L’età matura: mercato residuale
o nuova frontiera del marketing?
Riva del Garda, 6 ottobre 2001
Piero Marrazzo: Benvenuti a questo secondo appuntamento. Sicuramente
conoscerete le persone che sono qui con me: Lanfranco Moranti, Presidente di
50&Più Fenacom; accanto a lui Nadio Delai, Direttore di Ermeneia, che vorrei
ricordare come ex Direttore di Raiuno, anche se non ho avuto il piacere di
lavorare con lui; Paolo Annibaldi, Presidente di Fiat Information e
Communication Service; Alberto Ritteri, Direttore Marketing di Nolitel Italia;
quindi Paolo Baudi, Responsabile Marketing di Sipra. Alla destra di Lanfranco
Morganti: Lorenzo Miozzi, Presidente del Movimento Consumatori; Gianpaolo
Cesarani, consulente per la comunicazione e Paolo Sari, Vicepresidente di
ACNilsen C.R.A..
Il Presidente Morganti è entrato in questa sala con due obiettivi: quello di usare
il meno possibile la parola “anziani” e di arricchire con nuovi contenuti questo
termine. Gli diamo subito la parola, quindi, così lui stesso potrà chiarirci il
concetto.
Lanfranco Morganti: Vorrei premettere che sento molto il fascino del tema di
questa riunione, perché è importante chiarire che noi anziani possiamo essere tra
i protagonisti del marketing oppure tra coloro che dal marketing vengono usati.
Noi anziani ho detto, ma che cosa significa il termine anziano… chi è l’anziano?
Mi è capitato, partecipando a qualche convegno, di sentirmi offeso
dall’interpretazione che viene attribuita a questa parola. Ho spesso avvertito,
cioè, il tentativo di emarginare la nostra categoria, che invece è composta da
persone attive e produttive, da persone che vogliono ancora essere messe in
gioco. Chi crede che gli anziani non servono più? Provocatoriamente, potrei
affermare che non dovremmo consentire di eleggere alle maggiori cariche
istituzionali uomini come Carlo Azeglio Ciampi, ultra ottantenni! La verità è che
l’uomo, qualunque età abbia, è essenziale alla società.
L’uomo anziano è un consumatore che manifesta desideri inespressi perché
trascurati dalle aziende produttrici. È questo tema che oggi dobbiamo affrontare.
Piero Marrazzo: Presidente, è stato chiarissimo. Ora vorrei dare la parola agli
esperti, lasciando Nadio Delai per ultimo, perché ci fornirà cinque numeri
magici che ci faranno capire molto del mondo anziano e del rapporto che c’è tra
questo e il marketing.
Comincerei, allora, da chi conosce bene i consumatori perché il settore nel quale
opera, quello automobilistico, costituisce un osservatorio eccezionale.
Paolo Annibaldi: da dove preferisce iniziare a parlarci della sua esperienza?
Paolo Annibaldi: Parliamo del prodotto, perché l’interesse nei confronti degli
appartenenti alla terza età è un dato di fatto: se confrontiamo l’interesse mostrato
oggi dalle azienda verso gli anziani con quello dedicato in passato alla stessa
fascia di età, notiamo notevoli differenze. E si tratta di un cambiamento ancora
in evoluzione. Non potrebbe essere diversamente, perché se consideriamo il
numero degli appartenenti alla terza età ed il loro reddito, ci rendiamo conto che
si tratta di una realtà di cui le aziende non possono non tenere conto.
Che cosa è cambiato, soprattutto? Per tanto tempo le imprese, non soltanto la
Fiat, hanno diviso il mercato in gruppi socio-economici, lo hanno diviso
secondo gli stili di vita, e questa suddivisione permetteva all’azienda di
applicare politiche commerciali mirate a questo o a quel determinato gruppo.
Però il prodotto veniva sempre imposto. Negli anni ’80, grazie al concetto di
qualità totale, con l’esperienza giapponese, il prodotto ha iniziato ad essere
concepito in funzione del cliente: è stata avviata una ricerca elaborata da parte
delle aziende per far sì che il prodotto si avvicinasse di più alle esigenze del
cliente istaurando, di conseguenza, un rapporto più duraturo e continuativo.
In passato ci si chiedeva: quale automobile va bene per una persona della terza
età? La risposta era: un’auto poco brillante, che non costi molto, che sia sicura e
abbastanza comoda; un’auto che dia la garanzia di una marca tradizionale e
antica… Oggi non è più così, perché non c’è un gruppo che esprime un’esigenza
univoca, c’è invece un gruppo nel quale convivono tante esigenze, tanti desideri,
tante aspettative diverse. Allora non esiste l’automobile specifica “per
l’anziano”, esiste un’evoluzione - soprattutto nella comunicazione - che, ad
esempio, mette l’automobilista in condizioni di prenotare un biglietto d’aereo, di
avere informazioni sulla strada o sulla Borsa. Questo cambiamento non è stato
fatto pensando alla terza età, è stato fatto per tutti, anche se sicuramente le
persone mature ne beneficiano di più.
Per quanto riguarda l’aspetto delle persone con esigenze specifiche, vorrei
ricordare che la Fiat, tempo fa, ha lavorato ad un progetto chiamato Autonomy.
