COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
OVVERO
PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA
DAI GIARDINI NAPOLETANI ALL’ORTO DEL RE
di Paolo De Luca
9
NAPOLI: ANTICHI GIARDINI ALL’OMBRA DELLE MURA
di Luigi Picone
11
SUI CLXIV DISEGNI BOTANICI DELL’800 NAPOLETANO
di Bruno Menale
13
LA CITTÀ, IL GIARDINO E IL DISSIDIO TRA NATURA E CULTURA
di Sergio Brancato
15
L'ACQUEDOTTO DEL CARMIGNANO
di Gianluca Minin
17
PIANTE E ANIMALI: UN VALIDO BINOMIO PER UN SAPERE UNITARIO
di Giuseppe Borzacchiello
19
Nel ‘700 fiorirono a Napoli importanti
giardini privati che furono la base per la costruzione del
Real Orto Botanico di Michele Tenore
Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo
www.comeallacorte.unina.it
Paolo De Luca, nato a Napoli nel 1944, è Professore
ordinario di Botanica all’Università degli Studi di
Napoli Federico II dal 1981; dirige l’Orto Botanico
dallo stesso anno.
Insegna ininterrottamente Botanica dal 1971, oltre a
varie altre discipline di biologia vegetale, anche in
altre Università.
L’attività di ricerca del prof. De Luca ha riguardato
principalmente le Cycadales, gimnosperme primitive
tropicali, veri e propri fossili viventi.
Nell’ultimo trentennio il Prof. De Luca ha organizzato
e preso parte a numerose spedizioni di raccolta di
queste piante in America, Asia, Africa, Australia,
coinvolgendo molte Istituzioni straniere.
Le spedizioni hanno arricchito le collezioni dell’Orto Botanico e dato impulso a importanti studi i
cui risultati sono stati pubblicati sulle maggiori riviste botaniche internazionali. Ha descritto
varie nuove specie di Cycadales, ha contribuito alla conoscenza dell’ecologia, della biologia
riproduttiva e del metabolismo di queste piante. Come riconoscimento di una vita dedicata alle
Cycadales gli è stata dedicata da botanici stranieri una nuova specie, Encephalartos delucanus.
Il Prof. De Luca si è inoltre occupato di alghe termo acidofile di Europa, America e Asia,
studiandone la sistematica, l’evoluzione molecolare e l’ecologia, e scoprendone inoltre due
nuovi generi, di azoto fissazione in batteri simbionti di vegetali e di aspetti botanici delle piante
da droga.
Negli ultimi il prof. De Luca si è dedicato alla sistematica molecolare di vari gruppi di alghe,
muschi, gimnosperme, angiosperme.
Ha cominciato a dirigere l’Orto botanico di Napoli subito dopo il catastrofico sisma dell’80 che
ne aveva gravemente danneggiato la struttura e l’ha portato in un trentennio a posizione di
primo piano in Europa. Ha ideato e contribuito a creare un museo di paleobotanica ed un
museo di etnobotanica, che conserva manufatti di origine vegetale provenienti soprattutto da
Messico, Amazzonia, arcipelago della Sonda e Filippine. Nel corso della sua direzione sono
state restaurate le serre e ne sono state costruite di nuove, sono state organizzate
numerosissime aree a tema (per esempio, le piante di spiaggia, quelle di torbiera, le piante del
deserto, quelle descritte nella Bibbia), ma, soprattutto, l’Orto Botanico è stato aperto agli
studenti delle scuole e a numerosissime manifestazioni culturali.
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
DAI GIARDINI NAPOLETANI
ALL’ORTO DEL RE
Ricciardi, nota figura d’intellettuale antiborbo-
Paolo De Luca
Corso
nico. La villa di Ricciardi, situata presso l’attuale
Europa,
fu
sede
d’incontri
tra
gli
intellettuali napoletani; il suo giardino si arricchì
Professore di Botanica
Università degli Studi di Napoli Federico II
di numerosissime piante esotiche provenienti da
tutti i continenti.
