LA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA NEL DIRITTO NAZIONALE E NEL DIRITTO COMUNITARIO Marzia Barbera Alberto Guariso Università di Brescia LA PRIMA FASE DELLA “VECCHIA” LEGISLAZIONE ANTIDISCRIMINATORIA I PRECEDENTI: l. 7/63 (divieto di licenziamento per causa di matrimonio: l. 1204/71 (divieto di licenziamento per causa di maternità) ART. 4 L. 604/66 nullità del licenziamento per motivi sindacali, politici o religiosi ART. 15 L. 300/70 il divieto è strumentale alla tutela sindacale la sanzione è la nullità di qualsiasi atto o patto l’ elenco degli ATTI discriminatori non è tassativo, l’elenco dei MOTIVI di discriminazione è tassativo; richiede (secondo giurisprudenza prevalente) un INTENTO discriminatorio LA SECONDA FASE DELLA “VECCHIA” LEGISLAZIONE ANTIDISCRIMINATORIA L. n. 903/77 Le novità: il divieto di discriminazione assume valore autonomo, in quanto limite ai poteri discrezionali del datore di lavoro (“è vietata qualsiasi discriminazione…”) si introduce uno strumento processuale specifico (art.15) I limiti: il modello è quello dell’ eguaglianza formale non sono previsti strumenti di tipo promozionale SEGUE: L. n. 125/91 Le novità: Passa dalla affermazione formale dell’eguaglianza alla promozione di eguali opportunità, individuandone nelle AZIONI POSITIVE lo strumento principale Supera espressamente la nozione “soggettiva” di discriminazione: è sufficiente l’EFFETTO Introduce il concetto di DISCRIMINAZIONE INDIRETTA Istituisce una rete territoriali di consigliere di parità Riconosce alla consigliera autonoma legittimazione ad agire per le discriminazioni collettive; e su delega per d.individuali Alleggerisce l’onere della prova Rafforza le sanzioni (azioni positive giudiziali, sanzioni penali, decadenza dai benefici) Artt. 43 e 44 T.U. IMMIGRAZIONE Adotta una nozione ampia di discriminazione “razziale” Fa riferimento non ad solo atti o patti, ma anche a comportamenti Supera la nozione soggettiva di discriminazione (si parla di “scopo o effetto”) Predispone uno specifico strumento processuale Prevede una prova presuntiva, con mera valutazione degli indizi Rafforza il meccanismo delle sanzioni LA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA NEL TRATTATO CE I divieti di discriminazione nel lavoro e nell’area della libera circolazione: artt. 6 e 48 (ora artt. 12 e 39): divieto di discriminare sulla base della nazionalità art. 119 (ora art. 141): divieto di discriminazioni salariali fra donne e uomini Tali divieti, provvisti di un effetto diretto orizzontale, hanno in origine un carattere funzionale: devono assecondare il buon funzionamento del mercato comune LA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA NEL TRATTATO CE Possono essere letti nella stessa chiave anche i divieti di discriminazioni operanti in altre aree: artt. 36 e 95 (ora artt. 30 e 90): libera circolazione di beni e servizi artt.85 e 86 (ora art. 81 e 82): tutela della concorrenza art. 92 (ora art. 87): aiuti di stato art. 40, 3 (ora art. 34,2): trattamento produttori o consumatori mel mercato agricolo LA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA NEL TRATTATO CE Questi divieti vengono letti dalla Corte di giustizia come espressioni particolari di un principio di eguaglianza generale che, sebbene non esplicitamente sancito dai Trattati, costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento comunitario (v. per es., Caso C-810/ 79 Bershar c. Bundesversicherungsanstalt fur Angestellte). Ma l’eguaglianza, come si è detto, ha un significato “economico”. IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI BASATE SULLA NAZIONALITA’ Mentre il diritto derivato (direttive e regolamenti) ha specificato il contenuto del principio della parità di trattamento fra lavoratori nazionali e lavoratori migranti nell’accesso al lavoro, nelle condizioni di lavoro, nei vantaggi sociali (Reg. n. 1612/68, Reg. n. 1251/70, Dir. n. 360/68) [1], la Corte di giustizia ha progressivamente inteso il principio da regola strumentale all’osservanza del diritto di libera circolazione a diritto fondamentale della persona (van Duyn, Royer, Watson