COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA DAI GIARDINI NAPOLETANI ALL’ORTO DEL RE di Paolo De Luca 9 NAPOLI: ANTICHI GIARDINI ALL’OMBRA DELLE MURA di Luigi Picone 11 SUI CLXIV DISEGNI BOTANICI DELL’800 NAPOLETANO di Bruno Menale 13 LA CITTÀ, IL GIARDINO E IL DISSIDIO TRA NATURA E CULTURA di Sergio Brancato 15 L'ACQUEDOTTO DEL CARMIGNANO di Gianluca Minin 17 PIANTE E ANIMALI: UN VALIDO BINOMIO PER UN SAPERE UNITARIO di Giuseppe Borzacchiello 19 Nel ‘700 fiorirono a Napoli importanti giardini privati che furono la base per la costruzione del Real Orto Botanico di Michele Tenore Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo www.comeallacorte.unina.it Paolo De Luca, nato a Napoli nel 1944, è Professore ordinario di Botanica all’Università degli Studi di Napoli Federico II dal 1981; dirige l’Orto Botanico dallo stesso anno. Insegna ininterrottamente Botanica dal 1971, oltre a varie altre discipline di biologia vegetale, anche in altre Università. L’attività di ricerca del prof. De Luca ha riguardato principalmente le Cycadales, gimnosperme primitive tropicali, veri e propri fossili viventi. Nell’ultimo trentennio il Prof. De Luca ha organizzato e preso parte a numerose spedizioni di raccolta di queste piante in America, Asia, Africa, Australia, coinvolgendo molte Istituzioni straniere. Le spedizioni hanno arricchito le collezioni dell’Orto Botanico e dato impulso a importanti studi i cui risultati sono stati pubblicati sulle maggiori riviste botaniche internazionali. Ha descritto varie nuove specie di Cycadales, ha contribuito alla conoscenza dell’ecologia, della biologia riproduttiva e del metabolismo di queste piante. Come riconoscimento di una vita dedicata alle Cycadales gli è stata dedicata da botanici stranieri una nuova specie, Encephalartos delucanus. Il Prof. De Luca si è inoltre occupato di alghe termo acidofile di Europa, America e Asia, studiandone la sistematica, l’evoluzione molecolare e l’ecologia, e scoprendone inoltre due nuovi generi, di azoto fissazione in batteri simbionti di vegetali e di aspetti botanici delle piante da droga. Negli ultimi il prof. De Luca si è dedicato alla sistematica molecolare di vari gruppi di alghe, muschi, gimnosperme, angiosperme. Ha cominciato a dirigere l’Orto botanico di Napoli subito dopo il catastrofico sisma dell’80 che ne aveva gravemente danneggiato la struttura e l’ha portato in un trentennio a posizione di primo piano in Europa. Ha ideato e contribuito a creare un museo di paleobotanica ed un museo di etnobotanica, che conserva manufatti di origine vegetale provenienti soprattutto da Messico, Amazzonia, arcipelago della Sonda e Filippine. Nel corso della sua direzione sono state restaurate le serre e ne sono state costruite di nuove, sono state organizzate numerosissime aree a tema (per esempio, le piante di spiaggia, quelle di torbiera, le piante del deserto, quelle descritte nella Bibbia), ma, soprattutto, l’Orto Botanico è stato aperto agli studenti delle scuole e a numerosissime manifestazioni culturali. COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re DAI GIARDINI NAPOLETANI ALL’ORTO DEL RE Ricciardi, nota figura d’intellettuale antiborbo- Paolo De Luca Corso nico. La villa di Ricciardi, situata presso l’attuale Europa, fu sede d’incontri tra gli intellettuali napoletani; il suo giardino si arricchì Professore di Botanica Università degli Studi di Napoli Federico II di numerosissime piante esotiche provenienti da tutti i continenti. Dallo sviluppo di questi giardini maturò l’idea di fondare un Orto botanico: nel 1804 ne La fondazione di fu istituito uno provvisorio in uno dei cortili del Napoli, avvenuta nel 1807, fu preceduta nel ‘700 complesso di Monteoliveto, diretto da Vincenzo da un fiorire di giardini privati che raggiunsero Petagna. un notevole livello scientifico e che furono trasferite nell’Orto botanico di via Foria che fu frequentati, ideato, programmato e diretto per cinquanta per i dell’Orto loro studi, botanico dai maggiori botanici del periodo. Nel 1810 queste piante furono anni da Michele Tenore. Questi organizzò l’Orto Il primo di questi giardini fu quello di botanico distribuendo le piante secondo i canoni Pietrantonio Sanseverino di Bisignano, creato impostati da Carlo Linneo ed incrementò le nella