Dallo sviluppo di questi giardini maturò
l’idea di fondare un Orto botanico: nel 1804 ne
La
fondazione
di
fu istituito uno provvisorio in uno dei cortili del
Napoli, avvenuta nel 1807, fu preceduta nel ‘700
complesso di Monteoliveto, diretto da Vincenzo
da un fiorire di giardini privati che raggiunsero
Petagna.
un notevole livello scientifico e che furono
trasferite nell’Orto botanico di via Foria che fu
frequentati,
ideato, programmato e diretto per cinquanta
per
i
dell’Orto
loro
studi,
botanico
dai
maggiori
botanici del periodo.
Nel
1810
queste
piante
furono
anni da Michele Tenore. Questi organizzò l’Orto
Il primo di questi giardini fu quello di
botanico distribuendo le piante secondo i canoni
Pietrantonio Sanseverino di Bisignano, creato
impostati da Carlo Linneo ed incrementò le
nella villa di Barra, acquistata nel 1765 dal
collezioni vegetali acquistando nuovi esemplari
mercante Gaspare Roomer: il giardino, curato e
e,
studiato
dal
si
arrivavano a Napoli provenienti da raccolte
arricchì
di
esotiche,
effettuate durante spedizioni geografiche in varie
provenienti in maggior parte da acquisti fatti da
parti del mondo. Egli istituì numerose nuove
mercanti olandesi.
specie su piante italiane ed esotiche e curò la
botanico
Vincenzo
numerosissime
Petagna,
piante
Pregevole fu il giardino di Domenico
Cirillo, distrutto nel 1799 dalla plebe mandata
dai
Borbone
Partenopea;
alla
esso
caduta
fu
sede
della
di
Repubblica
una
preziosa
Saverio Poli, studioso dai molteplici interessi
culturali, precettore del principe Francesco di
Borbone; non sono note le piante di questo
giardino poiché nessun botanico le ha riportate,
probabilmente non condividendo i sentimenti
filoborbonici del Poli.
che
illustrazioni,
ancora
oggi
utilizzata
per
la
conoscenza delle piante dell’Italia meridionale.
il
1860,
con
l’Unità
d’Italia,
cominciò il declino dell’Orto botanico, che smise
di essere il Giardino Reale della capitale; questo
nonostante la sua direzione fosse di volta in
volta
affidata
a
botanici
di
ottimo
livello
scientifico e umano: le collezioni botaniche
cominciarono
a
decadere
così
come
peggiorarono le strutture didattiche e di ricerca.
Un colpo terribile fu dato alla struttura nel 1944,
Infine di particolare pregio fu l’Hortus
del
semi
composta di sei volumi di testo e due di
Dopo
Molto rinomato fu il giardino di Giuseppe
utilizzando
preparazione della Flora napolitana, vasta opera
collezione di piante indigene ed esotiche.
Camaldulensis,
principalmente,
conte
Francesco
Antonio
quando questa fu occupata dalle truppe alleate
che arrecarono gravissimi danni alle collezioni di
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa
Università degli Studi di Napoli Federico II
9
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
piante
e
alle
strutture.
Successivamente
la
trici, alle fogne. Sono state rinnovate le serre e
situazione peggiorò con gli anni di abbandono
ne sono state create di nuove; sono stati ricreati
fino a quando, a metà degli anni ’60 il nuovo
ambienti vegetali e sono state incrementate
direttore, Aldo Merola, con impegno, passione e
tutte le collezioni di piante impostate secondo
dedizione iniziò un’opera di recupero. Gli fu
criteri ecologici, sistematici e applicativi; è stata
vicino il Prof. Luigi Califano, Preside della Facoltà
creata
di Medicina e Chirurgia e Accademico dei Lincei;
rinnovata la sede nell’edificio chiamato Castello,
egli, alla sua morte, lasciò all’Orto botanico una
con la creazione di un museo di Paleobotanica ed
vasta e ricchissima collezione di piante esotiche,
Etnobotanica e con l’organizzazione di uffici,
ancora oggi vanto della nostra struttura.
biblioteca, officine e spogliatoi.
