COMUNE DI GIULIANOVA
(Provincia di Teramo)
Realizzazione Studio di Microzonazione Sismica – Livello 1 – ai sensi della
O.P.C.M. 13 novembre 2010, n. 3907 e della D.G.R. 20 maggio 2011, n. 333
Località: Comune di Giulianova (TE) – Territorio comunale
ATTIVITÀ FINALE: STUDIO DI MICROZONAZIONE
SISMICA LIVELLO 1
Giulianova, novembre 2013
Il Geologo incaricato:
Dott. Mirco ANGELINI
Il Collaboratore:
Dott. Stefania DI BARTOLOMEO
Dott. Mirco Angelini Via Colle Pizzuto 3 , 64021 Giulianova (TE). Tel. 348/2200251 – 085/8001137
ATTIVITÀ DI PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO - MICROZONAZIONE SISMICA DEL TERRITORIO REGIONALE - PROGETTO
COFINANZIATO CON FONDI COMUNITARI POR-FESR ABRUZZO 2007-2013 ASSE IV - ATTIVITÀ IV.3.1.
COMUNE DI GIULIANOVA (TE)
Relazione Illustrativa
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
Sommario
INTRODUZIONE ............................................................................................... 2
1.
DEFINIZIONE DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA DI BASE ................................... 3
1.1
Definizione di zona sismogenetica .......................................................... 3
1.2
Sismicità storica .................................................................................. 8
2.
ASSETTO GEOLOGICO .............................................................................. 15
2.1
Caratteri litostratigrafici ..................................................................... 15
3.
ASSETTO GEOMORFOLOGICO .................................................................... 18
4.
ASSETTO IDROGEOLOGICO ....................................................................... 20
5.
DATI GEOTECNICI E GEOFISICI ................................................................. 21
a.
Indagini bibliografiche ........................................................................... 21
b.
Indagini di nuova esecuzione.................................................................. 23
c.
Analisi e risultati delle prospezioni HVSR .................................................. 24
6.
CENNI SULLA STORIA URBANISTICA DEL CENTRO URBANO ........................... 31
7.
MODELLO DI SOTTOSUOLO ....................................................................... 32
8.
LA CARTA DELLE MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA SISMICA ............. 33
9.
INCERTEZZE, ELEMENTI DI CRITICITÀ E SUGGERIMENTI PER SUCCESSIVI
APPROFONDIMENTI ................................................................................ 35
10. CONCLUSIONI ......................................................................................... 38
Bibliografia .................................................................................................... 39
Allegati cartografici
- Carta delle indagini (Scala 1:10.000)
- Carte geologico-tecnica (Scala 1:5.000)
- Carte delle MOPS (Scala 1:5.000)
- Carte delle frequenze fondamentali di vibrazione (Scala 1:10.000)
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Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
INTRODUZIONE
Il presente elaborato, redatto in collaborazione con il Dott. Stefania Di
Bartolomeo,
costituisce
la
relazione
illustrativa,
a
corredo
dello
“Studio
di
Microzonazione Sismica – Livello 1”, ai sensi dell’O.P.C.M. 13.11.2010, n. 3907 e della
D.G.R. 20.05.2011, n. 333 e s.m.i., relativamente al territorio comunale di
Giulianova(TE),
eseguito
su
incarico
dell’amministrazione
comunale
come
da
disciplinare d'incarico professionale del 27 febbraio 2012.
Lo studio di Microzonazione Sismica (di seguito MZS) di Livello 1, è uno
strumento utile esclusivamente per la pianificazione territoriale ed è finalizzato alla
realizzazione della Carta delle Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (di seguito
M.O.P.S.), da effettuarsi secondo gli standard tecnici nazionali e regionali di
riferimento, nella loro versione più aggiornata disponibile, come di seguito elencati 1:
• Indirizzi e Criteri generali per la Microzonazione Sismica (di seguito I.C.M.S.),
redatti dal Dipartimento della Protezione Civile (in seguito D.P.C.) ed approvati il
13 novembre 2008 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome;
• microzonazione sismica per la ricostruzione dell’area aquilana, redatto dal D.P.C.
e dalla Regione Abruzzo, a seguito dell’evento sismico del 2009;
• specifiche tecniche per la redazione degli elaborati cartografici relativi al Livello 1
delle attività di Microzonazione Sismica (di seguito Linee Guida) redatte dalla
Regione Abruzzo al fine di uniformare gli I.C.M.S. alle caratteristiche regionali;
• standard di rappresentazione cartografica e archiviazione informatica, specifiche
tecniche per la redazione in ambiente GIS degli elaborati cartografici della
microzonazione sismica definiti dal D.P.C.;
• standard di rappresentazione cartografica e archiviazione informatica, simbologia
per la stesura della carta delle indagini secondo quanto previsto dagli I.C.M.S.,
definiti dal D.P.C.;
• O.P.C.M. 13.10.2010, n. 3907;
• D.G.R. 20.05.2011, n. 333 e s.m.i..
Lo studio di MZS, in generale, si concentra in corrispondenza dei centri urbani
maggiormente significativi, e nelle aree per le quali il P.R.G. comunale prevede
trasformazioni insediative o infrastrutturali. Le estensioni reale delle aree da
sottoporre alla MZS dipendono oltre che dalla presenza di insediamenti urbani, anche
1
Programma regionale di mitigazione del rischio sismico. Art. 2 Disciplinare d’incarico – “Documenti tecnici
e standard informatici di riferimento”;
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dalle diverse situazioni morfologiche e geologiche dei vari siti. La microzonazione è
stata estesa all’intero territorio comunale, con particolare riguardo a quelle aree per le
quali le condizioni territoriali o normative prevedono delle trasformazioni insediative o
infrastrutturali.
1. DEFINIZIONE DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA DI BASE
La pericolosità sismica di base dipende dalle caratteristiche sismologiche
dell’area (tipo, dimensioni e profondità delle sorgenti sismiche, energia e frequenza dei
terremoti) e calcola (generalmente in maniera probabilistica), per una certa regione e
in un determinato periodo di tempo, i valori di parametri corrispondenti a prefissate
probabilità di eccedenza. Tali parametri (velocità, accelerazione, intensità, ordinate
spettrali) descrivono lo scuotimento prodotto dal terremoto in condizioni di suolo rigido
e senza irregolarità morfologiche (terremoto di riferimento).
1.1
Definizione di zona sismogenetica
Dall'analisi della bibliografia esistente (Galadini F. et al., 2005a), si desume che
nel territorio comunale di Giulianova, non sono presenti sorgenti sismogenetiche
(faglie attive) con evidente espressione superficiale, indagabili tramite tradizionali
indagini geomorfologiche. Le sorgenti sismogenetiche note, a ridosso del territorio
provinciale potenzialmente responsabili di terremoti con M>6.5, si trovano all’interno
della
catena
appenninica.
Esse
verranno
in
seguito
definite
come
sorgenti
sismogenetiche/faglie attive di Norcia, del M. Vettore, dei Monti della Laga, dell’Alta
Valle dell’Aterno, di Assergi-Campo Imperatore.
Il sistema di faglia di Norcia è costituito da cinque segmenti che vengono
considerati come espressione superficiale di una sola sorgente sismogenetica. Prove
dell’attività recente riguardano soprattutto l’area nursina, ove il conoide tardoquaternario di Patino risulta dislocato dalla faglia normale che borda l’intero bacino di
Norcia e dalle sue faglie secondarie (Blumetti, 1995; Galli et al., 2005). Indagini
paleosismologiche effettuate nel 2003 hanno permesso di ipotizzare l’occorrenza di
almeno quattro eventi di dislocazione negli ultimi 27.000 anni circa. Di questi eventi, il
più antico sarebbe avvenuto precedentemente all’ultimo massimo glaciale (cioè prima
di circa 22.000 anni fa); un altro evento sarebbe precedente al VI secolo a.C.; il
penultimo evento sarebbe avvenuto dopo il VI secolo a.C. ma prima del III-I secolo
a.C.; l’evento più recente sarebbe invece occorso dopo il XV-XVII secolo. Esso è
associabile, pertanto, al terremoto del 14 gennaio 1703 (Maw 6.81, secondo il
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catalogo sismico del Gruppo di Lavoro CPTI, 2004), che ha interessato l’intera Umbria
meridionale, la provincia di Rieti e l’Abruzzo settentrionale.
Verso sud, il segmento di faglia di Norcia è in rapporto en-echelon con il
segmento del M. Alvagnano lungo il quale, in occasione del terremoto del 1703, si
sarebbero formate lunghe fratture sul terreno di probabile natura gravitativa
(Blumetti, 1995). Ad est del sistema di faglia di Norcia, sul fianco occidentale del
sistema montuoso M. Vettore-M. Bove, è ubicata la faglia del M. Vettore, cui è
associata una delle più vistose scarpate in roccia dell’Appennino centrale. Uno dei
segmenti di faglia secondari è responsabile della dislocazione di un conoide polifasico
formatosi tra l’Ultimo Massimo Glaciale e circa 3800-3200 anni BP (Galadini e Galli,
2003). Indagini paleosismologiche in corrispondenza della scarpata di faglia legata a
tale attività hanno evidenziato tre eventi di dislocazione post-Ultimo Massimo Glaciale,
in una successione purtroppo incompleta. Due di questi eventi sarebbero occorsi
nell’Olocene. Il più recente sarebbe avvenuto tra 4155-3965 BP e il VI-VII secolo d.C.
