La consulenza tecnica
d’ufficio dopo la Legge
69/09
Introduzione
Giovedì 19 novembre 2009,
Nuovo Palazzo di Giustizia, Centro Direzionale di Napoli,
Piazza Coperta, Palazzina B,
Unione Italiana Forense,
Sez. Tribunale di Napoli, e
A.P.N. - Associazione
Previdenzialisti Napoletani -
Avvocato Massimo Mazzucchiello del
Foro di Napoli
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la
Legge 69/09
-questioni preliminari ed avvisi-


taglio pratico di questa breve illustrazione:saranno dati
dapprima dei brevi richiami sul mezzo istruttorio della consulenza tecnica d’ufficio -e sulla sua
natura- che nell’ambito di un corso di diritto previdenziale non può che riguardare il bene
salute del “valore uomo”; saranno quindi analizzati i casi di valutazione in ambito medicolegale in cui tale mezzo diventa una vera e propria prova e quali sono le condizioni necessarie
e sufficienti per richiederla e che vincolano il giudice nell’ammetterla; si passerà quindi
all’esame delle novità introdotte dalla riforma del processo civile del 2009 ed al modo di
assunzione –in parte mutuata dalla riforma settoriale del processo esecutivo, come si dirà- .
Si invitano i Colleghi ad una maggiore collaborazione per la circolazione e la messa a
disposizione di TUTTI del progresso giuridico e del proprio know-how , delle proprie
esperienze, dei successi o degli insuccessi con esame critico degli stessi, condivisione in rete
internet mediante l’utilizzazione del forum del portale
www.associazioneprevidenzialinapoletani.it oppure ww.apren.it

