condividere per costruire. Processi efficaci di apprendimento
cooperativo in contesti multiculturali della scuola primaria” viene illustrata la ricerca condotta con
alunni della primaria di una scuola di Trento da cui emerge l’utilità dell’apprendimento collaborativo
anche per l’educazione interculturale. Gli alunni coinvolti, in piccoli gruppi, ricoprivano a rotazione
i diversi ruoli previsti (leader, speaker, reporter, observer ).”Questi sono gli incarichi relativi ad ogni
ruolo: il leader- raccogliere e distribuire il materiale didattico, gestire i momenti di discussione
all’interno del gruppo e facilitare l’accordo di tutti nelle decisioni; il reporter- scrivere i compiti
assegnati al gruppo; lo speaker- relazionare alla classe i contenuti discussi e/o studiati nel gruppo di
32
Sul
tema
dell'apprendimento
collaborativo
http://ospitiweb.indire.it/adi/CoopLearn/cooplear.htm
28
applicato
al
problem
solving
si
veda
la
seguente
fonte:
appartenenza; l’observer- autovalutare le competenze sociali esperite nell’attività da tutto il gruppo
ed assegnare un punteggio in un cartellone appeso in aula. La sistemazione stessa dei banchi, disposti
sempre a gruppi di 4-5 isole, favoriva questa scelta metodologica. Solo durante alcune verifiche
formali la disposizione veniva modificata, sistemando i banchi in modo singolo e staccato; oppure in
un grande quadrato durante importanti conversazioni condivise. Ogni gruppo, distinto da un nome,
un logo, la foto dei componenti e un patto di impegno collaborativo tra gli stessi, aveva una durata
generalmente mensile. Il progetto interdisciplinare, in particolare, prevedeva attività mirate e
progressive per sviluppare nei bambini/e condivise e puntuali competenze sociali (chiamarsi per
nome, parlare a bassa voce, rispettare i turni di parola, controllare la comprensione dei compagni del
proprio gruppo, collaborare, incoraggiare positivamente i componenti del gruppo); una verifica
mensile degli alunni/e (autovalutazione delle competenze raggiunte individualmente, dal gruppo di
appartenenza e dal gruppo classe attraverso un questionario) e degli insegnanti (autoanalisi durante
le ore di programmazione settimanale); un confronto con i genitori nelle assemblee di classe,
nei colloqui individuali e periodici con la rappresentante di classe.”
Case study: Svezia
Gli Istituti Vittra sono scuole private che stanno rivoluzionando l’idea di istruzione e apprendimento.
Questo speciale modello di istituti mette al centro il bambino e le sue esigenze, la libera creatività ed
espressione di sé, il bilinguismo, la circolazione di idee e progetti in ambienti aperti, accoglienti e
innovativi.33 In Svezia presso gli Istituti Vittra, la cui prima scuola è stata fondata nel 1994, si persegue
una filosofia che differenzia di gran lunga da un sistema didattico tradizionale: gli studenti, tra i 6 e i
16 anni, sono lasciati liberi di interagire con spazi predisposti per lo studio, che però non sono
predefiniti. Ogni scuola del Consorzio Vittra, infatti, si compone di un’area centrale aperta da cui si
diramano stanze laterali con pareti di grande vetri, che corrispondono al laboratorio, all’area di
ritrovo, alla zona per i progetti ed i lavori collettivi, alla sala lettura o relax e al teatro. L'obiettivo è
incoraggiare gli studenti a: trovare e sperimentare le loro naturali inclinazioni; cercare di affiancare
allo studio l’esperienza reale; incentivare l’utilizzo del metodo di studio proprio di ogni studente
tentando di stimolarne la curiosità; credere sinceramente nelle capacità di tutti gli alunni e prendere
sul serio ogni loro domanda; insegnare a comunicare e a lavorare nel costante rispetto altrui; fornire
le basi per un apprendimento il più internazionale possibile, insegnando fin da subito l’inglese e
favorendo gli scambi culturali.
Il lavoro di gruppo gioca un ruolo chiave nella didattica degli Istituti Vittra. Quotidianamente gli
studenti lavorano in gruppo, rispettando tempi e consegne date loro dai docenti. Le lezioni iniziano
con una parte erogativa nel corso della quale i docenti spiegano i contenuti e danno le indicazioni per
i lavori di gruppo che iniziano quasi subito. I ragazzi si dividono in gruppi, raggiungono luoghi diversi
della scuola a seconda del compito che devono svolgere e si riuniscono quando la docente dice loro
di farlo. Non esiste la campanella, quindi ognuno di loro è tenuto a rispettare i tempi e le consegne.
Se queste ultime non vengono completate devono essere portate a casa sotto forma di compiti.
All'interno delle scuole Vittra vi sono anche delle aule chiuse, strutturate però in modo innovativo:
non ci file di banchi ma grandi tavoli rettangolari, o isole, volti a facilitare ed incentivare la
discussione e l'interazione tra gli alunni.
33
29
Web site ufficiale degli Istituti Vittra: http://www.vittra.se/Default.aspx?alias=www.vittra.se/english
Cloud Teaching
Valentina Ciriani ed Elvinia Riccobene del Dipartimento di Tecnologie dell’Informazione
dell'Università degli Studi di Milano, hanno formulato nel 2012 un metodo innovativo per la didattica
nella scuola moderna: il cloud teaching. Il cloud viene dalle due studiose inteso come insieme di
tecnologie informatiche basate sul web 2.0, utili per archiviare ed elaborare informazioni grazie
all'utilizzo di risorse hardware o software distribuite nella rete. Queste nuove tecnologie nella
didattica non sono da intendere come un’alternativa ne’ ai libri, ne’ alle lezioni in classe. Sono, invece,
un ulteriore supporto alla didattica. Il cloud teaching si configura così come una metodologia didattica
basata sul cloud, un apprendimento collaborativo: un insieme di progetti effettuati in ambiente
distribuito. Il fine di tale strumento è quello di favorire il collegamento tra insegnanti e studenti,
nonché promuoverne la collaborazione nella produzione di materiali didattici come risultato di
un'intelligenza collettiva.34 Secondo Ciriani e Roccobene è dunque possibile stimolare le capacità
di collaborazione degli studenti usando strumenti web semplici, distribuiti e gratuiti.35
Debate
Il debate è una disciplina affermata da tempo nel mondo anglosassone, con insegnante e materia
appositamente specializzati alla materia. Nelle scuole, nei college e nelle università americane ed
inglesi il dibattito è, infatti, una pratica da tempo consolidata. Il debate, utilizzato sia come strumento
curricolare o extra-curricolare, sviluppa il pensiero critico e le competenze comunicative; promuove
l’autostima e la consapevolezza culturale; abitua a saper strutturare un discorso e sostenere le proprie
argomentazioni, a ricercare e selezionare le fonti; ad essere cittadini consapevoli ed informati.
Case study: Italia
L'istituto Tecnico Pacioli di Crema ha avviato nel 2005 programma SITE, un modello di
internazionalizzazione della scuola, coordinato con il Dickinson College (Pennsylvania): un’azione
di cooperazione italo-americana che ha il supporto dell’Ambasciata Italiana a Washington e dell’ USR
Lombardia. Il progetto consente alla scuola italiana di ospitare neo laureati americani per un periodo
di 8 mesi come tirocinio di studio. I docenti americani affiancano i docenti italiani nell’insegnamento
della lingua inglese oppure i docenti di altre discipline per lo svolgimento di moduli di materie come
scienze, matematica, storia, informatica, economia. L'Istituto Pacioli ha avviato anche Global
Teaching Lab, un progetto in collaborazione con le università di Harvard e Berkeley. Grazie a questo
progetto il MIT (Massachusetts Institute of Technology), tramite un accordo con la scuola, invia tre
dei suoi ricercatori che si trattengono a Crema per un mese per diffondere il metodo “hands-on”
(didattica laboratoriale) applicandolo principalmente alle discipline scientifiche. Non solo, perché i
ricercatori del MIT insegnano agli studenti italiani anche tecniche di debate, una materia trasversale
che è presente nel curriculum di alcuni paesi stranieri quali, ad esempio, il Regno Unito. Questo
modello consente di apprendere delle regole di presentazione delle proprie idee che si basano su
principi quali: durata degli interventi, preparazione, abilità di argomentazione, individuazione di pro
e contro. Il debate si presta per essere svolto in gruppi di discussione e mette in campo dinamiche di
osservazione e valutazione interna. Il debate si pone come obiettivo primario la maturazione di
34
Nello specifico, la condivisione di materiale avviene attraverso diigo e dropbox, google documenti; la comunicazione tramite skype e google
gruppi, blog, wiki; i questionari on-line per mezzo di google moduli e doodle. Ad esempio google document diventa, su un piano didattico, uno strumento
per la scrittura collettiva di una ricerca, così come skype diviene un mezzo per la comunicazione a distanza tra i componenti del gruppo.
35
Per maggiori informazioni sulla ricerca di Ciriani e Riccobene: http://crema.di.unimi.it/~sidi/_include/allegati/CloudTeaching2012.pdf
30
competenze trasversali relative all’area del linguaggio, favorendo lo sviluppo di strategie
comunicative applicate ai contenuti delle discipline coinvolte nel processo didattico.
Infine, la scuola fa uso di servizi di cloud offerti da Google Education basandosi sulla mail. Ogni
membro della comunità Pacioli è dotato di una casella di posta da 25 GB: insegnanti, studenti e
personale ATA comunicano, collaborano e condividono informazioni su questa piattaforma. L'e-mail
non solo è utilizzata per comunicazioni "di servizio", ma anche nella didattica: la condivisione di
documenti avviene, infatti, attraverso Google Drive. Questo ha portato alla realizzazione di piccole
unità didattiche, disponibili per studenti ed insegnanti.
Case study: Finlandia
La Finlandia nelle diverse statistiche internazionali sui sistemi scolastici è sempre ai primi posti, se
non al primo in assoluto. Questo è dovuto non solo ad un costante investimento economico, socioculturale e politico nei confronti della scuola da parte delle istituzioni, ma, secondo alcuni osservatori,
il successo della scuola finlandese è dovuto anche alla sua impronta culturale, fondata
sull'apprendimento cooperativo. Il focus, come ci ricorda Flavia Forandini, è non a caso rivolto alla
flessibilità, alla creatività e allo studio basato sulla comprensione, piuttosto che sulla
ripetizione.36
A patire dagli anni '70 la Finlandia ha adottato l'ARM - Alternative Research Movement per modellare
il suo sistema scolastico nazionale. L’ARM è contraddistinto da pochi standard nazionali e da molta
libertà lasciata alle scuole per trovare le soluzioni adatte in risposta alle singole situazioni. In questo
sistema hanno dignità tutte le materie e non solo letturatura e matematica. Gli insegnanti sono invitati
a sperimentare nuovi metodi di insegnamento e gli studenti sono lasciati liberi di apprendere secondo
le proprie inclinazioni. Non esiste un modo unico, stereotipato per apprendere. La scuola deve
riconoscere questa varietà e gli insegnanti sono formati a farlo. Inoltre nell’ARM la valutazione degli
studenti non passa attraverso la verifica, il test, ma tramite la fiducia: gli insegnanti che
giudicano in modo professionale i loro studenti e i loro progressi sulla base del loro grado di
responsabilità, in primo luogo.
L'istruzione scolastica in Finlandia si caratterizza nelle statistiche internazionali con una media
elevata del punteggio globale nei test, poche ore di scuola all’anno, pochi anni di scuola, costi
modesti, pochi studenti con punteggi bassi nei test, divario ridottissimo tra i punteggi dei migliori
studenti e quelli dei più deboli, quindi equità del sistema, diversità ridotta tra scuole su tutto il
territorio nazionale. Il suo successo in termini internazionali è dovuto ad una varietà di fattori: non
solo la presenza di una stessa scuola unica, obbligatoria, di base per tutti (la scuola primaria inizia
a 6 anni, è di sei anni, seguita da tre anni di scuola media unica, il blocco di 6 anni +3 anni costituisce
la scuola di base) e la preparazione elevata del corpo docenti (la professione d’insegnante in
Finlandia è ritenuta una professione prestigiosa, la formazione dura cinque anni dopo la maturità ed
è imperniata sulla ricerca scientifica), ma anche la cultura della fiducia - il sistema finlandese
funziona solo sulla base della fiducia reciproca tra insegnanti, studenti, famiglie e autorità; leadership
morale diffusa - il sistema scolastico finlandese non è il frutto di una riforma scolastica unica, ma di
36
Flavia Forandini, La scuola che funzione meglio è quella finlandese, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-05/scuola-funzionameglio-quella-090650.shtml?uuid=AbkcxG9G
31
un processo peremato sulle trasformazioni sociali e tecnologiche, con uno sguardo sempre orientato
al futuro e all'innovazione.37
Università e didattica Smart
Per una maggiore diffusione ed interiorizzazione della cultura dello SW abbiamo visto nelle
precedenti pagine come può essere utile inserire all'interno del percorso scolastico dei bambini dei
moduli didattici che siano in grado di formare all'autonomia, alla collaborazione, al lavoro di gruppo,
alla fiducia, al lavoro per obiettivi. La stessa finalità didattica deve ritrovarsi nel percorso universitario
e post universitario.
Mentre in percorsi formativi blended o basati sull'e-learning queste tematiche sono più connaturate,
nei percorsi accademici tradizionali italiani faticano a trovare spazio.
C'e' qualche raro esempio in cui anche in Italia si inizia a lavorare in questa direzione:
•
•
Il 24 febbraio 2014, presso l'Università degli Studi di Torino, ha avuto inizio il corso “Politica
economica” del professor Roberto Burlando sviluppato secondo l’approccio
dell’apprendimento cooperativo38
un progetto dell'Università di Bergamo, per approfondire le competenze matematiche degli
iscritti a facoltà scientifiche mediante un approccio collaborativo, aiutando la transizione dal
liceo all'università39
In Australia, alla Griffith University, hanno previsto un percorso formativo denominato Study Smart40
che e' un tutorial on line in grado di aiutare gli studenti ad apprendere strategie, risorse e attivita'
interattive per riuscire a raggiungere risultati di studio eccellenti. Dalla comprensione del compito a
come reperire e organizzare le informazioni, a come lavorare in gruppo e raggiungere l'obbiettivo di
superare l'esame. http://app.griffith.edu.au/study-smart/docs/groups
In Svezia, oltre alla classica modalità d'esame scritto o orale in aula, sono previste due interessanti
altri sistemi di valutazione:
•
•
esame a casa: funziona come un esame scritto, però lo studente può usare i libri, perché le
domande poste sono più difficili che nell’esame scritto. Il metodo di svolgimento più comune
prevede che lo studente abbia 4-5 giorni di tempo per rispondere a quattro domande. Le
risposte devono essere scritte e ben argomentate
lavoro di gruppo: può consistere nella redazione di un saggio su un argomento scelto in
gruppo. In questi casi si riceve il voto in base al lavoro svolto insieme e non individualmente
In generale i lavori di gruppo e l'apprendimento collaborativo sono molto più radicati nelle università
estere che in quelle italiane.
37
Un interessante articolo sul successo della scuola finlandese è il seguente: http://www.oxydiane.net/politiche-scolastichepolitiques/evolution-des-systemes-d/article/a-quarant-anni-dalla-riforma.
38
http://serenoregis.org/gruppo-edap/apprendimento-cooperativo-alluniversita/
39
http://dinamico2.unibg.it/ctd/eracle/
40
http://www.griffith.edu.au/library/workshops-training/study-smart
32
Case Study: Francia
Un esempio interessantissimo da studiare e’ Ecole4241. Un innovativo modello di corso
(para)universitario creato nel 2013 a Parigi per formare ingegneri del Software. La scuola è
completamente gratuita, prevede una sede aperta 24 ore al giorno, non ci sono libri ne’ insegnanti e
accoglie 800-1000 studenti all’anno (su 70000 candidati). La selezione, durissima, non tiene conto
del curriculum di chi applica: si può accedere indipendentemente dal titolo di studio che si ha, l’unico
vincolo è l’età compresa tra i 18 e i 30 anni. La didattica si basa esclusivamente sulla risoluzione di
problemi reali in piccoli gruppi da 2 a 5 persone; gli studenti condividono i loro lavori, comunicano
tra loro e ricevono esami e sfide da sostenere attraverso l’intranet della scuola. Anche il layout delle
aule e’ studiato per favorire l’apprendimento collaborativo. Non esistono gli insegnanti poiché si
sostiene che ormai si possa trovare in rete autonomamente tutto ciò che si deve appprendere nella
programmazione di software.
Spazi didattici della Ecole 42 dal sito http://www.42.fr/
41
33
http://www.42.fr/
2.2 “Virtual Leonardo”
Sarebbe interessante la creazione di una piattaforma web il cui scopo sia mettere in
comunicazione le aziende e le Università (ma anche i licei e le scuole professionali) per la
risoluzione in gruppo di specifici problemi e criticità proposte dalle aziende.
Gli alunni potrebbero partecipare quindi a processi di ricerca, problem solving e apprendimento
collaborativo confrontandosi con coetanei che provengono dalla medesima classe così come da
diversi corsi universitari, regioni, nazioni.
Qualche piattaforma simile:
•
Make Sense: piattaforma per la risoluzione collaborativa dei problemi sociali lanciata 3 anni
fa da Christian Vanizette con l’obiettivo di supportare il lavoro degli imprenditori sociali
mettendoli in connessione con una community globale di problem solver in grado di aiutarli
nella risoluzione dei nodi più spinosi del proprio business sociale42
•
Koios: simile a makesense, per la soluzione di problemi di natura sociale43
•
Skibb: e’ una piattaforma collaborativa per la risoluzione dei problemi dove gli utenti possono
dividere il problema in piccole parti e risolverle pezzo per pezzo. Puoi invitare i tuoi amici a
risolvere un determinato problema e guadagnare in reputazione aiutando gli altri44.
•
Solvish: Grazie all’aiuto di tutti, Solvish crea consapevolezza. Sottoponi, segui o risolvi
problemi che possono riguardare tutti, nel tuo quartieri, nella tua città, nella tua nazione o in
tutto il mondo45.
•
Coursolve: aiuta aziende e discenti a collaborare per risolvere problemi reali. Se si è su
coursolve per imparare si possono aiutare le aziende a risolvere i loro problemi raggiungendo
nuove competenze al proprio portfolio. Le organizzazioni possono risolvere i loro problemi e
apprezzare le capacita’ di risoluzione dei problemi degli studenti46.
Coursolve è l’esempio più simile al sito che vorremmo fosse implementato. Mette in comunicazione
aziende e organizzazioni con i possibili risolutori dei loro problemi, ma i contributi sono di natura
individuale. Manca tutto il tema dell’apprendimento collaborativo e social, fattori chiave sia nel
facilitare l’apprendimento, sia nel mantenere alta la motivazione dei partecipanti.
42
43
44
45
46
34
http://beta.makesense.org/
http://koios.org/
http://skibb.it/
http://solvish.com/
http://coursolve.org
Business Schools e didattica Smart
Per quanto riguarda le Business School, riteniamo che, poiché sono le sedi dove verranno forgiate
nuove generazioni di dirigenti, sarebbe di primaria importanza che venissero qui trasmesse le
fondamentali competenze che sorreggono una organizzazione orientate allo Smart Working.
Ma questo avviene? Nelle Business School si parla di fiducia, lavoro per obiettivi, risoluzione di
problemi, leadership connettiva/collaborative/generativo?
E’ importante sottolineare come, negli ultimi anni, le Business School sono state oggetto di
moltissime critiche da parte di studiosi ed esperti. Numerosi articoli e libri hanno puntato il dito verso
le Business School che hanno fornito modelli di management non solo inadeguati ad un mondo che
cambia, ma soprattutto complici e responsabili della crisi che perdura da anni ( ad es. Business
Schools Under Fire47 ). In Strategic Leadership in the Business School: Keeping One Step Ahead48
si trova un consenso unanime nella necessita’ di sfruttare la crisi economica e la perdita di fiducia
nelle business school come occasione per cambiare strutturalmente i modelli a cui e’ ancorata.
Adenekan (2009) riferisce le Parole di Carolyn Woo, rettore di una Business School americana, che
dice che questa e’ l’occasione per introdurre il pensiero etico nell’offerta formativa degli MBA,
analogamente a Starkey (2009) e a Podolny, di Yale, che sottolinea l’importanza di cambiare
radicalmente strada, per non perdere totalmente rilevanza e credibilita’. Harney (2009) riflette su
come le Business School dovrebbero insegnare ad avere cura di cio’ che piu’ dovrebbe aver valore
negli affari, ovvero i lavoratori, insegnando quindi ai manager metodi di gestione responsabile che
aiutino a sostenere e sviluppare l’occupazione.
Questo sentito richiamo all’etica e al rispetto di un codice di condotta rispecchia anche le esigenze di
coloro che frequentano gli MBA, secondo quanto emerso dalla ricerca condotta dal The Aspen
Institute “Where will they lead?” del 2008 su studenti di alcuni MBA49:. Gli studenti intervistati nel
2007 sono, rispetto ai colleghi del 2002, piu’ interessati nel trovare lavoro in un’azienda che
potenzialmente potrebbe avere un impatto positivo sulla societa’, sono più coinvolti da temi di etica
e responsabilità sociale e mettono il WLB al terzo posto nella classifica dei fattori piu’ rilevanti nella
scelta di un lavoro.
In Smart Working: Creating the Next Wave50 di Anne Marie McEwan, l’autrice afferma che preparare
nuovi leaders ora è estremamente cruciale, soprattutto se la performance aziendale è da raggiungere
in una organizzazione smart. McEwan cita Detar e altri (2010) che, nella loro approfondita critica alle
Business school americane, affermano che l'apprendimento esperenziale e collaborativo deve essere
il nuovo marchio di qualità degli MBA percheè si adatta alla complessità di un mondo economico in
continuo cambiamento.
Se, dal punto di vista didattico, si evince che nei programmi degli MBA si affronti il tema della
gestione del personale per obiettivi, cosi come il problem solving, e spesso si organizzino sessioni di
studio e ricerca collaborativa tra i diversi partecipanti al master, degli aspetti su cui e’ necessario
47
http://humanisticmanagement.org/cgi-bin/adframe/knowledge_center/books/article.html?ADFRAME_MCMS_ID=4
http://www.cambridge.org/co/academic/subjects/management/management-general-interest/strategic-leadership-business-school-keepingone-step-ahead
49
http://www4.gsb.columbia.edu/filemgr?file_id=131868
50
http://www.ashgate.com/isbn/9781409404569
48
35
focalizzarsi per un nuovo paradigma delle business school sono: il modello di leadership da
trasmettere e il concetto di fiducia, oltre a quanto gia’ detto sull’aspetto etico.