e Belmann, Donà) [1] Per l’ambito della sicurezza successive revisioni) sociale v. art. 51 TCE e Reg. n. 1408/17 e IL DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE BASATO SULLA NAZIONALITA’ Distinzione fra discriminazioni dirette e indirette (Sotgiu, O’Flynn) Lettura estensiva del campo di applicazione del principio (Sotgiu, Marsman) e lettura restrittiva delle eccezioni (art. 48.3 e 48.4) e delle possibili giustificazioni Regime dell’onere della prova favorevole al ricorrente (O’Flynn) AREE DI RILEVANZA GENERALE DEL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FRA I SESSI - TUTELA DELLA CONCORRENZA - PRINCIPI GENERALI DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO (Defrenne II) - EFFICACIA DEL DIRITTO COMUNITARIO Defrenne II (Carattere self executing disposizioni del Trattato) Marshall I, causa n. 152/84 (Efficacia diretta direttive) - RIMEDI Marshall II, causa n. 271/91, Dekker, Van Colson (Effettività e proporzionalità delle sanzioni) - RAPPORTI CON L’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE Levy, Minne RIFERIMENTI NORMATIVI: diritto originario TRATTATO CE : artt. 2, 3.2 (fini e principi generali) art. 13 (divieti di discriminazione) art. 137 (competenze CE in ambito sociale) art. 141 (nuovo testo art. 119) CARTA COMUNITARIA DEI DIRITTI SOCIALI FONDAMENTALI : art. 16 CARTA DI NIZZA : art. 21 RIFERIMENTI NORMATIVI: diritto derivato - DIRETTIVA n. 75/117 (parità salariale) - DIRETTIVA n. 76/207 (parità nelle condizioni di lavoro) - DIRETTIVA n. 79/7 (parità nella sicurezza sociale) - DIRETTIVA n. 86/378 (parità nella previdenza integrativa) - DIRETTIVA n. 86/613 (parità lavoratrici autonome) - DIRETTIVA n. 96/97 (modifica direttiva n. 86/378) - DIRETTIVA n. 97/80 (onere della prova) - DIRETTIVA n. 02/73 (modifica direttiva 76/207) - DIRETTIVA n. 04/113 (parità nell’accesso a beni e servizi e alla loro fornitura) RIFERIMENTI NORMATIVI: la soft law RACCOMANDAZIONE CONSIGLIO n. 84/635 (promozione azioni positive) RACCOMANDAZIONE COMMISSIONE n. 92/131 (tutela dalle molestie sessuali) CODICE DI CONDOTTA 1990 (molestie sessuali) CODICE DI CONDOTTA 1996 (applicazione principio di parità retributiva) L’ESTENSIONE DELLA PORTATA DEL DIVIETO DI DISCRIMINARE I passi avanti e i passi indietro della Corte di giustizia 1) IL CASO “P”: Applicazione della tutela antidiscriminatoria al licenziamento di un transessuale 2) IL CASO “GRANT”: Esclusione dell’applicazione della tutela anti-discriminatoria agli omosessuali ART. 13 TCE: Estensione del divieto di discriminazione ai seguenti motivi: Sesso Razza o origine etnica Religione o convinzioni personali Handicap Età Tendenze sessuali LE NUOVE DIRETTIVE Direttiva 2000/43/CE Parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla RAZZA e dall’ORIGINE ETNICA D. Lgs. n. 215/2003 Direttiva 2000/78/CE Stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro D. Lgs. n. 216/2003 Segue: LE NUOVE DIRETTIVE Direttiva 2002/73/CE Modifica la direttiva 76/207/CE sulla parità di trattamento tra uomini e donne D.lgs. n. 145/205 Direttiva 2004/113 CE Attua il principio di parità tra uomini e donne nell’accesso ai beni e servizi e nella loro fornitura LA DIRETTIVA 2000/43 Riguarda le discriminazioni in base alla razza e all’origine etnica (comprese le molestie e l’ordine di discriminare) Ha un campo di applicazione esteso oltre l’ambito del rapporto di lavoro (art. 3), ad es.: •Servizi sociali Istruzione Alloggio •Assistenza sanitaria NON riguarda: Le differenze di trattamento in base alla nazionalità Le disposizioni e le condizioni relative all’ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi o apolidi LA DIRETTIVA 2000/78/CE Riguarda le discriminazioni in base alla religione, alle convinzioni personali, all’età, all’handicap, alle tendenze sessuali (comprese le molesti e l’ordine di discriminare) Il campo di applicazione è però limitato ALL’OCCUPAZIONE e ALLE CONDIZIONI DI LAVORO LA DIRETTIVA 2002/73/CE Introduce nella dir. 76/207 le definizioni di discriminazione diretta e indiretta Il riferimento è la giurisprudenza della CGCE Definisce il concetto di molestia sessuale: Comportamento indesiderato a CONNOTAZIONE SESSUALE Espresso in forma FISICA, VERBALE E NON VERBALE Avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona In particolare creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo La ritiene una discriminazione LA DIRETTIVA 2004/113/CE Applica il principio di parità tra donne e uomini nell’accesso e nella fornitura di beni e servizi Fa però salve differenti prestazioni e premi assicurativi dovuti al fattore sesso nei contratti in corso e fino al 2007 Successivamente (o al più tardi nel 2009) ciò non sarà più possibile Le definizioni sono omogenee, le tutele differenziate La nozione di discriminazione diretta, indiretta e di molestia è comune alle diverse direttive Nel caso delle discriminazioni basate sull’handicap vi è un’ulteriore ipotesi di discriminazione (ma mancata adozione di soluzioni ragionevoli) Le tutele continuano a restare in parte differenziate (es. diverso campo di applicazione; numero più o meno ampio di eccezioni) Come cambia la nozione di discriminazione DISCRIMINAZIONE DIRETTA: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto SIA, SIA STATA O SAREBBE STATA TRATTATA un’altra in una situazione analoga Possibilità di far riferimento ad un soggetto IPOTETICO cui comparare la posizione del soggetto discriminato Le giustificazioni ammesse: in casi limitati, quando una delle caratteristiche vietate costituisce requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, la finalità sia legittima, il requisito proporzionato. Segue: Come cambia la nozione di discriminazione Nozione di discriminazione INDIRETTA Situazione che si verifica quando una disposizione, un criterio o una prassi APPARENTEMENTE NEUTRI POSSONO METTERE in una situazione di PARTICOLARE SVANTAGGIO le persone per uno dei motivi vietati (Finora si parlava di “svantaggio proporzionalmente maggiore” .v. art. 4, L. 125/91) Salvo che: Vi sia una giustificazione OGGETTIVA in base ad una finalità legittima I mezzi utilizzati per conseguirla siano appropriati e necessari Due ulteriori ipotesi di discriminazione la molestia: posta in essere a causa di uno dei motivi vietati, ha “lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo” la mancata adozione di soluzioni ragionevoli per i disabili, ovvero di provvedimenti appropriati che consentano loro di accedere a un lavoro, svolgerlo, avere una promozione o ricevere formazione, a meno che tali provvedimenti non richiedano oneri finanziari sproporzionati (inter alia, per assenza misure pubbliche di sostegno) IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE IN ITALIA D. Lgs. 9 luglio 2003, n. 215. Parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica D. Lgs. 9 luglio 2003, n. 216. Parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro Religione Convinzioni personali Handicap Età Orientamento sessuale D. Lgs. 30 maggio 2005, n. 145. Parità di trattamento fra uomini e donne nel lavoro IL D. LGS. N. 215/2003 Recepisce la direttiva sulle discriminazioni basate sulla razza e l’origine etnica Fornisce la nozione di discriminazione diretta e indiretta (art. 2), facendo però salve le previsioni dell’art. 43 del T.U. sull’immigrazione Considera una discriminazione anche l’ordine di discriminare Eccezioni: Caratteristiche che costituiscano un requisito ESSENZIALE E DETERMINANTE per lo svolgimento di una certa attività, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza L’AZIONE IN GIUDIZIO L’azione si svolge nelle forme previste dall’art. 44 del T.U. sull’immigrazione (che prevede un’azione civile contro le discriminazioni, a sua volta modellata su quella prevista per le dall’art. 4 della L. 125 del 1991) LEGITTIMAZIONE AD AGIRE: IN NOME E PER CONTO O A SOSTEGNO del soggetto leso possono agire: Associazioni ed enti iscritti in un apposito elenco Associazioni ed enti iscritti nel registro di cui all’art. 52 D.P.R. 394/99 A pena di nullità è richiesta la delega rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata SEGUE: L’AZIONE IN GIUDIZIO Art. 4, c. 2: Possibilità di promuovere il tentativo obbligatorio di conciliazione anche tramite gli enti legittimati