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50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
Principali complicazioni
in corso di ventilazione meccanica
Bruno Pypendop
Dr Med Vet, DscV, Dipl ACVA, Davis, California, USA
La ventilazione meccanica, pur essendo utile in molti
casi, non è priva di effetti deleteri.
Effetti cardiovascolari della ventilazione
meccanica
La pressione positiva che si esercita sulle vie aeree viene
trasferita direttamente sullo spazio pleurico. L’incremento
della pressione pleurica che ne deriva comprime le grandi
vene intratoraciche ed impedisce il ritorno venoso al cuore
destro e sinistro. Inoltre, il flusso sanguigno attraverso il polmone è ostacolato dalla ventilazione meccanica. Come il
ritorno venoso, sono compromessi anche lo riempimento
ventricolare diastolico, la gittata sistolica e la pressione sanguigna arteriosa. L’entità della compromissione della perfusione intratoracica deve essere accertata immediatamente
dopo l’inizio della ventilazione meccanica:
1. rilevando mediante palpazione il calo della qualità del
polso immediatamente dopo ogni picco di inspirazione, oppure
2. rilevando il calo della pressione arteriosa sistolica
misurata indirettamente, oppure
3. determinando il calo della pressione arteriosa media
misurata direttamente.
4. La pressione venosa centrale aumenta ad ogni ciclo
inspiratorio a causa dell’incremento della pressione
esercitata sull’esterno della vena cava anteriore, ma
questa misurazione non fornisce alcuna utile informazione circa l’entità della compromissione del flusso ematico intratoracico.
5. Si può infine avere una vasocostrizione periferica,
come risposta compensatoria alla ipotensione indotta
dalla ventilazione meccanica, ma è di gran lunga troppo tardi per servirsene come segno di compromissione del flusso ematico intratoracico.
L’entità della compromissione della perfusione intratoracica è un equilibrio fra i valori medi della pressione pleurica
e di quella intravascolare. I pazienti ipovolemici sono quelli
con maggiori probabilità di sviluppare delle difficoltà in
caso di compromissione del flusso ematico intratoracico. In
effetti, è stato dimostrato che la depressione della pressione
sistolica associata alla ventilazione meccanica costituiva un
segno affidabile di ipovolemia.
Un altro meccanismo con cui la ventilazione meccanica
può diminuire il rendimento cardiovascolare è correlato alla
riduzione della PCO2. Gli incrementi di quest’ultima causano una stimolazione simpatica. Gli animali anestetizzati che
respirano spontaneamente di solito mostrano in una certa
misura un’ipoventilazione. La ventilazione meccanica in
genere è finalizzata a ripristinare la normocapnia, il che può
parzialmente diminuire il tono simpatico, esitando in una
riduzione della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e della gittata cardiaca. Ciò risulta particolarmente
significativo nei casi in cui si effettua una rapida correzione
di una grave ipoventilazione (come quella che si ha in associazione con gli arresti delle apparecchiature). Poiché il rapido calo di elevati valori di PaCO2 può esitare in collasso cardiovascolare, la PaCO2 elevata deve essere riportata lentamente alla normalità.
Eccessiva profondità dell’anestesia
L’apporto degli anestetici inalatori agli alveoli dipende
principalmente dalla ventilazione alveolare. A sua volta, la
concentrazione dell’anestetico a livello degli alveoli si pone
in equilibrio con quella esistente nel sistema nervoso centrale, il che determina la profondità dell’anestesia. Gli anestetici inalatori deprimono la ventilazione in modo dose dipendente. Durante la ventilazione spontanea, ciò può avere un
effetto protettivo, dal momento che aumentano le concentrazioni anestetiche si ha un calo della ventilazione alveolare e,
a sua volta, una diminuzione dell’apporto a livello alveolare
dell’agente anestetico. Ciò può limitare la progressione dell’incremento della profondità dell’anestesia.
L’impiego di strumenti di ventilazione meccanica esita
in un apporto costante di anestetico agli alveoli indipendentemente dalla profondità dell’anestesia. Inoltre, la ventilazione meccanica, quando viene iniziata, di solito esita in un
incremento di quella alveolare (una delle più comuni indicazioni per la ventilazione meccanica è l’ipoventilazione) e
quindi in un aumento dell’apporto di agente anestetico agli
alveoli ed un incremento della profondità dell’anestesia. Se
le condizioni sono mantenute costanti, l’instaurarsi della
ventilazione meccanica esita quindi in un aumento della
profondità dell’anestesia, talvolta sino a livelli pericolosi.
Inoltre, gli anestetici inalatori deprimono in modo dosedipendente il sistema cardiovascolare e le eccessive concentrazioni di anestetico possono esitare in grave ipotensione, compromissione della gittata cardiaca e dell’apporto di
ossigeno e morte.
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50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
Ipoventilazione ed iperventilazione
Per l’uso appropriato della ventilazione meccanica è
essenziale un monitoraggio corretto. Le regolazioni inappropriate del ventilatore possono in effetti esitare in ipo- o più
spesso iperventilazione.