Tourish, Craig e Amernic (British Journal of Management, 2010) concentrano la loro attenzione sulla
leadership. In risposta alle preoccupazioni circa il loro ruolo, le scuole di business si sono rivolte alla
nozione di leadership come un modo per ridefinire la propria identità e missione. Tuttavia, proprio il
focus sulla leadership può rendere piu’ forte la sfida affrontata dalle scuole di business per sostenere
la loro legittimità. La leadership rimane senza un quadro teorico ampiamente accettato e senza una
comprensione empirica e quantitativa: non esiste un corpus di conoscenza utilizzabile (Khurana,
2007). Degli approfondimenti incentrati sulla formazione dei leader sembra quindi particolarmente
rilevante in ogni dibattito su come rendere lei business school più critiche.
Si incoraggiano dunque i docenti delle tematiche relative alla leadership nelle business school ad
adottare approcci più critici, relazionali e riflessivi. Si suggeriscono alcune direzioni generali per un
modello di leadership alternativa, sulla base della followership, la promozione della comunicazione
critica verso l'alto all'interno delle organizzazioni, e il riconoscimento della leadership come un
fenomeno discorsivo e co-costruito. (D Tourish, R Craig, J Amernic - British Journal of Management,
2010)
Alcuni autori parlano anche della necessita’ di veicolare modelli di leadership collaborativa e
addirittura di “Servant leadership”51.
Come anticipato, un altro tema importante per la cultura SW e’ la fiducia. Un manager deve essere in
grado di generare fiducia ma anche di provare fiducia nei confronti dei collaboratori per poter
permettere loro di lavorare anywhere, anytime52.
I manager devono quindi venire aiutati ad imparare a fidarsi e a delegare interi processi ai
collaboratori.
La ricerca “The truth about trust, honesty and integrity at work”53 ha messo in luce che il mantenere
alti livelli di fiducia sul lavoro aiuta a garantire un ambiente coinvolto e produttivo. La ricerca mostra
come i millenials sono la generazione più aperta a dare fiducia, seguiti dai baby boomers, mentre la
generazione x ha dei livelli più bassi. Interessante notare che parallelamente alla crescita aziendale
dei Manager aumenta anche la loro capacità di dare e ricevere fiducia. Inoltre il grado di fiducia varia
molto a seconda del settore di riferimento. Il settore pubblico e’ quello che denota una grande
sofferenza in termini di fiducia rispetto al terzo settore e alle aziende private. La ricerca rivela anche
cinque competenze fondamentali: apertura, comunicazione efficace, capacità di presa di decisioni,
integrità e competenza nel ruolo54.
Charles Elvin, CEO dell’ Institute of Leadership & Management Trust ha commentato: “La fiducia
rinsalda l’efficacia delle relazioni di lavoro. Più una persona stima un collega, un manager o un
membro della squadra, più facilmente coopererà, sarà propenso a condividere e lavorerà
efficacemente insieme a lui.”
51
52
53
54
36
http://www.researchgate.net/publication/232710642_The_Need_for_Awareness_of_Servant_Leadership_in_Business_Schools
http://www.leadershipnow.com/CoveyOnTrust.html
https://www.i-l-m.com/About-ILM/Research-programme/Research-reports/trust-and-integrity
http://workplaceinsight.net/generation-y-trusting-managers-finds-ilm-report/
Anche le modalità organizzative di un MBA possono aiutare a veicolare lo Smart Working. La
diffusione dell’e-learning e in particolar modo dei MOOC (Massive On line Open Course, ovvero
corsi universitari gratuiti, accessibili a tutti coloro abbiano a disposizione una connessione ad internet)
di cui abbiamo già fatto riferimento nel capitolo relativo alla idea n.4) concorrono ad un cambiamento
nel mondo della formazione universitaria. I MOOC stanno crescendo in modo molto rapido, offrendo
corsi non più solo di natura tecnica e scientifica, ma anche di natura umanistica.
Gli MBA, che prevedono il conseguimento di soft skill e lo sviluppo di un solido network, sono meno
influenzate dalla diffusione della didattica on line rispetto ai corsi universitari. Tuttavia cominciano
ad essere molte le Business School nel mondo (soprattutto in U.S.A. e U.K.) ad affiancare ai loro
MBA tradizionali degli MBA basati in larga parte sul digital learning, solo con alcuni moduli di
formazione in presenza. Questo tipo di impostazione organizzativa va incontro alle esigenze degli
alumni del corso che richiedono sempre maggior flessibilità per conciliare impegni di lavoro,
trasferte, formazione, famiglia. “Il concetto di Smart Learning comincia a farsi strada e sempre più
imprese stanno investendo su questi tipi di programmi di formazione”55. In Italia il MIP, Business
School del Politecnico di Milano, è stata la prima a creare un Executive MBA basato sulla didattica
digitale: il Flex EMBA, che “permette agli allievi di scegliere da dove e quando seguire le lezioni e
come fruire i contenuti, costruendosi così un’esperienza formativa altamente personalizzata”56.
55
56
37
Dalla video-intervista a Federico Frattini, direttore di Flex EMBA http://www.spiritoleader.it/federico-frattini/
http://www.agendadigitale.eu/competenze-digitali/837_il-master-va-online-come-evolvono-i-mooc.htm
3.InformaSmartWorking. Un servizio per le aziende e le persone
Abstract
L'idea InformaSmartWorking. Un servizio per le aziende e le persone consiste nel suggerire ad
amministrazioni pubbliche e ad enti privati, consociativi e di categoria, la possibilità di fornire un
servizio per prestazioni di orientamento, consulenza, accompagnamento e monitoraggio per quelle
aziende che, presenti sul territorio di propria competenza o appartenenti alle proprie reti
professionali e di prossimità di interessi, adottino forme di organizzazione del lavoro in un'ottica
Smart Working. Non esiste, infatti, un unico modello di implementazione dello Smart Working, ma
tanti modelli attuativi quanti sono i contesti aziendali e le persone coinvolte in tali processi. Per
questo motivo riteniamo che il servizio InformaSmartWorking possa rappresentare uno strumento
utile per “calare” lo Smart Working in ogni singola situazione, plasmandolo in base alle peculiarità
di ogni contesto aziendale.
Si propongono poi due ulteriori declinazioni attuative del servizio InformaSmartWorking, il cui
destinatario ultimo è la persona, piuttosto che l'azienda. Suggeriamo, infatti, che l'
InformaSmartWorking fornisca anche:
1. una consulenza in termini di e-learning per trasmettere, ai dipendenti di un'azienda e a coloro
che sono interessati ad avvicinarsi al tema, contenuti inerenti prassi e logiche dello Smart
Working, al fine di diffonderne la cultura tramite un forma di apprendimento a distanza, in
remoto.
2. Un'ulteriore servizio per le persone, che immaginiamo legato all'InformaSmartWorking, è
quello dell’Atelier Felicità Produttiva, rivolto a tutti coloro - dipendenti, lavoratori autonomi,
disoccupati - che abbiano bisogno di un aiuto nel comprendere, attraverso percorsi di
counseling e/o coaching, quale sia il proprio lavoro ideale e la strada per raggiungerlo,
tenendo conto di una condizione di work life balance, concetto chiave dello Smart Working.
38
3.1 InformaSmartWorking
Cos'è:
InformaSmartWorking è concepito come un servizio che istituzioni pubbliche e private offrono alle
aziende di piccole e medie dimensioni. In particolare InformaSmartWorking fornisce un servizio di
orientamento, accompagnamento e monitoraggio in quei contesti lavorativi oggetto di un processo di
migrazione da un sistema tradizionale a forme di organizzazione aziendali basate sullo Smart
Working.
Target:
Il servizio di InformaSmartWorking ha come target di riferimento le piccole e medie imprese che
hanno l'esigenza di rivolgersi ad esso per ottenere un servizio di consulenza sulle modalità di
implementazione dello Smart Working al loro interno.
Perchè:
InformaSmartWorking offre una consulenza, da parte di esperti e professionisti, alle piccole e medie
imprese che vogliano sviluppare processi di Smart Working presso le loro sedi. Riteniamo sia di
fondamentale importanza, infatti, facilitare una diffusione capillare sul territorio dello Smart
Working: non solo le grandi aziende ma anche quelle di dimensioni minori possono e, a nostro
avviso, devono essere "avvicinate" alla realtà dello Smart Working, rendendole consapevoli che
un altro modo di lavorare è possibile.
InformaSmartWorking risponde dunque all'esigenza di diffondere e rendere attuabile logiche e prassi
proprie dello Smart Working, anche nei confronti di aziende che, per loro natura, possono percepire
tale cambiamento di organizzazione del lavoro in modo più lento o difficoltoso. Per questo motivo il
servizio di InformaSmartWorking soddisfa diverse necessità che derivano dall'avvicinamento delle
piccole-medie imprese a processi di Smart Working: necessità di tipo conoscitivo e di messa in atto
di tali processi. Nel dettaglio, sono queste le tipologie di servizi che l’InformaSmartWorking offre
alle sue utenze:
− conoscitivo
− orientativo
− di accompagnamento
− di monitoraggio
39
Conoscitivo
Immagine tratta dal sito GuFo.it - La guida alla formazione
La piccola-media impresa, interessata allo Smart Working, deve aver accesso innanzitutto ad una
quantità e varietà esaustiva di informazioni riguardo al concetto di Smart Working e alle logiche che
lo guidano. Non solo, il livello conoscitivo deve essere esteso anche al funzionamento delle prassi e
dei processi alla base di uno sviluppo concreto dello Smart Working. InformaSmartWorking, sotto
questa prospettiva, diventa un luogo, fisico e virtuale, di scambio di esperienze sullo Smart
Working già attuato o da attuare, oggetto di interesse per opinioni ed osservazio
Orientativo
Immagine tratta dal sito qjob.it
Obiettivo di InformaSmartWorking deve essere anche quello di orientare, cioè fornire consigli su
come implementare lo Smart Working in un determinato contesto aziendale. Non esiste, infatti,
40
un'unica ricetta per lo sviluppo dello Smart Working, il quale, invece, ha bisogno di essere calato
in ogni singola situazione per essere attuato nel modo migliore. Sono diverse le declinazioni dello
Smart Working così come sono diversi i contesti aziendali in cui si potrebbe implementare.
Accompagnamento
Immagine tratta dal sito aaqualityinvestments.com
Per avviare processi di Smart Working al loro interno, le aziende potrebbero richiedere un servizio di
consulenza ed accompagnamento di tale migrazione verso un sistema di organizzazione del lavoro
innovativo. Tale servizio di accompagnamento è fondamentale si appoggi ad una rete di
professionalità ed esperti, che contribuiscano a fornire un'assistenza a tutto tondo, che copra
diversi aspetti dell'implementazione dello Smart Working in azienda: dal layout fisico
all'aspetto normativo, dalla comunicazione alla gestione delle risorse umane. Anche in caso di
forme di Smart Working già attuate, potrebbe essere utile per le aziende appoggiarsi ad una
consulenza che verifichi ed eventualmente "corregga" percorsi avviati.
Monitoraggio
Immagine tratta dal sito consulenzaaziendale.com
Una volta intrapresi percorsi di implementazione dello Smart Working, sarebbe utile che
InformaSmartWorking fornisca un servizio di controllo e monitoraggio dei risultati conseguiti ad
esempio in termini di gestione risorse umane, layout fisico, comunicazione, responabilità sociale. Per
fare questo InformaSmartWorking dovrà far riferimento a sistemi di valutazione dei risultati
41
relativamente ad ambiti come la produttività aziendale, il benessere dipendenti, il turnover e il
clima aziendale, l'assenteismo. In questo modo si potranno confermare e/o correggere determinati
processi di migrazione allo Smart Working, affrontando anche eventuali resistenze e difficoltà alla
loro realizzazione.
Sviluppo e impatto economico:
A livello territoriale si assiste già alla diffusione di servizi che forniscono consulenza per lo sviluppo
di start-up o imprese già avviate, soprattutto di piccole dimensioni, per affiancarle in progetti di
investimento o di rinnovamento. E' il caso del neonato Micro 2, sportello per aspiranti
microimpreditori del Comune di Milano e PlaNet Finance, il quale si inserisce nella rete Microcredito
Milano di Fondazione Welfare Ambrosiano attiva dal 2011, che giunge così a 14 punti su tutto il
territorio cittadino. Micro 2 offre in particolare servizi gratuiti di orientamento all’aspirante
imprenditore, stesura di business plan, processi d’incubazione e di co-working, orientamento
all’accesso al microcredito, attività di coaching e di tutoraggio. Lo sportello si rivolge ad aspiranti
imprenditori e alle persone senza impiego o che vivono una situazione di particolare difficoltà socioeconomica, spesso escluse dai normali circuiti bancari. I destinatari sono persone colpite dagli effetti
della crisi economica, come i giovani, le donne, gli over 50 o i cittadini stranieri che possono cosi
entrare e, talvolta, rientrare nel mercato del lavoro attraverso l’autoimprenditorialità.57
Sul territorio nazionale, altri casi di servizi all'imprenditorialità sono: lo Sportello Microcredito
Verona, che offre attività di microcredito alle nuove povertà e all’autoimpiego in collaborazione
con Istituti di Credito convenzionati, nonchè attività di alfabetizzazione ed educazione finanziaria;58
Sportello Creazione Impresa della Provincia di Cuneo, che propone attività di supporto e consulenza
per accompagnare l'utente verso la concretizzazione della propria idea di impresa o di lavoro
autonomo in modo più consapevole.59 Sempre sul territorio del Comune di Milano, Formaper – Punto
Nuova Impresa, il quale offre agli aspiranti imprenditori e lavoratori autonomi un servizio gratuito
mirato e pratico nel compiere scelte meditate e consapevoli per avviare attività competitive in grado
di reggere sul mercato.60
L'attenzione verso il tessuto economico territoriale è l'elemento che accomuna gli esempi sopracitati
al servizio di InformaSmartWorking. Quest'ultimo si differenzia, invece, per un aspetto determinante:
il suo target sono aziende già strutturate che vedono nello Smart Working una risorsa per un
rinnovamento delle proprie politiche di organizzazione del lavoro. Lo Smart Working, sotto
questa prospettiva, appare come uno strumento per ottenere un cambiamento in termini di business
model: il prodotto di una ridefinizione di una cultura aziendale sulla base di una spinta tecnologica e
di rinnovamento delle forme di organizzazione del lavoro che appare, a sua volta, inarrestabile.
I costi di InformaSmartWorking sono da attribuire a quegli enti, pubblici e privati, che si prendono
carico della fornitura del servizio. A sua volta il servizio deve essere erogato da diverse tipologie di
professionalità che, coordinandosi, offrano una consulenza globale alle aziende attratte da logiche e
prassi dello Smart Working: dalla rivisitazione del layout fisico alla valutazione del lavoro per
obiettivi. Tra queste professionalità possiamo annoverare esperti in risorse umane, formatori,
psicologi, esperti in comunicazione e in TIC – Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione,
architetti.
InformaSmartWorking può svilupparsi quindi lungo due canali, fisico e virtuale: può delinearsi sia
come luogo fisico presso cui svolgere le consulenze, corsi di formazione, dibattiti, sia come
57
Sulla
presentazione
di
Micro
2
da
parte
del
comune
di
Milano:
https://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/giornale/giornale/tutte+le
+notizie+new/politiche+per+il+lavoro+sviluppo+economico+universita+e+ricerca/sportello_microcredito
58
Sui servizi offerti dallo Sportello Microcrdito a Verona: http://www.magverona.it/sportello-di-microcredito/
59
Per maggiori informazioni sullo Sportello Creazione Impresa della Provincia di Cuneo: http://www.provincia.cuneo.gov.it/lavoroformazione-orientamento/lavoro/servizi-imprese/creazione-impresa
60
Sui servizi di consulenza di Formaper – Punto Nuova Impresa: http://www.formaper.it/index.phtml?Id_VMenu=610&daabstract=1085
42
piattaforma virtuale, che preveda allo stesso tempo la possibilità di instaurare occasioni di incontri e
relazioni interpersonali.
Da un punto di vista virtuale, InformaSmartWorking può aggiungersi, in modo complementare,
a servizi già attivi. Il Comune di Milano, per esempio, ha attivato il portale Fare Impresa, che
consente di utilizzare le modalità telematiche di rapporto con il SUAP (Sportello Unico Attività
Produttive) e offre una serie di servizi informativi e di assistenza per le imprese.61
InformaSmartWorking si può inserire in una piattaforma virtuale di questo tipo, di cui troviamo
ulteriori esempi in Italia, come lo Sportello per le Imprese del Comune di Bologna62 e in generale tutti
gli Sportelli Unici per le Attività Produttive. L'obiettivo, in tal senso, è quello di arricchire e conferire
un valore aggiunto a servizi già attivi e conosciuti sul territorio, rispetto ad una tematica che rimanda
ad una riorganizzazione e ad una conseguente e potenziale crescita produttiva delle singole aziende.
Criticità:
Riteniamo che le criticità maggiori possano svilupparsi su due fronti. Da una parte l’aspetto
economico: il servizio di InformaSmartWorking, affidandosi a determinate professionalità, richiede
competenze specifiche e qualificate, non improvvisate, su una tematica quale la realizzazione di un
modello aziendale basato sullo Smart Working. Questo ovviamente presupppone un investimento in
termini di risorse e costi. Dall'altra riteniamo che le criticità possano essere legate alla difficoltà per
le piccole-medie imprese, destinatarie ultime delle attività di InformaSmartWorking, di attuare
cambiamenti di business model in un'ottica di Smart Working a partire dal versante culturale. Infatti,
nelle piccole-medie imprese, così come talvolta nelle grandi aziende, l’aspetto culturale è centrale.
L'implementazione di nuove logiche e prassi lavorative può incontrare ostacoli da parte di chi è nella
posizione di avviare in prima persona tali innovazioni, in modo efficace e strutturato: il top
management in primo luogo, che nelle piccole e medie imprese è incarnato spesso nel medesimo
proprietario dell'azienda.
Non a caso, il concetto alla base dello Smart Working, cioè lavorare per obiettivi e non in orari e
luoghi prestabiliti, fa riferimento ad una rivoluzione flessibile che ha bisogno di tempo, assistenza
e monitoraggio per essere realizzata e raggiungere i suoi risultati. Ecco perchè
InformaSmartWorking può delinearsi come uno strumento prezioso e di utilità fondamentale, rivolto
alle realtà aziendali che abbiano bisogno di strumenti per attivare lo Smart Working al fine di costruire
nuovi modelli di business.
61
62
43
Per prendere visione del portale Fare Impresa del Comune di Milano: http://fareimpresa.comune.milano.it/
Sito web ufficiale dello Sportello per le Imprese del Comune di Bologna: http://www.comune.bologna.it/comune/luoghi/17:4606/3774/
3.2 Smart Working e-learning
Cos'è:
Per agire sulla cultura aziendale, fondamentale per facilitare la realizzazione di un'
organizzazione basata sullo Smart Working, riteniamo utile proporre dei percorsi di
formazione sullo stesso tema dello Smart Working, sulle sue implicazioni pratiche, sul suo
funzionamento e anche su determinati aspetti comportamentali che ne sono influenzati (stili di
leadership, fiducia, valutazione per obiettivi).
Accanto a percorsi di formazione tradizionale, ad esempio in aula, pensare ad una formazione da
remoto può rivelarsi vincente. La formazione blended, cioè mista, tema caldo di tante recenti
discussioni sull’apprendimento negli stati Uniti, viene vista come un modo per influire positivamente
su tutti i dipendenti aziendali, indipendentemente dalla generazione di appartenenza. Essa prevede,
infatti, l'interazione tra una didattica di tipo tradizionale e un didattica più innovativa, ad esempio
quella basata sull'e-learning.63
Immagine tratta dal blog elearningroup.wordpress.com
In cosa consiste nel dettaglio il termine e-learning? Questa una definizione esaustiva: “L'e-learning
è una metodologia di insegnamento e apprendimento che coinvolge sia il prodotto sia il processo
formativo. Per prodotto formativo si intende ogni tipologia di materiale o contenuto messo a
disposizione in formato digitale attraverso supporti informatici o di rete. Per processo formativo si
intende invece la gestione dell'intero iter didattico che coinvolge gli aspetti di erogazione, fruizione,
interazione, valutazione. In questa dimensione il vero valore aggiunto dell'e-learning emerge nei
servizi di assistenza e tutorship, nelle modalità di interazione sincrona e asincrona, di condivisione e
collaborazione a livello di community. Peculiarità dell'e-learning è l'alta flessibilità garantita al
discente dalla reperibilità sempre e ovunque dei contenuti formativi, che gli permette l'autogestione
e l'autodeterminazione del proprio apprendimento; resta tuttavia di primaria importanza la scansione
63
La generazione dei millennials (1980 – 2000) sembra maggiormente attratta dall’e-learning, mentre la generazione dei boomers (1946 1965) tende a preferire la formazione più tradizionale.
44
del processo formativo, secondo un'agenda che responsabilizzi formando e formatore al fine del
raggiungimento degli obiettivi didattici prefissati”.64
La nostra proposta è quella di creare un MOOC (Massive Open Online Course) in italiano, gratuito
e accessibile a tutti, per diffondere il più possibile la cultura di lavorare in ottica Smart Working. Un
MOOC è un corso online progettato per un numero di partecipanti molto ampio: è aperto a
chiunque abbia una connessione internet, indipendentemente dal proprio titolo di studio,
nonchè offre gratuitamente l’esperienza di un corso completo dal punto di vista didattico.65
Immagine tratta dal sito e-tute.com
A fianco di questo percorso di apprendimento democratico e aperto si può intraprendere anche la
creazione di corsi on line più specifici e creati su misura per le aziende clienti, a seconda della
modalità in cui vorranno declinare lo Smart Working nella loro realtà organizzativa. Questi corsi
aziendali, però, dovrebbero mantenere una caratteristica chiave dei MOOC, ovvero la creazione di
una comunità di partecipanti che possa interagire collaborando attraverso forum, social media, lavori
di gruppo in modo tale da consentire un approccio collaborativo e sociale dell’apprendimento.66
64
Osservatorio ANEE in Liscia R. (a cura di), E-learning. Stato dell’arte e prospettive di sviluppo, 2004, Apogeo.
65
Definizione tratta da http://www.openuped.eu/
Un
articolo
interessante
sui
MOOCs
http://www.skilla.com/blog_dett.asp?id=37#.VGfaqLstDhg
66
45
in
azienda
si
trova
al
seguente
link:
Immagine tratta dal sito elearning.unimib.it
Bryant Nyelsen in un interessante articolo67 cita alcuni casi di aziende che al loro interno hanno
implementato dei MOOC specifici per la formazione professionale rivolti al loro personale e ai loro
clienti: ad esempio The Muse, sito per la ricerca di lavoro, ha sviluppato dei MOOC relativi a
competenze soft e trasversali utili a chi è alla ricerca di una nuova occupazione. Altre aziende, come
Yahoo! o JLT Group utilizzano dei MOOC di Coursera, il più grande fornitore di MOOC al mondo,
per la formazione del loro personale, sia per contenuti tecnici, sia per lo sviluppo di Soft Skills.
McAfee ha usato una sorta di MOOC per la formazione in ingresso dei suoi nuovi assunti che ha
portato ad una importante diminuzione del tempo di formazione e un significativo aumento dei
risultati di vendita.