Nel 1981 assunsi la direzione dell’Orto
un’area
La
più
per
non
viva
vedenti.
speranza
è
È
che
stata
l’Orto
botanico che, inaspettatamente, è durata sino
botanico,
ad oggi. In questo lungo periodo sono state
possa continuare a crescere e a essere utilizzato
ricostruite tutte le strutture, dai muri di cinta,
da studiosi, studenti e da un pubblico sempre
alle aiuole, ai viali, agli impianti idraulici ed elet-
più vasto e interessato.
superata
l’attuale
crisi
economica,
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa
Università degli Studi di Napoli Federico II
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
NAPOLI: ANTICHI GIARDINI
ALL’OMBRA DELLE MURA
scalinate che collegano i dislivelli, ninfei e specie
Luigi Picone
naturale una sorta di immobilità. Purtroppo, la
arboree sempreverdi conferiscono al contesto
progressiva saturazione degli spazi liberi ha
Professore di Architettura del paesaggio
Università degli Studi di Napoli Federico II
comportato la graduale eliminazione dei grandi
giardini, per cui i pochi esempi ancora esistenti
assumono il valore di eccezionale documento
Il sistema dei giardini nella città di Napoli
antica fa parte di un unicum che ha da sempre
costituito
uno
degli
elementi
fondativi
del
rapporto tra il tipo architettonico e la morfologia
urbana, sia nel centro antico, dove il giardino
struttura l’organizzazione interna delle insulae e
si connota per il carattere di hortus conclusus,
luogo di piacere e di contemplazione della
natura, lontano dai rumori della città, sia come
luogo spaziale tra il manufatto architettonico e la
città rafforzando il rapporto tra architettura e
natura. Il giardino è anche un “luogo culturale”
della città di Napoli, presente nella letteratura
antica
e
moderna,
nella
pittura,
nelle
arti
applicate e ricorre come carattere specifico della
città nelle più antiche descrizioni. Che giardini e
ville fossero esistiti a Napoli e nei suoi dintorni
fin dall’epoca greco-romana, è accertato dalle
testimonianze
trascurato
storiche.
nelle
più
Né
il
auliche
giardino
residenze
fu
del
medioevo. È certo che il Palazzo di Pier delle
Vigne aveva un giardino di notevole ampiezza e
che di ricchi giardini erano circondati gli “ospizi”
dei figli del re, presso Castelnuovo. Dalla città
medioevale a quella rinascimentale, il giardino
diventa
sempre
più
ricco
di
elementi
di
storico. Tra i numerosi esempi si ricordano alcuni
complessi di proprietà pubblica tra cui quello di
San Marcellino. Di questo patrimonio culturale
rimangono ancora preziose testimonianze di
pregevoli
giardini
con
alberi
che
spesso
emergono con alte chiome dai muri di cinta di
antichi conventi. Si possono citare, tra gli altri, i
conventi di Santa Maria la Nova, Sant’Andrea
delle Dame, San Marcellino, Monteoliveto. Ma,
alcuni
giardini
ancora
oggi
presentano
eccezionali valori storico-monumentali. Ne è di
esempio l’imponente cittadella francescana di
Santa Chiara, il più bel complesso conventuale
della città antica. A ridosso della grande chiesa
di Santa Chiara si trovano i due conventi distinti
dei Frati Minori e delle Clarisse, aperti su vasti
chiostri che, mentre chiudono due lati della
chiesa,
valorizzano
orizzontale
lo
con
slancio
il
delle
loro
andamento
ampie
superfici
verticali. Anche i complessi dei Girolomini e
quello di San Giuseppe dei Ruffi sono arricchiti
da giardini che ricordano gli antichi impianti
arborei. E così il giardino di San Gregorio
Armeno, più piccolo, è arricchito da elementi
decorativi di storica memoria.
