Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB - Perugia
Anno XIX n.6/2013 - €22,00
Anno XI X n. 6/2013
I Servizi Ecosistemici
Matteo Vizzarri, Fabio Lombardi,
Lorenzo Sallustio, Gherardo Chirici,
Marco Marchetti, Francesca Bottalico,
Martina Cambi, Enrico Marchi,
Susanna Nocentini, Donatella Paffetti,
Fabio Salbitano, Cristina Vettori,
Davide Travaglini, Raffaele Lafortezza,
Lucia Pesola, Elena Gioscia,
Mario Elia, Giuseppe Colangelo,
Giovanni Sanesi, Sebastiano Cullotta,
Donato Salvatore La Mela Veca,
Federico Guglielmo Maetzke,
Sebastiano Sferlazza, Giorgio Baiamonte,
Vincenzo Bagarello, Massimo Iovino
Compensazione della CO2 con una gestione
forestale virtuosa:
il caso del Parco Valle di Treja e
di Phoresta Onlus
Valeria Gargini, Roberto Sinibaldi,
Carlo Manicardi, Monica Lugli
Tutela, conoscenza e promozione del patrimonio
boschivo italiano:
la Riserva Naturale Selva del Lamone
Diego Mantero, Luciana Carotenuto,
Giulia Sozio, Alessio Mortelliti
Indicatori di biodiversità nelle Aree protette del
Lazio: il falco pellegrino e il biancone
ISSN 1123-5489
Claudio Borghini, Enrico Tullio Pizzicannella
Edizioni Alpes Italia
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Bimestrale sull’ambiente e il territorio con il patrocinio del Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Redazione
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Direttore editoriale
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Condirettori
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Responsabile settore
Rifiuti e risanamento ambientale
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Responsabile settore
Aree protette e sostenibilità
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Caporedattore
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Hanno scritto sul n 6/2013:
V. Bagarello, G. Baiamonte, C. Borghini,
F. Bottalico, M. Cambi, L. Carotenuto, G. Chirici,
G. Colangelo, S. Cullotta, M. Elia, V. Gargini,
E. Gioscia, M. Iovino, R. Lafortezza,
D. S. La Mela Veca, F. Lombardi, M. Lugli,
F. G. Maetzke, C. Manicardi, D. Mantero,
M. Marchetti, E. Marchi, A. Mortelliti,
S. Nocentini, D. Paffetti, L. Pesola,
E. T. Pizzicannella, F. Salbitano, L. Sallustio,
G. Sanesi, S. Sferlazza, R. Sinibaldi, G. Sozio,
D. Travaglini, C. Vettori, M. Vizzarri
Comitato scientifico
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Lorenzo Bardelli, Marco D’Alberti,
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Redazione
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Convenzioni di collaborazione scientifica con:
Università Taras Shevchenko-Kiev
G a z z etta A mbiente n 6 / / 2 0 1 2
I servizi ecosistemici
I servizi degli ecosistemi forestali ed il benessere dell’uomo: quali benefici dalla
ricerca?.................................................................................................................9
di Matteo Vizzarri, Fabio Lombardi, Lorenzo Sallustio, Gherardo Chirici, Marco Marchetti
La gestione forestale a supporto dei servizi ecosistemici.................................19
di Francesca Bottalico, Martina Cambi, Enrico Marchi, Susanna Nocentini, Donatella Paffetti,
Fabio Salbitano, Cristina Vettori, Davide Travaglini
Approccio modellistico per l’analisi e previsione dei servizi ecosistemici..........33
di Raffaele Lafortezza, Lucia Pesola, Elena Gioscia, Mario Elia, Giuseppe Colangelo, Giovanni
Sanesi
I servizi ecosistemici forestali connessi alla tutela del suolo e delle acque.......43
di Sebastiano Cullotta, Donato Salvatore La Mela Veca, Federico Guglielmo Maetzke, Sebastiano
Sferlazza, Giorgio Baiamonte, Vincenzo Bagarello, Massimo Iovino
Compensare le emissioni di CO2 con una gestione forestale virtuosa
Compensazione della CO2 e valorizzazione dei servizi ecosistemici delle foreste
nel Parco Valle del Treja.....................................................................................55
di Valeria Gargini, Roberto Sinibaldi
Phoresta: più alberi, meno CO2 più ossigeno per tutti.......................................69
di Carlo Manicardi, Monica Lugli
Aree protette
Tutela, conoscenza e promozione del patrimonio boschivo italiano
La Riserva Naturale Selva del Lamone: la magia e l’incanto di un luogo...........77
di Diego Mantero
La natura del Lamone..........................................................................................101
di Luciana Carotenuto
Scheda
“Effetti della gestione forestale sul moscardino nella Riserva Naturale Selva del
Lamone”...............................................................................................................120
di Giulia Sozio, Alessio Mortelliti
Indicatori di biodiversità nelle Aree protette del Lazio
Il “Progetto falco pellegrino” nel Parco regionale dei Castelli Romani.
Comunicare per tutelare......................................................................................129
di Claudio Borghini
Biodiversità in crescita.........................................................................................139
di Enrico Tullio Pizzicannella
Sommario
Sviluppo sostenibile
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G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Nei quattro contributi di questo dossier, curato da Marco Marchetti e Roberto Sinibaldi, specialisti dei Dipartimenti di altrettante università italiane e
del CNR fanno il punto della ricerca sui servizi ecosistemici. Tratteggiano
un quadro che, al di là delle analisi scientifiche di dettaglio, irrinunciabili
perché alla base di metodologie per un approccio corretto e rigoroso rispetto
ai beni naturali, ci restituiscono dal punto di vista culturale la necessità di
una nuova sensibilità, di una diversa consapevolezza, forte e diffusa, del
significato più profondo del concetto di servizi ecosistemici.
Solo da poco tempo questi concetti si sono fatti largo nell’informazione non
specialistica. I mezzi di comunicazione di massa se ne sono occupati con
una certa attenzione da cinque o sei anni. I quotidiani di maggiore diffusione introdussero questi concetti con suggestive tabelle che riportavano le
stime del valore monetario dei vari ecosistemi. Valori stratosferici per la
barriera corallina o le foreste di mangrovie, meno indagati altri habitat, forse perché meno appariscenti. È il tributo che si paga alla spettacolarizzazione dell’informazione, che – nell’altra faccia delle stessa medaglia – produce
un positivo coinvolgimento che può muovere la coscienza collettiva.
Tanto per rimanere alle stime, la valutazione riportata anche dai nostri Autori assegna un valore dei servizi ecosistemici e del capitale naturale mondiale, intorno ai 47 trilioni di dollari statunitensi per anno. E allora diventa
stringente l’esigenza di tutelare beni così importanti per cui le cifre in gioco
hanno un valore superiore a quello individualmente percepibile.
Ma al di là del valore economico in sé, indispensabile ad orientare le decisioni socio-politiche, i servizi degli ecosistemi nascono dal buon funzionamento e dalla salute degli ecosistemi stessi. È importante essere coscienti che
le nostre azioni indiscriminate di sovra-sfruttamento delle risorse naturali,
del cambiamento dei principali assetti ecologici a scala globale, e dell’enorme riduzione della diversità della vita sulla Terra, non hanno fatto altro che
minare la nostra stessa sopravvivenza.
Stiamo parlando del benessere di vita dell’uomo, della sua permanenza in
un mondo finito, con risorse finite. Per le quali, al contrario, non è stato
Sviluppo sostenibile
I servizi ecosistemici
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
avvertito fino a tempi recentissimi il senso del limite. È chiaro che su questo
versante si incrociano le competenze, le capacità, le sensibilità dei decisori
politici che amministrano, gestiscono e assumono provvedimenti in nome
della collettività. Da questo punto di vista, anche i settori formalmente più
avanzati appaiono appesantiti dal bagaglio infinito dell’interesse di parte,
del tornaconto di nicchia, della convenienza contingente. I vari incontri e
trattati internazionali, per quanto salutati con generoso ottimismo, sono
sempre un po’ più indietro di quello che suggeriscono i settori più aperti e
sensibili del mondo occidentale, o quelli più tradizionali e sostenibili di certe
culture ritenute arcaiche, o degli studiosi, degli scienziati che indagano le
sovrapposizioni tra economia e ambiente.
Infatti, è soprattutto la comunità scientifica, per lo più occidentale, che dovrebbe migliorare e aumentare la conoscenza sui beni e servizi ecosistemici,
mostrandoci come la natura così fragile e apparentemente indifesa, è invece
il cardine attorno al quale vita del’uomo gira vorticosamente. Le comunità
rurali, quelle povere dei Paesi in via di sviluppo, si mantengono in vita solo
grazie alla sostenibilità del rapporto uomo-natura, che prevede la vicinanza
dell’uomo come parte integrante del sistema stesso, non come promotore di
un cambiamento globale del tutto negativo.
Come facciamo a rallentare la corsa alle trasformazioni territoriali senza freno, deregolamentate e basate sul profitto? Come facciamo a rendere
chiaro che la natura non è una cosa, una quantità di materiale disponibile
all’uso? Come facciamo a spiegarlo a qualche assessore che pensa di se stesso
di essere un ambientalista perché pianta qualche albero?
Il benessere vagheggiato da uno sviluppo che autoalimentava se stesso senza
prevedere alcun ostacolo, alla prova dei fatti mostra tutti i suoi limiti. I
modelli economici universalmente accettati vacillano, anzi in più di qualche
caso cominciano a regredire. Questi modelli contrappongono gli interessi
degli uomini in carne ed ossa a quelli impersonali della finanza, senza considerare che coinvolgono, anzi, si basano sempre sulla natura. Un soggetto
terzo dapprima senza diritti e senza rappresentanze, ma che ha acquisito
una percepibilità sempre più evidente. La produzione illimitata di ricchezza,
sui cui questi modelli economici basano il loro consenso, coincide con la distruzione di ecosistemi limitati, le fonti stesse della prosperità e del benessere
dell’uomo. Alla fin fine l’interesse alla salute e alla sopravvivenza coincide
con i diritti della natura e questo rinnovato antropocentrismo può rappresentare un limite agli elementi fondativi dell’egemonia della finanza rispetto
ai beni comuni della terra.
Allora il punto non è solo assegnare un valore economico alla natura, ma
arrivare alla piena tutela di questo valore inestimabile, che in ultima analisi
rappresenta la vita.
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Sviluppo sostenibile
In un mondo in cui le decisioni politiche si fondano su cifre, numeri e trend
azionari, in cui il rispetto per gli ecosistemi, gli animali, e per i propri simili
diventa secondario rispetto all’avanzamento individuale e indiscriminato,
il valore della natura deve essere concepito come la possibilità che ci offre
di continuare a vivere. Per questo la contabilizzazione dei servizi, la loro
monetizzazione o valutazione economica sono sì indispensabili per poter
bilanciare le scelte in modo rigoroso, ma devono essere altresì la base, il fondamento per riformare il concetto di sviluppo malsano che è andato accrescendosi negli ultimi secoli.
Forse dobbiamo rifondare il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente. Attingere
nuovi concetti da antichi comportamenti, oppure capovolgere il moderno
assioma antropocentrico e illuminista su cui è fondato il pensiero occidentale e trovare la strada per una nuova antropologia culturale che ci riporti
agli ancestrali concetti di sacralità della natura. È necessario inventare un
decalogo laico, semplice, diffuso e condiviso, che definisca una nuova etica
della terra.
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Gli alberi monumentali sono
una ricchezza delle Aree
protette. Molte delle quali
hanno in corso censimenti
dei grandi “patriarchi”
esistenti appartenenti
sia alla flora spontanea
sia testimoni di antichi
usi del suolo, come le
varietà antiche fruttifere,
i cui cultivar saranno
oggetto di conservazione e
riproduzione.
(Foto Diego Mantero).
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
di Matteo Vizzarri, Fabio Lombardi, Lorenzo Sallustio, Gherardo Chirici,
Marco Marchetti
Dipartimento di Bioscienze e Territorio, Università degli Studi del Molise
Gli ecosistemi, attraverso le loro normali funzioni, forniscono un ampio range di beni
e servizi, fondamentali per il benessere dell’uomo. Questi vengono complessivamente definiti servizi ecosistemici (SE).
Il concetto di SE nella scienza contemporanea è divenuto sempre più popolare (Fisher et al., 2009). I SE possono essere intesi come un flusso di valori verso la società, quale risultato dello stato e della quantità del capitale naturale disponibile
(EEA, 2011). I servizi che gli ecosistemi possono fornire sono largamente identificati
come i benefici tangibili e non tangibili che l’uomo può trarre dalle risorse naturali. Il
mantenimento degli stocks del capitale naturale può permettere di prevedere i flussi
futuri dei SE, assicurando quindi il benessere dell’uomo per le generazioni future.
Come conseguenza dell’incremento del benessere nella società, nell’ultimo secolo,
gli ecosistemi e le risorse naturali sono stati sfruttati, degradati e spesso distrutti,
talvolta in maniera irreversibile. Il Millennium Ecosystem Assessment (MEA, 2005)
evidenzia come il benessere della società dipenda dai servizi forniti dagli ecosistemi, la cui compromissione genera impatti negativi sul benessere delle persone. Dal
punto di vista economico, volendo fornire una stima del valore dei SE e del capitale
naturale mondiale, questa si aggira sui 47 trilioni di dollari statunitensi per anno
(Costanza et al. 1997).
