La critica letteraria italiana nella
prima metà del Novecento
Limiti cronologici. 1903-1943
Benedetto Croce e la critica
idealistica
La critica idealistica
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Al centro della sua attività la soggettività dell’artista, non tanto il testo letterario, quanto la fisionomia dell’artista
Insieme, declassamento delle scienze naturali.
Primato dell’arte e della sua capacità conoscitiva (intuizione pura)
Fondamentale l’affermazione dell’autonomia dell’arte. Carattere essenzialmente lirico e metastorico dell’arte.
Croce (A cosa serve la critica letteraria):
“Non è il caso di descrivere quel che accadrebbe se al mondo non vi fosse la critica, perché sarebbe il medesimo di quel che accadrebbe se non vi
fosse qualsiasi altra delle necessarie forme spirituali, o piuttosto non accadrebbe nulla, perché le ipotesi di questa sorta sono insulse. Ma si può
pensare quel che accadrebbe, o, per dir meglio, osservare quel che accade, quando, relativamente parlando, le menti sono distratte e la critica
debolmente esercita il suo ufficio o non ha modo di professarlo con libertà. Le cose belle rimangono allora senza lode e senza riconoscimento
dell’esser loro, le brutte senza condanna, e il tempio della poesia si riempie di “vendentes et ementes” [venditori e compratori], e nessuno li
discaccia. Gli animi sentiranno il bello e il brutto e soffriranno dell’uno e dell’altro, come quando si sente il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia, e
al sentimento manca la sanzione morale e giuridica del giudizio e della sentenza. La coscienza estetica, come la coscienza morale, è disarmata e non
può combattere: solo la critica è armata e combattente. ….Dare il nome alle cose è la conclusione ultima di un travaglioso lavoro: e tale, cioè difficile,
la critica letteraria fu già considerata nell’antichità dal più robusto suo critico, l’ignoto autore del Sublime. Essa presuppone, in primo luogo, che si sia
passati attraverso la necessaria e spesso lenta e penosa preparazione filologica, e che, dopo di ciò, si sia interpretata la poesia, la quale, se realmente
esiste, è ricevuta e fatta propria con gioia dallo spirito contemplante, e se, invece, si prova menzognera e inesistente, lo delude e l’irrita con la
sembianza della bruttezza. E’ in ciò la cosiddetta “sensibilità”, che si richiede nel critico, e senza di cui la critica, nonché riuscire difettosa, non
comincerebbe neppure, mancandole la materia su cui esercitarsi: in effetto, su quale poesia il critico rifletterebbe, se quella poesia non fosse da lui
sentita, e perciò posseduta?” (La critica e la storia della poesia, 1936)
In sostanza la critica idealistica è contro il rigido formalismo tecnicistico e contro il contenutismo grezzo, contro l’accademismo e contro
l’ideologismo.
Piuttosto che storia della letteratura, monografie
V. Montale su Croce
In vario modo a Croce e alla critica idealistica si ispirano riviste come La Voce (1908-14; 1914-16), La Ronda (1919-22), Solaria (1926-34)
Critica marxista, formalistica, stilistica,
variantistica
• Gramsci (nazional-popolare)
• Formalismo russo, circolo linguistico di Praga.
• Influenza, in Italia, soprattutto su storici della
lingua, filologi romanzi, glottologi (soprattutto
dopo il II dopoguerra)
• Contini
La scuola storica
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O positiva o metodo storico
Tra il 1861 e il 1915
Indagine sulla letteratura con strumenti rigorosi
Contro l’interpretazione per la documentazione
D’Ancona, Graf. Villari, Ascoli
Maggiori centri universitari: Bologna, Torino, Pisa,
Firenze, Napoli
Critica idealistica e critica militante
• A partire dal 1915/18
• “Crollava il positivismo, l’ultima grande religione
dell’Ottocento; crollava, in altre parole, il solo
Iddio ch’esso avesse riconosciuto, la Scienza, rea
di essere solo la verità e non la felicità, di essere
per giunta una verità incompleta, di non spiegare
il mistero………Era in atto per tutti i valori, per
tutte le discipline, un revisionismo spietato”(L.