Oggi,
racchiusi
all’interno
di
antiche
architettura che lo impreziosiscono, relazionan-
insulae conventuali, nascosti da alte mura e
dolo a palazzi e conventi. Esso diventa parte
lunghi edifici a loro adiacenti, i chiostri dei
integrante
elemento
compressi religiosi proteggono il loro mistico
indispensabile per lo sviluppo del progetto:
silenzio e il verde dei loro giardini. Questi luoghi
dell’architettura
ed
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa
Università degli Studi di Napoli Federico II
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
ispirarono
un
le sue bianche celle e il suo chiostro, che ha nel
scrivendo
mezzo un recinto d’aranci e limoni, e fuori, il
“quando mi sorprendo a sognare, sapete quale
tumulto della vita festosa e superba che batte
aspirazione trovo nel fondo della mia anima,
invano alle sue alte muraglie”. (G. Castellano,
qual’è l’immagine nella quale essa si bagna e ri-
Benedetto Croce, il filosofo, il critico, lo storico,
posa? Un convento seicentesco napoletano con
Bari, 1967, pag. 86)
malinconico
Benedetto
ma
Croce
intimo
a
lasciare
desiderio
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Università degli Studi di Napoli Federico II
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
SUI CLXIV DISEGNI BOTANICI
DELL’800 NAPOLETANO
germinazione
Bruno Menale
piante in modo rigoroso; le tavole realizzate da
dei
semi
giunti
nell’Orto
partenopeo, illustratori botanici raffiguravano le
questi
Ricercatore di Botanica
Università degli Studi di Napoli Federico II
disegnatori
testimonianze
delle
costituiscono
importanti
caratteristiche
botaniche
delle entità introdotte, in particolare di quelle
che,
non
riuscendo
ad
adattarsi
al
clima
partenopeo, morivano nel corso dei primi anni di
Nella cassaforte della Biblioteca dell’Orto
vita.
Botanico di Napoli sono custoditi 164 disegni
Alcuni
disegni
riproducono
specie
realizzati nel XIX secolo da illustratori botanici e
esotiche descritte per la prima volta da studiosi
raffiguranti piante coltivate in quel periodo nel
che operarono a Napoli nel XIX secolo. Infatti, se
Giardino partenopeo. Tali
lo studio dei caratteri morfologici delle piante
recentemente,
disegni, pubblicati
costituiscono
valida
introdotte non consentiva la loro attribuzione ad
testimonianza del livello raggiunto a Napoli nel
alcuna specie nota, per tali vegetali veniva
XIX secolo dall’illustrazione botanica “dal vero”.
istituita un’entità nuova per la scienza. Tra le
Quest’ultima aveva avuto come primo esponente
specie raffigurate in queste tavole e descritte per
di rilievo Domenico Cirillo, medico di corte sotto
la prima volta da botanici afferenti all’Orto
Ferdinando IV di Borbone, padre della moderna
partenopeo
Botanica
illustratore
volkameriana Pasq., Eucalyptus camaldulensis
scientifico; fino al 1799, anno in cui fu giustiziato
Dehnh., Severinia buxifolia Ten. e Taxodium
per aver aderito alla Repubblica partenopea, egli
mucronatum Ten. Molti disegni furono realizzati
diede numerose prove dell’abilità e del rigore
da Achille Bracco e Federico Dehnhardt, due
con cui riproduceva specie vegetali ed animali.
allievi
partenopea
Nel
XIX
e
secolo,
una
valente
sulla scia
di
Cirillo
operarono a Napoli vari illustratori botanici, ad
alcuni dei quali si devono i disegni riprodotti
nelle tavole qui pubblicate. In queste ultime
sono per lo più raffigurate piante originarie di
regioni
extraeuropee,
giungevano
negli
Orti
nate
da
Botanici
semi
del
che
Vecchio
Continente, tra cui l’Orto di Napoli che nel XIX
secolo ha rappresentato una delle più importanti
istituzioni europee in cui specie esotiche erano
acclimatate, studiate, riprodotte o moltiplicate e
di
sono
G.
da
Lettieri,
ricordare
l’autore
delle
Citrus
tavole
riproducenti le specie spontanee del Regno di
Napoli e corredanti la Flora Napolitana di Michele
Tenore. In particolare, il Dehnhardt non fu solo
un valido disegnatore, ma costituì una figura di
spicco della Botanica napoletana dell’800: primo
capo-giardiniere
dell’Orto
napoletano,
conoscitore di specie esotiche, fu anche un
esperto dei criteri del giardino all’inglese, che
applicò
ai
più
importanti
parchi
e
giardini
partenopei.