Di grande interesse per la nostra analisi è l’esperienza di Plantronics, dove è stata già sviluppata una
soluzione e-learning per fare in modo che tutti i dipendenti siano correttamente informati e coinvolti
in questo nuovo modo di lavorare secondo i principi dello Smart Working.68
Norma Pearce, Direttore delle Risorse Umane EMEA di Plantronics, afferma che l’idea di diffondere
la nuova cultura organizzativa mediante l’e-learning è nata inizialmente per questioni logistiche, dato
che il personale coinvolto era dislocato su tutto il territorio europeo. Pearce sostiene inoltre che sia
una modalità molto coerente con l’approccio dello Smart Working. Per evitare il possibile senso di
isolamento dei dipendenti che lavorano da remoto sia stato fondamentale facilitare il contatto tra
persone dislocate in posti lontani. Per farlo, sono stati pensati appositi momenti di formazione per
capire meglio quando e come usare, ad esempio, le conference call o la messaggistica istantanea,
volendo essere sicuri che i colleghi restassero connessi nonostante la distanza, problema che non si
risolve tanto con la tecnologia, quanto con l’uso che della tecnologia viene fatto.
Plantronics, in collaborazione con e-work, società che ha progettato ed implementato concretamente
il percorso di e-learning, ha pensato a diversi moduli: dall’uso degli spazi con un layout modellato
sullo Smart Working, alle nuove competenze legate alla gestione per obiettivi, dalla comunicazione
alla collaborazione, dall’aspetto tecnologico a quello legato a salute e sicurezza.
67
L'articolo di Bryant Nyelsen si trova al seguente link: http://www.yourtrainingedge.com/how-moocs-are-used-in-workplace-
training/
68
46
Per maggiori informazioni sull'iniziativa: http://www.flexibility.co.uk/cases/Plantronics-e-learning-case-study.htm
Il successo dell’esperienza di Plantronics è secondo noi molto importante perchè conferma l’utilità
di prevedere percorsi di apprendimento virtuale in azienda specificatamente sul tema specifico
dello Smart Working.
Target:
Il target per un MOOC a livello base (il quale si chiamerebbe SmartWorking101, laddove “101”
significa che è un corso di tipo basilare, per non conoscitori della materia)69 è costituito da tutte quelle
persone curiose di capire come funziona lo Smart Working. Il target dell’e-learning customizzato
sono invece le aziende o le pubbliche amministrazioni che stanno affrontando il cambiamento
organizzativo e di cultura manageriale in direzione Smart Working.
Perchè:
L’e-learning appare come la modalità di apprendimento più “naturale” per supportare la transizione
verso lo Smart Working: i dipendenti, infatti, possono accedere ai contenuti da dove vogliono e a
qualsiasi ora, in linea con la stessa filosofia, alla base dello Smart Working, del lavorare ovunque, a
qualsiasi ora, per obiettivi. Il tutto minimizzando l’utilizzo di risorse. Inoltre, l’aspetto social di questo
tipo di formazione permette di ricorrere all’apprendimento collaborativo, altro aspetto fondamentale
dello Smart Working. Infatti, la costituzione di una comunità di partecipanti al MOOC, che possa
interagire tramite forum e social media, è un mezzo per l'implementazione di un approccio
collaborativo e sociale dell’apprendimento.
Sviluppo e impatto economico:
L’unico esempio esistente di interazione realizzata tra Smart Working e e-learning è quello relativo
all'esperienza di Plantronics ed e-work. Tale connunbio risulta quindi essere piuttosto innovativo. Il
grande vantaggio economico offerto dalla formazione a distanza è che può essere replicato e
riproposto, ad esempio ai nuovi assunti, senza alcun costo aggiuntivo. Inoltre permette di abbattere
totalmente i costi legati alle trasferte per recarsi alla sede dove ha luogo il corso di formazione.
Criticità:
Due sono le criticità maggiori che possono ostacolare la piena diffusione dello Smart Working elearning. La prima è di natura culturale. Anche se la teoria dell’e-learning e le sue applicazioni
pratiche sono ormai presenti da anni, si avverte ancora la mancanza di una cultura diffusa sulla
formazione a distanza. Questo è particolarmente vero in realtà aziendali in cui la componente
tecnologica e innovativa è meno presente ed in contesti altamente burocratici come, nella
maggioranza dei casi, le Pubbliche Amministrazioni.70
Il secondo aspetto è di natura meramente economica: specialmente negli ultimi anni la disponibilità
finanziaria su cui le aziende e le Amministrazioni Pubbliche possono far conto è stata sempre più
limitata. La formazione (a distanza così come in aula) è una delle aree più pesantemente colpita sia
dai tagli che dalle definizioni dei budget aziendali. In un contesto simile è più facile che, per i pochi
progetti di formazione rimasti in vita, si tenda ad innovare poco, preferendo percorsi già consolidati.
Tuttavia, è importante segnalare che sono state intraprese diverse azioni per spingere l’utilizzo dell’elearning all’interno delle Pubbliche Amministrazioni: ad esempio la Scuola virtuale della P.A., voluta
dal Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione (Cnipa) che ha lo scopo di
sviluppare l’utilizzo della formazione a distanza nelle Amministrazioni. Sempre il Cnipa, in
collaborazione con Anee/Assinform, ha dato vita all’osservatorio e-learning, con la finalità di
monitorare il grado di diffusione di questa modalità formativa nel nostro paese.71
69
Nel sistema di numerazione dei corsi universitari americani il numero 101 indica un corso introduttivo, di base.
Successivamente, il concetto è stato esteso anche a qualsiasi progetto o materiale formativo adatto per principianti.
70
71
47
Per maggiori informazioni sulla questione: http://www.diritto.it/articoli/amministrativo/francaviglia_brandolini6.html
Per le iniziative del Cnipa con le Pubbliche Amministrazioni in termini di e-learning: http://goo.gl/yFOlTp
3.3 Atelier Felicità Produttiva
Riteniamo sia utile definire preliminarmente cosa si intende per felicità produttiva. Nel corso del
nostro lavoro, ci siamo sovente imbattute in questo concetto e diversi sono stati gli autori che, nei
loro contributi, hanno fornito le loro definizioni al riguardo. Di seguito riportiamo quelle che ci hanno
maggiormente colpite per via della loro chiarezza ed efficacia. Secondo Leonard Glick, professore di
management e di sviluppo organizzativo presso la Northeastern University di Boston, intervistato da
Forbes,72 a prescindere dal tipo di business condotto, il saper rendere felici i propri dipendenti è la
chiave per il successo di un’azienda. I segreti per giungere a questo traguardo che sembra inarrivabile
sono, secondo l’esperto, sette.
Immagine tratta dal sito blogdinnovazione.it
Il primo riguarda il senso di appartenenza. “Organizzare il team attorno a un prodotto o un servizio
significa dare alle persone la responsabilità di ciò che si vende al cliente. Il lavoro, dunque, non sarà
semplicemente un posto dove si fanno delle cose, ma un risultato che si vuole ottenere”. Il
secondo segreto sarebbe quello di permettere ai dipendenti di mettersi alla prova e testare i propri
limiti. Nuove responsabilità aumenteranno la loro fiducia in se stessi. “Il rischio più grosso è quello
di avere dipendenti esauriti o annoiati”, osserva Glick.
Il terzo segreto riguarda ancora i dipendenti: sono adulti e vanno trattati come tali. “Bisogna dirgli
le cose come stanno, anche quando non si tratta di buone notizie”. Voci e informazioni incontrollate
possono fare più danni. Ne consegue – e questo è il quarto segreto – che i dipendenti vanno tenuti
informati su qualsiasi decisione aziendale: “Condividere le informazioni rafforza la sensazione nei
dipendenti di essere una parte importante dell’organizzazione”.
Il quinto suggerimento riguarda invece il top management: il “capo” deve comportarsi come un
leader. “Un atteggiamento alla pari non funziona, perché prima o poi verrà il momento in cui si
dovranno prendere delle decisioni e l’incoerenza è un nemico molto pericoloso”.
72
Il pensiero di Leonard Glick è riportato al seguente link: http://www.panorama.it/economia/lavoro/lavoro-dipendenti-segreti-felicitaproduttivita/
48
Il sesto e il settimo suggerimento hanno a che fare con la sfera economica, in particolare stipendio e
benefit: “Il compenso deve essere equo e adeguato, ma la vera molla della motivazione si trova da
un’altra parte: nelle sfide e nello scopo del lavoro, nell’opportunità di imparare e di dare il proprio
contributo”. Analogamente, i benefit sono importanti all’inizio, ma nel tempo perdono la propria
capacità di tenere alta la motivazione: “perché non sono una fonte di ispirazione”, conclude Glick.
Sempre in materia di definizione di felicità produttiva si sollevano voci che sostengono la sua
importanza anche quando l’economia va a rotoli: chiedersi se i dipendenti sono felici è comunque
necessario.73 La ragione di preoccuparsi di questo risiede nel fatto che, a lungo termine, i dipendenti
felici sono più produttivi di quelli infelici. Si presentano con regolarità al lavoro, hanno meno
probabilità di andarsene, fanno sempre più del minimo obbligatorio e attirano persone altrettanto serie
e motivate. Essere felici nel lavoro non significa solo essere soddisfatti bensì, più precisamente, essere
coinvolti. Una forza lavoro coinvolta è soddisfatta e produttiva ma anche impegnata a creare il futuro,
sia dell’azienda che il proprio. I dipendenti coinvolti hanno un’energia particolarmente intensa, ma
sanno anche come evitare il logoramento.
La prima componente del coinvolgimento è la vitalità che si può declinare come esuberanza, passione
ed entusiasmo. Le aziende generano vitalità dando alle persone la sensazione che il loro lavoro
quotidiano faccia la differenza.
La seconda componente è l’apprendimento, ossia la crescita che deriva dal fatto di imparare nuove
conoscenze e competenze. L’apprendimento può anche mettere in moto un circolo virtuoso: coloro
che sviluppano le proprie abilità tendono a credere nel proprio potenziale di crescita futura.
Immagine tratta dal blog officelife.it
E ancora, tra i meccanismi per promuovere la realizzazione sul lavoro, si individuano la
discrezionalità decisionale ovvero la responsabilizzazione alla quale consegue un maggior senso di
controllo, più voce in capitolo nella gestione dei processi e maggiori opportunità di apprendimento;
la condivisione delle informazioni, che complessivamente contribuisce sia a migliorare i risultati sia
a trovare le soluzioni agli aspetti negativi; la minimizzazione dei comportamenti incivili, poiché
sembra che la metà dei dipendenti vittime di un comportamento incivile riduce deliberatamente il
73
Per un interessante spunto di riflessione sulla felicità produttiva si veda il seguente blog: http://blog.accademiafelicita.it/ilfattore-felicita/
49
proprio impegno. Infine, la valutazione dei risultati, togliendo di mezzo l’incertezza, mantiene le
attività lavorative delle persone focalizzate sugli obiettivi personali, organizzativi, ambientali.
Cos’è:
L'Atelier Felicità Produttiva, uno dei servizi offerti all’interno del progetto
InformaSmartWorking, prevede percorsi di evoluzione personale volti al raggiungimento della
felicità produttiva. L'obiettivo è quello di massimizzare il potenziale personale e professionale
delle persone, attraverso stimoli alla riflessione su: risorse, punti di forza, capacità, strategie. Nuove
possibilità, motivazioni, comportamenti virtuosi: sono esempi di risultati che un percorso di felicità
produttiva può porsi di conseguire.
Nel dettaglio un percorso di felicità produttiva verte a focalizzare gli obiettivi da raggiungere e gli
strumenti per ottenerli, nonché a migliorare gli aspetti legati all’apprendimento e alla
sperimentazione, all’esercizio della creatività, alla presa di consapevolezza circa le diverse
dimensioni della propria vita e la loro interrelazione reciproca, alla riflessione sul senso di
appartenenza (professionale, progettuale, aziendale), alla capacità di esprimere attivamente le proprie
competenze.
Ad un livello più profondo un percorso di felicità produttiva è volto a creare fiducia, potenza,
solidarietà, resilienza e aiuto reciproco, a fermarsi e fare chiarezza, a pacificarsi col proprio desiderio
di potere, ad esplorare le diverse parti di sé, a scoprire le risonanze, a trovare la strada tra pressioni,
conflitti e momenti oscuri, interni ed esterni, a recuperare la leggerezza, l’armonia con se stessi e con
gli altri.
Immagine tratta dal sito vita-it
Nella pratica, i percorsi di felicità produttiva si svolgono attraverso l’utilizzo di strumenti quali
colloqui di coaching e counseling, individuali e di gruppo, laboratori di scambio e confronto,
sessioni di meditazione. Il tutto con l’intento di rafforzare la positività delle relazioni ovvero la
cooperazione (anche con i colleghi), la sicurezza e l’accettazione, la stima, lo scambio di
riconoscimenti e i riscontri positivi.
50
L’Atelier Felicità Produttiva può inoltre essere oggetto di un’implementazione originale che
preveda una sua rilevante prossimità fisica con l’utenza. Ad esempio tale sportello può essere presente
all'interno dei Coworking di Quartiere, così come descritti nel primo capitolo del progetto.74
Ciò è possibile attraverso l’utilizzo sia dei principi che stanno alla base della sharing economy sia con
il supporto della tecnologia ovvero di un’apposita applicazione (di seguito “applicazione”) che possa
funzionare su smartphone e tablet. L’applicazione è capace di incrociare le disponibilità di spazi liberi
ed inutilizzati dei Coworking di Quartiere con quelle di tempo e di competenze dei professionisti
(coach, counselor, formatori, ecc.) accreditati presso l’Atelier Felicità Produttiva. Dall’incrocio di tali
dati l’applicazione crea l’evento e i relativi dettagli (logistici e contenutistici)75, il tutto visionabile su
smartphone e tablet.
Gli utenti interessati possono dunque, attraverso la medesima applicazione, prenotarsi - anche con
brevissimo anticipo - e partecipare. Tale soluzione applicativa porta con sé i vantaggi tipici della
sharing economy legati all’utilizzo di spazi (quelli dei Coworking di Quartiere) e di tempi (quelli dei
professionisti quali coach, couselor, formatori, ecc.) che rimarrebbero comunque vuoti in determinati
orari e giorni, e dunque persi. A ciò si aggiunge il vantaggio della diffusione della conoscenza, e del
conseguente utilizzo, da parte della comunità locale, dei Coworking di Quartiere.
Target:
L’Atelier Felicità Produttiva è rivolto a coloro che sono poco soddisfatti di parte della loro vita
legata alla sfera lavorativa, a professionisti che non riescono a dare un senso agli sforzi quotidiani, ad
impiegati che decidono di cambiare il loro modo di affrontare un contesto di lavoro vissuto come
ostile e competitivo, a manager che vorrebbero migliorare la qualità delle relazioni con colleghi e
collaboratori piuttosto che a persone che sono uscite dal mondo del lavoro e desiderano ritornare a
farne parte, con obiettivi più definiti e consoni alle proprie aspettative e potenzialità.
Perché:
L’iniziativa dell’Atelier Felicità Produttiva risponde all’esigenza di migliorare il benessere delle
persone ovvero rafforzare, stimolare e dare impulso agli aspetti che le fanno stare bene sul luogo di
lavoro con l’obiettivo di creare alcune delle condizioni che possono permettere il raggiungimento di
uno status di felicità produttiva. Prima fra tutte, quella che riguarda il concetto di work life balance,
obiettivo ultimo di uno stile di vita improntato allo Smart Working. In questo senso è utile
considerare lo Smart Working non solo come forma di organizzazione del lavoro all'interno di
un'azienda, ma anche come come forma di organizzazione della vita privata e professionale di
un individuo, come stile di vita.
74
A Brindisi, presso il Coworking TANK è stato attivato TANK TALK, uno sportello di orientamento e consulenza per la
promozione del benessere psicologico. Il progetto ha l’obiettivo da una parte di ricevere informazioni sulle risorse territoriali pubbliche
e private che rispondano ad eventuali bisogni specifici di salute psicologica, dall’altra di promuovere strategie emotive e
comportamentali per far fronte a situazioni stressanti, nonchè potenziare le risorse personali al fine di essere autori attivi del proprio
benessere psicologico.
75
Per esempio “Martedì 27 gennaio 2015, ore 15:30, Coworking di Quartiere Crocetta, via del Nuovo Anno 15, Milano,
Workshop dal titolo “La gestione del tempo lavorativo e del tempo privato: come migliorarla?” condotto da Mario Rossi, Business
Coach accreditato presso l’Atelier Felicità Produttiva dell’InformaSmartWorking. Registrati qui”.
51
Immagine tratta dal sito secondowelfare.it
Lavorare per obiettivi, ovunque e in qualsiasi orario significa, infatti, modellare la propria attività
professionale anche in base alle esigenze e alle necessità che provengono dalla vita privata, fatta di
relazioni, affetti, passioni, tempo libero. Un equilibrio vita-lavoro risulta quindi essere un obiettivo
determinante di qualsiasi percorso di felicità produttiva che persegua principi e pratiche in ottica
Smart Working.
Sviluppo e impatto economico:
Le attività legate ai percorsi di crescita personale sono ultimamente piuttosto diffuse e svariati sono i
professionisti, anche organizzati in forma associativa, che se ne occupano.76 Alcune di queste
professionalità sono peraltro già particolarmente adatte ad essere direttamente coinvolte nel progetto
Atelier Felicità Produttiva. Si pensi, per esempio, ai counselor oppure ai coach, alla luce alle
definizioni ufficiali circa le loro rispettive attività.
“Il counseling professionale è un'attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del
cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre
uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi
di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento. È un intervento che
utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie,
a gruppi e istituzioni. Il counseling può essere erogato in vari ambiti, quali privato, sociale, scolastico,
sanitario, aziendale”.77
Il coaching professionale, invece, è un “rapporto di partnership che si stabilisce tra coach e cliente
con lo scopo di aiutare quest’ultimo ad ottenere risultati ottimali in ambito sia lavorativo che
personale. Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare le
tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le performance che la qualità
della propria vita. Durante ciascun incontro è il cliente stesso a scegliere l’argomento della
conversazione, mentre il coach lo ascolta ponendo osservazioni e domande. Questa interazione
contribuisce a creare maggiore chiarezza ed induce il cliente a divenire proattivo. L’attività di
76
Si veda, per esempio, il sito de l'Accademia della Felicità http://www.accademiadellafelicità.it oppure del Centro Berne
http://www.bernecounseling.it/formazione-avanzata/arene-orchestre-alveari-temi-caldi-in-laboratorio/
77
52
Definizione dell'attività di counseling approvata dall'Assemblea dei soci di AssoCounseling in data 2 aprile 2011.
coaching accelera la crescita dell’individuo in quanto grazie ad essa ognuno giunge a focalizzare in
maniera più efficace e consapevole gli obiettivi da raggiungere e le conseguenti scelte da porre in
atto. Nel coaching si osserva dove si trova il cliente oggi, quale sia cioè la situazione attuale di
partenza, e si definisce, in comune accordo, ciò che egli è disposto a fare per raggiungere la meta in
cui vorrebbe trovarsi domani”.78
Criticità:
Un punto di attenzione che si segnala, vista la delicatezza dei temi trattati, è la necessaria preventiva
verifica della qualità dei professionisti (counselor, coach, formatori, ecc.) da coinvolgere ed
accreditare presso gli Atelier Felicità Produttiva.
Tale verifica può essere, tuttavia, resa più agevole – per alcuni di loro – grazie alla presenza di
associazioni di categoria79 che, al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del
mercato dei servizi professionali, hanno già rilasciato un attestato di qualità e di qualificazione
professionale ai loro iscritti.
78
La definizione di coaching è attinta da: https://www.icf-italia.org/definizione-di-coaching/).
Si pensi ad AssoCounseling (www.assocounseling.it) per i Counselor oppure ad ICF (www.icf.it) per i Coach piuttosto che all’ordine degli
psicologi e psicoterapeuti (http://www.psy.it).
79
53
4. Outfit dell'ufficio e uso strategico degli spazi
Abstract
L'idea Outfit dell'ufficio e uso strategico degli spazi consiste nel proporre, sia a Grandi Aziende che
a Piccole Medie Imprese, una riconfigurazione del loro spazio fisico per favorire l'implementazione
dello Smart Working, inteso come modello innovativo di organizzazione del lavoro, basato su
flessibilità di spazi e tempi.
Proponiamo così un'evoluzione strategica dell'outfit dell'ufficio, basata sull’interazione fra spazio
fisico e performance aziendali. Questo perchè Smart Working significa “anche” agire sul layout
fisico del luogo di lavoro, per ripensare e ridefinire il significato e la funzione di ques'ultimo: non più
solo un luogo in cui si produce, ma anche un ambiente interattivo e diversificato a seconda delle
esigenze e delle necessità di chi lo vive ogni giorno.
Diverse ricerche evidenziano, non a caso, tutte lo stesso aspetto: l'ambiente di lavoro ideale è quello
che rispecchia il concetto di “tavolozza di luoghi”. La coesistenza, cioè, di diverse tipologie di spazi
lavorativi, dall'open space con postazioni libere alle aree dedicate alla socializzazione, fino a quelle
dedicate alla concentrazione. Il risultato di tale concezione dell'outfit aziendale è un aumento del
benessere organizzativo, della motivazione e della produttività dei dipendenti.
Sulla base di tali considerazione, vengono avanzate delle proposte progettuali, sia per le Piccole
Medie Imprese che per le Grandi Aziende, volte a suggerire una riconfigurazione dei loro spazi: in
un'ottica Smart Working, così come qualsiasi luogo diventa ufficio, così quest'ultimo diventa “casa”,
diventa più accogliente, confortevole e rispondente alle necessotà di chi lo “abita” quotidianamente.
Per le Piccole Medie Imprese suggeriamo la realizzazione di orti e terrazze aziendali, il restyling
delle aree dedicate alla pause lavorative per favorire la socializzazione, lo sfruttamento di spazi
aziendali per attività extra-aziendali, aperte sia ai dipendenti che al pubblico esterno.
Nel caso delle Grandi Aziende riteniamo sia possibile sfruttare la relazione tra persone, processi di
lavoro e progettazione degli spazi attraverso il coinvolgimento di settori produttivi che rispondano,
con le loro potenzialità, al rinnovamento di tale relazione: in primo luogo il mondo dell'arte
contemporanea, tramite ad esempio il Premio Sm'ART Working e l'allestimento di percorsi
“museali” in azienda. Diverse ricerche scientifiche, infatti, dimostrano che esiste una relazione
positiva tra opere d'arte e produttività nel workplace.
Una relazione che si esprime come una diminuzione dello stress e della fatica e, d'altra parte,
un'intensificazione delle capacità di problem solving, decisionalità, responsabilità e progettualità.
