179-180
ISTITUTO
ITALIANO
DEI CASTELLI ONLUS
Agosto 2011 - Aprile 2012
“Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano”
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SOMMARIO
> Sommario
Lettera del Presidente
179-180
3 Giovanni Ventimiglia di Monteforte
Cronache Castellane
N° 179/ 180
Agosto 2011 - Aprile 2012
ISTITUTO
ITALIANO
DEI CASTELLI ONLUS
Agosto 2011 - Aprile 2012
“Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano”
in copertina: Il Castello di Riardo (CE).
Fondatore
Vittorio Faglia
Direttore
Responsabile
Flavio Conti
Vice Direttore
Luigi Maglio
Redazione
Antonella Delli Paoli
Maurizio Montone
Domenico Caso
Collaboratori
Maria Rosa Fonio
Luisella Rosti
Segreteria
di redazione
Castel dell’Ovo
via Eldorado - 80132 Napoli
[email protected]
tel. 081 5513928
Grafica
Interlinea - Via Biseo, 39
25128 Brescia
Impaginazione
e stampa
Officine Grafiche Francesco
Giannini & Figli S.p.A.
84134 Napoli
Il presente notiziario, stampato in 2850 copie, è una
circolare interna di informazione per i Soci dell’Istituto
Italiano dei Castelli. Autorizzazione del Tribunale di
Monza n. 147 del 23.4.1968. I testi possono essere
riprodotti previa autorizzazione e citando la fonte.
Stampato a Napoli nel mese di aprile 2012
Istituto Italiano dei Castelli Onlus
Fondato da Piero Gazzola nel 1964
Organizzazione internazionale sotto gli auspici
dell’Unesco e del Consiglio d’Europa
Associato a Europa Nostra - Federazione paneuropea
del Patrimonio
Sede Legale
Castel Sant’Angelo - Roma
Sede operativa
Via G.A. Borgese 14 - 20154
Milano - tel/fax 02 347 7237
Sede di
rappresentanza
Via Azuni 15- 00196 Roma
tel/fax 06 68804543
[email protected]
www.castit.it
ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI ONLUS
Presidente: Giovanni Ventimiglia di Monteforte
Vicepresidenti: Ileana Chiappini di Sorio
Letizia Giovanelli Caproni
Franzo Bruno Statella
Antonella Calderazzi
Segretario Generale: Aldo Giovanni Ricci
Tesoriere: Lodovico Gaslini
Comunicazione e relazioni esterne: Flavio Conti
Attività dell’Istituto
4 CXXIII Consiglio Scientifico.
CXXVI Consiglio Direttivo.
Attività delle Sezioni
6 Campania
Giornate nazionali dei castelli, conferenze, seminari
9 Lombardia
Viaggi di studio, conferenze, giornate nazionali dei
castelli.
13Marche
Castella Marchiae, visite di studio: la Bassa Valle
dell’Aso, Forli’, Porto S. Giorgio, Genova.
15Molise
Presentazione Atlante Castellano del Molise.
16 Piemonte Valle d’Aosta
Visite di studio. Il crollo della torre di Motturone.
Puglia
Viaggi di studio a Bergamo, Roma, Brindisi e Torino.
18Sardegna
Partecipazione alla XIII Settimana della Cultura
programmata dal Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, 9-17 aprile 2011.
19Sicilia
Convegno, partecipazione alla Bit di Milano, Giornate
Nazionali dei Castelli.
21Toscana
Viaggio di studio in Germania.
25Trentino
Tappa in Trentino del “Gran Tour della Memoria”
Il Castello del Buonconsiglio.
27Umbria
Visite di Studio: Roma, Perugia, Forlì, Modena e
Sassuolo. Viaggio in Montenegro. Conferenza e
giornate dei castelli.
30
Recensioni
32 Organigramma dell’Istituto
Lettera del presidente
> Lettera del Presidente
arissimi Amici,
in un tempo come quello che da alcuni anni stiamo vivendo in cui le possibilità
di ottenere finanziamenti da enti pubblici e privati sono divenuti impensabili,
in attesa che si ritorni alla normalità, abbiamo rivolto la nostra attenzione su
tutta una serie di attività che non ci impegnano sul piano economico ma che, in armonia a
quanto disposto dal nostro Statuto, ci consentono di essere maggiormente presenti nel territorio
e, conseguentemente, svolgere una azione più intensa di divulgazione della conoscenza del
nostro patrimonio fortificato. Un indirizzo nuovo quindi, che in sintonia a quanto sinora
svolto con grande impegno dalle Sezioni, dovrebbe stimolare l’adesione alI’Istituto di nuovi
soci. Pertanto, nel quadro di tali obiettivi, abbiamo sottoscritto un protocollo di intesa
rispettivamente con la Confederazione Italiana Campeggiatori, per un’attività di turismo
itinerante castellano con utilizzo dell’autocaravan, e con la Casa Editrice De Luca Editori
d’Arte per la pubblicazione, sotto l’ egida del nostro Consiglio Scientifico, di una collana
editoriale sui “Castelli d’Italia” (titolo provvisorio). In ossequio al deliberato del Consiglio
Direttivo tenutosi a Roma il 26 Nov. 2011, bilancio permettendo, si darà il via alla nuova
edizione del volume “Le Parole del Castello”; inoltre abbiamo concesso il patrocinio non
oneroso al progetto “Glossario dei Termini Castellani”, in più lingue, sponsorizzato totalmente
da una nota Associazione veneta. Ovviamente, nonostante le citate difficoltà, continueremo,
con perseveranza, a tenere sott’occhio i progetti avviati con i Ministeri dei Beni Culturali e
della Pubblica Istruzione. La partecipazione ai Bandi Europei ci trova al momento, assieme
a vari partner giordani, maltesi e libanesi, candidati in un progetto di indirizzo turistico
del programma ENPI. Non è illusorio pensare che a breve possano essere pubblicati nuovi
Bandi più consoni ancora alle finalità dell’Istituto ai quali, naturalmente, non mancheremo
di prestare la dovuta attenzione. Ritenendo tutti consapevoli che premessa essenziale alla
nostra ripresa operativa sia stato il ritorno alla stabilizzazione finanziaria, senza la quale non
sarebbe stato possibile operare con dignità e serenità di spirito, sento il dovere di ringraziarVi,
nessuno escluso, per la fiducia accordatami e per avermi sostenuto nelle decisioni adottate.
Auspico che la Vostra collaborazione sia prima di tutto tesa ad una maggiore partecipazione
alla vita delle Sezioni, che sono i pilastri portanti del nostro Istituto, e porgo a Voi tutti il mio
più caro e cordiale saluto, con l’ augurio di un futuro migliore.
Giovanni Ventimiglia di Monteforte
3
4
ATTIVITà DEll’ISTITUTO
Attività
dell’ISTITUTO
> CXXIII CONSIGLIO SCIENTIFICO DELL’ISTITUTO
Roma, 26 febbraio 2011, ore 11.00, presso gli uffici dell’Istituto in via
D. Azuni 15/A.
Presenti: Calderazzi, Carafa, Corazzi, De Tommasi, Fasanella,
Foramitti, Labaa, Lusso, Maglio, Martegani, Taddei, Valente,
Ventimiglia, Villari, Viglino Davico.
Assenti giustificati: Carbonara, Chiarizia, Conti, Guida, Palloni,
Tamborini, Viganò.
Assenti: Gentilini, Iacobone, Magnano di San Lio, Manenti Valli,
Mariano, Marino, Montaldo, Santoro.
Uditori: Bruno Statella, Fenici
> ARGOMENTI DISCUSSI E DECISIONI PRESE
1) Approvazione del verbale della seduta precedente
Il verbale, già inviato ai consiglieri, viene approvato all‘unanimità.
2) Comunicazioni del Presidente
De Tommasi ricorda la figura di Vittorio Faglia, recentemente scomparso. Un amico, l’anima dell’Istituto, con una grande attività culturale,
sociale e scientifica. E’ stato socio fondatore dell’Istituto, presidente
per molti anni, segretario generale e stretto collaboratore di Gazzola.
Ricorda come nel 1964, all’epoca della fondazione dell’Istituto, i castelli
non avevano la considerazione che hanno ora, erano estranei alla vita
sociale e culturale, alla città ed al territorio.
Oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa: i castelli
sono ampiamente valorizzati in ogni regione, con il riconoscimento del
valore che hanno avuto nella storia. In questa azione di rivalutazione
e reinserimento l’Istituto Italiano dei Castelli ha avuto un ruolo significativo, e di questo dobbiamo anche essere riconoscenti ai fondatori
che ebbero l’intuizione di strutturarlo come associazione finalizzata
anche alla ricerca scientifica. Legge il telegramma che ha inviato a
nome del Consiglio Scientifico alla famiglia Faglia. Anticipa la proposta
di una giornata di studi in onore di Vittorio Faglia, da farsi in ottobre o
novembre, che possa essere anche una giornata di riflessione sul futuro
dell’Istituto. Chiede al Consiglio Scientifico di rispettare un minuto di
silenzio. Calderazzi ricorda che Faglia è stato fondatore e direttore di
“Cronache Castellane” e propone che un numero di “Castellum” sia
dedicato alla sua figura ed al suo contributo scientifico, nell’ambito
del quale si possano ricordare la simbologia castellana, da Lui proposta
e successivamente definita dal CS, e gli studi sulle torri costiere della
Puglia. La proposta è accolta all’unanimità. De Tommasi comunica
che l’avvocato Maurizio Mauro ha rassegnato le sue dimissioni dal
Consiglio Scientifico per la sua impossibilità a partecipare all’attività
del Consiglio stesso. Labaa si rammarica della decisione di Mauro, di cui
è nota la competenza scientifica. Si chiede se sia possibile mantenere i
rapporti culturali con esperti anche al di fuori del Consiglio Scientifico.
De Tommasi comunica la richiesta formulata dal dr. Berutti-Floris,
vicepresidente della delegazione di Cagliari, di nominare l‘ing. Michele
Pintus come membro del Consiglio Scientifico. Non essendo pervenuto
il curriculum vitae dell’ing. Pintus, si rimanda la decisione al prossimo
Consiglio Scientifico.
3) Atlante castellano: stato dell’arte e eventuali deliberazioni
De Tommasi ricorda che da diversi anni si discute dell’Atlante castellano, a causa anche della complessità del problema.
Si deve ora tentare di proseguire e concludere la sua realizzazione a
livello nazionale. Questa iniziativa comporta però un impegno cospicuo
da parte delle sezioni e del centro. Va proseguito e completato il lavoro.
Il materiale va raccolto e uniformato in quanto molte sezioni, a causa
delle specifiche motivazioni e finanziamenti ricevuti, hanno eseguito
il lavoro in modo diverso. Il Consiglio Scientifico deve formulare delle
proposte al Consiglio Direttivo. Comunica la consistenza del materiale
delle regioni presente nella Segreteria generale. I consiglieri riferiscono
sulla situazione della catalogazione delle riverse regioni. Ad una prima
stima basata sulle informazioni disponibili al momento, l‘Abruzzo ha
completato la catalogazione in formato cartaceo, così come la Calabria
(750 castelli circa), Campania (600), Friuli V. G. (600), Trentino e Molise
(200) hanno completato la catalogazione informatica, che dovrà però
essere aggiornata e rielaborata. Il Piemonte ha completato il 70%
della catalogazione digitale, da rielaborare, su un totale di circa 1000
castelli. Le altre sezioni hanno a disposizione una catalogazione prevalentemente cartacea nella misura del 70% su 2000 per la Lombardia,
del 50% per Lazio (su 500) e Sicilia (su 1000), del 60% per la Toscana
(su 2000), del 35% per il Veneto (su 1000), del 10% per il Molise (su
700). Mancano stime su Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Umbria,
Alto Adige e Val D‘Aosta. Al fine di avere il quadro completo verrà
inviata una richiesta a tutti i consiglieri scientifici. Taddei, relativamente alla predisposizione della scheda, propone di valutare se utilizzare
le schede ministeriali. De Tommasi, assunte queste prime informazioni,
apre la discussione sulla modalità di prosecuzione del lavoro. Dopo la
prima scheda di catalogazione (2003), è stata preparata da Flavio Conti
una nuova proposta sulle modalità di completamento del lavoro, che
dovrà essere valutata. Il presidente sottolinea che ricorrere alle schede
ministeriali significa rinunciare alla realizzazione dell’Atlante come
concepito inizialmente. Perbellini chiede che venga fornita la scheda
in modo ufficiale dal ministero. Statella riferisce sull’attività svolta dal
presidente Ventimiglia presso il ministero, riferendo che quest‘ultimo
sarebbe disposto a esercitare la propria influenza sulle regioni per
far eseguire la catalogazione. Viglino Davico ritiene che utilizzare la
scheda ministeriale significhi rinunciare alla realizzazione dell‘Atlante
Castellano. Labaa ricorda come l’Istituto ha sempre stimato in 20.000
le opere fortificate in Italia, e che lo stato dei lavori pare ben lontano
ancora dal raggiungimento del risultato finale. Per quanto riguarda la
composizione della scheda, ritiene che questa debba essere specifica.
De Tommasi è cosciente che il ministero non potrà contribuire all’iniziativa; è anche difficile reperire finanziamenti europei. Foramitti
propone che si cerchi di completare almeno la catalogazione di primo
livello, per ottenere un elenco delle opere fortificate, possibilmente con
le coordinate geografiche. A livello regionale, potrebbe essere anche
un contributo alla pianificazione paesaggistica. Maglio concorda, ma
deve esserci un protocollo concordato e definitivo sul quale lavorare.
De Tommasi ritiene che bisognerebbe prima stabilire il progetto ed il
risultato finale, sul quale iniziare il lavoro. Presenta il sito dimostrativo
elaborato dal gruppo Conti e chiede al Consiglio Scientifico se l’impostazione del lavoro è condivisa.
Taddei propone che ci si attivi per inserire i dati nel sito. Maglio chiede
che ci sia una struttura organizzativa centrale che gestisca il sito. De
Tommasi condivide la necessità di avere una struttura dedicata alla
gestione del sito e all’organizzazione dei dati. Bisogna quindi decidere
se procedere con l’esecuzione del lavoro e approvare la struttura del
lavoro. Le sezioni si attrezzeranno per implementarlo. Viglino Davico
propone di partire e che le sezioni inizino ad inserire i dati. De Tommasi
chiede se il Consiglio Scientifico approva il data-base già predisposto
da Conti e dai suoi collaboratori, fermo restando che l‘Istituto dovrà
accollarsi gli oneri di gestione del sito, mentre le sezioni dovranno
procedere alla catalogazione sul territorio. Il Consiglio Scientifico
approva all’unanimità quanto proposto e rimanda al Consiglio Direttivo
le decisioni definitive in merito alla gestione economica del sito e del
portale; dà incarico al presidente di informarsi presso chi ha sinora
gestito il sito sulle possibilità di proseguire il lavoro e sui costi relativi.
Taddei concorda, ma fa notare che deve essere chiaro il ruolo e l’attività del coordinamento centrale. Foramitti ribadisce la necessità di un
coordinamento centrale che supporti le sezioni nel caricamento de dati
e nella conversione di quanto già elaborato nel formato del data-base
finale. De Tommasi concorda e assicura che presterà massima attenzione al rispetto di queste indicazioni.
Il segretario del Consiglio Scientifico
Vittorio Foramitti
> CXXVI CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’ISTITUTO
Roma, 14 novembre 2010, ore 9.30, negli uffici dell’Istituto in Via
Azuni 15/A - Roma
Presenti: Bellucci, Berutti, Bruno Statella, Calderazzi, Caputi
Iambrenghi, Caramanti, Cavazza Isolani, Chiappini di Sorio, Codroico,
Colmuto Zanella, Cosentino, De Tommasi, De Jorio Frisari, d’Alcontres
Marullo Stagno, Fasanella, Fenici, Giusso del Galdo, Maglio, Marchesi,
Martegani, Pieragnoli, Perrella, Quendolo, Rosati, Sammartini,
Scaramellini, Taddei, Ventimiglia di Monteforte, Villari.
Assenti con preavviso: De Luca Picione, Perbellini, Sabatini,
ATTIVITà DEll’ISTITUTO
Saponaro Monti Bragadin.
Deleghe: Chiarizia a Ventimiglia, Conti a Caramanti, Labaa a
Caramanti, Hardouin di Gallese a Cocozza, Giovanelli a Giuliani,
Pignatelli a Maglio, Rosboch a Bellucci
Uditori: Biassoni, Hardouin di Gallese.