la necessità dell’associazionismo per gestire la
sopravvivenza (”per sua natura l’uomo è spinto a costituire con i propri simili una
comunità civile finalizzata ad appagare i propri bisogni e gestire la sopravvivenza”, Charles
de Secondat barone di Montesquieu, lo “Spirito delle leggi”, 1748).
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La consulenza tecnica d’ufficio
dopo la Legge 69/09
Le innovazioni introdotte nella fase
istruttoria
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La velocizzazione introdotta dalla Legge 18
giugno 2009, n. 69:
comma 1 dell’art. 191 c.p.c.;
comma 3 dell’art. 195 c.p.c. ;
art. 23 delle d.a.c.p.c. (tetto del 10% del totale
incarichi affidati dal tribunale)
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La consulenza tecnica d’ufficio
dopo la Legge 69/09
Brevi richiami sulla c.t.u.
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La consulenza tecnica viene considerata dagli studiosi di diritto
processuale sostanzialmente un “mezzo istruttorio” e
raramente come un “mezzo di prova” (tranne nei casi della c.t.u.
così detta “percipiente”, come si dirà).
Infatti ricorre normalmente come “mezzo istruttorio”, nel diritto
positivo (cft. art. 61 c.p.c.) ogni qual volta il giudice, per decidere
la controversia, deve fare uso di nozioni specialistiche
(scientifiche o applicative-tecniche) che non possiede e quindi
debba farsi “assistere, per il compimento di di singoli atti o di
tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare
competenza tecnica”.
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La consulenza tecnica d’ufficio
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mezzo istruttorio o mezzo di
prova?
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Normalmente la c.t.u. può essere disposta dal giudice solo per valutare in maniera “tecnica”
fatti che già sono stati provati dalle parti in causa (esempio la prova testimoniale
sull’accadimento di un fatto-infortunistico, il referto di pronto soccorso a comprova di un
trauma, rapporti di autorità amministrative intervenute, ecc.).
Giammai la c.t.u. può essere disposta dal giudice per supplire alle carenze istruttorie o
probatorie del processo: la parte ha quindi l’onere di chiedere di provare i fatti costitutivi del
diritto vantato con i mezzi di prova in senso stretto previsti dal codice civile e non può quindi
pretendere di fornire la prova attraverso la c.t.u. Il giudice può respingere tranquillamente una
simile richiesta anche senza motivarla.
Il potere di disporre una consulenza tecnica d’ufficio rientra quindi nella “discrezionalità” del
giudice.
Il giudice infatti determina l’opportunità e la necessità di avvalersi dell’assistenza di un
consulente, che non è quindi subordinata alla richiesta delle parti.
In sostanza quindi la consulenza serve d’ausilio al giudice nelle valutazioni delle componenti
tecniche del materiale istruttorio “già raccolto”.
IN TALI CASI la consulenza tecnica d’ufficio, specie nel rito “ordinario”, si dice “deducente”
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La consulenza tecnica d’ufficio
dopo la Legge 69/09
mezzo istruttorio o mezzo di
prova?
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Quando invece il consulente (come avviene soprattutto nelle
controversie di cui all’art. 442 c.p.c.) venga incaricato proprio di
accertare un fatto la cui prova sia essenziale per la decisione, si
dice che la consulenza è “percipiente”.
Vediamo le importanti implicazioni sul regime dell’obbligo o della
discrezionalità e chiariamo il concetto avvalendoci del materiale
fornito dalla giurisprudenza di legittimità.
In particolare quali sono le condizioni richieste per la sua
ammissione (obbligatoria per il giudice).
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mezzo istruttorio o mezzo di
prova?
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E' a tutti noto come la C.T.U. (consulenza tecnica d'Ufficio) non possa costituire
un mezzo di prova nel processo civile, ma soltanto un mezzo "valutativo" di fatti
già altrimenti accertati. Tuttavia, nel comparto dell'invalidità civile, la C.T.U. diviene
un vero e proprio mezzo di prova.
Infatti il ricorrente si limita normalmente ad allegare le menomazioni o le
patologie. L'eventuale produzione documentale con referti, esami clinici, ecc.,
(specie se proveniente da struttura sanitaria pubblica) costituirà un valido ausilio
per dimostrare la pre-esistenza della patologia al fine di ottenere una efficacia
retroattiva dell'accertamento a prima della proposizione della domanda giudiziaria.
E' quindi richiesto un particolare "sapere tecnico qualificato" che è reperibile
soltanto in quel particolare "ausiliario" del giudice: il consulente tecnico.
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge 69/09
mezzo istruttorio o mezzo di prova?
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In tale caso, come ha chiarito la Corte Suprema con sentenza N. 13401 del
22/6/2005, la C.T.U. si dice "percipiente" e non "deducente". Ovviamente
sussiste l'onere per l'attore di allegare specificatamente le singole menomazioni
e/o infermità da cui è affetto e di mettere a disposizione dell'Autorità Giudiziaria il
proprio corpo umano da fare ispezionare dal CTU.
Gli effetti pratici sono molteplici. Basti pensare al fatto che una menomazione, una
volta accertata dal CTU con adeguata e corretta motivazione, costituisce oramai
un "fatto provato" da cui il giudice non può discostarsi.
Ancora. L'omessa valutazione da parte del C.T.U. di una menomazione
"semplicemente allegata" in ricorso costituisce un sicuro motivo per chiedere al
giudice una rinnovazione delle indagini peritali per “carenza o deficienza
diagnostica” (con eventuale sostituzione del C.T.U. nel caso in cui dovessero
ricorrere "gravi motivi").
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mezzo istruttorio o mezzo di prova?
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Consulenza tecnica: i casi in cui costituisce fonte diretta di prova.