54
4.1 Layout fisico aziendale, Smart Working e produttività
A partire dal XXI secolo le aziende hanno iniziato ad adottare un approccio più strategico alla gestione
del contesto lavorativo per migliorare la loro produttività migliorando il livello di prestazioni dei
dipendenti. Si diffonde l’idea, infatti, che il management che sa come massimizzare la produttività
dei dipendenti operi intorno a due grandi aree di intervento: la motivazione personale e l'infrastruttura
dell'ambiente di lavoro.80
Immagine tratta dal film Tempi Moderni (1936)
Non è un caso che una delle leve su cui agire per ripensare un’organizzazione in chiave Smart
Working è agire sul suo layout fisico, i cosiddetti bricks. Molte grandi aziende, come emerge anche
dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, sono partite proprio dall’aspetto
fisico del posto di lavoro.81 Può forse sembrare poco intuitivo e antieconomico investire negli spazi
di lavoro proprio quando c’è la possibilità di lavorare da altri luoghi. Eppure non è cosi. Come
scrivono Philip Vanhoutte e Guy Clapperton “I dipendenti possono voler lavorare da remoto, ma
venire in ufficio dovrebbe dar loro la sensazione di una coccola”.82 Inoltre, non tutti i ruoli lavorativi
prevedono sempre la possibilità di lavorare da remoto. E anche all’interno di un ruolo ci possono
essere delle attività che è più indicato svolgere in un tipo di ambiente, altre in ambienti completamente
differenti: in alcuni casi è più proficuo lavorare da casa o da un coworking, in altri casi dall’ufficio.
80
Govindarajul, 2004 e Sekar, 2011 in D. Lemet, "Impact of workplace quality on employee's productivity: case study of a bank in Turkey",
2012, Journal of Business, Economy & Finance.
81
http://www.osservatori.net/smart_working
82
Philip Vanhoutte e Guy Clapperton, “Manifesto dello Smarter Working”, 2014, Este Edizioni
55
Immagine tratta dal blog Toparredi.net
Riteniamo in tal senso senso utile prendere spunto dall’idea di transilienza offertaci da Maam –
Maternity as a Master83: così come le nostre case e i nostri spazi extralavorativi possono diventare
sede di lavoro tramite lo Smart Working, così anche la sede aziendale può diventare più accogliente,
confortevole e rispecchiare necessità e bisogni di chi ci lavora. Ma perchè è così importante parlare
di spazi per il cambiamento verso una cultura organizzativa basata sullo Smart Working? Una
prima risposta ci viene fornita Michele De Lucchi, che firma il progetto Workplace 3.0: “la tecnologia
ha cambiato tutto, lasciando l’uomo più libero di organizzarsi come desidera, permettendo di lavorare
ovunque, a casa, in treno o magari all’aria aperta in un parco”. Secondo questa prospettiva, aggiunge
De Lucchi, “non importa com’è la scrivania, ma che cosa si vede dalla scrivania, come ci si arriva
alla scrivania. Paradossalmente è più importante il percorso che si fa dall’ingresso dell’ufficio al
proprio posto di lavoro, che non il proprio posto di lavoro stesso”.84
Proviamo di seguito ad illustrare le motivazioni per cui lo spazio all’interno di un’azienda, che ha
adottato logiche e prassi proprie dello Smart Working, è di fondamentale importanza. Emergerà che
l’anello di congiunzione nella relazione tra spazio fisico aziendale e Smart Working è
rappresentato dal concetto di benessere psico-fisico dei dipendenti, dalla loro soddisfazione,
motivazione e quindi produttività.
83
84
56
Andrea Vitullo e Riccarda Zezza, “Maam - La Maternità è un master”, 2014, Bur Edizioni.
L’intervista a Matteo De Lucchi è visibile al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=bx0pJ4aiuNc
Immagine tratta dal blog Creativepeoplelab.blogspot.it
85
•
Ripensare all’organizzazione degli uffici e degli spazi aziendali può portare a grandi
risparmi. GlaxoSmithKline ha risparmiato 10 milioni di dollari all’anno nella gestione
delle proprietà immobiliari passando alle postazioni non assegnate nella sede di Research
Triangle Park, mentre nella sede U.K. tale cambiamento ha fatto risparmiare 40 milioni di
dollari l’anno.85 Quando GlaxoSmithKline ha trasferito i suoi lavoratori dai cubicles e
dagli uffici singoli agli open space il traffico di mail è crollato del 50% e il processo di
presa delle decisioni è stato velocizzato del 25% perché le persone potevano incontrarsi
più facilmente di persona.
•
Il layout rivistato può diventare strumento di comunicazione interna ed esterna: interna
come supporto alle policy aziendali per enfatizzare e supportare la cultura aziendale ed
esterna come strumento di marketing e promozione del marchio.
•
La progettazione di ambienti di lavoro in ottica Smart Working è efficace anche per
attrarre e trattenere i talenti, valido soprattutto per la generazione dei Millennials,
ovvero coloro che sono nati tra gli anni ‘80 e il 2000.86
•
Un’organizzazione che ha effettuato la transizione verso lo Smart Working è strutturata in
modo meno gerarchico: chi vi lavora è meno propenso a concepire l’ufficio personale
come uno status symbol. Nessuno ha più un suo spazio privato in funzione del ruolo che
ricopre ma in funzione dello specifico compito che deve affrontare in base all’obiettivo
Le
informazioni
relative
al
caso
di
GlaxoSmithKline
si
trovanano
nel
http://www.wsj.com/articles/SB10001424052702304818404577349783161465976?mobile=y
86
Lindsay
Pollack,
"What
Millennials
want
in
a
workplace",
Intervista
a
Michelle
http://www.lindseypollak.com/2014/05/20/what-millennials-want-in-a-workspace/
57
segiente
Lord,
May
articolo:
2014:
che deve raggiungere: “Con lo Smart Working lo spazio è usato in funzione dei bisogni,
più che essere distribuito sulla base dello status”.87
•
Ambienti di lavoro che consentono di bilanciare momenti di comunicazione ad altri di
maggior concentrazione e permettono di scegliere dove lavorare a seconda dei bisogni
garantiscono lavoratori con prestazioni migliori, e quindi maggiore produttività: tali
lavoratori, che considerano le loro aziende innovative, sono soddisfatti del 12% in più
della media.88
•
La U.S.A. General Services Administration (GSA) ha stimato89 che modificando il layout
dei propri uffici si potrebbe ottenere un forte impatto economico sui costi relativi ai
dipendenti: riduzione dell’assenteismo del 15%, aumento del potere di retention dei
propri dipendenti del 10%, aumento della produttività del 3%.
•
Nella ricerca “Impact of workplace quality on employee’s productivity: case study of a
bank in Turkey”,90 Demet Lebkebici raccoglie molte ricerche che legano l’aspetto del
luogo di lavoro a aspetti quali soddisfazione, motivazione e produttività: l'ambiente fisico
di lavoro può avere una forte influenza sulla capacità di un'azienda di reclutare e trattenere
persone di talento. Una ricerca, ad esempio, indica che il miglioramento dell'ambiente di
lavoro riduce l'assenteismo mentre aumenta la produttività, analogamente un altro studio
stima che il miglioramento della progettazione fisica del luogo di lavoro possa comportare
un aumento del 5-10% della produttività dei dipendenti. Da questi studi emerge dunque
che progettare il layout fisico di un'organizzazione intorno alle esigenze dei dipendenti
può essere uno strumento per massimizzare la loro produttività, soddisfazione e
benessere.91
Jim Hackett, CEO di Steelcase, società che progetta spazi di lavoro, ha recentemente spiegato in
un'intervista con la rivista Forbes l'importanza del layout degli spazi per uffici: "le persone hanno
bisogno di una serie di differenti setting per affrontare le diverse attività: quelle che richiedono
maggior concentrazione, quelle più collaborative e che richiedono una maggiore interazione sociale.
In altre parole, una tavolozza di luoghi. Dare ai lavoratori una serie di opzioni in grado di dare
risposta ai vari tipi di personalità e diverse etiche del lavoro contribuisce a motivare la produttività
dei dipendenti.”92
Emerge quindi la necessità di creare ambienti multiformi: la parola d’ordine è “palette di soluzioni”.93
Le aree di lavoro in azienda si possono, infatti, distribuire in:
- spazi di lavoro individuale (ufficio a postazione singola)
- spazi di lavoro di gruppo (uffici condivisi)
87
Citazione
tratta
dallo
Smart
Working
hand
Book,
edito
dalla
rivista
inglese
Flexibility:
http://image.slidesharecdn.com/smartworkinghandbookfinal2-121228212452-phpapp01/95/smart-working-handbook-1-638.jpg?cb=1356751620
88
La
ricerca
"Gensler’s
2013
U.S.
Workplace
Survey"
è
reperibile
online:
http://www.gensler.com/uploads/documents/2013_US_Workplace_Survey_07_15_2013.pdf
89
“Innovative Workplaces: Benefits and Best Practices si trova al seguente link: http://www.fastcompany.com/3021206/dialed/how-to-createan-open-office-that-is-more-awesome-for-both-introverts-and-extroverts%20
90
D. Lemet, "Impact of workplace quality on employee's productivity: case study of a bank in Turkey", 2012, Journal of Business, Economy
& Finance.
91
Roelofsen, 2002; Brill, 1992; Wells, 2000; Mohr, 1996; Huang, Robertson, Chang, 2004 in D. Lemet, "Impact of workplace quality on
employee's productivity: case study of a bank in Turkey", 2012, Journal of Business, Economy & Finance.
92
L’intervista è presente al seguente link: http://www.forbes.com/sites/georgebradt/2012/08/07/steelcase-ceo-on-how-office-layout-impactscorporate-culture/
93
Come si afferma nel sguente articolo: “4 ways to design your workplace for higher productivity”: http://goo.gl/F7Qe3p
58
- spazi di lavoro in cui sono organizzate aree con funzioni diverse (open-space)
- spazi per incontri informali e riunioni (sale conferenze, sale meeting)
- spazi per pause e relax (break e coffee area)
La progettazione dell’ufficio è un processo richiede un’osservazione accurata delle peculiarità di
ciascun ambiente lavorativo e delle necessità di chi tale ambiente lo vive. E’ importante sottolineare,
infatti, come non esista un’unica soluzione valida per tutte le realtà aziendali. Una trasformazione
degli spazi aziendali in ottica Smart Working non può ridursi, ad esempio, nell’eliminazione di uffici
singoli a favore di open space. A tal proposito più voci sostengono l’inefficacia degli open space:
nonostante siano nati per massimizzare la comunicazione e la socialità al fine di migliorare la
produttività, in realtà, secondo alcuni, minano alla base quest’ultima poiché aumentano le distrazioni,
ledono la privacy, rendono le interazioni più superficiali e troppo rapide, diminuiscono la
motivazione, aumentano i livelli di stress. Di questa opinione è Philip Vanhoutte, senior Vice
President e Managing Director Europe e Africa di Plantronics, secondo il quale il rumore è uno dei
problemi principali dei luoghi di lavoro. Per questo motivo, nel suo “Smarter Working Manifesto”
insiste molto sul concetto dell’acustica, tema da gestire sapientemente perché in grado di influire
profondamente sul benessere dei lavoratori.94
Proprio l’acustica è l’elemento che distingue i quattro tipi di ambienti in cui i dipendenti di Plantronics
possono lavorare a seconda delle loro esigenze e dei compiti che devono eseguire: Concentrazione
(spazio tranquillo per concentrarsi); Collaborazione (aree per lavorare insieme); Comunicazione
(aree sociali, vive, in cui esiste un rumore continuo produttivo); Contemplazione (spazio libero dove
rilassarsi per trovare ispirazione creativa). Vanhoutte consiglia anche di mettere al centro del
cambiamento i dipendenti, le loro personalità e i loro bisogni utilizzando un questionario, il Leesman
Employee Work Space Satisfaction Survey per esprimere le loro idee sulla progettazione e sul layout
dei nuovi uffici.95
94
95
59
Philip Vanhoutte, Guy Clapperton, "Manifesto dello Smarter Working", 2014, Este Edizioni.
Il questionario si trova al seguente link: www.leesman.co.uk
60
Immagini di alcune delle sedi di Plantronics worldwide, strutturate intorno ai parametri:
Concentrazione, Contemplazione, Comunicazione, Collaborazione
61
4.2 Smart Working e outfit nelle piccole e medie imprese
Cos’è:
Consapevoli del fatto che le aziende di piccole e medie dimensioni rappresentano la maggioranza del
tessuto economico nazionale, rivolgiamo uno sguardo verso di loro e ai potenziali strumenti che
riteniamo possano essere più adatti ad incentivare al loro interno lo sviluppo dello Smart Working,
dal punto di vista del layout fisico. Abbiamo pensato, pertanto, all’iniziativa Outfit delle Piccole e
Medie Imprese, ovvero:
•
all’introduzione di orti/balconi/terrazzi aziendali;96
•
al ripensamento degli spazi lavorativi dedicati alle pause (per esempio quelli
tradizionalmente dedicati alle macchinette del caffè) e alle riunioni informali;
•
all’utilizzo di spazi aziendali per iniziative legate sia alla vita privata dei dipendenti che al
quartiere circostante l’azienda.
Target:
L’iniziativa Outfit delle Piccole e Medie Imprese è rivolta alle imprese di piccole e medie dimensioni
che hanno già manifestato interesse e si sono incuriosite alla filosofia organizzativa dello Smart
Working, tanto da decidere di intraprendere un primo passo per realizzarla al loro interno.
Perché:
L’iniziativa Outfit delle Piccole e Medie Imprese risponde ad esigenze di diversa natura quali, in
particolare, quelle di:
96
62
•
attuare un passaggio graduale verso lo Smart Working nelle realtà aziendali di più ridotte
dimensioni dove, talvolta, i comportamenti maggiormente legati ad un sistema di lavoro
“tradizionale” sono più radicati e pertanto difficili da cambiare;
•
permettere alle piccole e medie imprese di utilizzare lo Smart Working come opportunità per
rinnovare alcuni dei loro ambienti di lavoro;
•
permettere ai dipendenti delle aziende di più ridotte dimensioni di lavorare in un contesto
esteticamente più gradevole e affine alle esigenze dei dipendenti, con benefici in termini sia
di benessere psico-fisico che di produttività;
•
creare un modus operandi o una “tendenza” che possa contaminare le piccole e medie imprese
di tutto il territorio nazionale.
Conosciuti all’estero come Corporate Gardens.
Sviluppo e impatto economico:
Nel corso della nostra ricerca abbiamo avuto modo di venire a conoscenza di alcune esperienze dalle
quali abbiamo tratto ispirazione. Il successivo sviluppo di alcune di queste esperienze può a nostro
avviso essere interessante per la concretizzazione dell’iniziativa Outfit delle Piccole e Medie
Imprese. Di seguito le nostre fonti di ispirazione e i cenni sui possibili sviluppi futuri.
Lo spunto circa l’introduzione di orti/balconi/terrazzi aziendali, per esempio, nasce dalle esperienze
di Orti d’azienda e di Agri-Netural.97
La prima, Ortid’azienda, è un’associazione milanese che ha l'obiettivo di realizzare orti nei luoghi di
lavoro per scopi sociali. La definizione dell'attività e del progetto (ovvero l’individuazione dell’area
da destinare all’orto, nonché la struttura dello stesso) avviene insieme e di concerto con l'azienda che
aderisce all'associazione. La gestione dell'orto può essere fatta da Ortid’azienda, dai dipendenti o da
entrambi e i frutti dell'orto sono destinati ai dipendenti, ai membri delle associazioni convenzionate
o ad associazioni senza scopo di lucro. L'orto può essere guidato da un gruppo di gestione interno
all'azienda associata. L'orto diventa dunque uno spazio comune, un luogo di aggregazione per i
dipendenti, di incontro per le attività aziendali, di accoglienza per i visitatori, di educazione alla
cultura del lavoro e della corretta alimentazione. Attorno all'attività legata all'orto si possono
promuovere iniziative connesse ai temi della filiera corta e sviluppare rapporti con altre ONLUS98
presenti localmente tramite accordi o convenzioni specifiche.
Orto aziendale Unicredit Tower, Milano
97
Per maggiori informazioni su tali iniziative si vedano i seguenti link: http://www.ortidazienda.org/cosa.html;
http://www.benetural.com/agrinetural/
98
Acronimo di Associazione Non Lucrativa di Utilità Sociale. L’ONLUS è una tipologia di Ente senza scopo di lucro.
63
Orto aziendale Sedus a Waldshut, Germania
La seconda, Agri-Netural, è una realtà della Basilicata che - attraverso la coltivazione in spazi pubblici
e privati abbandonati o in disuso - vuole “coltivare la città facendo comunità” oltre che diffondere
un’idea di mangiare sano e locale favorendo la socialità. Partendo dalla mappatura degli spazi
abbandonati il team di lavoro crea orti urbani, comunitari e sociali offrendo un supporto nelle fasi
di definizione delle possibilità dello spazio, di progettazione degli spazi da coltivare e di calcolo
dell’impatto sociale nel lungo periodo.
Entrambe queste esperienze sono rilevanti rispetto al valore aggiunto che rappresentano in
un’ottica Smart Working a livello di gestione dello spazio aziendale. Infatti, attraverso le attività
di mappatura degli spazi verdi abbandonati e di progettazione e conseguente coltivazione degli stessi
come orti oppure giardini aziendali, i dipendenti delle piccole e medie aziende coinvolte hanno
l’opportunità di sperimentare, in modo originale, meccanismi tipici della cultura collaborativa
che costituisce una delle fondamenta degli ambienti lavorativi in cui si pratica lo Smart
Working.
Per quanto riguarda il ripensamento degli spazi lavorativi dedicati alle pause, segnaliamo “Il
Giardino dei Pensieri di Laura”, iniziativa realizzata da Geico, società con sede in provincia di
Milano, che è stata per noi fonte di grande ispirazione.99 Il “Giardino dei Pensieri di Laura”, è uno
spazio situato all’interno dell’azienda, un luogo dove si trovano un’area di meditazione, un’area per
il benessere fisico - la palestra aziendale, un’area culturale e di intrattenimento - un anfiteatro, una
galleria fotografica, un ristorante.100
99
Maggiori dettagli: http://www.geico-spa.com/specialevent.php?l=i&c=a.
In tema di ripensamento degli spazi lavorativi, soprattutto legati alle pause durante l’orario lavorativo, abbiamo tenuto conto del fatto che,
nella prossima edizione 2015 del Salone del Mobile di Milano vi sarà anche un’area espositiva di proposte e spunti su tutto quanto necessario ai
professionisti per sviluppare soluzioni chiavi in mano, dalle grandi forniture dei nuovi building agli arredi ufficio di piccole e medie dimensioni: il
“SaloneUfficio”.
100
64
Ci siamo chieste se, e come, potessero esistere, senza investimenti strutturali economicamente troppo
onerosi, spunti di replicabilità di questa innovativa esperienza. In particolare, ci siamo concentrate
sull’area culturale e di intrattenimento del “Giardino dei Pensieri di Laura”. Il fermento sui temi di
natura culturale è diffuso e tangibile, ed è per questo che riteniamo interessanti quelle iniziative che
possano prevedere un coinvolgimento del tessuto imprenditoriale di piccole e medie dimensioni. Ad
esempio BrerArt, Ospedali in Musica ed iniziative di alcune aziende agricole che ospitano concerti.101
Nello specifico, BrerArt è una mostra d’arte contemporanea diffusa e temporanea, dove gli stand sono
le gallerie d’arte, gli showroom, i palazzi storici e le fondazioni, situati nel distretto milanese di Brera
e nel centro di Milano in generale.102 Lo spunto di replicabilità cui facciamo riferimento può a nostro
avviso attuarsi attraverso l’allestimento di mostre di arte contemporanea o di fotografia negli
spazi resi disponibili dalle piccole e medie imprese che siano “vicine” logisticamente e
spazialmente, per esempio quelle di un determinato distretto industriale. Praticamente una “mostra
diffusa” tra le aziende di piccole e medie dimensioni che può anche essere proposta in chiave
itinerante, per esempio cambiando distretto industriale di volta in volta.
Per l’attuazione, invece, del progetto di realizzazione di concerti in azienda, senza la necessità di
notevoli e dispendiosi cambiamenti strutturali, ci siamo ispirate a quanto attuato da alcune aziende
ospedaliere e agricole. Esse, infatti, hanno ospitato concerti utilizzando spazi aziendali di solito
dedicati ad altro e, al contempo, facilmente e temporaneamente convertibili in luogo di ascolto di
musica (quali atrio, sale riunioni, parcheggi).103
L’utilizzo di spazi aziendali, per iniziative legate sia alla vita privata dei dipendenti che al
quartiere circostante l’azienda, nasce dall’esperienza di Heldergroen, azienda olandese che ha uffici
“a scomparsa”, ovvero le scrivanie e le postazioni di lavoro, al termine della giornata, spariscono,
attraverso sistemi di sollevamento tipici delle produzioni teatrali, trasformando l’ufficio in un vero
e proprio centro ricreativo a disposizione di tutti.104 Secondo l’azienda, fornire uno spazio gratuito
nel quale dare luogo ad attività ricreative gratuite aiuta ad instaurare un rapporto di intimità tra
territorio e business. È uno scambio duale che porta vantaggi da entrambe le parti: chi vive quel
territorio ha la possibilità di conoscere l’azienda e i lavoratori di quell’azienda fuori dal contesto
formale, in uno spazio neutro privo di diffidenze e preconcetti, il tutto senza che si disperda l’identità
di brand. Inoltre, chi lavora in quegli uffici ha la possibilità di comprendere il contesto nel quale
opera. Inoltre, attività ricreative all’interno di un luogo di lavoro possono diventare ricerche di
mercato a costo zero. A quanto sopra si aggiunge un'altra conseguenza positiva della scelta di
Heldergoren: trasformare i propri uffici in spazi gratuiti per la comunità. Se si considera la vivibilità
e la vitalità di un quartiere in relazione agli esercizi presenti, un ufficio, di norma, abbassa il valore
dello stesso. Sono attività diurne che non si aprono al quartiere, che non lo vivono e che “esistono”
sono nei giorni feriali. Trasformare quello spazio aziendale in uno spazio aperto al pubblico rende
l’azienda parte integrante della vita di quel quartiere, aumentandone il valore.
101
Sui concerti nelle aziennde agricole si vedano le seguenti fonti: http://www.saporidelpodere.it/aspettando-il-concerto/;
http://www.lageretta.it/eventi/category/eventi-musica-2/.
102
Per maggiori dettagli su tale manifestazione: http://brerart.com/it?in=scl.
103
Per maggiori informazioni: http://www.usl6.toscana.it/usl6/index.php?option=com_content&view=article&id=1931:concerti-per-laprima-volta-un-intera-orchestra-in-ospedale&catid=35:comunicati&Itemid=197.
104
L’iniziativa di Heldergroen è consultabile a questo link: http://www.ninjamarketing.it/2014/10/07/uffici-heldergroen/.