Secondo il progetto, anche a chi viveva un handicap andava data la possibilità di
usufruire dell’automobile, dell’autobus o del trattore! Autonomy creava le
condizioni per costruire un’automobile quasi su misura… poi anche questo
progetto ha subìto un’evoluzione e gli studi compiuti per esso, hanno portato a
modificare le automobili normali inserendovi, ad esempio, quadri di bordo più
visibili, oppure un’acustica in grado di far sentire un clacson esterno o
l’avvicinarsi di una sirena. Queste, evidentemente, sono soluzioni che, pur se
concepite per i disabili, hanno finito con l’aiutare tutte le persone in età matura.
Piero Marrazzo: Secondo lei, il prodotto migliorato ha reso chi lavora nelle
aziende più attento e aperto ai cambiamenti del mondo, gli ha dato la
consapevolezza di non lavorare solamente per i ragazzi di venti anni?
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Paolo Annibaldi: Secondo me c’è stato un cambiamento in positivo e una forte
evoluzione… ma c’è ancora molta strada da fare.
Piero Marrazzo: Quindi, non tutte le barriere sono cadute. Dottor Ritteri, vuole
aiutarci anche lei a capire?
Alberto Ritteri: Vorrei portare l’esempio di Tim, l’azienda presso la quale ho
lavorato sino a due anni fa, partendo da due premesse: la prima è che l’insieme
composto da bambini, adolescenti, giovani e persone mature è molto complesso;
la seconda è che l’azienda non è un’entità astratta, ma un insieme di interessi il
cui obiettivo è vivere, prosperare, vendere… Vendere: parola magica che
significa creare un prodotto e svilupparlo perché interessi ad una certa tipologia
di clienti tra i tanti. Quindi, dobbiamo cominciare a separare per bisogni e qui
occorre precisare che quando noi, persone mature, esprimiamo bisogni,
possiamo affermare che sono i bisogni di persone mature; ma se i nostri bisogni
coincidono con quelli di persone giovani, allora si tratta di bisogni universali.
Piero Marrazzo: Il telefonino come oggetto universale! Le sue funzioni
possono essere diverse: a noi può interessarne una che a un altro segmento di
mercato non interessa affatto.
Alberto Ritteri: Esattamente. I primi telefoni cellulari, infatti, erano rigidi nelle
modalità con le quali funzionavano e sono stati sviluppati proprio perché il
mercato diventava più vasto. La suoneria, ad esempio, ora squilla più o meno
sonoramente, il volume si può graduare, per poter essere sentita anche da
persone deboli d’udito. Questa evoluzione non è nata per soddisfare i capricci
dei giovani che sentono benissimo, è nata per soddisfare le necessità delle
persone che hanno bisogno di un volume più alto. Un altro esempio: alcuni
telefonini hanno una funzione che consente di ingrandire i caratteri di lettura,
scegliendo di leggere i numeri in formato piccolo, medio o grande e questo per
agevolarne l’uso in chi ha la vista più debole.
Piero Marrazzo: La interrompo, ma solo per capire: la telefonia cellulare credo
sia arrivata nel nostro paese nel 1990. Quanto tempo hanno impiegato i
produttori di telefonini per giungere a includere queste funzioni, per venirci
incontro?
Alberto Ritteri: È occorso il tempo necessario perché il mercato non fosse più
di nicchia, rappresentato solo dai manager, ma diventasse un mercato di massa.
Piero Marrazzo: Ascoltando Annibaldi e Ritteri si direbbe che potremmo stare
tranquilli: prima o poi arriveremo alla “rivoluzione”… Intanto penso alla
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pubblicità, perché Ritteri ha parlato di telefonini e del lavoro svolto da Tim: ma
gli spot che proprio questa azienda ha distribuito ai mass media mostrano
principalmente tre ragazze in barca a vela; una nonna appare solamente alla fine,
affacciata da una finestra sul Canal Grande a Venezia perché la nipote sta
passando in barca, lei però è in casa con il telefono fisso.
Allora, Baudi, la pubblicità è ancora manchevole nei confronti degli anziani?
Paolo Baudi: Come Sipra, abbiamo un prodotto particolare: lo spazio
pubblicitario venduto alle aziende. Parlo soprattutto della televisione perché è il
mass media che tutti guardano, si rivolge essenzialmente al pubblico più maturo
e ha una penetrazione molto forte; la durata della visione, inoltre, è decisamente
proporzionale all’aumentare dell’età: se i giovani guardano la televisione circa
tre ore al giorno, le persone sopra i sessant’anni arrivano in media a sei ore.
Malgrado questo, le aziende non ci chiedono di “arrivare” alle persone mature,
ci chiedono invece di raggiungere un target compreso fra i 25 e i 44 anni.
Piero Marrazzo: Dunque noi cinquanta e più non siamo considerati?
Paolo Baudi: Ci considerano poco, perché il target compreso tra i 25e i 44 anni
è pronto a sperimentare, a tentare nuovi prodotti, è giovane e costituisce
un’immagine vincente. Gli over50, invece, hanno un’accettazione della
pubblicità non ottimale: le ricerche effettuate, infatti, sostengono che più si va
avanti con l’età e meno la pubblicità viene accettata. Anzi, non soltanto
l’accettazione della pubblicità e l’attenzione per essa diminuiscono, ma anche
l’orientamento verso la pubblicità è più basso. Secondo le persone mature, cioè,
il messaggio pubblicitario crea bisogni inutili, non aiuta ad orientarsi, non piace
e, quindi, se ne disinteressano.