Federico
Dehnhardt
trasmise
la
sua
sovente diffuse in parchi e giardini. Durante la
passione per il disegno naturalistico al figlio
fase di acclimatazione, che faceva seguito alla
Alfredo, al quale si deve la realizzazione di
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Università degli Studi di Napoli Federico II
13
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
alcune tavole incluse nell’opera pubblicata di
altri
recente. Quest’ultima presenta anche disegni di
Valletta, ed è completata da tavole anonime.
illustratori
come
Calyo,
De
Angelis
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e
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
LA CITTÀ, IL GIARDINO E IL
DISSIDIO TRA NATURA E CULTURA
l’uomo civilizzato e le sue origini animali. La
Sergio Brancato
tempo, incamerando ideologie e conflitti: basti
dimensione estetica del giardino si evolve nel
pensare alla riflessione di Jurij Lotman su Tasso,
Professore di Sociologia della comunicazione
Università degli Studi di Salerno
alla dicotomia individuata dallo studioso russo
tra la razionale organizzazione dello spazio di
Gerusalemme – la città organizzata e resa
Quando nasce l’istanza del giardino?
Quando viene concepita la sottomissione formale
della natura che si configura in un’idea di
bellezza? I reperti che ci informano sull’esistenza
dei giardini nell’antichità sono molti, risalenti
almeno al secondo millennio precristiano. Egizi e
persiani coltivano l’arte del giardinaggio, parente
ma non coincidente alle tecniche dell’agricoltura,
dando vita a veri e propri miti come i giardini di
Babilonia,
una
delle
meraviglie
del
mondo
stabile dalle geometrie di pietra che la edificano
– e la selva oscura, selvaggia e “disordinata” che
la circonda, per molti versi minacciandone la
qualità ordinativa dell’esistenza, l’adesione a
quella nuova “grammatica del potere” nata –
come sosteneva Giancarlo Mazzacurati – dalla
grande cesura storica del Concilio di Trento. Con
la stigmatizzazione di quella selva nasce, per
molti versi, la struttura “retorica” della città
moderna.
antico. Tuttavia, queste testimonianze non sono
Perché proprio la distanza, tipica della
in grado, da sole, di illuminarci sui motivi che
modernità, tra l’idea del giardino e lo spazio
spingono l’uomo a questo peculiare rapporto
originario della natura (la foresta in cui si origina
culturale con la natura. Se il giardino presume
l’umanità),
l’esistenza della città, e dunque si connette alla
immaginario costantemente giocato nello scisma
rifondazione dello spazio che ha luogo con il
tra
Neolitico,
lo
scientifica alla base del giardino moderno viene
istituisce non può che rinviare alla preistoria del
esplicitata, nel film di Peter Greenaway I misteri
Paleolitico superiore, quando – come sostiene
del giardino di Compton House, dalla tecnica di
Georges Bataille in uno splendido saggio del
raffigurazione adottata dal paesaggista tardo-
1955 – nelle grotte di Lascaux alcuni uomini
seicentesco per ritrarre in maniera assoluta-
danno inizio hegelianamente al cammino della
mente precisa, e dunque schematica, l’irriduci-
specie grazie all’invenzione dell’arte.
bilità organica del
la
dimensione
visionaria
che
Dalle pitture rupestri di Lascaux alla
simbolizzazione dello spazio antropico il passo è,
se non breve, per lo meno coerente. In qualche
misura, la nascita dell’arte è il presupposto
ineludibile
per
quella
del
giardino
e
delle
ci
l’uomo
e
restituisce
la
natura
i
termini
stessa.