villa di Barra, acquistata nel 1765 dal collezioni vegetali acquistando nuovi esemplari mercante Gaspare Roomer: il giardino, curato e e, studiato dal si arrivavano a Napoli provenienti da raccolte arricchì di esotiche, effettuate durante spedizioni geografiche in varie provenienti in maggior parte da acquisti fatti da parti del mondo. Egli istituì numerose nuove mercanti olandesi. specie su piante italiane ed esotiche e curò la botanico Vincenzo numerosissime Petagna, piante Pregevole fu il giardino di Domenico Cirillo, distrutto nel 1799 dalla plebe mandata dai Borbone Partenopea; alla esso caduta fu sede della di Repubblica una preziosa Saverio Poli, studioso dai molteplici interessi culturali, precettore del principe Francesco di Borbone; non sono note le piante di questo giardino poiché nessun botanico le ha riportate, probabilmente non condividendo i sentimenti filoborbonici del Poli. che illustrazioni, ancora oggi utilizzata per la conoscenza delle piante dell’Italia meridionale. il 1860, con l’Unità d’Italia, cominciò il declino dell’Orto botanico, che smise di essere il Giardino Reale della capitale; questo nonostante la sua direzione fosse di volta in volta affidata a botanici di ottimo livello scientifico e umano: le collezioni botaniche cominciarono a decadere così come peggiorarono le strutture didattiche e di ricerca. Un colpo terribile fu dato alla struttura nel 1944, Infine di particolare pregio fu l’Hortus del semi composta di sei volumi di testo e due di Dopo Molto rinomato fu il giardino di Giuseppe utilizzando preparazione della Flora napolitana, vasta opera collezione di piante indigene ed esotiche. Camaldulensis, principalmente, conte Francesco Antonio quando questa fu occupata dalle truppe alleate che arrecarono gravissimi danni alle collezioni di Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 9 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re piante e alle strutture. Successivamente la trici, alle fogne. Sono state rinnovate le serre e situazione peggiorò con gli anni di abbandono ne sono state create di nuove; sono stati ricreati fino a quando, a metà degli anni ’60 il nuovo ambienti vegetali e sono state incrementate direttore, Aldo Merola, con impegno, passione e tutte le collezioni di piante impostate secondo dedizione iniziò un’opera di recupero. Gli fu criteri ecologici, sistematici e applicativi; è stata vicino il Prof. Luigi Califano, Preside della Facoltà creata di Medicina e Chirurgia e Accademico dei Lincei; rinnovata la sede nell’edificio chiamato Castello, egli, alla sua morte, lasciò all’Orto botanico una con la creazione di un museo di Paleobotanica ed vasta e ricchissima collezione di piante esotiche, Etnobotanica e con l’organizzazione di uffici, ancora oggi vanto della nostra struttura. biblioteca, officine e spogliatoi. Nel 1981 assunsi la direzione dell’Orto un’area La più per non viva vedenti. speranza è È che stata l’Orto botanico che, inaspettatamente, è durata sino botanico, ad oggi. In questo lungo periodo sono state possa continuare a crescere e a essere utilizzato ricostruite tutte le strutture, dai muri di cinta, da studiosi, studenti e da un pubblico sempre alle aiuole, ai viali, agli impianti idraulici ed elet- più vasto e interessato. superata l’attuale crisi economica, Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 10 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re NAPOLI: ANTICHI GIARDINI ALL’OMBRA DELLE MURA scalinate che collegano i dislivelli, ninfei e specie Luigi Picone naturale una sorta di immobilità. Purtroppo, la arboree sempreverdi conferiscono al contesto progressiva saturazione degli spazi liberi ha Professore di Architettura del paesaggio Università degli Studi di Napoli Federico II comportato la graduale eliminazione dei grandi giardini, per cui i pochi esempi ancora esistenti assumono il valore di eccezionale documento Il sistema dei giardini nella città di Napoli antica fa parte di un unicum che ha da sempre costituito uno degli elementi fondativi del rapporto tra il tipo architettonico e la morfologia urbana, sia nel centro antico, dove il giardino struttura l’organizzazione interna delle insulae e si connota per il carattere di hortus conclusus, luogo di piacere e di contemplazione della natura, lontano