> ARGOMENTI DISCUSSI E DECISIONI PRESE
1) Approvazione verbale della seduta precedente
Il presidente Ventimiglia segnala che nel verbale della riunione di
Napoli viene indicata la ratifica delle modifiche proposte da Conti
(eliminare la frase: riunioni di consiglio direttivo e scientifico) al punto
5) del precedente verbale della riunione di Roma del 25.10.2009 in cui
si riportava: “Il Presidente incarica quindi l’avv. Cocozza di continuare
i contatti con l’amministrazione del Castello per trovare una possibile
soluzione. In caso contrario prendere cortesemente contatti con l’Amministrazione della principessa Giovanelli per un possibile accordo per
il trasferimento a Villa Caproni della sede legale dell’Istituto e la locazione di un locale riservato all’Istituto Nazionale quale stabile recapito
per le riunioni di Consiglio Direttivo e Scientifico ed altre eventuali
necessità”. Essendo il verbale della riunione di Roma già riportato su
Cronache Castellane, a suo avviso la suddetta eliminazione non è pìù
possibile. Dopo lunga discussione viene chiarito che la trascrizione del
verbale di Napoli sul Registro delle riunioni del Consiglio ne attesta
validamente la modifica. Taddei ritiene che il verbale della precedente
riunione di Napoli non sia veritiero in quanto non riporta le richieste
sul preventivo 2010 e affitto ufficio di Roma inviate per lettera raccomandata dalla sezione Toscana. Caramanti risponde che le osservazioni
sono pervenute successivamente alla riunione del consiglio e pertanto
non sono materia di verbale. Inoltre esse sono state inviate per raccomandata a tutti i consiglieri e pertanto le relative osservazioni saranno
oggetto del presente verbale.
2) Comunicazioni del presidente
Il presidente, rammaricandosi di dover stimare una perdita a fine anno
della gestione ordinaria di circa 20.000 euro a fronte di una previsione
di pareggio da lui presentata nella precedente riunione, lamenta di
essere costretto ad agire senza poteri e di non essere in grado di sapere
con sicurezza gli impegni ed i pagamenti effettuati dai vari delegati
ad operare. Al riguardo legge una sua memoria e chiede infine che
vengano ritirate tutte le deleghe concesse. Dopo lunga discussione da
parte dei consiglieri presenti, relativamente in particolare ai poteri conferiti dallo Statuto al presidente, il Segretario Caramanti, su proposta
unanime dei presenti, legge il seguente testo da mettere a verbale: “In
relazione allo stato dell’attuale situazione di gestione non soddisfacente, il Presidente comunica di ritirare tutte le deleghe e di assumere su
di sé ogni responsabilità: per quanto di propria competenza il Consiglio
prende atto di quanto sopra secondo i poteri conferiti dallo Statuto”.
3) I.S.N.A.R.T.- Roma
Il presidente Ventimiglia riferisce sui colloqui avuti nel recente periodo,
insieme a Statella ed all’avv. Cocozza, con i dirigenti di quell’istituto,
avendone riscontrato il grande entusiasmo a collaborare con la nostra
organizzazione. Occorre iniziare anche con le poche cose che abbiamo
a disposizione per rendere fattivo il rapporto che potrà così meglio
presentare ad un più vasto pubblico che utilizza su vasta scala i servizi
turistico-commerciali di Isnart. Il quale Istituto, precisa Statella, potrà
avvalersi con grande interesse dell’apporto culturale che potremo
fornire. Sull’argomento intervengono in particolare De Tommasi,
Taddei, De Jorio, Bellucci, Maglio e Cocozza. Alla fine viene rimarcata
la necessità di salvaguardare le finalità culturali del nostro Istituto, pur
riconoscendo l’opportunità di poterle comunicare al grande pubblico,
riscontrando altresì le difficoltà materiali da affrontare, soprattutto
riguardo alle persone volontariamente disponibili ad operare. Viene
deciso di fornire inizialmente e con urgenza all’I.S.N.A.R.T le carte
geografiche indicative delle costruzioni fortificate regionali prodotte
nel tempo dalle sezioni. Il presidente invita quindi i presenti ad inviare
con urgenza, accantonando eventualmente anche i lavori in corso per
l’Atlante Castellano, una o due copie di tali carte, all’ufficio di Roma
il quale provvederà a far effettuare tutte le necessarie operazioni di
riproduzione e scanner richieste da I.S.N.A.R.T.
4) Ministero B.B.C.C.: Protocollo Intesa e Atlante Castellano
5) Ministero Pubblica Istruzione: Corso Formazione Esperti
Il presidente Ventimiglia riferisce dei vari colloqui avuti con importanti personalità dei suddetti ministeri, riscontrandone l’interesse a
collaborare col nostro Istituto, anche se sul piano finanziario la loro
partecipazione sembra poter avvenire solo in modo indiretto, attraverso
la rete dei diversi Enti regionali e provinciali. Così come avvenuto per
il riconoscimento del Ministero della P.I. della nostra iniziativa del
“Castello racconta”, il presidente si augura di avere un significativo
riconoscimento a livello ministeriale dell’iniziativa che intende avviare
con l’Università di Roma per l’istituzione di un Master sul restauro
dei beni architettonici fortificati. Il problema, afferma Statella che ha
partecipato agli incontri, è il rapido avvicendamento dei responsabili
che vengono contattati e riuscire ad accreditarsi nelle diverse strutture amministrative che vi provvedono. Ad una specifica richiesta di
Calderazzi, Statella conferma che l’intento dell’intesa con il Ministero
dei BB.CC. è quello di far riconoscere l’Istituto Italiano dei Castelli come
organo stabile consultivo di riferimento, con facoltà delle Sezioni di
interloquire direttamente con le direzioni regionali per le problematiche inerenti il patrimonio castellano e attività diverse indirizzate alla
sua salvaguardia (es. giornate castellane). Intervengono Perrella, De
Jorio e Taddei suggerendo anche ulteriori possibilità di collegamenti
con le varie direzioni ministeriali.
6) “Gran Tour della Memoria”
Il presidente ringrazia i presidenti delle sezioni Veneto, Trentino e Friuli
Venezia Giulia, per il complesso lavoro svolto per l’organizzazione del
viaggio di cui tutti i presenti hanno già ricevuto il programma. Ne
verrà inviata notizia a tutti i soci dell’Istituto da parte dell’Agenzia
incaricata dell’organizzazione del viaggio. Il presidente confida in una
notevole partecipazione.
7) Situazione soci e previsione situazione dei conti al 31.12.2010
Caramanti illustra il prospetto che indica una stima del risultato
economico–finanziario alla fine del corrente anno, raffrontata con il
risultato di bilancio dell’anno precedente e con quanto previsto da
Ventimiglia sulla base delle decisioni prese nella riunione di consiglio
del 18.4.2010 a Napoli. Caramanti spiega che la perdita di circa 20.000
euro della gestione ordinaria dovrebbe venire quasi totalmente coperta
dagli interessi attivi incassati dagli investimenti del Fondo patrimoniale, e dalla entrata del contributo straordinario di 10 euro per socio
richiesto alle sezioni per l’uscita di “Castellum”. Il pareggio di bilancio
che si dovrebbe così raggiungere, per la prima volta da molti anni, va
raffrontato alla forte perdita di euro 31.231 dell’anno precedente in
cui, però erano uscite tre edizioni di “Cronache” ed una di “Castellum”
contro l’unica uscita di “Cronache” di quest’anno. Le spese scenderanno
infatti da 113.642 euro a 77.050 pur considerando alcuni incrementi
per affitti e spese di rappresentanza.
Pieragnoli ritiene indispensabile continuare con l’attività delle pubblicazioni, mentre il contributo straordinario di 10 euro pagato nel
2010 dovrebbe essere sostituito da un equivalente aumento delle
quote sociali. Seguono numerosi altri interventi, tra cui Fenici, Taddei,
Statella, Maglio, Caputi Iambrenghi, alcuni con l’osservazione che il
contributo di 10 euro era destinato alla pubblicazione del secondo
numero di “Cronache” e non a correggere i risultati del bilancio, altri
indirizzati a ricercare una possibile riduzione delle spese generali e di
stampa e ad individuare le modalità per recuperare ed aumentare le
entrate dai soci. Caramanti risponde che il bilancio dell’Istituto segue
la necessità di indicare la gestione delle disponibilità di cassa con
l’obbiettivo di non intaccare il Fondo patrimoniale, ridottosi ora a circa
158.000 euro dagli iniziali circa 500.000 incassati grazie al realizzo
della donazione Cavalli. Ogni incasso di denaro, pertanto, quale bene
fungibile, non può che essere considerato in bilancio nel senso indicato. Quanto al costo della stampa di Cronache, Caramanti riferisce, in
assenza di Conti da lui in precedenza contattato, che i preventivi alternativi ricevuti da varie sezioni, non si discostano eccessivamente da
quelli dell’attuale fornitore (Interlinea); il maggior costo finale è dovuto, però, ai costi di composizione, impaginazione, fotolito, correzioni
cromatiche, etc. che i nuovi preventivi non considerano. Aggiunge che
le ulteriori spese richiamate dal presidente, corrispondano all’impegno
una tantum, dello stampatore e del grafico per la messa a punto della
nuova veste a colori di “Cronache”, i cui futuri numeri avranno pertanto
un costo tale da rientrare nei parametri a suo tempo previsti. La perdita
della gestione operativa, infine, è sostanzialmente dovuta alla forte
riduzione dei soci paganti, il cui incasso si stima ridursi quest’anno di
almeno 35.000 euro a causa del forte numero di soci da depennare. Al
riguardo, sorgono alcune lamentele da parte dei presidenti delle sezioni
che hanno regolarmente provveduto a trasferire nei termini richiesti
quanto dovuto, rispetto a quelle ritardatarie. Maglio precisa che nei
costi dei preventivi da lui forniti, i lavori di cui sopra sono inclusi.
8) Premio Tesi di Laurea
De Tommasi riferisce che il Consiglio Scientifico ha proposto anche per
il 2011l’effettuazione del concorso per i premi di laurea, affidandone la
cura e l’organizzazione a Taddei. Il consiglio approva.
9) Sede Legale Istituto Italiano dei Castelli (onlus)
L’argomento non viene trattato.
10) Varie ed eventuali
Fasanella sollecita una decisione sul premio duchessa Melina Pignatelli
che da molto tempo viene rimandato. Suggerisce una visita al Castello.
Maglio informa che in Castel Dell’Ovo si sta realizzando una importante
biblioteca che già dispone di 600 pubblicazioni, oltre alla collezione
completa di “Cronache” e “Castellum”, con previste altre donazioni. Ne
è stata richiesta la partecipazione al comune di Napoli al cui sindaco è
stata inviata una bozza di Statuto. Potrebbe essere dedicata a Melina
Pignatelli ed essere anche riconosciuta a livello nazionale. Sammartini
ricorda, al fine di evitare inutili doppioni, che presso il museo in
Castelvecchio a Verona esiste già la biblioteca del Fondo Gazzola e del
Fondo IBI, di cui Chiappini e Perbellini sono membri rispettivamente
per conto dell’Istituto Italiano dei Castelli e di Europa Nostra. Viene
infine stabilito che la prossima riunione del Consiglio si terrà a Roma,
in data da definire. Alle ore 13,30, la riunione viene chiusa con la firma
congiunta del presidente e del segretario generale dei fogli di minuta
manoscritti sugli interventi effettuati.
Il segretario
Giancarlo Caramanti
Il presidente
Giovanni Ventimiglia
di Monteforte
5
Attività
delle sezioni
CAMPANIA
campania
GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI, CONFERENZE,
SEMINARI.
>
Nell’ambito della XIII edizione delle Giornate
Nazionali dei Castelli, l’Istituto, in collaborazione con la Provincia di Salerno ed il Ministero per i
Beni e le Attività Culturali ha promosso una giornata
di studi, tenutasi il 27 maggio 2011 presso il castello
di Arechi a Salerno, dal titolo: “Dalle città ai borghi
in provincia di Salerno: architettura, archeologia e
paesaggio fortificato. Nuove conoscenze per il recupero e la fruizione”. Hanno partecipato alla tavola
rotonda il presidente della sezione Campania dell’Istituto l’arch. Luigi Maglio, l’arch. Lorenzo Santoro
della Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici per le province di Salerno ed Avellino,
la dott.ssa Anna De Martino della Soprintendenza
ai Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le
province di Salerno e Avellino, il prof. Paolo Peduto
e il dott. Alfredo Maria Santoro, dell’Università degli
Studi di Salerno, e il dott. Antonio Capano, archeologo e membro Deputazione di Storia Patria per la
Lucania. L’arch. Luigi Maglio nell’illustrare la “Carta
dei luoghi fortificati della Campania” da lui redatta
ha evidenziato come le maggiori concentrazioni di
castelli e torri fossero presenti nelle aree costiere e
nelle zone interne di confine, spiegando dettagliatamente la simbologia appositamente studiata dal
consiglio scientifico dell’Istituto per identificare la
tipologia e lo stato di conservazione degli edifici
mappati. Da tale mappatura si evince che nella
Provincia di Salerno il patrimonio di architettura
fortificata risulta così ripartito: il 30% di torri, il
25% di castelli e il restante 45% costituito da palazzi
e borghi fortificati; di questi manufatti soltanto il
16% si è conservato in condizioni ottimali. Inoltre, il
Presidente, ha puntato l’accento su una tipologia delle strutture fortificate in Campania poco conosciuta,
la masseria fortificata, che si pensava fosse tipica
soprattutto della regione Puglia, ma che invece registra una forte presenza anche nella nostra regione
(ne sono esempi caratteristici le grandi strutture che
si conservano a Centola e Pietralcina).
L’arch. Lorenzo Santoro ha trattato il caso delle torri
costiere del Principato Citra. La presenza dei corsari
ha sempre interessato le coste della Campania e in
particolare del salernitano; addirittura anticamente
Cetara ed Agropoli erano insediamenti saraceni.
Le prime torri, con base a scarpa, furono costruite
in epoca angioina e riutilizzate dagli aragonesi ed
erano poste in zone costiere strategiche allorché
avevano soprattutto la funzione di avvistamento
delle imbarcazioni nemiche, comunicando tra loro
con fumarole. In epoca vicereale l’utilizzo come
postazione di avvistamento fu superato da un
utilizzo incentrato sulla difesa, soprattutto lungo i
corsi d’acqua, in modo da impedire ai corsari l’approvvigionamento di acqua potabile. La costruzione
di queste nuove torri, risalente al XVI secolo, fu
messa a carico delle città. La loro forma costruttiva
non fu più circolare con base scarpata, come in
epoca angioina, ma assunse la forma quadrata con
le caratteristiche troniere verticali dove si posizionavano i petrieri (piccole artiglierie a retrocarica)
per l’autodifesa. Queste torri inoltre potevano
contenere da uno a tre cannoni di tipo navale per
la difesa costiera a seconda della grandezza della
torre stessa.
La dott.ssa Anna De Martino ha presentato il complesso monumentale di villa d’Ayala Valva alle pendici del Marzano Eremita. Questa villa settecentesca,
in stile neoclassico, ha un parco di 17 ettari cinto
da mura ed abbellito da un maestoso complesso
statuario. La villa e il giardino furono realizzati con
la finalità di luogo di delizie e di caccia e per la celebrazione della famiglia d’Ayala Valva.
Il prof. Paolo Peduto ha puntato l’accento sul
castello di Arechi (SA), luogo in cui si è svolta la
manifestazione. Il castello, nato come Turris maior,
ATTIVITà DEllE SEZIONI
tipico esempio di castrum bizantino, fu costruito
con tutta probabilità intorno alla metà del VI secolo ai tempi di Narsete o ancor prima di Belisario,
durante le fasi finali della guerra gotica combattuta
tra Goti e Bizantini per il possesso della penisola.
Fu ampliato, rinforzato ed adeguato alle rinnovate
esigenze militari in epoca angioina ed aragonese
fino al raggiungimento della struttura massiccia
e compatta che oggi noi tutti possiamo osservare.
Il dott. Antonio Capano ha trattato alcuni impianti
fortificati del Cilento, con particolare riguardo alla
città di Gioi. Nel medioevo vi fu costruita un’imponente cinta muraria, ricca di torri circolari e quadrangolari, ancora visibili, che portava al castello,
situato nella parte più alta della città, andato quasi
completamente distrutto. A partire dal’500 nel
paese vennero costruite le prime “case palazziali”
ad opera dei notabili del paese, sul cui esempio si
svilupperanno le successive costruzioni della città.
Il contributo del dott. Alfredo Santoro ha riguardato
le fortificazioni della città di Salerno, a partire dalla
Turris maior - castello di Arechi, inserito all’interno di una fitta rete difensiva del territorio di
Salerno, nella quale sono da includere i castelli di
San Mango Piemonte, Castel Vetrano e la torre di
Giovi-Montena. I due antichi Casali di San Mango
e Piedimonte furono legati alle vicende della vicina
città di Salerno e provvedevano al sistema difensivo
orientale del Principato di Salerno, sia fornendo
militi per il Castello Maggiore sia con fortilizi sul
territorio (resti del Castello Merla sul Monte San
Mango e resti nella località Ponticelli). Di certo nel
XIII secolo S. Mango aveva già la sua Universitas e
provvedeva, insieme con Salerno e Cava, al mantenimento del Castello di Salerno. Del castello di San
Mango o castello Merla, costruito intorno alla fine
dell’XI e gli inizi del XII secolo, sono oggi visibili
una torre cilindrica, parte delle mura e una cisterna
per l’approvvigionamento dell’acqua. Il fortilizio
di Castel Vetrano sorge sulla omonima collina di
Montevetrano, oggi nel comune di San Cipriano
Picentino. Anch’esso come il castello Merla provvedeva al mantenimento del castello di Salerno. Tra
XI ed il XIII secolo fu dotato di mura perimetrali
con porta di accesso sul lato Nord. Il castello ha
forma trapezoidale irregolare, è dotato di un mastio
cilindrico che all’interno presenta tre piani alla cui
base è collocata una cisterna per l’approvvigionamento idrico. Infine la torre scarpata fu costruita
sul monte Giovi.