Concettualmente, i servizi ecosistemici, siano essi quantificabili o meno, sono diretta conseguenza degli effetti tangibili ed intangibili che riguardano: (i) l’approvvigionamento e la disponibilità di materie prime per usi diversi (alimentare, energetico, ecc.);
(ii) la regolazione dei processi pedologici, climatici, chimici ed idrogeologici a diverse
scale (ad es.: mitigazione e compensazione dell’incremento di CO2 atmosferica, riduzione dell’erosione superficiale, mitigazione dell’escursione termica e dei regimi di precipitazione, controllo dei nutrienti, dei composti chimici, e degli inquinanti, ecc.); (iii) la
conservazione e la protezione di pool genetici, degli habitat naturali e della biodiversità
relativa (ad es.: ricchezza specifica, integrità ecologica e naturalità, presenza di rifugi
per la fauna selvatica, ecc.); (iv) la valorizzazione degli aspetti culturali, storico-artistici,
turistico-ricreativi e spirituali intrinseci a particolari ecosistemi. Tali aspetti rappresentano le conseguenze di quei fenomeni (o processi) naturali, antropici, o derivanti dalla loro interazione, che avvengono principalmente all’interno di un ecosistema, ma
che comportano effetti anche all’esterno ed in senso bidirezionale fra ecosistemi diversi e vicini. Sebbene non esista ancora un chiaro punto d’incontro all’interno della
comunità scientifica sulle definizioni di servizio, beneficio, e funzione dell’ecosistema,
è invece tangibile la differenza nell’approccio alla classificazione, quantificazione,
mappatura e valutazione dei servizi ecosistemici (Haynes-Young and Potschin, 2010).
Sviluppo sostenibile
I servizi degli ecosistemi
forestali ed il benessere
dell’uomo: quali benefici dalla
ricerca?
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
A partire dal discusso articolo sulla valutazione economica delle risorse naturali di
Costanza et al. (1997), il dibattito sui servizi ecosistemici è cresciuto in modo esponenziale fino ad oggi. In particolare, a seguito della pubblicazione della sintesi del
MEA (2005), il numero di pubblicazioni è cresciuto dell’87%. Questo aspetto sottintende il forte impatto che uno studio a scala globale, e prevalentemente incentrato
sul rapporto fra i servizi ecosistemici e il benessere dell’uomo, ha ottenuto sulla
consapevolezza e l’interesse della comunità scientifica per questo tema. Inoltre, la
biodiversità e i servizi ecosistemici in generale sono stati posti alla base delle più importanti politiche globali, europee e nazionali, incentrate proprio sulla valorizzazione
e conservazione delle risorse naturali e degli ecosistemi in generale, quali ‘fonte’ di
molteplici servizi e benefici per la collettività (v. ed es.: la Convenzione UNEP sulla
Diversità Biologica, Rio de Janeiro, 1992-CBD; la Strategia europea per la Biodiversità al 2020-2011/2307(INI); la Strategia nazionale per la Biodiversità, Decreto
MATTM del 6 giugno 2011).
Il concetto di SE deve essere considerato centrale nelle politiche di conservazione e
nelle valutazioni di impatto ambientale (Burkhard et al., 2010). Diviene quindi urgente l’individuazione di metodologie utili all’applicazione concreta del concetto di SE,
allo scopo di supportare la gestione sostenibile delle risorse naturali.
In questa prospettiva, anche se dovrebbero essere considerati sia gli aspetti biofisici che monetari nella quantificazione dei SE, i primi citati sono fondamentali nella
prima fase di valutazione riguardante il monitoraggio e la previsione dei trends nella
fornitura di SE. Se un obiettivo è quello di misurare l’efficienza della gestione delle
risorse naturali nel suo complesso, allo scopo di preservare gli stocks di capitale naturale utili a generare SE, allora è necessaria la quantificazione di tali servizi. L’approccio del Millennium Ecosystem Assessment è basato sulla nozione che la gestione
delle risorse implica lo studio delle relazioni tra i SE e la loro stima quantitativa.
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G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Figura 1
Diagramma riassuntivo
dei principali servizi degli
ecosistemi forestali. Oltre
all’elenco dei principali
servizi offerti dagli ecosistemi
forestali, il diagramma
riporta anche le relazioni
bi-direzionali ‘da’ (in blu) e
‘per’ (in rosso) che sussistono
fra gli ecosistemi forestali
ed altri sistemi. Le grandi
frecce in gradazioni di grigio
descrivono il flusso di materia
ed energia dai servizi di
supporto o servizi intermedi
(come ad es. la conservazione
della biodiversità) e che,
muovendosi attraverso
le strutture e i processi
biofisici interni, originano
i servizi finali (come ad
es. la produzione legnosa,
il controllo dei processi
idrologici o il miglioramento
della qualità dell’aria).
Sviluppo sostenibile
Quindi, vi è un interesse considerevole nello stabilire nuovi approcci utili alla quantificazione dei SE, a diverse scale spaziali e temporali.
Fra gli ecosistemi terrestri, le foreste sono una delle più importanti fonti di servizi
e benefici per l’umanità intera (Figura 1). In sintesi, le foreste: (i) offrono rifugio e
protezione alla biodiversità, fornendo habitats a più della metà delle specie animali e
vegetali conosciute; (ii) rivestono un ruolo significativo nel ciclo globale del carbonio
e, di conseguenza, nella mitigazione dei cambiamenti climatici a diverse scale spaziali;
(iii) generano un ampio set di beni e prodotti (legnosi e non legnosi); (iv) ospitano e tutelano sorgenti e bacini imbriferi accessibile all’uomo, spesso caratterizzati da acque di
elevata qualità; (v) proteggono i valori tradizionali, culturali e spirituali di molte società
nel mondo.
Considerando i servizi di approvvigionamento, la disponibilità di legname da opera,
di legna da ardere e di altri prodotti forestali non legnosi (quali ad es. funghi, tartufi
e bacche) rappresenta oggi una delle componenti economiche più importanti per
l’economia di molti Paesi, soprattutto del Nord Europa, ma non solo. La comprensione e la gestione della produttività forestale e del funzionamento del mercato del
legno rappresentano le basi per valutare la sostenibilità nella gestione forestale da
parte delle comunità locali e per mantenere un’ampia e forte domanda dei prodotti
forestali principali. Inoltre, suolo e soprassuolo forestali hanno un’enorme capacità di filtrare la maggior parte dei componenti chimici inquinanti e di ridurre il ruscellamento superficiale, prevenendo e riducendo il rischio di fenomeni di dissesto
idrogeologici anche gravi. Le risorse forestali sono quindi in grado di garantire una
qualità dell’acqua superiore rispetto ad altri usi del suolo (quali ad es. quelli agricoli,
industriali, commerciali ed urbani). In molti casi, la presenza di alberi e, in generale, di aree forestali, riduce sostanzialmente la necessità di trattamenti (e quindi dei
costi relativi) per la produzione di acqua potabile disponibile alle popolazioni locali.
Nei boschi cedui le vecchie
matricine, rappresentate da
alberi di più di trent’anni,
offrono rifugio per la fauna
selvatica, proteggono il suolo
dall’erosione, contribuiscono
alla suggestione
paesaggistica e garantiscono
la propagazione di semi che
implementano la diversità
genetica.
In primo piano nella foto due
esemplari vetusti.
(Foto di Marco Scataglini,
Archivio del Parco di Veio).
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Le foreste sono inoltre parte integrante dei processi di mitigazione climatica e di
normalizzazione degli scambi chimici e gassosi fra biosfera ed atmosfera, fornendo
quindi importanti servizi di regolazione. In particolare, i popolamenti forestali hanno
una triplice relazione nei confronti dei cambiamenti climatici a scala globale: sono
essi stessi a rischio degli effetti dei cambiamenti climatici, ma allo stesso tempo parte delle cause generali (deforestazione) e soluzione alle stesse. Fra i diversi contributi
delle foreste alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alle cause scatenanti, c’è
l’assorbimento di carbonio dall’atmosfera (flusso source-sink). L’accumulo di carbonio da parte di una foresta corrisponde alla produttività netta dell’ecosistema (Net
Ecosystem Productivity-NEP), che è pari all’incremento di biomassa dei tessuti vivi,
soprattutto legnosi, e di sostanza organica del terreno (humus), in un definito arco
temporale. Gli alberi sono in grado di ridurre il carico di inquinanti (quali ad es. nitrati, solfuri, metano, monossido di carbonio, particolato, mercurio, piombo, idrocarburi organici volatili) in due modi: (i) direttamente, assorbendo gli inquinanti gassosi
tramite gli stomi, oppure dissolvendo gli inquinanti idro-solubili sulla superficie umida
delle foglie, o ancora intercettando direttamente il particellare volatile; (ii) indirettamente, riducendo la temperatura dell’aria mediante l’ombreggiamento diretto e l’evapotraspirazione durante l’estate, rallentando così le reazioni chimiche di formazione degli inquinanti atmosferici, soprattutto nelle aree urbane. Per di più, gli ecosistemi forestali,
specialmente in paesaggi ‘fragili’ (come ad es. le aree montane ed alto-montane),
sono di primaria importanza per proteggere le infrastrutture e le costruzioni dell’uomo da vari fenomeni calamitosi, quali valanghe, frane, colate detritiche, rotolamento
lapideo, e processi erosivi in generale. La vegetazione influenza fortemente l’apporto
idrico al suolo intercettando in modo diretto le precipitazioni, attenuando la radiazione solare incidente e controllando il tasso di evapotraspirazione. Inoltre, il sottobosco
e i primi strati della lettiera proteggono il suolo dall’incidenza meccanica delle precipitazioni. È dimostrato che nei paesaggi in cui la copertura forestale risulta molto
scarsa, il ruscellamento e il deflusso superficiale delle acque sono accentuati. Oltre
ai benefici diretti della vegetazione, la riduzione degli effetti devastanti a seguito di
un evento calamitoso si realizza indirettamente attraverso il miglioramento (tramite
una gestione forestale adattativa e un approccio olistico) della resilienza delle foreste,
quale capacità di un sistema di reagire ai disturbi mantenendo pressoché invariate le
sue funzioni, strutture, e risposte principali. Per questo, la degradazione degli ecosistemi può aggravare le conseguenze di un evento calamitoso.
I servizi di supporto sono considerati servizi intermedi in quanto predispongono le
condizioni affinché un servizio finale possa essere erogato. La biodiversità forestale
in questo caso è l’elemento chiave di supporto alla fornitura di tutti gli altri servizi, in quanto influenza direttamente le proprietà di autoregolazione e adattamento
degli ecosistemi forestali, quindi la capacità di un foresta di produrre legno oppure
di mostrare resilienza e resistenza nei confronti di disturbi naturali o antropici. Teoricamente, la biodiversità (trasversale fra gli ecosistemi, ma tendenzialmente più
marcata per quelli forestali) è la variabilità fra gli organismi viventi e i complessi
ecologici di cui fanno parte, che si realizza all’interno della stessa specie, fra specie
diverse, e tra le specie e l’ecosistema (UNEP, 1992). La biodiversità ha quindi un
ruolo essenziale rispetto alla disponibilità degli altri servizi, perché: (i) sostiene gli
ecosistemi nella diversificazione strutturale, compositiva, e funzionale; (ii) influenza la
produttività, stabilità e resilienza degli ecosistemi; (iii) incrementa il valore culturale ed
estetico dovuto alla presenza di particolari organismi e habitat; (iv) fornisce indirettamente prodotti diversificati per le popolazioni rurali (alimenti, fibre, ecc.).
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
1Il termine ‘integrato’ sta alla base dall’approccio ecosistemico di analisi e gestione delle risorse naturali,
implementato già nelle discipline di ecologia del paesaggio e pianificazione adattativa. Con questo tipo di
approccio, un particolare ecosistema viene studiato nelle sue relazioni e connessioni di interdipendenza con
gli altri sistemi (naturali o antropici) vicini. Estendendo quindi la scala di analisi (da locale a paesaggistica),
i flussi di energia e materia da e per un particolare ecosistema sono rispettivamente gli output e gli input
dell’ecosistema stesso, e questi hanno a loro volta conseguenze sui flussi in altri sistemi. Nel caso della
valutazione dei servizi ecosistemici, questo significa che un sistema naturale è integrazione delle caratteristiche ecologiche, sociali ed economiche di un dato territorio.
Sviluppo sostenibile
I paesaggi forestali, come anche altri sistemi naturali integrati, hanno valori intrinseci tradizionali, culturali e spirituali, risultato della profonda interazione storica fra
l’uomo, le sue attività e i suoi insediamenti, e la natura circostante. Inoltre, essi offrono ai turisti delle esperienze uniche, quali combinazioni di immagini suggestive
(ad es. le colorazioni della vegetazione, il comportamento della fauna selvatica, i
paesaggi remoti ed incontaminati, ecc.), suoni echeggianti (ad es. il cinguettio degli
uccelli, il ronzio degli insetti, i versi degli animali superiori, ecc.) e profumi intensi
(ad es. il profumo dei fiori o delle bacche appena mature, ecc.).
Considerando le foreste come sistemi naturali integrati1, i processi ecologici interni
ed esterni rivestono un ruolo fondamentale nel governare i flussi di energia e di materia fra gli ecosistemi e l’uomo. Per questo, i servizi degli ecosistemi forestali sono
il risultato di quei processi e cambiamenti che ciclicamente avvengono all’interno
dell’ecosistema forestale e all’esterno in relazione con esso. Inoltre, il potenziale di
‘fornitura’ di servizi da parte di un ecosistema forestale è strettamente legato alla
sua ‘salute’, ovvero al bilanciamento delle sue caratteristiche di resilienza, resistenza
e stabilità nel tempo.
L’approccio ecologico (adattativo ed olistico) nell’analisi e quantificazione dei servizi
degli ecosistemi forestali può entrare in conflitto con un approccio di tipo economico,
in quanto i valori intrinseci che l’uomo attribuisce alle strutture e ai processi di un
ecosistema in quanto tale molto spesso non trovano riscontro in un corrispondente
valore economico o ‘di mercato’ (Farber et al., 2002). Per questo, nella quantificazione
e successiva valutazione (soprattutto economica) dei servizi degli ecosistemi forestali, si deve tener conto delle seguenti criticità: (i) come separare il concetto di ‘stock’ da
quello di ‘flusso’; (ii) come conteggiare i beneficiari potenziali di un dato servizio, oltreché
la sua durata e disponibilità nel tempo; (iii) come distinguere la produzione del servizio
che potenzialmente potrà essere utilizzata da quella che viene attualmente consumata.
