Il formaggio e le sue origini
Poiché il latte subisce spontaneamente una rapida
fermentazione batterica, è probabile che il formaggio
sia stato uno dei primi cibi conosciuti dall’uomo.
UNA “FORMA” PER IL LATTE
Il termine "formaggio" deriva dalla
parola "formos"; con la quale gli
antichi greci solevano indicare il
paniere di vimini nel quale era d'uso
riporre il latte cagliato, per dargli
forma. Il "formos" greco divenne poi
la "forma" dei romani che, a sua
volta, si trasformò, nell'antico
francese, in "formage" per arrivare
infine ad assumere le moderne
versioni dell'italiano "formaggio" e
del francese "fromage”.
LA LEGGENDA
Secondo la leggenda, un mercante
arabo, dovendo attraversare il deserto,
portò con sé alcuni alimenti tra cui del
latte fresco contenuto in una bisaccia
fatta di stomaco di pecora; il caldo, il
movimento, gli enzimi presenti sulla
parete dello stomaco del ruminante
contribuirono alla formazione della
cagliata. Era nato così il formaggio.
IL FORMAGGIO : CIBO DA POVERACCI
Il formaggio è stato considerato per anni cibo da contadini e da poveracci , indegno di
persone perbene e civili.
Piero Camporesi nella sua raccolta di saggi “Le officine dei sensi” scrisse: “... Per molti
secoli si ritenne che la malignità intrinseca del formaggio, la sua nequizia venisse
preavvertita e segnalata dal suo odore, per non pochi nauseabondo e stomachevole,
indice sicuro di residuo in decomposizione, materia sfatta e deleteria, sostanza
putredinosa nociva alla salute e terribile corruttore degli umori...”.
Nel Medioevo venne, in effetti, riqualificato in quanto alimento “di magro” nei giorni di
astinenza e di quaresima ma, soltanto nell’’800, quando cominciarono a essere chiariti i
misteri della coagulazione e della fermentazione , conquistò piena dignità.
"Al contadino non far sapere quanto è buono
il formaggio con le pere".
Una volta che il formaggio, il cibo dei
villani, fu accolto nelle mense dei ricchi
si cercò di nobilitarlo abbinandolo con
ingredienti inaccessibili ai più, come
spezie e frutta fresca o consumandolo
alla fine del pasto per evidenziare che
esso era ornamento e non nutrizione,
piacere e non necessità.
La pera era il simbolo dell’effimero,
di gusti e piaceri non necessari.
Infatti, coltivare alberi da frutto, nel
passato, era una realtà economica di
pregio e le pere, alimenti facilmente
deteriorabili, erano doni preziosi
che solo i nobili potevano
scambiarsi.
I GRANDI DELLA STORIA E IL FORMAGGIO
Wiston Churchill era talmente
ghiotto di formaggi, che in uno
dei momenti più bui della
Seconda guerra mondiale,
quando
incombeva
sull’Inghilterra il pericolo di
un’invasione da parte delle
forze dell’Asse, esclamò: “Un
paese che annovera tanti
formaggi sulla tavola non può
morire!”
Charles De Gaulle non
nascondeva le difficoltà “…
di governare un popolo come
il francese che vanta oltre
mille tipi di formaggi….”
Raccontano che Carlo Magno, invitato
a pranzo da un prelato e redarguito per
aver scartato le parti verdognole del
gorgonzola, dopo una degustazione
integrale se ne invaghì a tal punto, da
pretendere un'abbondante fornitura
annuale.
latte
PRODUZIONE
DEL
Coagulazione acida:
batteri lattici
Coagulazione enzimatica:
caglio o presame
FORMAGGIO
OGGI COME IERI
Secondo la mitologia greca, gli uomini
appresero come produrre formaggi da
Aristeo, figlio di Apollo, che rubò i segreti di
tale arte alle ninfe sue nutrici. Nell’età
classica i formaggi erano diversi da quelli
moderni: si usavano latte di pecora o di
capra, la cui coagulazione era sovente
effettuata con lattice di fico o di cardo
selvatico, che conferiva al prodotto un
retrogusto amaro.