A conclusione della giornata di studi che ha riscontrato
un buon interesse del pubblico vi sono stati i contributi
dell’arch. Giovanni Villani e della dott.ssa Adele Campanelli
rispettivamente funzionario della Soprintendenza per i
Beni Architettonici e Paesaggistici per le province
di Salerno ed Avellino e Soprintendente per i Beni
Archeologici per le province di Salerno, Avellino
e Caserta.
Domenica 29 maggio, sempre nell’ambito delle
Giornate Nazionali, si è svolta, coordinata dal
delegato dell’Istituto per la prov. di Caserta, dott.
Claudio Iannotta, una interessante visita guidata al
borgo ed alla torre normanna di Pietramelara. La
conformazione di Pietramelara, con il suo bellissimo borgo medioevale dominato da una antico dongione quadrilatero di età normanna, è ellittica, con
una cinta muraria rinforzata con 12 torri. Fondata
dai principi longobardi Landolfo ed Adenolfo,
Pietramelara appartenne alla badia di Montecassino
e, in seguito fece parte del feudo della vicina
Roccaromana. Alla morte del feudatario Filippo di
Roccaromana, il feudo passò alla corte regia che
successivamente lo divise affidandolo in concessione. Pietramelara, appartenne quindi ai Colonna ed
ai Monforte, che trasformarono il castello in dimora
signorile. Nel marzo del 1496, dopo due settimane
di assedio, il centro abitato fu saccheggiato dagli
Aragonesi, che uccisero molti degli abitanti mentre
i superstiti furono tradotti in schiavitù.
Si è svolta tra aprile e giugno a Castel dell’Ovo,
l’ottava edizione del “Ciclo seminariale di studi
sulle architetture fortificate della Campania” che,
come di consueto, ha riscosso un buon numero
di iscritti. I temi affrontati sono stati i seguenti:
6 aprile, “Il sistema delle fortificazioni medievali
in Campania: inquadramento storico” a cura di
Giovanni Vitolo; 13 aprile, “L’architettura difensiva
in Italia Meridionale nei secoli XI – XIV” di Rosa
7
Il castello di Arechi a
Salerno, che ha ospitato il
convegno del 27 maggio
2011. L’imponente struttura
difensiva, che domina dal
monte Bonadies la sottostante
città, è di origini bizantine, è
venne notevolmente ampliata
in età vicereale (XVI secolo)
8
ATTIVITà DEllE SEZIONI
La torre quadrilatera
dominante il borgo fortificato
di Pietramelara (CE).
Carafa; 20 aprile “Materiali e tecniche costruttive
nei castelli in Campania” di Gigliola Ausiello; 28
aprile “L’Architettura militare di transizione in Italia
Meridionale” di Luigi Maglio; 4 maggio “La fortificazione moderna e la difesa costiera nel Regno di
Napoli” di Luigi Maglio; 18 maggio “Napoli: le difese
della capitale del viceregno tra XVI e XIX secolo”
di Maria Raffaela Pessolano; 25 maggio “Archivi
segreti e fortificazioni urbane” di Teresa Colletta; 1
giugno “Lo studio dell’incastellamento in Irpinia”
di Paolo Mascilli Migliorini; 8 giugno “Sul sistema
di fortificazioni interne e costiere del Cilento” di
Antonio Capano; 15 giugno “La stima dei castelli e
degli antichi beni voluttuari” di Domenico Tirendi;
22 giugno “Recupero e valorizzazione delle architetture difensive” di Marina Fumo. I partecipanti al
corso hanno anche svolto una attività laboratoriale
che è consistita nella realizzazione di schede relative
a castelli della regione, aventi struttura analoga a
quella dell’Atlante Castellano, da pubblicare sul portale regionale dell’Istituto Italiano dei Castelli.
Tra gennaio e giugno si sono altresì tenute le
seguenti conferenze nella sede di Castel dell’Ovo:
“Opere di difesa particolari” a cura del prof. Aldo De
Marco – dipartimento di pianificazione urbanistica
dell’Università di Udine (15 gennaio); “Riflessioni
di carattere politico ed economico sul Regno di
Napoli durante il decennio francese ed il successivo
periodo borbonico” a cura di Francesco Giusso del
Galdo – consiglio direttivo dell’Istituto Italiano dei
Castelli (12 febbraio); “L’architettura del Settecento
a Napoli” a cura del prof. Benedetto Gravagnuolo –
Dipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro
della Facoltà di Architettura di Napoli Federico II
(22 marzo); “Napoli e il Risorgimento” a cura del
prof. Luigi Mascilli Migliorini – Facoltà di Scienze
Politiche dell’Università “L’Orientale” di Napoli (6
maggio); “L’Italia di Napoleone: strade e storiografia” a cura del prof. Aldo Di Biasio – Università
“L’Orientale” di Napoli (11 giugno). L’Istituto ha inoltre partecipato alla XVII edizione del “Maggio dei
Monumenti” a Napoli con una serie di visite guidate
ai castelli della città (Castel dell’Ovo, Castel Nuovo e
Castel S. Elmo) oltre all’apertura nei week-end della
sede in Castel dell’Ovo, iniziative che hanno riscosso
una elevatissima partecipazione di pubblico.
Domenico Tirendi
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LOMBARDIA
lombardia
Viaggi di studio, conferenze, giornate
nazionali dei castelli.
>
Il 19 marzo la città di Monza è stata oggetto di
una visita guidata dall’arch. Francesco Repisthi
docente di Storia dell’Architettura al Politecnico di
Milano, partendo dallo sviluppo urbanistico lungo
il fiume Lambro e arrivando ai grandi monumenti
storici ed artistici ancora custoditi.
L’importanza di Monza in età tardoromana è
documentata dall’esistenza del “ponte di Arena”,
passaggio obbligato sul fiume Lambro, ancora in
parte visibile nelle tre arcate ad archi ribassati,
nonostante la parziale demolizione del 1840. Lungo
il fiume Lambro sorgeva il Castello costruito, come
le mura, da Azzone Visconti (1302-1339): ne è
visibile oggi solo una torre battiponte sul fiume, a
nord est del castello.
Il “palazzo dell’Arengario”, di forme e funzioni
simili a quelle del Broletto di Milano, con il portico
ad archi ogivali su pilastri in pietra presumibilmente già adibito a mercato, sorse probabilmente
all’esterno della primitiva cinta o ricetto di fortificazione del borgo. Notevolmente trasformato per
accogliere gli Uffici della Pretura nel 1843, venne
ripristinato nelle ipotizzate forme originali nel primo decennio del Novecento.
La passeggiata del mattino è culminata con la visita
al “Duomo” e all’annesso museo, che conserva uno
straordinario tesoro d’arte orafa tardoromana e
altomedioevale, di cui la “Corona ferrea” (custodita
in Duomo perché contenente la reliquia del Santo
Chiodo) è l’esempio più importante. Secondo Paolo
Diacono, nella sua “Historia Langobardorum”,
Monza alla fine del VI secolo venne scelta dalla
regina Teodolinda come residenza estiva e venne
fondata la basilica di San Giovanni, dotata di un
importante tesoro. L’attuale assetto del Duomo è il
risultato di diverse fasi di rinnovamento architettonico seguite al primo ampliamento, documentato
all’inizio del XIV secolo. L’insieme raggiunse l’assetto attuale nel XVI secolo.
Nel pomeriggio si sono visitate alcune sale della
grandiosa Villa Reale, oggetto di attenti lavori
di restauro dopo anni di abbandono. Fu voluta
dall’arciduca Ferdinando, terzogenito dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, non solo come dimora
di campagna alternativa al Palazzo Reale di Milano
ma, di fatto, come splendida corte regale su progetto dell’architetto Giuseppe Piermarini (eretta tra
il 1777 e il 1780). La villa, di severa architettura
neoclassica e dalla accentuata orizzontalità compositiva, è evidenziata scenograficamente dalla collocazione rilevata rispetto al terreno, declinante verso
il fiume Lambro, e soprattutto dal cannocchiale
visivo che il Canonica volle garantire anche nella
trasformazione all’inglese del parco.
Il 16 aprile, il dott. Mario Marubbi, storico dell’Arte
e nostro socio, ci ha accompagnato nella visita di quattro edifici castellani del Lodigiano. La
visita è iniziata dal castello di Maccastorna, di
proprietà della famiglia dei soci Biancardi da fine
Ottocento; l’ing. Biancardi vent’anni fa ha operato
un intervento di manutenzione straordinaria e di
restauro conservativo nella parte nord occidentale, realizzando una residenza di grande eleganza
e equilibrio. L’origine del castello viene fatta
risalire alla seconda metà del Duecento ad opera
di fuorusciti ghibellini di Cremona, ma l’edificio
attuale si struttura tra il XIV e la prima metà del
XV secolo. Almeno tra il 1364 e il 1381 i signori
del luogo furono i Vincemala (o Vismara) legati a
Bernabò Visconti, mentre nel 1385 Gian Galeazzo
Visconti infeudò i Bevilacqua veronesi, che possedettero il castello fino allo scorcio del XIX secolo,
ad eccezione degli anni successivi alla morte di
Gian Galeazzo (1402). Nel 1406 nel castello fu
perpetrato da Cabrino Fondulo un efferato fatto di
sangue: dopo aver invitato a cena i Cavalcabò, che
gli avevano affidato il feudo, si rese indipendente
uccidendoli. Negli stessi anni Cabrino avrebbe non
9
Il castello di Maccastorna
nella sua veste basso
medievale, con il rivellino
a protezione dell’ingresso
dotato della merlatura
bifida e le cortine con il
tipico apparato a sporgere
continuo per la difesa
piombante.
10
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solo rafforzato la rocca, ma anche introdotto partiti
decorativi nella corte e negli interni. L’impianto
del castello è quadrangolare, ma con andamento
irregolare - caratteristica inconsueta per le fortificazioni viscontee - e un’asimmetria nella disposizione
delle numerose torri, probabilmente condizionata
da preesistenze. L’apparato a sporgere, che si sviluppa lungo i tre lati conservati, potrebbe essere
stato aggiunto proprio nel periodo controllato dal
Fondulo. Le decorazioni con motivi geometrici che
rimangono nella corte sul lato orientale sotto il
ballatoio sono comunque del tutto simili ai repertori ornamentali dell’età di Bernabò Visconti e il
partito decorativo a losanghe nella sala “caminata”
è presente nei paramenti trecenteschi soprattutto
veronesi ma anche del Bresciano. A Camairago, il
conte Febo Borromeo ci ha accolto nel suo castello
rurale, a nord dell’abitato, sul limite di un terrazzamento alluvionale dell’Adda, in posizione elevata
sulla sottostante pianura. La località fu infeudata da
Filippo Maria Visconti nel 1440 al conte Vitaliano
Borromeo, con la facoltà di fortificare il luogo.
Il castello quattrocentesco dovette servire quale
posizione di arroccamento sul territorio da parte
del casato che tuttora lo detiene per la gestione e la
conduzione della vasta proprietà; non fu mai di fatto residenza ufficiale del signore e rimase nei secoli
una azienda agricola fortificata. Di pianta rettanIl castello di Camairago
appartenne ai Visconti ed ai
Borromeo che lo ricostruirono
intorno alla metà del XV secolo, dopo i danni procurati dalle
lotte tra Milano e Lodi.
golare, presenta due torri agli angoli e una portatorre con funzione di rivellino in corrispondenza
dell’ingresso, al centro della fronte principale e in
posizione avanzata rispetto alla cortina muraria; gli
alloggiamenti dei bolzoni del ponte levatoio e della
passerella pedonale testimoniano la presenza antica
del fossato. A Maleo si è visitato il cinquecentesco
palazzo Trivulzio, in fase avanzata di restauro, sorto
su un castrum (inteso come cinta fortificata), documentato dal X secolo. La nuova fabbrica, inglobando probabilmente parti del castrum, realizzò un
corpo allungato con l’andamento dell’antico lato
orientale del castello, parallelo al corso del fiume
e allineato al solco vallivo. Nel Seicento un corpo
di fabbrica chiuse la corte sul lato sud secondo un
disegno del 1640 dell’ing. G.B. Barattieri. Ulteriori
trasformazioni posteriori al 1872 riconfigurarono
con un intervento di restyling neomedioevale l’edificio cinquecentesco, per cui le fonti riportano
i nomi di Pellegrino Tibaldi e Vincenzo Seregni.
Il palazzo, che nei decenni passati ha conosciuto
vicende gravissime di abbandono e degrado, giunge
a noi spogliato di tutti gli importanti arredi, dell’archivio e della biblioteca qui custoditi fino a una
quarantina di anni fa. Resta, con pesanti ridipinture, la decorazione pittorica, che interessa quattro
sale del lato settentrionale e la cappella, conclusa
nel 1567-68; è confermata la sua attribuzione a
ATTIVITà DEllE SEZIONI
Bernardino Campi. L’intensa giornata si è conclusa
a Castiglione d’Adda, dove il castello medioevale,
alto sul terrazzamento alluvionale alla fine del principale asse viario dell’abitato, fu totalmente trasformato da Gerolamo Parravicino nella seconda metà
del Cinquecento, originando un suggestivo palazzo
di eleganti e sobrie forme manieriste, purtroppo in
precario stato di conservazione. Lavori di restauro
sono annotati un secolo dopo da parte dei successivi
proprietari, i Serbelloni. Si conserva probabilmente
la pianta antica rettangolare con torri angolari, che
sono però del tutto assorbite dalle attuali murature, eccetto per quella di sud-ovest incombente sul
piano alluvionale. La cortina settentrionale, dove
si apre il portale, e l’atrio d’ingresso costituiscono
un importante episodio di manierismo in territorio
lodigiano, che si impone per un linguaggio eclettico
di chiara matrice “giuliesca” mantovana, risultando
comunque aderente ai modi dell’architetto cremonese Francesco Dattaro: soprattutto nella serliana
del loggiato - già aperto verso la valle dell’Adda
- nella corte.
Nell’anno delle celebrazioni del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia, la Sezione Lombardia ha approfondito il ruolo svolto dalle fortificazioni nelle
guerre per l’Indipendenza, le soluzioni architettoniche ai problemi di acquartieramento dei grandi
eserciti e i mutamenti apportati dal nuovo Stato,
con particolare attenzione all’area padana.
Flavio Conti, del consiglio scientifico dell’Istituto
Italiano dei Castelli, ha aperto il ciclo di conferenze
con due interventi: il 1 febbraio trattando del grande complesso austriaco del Quadrilatero e nella settimana successiva del ruolo svolto dai grandi forti
sabaudi del Piemonte (Bard, Pinerolo, Fenestrelle,
Exilles), costruiti originariamente in funzione antifrancese, e quello delle fortezze borboniche del
centro e sud Italia, con particolare riferimento al
forte di Civitella del Tronto, ultimo, dopo Messina
e Gaeta, ad ammainare la bandiera borbonica. La
trattazione ha privilegiato un approccio integrato,
collegando le opere architettoniche esaminate (tra
le maggiori d’Italia) con la grande strategia degli
Stati coinvolti e con la loro funzione nell’ambito
delle operazioni delle tre Guerre d’Indipendenza,
nonché con i riflessi ch’esse hanno avuto in generale sulla politica, sul pensiero militare, e finanche
sulla percezione da parte degli uomini agenti sullo
scacchiere italiano della loro maggiore o minore
forza. Finendo di dimostrare, con un richiamo alla
terminologia navale, che queste fortezze erano
molto più importanti come strutture “in being”,
con lo scopo di impressionare l’avversario, invece
che come fortificazioni direttamente investite dagli
eventi bellici. Davide Tansini ha illustrato con un
ricchissimo sussidio di immagini il tema delle fortificazioni ottocentesche della zona degli Appennini,
costruite dagli Austriaci a protezione delle nuove
strade di valico (Abetone e Cisa); della cinquecentesca fortezza pontificia di Piacenza, che viene rasa
al suolo nel 1848 dalla popolazione insorta; dei
fortini costruiti da Radetzky attorno alla città di
Bologna e delle fortificazioni approntate dal nuovo
Regno d’Italia oltre il Po, di fronte a Piacenza, contro Mantova ancora in mano agli Austriaci. Giusi
Villari, vicepresidente della sezione Lombardia, ha
illustrato le fortificazioni del Garda, in particolare
di Solferino, la cui torre è diventata memoriale della
sanguinosa battaglia e dell’Unità nazionale, e della
Rocca d’Anfo, straordinario complesso difensivo
iniziato alla fine del Quattrocento dai Veneziani,
trasformato in epoca napoleonica in fortezza per
proteggere il confine verso l’Austria, cambiato di
fronte dagli Austriaci per controllare i territori italiani e nuovamente ribaltato in età zanardelliana.