Un precedente evento è cronologicamente vincolato tra 5940-5890/5795-5780
BP e 4155-3965 BP. Un evento più antico, mal vincolato, comprende probabilmente
più eventi di dislocazione tra 18000-12000 BP e 5940-5890/5795-5780 BP. Al
contrario del sistema di faglia di Norcia, alla faglia del M. Vettore non è associabile
alcun evento storico. Ciò ha portato Galadini e Galli (2000 e 2003) a considerare tale
faglia come “silente”. Ad essa sarebbe pertanto riferibile un elevato livello di
pericolosità sismica.
Il sistema di faglia dell’Alta Valle dell’Aterno si trova a sud di quello di Norcia ed
è costituito da quattro segmenti di faglia in rapporto en-echelon (Capitignano, San
Giovanni, M. Marine, M. Pettino). L’evidenza dell’attività recente del sistema di faglia è
soprattutto derivata dalle indagini sui segmenti del M. Marine e del M. Pettino, dove le
faglie hanno formato scarpate in roccia lungo le quali è spesso visibile la dislocazione
di depositi di versante riferiti all’Ultimo Massimo Glaciale (Galadini e Galli, 2000). Le
indagini paleosismologiche lungo il segmento del M. Marine hanno chiarito che al
sistema di faglia dell’Alta Valle dell’Aterno possono essere riferiti almeno cinque eventi
di dislocazione negli ultimi 15.000 anni (Moro et al., 2003). I tre eventi più antichi
sarebbero avvenuti in età prossime a 12.000-15.000 anni fa. Il penultimo evento di
dislocazione,
poco
vincolato
cronologicamente,
sarebbe
comunque
successivo
all’ambito temporale citato. L’evento di fagliazione più recente è stato responsabile
della dislocazione di unità stratigrafiche contenenti ceramica storica. Tali unità
dovrebbero essersi deposte nell’alto medioevo oppure nel corso della cosiddetta
Piccola Età Glaciale. L’evento sismico responsabile della dislocazione è pertanto
occorso in epoca storica. Considerando il fatto che il terremoto del 2 febbraio 1703 è
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l’unico evento storico di elevata magnitudo (quindi con fagliazione di superficie
associabile) ad avere interessato l’area, l’osservazione paleosismologica suggerisce
che l’origine di tale evento sia da riferire all’attivazione delle strutture in oggetto.
Per quanto concerne il terremoto del 1461 (Mw=6.5), Galadini e Galli (2000)
non forniscono indicazioni se non porre in maniera interrogativa la possibilità che esso
sia stato generato dalla faglia di Assergi oppure ad una delle faglie minori nella valle
dell'Aterno (nel caso specifico, quella di Paganica) (Messina et al., 2009). A questo
proposito, sembra utile citare lo schema di sorgenti sismogenetiche più recentemente
pubblicato da Boncio et al. (2004). Tale schema include un'ipotesi di sorgente relativa
al terremto del 1461 ottenuta unendo la faglia di Paganica con quella del Monte
Pettino. Attualmente, la comunità scientifica tende a considerare i terremoti del 1461
e del 2009 come il risultato dell'attivazione di una sorgente la cui espressione in
superficie è rappresentata dalla faglia ridefinita Collebrincioni-San Demetrio (Messina
et al., 2009).
Ad est del sistema dell’Alta Valle dell’Aterno viene individuata la faglia della
Laga. Per essa le evidenze di attività recente sono rappresentate dalla dislocazione di
terrazzi del Pleistocene superiore e dell’Olocene. L’analisi paleosismologica ha
permesso di individuare due eventi di dislocazione occorsi dopo 8320-8150 BP
(Galadini e Galli, 2003). Anche in questo caso, l’assenza di terremoti storici di
magnitudo compatibile con l’occorrenza di fagliazione di superficie ha portato a
considerare tale faglia come una sorgente “silente”.
Il prolungamento verso sud della faglia della Laga è rappresentato dal
segmento di Campo Imperatore del sistema di faglia Assergi-Campo Imperatore.
L’attività dei vari segmenti di faglia è provata dalla dislocazione in più punti di depositi
e forme del Pleistocene superiore-Olocene. A titolo di esempio si può ricordare la
dislocazione di un circo glaciale sul M. Brancastello, chiara evidenza dell’attività postUltimo Massimo Glaciale (Galadini et al., 2003). Le analisi paleosismologiche hanno
interessato in particolare il segmento di Campo Imperatore in due diverse campagne.
Nella seconda metà degli anni ottanta, indagini paleosismologiche nelle valli
Venacquaro e Maone effettuate dai ricercatori dell’ENEA permisero di individuare
quattro eventi di dislocazione negli ultimi 18.000 anni (Giraudi e Frezzotti, 1995). Il
più recente di questi eventi sarebbe avvenuto dopo 3490±160 BP. Secondo gli autori
citati, l’intervallo di tempo intercorso tra i vari eventi (tempo di ricorrenza) sarebbe
variabile
tra
2500-3000
anni
e
6000-7000
anni.
Più
recentemente,
indagini
paleosismologiche nella Piana di Campo Imperatore (zona Monte Paradiso) hanno
permesso di individuare tre eventi di dislocazione (Galadini et al., 2003). In base alle
datazioni col metodo del radiocarbonio, il più antico di questi sarebbe avvenuto tra
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31500±550 BP e 12850±200 BP. Il penultimo evento di dislocazione sarebbe avvenuto
tra 7155-7120/7035-6790 BP e 5590-5565/5545-5475 BP. L’evento più recente
sarebbe occorso dopo 3480-3400 BP.
In base al confronto tra la geometria della faglia e la distribuzione del danno
dei terremoti distruttivi che hanno interessato l’area aquilana, è stato possibile
concludere che nessun evento riportato sui cataloghi sismici può essere attribuito al
sistema di faglia Assergi-Campo Imperatore. Anche la sorgente ad esso connessa può
essere definita come “silente”.
I dati paleosismologici di cui sopra, il tempo di ricorrenza per l’attivazione delle
cinque sorgenti trattate e il tempo intercorso dall’ultima attivazione sono riassunti
nella Tabella 1.
Tempo di
ricorrenza
(anni)
Tempo
intercorso
dall'ultima
attivazione
(anni)
Bibliografia
di
riferimento
Norcia
E1=14 gen. 1703
E2=tra VI secolo a.C.
e III-I secolo a.C.
E3=tra 22000 anni
BP e VI secolo a.C.
E4=pre-22000 anni BP
1830 - 2300
302 (al 2005)
Galli et. al.
(2005)
M. Vettore
E1=tra 4155-3965BP
e VI-VII sec. d.C.
E2=tra 59405890/5795-5780 BP e
4155-3965 BP
E3=tra 18000-12000
BP e 59405890/5795-5780 BP
< 4.6904.490
> 1300-1500
Galadini e Galli
(2003)
306
3
Moro et al.
(2003)
Faglia
attiva/sorgente
sismogenetica
Eventi di
dislocazione
(E1, E2, ....)
Alta Valle dell'Aterno
E1=2 feb. 1703
E2=tra 12000-15000
anni BP e il 1703
E3=ca. 12000-15000 BP
E4=ca. 12000-15000 BP
E5=ca. 12000-15000 BP
E6=6 apr. 2009
Monti della Laga
E1=tra 8320-8150
BP e 1200 d.C.
E2= tra 8320-8150
BP e 1200 d.C
E3= biennio 1950-1951
Assergi - Campo
Imperatore
E1=tra 3480-3400
BP e 1200 d.C.
E2=tra 71557120/7035-6790 BP e
5590-5565/55455475 BP
E3=tra 31500±550
BP e 12850±200 BP
< 7570
1995-6405
61
>800
Galadini e Galli
(2003)
Tertulliani
(2006)
Galadini et al.
(2003);
Giraudi e
Frezzotti (1995)
Tabella 1. Dati paleosismologici relativi alle cinque faglie attive dal Pleistocene superiore di
interesse per il territorio del Comune di Castelli (Galadini et al., 2005a modificato).