Piero Marrazzo: In poche parole, ciò significa che le aziende rinunciano a una
quota di pubblicità perché ritengono di poter raggiungere più facilmente il
pubblico più giovane, mentre noi costituiremmo solo un inutile sperpero di
denaro.
Paolo Baudi: Non è proprio così. Le aziende partono dal presupposto che gli
anziani, siccome sono molto presenti come pubblico televisivo, vengono
comunque raggiunti senza bisogno di fare molto altro.
Piero Marrazzo: Propongono i nipoti, ma quello che vale per i nipoti, vale
anche per i loro nonni!
Paolo Baudi: Infatti. In secondo luogo, occorre considerare che i giovani
servono per fidelizzare. E per ogni azienda la fidelizzazione è importantissima
perché crea un consumo nel tempo, un ciclo di consumi. La persona matura,
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invece, tende a considerare meno la marca, a evitare la sperimentazione dei
nuovi prodotti che arrivano sul mercato. Un altro motivo è dato dall’effettivo
minor consumo da parte delle persone sopra i sessant’anni.
Piero Marrazzo: Bene, questo è il mondo del mercato. Abbiamo cercato di
capire le aziende attraverso chi ci ha parlato di prodotti e chi ci ha parlato di
pubblicità. Ma noi ultracinquantenni, chi siamo? Quale potrebbe essere
l’identikit delle persone mature? Lo chiedo a Paolo Sari.
Paolo Sari: Credo si debba evitare il rischio di cadere negli stereotipi, tanto
quello dell’anziano residuale ed emarginato, quanto quello dell’anziano giovane,
della persona che a settant’anni ha le stesse performance di un ventenne.
Qual è, allora, la sua specificità? Come potrebbe essere definito l’anziano? In
fondo, l’anziano è un giovane che è in giro da un sacco di tempo e perciò è il
frutto di quella serie di esperienze e di eventi che ne ha precisato l’identità
sociale.
La difficoltà delle aziende molto spesso è di comunicazione e di individuazione
della cultura tipica di una certa fascia di popolazione. Credo esista un fattore che
accomuna le persone di una certa età: l’essere stati giovani nello stesso momento
storico, l’aver sentito a vent’anni le stesse canzoni e l’aver visto gli stessi film. E
credo che queste circostanze non siano sufficientemente considerate dal
marketing, perché tende ad andare per estrazioni socio-demografiche. In realtà,
gli over60 di oggi sono i ventenni di quarant’anni fa; quarant’anni fa hanno
maturato una serie di abitudini e una serie di valori che ancora permangono.
Un esempio: il mercato degli amari e del vino è sostenuto dagli anziani perché
essi hanno conservato le abitudini contratte quarant’anni fa; i giovani bevono
meno degli anziani, perché le abitudini che si acquistano in gioventù sono quelle
che rimangono più a lungo. È ciò che ha affermato anche Baudi poco fa, quando
parlava di fidelizzazione: le aziende puntano più sui giovani perché saranno gli
anziani di domani e continueranno quel tipo di consumo.
Piero Marrazzo: La generazione degli ultracinquantenni ha in comune tre
elementi di rilievo: si è formata con la televisione, ha iniziato ad acquistare nei
supermercati e ha vissuto l’importante stagione della partecipazione alla
politica… Prima, giunti a una certa età si era semplicemente anziani, oggi invece
si sente il bisogno di essere “persone mature”. Il cambiamento dipende davvero
da questi tre elementi?
Paolo Sari: La generazione dei cosiddetti baby boombers è sostanzialmente una
generazione protagonista: lo è stata da giovane, lo è oggi perché ha mantenuto i
costumi giovanili, e lo sarà sicuramente diventando anziana, perché non
rinuncerà al diritto di essere partecipe, di essere un soggetto politico forte, sia
nei confronti delle istituzioni che in quelli delle aziende. E, probabilmente, sarà
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la generazione che cambierà definitivamente il rapporto degli anziani con il
consumo.
Piero Marrazzo: E ciò li rende più forti?
Paolo Sari: Li rende più consapevoli, più organizzati, più rappresentati… sì, più
forti.
Piero Marrazzo: Questa, anche se a grandi linee, la definisco analisi sociale.
Cesarani, come può raccontarla un pubblicitario?
Gianpaolo Cesarani: Sono un pubblicitario che ha trascorso la vita nel lavoro
di trincea delle agenzie, così ho avuto modo di riflettere e di accorgermi di
alcune cose. Una è che, prima le aziende e poi i pubblicitari, sono stati colti di
sorpresa dal prolungamento dell’età e questo ha creato un paradosso: la
scomparsa degli anziani. Vorrei farvi un esempio: i vecchi film ancora in bianco
e nero girati negli anni ’50, primi anni ’60… in quei film, lo avrete notato, i
protagonisti appartengono un po’ a tutte le età: c’è l’attrice giovane, la cameriera
più anziana, il proprietario del negozio in avanti con gli anni e così via. Nelle
attuali trasmissioni, invece, l’età media dei protagonisti è di venticinque anni.
Questo è un paradosso, un’astrazione… ma come ci siamo arrivati? Io ho
sessant’anni: un tempo i ragazzi della mia generazione contavano davvero poco:
non avevamo soldi e suscitavamo un interesse pressoché nullo. Il fatto che i
giovani, successivamente, abbiano avuto la possibilità di spendere, ha dato
luogo a un clamoroso squilibrio sociale, in seguito al quale si è creato un grande
modello di riferimento. Che è quello giovane, appunto. Poi, però, quando ci si è
resi conto che non sono soltanto i giovani a consumare, è nato un problema da
risolvere… che, a mio parere, è rimasto irrisolto.