Luciano Roncai, coordinatore della delegazione di
Mantova-Cremona, ha trattato in modo particolarmente originale l’origine e la struttura delle moderne caserme, in risposta all’esigenza di ospitare
grandi quantità di soldati e di armamenti a presidio
di un territorio. L’evoluzione della struttura delle
caserme (dette anche acquartieramenti) nel corso
del secolo XIX nel Quadrilatero, ed in particolare
11
La parte superiore del
complesso fortificato di
Rocca d’Anfo. Le origini
della fortificazione risalgono
al XV secolo, ad opera
della repubblica di Venezia
che la elevò a protezione
del confine di stato con
il principato vescovile
di Trento. Il progetto di
ampliamento francese di
inizi Ottocento voluto da
Napoleone, vide l’apporto
dei massimi ingegneri
del genio, l’Haxo ed il
Liedot, che elaborarono
un grandioso progetto di
ampliamento avente come
fulcro il costone roccioso
a nord. Le varie batterie
vennero distribuite su
terrazzamenti ricavati dallo
scavo della roccia e furono
dominate da una grande
Lunetta (la Rocca Alta) a
sua volta sovrastata da una
possente torre circolare a
due livelli.
12
ATTIVITà DEllE SEZIONI
Un tratto delle mura di
Pizzighettone nella zona sud
occidentale.
del Mantovano, evidenzia la complessità assunta da
questa architettura sotto il profilo sia funzionale sia
architettonico. Infatti partendo dall’adattamento di
beni religiosi soppressi (conventi e monasteri) alla
data dell’unità dell’Italia si pervenne da un lato alla
realizzazione di edifici ex novo con caratteristiche
distributive, norme funzionali ed igieniche destinate
a ridurre gli indici di mortalità, dall’altro alla specializzazione della tipologia degli acquartieramenti
a seconda che fossero dedicati per esempio ad armi
a piedi o a cavallo ed ancora alla loro diversificazione in base al fatto che ospitassero cavalleria
o artificieria. Inoltre la tipologia delle caserme si
arricchì di altre architetture militari fondamentali
per la loro funzionalità, come magazzini, panifici, arsenali, ospedali, ecc. La dimensione fisica e
quantitativa delle guerre che portarono all’Unità
dell’Italia fu imponente in quanto nel Quadrilatero
l’Impero Austro-Ungarico prevedeva di stanziare
un corpo d’armata di oltre 340.000 militari su un
territorio la cui popolazione residente era all’incirca
della stessa entità. Ciò ebbe come conseguenza la
costruzione di numerosi edifici dei quali buona
parte realizzati ex novo, e la restante parte derivanti da ristrutturazioni profonde. Marino Viganò,
consigliere scientifico dell’Istituto, ha evidenziato
l’aspetto difensivo del nuovo Stato nazionale, dal
1861 al 1911. La conferenza ha illustrato strategia
e tattica di difesa del regno d’Italia nel primo cinquantennio dalla proclamazione dell’Unità (1861)
alla Guerra italo-turca (1911). A grandi linee si può
distinguere un decennio di sostanziale immobilismo
sino alla conquista del Veneto nella Terza Guerra
d’Indipendenza (1866) e di Roma (1870), e un
quarantennio di profonde mutazioni nella fortificazione del nuovo stato. Con la formazione del Regno
si consolida una frontiera unica in luogo delle molteplici tra stato e stato del post-Restaurazione, si
afferma il principio di una sola capitale per l’intero
Paese: Torino dal 1861, Firenze dal 1865, Roma dal
1871. La fortificazione prevede anzitutto di razionalizzare le difese, tramite radiazione di decine di
roccheforti ora inutili.
In seconda istanza, si provvede a munire tre settori:
la capitale e gli snodi di pianura; le aree marittime; i corridoi alpini. I campi trincerati a Roma
(1877-‘91), Bologna (1860-‘80), Piacenza (1860‘90), Mestre (1883-1912), Alessandria (1887-‘89)
rispondono alla prima esigenza; quelli di Ancona
(1862-‘89), La Spezia (1877-‘89), Messina (18841914), Venezia (1907-‘14) alla seconda; i forti al
Monginevro, al colle di Tenda, sui monti Lessini, in
Valsugana, sui colli Euganei (1886-‘98) alla terza.
La riforma delle architetture militari investe tre questioni: strategica, sul posizionare i centri fortificati
nel territorio; tattica, sull’adozione sistematica dei
campi trincerati a forti staccati; economica, sull’allocazione più razionale di risorse limitate. Con un
cambio di passo comune ai tre profili, nell’evoluzione delle architetture difensive dal tipo classico
in muratura con batterie in casamatta e barbetta
a quello moderno in cemento e acciaio con pezzi
in cupola.
Un programma molto intenso, in occasione delle
Giornate Nazionali dei Castelli, è stato svolto dalle
delegazioni provinciali: il 21 maggio visite guidate
alla Torre medievale del Colombée a San Pietro di
Samolaco in Valchiavenna (delegazione di Sondrio);
il 22 maggio visite guidate al sito fortificato dell’Isola Comacina, comune di Ossuccio (delegazione
di Como); il 28 a Rudiano si è svolto il convegno
“Rudiano e Pumenengo: castelli in opposito lungo
l’Oglio” che è stato accompagnato da visite guidate
alle fortificazioni; 22 e 23 maggio visite alla rocca
di Soncino ed alle residenze nobiliari di Crema, il
29 maggio visite guidate alle mura di Gera e alla
fortezza di Pizzighettone, (delegazione di Cremona).
Le origini e la storia dell’insediamento di
Pizzighettone sono profondamente legate al fiume,
con la rilevanza strategica che ne consegue sin
dal III secolo a.C. quando viene eretta una fortificazione a controllo dell’Adda. Nel XII secolo, fù
fondato l’attuale centro abitato, con un castrum sul
riva orientale del fiume. Le difese del sito nel corso
dei secoli furono aggiornate e potenziate fino ad
assumere l’aspetto odierno, caratterizzato da una
poderosa cinta muraria sul lato sinistro dell’Adda
ed una cerchia bastionata sul lato destro.
Cristina Ricci
ATTIVITà DEllE SEZIONI
13
MARCHE
marche
CASTELLA MARCHIAE, VISITE DI STUDIO: LA
BASSA VALLE DELL’ASO, FORLI’, PORTO S.
GIORGIO, GENOVA.
>
Il 22 gennaio, nella bella chiesa di S. Rocco,
ora restaurata e divenuta sala comunale per
convegni, abbiamo presentato il nuovo numero
10/11 di “Castella Marchiae”, dedicato agli atti del
convegno precedentemente organizzato nello stesso
luogo dalla sezione Marche insieme all’Archeoclub d’Italia di Senigallia, con il patrocinio della
Provincia di Ancona e del Comune di Senigallia,
su “Città e Terre Murate delle valli Misa, Nevola e
Cesano”. La presentazione ha riscontrato l’intervento di autorità locali, che ci hanno erogato un piccolo contributo ed un buon interesse di pubblico che
ci ha consentito di avere l’iscrizione di nuovi soci.
In aprile, il 10, si è svolta la visita di studio “I
tesori della bassa valle dell’Aso”, organizzata dal
nostro consigliere dott. Walter Scotucci, che ci ha
anche fatto da guida con grande passione e competenza. Prima tappa il panoramico centro storico
di Montefiore dell’Aso. Ci siamo fermati alla Chiesa
di San Francesco, con l’abside ricoperta da splendidi affreschi trecenteschi del Maestro di Offida, e
con l’importante tomba dei conti Partino, genitori
del cardinale che fra il XIII ed il XIV secolo fu
potente “segretario di stato” del papa Clemente V;
poi al Polo Museale, con uno splendido polittico di
Carlo Crivelli e molte pitture di Adolfo de Carolis.
Seconda tappa Monterinaldo, dove siamo stati
affascinati dal Santuario ellenistico-romano del 1°
secolo d.c. Nel pomeriggio la terza tappa, il centro
storico di Monterubbiano, panoramico luogo di
residenza del nostro consigliere-guida, con tanti
interessanti chiese, bei palazzi ed il Teatro Pagani.
La giornata si è conclusa a Moresco, pittoresco paesino con le mura intatte e con splendidi panorami
sul mare.
La successiva visita di studio, “Nel territorio di
Forlì, fra pitture del ‘400, fortezze ed architettura
razionalista”, si è tenuta il 15 maggio. Abbiamo
iniziato a Forlì con la mostra del grande Melozzo,
splendidamente organizzata: un’occasione rara per
conoscere e vedere insieme molti dei suoi capolavori. Ci siamo poi trasferiti a Castrocaro Terme al
Grand Hotel delle Terme, un bellissimo e grandioso
esempio di architettura razionalista, con molti
arredi originali progettati appositamente dai più
noti architetti dell’epoca, il tutto per ferma volontà
di Benito Mussolini. Qui abbiamo visitato l’ antico
borgo e la monumentale Rocca medievale, dagli
inizi del XV secolo acquisita dal Granducato di
Toscana e strategicamente collocata al confine dello
Stato Pontificio. Il 5 giugno, una folta delegazione
dell’Istituto si è recata a Porto San Giorgio in visita
della Villa Bonaparte, con gli edifici ed il parco da
poco restaurati. Il prof. Stefano Papetti, storico dell’
arte e Direttore dei Musei civici di Ascoli Piceno, ed
il prof. Fabio Mariano, vicepresidente della sezione
Marche, hanno illustrato questo capolavoro, il cui
progetto fu commissionato da Gerolamo Bonaparte
ad Ireneo Aleandri, il più noto architetto neoclassico marchigiano. Gerolamo fu il vanesio fratello
minore di Napoleone I, che nel suo peregrinare
dopo la scomparsa della dinastia decise di stabilirsi
in zona di Fermo, anche perché sembra non fosse
insensibile alle grazie di una nobildonna locale. La
villa fu costruita velocemente e la famiglia lo raggiunse insieme agli splendidi arredi di corte che la
seguivano ad ogni trasferimento di residenza. Dopo
pochissimi anni di permanenza nella splendida
dimora affacciata sul mare, per motivi politici fu
imposto a Gerolamo di lasciare lo Stato Pontificio.
La villa con gli arredi gli fu praticamente sequestrata e dopo qualche anno venne messa all’asta “a porte chiuse”. Venne acquisita dai conti Pelagallo, che
Il primo nucleo della
rocca di Castrocaro sembra risalire all’XI secolo.
Successivamente, dal
1118, appartenne ai conti
di Castrocaro. Contesa, a
causa della sua rilevanza
strategica, tra papato e signori
locali durante il XIV secolo,
costituì per un certo periodo
il caposaldo difensivo del
potere angioino in Romagna.
Nell’immagine osserviamo
proprio una torre riferibile a
tale periodo, a pianta circolare
con le mensole che dovevano
in origine sostenere l’apparato
a sporgere continuo per la
difesa piombante.
14
ATTIVITà DEllE SEZIONI
Una vista del Palazzo del
Principe, la più ampia e ricca
dimora nobiliare della città
di Genova. Nel 1529 Andrea
Doria, ammiraglio e condottiero, promosse la costruzione
dello stupendo palazzo affacciato sul Golfo di Genova. Qui
fu ospitato l’imperatore Carlo
V, dal quale Andrea Doria
riuscì ad ottenere l’indipendenza di Genova dall’impero
d’Asburgo, divenendo di fatto
il padrone della città.
la conservarono per oltre centocinquanta anni fino
alla recente vendita agli attuali proprietari. Le attività della sezione sono riprese in settembre con un
viaggio di studio a Genova, dal 15 al 18 settembre.
All’andata ci siamo fermati a Pontremoli, dove nella
parte più antica abbiamo visitato il palazzo dei conti Ricci Armani, rinnovato nel Settecento, ospiti nel
bellissimo loggiato del palazzo sul torrente Magra
degli amici soci Massimo e Maria Grazia Pecoraro
Ricci Armani. Nel primo pomeriggio i marchesi Dosi
Delfini ci hanno accolto nella loro grandiosa intatta
villa affrescata del XVII secolo, con magnifiche
opere d’ arte e circondata da un bellissimo giardino. Le visite genovesi hanno avuto inizio il giorno
dopo, con il Palazzo del Principe, fatto costruire
da Andrea Doria direttamente sul mare anche per
accogliervi i grandi in arrivo a Genova, come l’imperatore Carlo V. Il palazzo affrescato da Perin del
Vaga è stato perfettamente restaurato dagli attuali
proprietari, i principi Doria Pamphili, che vi hanno
riportato da Roma gli arredi originari del palazzo,
in particolare degli eccezionali arazzi. Ci siamo
fermati poi al porto antico, una volta cuore delle
attività del porto, trasformato per l’Expo 92 da
Renzo Piano in una bella zona turistica e di servizi
dopo che il traffico marittimo di merci era stato per
sempre fatto allontanare da Genova dalla sconsiderata azione dei camalli – una antica e potente corporazione addetta allo scarico e carico delle navi.
Dopo una sosta al Palazzo San Giorgio, realizzato
con un ampliamento cinquecentesco dell’antico
Palazzo del Mare, nel pomeriggio abbiamo percorso
i carrugi della Genova antica, visitando Palazzo
Spinola di Luccoli in piazza Pellicceria, donato
alla città di Genova dall’ultimo erede del ramo
principale della famiglia con tutto il magnifico
importantissimo contenuto accumulatosi in circa
1000 anni di storia di una delle più importanti
famiglie feudali di Genova. Nella chiesa di San
Luca, ancora chiesa privata degli Spinola, con
affreschi di Domenico Piola, abbiamo incontrato
la principessa Patrizia Notarbartolo di Sciara nata
Spinola, presidente della Fondazione Spinola, che
ci ha guidati nei locali della fondazione annessi
alla chiesa. Abbiamo poi visitato la grande chiesa
di S. Maria delle Vigne ed il quartiere medievale
dei Doria, altra grande famiglia feudale di Genova,
con la loro chiesa di San Matteo. La giornata successiva è iniziata con la visita della grande chiesa
tardo cinquecentesca della Santissima Annunziata
del Vastato, con splendidi dipinti del Procaccini e
tutti i più importanti pittori genovesi del tempo,
poi il più grande palazzo di Genova, il Palazzo
Reale, acquistato dai Savoia nel 1824 e poi mantenuto con i suoi importanti dipinti e bellissimi
arredi. Ci siamo trasferiti in via Garibaldi, un
eccezionale esempio di pianificazione urbanistica
tardo-cinquecentesca con imponenti palazzi all’incirca della stessa epoca ma assai differenti fra loro,
tutti di grande valore artistico. Qui siamo stati
accolti per la visita di Palazzo Bruzzo (in origine
Nicolosio Lomellino), dove da pochi anni sono
stati rinvenuti, rimovendo una controsoffittatura
seicentesca, degli affreschi di Bernardo Strozzi
in eccezionali condizioni di conservazione, con
la raffigurazione di Cristoforo Colombo e degli
allora padroni di casa. Nella parte posteriore del
palazzo, attraversando sale con eleganti arredi
moderni dalle tonalità chiare, siamo entrati in
un grande giardino tutto verde, collocato nella
collina retrostante a livello di quel piano nobile,
che, come in moltissimi palazzi a Genova, è uno
dei piani più alti del palazzo. Siamo così riusciti a
vedere gli unici affreschi conosciuti dello Strozzi
esistenti a Genova. La giornata si è conclusa con
la visita di Palazzo Brignole-Sale detto Palazzo
Rosso, lasciato dalla ultima proprietaria alla città
di Genova con la sua eccezionale quadreria, dove,
da un belvedere creato sul tetto, abbiamo sorprendentemente ammirato anche il panorama della
città. L’ultimo giorno abbiamo percorso a piedi
il grandioso centro ottocentesco fino a piazza De
Ferrari, osservando dall’esterno il palazzo dei Dogi
e visitando l’importantissima Cattedrale di San
Lorenzo ed il suo tesoro.
Pietro Fenici
ATTIVITà DEllE SEZIONI
molise
Presentazione Atlante Castellano del
Molise
>
Nella Sala della Costituzione del Palazzo della
Provincia di Campobasso si è tenuta lunedì 29
agosto la presentazione del volume “Atlante castellano del Molise. Castelli, Torri, Borghi fortificati e
Palazzi Ducali”, pubblicato dalla Palladino editore.
Un folto pubblico ha gremito la sala e seguito con
interesse i vari interventi.
La prof.ssa Onorina Perrella, Presidente della
sezione Molise, dopo un breve saluto alle autorità
convenute, ha introdotto i relatori: l’arch. Franco
Valente, vice presidente della sezione Molise,
che ha tenuto un breve excursus su tipologie
e forme delle strutture fortificate regionali; il
prof. ing. Giambattista De Tommasi, presidente
del Consiglio Scientifico dell’Istituto Italiano dei
Castelli, il quale ha sapientemente e brillantemente introdotto la pubblicazione, definendone
le caratteristiche ed inquadrandola nell’ambito
della ricerca nazionale; l’ing. Dino Palloni, vicepresidente del Consiglio Scientifico Nazionale,
che ha concluso la manifestazione con una serie
di riflessioni sui significati e sull’attualità degli
studi castellologici.