L’utilizzo degli indicatori può risultare una strategia efficace per misurare ‘quantitativamente’ (e quindi comunicare e illustrare) fenomeni complessi come quelli
ecologici, nonché i loro sviluppi e progressi nel tempo. Nella valutazione dei servizi
ecosistemici, gli indicatori dovrebbero essere omni-comprensivi e selezionati sulla base delle proprietà e delle caratteristiche dell’ecosistema. Gli indicatori, specialmente nel settore forestale, dovrebbero essere anche facilmente comprensibili,
permettendo una comunicazione agevole fra le Istituzioni, i tecnici e i professionisti,
e i portatori di interesse a scala locale. La Tabella 1 offre pertanto degli esempi di
indicatori per la quantificazione dei servizi degli ecosistemi forestali. La costruzione
del set di indicatori proposto è basata sulla correlazione diretta fra processo ecosistemico e generazione del servizio, per cui non offre valutazioni conseguenti di
natura economica o sociale rispetto ai beni e servizi considerati.
Nell’analisi e valutazione dei servizi ecosistemici forestali, si deve considerare anche
l’impatto dell’uomo sul funzionamento dell’ecosistema stesso e, di conseguenza,
sulle sue capacità di fornitura di un set di servizi (o benefici). Gli esseri umani si sono
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Tabella 1
Elenco degli indicatori
quantitativi per tipo
di servizio forestale
erogato e per
processo generativo e
interno all’ecosistema
forestale stesso.
distinti durante la storia evolutiva per la loro capacità di modellare gli ecosistemi
grazie all’utilizzo di strumenti e tecniche, che sono al di là delle capacità degli altri
organismi viventi (Smith, 2007). L’importanza del “fattore uomo” è fondamentale:
attualmente più del 75% delle terre emerse a livello mondiale mostrano alterazioni per cause antropiche, con meno di un quarto rimanenti come terre incolte, in
grado di supportare appena l’11% della produttività primaria netta terrestre (Ellis
e Ramankutty, 2008). Alcune teorie scientifiche definiscono per questo antropocene l’attuale era che la terra si trova a vivere (Zalasiewicz et al., 2008). Lambin et
al. (2001) affermarono che i cambiamenti nell’uso/copertura del suolo: (i) hanno un
forte impatto sulla biodiversità a scala globale; (ii) contribuiscono ai cambiamenti climatici a scala locale e regionale; (iii) sono la fonte principale di degradazione del suolo;
(iv) alterando i servizi ecosistemici, influenzano l’abilità di un sistema biologico di supportare le necessità umane. Sono indiscutibili le prove che collegano i cambiamenti
nell’uso/copertura del suolo alla perdita di servizi ecosistemici, soprattutto nei casi
di servizi di assorbimento di carbonio, processi idrologici e cambiamento climatico. Considerato quanto detto, una valutazione o quantificazione completa dei servizi
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Sviluppo sostenibile
ecosistemici deve considerarsi spazialmente esplicita, perché deve servire da base
soprattutto per poter implementare i cambiamenti nell’uso/copertura del suolo (e
quindi l’impatto dell’uomo), oltreché avere una visualizzazione grafica completa dei
servizi offerti, della loro localizzazione attuale ed orientata al futuro (modellizzata
secondo diversi scenari ipotizzabili). Inoltre, la creazione di mappe dei servizi ecosistemici può fornire le basi per una successiva valutazione economica degli stessi, e
il bilanciamento (trade-off) fra più servizi si rivela così indispensabile per i processi
pianificatori su diverse scale di dettaglio.
In questo contesto, anche la ricerca scientifica in Italia, negli ultimi anni, tende ad
occuparsi sempre più spesso della valutazione, mappatura e quantificazione dei
servizi eco sistemici forniti dalle foreste. Peraltro, l’attenzione del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca verso tali tematiche è cresciuta negli ultimi anni, dimostrata anche dall’erogazione di finanziamenti a sostegno delle attività scientifiche
sull’argomento. Ad esempio, nel 2012, Il Ministero ha finanziato un Progetto FirbProgramma Futuro in Ricerca – denominato Mimose, dal titolo “Sviluppo di modelli
innovativi per il monitoraggio multiscala degli indicatori di servizi ecosistemici nelle foreste Mediterranee”. Tale progetto di ricerca, sviluppato attraverso la cooperazione
scientifica di cinque Unità di Ricerca afferenti ad Università italiane (Università del
Molise, Università della Tuscia, Università di Firenze, Università di Bari, Università di
Palermo), ha a disposizione un arco temporale di tre anni per sviluppare un approccio multiscala innovativo volto all’implementazione di strumenti previsionali per il
monitoraggio dei servizi ecosistemici in habitats forestali Mediterranei. Gli obiettivi
principali del progetto sono finalizzati allo sviluppo di un approccio di monitoraggio innovativo per stimare la capacità di una determinata area forestale di fornire
servizi ecosistemici nell’ambito di diversi scenari gestionali. Elementi chiave di tale
approccio di monitoraggio sono connessi ad un set integrato di indicatori di servizi
ed ai metodi applicabili per la loro stima spaziale (mappatura). In questa prospettiva,
il progetto contribuirà a colmare il divario tra il concetto di servizi ecosistemici e
la loro implementazione operativa nella gestione degli ecosistemi forestali e nella
pianificazione ambientale.
Pilastri portanti del progetto sono: (i) la selezione di un set integrato di indicatori di
servizi ecosistemici e la relative individuazione dei protocolli di misura/stima, in relazione a soglie chiave di riferimento (benchmarks); (ii) metodologie per l’estrapolazione
spaziale (mappatura) dei dati campionari sugli indicatori dei servizi ecosistemici; (iii)
analisi spazio-temporale dei dati relativi agli indicatori e loro valutazione in relazione ai
valori di riferimento.
I risultati del progetto daranno un contributo concreto nell’incorporare i servizi ecosistemici nei processi decisionali connessi alla gestione dei paesaggi forestali, fornendo un’opportunità per comprendere la congruenza tra i diversi servizi negli ecosistemi forestali. Questo permetterà di informare gli stakeholders, sensibilizzandoli
verso una gestione che massimizzi i benefici netti degli ecosistemi verso la società.
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
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G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
di Francesca Bottalico*, Martina Cambi*, Enrico Marchi*, Susanna Nocentini*,
Donatella Paffetti**, Fabio Salbitano*, Cristina Vettori***, Davide Travaglini*
* Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari, Alimentari e Forestali, Università degli Studi di Firenze
** Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente, Università degli Studi di Firenze
** Istituto di Bioscienze e Biorisorse, Consiglio Nazionale delle Ricerche
È ormai riconosciuto che la conservazione della biodiversità e la salvaguardia dei
servizi ecosistemici sono azioni necessarie per garantire il benessere umano alle
generazioni attuali e future (MATTM, 2010). Secondo il Millenium Ecosystem Assessment (2005) la biodiversità è un elemento essenziale per la vita sulla Terra ed è una
componente fondamentale per la fornitura di importanti servizi ecosistemici.
I diversi ecosistemi sono determinati dalla diversità di specie che a sua volta è ed
è stata determinata dalla diversità genetica. La diversità codificata nei geni degli
individui è dunque alla base dell’evoluzione delle specie e della loro sopravvivenza.
Perciò la diversità biologica a livello dei geni e di specie contribuisce direttamente ai
beni e ai valori dei servizi ecosistemici finali.
Le foreste sono considerate gli ecosistemi terrestri con il più alto livello di biodiversità che assolvono a numerose funzioni e servizi. Tuttavia non dobbiamo dimenticare
che le foreste attuali sono, nella maggioranza dei casi, il frutto di una millenaria
coevoluzione fra realtà ecologica e realtà socio-economica. L’uomo da sempre ha
utilizzato la risorsa bosco per ottenere prodotti necessari alla propria sopravvivenza
e materiale per l’agricoltura e per l’allevamento del bestiame domestico. Inoltre il
bosco ha sempre garantito una importante funzione di difesa del suolo contro il dissesto idrogeologico.
L’azione millenaria dell’uomo sulle foreste ha inevitabilmente modificato la struttura
e la composizione specifica dei boschi, spesso riducendo i livelli di complessità e di
diversità che contraddistinguono le foreste naturali (Marchetti et al., 2012). Di contro
però in molte aree del nostro Paese la differenziazione del mosaico paesaggistico,
che vede il bosco intercalato con altre forme di uso del suolo – pascolo, agricoltura
– e la diversificazione delle forme colturali all’interno delle tessere forestali, hanno
prodotto paesaggi ricchi di una diversità che non ha solo valore biologico ma anche
storico, culturale ed estetico (Ciancio e Nocentini, 2003).
I rapidi cambiamenti socio-economici avvenuti dopo il secondo conflitto mondiale
hanno portato a considerare il bosco come un sistema biologico complesso (Ciancio
e Nocentini, 1996). Da allora la gestione forestale si è orientata verso la ricerca di soluzioni capaci di migliorare la funzionalità del sistema per garantire la conservazione della biodiversità e la salvaguardia dei servizi ecosistemici. Le azioni che possono
essere intraprese in tal senso sono varie (Ciancio et al., 2005; Corona, 2010a), tra le
altre: la rinaturalizzazione dei soprassuoli artificiali e dei boschi semplificati dalle
attività umane; la prevenzione e la protezione dagli incendi boschivi; il ripristino e
il mantenimento della funzione di difesa dell’assetto idrogeologico e di regimazione
delle acque; la promozione della partecipazione delle comunità locali come elemento chiave della gestione; la promozione della comprensione delle relazioni tra servizi
ecosistemici dei boschi e benessere umano e loro remunerazione.
Sviluppo sostenibile
La gestione forestale a supporto
dei servizi ecosistemici
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Faggeta vetusta nella
Riserva integrale di Sasso
Fratino, Parco Nazionale
delle Foreste Casentinesi,
Monte Falterona e Campigna.
(Foto di Davide Travaglini).
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Perché ciò sia possibile occorre che tutte le fasi, dalla pianificazione alla realizzazione degli interventi selvicolturali, prendano in considerazione l’ecosistema nel suo
complesso, in modo da agire a sostegno dei processi di autorganizzazione e ridurre
nel contempo i possibili effetti negativi sulle diverse componenti.
In questo contributo sono presentati degli esempi di come i moderni criteri di gestione e di pianificazione forestale possono agire a supporto della biodiversità e
del mantenimento dei servizi ecosistemici. In particolare sono stati presi in esame
gli aspetti connessi alla diversità strutturale e alla diversità genetica dei soprassuoli forestali, alla salvaguardia della funzionalità dei suoli in ambiente forestale,
alla funzione turistico-ricreativa delle foreste, alla produzione di biomassa per fini
energetici.
Diversità strutturale e genetica come presupposto per la diversità
biologica dei sistemi forestali
Nel nostro Paese la coltivazione millenaria del bosco ha comportato sensibili modificazioni ai caratteri principali della biodiversità forestale – composizione specifica, struttura e funzionalità dei processi a diverse scale spaziali e temporali
– determinando quasi sempre la riduzione della complessità del sistema bosco
(Nocentini, 2001).
Diverse forme di gestione e di trattamento sono state codificate nel corso del tempo
con l’obiettivo di massimizzare la produzione legnosa dei boschi, ponendo in secondo piano altre importanti funzioni e servizi che oggi sono riconosciuti alle foreste.
Se ad esempio consideriamo la gestione attuata nei boschi di faggio a partire dal XVII
secolo, è evidente che le faggete sono state intensamente utilizzate per produrre
legna da ardere e carbone (Gabbrielli 1991; Rovelli, 2000). Il trattamento classico
applicato alle faggete di molte proprietà pubbliche prevede la realizzazione di una
serie di tagli, in genere 2-3 tagli eseguiti in successione in un arco di tempo di circa
20-30 anni, che hanno lo scopo di rimuovere progressivamente il soprassuolo adulto
per favorire lo sviluppo sottocopertura della rinnovazione naturale. Questa forma
di gestione nella maggioranza dei casi ha portato alla costituzione di soprassuoli
uniformi, per lo più monospecifici, caratterizzati da strutture semplificate e con una
minore presenza di microhabitat importanti per la sopravvivenza di numerose specie
animali e vegetali rispetto a quelli osservate nelle faggete vetuste (Nocentini, 2009;
Burrascano, 2012; Travaglini et al., 2012).
È quindi interessante valutare l’influenza della gestione forestale sulla diversità
strutturale dei soprassuoli. Uno studio condotto in tal senso nel Parco Nazionale
del Gran Sasso e Monti della Laga ha posto a confronto una faggeta vetusta non più
gestita da oltre 400 anni con una faggeta gestita secondo il trattamento classico
(Paffetti et al., 2012). I risultati dello studio indicano che la foresta gestita è caratterizzata da una minore diversità strutturale rispetto alla foresta vetusta. Le principali
differenze che distinguono il bosco vetusto dal bosco gestito riguardano la diversità
dimensionale degli alberi, risultata superiore nel bosco vetusto rispetto al bosco
gestito, e la distribuzione delle chiome nello spazio verticale, che nel bosco vetusto
risulta strutturata in strati mentre nel bosco gestito è tutt’al più biplana. Inoltre nella
faggeta gestita non sono state osservate piante di dimensioni diametriche elevate
(> 70 cm), alle quali è riconosciuto un ruolo importante per la conservazione della
biodiversità sia animale che vegetale.
Per giungere alla definizione di forme di gestione alternative è poi interessante
prendere in considerazione l’analisi dei saperi delle comunità locali, che sono ormai
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Sviluppo sostenibile
praticamente scomparsi da gran parte del nostro territorio. Questo tipo di indagine
è stata condotta in faggete dell’Italia centrale e meridionale (Ciancio et al., 2008a;
Bottalico et al., 2010; Bottalico et al., 2012), dove le consuetudini locali prevedono
l’applicazione di forme di trattamento riconducibili al taglio a scelta secondo criteri
non codificati, modulando gli interventi in base alle necessità di ogni singolo popolamento e in relazione alle esigenze dei proprietari. Il trattamento prevede l’eliminazione delle piante di maggiori dimensioni e l’apertura di piccoli gap in cui si insedia
la rinnovazione. Gli interventi sono ripetuti a brevi intervalli di tempo e il bosco che
ne deriva è assimilabile per struttura a un bosco disetaneo. Queste forme di gestione
consentono ai proprietari privati una produzione sostenuta di assortimenti legnosi
e allo stesso tempo garantiscono la copertura continua del terreno, l’ottenimento
della rinnovazione naturale e la costituzione di strutture forestali con caratteristiche
più simili a quelle osservate nelle faggete vetuste.