Piero Marrazzo: Ma, secondo lei, c’è la volontà di risolverlo?
Gianpaolo Cesarani: Credo che sia di difficile soluzione, dal momento che non
abbiamo un modello di persona matura che consuma. Non l’abbiamo perché
quando una persona matura deve consumare spesso si traveste da giovane: in
molti, cioè, si sentono costretti a tingersi i capelli, a mascherare le rughe o ad
altri interventi del genere. Nessuno si accetta più per quello che è e la
comunicazione, di conseguenza, ha presente il modello giovanile. Va bene
questo modello oppure no?
Piero Marrazzo: Ma nessuno pensa di farla cadere questa maschera? Nelle
associazioni, ad esempio, nei sindacati… questa età la fa un po’ da padrona:
bisognerà pure rendersi conto che esiste una categoria anziana. Allora
rompiamolo questo schema, chi deve farlo? Gli anziani, certamente, devono dar
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luogo a una protesta civile, ma cos’è che può infrangere questo schema?
Gianpaolo Cesarani: A mio parere ciò che manca è una cultura specifica. Mi
spiego con un esempio: da quando è nato il Movimento di liberazione
femminile, da quando le donne hanno iniziato ad essere emancipate, abbiamo
assistito a un profondo cambiamento degli spot pubblicitari e, oggi, si vedono le
donne compiere gesti un tempo prerogativa degli uomini. Ma noi non sappiamo
bene come rappresentare il comportamento di una donna quando prende
l’iniziativa, perché prima non la prendeva, se non con le occhiate. E allora, con
quale immagine rappresentarla, proporla?
Piero Marrazzo: Vediamo se indovino… le fate fare l’uomo?
Gianpaolo Cesarani: Esatto, fa l’uomo. Perché manca un modello “donna che
si muove”. E dal punto di vista di un comunicatore, il punto fondamentale è
avere un modello preciso. Un altro esempio: qualche giorno fa guardavo foto di
vecchi scrittori, Italo Svevo e altri… a 28 anni la loro pancia era prominente,
portavano la catena d’oro, indossavano il gilet, vestivano sempre di nero. Si può
pensare che un tipo del genere possa salire su uno ski-lift? Come fa ad andare a
sciare, a partire per le Seychelles? Non è possibile. Quindi il modello del signore
austero, borghese, più o meno come i nostri genitori, non andrebbe bene nella
società dei consumi; mentre lo stereotipo del giovane è perfetto.
Piero Marrazzo: Quindi anche la comunicazione, non solo quella pubblicitaria,
in generale si può dire che arranchi.
Gianpaolo Cesarani: È molto arretrata.
Piero Marrazzo: Allora speriamo che almeno le associazioni, i sindacati,
riescano a far sentire la voce degli anziani e insieme ad essi i movimenti dei
consumatori… Prego Lorenzo Miozzi.
Lorenzo Miozzi: L’associazionismo ha saputo prestare attenzione alla terza età
in modo differente: per spinte operate dal volontariato o per spinte della stessa
terza età verso l’associazionismo, a cui il mondo della produzione e della
distribuzione - che spesso condiziona la produzione - non hanno saputo far
fronte.
Però, vorrei rifarmi al titolo di questo incontro e, avendo avuto la fortuna di
parlare per ultimo, cercare di mettere insieme le considerazioni che sinora sono
state espresse. L’età matura non costituisce un mercato residuale, senz’altro non
da un punto di vista quantitativo. Pensiamo soltanto ai numeri che stiamo
ascoltando in questi giorni: nel 2003 il 52% della popolazione over65 sarà pari
al 50% di quella in età lavorativa; nel 2010 un italiano su quattro sarà over65.
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Quindi, anche se la popolazione anziana incidesse su una percentuale minore di
consumi, comunque non potrebbe essere considerata mercato residuale.
Residuale è il modo con cui la produzione oggi stima il mercato degli anziani.
Alcune considerazioni: i prodotti possono essere universali o specifici per la
terza età, ma vengono sempre proposti come universali, nel senso che qualsiasi
servizio o prodotto non è differenziato quando viene immesso nel mercato.
Prendiamo ad esempio la tecnologia che costituisce un autentico fenomeno di
impatto generazionale: all’inizio del secolo scorso si è avviata la
alfabetizzazione;
analogamente,
oggi
assistiamo
all’alfabetizzazione
informatica.
Piero Marrazzo: Cerchiamo però di individuare alcune responsabilità, perché
qualcuno dovrà pure assumere un ruolo preciso… le Istituzioni - dallo Stato
centrale fino alle Regioni e agli Enti Locali - oppure le imprese (che magari lo
fanno, obtorto collo o per ragioni di interesse), oppure il commercio… Chi?
Lorenzo Miozzi: Sono sempre convinto che le spinte partano dai soggetti, ma
non per diffidenza: il mondo della produzione, fondamentalmente, pensa al
profitto e spesso ha dimostrato di rincorrere il mercato. Ciò vuol dire che solo
quando la richiesta sarà elevata, il mondo della produzione si adeguerà.