Rottura della cagliata
siero
Formaggi molli freschi
Cottura
Breve
Formaggi semiduri
Prolungata
formaggi duri
salatura
Maturazione
Il latte intero o parzialmente o totalmente scremato viene
utilizzato crudo nelle lavorazioni agricole, mentre viene
pastorizzato nelle preparazioni industriali. Uccidendo la
maggior parte dei batteri naturalmente presenti, in modo
da eliminare quelli eventualmente patogeni, si ottiene,
sicuramente, un prodotto migliore dal punto di vista
igienico ma si appiattiscono sapori e aromi.
Le colture microbiche che vengono aggiunte in seguito
infatti sono standardizzate, di conseguenza il formaggio
prodotto con latte pastorizzato si attesta su una qualità
standar.
Il latte, trasferito nelle caldaie, è arricchito
mediante un innesto di batteri selezionati in
base al tipo di formaggio che si intende
ottenere. Gli insemenzamenti o, innesti,
possono essere naturali se i microrganismi
sono quelli naturalmente presenti nel latte, o
selezionati, se preparati in laboratorio.Per
ottenere i formaggi erborinati, prima
dell’addizione del caglio, si aggiungono le
spore fungine appartenenti ai generi
Penicillium e Aspergillus
La coagulazione consiste nella trasformazione del latte in un coagulo, la cagliata, una specie
di reticolo proteico nel quale resta imprigionata la maggior parte dei grassi e dei sali del
latte. Nella coagulazione acida la coagulazione della caseina si determina per
l’abbassamento del pH ad opera dei batteri lattici che trasformano il lattosio in acido lattico.
Nella coagulazione enzimatica viene utilizzato il caglio o presame
Al momento opportuno la cagliata viene
“rotta” tramite apposite macchine, dette”
frangicagliata per allontanare il siero
A seconda del formaggio da produrre, si
può riscaldare la cagliata a diverse
temperature, ma mai superiori a 58 °C, per
non inattivare gli enzimi e uccidere i
microrganismi
La cagliata è tolta dalla caldaia
mediante un telo ed è trasferita in
recipienti detti fascere
La salatura consente di
eliminare gli ultimi residui di
siero, impedisce lo sviluppo in
superficie di eventuali muffe e
permette la formazione della
crosta. Può essere fatta a
secco o in salamoia.
La
maturazione
o
stagionatura si caratterizza per
una serie di complesse
trasformazioni biochimiche,
necessarie per conferire le
caratteristiche tipiche di ogni
formaggio
Il Santo Protettore dei formaggiai e
dei mandriani è San Lucio martire.
Secondo la tradizione era un
pastore che curava gli armenti del
suo padrone e che offriva ai poveri
il
formaggio
avuto
come
paga. Poichè questo formaggio si
moltiplicava, il suo padrone si
adirò a tal punto che finì per
uccidere Lucio presso uno stagno.
IL CAGLIO
Fatta eccezione per i formaggi a pasta fresca il formaggio è ottenuto da sempre utilizzando caglio
animale. Il caglio è un prodotto enzimatico ottenuto dall’abomaso o quarto stomaco dei ruminanti lattanti
per lo più vitelli, ma anche di agnelli e capretti; contiene varie sostanze e in particolare un enzima, la
chimosina o rennina, che induce la coagulazione del latte e lo trasforma in formaggio.
IL CAGLIO SINTETICO
Gli scienziati sono riusciti a creare microrganismi ricombinanti
capaci di sintetizzare la chimosina. Il DNA che codifica la
produzione di questo enzima è stato inserito in un lievito
(Kluyveromyces lactis), in un batterio (Escherichia coli) e in una
muffa (Aspergillus niger var. awamori).
Così grazie alle biotecnologie si è iniziato a produrre la
chimosina in laboratorio, invece di doverla estrarre dallo
stomaco di un vitellino.
Perché? Non c’è abbastanza chimosina animale disponibile per
soddisfare le richieste per tutto il formaggio che si produce. Si
stima che in paesi come gli USA più del 60% del formaggio sia
prodotto con quello che viene chiamato “caglio sintetico”, cioè
prodotto da OGM. Anche in Italia, se si escludono i formaggi
DOP, è autorizzato e utilizzato su scala industriale, ma è
permesso anche in alcuni prodotti tipici dove il disciplinare di
produzione non impone il caglio animale.