65
Le scrivanie mobili della sede di Amsterdam della Heldergoren
Ai fini dell’iniziativa Outfit delle Piccole e Medie Imprese sarebbe interessante coinvolgere
professionisti del settore dell’arredamento, architetti e interior designer, per la creazione di progetti
relativi ad “outfit dedicati alle pause” modulabili in base al settore di attività delle piccole e medie
aziende destinatarie degli stessi (per esempio l’area pausa di una media azienda di produzione di
alimentari potrebbe differire, alla luce della sua struttura e delle sue esigenze di business, da quella di
un piccolo commercio al minuto di abbigliamento). I progetti e i pacchetti modulabili di “outfit
dedicati alle pause” potrebbero essere successivamente realizzati in partnership sia con marchi
d’arredamento low cost che con grandi firme del design italiano ed internazionale105 per essere poi
venduti – magari a prezzi calmierati - alle piccole e medie imprese interessate.
Criticità:
In che modo piccole e medie imprese italiane possono replicare queste esperienze proposte,
facilmente e senza investimenti strutturali economicamente troppo onerosi? Riteniamo che una delle
risposte sia quella di utilizzare creativamente gli strumenti e gli spazi già a disposizione. La
presenza di spazi aziendali inutilizzati (per esempio magazzini) oppure facilmente e temporanemente
convertibili ad altro uso (quali atrio, sale riunioni, parcheggi e aree verdi) può permettere di fornire
servizi alla comunità, ad esempio sale per riunioni di condominio, feste e corsi per il tempo libero.
Inoltre, sia le mostre di arte contemporanea e di fotografia che i concerti in azienda proposti nei
precedenti paragrafi possono essere condivisi anche con la comunità del quartiere, e non solo dedicati
ai dipendenti delle aziende coinvolte, con beneficio da parte di tutti - azienda, dipendenti e comunità
- come l’esperienza di Heldergroen ci insegna.
105
66
I quali potrebbero diventare mecenati del progetto includendo tale attività tra di quelle di responsabilità sociale.
Infine, riteniamo che l’utilizzo innovativo degli spazi aziendali possa diventare fonte di ispirazione
per tutte quelle realtà produttive interessate ad incrementare il benessere dei propri dipendenti in
modo originale, “agendo” uno Smart Working a partire dal layout fisico dell’azienda e dalla sua
organizzazione.
4.3 Arte e design nelle Grandi Aziende
Cos'è:
L'outfit delle grandi aziende, inteso come il layout fisico, può essere un punto di partenza per
l'attuazione di un'organizzazione del lavoro basata sullo Smart Working. Come suggerito
dall'Osservatorio del Politecnico di Milano, il layout fisico degli spazi di lavoro, che condiziona
efficienza, flessibilità e benessere delle persone e ne può orientare e facilitare, o meno, la
collaborazione, è una delle leve progettuali di un modello di Smart Working.106 Inteso dunque
come una forma di organizzazione del lavoro che aumenta la libertà dei dipendenti di gestirsi il
proprio lavoro a livello temporale e spaziale, lo Smart Working, e il relativo processo di
implementazione, possono essere coadiuvati dall’ambiente informale e vivibile del workplace.
Un ambiente di lavoro accogliente, comfortable, funzionale a differenti attività all'interno di un
medesimo contesto professionale, è già una realtà di fatto in diverse aziende, prime fra tutte quelle di
grandi dimensioni. Riteniamo che tali iniziative si potrebbero ampliare attraverso contaminazioni di
altri settori, primo fra tutti quello dell'arte e del design contemporanei. UniCredit107 e Trivago108 sono
ad esempio due casi aziendali in cui, a seguito di processi di implementazione dello Smart Working,
è stato determinante il ripensamento e la ristrutturazione degli spazi lavorativi. Non solo open space
per le attività di routine, ma anche spazi dedicati alla concentrazione, ad incontri informali o a meeting
più strutturati.
106
Per
accedere
alle
informazioni
raccolte
dall'Osservatorio
Smart
Working
del
Politecnico
di
Milano:
http://www.osservatori.net/smart_working
107
UniCredit ha avviato in Italia e all’estero un processo di razionalizzazione delle sedi direzionali europee e di consolidamento di un “Modello
di Filiale” basato oltre che su un contatto più diretto con i clienti, tecnologie interattive e un modello di servizio all’avanguardia, anche su una
rivisitazione degli spazi. L'adozione di politiche di Smart Working è stata una leva determinante per la messa in atto di tale processo, basato anche sul
benessere dei dipendenti. La ristrutturazione del layout aziendale è ben visible presso la UniCredit Tower di Milano. In questa sede, di recente
costruzione, la multidisciplinarietà degli ambienti risulta essere il cardine dell'organizzazione degli spazi, pensati per soddisfare le diverse esigenze
lavorative: sale riunioni, open space, con arredi riconfigurabili, penisole e divani che permettono il lavoro individuale e di gruppo. Spazi per meeting
informali e momenti di relax, aree comuni come le Tree House, The Garden, il Gymnasium.
108
Trivago, motore di ricerca per hotel, ha recepito pienamente l'importanza del layout fisico, in conseguenza dell'adozione di politiche di
Smart Working al suo interno. La sede principale di Trivago si trova a Düsseldorf, in Germania, in uno Sky Office Building, progettato sulla cultura del
work-life balance. Il “Trivago Campus”, così come definito dai suoi ideatori, Verena Hasiewizc e Marleen Goldemann-Sabbak di Raum.atelier, è una
sorta di piccola città costruita plasmata dalle esigenze dei dipendenti nel loro quotidiano (dal campo di calcio, al parco, alla lavanderia). Da un punto di
vista di layout fisico degli uffici, questi si dividono in open space, conference rooms e think tanks per riunioni da 2 o 3 persone, locali con pareti vetrate
che garantiscono la privacy, cucina e break area per la socializzazione, oltre a spazi per lo svago e il relax.
67
Spazio Smart Working del complesso UniCredit Tower, Milano
Postazioni touch down presso UniCredit Tower, Milano.
68
Meeting Room nel Trivago Campus a Düsseldorf , Germania
Class Room nel Trivago Campus a Düsseldorf , Germania
69
Yoga Room nel Trivago Campus a Düsseldorf , Germania
Una leva alla produttività dei dipendenti è la creazione di un ambiente di lavoro adeguato alle loro
esigenze. Non solo ponendo attenzione a stili ed esigenze di lavoro differenti all'interno della
medesima sede, ma anche tramite la strutturazione di spazi di lavoro che favoriscano un maggiore
impegno, e quindi prestazioni, da parte dei dipendenti, potenziando allo stesso tempo un senso di
appartenenza all'azienda. L'arte, intesa più specificatamente come produzione di arti visive di
design, può giocare in tal senso un ruolo fondamentale, a partire dagli stessi effetti che un colore
può avere sulle persone. Com'è noto, un colore o una combinazione di colori sono in grado di
influenzare in modo determinante il comportamento delle persone, ancora di più se queste si trovano
in un ambiente chiuso, sia esso una scuola, un ospedale o un'azienda. I colori possono stimolare
particolari stati d'animo o stili comportamentali. Nel caso del luogo di lavoro possono incrementare
o limitare efficienza e produttività.109
Il valore aggiunto dell'innesto tra arte e azienda in un'ottica Smart Working può declinarsi in
diversi modi. Di seguito alcune iniziative che prevedono l'implementazione di tale contaminazione,
pensati tenendo in considerazione le peculiarità del Comune di Milano:
•
organizzare esibizioni temporanee con artisti affermati ed emergenti in spazi aziendali,
attingendo dalle collezioni private dell'azienda, se presenti, o dall'esterno attraverso
prestiti e/o acquisizioni;
•
lanciare call for artist tematiche per il restyling di spazi aziendali, come già avvenuto nel
caso del concorso Segreen Art Workplace, finalizzato alla promozione alla valorizzazione
dell’Arte Contemporanea inserita in contesti architettonici e lavorativi come il Segreen
109
A titolo esemplificativo, il blu sembra favorire concentrazione e potenziare l'efficienza della mente. Combinato con l'arancio, il blu può dare
anche beneficio alla sfera emotiva. Il giallo stimola la creatività, facendo leva sull'ego e sull'autostima personale. Il rosso incentiva la produttività,
soprattutto per coloro che hanno a che fare con un impiego tecnico e manuale. Il verde sembra essere più adatto per migliorare efficienza, aiutando a
mantenere equilibrio e concentrazione (http://www.manageronline.it/articoli/vedi/11196/restyling-in-ufficio-per-favorire-la-produttivita/).
70
Business Park sito nella Provincia di Milano;
•
creare dei percorsi “museali” nelle aziende, attingendo alle collezioni private qualora
presenti e in caso contrario, stipulando degli accordi con enti pubblici o privati fondazioni, archivi e gallerie d'arte - per avere disponibilità di opere d'arte sottoforma di
prestito per scopi espositivi. In tal caso si attiva lo strumento tecnologico del QR code al
fine di illustrare e contestualizzare le opere d'arte in modo intuitivo ed interattivo;
•
promuovere un concorso - Premio Sm'art Working - che veda il coinvolgimento di Miart
- Fiera d'arte contemporanea di Milano nel selezionare, da parte di una giuria di esperti
del settore, una rosa di opere d'arte esposte durante la manifestazione. A queste ultime è
conferito così un premio acquisto da parte di aziende che, volendo adottare modelli
organizzativi di Smart Working al loro interno a partire dal layout fisico, aderiscono
all'iniziativa;
•
portare nelle aziende il Fuori Salone, evento di grande prestigio nonché di importante
portata mediatica. L'obiettivo sarebbe quello di rendere le aziende, macro e di medie
dimensioni, spazi temporanei per l'esposizione di oggetti di design progettati da esponenti
del settore nazionale ed internazionale, all'interno di circuiti già costituiti nelle singole
zone dove il Fuori Salone si sviluppa sul territorio: Ventura Lambrate, Brera Design
District, Tortona Around Design;
•
lanciare un contest incentrato sui temi dell'ufficio smart, all'interno della cornice del
Salone Internazionale del Mobile. L'iniziativa consiste nell'invitare designer di tutto il
mondo a riflettere su modelli di tavoli, sedute, oggetti da ufficio, all'interno di un contesto
lavorativo di Smart Working. I progetti, selezionati da una giuria di esperti, presentati negli
spazi ufficiali gestiti dal Salone Internazionale del Mobile, diventano così prototipi a
disposizione delle aziende interessate ad investire nella loro produzione;
Target:
Il target dell'iniziativa, individuabile nel portare la creatività nella sua declinazione più concreta e
tangibile nelle grandi aziende, si presenta in senso dicotomico. Da una parte il target di riferimento è
rappresentato da quelle macro aziende il cui concetto di Smart Working è familiare, se non già
ampiamente implementato al loro interno. Dall'altra i soggetti verso cui implementare tale iniziativa
risultano essere tutti gli stakeholder e attori sociali che operano in circuiti dove la creatività diventa
una professione: gallerie, artisti, designer, curatori, collezionisti, giornalisti, appassionati.
La città di Milano, ad esempio, è la capitale dell'arte contemporanea e del design in Italia. Al suo
interno si vedono emergere e crescere importanti realtà innovative, private, no-profit e spesso
interdisciplinari che hanno a che fare con le arti visive e il design: entrambi settori di un business che,
nonostante la crisi, sembra resistere.
71
Perchè:
Secondo un’indagine svolta da Regus, fornitore di spazi di lavoro flessibili, condotta su oltre 22.000
manager e professionisti in 100 paesi, tra le caratteristiche del luogo di lavoro ideale la qualità della
location, degli arredi e la funzionalità degli ambienti si trova al terzo posto, dopo la disponibilità di
connessioni veloci e affidabili, la sicurezza per gli effetti personali.110 Dalla ricerca emerge dunque
come il layout fisico abbia un valore determinante nel contribuire a migliorare il benessere, la
soddisfazione e la produttività dei dipendenti, cardine fondamentale per lo sviluppo di
un'organizzazione smart del lavoro.
Priorità del luogo di lavoro ideale
Media globale %
Media Italia %
Connessioni veloci e affidabili
82
83,1
Sicurezza per gli effetti personali, (dispositivi, documenti etc.)
67
65,1
Ufficio gradevole, ben arredato ed equipaggiato
63
54,1
Servizi di segreteria efficienti e professionali
55
48,6
Facili collegamenti con reti di trasporti (ferrovie, aeroporti, metro etc.
49
52,5
Parcheggi auto vicini e comodi
48
40,8
Vicino a casa
23
18,4
Nella zona di altre imprese dello stesso settore (es. distretti finanziari)
20
19,9
Indirizzo prestigioso
19
21,6
Vicino a negozi e ristoranti
18
11,4
In aree in via di sviluppo
15
27,1
Vicino ad aziende della stessa dimensione
8
5,9
Vicino a scuole, asili nido etc.
6
10,2
All'interno o vicino a parchi scientifici
5
6,3
(Fonte: Regus – Global Business Survey – Luglio 2014)
A partire da questo dato di fatto, supportato da ricerche sul campo e statistiche come quella sopra
citata, riteniamo che l'innesto tra settori dove la creatività gioca un ruolo fondamentale, quali le
arti visive e il design, e contesti aziendali che adottano logiche e prassi dello Smart Working,
può essere considerato una leva, non solo per un ulteriore sviluppo del rinnovamento degli spazi
lavorativi, ma anche per un incremento del benessere dei dipendenti e della loro produttività.
Una ricerca del 2005 condotta dal Business Committee for the Arts in collaborazione con l'
International Association for Professional Art Advisors indica la relazione positiva tra la produttività
sul luogo di lavoro e le opere d'arte nel workplace. In particolare un ambiente di lavoro connotato
dalla presenza di opere d'arte aiuta a combattere lo stress, migliorare il morale dei dipendenti,
intensificare la creatività, migliorare la produttività, incoraggiare un atteggiamento di apertura verso
le diversità.111 Un'altra ricerca condotta dall'International Art Consultants – IAC di Londra nel 2000,
110
Regus - Global Business Survey, Luglio 2014: http://press.regus.com/italy/quali-sono-i-requisiti-per-il-luogo-di-lavoro-
ideale111
72
Art in the Workplace Brings Benefits, Teller Vision, Jul. 2005, Issue 1335, p.4.
pubblicata sulla rivista Director, ha rilevato che molte società finanziarie riconoscono che avere opere
d'arte nei propri spazi ha effetti positivi sui dipendenti, sugli azionisti e sul pubblico esterno. Tali
società comprano opere d'arte non solo come investimento, ma anche per migliorare la propria
immagine. In tal senso l'arte diventa un semplice ed efficace strumento per fare public relation. La
ricerca evidenzia inoltre come lavorare “accanto” ad opere d'arte renda i dipendenti entusiasti, perchè
si sentono coinvolti e oggetto di attenzioni da parte delle compagnie. Questo crea un'atmosfera
positiva che aumenta la motivazione e la produttività.112
A conferma del concetto di arte come strumento facilitatore per contribuire ad incentivare la
produttività in un contesto lavorativo, sono stati effettuati anche studi di natura psicologica che
dimostrano come la produzione artistica possa influenzare la mente dell'essere umano, stimolandone
processi e reazioni. Secondo Rebecca Luciana Russo, psicologa clinica e pscioterapeuta, l'arte
esprime potenzialità, rompe l'abitudine, aumenta la creatività, abbatte muri, barriere e separazioni,
catalizza la trasformazione. Tra gli effetti benefici dell'arte sul comportamento umano Russo
annovera: l'innalzamento della motivazione intrinseca al lavoro, la capacità di problem solving, la
decisionalità; il favorire l'adattamento alla realtà, la flessibilità nella reazione allo stress e nella
gestione degli stimoli avversi e frustranti; l'aumento della capacità di resistenza rispetto allo sforzo e
alla fatica; l'attivazione di comunicazione, azione e decisionalità; il potenziamento di progettualità,
autonomia, assunzione di responsabilità, apertura relazionale verso l'altro e il gruppo, capacità di
feedback comunicativo, empatia e socializzazione sul piano dell'identità e del del cambiamento.
L'arte, dunque, si viene a delineare non solo come strumento di cura in caso di patologie psicologiche
e psicosomatiche, ma anche come mezzo per scatenare potenziali effetti benefici sul comportamento
umano, al di là della presenza di patologie cliniche. L'opera d'arte ha il potere di attivare nello
spettatore creatività, espressione di sè, azioni e comunicazioni, problem solving, socializzazione,
benessere. Tutti elementi che possiamo considerare "utili" e positivi nella vita di tutti i giorni, al lavoro
e nella sfera privata.113
Sviluppo e impatto economico:
Non è una novità l'interesse del mondo aziendale verso l'arte e il design: Campari e Illy sono esempi
di un mondo imprenditoriale sensibile all'interazione del loro core business con la produzione creativa
di artisti e designer. Altre realtà, concentrate nel settore bancario, come Intesa SanPaolo e Deutsche
Bank, custodiscono importanti collezioni di arte moderna e contemporanea, fruibile anche al pubblico
esterno. A tal proposito si segnalano le Gallerie d'Italia, nate all'interno del Progetto Cultura di Intesa
SanPaolo, le quali riuniscono poli museali e relative collezioni proprietà della banca presenti sul
territorio nazionale, diventate sedi espositive per il pubblico. Obiettivi dell'iniziativa sono quelli di
tutela, valorizzazione, pubblica fruizione e conoscenza di beni artistici e culturali. La DB Collection
Italy, polo espositivo italiano di Deutsche Bank Art Collection, che promuove il concetto di “Art at
Work” (l’arte che vive nei luoghi di lavoro e favorisce l’incontro quotidiano con le opere esposte negli
uffici), prevede occasioni di porte aperte a visitatori esterni e supporta l'organizzazione di prestigiose
mostre in collaborazione con istituzioni museali, per esempio il Macro – Museo di arte
Contemporanea di Roma per l'esposizione personale di Tobias Rehberger “Wrap it up”.
Alla luce di un'evoluzione del layout fisico aziendale in ottica Smart Working, queste connessioni,
di notevole valore formale e sostanziale, sembrano limitarsi a realtà strutturate nel tempo e sul
territorio, per le quali l'interesse verso la produzione artistica è nato in primo luogo come fonte
d'investimento e successivamente diventa uno strumento per la realizzazione di iniziative volte alla
condivisione dell'opera d'arte tramite il coinvolgimento del pubblico esterno.
112
Natasha Muktarsingh, Art for work's sake, Director, Nov. 2000, Vol. 54 Issue 4, p.119.
Russo ha ideato il metodo Videoinsight, un modello teorico-clinico d'indagine psicodignostica e di trattamento psicoterapeutico attuato
attraverso l'interazione con immagini scelte dell'arte contemporanea, dotate di alta potenzialità trasformativa. Il metodo Videoinsight dimostra come
l'arte, e nello specifico una determinata produzione artistica contemporanea, possa avere un'influenza positiva sul funzionamento mentale, intellettuale
e affettivo della personalità. Dallo studio di Russo emerge come l'arte non solo possa curare sintomi di disagio legati a patologie psicologiche e
psicosomatiche ma anche possa potenziare risorse cognitive, emozionali e comportamentali per percorsi di cura e riabilitazione ( R. B. Russo, Il Metodo
Videoinsight, 2012, Postmedia Books).
113
73
Un caso interessate che va verso un'interazione originale tra business e arte a livello fisico e strutturale
è quello di Zeta Service, azienda italiana operante nel settore delle Paghe e dell’Amministrazione del
Personale in Outsourcing, premiata come Best Workplace Italia nel 2014. Coinvolgimento e visione
human centered sono i cardini del progetto che ha visto una ristrutturazione completa degli spazi della
sede milanese. A tale scopo è stata data molta attenzione al progetto illuminotecnico e all'uso del
colore, grazie anche alla consulenza di una psicologa del colore: quest'ultimo si configura così come
elemento non solo ornamentale o funzionale per esigenze tecniche, come quelle di segnaletica, ma
anche elemento di identificazione nella comunicazione aziendale. La Zeta Service ha fatto uso del
mezzo artistico anche come strumento di counselling aziendale, come servizio verso i suoi clienti e i
suoi stessi dipendenti.114
Immagini di interno della sede di Zeta Service a Milano dopo l'intervento della color designer
Il fenomeno dell'arte nelle aziende, come funzionale a rendere gli ambienti lavorativi favorevoli
allo sviluppo di benessere e produttività, è consolidato soprattutto all'estero. In Usa, confermano
Deppe, Berquist e Levine nel 2007, l'arte è diventata velocemente parte costitutiva di molti luoghi di
lavoro. L'aquisizione di opere d'arte sembra costituirsi come strumento diffuso per migliorare gli
ambienti degli uffici, ottenendo un senso di aderenza alla cultura aziendale e stimolando lo scambio
di idee tra dipendenti. Un ambiente di lavoro che sia un incentivo alla produttività richiede la
creazione di un'atmosfera interattiva, invitante, “calda”: l'ufficio deve assumere una sorta di
personalità. Solo in questo modo si può pensare di migliorare il morale di chi vive tali spazi,
114
L'arte può delinearsi quale strumento innovativo di counselling aziendale, focalizzandosi sulle persone, sulla loro motivazione e self
empowerment,
permettendo
un
trasferimento
di
significati
su
un
piano
metaforico,
stimolante
e
produttivo
(http://www.zetaservice.com/public/news/arte%20in%20azienda.pdf.
74
motivando e ispirando creatività. Anche perchè il dipendente è come se si sentisse “coccolato”
dall'azienda, che appare così interessata al suo benessere. La presenza di opere d'arte in azienda,
inoltre, favorisce la diffusione di un ambiente di lavoro che promuove il pensiero innovativo e
creativo. In questo senso, bisognerebbe pensare all'arte non come ad un lusso, bensì come parte
integrante del business.115
Esempi di opere di arte contemporanea: Nezaket Ekici , Shahar Marcus 'Salt Dinner, 2012; Santiago Sierra, Una persona, 2005
Nelle proposte illustrate in precedenza di contaminazione tra mondo dell'arte e aziendale, i costi di
avviamento delle iniziative possono essere relativamente contenuti nel momento in cui le risorse per
realizzarli sono già esistenti. Si vedano ad esempio i percorsi “museali” nei luoghi di lavoro o le
esposizioni temporanee negli spazi aziendali: in entrambi i casi, le opere d'arte sarebbero da attingere
dalle collezioni private delle aziende oppure da ottenere tramiti rapporti di prestito, laddove il costo
è rappresentato dall'attivazione di contratti di assicurazione che garantiscono l'incolumità dell'opera.
Per quanto riguarda il lancio dei concorsi per creativi suggeriti, sia in ambito artistico che in quello
del design, il costo maggiore sarebbe quello dell'azienda che decide di fare un investimento,
acquisendo un'opera d'arte o i diritti per la riproduzione di un oggetto di design. La presenza di
sponsorship e partnership potrebbe costituire un elemento importante per sostenere tutti quei costi
che derivano dall'organizzazione di tale tipologia di eventi, in primo luogo in termini di
comunicazione. Ulteriori costi potrebbero infine derivare dal coinvolgimento di professionalità
coinvolte nell'ideazione delle iniziative, come la curatela delle mostre e il coordinamento dei concorsi.
115
75
Marlainna Deppe, Alan Berquist, Sandra Levine, The working gallery, Contract, Jul. 2007, Vol. 49 Issue 7, p. 56-58.