Cass. Civ. III Sez., 22.06.2005 n. 13401
Se il giudice affida al consulente il semplice incarico di valutare fatti già accertati o dati
preesistenti, la funzione del consulente tecnico è deducente e la sua attività non può produrre
prova; se, viceversa, al consulente è conferito l'incarico di accertare fatti non altrimenti
accertabili che con l'impiego di tecniche particolari, il consulente è percipiente, la consulenza
costituisce fonte diretta di prova ed è utilizzabile al pari di ogni altra prova ritualmente
acquisita al processo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la riportata sentenza,
precisando che in nessun caso la consulenza tecnica può servire ad esonerare la parte dal
fornire la prova che le spetta fornire in base ai principi che regolano l'onere relativo; solo nel
caso di fatti, il cui accertamento richieda l'impiego di un sapere tecnico qualificato, l'onere si
riduce all'allegazione, spettando, poi , al giudice decidere se ricorrono o meno le condizioni
per ammettere la consulenza tecnica.
Aggiunge, inoltre, la Suprema Corte che "viola gli artt. 61 e 116 c.p.c. il giudice che non
ammetta la consulenza tecnica per il solo fatto che non è stato adempiuto l'onere probatorio,
alla stessa maniera in cui li violi il giudice che, ammessa ed espletata la consulenza tecnica,
rifiuti per il medesimo fatto di tenerne conto".
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Altra giurisprudenza di merito e di
legittimità
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tribunale di Ivrea 26 settembre 2007
“la c.t.u. percipiente è quella c.t.u. che tende ad acclarare un fatto tecnico non
accertabile nella sua intrinseca natura se non con cognizioni settoriali che il giudice non
possiede, e come tale la c.t.u. percipiente costituisce fonte oggettiva di prova”.

Cassazione civile, i sezione, 5 luglio 2007 n. 15219
“la mancata disposizione della consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice, di cui si
asserisce l’indispensabilità, è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di
motivazione, laddove la consulenza sia finalizzata a esonerare la parte dall’onere della
prova o richiesta a fini esplorativi alla ricerca di fatti, circostanze o elementi non provati”
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mezzo istruttorio o mezzo di prova?
Altra giurisprudenza di merito e di legittimità
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Cassazione civ. sez III 14 novembre 2008, n.
27247

“rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito
la valutazione dell’opportunità di disporre indagini
tecniche suppletive o integrative, di sentire a
chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla
relazione già depositata ovvero di rinnovare, in
parte o in toto, le indagini, sostituendo l’ausiliare del
giudice”.
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge 69/09
mezzo istruttorio o mezzo di prova?
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Per concludere possiamo quindi rielaborare il
materiale sin qui esaminato e possiamo
enunciare queste brevi regole sull’ammissibilità
della c.t.u. “percipiente”:
Poiché in ipotesi di ctu percipiente si rischia di
favorire la parte che avrebbe l’onere di provare
il fatto rilevante, la giurisprudenza l’ammette
solo a certe condizioni:


che la prova dello stesso fatto sia, se non proprio
impossibile, almeno di forte difficoltà pratica;
che la parte abbia già dedotto in causa il suddetto fatto.
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procedimento
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L’art. 191, 1°comma, .c.p.c., così come novellato dalla riforma del 2009 prevede “nei casi previsti dagli
articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’art. 183, settimo comma, o con altra
successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve
comparire>>.
Il nuovo testo prevede dunque che la nomina del consulente tecnico avvenga all’esito dell’udienza di
trattazione disciplinata dall’art. 183 c.p.c., nel preciso momento temporale in cui il giudice si trova a decidere
sulle istanze istruttorie di parte d sulle iniziative istruttorie che egli stesso intende svolgere d’ufficio.
Quindi la novità del “momento della nomina” pone in linea il legislatore con la tendenza di unificazione e
concentrazione della fase di trattazione in un’unica udienza. In ogni caso, però lo stesso legislatore, lascia la
possibilità che la nomina del consulente possa avvenire anche “con altra successiva ordinanza”, Infatti spesso
capita che il giudice non nomini il consulente al termine dell’udienza di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c.. nel
testo riformato, ma in un momento successivo, come ad esempio dopo l’assunzione della prova testimoniale.
Ma la novità più sostanziale ed esclatante è l’immediata a formulazione dei quesiti. Deve, cioè, avvenire
all’interno dello stesso provvedimento di nomina del consulente.Evidentemente questa modifica ha lo scopo di
velocizzare il “procedimento” ed è finalizzata all’abbreviazione dei tempi di conferimento dell’incarico e quindi
dei tempi della successiva udienza, in quanto la parti arriveranno a essa già consapevoli dei quesiti, sui quali
potranno dunque agevolmente dar corso allo svolgimento del contradditorio.