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Figura 1. Schema sismotettonico dell'area colpita dal terremoto del 1950. L'andamento delle faglie normali
è derivato da GALADINI e GALLI (2000), con modifiche. Gli epicentri dei terremoti con Maw≥5.5 sono
riportati secondo quanto in Gruppo di Lavoro CPTI (2004), tranne il terremoto del 1997 (14 ottobre, ML
5.5), la cui ubicazione epicentrale è derivata da AMATO et al. (1998a). Il terremoto del 1943, di magnitudo
Maw inferiore a 5.5 (5.02), è stato inserito nello schema in quanto più volte citato nel testo. La traccia della
"Struttura costiera" è tratta da CALAMITA et al. (2003). Le strutture trasversali all'andamento della catena
sono tratte dai lavori di ADAMOLI, (1993) ("B" e "C", valle del Tordino e valle del Vomano), de ALTERIS,
(1995) ("A", definita nel lavoro come "Squalo line"), VEZZANI et al., (1998) ("B" e "C"), BOLIS et al.,
(2003) ("A", definita nel lavoro come "Roseto line"). Faglie interne alla catena appenninica: 1) Sistema di
faglia di Norcia; 2) Faglia del Monte Vettore; 3) Faglia dei Monti della Laga; 4) Sistema di faglia dell'alta
valle dell'Aterno; 5) Sistema di faglia Assergi-Campo Imperatore; 6) Faglia della valle del Salto; 7) Sistema
di faglia Ovindoli-Pezza-Campo Felice-Colle Cerasitto; 8)Sistema di faglia della media valle dell'Aterno; 9)
Faglia del Monte Morrone; 10) Sistema di faglia del Fucino; 11) Faglia del MontePorrara; 12) Faglia della
valle del Liri; 13) Faglia Aremogna-Cinquemiglia; 14) Faglia dell'alta valle del Sangro.
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1.2
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Sismicità storica
Dalla consultazione del data-base dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia) sono stati individuati i forti terremoti registrati nel comprensorio di
Giulianova (TE).
Tabella 1: Principali terremoti risentiti nel comune di Giulianova.
Fonte: http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04/query_place/
Tabella 2: Istogramma dei principali terremoti risentiti Principali terremoti risentiti nel comune
di Giulianova.
Fonte: http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04/query_place/
Dalla consultazione della “Mappa delle massime intensità macrosismiche (scala
Mercalli) osservate nei comuni italiani” (GNDT-ING-SSN, 1996) e dalla relativa
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tabella esplicativa, di seguito riportate, si rileva che il Comune di Giulianova è
caratterizzato da un’intensità macrosismica = 7. In rosso sono riportate le località
entro 10 Km dal comune di Giulianova.
Comune
ALBA ADRIATICA
ANCARANO
ARSITA
ATRI
BASCIANO
BELLANTE
BISENTI
CAMPLI
CANZANO
CASTEL CASTAGNA
CASTELLALTO
CASTELLI
CASTIGLIONE MESSER RAIMONDO
CASTILENTI
CELLINO ATTANASIO
CERMIGNANO
CIVITELLA DEL TRONTO
COLLEDARA
COLONNELLA
CONTROGUERRA
CORROPOLI
CORTINO
CROGNALETO
FANO ADRIANO
GIULIANOVA
ISOLA DEL GRAN SASSO D`ITALIA
MONTEFINO
MONTORIO AL VOMANO
MORRO D`ORO
MOSCIANO SANT`ANGELO
NERETO
NOTARESCO
PENNA SANT`ANDREA
PIETRACAMELA
PINETO
ROCCA SANTA MARIA
ROSETO DEGLI ABRUZZI
SANT`EGIDIO ALLA VIBRATA
SANT`OMERO
SILVI
TERAMO
TORANO NUOVO
TORRICELLA SICURA
TORTORETO
TOSSICIA
VALLE CASTELLANA
MARTINSICURO
Re
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
13
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Pr
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67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
67
Com
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
Lat
42.82710
42.83695
42.50159
42.58001
42.59465
42.74355
42.52804
42.72565
42.64591
42.54244
42.67681
42.48882
42.53098
42.53277
42.58559
42.58852
42.77163
42.54008
42.87184
42.85484
42.82822
42.63163
42.54673
42.55201
42.75148
42.50115
42.54324
42.58229
42.66315
42.74840
42.81878
42.65741
42.59280
42.52320
42.60822
42.68570
42.67489
42.82519
42.78614
42.55516
42.65863
42.82307
42.65753
42.80348
42.54493
42.73511
42.88468
Lon
13.93031
13.74209
13.78354
13.97802
13.73972
13.80592
13.80196
13.68640
13.80396
13.71704
13.81823
13.71167
13.88207
13.91784
13.85946
13.79341
13.66758
13.68093
13.86660
13.81840
13.83275
13.54204
13.47860
13.53827
13.95782
13.66098
13.88483
13.62887
13.91981
13.88848
13.81676
13.89434
13.77223
13.55409
14.06733
13.52811
14.01578
13.71554
13.80281
14.11396
13.70407
13.77731
13.65576
13.91378
13.64836
13.49789
13.91374
Imax
7
8
8
8
8
7
8
8
8
8
7
8
8
8
8
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7
8
8
7
8
7
8
8
7
8
7
8
7
8
9
7
Tabella 3: Massime intensità macrosismiche osservate
nella provincia di Teramo
Fonte: http://emidius.mi.ingv.it/GNDT/IMAX/comuni.php?Re=13&Pr=67&nome=Teramo
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Figura 2. Mappa massime intensità macrosismiche osservate
(Molin et alii, 1996). (Scala Mercalli)
L’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 aprile 2006, n. 3519
“Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e
l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone” ha fissato i criteri generali per
l’individuazione delle zone sismiche e la nuova mappa di pericolosità sismica di
riferimento a scala nazionale, di cui si riporta di seguito un estratto relativo alla
Regione Abruzzo. Il valore di pericolosità sismica del territorio del comune di
Giulianova, così come individuato dall’INGV è compreso tra 0.150 e 0.175 g.
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Area in esame
Figura 3. Valori pericolosità sismica secondo O.P.C.M. 3519/2006
Fonte: http://zonesismiche.mi.ingv.it/mappa_ps_apr04/consultazione_005.html
In definitiva, il territorio comunale può subire danni consistenti a causa della
sismicità, in genere caratterizzata da eventi con magnitudo bassa o moderata. Alla
seconda categoria appartengono i terremoti del 1950 e del 1951.
Gli eventi con origine esterna alla Provincia che hanno avuto un più significativo
impatto sono legati a sorgenti sismogenetiche appenniniche come ad esempio quello
del 2009.
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Area in esame
Figura 4......................
Per valutare i contributi delle diverse sorgenti sismogenetiche alla pericolosità
del sito è utile visionare i valori di disaggregazione della pericolosità sismica (McGuire,
1995; Bazzurro and Cornell, 1999). La forma più comune di disaggregazione è quella
bidimensionale in magnitudo e distanza (M-R) che permette di definire il contributo di
sorgenti sismogenetiche a distanza R capaci di generare terremoti di magnitudo M.
Espresso in altri termini, il processo di disaggregazione in M-R fornisce il
terremoto che domina lo scenario di pericolosità (terremoto di scenario) inteso come
l’evento di magnitudo M a distanza R dal sito oggetto di studio che contribuisce
maggiormente
alla
pericolosità
sismica
del
sito
stesso.
Analogamente
alla
disaggregazione in MR è possibile definire la disaggregazione tridimensionale in M-R-ε
dove ε rappresenta il numero di deviazioni standard per cui lo scuotimento
(logaritmico) devia dal valore mediano predetto da una data legge di attenuazione dati
M ed R (Spallarossa e Barani, 2007).
Si riportano nella seguente figura e tabella, i valori di disaggregazione di a(g)
relativi al comune di Giulianova.
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Tabella 4. Disaggregazione del valore di a(g) con probabilita' di eccedenza del 10% in 50
anni Fonte: http://esse1-gis.mi.ingv.it/
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Figura 5. Disaggregazione del valore di a(g) con probabilita' di eccedenza del 10% in 50 anni
Fonte: http://esse1-gis.mi.ingv.it/
In definitiva, il territorio comunale può subire danni consistenti a causa della
sismicità, in genere caratterizzata da eventi con magnitudo bassa o moderata.
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2. ASSETTO GEOLOGICO
L’area studiata fa parte del settore più orientale e recente dell’edificio tettonico
dell’Appennino
centrale,
strutturatosi
essenzialmente
nel
Miocene
superiore
–
Pleistocene inferiore, in seguito all’evoluzione di un sistema orogenico (catena –
avanfossa – avampaese) con migrazione delle deformazioni compressive dalle aree
occidentali più interne verso quelle orientali adriatiche (Bigi et alii, 1996); su tale
sistema si sovrappone, a partire dal Pleistocene basale, la tettonica distensiva. In
particolare, il settore più orientale, noto in letteratura come bacino periadriatico, si è
impostato a partire dalla fine del Pliocene inferiore quando, il più occidentale ed antico
bacino del Cellino è stato coinvolto nella strutturazione in catena, con la formazione di
un “bacino satellite” lungo la fascia periadriatica e dell’avanfossa adriatica nel settore
esterno più orientale. Al di sopra delle torbiditi silicoclastiche di avanfossa della
Formazione Cellino del Pliocene inferiore, affiora pertanto in trasgressione e con una
netta discordanza angolare, la Formazione Mutignano, depositatasi dal Pliocene medio
al Pleistocene basale, in un “bacino satellite”.