Criticità:
A nostro avviso le maggiori criticità consistono in ostacoli di natura culturale che si possono
incontrare di fronte a qualsiasi fenomeno che preveda un cambiamento radicale dell'habitus in cui
siamo profondamente radicati. L'idea che l'arte possa entrare in azienda è già un concetto abbastanza
diffuso, sebbene non sempre messo in pratica. Ciò che non è diffuso, ma anzi è un'idea nuova, è il
“salto” verso uno sviluppo originale del layout fisico dello spazio lavorativo in linea con lo Smart
Working. Questo “salto” ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita lavorativa di chi
vive un'azienda nei suoi spazi, contribuendo ad incrementare la sua soddisfazione, motivazione e
produttività. In questo senso, gli ostacoli di ordine culturale si superano con attività di
sensibilizzazione sul tema, ma anche di accompagnamento e monitoraggio per percorsi volti a
implementare questo connunbio originale dell'arte in azienda, secondo il paradigma dello Smart
Working.
Ostacoli culturali che dal punto di vista del mondo dell'arte e del design (a sua volta composto da una
complessità di soggetti e stakeholder) sembrano facilmente superabili. Tali settori, infatti, sono per
natura caratterizzati da una certa apertura verso il concetto di sperimentazione e di interazione con
altri settori produttivi, anche solo per il fatto che tale atteggiamento comporta un conseguente
incremento di pubblico, fatto di creativi, artisti, designer, appassionati, studiosi, ma anche di
potenziali acquirenti e investitori.
76
5. Il coworking di quartiere
Abstract
Il coworking di quartiere è uno spazio di coworking, gestito e finanziato da istituzioni pubbliche o
da enti privati, che si basa sui classici pilastri che caratterizzano un coworking in generale, ovvero
la collaborazione e la condivisione di esperienze e competenze lavorative, dove l'architettura della
struttura favorisce lo scambio e il networking, facilitando dunque l'affermazione di una cultura
collaborativa che è alla base dello Smart Working.
Tuttavia allo stesso si aggiunge la particolarità della declinazione “di quartiere”. In altre parole, si
pone l'accento su una dimensione di socialità, scambio e condivisione alimentata da un
microcontesto quale può essere quello del vicinato, del quartiere o di un singolo spazio privato.
In questo senso il coworking di quartiere aumenta il senso di appartenenza ad una comunità di
persone, ad un luogo, attivando processi di rivitalizzazione di spazi pubblici e/o privati.
L’iniziativa è rivolta a dipendenti e/o liberi professionisti per rispondere alla loro esigenza di
lavorare in un luogo che non sia necessariamente lo stesso tutti i giorni, l'ufficio tradizionale, magari
lontano da casa e scomodo da raggiungere, o anche la propria abitazione. Nel caso del coworking
di quartiere, il target comprende anche la comunità dove esso è fisicamente ubicato, rappresentata
sia dal vicinato, sia dal pubblico abituale di un determinato spazio (negozio, banca, condominio,
ecc.) adibito a coworking.
All’iniziativa del coworking di quartiere viene abbinato uno strumento operativo per facilitare la
diffusione del suo utilizzo in maniera capillare: la “coworking card” ovvero una tessera, promossa
dalle Pubbliche Amministrazioni, che permette l’accesso alla rete dei coworking, formata in prima
istanza da tutti i coworking di quartiere della città116, mediante l'acquisto di un pacchetto di ingressi
prepagati, garantendo l’utilizzo di scrivanie e servizi aggiuntivi a costi contenuti. Questo per favorire
uno sviluppo capillare dell’iniziativa e favorire la libertà di scelta del coworking di quartiere dove,
di giorno in giorno, scegliere di lavorare in base alle proprie esigenze private e professionali (la
scuola dei figli, la casa di riposo dei genitori, la riunione con un cliente, ecc.).
Infine, abbiamo pensato di declinare l’iniziativa del coworking di quartiere in un’ottica green favorendo la nascita di postazioni di lavoro in aree verdi - che abbiamo intitolato “coworking park”.
Le postazioni di lavoro del coworking park sono attrezzate con tavoli, sedie, panche (in materiale
ecologico), wi-fi gratuito, colonnine di ricarica per i device, stampanti, punti luce (alimentati da
pannelli solari), fontanelle di acqua potabile, alberi e tende da sole, illuminazione di ultima
generazione a basso consumo energetico. Un nostro piccolo contributo, in ottica Smart Working, ai
temi legati alla sostenibilità ambientale, alla cura del verde, alla tutela della salute attraverso attività
all’aria aperta che si vanno di giorno in giorno sempre di più diffondendo.
116
Tale rete tuttavia, oltre ai coworking di quartiere come sopra definiti, può comprendere anche coworking pubblici del Comune, i coworking
park di cui si parlerà di seguito e gli spazi convenzionati con il Comune cioè coworking privati o spazi dedicati al coworking inseriti in strutture
aziendali/commerciali preesistenti.
77
5.1 Introduzione
L’iniziativa intitolata “coworking di quartiere” rappresenta lo sviluppo da parte del nostro gruppo di
lavoro di un’originaria proposta formulata in sede di partecipazione alla call for ideas “10 idee per
uno smart working al femminile”117 (di seguito “call”).
Facciamo in particolare riferimento all’invito contenuto nella call di indicare come lo sviluppo dello
Smart Working in Italia influenzerebbe la quotidianità del nostro lavoro e della nostra vita e alla
relativa risposta nella quale si è proposto di dare vita ad un “Ufficio Diffuso” dove trovano dimora
quattro parole chiave che influenzano, a parere di chi ha risposto, lo sviluppo dello Smart Working
ovvero ecologia, flessibilità, tecnologia e creatività.
Ecologia perché per dare vita ad un “Ufficio Diffuso” non è necessario costruire niente: ci si limita
semplicemente a recuperare, ristrutturare e a mettere a disposizione quello che esiste già (edifici
pubblici o privati inutilizzati, ecc.).
Flessibilità e tecnologia per via del fatto che le sedi dell’“Ufficio Diffuso” sono sparse capillarmente
e omogeneamente sul territorio e sono attrezzate di tutti i servizi tecnologici di un ufficio
all’avanguardia.
Creatività in quanto l’“Ufficio Diffuso” permette allo smart worker di scegliere, di giorno in giorno,
la sede più comoda logisticamente in base alla propria agenda e alle proprie esigenze di vita (alle
scuole dei figli, alla casa di riposo dei genitori, all’abitazione, ai propri clienti).
117
Fonte:
idee_SB020514-1.pdf
78
http://1kj7jb1p25y2btst631y6azp.wpengine.netdna-cdn.com/wp-content/uploads/2014/05/8-domande-e-risposte-su-10-
Come sopra accennato, dallo sviluppo dell’originaria proposta di “Ufficio Diffuso” ha avuto origine
l’iniziativa che abbiamo intitolato “coworking di quartiere” alla quale si abbinano sia uno strumento
- la “coworking card” - che una versione declinata all’aria aperta - il “coworking park”.
Ciò posto, prima di iniziare a descrivere nel dettaglio l’iniziativa del coworking di quartiere riteniamo
utile ricordare che cos’è, in generale, un coworking. Trattasi, in prima battuta, di uno spazio fisico
attrezzato (per esempio con wireless, stampanti, talvolta una cucina e/o uno spazio di baby sitting,
ecc.) dotato di postazioni di lavoro per un uso flessibile e di sale per riunioni, incontri e workshop. Il
coworking, tuttavia, è molto di più di questo, nel senso che la condivisione di spazi lavorativi che lo
caratterizza rappresenta uno strumento facilitatore di uno stile lavorativo generativo e
contaminante.
Infatti, secondo quanto riportato, per esempio, da Wikipedia118: “ (…) L’attività del coworking è il
raduno sociale di un gruppo di persone che stanno ancora lavorando in modo indipendente, ma che
condividono dei valori e sono interessati alla sinergia che può avvenire lavorando a contatto con
persone di talento”.
118
79
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Coworking
5.2 Il coworking di quartiere
Cos'è:
Il coworking di quartiere è uno spazio di coworking, gestito e finanziato da istituzioni pubbliche o
da enti privati, che si basa sui classici pilastri che caratterizzano un coworking in generale (ovvero la
collaborazione e la condivisione di esperienze e competenze lavorative, dove l'architettura della
struttura favorisce lo scambio e il networking, facilitando dunque l'affermazione di una cultura
collaborativa che è alla base dello Smart Working).
Tuttavia allo stesso si aggiunge la particolarità della declinazione “di quartiere”.
In altre parole, si pone l'accento anche su una dimensione di socialità, scambio e condivisione
alimentata da un micro contesto quale può essere quello del vicinato, del quartiere o di un singolo
spazio privato. In questo senso il coworking di quartiere aumenta il senso di appartenenza ad una
comunità di persone, ad un luogo, attivando processi di rivitalizzazione di spazi pubblici e/o privati.
Il coworking di quartiere, infine, è altamente coadiuvante ai fini della felicità produttiva119: il
benessere dato da un equilibrio tra lavoro e vita privata, infatti, è influenzato anche dallo spazio fisico
in cui si lavora.
Target:
L’iniziativa è rivolta a dipendenti e/o liberi professionisti per rispondere alla loro esigenza di lavorare
in un luogo che non sia necessariamente lo stesso tutti i giorni, l'ufficio tradizionale, magari lontano
da casa e scomodo da raggiungere, o anche la propria abitazione. Nel caso del coworking di
quartiere, il target comprende anche in senso lato la comunità dove esso è fisicamente ubicato,
rappresentata sia dal vicinato, sia dal pubblico abituale di un determinato spazio (negozio, banca,
condominio, ecc.) adibito a coworking.
Perché:
In un'ottica di Smart Working la flessibilità dei tempi e degli spazi dove lavorare può portare al rischio
di isolamento per coloro che abitano in zone periferiche, lontane da centri propulsori di socialità e
convivialità. Il coworking di quartiere può facilitare lo sviluppo dell’occupazione, della nascita di
servizi sul territorio e del reimpiego di strutture già esistenti. Per questo motivo la diffusione dei
coworking di quartiere ha senso se pianificata in modo capillare, per facilitare lo sviluppo di uno
Smart Working che non sia “isolante” per chi può scegliere di lavorare al di fuori delle mura
dell'ufficio.
Secondo la Terza Indagine Mondiale sul Co-working realizzata dalla rivista Deskmag120, uno dei
principali vantaggi degli spazi di lavoro condivisi consiste nel soddisfare il bisogno di socialità di una
generazione di lavoratori. L'idea alla base dello sviluppo dei coworking di quartiere è quindi quella
di promuovere il concetto di scambio come elemento necessario a sviluppare pratiche
partecipative, con effettivi benefici sugli aspetti economici, sociali e ambientali, favorendo una
concentrazione di competenze specializzate e veicolando progetti in grado di favorire lo sviluppo del
territorio e l’occupazione.
Aspetto rilevante diventa così il collocamento e l'individuazione dei coworking di quartiere, che non
dovrebbero essere concentrati in un'unica area, bensì distribuiti sul territorio, possibilmente in
modo omogeneo, tra zone periferiche e centrali. In molti contesti urbani esistono situazioni di spazi
119
120
80
Si veda relativo paragrafo nel capitolo “InformaSmartWorking”.
3rd Global Coworking Survey: http://www.deskmag.com/en/coworking-spaces-forecast-global-survey-statistics-2013
inutilizzati, sia pubblici che privati, potenzialmente luoghi ideali dove costruire dei coworking,
facilmente accessibili alle comunità. L'esigenza, per favorire e per far fronte alla diffusione di una
nuova organizzazione del lavoro come lo Smart Working, diventa quella di strutturare spazi di “collavoro” sul territorio, considerando che lo Smart Working porta coloro che lavorano a non essere
obbligati ad essere fisicamente in ufficio, bensì ad organizzarsi a livello temporale e spaziale secondo
le proprie esigenze e necessità.
Il coworking di quartiere si costituisce dunque quale strumento per coadiuvare a livello territoriale
da una parte l'implementazione dello Smart Working e dall'altra lo sviluppo di centri di socialità
condivisa. Il tutto basato sullo sfruttamento di spazi esistenti, abbattendo in questo modo i costi di
realizzazione progettuale.
Lo sviluppo di questo progetto, infine, darebbe nuovo impulso al commercio e alla vivibilità dei
quartieri più periferici delle città poiché – grazie alla presenza del coworking di quartiere appunto –
essi riuscirebbero a restare popolati anche durante il giorno. Più persone, infatti, avrebbero la
possibilità di fare la spesa vicino a casa, di utilizzare le strutture del quartiere (sportive, ricettive, ecc.)
senza la necessità di spostarsi in auto.
81
Sviluppo e impatto economico:
Lo sviluppo dell'esistente, cioè degli spazi già presenti fisicamente sul territorio, è una
prerogativa fondamentale per l'implementazione dei coworking di quartiere. Il riutilizzo, ad
esempio, di proprietà comunali già esistenti per la realizzazione dei coworking di quartiere, è
allineato con quelle iniziative delle amministrazioni pubbliche volte alla valorizzazione di spazi non
residenziali, ad uso commerciale o per progetti speciali, con canoni molto agevolati o comodati
gratuiti. Questa tipologia di struttura è presente sul territorio del Comune di Milano, per esempio, che
a tal proposito ha messo al bando l'assegnazione di strutture in disuso al fine di avviare una radicale
ed efficace valorizzazione degli spazi non residenziali, come nel caso di un'asta pubblica per
l'assegnazione in locazione di undici immobili di sua proprietà nel corso dell'anno 2013121.
La realizzazione dei coworking di quartiere, inoltre, si pone sulla scia di un processo di
riqualificazione dei quartieri delle città, specialmente di quelli periferici, dotati di pochi centri di
aggregazione e socialità. Indicativo è stato il rilancio di alcune aree rurali da parte dello stesso
Comune di Milano, attraverso un bando erogato nel 2014 per l’assegnazione di 5 spazi a vocazione
rurale e di uno spazio destinato ai giovani per attività sociali, culturali e di coworking in zona 6122.
Ancora, il Comune di Milano ha già avviato in tal senso una politica di rivitalizzazione dei quartieri,
attraverso progetti volti a migliorare lo stato dei quartieri urbani: “Il comune vicino a casa”, “Spazio
Abitare”, “Contratti di quartiere”, “Nuovi presidi sociali in sei zone di Milano”123. Parallelamente il
Comune di Milano ha anche attivato alcuni progetti speciali che prevedono la collaborazione di enti
o associazioni che si occupano di temi quali il riuso temporaneo e la valorizzazione dello spazio
pubblico: “P7 Liberty Ospitalità e scambio”, “Revolve! Pranzo pubblico”, “Non riservato”124.
Fonte: http://www.linkiesta.it/social-street
121
Per accedere al bando del Comune di Milano sull'assegnazione in locazione di undici immobili di sua proprietà:
http://www.comune.milano.it/dseserver/webcity/garecontratti.nsf/WEBAll/911AA911F77A66B6C1257C44002DF439?opendocument.
122
Per accedere al bando in oggetto del Comune di Milano per l'assegnazione di cinque spazi a vocazione rurale e di uno spazio destinato ai
giovani
per
attività
sociali
https://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/giornale/giorn
ale/tutte+le+notizie+new/casa+demanio+lavori+pubblici/6_nuovi_spazi_assegnare_zone_5_6
123
Per
ulteriori
informazioni
su
tali
iniziative
del
Comune
di
Milano
sul
suo
territorio:
http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/contentlibrary/Elenco+Siti+tematici/Elenc
o+Siti+tematici/Assegnazione+spazi+e+politiche+per+la+casa/Progetti+di+riqualificazione+dei+quartieri/Riqualificazione+dei+quartieri/
124
Per maggiori informazioni su tali progetti del Comune di Milano su riuso temporaneo e valorizzazione dello spazio pubblico:
http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/contentlibrary/Elenco+Siti+tematici/Elenc
o+Siti+tematici/Assegnazione+spazi+e+politiche+per+la+casa/Per+chi+cerca+uno+spazio/Progetti+speciali/
82
Il coworking di quartiere non necessita dunque della costruzione ex novo di strutture destinate
esplicitamente a tale scopo. Piuttosto l'idea ispiratrice è quella di usufruire di spazi già esistenti, di
proprietà comunale, di altri enti pubblici e/o privati, che eventualmente si trovino in uno stato di
abbandono, oppure già adibiti in parte ad altri usi, che possono coesistere con servizi innovativi come
il coworking. Ancora minori sarebbero i costi se la nascita dei coworking di quartiere fosse stabilita
all'interno di strutture già attive. Ad esempio possono essere coinvolti a tale scopo: banche, esercizi
commerciali o condomini i quali, disponendo di strutture o porzioni di strutture non in uso,
attribuiscono a queste ultime nuove funzionalità, per fini di utilità e benessere sociale.
In ogni caso è evidente il vantaggio, anche economico, per le aziende che, in un'ottica Smart Working,
offrano la possibilità ai loro dipendenti di lavorare per obiettivi, prevedendo una flessibilità temporale
e spaziale. In particolare il risparmio si può individuare nella gestione degli uffici, che sarebbero più
piccoli e con scrivanie in condivisione, nei buoni pasto, nei rimborsi per spostamenti e trasferte.
Inoltre si evita l’onere di attrezzare la casa dei dipendenti con postazioni ad hoc, come accade con il
telelavoro, così come normato in Italia, secondo un accordo quadro europeo del 2002. Un esempio di
decentramento della forza lavorativa sul territorio proviene dall'esperienza UniCredit con il progetto
Smart Mobility, per il quale i dipendenti possono lavorare un giorno alla settimana anche dai city hub,
corrispondenti alle quattro sedi presenti all'interno dei confini del Comune di Milano125.
Criticità:
La maggior criticità è rappresentata dai costi di avviamento dell'attività, qualora il coworking di
quartiere fosse realizzato in strutture non attive, laddove lo sviluppo di una start-up che lo gestisca
necessita investimenti iniziali e porta con sé un alto tasso di rischio imprenditoriale. Tale criticità
diminuisce notevolmente se il coworking di quartiere fosse implementato in strutture già attive, che
anzi ricaverebbero da questa iniziativa solo benefici: rivitalizzazione di spazi in disuso, maggior
afflusso di persone all'interno delle proprie strutture e conseguente maggiore visibilità delle proprie
attività, nonché ricavi in termini finanziari dati dai servizi erogati dal coworking.
Secondo un approfondimento del sito Cliccalavoro.it, tre sono i modelli fino ad ora adottati per
sostenere il coworking a livello economico-finanziario126. Il primo è il sostegno ai lavoratori attraverso
voucher individuali. Le iniziative più significative sono state promosse da alcune istituzioni come la
giunta della Camera di Commercio di Ferrara, Milano, come già accennato, e della Regione Toscana.
Il secondo modello è riconducibile al finanziamento di spazi di coworking in aree in cui non esistono
ancora esperienze simili, come è avvenuto nel Comune di Lucca, dove è stato erogato un bando rivolto
a donne imprenditrici per la creazione di un coworking. Il terzo ed ultimo modello riguarda la
partnership con il privato sociale per la promozione di progetti di sviluppo locale e innovazione
sociale, come ad Omegna, in Piemonte, dove il coworking è situato in una ex-fabbrica, trasformata
nel Museo del casalingo.
125
UniCredit, nel Giugno 2014, annuncia il proseguimento del suo riassetto immobiliare, collegandolo ad un 'ottica di Smart Working:
https://www.unicreditgroup.eu/it/pressandmedia/pressreleases/2014/unicredit--prosegue-il-riassetto-immobiliare.html
126
Sostegno al coworking: bandi e incentivi http://www.cliclavoro.gov.it/approfondimenti/Pagine/Coworking.aspx
83
5.3 La coworking card
Come sopra accennato, abbiamo pensato di abbinare all’iniziativa del coworking di quartiere anche
uno strumento operativo per facilitare la diffusione del suo utilizzo tra gli utenti: la “coworking card”.
Che cos'è:
La coworking card è una tessera, promossa dalle Pubbliche Amministrazioni, che permette l’accesso
alla rete dei coworking, formata in prima istanza da tutti i coworking di quartiere della città127,
mediante l'acquisto di un pacchetto di ingressi prepagati, garantendo l’utilizzo di scrivanie e servizi
aggiuntivi a costi contenuti.
La coworking card ha un costo fisso legato al numero di ingressi128 ed è acquistabile presso tutti gli
spazi aderenti alla rete dei coworking. Può essere acquistata dal singolo cittadino o dalle aziende che
possono decidere di donarla ai dipendenti come benefit aziendale e strumento di lavoro.
È possibile anche scalare dalla coworking card l'utilizzo del servizio di cobaby129, laddove presente.
Inoltre la stessa permette di utilizzare altri eventuali servizi collaterali (es. librerie, bar, ecc.) già
disponibili nei coworking o in spazi ad essi adiacenti.
La coworking card presenta evidenti vantaggi per i lavoratori e al contempo offre allo spazio di
coworking la possibilità di allargare la propria community e di diffondere le proprie iniziative e
proposte ad una rete più ampia di utenti.
Nel Global Coworking Blog130 emergono alcune riflessioni interessanti su come le politiche di
definizione dei prezzi influenzino la cultura dei coworking. Si possono prevedere diversi tipi di
politiche di prezzi per un coworking: la membership a tariffa flat, la membership a fasce di
127
Tale rete tuttavia, oltre ai coworking di quartiere come sopra definiti, può comprendere anche coworking pubblici del Comune, i coworking
park di cui si parlerà di seguito e gli spazi convenzionati con il Comune cioè coworking privati o spazi dedicati al coworking inseriti in strutture
aziendali/commerciali preesistenti.
128
A titolo meramente esemplificativo, la coworking card da 100 € (oltre ad eventuali oneri fiscali) garantisce l'utilizzo di una scrivania
personalizzata per, ipotizziamo, 8 giornate di lavoro oppure per 14 mezze giornate, connessione wi-fi inclusa. La coworking card da 200 € permetterebbe
invece di accedere per 18 giornate o 30 mezze giornate, con connessione wi-fi.
129
Ovvero un servizio di baby sitting in loco gestito da personale qualificato.
130
Craig Baute, Global Coworking Blog, How your Price Structure Affects Your Coworking Culture http://goo.gl/6MWecx
84
prezzo/utilizzo (per esempio 100 € per due giorni a settimana, 140 € per tre, 175 € per quattro) e la
membership ad ingressi. L’adozione o meno di ognuna di queste modalità di iscrizione determina il
tipo di coworkers che è in grado di attrarre e il tipo di cultura del coworking stesso.
Modalità di Iscrizione
Diversità dei Membri
Coinvolgimento Community
bassa
Flat
Alto
(tutti professionisti senior)
Fasce di prezzo/utilizzo
Alta
Medio
Ingressi
Alta
Basso
L’abbonamento ad ingressi è quello meno utilizzato ma, gestito opportunamente può avere il
vantaggio di portare alla community molta varietà. L'insieme di lavoratori diversi porta conoscenze e
connessioni che il piano da tariffa flat semplicemente non offre.