ad agire DISCRIMINAZIONI COLLETTIVE Legittimazione ad agire di enti ed associazioni di cui all’art. 5 Anche in assenza di delega Anche se non sono individuabili i soggetti lesi dagli atti discriminatori IL D. LGS. 216/2003 Fornisce la nozione di discriminazione diretta e indiretta Considera discriminazioni anche : o le molestie o l’ordine di discriminare Introduce la nozione di Discriminazione “doppia” o “incrociata”, ossia: Discriminazioni dovute alla combinazione di due o più fattori vietati Uno dei fattori di discriminazione deve essere il sesso DEROGHE AL DIVIETO… In generale: Ammissibili differenze di trattamento sulla base dei fattori vietati, quando: Per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui viene espletata… Si tratti di un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività Sono inoltre fatte salve le disposizioni che prevedono accertamenti di idoneità al lavoro per Forze armate, servizi di polizia, penitenziari, di soccorso LE ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA Sono legittime: Differenze di trattamento basate sulla professione di una determinata religione o di determinate condizioni personali Nell’ambito di: Enti religiosi Altre organizzazioni pubbliche e private Purché: Per la natura delle attività degli enti o per il contesto in cui tali attività sono svolte Si tratti di requisiti essenziali, legittimi e giustificati al fine dello svolgimento dell’attività Riferimento anche alle “mansioni neutre? LE AZIONI IN GIUDIZIO Art. 15 Statuto dei Lavoratori Viene integrato con la previsione dei fattori di discriminazione di cui al D. Lgs. 216 Problema delle conseguenze della nullità degli atti discriminatori Forme di cui all’art. 44 del T.U. sull’immigrazione Legittimazione ad agire Rappresentanze locali delle “ORGANIZZAZIONI NAZIONALI M.R.” Su delega del soggetto leso In proprio, se si tratta di discriminazioni collettive L’ONERE DELLA PROVA Deduzione di elementi di fatto, desunti anche da dati statistici, in termini GRAVI, PRECISI E CONCORDANTI La valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice (2729 c.c.) Si tratta di una comune prova presuntiva V. invece la diversa dizione usata nella L. 125/1991, art. 4., dove sui parla di dati PRECISI E CONCORDANTI (NON ANCHE GRAVI): alleggerimento dell’onere della prova, come previsto dalla normativa comunitaria SEGUE: CONTENUTO DELLA PRONUNCIA Il giudice: Provvede, su richiesta, al risarcimento del danno Anche danno non patrimoniale (2059 c.c.) Ordina La cessazione della condotta o dell’atto discriminatorio, ove ancora sussistente La rimozione degli effetti Può inoltre ordinare: L’adozione di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate (Modello delle azioni positive giudiziali) La pubblicazione della sentenza su un quotidiano a tiratura nazionale ELEMENTI COMUNI ALLE DUE AZIONI ONERE DELLA PROVA CONTENUTO DELLA PRONUNCIA DEL GIUDICE GIURISDIZIONE GIUDICE AMMINISTRATIVO PER IL PERSONALE DI CUI ALL’ART. 3, C. 1, D. LGS. 165/2001 Personale in regime di diritto pubblico PROBLEMI… Mancanza di riferimenti alle azioni positive Confronto con l’art. 4, c. 8, L. 125/1991 Piano di rimozione delle discriminazioni accertate in giudizio Nei D. Lg.vi è solo eventuale Onere della prova nella L. 125/1991 si parla di dati PRECISI E CONCORDANTI (NON ANCHE GRAVI): alleggerimento dell’onere della prova, come previsto dalla normativa comunitaria Abrogazioni di tutte le disposizioni di legge e di contatto collettivo in contrasto Nei D. Lg.vi sono invece fatte espressamente salve Il D.lgs. n. 145/2005 Novità rispetto a l. 903/77 e l. 125/91 due nuove nozioni di discriminazione diretta e indiretta, che però non innovano in modo sostanziale estensione dell’ambito di applicazione del divieto di discriminazioni al lavoro autonomo, all’affiliazione, all’attività e alle prestazioni erogate da organizzazioni di lavoratori o datori di lavoro. definizione delle molestie e delle molestie sessuali e loro esplicita considerazione quali discriminazioni di espressa previsione del risarcimento del danno anche non patrimoniale del soggetto leso da una discriminazione