Esempi significativi di forme di uso tradizionale, maturate nel tempo attraverso l’accumulo di conoscenza tipica della formazione dei saperi locali sono stati documentati, oltre che per le faggete, anche per le pinete di laricio della Sila (Ciancio et al.
2006) e per le pinete di pino d’Aleppo dell’Alto Ionio Cosentino (Ciancio et al. 2008b).
L’analisi delle forme di uso tradizionale rappresenta una opportunità per delineare
forme di gestione in grado di garantire nel tempo la conservazione del bosco attraverso un uso compatibile con la sua funzionalità.
Per quanto riguarda la diversità genetica, la componente finale della variabilità di
una popolazione animale o vegetale è la differenziazione genetica entro e tra le
popolazioni. Nella prospettiva di conservare i servizi ecosistemici delle popolazioni forestali, una maggiore variabilità genetica entro popolazioni potrebbe conferire
al sistema una maggiore resilienza rispetto ai cambiamenti ambientali in corso. Si
pensi ad esempio alla possibile influenza stabilizzante della diversità genetica in
specie arboree chiave che consentono di monitorare lo stato delle foreste rispetto al
cambiamento climatico in atto.
La gestione delle popolazioni forestali non sembra influenzare significativamente
la loro diversità genetica, se non determinare una diminuzione del numero di alleli
rari, cioè di quegli alleli che presentano una frequenza nella popolazione inferiore al
5%, come evidenziato da una recente ricerca che ha posto a confronto una faggeta
vetusta non gestita da oltre 400 anni con una faggeta gestita con sistema classico
(Paffetti et al., 2012). A livello quantitativo la diminuzione di alleli rari non comporta
una variazione consistente dei parametri di diversità genetica, ma la perdita di tali
alleli può portare nel tempo a una variazione qualitativa e quantitativa della composizione della popolazione forestale, perché è la presenza e il numero di alleli rari
che determina la risposta delle popolazioni ai cambiamenti pedoclimatici. La ricerca
ha inoltre evidenziato che le maggiori differenze tra la foresta vetusta e la foresta
gestita riguardano la struttura genetica spaziale della popolazione. Difatti le popolazioni forestali naturali presentano, con piccole differenze a seconda della specie, una
struttura genetica complessa. Queste popolazioni si presentano suddivisibili al loro
interno in sottopopolazioni che danno origine ad una struttura genetica più o meno
eterogenea, dove le sottopopolazioni costituiscono gruppi familiari dislocati nello
spazio. La semplificazione della struttura genetica spaziale determina un aumento
del tasso di consanguineità, portando ad una diminuzione della fitness e conseguentemente alla perdita di vigore dell’ibrido, che si traduce in una riduzione della funzionalità complessiva dell’ecosistema e in una perdita di produttività. Frequentemente
una struttura genetica spaziale complessa è associata ad una struttura del sopras-
23
24
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
suolo diversificata, e appunto perciò una gestione forestale che tende a favorire la
diversificazione strutturale del sistema offre maggiori garanzie per mantenere la
variabilità genetica a livelli elevati (Paffetti et al., 2012).
Lo studio della diversità genetica di popolazioni arboree è poi fondamentale per il
mantenimento e il miglioramento della produttività delle varietà coltivate, fattori che
dipendono dal materiale genetico presente nelle popolazioni delle specie selvatiche affini. In questo contesto appare importante l’individuazione e il mantenimento
di unità di conservazione genetica che hanno come obiettivo la salvaguardia della
diversità genetica di una specie o il mantenimento del potenziale genetico per una
futura divergenza genetica o di speciazione. Un recente studio sul trasferimento genico tra varietà di pioppo coltivate e popolazioni di specie selvatiche affini ha evidenziato i rischi di inquinamento genetico che si possono verificare quando gli impianti
artificiali sono collocati in prossimità di popolazioni di origine naturale; infatti, anche
se l’ibridazione tra le popolazioni coltivate e le popolazioni selvatiche porterebbe ad
aumento della diversità genetica di quest’ultime, allo stesso tempo determina una
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Sviluppo sostenibile
Faggeta vetusta nel Parco
Nazionale del Gran Sasso
e Monti della Laga.
(Foto di Davide Travaglini).
perdita di variabilità genetica adattativa delle popolazioni locali (Paffetti et al., 2013).
Da qui l’importanza che le unità di conservazione genetica, che possono svolgere un
servizio ecosistemico fondamentale come il mantenimento e l’aumento di produttività delle varietà coltivate, siano anche unità di gestione, ovvero unità in cui viene
operata una gestione forestale finalizzata a favorire la rinnovazione naturale sulla
base di interventi a basso impatto ambientale.
Impatto delle utilizzazioni forestali e salvaguardia della
funzionalità dei suoli
Il suolo è una componente fondamentale dell’ecosistema forestale, sia per il ruolo
che esso riveste all’interno dei cicli biogeochimici, sia come habitat di numerose comunità edafiche. Il suolo forestale può essere sottoposto però a pressioni antropiche,
ad esempio quando si utilizzano macchine operatrici per le utilizzazioni boschive, i
cui effetti si ripercuotono non solo negli orizzonti superiori ma anche in profondità.
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i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Figura 3
Parco Nazionale del
Gran Sasso e Monti
della Laga: struttura
genetica spaziale di una
faggeta vetusta (A) e
di una faggeta gestita
(B). I numeri indicano
le sottopopolazioni
che compongono le
popolazioni esaminate.
Il movimento di tali mezzi può provocare la compattazione e la deformazione del
suolo, modificandone le proprietà chimiche, fisiche e biologiche e alterandone le
funzioni. Al fine di evitare certi tipi di danni, che possono essere anche irreversibili o comunque con necessità di tempi lunghi per il ripristino, è importante che le
utilizzazioni forestali evitino o riducano gli impatti in modo da non pregiudicare le
funzioni e i servizi forniti dagli ecosistemi forestali. L’entità del danno, dovuto alla
compattazione del suolo, dipende da diverse variabili, tra le quali: le caratteristiche
del mezzo (peso, tipo di pneumatico, trazione etc.), le caratteristiche della stazione
(pendenza, accessibilità, livello di umidità del suolo al momento dell’intervento) e le
caratteristiche del suolo stesso (tessitura, capacità di campo, tasso di materia organica etc.). Al fine di confrontare le risposte di alcuni tipi di suolo sottoposti a disturbi
provocati da diverse operazioni di raccolta, vengono descritti due studi effettuati sul
litorale e nell’ambiente appenninico della Toscana. In entrambi i casi sono state valutate le modifiche sia delle proprietà fisiche del suolo che meglio spiegano il livello
di compattamento (densità apparente e porosità), che i cambiamenti a livello di forze
di resistenza del suolo (resistenza al taglio e alla penetrazione). Nel primo caso si
è trattato di una pineta di pino domestico all’interno del Parco regionale Migliarino,
San Rossore, Massaciuccoli (Pisa), su un suolo prettamente sabbioso, interessata da
un taglio di rinnovazione con abbattimento del soprassuolo adulto effettuato con un
alto livello di meccanizzazione che prevedeva la combinazione tra due tipi di macchine: il feller per l’abbattimento delle piante e il forwarder per l’esbosco. I risultati della ricerca non hanno mostrato variazioni significative dei parametri fisici dopo l’intervento di utilizzazione e questo conferma che i terreni sabbiosi hanno un’elevata
resistenza alla compattazione, nonostante il passaggio di mezzi pesanti. La seconda
ricerca riguarda un cantiere in un popolamento misto di abete rosso, douglasia e
abete bianco, su suolo franco argilloso. È stato effettuato un diradamento per regolare la densità del soprassuolo che prevedeva l’esbosco sia con un trattore gommato
che con un trattore cingolato. In questo caso i risultati hanno mostrato una impatto
significativo all’interno delle piste percorse dal trattore gommato, con un aumento
della densità apparente e una riduzione della porosità, e differenze rilevanti per le
forze di resistenza del terreno, nelle piste percorse dal trattore cingolato. Possiamo
dunque evidenziare l’importanza della tipologia di suolo, in questo caso franco argilloso, sugli effetti del passaggio dei mezzi forestali, decisamente meno pesanti di
quelli della stazione precedente.
Per limitare i possibili danni alla funzionalità del suolo forestale connessi alle utilizzazioni boschive i tecnici incaricati della gestione forestale possono prendere in
considerazione alcuni accorgimenti legati al mantenimento di una buona rete viaria,
alla distribuzione della ramaglia sulle piste, alla scelta del sistema di lavoro, e alla
formazione e sensibilizzazione degli operatori forestali.
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Sviluppo sostenibile
Funzionalità turistico-ricreativa
Le attività all’aria aperta in ambienti naturali e in particolare in foresta, sono parte
integrante della storia dell’uomo (Bell, 1997). Negli ultimi decenni, ancor più che in
passato, le foreste ed i paesaggi che le ospitano possono rivestire un ruolo strategico
per una serie di servizi tra i quali spiccano, per le funzioni sociali e ricreative, sempre
più riconosciute come fondamentali per la salute, il benessere e più in generale la
qualità della vita delle popolazioni urbane e rurali (Sanesi, 2013).
Prima di affrontare gli aspetti specifici delle potenzialità che gli ecosistemi forestali
rivestono in termini di erogazione di servizi ricreativi e culturali è utile ricordare
che in molti paesi il turismo è una delle maggiori fonti di reddito e di lavoro. E il
ruolo che rivestono le attività turistiche e ricreative all’aria aperta è tutt’altro che
secondario. Le attività turistiche e ricreative in foresta possono essere passive e residenziali oppure attive. Nel primo caso ricadono le modalità di fruizione volte al
relax, alla possibilità di godere di una particolare vista oppure la scelta di camping
come ospitalità per le vacanze. Nel secondo caso rientrano attività escursionistiche
e sportive. Per valorizzare le attività turistiche svolte in foresta è necessario che la
gestione forestale sappia coniugare alcuni aspetti di base fondamentali per erogare tali servizi ecosistemici. Prima fra tutte la possibilità di ospitare attività sociali
non influendo in modo negativo o particolarmente impattante sugli altri servizi. La
conservazione della biodiversità, ad esempio, veniva percepita, fino a pochi anni fa
solamente, come una questione antitetica alla possibilità di svolgere attività turi-
Piantagione di pioppo
(in alto a destra) nei
pressi di un bosco misto
di latifoglie con pioppi
di origine naturale
(in basso a sinistra)
nel Parco regionale
Migliarino, San Rossore,
Massaciuccoli. Le
analisi genetiche hanno
evidenziato l’ibridazione
tra la pianta F1.1 e la
pianta P3.
28
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
stiche. Bell et al. (2007) e Sanesi (2013) hanno messo in evidenza che la gestione
forestale volta ad enfatizzare la diversità strutturale e genetica dei sistemi forestali
può comportare un valore aggiunto per la fruizione turistico-ricreativa. La diversità
biologica implica infatti una maggiore ricchezza sia a livello specifico che a livello di
habitat. Le foreste vetuste e la diversità strutturale che deriva da stili di gestione che
tendono a massimizzare la biodiversità si traducono, tra l’altro, nella possibilità di
incontrare alberi di carattere monumentale che rappresentano un aspetto di grande
fascino per i turisti in foresta e di osservare un elevato numero di specie vegetali e
animali che costituiscono un’attrattiva fondamentale per le attività di ecoturismo. In
questo senso la promozione di un turismo responsabile coadiuvato da interventi di
educazione ambientale oltre a ridurre il disturbo che un turista reca inevitabilmente
all’ambiente con cui interagisce porta alla possibilità di accrescere la consapevolezza positiva della foresta intesa come sistema biologico complesso.
Un aspetto ulteriore nelle relazioni fra gestione forestale e servizi ecosistemici ricreativi e culturali è legato alla necessità di fruire della foresta in sicurezza. La maggiore complessità dei sistemi forestali porta ad una maggiore salute degli ecosistemi,
cui è associata una maggiore stabilità bioecologica e biomeccanica. Laddove si preveda una fruizione turistico-ricreativa di maggior intensità è fondamentale intervenire in modo da prevenire e/o evitare rischi potenziali per i fruitori soprattutto per
ciò che riguarda il crollo di alberi o i pericoli che possono derivare da patogeni nocivi
per la salute umana. Tecniche di selvicoltura preventiva per diminuire le possibilità
di innesco e propagazione degli incendi forestali sono di vitale importanza nei boschi
dove la funzione turistico-ricreativa è prevalente.
I servizi ecosistemici connessi con le attività turistiche sono fondamentali anche per
la salute umana. Stili di vita sempre più strutturati e sedentari comportano una serie
di problemi di cui solo recentemente si sta prendendo coscienza. L’insorgenza di patologie di nuovo tipo, come vale per molte delle cosiddette Malattie Non Trasmissibili
è strettamente legata alla scarsa propensione a svolgere attività fisica all’aperto.