La
Formazione
Mutignano
è
costituita
da
depositi
basali
sabbioso-
conglomeratici di ambiente neritico, affioranti ad ovest dell’area studiata, cui seguono
superiormente peliti di piattaforma entro cui sono intercalati, a varie altezze
stratigrafiche, orizzonti conglomeratici e/o sabbiosi, talora a geometria lenticolare. I
depositi di chiusura del ciclo sedimentario presenti al tetto della successione
(testimoniati solo da un isolato lembo nel territorio giuliese), danno origine a corpi
tabulari debolmente immergenti verso ENE, e sono costituiti da sabbie e conglomerati
riferibili ad un ambiente di transizione da marino a continentale. Sempre nell’area
periadriatica
sono
presenti
inoltre
sedimenti
continentali
quaternari
costituiti
essenzialmente da sedimenti alluvionali terrazzati suddivisi in quattro ordini e da
depositi fluvio-deltizi attuali, mentre lungo la stretta fascia costiera sono presenti
sedimenti di spiaggia recenti ed attuali.
2.1
Caratteri litostratigrafici
Il territorio comunale di Giulianova è litologicamente caratterizzato dalla
presenza di una successione marina Plio-pleistocenica,
costituita da peliti di
piattaforma con sovrastanti depositi sabbioso-conglomeratici di chiusura del ciclo
sedimentario (unico esempio sul territorio è quello di Colle San Tommaso), alla quale
seguono sedimenti continentali quaternari ed olocenici, costituiti essenzialmente da
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depositi alluvionali terrazzati, coltri colluviali, depositi fluvio-deltizi e sedimenti di
spiaggia.
Tali depositi, in relazione alle finalità del lavoro, saranno analizzati qui di
seguito a partire dai terreni più antichi.
Depositi marini del Plio-Pleistocene (FMTc)
La
successione
marina,
affiorante
nella
fascia
collinare
(Formazione
Mutignano), è caratterizzata, da Argille sabbiose (Pleistocene inferiore p.p.) di colore
grigio azzurro che sono presenti in tutta la fascia del territorio collinare. Nelle valli del
Tordino e del Salinello, costituiscono il substrato sul quale appoggiano i vari depositi
continentali quaternari.
Visibili in affioramento solo in aree localizzate, le peliti pleistoceniche si presentano
ben stratificate (da alcuni centimetri a qualche decimetro), e mostrano frequenti
intercalazioni di sottili livelli sabbiosi, raramente a geometria lentiforme, sempre più
frequenti verso l’alto. La giacitura della stratificazione rispecchia quella regionale, con
un’immersione degli strati rivolta tra E e NE ed inclinazioni generalmente variabili dai
10° ai 20°. La forrmazione è sempre preceduta da un cappellaccio di alterazione di
qualche metro di spessore. Pliocene medio, Pleistocene medio.
Depositi continentali del Quaternario
In discordanza sulle argille-sabbiose della Formazione Mutignano, si rinvengono inoltre
vari sedimenti continentali quaternari, riferibili a meccanismi genetici e ad ambienti
deposizionali molto diversi da zona a zona.
- Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene medio – superiore) (at1 at2).
Sul fianco sinistro della valle fluviale del Tordino, più o meno dalla S.S. n° 80 fino a
lambire il centro storico di Giulianova
affiorano diffusamente sedimenti alluvionali
antichi I sedimenti di tutti i terrazzi sono costituiti da ciottoli eterometrici di natura
prevalentemente calcarea e subordinatamente arenacea, con più o meno abbondante
matrice sabbiosa o sabbioso-limosa e con varie intercalazioni di strati e lenti di sabbie
e sabbie limose. Nella zona di Giulianova alta e in corrispondenza dei sedimenti
alluvionali sovrastanti le dorsali collinari, le alluvioni possono essere rappresentate da
conglomerato.
- Depositi alluvionali attuali e terrazzo recente di fondovalle (Olocene) (at1).
I sedimenti alluvionali attuali e quelli del terrazzo più basso e recente (IV ordine),
posto generalmente ad un’altezza minima di 4 - 5 metri al di sopra degli alvei attuali
del Tordino, colmano i fondovalle e la loro superficie sommitale rappresenta, a luoghi,
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il letto di esondazione attuale dei fiumi.. Litologicamente sono costituiti da ciottoli
eterometrici (da ghiaie sottili fino ai blocchi) di natura prevalentemente calcarea e
calcareo-marnosa, subordinatamente arenacea e conglomeratica, tra i quali si
interpone una frazione più fina a grana sabbiosa e/o sabbioso-limosa.
Lo spessore dei sedimenti alluvionali cresce gradualmente procedendo verso le
foci fluviali, fino a raggiungere valori di circa 15 metri in prossimità della costa.
- Coltri eluvio-colluviali (Olocene) (col F1). Il substrato argilloso-marnoso-sabbioso o i
depositi terrazzati più antichi, sono frequentemente ricoperti da coltri colluviali
piuttosto estese e spesse. Le modalità di sedimentazione possono essere riferite, a
seconda delle contestuali condizioni climatiche, o ad un deposito “grano a grano” di
tipo eolico, oppure ad un accumulo sui pendii e nelle aree di compluvio ad opera delle
acque di ruscellamento superficiale che trasportano i materiali a grana fine e finissima,
provenienti dal progressivo smantellamento superficiale dei versanti stessi. E’
probabile che le coltri colluviali, soprattutto quelle più estese e potenti, si siano
accumulate in fasi successive, intervallate da periodi di stasi e di relativa pedogenesi.
Lo spessore delle coltri, in relazione alle vicende e modalità deposizionali e
naturalmente alla configurazione morfologica della superficie del substrato, può
variare da alcuni metri fino a circa 15 metri. Nei depositi terrazzati lo spessore del
colluvie decresce gradualmente da 15 metri circa fino a 6, 7 m spostandosi dai terrazzi
più antichi a quelli più recenti. La litologia è caratterizzata da limi argillosi e limi
sabbiosi di colore da avana a bruno che frequentemente inglobano
noduli e patine
concrezionarie calcitiche.
- Sedimenti attuali e recenti della piana costiera (Olocene) (spi) . La stretta fascia
costiera è costituita da sedimenti prevalentemente sabbiosi della spiaggia attuale, ai
quali in profondità, si intercalano livelli e lenti di limi sabbiosi e/o argillosi, da depositi
deltizi essenzialmente ghiaiosi e ghiaioso-sabbiosi, e da sabbie a grana fina in
corrispondenza delle aree dove un tempo erano presenti le dune costiere. Tra l’attuale
linea di riva ed il piede dei rilievi collinari retrostanti, i sedimenti sono essenzialmente
ghiaioso sabbiosi nella parte occidentale (spi E3) e prevalentemente sabbiosi con a
luoghi depositi limoso-argillosi e/o limoso-sabbiosi verosimilmente riferibili ad ambienti
di paludi costiere, nella parte orientale (spi E6).
Il limite tra i sedimenti ghiaiosi sabbiosi e quelli essenzialmente sabbiosi, forma una
cuspide che ha il suo apice presso la foce del f. Tordino.
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3. ASSETTO GEOMORFOLOGICO
In relazione alle dinamiche geologiche succedutesi durante il quaternario e ai
depositi che sono presenti nel sottosuolo dell’area in esame, la fascia collinare
orientale del territorio giuliese assume proprie peculiarità morfologiche che di seguito
si descrivono.
La fascia collinare orientale è rappresentata da un vasto tavolato debolmente inclinato
da Nord verso Sud, ovvero verso l’alveo del Fiume Tordino.
Dalle quote più elevate (in corrispondenza del centro storico di Giulianova) e verso il
fiume (in corrispondenza del bivio tra la S.S. 16 e la S.S. 80), per un tratto
complessivo di 2.100 metri si passa da una quota di 65,00 metri s.l.m. fino a circa
10,00 metri s.l.m..
Il terrazzo è troncato verso la parte orientale (ovvero verso il mare adriatico)
da un versante dai fianchi più o meno ripidi, che raccorda il tavolato superiore con la
lunga e stretta pianura costiera sottostante, su cui sorge l’abitato di Giulianova Lido.
La pianura borda per intero il fronte collinare, come è tipico nei territori della fascia
periadriatica abruzzese.
Il versante collinare costiero, delimitato dal tavolato in alto e dalla piana in basso,
tende ad assumere angoli di inclinazione ed altezze minori spostandosi dalle zone
settentrionali verso quelle meridionali; si passa infatti da angoli medi ed altezze
rispettivamente di 22° e 50,00 metri nelle zone settentrionali, (nei pressi del centro
storico di Giulianova), con punte di 27° nelle zone più acclivi, per passare ad angoli di
17° ed altezze di 25,00 nella zona centrale (al di sotto del monastero dei
Benedettini), per finire con i 11° e 15,00 metri di altezza, nella parte meridionale del
declivio. Nelle zone dove affiora esclusivamente il substrato pelitico, le forme del
versante assumono angoli di pendenza marcatamente minori, in relazione al maggior
“angolo di riposo” che il deposito pelitico presenta rispetto alle ghiaie sabbiose
addensate.