dai rumori della città, sia come luogo spaziale tra il manufatto architettonico e la città rafforzando il rapporto tra architettura e natura. Il giardino è anche un “luogo culturale” della città di Napoli, presente nella letteratura antica e moderna, nella pittura, nelle arti applicate e ricorre come carattere specifico della città nelle più antiche descrizioni. Che giardini e ville fossero esistiti a Napoli e nei suoi dintorni fin dall’epoca greco-romana, è accertato dalle testimonianze trascurato storiche. nelle più Né il auliche giardino residenze fu del medioevo. È certo che il Palazzo di Pier delle Vigne aveva un giardino di notevole ampiezza e che di ricchi giardini erano circondati gli “ospizi” dei figli del re, presso Castelnuovo. Dalla città medioevale a quella rinascimentale, il giardino diventa sempre più ricco di elementi di storico. Tra i numerosi esempi si ricordano alcuni complessi di proprietà pubblica tra cui quello di San Marcellino. Di questo patrimonio culturale rimangono ancora preziose testimonianze di pregevoli giardini con alberi che spesso emergono con alte chiome dai muri di cinta di antichi conventi. Si possono citare, tra gli altri, i conventi di Santa Maria la Nova, Sant’Andrea delle Dame, San Marcellino, Monteoliveto. Ma, alcuni giardini ancora oggi presentano eccezionali valori storico-monumentali. Ne è di esempio l’imponente cittadella francescana di Santa Chiara, il più bel complesso conventuale della città antica. A ridosso della grande chiesa di Santa Chiara si trovano i due conventi distinti dei Frati Minori e delle Clarisse, aperti su vasti chiostri che, mentre chiudono due lati della chiesa, valorizzano orizzontale lo con slancio il delle loro andamento ampie superfici verticali. Anche i complessi dei Girolomini e quello di San Giuseppe dei Ruffi sono arricchiti da giardini che ricordano gli antichi impianti arborei. E così il giardino di San Gregorio Armeno, più piccolo, è arricchito da elementi decorativi di storica memoria. Oggi, racchiusi all’interno di antiche architettura che lo impreziosiscono, relazionan- insulae conventuali, nascosti da alte mura e dolo a palazzi e conventi. Esso diventa parte lunghi edifici a loro adiacenti, i chiostri dei integrante elemento compressi religiosi proteggono il loro mistico indispensabile per lo sviluppo del progetto: silenzio e il verde dei loro giardini. Questi luoghi dell’architettura ed Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 11 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re ispirarono un le sue bianche celle e il suo chiostro, che ha nel scrivendo mezzo un recinto d’aranci e limoni, e fuori, il “quando mi sorprendo a sognare, sapete quale tumulto della vita festosa e superba che batte aspirazione trovo nel fondo della mia anima, invano alle sue alte muraglie”. (G. Castellano, qual’è l’immagine nella quale essa si bagna e ri- Benedetto Croce, il filosofo, il critico, lo storico, posa? Un convento seicentesco napoletano con Bari, 1967, pag. 86) malinconico Benedetto ma Croce intimo a lasciare desiderio Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 12 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re SUI CLXIV DISEGNI BOTANICI DELL’800 NAPOLETANO germinazione Bruno Menale piante in modo rigoroso; le tavole realizzate da dei semi giunti nell’Orto partenopeo, illustratori botanici raffiguravano le questi Ricercatore di Botanica Università degli Studi di Napoli Federico II disegnatori testimonianze delle costituiscono importanti caratteristiche botaniche delle entità introdotte, in particolare di quelle che, non riuscendo ad adattarsi al clima partenopeo, morivano nel corso dei primi anni di Nella cassaforte della Biblioteca dell’Orto vita. Botanico di Napoli sono custoditi 164 disegni Alcuni disegni riproducono specie realizzati nel XIX secolo da illustratori botanici e esotiche descritte per la prima volta da studiosi raffiguranti piante coltivate in quel periodo nel che operarono a Napoli nel XIX secolo. Infatti, se Giardino partenopeo. Tali lo studio dei caratteri morfologici delle piante recentemente, disegni, pubblicati costituiscono valida introdotte non consentiva la loro attribuzione ad testimonianza del livello raggiunto a Napoli nel alcuna specie nota, per tali vegetali veniva XIX