Piero Marrazzo: Per non stare ad aspettarlo, però, per sollecitarlo…
Lorenzo Miozzi: Non possiamo pensare di aspettarlo. Uno sforzo deve essere
fatto dalle Istituzioni. E, a questo proposito, vorrei ricordare quanto le Istituzioni
non facciano di fronte all’imminenza dell’euro, ad esempio. Noi del Consiglio
Nazionale dei Consumatori Utenti ci stiamo fortemente preoccupando per
questo, proprio perché la terza età non costituisce un mercato residuale e
neppure può essere considerata residuale dal punto di vista dei fermenti, delle
idee.
Piero Marrazzo: Come rappresentante dei consumatori lavoro spesso con voi e
ho avuto modo di notare che la forza della terza età è meno incisiva, ad esempio,
di quella delle generazioni che hanno fatto il ’68; nello stesso tempo, però, c’è
anche una gagliardia, una voglia di dire: “Ci siamo, vogliamo essere ascoltati!”.
Lorenzo Miozzi: Vanno evidenziati due aspetti: il primo è dato da una minore
combattività dovuta ad una minor presa di coscienza sociale, nel senso che oggi
abbiamo generazioni più informate, più consapevoli dei cambiamenti avvenuti
nel rapporto tra produzione e consumo. Il secondo aspetto è dato dalla maggiore
esperienza di consumo degli anziani che, quindi, sono in grado di condizionare
fortemente le altre generazioni.
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Piero Marrazzo: Sembrerebbero aspetti contraddittori.
Lorenzo Miozzi: Solo in apparenza, in realtà sono vicini e formano le due facce
della stessa medaglia.
Piero Marrazzo: Vi ringrazio perché ognuno di voi, dal proprio punto di
osservazione, ci ha offerto una diversa lettura della situazione. Ora vorrei
ascoltare Nadio Delai, che come sapete ha condotto un importante studio per
50&Più Fenacom. Ricordate? Poco fa vi annunciavo che ci avrebbe presentato
cinque numeri magici… è un gioco che servirà per capire di più, vero Delai?
Nadio Delai: Non è il gioco della tombola, però vorrei darvi ugualmente questi
cinque numeri: 40, 74, 76, 81, 37.
Le persone anziane sono così forti che consumano per se stessi in maniera
esigente e spesso, come abbiamo detto nell’incontro di ieri, finanziano i consumi
altrui con 160.000 miliardi… eppure non vengono capiti abbastanza.
Il primo numero: 40. È la percentuale di anziani che ha dichiarato un reddito
familiare netto, mensile, superiore ai 2,3 milioni di lire al mese. Ma le imprese
non ne sono a conoscenza e ritengono che soltanto il 21% degli anziani
guadagni più di 2,3 milioni di lire al mese. Sottovalutano, quindi, la loro
capacità di finanziare con 160 mila miliardi i consumi degli altri.
Secondo numero: 74. È la percentuale degli anziani da noi intervistati che ha
dichiarato il proprio disagio per le molte barriere che impediscono loro di
consumare come vorrebbero e potrebbero. Hanno il denaro, cioè, e hanno il
desiderio di spenderlo… ma non sempre ci sono i prodotti o i servizi in grado di
accontentarli completamente: perché i prodotti non sono venduti nel posto
giusto, ad esempio, o perché sono scomodi da prendere, o perché le istruzioni
sono scritte con caratteri troppo piccoli, o perché le date di scadenza dei prodotti
deperibili sono troppo difficili da trovare, eccetera. E anche di questo dato le
imprese hanno una percezione sbagliata, ritenendo che il numero di anziani a
disagio nei confronti dei consumi sia molto inferiore al 74%.
Piero Marrazzo: Paolo Annibaldi e Alberto Ritteri, però, poco fa hanno
affermato che i prodotti sono tecnologicamente migliorati e questo, in termini
generali, è indice di una maggiore sensibilità da parte delle aziende.
Nadio Delai: Certo, ma questo processo di sensibilizzazione è iniziato da poco.
Paolo Annibaldi: Occorre anche dire che aziende è un termine generale. La
minore o maggiore sensibilità da parte loro è relativa al tipo di produzione che le
riguarda: ve ne sono molte che non hanno il problema di relazionarsi con la terza
età, ad esempio perché costruiscono aeroplani, e molte altre invece, come quelle
produttrici di servizi, per le quali il relazionarsi con la terza età è vitale.
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Nadio Delai: Terzo numero: 76. È la percentuale di anziani che desidera un tipo
di pubblicità in grado di raggiungerli maggiormente, più su misura… anche se
dichiarano di non amare quella i cui protagonisti sono tutti della terza età. Le
aziende sono a conoscenza dell’attenzione che gli anziani dedicano alla
pubblicità ma, anche in questo caso, la percepiscono sottovalutandone l’effettiva
entità e ritenendola attestata mediamente intorno al 57%.
Quarto numero: 81. L’81% degli anziani afferma di sapere di appartenere ad una
importante categoria di consumatori cui non viene dedicata abbastanza
attenzione da parte dell’industria, del commercio, dei servizi e della pubblicità.
Le aziende percepiscono tale consapevolezza, ma continuano a considerare il
mondo anziano indistintamente, non riescono a metterlo a fuoco… e ne
sottovalutano la capacità di essere critico: l’80% delle aziende lo sottostima.
Quinto e ultimo numero: 37. Abbiamo chiesto agli anziani come vorrebbero
essere chiamati: senior o preanziani, giovani-anziani o persone della terza età, o
persone mature? Ecco, quest’ultima definizione è al primo posto in graduatoria:
il 37% degli anziani italiani ha affermato di voler essere definito persona
matura; al secondo posto troviamo persona della terza età. Che cosa hanno
detto, invece, le aziende? Le aziende - anche se fino a questo punto, come avete
visto, hanno dimostrato di sottovalutare il mondo anziano - sono state capaci di
fiutare il cambiamento in atto e hanno dichiarato che, secondo loro, il 57% degli
intervistati ha indicato in persone mature la definizione più idonea.