Nella fascia di versante in studio è possibile osservare il brusco cambio di
pendenza del declivio in corrispondenza del limite settentrionale del centro storico di
Giulianova dove Via Montello si innesta con il centro storico medesimo; si passa da
angoli di 25° fino a 16-17°.
Il tavolato su cui si sviluppa Via Gramsci termina con il centro storico di
Giulianova, rappresenta uno o più terrazzi antichi del Fiume Tordino, che nel corso
della propria evoluzione ha spostato progressivamente il proprio alveo da Nord verso
Sud.
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L’azione del Fiume si è esplicitata in un’intensa opera di erosione del substrato
pelitico (argille grigio azzurre) ed in un’altrettanto intensa azione di deposizione, con la
messa in posto sulla superficie erosiva, di depositi ghiaiosi con una percentuale
variabile di sabbia e limo (ghiaie sabbiose limose) generalmente di qualche metro di
spessore.
A seguito della progressiva migrazione del corso acqua verso le zone
meridionali del territorio, si sono depositati al di sopra della ghiaia, estesi e potenti
coltri colluviali, le cui modalità di sedimentazione, possono essere riferite, a seconda
delle contestuali condizioni climatiche, o ad un deposito “grano a grano” di tipo eolico,
oppure ad un accumulo in pianura ad opera delle acque di ruscellamento superficiale
che trasportavano i materiali a grana fine e finissima provenienti dal progressivo
smantellamento superficiale dei versanti limitrofi.
Contestualmente alle variazioni eustatiche in positivo e con ogni probabilità
durante l’ultima trasgressione marina del flandriano, il mare adriatico ha eroso al piede
attraverso il moto ondoso e le correnti il terrazzo alluvionale, creando le condizioni per
una sua troncatura verso oriente.
Le dinamiche naturali che hanno portato all’assetto geomorfologico attuale sono del
tutto cessate, essendo il mare arretrato di diverse centinaia di metri rispetto all’antica
linea di riva. E sempre nell’attuale contesto si può affermare che il declivio di cui
trattasi è esente da movimenti di massa generalizzati e profondi.
Di tale assunto fa prova il fatto che sul ciglio del pendio permangono integri dei
bastioni quattrocenteschi che delimitavano la cinta muraria esterna dell’abitato antico.
Le forme di superficie che hanno un interesse da un punto di vista sismico e che sono
riscontrabili nel territorio di Giulianova sono le seguenti:
Frane: E’ presente in una forma considerata stabilizzata nella parte Nord del territorio
comunale e interessa una parte del lungo versante collinare argilloso che si affaccia
verso il mare Adriatico.
Orli di scarpate marina: Si rinvengono al limite del fronte collinare orientale e il
pendio che degrada verso la piana costiera. Rappresentano gli orli di erosione e/o di
crollo, conseguenti allo scalzamento al piede del fronte collinare operato dal mare
Adriatico.
Orli di scarpata fluviale: Sono forme morfologiche che si presentano sotto forma di
scarpata, più o meno alta, o inclinata e che indicano l’erosione operata da un corso
d’acqua lungo le sue sponde o al passaggio da un ordine di terrazzo all’altro. Nel
comune di Giulianova assumono un’importanza limitata sia per le modeste altezza che
presentano che per l’estensione, il più delle volte discontinua.
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4. ASSETTO IDROGEOLOGICO
Il sistema idrogeologico
del territorio è suddivisibile in due grandi complessi
idrogeologicii: quello dei depositi alluvionali e quello della piana costiera.
Il primo è sviluppato nel vasto tavolato che dal centro storico di Giulianova si sviluppa
verso il f. Tordino.
Il mezzo permeabile è costituito dai depositi fluviali chiosi e sabbiosi poggiati sopra un
mezzo impermeabile che è rappresentato dalla argilla grigio azzurra di substrato.
Nella carta geologico tecnica è stato ricostruito l’andamento delle curve piezometriche
(curve di uguale quota della superficie libera della falda). Dalla forma delle curve è
possibile osservare un andamento del movimento dell’acqua da nord ovest verso sud
est, cioè verso l’alveo del fiume Tordino, con alcune irregolarità dovute alla probabile
presenza di valli sepolte.
Il secondo complesso idrogeologico è rappresentato dai sedimenti costieri sabbiosi e
sabbioso ghiaiosi che rappresentano il mezzo poroso entro cui l’acqua si infiltra e si
muove verso il ricettore finale che è il mare Adriatico.
Nella fascia costiera l’acqua è a profondità mediamente pari ad un paio di metri dalla
superficie.
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COFINANZIATO CON FONDI COMUNITARI POR-FESR ABRUZZO 2007-2013 ASSE IV - ATTIVITÀ IV.3.1.
COMUNE DI GIULIANOVA (TE)
Relazione Illustrativa
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
5. DATI GEOTECNICI E GEOFISICI
È stato possibile reperire una serie di indagini geognostiche e geofisiche grazie
al contributo della Ditta Soiltest S.a.s. di Francavilla al Mare. Sono state inoltre,
eseguite prospezioni sismiche con la tecnica dei microtremori in corrispondenza delle
varie Microzone Omogenee.
a.
Indagini bibliografiche
Nella seguente tabella sono riportati i sondaggi geognostici a carotaggio
continuo (S), le prove penetrometriche (CPT-DP-DL), prospezioni MASW e prospezioni
HVSR per ogni località oggetto di studio. Nella colonna ID sono visualizzati i codici di
ogni indagine:
N.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
Tipo
indagine
DPSH
S
S
S
S
S
S
DPSH
DL
DL
CPT
DL
DL
DL
DL
DL
DL
DL
S
S
DL
S
S
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
CPT
DPSH
DPSH
S
Codice indagine
067025P01-DPSH
067025P02-S
067025P03-S
067025P04-S
067025P05-S
067025P06-S
067025P07-S
067025P08-DPSH
067025P09-DL
067025P10-DL
067025P11-CPT
067025P12-DL
067025P13-DL
067025P14-DL
067025P15-DL
067025P16-DL
067025P17-DL
067025P18-DL
067025P19-S
067025P20-S
067025P21-DL
067025P22-S
067025P23-S
067025P24-DPSH
067025P25-DPSH
067025P26-DPSH
067025P27-DPSH
067025P28-DPSH
067025P29-DPSH
067025P30-CPT
067025P31-DPSH
067025P32-DPSH
067025P33-S
N.