secolo dall’illustrazione botanica “dal vero”. istituita un’entità nuova per la scienza. Tra le Quest’ultima aveva avuto come primo esponente specie raffigurate in queste tavole e descritte per di rilievo Domenico Cirillo, medico di corte sotto la prima volta da botanici afferenti all’Orto Ferdinando IV di Borbone, padre della moderna partenopeo Botanica illustratore volkameriana Pasq., Eucalyptus camaldulensis scientifico; fino al 1799, anno in cui fu giustiziato Dehnh., Severinia buxifolia Ten. e Taxodium per aver aderito alla Repubblica partenopea, egli mucronatum Ten. Molti disegni furono realizzati diede numerose prove dell’abilità e del rigore da Achille Bracco e Federico Dehnhardt, due con cui riproduceva specie vegetali ed animali. allievi partenopea Nel XIX e secolo, una valente sulla scia di Cirillo operarono a Napoli vari illustratori botanici, ad alcuni dei quali si devono i disegni riprodotti nelle tavole qui pubblicate. In queste ultime sono per lo più raffigurate piante originarie di regioni extraeuropee, giungevano negli Orti nate da Botanici semi del che Vecchio Continente, tra cui l’Orto di Napoli che nel XIX secolo ha rappresentato una delle più importanti istituzioni europee in cui specie esotiche erano acclimatate, studiate, riprodotte o moltiplicate e di sono G. da Lettieri, ricordare l’autore delle Citrus tavole riproducenti le specie spontanee del Regno di Napoli e corredanti la Flora Napolitana di Michele Tenore. In particolare, il Dehnhardt non fu solo un valido disegnatore, ma costituì una figura di spicco della Botanica napoletana dell’800: primo capo-giardiniere dell’Orto napoletano, conoscitore di specie esotiche, fu anche un esperto dei criteri del giardino all’inglese, che applicò ai più importanti parchi e giardini partenopei. Federico Dehnhardt trasmise la sua sovente diffuse in parchi e giardini. Durante la passione per il disegno naturalistico al figlio fase di acclimatazione, che faceva seguito alla Alfredo, al quale si deve la realizzazione di Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 13 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re alcune tavole incluse nell’opera pubblicata di altri recente. Quest’ultima presenta anche disegni di Valletta, ed è completata da tavole anonime. illustratori come Calyo, De Angelis Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 14 e COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re LA CITTÀ, IL GIARDINO E IL DISSIDIO TRA NATURA E CULTURA l’uomo civilizzato e le sue origini animali. La Sergio Brancato tempo, incamerando ideologie e conflitti: basti dimensione estetica del giardino si evolve nel pensare alla riflessione di Jurij Lotman su Tasso, Professore di Sociologia della comunicazione Università degli Studi di Salerno alla dicotomia individuata dallo studioso russo tra la razionale organizzazione dello spazio di Gerusalemme – la città organizzata e resa Quando nasce l’istanza del giardino? Quando viene concepita la sottomissione formale della natura che si configura in un’idea di bellezza? I reperti che ci informano sull’esistenza dei giardini nell’antichità sono molti, risalenti almeno al secondo millennio precristiano. Egizi e persiani coltivano l’arte del giardinaggio, parente ma non coincidente alle tecniche dell’agricoltura, dando vita a veri e propri miti come i giardini di Babilonia, una delle meraviglie del mondo stabile dalle geometrie di pietra che la edificano – e la selva oscura, selvaggia e “disordinata” che la circonda, per molti versi minacciandone la qualità ordinativa dell’esistenza, l’adesione a quella nuova “grammatica del potere” nata – come sosteneva Giancarlo Mazzacurati – dalla grande cesura storica del Concilio di Trento. Con la stigmatizzazione di quella selva nasce, per molti versi, la struttura “retorica” della città moderna. antico. Tuttavia, queste testimonianze non sono Perché proprio la distanza, tipica della in grado, da sole, di illuminarci sui motivi che modernità, tra l’idea del giardino e lo spazio spingono l’uomo a questo peculiare rapporto originario della natura (la foresta in cui si origina culturale con la natura. Se il giardino presume l’umanità), l’esistenza della città, e dunque si connette alla immaginario costantemente giocato nello scisma rifondazione dello