Alla coworking card è associata un’applicazione131 che, opportunamente aggiornata in tempo reale,
permette al coworker di decidere da quale coworking lavorare in funzione delle sue necessità
(vicinanza ad un cliente, alla palestra/scuola dei figli/ospedale…) e alla disponibilità dei servizi di cui
ha necessità. L’applicazione è anche lo strumento per prenotare scrivanie, sale riunioni e servizio di
cobaby.
Perché:
Poter avere accesso a diversi coworking – ovvero a coworking non appartenenti alla medesima
“catena” - nelle differenti aree della città con un’unica coworking card è un’opportunità molto utile
per il lavoratore sia freelance che dipendente il quale, a seconda dei suoi impegni professionali e
personali, dalla natura dell’attività lavorativa da svolgere in quella giornata o dal tipo di incontri che
deve avere con clienti/fornitori/colleghi può scegliere una realtà di coworking oppure altre con
differenti caratteristiche, offerte, orari, strutture.
Impatto economico ed esempi pregressi:
In Italia alcuni singoli coworking o alcune “catene” di coworking mettono a disposizione, tra le altre
modalità di iscrizione, anche delle tessere ad ingressi132. Tuttavia nessuna di queste tessere permette
di accedere ad altri coworking esterni alla “catena” sullo stesso territorio.
In ambito internazionale, invece, ci sono diversi servizi che vanno in quest’ultima direzione:
•
•
•
131
132
133
134
135
85
Coworking Visa133, ovvero la possibilità per chi già ha un abbonamento ad un coworking
appartenente alla rete Coworking Visa di accedere a uno dei più di 450 coworking affiliati in
tutto il mondo, solitamente per tre giorni al massimo;
Indiana Coworking Passport134, mediante un accordo di reciprocità tra coworking e hub
dell’Indiana una persona iscritta ad un coworking può lavorare gratuitamente in un altro del
medesimo stato un giorno al mese;
Colorado Coworking Passport135, per il singolo lavoratore prevede una tariffa flat, per un
gruppo di coworkers appartenenti alla stessa azienda (minimo 5) si può optare per una tariffa
Simile a http://www.sharedesk.com/ oppure a http://www.coworkingfor.com.
Si veda, ad esempio, http://www.lab22coworking.it/component/k2/item/75-card-coworking.
http://wiki.coworking.org/w/page/16583744/CoworkingVisa
http://www.indianacoworkingpassport.com/
http://coworkingpassport.co/
•
•
136
137
86
flat (inferiore a quella per il singolo lavoratore) oppure per una tessera con 100 ingressi da
usare indipendentemente dal numero di lavoratori coinvolti;
the League of Extraordinary Coworking Space136 (di seguito “LEXC”), si definisce
un’associazione di coworking con un comune standard di eccellenza: quando un lavoratore si
iscrive ad un coworking che appartiene alla LEXC si è automaticamente iscritto a tutti gli altri
e può accedervi liberamente;
Copass, The First Global Federation of Collaborative Spaces137, è una piattaforma che
permette ai lavoratori e alle organizzazioni di raggiungere uno stile di vita più mobile e
collaborativo. I lavoratori mediante CoPass possono ottenere l’accesso giornaliero scontato
presso diversi coworking e pagano automaticamente facendo check-in nel luogo prescelto
mediante l’utilizzo di una applicazione integrata nell’applicazione anche la possibilità di
ricevere ospitalità da altri coworkers mediante Couchsurfing e Airbnb, i più diffusi portali che
mettono in comunicazione la domanda e l’offerta di alloggio. A Roma è presente l’unico
coworking italiano appartenente a Copass.
http://lexc.org/
https://copass.org/
5.4
Il coworking park
Infine, come sopra accennato, abbiamo pensato di declinare l’iniziativa del coworking di quartiere in
un’ottica green - favorendo la nascita di postazioni di lavoro attrezzate in aree verdi - che abbiamo
intitolato “coworking park”.
Cos'è:
Il coworking park è il progetto che rappresenta uno degli sviluppi e delle declinazioni che può
assumere l’iniziativa coworking di quartiere che abbiamo sopra descritto.
Infatti, l’interesse intorno ai temi legati alla sostenibilità ambientale, alla cura del verde, alla tutela
della salute attraverso attività all’aria aperta si va di giorno in giorno diffondendo sempre di più.
Abbiamo dunque pensato di dare una declinazione green alla nostra iniziativa tenendo conto anche
del fatto che, così come sostiene Michele De Lucchi138 “La tecnologia ha cambiato tutto lasciando
l’uomo più libero di organizzarsi come desidera e permette di lavorare ovunque, a casa, in treno o
magari all’aria aperta in un parco”,.
Ecco dunque che è nata l’idea del coworking park.
Target:
Il coworking park è un’iniziativa rivolta a tutti. I cittadini/lavoratori interessati, infatti, possono
comodamente sedersi a lavorare con il loro device mobile nelle postazioni allestite presenti nel
giardino o nel parco che hanno prescelto. Le postazioni di lavoro sono attrezzate con tavoli, sedie,
panche (in materiale ecologico), wi-fi gratuito, colonnine di ricarica per i device, stampanti, punti luce
(alimentati da pannelli solari), fontanelle di acqua potabile, alberi e tende da sole, illuminazione di
ultima generazione a basso consumo energetico.
In altre parole, condizioni meteo permettendo, queste aree digitali open air consentono di poter
agevolmente lavorare da remoto anche nelle diverse aree verdi delle città.
138
Organizzatore della mostra evento “Uffici da abitare” al prossimo Salone del Mobile 2015 (http://salonemilano.it/it-it/Magazinedett/PrgPost/2588/workplace-3-0-saloneufficio-2015).
87
Perchè:
Il coworking park risponde, in particolare, all’esigenza di dare l’opportunità ai cittadini di lavorare
in un contesto piacevole, armonico e incentivante, trascorrendo più tempo all’aria aperta, magari
vicino a casa o ai luoghi di interesse e comodità per la propria vita privata, in un’ottica di Smart
Working e di work-life balance.
A ciò si aggiunge il fatto di mantenere e migliorare le aree verdi della città, soprattutto le più
periferiche e meno frequentate, nonché facilitare la frequentazione e la vivibilità delle stesse.
Infine, ma non per minore importanza, il coworking park rappresenta un modello facilmente
replicabile talis qualis nel territorio nazionale.
Fonte: http://www.onalim.it/2011/08/06/sposarsi-a-milano/
Sviluppo e impatto economico:
Il coworking park può essere a nostro avviso implementato attraverso l’utilizzo e il conseguente
sviluppo di strumenti già esistenti. Abbiamo al riguardo preso spunto da alcune iniziative già presenti
nel Comune di Milano. Infatti, secondo il rapporto ICity Rate 2014139, realizzato da FORUM PA per
“Smart City Exhibition”, Milano ha conquistato la vetta della classifica generale di città più smart
d’Italia con ottime performance praticamente in tutte le dimensioni: è prima in economy e living (che
comprende i fattori relativi alla vivibilità e vitalità urbana), seconda nella dimensione people (qualità
del capitale umano e sociale) e terza in mobility (accessibilità e mobilità)140. Tuttavia - proprio
139
140
88
Fonte : http://www.icitylab.it/il-rapporto-icityrate/edizione-2014/
Fonte: http://www.icitylab.it/a-milano-la-citta-pia-smart-daeitalia-sul-podio-con-bologna-firenze/.
nell’ottica di replicabilità sopra descritta – riteniamo che il coworking park non sia un’esperienza
attuabile esclusivamente al territorio milanese.
Tra i parchi e i giardini a cui abbiamo pensato come aree per una possibile prima sperimentazione, a
Milano, dei coworking park troviamo141: Bosco di Bruzzano, Bosco in città, Giardini della Guastalla,
Giardini Pubblici "Indro Montanelli", Giardino di Villa Reale, Parco Agricolo del Ticinello, Parco
Alessandrini, Parco Annarumma, Parco Bassi, Parco Berna Ciclamini, Parco Cascina Caimera, Parco
Cassina di Pomm, Parco Cassinis, Parco dell'Acqua, Parco della Martesana, Parco delle Cave, Parco
di Baggio, Parco di Trenno, Parco di Villa Finzi, Parco di Villa Litta, Parco Don Giussani (ex Parco
Solari), Parco ex Trotter, Parco Forlanini, Parco Formentano, Parco La Spezia, Parco Lambro, Parco
Monluè, Parco Montestella, Parco Nord Milano, Parco Pallavicino, Giardini Guido Vergani, Giardini
Valentino Bompiani, Parco Papa Giovanni Paolo II ex Parco delle Basiliche, Parco Sempione, Parco
Teramo Barona.
Per quanto, invece, concerne gli strumenti che, a Milano, possono essere utili per lo sviluppo del
progetto coworking park, la rete wireless outdoor “OpenWifiMilano”, cioè il servizio wi-fi gratuito
all’aperto attivo in determinate aree del territorio comunale142, riveste a nostro avviso importanza
strategica. La proposta è quella di estendere il servizio di “OpenWifiMilano” a tutti i giardini e i
parchi interessati dal progetto coworking park.
Fonte: http://urbanfilemilano.blogspot.it/2013/12/zona-duomo-le-isole-digitali-ingabbiate.html
141
Fonte: Portale del Turismo Città di Milano www.turismo.milano.it. Nelle schede di presentazione di ogni giardino e parco, già presenti nel
sito, potrebbe essere inserita l’informativa circa la presenza del coworking park la qual cosa ne favorirebbe la divulgazione e l’utilizzo anche da parte
di turisti in visita alla città.
142
Fonte: http://info.openwifimilano.it/it/index.aspx.
89
Ricordiamo che tale rete wi-fi comunale è stata di fondamentale importanza anche per la costruzione
delle “Isole Digitali”143 cioè delle aree pubbliche multifunzionali al momento poste in più di 30
diverse zone della città di Milano. Queste aree sono dotate di panchine con prese elettriche, utili per
ricaricare device portatili di ogni tipo, dallo smartphone al notebook. Le “Isole Digitali” sono
illuminate da un sistema smart, in grado cioè di gestire l’intensità luminosa e di ridurre i consumi, al
quale è collegato un sistema di videosorveglianza in remoto per il monitoraggio e la sicurezza
pubblica. In queste aree è presente un totem touchscreen multifunzionale, uno strumento permette
l’accesso a molteplici informazioni di carattere culturale, commerciale e relativo al trasporto
pubblico144. La scelta del posizionamento delle “Isole Digitali” è stata decisa mediante “un’attenta
valutazione strategica che tenesse conto di tutte le differenti realtà cittadine”.
Sulla scia di questa impostazione, che condividiamo, la nostra proposta è quella di estendere le “Isole
Digitali”, per le parti di interesse ai fini dell’iniziativa coworking park, ovvero le colonnine di ricarica
per i device e i punti luce, a tutti i giardini e i parchi dalla stessa interessati.
Sempre nell’ottica di estendere servizi già presenti nel territorio a supporto del progetto coworking
park, proponiamo la diffusione capillare a tutti i giardini e i parchi interessati da tale progetto
delle“Case dell’Acqua” ovvero dei chioschi erogatori di acqua fresca, liscia o gassata, la stessa che
sgorga dai rubinetti delle abitazioni, il tutto a costo zero145.
Naturalmente non abbiamo dimenticato di pensare anche a possibili fonti di finanziamento
dell’iniziativa coworking park. Al riguardo, al fine di coprire almeno parzialmente i costi di
manutenzione, l’idea è quella di inserire il coworking park tra i servizi forniti dalla coworking card
sopra descritta. Inoltre, ispirandoci all’iniziativa del Comune di Milano “Cura e adotta il verde
pubblico”146 - che al momento permette di diventare sponsor del verde cittadino in quattro modi
diversi (ovvero attraverso la sponsorizzazione tecnica, finanziaria per la manutenzione ordinaria,
finanziaria per sostenere interventi di realizzazione o riqualificazione di aree gioco, collaborazione
tecnica) - abbiamo pensato alla sponsorizzazione finanziaria per la realizzazione e/o la manutenzione
di un coworking park come una delle possibili fonti di finanziamento dell’iniziativa.
Ricordiamo, infine, che il 2015 è l’anno dell’esposizione universale “Expo 2015” la quale verrà
ospitata proprio a Milano. All’interno del “Catalogo Spazi” di Expo in Città - che, ricordiamo, offre
un servizio gratuito a supporto degli operatori che hanno interesse a svolgere un’iniziativa ma non
sanno dove rivolgersi per trovare una sede appropriata - è presente una lista di aree e parchi
attrezzati147. Abbiamo pensato che l’allestimento dei coworking park possa essere una delle possibili
forme di “riutilizzo” di tali aree e parchi già attrezzati per Expo2015, una volta terminata l’esposizione
universale, il tutto nell’ottica di riconversione degli stessi e seguendo la “filosofia del riutilizzo” la
quale, vista l’attuale congiuntura economica, non può che essere di ispirazione e giovamento.
143
Fonte: http://www.smau.it/milano14/success_stories/milano-piu-smart-con-le-isole-digitali/.
“I totem sono già predisposti per la tecnologia NFC (Near Field Communication), in modo da consentire una futura implementazione per il
pagamento immediato di ulteriori servizi (pagamenti di tutti i ticket) oppure per aggiungere nuove funzionalità a quelli già esistenti, si pensi per esempio
alla possibilità di controllare gli orari dei mezzi pubblici e di acquistare direttamente il biglietto per il mezzo selezionato semplicemente avvicinando il
proprio smartphone. Nei pressi delle isole digitali, il comune ha collocato alcuni parcheggi per lo sharing di quadricicli elettrici a due posti (EQSharing),
i quali possono essere noleggiati via app e parcheggiati direttamente nei pressi dell’isola stessa.”
145
Fonte: http://www.milanoblu.com/la-tua-acqua/dove-sono-gli-erogatori-dellacqua-di-milano/
146
Fonte:
https://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/!ut/p/c0/04_SB8K8xLLM9MSSzPy8xBz9CP0os3hHX9OgAE8TIwP_kGBjAyMPb58Qb0tfYwMg
0C_IdlQEACgdsBg!/?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/ho+bisogno+di/ho+bisogno+di/areeverdi_adottaverdepubbli
co.
147
Fonte: http://it.expoincitta.com/Ricerca_spazi/Tutti_gli_spazi/?tag=4948
144
90
Fonte: http://www.pierre-auguste-renoir.org/Two-girls-reading-in-a-garden.html
Criticità:
Appare evidente che, nel progetto dei coworking park, una cura particolare vada riservata alla
manutenzione degli allestimenti all’aria aperta per via dell’alto rischio di deperimento causato dal
agenti atmosferici. Vi potrebbe, inoltre, essere la possibilità che le aree verdi “preferite” dagli sponsor
per l’attuazione del progetto siano quelle centrali e non quelle periferiche (la qual cosa non aderirebbe
con lo scopo di capillarità territoriale della proposta). Tuttavia, ad una fase pilota di sperimentazione
nei giardini e parchi del centro città, se positiva, potrebbe seguire un’espansione anche nelle zone
verdi dei quartieri più periferici.
91
6. Incentivi fiscali allo Smart Working?
Abstract
La decisione di passare ad un tipo di organizzazione aziendale basata sullo Smart Working, la quale
può avere in ogni caso diversi gradi di intensità nella sua attuazione (dalla rivisitazione degli spazi
dedicati alle pause alla possibilità di lavorare da remoto più o meno frequentemente), potrebbe
dipendere dalla presenza di forme di incentivazione economica: noi abbiamo pensato di dare uno
sguardo a quelle di natura tributaria. Il tutto nella consapevolezza che la loro attuabilità è
condizionata a due elementi fondamentali ed imprescindibili ovvero l’entrata in vigore di una legge
di regolamentazione sullo Smart Working e la presenza di risorse finanziare adeguate a copertura
degli incentivi economici/fiscali allo Smart Working.
L’idea di introdurre incentivi fiscali non è del tutto peregrina poiché già la relazione al disegno di
legge sullo Smart Working148 conteneva questa proposta.
Seguendo questo filone e nell’ottica di valorizzare gli strumenti già a disposizione - approccio
peraltro già seguito nell’idea del coworking di quartiere149 - abbiamo altresì pensato di aggiungere
allo stesso un altro ingrediente: la gradualità.
La nostra “ricetta” prevede, infatti, un beneficio fiscale specificatamente dedicato a facilitare quelle
realtà aziendali che si sono incuriosite alla filosofia dello Smart Working tanto da decidere di
intraprendere un primo passo per realizzarla al loro interno, senza cambiamenti epocali.
La proposta è quella di estendere le agevolazioni “Bonus ristrutturazioni” e “Bonus mobili” anche
agli immobili strumentali150 delle imprese in modo tale da facilitare il restyling degli spazi lavorativi
dedicati, per esempio, alle pause e alle riunioni informali.
Il vantaggio è quello di valorizzare incentivi fiscali già esistenti attraverso un’estensione dei requisiti
soggettivi previsti per la loro applicabilità: in altre parole, estenderli alle aziende di modo da metterle
nella condizione di avvicinarsi gradualmente allo Smart Working.
148
149
150
92
Disegno di legge firmato da Alessia Mosca (PD), Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc).
Si veda omonimo capitolo.
Ovvero quelli non diversamente utilizzabili senza radicali trasformazioni.
6.1
Introduzione
Anche al solo nominare “fiscalità” si scatenano sovente reazioni simili a quella descritta nel celebre
dipinto di Edvard Munch.
Edvard Munch, L’urlo, 1893
93
Lo scopo di questo intervento non è quello di addentrarci in specificità e tecnicismi di natura tributaria
bensì solamente quello di fornire alcuni spunti di riflessione circa le eventuali opportunità che il
mondo della fiscalità potrebbe fornire alla diffusione dello Smart Working in Italia. Lungi da noi
l’intenzione di provocare urla di varia natura, dunque!
Ci piacerebbe, invece, accendere l’interesse su uno degli strumenti di natura economica che potrebbe
incentivare la conoscenza e l’implementazione dello Smart Working nelle aziende.
Infatti, memori della famosa frase “business is business”151 e del fatto che gli imprenditori sono
naturalmente sensibili anche - anzi, soprattutto! - ai benefici economici che derivano sia dalle scelte
che adottano che da quelle che non effettuano, abbiamo pensato che trovare una forma di
incentivazione economica dello Smart Working, ferma restando la necessaria divulgazione della
cultura sul tema152. L’intento è quello di rendere la sua attuazione una scelta (anche) economicamente
conveniente.
Sebbene le testimonianze di alcune aziende di grandi dimensioni che hanno già deciso di
implementare le logiche dello Smart Working al loro interno153 evidenzino che tale scelta sia veicolata
molto più da logiche qualitative che quantitative - ovvero è il riuscire a lavorare focalizzati
raggiungendo gli obiettivi sganciati dalla vecchia cultura del controllo che costituisce la cartina di
tornasole del successo dell’iniziativa di attuare lo Smart Working in azienda piuttosto che la
misurazione, attraverso indici numerici, dell’efficienza e dei risparmi ottenuti - vi sono alcune realtà,
normalmente quelle di più ridotte dimensioni, che possono essere maggiormente sensibili ai vantaggi
economici e monetariamente quantificabili che la scelta di passare ad un modello organizzativo basato
sullo Smart Working potrebbe comportare.
In altre parole, la decisione di passare a questo tipo di assetto aziendale, che può avere comunque
diversi gradi di intensità nella sua attuazione (dalla rivisitazione degli spazi dedicati alle pause alla
possibilità di lavorare da remoto più o meno frequentemente), potrebbe dipendere dalla presenza di
forme di incentivazione economica. Noi abbiamo deciso di iniziare a dare uno sguardo a quelle di
stampo fiscale.
Teniamo a precisare, in ogni caso ed a chiare lettere, che la loro attuabilità è condizionata a due
elementi fondamentali ed imprescindibili:
1.
l’entrata in vigore di una legge di regolamentazione sullo Smart Working;
2.
la presenza di risorse finanziare adeguate a copertura degli incentivi
economici/fiscali allo Smart Working.
Consce dell’importanza che riveste la presenza di fonti, nel bilancio dello Stato, a copertura di
eventuali incentivi fiscali allo Smart Working, segnaliamo il secondo punto come particolarmente
degno di approfondimento nei luoghi e sedi opportune.
151
152
153
94
Gli affari sono affari.
Si vedano a questo riguardo i capitoli “InformaSmartWorking e “A scuola di Smart Working”.
Fonte: http://pensatoio.pianoc.it/il-nostro-incontro-sullo-smart-working/.
Sul primo punto, parimenti importante e fondamentale, ci limitiamo a ricordare che a fine gennaio
2014 è stato presentato in Parlamento un disegno di legge sul tema dello Smart Working154 il cui testo
di accompagnamento riportiamo di seguito, così come pubblicato nel sito web del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali155, poiché a nostro avviso particolarmente esplicativo ed illuminante:
“Lo smart working è una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità, in
modo particolare di orari e di sede. Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente
da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni che non possiamo
permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di mentalità. Perché definire
e disciplinare in via legislativa una nuova modalità di flessibilità del lavoro quando non solo ne esiste
già una – il telelavoro – ma è anche nella stragrande maggioranza dei casi inattuata o comunque
fortemente sottoutilizzata? Esattamente per questa ragione. Da una parte, numerose ricerche
dimostrano che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in
ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40%), si assenta
meno (circa il 63% di assenteismo in meno) ed è sicuramente più soddisfatto, riducendo così le
possibilità che decida di lasciare l’azienda, costringendo quest’ultima a investire risorse nella
formazione di una nuova persona. Non solo: una recente ricerca prodotta dall’Osservatorio Smart
Working del Politecnico di Milano stima che l’adozione di pratiche di smart working in Italia
potrebbe significare 27 miliardi in più di produttività e 10 miliardi in meno di costi fissi. Dall’altra,
però, nonostante i comprovati benefici, la forma principale per lavorare a distanza, il telelavoro, è
effettivamente uno strumento ancora scarsamente utilizzato nelle imprese italiane: lo studio del
Politecnico riporta che il telelavoro è presente nel 20% delle imprese ma disponibile a tutti i
lavoratori solo nel 2% dei casi e nel 2013 la percentuale dei telelavoratori per più di un quarto del
loro tempo lavorativo è stata appena il 6,1%. Questo a causa di una normativa molto rigida e
restrittiva sull’argomento, che non tiene conto dell’evoluzione degli strumenti tecnologici a
disposizione e che espone l’impresa interessata all’utilizzo di questa modalità lavorativa a costi e
rischi troppo elevati, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro. La presente proposta di legge
nasce, dunque, da un lato dalla necessità di superare questo blocco dando vita a uno strumento altro
rispetto al telelavoro, con caratteristiche e obblighi (per il lavoratore e per il datore di lavoro) propri,
dall’altra di incentivare e accompagnare un profondo cambiamento culturale nella concezione del
lavoro: il passaggio dal lavoro “a timbratura di cartellino” al lavoro per obiettivi, dove al lavoratore
viene lasciata ampia libertà di auto-organizzarsi a patto che porti a termine gli obiettivi stabiliti nelle
scadenze previste. Cadono, dunque, gli obblighi e i costi per l’azienda legati alla sicurezza sul lavoro
presenti nel caso del telelavoro e viene predisposto un nuovo impianto in materia di sicurezza
incentrato sull’informazione e sulla prevenzione, attraverso la fornitura di strumenti informatici
adeguati. Inoltre, questa proposta configura lo smart working come strumento e non come tipologia
contrattuale, con lo scopo di renderlo utilizzabile da tutti i lavoratori che svolgano mansioni
compatibili con questa possibilità, anche in maniera “orizzontale”: qualche pomeriggio a settimana,
tre ore al giorno, tutte le mattine, a seconda dell’accordo raggiunto tra datore di lavoro e lavoratore.