In parallelo gli effetti dei cambiamenti climatici stanno ponendo serie sfide nelle
modalità di gestione di boschi dove si pratichino attività turistiche. In particolare la
severità degli estremi termici può portare a situazioni di disagio elevato fino a condizioni di vero e proprio pericolo di insorgenza di patologie da calore laddove vengano
ospitate attività turistiche residenziali (camping) o si pratichino attività sportive o
escursionistiche. Ciò è estremamente importante nelle foreste mediterranee e in
particolare nei boschi lungo le coste che ospitano buona parte del turismo sia residenziale che attivo. In uno studio eseguito in una pineta di Pino marittimo che ospita
un camping a Punta Ala (Grosseto), lungo il litorale toscano, Salbitano et al. (2013)
hanno messo in evidenza come strutture forestali diverse si comportino in modo differente in termini di comfort termico erogato e, quindi, di disagio e rischio di patologie da calore. Nelle zone a piena copertura con elevata densità dello strato arbustivo,
pur non facendo registrare casi di condizioni di pericolo di stress termico, si sono
registrate condizioni di disagio (da lieve a forte) con una frequenza superiore al 60%
dei casi. La presenza della macchia mediterranea nello strato inferiore del bosco
riduce la circolazione dell’aria, diminuendo la ventosità e limitando i processi convettivi dovuti all’evapotraspirazione, influendo in modo significativo (e negativo) sulle
condizioni di potenziale disagio. Le piazzole a pieno sole sono quelle dove è stata registrata la più elevata incidenza per ciò che riguarda le condizioni di rischio di shock
termico. Le zone a media copertura, con struttura verticale diversificata e presenza
di una maggior diversità di specie arboree (sughera, leccio, cerro oltre che pino)
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lungo il profilo verticale della foresta, con densità non colma dello strato arbustivo,
sono quelle che, pur presentando condizioni di pericolo in un numero limitato di casi,
hanno manifestato le migliori condizioni di fruizione turistico ricreativa residenziale.
Produzione di biomassa per fini energetici
Negli ultimi anni le richieste di energia da fonti alternative rinnovabili pongono pressioni sempre più incisive sull’impiego di biomasse forestali. In realtà tutto ciò non
si presenta come un fatto nuovo in quanto, almeno per il nostro Paese, fino a pochi
decenni fa le fonti energetiche dipendevano fortemente dalla produzione legnosa dei
boschi.
Tali pressioni possono portare ad un decremento della funzionalità dei soprassuoli
forestali qualora non si disponga di stime sufficientemente attendibili sulle capacità
produttive di questi e sulla effettiva disponibilità, anche da un punto di visto economico, della loro biomassa.
Sviluppo sostenibile
Escursione tra i boschi
di neo-formazione
dell’Etna.
(Foto di Fabio Salbitano).
30
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Difatti la disponibilità delle biomasse forestali è condizionata da molti fattori. Fra
essi assumono particolare rilevanza l’auto-ecologia delle singole specie, la struttura
del soprassuolo e la sua storia di utilizzazione nel passato, i fattori di concorrenza di
uso, l’accessibilità, l’effetto dei cambiamenti climatici, la normativa vigente in materia forestale nonché i regimi di tutela. Tutto ciò ha poi relazione con il principio di
eco-sostenibilità per il quale qualsiasi intervento d’uso deve essere rispettoso della
conservazione della funzionalità e della biodiversità dell’ecosistema stesso e non
deve pregiudicare nel tempo la sua capacità di rinnovazione.
Il problema della stima della disponibilità si pone a diverse scale spaziali e, frequentemente, soprattutto quando l’analisi interessa ampie superfici, diventa anche
più complesso per l’insufficienza di informazioni di base affidabili, sufficientemente
dettagliate e comparabili. A ciò si aggiunge che per questo tipo di analisi è fondamentale considerare il fattore temporale. È ormai chiaro che limitare la stima alla
disponibilità attuale non è sufficiente: per attivare una filiera bosco-legno-energia è
necessario valutarne la sostenibilità nel tempo (Nocentini et al., 2011).
La pianificazione forestale dispone oggi di nuovi strumenti e metodi di analisi territoriale che possono essere efficacemente impiegati per una corretta valutazione della
disponibilità nel tempo delle biomasse forestali per fini energetici. Si fa riferimento
in particolare alla possibilità di combinare in un Sistema Informativo Territoriale le
informazioni puntuali sulle coperture forestali provenienti da indagini inventariali
con dati telerilevati da piattaforme aeree o satellitari al fine di stimare la produttività dei sistemi forestali su ampi territori (Corona, 2010b). Recenti studi condotti in
Toscana (Giannini et al., 2011) e in Sardegna, in ambiti forestali dominati da boschi
cedui di specie quercine, hanno evidenziato come l’applicazione simulata nel tempo
di scenari di gestione forestale di tipo produttivo e per confronto di tipo protettivo/
conservativo possono portare a stimare quantitativi di biomassa forestale significativamente diversi. Nei casi di studio esaminati la disponibilità di biomassa (legna da
ardere e residui delle utilizzazioni forestali) si riduceva di circa il 40-50% quando si
consideravano scenari di gestione che applicavano dei fattori di riduzione ai prelievi
forestali per la presenza di elementi di criticità, come ad esempio la pendenza dei
terreni o quello relativo a specifici vincoli di protezione ambientale. Nel caso dei residui delle utilizzazioni forestali (ramaglia con diametro inferiore a 3-5 cm), che solitamente sono lasciati in foresta per proteggere il terreno dall’erosione e arricchire
il suolo di elementi nutritivi, ma il cui utilizzo è stato riconsiderato negli ultimi anni
per la possibilità di produrre cippato da immettere nelle filiere bosco-legno-energia,
gli studi effettuati indicano una riduzione della biomassa di circa l’80% quando si
confrontano scenari produttivi con scenari protettivi/conservativi. Risultati simili
sono stati ottenuti nell’Alto Molise da Lasserre et al. (2011) utilizzando metodologie
di analisi comparabili.
L’utilizzazione intensiva della biomassa legno anche per scopi energetici può creare conflitti tra i servizi ecosistemici delle foreste, ad esempio con la funzione di
serbatoio di Carbonio che ha la foresta e con le esigenze di tutela degli habitat forestali specialmente quando si opera all’interno di aree protette di interesse locale,
nazionale e comunitario. L’individuazione di contesti territoriali nei quali ipotizzare
il ricorso sistematico alle biomasse forestali per contribuire alla soddisfazione dei
fabbisogni energetici della società attuale pone al centro il ruolo della pianificazione
forestale. In questo senso, la pianificazione deve essere in grado di valutare la compatibilità di tali attività sia con i principi di tutela ambientale che con le esigenze di
sviluppo sostenibile delle popolazioni locali.
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Lavoro svolto nell’ambito del Progetto FIRB2012 “MIMOSE: Sviluppo di modelli innovativi per il monitoraggio multiscala degli indicatori di servizi ecosistemici nelle foreste
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G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
di Raffaele Lafortezza, Lucia Pesola, Elena Gioscia, Mario Elia, Giuseppe
Colangelo, Giovanni Sanesi
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Introduzione
Gli ecosistemi naturali rappresentano un elemento di vitale importanza per il benessere e la salute dell’uomo, grazie anche alla capacità di fornire una serie di servizi cosiddetti “ecosistemici”, quali ad esempio: assorbimento di anidride carbonica,
approvvigionamento idrico, purificazione dell’aria, formazione del suolo, controllo e
regolazione delle condizioni climatiche, conservazione della biodiversità (Millennium
Ecosystem Assessment, 2005). Negli ultimi decenni, la crescita delle attività antropiche ha determinato una serie di problematiche ed effetti negativi sul mantenimento
di questi servizi con conseguenze talvolta drammatiche.
Il degrado dei servizi forniti dagli ecosistemi rappresenta una vera e propria perdita
del “capitale naturale” di cui l’uomo può disporre (Tallis et al. 2008). A questo riguardo, il Millennium Ecosystem Assessment (MEA) concentra l’attenzione sulla complessità delle interazioni tra i sistemi naturali ed i sistemi antropici e, in particolare,
sui benefici ambientali, sociali ed economici derivanti dal mantenimento dei servizi
ecosistemici (MEA 2005).
Uno dei temi emergenti in materia di servizi ecosistemici riguarda l’ottimizzazione
nello spazio e nel tempo dei benefici derivanti dai diversi servizi, es. stoccaggio di
carbonio nella biomassa; salvaguardia degli habitat naturali; conservazione del paesaggio e della biodiversità. A questo riguardo, il MEA introduce il termine trade-off
ad indicare il legame di mutuo contrasto e/o sinergia tra due o più servizi ecosistemici (Rodriguez et al., 2006). Ad esempio, l’attivazione di misure ambientali volte alla
produzione di biomassa per finalità energetiche (i.e., impianti forestali a ciclo breve) si pone spesso in contrasto con l’obiettivo di conservare la biodiversità di specie
animali e vegetali e di preservare i principali cicli biogeochimici (Raudsepp-Hearne
et al., 2010). Di contro, misure basate sulla sola conservazione della biodiversità
possono compromettere il raggiungimento di determinati target di accumulo di carbonio secondo quanto previsto dalle Convenzioni Internazionali sui cambiamenti climatici (Nelson et al., 2009).
Una gestione sostenibile del “capitale naturale” dovrebbe pertanto tener conto del
trade-off tra i diversi servizi ecosistemici, favorendo azioni concrete di mitigazione
dei contrasti e l’individuazione di porzioni di territorio, cosiddette aree win-win, nelle
quali è possibile incentivare un insieme di servizi ecosistemici (Dailye-Matson, 2008).
L’analisi dei trade-off richiede pertanto la predisposizione di nuovi approcci scientifici e modelli innovativi in grado di quantificare il rapporto di contrasto e/o sinergia tra
servizi ecosistemici (es. biomassa vs. biodiversità) e di prevedere le conseguenze di
determinate scelte di pianificazione e gestione ambientale a diverse scale spaziali e
temporali (Benayas et al., 2009; Corry e Lafortezza, 2007).
Sviluppo sostenibile
Approccio modellistico per
l’analisi e previsione dei servizi
ecosistemici
33
34
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Figura1
Quadro per l’analisi
e la previsione dei
servizi ecosistemici.
Nell’ambito degli ecosistemi naturali, le foreste sono un elemento chiave per la fornitura di servizi ecosistemici nelle diverse tipologie e, in particolare, per l’approvvigionamento di biomassa (es. produzione di energia rinnovabile) e per il mantenimento
della diversità di specie nelle comunità ecologiche (Lafortezza et al., 2010; Elia et al.
2012; Lafortezza et al. 2013a). Negli ultimi anni, numerosi progressi sono stati fatti
al fine di comprendere i meccanismi alla base di questi servizi e come questi servizi
possano essere tradotti in vantaggi di tipo economico per la collettività (MEA, 2005).
Nonostante la rilevanza dell’argomento, la conoscenza di questi meccanismi è ancora limitata agli aspetti teorici relativi alla multifunzionalità dei boschi e alla analisi
qualitativa dei servizi ecosistemici (Chiesura, 2009; Tallis et al., 2009; Rounsevell et
al., 2010). Ad esempio, a livello di pianificazione forestale, già da diversi anni, esiste
un consenso generale circa l’importanza di includere i servizi ecosistemici nei piani
di gestione e di sviluppo rurale; di contro la quantificazione di questi servizi rimane
piuttosto incerta e complessa da effettuare per la carenza di metodi di analisi e modelli di calcolo matematico (AligeBair, 2006; de Groot et al., 2002; Krishnaswamy et
al., 2009). Queste carenze a livello metodologico impediscono di fatto l’applicazione
dei principi alla base del MEA, tra cui l’importanza dei servizi ecosistemici nell’ambito delle nuove strategie di gestione e governo del territorio.
In questo contributo si discutono i principali approcci metodologici presenti in letteratura relativi all’analisi e previsione dei servizi ecosistemici con particolare riferimento al modello InVEST (IntegratedValuation of Ecosystem Services and Tradeoffs) (Figura 1). Si presentano inoltre i risultati preliminari di uno studio finalizzato
all’analisi e alla previsione dei servizi ecosistemici in una porzione meridionale
della Puglia.
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Allo stato attuale l’analisi dei servizi ecosistemici e la loro inclusione nei processi decisionali può essere riferita a due paradigmi principali. Nel primo paradigma,
i servizi ecosistemici sono analizzati singolarmente con riferimento ad un’area di
limitata estensione ed utilizzando funzione matematiche in grado di spiegare l’andamento del servizio (es. accumulo di carbonio nella biomassa) in relazione ad una
o più variabili proxy; es. scambi gassosi, intensità della fotosintesi, radiazione luminosa, etc. (Barlow et al., 2007; Chazdon, 2008; Harrington et al., 2010). Nonostante
l’elevato contenuto informativo, questo tipo di approccio risulta insufficiente ai fini
della gestione territoriale poiché si basa su singoli servizi ecosistemici, perdendo
di vista l’insieme delle relazioni alle diverse scale spaziali e temporali. Nel secondo
paradigma, i servizi ecosistemici sono analizzati in modo congiunto mediante modelli
di calcolo ad ampia scala da cui è possibile ricavare una serie di informazioni sull’effettive condizioni degli ecosistemi a livello locale (Costanza et al., 1997; Naidoo et al.,
2008; Nelson et al., 2009; Strassburg et al., 2010). Questo secondo approccio si basa
sull’ipotesi che ogni porzione territoriale nell’ambito di una tipologia di ecosistema
sia identica alle altre, senza considerare la variabilità strutturale dell’ecosistema in
rapporto alle condizioni locali (dimensione, forma, struttura verticale, etc.) e alle condizioni nell’intorno (configurazione spaziale, vicinanza e connettività ad altri ecosistemi simili). Questo approccio non consente, pertanto, l’analisi dei servizi ecosistemici
in funzione delle pratiche di gestione e di governo del territorio (Tallis et al., 2009).
Ad esempio ipotizzando una conversione di un bosco a superficie agricola, questo
approccio non permette di comprendere gli effetti a livello di ecosistema di aspetti,
quali: biodiversità, ciclo dell’acqua, regolazione del clima, accumulo di carbonio, etc.