spazio che ha luogo con il tra Neolitico, lo scientifica alla base del giardino moderno viene istituisce non può che rinviare alla preistoria del esplicitata, nel film di Peter Greenaway I misteri Paleolitico superiore, quando – come sostiene del giardino di Compton House, dalla tecnica di Georges Bataille in uno splendido saggio del raffigurazione adottata dal paesaggista tardo- 1955 – nelle grotte di Lascaux alcuni uomini seicentesco per ritrarre in maniera assoluta- danno inizio hegelianamente al cammino della mente precisa, e dunque schematica, l’irriduci- specie grazie all’invenzione dell’arte. bilità organica del la dimensione visionaria che Dalle pitture rupestri di Lascaux alla simbolizzazione dello spazio antropico il passo è, se non breve, per lo meno coerente. In qualche misura, la nascita dell’arte è il presupposto ineludibile per quella del giardino e delle ci l’uomo e restituisce la natura i termini stessa. La di un visione mondo naturale, la sua inesausta complessità. D’altra parte, Greenaway ambienta la vicenda a cavallo tra la rivoluzione scientifica e la rivoluzione industriale, ovvero su quella faglia che determina l’avvento della società di massa. molteplici forme che esso assume nel corso della E giungiamo, così, all’ultimo capitolo di storia, dando corpo a uno spazio negoziale tra una lunga storia: il giardino come dispositivo Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 15 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re sanitario dell’uomo moderno, lo spazio privato (e messa in scena dal sapore teatrale che non può dunque del tutto artificiale) in cui il soggetto annichilire, tuttavia, l’esigenza di completezza moderno coltiva, oltre a fiori e piante, un’idea di che lo spazio del giardino riporta, simbolica- sé: un individuo che si confronta quotidiana- mente, nella ricchezza a tratti intollerabile della mente con la sfera della tecnica per poi rifugiarsi vita metropolitana. nella dolcezza del “contatto con la natura”. Una Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 16 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re L’ACQUEDOTTO DEL CARMIGNANO Alessandro Ciminelli decisero di costruire l'acquedotto partendo da 55 km dalla città di Gianluca Minin Napoli; la costruzione sarebbe stata a loro spese Direttore tecnico Ingeo s.r.l. Presidente associazione Borbonica Sotterranea fino al paese di Casalnuovo e, da qui, fino a Napoli a spese della città. Anche il guadagno, dovuto all’attività dei tre mulini presenti lungo il canale, sarebbe stato equamente diviso. L'acquedotto fu inaugurato nel maggio 1929, e quando l’eruzione del Vesuvio del 16 e 17 Quando mi ci sono trovato davanti, a dicembre 1631 distrusse un tronco di questo qualche centinaio di metri dalla sua origine, ero acquedotto, nel territorio di Nola, esso venne in un bosco tra dirupi carbonatici, nella valle del prontamente fiume Isclero, accompagnato da un cortese ed passare il percorso il più lontano possibile dal esperto tecnico del Comune di Sant'Agata dei vulcano, per il territorio di Acerra. L'acquedotto Goti. Dopo aver lasciato la macchina sul ciglio si presenta sotto forma di un canale fino a poco della strada, abbiamo camminato per qualche oltre minuto tra gli arbusti fino a quando il tecnico mi diventare un cunicolo fino a Napoli; l'acquedotto disse: "eccolo lì"... ed io ho visto un buco a passava sotto tutta Via Foria, alimentando, con terra, tra le foglie, coperto alla meno peggio da almeno un paio di tronchi di legno... nel buco ci ho scendere verso Via Toledo fino a portare le sue messo la testa è tra le ragnatele l'ho visto il acque fino alla zona di Monte di Dio. Lungo tutto Carmignano! La sorpresa è stata che l'acqua, il tratto in cunicolo furono realizzati numerosi dopo circa 400 anni, scorreva ancora all'interno pozzi-luce del cunicolo e lo faceva per circa 4 km, aiutando rapidamente il materiale cavato e per mantenere i contadini della zona ad irrigare i campi; ora, la direzione di scavo. L'acquedotto ha funzionato per uno come me che ne ha percorso i cunicoli al fino al 1884, anno in cui, in seguito all'ennesima di sotto della città di Napoli vederlo "vivo" mi ha epidemia di colera che colpi Napoli, si decise di lasciato senza parole e ricco di emozione...per chiudere tutti