Questo risolve un altro grande problema che spesso il telelavoro presentava: il rischio di esclusione
del telelavoratore dalle dinamiche aziendali e, spesso, la riduzione delle sue possibilità di carriera.
Nonostante i benefici, sia per il lavoratore sia per l’azienda, siano evidenti e numerosi, abbiamo
deciso di agevolare ulteriormente l’adozione di questo strumento proponendo una modifica alla
normativa in materia di Agenda Digitale per estendere gli incentivi fiscali alle aziende che adottano
modalità di lavoro agile. Infine, una nota sul metodo: la presente proposta è stata oggetto di
154
Disegno di legge firmato da Alessia Mosca (PD), Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc).
155
Fonte: http://www.lavoro.gov.it/ConsiglieraNazionale/In_Evidenza/Documents/2014-01-31%20Proposta%20smart%20working.pdf.
95
consultazione pubblica, attraverso la pubblicazione online, la pubblicazione sul blog del Corriere
della Sera, La 27esima Ora e l’invio via email a personalità/associazioni particolarmente attive
nell’ambito delle politiche del lavoro e nello specifico esperte di flessibilità dell’organizzazione del
lavoro. Abbiamo ricevuto moltissimi contributi, grazie ai quali il testo della proposta è mutato
rispetto all’originale, e soprattutto moltissime testimonianze e incoraggiamenti che ci hanno
permesso di tastare con mano quanto sia ritenuta necessaria una normativa in questa direzione di
semplificazione e agevolazione nell’utilizzo di uno strumento che sarebbe preziosissimo per molti.”.
Come si legge anche nella relazione al disegno di legge sullo Smart Working testè riportata, il tema
degli incentivi fiscali è di particolare rilevanza.
La relazione, infatti, si esprime al riguardo affermando che "nonostante i benefici, sia per il lavoratore
sia per l’azienda, siano evidenti e numerosi, abbiamo deciso di agevolare ulteriormente l’adozione
di questo strumento proponendo una modifica alla normativa in materia di Agenda Digitale per
estendere gli incentivi fiscali alle aziende che adottano modalità di lavoro agile.”. Trattasi in
particolare delle agevolazioni156 per realizzare reti a banda larga che consistono nella concessione di
un credito di imposta157 pari al 50% delle spese per la digitalizzazione sostenute dalle imprese fino al
31 dicembre 2015. La tecnologia, nel lavoro agile, è di primaria e fondamentale importanza e
l’incentivo cui la relazione al disegno di legge fa riferimento va proprio nella direzione di potenziare
l’aspetto delle infrastrutture di telecomunicazione a supporto della tecnologia medesima.
Troviamo dunque conferma del fatto che l’idea di introdurre incentivi fiscali allo Smart Working non
è del tutto peregrina.
156
157
96
Ai sensi del Decreto Legge n. 133/2014, convertito nella Legge n. 164/2014 (cosiddetto “Sblocca Italia”).
A valere su IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive).
6.2
La ricetta
Seguendo questo filone e nell’ottica di valorizzare gli strumenti già a disposizione, approccio peraltro
già seguito nell’idea del coworking di quartiere158 (il che si traduce, in questo contesto, nell’estendere
gli incentivi fiscali già esistenti), abbiamo altresì pensato di aggiungere allo stesso un altro
ingrediente: la gradualità.
Fonte: http://www.ideegreen.it/ingredienti-vegani-16582.html
La nostra “ricetta” prevede, infatti, un beneficio fiscale specificatamente dedicato a facilitare quelle
realtà aziendali che si sono incuriosite alla filosofia dello Smart Working tanto da decidere di
intraprendere un primo passo per realizzarla al loro interno, senza cambiamenti epocali.
Quali gli ingredienti? Eccoli:
Ingrediente 1: nell’iniziativa “Outfit delle Piccole e Medie Imprese”159 – che ricordiamo essere
rivolta alle imprese di piccolissime, piccole e medie dimensioni le quali non vogliono perdere
l’opportunità di fornire ai propri dipendenti una nuova modalità di lavoro maggiormente basata su un
approccio Smart senza peraltro attuare interventi e modificazioni “invasive” nella loro organizzazione
– abbiamo proposto, tra le altre cose, il ripensamento del layout di alcuni spazi lavorativi.
Ingrediente 2: in base al cosiddetto “Bonus ristrutturazioni”160 è già possibile detrarre dall’imposta
sul reddito delle persone fisiche161 una parte degli oneri sostenuti per ristrutturare le abitazioni e le
158
Si veda omonimo capitolo.
Si veda omonimo capitolo.
160
Fonte:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/home/cosadevifare/richiedere/agevolazioni/detrristredil36/schinfodetrristredil36
161
IRPEF.
159
97
parti comuni degli edifici residenziali situati nel territorio dello Stato. I contribuenti (solo le persone
fisiche) possono usufruire delle seguenti detrazioni: 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) dal
26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015, con un limite massimo di 96.000 euro per ciascuna unità
immobiliare; 36%, con il limite di 48.000 euro per unità immobiliare, delle somme che saranno spese
dal 1° gennaio 2016.
Quando gli interventi di ristrutturazione sono realizzati su immobili residenziali adibiti
promiscuamente all’esercizio di un’attività commerciale, dell’arte o della professione, la detrazione
spetta nella misura ridotta del 50%.
Ingrediente 3: il “Bonus mobili”162 permette, al momento fino al 31 dicembre 2015, di usufruire di
una detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche163 del 50% per l’acquisto di mobili e di
grandi elettrodomestici164, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione in base al
“Bonus ristrutturazioni” di cui sopra.
Ricetta: La proposta è quella di estendere le agevolazioni “Bonus ristrutturazioni” e “Bonus mobili”
anche agli immobili strumentali165 delle imprese in modo tale da facilitare il restyling degli spazi
lavorativi dedicati, per esempio, alle pause e alle riunioni informali.
Il vantaggio è quello di valorizzare incentivi fiscali già esistenti attraverso un’estensione dei requisiti
soggettivi previsti per la loro applicabilità: in altre parole, estenderli alle aziende. La ricetta viene
incontro all’approccio graduale di passaggio allo Smart Working al quale abbiamo accennato.
Tuttavia, per completezza, qualora si volesse adottare, invece, una modalità in qualche modo più
incisiva e pensare ad incentivi fiscali specificatamente dedicati alle imprese che - una volta che la
legge sullo Smart Working verrà varata e saranno verificate le necessarie coperture finanziarie –
162
Fonte:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/Richiedere/Agevolazioni/DetrRistrEdil36/Bonus+Arredi+DetrRistrEdil
36/.
163
IRPEF
164
Di classe non inferiore alla A+ (A per i forni).
165
Ovvero quelli non diversamente utilizzabili senza radicali trasformazioni.
98
vogliano assumere lavoratori in base a tale legge, vi è a nostro avviso diverso materiale dal quale
prendere spunto per pensare ad agevolazioni fiscali e/o previdenziali ad hoc legate a forme
contrattuali di lavoro Smart. Ci riferiamo alle agevolazioni fiscali e previdenziali già introdotte in
passato per favorire e sviluppare alcune aree legate alla fiscalità del mondo del lavoro.
Si pensi, ad esempio, agli “Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia”166, al “Credito
d’imposta per assunzioni personale altamente qualificato”167, alle “Deduzioni dalla base imponibile
IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive)”168, al “Programma “Garanzia Giovani”169 e alle
“Agevolazioni fiscali in favore delle start-up innovative e degli incubatori certificati”170, tanto per
citarne alcune.
166
Legge 30 dicembre 2010, n. 238. Tali incentivi si propongono di contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle
esperienze umane, culturali e professionali maturate dai cittadini dell’Unione europea che, dopo aver risieduto continuativamente per almeno
ventiquattro mesi in Italia, hanno studiato, lavorato o conseguito una specializzazione post lauream all’estero e decidono di fare rientro in Italia. A tale
fine, la legge prevede la concessione di incentivi fiscali riguardanti l’imposta sul reddito delle persone fisiche sotto forma di parziale imponibilità del
reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa avviate in Italia da soggetti in possesso di determinati requisiti. Con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 giugno 2011 sono state individuate le categorie dei soggetti beneficiari degli incentivi e, con
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 luglio 2011, n. 97156, sono state definite le modalità di richiesta dei benefici fiscali da
parte dei lavoratori dipendenti rientrati in Italia, nonché gli adempimenti conseguenti a cura del datore di lavoro. Con decreto del Ministro degli affari
esteri del 30 marzo 2011 sono stati precisati gli adempimenti che gli Uffici consolari devono osservare nella gestione delle procedure amministrative
per il rientro in Italia, in attuazione dell’articolo 4, comma 2, della legge. Il decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, nel testo risultante dalle modifiche
apportate in sede di conversione dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha ampliato il periodo temporale di riferimento per la maturazione dei requisiti di
accesso al beneficio e ha stabilito che il beneficio compete fino al periodo d’imposta 2015. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate 14/E/2012 fornisce
chiarimenti sull’applicazione delle richiamate disposizioni.
167
Articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Si tratta di un contributo
fruibile sotto forma di credito di imposta in favore delle imprese che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente
qualificato, in possesso di dottorato di ricerca universitario o in possesso di laurea magistrale a carattere tecnico o scientifico, impiegato in attività di
ricerca e sviluppo. La misura del credito d'imposta, pari al 35 per cento del costo aziendale sostenuto per l’assunzione del suddetto personale, non può
superare i 200.000 euro annui per ciascuna impresa e spetta a condizione che i nuovi posti di lavoro creati siano conservati per almeno tre anni, o due
nel caso di piccole e medie imprese. Le modalità applicative della misura in esame sono state disciplinate dal decreto del Ministro dello Sviluppo
Economico, emanato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 23 ottobre 2013, in attuazione di quanto previsto dal comma 11 del
predetto articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012.
168
Articolo 11, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Nella disciplina dell’IRAP vige un principio generale di indeducibilità del costo del lavoro
valevole sia nei confronti dei soggetti (imprese ed esercenti arti e professioni) che determinano analiticamente la base imponibile - sia nei confronti dei
soggetti (enti non commerciali e pubbliche amministrazioni) che, ai fini del calcolo dell’imposta, fanno ricorso al metodo retributivo, costituendo le
retribuzioni e gli altri compensi assimilati la base di determinazione del valore aggiunto della produzione. In deroga a tale principio generale, l’articolo
11 del decreto IRAP prevede in talune circostanze la possibilità di ridurre l’influenza del costo del lavoro sulla base imponibile IRAP, attribuendo
specifiche deduzioni. L’entità ed il numero di tali deduzioni è stato significativamente ampliato nel tempo. Trattasi di disposizioni volte a favorire la
competitività delle imprese attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, costituito dalla differenza tra il costo del lavoro a carico
dell’azienda e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. In concreto, le deduzioni IRAP in parola sono volte a ridurre la base imponibile IRAP in
presenza di personale dipendente impiegato a tempo indeterminato. Nell’attuale formulazione della norma, le deduzione dalla base imponibile IRAP
ammesse sono le seguenti: i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro; per alcune tipologie di aziende, un importo pari
a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 13.500 euro per i
lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; per talune tipologie di aziende un importo fino a 15.000 euro, su base annua,
per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d'imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise,
Puglia, Sardegna e Sicilia, aumentato a 21.000 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; tale deduzione è
alternativa a quella di cui al numero 2), e può essere fruita nel rispetto di limiti dettati dalla normativa europea; per talune tipologie di aziende i contributi
assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato; le spese relative agli apprendisti, ai disabili e le spese per il personale
assunto con contratti di formazione e lavoro, nonché, per talune tipologie di aziende, i costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo.
169
Con Decisione C(2014)4969 del 11/07/2014, l’Unione Europea ha approvato il “Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione
Giovani” (in breve “Programma Garanzia Giovani”), cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo nell’ambito dell’Iniziativa a favore dell'occupazione
giovanile. Con il “Programma Garanzia Giovani” lo Stato italiano ha definito e sviluppato una strategia articolata su un insieme di azioni, la cui
attuazione coinvolge alcune Regioni e la provincia Autonoma di Trento. Una di queste azioni è costituita dalla previsione, nel limite di risorse
determinate, di un incentivo per le assunzioni di giovani con specifici requisiti. Con decreto direttoriale dell’8 agosto 2014 il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali ha disciplinato il suddetto incentivo, prevedendo – tra l’altro – che esso sia gestito dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
L’ammissibilità e l’importo dell’incentivo sono determinati dalla classe di profilazione attribuita al giovane (i cui criteri sono stabiliti dalla norma) e dal
contratto di lavoro concluso, secondo un particolare schema. La circolare INPS N. 118/2014 specifica la disciplina contenuta nel decreto direttoriale e
fornisce le prime indicazioni operative per i datori di lavoro interessati.
170
Sezione IX del Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, noto come
“decreto crescita-bis”. Il “decreto crescita-bis”, ha introdotto un quadro organico di disposizioni, riguardanti la nascita e lo sviluppo di imprese startup
innovative. Le citate disposizioni, finalizzate a creare condizioni e strumenti favorevoli per la nascita e lo sviluppo di start-up innovative, mirano ad
introdurre, come precisato nella relazione di accompagnamento al decreto, “per la prima volta nel panorama legislativo italiano, un quadro di
riferimento nazionale coerente per le start-up”. Le disposizioni di natura programmatica del decreto individuano, in particolare, nella “crescita
sostenibile”, nello “sviluppo tecnologico”, nella “nuova imprenditorialità” e nell’“occupazione” gli obiettivi fondamentali perseguiti dall’intero corpus
di disposizioni, al fine ultimo di “contribuire allo sviluppo di nuova cultura imprenditoriale, alla creazione di un contesto maggiormente favorevole
all'innovazione, così come a promuovere maggiore mobilità sociale e ad attrarre in Italia talenti, imprese innovative e capitali dall'estero”. L’impianto
normativo originario è stato oggetto, prima ancora della concreta attuazione, di un successivo intervento da parte del legislatore che ha apportato alcune
modifiche. Segnatamente:
1.
Con l’obiettivo di favorire la nascita di start-up innovative, non applicazione della disciplina fiscale sulle società cosiddette di comodo.
2.
Con il medesimo obiettivo di cui al precedente punto, vi sono agevolazioni di carattere fiscale e contributivo che si applicano agli
strumenti finanziari diretti a remunerare prestazioni lavorative e consulenze qualificate (work for equity).
99
6.3
Conclusioni
Naturalmente, quanto fin qui esposto è al momento solo un puro (e primo) esercizio intellettuale per
via dell’assenza di una legge di regolamentazione dello Smart Working oltre che della necessaria
verifica delle adeguate risorse finanziare nel bilancio dello Stato per coprire l’introduzione degli
incentivi fiscali specifici per lo Smart Working. Tuttavia, siamo molto fiduciose perché il dibattito sul
tema dello Smart Working è fervido e arricchente.
“I sogni son desideri” e, nella certezza che “Lo Smart Working: si può e si deve!”171, non ci resta che
proseguire nel nostro lavoro: Impossible is nothing!
Al fine di garantire alle imprese start-up innovative l’accesso a servizi di consulenza altamente qualificati, ivi compresi quelli
professionali, il regime di non imponibilità degli apporti di opere e servizi già contemplata dall’Agenzia delle entrate viene codificato
ed esteso anche all’ipotesi in cui gli apporti abbiano ad oggetto crediti maturati a fronte di opere e servizi resi a favore delle suddette
imprese. Pertanto, tali apporti sono esenti da qualsivoglia imposizione, non assumendo rilevanza fiscale in capo ai soggetti che li
effettuano né al momento dell’ultimazione dell’opera o del servizio né al momento della emissione delle azioni, quote ovvero degli
strumenti finanziari.
4.
Nei confronti delle start-up innovative e degli incubatori certificati vi sono “modalità semplificate” di applicazione dell’agevolazione
per le assunzioni di personale altamente qualificato.
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E/2014 sono stati forniti i primi chiarimenti interpretativi della disciplina.
3.
171
Titolo del convegno dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico
http://www.osservatori.net/convegni/dettaglio/journal_content/56_INSTANCE_gD1z/10402/1544052
100
di
Milano
del
15
ottobre
2014:
RINGRAZIAMENTI
I nostri sentiti ringraziamenti per l’opportunità, il supporto, la collaborazione e la pazienza a Piano
C e, in particolare, Riccarda Zezza, Sabrina Bianchi, Raffaele Giaquinto, Sofia Borri, Kibra Sebhat,
Novella Ciceroni, Vania Bidoglio, Elena Goos, Claudia Bonani, Sarah Baccenetti, Martina Merletti,
Cisco Italia e, in particolare, Francesco Benvenuto, Marianna Ferrigno, Fiorenzo Angelini, Davide
Formica, i membri del comitato di selezione ovvero Cristina Tajani, Chiara Bisconti e Grazia
Risicato, Monica d’Ascenzo, Edgarda Fiorini e Flavia Caldera, Andrea Rangone e Fiorella Crespi,
Agostino Santoni, Marianna Ferrigno e Riccarda Zezza, le aziende e tutti coloro che hanno
contribuito a rendere ricco il nostro percorso ovvero Isabella Pierantoni Generation Mover, Marco
Frassone, Grazia Soda, Ilaria Santambrogio e Silvia Nova Plantronics, Vincenzo Barone Abstract,
Andrea Solimene e Lukas Hartog Seedble, Luca Buischio Rehost Academy, Irene Cattani e Irene
Arabnia Geico, Petra Legovic e Giulia Eremita Trivago, Alessio De Luca e Paola Bruna Sanofi
Italia, Rossella Sobrero Koinètica, Matteo Bartolomeo Avanzi Sostenibilità per Azioni, Annamaria
Tuan Animaimpresa, Piero Petrucco I.CO.P., Ilaria Scauri, Elena Merico, Eva Provenzano, Daniele
Morelli, Silvia Panzarin, Paola Caccia Dominioni Zeta Service, Luca Trippetti Federlegno Arredo,
Paola Bortz Provincia di Trento, Elena Nizzero e Paola Beoletto Nestlé Italia, Liliana Gorla e Angela
Gherardelli Siemens, Silvia Barozzi Tetrapak, Manuele Madini, Mariano Corso Osservatorio Smart
Working del Politecnico di Milano, Michele Rocco, Gabriella Giglio e Donatella De Vita Pirelli.
101
BIOGRAFIE
Cristina Coppellotti (Back To Work) – 36 anni, mamma di una bimba di 3, è laureata in Psicologia
con master successivo in Formazione, Selezione e Sviluppo delle Risorse Umane. Dopo 10 anni di
lavoro come HR Manager, rimane in mobilità a causa del fallimento dell’azienda. Con molto tempo
improvvisamente a disposizione, spinta dalla forte curiosità e animata dal motto “Always leave room
for the unexpected", ha seguito diversi corsi di formazione per rinnovare (e a volte stravolgere) le sue
competenze, scoprendo così l’inaspettata passione per il web e, nello specifico, per i social media.
Coniugando la consolidata esperienza in ambito Risorse umane e la nuova passione per il mondo
social, si sta costruendo giorno dopo giorno un ruolo da “Social HR”.
Giuditta Deodato (Bridge To Work) – Laureata in Antropologia Culturale ed Etnologia e con un
master in Economia e Management delle Istituzioni Culturali e Museali, è una ventinovenne vispa ed
estremamente loquace. Mastica arte e frequenta atelier fin dalla tenera età, aspetto che ha influenzato
le sue scelte di vita: gallery manager, curatrice di mostre, addetta stampa in
ambito artistico. Ama le buone idee e il loro potere generativo utilizzando la creatività come fonte e
come strumento realizzativo delle stesse. Oggi libera professionista, segue il neonato e già di discreto
successo progetto del sito cercabando.it. Dotata di una buona rete di artisti, curatori, galleristi,
videomaker, designer e, in generale, di operatori del mondo creativo, conosce il valore del network e
del networking.
Mara Pieracci (Re Work) – 42 anni, laureata cum laude in Economia presso l’Università Bocconi,
commercialista e counselor professionista. Inizia la sua carriera come consulente fiscale all’interno
di una grande realtà legata ad un network internazionale. Quasi tre anni or sono ha dato vita, nella
città metropolitana di Milano, al suo studio di consulenza contabile e fiscale specificatamente
dedicato alle realtà del non profit, settore che da tempo è tra le sue passioni. Questa scelta concilia le
due anime che caratterizzano la sua professionalità, quella maggiormente quantitativa legata al mondo
dell’economia e quella più altruista vicina alla sfera delle relazioni di aiuto. Oggi mette al servizio
delle organizzazioni senza scopo di lucro la sua conoscenza in ambito contabile e fiscale. Mara è
sempre pronta ad accogliere occasioni di crescita che, come la call for ideas #ideesmartworking,
possano dare impulso creativo al nuovo modo di vivere la sua professionalità. Dedica il lavoro su
questo progetto a se stessa e alla sua famiglia.
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INDICE:
Prefazione
pag. 3
Introduzione
pag. 4
Capitolo 1. Gamification e Smart Working
pag. 6
1.1 Che cos’è l’idea
pag. 7
1.2 Un Hackathon a tema “Gamification per lo Smart Working”
pag. 16
Capitolo 2. A scuola di Smart Working
pag. 21
2.1 Che cos’è l’idea
pag. 22
2.2 Virtual Leonardo
pag. 34
Capitolo 3. InformaSmartWorking. Un servizio per le aziende e le persone
pag. 38
3.1 InformaSmartWorking
pag. 39
3.2 Smart Working e-learning
pag. 44
3.3 Atelier Felicità Produttiva
pag. 48
Capitolo 4. Outfit dell'ufficio e uso strategico degli spazi
pag. 54
4.1 Layout fisico aziendale, Smart Working e produttività
pag. 55
4.2 Smart Working e outfit nelle piccole e medie imprese
pag. 62
4.3 Arte e design nelle Grandi Aziende
pag. 67
Capitolo 5. Il coworking di quartiere
pag. 77
5.1 Introduzione
pag. 78
5.2 Il coworking di quartiere
pag. 80
5.3 La coworking card
pag. 84
5.4 Il coworking park
pag. 87
Capitolo 6. Incentivi fiscali allo Smart Working?
pag. 92
6.1 Introduzione
pag. 93
6.2 La ricetta
pag. 97
6.3 Conclusioni
pag. 100
Ringraziamenti
pag. 101
Biografie
pag. 102
103
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