La pubblicazione dell’Atlante Castellano, promossa
dalla locale sezione dell’Istituto Italiano dei Castelli,
è stata realizzata grazie al contributo dell’Assessorato al Turismo della Regione Molise; dalla prima
catalogazione del patrimonio fortificato risalente
al 2005 all’attuale versione edita, la ricerca ha
coinvolto numerose persone e richiesto specifiche
professionalità.
Il lavoro, curato da Onorina Perrella, Gabriella
Di Rocco, Giovanna Greco e Franco Valente, è
articolato in una parte introduttiva su questioni
di interesse regionale ed in una sequenza di schede sui singoli edifici, suddivise per provincia. La
sezione relativa all’inquadramento storico include
una disamina delle cinte megalitiche costruite
dai Sanniti e riutilizzate successivamente nelle
fortificazioni medievali; un necessario e completo excursus sulle vicende storiche del territorio
attraverso il succedersi di Longobardi, Normanni,
Svevi, Angioini ed Aragonesi; una riflessione sugli
aspetti tipologici e sulle caratteristiche strutturali
dei castelli; alcune brevi considerazioni sulla valorizzazione turistica.
L’analisi storico-architettonica è stata svolta con
particolare attenzione allo stato odierno delle
strutture; ogni scheda, frutto di una ricognizione puntuale e specifica, è corredata di apposito
ed aggiornato apparato iconografico, nonché di
una sintetica bibliografia di riferimento. Chiude
il volume una estesa bibliografia complessiva,
insieme ad un elenco di alcune fonti archivistiche
utilizzate.
Giovanna Greco
15
Il castello di
Civitacampomarano, più
volte rimaneggiato, è contraddistinto da torri circolari
di chiara matrice angioina.
Il portale del XIV secolo
sulla facciata principale, si
collegava all’abitato mediante
ponte levatoio. L’imponente
struttura difensiva è situata
nella parte centrale del
paese, su uno sperone di
pietra arenaria a 520 m. di
altezza, tra “Civita di sopra” e
“Civita di sotto”.
16
ATTIVITà DEllE SEZIONI
PIEMONTE
VALLE D’AOSTA
PUGLIA
puglia
piemonte -valle
VISITE DI STUDIO. il crollo della torre di
Motturone.
VIAGGI DI STUDIO A BERGAMO, ROMA, BRINDISI
E TORINO.
>
>
Il 21 gennaio l’assemblea ordinaria della
Sezione si è collegata alla visita della mostra
“Ferdinando Fino fotografo – Le Valli di Lanzo a
colori all’inizio del Novecento” allestita nei locali
del Museo Nazionale della Montagna. Il gruppo
dell’Istituto è stato accompagnato da Gian Giorgio
Massara.
In febbraio la Sezione ha organizzato una visita a
Palazzo Aldobrandini Biandrate di San Giorgio, dal
bel cortile castellamontiano, dove è situato il museo
della Società Reale Mutua Assicurazioni, in seguito
eccezionalmente aperto per i festeggiamenti del
150esimo dell’Italia unita.
Un piccolo straordinario luogo della memoria per
un’istituzione tra le più prestigiose ed antiche del
panorama economico e sociale torinese.
Una curiosità: tra i documenti in mostra ci sono i contratti di assicurazione di personaggi quali i re Carlo
Felice e Vittorio Emanuele II, i papi Leone XIII e
san Pio X ed altri. Il 22 marzo si è svolta la visita agli
appartamenti seicenteschi (assolutamente sontuose
le boiseries di quello ‘a Mezzogiorno’) di Palazzo
Carignano, capolavoro del genio architettonico di
Guarino Guarini, appena riaperti dopo una chiusura
di più di mezzo secolo. Erano ivi in mostra, a cura di
Edith Gabrielli, dipinti del Legnanino e di artisti a lui
contemporanei che in qualche modo interloquirono
con la sua opera.
Del pittore lombardo, nel pieno della sua maturità artistica, sono i magnifici affreschi che adornano i soffitti
degli appartamenti. Sono state visitate anche le grandi
cucine nei sotterranei, mai aperte al pubblico durante
l’intera storia del palazzo.
Il 17 febbraio è crollata la torre di Motturone, sita
nel comune di Cavallermaggiore (prov. di Cuneo,
Piemonte).
La memoria storica e fotografica della Torre è stata
registrata nell’Atlante Castellano (prov. Di Cuneo)
edito dalla sezione Piemonte - Valle d’Aosta dell’Istituto Italiano dei Castelli.
Giulio Caligara
Avevamo terminato il rapporto sull’attività
dello scorso anno con l’impegno di riferire
sul viaggio del ponte di Ognissanti (30.10 - 2.11)
a Bergamo, preclara città cinta dalle fortificazioni
veneziane e gioiello del rinascimento lombardo,
patria di 174 Garibaldini partecipanti alla spedizione dei Mille. La visita guidata è iniziata dalla Città
Alta con le fortificazioni bastionate della Cittadella,
ancora dotate delle porte con il leone di S. Marco,
memoria del ruolo decisivo di confine occidentale
dei domini di terraferma della Serenissima. Quindi
è stata la volta della romanica Basilica di Santa
Maria Maggiore, realizzata su una preesistente
chiesa dell’VIII sec. e caratterizzata dalla mancanza
di un ingresso centrale per via della contiguità con
l’antico palazzo vescovile. Gli accessi alla chiesa
sono tutti laterali: di rilievo quelli dei transetti
con magnifici protiri trecenteschi di Giovanni da
Campione, autore anche del battistero ottagonale,
ora all’esterno della chiesa, attualmente dalla facies
barocca; Giovanni è il protagonista indiscusso della
scultura medievale di area lombardo-veneta ed è
autore anche dell’Arca scaligera di Cangrande e
della sua statua equestre, magnificamente posizionata da Carlo Scarpa nel museo di Castelvecchio
a Verona. Nell’angolo, sul sito della sagrestia,
Bartolomeo Colleoni, capitano generale veneziano,
fece realizzare la splendida cappella quattrocentesca, pilastro del rinascimento lombardo, ad opera
di Giovanni Antonio Amadeo, scultore attivo anche
presso la Certosa di Pavia. La visita è proseguita
con il Duomo, opera tardo-manierista dalla candida
facciata in pietra, modificato nel XVII sec. da Carlo
Fontana, confinante con il medievale Palazzo della
Ragione, cardine urbano interposto fra la piazza
Duomo e la piazza Vecchia: questa è dominata dal
Palazzo Nuovo, progettato da Vincenzo Scamozzi
all’inizio del Seicento, e si impernia sulla fontana
Contarini donata alla città orobica dal podestà
veneziano alla fine del XVIII secolo. La visita della
Città Alta si è conclusa con la trecentesca Rocca
viscontea sul colle di S. Eufemia; nel pomeriggio
ATTIVITà DEllE SEZIONI
il viaggio di studio è proseguito con la visita alla
Città Bassa e al neoclassico Palazzo Frizzoni, ora
municipio, alla Provincia, al teatro e alla seicentesca
domenicana Chiesa di San Bartolomeo. Il giorno
seguente è stata la volta dei castelli di Bianzano,
di proprietà del fondatore di ‘Cronache Castellane’,
Vittorio Faglia, organizzato con corte centrale dominata da alto mastio; di Monesterolo, nei pressi del
lago di Endine; e di Malpaga, ampliato dal Colleoni
e cinto dalla merlatura ghibellina. La giornata si è
conclusa con la visita ai piccoli borghi medievali
della provincia: Borgo di Terzo, Castello di Mologno
e borghetto di Molini di Colognola.
Tra il 12 e il 14 marzo 2011 si è svolto un viaggio
di studio a Roma con visita al MAXXI, il modernissimo e fluido museo delle Arti del XXI secolo progettato dall’anglo-iraniana Zahe Hadid, protagonista indiscussa dell’architettura contemporanea di
quest’ultimo ventennio: nell’occasione la struttura
ospitava un’ampia retrospettiva dedicata a uno dei
protagonisti dell’architettura italiana con la mostra
“Pier Luigi Nervi, Architettura come Sfida. Roma:
ingegno e costruzione” ed a un cofondatore dell’Arte Povera, Michelangelo Pistoletto, con la mostra
“Da Uno a Molti, 1956-1974”. Il giorno 13 la visita
è proseguita alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di
Palazzo Corsini (opere dei massimi artisti del XVII e
XVIII sec.) e, quindi, a Villa Farnesina, significativo
esempio di villa suburbana, con pianta a ferro di
cavallo, progettata all’inizio del Cinquecento dal
Peruzzi e decorata con affreschi di Raffaello (Loggia
di Amore e Psiche), Sebastiano del Piombo, Sodoma
e Giulio Romano: oggi è anche sede dell’Accademia dei Lincei. Nel pomeriggio, a Palazzo Venezia,
abbiamo visitato le mostre su “Caravaggio e la
Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi” con
la celebre Conversione di S. Matteo, e sulla pittrice
e aviatrice contemporanea “Tamara de Lempicka:
la regina del moderno”. Il viaggio si è concluso
lunedì con la visita a Palazzo Farnese, progettato da
Antonio da Sangallo il Giovane, all’inizio del XVI
sec., e concluso da Michelangelo con l’aggettante
cornicione e il balcone sul portale.
L’11 giugno il tour nella provincia di Brindisi ha
visto fra le tappe il castello normanno-svevo di
Oria, magnifica costruzione a pianta triangolare
realizzata sul sito di una preesistente arx messapica e romana con cripta basiliana (SS. Crisante e
Daria) accessibile dal vasto cortile: lo strategico sito
controllava la direttrice fra le due coste, adriatica e
jonica, e fu meta di comunità bizantine ed ebraiche,
con membri del calibro di Shabbetai ben Abraham
Donnolo, biblista e medico, e Amittai ben Shefatiah,
poeta, entrambi vissuti nel X secolo. Quindi è stata
la volta della vicina Francavilla Fontana, come
Oria sita sul tracciato dell’Appia, cinta di mura con
porte ad arco trionfale (Carmine) e dominata dal
castello dei principi Imperiali, edificato dal principe
di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo dal
1450 e modificato agli inizi del ’700: ha pianta
rettangolare circondata da fossato, merlatura su
beccatelli e magnifico loggiato a quattro arcate con
semicolonne, trabeazione e fregi.
A metà giugno la vicepresidente della Sezione Puglia,
la dott. Annamaria Lorusso, ha guidato i soci alla
visita della mostra, da lei curata “Documentazione
fotografica e archivistica del XX secolo sul castello
normanno svevo di Bari” ospitata presso lo stesso
edificio e che ben documenta le modifiche subite
dall’edificio nel corso dei recenti restauri.
L’ultima iniziativa è stata il viaggio di studio a
Torino dal 16 al 19 settembre: fra le tappe di rilievo, la visita guidata alla Reggia sabauda di Venaria
Reale (destinata alla caccia e denominata Venatio
Regia) e dei celebri giardini, progettata a metà
Seicento da Amedeo di Castellamonte ed ascrivibile
al novero delle grandi regge europee; e la visita
alla mostra “Moda in Italia: 150 anni di eleganza”.
Nel pomeriggio s’è visitato il Castello di Racconigi,
originale tipologia fortificata, ricompreso fra le
“Reali Villeggiature”, aperto verso la natura e il
maestoso parco, premiato nel 2010: nel 1681 il
Guarini lo trasformò da medievale fortezza a pianta
quadrata, con quattro grandi torri angolari, fossato,
ponte levatoio e un alto mastio laterale, in villa
di delizie con piano nobile e appartamenti delle
regine, reimpaginando la facciata nord. Domenica
18 meta dell’escursione è stato il castello ducale di
17
La cinta bastionata di
Bergamo, eretta nella seconda
metà del XVI secolo, aveva
uno sviluppo di 6200 metri
con 14 baluardi, 4 porte, 2
polveriere ed un centinaio di
postazioni per le artiglierie.
Essa è ancora dominata dai
resti della Rocca, sul colle di
S. Eufemia, e della Cittadella,
sul colle di S. Giovanni.
18
ATTIVITà DEllE SEZIONI
Il castello di Oria,
dall’insolito impianto
triangolare, comprende a
sud il grande mastio normanno svevo, costituente
il nucleo più antico del
complesso, e le due torri
circolari di età angioina,
caratterizzate dal consueto sistema di beccatelli
sorreggenti l’apparato a
sporgere continuo, tipico
dell’epoca.
Agliè, noto per le ambientazioni di una “fiction”
televisiva, trasformato nel XVII secolo sempre dal
Castellamonte da struttura con mastio centrale e
corte circondata da edifici rurali in arioso palazzo
per l’otium aperto su uno splendido giardino con
fontane monumentali. Tappa d’obbligo è stata il
Palazzo Madama, sede del primo senato post-unitario ricostruito per il 150° anniversario dell’Unità
d’Italia, originale manufatto dal lessico classicista, progettato dallo Juvarra, fuso con la robusta
Casaforte degli Acaja, sorta sul sito della Porta
Decumana verso il Po. Prima della partenza non
poteva mancare una visita alla Mole Antonelliana,
ardita costruzione che identifica inequivocabilmente lo skyline cittadino, concepito come sinagoga,
in questo periodo illuminata con fasci luminosi
tricolori.
Gaetano Cataldo
sardegna
partecipazione alla XIII Settimana della
Cultura programmata dal Ministero per
i Beni e le Attività Culturali, 9-17 aprile
2011.
>
La Delegazione di Cagliari e Oristano della
Sezione Sardegna del nostro Istituto, aderendo all’invito del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, ha realizzato col patrocinio dello stesso
e in collaborazione con la sede regionale dell’Associazione Nazionale degli Ostelli della Gioventù,
una delle proprie attività programmate per il 2011,
riguardante la Storia e l’architettura dell’antico
Ospedale di Sant’Antonio Abate di Cagliari, edificio
attualmente adibito ad ostello per la gioventù e che
ospita lo svolgimento delle attività culturali della
Sezione Sardegna.
I documenti reperiti con la collaborazione dell’Archivio della Diocesi di Cagliari, dell’Archivio di Stato e
di quello comunale di Cagliari, di quello della Corona
d’Aragona di Barcellona, e degli Archivi dell’Ordine dei Fatebenefratelli di Roma e Valencia, hanno
consentito ai nostri soci prof. ing. Michele Pintus e
dott. Salvatorangelo Berutti, impegnati nell’analisi e
definizione della storia e dell’architettura dell’antico
Ospedale, l’organizzazione di un intervento culturale
articolato in una tavola rotonda introduttiva ed
un percorso espositivo realizzato presso l’edificio
in questione. In particolare, l’11 aprile si è svolta
la tavola rotonda inaugurale con la presenza dei
relatori: dott.ssa Adriana Gallistru dell’Archivio
di Stato di Cagliari che ha illustrato la documentazione esistente in rapporto alle vicende storiche
dell’Ospedale; dott. Salvatorangelo Berutti che ha
parlato dell’assetto organizzativo e gestionale dato
all’Ospedale dalle varie istituzioni laiche e religiose
che ne curarono, con alterne fortune, il funzionamento; dott. ing. Giorgio Cavallo che ha illustrato
l’evoluzione architettonica della struttura ospedaliera
ed i vari interventi che essa subì nel corso dei secoli;
e infine il presidente della sezione Sardegna, prof.
ing. Michele Pintus, che ha condotto lo svolgimento
della manifestazione e ha illustrato i vari rimaneggiamenti che hanno dato all’edificio l’attuale aspetto
architettonico. Il percorso espositivo, impostato su
ATTIVITà DEllE SEZIONI
sicilia
CONVEGNO, PARTECIPAZIONE ALLA BIT DI
MILANO, GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI.
una ventina dl pannelli, curati dal prof Michele
Pintus, sulla base dei documenti preparati dal team
di ricerca, ha completato lo sviluppo delle tematiche
trattate nel corso della tavola rotonda. La mostra,
durata sino a giugno inoltrato, ha pertanto potuto
offrire ai visitatori una panoramica di documenti originali elaborati dal gruppo di lavoro, accompagnati
dai pannelli fotografici dedicati alla struttura interna
ed esterna dell’Ospedale.
L’intervento realizzato è stato giudicato tra i più
originali, nell’ambito della Settimana della Cultura,
ed ha avuto una sua collocazione pubblicitaria
nella brochure curata dal Ministero. Al di là della
rilevanza dell’iniziativa occorre sottolineare un
importante risultato della ricerca consistente nella individuazione della data certa della nascita
dell’Ospedale, riportata dal 1449 al 1339, grazie ai
documenti custoditi a Barcellona presso l’Archivio
della Corona d’Aragona.