Composizione Latte
Composizione media del latte in varie specie (per 100 grammi)
Specie
Acqu
a
Prote
ine
Gras
so
Lattosi
o
Ceneri
Calorie
Vacca
87.5
3.4
3.7
4.8
0.72
74
Bufala
80.6
5.6
8.0
4.7
0.78
DND
Pecora
82.7
5.3
6.9
5.2
0.92
109
Capra
86.5
3.6
4.0
5.1
0.91
79
Il latte di capra rispetto al latte vaccino presente alcune
differenze:
•è mediamente meno grasso (3% rispetto al 3,5% del vaccino);
•è più digeribile, perché i globuli di grasso sono più piccoli e ,
quindi più sensibili alla lipolisi che, scindendoli, origina acidi grassi
liberi a corta catena (acido caprilico, caprinico e capronico),
responsabili del forte odore e sapore caratteristici dei formaggi di
capra;
•è molto più bianco per l’assenza di carotenoidi, precursori della
vitamina A;
•contiene una minore quantità di caseina, che non consente di
ottenere formaggi adatti a lunghe stagionature; pertanto i formaggi
di capra sono freschi, a pasta molle o semidura;
•è meglio digerito da coloro che sono intolleranti al latte vaccino, in
quanto le sue proteine sono meno allergeniche.
Il latte di pecora contiene:
•una quantità di grasso più che doppia rispetto a quello di
mucca e di capra, che varia anche di molto a seconda del
periodo, della razza e dell'alimentazione. In genere si va dal
6
all'8%,
con
punte
del
10-11%;
globuli di grasso più piccoli che tendono a sfuggire nel
siero durante la lavorazione, producendo una ricotta più
grassa e saporita rispetto a quella di vacca;
una percentuale pressoché doppia di acidi grassi a catena
corta (da C6 a C12, capronico, caprilico e caprinico), che
determinano l'odore tipicamente animale dei formaggi
pecorini;
pochissimo beta carotene (i formaggi hanno un colore
piuttosto chiaro).;
•quasi il doppio delle proteine del latte di vacca e di capra,
si va dal 5.5 al 6.5%;
•una maggior percentuale di caseina rispetto a quello
vaccino, il che comporta una maggiore resa e una maggior
facilità di caseificazione, con tempi di coagulazione e
spurgo minori.
I MARCHI DI QUALITA’
Denominazioni oggi riferite in pratica a un solo prodotto un tempo designavano categorie ampie di latticini:
per esempio il nome Stracchino in Lombardia era attribuito indistintamente a tutti i formaggi come il
Taleggio, il Quartirolo e il Gorgonzola ricavati dal latte delle vacche che in autunno scendevano dai pascoli
montani, e che erano perciò dette stracc, stanche. Solo in caso di abbondante produzione, e quindi di larga
diffusione commerciale, il formaggio assumeva una denominazione meno generica: è il caso per esempio del
Grana, noto anche sotto questo nome fin dal tardo Medioevo, oppure del Parmigiano e della Fontina. Con un
processo inverso negli ultimi decenni alcune denominazioni tipiche non sufficientemente protette sono
divenute generiche, estendendosi a formaggi similari ma prodotti con tecniche e in luoghi diversi da quelli
tradizionali. Di qui l'importanza di una tutela giuridica dei nomi, della tipicità e della genuinità in campo
agroalimentare .
Marchio DOP
Marchio IGP
Marchio STG
Identifica un prodotto
ottenuto da materie prime
trasformate,fino al prodotto
finito, nell’area geografica
determinata
Per avere il marchio IGp è
sufficiente che una sola delle
fasi del processo produttivo
avvenga nell’area geografica
determinata
La certificazione STG non
indica un’origine geografica,
ma valorizza e tutela le
produzioni caratterizzate da
processi tradizionali
I formaggi umbri
I formaggi tipici umbri si ottengono dal latte di pecora. I nostri antenati per la
coagulazione utilizzavano latte rappreso nello stomaco degli agnellini ed essiccato
vicino a erbe aromatiche.
Il siero ottenuto dalla pressatura della cagliata veniva e viene utilizzato per produrre
sia la ricotta fresca che salata.
La ricotta
Il siero, riscaldato a 90 gradi, si raggruppa
presto in fiocchi che, schiumati e versati in
fiscelle di giunco, formano la ricotta fresca,
dal sapore dolce e prelibato. La si può
mangiare a cucchiaiate senza alcuna
aggiunta, oppure spalmata sul pane con un
filo d’olio e un pizzico di sale, ma non
manca chi la usa come dessert
aggiungendovi
miele
o
cacao.