Senza una conoscenza “multi-scala” dei servizi ecosistemici non è possibile definire
strategie di gestione e governo del territorio basate sui principi del MEA (Benayas
et al., 2009; Ewers et al., 2009; Goldman and Tallis, 2009; Nelson et al., 2009). L’approccio ideale al problema dovrebbe tener conto di una molteplicità di servizi ecosistemici in modo tale da: (1) combinare il rigore delle analisi a scala di ecosistema
(primo paradigma) con la visione di insieme delle analisi a scala di territorio (secondo
paradigma); (2) spiegare il rapporto di competizione (trade-off) tra i diversi servizi ecosistemici; e (3) identificare una o più opzioni di gestione territoriale al fine di minimizzare
i trade-off (Díaz et al., 2009; Nelson et al., 2008; Raudsepp-Hearne et al., 2010; Schroter
et al., 2005).
Le analisi multi-scala rappresentano la nuova frontiera della ricerca scientifica
anche in campo forestale (AligeBair, 2006; Lafortezza et al. 2013b). Lo studio della
letteratura di settore dimostra, infatti, come sia necessario sviluppare dei metodi
di analisi cosiddetti “spazialmente espliciti” poiché in grado di considerare il ruolo
della scala spaziale e della eterogeneità del territorio nella valutazione dei servizi
ecosistemici (Zhang et al., 2007). Questo tipo di metodi si prestano molto bene alla
analisi dei trade-off tra servizi ecosistemici al fine di individuare (spazialmente) le
porzioni di territorio nelle quali è possibile incentivare un insieme di servizi ecosistemici (aree di tipo win-win) (Naidoo et al., 2008; Tallis et al., 2008; Williams et al., 2008).
Modelli di analisi
Lo sviluppo di strumenti in grado di integrare l’ecologia, l’economia e le scienze sociali per supportare il processo decisionale è un fenomeno recente (Sanesi et al.,
2006, Ruhl et al., 2007; Daily et al., 2009;). Questi vanno da semplici fogli di calcolo a
Sviluppo sostenibile
Analisi e previsione dei servizi ecosistemici
35
36
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Tabella 1
Modelli di analisi
e previsione dei
servizi ecosistemici.
complessi pacchetti software. La necessità di integrare l’analisi dei trade-off dei servizi ecosistemici nel processo di pianificazione territoriale ha portato allo sviluppo di
nuovi modelli “spazialmente espliciti”, in grado di analizzare le relazione tra i servizi
ecosistemici secondo un approccio multi-scala a partire dai dati puntuali, acquisiti in
campo, e dati territoriali, acquisiti da sensori remoti (Balmford et al., 2002). Tra questi modelli è importante citare i seguenti: InVEST, ARIES, SolvES, ESValue, EcoAIM
ed EcoMetrix (vedi Tabella 1).
InVEST (IntegratedValuation of Ecosystem Services and Tradeoffs) e ARIES (Artificial
Intelligence for Ecosystem Services) sono i più utilizzanti a supporto dei processi decisionali, in una diversità di contesti geografici. Entrambi utilizzano dati spaziali come
input e applicano una serie di equazioni di calcolo in modelli deterministici (InVEST
e ARIES) e modelli probabilistici (ARIES). Entrambi gli strumenti producono mappe e
tabelle a cui possono essere applicati i valori monetari unitari (Nelson e Daily, 2010).
InVEST comprende diversi moduli distinti in “ecosistemi marini e di acqua dolce” (tra
cui: vulnerabilità costiera, protezione dall’erosione, qualità estetica, etc.) e “ecosistemi terrestri” (es. biodiversità, stoccaggio e sequestro del carbonio, produzione di
energia idroelettrica, ritenzione dei nutrienti, ritenzione dei sedimenti, legname ed
impollinazione delle colture (Tallis et al., 2013). ARIES comprende numerosi moduli
legati al sequestro e stoccaggio del carbonio, regolamentazione fluviale e costiera,
fornitura di acqua dolce, regolamentazione dei sedimenti, pesca di sussistenza, ri-
Categorie
Servizi Ecosistemici
InVEST
Provvigione
Coltivazioni/legname
X
ARIES
SolVES
ESValue
EcoAIM
EcoMetrix
X
Bestiame
Pesca
Fibre
X
X
X
Carburante
Forniturta di acqua
X
X
X
Risorsa Genetica
Regolazione
Climatica
X
Controllo delle inondazioni
Erosione
X
X
X
X
X
X
X
X
Riduzione del rumore
Qualità dell'acqua
X
Qualità dell'aria
Qualità del suolo
Culturale
Occupazione
Educazione
Ricreatone
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Salute e benessere
Spirituale/Religiouso
Supporto
X
Valore estetico
X
Ciclo dei nitrienti
X
X
Ciclo dell'acqua
Fotosintesi
Impollinazione
X
Biodiversità
X
X
X
X
37
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Il modello InVEST
InVEST è uno strumento di supporto alle decisioni per
la gestione e pianificazione delle risorse naturali di tipo
“spazialmente-esplicito”. Attraverso diversi moduli
consente di stimare la quantità e il valore dei servizi
forniti dagli ecosistemi allo stato attuale e con riferimento a scenari futuri. Attraverso l’utilizzo di modelli
biofisici ed economici, questo strumento cerca di fornire agli stakeholder soluzioni a livello pianificatorio e
gestionale sotto forma di mappe, trade-off e valutazioni
economiche (Figura 2, Tabella 2). Il modello permette
di ottenere risultati a scala locale, regionale o nazionale, tenendo conto della eterogeneità del territorio.
La cartografia di base necessaria in quasi tutti imoduli è il Land Use/Land Cover (LU/LC) presente e passato, mentre il LU/LC futuro è un dato opzionale utile
per ipotizzare scenari in funzione della pianificazione
territoriale.
Per ogni modulo e in funzione del servizio ecosistemico considerato sono richiesti un set di indicatori (es.
minacce degli habitat, carbonio stoccatodalla biomassa epigea, coefficiente di evaporazione, etc.) in formato grid, database e vettoriale, mentre i dati di output
possono essere biofisici (es. tonnellate di carbonio sequestrate) o economici (es. il valore attuale netto del
carbonio sequestrato), a seconda delle esigenze dei
Sviluppo sostenibile
creazione, valori estetici e valori in prossimità di spazi aperti, con modelli di servizi
aggiuntivi in sviluppo. ARIES utilizza tecniche di intelligenza artificiale per effettuare
previsioni probabilistiche sui servizi ecosistemici anche in carenza di dati puntuali.
SolvES ha lo scopo di quantificare e mappare i servizi ecosistemici di tipo “culturale”
(es. valori estetici, spirituali, ricreazione e beni culturali) percepiti dai cittadini o da
una comunità locale. Lo strumento si basa su dati derivanti dalla compilazione di
questionari somministrati ad un campione di cittadini chiamati ad esprimere delle
preferenze su questi servizi. Questo strumento è stato applicato per l’utilizzo in diversi contesti che spaziano dalle foreste agli ecosistemi costieri.
EcoAIM e ESValue sono stati sviluppati per mappare i valori dei servizi ecosistemici
a scala di paesaggio (Waage et al., 2011). In particolare, EcoAIM è stato progettato
per inventariare i servizi ecosistemici e aiutare i decisori in materia di sviluppo, trasporti e restauro ecologico, sviluppare stime e valutare servizi ecosistemici derivanti
da differenti decisioni di gestione (Waage et al., 2011). ESValue unisce valutazioni
esperte e dati di letteratura per sviluppare funzioni di produzione di servizi (Waage
et al., 2011). Questo strumento facilita il confronto di ciò che può essere prodotto
(es., funzione di produzione) con quello che gli stakeholder vogliono produrre (es.,
funzione di valutazione) per comprendereil trade-off tra strategie di gestione delle
risorse naturali.
EcoMetrix è stato utilizzato per stimare i crediti ambientali nell’ambito di scenari di
ripristino o di degrado. Questo strumento consente di analizzare lo stato dei servizi
ecosistemici in un determinato sito in seguito alla raccolta di dati in campo (Tabella 1).
Figura 2
Applicazione di InVEST
per la produzione
di mappe, trade-off,
valutazioni economiche
all’interno di un
processo decisionale.
38
i servizi ecosistemici
Stakeholder
Sviluppo sostenibile
Scenari
Gestione forestale, Clima, Popolazione
Modelli
Biodiversità
Provvigione
Regolazione
Culturale
Supporto
Impollinazione
Specie
Cibo
Climatica
Ricreatione
Habitat
Legna
Stabilizzazione
Traditione
Acqua
Flusso
Communità
Controlo
Outputs (Biofisici, Economici, Culturali)
Tradeoff
Grafici
Mappe
Tabella 2
Piattaforma di
lavoro di InVEST.
Bilanci
Tabelle
decisori e della disponibilità dei dati. Tuttavia, i risultati sulla conservazione della
biodiversità sono riportati solo in termini biofisici.
I singoli moduli servono all’analisi dei trade-off con cui è possibile individuare le
porzioni di territorio nella quali è possibile incentivare o ridurre la fornitura di servizi, ipotizzando scenari e strategie per la pianificazione territoriale (es. turismo vs.
biodiversità, urbanizzazione vs.naturalità diffusa).
Un caso applicativo
Tabella 3
Input richiesti e
output ottenuti
utilizzando i moduli
di biodiversità e
carbonio.
L’attivazione di misure ambientali volte alla produzione di biomassa per finalità
energetiche (es., impianti forestali a ciclo breve) si pone spesso in contrasto con
l’obiettivo di conservare la biodiversità di specie animali e vegetali e di preservare i
principali cicli biogeochimici a scala di paesaggio (Raudsepp-Hearne et al., 2010). A
tal fine è stato condotto uno studio in un’area meridionale della Puglia, applicando il
modulo InVEST sulla biodiversità e sul carbonio. Qui di seguito si presentano i risultati preliminari di questo studio.
Per il modulo sulla biodiversità, in funzione del LU/LC 1990 e 2006, sono stati individuati e calcolati: (1) l’idoneità degli habitat, (2) le minacce per ogni habitat, (3) il peso
relativo di ogni minaccia, (4) la distanza d’impatto per ogni minaccia e (5) la sensitività
degli habitat considerando come specie target il tasso (Melesmeles L.). Dalle minacce individuate (es., tessuto agricolo, urbanizzato, cave/discariche e strade primarie)
sono state ricavate le mappe in formato raster.
Per il modulo sul carbonio, in funzione di ogni classe di uso del suolo, sono stati
ricavati i diversi pools relativi allo stoccaggio del carbonio nelle diverse componenti
vegetali (biomassa epigea, ipogea, materia organica morta e nel suolo) (Tabella 3).
Modulo Biodiversità
Biodiversità: qualità e rarità degli
habitat
Modulo Carbonio
Carbonio accumulato e sequestrato
Input
Formato dati
Carta Uso del Suolo attuale
mappa raster
Distanza di impatto della minaccia
tabella .csv
Peso relativo di ogni minaccia
tabella .csv
Mappe delle minacce
mappe raster
Idoneità degli habitat
tabella .csv
Sensitività degli habitat alle minacce
tabella .csv
Input
Formato dati
Carta Uso del Suolo attuale
mappa raster
Carbonio nella biomassa epigea
tabella .csv
Carbonio nella biomassa ipogea
tabella .csv
Carbonio nella materia organica morta
tabella .csv
Carbonio nel suolo
tabella .csv
Output
Indice di qualità di habitat;
Indice di rarità degli habitat
Output
Carbonio totale stoccato
(Mg/pixel)
39
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Figura 3
Carta dei trade-off
sulla base delle
mappe “Carte della
rarità degli habitat”,
utilizzando come
specie target il tasso
(Melesmeles L) e la
“Carta del carbonio
stoccato”.
Sviluppo sostenibile
I risultati preliminari ottenuti dalla predette analisi sono stati tre carte in formato
grid: (1) indice di qualità degli habitat (valori da 0 a 1; dove “0” indica il “non habitat”
mentre più il valore si avvicina a “1” migliore sarà la qualità dell’habitat per la specie
target; (2) indice di rarità dell’habitat (valori da 0 a 1, maggiore è la rarità maggiore è
la priorità di conservazione dell’habitat per la specie); (3) carbonio totale stoccato (per
classi di uso del suolo).
La sovrapposizione di questa carte ha consentito di comprenderei trade-off ed individuare spazialmente le aree in cui è ottimizzata la fornitura di entrambi i servizi
(win-win) (Figura 3). Tuttavia si rende necessario approfondire l’analisi dei tradeoff inserendo dati opzionali, quali altre informazioni sullo stato di protezione degli
habitat (aree SIC, ZPS, riserve nazionali, regionali, etc.), i tagli boschivi degli anni
precedenti, un LU/LC futuro, al fine di aumentare il grado di conoscenze utile per
ipotizzare scenari futuri e diverse forme di gestione.
40
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Conclusioni
Gli Enti pubblici incaricati del governo del territorio ed in particolare della gestione
delle risorse naturali, le agenzie e le organizzazioni operanti in campo ambientale
sono sempre più interessati a temi della conservazione della biodiversità e del mantenimento dei servizi ecosistemici in rapporto alle attuali strategie di pianificazione e
gestione del territorio (Ricketts et al., 2008). Nuovi approcci e metodi di analisi sono
necessari al fine di comprendere il complesso rapporto di interdipendenza tra disponibilità di risorse e loro utilizzo e per garantire il perdurare nello spazio (dalla scala
locale a quella globale) e nel tempo (dalla situazione attuale a quella futura) dei principali servizi ecosistemici (Costanza et al., 1997; Goldman et al., 2008; MEA, 2005).