L’art. 191, 2° comma, c.p.c., continua a prevedere la possibilità per il giudice di nominare un collegio di
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consulenti.
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge
69/09
procedimento
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L’art. 195, comma 3, c.p.c., dopo la riforma così recita: “la relazione deve essere trasmessa dal consulente
alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. con la
medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le
proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente
deve depositare il cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse”.
In omaggio ai principi di economia processuale, si è così adottato un modello concentrato per l’acquiisizione
agli atti del processo della consulenza tecnica, eliminando tutta una serie di udienze “parassite”.
Prima della riforma, infatti, la consulenza veniva disposta in un’udienza a cui ne seguiva un’altra per la
comparizione del consulentee l’assunzione dell’incarico. Qui il giudice formulava i quesiti, fissava il termine per
il deposito della relazione e l’udienza di rinvio, nella quale –quasi sempre- le parti chiedevano un termine per
il deposito di osservazioni sulla relazione. Poi magari chiedevano che il giudice chiedesse alla nuova udienza
chiarimenti al c.t.u., con possibilità di un nuovo rinvio e quindi di una quarta udienza per il deposito della
relazione a chiarimento e, finalmente, la conclusione delle operazioni peritali.
Questo lungo iter viene eliminato dalla riforma, che concentra tutto in “attività preliminari” all’udienza,
semplificando in tal modo anche il carico del giudice, che all’unica udienza troverà già pronte la relazione, le
osservazioni dei consulenti di parte e la risposta del consulente alle osservazioni stesse.
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procedimento

Quindi appare evidente che il nuovo procedimento si articola lungo tre termini,
tutti fissati dal giudice nell’ordinanza emessa all’udienza per il giuramento del c.t.u.
(cft. art. 193 c.p.c.):


un primo termine entro cui il consulente deve inviare alle parti (dunque non più
depositare in cancelleria) la relazione;

un secondo termine entro cui le parti devono trasmettere al consulente le proprie
memorie critiche circa il contenuto della relazione;


un terzo e ultimo termine, (prima dell’udienza di rinvio), entro cui il consulente deve
depositare in cancelleria la “relazione finale” unitamente alle osservazioni delle parti e alla
risposta del consulente alle stesse.
Nulla chiarisce la norma se il testo della relazione possa essere modificato in
accoglimento delle osservazioni delle parti prima del deposito o se il consulente debba
limitarsi ad allegare le osservazioni stesse ed esprimere su di esse la sua sintetica
valutazione (ne vedremo…) .
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procedimento: distribuzione incarichi ctu
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
Articolo 23 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile
(distribuzione degli incarichi)

La novella del 2009 ha così modificato l’articolo circa la vigilanza sulla distribuzione degli incarichi:




“Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano
equamente distribuiti tra gli iscritti all’albo in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano
essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per cento di quelli affidati all’ufficio, e
garantisce che sia assicurata l’adeguata trasparenza nel conferimento degli incarichi anche a
mezzo di strumentiinformatici, (…)”.
Obiettivo evidente: trasparenza nella distribuzione degli incarichi giudiziari.
Osservazioni:

Nello stabilire un tetto massimo del 10% degli incarichi affidati dall’ufficio giudiziario, il legislatore
della riforma non ha stabilito l’arco temporale di riferimento. Da più parti si ritiene che si debba
considerare l’anno solare.

Nulla dice la norma se il controllo del numero di conferimenti debba essere preventivo, cioè prima
della nomina o a consuntivo. Nel quale ultimo caso cosa succede in caso di superamento del
limite? Evidentemente la norma ha un valore di “moral suasion” . Si inviterà evidentemente –per il
futuro- quel giudice a non conferire ulteriori incarichi a quel consulente per un certo intervallo di
tempo in modo da “riazzerare” il computo nell’intervallo temporale considerato.
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procedimento specifico per le cause per
prestazioni sanitarie previdenziali e
assistenziali


L’art. 20, comma 5, del D.L. 26/6/2009, poi convertito in legge nell’estate scorsa,
ha aggiunto il comma 6 bis all’art. 10 della legge 2 dicembre 2005, n. 248
(di conversione del D.L. 203/2005). Esso stabilisce che:

“Nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed

Obiettivo di “contrasto alle frodi in materia di invalidità civile” (così la rubrica
dell’articolo 20).
assistenziali, nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio, alle
indagini assiste un medico legale dell’ente (INPS, n.d.r.), su richiesta, formulata, a
pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad invaire
apposita comunicazione al direttore della sede provinciale dell’INPS competente. Al
predetto componente competono le facoltà indicate nel secondo comma dell’art.
194 del codice di procedura civile”.
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

La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge
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procedimento
La questione della rinnovazione di indagini
peritali ex art. 196 c.p.c.
L’art. 196 c.p.c., rubricato “Rinnovazione delle indagini
e sostituzione del consulente” stabilisce che: “Il giudice
ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle
indagini, e, per gravi motivi, la sostituzione del
consulente tecnico”.

si tratta evidentemente di un potere discrezionale del
giudice, sebbene “stimolato” dalle parti.
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
La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge
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procedimento
La questione della rinnovazione di indagini
peritali ex art. 196 c.p.c.
Sulla discrezionalità del giudice:

Cassazione civ. sez III 14 novembre 2008, n.
27247 “ rientra nei poteri discrezionali del giudice di
merito la valutazione dell’opportunità di disporre
indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire
a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla
relazione già depositata ovvero di rinnovare, in
parte o in toto, le indagini, sostituendo l’ausiliare del
giudice.”
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge
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procedimento
La questione della rinnovazione di indagini
peritali ex art. 196 c.p.c.
Quando si può validamente chiedere la rinnovazione:




Vizi di violazione di legge;
Vizi nella motivazione
E risaputo che, quando il giudice di merito si basa sulle conclusioni
dell’ausiliario, gli eventuali errori e lacune della consulenza si
riverberano sulla sentenza sotto il profilo del vizio di motivazione. Ma
perché ciò possa verificarsi è necessario che si tratti di carenze o
deficienze diagnostiche, o di affermazioni illogiche o scientificamente
errate, non già di semplici difformità tra la valutazione del consulente
circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e il valore diverso
attribuito dalla parte (Cass. 11054/2003)
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La questione della rinnovazione di indagini
peritali ex art. 196 c.p.c.

Quando si può validamente chiedere la rinnovazione:




Vizi di violazione di legge;
Vizi nella motivazione
La stessa Corte di Cassazione ha più volte stabilito che il sindacato del Giudice sulla consulenza tecnica è
limitato, come avviene per il sindacato della Cassazione sulle sentenze di merito, ai soli vizi di
violazione di legge ovvero ai vizi della motivazione, non potendo il giudice sindacare il merito
delle valutazioni mediche operate dal consulente (cfr. Cass. 7341/2004; 2151/2004, 110054/2003). “E’
appena il caso di richiamare in proposito la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ove il
giudice del merito si basi sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, il difetto di motivazione della
sentenza denunciabile in Cassazione deve consistere nella indicazione delle carenze e deficienze
diagnostiche riscontrabili nella perizia, o nella precisazione delle affermazioni illogiche o scientificamente
errate in essa contenute, o nella individuazione della omissione degli accertamenti strumentali dai quali,
secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, non
essendo sufficiente la mera prospettazione di una semplice difformità tra le valutazioni del consulente
circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e quella della parte; al di fuori di tale ambito, infatti, la
censura di difetto di motivazione costituisce un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del
processo logico che si traduce in una inammissibile richiesta di revisione nel merito del convincimento
del giudice” (Cass. 7341/2004).
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La consulenza tecnica d’ufficio dopo la Legge
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…e per finire….”Quid iuris…art. 146 delle
disposizioni di attuazione al codice di procedura
civile ?”
Art. 146 d.a.c.p.c.. Albo dei consulenti tecnici.
“Nell’albo dei consulenti tecnici istituiti presso
ogni tribunale debbono essere inclusi, per i
processi relativi a domande di prestazioni
previdenziali e assistenziali, i medici
legali e delle assicurazioni e i medici del
lavoro”.
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