CURIOSITA’
Le nonne dicevano che il liquido ottenuto dalla
scolatura dei fiocchi fosse utile per curare
distorsioni e fratture
Continuando brevemente la cottura si ottiene invece la ricotta
salata. Tolta dal siero, la si pone in un contenitore di cotone dalla
forma a imbuto, appeso, per farle perdere tutti i liquidi. Dopo 24
ore si fa rotolare la forma una sola volta nel sale fino e poi la si
riappende per la stagionatura in ambiente asciutto di cantina.
Dopo dieci-venti giorni sarà pronto un prodotto da taglio ; dopo
quattro-sei mesi si avrà invece un prodotto da grattugiare.
Tolte dal sacco le forme vengono trattate con la crusca (un
tempo invece veniva utilizzata la pulitura di segale) al fine di
assorbire l’umidità ed evitare la formazione di muffe, ed è questa
particolare copertura un’altra caratteristica peculiare della ricotta
salata
di
Norcia.
Pecorino di Norcia
Il pecorino di Norcia, detto anche “pecorino del pastore”, è
tradizionalmente prodotto dal pastore stesso, con il latte delle
sue pecore e il caglio dei suoi agnelli, leggermente affumicato o
aromatizzato con timo, tarassaco, menta, chiodi di garofano o
noce moscata.
A Castelluccio, si seguono ancora gli antichi metodi di
lavorazione con gli strumenti tradizionali: il recipiente di rame
stagnato per scaldare il latte, il bastone di legno di ginepro
scortecciato con cui si frantuma la cagliata quando ha
raggiunto la consistenza giusta e i cerchi di legno di faggio che
danno al formaggio la tipica forma circolare. Le forme,
cosparse a mano di sale grosso, sono poste ad asciugare su assi
di legno in un luogo fresco e frequentemente girate e pulite.
Dopo trenta giorni, si ottiene un pecorino fresco, bisogna
invece attendere oltre sei mesi per ottenere un pecorino
stagionato e piccante.
I comuni del Parco del Monte Cucco, Scheggia, Sigillo, Fossato di Vico, sono zone
percorse fin dall’antichità dai sentieri della transumanza, quindi con una lunga
tradizione casearia.
Qui è sopravvissuto l’uso di aromatizzare il latte cagliato con il
tartufo nero, ed è stata recentemente riscoperta anche la
tradizione medievale del pecorino di fossa, lasciato stagionare in
una fossa scavata nel tufo, larga due metri e profonda più di sei.
Un’usanza nata probabilmente dalla necessità di proteggere il
formaggio dagli insetti e dalle razzie dei soldati e ripresa oggi da
alcuni caseifici. ”L’infossatura” è un vero e proprio rito che si
svolge
in
agosto.
Le forme di pecorino, “lavate” con olio extravergine di oliva
profumato di alloro, ginepro, timo, rosmarino e finocchio
selvatico, vengono rinchiuse in sacchetti di tela e deposte nella
fossa che è stata sterilizzata qualche giorno prima bruciandovi
della paglia. Accatastate l’una sull’altra in mezzo a strati di paglia
e foglie di noce, nel microclima che si crea all’interno della fossa
sigillata con un coperchio, le forme di pecorino subiscono un
particolare processo di fermentazione che elimina una buona
percentuale del grasso e dona al formaggio una leggerezza e un
gusto straordinari. A novembre, quando viene riaperta la fossa, il
pecorino ha un aspetto irregolare dovuto al peso sostenuto per tre
lunghi mesi, la crosta è praticamente assente e la pasta interna è
morbidissima, con un gusto forte e aromatico.
A Montefalco, la cultura del vino ha contagiato anche il formaggio.
Qui il pecorino ha la crosta liscia scura, la pasta morbida e un delizioso
profumo di vino dovuto alla stagionatura in botti di rovere già usate per
conservare il vino: un’usanza diffusa tra i pastori che sceglievano le forme di
pecorino migliori, non troppo grandi, le avvolgevano in foglie di noce fresche
e le conservavano in botti ben sigillate per impedire che entrasse l’aria. Le
botti restavano a riposare in cantina dal giorno di S. Giovanni, 24 giugno, alla
festa di S. Martino, 11 novembre, quando si toglieva il pecorino e si metteva
al suo posto il vino.
Scarica

il formaggio e le sue origini - "A. Casagrande" "F. Cesi" di Terni