Un’altra considerazione riguarda Sant’Antonio
Abate: è accertato che egli si ritirò da eremita in
una fortezza dell’antico Egitto perciò potrebbe essere definito come il primo Santo castellano. Infine,
occorre segnalare che il più attivo nella fondazione
e gestione di ospedali in Sardegna fu lo spagnolo Fra’ Giusto, Duca de Estrada, dell’Ordine del
Fatebenefratelli, il quale essendo stato da militare
e da consigliere del Vicerè di Napoli, un grande
esperto di azioni militari e di fortificazioni, fece
in modo che l’ospedale cagliaritano poggiasse su
fondamenta di tipo castellano.
Peraltro questa esperienza, nata dalle suddette
collaborazioni, conferma che insieme ad altre istituzioni pubbliche e private si possono migliorare le
ricerche storiche con il minimo dispendio di risorse
finanziarie per il nostro Istituto (costo zero) reperibili attraverso il coinvolgimento delle predette
entità (nel nostro caso l’Associazione degli Ostelli
ha sostenuto il costo relativo alla predisposizione
dei pannelli espositivi).
Salvatorangelo Berutti-Floris
>
Tra le molte attività svolte dalla Delegazione
di Messina dell’Istituto durante l’anno va
menzionato il convegno-studio sul “Potenziamento
delle Fortificazioni dello Stretto; 1810 Lo Sbarco
Murattiano in Sicilia” tenutosi il 14 febbraio,
nella Chiesa di S. Maria Alemanna (sec. XI ), su
invito dell’Amministrazione Comunale, durante
la Notte della Cultura. L’iniziativa, sostenuta
dagli “Amici del Museo”, dall’Assessorato alle
Politiche del Mare, ha avuto un grande successo
di pubblico e di critica. Dopo i saluti del Sindaco,
dott. Buzzanca, dell’Assessore Isgrò e del delegato
dell’Istituto Italiano dei Castelli, si sono susseguiti cinque interventi di Storici e Architetti della
Soprintendenza, conferenze intervallate da brevi
concerti ed esibizioni canore, tra le quali quella del
soprano, di fama internazionale, Tiziana Caminiti.
Al convegno è stata associata una mostra curata
del nostro socio e storico Franz Riccobono e dallo
studio Galeano, Architettura e Design, a cui va il
nostro sentito ringraziamento. Il percorso espositivo è stato realizzato con pannelli che illustrano,
attraverso l’elaborazione foto-digitale di stampe
e cartografie d’epoca, la storia dello Sbarco e
il potenziamento delle Strutture difensive della
Costa Ionica della Provincia di Messina in previsione di tale evento. Di particolare interesse le
relazioni: 1810, Lo Sbarco Murattiano in Sicilia
( F. Riccobono); Le Strutture Fortificate della
Riviera Ionica (M. Grassi); Messina, Fortezza del
Mediterraneo (O. Donato); Notizie dagli Archivi
Francesi (A. Fumia); Il Recupero della Memoria (G.
Ruggeri). Di grande rilievo per le attività di questa
sezione è stata la presentazione degli “Itinerari
Castellani della Provincia di Messina” alla Borsa
Internazionale del Turismo, il 20 Febbraio a
Milano. Da un censimento dell’Istituto Italiano
dei Castelli, sezione Sicilia, è emerso che un terzo
dei Castelli della Regione Sicilia è concentrato
nella Provincia di Messina. Sono stati individuati
10 itinerari castellani, tre nella zona Ionica, tre
in quella Tirrenica, due nella zona Nebroidea
19
L’attuale chiesa di S.
Antonio fu eretta nella prima
metà del Settecento sopra
la preesistente cappella
dell’ospedale, governato
dall’ordine degli Spedalieri
di S. Giovanni di Dio. E’ad
essi che si deve la realizzazione della nuova chiesa,
consacrata nel 1723.In
seguito al trasferimento degli
Spedalieri nella nuova sede
dell’ospedale, avvenuto nel
1850, l’antico ospedale ed il
convento passarono ai privati; la chiesa di Sant’Antonio
venne ceduta alla confraternita della Madonna d’Itria.
20
ATTIVITà DEllE SEZIONI
Il forte del Castellaccio,
nella pianta di P. del Calleyo
y Angulo (1719). E’ il più
antico dei forti di Messina
ed ha subito nel corso del
tempo varie trasformazioni.
Oggi versa in stato di grave
abbandono.
e l’ultimo a Lipari, selezionati in base alla loro
contiguità; per ciascun itinerario è stata verificata
la disponibilità alberghiera e ristorativa ed altri
possibili attrattive culturali. L’Istituto è in grado
di fornire per ogni castello delle schede aggiornate. Quasi tutti i castelli selezionati si trovano in
buono stato di conservazione, alcuni già restaurati
ed altri lo saranno a breve; soltanto pochi, tra
quelli segnalati, sono ridotti allo stato di rudere,
ma conservano tuttavia un importante interesse
storico, come quello di Fiumedinisi, che ospitò
Enrico VI, che ivi morì nel 1197. L’iniziativa,
sollecitata dalla Provincia Regionale di Messina,
ha riscosso molto successo e l’interesse degli operatori turistici presenti. In occasione delle Giornate
Nazionali dei Castelli, domenica 29 Maggio 2011,
la Delegazione di Messina dell’Istituto ha organizzato la visita guidata dal nostro socio, lo
storico Franz Riccobono, al Forte “Castellaccio”,
fortificazione cinquecentesca, al centro della città,
in stato di abbandono. Per rendere accessibile
il monumento, alcuni dei nostri soci, muniti di
decespugliatore e rastrelli (... e quant’altro ...) non
hanno esitato ad impegnarsi personalmente, a loro
va un meritato elogio! La visita si inserisce in un
programma di divulgazione sullo stato dei cinque
Forti Cinquecenteschi e della Real Cittadella di
Messina, realizzato dalla delegazione di Messina,
in occasione delle Giornate Castellane, dal 2006 ad
oggi. La Fortezza fu costruita nel 1547 dal Vicerè
Giovanni De Vega, e si pone in corrispondenza
visiva con le altre tre fortificazioni del ‘500: Forte
S. Salvatore, Mata e Grifone e Castel Gonzaga. La
paternità del progetto è attribuita al Ferramolino.
Il Forte conserva la configurazione planimetrica
originale, a pianta quadrata con bastioni angolari
rivestiti di blocchi, cornici e sezioni semicircolari e
garitte. Nel 1674, durante la rivolta antispagnola,
fu usato come punto di osservazione dai rivoltosi;
nel 1848 fu scenario di guerra, nei moti antiborbonici; dopo il 1950 fu adibito a collegio per
giovani indigenti e a tale scopo furono aggiunti
ATTIVITà DEllE SEZIONI
dei corpi in stile gotico. Per molti cittadini è stata
una rara occasione per visitare un monumento,
al centro della città, solitamente inaccessibile. La
Gazzetta del Sud ha sostenuto, anche quest’anno,
l’iniziativa volta alla promozione del patrimonio
storico della città.
Michaela Marullo Stagno d’Alcontres
TOSCANA
toscana
VIAGGIO DI STUDIO IN GERMANIA
>
La Sezione Toscana nelle giornate dal 19
al 24 maggio ha organizzato un viaggio in
Germania, ricco di nuove esperienze e con numerose tappe. La prima sosta è stata effettuata a Freiburg
dove l’atmosfera serena avvolge il visitatore e dove
niente è lasciato al caso: infatti la città è solcata
21
da piccoli canali che anticamente servivano per
spegnere gli incendi della vicina Foresta Nera. Il
primo insediamento risale al 1091 quando i duchi di
Zahringoen costruirono un castello sullo Schlosserg.
Nel 1120 venne riconosciuto all’agglomerato il
diritto di mercato, dandogli così la possibilità di
espandersi. Dal 1218 al 1368 la città fu soggetta
ai conti di Urach, in seguito fino al 1803, fu dominata dagli Asburgo. Infine, dopo un breve periodo
sotto Napoleone, entrò a far parte dello stato di
Baden. Fu sede di un’importante università, voluta
dall’arciduca Albrecht VI che se ne occupò fino dal
1457; dal 1620 al 1773 venne gestita dai Gesuiti.
Durante la seconda guerra mondiale la città venne
pesantemente bombardata, in seguito fu ricostruita
rispettando la planimetria originale. In primo luogo
furono rimessi in pristino gli edifici pubblici di
maggior interesse, ma non la cinta muraria di cui
rimangono solo le due torri, risalenti al XIII secolo,
che danno accesso alla città. Di base quadrata e di
tipologia assai imponente queste torri hanno quattro garitte angolari, coperte con cuspide, che fiancheggiano la sopraelevazione dalla quale si innalza
una slanciata copertura. La costruzione della cattedrale, iniziata in stile romanico, venne proseguita
in stile gotico nel XIV e XV secolo. Si accede da un
ampio atrio ricavato alla base di un’altissima torre
campanaria, il portale è finemente decorato con
Il castello di Heidelberg
(Heidelberg Schloss, XIII – XVII
sec.) è tra i castelli germanici
più famosi. Degli ambienti
interni rimangono soprattutto
rovine a causa dei danni
subiti durante la guerra dei
Trent’anni e della guerra del
1689 con la Francia. Il castello è stato solo parzialmente
restaurato. L’imponente struttura in pietra arenaria (originaria della valle del Neckar)
dal caratteristico colore rosa,
domina la città antica.
22
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Burg Pfalzgrafenstein,
in un disegno del 1832 di
William Tombleson.
è famoso per la sua posizione
su un isolotto (Falkenau) localizzato nel mezzo del Reno.
motivi ornamentali gotici. Su una navata laterale si
apre un altro portale in stile rinascimentale. Nella
piazza della cattedrale l’Historishes Kaufhaus era
adibito a sede doganale e per il commercio, la sede
comunale è frutto di una fedele ricostruzione post
bellica. Interessante la Casa della Balena, costruita
nel 1515 per l’imperatore Massimiliano I, venne
abitata da Erasmo da Rotterdam, dal 1529 al 1531,
dopo la fuga da Basilea.
La fortezza di Heidelberg, altra tappa del viaggio di
studio, è stata costruita su una collina in posizione
tale da dominare le vie di accesso ed i traffici sul
fiume Neckar. In questo luogo, a partire dal I secolo
d.C., sotto la dinastia dei Flavi, si era stabilito un
insediamento militare romano. Nel X secolo la prima
rocca fu sede dei vescovi di Worms, dal XIII secolo
fino al 1720 venne abitata dai duchi del Palatinato.
La fortezza venne devastata più volte: nel 1622, nel
corso della Guerra dei Trent’anni, e nel 1693 per
mano delle truppe francesi, durante la Guerra di
Successione. Il complesso è molto vasto e, anche se
in gran parte diruto, conserva ancora il ricordo della
passata grandezza. Vi si accede mediante un percorso con ponte levatoio passando attraverso una possente torre a base quadrata munita dei meccanismi
di difesa. Dalla parte di terra, all’interno della cinta
muraria la fortezza è circondata da un fossato asciutto e dalla parte del fiume da una cinta bastionata.
Nella zona centrale si trovano molti palazzi, quelli
costruiti in epoca medioevale sono stati affiancati
da altri molto vasti la cui caratteristica consiste in
aggiunte di ricche decorazioni in stile rinascimentale
ad edifici gotici. (Gli influssi rinascimentali giunsero
in Germania 125 anni dopo la loro comparsa in
Italia). Nei prospetti le finestre a due luci sono di
ispirazione veneziana; all’insieme abbastanza eterogeneo sono state aggiunte statue che rappresentano
conti palatini e famosi personaggi. La cittadina è
sede di una antica sede universitaria fondata nel
1386 da Roberto I, inoltre è un importante centro
culturale e scientifico, vi si trovano le chiese gotiche di San Pietro e dello Spirito Santo. Il viaggio è
proseguito per raggiungere quella parte del Reno tra
Mainz e Koblenz chiamata “Romantisches Rheintal”.
Il Reno è stato da sempre utilizzato per il trasporto
fluviale delle merci a mezzo chiatte, per tale ragione
è stato necessario proteggere questo cammino fluviale come una qualsiasi strada, ovvero costruendovi
numerose torri di avvistamento e castelli su entrambe le sponde, fino a raggiungere il considerevole
numero di ventotto. Queste fortificazioni in gran
parte costruite nel XIV secolo, solo in alcuni casi
hanno una configurazione bastionata. Il Reno non
costituiva solo un’importante via commerciale, ma
fu anche veicolo dell’influenza francese sull’architettura gotica tedesca. Inoltre la zona è rinomata
soprattutto per la produzione del famoso “vino del
Reno” esportato ed apprezzato in tutto il mondo e
che ha influenzato piacevolmente tutto il viaggio.
Percorrendo il fiume sulla riva destra è stato possibile
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visitare a Kaub il castello Pfalzgrafenstein costruito
su un’isoletta come sede doganale per controllare
i traffici sul fiume e per riscuotere il “balzello”. La
torre maestra è stata eretta in epoca medioevale, la
pianta quadrata ha il lato rivolto verso la corrente
costruito con due inclinazioni per prestare un minore
impatto alla forza devastatrice del fiume. Nel 1607
è stata circondata da una cinta muraria, munita di
garitte in legno. All’interno le costruzioni, che si
addossano alla muratura e sono posizionate su due
livelli con doppio camminamento protetto, sono
state realizzate per ospitare i funzionari addetti alla
dogana. Al piano terreno si trovano i magazzini e
al piano superiore gli alloggi del capitano e delle
guardie. Un restauro abbastanza recente ha riportato
il complesso ad una buona leggibilità. Le colorazioni
delle pareti in bianco con bordure rosse sono state
realizzate secondo l’uso locale.
Il castello Marksburg si erge su un’altura ed è sede
dell’Associazione Tedesca per la Salvaguardia dei
Castelli Storici, che raccoglie nella biblioteca 25.000
volumi sulla materia. La rocca venne edificata nel
XII secolo a cura dei feudatari del luogo i signori
Eppstein, appartenne ai conti di Katzenelnbogen
dal 1283 al 1479, successivamente fino al 1803, fu
proprietà dei langravi d’Assia. L’accesso è protetto da
un ponte levatoio e da quattro porte. All’interno del
primo circuito murario si trova l’alta torre maestra,
un altro massiccio torrione fungeva da abitazione
per le guardie, torrioni tondi di più modeste dimensioni sono posti agli angoli del circuito murario. Si
accede all’interno mediante un passaggio protetto
e un androne ricurvo. Sugli spalti erano piazzati
sette cannoni di cui rimangono alcuni esemplari.
All’interno si trova il palazzo residenziale, che è stato
ristrutturato nel 1705 dopo un incendio e arredato
per l’abitazione del signore: la sala per i cavalieri è
lunga venticinque metri. Inoltre altre strutture, adibite a vari usi, sono state ricostruite riproponendo lo
stile reticolare in legno tipico del luogo.
Una breve sosta a Coblenza denominata “angolo
tedesco”, dove si insediò l’Ordine Teutonico, ci ha
dato modo di vedere la confluenza della Mosella
con il Reno. Nel centro storico si trova il castello dei
Principi Elettori, edificato da Clemente Venceslao nel
1777-1786, in stile neoclassico francese.
La città è inoltre dominata dalla grandiosa Fortezza
di Ehrenbreitstein, situata sulla omonima rupe, risalente al XIX secolo e facente parte del sistema difensivo realizzato dalla Prussia in difesa del confine
francese comprendente altre fortificazioni tra le quali
il forte Alexander ed il forte Konstantin, entrambi
ubicati all’interno del perimetro urbano.
Anche Boppard si affaccia sul Reno, traendo origine
da un campo militare romano del VI secolo di cui
rimane un castro in pietra con torrette. La cortina
muraria è in gran parte diruta, ma è ancora in
parte visibile nel centro storico. Questa fu l’antica
cittadina imperiale dei Principi Elettori; Baldovino,
il principe-vescovo di Treviri, se ne impadronì nel
1327 dopo averla avuta in ipoteca per quindici anni
dal fratello Enrico VII. Egli fece erigere una rocca
per affermare il suo dominio; la costruzione è ancora
visibile, anche se manomessa dai molti interventi, ha
la pianta quadrangolare con quattro torrioni tondi
agli angoli. Gli edifici, ricostruiti dopo le distruzioni
belliche, ripropongono la struttura reticolare in legno
tipica del luogo e si affacciano lungo le strade e le
piazze della cittadina conferendole una caratteristica
assai pittoresca.
La rupe di Loreley si trova fra Kaub e St. Goarshausen
ed è il simbolo del romanticismo renano immortalata
dal poeta tedesco Heinrich Heine. Il fiume in quel
punto è di difficile navigazione a causa dei vortici
e della curva assai stretta; l’eco, forse causato dai
venti, è stato scambiato per il melodioso canto di una
fanciulla che incantava i marinai e faceva infrangere
le imbarcazioni sulle rocce.
Il Castello Rheinfels imponente complesso fortificato, venne iniziato nel 1245-48 da Dieter von
Katzenelnbogen, con funzioni di dogana, divenendo
poi centro culturale e commerciale. Nel 1479 passò
ai langravi d’Assia e durante le guerre di successione
al governo del Palatinato (1692-1693). Fu l’unica
fortezza sul Reno capace di resistere, in un primo
23
Il castello di Marksburg.