Piero Marrazzo: Delai, insieme a tutti noi, lei sta vivendo questi giorni a
GoldAge come momento di riflessione. Vorrei allora sapere le conclusioni che
ha tratto da un lavoro come questo che, oltre al punto di vista professionale,
certamente deve averla coinvolta anche dal punto di vista emotivo.
Nadio Delai: C’è un’incrinatura positiva. Sento che il mondo anziano è riuscito
a mettere il piede oltre la porta delle aziende. E le aziende si muovono…
insomma: quel piede l’hanno visto, qualche volta hanno visto anche la gamba e
le più sveglie tra loro hanno detto: “Prego… entri, si accomodi”, iniziando a
sperimentare nuovi tipi di approccio.
Piero Marrazzo: C’è la possibilità di costruire un feeling, allora, di trovare un
punto d’incontro?
Nadio Delai: Di più: la disponibilità e la consapevolezza del mondo viaggiano
già in questa direzione, perché gli anziani affermano di voler mettere i propri
bisogni e le proprie attese a disposizione delle aziende affinché i prodotti
possano migliorare. La loro posizione, quindi, non ostacola in alcun modo il
lavoro delle aziende, anzi. Vogliono soltanto prodotti migliori e più idonei.
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Piero Marrazzo: Bene, ora sono curioso di sapere a che cosa hanno fatto
pensare i cinque numeri forniti da Nadio Delai. Vorrei chiederlo a Baudi.
Paolo Baudi: Il dato più interessante, e sul quale non mi trovo d’accordo, è il
primo: il 40% di anziani che guadagnano più di 2,3 milioni al mese netti. Queste
persone mature, consumano o no? Dal punto di vista pubblicitario, sono persone
che hanno importanza o sono relegate in un ruolo relativamente minore?
Prima parlavo di intensità di consumi, di atteggiamenti verso il consumo.
Abbiamo cercato di capire se effettivamente le persone mature hanno
comportamenti che siano gratificanti per le aziende. In Rai, abbiamo un
pubblico maturo molto presente; vorremmo spingerlo verso le aziende, ma
anche fare in modo che queste non lo acquisiscano passivamente. Da alcune
nostre indagini, ad esempio, abbiamo visto che il pubblico di 50/60 anni è quello
che in assoluto, negli ultimi vent’anni, è cambiato di più; è quello che si è
andato molto ringiovanendo, tanto che le sue modalità di consumo sono simili a
quelle di un 30/40enne: tra le due fasce di età, quindi, non c’è una differenza
sostanziale. Chiaramente, le persone sotto ai trent’anni hanno modalità di
consumo diverso, anche perché sono appena entrate nel mondo del lavoro. Tra
coloro che hanno superato i sessant’anni, invece, abbiamo visto un pubblico
avanzato di circa il 20%, cioè due milioni di persone. Questo inteso in termini,
non solo di retribuzione netta mensile, ma anche di atteggiamento verso i
consumi.
Piero Marrazzo: In conclusione, però, considerando tutti e cinque i numeri,
ritiene che si possa guardare con ottimismo al futuro, ad un punto di incontro tra
mondo del commercio e consumatori?
Paolo Baudi: Senza dubbio: le cose stanno cambiando molto rapidamente.
Piero Marrazzo: So che la Sipra non produce pubblicità ma vende spazi
pubblicitari… però le chiedo ugualmente se, a suo parere, potremo presto
giungere a vedere negli spot un mondo diverso, più variegato e composto non
soltanto di ragazzi.
Paolo Baudi: Trovo che la pubblicità non sia sempre adeguata ai tempi. Spero
anche io che in un futuro prossimo i messaggi pubblicitari inizino a tener meno
conto degli stereotipi di bellezza, di gioventù e di perfezione per rivolgersi
finalmente a bisogni reali.
Piero Marrazzo: Sempre su questi cinque numeri, che cosa può dirci Ritteri?
Alberto Ritteri: Credo che appuntamenti come questo diano un contributo
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positivo alla comprensione, da parte delle aziende, delle grandi opportunità
offerte dal mondo della terza età. E credo che le aziende, cioè organismi costretti
a restare economicamente sani, si siano già accorte della crescita numerica degli
anziani e della loro voglia di vivere meglio, di viaggiare, della loro vitalità.
Avrete notato che negli ultimi anni è iniziata la commercializzazione di buste
contenenti prodotti pronti da scaldare in pochi minuti: non deve essere
necessariamente usata l’intera busta di mezzo chilo o un chilo, si possono
prendere porzioni di prodotto - spinaci al formaggio, ad esempio, o la pasta - in
funzione della necessità della persona, che può essere un giovane single o un
anziano. Ecco, quindi, che le aziende hanno dato una risposta ad alcune esigenze
della terza età.
Per quanto riguarda la pubblicità, questa rappresenterà sempre l’immaginario
che è in noi, e noi siamo sempre giovani, magari con i molti petali di esperienza
che ci hanno arricchito, così ciò che vogliamo vedere in televisione è il nostro io
giovane. E questo credo che sia un messaggio positivo.