gli acquedotti in sotterraneo; nel capire l'origine dell'emozione bisogna tornare 1885 fu completato l'acquedotto in tubazione del indietro nel tempo, nella prima metà del 1600, Serino quando ampliamenti, porta l'acqua a Napoli. Tornando, la città dall'acquedotto di Napoli greco-romano è alimentata Licignano, due rami, per che vicino cercando Casalnuovo, l'Orto Botanico, consentire ancora oggi, di di farne per per portare con poi poi via successivi Bolla. quindi, a quello che ho visto a Sant’Agata dei città verso Goti è d'obbligo una riflessione; immaginate il della falda Ciminelli che a cavallo è partito da Napoli nei acquifera che alimentava l'acquedotto della Bolla primi anni del 1600 ed è arrivato fino nel crearono la necessità di trovare nuova acqua da beneventano cercando dell'acqua; immaginatelo portare a Napoli. Nel maggio 1627, Cesare in un bosco vicino al fiume Isclero dove anche Carmignano, patrizio napoletano e il matematico orientarsi è una cosa difficile; immaginatelo L'espansione urbanistica occidente gli e della abbassamenti della ricostruito, Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 17 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re quando ha deciso che si poteva deviare il corso malta idraulica impermeabile... e tutto questo in del 2 anni. fiume creando un acquedotto... e poi, quando senza GPS, teodoliti, ma con bussola e Ecco, questa è la sintetica storia di una superba livella, è riuscito a portare l'acqua a Napoli opera d’ingegneria idraulica poco conosciuta dai usando solo la pendenza; tutto questo scavando tanti, ma ammirata da quei pochi che hanno a mano per chilometri, prima nelle rocce dure avuto, ed hanno, la fortuna di gustarne i dettagli calcaree, poi nei depositi vulcanici sciolti e, camminandoci dentro a passi lenti, illuminando il quindi, nel tufo, rivestendo, infine, tutto tutto solo con la luce delle torce. con Acquedotto del Carmignano (tratto sotto Via Foria) Acquedotto del Carmignano ancora funzionante (Sant'Agata dei Goti) Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 18 COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dai Giardini napoletani all’orto del Re PIANTE E ANIMALI: UN VALIDO BINOMIO PER UN SAPERE UNITARIO Giuseppe Borzacchiello Professore di Oncologia Veterinaria Università degli Studi di Napoli Federico II Non c’è dubbio che la vita culturale di un popolo rispecchia la politica dei governanti del tempo. Il Regno di Napoli, con la seconda fuga dei Borboni in Sicilia nel 1806, passando nelle mani dei francesi Gioacchino Murat Giuseppe visse un Bonaparte e decennio di straordinaria modernità. Infatti, i due “napoleonidi” avviarono il riordinamento del regno puntando soprattutto sul rilancio cultura. E dell’istruzione proprio pubblica e all’Università, della come testimoniato da un Decreto del 31 ottobre 1806, fu chiesto di intrecciare l’impegno nella formazione con quello civile e sociale. Insomma, la grande forza liberale e riformatrice dei francesi diede un impulso notevole allo sviluppo dell’Università nella città di Napoli. Un’università concepita come luogo privilegiato dove educare le giovani menti a guardare verso orizzonti di modernità e dove il legame didattica pratica e ricerca fosse indissolubile. illuminato, trasferì, con decreto del 18 marzo 1815, la scuola di veterinaria nel convento annesso alla Chiesa di S. Maria degli Angeli alle Croci (alle spalle di Via Foria), in stretta vicinanza fisica con l’Orto Botanico. Un caso? Non direi. Infatti, in quello stesso decreto si legge che l’area a disposizione era destinata “… a uso per lo giardino delle piante, orto agrario e scuola di veterinaria”. Dunque, già allora in quelle menti illuminate si configurava un’idea di “polo” didattico scientifico integrato utile a È attraverso questa lente che possiamo favorire una formazione “unitaria”. Ed ecco la guardare la fondazione dell’Orto Botanico di vicinanza fisica ma anche culturale di due Napoli nel 1807 e il trasferimento della Reale prestigiosi Scuola Superiore di Medicina veterinaria in una modernità culturale che ancora oggi a distanza nuova sede. Infatti, Gioacchino Murat, monarca di tanti anni ereditiamo e che facciamo nostri. istituti scientifici. Elementi Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II 19 di