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La murazione di Dinkelsbuhl
con le caratteristiche torri
cuspidate (16 in totale). è a
tutt’oggi osservata la tradizione del guardiano notturno
che compie il giro di ronda nel
centro storico.
momento, agli attacchi dell’armata francese, grazie
alle imponenti opere di fortificazione che la circondavano, ma nel 1758 (Guerra dei Sette anni 17561763) le opere di difesa non furono sufficienti, anche
a causa delle innovazioni realizzate nell’ambito
militare. Ulteriori sconfitte furono subite, nel 1794,
a causa delle ostilità fra il governo rivoluzionario
francese e l’Austria (Guerre della Prima Coalizione
1792-1797) e nel 1797 dall’irruenza delle armate della rivoluzione francese che distrussero l’amplissimo
fronte bastionato sulla collina retrostante.
Dopo un percorso, che fiancheggia prima il fossato
asciutto poi un grande fronte ricco di le batterie
e postazioni di tiro a più livelli, si accede da una
porta aperta in un torrione. Questa immette in un
passaggio protetto da mura che conduce alla fortificazione medioevale. Il primo impianto è riconoscibile dalla cinta muraria a forma trapezoidale al cui
interno rimane un torrione tondo di notevole altezza.
Questa zona fu ristrutturata in stile rinascimentale
da Philipp II di Hesse-Rheinfels nel’500, che alzò
il palazzo fino a quattro piani. Nei sotterranei si
aprono percorsi a più livelli e locali voltati, mentre
all’esterno il nucleo centrale è circondato da fronti
bastionati assai imponenti e ricchi di postazioni di
tiro. La complessa e vasta estensione delle opere
fortificate di questa fortezza la pone in un ambito
eccellente fra gli esempi di ingegneria militare
Sempre sul Reno la visita è proseguita a Bacharach,
la roccaforte caduta in mano ai conti palatini nel
XI secolo. Il commercio del legname e del vino ne
fecero uno dei centri più forti della zona; è circondata da mura medioevali con torri risalenti al XIV
secolo. La rocca fu trasformata, nel XVIII secolo, in
un convento cappuccino di cui si conserva solo la
chiesa. Oggi è una piacevole cittadina caratterizzata
da case con struttura reticolare in legno. Il castello
Rheinstein, eretto come rocca del gastaldo e dogana
nel 900 d.C., fu regalato da Ottone II all’Arcivescovado di Magonza. I Principi Elettori la fortificarono
nel XI e XII secolo, e vi soggiornò Rodolfo d’Asburgo
(1282-1286) che sedeva in giudizio contro i Cavalieri
Predoni del Reno. Dal XIV al XVI fu di nuovo
proprietà dell’Arcivescovado di Magonza. Andò in
rovina alla fine del XVI secolo, ma venne acquistata
nel 1823 da Friedrich Wilhelm Ludwig, principe
reale di Prussia che la fece ristrutturare dall’architetto Claudius von Lassaulx in stile neogotico. Della
precedente costruzione si notano solo due torrioni a
pianta circolare. Proseguendo il viaggio siamo arrivati a Rotterburg, dove Corrado III Hohenstauffen
fece innalzare, nel 1142 sull’altopiano naturale che
sovrasta il Tauber, un castello imperiale, dando un
immediato sviluppo alla città che, grazie alla sua
posizione geografica, divenne un importante centro
commerciale. Il castello venne distrutto dal terremoto
del 1356. Nel 1400 questa era una delle città più
potenti del Sacro Romano Impero, ma dopo la Guerra
dei Trent’Anni perse di importanza. Ricostruita dopo
le distruzioni belliche si presenta oggi come un’affascinante cittadina dove la maggior parte delle case
sono state costruite con la tipica struttura reticolare
in legno. Il centro storico è circondato da mura, in
alcuni tratti sono stati ricostruiti i camminamenti di
ronda in legno. La cittadina murata di Dinkelsbuhl
venne fondata nel VII secolo come corte reale della
Franconia, in seguito venne donata da Barbarossa al
figlio Corrado da Rothenburg. Si legge negli edifici la
tipologia edilizia del luogo, ma si nota la diminuizione dell’uso del legno. La cittadina è interamente circondata da una cinta muraria, di altezza assai modesta, costruita nel 1370-80, in cui ad intervalli regolari si inseriscono torrioni tondi, raramente a base quadrata, con copertura cuspidata. Anche Nordlingen è
cinta da mura, con la cattedrale gotica fiancheggiata
da un altissimo campanile le cui possenti strutture
angolari gli permettono di arrivare fino a ottantatre
metri. Proseguendo sulla “Romantische Strasse” e
una sosta ad Augsburg (Augusta) ci ha permesso di
ammirare la basilica dei Santi Ulrich e Afra, costruita
nel XII secolo. Venne trasformata nel XV secolo in
stile gotico “radiante o fiammeggiante” che prevede
fra i costoloni e gli archi rampanti la diminuizione
dei tamponamenti in muratura per lasciar posto ad
ampie vetrate. Inoltre è ricca di decorazioni e si
notano preziosi elementi in gotico fiorito nel portale
d’ingresso ed in una cappella laterale. Proseguendo il
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TRENTINO
trentino
TAPPA IN TRENTINO DEL “GRAN TOUR DELLA
MEMORIA” – IL CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO.
nostro percorso la zona montuosa ci ha riservato una
piacevole sorpresa fuori programma: il monastero
di Ettal, antica sede benedettina fondata da Enrico
IV “il Bavaro” nel 1328, divenuto poi una scuola di
Cavalieri Teutonici. Era uso dei Cavalieri Templari
occupare i monasteri benedettini in quanto anche
loro seguivano la Regola di San Benedetto, in questo
caso possiamo dire lo stesso per i loro confratelli.
Il monastero si sviluppa con linee classicheggianti
attorno ad un cortile quadrangolare. Al centro una
splendida chiesa barocca opera di Enrico Zuccalli e
Joseph Schmuzer a pianta centrale è fiancheggiata
da due campanili con copertura a cipolla che si inseriscono nelle curve sinuose della facciata. All’interno
dipinti e statue arricchiscono la decorazione rococò.
Ultima tappa, Innsbruck, antica colonia romana
fondata nel III secolo d.C., denominata “Veldidena”.
L’attuale città venne costruita nel 1180 dal conte
Berthold Andechs, nel 1363 passò agli Asburgo e fu
capitale del Tirolo nel 1420. Vide il suo maggiore
splendore durante il regno di Massimiliano I (14931519), come è testimoniato dal suo sfarzoso palazzo
dove i balconi sono ornati di decorazioni scultoree e
il superiore termina con un tettuccio d’oro costruito
su progetto di N. Turing il vecchio (1494-1496); sulle
pareti gli affreschi completano la decorazione. Nel
centro storico le strade sono ricche di palazzi con
facciate dipinte e decorazioni barocche, ne rimangono solo alcuni in stile tardo medioevale. La chiesa
dei Gesuiti ha uno schema planimetrico e di facciata
rinascimentale sul quale sono state apposte ricche
decorazioni barocche. La Hofkirche (1533-1563)
venne progettata da Andrea Crivelli in stile neogotico; all’interno campeggia la tomba di Massimiliano
I, in stile rinascimentale, circondata da 28 statue
bronzee. Il castello imperiale Holfburgoccupa gran
parte di questa zona. Di grande rilevanza il castello
di Ambras situato sulle colline la cui importanza
artistica è legata a Ferdinando II.
Nicoletta Maioli
>
L’Istituto Italiano dei Castelli in concomitanza
con le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha organizzato un “Gran Tour della Memoria”;
un viaggio nei luoghi della Grande Guerra: nella
Venezia Giulia, Venezia Euganea e nel Trentino,
dove si è aspramente combattuto, con il sacrificio di
molte vite da ambo le parti, e un’immane sofferenza
della popolazione. Si pensi al fronte sugli altipiani
tra il Trentino e il Veneto, alle Valli Giudicarie con
la totale distruzione dei piccoli paesi di montagna e
il trasferimento della popolazione in “campi” in territorio austro-ungarico, solo per citare alcuni episodi, senza dimenticare il sacrificio di Cesare Battisti,
anche se il pensiero è ora rivolto alla “Campana
della Pace” di Rovereto.
Il 17 giugno, nell’ambito del Tour, un gruppo di soci
dell’Istituto Italiano dei Castelli, provenienti da ogni
parte d’Italia e accompagnato dal Presidente l’ing.
Giovanni Ventimiglia marchese di Monteforte, dopo
aver visitato i luoghi del Friuli e del Veneto, è giunto a Trento al Castello del Buonconsiglio, uno dei
più importanti castelli italiani e monumento insigne
della storia del Trentino e dell’Europa.
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Il sito di Hofburg fu fortificato in epoca medioevale
per volontà dell’l’arciduca
Sigismondo, conte del Tirolo.
Fu l’Imperatore Massimiliano
I a far realizzare il palazzo, la
cui struttura rimase inalterata
sino all’epoca di Maria Teresa
d’Austria che avviò la ristrutturazione in stile rococò, cioè la
forma con la quale il castello
oggi si presenta. Dopo la
morte del marito, l’Imperatore
Francesco Stefano di Lorena,
avvenuta tra mura della dimora imperiale durante i festeggiamenti per il matrimonio del
figlio Leopoldo, l’Imperatrice
diede ordine di convertire la
propria camera da letto in
cappella di corte.
Prospetto del castello del
Buonconsiglio a Trento. Si
nota in alto il poderoso mastio
cilindrico, detto anche Torre
Grande, mentre a sinistra, in
primo piano, si scorge un tipico torrione circolare scarpato
dell’epoca della Transizione,
con parapetto dotato di troniere e doppio ordine di fuoco
sovrapposto in casamatta.
26
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La “Fossa dei Martiri” o
“Cervara”. Qui furono giustiziati, nel 1916, Cesare
Battisti, Fabio Filzi e Damiano
Chiesa.
Al castello i soci sono stati accolti da una delegazione e dal Presidente della Sezione Trentino
Alto-Adige, che dopo un saluto di benvenuto ha
riassunto le tappe fondamentali della costruzione
del Castello del Buonconsiglio, iniziata attorno al
1250 con un primo recinto fortificato, addossato
alle mura della città costruite una ventina d’anni
prima. Questo primo recinto fu costruito quando
l’imperatore Federico II sospese il potere temporale del vescovo di Trento sostituendolo con un
podestà imperiale, il pugliese Sodigerio da Tito,
un uomo di Ezzelino da Romano, che realizzò su
di un dosso, allora detto del “malconsiglio”, una
fortificazione rivolta verso la città e a dominio
della stessa.
Qualche tempo dopo, questa prima fortificazione, passò in proprietà dei conti del Tirolo che lo
ampliarono. Entrato poi in possesso del principevescovo di Trento divenne bene indisponibile della
chiesa di Trento e residenza dei vescovi sino alla
secolarizzazione del 1803.
Tutti i vescovi di Trento posero mano al castello,
alcuni in modo più consistente, come il Lichtenstein
al quale dobbiamo la sopraelevazione dell’edificio
con l’inserimento delle finestre quadrate in pietra
bianca; e il vescovo Hinderback, che lo rinnovò
tanto da trasformarlo da “inferno in paradiso”.
Il cardinale Bernardo Cles, vicino al castello medievale, fece costruire un magnifico edificio rinascimentale, ancora oggi detto “Magno Palazzo”, che
inaugurò nel 1530 alla presenza Carlo V, di passaggio per Trento dopo l’incoronazione imperiale
ottenuta a Bologna.
Con il successore del Cles, il cardinale Cristoforo
Madruzzo, il castello fu sede delle riunioni mondane che si svolsero a margine del Concilio di Trento,
e sappiamo quanto queste furono occasione di
importanti relazioni diplomatiche.
Il XVII e XVIII secolo fu un periodo relativamente
calmo, anche se non mancarono radicali interventi
di trasformazione all’interno del castello.
Tappa fondamentale fu invece la costruzione di un
altro volume dell’edificio che chiamiamo “Giunta
Albertiana”, in quanto fatta costruire dal vescovo
Francesco Alberti Poia su progetto di Giuseppe
Alberti da Tesero.
Il 6 gennaio del 1801 il castello fu occupato dai
francesi, mentre con la secolarizzazione del principato vescovile nel 1803 l’imperatore Francesco
Giuseppe ne prendeva solennemente possesso.
Dopo un breve periodo di dominio Bavarese, con il
ritorno dell’Austria il complesso difensivo fu adibito a sede amministrativa e caserma.
Nel 1861, quando fu proclamata l’Unità d’Italia, il
Trentino era uno stato dell’Impero Austro-Ungarico
e il castello del Buonconsiglio aveva ancora funzioni di caserma.
Durante la Prima Guerra mondiale nel castello fu
imprigionato, processato, condannato a morte e
giustiziato Cesare Battisti con gli altri irredentisti.
Un triste momento della nostra storia che, con la
visita dell’Istituto Italiano dei Castelli, è stato ricordato senza strumentalizzazioni di nessun genere:
come un momento della storia italiana ed europea,
una tappa forse necessaria ma che fu e rimane nei
nostri ricordi un drammatico momento di contrapposizione, di odio e di violenza. In questo senso con
rispettoso silenzio e con commozione il “gruppo”
dell’Istituto Italiano dei Castelli ha visitato la “Fossa
dei Martiri”.
A questa semplice cerimonia erano state invitate le
autorità della Provincia Autonoma di Trento, peraltro assenti, e il Commissario del Governo che, pur
avendo dato la sua adesione, all’ultimo momento
ha comunicato la sua indisponibilità.
Dopo la Grande Guerra il Castello del Buonconsiglio
fu per un breve periodo anche caserma italiana,
quindi sede della Soprintendenza ai Monumenti, e
da allora iniziarono i lavori di restauro condotti da
Giuseppe Gerola.
Nel pomeriggio il gruppo di visitatori ha raggiunto
l’altopiano di Folgaria ove, a distanza ravvicinata,
lungo il vecchio confine tra l’Austria e l’Italia ci
sono le fortificazioni della Grande Guerra. Di queste
è stato visitato il Forte Belvedere (Werk Gschwedt),
oggi restaurato e adibito a museo storico della
memoria. Verso sera il gruppo ha raggiunto Tiene
nel vicentino.
Roberto Codroico
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Umbria
VISITE DI STUDIO: ROMA, PERUGIA, FORLI’,
MODENA E SASSUOLO. VIAGGIO IN MONTENEGRO.
CONFERENZA E GIORNATE DEI CASTELLI.
>
L’11 gennaio è stata effettuata una prima
escursione di studio a Roma, consistita nella
visita alla basilica di Santa Maria Maggiore, alla
chiesa basilicale di Santa Prassede e alla “Mostra
1861, i pittori del Risorgimento”. La basilica di
S. Maria Maggiore venne edificata, secondo una
leggenda, in seguito ad una nevicata miracolosa
nell’agosto del 356 e fu consacrata alla Vergine
per volere di Sisto III, dopo il Concilio di Efeso,
431. Nel 1200 ebbe restaurata l’abside, nel 1500
vennero aperte le Cappelle Sistina e Paolina,
nel 1600 l’affaccio posteriore sulla piazza dell’Esquilino. Ferdinando Fuga, nel 1700, sovrappose
all’antico prospetto una nuova imponente facciata.
La Basilica di Santa Prassede fu fondata nel 489 e
ricostruita con l’attuale impianto sotto il pontificato di Pasquale I. All’interno sono particolarmente
interessanti le testimonianze dell’arte bizantina a
Roma. Prassede era la figlia del senatore Pudente
che avrebbe ospitato S. Pietro a Roma.
In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, le Scuderie del Quirinale
hanno accolto una mostra per illustrare gli eventi che tra il 1859 e il 1861 portarono il nostro
Paese alla conquista dell’indipendenza e all’Unità
Nazionale. L’esposizione raccoglie le opere dei
maggiori artisti dell’epoca, tra i quali: Francesco
Hayez, Giuseppe Molteni, Domenico e Girolamo
Induno, Eleuterio Pagliano, Giovanni Fattori,
Silvestro Lega, Odoardo Borrani e Giuseppe Sciutti,
ed evidenzia come la loro lettura degli accadimenti
di quel periodo abbia privilegiato una commossa
rappresentazione dell’adesione popolare. Sigla la
fine del percorso, il tragico dipinto di Fattori, “Lo
Staffato”, opera emblematica e simbolo delle riflessioni e delle inquietudini che caratterizzarono quegli anni, il più vero e il più autentico monumento
ai caduti delle guerre risorgimentali.
Il 4 febbraio, la prof.ssa Isabella Nardi Mannocchi,
nostra vice-presidente e docente nell’Università di
Perugia, nella Sala dei Legisti del Palazzo Baldeschi,
ha tenuto una conferenza sul tema “Sorelle d’Italia
– Il contributo femminile all’Unità d’Italia”.