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
Tipo
indagine
S
CPT
DPSH
DPSH
DL
S
DPSH
DPSH
DPSH
DL
DL
CPT
DPSH
S
S
DL
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
CPT
DPSH
CPT
S
S
DL
DPSH
CPT
DPSH
Codice indagine
067025P34-S
067025P35-CPT
067025P36-DPSH
067025P37-DPSH
067025P38-DL
067025P39-S
067025P40-DPSH
067025P41-DPSH
067025P42-DPSH
067025P43-DL
067025P44-DL
067025P45-CPT
067025P46-DPSH
067025P47-S
067025P48-S
067025P49-DL
067025P50-DPSH
067025P51-DPSH
067025P52-DPSH
067025P53-DPSH
067025P54-DPSH
067025P55-DPSH
067025P56-DPSH
067025P57-DPSH
067025P58- CPT
067025P59-DPSH
067025P60-CPT
067025P61-S
067025P62-S
067025P63-DL
067025P64-DPSH
067025P65-CPT
067025P66-DPSH
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Relazione Illustrativa
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69
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79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
100
101
102
103
104
105
106
107
108
109
110
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
121
122
CPT
DPSH
DPSH
DPSH
HVSR
DL
------------------------------------S
S
S
DL
DL
DL
DL
DPSH
DPSH
S-SP
DPSH
S
S-SP
DPSH
S
DPSH
S
DPSH
DL
DL
DL
CPT
DPSH
S-SP
S-SP
S-SP
S-SP
S-SP
DL
DL
DL
DL
DL
DPSH
DPSH
PA
PA
PA
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
067025P67-CPT
067025P68-DPSH
067025P69-DPSH
067025P70-DPSH
067025P71-HVSR
067025P72-DL
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------067025P85
067025P86
067025P87
067025P88-DL
067025P89-DL
067025P90-DL
067025P91-DL
067025P92-DPSH
067025P93-DPSH
067025P94-S
067025P95-DPSH
067025P96-S
067025P97-S
067025P98-DPSH
067025P99-S
067025P100-DPSH
067025P101-S
067025P102-DPSH
067025P103-DL
067025P104-DL
067025P105-DL
067025P106-CPT
067025P107-DPSH
067025P108-S
067025P109-S
067025P110-S
067025P111-S
067025P112-S
067025P113-DL
067025P114-DL
067025P115-DL
067025P116-DL
067025P117-DL
067025P118-DPSH
067025P119-DPSH
067025P120-PA
067025P121-PA
067025P122- PA
123
124
125
126
127
128
129
130
131
132
133
134
135
136
137
138
139
140
141
142
143
144
145
146
147
148
149
150
151
152
153
154
155
156
157
158
159
160
161
162
163
164
165
166
167
168
169
170
171
172
173
174
175
176
177
178
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
PA
067025P123- PA
067025P124- PA
067025P125- PA
067025P126- PA
067025P127- PA
067025P128- PA
067025P129- PA
067025P130- PA
067025P131- PA
067025P132- PA
067025P133- PA
067025P134- PA
067025P135- PA
067025P136- PA
067025P137- PA
067025P138 - PA
067025P139- PA
067025P140- PA
067025P141- PA
067025P142- PA
067025P143- PA
067025P144- PA
067025P145- PA
067025P146- PA
067025P147- PA
067025P148- PA
067025P149- PA
067025P150- PA
067025P151- PA
067025P152- PA
067025P153- PA
067025P154- PA
067025P155- PA
067025P156- PA
067025P157- PA
067025P158- PA
067025P159- PA
067025P160- PA
067025P161- PA
067025P162- PA
067025P163- PA
067025P164- PA
067025P165- PA
067025P166- PA
067025P167- PA
067025P168- PA
067025P169- PA
067025P170- PA
067025P171- PA
067025P172- PA
067025P173- PA
067025P174- PA
067025P175- PA
067025P176- PA
067025P177- PA
067025P178- PA
Dott. Geol. Mirco Angelini Villa Colle Pizzuto, 3 – 64021 Giulianova (TE) mobile 348/2200251 – 085/8001137
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COMUNE DI GIULIANOVA (TE)
Relazione Illustrativa
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190
191
192
PA
PA
PA
PA
PA
PA
DL
DPSH
DPSH
DL
DL
DL
DL
DL
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
067025P179- PA
067025P180- PA
067025P181- PA
067025P182- PA
067025P183- PA
067025P184- PA
067025P185-DL
067025P186-DPSH
067025P187-DPSH
067025P188-DL
067025P189-DL
067025P190-DL
067025P191-DL
067025P192-DL
193
194
195
196
197
198
199
200
201
202
203
204
205
DL
SM
SM
SPT
SPT
SPT
SM
SM
DPSH
DPSH
DPSH
DPSH
-------
067025P193-DL
067025P194- SM
067025P195- SM
067025P19-SPT
067025P197-SPT
067025P198-SPT
067025P199-SM
067025P200-SM
067025P201-DPSH
067025P202-DPSH
067025P203-DPSH
067025P204-DPSH
---------------
Tabella 3. Indagini geognostiche e prospezioni sismiche bibliografiche.
Le prove penetrometriche statiche, dinamiche e i sondaggi (CPT-DP-DL) hanno
permesso un'accurata ricostruzione dello spessore delle coperture rilevate e risultano
tutte confrontabili con il rilevamento effettuato.
b.
Indagini di nuova esecuzione
Sono state acquisite una serie di misure HVSR in funzione dell’estensione
dell’area e delle situazioni geologiche presenti e comunque almeno una misura per
ogni microzona.
Nella seguente tabella sono riportate le prospezioni sismiche di nuova
esecuzione:
N.
73
74
75
76
77
78
79
Tipo
indagine
HVSR
HVSR
HVSR
HVSR
HVSR
HVSR
HVSR
Codice indagine
067025P73-HVSR
067025P74-HVSR
067025P75-HVSR
067025P76-HVSR
067025P77-HVSR
067025P78-HVSR
067025P79-HVSR
Tipo
indagine
80
HVSR
81
HVSR
82
HVSR
83
HVSR
84
HVSR
205 HVSR
N.
Codice indagine
067025P80-HVSR
067025P81-HVSR
067025P82-HVSR
067025P83-HVSR
067025P84-HVSR
067025P84-HVSR
Tabella 4. Prospezioni sismiche di nuova esecuzione.
Tutte le prospezioni mostrano dei chiari picchi di H/V, in accordo a quanto
stabilito dal progetto SESAME.
I risultati dalle analisi HVSR da microtremori di nuova esecuzione hanno aiutato
a definire le Microzone Omogenee in Prospettiva Sismica (MOPS) e a validare il
modello di sottosuolo, attraverso il confronto tra picchi H/V e spessore delle coperture
o dei terrazzi alluvionali nelle sezioni geologiche.
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COMUNE DI GIULIANOVA (TE)
Relazione Illustrativa
c.
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
Analisi e risultati delle prospezioni HVSR
Per la qualità delle misure HVSR si è fatto riferimento al capitolo 3.1.5 di
“Indirizzi e criteri per la Microzonazione Sismica”, al SESAME Project (2004), ad
Albarello D. et al. 2010 e ad Albarello D. & Castellaro S. (2011). In particolare
vengono proposte tre classi di qualità:
•
Classe A: HVSR affidabile e interpretabile: può essere utilizzata anche da
sola;
• Classe B: HVSR sospetta (da “interpretare”): va utilizzata con cautela e solo
se coerente con altre misure ottenute nelle vicinanze;
• Classe C: HVSR scadente e di difficile interpretazione.
I criteri di giudizio proposti per la classificazione di cui sopra sono di seguito
contemplati:
•
durata complessiva della registrazione che deve essere tale da produrre
stime “robuste” del campo medio delle vibrazioni ambientali (durata della misura
almeno 15-20 minuti);
•
stazionarietà
temporale
dei
rapporti
spettrali:
la
forma
dell’H/V
nell’intervallo di frequenze di interesse rimane stazionaria per almeno il 30 % circa
della durata della misura;
•
isotropia del segnale in termini dei rapporti spettrali: le variazioni
azimutali di ampiezza non superano il 30 % del massimo;
•
assenza di rumore elettromagnetico;
•
andamenti degli spettri di Fourier;
•
andamento complessivo della curva H/V: i massimi sono caratterizzati
da una diminuzione localizzata di ampiezza dello spettro verticale.
I risultati delle analisi HVSR hanno permesso di stimare la frequenza
fondamentale di vibrazione (F0), l’ampiezza del picco HVSR (A0), come riportate nella
seguente Tabella ed hanno aiutato a definire le Microzone Omogenee in Prospettiva
Sismica (MOPS) e a validare il modello di sottosuolo, attraverso il confronto tra picchi
H/V e le risultanze delle ulteriori indagini esistenti.
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Relazione Illustrativa
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
HVSR
F0
A0
Classe
067025P73
067025P74
067025P75
067025P76
067025P77
067025P78
067025P79
067025P80
067025P81
067025P82
067025P83
067025P84
067025P205
067025P71
067025P206
2.69
2.19
0.28
0.31
18.44
18.44
18.13
4.25
17.47
19.97
19.78
13.44
4.69
9.84
2.12
1.5
1.6
2.1
1.6
2.1
2.5
3.8
1.1
2.5
3.3
2.3
2.5
1.8
2.2
1.28
A
B
C
B
A
A
A
A
A
B
B
A
A
B
B
Tabella 6. Risultati prospezioni HVSR di nuova esecuzione e classe di qualità delle misure.
Dall’analisi dei dati acquisiti si osserva che alcune misure presentano piccoli
problemi legati all’anisotropia del segnale in termini di rapporto spettrale o non hanno
un picco chiaro, oppure sono leggermente disturbate. La causa è l’acquisizione dei
segnali in un ambiente urbano, con circolazione di auto e attività in corso di svariato
tipo.
Commento spettri – misure HVSR
Le misurazioni HVSR eseguite sui depositi costieri (T1,T2,T3,T5,T15), costituiti
prevalentemente da sabbie-limose, hanno permesso di rilevare un picco nel range di
frequenze 2-3 Hz, associabile al passaggio con il sottostante substrato geologico
costituito da argille pleistoceniche. La misurazione T4 non evidenzia picchi significativi.
T1
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T2
T3
T4
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COMUNE DI GIULIANOVA (TE)
Relazione Illustrativa
Dott. Geol. Mirco Angelini - Dott. Geol. Stefania Di Bartolomeo
T5
T15
Al passaggio tra i depositi costieri e il substrato geologico sono state eseguite le
misurazioni T6 e T7 che hanno messo in evidenza un picco intorno ai 18 Hz,
probabilmente correlabile al passaggio con il sottostante substrato geologico
T6
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T7
La misurazione T14 eseguita su substrato geologico evidenza un picco a 9.8 Hz,
probabilmente ascrivibile al passaggio tra coltre di alterazione e substrato geologico.
T14
Spostandoci sui depositi terrazzati di I° ordine (T8,T9, T11,T12 ,T13), emerge un
picco ad alte frequenze (13-20 Hz) legato alla presenza di contrasti di impedenza nella
porzione più superficiale del sottosuolo; il picco nel range di frequenze 4-6 Hz è
attribuibile al passaggio tra i depositi terrazzati di I° ordine con il sottostante substrato
geologico.
T8
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T9
T11
T12
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T13
Spostandoci sui depositi terrazzati di II° ordine (T10), emerge un picco ad alte
frequenze (20 Hz) legato alla presenza di contrasti di impedenza nella porzione più
superficiale del sottosuolo.