La
di
un
visione
mondo naturale, la
sua
inesausta complessità. D’altra parte, Greenaway
ambienta la vicenda a cavallo tra la rivoluzione
scientifica e la rivoluzione industriale, ovvero su
quella
faglia
che
determina
l’avvento
della
società di massa.
molteplici forme che esso assume nel corso della
E giungiamo, così, all’ultimo capitolo di
storia, dando corpo a uno spazio negoziale tra
una lunga storia: il giardino come dispositivo
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15
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
sanitario dell’uomo moderno, lo spazio privato (e
messa in scena dal sapore teatrale che non può
dunque del tutto artificiale) in cui il soggetto
annichilire, tuttavia, l’esigenza di completezza
moderno coltiva, oltre a fiori e piante, un’idea di
che lo spazio del giardino riporta, simbolica-
sé: un individuo che si confronta quotidiana-
mente, nella ricchezza a tratti intollerabile della
mente con la sfera della tecnica per poi rifugiarsi
vita metropolitana.
nella dolcezza del “contatto con la natura”. Una
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16
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
L’ACQUEDOTTO DEL CARMIGNANO
Alessandro
Ciminelli
decisero
di
costruire
l'acquedotto partendo da 55 km dalla città di
Gianluca Minin
Napoli; la costruzione sarebbe stata a loro spese
Direttore tecnico Ingeo s.r.l.
Presidente associazione Borbonica Sotterranea
fino al paese di Casalnuovo e, da qui, fino a
Napoli a spese della città. Anche il guadagno,
dovuto all’attività dei tre mulini presenti lungo il
canale,
sarebbe
stato
equamente
diviso.
L'acquedotto fu inaugurato nel maggio 1929, e
quando l’eruzione del Vesuvio del 16 e 17
Quando mi ci sono trovato davanti, a
dicembre 1631 distrusse un tronco di questo
qualche centinaio di metri dalla sua origine, ero
acquedotto, nel territorio di Nola, esso venne
in un bosco tra dirupi carbonatici, nella valle del
prontamente
fiume Isclero, accompagnato da un cortese ed
passare il percorso il più lontano possibile dal
esperto tecnico del Comune di Sant'Agata dei
vulcano, per il territorio di Acerra. L'acquedotto
Goti. Dopo aver lasciato la macchina sul ciglio
si presenta sotto forma di un canale fino a poco
della strada, abbiamo camminato per qualche
oltre
minuto tra gli arbusti fino a quando il tecnico mi
diventare un cunicolo fino a Napoli; l'acquedotto
disse: "eccolo lì"... ed io ho visto un buco a
passava sotto tutta Via Foria, alimentando, con
terra, tra le foglie, coperto alla meno peggio da
almeno
un paio di tronchi di legno... nel buco ci ho
scendere verso Via Toledo fino a portare le sue
messo la testa è tra le ragnatele l'ho visto il
acque fino alla zona di Monte di Dio. Lungo tutto
Carmignano! La sorpresa è stata che l'acqua,
il tratto in cunicolo furono realizzati numerosi
dopo circa 400 anni, scorreva ancora all'interno
pozzi-luce
del cunicolo e lo faceva per circa 4 km, aiutando
rapidamente il materiale cavato e per mantenere
i contadini della zona ad irrigare i campi; ora,
la direzione di scavo. L'acquedotto ha funzionato
per uno come me che ne ha percorso i cunicoli al
fino al 1884, anno in cui, in seguito all'ennesima
di sotto della città di Napoli vederlo "vivo" mi ha
epidemia di colera che colpi Napoli, si decise di
lasciato senza parole e ricco di emozione...per
chiudere tutti gli acquedotti in sotterraneo; nel
capire l'origine dell'emozione bisogna tornare
1885 fu completato l'acquedotto in tubazione del
indietro nel tempo, nella prima metà del 1600,
Serino
quando
ampliamenti, porta l'acqua a Napoli. Tornando,
la
città
dall'acquedotto
di
Napoli
greco-romano
è
alimentata
Licignano,
due
rami,
per
che
vicino
cercando
Casalnuovo,
l'Orto
Botanico,
consentire
ancora
oggi,
di
di
farne
per
per
portare
con
poi
poi
via
successivi
Bolla.