Nel caso degli ecosistemi forestali, ad esempio, il mantenimento di funzioni ecologiche legate alla biodiversità e all’accumulo di carbonio nella biomassa richiede
una serie di informazioni di dettaglio riguardanti il numero e l’abbondanza di specie
e la ripartizione del carbonio nei quattro “pool” principali (parte epigea, parte ipogea, necromassa e suolo). Queste informazioni devono essere inoltre rapportate alle
modalità di gestione degli ecosistemi al fine di comprendere il trade-off tra biomassa, biodiversità ed altri servizi ecosistemici (Nelson et al., 2009). In tale direzione,
assume una importanza strategica la disponibilità di informazioni aggiornate sulla
distribuzione spaziale della biomassa e della biodiversità nel contesto territoriale di
intervento. Si tratta di sviluppare una serie di cartografie digitali in formato raster a
partire da dati puntali raccolti in campo e dati territoriali acquisiti da remoto. Questi
dati, opportunamente combinati mediante metodi di calcolo spazialmente-espliciti,
possono generare nuove conoscenze, ad alto valore aggiunto, sullo stato degli ecosistemi e sui trade-off tra servizi ecosistemici; il tutto a supporto del processo decisionale da parte dei soggetti portatori di interesse “stakeholder” (es. governi regionali,
agenzie non governative, società private, comunità locali, ecc.). Ad esempio, queste
informazioni possono essere utilizzate per indirizzare gli investimenti nel settore
emergente dei crediti di carbonio e della riduzione delle emissioni da deforestazione
e degrado delle foreste (REDD, “Reducing Emissions from Deforestation and Degradation”). Inoltre, la conoscenza della distribuzione spaziale e temporale dei servizi
ecosistemici, in particolare biomassa e biodiversità, può essere di ausilio ai governi
regionali per indirizzare i Piani di Sviluppo rurale e gli incentivi economici per la
tutela del territorio promossi dalla Comunità europea. A livello di soggetti privati,
queste informazioni cartografiche possono favorire i processi produttivi legati all’impiego della biomassa e dei crediti di carbonio per fini energetici e di compensazione
delle emissioni in atmosfera, nel rispetto della biodiversità presente in un determinato comprensorio forestale (Plantinga e Birdsey, 1994).
In questo contesto, diviene fondamentale l’utilizzo di approcci modellistici per l’analisi e la previsione dei servizi ecosistemici prendendo in considerazione le diverse
scale sia spaziali (dalla scala puntuale a quella di territorio), sia temporali (dalla
situazione attuale a quella futura).
Riconoscimenti
Questo contributo è stato svolto nell’ambito del progetto FIRB Futuro in Ricerca 2012
(prot. RBFR121TWX): Sviluppo di modelli innovativi per il monitoraggio multiscala
degli indicatori di servizi ecosistemici nelleforeste Mediterranee (MIMOSE), coordinato dal Dott. Fabio Lombardi, Università degli Studi del Molise.
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
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Sviluppo sostenibile
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G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
di Sebastiano Cullotta, Donato Salvatore La Mela Veca, Federico Guglielmo
Maetzke, Sebastiano Sferlazza, Giorgio Baiamonte, Vincenzo Bagarello,
Massimo Iovino
Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali, Università degli Studi di Palermo
Introduzione
L’importanza dell’ecosistema forestale è stata sancita per la prima volta durante la
conferenza di Rio (1992) nella “Dichiarazione dei principi per la gestione, conservazione
e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste”. In tale dichiarazione venne concettualizzata la “gestione forestale sostenibile”, attribuendo alle foreste funzioni economiche, sociali e soprattutto ecologico-ambientali.
Il tema della sostenibilità, così come quello di perpetuità e di multifunzionalità ad
esso collegati, è patrimonio comune di gran parte del mondo forestale europeo, che
per decenni ha gestito le risorse forestali secondo questa impostazione. Si tratta
però di principi generali, ai quali occorre dare un significato operativo.
Multifunzionalità e servizi ecosistemici (dall’inglese “ecosystem services”) sono, secondo la definizione data dal Millennium Ecosystem Assessment (MA, 2005), i benefici
multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano. Nel caso specifico delle foreste, e
delle risorse forestali in genere, si intende tutte le funzioni che un ecosistema forestale è in grado di garantire nei confronti dell’ambiente e della collettività. L’ecosistema forestale, attraverso le proprie componenti ed i relativi processi che lo governano,
genera quindi servizi ecosistemici (SE). Essi hanno un valore pubblico poiché forniscono agli abitanti di una determinata area benefici insostituibili, diretti o indiretti.
Un ambiente forestale sviluppa, indipendentemente dalla consapevolezza di chi ne
riceve beneficio, numerose e insostituibili funzioni raggruppabili all’interno della
sfera ecologico-ambientale, sociale e produttiva. In particolare, all’interno delle funzioni ecologiche ed ambientali generati dalle foreste possiamo individuare le azioni
garantite nei confronti delle limitazione dell’erosione e della perdita di suolo, della
regimazione del deflusso idrico, dell’approvvigionamento e conservazione delle falde acquifere, della regolazione dell’equilibrio O2/CO2, della depurazione delle acque
ecc. (Santolini, 2010). Queste rappresentano un insieme di funzioni i cui elementi
fondamentali, il suolo e l’acqua, risultano direttamente riferibili ai processi geopedologici, idrologici, ma, anche, igienici (Fig.1).
Molte delle funzioni e servizi generate dalle foreste sono di indubbio interesse collettivo, perché influenzano la composizione dell’aria che respiriamo e dell’acqua che
beviamo e utilizziamo nella vita quotidiana o, ancora, perché anche da esse dipende
la sicurezza delle aree e dei centri abitati. Sempre più spesso oggi si assiste ad eventi estremi in cui l’ambiente, anche perché privato dalle coperture forestali o pre-forestali, non riesce più a regimare al meglio eventi meteorici più estremi e sempre più
frequenti, che coinvolgono processi sostanziali legati all’acqua ed al suolo, con effetti
talora catastrofici. L’instabilità dei versanti e l’erosione dei suoli diventano così processi sempre più frequenti che da vicino minano anche la sicurezza delle persone.
Sviluppo sostenibile
I servizi ecosistemici forestali
connessi alla tutela del suolo e
delle acque
43
44
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Figura 1
Funzioni esplicate dalle
foreste all’interno della
sfera ecologica.
(Fonte: Santolini 2010).
I fenomeni descritti comportano perdite umane nei casi più gravi e comunque perdite materiali ed economiche sia private che pubbliche. Sotto tale aspetto, il costo
sociale dei fenomeni erosivi e di dissesto è ampiamente superiore alle previsioni di
spesa relative alla sistemazione preventiva del territorio.
Secondo quanto riporta l’annuario dei dati ambientali dell’Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il costo complessivo dei danni provocati
dagli eventi franosi ed alluvionali dal 1951 al 2009, rivalutato in base agli indici ISTAT,
risulta superiore a 50 miliardi di euro (Annuario ISPRA 2012, rielaborato). Peraltro,
il costo per ettaro delle azioni di rimboschimento si aggira, all’attualità, tra 7.000
e 10.000 euro per ettaro: è evidente che con cifre significativamente più modeste
rispetto ai danni degli eventi più gravi (ad es. frana di Sarno, danno valutato in oltre
500 milioni di euro) si potrebbe contribuire a contenere i problemi di dissesto tramite
una azione preventiva nei territori a maggiore rischio.
L’indice di franosità del territorio nazionale (stessa fonte, 2006) assomma a al 6,6%
della superficie, in gran parte (48%) interessata da frane attive. La copertura forestale, com’è noto, con le azioni descritte contribuisce significativamente a ridurre
tali rischi, e una corretta gestione del territorio, che comprenda la gestione forestale, può largamente limitare gli effetti del dissesto.
Le foreste svolgono quindi un ruolo essenziale nel regolare il ciclo dell’acqua. Mentre
la struttura delle radici mantiene compatto il terreno, la materia organica vegetale in
decomposizione si combina con i minerali, formando una sorta di gigantesca spugna
che, seguendo un ritmo lento e regolare, rilascia l’acqua nelle aree circostanti. L’umidità che proviene dalle foreste, soprattutto quelle tropicali, crea le nuvole e regola
i micro-climi che trattengono l’umidità. Per questo motivo, le foreste prevengono la
desertificazione, producono le piogge e forniscono acqua dolce. Un grande albero
della giungla può, ad esempio, liberare in un giorno nell’atmosfera circa 760 litri
di acqua in vapore; ciò significa che mezzo ettaro di giungla primaria libera circa
75.000 litri; 20 volte più di un analoga superficie del mare. Nel contempo, le foreste
preservano il suolo, prevenendo alluvioni e frane, soprattutto in zone montuose e nei
pendii. Le radici degli alberi e la vegetazione, infatti, trattengono e ancorano il suolo
e l’umidità mantiene l’humus compatto (Fig.2). Nel momento in cui vengono tagliati
gli alberi, la terra viene dilavata dalle piogge e la lettiera dispersa dal vento.
45
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Sviluppo sostenibile
L’efficacia della protezione idrogeologica di un bosco è strettamente correlata con le
condizioni ecologiche locali e varia al variare delle caratteristiche strutturali del soprassuolo forestale (composizione specifica, età, densità, grado di copertura, profilo
verticale, forma di governo e trattamento selvicolturale), delle precipitazioni (intensità e durata) e delle caratteristiche idrologiche dei suoli.
I processi attraverso i quali il bosco interviene sul ciclo dell’acqua, riguardano (Iovino
et al., 2009):
l’intercettazione della pioggia che si manifesta a livello di soprassuolo;
l’infiltrazione, che si sviluppa a livello del suolo;
l’evapotraspirazione (coinvolge entrambi).
Il soprassuolo forestale modifica l’intensità e la distribuzione delle precipitazioni
intercettandone un’aliquota e dissipando l’energia cinetica della pioggia battente.
Un’aliquota della pioggia ritorna in atmosfera per evaporazione, la restante giunge al suolo secondo diverse modalità: una frazione raggiunge il suolo attraverso le
chiome (Througfall), un’altra scorrendo lungo i rami e i fusti (Stemflow) (Fig. 3).
Per infiltrazione si intende il processo mediante il quale l’acqua penetra nel suolo. Un’aliquota dell’acqua infiltrata nel suolo ritorna in atmosfera per evaporazione,
un’altra viene assorbita dalla vegetazione, la parte restante alimenta gli acquiferi
sotterranei. La quantità di acqua che riesce ad infiltrarsi nel suolo dipende dalla
capacità di infiltrazione del suolo, dall’intensità e durata delle precipitazioni e dalla
copertura vegetale. In particolare, un soprassuolo forestale apporta al suolo un elevato contenuto di sostanza organica determinando un miglioramento della struttura,
della capacità di infiltrazione e ritenzione idrica del suolo stesso.
Figura 2
Abbondante presenza
di lettiera al suolo.
La copertura arborea
svolge una importante
azione di protezione del
suolo dissipando parte
dell’energia cinetica delle
precipitazioni meteoriche
tramite l’intercettazione
delle chiome. Bosco di
faggio sui Monti Madonie.
(Foto di Sebastiano Cullotta).
46
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Figura 3a
Immagini delle aree di
saggio: “Sughereta bosco”.
(Foto di Giorgio Baiamonte).
Il fenomeno descritto è ritenuto così significativo che, ad esempio nella Regione Veneto, sono stati realizzati dei rimboschimenti, detti “Aree Forestali d’infiltrazione”,
con opportuni accorgimenti tecnici volti a massimizzare l’efficienza di regimazione
delle acque, il cui scopo è la ricarica delle falde depauperate da attività agricole ed
emungimento potabile. La loro presenza ed efficacia, dopo una fase sperimentale,
è stata stimata tale da inserire la loro costituzione tra le misure compensative per
l’emungimento d’acqua dalle falde, nonché da determinarne la dimensione utile per
entità territoriali (Leonardi e Pettenella, 2012).
L’evapotraspirazione, infine, rappresenta la frazione di acqua che, attraverso la vegetazione, ritorna in atmosfera sotto forma di vapore. L’evapotraspirazione dipende
dalle caratteristiche del clima e della vegetazione: i suoi fattori di controllo sono
rappresentati dall’energia disponibile, dal deficit di saturazione del vapore d’acqua
in aria, dalla turbolenza dell’aria in prossimità della superficie traspirante, dallo stato fisiologico della vegetazione in rapporto alla regolazione fisiologica degli scambi
gassosi, dalla consistenza della copertura in termini di indice di area fogliare (Iovino
et al. 2009). In generale, a causa della maggior rugosità aerodinamica e del più elevato indice di area fogliare, i soprassuoli forestali sono caratterizzati da tassi di evapotraspirazione superiori a quelli delle colture agricole e di altre coperture vegetali
(Fritschen & Simpson, 1985).
In definitiva, i sistemi forestali regolano i processi idrologici e attraverso questi intervengono nel ciclo dell’acqua. Contribuiscono, infatti, alla riduzione dei deflussi
superficiali e, conseguentemente, a prevenire e mitigare i fenomeni erosivi con ripercussioni positive sul trasporto solido dei corsi d’acqua.
47
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Sviluppo sostenibile
La copertura forestale e le caratteristiche idrologiche del suolo
Sebbene sia ampiamente riconosciuto il ruolo della copertura forestale sui meccanismi di attuazione dei processi idrologici, meno noti sono gli effetti che il bosco determina sulle caratteristiche idrologiche del suolo e le indagini sperimentali forniscono
talvolta risultati controversi. La determinazione delle proprietà fisiche ed idrauliche
dei suoli boscati ed il confronto delle suddette proprietà con quelle corrispondenti ad
altre forme di uso del suolo rivestono notevole interesse, favorendo l’interpretazione
dei meccanismi di attuazione dei processi idrologici, contribuendo ad un approfondimento del concetto di qualità fisica del suolo (Reynolds et al., 2002) ed orientando la
scelta della forma di utilizzazione del territorio.
Un aspetto di particolare rilievo è l’effetto indotto dal bosco sulla densità apparente
del suolo secco, rb, e sulla conducibilità idraulica del suolo saturo, Kfs; quest’ultima
soprattutto, esprimendo l’attitudine del suolo a trasmettere l’acqua, riveste un ruolo
determinante nei processi idrologici. L’elevato contenuto di sostanza organica, SO,
dei suoli boscati dovrebbe determinare una buona aggregazione del mezzo poroso e
quindi valori ridotti di rb, ed elevati di Kfs (Nemes et al., 2005; Rawls et al., 2005). Ma
anche l’azione di protezione del suolo dall’impatto diretto della precipitazione, a cui
sono legati i fenomeni del sealing e del crusting (fenomeni di sigillatura dello strato superficiale), dovrebbero contribuire a mantenere in superficie una conducibilità
idraulica elevata. D’altra parte, alcune indagini di campo hanno dimostrato che anche nei suoli boscati la conducibilità idraulica può assumere valori contenuti, a causa di fenomeni di idrorepellenza, di una composizione granulometrica sfavorevole e
di una macroporosità modesta (Wahl et al., 2005). Pertanto le indicazioni reperibili
Figura 3b
Immagini delle aree di
saggio: “Area non boscata
limitrofa”.