T10
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6. CENNI SULLA STORIA URBANISTICA DEL CENTRO URBANO
Giulianova affonda le proprie origini in un passato che inizia nel III secolo
avanti cristo, quando il Piceno venne assoggettato alla sfera di Roma e vicino alla foce
del Tordino sorse l’abitato di Castrum Novum. L’insediamento occupava parte della
piana alluvionale recente del corso d’acqua e parte del terrazzo alluvionale più antico.
Castrum Novum denominata in seguito Castel San Flaviano, venne definitivamente
abbandonata dai suoi abitanti dopo il 27 luglio del 1460 a seguito di una memorabile
scontro tra le truppe aragonesi e quelle angioine. Da questo scontro l’abitato ne uscì
totalmente distrutto.
Nel 1471, undici anni più tardi venne fondata dal Duca d’Atri Giuliantonio
Acquaviva, l’attuale città, sede del municipio, in posizione più
elevata rispetto al
precedente centro, in modo tale da consentire una visione magnifica verso il mare.
Le antiche mura cittadine ancora percorrono intatte l’orlo di scarpata marina che
rappresenta, da un punto di vista geologico un possibile vulnus, considerata l’elevata
pendenza e altezza del soggiacente versante.
La città e gli architetti dell’epoca seppero ben sfruttare le risorse idriche contenute nel
sottosuolo della zona con la realizzazione di gallerie drenanti ancora oggi parzialmente
percorribili e situate a mezza costa rispetto al versante e al limite tra le ghiaie fluviali
permeabili e il substrato sottostante.
Non si hanno notizie di crolli o di gravi dissesti fondali che abbiano interessato
le antiche mura cittadine.
Recentemente sono stati avviati e conclusi dei lavori di consolidamento che hanno
interessato le mura di contenimento della salita Montegrappa, una strada che da
Giulianova lido conduce alla parte alta della cittadina.
Tali lavori hanno permesso di arrestare dei fenomeni di dissesto a carattere
superficiale, che stavano lentamente mettendo a rischio la stabilità dei precedenti
paramenti murari.
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7. MODELLO DI SOTTOSUOLO
Il modello del sottosuolo giuliese si colloca tra quelli che caratterizzano i
comuni costieri periadriatici della provincia teramana.
Su di un substrato di origine marina, di natura prevalentemente argillosa, si sono
impostati con un contatto di tipo erosivo, i sedimenti quaternari di tipo continentale
(terrazzi fluviali) con le annesse coltri colluviali.
Nella zona costiera invece al substrato sono sovrapposti dei depositi marini di
litorale, sotto forma di sabbia e sabbia ghiaiosa.
Substrato argilloso stratificato
Il substrato ha dei parametri meccanici caratteristici abbastanza costanti sul tutto il
territorio investigato; è collocato nel campo dei depositi coesivi molto consistenti ed è
generalmente preceduto da una coltre di alterazione di qualche metro di spessore.
Depositi continentali ghiaiosi e sabbiosi
In ambito fluviale, i depositi ghiaiosi e sabbiosi possiedono spessori variabili (le
maggiori potenze si registrano nei pressi del f Tordino), e il loro grado di
addensamento è generalmente in diretta relazione alla composizione granulometrica e
all’età del deposito. Nell’ambito del territorio studiato il grado di addensamento è
compreso tra quello addensato fino a quello sciolto.
Coltri colluviali
Le coltri colluviali coprono indistintamente tutti i depositi terrazzati; è uno strato che
assume un’importante valenza stratigrafica poiché rappresenta il piano di appoggio
della fondazione di tutto l’agglomerato che costituisce la parte alta della cittadina.
Lo spessore varia da luogo a luogo e quelli maggiori si registrano nelle zone distali
rispetto al f Tordino nella zona prossima al centro storico, dove raggiunge uno
spessore anche di 15 - 18 metri.
Da un punto di vista geotecnico rientra nel campo dei depositi coesivi (limo, limo
argilloso o limo da debolmente sabbioso a sabbioso). Il grado di consistenza spazia tra
il consistente e moderatamente consistente è ed in diretta relazione con l’età del
deposito. Si nota, analizzando i risultati delle prove in sito, un maggior grado di
consistenza nella parte settentrionale del territorio giuliese.
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Depositi di litorale
Sono diffusi nel sottosuolo della piana costiera e ricoprono con spessore
crescente da ovest verso est, il substrato argilloso.
I depositi di litorale sono rappresentati da sabbia ghiaiosa nella zona occidentale del
territorio e da sabbia più o meno limosa nella restante parte.
Il limite tra le differenti classi granulometriche forma una specie di cuspide che ha il
suo apice presso la foce del f. Tordino.
Il grado di addensamento varia da sciolto a medio e risultano generalmente
più addensate le ghiaie sabbiose rispetto alla sabbia limosa.
Verso il f Salinello, in zona costa verde, è probabile incontrare tra le sabbie,
intercalazioni di livelli di limo organico, quale testimonianza di antichi depositi di acqua
stagnante.
8. LA CARTA DELLE MICROZONE OMOGENEE IN PROSPETTIVA
SISMICA
La Carta delle MOPS redatta in scala 1:5.000 sulle C.T.R. (fornite dalla Regione
Abruzzo), rappresenta il documento fondamentale di questo livello di approfondimento
(livello 1) poiché si identificano le microzone dal “comportamento” omogeneo in caso
di sisma. La Carta individua le microzone nelle quali, sulla base delle osservazioni
geologiche e geomorfologiche e della valutazione dei dati disponibili, si può ipotizzare
l'occorrenza di diversi tipi di effetti prodotti dall'azione sismica.
La casistica degli effetti può essere suddivisa in tre grandi categorie:
•
Le zone stabili
•
Le zone stabili ma con l’occorrenza di possibili effetti di amplificazione
•
Le zone sismicamente instabili.
Nel territorio comunale sono state distinte sei zone stabili ma con potenziali effetti
amplificatori e una zona suscettibile di instabilità per liquefazione.
Le prime sei zone sono stabili ma tutte suscettibili di amplificazioni locali, non
essendovi nel territorio un substrato rigido affiorante. In una delle sei zone, si
incrociano gli effetti di amplificazione dovute alla litologia con quelli dovuti alla
topografia, trattandosi di un versante con inclinazione >15°.
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Le zone instabili corrispondono ai depositi di litorale e ai depositi terrazzati, sabbiosi
limosi e ghaioso sabbiosi, ad una profondità minore di 20 m, con la presenza di una
falda idrica, compresa tra la superficie e 15 m da essa, secondo le indicazioni
pervenute dopo la riunione del tavolo tecnico regionale nella seduta del 30 maggio
2013.
In tali indicazioni è testualmente riportato:
“DEFINIZIONE DELLE AREE SOGGETTE A LIQUEFAZIONE: se lungo la fascia costiera
sussistono le seguenti 4 condizioni:
1. nella successione litologica sono presenti orizzonti di argilla sabbiosa, limi
sabbiosi, sabbie, sabbie limose, sabbie ghiaiose, sabbie argillose e ghiaie
sabbiose ad una profondità minore di 20 m dal p.c.;
2. falda a una profondità media stagionale inferiore di 15 m dal piano
campagna;
3. accelerazione massima attesa su roccia uguale o superiore a 0.10 g
(valore di ag nella pericolosità di base;
4. eventi sismici attesi di magnitudo M superiore a 5.
L’applicazione
di tali criteri porta a caratterizzare come suscettibili di liquefazione,
ampie aree del territorio comunale giuliese; in particolare, l’intera fascia costiera e
buona parte dei depositi terrazzati (anche quelli più antichi); su questi ultimi la
presenza della falda idrica a profondità compresa tra la superficie e 15 m, si deduce
dall’analisi della carta delle isofreatiche riportate nella carta geologico tecnica;
sussistono inoltre, tutte le altre condizioni elencate.
Fascia costiera
Nella fascia costiera, in base ai risultati di alcuni sondaggi, prove penetrometriche
dinamiche,
e
scavi
eseguiti
per
ospitare
fondazioni
scatolari,
la
litologia
è
rappresentata da un substrato argilloso facente parte della formazione Mutignano e al
di sopra, attraverso un contatto erosivo, dai sedimenti granulari fini e non, depositati
dal mare Adriatico. Lo spessore dei sedimenti di litorale varia dai 13 metri verso la
fascia orientale della costa, per ridursi progressivamente fino a chiudersi, a contatto
con la cimasa collinare verso occidente.
I sedimenti di litorale possono essere suddivisi in terreni prevalentemente sabbiosi e
sabbioso limosi, generalmente da poco a mediamente addensati con livelli e strati di
limo o argilla, più frequenti verso il fiume Salinello e terreni prevalentemente ghiaioso
sabbiosi, in genere mediamente addensati o addensati.