quindi, a quello che ho visto a Sant’Agata dei
città
verso
Goti è d'obbligo una riflessione; immaginate il
della
falda
Ciminelli che a cavallo è partito da Napoli nei
acquifera che alimentava l'acquedotto della Bolla
primi anni del 1600 ed è arrivato fino nel
crearono la necessità di trovare nuova acqua da
beneventano cercando dell'acqua; immaginatelo
portare a Napoli. Nel maggio 1627, Cesare
in un bosco vicino al fiume Isclero dove anche
Carmignano, patrizio napoletano e il matematico
orientarsi è una cosa difficile; immaginatelo
L'espansione
urbanistica
occidente
gli
e
della
abbassamenti
della
ricostruito,
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Università degli Studi di Napoli Federico II
17
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
quando ha deciso che si poteva deviare il corso
malta idraulica impermeabile... e tutto questo in
del
2 anni.
fiume
creando
un
acquedotto...
e
poi,
quando senza GPS, teodoliti, ma con bussola e
Ecco, questa è la sintetica storia di una superba
livella, è riuscito a portare l'acqua a Napoli
opera d’ingegneria idraulica poco conosciuta dai
usando solo la pendenza; tutto questo scavando
tanti, ma ammirata da quei pochi che hanno
a mano per chilometri, prima nelle rocce dure
avuto, ed hanno, la fortuna di gustarne i dettagli
calcaree, poi nei depositi vulcanici sciolti e,
camminandoci dentro a passi lenti, illuminando il
quindi, nel tufo, rivestendo, infine, tutto
tutto solo con la luce delle torce.
con
Acquedotto del Carmignano
(tratto sotto Via Foria)
Acquedotto del Carmignano ancora funzionante
(Sant'Agata dei Goti)
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18
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
Dai Giardini napoletani all’orto del Re
PIANTE E ANIMALI: UN VALIDO
BINOMIO PER UN SAPERE UNITARIO
Giuseppe Borzacchiello
Professore di Oncologia Veterinaria
Università degli Studi di Napoli Federico II
Non c’è dubbio che la vita culturale di un
popolo rispecchia la politica dei governanti del
tempo. Il Regno di Napoli, con la seconda fuga
dei Borboni in Sicilia nel 1806, passando nelle
mani
dei
francesi
Gioacchino
Murat
Giuseppe
visse
un
Bonaparte
e
decennio
di
straordinaria modernità.
Infatti, i due “napoleonidi” avviarono il
riordinamento del regno puntando soprattutto
sul
rilancio
cultura.
E
dell’istruzione
proprio
pubblica
e
all’Università,
della
come
testimoniato da un Decreto del 31 ottobre 1806,
fu
chiesto
di
intrecciare
l’impegno
nella
formazione con quello civile e sociale. Insomma,
la
grande
forza
liberale
e
riformatrice
dei
francesi diede un impulso notevole allo sviluppo
dell’Università nella città di Napoli. Un’università
concepita come luogo privilegiato dove educare
le giovani menti a guardare verso orizzonti di
modernità e dove il legame didattica pratica e
ricerca fosse indissolubile.
illuminato,
trasferì, con decreto del 18 marzo
1815, la scuola di veterinaria nel convento
annesso alla Chiesa di S. Maria degli Angeli alle
Croci
(alle
spalle
di
Via
Foria),
in
stretta
vicinanza fisica con l’Orto Botanico. Un caso?
Non direi.
Infatti, in quello stesso decreto si
legge che l’area a disposizione era destinata “…
a uso per lo giardino delle piante, orto agrario e
scuola di veterinaria”. Dunque, già allora in
quelle menti illuminate si configurava un’idea di
“polo”
didattico
scientifico
integrato
utile
a
È attraverso questa lente che possiamo
favorire una formazione “unitaria”. Ed ecco la
guardare la fondazione dell’Orto Botanico di
vicinanza fisica ma anche culturale di due
Napoli nel 1807 e il trasferimento della Reale
prestigiosi
Scuola Superiore di Medicina veterinaria in una
modernità culturale che ancora oggi a distanza
nuova sede. Infatti, Gioacchino Murat, monarca
di tanti anni ereditiamo e che facciamo nostri.
istituti
scientifici.
Elementi
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa
Università degli Studi di Napoli Federico II
19
di
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