Foscolo Benedetto, Ai tempi del metodo storico,
1951)
Critica militante
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Dal ‘700 in avanti
Borgese, Papini (Stroncature), Renato Serra, Emilio Cecchi, ecc., fino al II dopoguerra.
De Robertis:
“La critica è tutta da creare. Critica frammentaria di momenti poetici. Riduzione dell’esame a pochi tratti isolati, e di quel che si dice essenzialità.
Tutto come documento e col documento.
Segnare la pagina, la riga, la parola.
Senza mistificazioni e scappatoie.
L’arte è in questo punto, in quest’altro.
Bisogna compromettersi.
Sapere quel che s’intende per poesia.
Senza tanti discorsi. – Per via di fatti.
Con l’additarli.- A conti chiari.
Ci si abitua a un po’ di pulizia”
(Saper leggere, 1915)
Interessante perché anche da questo versante è affermata necessità dell’impegno, del compromettersi , sull’arte , la letteratura, la poesia. Spirito appunto militante.
Fino a Carlo Bo, Letteratura come vita :
“Di solito per u n letterato – prendendo il termine nella sua accezione limitata e di dignità inferiore – si trattava di equilibrare nei tempi, di svolgere cioè il mestiere (la letteratura) nelle
pause della vita. La letteratura diventava così a poco a poco un altro divertimento, tanto più inutile quanto più difficile e serio, da coltivare in una pace costruita, in quei momenti che la
vita lasciava liberi, disoccupati: era un’attività, e peggio, secondaria: uno stato dimissionario di vera attenzione, della nostra coscienza di uomini.
Noi a questa letteratura non abbiamo mai creduto: se qualche maestro indegno, se qualche anno di scuola ci hanno condotto a un’ansia sterile e a una vana serie di nozioni inutili, lo
stesso nostro dolore, l’immediata mancanza d’aria ci avvertivano dell’inganno e del senso nascosto dell’unica letteratura. Rifiutiamo una letteratura come illustrazione di consuetudine e
di costumi comuni, aggiogati al tempo, quando sappiamo che è una strada, e forse la strada più completa, per la conoscenza di noi stessi, per la vita della nostra coscienza. A questo
punto è chiaro come non possa esistere – se non su una carta ormai abbandonata di calcoli e di storie letterarie – un’opposizione fra letteratura e vita. Per noi sono tutt’e due, e in ugual
misura, strumenti di ricerca e quindi di verità: mezzi per raggiungere l’assoluta necessità di sapere qualcosa di noi…..
La critica che si rifà a questa letteratura non lavora esternamente su dei dati precisi e disegnati sulla pagina: ma coglie i sentimenti, le sensazioni dal probabile loro punto di partenza e vi
si affida con l’intensità necessaria a una ricreazione che pertanto resta autorizzata e autonoma. Si fonda su una lettura d’identità, per nulla prevenuta e volta invece a una scansione
interiore: crede a una continua fecondazione delle parole, alla musica delle loro origini più che alla riduzione tematica in cui sono sistemate”.
Divertente Umberto Eco, Tre civette sul comò
L’impegno
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Filo conduttore e spartiacque.
Dibattito anni Venti e Trenta su impegno, letteratura e morale, letteratura e
politica
Figura di spicco: Vittorini
Già De Robertis:
“Che arte è moralità. Nel senso che uno scrittore è, prima di tutto, uomo e uomo
intero, e ha da impegnarsi e compromettersi nelle cose che scrive, pagare di
persona ogni parola; anzi averla scontata, avanti di materialmente trascriverla”
(Saper leggere, 1915)
E Gobetti: “Gli scrittori italiani non sono più europei, perché non hanno la chiave
della vita, non solo europea, ma universale, che è il sentimento morale.
Interessarsi al mondo vuol dire, soprattutto, patirne; ma tutte le letterature… sono
il frutto di questa sofferenza morale. Possiamo dire, perciò, che le più vaste
animatrici della letteratura siano già le passioni politiche, ma più largamente
ancora le passioni morali; perché lo studio del proprio paese è ispirato e guidato
dal desiderio della giustizia” (Il Baretti, 1928)
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