L’ipoventilazione, per definizione esita in un aumento della
PCO2. Fra gli altri effetti ciò causa acidosi (respiratoria), riduzione della funzione enzimatica, iperkalemia, aritmie cardiache,
depressione miocardica e vasodilatazione cerebrale.
L’iperventilazione esita in riduzione della PCO2 che provoca alcalosi respiratoria, riduzione della funzione enzimatica, ipokalemia, calo della concentrazione del calcio ionizzato, depressione miocardica e vasocostrizione cerebrale. Se è
eccessiva e prolungata, la grave iperventilazione può esitare
in un’ischemia cerebrale.
Danno polmonare
L’effetto deleterio potenzialmente più grave della ventilazione meccanica è il danno polmonare (o danno polmonare indotto da ventilazione – VILI – ventilator induced lung
injury). Sembra che l’apporto di un volume eccessivo svolga un ruolo superiore a quello della pressione eccessiva (se
non associata ad un volume troppo elevato).
L’apporto di un volume eccessivo al polmone durante la
ventilazione a pressione positiva può causare una rottura dei
setti interalveolari, esitando in pneumomediastino, enfisema
sottocutaneo, pneumotorace e/o emboli aerei. La rottura dei
setti interalveolari si può avere con l’impiego di volumi e
pressioni normali nei polmoni con bolle o che abbiano subito recentemente una rottura (pneumotorace chiuso). In questi casi la ventilazione a pressione positiva è quindi di solito
controindicata.
Insufficienza meccanica
Il ventilatore può spontaneamente e sporadicamente cessare di funzionare in modo corretto. A portata di udito/vista
dal ventilatore e dai suoi sistemi di allarme si deve quindi
sempre trovare del personale specificamente addestrato che
possa prestare immediata attenzione all’apparecchio ogni
volta che sia necessario. Il corretto funzionamento del ventilatore deve essere verificato prima di ogni singolo impiego.
Il ventilatore deve essere sottoposto a manutenzione su base
regolare correggendo ogni eventuale problema rilevato prima di collegarlo al paziente successivo.
Infezione
Quando si utilizza l’apparecchiatura da ventilazione esiste un rischio di infezione e bisogna che lo strumento sia
regolarmente smontato e pulito. Probabilmente non è necessario effettuare di routine la sterilizzazione dell’apparecchiatura, ma i circuiti collegati al paziente devono essere ben
lavati regolarmente con acqua e sapone, accuratamente
sciacquati e completamente asciugati. La sterilizzazione è
raccomandata nei casi in cui il ventilatore è stato utilizzato
in un paziente con infezione polmonare sospetta o accertata
(a meno che non sia stato impiegato un filtro appropriato sul
tratto espiratorio del circuito del paziente).
Altri effetti
L’impiego prolungato della ventilazione meccanica può
esitare in una riduzione della filtrazione glomerulare, in particolare se si utilizza la PEEP.
Ventilazione meccanica e PEEP riducono il diametro
capillare polmonare aumentando la pressione transparietale.
Poiché i neutrofili hanno un diametro prossimo a quello
capillare polmonare normale, la riduzione delle dimensioni
dei capillari può esitare in una ritenzione di queste cellule.
Se i neutrofili ritenuti sono o sono stati attivati, si può avere
un danno polmonare.
Distacco dal sostegno della ventilazione
Se il passaggio dalla ventilazione controllata viene effettuato troppo bruscamente, i pazienti possono sviluppare complicazioni da ipoventilazione o ipossia. Gli animali devono
essere portati ad un’anestesia leggera e, se necessario, bisogna far regredire l’azione di oppiacei o agenti di blocco neuromuscolare. La causa più comune dell’ipoventilazione ed
ipossiemia nelle prime fasi del periodo postoperatorio è l’eccessiva profondità dell’anestesia.
Se la funzione di ventilazione del paziente è essenzialmente normale e ci si aspetta un facile recupero di un’adeguata ventilazione spontanea, il distacco dall’apparecchiatura può essere effettuato sottoponendo il paziente ad ipoventilazione con una miscela arricchita di ossigeno, ad
esempio effettuando una respirazione profonda obbligata
ogni 30 secondi fino al ripristino di un’adeguata ventilazione. Ciò evita l’insorgenza dell’ipossiemia e consente al tempo stesso l’aumento del biossido di carbonio. La respirazione profonda ad una frequenza di circa 6 atti al minuto o
superiore probabilmente determina una iperventilazione del
paziente e previene l’inizio della ventilazione spontanea. Se
quest’ultima non è ripresa dopo 10-15 minuti (a due atti
respiratori al minuto) è necessario reinstaurare il sostegno
della ventilazione.
Indirizzo per la corrispondenza:
Bruno Pypendop
Department of Surgical and Radiological Sciences
School of Veterinary Medicine
University of California
One Shields Avenue
Davis, CA 95616
Phone (office): (530) 752 7474
Phone (clinics): (530) 752 6898
Fax: (209) 396 2822
This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee
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