Piero Marrazzo: Annibaldi, cosa può dirci sui cinque numeri di Nadio Delai?
Paolo Annibaldi: Mi preoccupa il 40, cioè l’errata valutazione da parte
dell’impresa circa il reddito percepito dalle persone della terza età, e mi
meraviglia che il 74% delle aziende sottovaluti la difficoltà degli anziani nel
consumare. È una follia se si pensa che soltanto per i consumi dei propri
familiari gli anziani spendono 160mila miliardi.
A parte queste considerazioni, se è vero che le aziende trattano il cliente non
soltanto come consumatore ma anche come persona con la quale avere un
rapporto reciproco e duraturo, e se è vero che spesso il prodotto viene concepito
in funzione delle esigenze manifestate dal mercato, allora credo che siano
proprio le occasioni offerte da incontri come questo a offrire alle imprese un
quadro esatto della realtà e dei bisogni.
Piero Marrazzo: Quale numero è piaciuto di più a Sari?
Paolo Sari: L’81 è il numero che più mi ha impressionato, perché rappresenta
una dimensione di critica molto rilevante ed è il segnale di una profonda
difficoltà di dialogo tra imprese e consumatori, almeno tra imprese e una fascia
particolare di consumatori. E credo che se andassimo a indagare per vedere la
corrispondenza esistente tra i bisogni di altre fasce di età e i prodotti offerti,
avremo ugualmente dei numeri abbastanza alti, anche se forse un po’ inferiori a
quelli relativi agli anziani. Voglio dire che, a mio parere, siamo in una fase
critica e di cambiamento del rapporto tra individui e consumi; ciò che
maggiormente mi sembra interessante, però, è che in questo momento la
popolazione anziana è quella che costituisce il nucleo più avanzato della
formazione di una nuova consapevolezza e di una nuova coscienza del
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consumatore.
Piero Marrazzo: Gianpaolo Ceserani.
Gianpaolo Ceserani: Ascoltando Delai, ad un certo punto mi sono detto:
finalmente appare il buon senso, perché gli anziani non desiderano una
pubblicità dedicata esclusivamente a loro stessi, però vogliono essere presenti.
Questo mi sembra importante, perché si tratta di una richiesta equilibrata ad un
mondo che sembra presentare esclusivamente il modello giovanilistico. Come si
può rimediare? Non credo che i rimedi possano venire dall’alto, se vogliamo un
equilibrio di immagine (cioè un equilibrio di cultura) deve esserci una presa di
coscienza sollecitata dal basso, perché oggi quasi tutte le rivoluzioni di costume
partono dal basso. L’idea che vi sia un condizionamento del consumatore non è
vera, ve lo garantisco come pubblicitario.
Piero Marrazzo: Lorenzo Miozzi.
Lorenzo Miozzi: Tra l’azienda e il consumatore è fondamentale la ricerca di un
punto di incontro e di equilibrio che consenta le migliori opportunità di
consumo, e questo è l’obiettivo da raggiungere.
Parto da due dei numeri di Delai: il 76 e il 74. Il 76, a proposito della pubblicità:
vi ricordo uno spot di Trenitalia in cui appaiono, molto rapidamente ma anche
molto efficacemente, diversi soggetti che caratterizzano la clientela di Trenitalia
(o che Trenitalia vorrebbe caratterizzassero la propria clientela), tra gli altri
erano presenti anche alcuni anziani. Allo stesso tempo, Trenitalia sta
diversificando la propria offerta di vendita dei biglietti attraverso Internet. Ma
vorrei sapere quanti, tra i presenti, accedono abitualmente a Internet. Si sta
ragionando sulla new economy, sullo sviluppo del commercio elettronico:
dobbiamo pensare a chi, in questo tipo di commercio, non ha possibilità di
accesso. E questa - così arrivo all’altro numero, il 74 - è una delle barriere poste
innanzi al consumo.
Piero Marrazzo: A questo punto la parola spetta a voi del pubblico, fate le
vostre domande.
Domanda: Mi chiamo Maria Di Dio e vengo da Gela, in Sicilia. L’unica entrata
di casa mia è la pensione di mio marito e con questa dobbiamo affrontare le
spese quotidiane, riuscendo a mantenere una figlia all’università e ad aiutare il
terzo figlio. Per il resto dobbiamo risparmiare, quindi fare la spesa al discount e
privarci del vestito firmato. La pubblicità non capisce che la maggior parte delle
persone della mia categoria non può affrontare certe spese?
Piero Marrazzo: Ho capito, lei sta dando un giudizio morale ed etico. Delai,
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ecco un’altra lettura di una generazione che dice: “Già mi sacrifico, non spingete
troppo”.
Nadio Delai: Credo si possa dire che il senso del fuori misura lo vediamo tutti i
giorni, ed è vero quanto afferma la signora: la pubblicità, talvolta proprio per
scarsa cultura, invece di interpretare i bisogni - che sarebbero ricchi e anche
utilmente sfruttabili - tende a pigiare l’acceleratore sul superfluo invece che sul
diverso e l’articolato. Questo passaggio, che ritengo importante, lo lascio in
meditazione a chi si occupa di pubblicità.
Piero Marrazzo: Un’altra domanda dal pubblico.