L’argomento era intrigante e la relatrice ha ripercorso fatti e vicende al femminile, dalla Contessa di
Castiglione ad Anita Garibaldi e a numerose altre
eroine che hanno contribuito con sacrifici, passione
e dedizione all’Unità d’Italia. C’è una letteratura sul
tema: le pallide donne dell’Ottocento si muovono
e vivono gli eventi del tempo che hanno poi sconcertanti analogie con ciò che oggi sta accadendo,
un vero affresco della generazione risorgimentale,
su uno sfondo di lotte, di passioni, di amori e di
crudeltà.
Il 19 febbraio, il dott. Terzetti ha accompagnato un
gruppo di soci a visitare la sede della Provincia. Il
palazzo, realizzato tra il 1867 e il 1873, su progetto
dell’architetto milanese Alessandro Arienti, occupa
l’ampio pianoro del colle Landone, recuperato dalle
demolizioni della fortezza Farnese. L’impianto del
grande palazzo è interessante, le trentaquattro
sale si presentano artisticamente affrescate da
noti maestri; particolari sono i “murali” del pittore
perugino Domenico Bruschi, il cui stile chiaro e
grandioso comunica il nuovo esprit della Nazione.
Il 18 marzo si è svolta una nuova visita di studio
a Roma. Prima tappa l’Ara Pacis Augustae, altare
ornato da artistici rilievi, che fu eretta tra il 13 e il
9 a. C. dal Senato per celebrare la pace stabilita in
tutto l’impero Romano da Augusto. I primi resti del
monumento, rimasto per secoli sepolto nel fango
27
Vista posteriore della basilica
di S. Maria Maggiore a Roma,
con l’abside e l’obelisco.
28
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Il bel portale d’ingresso alla
chiesa dell’abbazia di S.
Mercuriale a Forlì.
delle alluvioni, vennero ritrovati nel 1568 nelle
fondamenta del Palazzo Fiano al Corso ed è stato
ricostruito nel 1938 in occasione del bimillenario di
Augusto e sul basamento di travertino dell’edificio
che la racchiude, è stato riprodotto il testamento
dell’Imperatore, a lettere in bronzo. E’ la più significativa testimonianza dell’arte augustea, caratterizzata da un notevole eclettismo. Inoltre, vi è
raffigurata una processione per salutare il ritorno in
patria dell’imperatore, dopo un giro nelle Province.
Tappa successiva poi a Palazzo Farnese, sede
dell’ambasciata di Francia, per visitare la grande
mostra allestita nel prestigioso palazzo, una delle
quattro meraviglie di Roma. Il Palazzo, voluto nel
1517 da Alessandro Farnese, eletto papa nel 1534
col nome di Paolo III, venne iniziato da Antonio da
Sangallo il Giovane e continuato da Michelangelo,
con la loggia a tre arcate del Vignola, e da Giacomo
della Porta. La mostra “Palazzo Farnese – Dalle collezioni rinascimentali ad Ambasciata di Francia”,
rievoca gli splendori di una corte ricca e colta,
attraversata dalle storie incrociate di pontefici,
cardinali, re, artisti. Duecento i pezzi esposti provenienti da Napoli, Parma, Piacenza, Firenze, Parigi,
Roma, Madrid, Londra, Budapest e Stati Uniti.
L’ambasciatore francese in Italia Jean Marc de La
Sablière ha voluto aggiungere un museo all’ambasciata e creare un luogo segnato dalla rapida ascesa
dei Farnese.
Il 13 ed 14 aprile si è svolto un viaggio di studio
che ha interessato Forlì, Modena e Sassuolo. A Forlì
i soci hanno visitato, accompagnati da una esperta
guida, la mostra sul Melozzo, “L’Umana Bellezza
tra Piero della Francesca e Raffaello”, ospitata nei
Musei San Domenico.
Forlì celebra così il suo artista più famoso e, per
documentarne lo straordinario percorso, la mostra
unisce alle sue opere alcuni capolavori di artisti
che avvicinò nel corso della formazione, da Andrea
Mantegna a Piero della Francesca, a Bramante a
Pedro Berruguete. Elemento significativo ed importante della Mostra è il grande affresco staccato
raffigurante papa Sisto IV, in atto di nominare
il famoso umanista Bartolomeo Platina, Prefetto
della Biblioteca Apostolica. Questo capolavoro di
Melozzo è uscito, per la prima volta, dai Musei
Vaticani.
Una mostra emozionante, dunque, un incontro
con un artista che ha rappresentato l’arte italiana
con la magia del suo segno. Inoltre, i soci hanno
visitato l’abbazia romanica di San Mercuriale
(XII – XIII sec.), situata nel centro di Forlì, con la
chiesa a tre navate fiancheggiata dal bel campanile a pianta quadrata, alto oltre settanta metri,
simile a quello di San Marco a Venezia, crollato
nel 1092 e per questo motivo preso a modello per
la sua ricostruzione. A Modena è stata dedicata
particolare attenzione alla Cattedrale, il più insigne
monumento della città, capolavoro dell’architettura
romanica del maestro Wiligelmo e alla Galleria
Estense, mentre a Sassuolo, ultima tappa del tour,
si è visitato il Palazzo Ducale, esempio di residenza
di corte barocca, frutto della trasformazione di una
rocca quattrocentesca. Il progetto fu affidato dal
duca Francesco I d’Este all’architetto Bartolomeo
Avanzino che, inglobando il preesistente castello,
realizzò un palazzo monumentale, impreziosito
dal pittore francese Jean Boulanger ed anche da
numerosi artisti italiani quali Giacomo Monti,
Pier Francesco Cittadini, Michelangelo Colonna,
Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino e
Baldassarre Bianchi.
Un breve ma intenso viaggio, attratti dalla storia e
dalle leggende nel favoloso Montenegro, si è svolto
tra il 13 ed il 16 maggio.
I soci hanno visitato: Budva, città che ha conservato il suo aspetto medievale, fondata, secondo la leggenda in tempi lontani, da Cadmeo ed
Arneronia che erano alla ricerca della principessa
fenicia Europa, rapita da Zeus; Cetinje, la storica
capitale del Montenegro, fondata nel 1482 da
Ivan Crnojevic, ultimo sovrano del potente stato
medioevale di Zeta, circondata da colline di pietra,
bastioni naturali utilizzate a sua difesa: interessante
è stata la visita al Palazzo Reale, che ha sollecitato
ATTIVITà DEllE SEZIONI
29
Le fortificazioni veneziane di
Cattaro, lambite dal mare: si
notino, sul lato del bastione
in fondo, le due cannoniere,
dall’originale configurazione,
per il tiro fiancheggiante.
memorie, ed al monastero; Rivat, la più moderna
città del Montenegro, situata fra la penisola di
Krmac e il monte Krtola; le Bocche di Cattaro, il
fiordo più meridionale d’Europa, lungo il quale
sono antiche città, palazzi medioevali e barocchi,
veri tesori dell’arte e della cultura; poi Perast, che
si presenta come uno degli esempi più significativi
dell’architettura barocca sulla sponda adriatica;
Kotor (Cottaro) è un antico centro costiero, dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, il centro
storico entro le mura, conserva il Palazzo Ducale,
l’antica “Turris torturae”, detta anche la “Torre
dell’orologio” e il teatro (XIV sec.); Svevi- Stefan,
piccola cittadina medievale su un isolotto sassoso,
unito alla terra ferma da uno stretto braccio di sabbia; HercegNovi, città marinara, dove gli artisti, tra
i quali il premio Nobel Ivo Andric, si sono ispirati
nella sua luce e nella sua bellezza. La città è situata
tra il monte Orijen e la Bocche di Cottaro, fondata
nel 1382 dal re bosniaco Tvirko I come avamposto
sul mare del suo regno continentale e dominata dai
veneziani, dai turchi, dagli austriaci e dagli spagnoli, ha un centro storico importante; Dubrovnik, città
monumento, sede della potente Repubblica, per più
di quattro secoli, con il centro storico protetto verso
terra e verso il mare da una spettacolare cerchia di
mura iniziata nel 1296 da i Veneziani.
In occasione delle “Giornate Nazionali dei Castelli il
29 maggio si è svolta una visita alla Rocca Maggiore
di Assisi, accompagnati dalla dott. Francesca Natali.
La Rocca, che si innesta in alto nel ritmo grandioso
delle montagne e domina dalla sommità dello sperone il suggestivo paesaggio, fu già roccaforte della
cittadella fin dal XII secolo e venne ampliata e fortificata dal cardinale Egidio Albornoz nel 1367. La
forma è trapezoidale e animata da torrioni, al centro
c’è il mastio che ingloba un corpo quadrangolare.
Nell’interno sono visibili i grandi cortili, i camminamenti e i diversi ambienti adibiti a varie funzioni.
Igea Frezza Federici
Particolare delle fortificazioni
di Kotor, con un grande torrione circolare: il tratto scarpato,
che misura circa due terzi
dell’altezza complessiva,
appare delimitato, rispetto
alla residua parte superiore
verticale, dalla consueta cornice torica.
30
RECENSIONE
RECENSIONI
LUIGI MAGLIO (a cura di) - Difese e sviluppo
urbanistico di Napoli in età vicereale. Quaderni
dell’istituto Italiano dei Castelli – sezione
Campania, n. 3.
>
Un progetto di cittadella
napoletana inblobante
Castel S. Elmo e la collina
di Pizzofalcone (Madrid,
Biblioteca del Real Palacio).
Una continuità storico-urbanistica tesa a
riannodare gli avvenimenti del passato alla
progettualità del futuro, modulandoli in una
riflessione stratificata, appare la direttiva ispiratrice del terzo quaderno di “Architettura Fortificata
in Campania” che sistematizza i contributi scaturiti dalla Giornata di Studio sulle Difese e sviluppo
urbanistico di Napoli in età vicereale, tenutasi
al Palazzo reale di Napoli il 6 giugno 2007. La
tavola rotonda, promossa dall’Istituto Italiano
dei Castelli, dalla Soprintendenza BAPSAE di
Napoli e dall’Università Federico II, ha costituito
un momento di importante focalizzazione delle
tematiche connesse al potenziamento del sistema
difensivo nei secoli XVI e XVII; e, all’insegna del
principio basilare dell’Istituto Italiano dei Castelli
conoscere per conservare e fruire – secondo
quanto sottolineato da Rosa Carafa, coordinatrice
dell’evento – si sono confrontati diversi studiosi
della materia, fornendo una puntuale disamina
delle trasformazioni del tessuto urbano.
Gli atti, arricchiti da un apparato iconografico di
grande interesse, appaiono – come suggerisce il
Soprintendente Stefano Gizzi nella prefazione da
lui curata – una sorta di riscatto conoscitivo delle
strutture militari cittadine: una costante politica
di aggressione alle testimonianze del passato – di
volta in volta concretatasi in alterazioni di queste
architetture tramite superfetazioni, demolizioni
e dissennati isolamenti –, perpetuatasi sino alle
attuali quanto discutibili scelte dell’Amministrazione locale, risulta controbilanciata proprio dai
chiari intenti documentari e di studio sottesi al
quaderno.
Nel saggio di apertura, La trasformazione del
fronte a mare nel piano del viceré Toledo: le nuove
fortificazioni marittime ed il potenziamento delle
difese del recinto di Castel Nuovo e del porto,
Teresa Colletta esamina il rafforzamento difensivo approfondendone la configurazione definita
per il fronte a mare della capitale, dal Carmine
RECENSIONI
a Castel dell’Ovo, incentrata sull’edificazione di
mura bastionate, l’ampliamento del recinto di Castel
Nuovo e l’apertura di nuove porte urbane.
I Progetti di potenziamento delle fortificazioni
napoletane dopo gli interventi di Pedro de Toledo
sono illustrati da Maria Raffaela Pessolano che,
basandosi su un’accurata ricerca archivistica, illustra le proposte avanzate da tecnici e militari, con
una particolare attenzione all’area orientale e al
rapporto tra Castel Sant’Elmo e Castel Nuovo; l’intervento si conclude con l’analisi del cuartel, quella
«parte mejor de la ciudad» che si estendeva dalle
pendici di San Martino verso il mare, destinata ai
privilegiati insediamenti – militari, direttivi, amministrativi – degli Spagnoli.
Paolo Mascilli Migliorini riallacciandosi ai precedenti contributi integra il dibattito sulle sistemazioni
vicereali mediante un’articolata esposizione basata
sugli elementi emersi nel corso di recenti scavi; nei
Temi materiali per l’area del porto, Palazzo reale e
di Castel Nuovo alla metà del secolo XVI, espone
dunque il complesso gioco di rinterri e livellamenti
alla base del programma edilizio dell’epoca, soffermandosi sul progetto di Domenico Fontana per il
nuovo Palazzo reale e analizzandone i nessi con le
circostanti emergenze a carattere militare e urbano.
Le Caratteristiche difensive dei castelli napoletani
in età vicereale sono scandagliate da Luigi Maglio
attraverso un’analisi che lega inestricabilmente le
trasformazioni architettoniche a quelle dell’artiglieria: riduzione dell’altezza delle torri, ispessimento
delle cortine murarie e delle scarpe, introduzione
dei merloni rappresentano alcuni aspetti di questo
fenomeno nel periodo in esame.
L’indagine sui castelli, sorretta da una puntuale
nomenclatura tecnica, è fondata sul presupposto
della necessità, in senso lato, di una lettura in
termini militari di tali opere per una loro adeguata
comprensione e successiva tutela e valorizzazione. Il testo di Enrico Guglielmo rappresenta una
variazione geografica e contenutistica rispetto ai
precedenti studi: Il castello aragonese di Baia. Da
residenza romana a fortificazione e da Orfanotrofio
militare a Museo archeologico dei Campi Flegrei,
ripercorre le vicende costruttive dell’emergenza,
riallacciandole al presente mediante la presentazione dell’attuale sistemazione museale, di cui l’autore
è stato progettista e direttore dei lavori.
Nel saggio conclusivo, Una difesa mobile per la
città capitale: la squadra navale napoletana nell’età vicereale, Giovanni Muto presenta un vivido
quadro dell’organizzazione della flotta delle galere, cui era demandata la fondamentale protezione
della capitale da minacce provenienti dal mare;
elementi di una dinamica strutturazione difensiva,
esse si spostavano incessantemente alla ricerca di
nemici, seguendo le indicazioni degli informatori
del regno.
Daniela Petrone
AVVISO IMPORTANTE
DESTINAZIONE DEL 5 ‰ IN SEDE DI DICHIARAZIONE DEI
REDDITI.
La legge 23.12. 2005 n° 266, art.1 comma 33 (finanziaria 2006), permette la destinazione di una quota pari
al 5 ‰ del’IRPEF in favore delle ONLUS che abbiano
finalità non lucrative di utilità sociale.
L’Istituto Italiano dei Castelli è riconosciuto di diritto
quale ONLUS operante nelle suddette attività per la
salvaguardia del patrimonio nazionale.
Invitiamo pertanto i nostri soci a non dimenticarsi, in
sede di dichiarazione dei redditi (Mod. 730 - Mod.
Unico) di apporre la propria firma in uno degli appositi
riquadri previsti per la destinazione del contributo, indicando altresì il codice fiscale: 80444610580.
La suddetta scelta di destinazione del 5‰ all’Istituto
Italiano dei Castelli non è in nessun modo alternativa a
quella dell’8‰ destinata alle istituzioni religiose.
DEDUCIBILITA’ DELLE EROGAZIONI LIBERALI IN FAVORE
DELL’ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI.
ll DL 35/2005 - Legge 80/2005 ha ulteriormente ampliato le agevolazioni a favore di persone fisiche e giuridiche che erogano liberalità in favore delle ONLUS.
Ricordiamo pertanto ai soci che le loro contribuzioni in
favore dell’Istituto Italiano dei Castelli (escluse le quote
sociali), documentate da movimentii bancari o postali,
possono ora essere dedotte nella misura massima del
10% del proprio reddito imponibile, fino ad un limite di
euro 70.000.
31
La ‘dorsale difensiva’ di Napoli
estesa da Castel Sant’Elmo
a Castel dell’Ovo nel disegno
di F. Cassiano de Silva (1700
circa). Vienna KriegsArchiv.
Castello di Rocchetta S. Antonio (Fg)
p
g
CASTELLUM
51
>
p
PER VEDERE E ORDINARE
LE NOSTRE PUBBLICAZIONI
L’Istituto Italiano dei Castelli pubblica, oltre ai due periodici “Cronache Castellane” e “Castellum”, molti
libri e studi di argomento castellano, organizzati o nella collana di pubblicazioni monografiche “Castella” o
nelle varie collane di pubblicazioni curate dalle sezioni, come la rivista “Castella Marchiae” o i “Quaderni
di architettura fortificata” della sezione Campania.
Per avere l’elenco completo delle pubblicazioni si veda il sito web dell’Istituto, all’indirizzo
http://www.castit.it/frame.html, alla voce “pubblicazioni”. Le pubblicazioni possono anche essere
richieste alla Segreteria Generale dell’Istituto, in via Borgese 14, 20154 Milano, tel. 02 347237, indirizzo
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RIVISTA DELL
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51 - DICEMBR ANO DEI CASTELLI
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ROMA - CASTE
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