Quelli prevalentemente sabbiosi e sabbiosi limosi, occupano la parte orientale della
fascia costiera, gli altri, ghiaoso sabbiosi, ne occupano la parte occidentale. Il limite di
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separazione tra i due litotipi forma una specie di cuspide che trova l’apice nella foce
del f. Tordino, e tende a chiudersi verso Nord.
I sedimenti di litorale, permeabili per porosità, sono permeati da acqua di falda,
comportandosi come un acquifero monostrato, fino al contatto con la formazione
Mutignano, che rappresenta la base impermeabile dell’acquifero.
Il pelo libero della falda costiera si rinviene a profondità comprese tra un metro e tre
metri dalla superficie.
Un eventuale improvviso aumento della pressione neutrale, dovuto ad un sisma,
dovrebbe essere dissipato con rapidità nei sedimenti prevalentemente ghiaiosi
sabbiosi, per loro natura altamente permeabili, impedendo il fenomeno della
liquefazione o rendendolo assai poco probabile, e con maggiore difficoltà, nelle zone
dove sono presenti i sedimenti sabbiosi limosi meno permeabili dei precedenti,
rendendo perciò il fenomeno della liquefazione possibile. In ogni caso, tutte e quattro
le condizioni precedentemente elencate, che renderebbero possibile il fenomeno della
liquefazione, sono presenti nella fascia costiera giuliese.
Terrazzi alluvionali
Sempre in base ai criteri precedentemente elencati, è stata distinta una vasta zona
riconosciuta nella carta delle MOPS come suscettibile di liquefazione, corrispondente ai
terrazzi alluvionali attuali (at3) e a quello recente (at2).
In tale zone sono presenti sedimenti alluvionali, deposti dal fiume Tordino dall’olocene
al quaternario, sede di una falda idrica sotterranea. Tali sedimenti sono costituiti in
prevalenza, da ghiaie sabbiose in genere mediamente addensate, con sporadiche
intercalazioni di strati di limo plastico o sabbia, lentiformi. I depositi alluvionali
sovrastano,
attraverso
un
contatto
erosivo,
la
formazione
argillosa
sabbiosa
Mutignano, che rappresenta altresì la base impermeabile dell’acqua di falda contenuta
nei depositi granulari di origine fluviale.
9. INCERTEZZE, ELEMENTI DI CRITICITÀ E SUGGERIMENTI
PER SUCCESSIVI APPROFONDIMENTI
I recenti indirizzi tecnici a noi pervenuti dal tavolo tecnico regionale il sette
di agosto 2013, includendo le ghiaie sabbiose tra i depositi liquefacibili fanno in modo
che una parte rilevante del territorio comunale di Giulianova diventi suscettibile di
liquefazione in caso di sisma particolarmente intenso.
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Le aree individuate come liquefacibili comprendono l’intera piana costiera e i terrazzi
alluvionali attuali e recenti dei fiumi Tordino e Salinello.
In tali aree sono infatti presenti dei depositi prevalentemente granulari, con scarsa o
poco abbondante frazione fina (limo o argilla) con un grado di addensamento da
sciolto a medio e con falda idrica generalmente compresa entro 15 m dalla superficie.
La liquefazione è un fenomeno che fluidifica o deforma il deposito granulare,
trasformandolo in una sorta di fango. Durante tali manifestazioni si osservano
fuoriuscite di acqua mista a sabbia dalla superficie del terreno e un generale
abbassamento del livello topografico.
Il fenomeno è fisicamente spiegato come il risultato di un improvviso aumento
di pressione dell’acqua di falda generata dalla scossa, con conseguente risalita verso
l’alto e trascinamento dei granuli sabbiosi, a seguito del superamento delle tensioni
efficaci da parte della pressione interstiziale.
Gli effetti sulle costruzioni risultano gravi in termini di danneggiamento. Al fenomeno
si può ovviare prevedendo tipi fondali adeguati al caso e che non risentono degli effetti
della liquefazione oppure aumentandone la permeabilità o il grado di addensamento.
Dagli archivi storici che abbracciano un arco temporale localizzato tra il 1117 dopo
cristo fino a 1990, pubblicato nel lavoro di Paolo Galli “New empirical relationship
between magnitudo and distance for liquefation” e pubblicato nell’aprile del 2000,
nell’area di interesse non si riportano testimonianze storiche di fenomeni di
liquefazione.
Tuttavia la testimonianza storica in se non è sufficiente a parere del sottoscritto, ad
escludere che la piana costiera giuliese, sia esentabile a priori dai suddetti fenomeni di
instabilità indotti da uno scuotimento sismico, sia perché la piana costiera del litorale
giuliese non è mai stata sede di nuclei abitati, sia perché non tutte le testimonianze
storiche possono essersi tramandate fino ai nostri giorni o perché fenomeni di tal tipo
possono avere interessati depositi sabbiosi sciolti prima ancora che l’uomo potesse
tramandarne la testimonianza.
Sempre nella citata pubblicazione si evince dalle tabelle riportate
che legano la
distanza dall’epicentro di un sisma, alla distanza dove sono possibili dei fenomeni di
liquefazione, che in caso di sismi di intensità MCS superiore o uguale a 9 o con
magnitudo superiore o uguale a 6,5, (quali quelli che potrebbero occorrere nella zona
aquilana o ancor peggio, lungo la faglia Assergi Campo Imperatore) siti idonei che
distano a circa 50 km dall’epicentro, possono dare
luogo a dei fenomeni di
liquefazione.
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Si ritiene dunque che nelle aree individuati dalla microzonazione di 1^ livello
come suscettibili di liquefazione, sono necessari degli approfondimenti di livello 2 o 3
per delle verifiche numeriche.
Tali analisi porteranno alla definizione di zone ad alta propensione alla liquefazione e
di zone dove questa propensione è molto bassa.
Gli ulteriori approfondimenti potranno apportare delle modifiche dei confini
attualmente individuati nel livello 1 della microzonazione e che discriminano le zone
suscettibili a liquefarsi.
Da un punto di vista strettamente personale ritengo poco probabile l’occorrere di
episodi di liquefazione nei terrazzi fluviali e in alcune zone della piana costiera, dove
soggiacciono i sedimenti grossolani quali le ghiaie sabbiose; questi sedimenti sono in
in grado di dissipare rapidamente le pressioni neutrali.
Nel caso dei depositi terrazzati, in particolare quelli più distanti rispetto al f. Tordino,
occorre poi valutare lo spessore delle “alluvioni bagnate”, perchè esistono vaste aree
dove l’alimentazione dell’acqua di falda è garantita esclusivamente dalle precipitazioni
piovose e il fiume rappresenta solo il sistema naturale di drenaggio della falda e non di
alimentazione. In tali zone lo spessore delle alluvioni immerse in falda, potrebbe
essere solo di poche decine di centimetri.
Si ritiene che l’approvazione delle eventuali modifiche individuate a seguito di più
approfonditi accertamenti, possano essere apportate previo parere degli organi tecnici
istituzionali competenti, senza la successiva o preliminare approvazione da parte del
consiglio comunale.
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CONCLUSIONI
Il lavoro svolto per il comune di Giulianova è stato supportato da un gran
numero di prove in sito e da numerosi studi geologici pregressi, messi a disposizione
dall’Amministrazione comunale agli scriventi.
Il risultato finale si presenta dunque adeguato per lo scopo per il quale è stato
concepito, cioè quello di fornire un quadro conoscitivo di 1^ livello per la definizione di
microzone dal comportamento sismico omogeneo.
Sono state individuata nella carta delle MOPS (Microzone Omogenee in Prospettiva
sismica) delle vaste superfici che possono essere liquefacibili in caso di sisma. Entro
tali zone occorre eseguire delle indagini approfondite che determinino l’effettiva
propensione alla liquefazione in termini numerici.
La modifica del limite tra le zone liquefacibili e quelle non liquefacibili saranno
determinate dai risultati di dette analisi numeriche e potranno essere recepite
dall’Amministrazione,
previo
parere
degli
organismi
tecnici
competenti,
senza
l’approvazione del consiglio comunale.
Giulianova, novembre 2013
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ATTIVITÀ DI PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO - MICROZONAZIONE SISMICA DEL TERRITORIO REGIONALE - PROGETTO
COFINANZIATO CON FONDI COMUNITARI POR-FESR ABRUZZO 2007-2013 ASSE IV - ATTIVITÀ IV.3.1.
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Commissione Tecnica per il monitoraggio degli Studi di Microzonazione Sismica (articolo 5, comma 7
dell’OPCM 13 novembre 2010, n. 3907) - Standard di rappresentazione ed archiviazione informatica –
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I depositi sabbiosi di litorale allo stato sciolto e in presenza di falda (la sedimentazione
è prevalentemente sabbiosa, con scarsa o poco abbondante frazione fine). Spi
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I depositi ghiaiosi a matrice limo sabbiosa, che rappresentano le alluvioni antiche del
Fiume Tordino. AT1/AT2
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Il deposito limo argilloso stratificato appartenente alla formazione di Mutignano, in un
affioramento all’interno di una cava dimessa. FMTc
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