Domanda: A GoldAge sono stati trattati quasi tutti gli argomenti inerenti la
terza età. Ma vorrei sottolineare la questione posta da Miozzi: ci stiamo
adattando a tutte le esigenze che il progresso richiede, compreso l’euro… ma
come affrontare Internet, visto che in molte pubblicità si chiede di collegarsi a:
“www eccetera”?. Tra noi, quanti sono in grado di farlo, quanti conoscono bene
il computer? Per questo pregherei il Presidente Morganti di organizzare nelle
diverse province alcuni corsi per l’insegnamento del computer.
Alberto Ritteri: L’azienda nella quale attualmente lavoro, la Nolitel, istalla
computer in vari negozi. Quando i computer diventano più di due o tre,
organizziamo corsi a livello elementare per rompere la barriera che separa da
queste macchine. Questo per dire che, seppure in modo marginale, sul territorio
esistono già le prime iniziative. Ancora di più: tra 50&Più Fenacom e Nolitel
abbiamo avviato i primi contatti per una futura collaborazione in questo senso.
Piero Marrazzo: Bene, altre domande?
Domanda: Credo che l’anziano recepisca poco la pubblicità, anche se sa
criticarla, perché ne ha visto troppa di ingannevole. Inoltre, vorrei dire che qui si
sta parlando del mercato, però l’anziano, dopo aver lavorato una vita, sente il
bisogno di cercare qualche passatempo. Quali sono le realtà, pubbliche o private,
che vengono incontro a questa esigenza?
Nadio Delai: Gli Enti locali, oggetto dell’indagine che abbiamo presentato ieri,
sono ancora poco sensibili alla vostra realtà perché sopportano il carico di quella
parte di anziani su cui pesano bisogni più gravi e acuti, ma egualmente qualcosa
si sta muovendo. Chiedete loro aiuto per usare bene la città, per visitare i musei,
per occupare il tempo libero: quando gli altri non vanno in palestra, ad esempio,
potreste andarci voi. Una soluzione potrebbe ancora essere promossa da 50&Più
Fenacom, organizzando un centro di informazione organico che aiuti a sapere
dove si fa il volontariato, dove c’è il museo aperto… sarebbe importante poter
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contare su un “informa persone mature”, così come esiste “informa giovani”.
Piero Marrazzo: Qualche altra domanda?
Domanda: La mia è piuttosto una considerazione. In televisione si vedono molti
spot ambigui, ma ce n’è uno che mostra due vecchi, proprio vecchi: lei è senza
denti e lui gioca a bocce. I due vecchi si amano, hanno voglia di ridere e di
giocare… secondo me è il messaggio più bello, quello che rappresenta la verità,
la realtà.
Piero Marrazzo: Grazie signora. Un’altra domanda?
Domanda: Vorrei richiamare l’attenzione delle associazioni e delle industrie
perché siamo una popolazione in crescita che buone possibilità economiche: vi
posso garantire che il 25 del mese nelle nostre tasche c’è ancora qualcosa, da
quelle dei giovani, invece, a rovesciarle non esce niente.
Domanda: La mia è una considerazione sul termine anziano: per noi che
viviamo questa età, è più appropriata di maturo, anche perché durante tutta la
vita rientriamo in gategorie: si è neonati, si cresce come bambini, si diventa
adolescenti e si va verso l’anzianità e la vecchiaia.
Domanda: Il dottor Annibaldi ha detto che non esiste una vettura per l’anziano,
ma esiste la macchina per la famiglia. Le ricerche della Fiat si stanno
indirizzando verso una macchina che dia modo alla famiglia di considerare
meglio i propri problemi dal punto di vista tecnico?
Paolo Annibaldi: Sì. Le posso confermare che la Fiat presta un’attenzione
crescente ai problemi tecnici e organizzativi della famiglia.
Domanda: Condivido la proposta di eliminare la parola anziano, a me va bene
50epiù. Però vorrei anche dare un suggerimento: perché non si realizzano
telefonini un po’ più grandi, con i tasti dei numeri più grandi?
Domanda: Vorrei chiedere a coloro che si occupano di pubblicità: non sarà che
siete proprio voi, o le aziende, a creare i bisogni?
Paolo Baudi: La questione se sia la pubblicità a creare i bisogni o a cavalcarli è
una questione antica che non credo sia possibile risolvere qui. Ognuno ha il suo
modo di pensare.
Piero Marrazzo: Presidente Morganti, alla fine di un dibattito che l’ha vista
ascoltatore più che protagonista, a lei la parola per le conclusioni.
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Lanfranco Morganti: Pubblicitari, industrie, associazioni dei consumatori…
siamo sempre noi: prima siamo di qua a parlare e poi andiamo di là e
consumiamo. Certamente l’industria ha una propria posizione e deve rispondere
al mercato, però è consapevole del fatto che noi di età matura siamo meno
impressionabili dei giovani e seguiamo meno i dettami della pubblicità.
A proposito delle etichette sulle confezioni: chi riesce a leggerle? In questo
senso credo che ci stiano prendendo in giro, perché nessuno vieta a un’azienda
di stampare un’etichetta bella e leggibile. Il problema, allora, è un altro: molto
probabilmente è che siamo scarsamente considerati! Ma le cose possono
cambiare: piano piano riusciremo a farci ascoltare e, a questo proposito, vorrei
ringraziare Piero Marrazzo perché oggi ha avviato un percorso di chiarezza e ha
reso evidente la nostra volontà di darci da fare, come anziani e come
consumatori, in definitiva come cittadini - non sudditi - che hanno tutti i doveri
ma anche tutti i diritti di essere rispettati.
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Gabriele Sampaolo: “Ringraziamo l`Assessore Magnani