(Foto di Giorgio Baiamonte).
48
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Kfs (mm h-1)
rb (g cm-3)
Sito
Specie
forestale
1
2
Frassineto
3
4
5
6
7
8
Lecceta
Pineta
Roverella
Area
A (%)
L (%)
S (%)
bosco
49.7
33.4
16.9
incolto
53.1
27.1
19.8
bosco
20.6
32.9
46.5
incolto
20.9
27.1
52.1
bosco
22.8
21.5
55.6
incolto
29.9
16.3
53.8
bosco
41.8
39.1
19.1
incolto
52.5
34.6
12.9
Tabella 1
Valori del contenuto di
argilla, A, limo, L, e sabbia,
S, classe tessiturale,
contenuto di sostanza
organica, SO, dimensione
campionaria, N, media, M,
e coefficiente di variazione,
CV, della densità apparente
del suolo secco, rb, e della
conducibilità idraulica del
suolo saturo, Kfs, misurati
nello strato superficiale
(0-10 cm) di differenti aree
boscate e nelle relative
aree non boscate limitrofe
(indicate con “incolto”) di
confronto. A parità di tipo
forestale e variabile, i valori
seguiti dalla stessa lettera
non sono significativamente
differenti secondo un test t
a due code (P = 0.05).
Classe
tessiturale
argilloso
franco
francosabbiosoargilloso
argilloso
SO
(%)
N
10.00
10
1.040a
M
CV
N
M
CV
0.12
14
836.3a
1.95
7.12
10
1.216b
0.16
14
402.5a
1.11
7.61
10
1.164a
0.15
20
896.0a
0.97
7.50
6
1.196a
0.10
19
78.1b
1.14
4,87
6
1.610a
0,16
18
130.7a
2.57
3.66
6
1.458a
0.11
20
38.9b
1.04
9.58
10
1.106a
0.13
18
639.4a
1.61
4.28
10
1.310b
0.08
9
315.6a
4.21
in letteratura non sono univoche. Questa circostanza, ostacolando la formulazione
di previsioni di validità generale, ha indotto diversi studiosi ad effettuare approfondimenti sperimentali che interessino una molteplicità di suoli e di specie forestali.
Con la finalità di evidenziare l’importanza della copertura forestale e naturale nei
confronti della regolazione dei processi legati alla dinamica del sistema acqua-suolo, si descrivono di seguito alcuni casi studio che hanno avuto l’obiettivo di determinare gli effetti della copertura forestale sulla densità apparente e sulla conducibilità
idraulica del suolo (Agnese et al., 2011).
L’indagine ha riguardato cinque tipi forestali diversi (Frassineto, Lecceta, Pineta a pini mediterranei, Querceto di Roverella, Sughereta) presenti nel bacino
idrografico siciliano dell’Eleuterio a Lupo, esteso 9.4 km2, ubicato in territorio di
Corleone in prossimità del bosco della Ficuzza, la più grande Riserva Naturale
Orientata della Sicilia. Nel bacino sono state individuate cinque aree, ciascuna
interessata dalla copertura di una sola specie forestale e caratterizzata dalla
presenza, nelle immediate vicinanze, di un’area non boscata limitrofa, omogenea
in termini di tessitura del terreno, ma priva di vegetazione forestale o con una
rada copertura spontanea. A titolo d’esempio, nella Figura 3a è riportata un’immagine dell’area di saggio della Sughereta e nella Figura 3b la corrispondente
area non boscata limitrofa.
In ciascun sito sono state effettuate misure di rb e Kfs. Inoltre, sono stati prelevati
campioni rimaneggiati di suolo per i quali è stata ricavata la curva granulometrica
ed è stato misurato il contenuto di sostanza organica.
La curva granulometrica è stata utilizzata per dedurre il contenuto di argilla, limo
e sabbia di ciascun campione secondo la classificazione USDA. Il contenuto di SO è
stato stimato dalla misura del contenuto di carbonio organico, determinato con il
metodo di Walkley-Black. La densità apparente del suolo secco è stata determinata
su campioni non rimaneggiati.
Le misure della conducibilità idraulica alla saturazione di campo, Kfs, sono state effettuate mediante l’applicazione della tecnica semplificata a carico variabile SFH (Simplified
Falling Head) (Bagarello et al., 2004). Con questa tecnica, la determinazione di Kfs avviene
sulla base del tempo che impiega un piccolo volume d’acqua, versato sulla superficie
delimitata da un anello metallico infisso nel suolo, ad infiltrarsi completamente.
Nel frassineto, lecceta, pineta mediterranea e querceto di roverella, le misure sono
state effettuate nello strato superficiale di suolo (0–10 cm). Nella sughereta, i rilievi
sono stati effettuati fino a un profondità di 40 cm in modo da ricostruire i profili verticale sia di rb che di Kfs. Per ciascun tipo forestale e per la corrispondente area non
boscata limitrofa, le Tabelle 1 e 2 riportano il contenuto in argilla A (%), limo L (%) e
49
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
Sviluppo sostenibile
sabbia S (%), la corrispondente classe tessiturale, il contenuto in sostanza organica
SO (%), il numero N delle ripetizioni delle misure di rb e di Kfs, nonché il valore medio,
M, e il coefficiente di variazione, CV, delle stesse grandezze.
Dalle suddette tabelle si rileva che, per ciascun tipo forestale, il sito boscato e la
relativa area non boscata limitrofa di confronto presentano differenze nelle percentuali di argilla, limo e sabbia modeste e ricadono nella medesima classe tessiturale. Al fine di accertare una stretta affinità tessiturale, le percentuali di passante
dai setacci per i suoli interessati da copertura vegetale sono state confrontate con
quelle corrispondenti alle aree non boscate di confronto anche per un più esteso
numero di frazioni diametrali; per l’obiettivo che era stato prefissato nell’indagine,
era fondamentale escludere infatti, che gli effetti sulle caratteristiche idrologiche,
che si volevano imputare alla copertura vegetale, potessero ascriversi anche a una
differente granulometria del suolo.
Conformemente alle attese, nel suolo boscato è invece risultato un quantitativo di
sostanza organica generalmente più elevato di quello rilevato nella corrispondente
area non boscata limitrofa.
I valori misurati di Kfs sono risultati in genere interpretabili con una distribuzione
log-normale. Conseguentemente, i rilievi sono stati sintetizzati calcolando la media
geometrica e il corrispondente coefficiente di variazione. A titolo d’esempio, per le
misure di Kfs condotte in superficie nella sughereta e per l’area non boscata limitrofa,
la Figura 4 riporta l’adattamento della distribuzione teorica del log-normale (LN2)
a quella empirica. La figura, oltre ad evidenziare il buon accordo tra la distribuzione
teorica e le frequenze empiriche, mostra un considerevole scostamento della distribuzione corrispondente al bosco rispetto a quella dell’area non boscata limitrofa.
Con riferimento alle misure condotte in superficie (0-10 cm), dall’esame della Tabella
1 è risultato che la conducibilità idraulica del suolo saturo misurata nelle aree boscate è sistematicamente più elevata di quella corrispondente alle aree non boscate. Tuttavia, il rapporto tra le medie dei valori di conducibilità idraulica alla saturazione del
bosco e della corrispondente area non boscata ha assunto valori compresi in un range
piuttosto ampio, pari a 2.0 ÷ 11.5. Soltanto per valori del suddetto rapporto > 3.4, le
differenze tra la conducibilità dell’area boscata e quella dell’area non boscata limitrofa sono risultate statisticamente significative (lecceta, pineta e sughereta). Pertanto,
lo studio condotto ha evidenziato una diversa efficacia dei tipi forestali esaminati nel
determinare un incremento di Kfs in confronto alla condizione di suolo non boscato.
La suddetta efficacia è risultata massima per la lecceta e minima, nonché praticamente trascurabile, per il frassineto e il querceto di roverella. Entrambe queste
specie arboree crescono su un suolo a tessitura più fine di quella rilevata negli altri
siti. Questa circostanza ha suggerito un effetto più contenuto del bosco sulle caratteristiche di conducibilità idraulica dei suoli argillosi.
Tabella 2
Valori del contenuto di
argilla, A, limo, L, e sabbia, S,
classe tessiturale, contenuto
di sostanza organica SO,
dimensione campionaria, N,
media, M, e coefficiente di
variazione, CV, della densità
apparente del suolo secco,
rb, e della conducibilità
idraulica del suolo saturo, Kfs,
misurati a diverse profondità
in un’area a sughereta e in
un’area non boscata limitrofa.
A parità di tipo forestale
e variabile, i valori seguiti
dalla stessa lettera non sono
significativamente differenti
secondo un test t a due code
(P = 0.05).
Kfs (mm h-1)
rb (g cm-3)
Sito
Specie
forestale
9
Area
bosco
Sughereta
10
incolto
profondità
(cm)
A (%)
L (%)
S (%)
0-10
19.7
12.7
Classe
tessiturale
SO
(%)
N
M
CV
N
M
CV
67.6
5.79
6
1.238a
0.13
19
139.9a
0.82
10-20
11.0
16.4
72.6
1.65
4
1.369
0.03
5
70.4
0.84
20-30
10.6
21.5
67.9
1.32
4
1.442
0.07
5
57.9
0.75
30-40
10.6
21.4
68.0
0.87
4
1.510
0.04
5
55.0
0.37
0-10
20.0
14.9
65.1
1.91
6
1.666b
0.07
20
40.1b
0.96
10-20
7.9
21.5
70.5
0.04
6
1.531
0.06
5
33.0
1.02
20-30
6.5
18.1
75.4
0.29
6
1.574
0.04
5
24.1
0.46
francosabbioso
50
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
Figura 4
Adattamento della
distribuzione teorica del
log-normale (LN2) alle
misure di conducibilità
idraulica, Kfs (mm h-1),
ottenute in superficie (0-10
cm) nella sughereta e nella
area non boscata limitrofa
(indicate con “incolto”).
Figura 5
Profili della conducibilità
idraulica a saturazione
Kfs (Figura 5a) e della
sostanza organica SO
(Figura 5b) ottenuti per
la sughereta e per l’area
non boscata limitrofa.
Le misure di rb ottenute nelle aree non boscate di confronto sono risultate, con una
sola eccezione (pineta), più elevate di quelle ricavate nelle aree boscate e la significatività delle differenze tra le aree poste a confronto è stata riconosciuta per tre delle
aree considerate (frassineto, querceto di roverella, sughereta (Tabb. 1 e 2). In genere, i risultati ottenuti sono apparsi numericamente convincenti dato che, per fissata
specie arborea, il rilievo di un valore relativamente minore di Kfs è stato effettuato in
un suolo caratterizzato da una maggiore densità apparente.
Per la sughereta, in entrambi i casi (bosco, non bosco), si sono ottenuti valori medi
di Kfs che diminuiscono con la profondità (Tab.2). Nel bosco, la densità apparente ha
assunto valori crescenti con la profondità mentre non boscata di confronto, il valore
più elevato di rb è stato misurato in superficie.
In Figura 5 sono rappresentati i profili della conducibilità idraulica del suolo saturo Kfs
(Figura 5a) e del contenuto di sostanza organica SO (Figura 5b). L’esame della figura,
oltre ad evidenziare un incremento, a tutte le profondità campionate, di entrambe le
grandezze nel suolo forestale rispetto all’area non boscata limitrofa, ha consentito di
riconoscere l’esistenza di un legame forte tra Kfs e SO di sicuro interesse.
G a z z e t ta A m b i e n t e n 6 // 2 0 1 3
È evidente quindi che l’azione di rimboschimento possa svolgere indubbie azioni positive dei riguardi della protezione del suolo e della regimazione delle acque, ma è
altresì rilevante anche il ruolo che i boschi esistenti svolgono, in specie se sottoposti
ad una appropriata gestione selvicolturale. In particolare, si intende una selvicoltura
che permetta di regolare l’avvicendarsi dei cicli vitali delle diverse comunità e popolamenti forestali senza creare importanti soluzioni di continuità nelle coperture
forestali.
Risulta quindi evidente come da un lato bisogna operare con interventi di utilizzazione forestale mai troppo estesi in superfici a corpo unico, ma di adeguate dimensioni
(in relazione a caratteri topografici, litologici, pedologici) e distribuiti quanto più capillarmente nell’intero territorio in cui si opera. Dall’altro lato, bisogna individuare
pratiche selvicolturali da preferire come, ad esempio, i tagli successivi rispetto a
quelli a raso; o, ancora, una ceduazione con rilascio significativo di alberi porta seme
(matricine), rispetto ad un classico taglio di ceduazione più intensivo e semplificato;
o in modo più efficiente ancora la conversione di cedui in fustaie.
In conclusione, poiché l’attuale copertura forestale è in gran parte il risultato di una
gestione passata improntata a massimizzare prevalentemente il momento produttivo, cui negli ultimi decenni è seguita una generale riduzione della colturalità, è
opportuno oggi adottare moduli e schemi selvicolturali, e di gestione forestale in genere, volti a conseguire una maggiore efficienza biologica dei soprassuoli. In definitiva, conseguire una maggiore diversificazione delle strutture forestali che consenta
di enfatizzare le molteplici funzioni ecosistemiche, quindi i relativi servizi, anche, nei
confronti dell’acqua e del suolo.
Sviluppo sostenibile
Il ruolo della gestione forestale e della selvicoltura
51
52
i servizi ecosistemici
Sviluppo sostenibile
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